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Economia e Mercati Analisi economica e di Asset allocation Primo trimestre 2018 Per consulenti e investitori qualificati

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Economia e Mercati Analisi economica e di Asset allocation Primo trimestre 2018

Per consulenti e investitori qualificati

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o investitori qualificati.

Economia e Mercati 2

Gennaio 2018

Indice

Introduzione ...................................................................................................................................... 3

Analisi di asset allocation: Gruppo Multi-Asset ............................................................................. 4

Analisi dei mercati azionari regionali ............................................................................................... 7

Analisi del reddito fisso .................................................................................................................... 8

Analisi economica ............................................................................................................................. 9

Informazioni importanti ....................................................................................... Ultima pagina

Redattori:

Keith Wade, Firat Tecirli e Tina Fong

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o investitori qualificati.

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Introduzione Nel 2017 gli asset rischiosi hanno registrato buone performance, grazie alla crescita economica sostenuta e all'inflazione modesta che hanno spinto al rialzo i mercati finanziari. Ulteriori fattori di sostegno sono stati il rincaro del petrolio e l'indebolimento del dollaro USA, che ha favorito in modo particolare la sovraperformance dei mercati emergenti nel corso dell'anno. Un contributo è giunto anche dall'entusiasmo per la tecnologia, che ha avuto tra le sue ricadute l'ascesa straordinaria del bitcoin.

Questo quadro non potrebbe essere più diverso dalla cautela che ha contrassegnato l'inizio del 2017, quando gli investitori erano in fibrillazione per il populismo dilagante sulla scena politica. Negli Stati Uniti stava per insediarsi il Presidente Donald Trump. Al contempo, in Europa si prospettavano diversi appuntamenti elettorali che minacciavano di rispecchiare il crescente scetticismo nei confronti dell'UE già osservato nel voto sulla Brexit. Alla fine nessuno degli scenari politici peggiori si è materializzato e i mercati si sono concentrati sulla ripresa sincronizzata della crescita globale (cfr. Analisi del 2017).

Questo non significa che la politica sia irrilevante. I mercati avrebbero evidenziato un andamento differente se, ad esempio, il Presidente Trump avesse scatenato una guerra commerciale contro la Cina o se Marine Le Pen avesse conquistato l'Eliseo. In effetti, riteniamo che il rischio politico potrebbe tornare nel 2018. Le elezioni in Italia e i continui problemi con la Brexit nel Regno Unito saranno sicuramente al centro dell'attenzione, ma a nostro avviso il rischio è più negli Stati Uniti che in Europa. In assenza di un forte aumento della popolarità di Trump e dunque del partito repubblicano, le elezioni di metà mandato minacciano di far precipitare nuovamente Washington in una situazione di stallo.

Il "ritorno del rischio politico" è uno dei nostri temi per il 2018. Un altro è "la stabilità lascia il posto alla reflazione", nel quale il contesto di crescita sostenuta e inflazione moderata viene sostituito da un più convenzionale scenario reflazionistico. La crescita continua, ma le banche centrali tendono a intervenire più attivamente. La politica monetaria è destinata ad essere un punto focale anche nel nostro terzo tema: "il lungo addio al quantitative easing". La Federal Reserve (Fed) ha già iniziato a ridimensionare il proprio bilancio, mentre la Banca Centrale Europea (BCE) dovrebbe concludere il suo programma di acquisti di titoli entro la fine di settembre di quest'anno. Nonostante i continui interventi della Banca del Giappone (BoJ), la crescita della liquidità globale è destinata a rallentare notevolmente nei prossimi due anni (cfr. la Nota strategica).

Per gli investitori sarà essenziale stabilire in che misura questi temi incideranno negativamente sui mercati attraverso un aumento dei premi al rischio, dal momento che il potenziale rialzo dei rendimenti obbligazionari si ripercuote sulle valutazioni azionarie. L'andamento dell'inflazione sarà cruciale; le banche centrali si sono focalizzate su una lenta normalizzazione della politica monetaria, ma vi è il rischio che l'inflazione le costringa ad adottare un approccio più aggressivo. Da questo punto di vista l'attenzione sarà rivolta agli Stati Uniti, ma non si può escludere un'accelerazione dell'inflazione salariale nell'area euro, dove la curva di Phillips sembra intatta (cfr. Ricerca).

La nostra asset allocation privilegia tuttora i mercati azionari ed emergenti e un assetto generalmente corto di duration nei portafogli obbligazionari. Siamo ancora concentrati sui miglioramenti della crescita che hanno determinato il rally del 2017. Tuttavia, ci aspettiamo di attenuare questa esposizione nel corso del 2018 a fronte del concretizzarsi dei nostri temi.

Keith Wade

Chief Economist and Strategist, 8 gennaio 2018

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Analisi di asset allocation: Gruppo Multi-Asset Panoramica globale

Abbiamo innalzato al 3,3% le nostre previsioni sulla crescita globale per il 2018, con una modesta accelerazione rispetto al 2017. Ciò è dovuto in gran parte al miglioramento del commercio globale e all'espansione fiscale varata negli Stati Uniti e, se la nostra previsione è corretta, il 2018 sarà l'anno caratterizzato dalla crescita globale più robusta dopo il 2011. Il vigore dell'attività nel 2018 condurrà probabilmente a un rafforzamento dell'inflazione. A nostro parere la crescita dei prezzi si attesterà al 2,3% nel 2018, una previsione sostenuta dal rincaro di petrolio e commodity.

La revisione in positivo delle prospettive di crescita globale per il 2018 riguarda le economie sia avanzate che emergenti. Il ritocco delle previsioni sugli Stati Uniti è dettato dall'espansione fiscale varata con l'approvazione dei tagli alle imposte da parte del Congresso. Abbiamo rivisto al rialzo anche la crescita dell'Eurozona alla luce dei robusti risultati delle indagini economiche. Nei mercati emergenti, l'innalzamento delle previsioni sulle economie sviluppate ha portato a revisioni positive per il 2018 alla luce del miglioramento atteso della crescita degli scambi internazionali.

Secondo i nostri scenari, prevediamo un deciso allontanamento dalla deflazione verso esiti più reflazionistici. Il recente vigore dell'attività economica ha accresciuto la prospettiva di un "boom del commercio globale" più vasto di quello contemplato nella nostra previsione centrale. Accanto a questo scenario troviamo quello della "reflazione fiscale", nel quale ravvisiamo uno stimolo maggiore di quello previsto nello scenario di riferimento.

Negli Stati Uniti ci aspettiamo che la Fed attui tre rialzi dei tassi nel 2018, portando il tasso d'interesse al 2,25%. Ipotizziamo anche che la BCE concluderà il quantitative easing (QE) nel settembre del 2018. In Giappone ci aspettiamo una prosecuzione della politica di controllo della curva dei rendimenti. Per quanto riguarda i mercati emergenti, crediamo che la disinflazione osservata nel 2017 abbia generalmente fatto il suo corso. Di conseguenza, intravediamo scarsi margini di manovra per un ulteriore allentamento nel 2018, ma abbiamo rivisto al ribasso i tassi di Brasile e Russia alla luce degli interventi e delle dichiarazioni delle rispettive banche centrali a partire dallo scorso trimestre.

In merito alle nostre view sulle asset class, confermiamo il giudizio positivo sulle azioni. La ripresa sincronizzata della crescita globale si traduce in un aumento degli utili. Tutto questo, insieme alle aspettative di condizioni di liquidità ancora accomodanti a livello globale, nonostante l'inasprimento della politica monetaria da parte delle maggiori banche centrali, delinea un quadro positivo per i mercati azionari.

Sul fronte azionario ci aspettiamo che i mercati pro-ciclici come il Giappone e le piazze emergenti offrano un potenziale di rialzo di poco superiore a quello dell'indice globale. La ripresa del commercio e della crescita mondiale dovrebbe favorire i Paesi emergenti. Questi mercati offrono inoltre uno sconto di valutazione rispetto ai paesi sviluppati. Inoltre, l'andamento del dollaro crea un contesto relativamente favorevole per le piazze emergenti, che potrebbero quindi sovraperformare.

Manteniamo un assetto costruttivo anche in Giappone, dove le società quotate registrano una forte crescita dei profitti. Questa tendenza è sottolineata dai margini competitivi delle aziende locali e dalle ottime dinamiche economiche. Per contro, abbiamo rivisto al ribasso il giudizio sulle azioni europee, che

Panoramica economica

Politica monetaria

Implicazioni per i mercati

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dovrebbero offrire un rendimento simile a quello del mercato globale. La crescita degli utili europei potrebbe rallentare a causa del vigore dell'euro, in particolare a fronte dell'ulteriore riduzione del QE da parte della BCE nel corso di quest'anno.

Nella regione del Pacifico escluso Giappone i mercati dovrebbero registrare una performance in linea con quella dell'azionario globale. Malgrado le valutazioni elevate, i titoli azionari USA sono ancora competitivi grazie alla forte crescita degli utili, che dovrebbero ricevere un impulso significativo dalle misure di stimolo fiscale. Tuttavia, la normalizzazione della politica monetaria della Fed peserà sui margini di profitto e sulla crescita degli utili societari.

Al contempo, abbiamo ridotto a neutrale l'assetto sulle azioni britanniche, poiché l'economia nazionale si confronta con un difficile trade-off tra crescita e inflazione. Quest'ultima ha causato un aumento dei costi di produzione per le imprese del Regno Unito, con conseguenti pressioni sui margini di profitto. L'incertezza relativa ai negoziati sulla Brexit ha inoltre provocato ampie fluttuazioni della valuta. Senza il forte impulso di una valuta debole, al mercato manca il catalizzatore necessario per una sovraperformance.

Sul fronte della duration, rimaniamo negativi sui titoli di Stato. Le valutazioni obbligazionarie restano poco allettanti e i nostri indicatori ciclici puntano ancora ad un contesto macroeconomico sfavorevole alle emissioni governative. Riteniamo inoltre che l'asset class sia sempre vulnerabile ai mutamenti delle attese dei mercati, che scontano solo in parte le misure di inasprimento delle principali banche centrali del mondo industrializzato.

Sui mercati obbligazionari, abbiamo un giudizio negativo su Treasury USA e Bund tedeschi, e neutrale su Gilt britannici e titoli di Stato giapponesi (JGB). Abbiamo inoltre un'esposizione neutrale al debito emergente denominato in USD. Preferiamo invece le obbligazioni emergenti in valuta locale, che offrono sulla curva un carry sufficiente a giustificare una view positiva.

Passando ai mercati del credito, siamo diventati più ottimisti sulle emissioni high yield (HY), ma continuiamo a esprimere un giudizio negativo sui titoli investment grade (IG). Per l'high yield, la robusta crescita degli utili sostiene la copertura degli interessi e dovrebbe mantenere bassi i tassi di default. In aggiunta, le condizioni accomodanti sul fronte della liquidità e il contesto di crescita favorevole potrebbero continuare a sostenere questo segmento. In confronto, le obbligazioni IG sono più sensibili alle variazioni dei tassi d'interesse e presentano una minore componente di carry.

Manteniamo un giudizio positivo sull'universo delle commodity in virtù del solido contesto congiunturale e della persistente disciplina sul versante dell'offerta fra certi produttori di materie prime. Restiamo ottimisti sull'energia poiché ci aspettiamo di ottenere rendimenti positivi dal carry offerto dalla curva in backwardation. Per contro, abbiamo ridotto a negativa la view sull'oro, che appare sopravvalutato rispetto ai tassi reali. In aggiunta, il posizionamento sull'oro appare sempre più estremo alla luce dell'andamento dei prezzi. Restiamo neutrali sui metalli industriali. Dopo l'ottima performance del 2017, a condizione che la crescita cinese rimanga robusta, ci aspettiamo rendimenti ancora positivi ma meno consistenti nel corso di quest'anno. Abbiamo mantenuto un assetto neutrale sull'agricoltura. I prezzi riflettono ancora gli alti livelli delle scorte globali e le condizioni meteorologiche migliori delle attese registrate nel 2017 hanno accentuato ulteriormente l'eccesso di offerta sul mercato.

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Tabella 1: Asset allocation – Sintesi

Azioni + Obbligazioni - Liquidità 0

Regione Regione Settore

USA + Treasury USA - Governativi -

Europa escluso Regno Unito

+ (++) Gilt britannici 0 Obbligazioni indicizzate all'inflazione

+

REGNO UNITO 0 (+) Bund Eurozona - Obbligazioni corporate investment grade

-

Pacifico ex Giappone

+ Debito emergente (USD)

0 (-) High yield + (0)

Giappone ++ Debito emergente (valuta locale)

+ (0)

Mercati emergenti

++

Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo --) 0 indica una posizione neutrale. Nota: L'asset allocation sopra riportata ha valore puramente illustrativo. I portafogli effettivi dei clienti varieranno in funzione del mandato, del benchmark, del profilo di rischio e della disponibilità e rischiosità delle singole asset class nelle diverse regioni. I punteggi dei titoli azionari per il trimestre sono stati rivisti al rialzo per riflettere il nuovo sistema di valutazione basato sul rendimento rispetto alla liquidità, in modo che i punteggi nei vari mercati risultino tra loro coerenti. Tale rialzo non riflette un miglioramento delle prospettive. I giudizi su titoli di Stato e commodity si basano sulla performance rispetto alla liquidità in valuta locale. Le view per il debito corporate e high yield si basano sugli spread (duration-hedged). Fonte: Schroders, gennaio 2018.

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Analisi dei mercati azionari regionali Punti di forza del fondo

+ Azioni

+ USA Malgrado le valutazioni elevate, i titoli azionari USA sono ancora competitivi grazie alla forte crescita degli utili. L'approvazione delle misure di espansione fiscale, come i tagli alle imposte aziendali, potrebbe imprimere un forte slancio agli utili. D'altro canto, la normalizzazione della politica monetaria della Fed peserà probabilmente sui margini e sulla redditività delle imprese. Nel complesso, secondo le nostre previsioni la borsa americana dovrebbe offrire un rendimento simile a quello dell'azionario globale.

0 (+) Regno Unito Abbiamo ridotto a neutrale l'assetto sulle azioni britanniche, poiché l'economia nazionale sta affrontando un trade-off tra crescita e inflazione. Quest'ultima ha causato un aumento dei costi di produzione per le imprese del Regno Unito, con conseguenti pressioni sui margini di profitto. Al contempo, gli analisti hanno rivisto al ribasso le stime sugli utili in questo mercato. Soprattutto, l'incertezza relativa ai negoziati sulla Brexit ha provocato fluttuazioni della valuta. Senza una valuta debole, al mercato manca il catalizzatore di una sovraperformance, tanto più che l'indice FTSE 100 è dominato dalle multinazionali britanniche.

+ (++) Europa ex Regno Unito

Nel corso del trimestre abbiamo rivisto al ribasso il giudizio sulle azioni europee, per le quali ci aspettiamo una performance in linea con quella del mercato globale. Dal punto di vista delle valutazioni, la regione appare tuttora più conveniente di altri mercati. Inoltre, il vigore dell'economia interna ci ha spinto a ritoccare in positivo le prospettive di crescita della regione. Tuttavia, la crescita degli utili europei potrebbe rallentare a causa del vigore dell'euro, in particolare a fronte dell'ulteriore riduzione del QE da parte della BCE nel corso di quest'anno.

++ Giappone In Giappone si assiste a una forte crescita dei profitti delle società quotate e il mercato presenta uno dei migliori tassi di revisione delle stime sugli utili a livello globale. Questa tendenza è sottolineata dai margini competitivi delle aziende locali e dalle ottime dinamiche economiche. I titoli azionari giapponesi presentano valutazioni allettanti sia in termini storici sia in confronto ad altri mercati. La regione è inoltre destinata a beneficiare dell'indebolimento dello yen per effetto della politica monetaria ultra-accomodante della BoJ.

+ Pacifico ex Giappone

(Australia, Nuova Zelanda, Hong Kong e Singapore)

Nella regione del Pacifico escluso Giappone, e nello specifico in Australia e a Hong Kong, i mercati dovrebbero registrare una performance in linea con quella dell'azionario globale. Le valutazioni azionarie australiane appaiono ragionevoli, ma la crescita degli utili ha rallentato sulla scia dell'indebolimento dei dati economici. Il forte slancio delle azioni di Hong Kong è stato messo in ombra dalle valutazioni meno interessanti. Per contro, ci aspettiamo una sovraperformance dei titoli di Singapore rispetto all'indice globale per effetto delle valutazioni appetibili e dell'aumento degli utili.

++ Mercati emergenti Le azioni dei mercati emergenti continuano a offrire uno sconto di valutazione rispetto alle omologhe dei paesi sviluppati. Inoltre, i mercati emergenti offrono un'esposizione alla crescita congiunturale a fronte del rafforzamento dell'attività globale e del commercio internazionale. L'andamento del dollaro crea un contesto relativamente favorevole per le piazze emergenti, che potrebbero quindi sovraperformare.

Nota: I punteggi dei titoli azionari per il trimestre sono stati rivisti al rialzo per riflettere il nuovo sistema di valutazione basato sul rendimento rispetto alla liquidità, in modo che i punteggi risultino coerenti nei vari mercati. Tale rialzo non riflette un miglioramento delle prospettive. Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo --) 0 indica una posizione neutrale.

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Analisi del reddito fisso Punti di forza del fondo

- Obbligazioni

- Governativi Manteniamo il giudizio negativo sui titoli di Stato. Attualmente, le valutazioni obbligazionarie si confermano poco interessanti, dato che sui principali mercati avanzati i rendimenti reali sono negativi o prossimi allo zero. I nostri indicatori ciclici puntano ancora a un contesto macroeconomico sfavorevole alle emissioni governative. Riteniamo inoltre che l'asset class sia sempre vulnerabile ai mutamenti delle attese dei mercati, che scontano solo in parte le misure di inasprimento delle principali banche centrali del mondo industrializzato.

Per quanto riguarda i Treasury USA, abbiamo mantenuto una posizione di sottopeso. I Treasury presentano ancora valutazioni elevate per effetto di un term premium negativo e non scontano adeguatamente né le attese di inflazione né il rialzo dei tassi da parte della Fed nel 2018.

Analogamente, siamo negativi sui Bund tedeschi data la forte crescita interna che continua a premere sulla riduzione delle misure espansive della BCE. Inoltre, ci aspettiamo che la BCE termini il QE entro la fine di settembre.

Abbiamo mantenuto un assetto neutrale sui Gilt britannici. I dati economici sono eterogenei, mentre permangono incertezze in merito ai negoziati sulla Brexit. Pertanto, preferiamo mantenere un atteggiamento attendista riguardo ai titoli britannici. Sui JGB abbiamo confermato l'assetto neutrale, poiché la Bank of Japan dovrebbe mantenere tassi invariati e rendimenti a lungo termine ben ancorati.

- Obbligazioni corporate investment grade (IG)

Confermiamo la view negativa sulle obbligazioni IG statunitensi per via della scarsa attrattiva delle valutazioni e del deterioramento dei fondamentali, che potrebbero risentire di una maggiore sensibilità a un aumento delle aspettative sui tassi.

Passando alle obbligazioni IG europee, l'elevata correlazione degli spread con gli omologhi statunitensi ci induce a una view negativa anche su questo segmento. Confermiamo inoltre un assetto prudente in considerazione di valutazioni poco allettanti e dei minori acquisti previsti per quest'anno con il tapering della BCE.

+ (0) High yield (HY) La compressione degli spread dei titoli HY statunitensi ha continuato a erodere le valutazioni. Tuttavia, la robusta crescita degli utili sostiene la copertura degli interessi e dovrebbe mantenere bassi i tassi di default. Inoltre, le condizioni accomodanti sul fronte della liquidità e il contesto di crescita favorevole potrebbero continuare a sostenere questo segmento. Di conseguenza, siamo ora ottimisti sui titoli high yield statunitensi.

Analogamente, abbiamo innalzato a neutrale la view sull'HY europeo. Mentre in Europa i fondamentali appaiono più favorevoli rispetto agli Stati Uniti, la compressione degli spread è dipesa eccessivamente dalla politica accomodante della BCE.

0 (-) Debito emergente in USD

Abbiamo rivisto al rialzo il nostro giudizio sul debito emergente in USD. Nella regione gli effetti positivi della bassa inflazione e dell'ulteriore allentamento della politica monetaria sono in attenuazione, ma i fondamentali dei mercati emergenti continuano a migliorare con la ripresa sincronizzata della crescita globale e degli scambi internazionali. Nel complesso preferiamo le obbligazioni emergenti in valuta locale, che offrono sulla curva un carry sufficiente a giustificare una view positiva.

+ (0) Debito emergente in valuta locale

+ Obbligazioni indicizzate all'inflazione

Negli USA, il trend dell'inflazione sottostante dovrebbe continuare a essere sostenuto dalla ripresa della crescita e dalle prospettive di aumento dei salari. Intanto, le scarse attese di inflazione sostengono le valutazioni dei tassi breakeven.

Nota: I giudizi sui titoli di Stato si basano sulla performance rispetto alla liquidità in valuta locale. Le view per il debito corporate e i titoli high yield si basano sugli spread (duration-hedged). Legenda: +/- attesa una sovraperformance/sottoperformance del mercato (massimo ++ minimo --) 0 indica una posizione neutrale.

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Analisi economicaDalla stabilità alla reflazione

Abbiamo rivisto al rialzo le previsioni di crescita globale per il 2018 dal 3,0% al 3,3%. Si tratta di una modesta accelerazione rispetto alle stime per il 2017, che sono state a loro volta riviste in positivo dal 3% al 3,2%. Se la nostra previsione è corretta, il 2018 sarà l'anno caratterizzato dalla crescita globale più robusta dopo il 2011, quando l'economia mondiale uscì dalla crisi finanziaria globale.

La revisione in positivo delle prospettive di crescita globale per il 2018 riguarda le economie sia avanzate che emergenti. Nelle prime abbiamo innalzato le previsioni per gli Stati Uniti dal 2% al 2,5% e le proiezioni per l'Eurozona dal 2% al 2,3%. Il ritocco delle previsioni sugli Stati Uniti è dettato dall'espansione fiscale varata con l'approvazione dei tagli alle imposte da parte del Congresso. Per il Giappone stimiamo un'espansione dell'1,8% (in precedenza 1,5%) e nelle aree emergenti del 4,9% (in precedenza 4,8%). Quest'ultimo dato tiene conto dei lievi progressi previsti in Cina nel 2018 (+6,4%).

A nostro parere l'inflazione si attesterà al 2,3% nel 2018 (in rialzo dal 2,2%), una previsione sostenuta dal rincaro di petrolio e commodity e dall'aumento dell'inflazione dei prezzi di produzione a livello mondiale negli ultimi mesi. Ipotizziamo in particolare una graduale risalita dell'inflazione core statunitense al 2% nel corso del 2018, dopo la sorprendente flessione registrata nella prima parte del 2017. Questo fenomeno può essere attribuito alla debolezza dell'attività nel 2016, che ha innescato una maggiore concorrenza sui prezzi tra le imprese. La crescita si trasmette all'inflazione con un lungo ritardo, e la ripresa dell'attività economica nel 2017 si tradurrà in un'accelerazione dell'inflazione nel 2018.

Questo scenario lascia presagire un nuovo inasprimento della politica monetaria da parte della Fed e, dato che la politica fiscale darà ulteriore slancio alla crescita, prevediamo tre rialzi dei tassi nel corso di quest'anno. Il tasso sui Fed fund dovrebbe attestarsi al 2,25% alla fine del 2018. Ci aspetteremmo quindi un ulteriore inasprimento nel 2019, con il tasso ufficiale al 2,5%.

Nell'Eurozona prevediamo un inasprimento monetario da parte della BCE, ipotizzando una conclusione del QE nel settembre di quest'anno. Il robusto andamento di crescita e inflazione dovrebbe infatti indurre la banca centrale ad abbandonare gli acquisti di titoli prima di quanto generalmente atteso. In Giappone prevediamo una prosecuzione della politica di controllo della curva dei rendimenti.

Grafico 1: Crescita globale e previsioni per il 2017, 2018 e 2019

Fonte: Thomson Datastream, Schroders Economics Group. 27 novembre 2017.

3.23.9

5.0 4.7 5.2 5.3

2.4

-0.8

4.9

3.62.8 2.6

3.1 3.12.6

3.2 3.3 3.0

-3-2-10123456

02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19

Contributions to World GDP growth (y/y), %

US Europe JapanRest of advanced BRICS Rest of emergingWorld

Forecast

Previsione centrale

Contributi alla crescita del PIL mondiale (a/a), %

USA Altre economie avanzateGlobale

EuropaPaesi BRIC

GiapponeAltre economie emergenti

Previsione

3,03,33,23,2 3,9

5,0 4,7 5,2 5,3

2,4

-0,8-0,8

4,9

3,62,8 2,6

3,1 3,1 2,6

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Rischi macroeconomici: il rischio politico si attenua

Per ulteriori dettagli sugli scenari si rimanda a pagina 13.

Abbiamo aggiornato l'analisi degli scenari per tener conto dei rischi macroeconomici estremi a livello mondiale. Il recente vigore dell'attività economica ha accresciuto la prospettiva di un "boom del commercio globale" più vasto di quello contemplato nella nostra previsione centrale. Questo sarebbe determinato in larga misura da un aumento del moltiplicatore commerciale, che favorirebbe un rafforzamento delle esportazioni con ricadute positive sull'occupazione e sugli investimenti. Ciò si tradurrà in un'accelerazione di crescita e inflazione poiché la ripresa spingerà al rialzo i prezzi delle materie prime. L'inflazione core dovrebbe analogamente aumentare a fronte dell'ulteriore incremento dei salari dovuto a un maggior rafforzamento del mercato del lavoro rispetto alla previsione centrale.

Accanto a questo scenario troviamo quello della "reflazione fiscale", nel quale ravvisiamo uno stimolo maggiore di quello previsto nello scenario di riferimento, grazie ai netti tagli alle imposte e all'aumento della spesa per infrastrutture. Lo stimolo al PIL è prossimo all'1,5% nel 2018 a fronte dello 0,5% della previsione di base. Come nello scenario del boom commerciale, anche in questo caso si genera una maggiore inflazione. Tuttavia, in questo scenario gli aumenti sono più concentrati negli Stati Uniti anziché diffusi a livello globale.

Un'attività economica più vivace è prevista anche nel nostro scenario "rimbalzo della produttività". In questo caso però la crescita più sostenuta si deve all'aumento del prodotto per occupato, per cui la capacità non si satura e l'inflazione non accelera. Di recente abbiamo visto segnali incoraggianti di aumento della produttività negli USA e questo scenario prevede che tale ripresa si protragga per tutto il periodo di riferimento.

Tra i rischi al ribasso per l'attività economica continuiamo a includere uno scenario di "stagnazione di lungo periodo", nel quale l'attuale ripresa congiunturale perde slancio e l'economia mondiale ricade in preda a un debole trend deflazionistico. Sebbene al momento tale scenario appaia poco probabile, permangono importanti ostacoli strutturali alla crescita globale, come l'elevato livello di debito e le dinamiche demografiche sfavorevoli. Nell'immediato l'economia mondiale potrebbe evidenziare una svolta deflazionistica in conseguenza di un brusco inasprimento delle condizioni finanziarie. Il nostro scenario "aumento dei rendimenti obbligazionari" coglie questo sviluppo attraverso un'impennata dei rendimenti a lungo termine quale reazione negativa del mercato alla conclusione del QE da parte della Fed e della BCE.

Sul versante della stagflazione continuiamo a includere il nostro scenario "accelerazione dell'inflazione", che coglie il rischio di una maggiore ripidità della curva di Phillips e dunque di un aumento più rapido dei salari a fronte del calo della disoccupazione, con conseguenti pressioni al rialzo sui prezzi. I salari più alti danno inizialmente impulso alla spesa per consumi, ma all'aumentare dell'inflazione le banche centrali tendono ad attuare un inasprimento più aggressivo, instaurando una fase di debolezza economica. Il risultato è un periodo di stagflazione prima che l'inflazione torni sotto controllo.

Infine abbiamo ampliato lo scenario "guerra commerciale provocata dalla Nord Corea", prevedendo più in generale un "crescente protezionismo", che include lo smantellamento del North American Free Trade Agreement (NAFTA). L'aumento dei dazi si traduce in un rallentamento dell'attività economica e in un rialzo dell'inflazione per effetto del rialzo dei prezzi dei contratti commerciali e dei prezzi all'importazione.

I due scenari eliminati sono "fallimento degli accordi OPEC" e "crisi del credito in Cina". Di recente i prezzi del petrolio sono stati sostenuti dalla

Analisi degli scenari

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maggiore disciplina dell'OPEC sul fronte della produzione, e dovrebbero esserlo anche nel prossimo futuro.

La rimozione di "crisi del credito in Cina" è più controversa. I livelli del debito in Cina sono ancora elevati e continuano ad aumentare, creando il rischio persistente di una crisi futura. Tuttavia, le autorità hanno rafforzato il conto corrente limitando i deflussi di capitali e riducendo così sensibilmente il rischio immediato di un "momento di Minsky". Una crisi è ancora possibile, ma è stata rinviata a una data successiva al nostro orizzonte previsionale.

Grafico 2: Analisi degli scenari: effetti sulla crescita e sull'inflazione a livello globale

Fonte: Schroders Economics Group, 27 novembre 2017.

Il grafico 2 sintetizza l'impatto di ciascuno scenario sulla crescita e sull'inflazione globali rispetto alla previsione centrale. In termini di probabilità degli scenari, prevediamo un deciso allontanamento dalla deflazione verso esiti più reflazionistici (grafico 3). Questa variazione si deve alla maggiore probabilità di una reflazione fiscale e di un boom del commercio globale, insieme alla rimozione dello scenario di crisi del credito in Cina.

Grafico 3: Probabilità degli scenari

Fonte: Schroders Economics Group, 27 novembre 2017.

65% 3%

11%

8%

10%3%

Previsione di base

Stimolo alla produttività

Reflazione

Deflazione

Stagflazione

Altro

Stagnazionedi lungo periodo

Le politichefiscali Usa

Boom del commercioglobale

Crescente protezionismo a livello globale

Previsione di base

Rimbalzo dellaproduttività

L’inflazioneaccelera

-2,0

-1,5

-1,0

-0,5

+0,0

+0,5

+1,0

+1,5

+2,0

-2,0 -1,5 -1,0 -0,5 +0,0 +0,5 +1,0 +1,5 +2,0

Cumulativa 2017-2019 Crescita vs. previsione di base

Stagflazione Reflazione

Stimolo alla produttivitàDeflazione

Rendimenti dei bondrendimenti obbligazionari

Cumulativa 2017-2019 Inflazione vs. previsione di base

Page 12: Economia e Mercati · 3Economia e Mercati Introduzione Nel 2017 gli asset rischiosi hanno registrato buone performance, grazie alla crescita economica sostenuta e all'inflazione modesta

Economia e Mercati 12

Tabella 2: Gli scenari in sintesi

Scenario Sintesi Impatto macroeconomico

1. Stagnazione di lungo periodo

La  debolezza  della  domanda  grava  sulla crescita globalepoiché  le  famiglie  e  le  imprese  sono  restie  a  spendere. L’ottimismo  rimane  modesto  e  le  spese  per  investimenti e l’innovazione  sono  depresse.  Le  famiglie  preferiscono ripianare i debiti piuttosto che contrarne di nuovi. Il processo di aggiustamento è  lento a causa della persistente capacità produttiva  inutilizzata  presente  in  ogni  parte  del  mondo, soprattutto  in Cina,  con  il  risultato  che  anche  i  prezzi  delle commodity e l’inflazione sono depressi.

Deflazione: crescita e inflazione  più  deboli  rispetto allaprevisione  centrale.  L’economia  mondiale  subisce  un progressivo  rallentamento  dell’attività.  Dato  che  una stagnazione  di  lungo  periodo  è  più  simile  a  una  condizione cronica  che  a  una  acuta,  le  autorità  tardano  a  individuare  il trend.  Tuttavia,  in  mancanza  di  un’accelerazione  dell’attività economica,  vengono  introdotte  nuove  misure  di  stimolo.  Gli Stati Uniti  fanno marcia  indietro  sui  rialzi  dei  tassi, mentre  la BCE e la BoJ prolungano i rispettivi programmi di QE.

2.  Reflazione fiscale USA

Il  Presidente Trump  tiene  fede alla parola data e ottiene dalCongresso  l’approvazione  di  un  imponente  pacchetto  di stimolo  (1,5%  del  PIL  a  fronte  dello  0,5%  della  previsione centrale).  Entro  il  2019  la  crescita  accelera  al  3,9%  a  livello mondiale, contro il 4% degli Stati Uniti. La domanda in eccesso sostiene  la crescita nel  resto del mondo mentre un aumento dell’ottimismo stimola  ulteriormente  l’attività  grazie all’aumento degli investimenti tecnici. Tuttavia, il rincaro delle commodity  (petrolio  prossimo  ai  76  dollari  al  barile)  e  il consolidamento  del  mercato  del  lavoro  causano  un  rialzo dell’inflazione globale a quasi il 2,5% nel 2018. Il tasso sui Fed funds  raggiunge  il  4%  entro  la  fine  del  2019,  superando  di 150 pb il livello ipotizzato nella previsione centrale.

Reflazione: Le autorità monetarie  rispondono  alle maggioripressioni  inflazionistiche,  a  partire  dagli  USA,  dove  il  ciclo economico è più avanzato che in Europa, caratterizzata da una notevole  debolezza.  In  Giappone,  nonostante  una  certa fiacchezza, l’accelerazione della crescita di salari e prezzi viene accolta favorevolmente con l’inflazione che supera il target del 2% nel 2018, inducendo probabilmente la BoJ a segnalare una progressiva riduzione del QQE. L’azione della Fed e i timori per l’inflazione  si  traducono  in  una  politica  monetaria  meno accomodante  nei  Paesi  emergenti  rispetto  alla  previsione centrale. La BCE sospende anticipatamente il QE e alza il tasso di riferimento all’1,5%.

3.  Crescente protezionismo a livello globale

Il  negoziato  sul NAFTA  fallisce  e  gli USA sono innervositidalla  politica  protezionista  della  Cina.  Gli  USA  applicano dazi del 40% su tutte le merci cinesi nel T1 2018. La Cina si vendica, ma comincia a scaricare la propria merce non più competitiva  in  Europa.  Entro metà  2018,  l’Europa  applica selettivamente  dazi  anti‐dumping  del  20%  e  la  Cina risponde con misure analoghe.

Stagflazione: Ci vuole del tempo perché i consumatori americanie  cinesi  sostituiscano  i  prodotti  su  cui  gravano  i  dazi.  Anche  la rottura delle filiere esistenti richiede del tempo; di conseguenza la redditività ne risente e nello stesso tempo i prezzi aumentano. In Europa, il dumping inizialmente provoca un calo dell’inflazione, ma  i  nuovi  dazi  la  fanno  risalire  rapidamente.  L’inasprimento monetario  subisce un’accelerazione nel  tentativo di bloccare gli effetti secondari, con  il  conseguente apprezzamento del dollaro rispetto  a molte  altre  valute.  Tuttavia,  il  RMB  scende  del  10%, mentre  il  JPY  si  rivaluta  a  fronte  della  battuta  d’arresto economica.  Il  commercio  mondiale  inizia  a  contrarsi  e  la produttività cala.

4.  Aumento dei rendimenti obbligazionari

Reazione  sfavorevole  dei  mercati  obbligazionari all’avviodella riduzione del bilancio della Fed, con un netto aumento dei  rendimenti  in  risposta  alla  comparsa  di  un  importante venditore  di  duration.  I  rendimenti  statunitensi  a  10  anni balzano  al  4,5%,  con  gravi  ripercussioni  sui  mercati obbligazionari  globali.  Successivamente,  i  rendimenti  si stabilizzano  al  4%,  ma  hanno  l’effetto  di  un  inasprimento monetario,  poiché  i  tassi  ipotecari  e  il  costo  del  credito aumentano e i mercati azionari si indeboliscono.

Deflazione: l’inasprimento delle  condizioni  monetarie sitraduce  in  un  brusco  rallentamento  dei  crediti  al  consumo e alle  imprese. Anche  la domanda è penalizzata da un effetto ricchezza negativo, poiché  le borse perdono  terreno  frenando ulteriormente  i  consumi.  L’indebolimento  della  domanda spinge al ribasso i prezzi delle materie prime e l’inflazione.

5.  Boom del commercio mondiale

Dopo  anni  di  ritardo  degli  scambi  internazionali rispetto alPIL globale, la ritrovata fiducia e la ricostituzione delle scorte determinano  un  boom  del  commercio  mondiale,  che rafforza l’accelerazione dell’attività economica. Tale scenario è  sostenuto  dal  vigore  della  domanda  interna  nei  grandi paesi  importatori  come  gli  USA;  ne  consegue  una  crescita eccessiva delle economie con un surplus commerciale.

Reflazione: L’aumento dell’attività  dovuto  agli scambiinternazionali  alimenta  la  produttività  e  il  reddito, ma data  la scarsa  capacità  inutilizzata  la  domanda  extra  genera  anche inflazione. La crescita globale sale al 3,6% sia nel   2018 sia nel 2019, con un aumento dell’inflazione mondiale al 2,9% entro il 2019.  La  politica  monetaria  globale  vede  un  inasprimento superiore  a  quello  dello  scenario  centrale,  ma  insufficiente a rallentare la crescita.

6.  Rimbalzo della produttività

Di fronte a una crescente domanda e a una scarsa capacitàinutilizzata  di  lavoratori  qualificati,  le  società  cominciano a investire  di  più  nella  produttività  tramite  l’aumento  di macchinari/tecnologie. Ciò contribuisce a ridurre i costi del lavoro  unitari,  dando  impulso  alla  redditività.  Dato  che  il capitale supplisce alla mancanza di lavoratori qualificati, in questo  scenario  la  domanda  di  manodopera  è  più  bassa che  nello  scenario  centrale,  ipotizzando  livelli  analoghi  di domanda aggregata.  L’aumento della produttività porta a una maggiore  crescita  della  produzione  e  la  concorrenza riduce l’inflazione dei prezzi.

Stimolo alla produttività: Il  contesto  di  maggiore crescitae minore  inflazione  mette  in  difficoltà  le  banche  centrali  che hanno  già  cominciato  a  inasprire  la  politica  monetaria.  Di fronte all’aumento della produttività, le autorità ritengono che gli  output  gap  potrebbero  essere  più  ampi  del  previsto e tagliano i tassi di interesse per stimolare l’inflazione, che per molti resta al di sotto del target.

7.  Accelerazione dell’inflazione

Dopo  un  lungo periodo  in  cui  non hanno reagito allemigliori  condizioni del mercato del  lavoro,  i  salari  iniziano ad  accelerare  in  risposta  alla  carenza  di  manodopera qualificata.  I  salari  aumentano  in  tutto  il  mondo  e  gli economisti  rivedono  nettamente  al  ribasso  le  stime  sulla capacità  inutilizzata.  Alcune  economie  come  il  Giappone, desiderose  di  incrementare  le  aspettative  d’inflazione, accolgono  con  favore  questa  dinamica,  ma  altre  si ritrovano alle prese con la stagflazione, esaurendo di fatto la  capacità  e  inducendo  la  banca  centrale  a  inasprire  la politica monetaria.

Stagflazione: negli Stati Uniti  l’inflazione  complessiva e difondo sale al 3% entro la fine del 2018. La Fed reagisce con un inasprimento  più  aggressivo,  portando  il  tasso  target  al  3,5% entro  la fine del 2019. Anche nell’Eurozona e nel Regno Unito i tassi  d’interesse  aumentano  più  rapidamente,  mentre  in Giappone tornano in territorio positivo. Le oscillazioni valutarie agiscono  come  cuscinetto  per  i  mercati  emergenti,  che registrano  una  modesta  accelerazione  della  crescita  nel contesto  dell’incremento  dell’inflazione  in  questo  scenario. Nel complesso,  la  crescita  globale  è  leggermente  più  debole e l’inflazione nettamente più elevata.

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