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ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI I LIBRO CAPITOLO I IL SISTEMA FINANZIARIO L’intermediazione finanziaria si sviluppa per soddisfare le esigenze finanziarie di pa- gamento e/o di investimento delle famiglie,delle imprese,del settore pubblico e dell’estero. L’intermediazione finanziaria è svolta dal sistema finanziario. Il Sistema Finanziario è un’organizzazione informale attraverso la quale si svolge l’attività finanziaria. a) Sotto l’aspetto strutturale esso rappresenta l’insieme di istituzioni, strumenti e regole, per soddisfare le esigenze finanziarie degli operatori attraverso la pro- duzione e l’offerta di mezzi di pagamento e strumenti finanziari. b) Sotto l’aspetto funzionale, esso provvede a svolgere tre funzioni: 1. Funzione monetaria: consiste nella creazione e nella circolazione dei mezzi e degli strumenti finanziari; per quanto riguarda i mezzi di pagamento una men- zione speciale la meritano la moneta, emessa dall’autorità monetaria, e i surro- gati della stessa (come la moneta bancaria) emessi dagli intermediari monetari. Strettamente collegati alla funzione monetaria sono i compiti che il sistema svolge nei confronti del funzionamento del sistema dei pagamenti, ovvero del trasferimento sicuro, tempestivo e meno costoso possibile dei mezzi di paga- mento (o dei titoli), necessari a consentire la liquidazione di una qualsiasi tran- sazione conclusa fra gli operatori economici. 2. Funzione creditizia: consiste nel consentire il trasferimento delle risorse finan- ziarie tra i vari operatori del sistema economico. Tale funzione nelle economie moderne prevede che gli operatori, sia che essi siano individui, organizzazioni o paesi, a specializzarsi nelle attività lavorative nelle quali hanno più risorse, attitudini o competenze. 3. Funzione di trasmissione della politica economica (Moneta): consiste nella ca- pacità propria del sistema finanziario di trasformare gli impulsi provenienti dalle decisioni di politica economica, in modifiche dei comportamenti degli in- termediari finanziari, tali da generare modifiche nei comportamenti dei consu- matori e degli investitori finali. ELEMENTI COSTITUTIVI Sono i Mercati, gli Strumenti e gli Intermediari. 1 C. Murano Intermediari Finanziari

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ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI

I LIBRO

CAPITOLO I IL SISTEMA FINANZIARIO

L’intermediazione finanziaria si sviluppa per soddisfare le esigenze finanziarie di pa-gamento e/o di investimento delle famiglie,delle imprese,del settore pubblico e dell’estero. L’intermediazione finanziaria è svolta dal sistema finanziario. Il Sistema Finanziario è un’organizzazione informale attraverso la quale si svolge l’attività finanziaria. a) Sotto l’aspetto strutturale esso rappresenta l’insieme di istituzioni, strumenti e

regole, per soddisfare le esigenze finanziarie degli operatori attraverso la pro-duzione e l’offerta di mezzi di pagamento e strumenti finanziari.

b) Sotto l’aspetto funzionale, esso provvede a svolgere tre funzioni:

1. Funzione monetaria: consiste nella creazione e nella circolazione dei mezzi e degli strumenti finanziari; per quanto riguarda i mezzi di pagamento una men-zione speciale la meritano la moneta, emessa dall’autorità monetaria, e i surro-gati della stessa (come la moneta bancaria) emessi dagli intermediari monetari. Strettamente collegati alla funzione monetaria sono i compiti che il sistema svolge nei confronti del funzionamento del sistema dei pagamenti, ovvero del trasferimento sicuro, tempestivo e meno costoso possibile dei mezzi di paga-mento (o dei titoli), necessari a consentire la liquidazione di una qualsiasi tran-sazione conclusa fra gli operatori economici.

2. Funzione creditizia: consiste nel consentire il trasferimento delle risorse finan-ziarie tra i vari operatori del sistema economico. Tale funzione nelle economie moderne prevede che gli operatori, sia che essi siano individui, organizzazioni o paesi, a specializzarsi nelle attività lavorative nelle quali hanno più risorse, attitudini o competenze.

3. Funzione di trasmissione della politica economica (Moneta): consiste nella ca-pacità propria del sistema finanziario di trasformare gli impulsi provenienti dalle decisioni di politica economica, in modifiche dei comportamenti degli in-termediari finanziari, tali da generare modifiche nei comportamenti dei consu-matori e degli investitori finali.

ELEMENTI COSTITUTIVI Sono i Mercati, gli Strumenti e gli Intermediari.

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1. I Mercati si definiscono come luogo di scambio degli strumenti finanziari. Si

dividono in mercato assicurativo e mercato finanziario, che a sua volta è com-posto da mercato creditizio, dei cambi e mobiliare.

2. Gli Strumenti sono contratti che hanno per oggetto prestazioni finanziarie, ov-

vero sono attività o passività finanziarie che rappresentano titoli di credito o di debito e sono iscritte sia nell’attivo del datore di fondi, sia nel passivo del prenditore di fondi. Gli strumenti possono avere natura di indebitamento, partecipazione, impegno e assicurazione mista; quindi da ciascun contratto scaturiscono diversi strumen-ti come azioni, obbligazioni, polizze, ecc… Gli strumenti secondo l’attitudine ad essere scambiati sul mercato, ovvero se-condo la loro negoziabilità, possono essere classificati in: negoziabili bilate-ralmente, sul mercato o outside; mentre secondo l’attitudine ad essere converti-ti in moneta, ovvero secondo la loro liquidità, possono essere classificati in: convertibili a vista, con preavviso e con negoziazione. Inoltre è possibile classificarli secondo il valore, il rendimento, lo scopo e la re-lazione.

3. Gli Intermediari sono istituzioni specializzate nella produzione e nella nego-ziazione di strumenti finanziari e nell’offerta di servizi, possono assumere la forma di: broker(mediatori puri); dealer (negoziatori in proprio e per conto ter-zi); market maker (negoziatori specializzati su particolari titoli). Possono esse-re classificati in base: al profilo funzionale (intermediari monetari ;intermediari non monetari), al profilo istituzionale (intermediari bancari; intermediari non bancari), ai settori e alle finalità di controllo [investitori delegati (sono quelli che raccolgono il risparmio inconsapevole, assumono rilievo i controlli pru-denziali); imprese di investimento (sono quelli che raccolgono il risparmio consapevole, assumono rilievo i controlli di trasparenza e correttezza)]. Se-condo GOODHART gli intermediari finanziari:

• attenuano le imperfezioni di mercato esistenti, anche con contributi che derivano dalle economie di scala nello svolgimento di transazioni di mercato , nella raccolta di informazioni , nella gestione di portafogli

• offrono servizi di assicurazione contro gli eventi accidentali • realizzano l’emissione di attività e passività finanziari nelle forme e nei

tagli graditi agli utilizzatori finali e ai risparmiatori.

FUNZIONI Proprio a causa dello svolgimento di tali funzioni, il Sistema Finanziario influenza: le decisioni di distribuzione del reddito (Y = C+S), le decisioni di investimento e le de-cisioni di finanziamento.

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1. L’ EFFICIENZA del Sistema finanziario dipende da più fattori:

In primo luogo è necessario che all’interno del S.F. ci sia un certo grado di fi-nancial deepending (mobilità del capitale) in modo che la ricchezza accumula-ta si incorpora in contratti che rappresentano per il detentore una forma di inve-stimento, e per l’utilizzatore una forma di finanziamento. In secondo luogo è necessario che il S.F. garantisca flussi informativi al fine di: garantire un monitoraggio, di individuare nei corsi di borsa una funzione se-gnaletica delle aspettative di mercato, di promuovere prodotti standard in cui l’unico elemento a variare sia il prezzo, agevolando la funzione segnaletica, consentendo ai datori dei fondi di utilizzare le risorse prima della scadenza, at-traverso meccanismi di negoziabilità e attraverso la presenza di mercati dove realizzare tali scambi, ed infine, di svolgere un’attività di risk sharing, attraver-so contratti assicurativi e contratti a termine.

2. Le AUTORITA’ DI VIGILANZA. Le autorità preposte al controllo del sistema finanziario sono: - LA BANCA D’ITALIA Opera come sezione nazionale della banca centrale europea, istituto dal quale derivano tutte le istruzioni in materia creditizia, da tradurre in strumenti della attività operativa. Nella sua qualità di banca centrale essa è: istituto di emis-sione ; autorità monetaria (che provvede all’immissione della base monetaria , al governo dei flussi creditizi e a quello dei circuiti finanziari); organo di vigi-lanza(per la cura della stabilità ed efficienza degli intermediari finanziari , atti-vità che integra con la CONSOB, ISVAP e COVIP);organo di tutela della concorrenza nel sistema bancario(mentre l’antitrust opera anche essa per la concorrenza ma la banca ha competenza per tutti gli altri settori); gestore dei pagamenti dello Stato. - CONSOB Istituita nel 1974 ha compiti di : controllo delle società di gestione dei mercati finanziari (deve approvare i loro statuti e le loro regolamentazioni relativamen-te alle attività di organizzazione e funzionamento dei mercati stessi) ; vigilanza sugli intermediari finanziari ; controllo sulle società di revisione ; controllo sul-le società quotate ; controllo nella sollecitazione del pubblico risparmio. - ISVAP Sorto nel 1982 svolge compiti di vigilanza sulle società di assicurazione e sui broker assicurativi di concerto con il ministero dell’industria; svolge inoltre analisi e ricerche per il controllo delle tariffe e collabora con l’autorità antitrust per la tutela della concorrenza . - COVIP Sorta nel 1993 ha compiti di vigilanza sui fondi pensione svolti in stretta colla-borazione con il Ministero del Lavoro e per gli aspetti di gestione dei fondi in collaborazione con le altre authorities. - AUTORITA’ ANTITRUST

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3. I SALDI FINANZIARI costituiscono il presupposto dei flussi finanziari interset-totiali; essi si fondano sulla presenza di unità di surplus e deficit. A livello del Sistema Economico Complessivo, la Domanda Aggregata è ugua-le all’Offerta Aggregata, quindi Yr = Ys; poiché Yr = C+S e Ys = C+I, la condizione di equilibrio corrisponderà a S = I, ciò vuol dire che tutte le risorse impiegate devono essere state accumulate da altri soggetti e viceversa. A livello delle Singole Unità, o dei Settori, può verificarsi che S < I , S > I op-pure la differenza: S – I = Saldo Finanziario. Il nuovo reddito ottenuto da un operatore durante un esercizio è una grandezza flusso che va a modificare lo stock esistente di attività e passività finanziarie, quindi SF = S – I = Δ AF – Δ PF. I soggetti in surplus sono soggetti disposti a scambiare potere d’acquisto attua-le contro potere d’acquisto futuro, in presenza di un vantaggio economico co-stituito dagli interessi attivi, mentre i soggetti in deficit sono disposti a colmare i loro deficit attraverso il reperimento di risorse esterne, a patto che il costo di tali risorse sia inferiore al rendimento atteso dagli intermediari. Y = reddito; C = consumo; S = risparmio; I =investimento; SF = saldo finanziario; PF = passività finanziarie; AF = attività finanziarie;

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CAPITOLO II GLI STRUMENTI FINANZIARI

Gli strumenti finanziari nascono da esigenze dello scambio di risorse e di finanzia-menti per:

- la movimentazione di risorse monetarie (mezzi di pagamento) in modo da ga-rantire,con la funzione monetaria e il sistema dei pagamenti,operazioni fluide e poco onerose;

- il trasferimento di risorse finanziarie tra unità economiche in avanzo e in disa-vanzo,che può avvenire attraverso strumenti diretti o primary securities come azioni e obbligazioni o attraverso strumenti indiretti o secondary securities co-me depositi bancari e prestiti.

Gli strumenti finanziari sono contratti finanziari (per es. azioni,obbligazioni etc.) e-stremamente differenziati per meglio soddisfare le svariate e mutevoli esigenze dei soggetti economici e sono espressione della necessità di contrattualizzare gli scambi originati dagli investitori e dai prenditori di fondi definendo in modo vincolante i di-ritti e i doveri delle controparti,cosa per la quale non rientrano tra essi i prestiti banca-ri che, pur essendo attività finanziarie, non vengono negoziati su mercati regolamen-tati. Le differenti esigenze fanno sì che gli Strumenti differiscono tra loro, ma mantengo-no requisiti minimi come la sicurezza, la rapidità e l’accessibilità. Essi si dividono in Attività e Passività finanziarie.

Le Attività sono contratti finanziari che prevedono l’esecuzione di prestazioni monetarie contrapposte e differite nel tempo, ed hanno 3 funzioni: 1. Garantire le transazioni correnti; 2. Permettere di effettuare investimenti; 3. Assicurare la detenzione di valore.

Le attività si classificano in: o Disponibilità liquide; o Diritti a ricevere disponibilità liquide o attività finanziarie; o Diritti a scambiare attività con altri strumenti a condizioni potenzialmente

favorevoli; o Strumenti rappresentativi di patrimonio netto.

Le Passività sono strumenti a cui corrisponde un’obbligazione contrattuale a con-segnare disponibilità liquide o altre attività finanziarie, o a scambiare attività con altri strumenti in condizioni potenzialmente sfavorevoli.

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LA CLASSIFICAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI Essa può avvenire secondo diverse modalità. Secondo i Diritti Incorporati distinguiamo gli Strumenti di:

1. PARTECIPAZIONE (dove il datore di fondi ha diritto a prendere parte alle de-

cisioni che riguardano la gestione del prenditore di fondi, rinunciando a un rendimento certo sia della restituzione del capitale che del dividendo periodi-co);

2. INDEBITAMENTO (dove il datore di fondi ha il diritto al rimborso del capita-le e al pagamento degli interessi a scadenze predefinite, indipendentemente dai risultati conseguiti dal prenditore di fondi);

3. ASSICURAZIONE (dove l’assicurato, a fronte del pagamento di un premio, trasferisce all’assicuratore le conseguenze di un evento negativo futuro, incerto e rischioso);

4. DERIVATI (in cui i profili di rischio e rendimento sono legati all’andamento dell’attività sottostante - underlying);

5. COMPOSTI (che sono derivanti dalla composizione di strumenti già esistenti). Secondo la Durata del Contratto distinguiamo gli Strumenti a Scadenza:

1. DETERMINATA [Breve periodo (durata inferiore a 12/18 mesi), Medio pe-

riodo (durata compresa tra 1 e 5 anni) o Lungo periodo (durata superiore a 5 anni) ];

2. INDETERMINATA (Scadenza determinata successivamente alla stipula del contratto, talvolta in presenza di alcuni elementi specifici);

3. DETERMINATA CON CLAUSOLA (dove la durata è legata a un’opzione di prolungamento, o di rimborso anticipato a favore dell’emittente, o di conver-sione a favore del sottoscrittore).

Secondo la Remunerazione distinguiamo gli Strumenti:

1. A TASSO DI REMUNERAZIONE (che può essere certo o incerto, nullo o di

mercato, sotto forma di interesse o dividendo, fisso, variabile o indicizzato ri-spetto al parametro di riferimento);

2. A RESTITUZIONE DEL CAPITALE (in un’unica soluzione o con un piano di rimborso).

Secondo la Natura dell’Emittente distinguiamo gli Strumenti in base alla loro Sol-

vibilità, cioè all’attitudine dell’emittente ad assolvere agli impegni contrattuali: - RATING [ Quantificatore del rischio di insolvenza, che si può distinguere se-

condo: il Lungo termine (AAA, AA, A, BBB, BB, etc.), le Prospettive (positi-

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ve, negative o stabili) e il Breve termine (A-1, A-2, A-3, B, C, D) ]. Esempi di rating sono i GOVERNMENT BOND e i CORPORATE BOND.

Secondo la Negoziabilità (marketability) distinguiamo gli Strumenti.

1. OUTSIDE; 2. NEGOZIABILI BILATERALMENTE; 3. NEGOZIABILI SUL MERCATO.

Secondo la Liquidità distinguiamo gli Strumenti in:

1. MEZZI DI PAGAMENTO; 2. ATTIVITA’ CONVERTIBILI A VISTA O CON PREAVVISO; 3. ATTIVITA’ CONVERTIBILI CON NEGOZIAZIONE SUL MERCATO.

LE AZIONI I Titoli Azionari rappresentano quote di partecipazione nella Società, con le quali l’investitore diviene socio dell’emittente condividendo i rischi d’impresa a fronte di un rendimento e una restituzione indeterminata. Le Azioni sono strumenti utilizzati sia per diversificare il Portafoglio, sia per intervenire sulla gestione d’impresa tramite il diritto al voto, dato che gli investitori possono essere interessati o meno alla gestio-ne o all’investimento. Vi sono alcune tipologie di tale Strumento Finanziario. Le Azioni incorporano diversi Diritti: 1. ECONOMICI (diritto al dividendo se vi sono gli utili, e l’assemblea ne decide la

distribuzione); 2. DI LIQUIDAZIONE (dopo aver assolto gli obblighi verso i debitori); 3. DI PARTECIPAZIONE (diritto al voto, impugnazione delle delibere e convoca-

zione dell’assemblea); 4. AMMINISTRATIVI E DI CONTROLLO (diritto di opzione, approvazione del

bilancio e dei verbali, e della visione del libro dei soci). L’elemento discriminante tra le varie tipologie di azioni è il trade-off tra diritti eco-nomici, patrimoniali e diritti al voto:

AZIONI ORDINARIE Determinano l’annotazione sul libro dei soci, si trasferiscono con girata e annota-zione sul libro dei soci. Esse conferiscono:

- Pieno diritto di voto anche per delega o corrispondenza; - Diritto a una quota di utile proporzionale al capitale posseduto; - Diritto di Rimborso in caso di liquidazione;

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- Diritto di Opzione in caso di aumento di capitale.

AZIONI PRIVILEGIATE Non possono essere emesse per un importo superiore al 50% del capitale. Esse conferiscono un Diritto di Prelazione nel riporto degli utili e nel rimborso del capi-tale in caso di liquidazione. Tale prelazione è stabilita con una percentuale fissa dello Statuto Societario che decide anche il carattere cumulativo e non. A fronte di tali agevolazioni, i portatori di Azioni Privilegiate hanno un Diritto di Voto limitato alle assemblee straordina-rie.

AZIONI DI RISPARMIO

L’emissione di tali Azioni è riservata alle Società Quotate per un importo non su-periore al 50% del capitale. In caso di aumento del capitale è previsto il Diritto di Opzione su azioni della stessa categoria; tali Azioni sono ammesse alle quotazioni di mercato. Esse sono prive del Diritto di Voto a fronte di vantaggi economici rinviati allo Statuto Societario. E’ prevista un’assemblea per i portatori di tali azioni per eleggere un rappresen-tante che presenzi alle assemblee per esercitare un’eventuale Diritto di Impugna-zione delle delibere.

AZIONI POSTERGATE Introdotte dalla nuova Riforma Societaria (art. 2348) per la Copertura delle Perdi-te. La Remunerazione e il Diritto di Voto sono rivisti allo Statuto e sono rimborsa-te dopo i creditori, ma prima di tutte le altre azioni.

AZIONI CORRELATE

Introdotte dalla nuova Riforma Societaria (art. 2350) per Finanziamenti finalizzati a particolari Progetti. La distribuzione dell’utile dedicato è subordinata al conse-guimento di risultati positivi globali.

I TITOLI A REDDITO FISSO Sono Titoli le cui caratteristiche di rischio e rendimento sono definite al momento dell’emissione. Possono essere a Tasso Fisso o Variabile (Remunerazione non definita nell’ammontare con indicizzazione al capitale a scadenza o allo stacco delle cedole, o con indicizzazione delle cedole), e a Reddito Fisso come Coupon o Zero Coupon Bond (ossia titoli sprovvisti di cedola), Government Bond (a reddito fisso) Corporate Bond (obbligazioni societarie). Quando un titolo a reddito fisso, ma a tasso variabile, è indicizzato vuol dire che il suo rendimento, totale o parziale, dipende da un Indice che può essere Finanziario (Rischio di tasso d’interesse), Reale (Inflazione), Valutario (Rischio di cambio).

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I TITOLI DI STATO Sono Titoli emessi dal Ministero del Tesoro con scadenza periodica, per far fronte o al Debito Fluttuante (ossia la raccolta a breve termine del Tesoro) o al Debito Struttu-rale; Il loro prezzo di emissione è stabilito in sede d’asta pubblica ed essi sono costi-tuiti da:

BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) Titoli a Tasso Fisso emessi a sconto e rimborsati alla pari: Zero Coupon Bond (scadenza a 3-6-12 mesi) la cui remunerazione dipende dal capitale gain (scarto tra il prezzo di emissione e prezzo di rimborso).

CTZ (Certificati del Tesoro Zero Coupon)

Titoli a Tasso Fisso emessi a sconto e rimborsati alla pari, la remunerazione è co-stituita da capital gain, non vi sono flussi cedolari e le scadenze sono a 18-24 me-si; per le loro caratteristiche simili ai BOT sono chiamati anche BIG BOT.

BTP (Buoni Poliennali del Tesoro)

Titoli a Tasso Fisso emessi per coprire un fabbisogno di medio-lumgo periodo, hanno flussi cedolari semestrali e il rimborso in un’unica soluzione alla scadenza a 3-5-10-30 anni.

CCT (Certificati di Credito del Tesoro)

Titoli a Tasso Variabile emessi per far fronte al bisogno di medio-lungo periodo, hanno una scadenza pari a 7 anni e sono indicizzati al rendimento semestrale dei BOT a 6 mesi più uno spread paria 15 punti base.

LE OBBLIGAZIONI Per il prenditore dei fondi costituiscono un’alternativa al debito bancario per la quale il legislatore ha posto tre limiti:

1. Il Leverage max deve essere pari a 1; 2. L’emissione deve essere decisa in assemblea straordinaria al fine di avere

l’approvazione di gran parte degli azionisti; 3. Per emissioni fuori norma è necessario il vaglio della Banca d’Italia.

Per il datore dei fondi le obbligazioni rappresentano la rinuncia a un coinvolgimento nella gestione dei fondi a fronte di una remunerazione certa. Ci sono varie tipologie di obbligazioni: ORDINARIE : a Reddito Fisso e a Tasso Fisso; SUBORDINATE : titoli obbligazionari postergati rispetto ad analoghe forme di fi-nanziamento nel rimborso del capitale. Esse sono a Tasso Fisso e a Reddito Fisso.

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COMMELATE : restituzione del capitale e degli interessi correlata ai risultati conse-guiti attraverso parametri di indicizzazione, quindi titoli a Reddito Fisso ma Tasso Variabile. TITOLI A REDDITO VARIABILE Sono obbligazioni e titoli che hanno similitudine con le azioni: OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI : conferiscono sia il diritto di credito paria a qualsiasi obbligazione ordinaria, sia il diritto di conversione in base al quale il datore di fondi può scegliere di cambiare il suo status da creditore a socio. Tale conversione ha un costo implicito dato al minimo tasso di interesse riconosciuto rispetto a un’obbligazione di uguale durata e rating; la convenienza dalla conversione dipende dal rapporto di conversione fissato al momento dell’emissione, dal prezzo delle azio-ni di compendio e dal tempo trascorso dall’emissione. OBBLIGAZIONI CUM WARRANT : titoli a tasso fisso a cui è abbinata un’opzione d’acquisto (warrant) di titoli azionari a prezzo e data prestabilita. Il warrant può esse-re staccato dall’obbligazione e circolare indipendentemente. L’acquisto del warrant ha un costo implicito dato dallo scarto tra il tasso di Obbligazione Cum Warrant e il tasso riconosciuto ad un’obbligazione di pari scadenza e rating. OBBLIGAZIONI STRUTTURATE : sono ottenute dalla combinazione di più stru-menti finanziari al fine di soddisfare le esigenze degli operatori. I principali emittenti sono le banche e tali titoli si dividono in Titoli Ibridi e Titoli Derivativi: REVERSE CONVERTIBLE: prevedono a scadenza la consegna di una quantità

di titoli azionari se il loro prezzo scende sotto il prezzo base, o il rimborso al valore nominale del titolo se il prezzo rimane stabile o aumenta. L’emittente si aspetta un ribasso, mentre, il sottoscrittore si attende un valore stabile o un rialzo. REVERSE FLOATER: prevedono un’indicizzazione inversa delle cedole, sono strumenti utilizzati da chi specula al ribasso dei tassi a breve termine, e da chi vuole coprirsi da esposizione a breve.

GLI STRUMENTI DERIVATI Sono strumenti finanziari la cui esistenza e valutazione dipendono dal valore di un’altra attività chiamata “sottostante” (underling security) che può essere un bene o un altro strumento finanziario; nati con finalità di copertura del rischio, possono esse-re utilizzati anche con intenti di tipo speculativo. Le operazioni sui derivati sono ope-razioni a termine e soggette a margini. Rispetto al tipo do vincolo possiamo indivi-duare Titoli Simmetrici (vincolanti per entrambe le parti e con modalità di esecuzione prefissate al momento della stipulazione del contratto. Es: Futures, Forward, Swap) e Titoli Asimmetrici (vincolanti per una sola delle parti, es: Options), tali titoli possono

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essere scambiati su mercati organizzati o nel mercato OTC (Mercato non regolamen-tato). Gli strumenti non derivati hanno 3 tipi di finalità: copertura rischi, speculativa, e di arbitraggio. FORWARD: contratti di compravendita a termine. Le controparti fissano la data fu-tura di regolamento. L’acquirente (la parte lunga) si impegna a versare il prezzo sta-bilito mentre il venditore (la parte corta) si impegna a consegnare il sottostante. Le parti sono vincolate simmetricamente: l’acquirente guadagnerà se il prezzo del sottostante supera lo Strike Price in modo da acquistare a un prezzo più basso e ri-vendere sul mercato al prezzo del sottostante; il venditore conseguirà una perdita pari alla differenza tra quanto incasserà (lo Strike Price) e quanto avrebbe potuto incassare (il sottostante). Non è possibile chiudere anticipatamente il contratto. FUTURE: sono forward standardizzati, possiedono caratteristiche che li rendono fungibili e scambiabili sul mercato. Se si desidera acquistare o vendere un contratto futures occorre aprire un conto presso la clearing house (cassa di compensazione e garanzia) o presso un intermediario che abbia un conto aperto con essa, alla stipula del future bisogna versare un margine di garanzia. Ogni giorno le posizioni aperte vengono riprezzate attraverso il meccanismo del marking to market, ovvero vengono ricalcolate sul prezzo corrente, ciò determinerà accrediti e addebiti. Il contratto può essere chiuso anticipatamente con la stipula di un contratto di segno opposto. FRA (FORWARD RATE AGREEMENT): sono contratti a termine sui tassi di inte-resse, l’impegno a scadenza deriva dalla differenza tra un tasso fisso predeterminato detto tasso FRA e un tasso variabile; il differenziale viene poi applicato al capitale per determinare l’impegno. Colui che acquista il FRA fissa un tasso a termine di in-debitamento e si impegna a pagare un tasso fisso, esponendosi così al rischio di dimi-nuzione dei tassi; mentre colui che vende un FRA fissa un tasso a termine di impe-gno, riceve un tasso fisso e si espone al rischio di aumento dei tassi. SWAP: sono portafogli di forward che hanno come sottostante un tasso di interesse o un tasso di cambio. Non vi sono flussi di capitale e ad ogni scadenza le parti si scam-biano i flussi di pagamenti derivanti dalla differenza tra i tassi. In poche parole due parti si impegnano sullo stesso capitale, una parte paga il tasso fisso e l’altra il tasso variabile, la passività rimane nello stesso stato patrimoniale, mentre sul conto econo-mico avremo oneri a tasso fisso per mutui, proventi a tasso fisso per swap e oneri a tasso variabile per swap (l’altra parte). OPZIONI: titoli asimmetrici che attribuiscono all’acquirente del contratto (buyer) la facoltà di acquistare (call) o vendere (put) ad una certa data e ad un certo prezzo (strike price). Il writer (colui che esegue il contratto), invece, è obbligato ad acquista-re quando il buyer decide di esercitare la facoltà. Il buyer per ottenere la facoltà deve pagare un premio e può decidere di esercitare o meno. Nell’opzione call se il prezzo del sottostante scende sotto lo strike price al netto del premio converrà abbandonare l’opzione con una perdita pari al premio.

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CAPITOLO IV IL MERCATO DEI CAPITALI

Il mercato dei capitali è costituito dal complesso delle negoziazioni finanziarie tra u-nità in surplus e unità in deficit. Il collegamento tra unità in surplus e unità in deficit può avvenire sia in modo diretto qualora unità in surplus acquistino passività finan-ziarie delle unità in deficit, sia indirettamente ovvero mediante l’intervento di un in-termediario finanziario, il quale si interpone tra unità in surplus e unità in deficit. Il mercato dei capitali può essere scomposto in due segmenti: mercati creditizi (mercati dei depositi e dei prestiti bancari), che si caratterizzano per la ricerca individuale del-la controparte e per l’eterogeneità dei contratti, che vengono “ritagliati” in modo da rispondere al meglio ai bisogni della clientela; mercati mobiliari, che si caratterizzano per lo scambio di strumenti finanziari ovvero attività finanziarie le cui caratteristiche tecnico-economiche risultano in larga perte standardizzate, accezion fatta per il prez-zo la cui determinazione viene lasciata al mercato: fanno parte di questo mercato il mercato monetario, obbligazionario, azionario, dei derivati, dei cambi. L’efficienza allocativa dei mercati immobiliari si riferisce, sia in caso di circuito di-retto che indiretto a 2 tipi di efficienza:

- valutaria - operativa Riguardo l’efficienza operativa, i parametri che la descrivono sono: - ampiezza(numerosità dei titoli trattati) - spessore (continuità dei prezzi e nelle quantità d’acquisto) - elasticità (capacità di metabolizzare le tensioni sui prezzi attraverso

l’assorbimento dell’informazioni disponibili)

Per quanto riguarda l’efficienza valutativa parliamo della capacità del prezzo di incorporare il suo valore fondamentale . Le condizioni per tale efficienza sono: la disponibilità e l’accesso alle informazioni a basso costo al fine di colmare la cono-scenza imperfetta e la capacità di utilizzo di tali informazioni in termini di inter-pretazioni .

Esiste una diversa posizione di conoscenza e di potere contrattuale tra emittente e in-vestitore, a tal proposito si parla di asimmetrie informative che possono causare: ex-ante, costi di screening per evitare comportamenti di “adverse selection”; ex-post, costi di monitoring per evitare situazioni di “moral hazard”. E’ possibile individuare 3 forme di Efficienza Informativa:

1) EFFICIENZA IN FORMA DEBOLE: le sole informazioni disponibili sono quelle relative ai prezzi passati , per cui i prezzi delle attività finanziarie ri-

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specchiano gli andamenti passati, non è possibile ottenere rendimenti anomali basandosi solo su dati storici.

2) EFFICIENZA IN FORMA SEMI-FORTE: l’informazione disponibile è di

pubblico dominio e riguarda dati storici e correnti , è possibile ottenere rendi-menti sopra la media avendo informazioni riservate.

3) EFFICIENZA IN FORMA FORTE: I prezzi riflettono tutte le informazioni e-

sistenti , storiche pubbliche e riservate. L’efficienza operativa dei mercati immobiliari perciò dipende da diversi tipi di mer-cati. I mercati possono avere diverse microstrutture: -Mercato ad asta Le “pdn” (proposte di negoziazione) confluiscono sul mercato e rendono noti a tutti gli operatori le diverse combinazioni di quantità e prezzi; l’asta può essere a chiamata o continua -Mercato di broker Il broker è specializzato nella ricerca di controparti per le pdn ricevute , egli è re-munerato da una commissione fissa o proporzionale all’importo del contratto. -Mercato di dealer Il dealer ha la funzione di prestare un servizio di liquidità direttamente come contro-parte nella compravendita, il suo compenso è calcolato facendo la differenza tra prez-zo denaro e prezzo lettera. Il mercato dei cambi È costituito dalle negoziazioni delle valute estere. Si distinguono al suo interno due segmenti: il mercato a pronti che è quello in cui le operazioni vengono liquidate in due giornate lavorative; il mercato a termine dove vengono negoziate operazioni la cui effettiva esecuzione avverrà a una certa data futura, ma le cui condizioni vengono definite oggi. Il prezzo del mercato dei cambi è il tasso di cambio, ovvero il prezzo di una valuta, espresso in termini di un’ altra valuta. Il cambio può essere quotato in modo diretto o indiretto. La quotazione indiretta, detta anche incerto per certo, è costituita dalla quantità di valuta nazionale (euro) necessaria per acquistare un’unità di valuta estera (dollaro), mentre la quotazione diretta, detta anche certo per incerto, è costituita dalla quantità di valuta estera (dollaro) necessaria per acquistare un’unità di valuta nazio-nale (euro). L’aumento della quotazione “certo per incerto” determinerà un apprez-zamento della valuta nazionale , mentre l’aumento della quotazione “incerto per cer-to”, ne determinerà un deprezzamento. Ogni operatore che investe o si indebita in va-

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luta estera si espone al rischio di cambio, può coprirsi da tale rischio con operazioni a termine o con derivati.

- nel lungo periodo il tasso di cambio obbedisce alla teoria della parità dei poteri d’acquisto, ovvero il tasso di cambio tende ad assumere un valore tale da com-pensare il differenziale dei tassi d’inflazione

- nel breve periodo , invece, il tasso di cambio segue la teoria della parità coperta dei tassi d’interesse , ovvero il legame tra i tassi a pronti e a termine compensa il differenziale tra i tassi d’interesse dei 2 paesi.

Il Mercato monetario È costituito dall’insieme delle negoziazioni di capitale di debito a breve termine (in-feriori all’anno) e gli strumenti finanziari trattati su di esso, che sono detti appunto “strumenti di mercato monetario”. In tale mercato agiscono gli operatori interessati ad aggiustare la propria liquidità ed è per questo motivo che la caratteristica principa-le di tale mercato è la velocità nell’aggiustamento delle posizioni. Gli strumenti del mercato monetario sono costituiti principalmente da:

- titoli di stato a breve termine (in Italia, bot) privi di cedole, emessi sotto la pari e rimborsati alla pari; il rendimento è dato dalla differenza tra il prezzo di ac-quisto e il valore di rimborso (scarto di emissione), sono di durata massima pa-ri a 12 mesi e sono negoziati sul MOT e sull’MTS;

- depositi interbancari, costituiti da depositi a scadenza determinata e a breve termine o a scadenza indeterminata, di importo minimo pari generalmente a 1,5 milioni di euro, contratti tra banche per sistemare la posizione di tesoreria e negoziati in prevalenza sul MID.

Nel mercato monetario sono inoltre negoziati: accettazioni bancarie, cambiali finan-ziarie, polizze di credito commerciale. MID (mercato telematico) È un mercato interbancario dei depositi in cui si formano i tassi d’interesse che costi-tuiscono la base della determinazione dei tassi praticati dalle banche ai clienti; i con-tratti negoziabili ai clienti sono : - depositi a un giorno(overnight,tomorrow,spotnix) - depositi a scadenza (indeterminata , determinata, differita) l’importo minimo delle transazioni è pari a 1,5 milioni . I mercati finanziari racchiudono il mercato obbligazionario, azionario, degli strumenti derivati. Mercato obbligazionario È formato da tre segmenti:

- il MOT, ossia mercato obbligazionario telematico. Il MOT costituisce il mer-cato al dettaglio dei titoli obbligazionari ed è caratterizzato dalla presenza di

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intermediari autorizzati; da negoziazioni standardizzate e da meccanismi codi-ficati di determinazione dei prezzi.

- il MTS, ossia mercato telematico dei titoli di stato. L’MTS è caratterizzato da una diversa microstruttura. Infatti l’MTS è un mercato all’ingrosso sul quale vengono negoziati titoli di stato con taglio minimo di 2,5 milioni di euro, ob-bligazioni private e pubbliche diverse dai titoli di stato per lotti minimi di 250000 euro e coupon strips con lati minimi di 10000 euro; con riferimento al-la microstruttura, è un mercato “quote driven” al quale partecipano dealer (ope-ratori in proprio) e market maker (operano su un gran quantitativo di titoli).

- il TLX , gestito da TLX s.p.a., divenuto un mercato regolamentato con la deli-bera della Consob nel 2003 , si caratterizza per la presenza di market maker per ciascun strumento ed ha un sistema di esecuzione misto (sia a listino che ad a-sta); gli strumenti trattati sono i Government Bond sia italiani che europei, e obbligazioni.

Dunque, è evidente che nel mercato obbligazionario vengono trattati: titoli di stato, emessi dal tesoro a medio-lungo termine e con asta marginale; obbligazioni societa-rie, emesse per lo più da banche attraverso collocamenti privati o offerte pubbliche. Mercato Azionario Il mercato azionario è gestito completamente da Borsa Italiana s.p.a. ed è composto da tre segmenti:

- MTA (mercato telematico azionario). Nell’MTA sono quotate e negoziate le azioni italiane, le obbligazioni convertibili, i warrant, i diritti di opzione, e le quote di fondi chiusi; gli strumenti trattati nell’MTA sono divisi nei seguenti segmenti: segmento blue chips, nel quale sono incluse le aziende con capitaliz-zazione superiore a 800 milioni di euro; segmento star, che include le aziende con una capitalizzazione inferiore a 800 milioni di euro operanti nei settori più tradizionali; segmento ordinario di borsa, che include tutte le altre società. È un mercato misto che prevede un’asta d’apertura che individua il prezzo teorico d’apertura che consente di massimizzare la quantità dei titoli scambiati , una validazione attraverso l’individuazione del prezzo di apertura che non deve di-scostarsi dal prezzo di controllo (prezzo di chiusura del giorno precedente) del 10%, un’ apertura che permetta la chiusura di tutti i contratti abbinabili al prez-zo d’apertura. Successivamente il mercato sarà a negoziazione continua e poi il si avrà l’asta di chiusura che si svolge in 2 fasi: 1) pre-asta in cui gli operatori immettono, cancellano e modificano le pdn per individuare il prezzo di chiusu-ra ; 2) l’asta di chiusura in cui vengono conclusi tutti i contratti abbinabili al prezzo di chiusura. Il riepilogo di fine giornata comprenderà : il numero di con-tratti conclusi , al prezzo minimo e massimo , i prezzi segnaletici (di apertura, di chiusura , di riferimento e ufficiale), gli indici di borsa (MIBTEL,MIDEX, MIB ecc).

- NUOVO MERCATO. È il mercato dedicato alle imprese ad alto potenziale di crescita, operanti sia in settori innovativi, sia tradizionali purchè caratterizzate

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da innovazioni di prodotto, servizio o processo; in esso sono trattate azioni, obbligazioni convertibili, warrant e diritti d’opzione.

- MERCATO EXPANDI. Accoglie le piccole imprese operanti nei business tradizionali e consolidati nei mercati di riferimento; gli strumenti trattati sono le azioni.

Mercati degli strumenti derivati Sono completamente gestito da BORSA ITALIANA s.p.a. e sono due: 1) IDEM. Italian derivates market in cui si effettuano contratti:

-FIB 30 (future sull’indice Mib 30 con ticket di 5€ ) -Minifibi (future sull’indice Mib 30 con ticket di 1€) -IDEM STOCK FUTURE (future sui titoli più liquidi dell’ MTA e del Nuovo Mercato ) -MIB 30 (opzione europea sui MOB 30) -Opzione iso-alfa (opzione americana sui titoli + liquidi dell’ Mta e del Nuovo Mercato)

2) MCW (Mercato dei Covered Warrant)

Al fine di garantire la liquidità del mercato l’emittente o il soggetto incaricato dall’emittente deve impegnarsi a esporre proposte in acquisto e in vendita in modo continuativo a prezzi che non si discostano dal range massimo di prezzo previsto e per quantitativi almeno pari ai lotti minimi. Mercato in cui le sottostanti sono azioni, Governative Bond , tassi s’interesse indi-ci o panieri di indici. I contratti che si stipulano in tale mercato sono: - CW Plain vacilla (opzione put o call con strike Diverso da zero) - CW benchmark (opzione call con strike = 0 - CW certificates (opzioni call con strike = 0 e con sottostante un indice dello

stesso emittente CW) - CW strutturati /esotici (combinazione di opzioni.)

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CAPITOLO V GLI INTERMEDIARI FINANZIARI

Nella teoria economica classica l’intermediario è visto come un operatore economico dotato di un portafoglio di attività e passività finanziarie; sviluppi teorici successivi hanno portato all’identificazione di nuove teorie: La teoria dei costi di transazione Tale teoria, sviluppata da Coase, si basa sull’esistenza di una imperfezione del merca-to relativamente le caratteristiche degli strumenti finanziari, in particolare ai costi di transazione, informazione e operativi il cui sostenimento può condizionare la fattibili-tà delle operazioni. Gli intermediari finanziari conseguendo economie di scala e di produzione congiunta assicurano il trasferimento delle risorse finanziarie in condizio-ni di maggiore efficacia ed efficienza. Questa teoria suggerisce la teoria che è alla ba-se dei servizi a pagamento svolti dagli intermediari e le ragioni della ripetizione delle transazioni fra intermediari e mercati e tra diverse tipologie di intermediari. Tale ri-partizione è fondata sul livello di internalizzazione dei costi di transazione. Teoria dell’incertezza I contratti si caratterizzano per la presenza di molteplici tipologie di rischio: rischio di credito, rischio di liquidità, rischio giuridico. Lo scambio diretto può realizzarsi solo tra le parti se c’è un’assoluta concordanza sulle modalità contrattuali di distribuzione del rischio. Il ruolo dell’intermediario è rendere possibile la conclusione dello scam-bio attraverso la trasformazione del rischio. Le ipotesi di fondo (limitative): - Assenza di imperfezioni di natura strutturale; - Mancata considerazione di strumenti di paga-mento e di strumenti di consulenza; - Non considerazione esplicita dell’intermediario con funzione monetaria, il quale consente di minimizzare i costi, tempi e rischi di tra-sferimento dei saldi monetari. Teoria delle asimmetrie informative Secondo tale teoria sul piano informativo gli investitori sono sistematicamente in svantaggio rispetto ai prenditori che conoscono rischio e redditività dei progetti da fi-nanziare; anche l’emittente potrebbe non saper interpretare il mercato e stabilisce cor-rettamente i termini dell’emissione. Il ruolo dell’intermediario è quello di produrre informazione interna in misura utile a colmare l’asimmetria informativa tra debitore e creditore, grazie all’accesso a informazioni riservate; l’informazione è attendibile in quanto l’intermediario si assume il rischio. Prodotti e servizi bancari Le Banche sono intermediari aventi carattere d’impresa e esercitano in via esclusiva l’attività bancaria, ovvero la raccolta di risparmio e la concessione di prestiti, e tutte le attività finanziarie per le quali non ci sia una esplicita riserva di legge. Le tipologie di servizi sono: - di finanziamento; - di pagamento; - di investimento.

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Servizi di finanziamento: Sono costituiti da prestiti che sono strumenti con i quali gli operatori in deficit col-mano il loro fabbisogno; il contratto preliminare per avviare un contratto di prestito è il fido, istruttoria di indagini, ricerche, analisi, elaborazioni finalizzate a fornire ele-menti di valutazione degli organi della banca per formulare un giudizio sulla richiesta di affidamento in relazione alla capacità di rimborso e ai rischi dell’operazione. Il fido L’istruttoria di fido è costituita da quell’insieme di indagini, ricerche, analisi ed ela-borazioni destinate a fornire elementi di valutazione ai competenti organi della banca per la formulazione di un giudizio circostanziato sulla richiesta di affidamento inol-trata dalla clientela in relazione sia alla sua capacità di rimborso sia ai rischi insiti nella operazione. Il fido è il naturale presupposto di qualsiasi prestito. I prestiti I prestiti si dividono in: - prestiti per cassa; - prestiti di firma. I prestiti per cassa sono operazioni di scambio che prevedono due contrapposte ob-bligazioni aventi ad oggetto denaro. Le principali forme tecniche a breve periodo sono:

- l’apertura di credito in conto corrente - lo sconto - l’anticipazione.

Mentre quelli a medio/lungo termine sono: - l’apertura di credito semplice - il mutuo

Inoltre possono essere finalizzati o non finalizzati, a seconda della capacità o meno della banca di poter individuare la destinazione ed il rimborso dei fondi. Possono es-sere per il capitale circolante e per il capitale fisso ed infine, a seconda del rischio connesso abbiamo crediti in bianco, operazioni a base controllata e a base garantita. I prestiti per firma consistono in prestiti dove solo in caso di insolvenza la banca è costretta ed un esborso di denaro (es. Leasing e Factoring). Apertura di credito in conto corrente È il contratto con il quale la banca si impegna a mettere a disposizione del cliente una certa somma di denaro, può essere concessa allo scoperto oppure sulla base di garan-zie reali o personali. Se l’apertura di credito è a tempo indeterminato ciascuna delle parti può ritirarsi con un preavviso che può essere stabilito dal contratto o dagli usi o, in mancanza, è definito in 15 giorni. Se non è convenuto altrimenti, l’accreditato può utilizzare più volte il credito e può con successivi versamenti ripristinare la sua di-sponibilità (apertura di credito ordinaria). Il conto corrente bancario è regolato da tas-si d’interesse attivi e passivi, nonché da altre condizioni economiche (commissione di massimo scoperto, commissioni relative alla tenuta del conto). È un contratto consen-suale, poiché si perfeziona senza che la somma messa a disposizione venga realmente utilizzata.

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Credito per elasticità di cassa e scoperto di valuta Il credito per elasticità di cassa o scoperto di conto si origina da prelievi di importo limitato eccedenti la disponibilità depositata sul conto corrente. Si caratterizza per l’assenza di uno schema contrattuale formalizzato e per la limitata durata temporale. Lo scoperto di valuta si manifesta su un conto corrente passivo qualora per effetto della metodologia di calcolo degli interessi si manifestano differenze nel saldo di li-nea capitale (rinvenibile nell’estratto conto) e del saldo per valuta (rinvenibile nello scalare interessi). Lo sconto È il contratto con il quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto mediante la cessione “salvo buon fine” del credito stesso. Non necessariamente lo sconto ha ad oggetto cambiali, ma anche ricevute bancarie e fatture. La cessione è “pro solvendo”: se alla scadenza il debitore è inadempiente, il cliente è tenuto a rimborsare il valore nominale del credito alla banca. La banca individua l’importo massimo di crediti commerciali per i quali può essere richiesto lo sconto. Lo sconto di effetti cambiari È il contratto con il quale la banca anticipa al portatore di una cambiale non ancora scaduta il suo valore “salvo buon fine”, previa deduzione di una percentuale pari agli interessi anticipati per il periodo considerato e di commissioni bancarie. (Vedi tipi di cambiali sui lucidi) Se lo sconto riguarda cambiali emesse a fronte di fornitura merci o prestazione di servizi, la banca può farsi cedere dal traente il suo credito derivante dalla fornitura medesima, con apposita clausola definita “cessione della provvista”. La singola operazione di sconto cambiario rientra nella messa a disposizione di un limite globale di rischio ammesso dalla banca, utilizzabile su base rotativa (castelletto di sconto). Portafoglio Salvo Buon Fine E’ un’operazione bancaria che consente al cliente di poter disporre attraverso il conto corrente di corrispondenza di una somma pari al credito documentato da ricevute bancarie di volta in volta presentate alla banca, nell’ambito dell’apposito fido detto “castelletto s.b.f.”, con rientro al pagamento degli stessi. Mediante la clausola “salvo buon fine”, la banca si riserva il diritto di annullare l’accredito dell’operazione se non riesce a ottenere il controvalore dei titoli di cui si tratta. A differenza dello sconto, nell’accredito salvo buon fine gli interessi sono posticipati. Anticipazione E’ un prestito a breve termine garantito da pegno su merci o su titoli. Si compone di due contratti: uno principale (fede di deposito, nel caso delle merci, polizza di antici-pazione, nel caso di titoli) e uno accessorio (nota di pegno, nel caso delle merci, dirit-to di pegno). Dal valore dell’oggetto del pegno (valore di perizia nel caso di merci, valore di mercato, nel caso di titoli), la banca sottrae una percentuale che trattiene

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contro il rischio di deprezzamento della garanzia. L’anticipazione può essere a sca-denza fissa o in conto corrente. Nel primo caso l’importo del prestito è uguale al va-lore attuale del pegno al netto dello scarto di garanzia. Nel secondo caso viene con-cessa un’apertura del credito in conto corrente di un importo pari al valore di perizia del pegno al netto dello scarto di garanzia. Mutui Si tratta di prestiti a scadenza media (sino a 5 anni) o lunga (sino a 10-15 anni), carat-terizzati dalla corresponsione di rate di rimborso periodiche nonché, normalmente, dalla prestazione di particolari garanzie. Spesso viene richiesta l’ipoteca, garanzia che attribuisce al creditore il diritto di far espropriare e di far vendere il bene immobile con il beneficio di trattenere dal ricavato della vendita tutto ciò che gli è dovuto. L’ipoteca viene iscritta sempre per un valore molto più elevato rispetto al mutuo con-cesso, al fine di garantire non solo il capitale erogato, ma anche gli interessi e tutti gli oneri accessori. Le rate di rimborso (comprensive di capitale e interessi) possono essere costanti, cre-scenti o decrescenti nel tempo. Il piano di rimborso francese è il piano di prestito più comune nella prassi operativa. Si caratterizza per l’importo della rata costante. Dal momento che la quota interessi è calcolata sul debito residuo (che è decrescente: DR t>DR t-1), essa è decrescente, per cui le quote capitale, (altra componente della rata) saranno crescenti. In particolare, la successione delle quote capitale costituisce una progressione geometrica di ragione (1+i). Il piano d’ammortamento italiano è una variante del piano di ammortamento france-se. Si caratterizza per la quota capitale costante: ne consegue che la rata sarà decre-scente in ragione della quota interessi calcolata sul debito residuo. La serie delle quo-te interessi, cosi come la successione delle rate, costituiscono una progressione geo-metrica di ragione: -Ci/n. Leasing Le operazioni di leasing sono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta ed indicazioni del conduttore, che se ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro pagamento di un prezzo stabilito. Leasing operativo: il locatario intende essenzialmente godere del bene locato senza necessariamente assumerne l’onere di manutenzione o di conduzione amministrativa ed il rischio di obsolescenza. Leasing finanziario: il locatario si propone in via prioritaria di finanziare la disponibi-lità di un bene strumentale all’esercizio della propria attività (questo tipo di operazio-ne può prevedere l’intervento della banca quale soggetto locatore). Factoring Si tratta di un contratto con il quale una società specializzata acquista la totalità o una parte omogenea di crediti commerciali di un’altra società. Il ricorso al factoring è

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conseguenza delle esigenze legate alla politica di credito commerciale attuata dall’impresa. La concessione di dilazioni di pagamento alla clientela può dar luogo ad una serie di problemi amministrativi, legati alla gestione del portafoglio crediti; eco-nomici, relativi alla possibilità di insolvenza dei clienti; e finanziari, derivanti dal fabbisogno finanziario conseguente ad un non corretto equilibrio tra dilazioni conces-se ai propri clienti e dilazioni ottenute dai propri fornitori. Le Banche La banca è un’impresa costituita in forma di società di capitali dedita professional-mente alla concessione del credito, principalmente con capitali attinti dal mercato a titolo di credito e grazie anche all’emissione di propri segni di debito accettati alla stessa stregua della moneta. Opera collegata in sistema con altre banche e può acce-dere al credito di ultima istanza presso la banca centrale. Le Banche svolgono tre fun-zioni principali:

1) Funzione monetaria: riguarda l’offerta di strumenti di debito della banca accet-tati alla stregua della moneta del mercato. Tale funzione si concretizza nei rap-porti con i clienti attraverso l’offerta di strumenti per Consumi o Investimenti, viene regolata dalla variazione delle riserve libere ed obbligatorie delle singole banche su impulso della politica monetaria; inoltre consente alla banca di gesti-re tutti i pagamenti per lo svolgimento dell’attività economica.

2) Funzione creditizia: riguarda la concessione dei prestiti, essa si ricollega al contributo per la crescita economica del paese. Al fine di concedere i prestiti la banca deve valutare correttamente sia la capacità di rimborso dell’affidato sia realizzare la migliore combinazione tra rischio e rendimento all’interno del proprio portafoglio.

3) Funzione di trasmissione della politica economica. Le banche svolgono due funzioni: una funzione monetaria, fornendo strumenti accet-tati dal mercato come moneta e una funzione creditizia con la concessione di prestiti. L’analisi di affidabilità Il problema dell’attività di prestito è principalmente legato alla valutazione del rischio della singola operazione; questo tipo di valutazione può avvenire attraverso la cosid-detta analisi di affidabilità che può essere basata su sistemi di rating o attraverso un’analisi tradizionale. La valutazione attraverso il sistema di rating si articola in due fasi: 1) Screening (prima della concessione del prestito); 2) Monitoring (durante la vita del prestito, nell’azione di sorveglianza che accompagna il prestito stesso). La fase di screening è composta da tre fasi di valutazione:

- Risk Rating: coincide con l’istruttoria di fido; tale fase si conclude con un giu-dizio qualitativo e con l’assegnazione di un rating che sintetizza il rischio per-cepito dalla banca.

- Risk Costing: consiste nell’approssimare il costo di rischio con il tasso di per-dita atteso sulla specifica operazione, dato dal prodotto tra la probabilità di in-

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solvenza media del debitore (data la sua classe di rating) e il tasso di perdita in caso d’insolvenza.

- Risk Pricing: consiste nel calcolare il tasso praticato sul prestito (pricing) non solo assicurando la copertura delle perdite possibili, ma anche tenendo in con-siderazione il costo della provvista necessaria per l’erogazione del prestito, i costi operativi sostenuti e le condizioni praticate dalla concorrenza.

La fase di monitoring è composta da due fasi: - Risk monitoring: verifica il permanere delle condizioni di affidabilità del debi-

tore ponendo attenzione alle modalità di utilizzo del credito e alla puntualità nel servizio del debito.

- Risk portfolio: è possibile gestire il rischio di ciascun affidamento in ottica di portafoglio attraverso la diversificazione e la ripartizione dei rischi.

L’istruttoria di fido (fasi) e l’attribuzione del rating. Nella prima fase la banca verifica l’esattezza e la veridicità delle dichiarazioni rila-sciate dal richiedente al momento della presentazione della domanda di fido. La fonte di informazioni di maggior importanza è costituita dalla “centrale dei rischi” ovvero da quel sistema di segnalazioni gestito dalla Banca d’Italia che raccoglie informazioni relative alle caratteristiche delle posizioni debitorie degli affidati. Nella seconda fase la banca conduce l’ “analisi qualitativa” riguardante la struttura e l’andamento del settore in cui opera l’impresa, le politiche di gestione dell’impresa nonché la fondatezza dei suoi programmi futuri. La terza fase consiste nell’effettuazione di analisi di tipo “quantitativo”, su bilanci opportunamente riclassificati in modo da ottenere una serie di indicatori sintetici della situazione, economica, finanziaria e patrimoniale, dell’impresa richiedente. La quarta fase comporta la redazione della vera e propria “relazione di fido” nella quale, alla luce delle analisi, qualitative e quantitative, vengono sintetizzati gli aspetti favorevoli e sfavorevoli della richiesta sottoposta a valutazione e attribuito il rating interno. Il rating È la modalità di espressione del rischio di credito articolata in classi omogenee di ri-schiosità, le classi di rating sono costituite dall’insieme di posizioni di un soggetto debitore, oppure dalle operazioni con le stesse rischiosità in termini di default (proba-bilità di fallimento). L’attribuzione del rating può essere svolta attraverso: il ricorso all’analista esterno, combinazione tra istruttoria del fido e analista esterno, sistemi di scorino. La perdita attesa sarà uguale alla probabilità di insolvenza per la perdita in caso in caso di insolvenza; una volta attribuito il rating bisognerà individuare la mo-dalità di utilizzo per i prestiti a utilizzo parziale, e i ritardi nei rimborsi per i prestiti a utilizzo integrale. Per quanto riguarda la diversificazione, il portafoglio verrà suddivi-so o in classi di importo, o per settori, o per forma tecnica, o per area geografica al fi-ne di frammentare il rischio specifico, quello sistematico e il rischio di ciclicità. Per l’emittente, il rating diminuisce il costo di approvvigionamento delle risorse finanzia-

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rie, mentre per l’investitore consente di usufruire di un benchmark in maniera indi-pendente, professionale e credibile. Il giudizio si formalizza attraverso le scale di rating ordinate in senso decrescente; il passaggio da una scala all’altra è chiamato downgrade se corrisponde ad un salto verso il basso, e upgrade se corrisponde ad un salto verso l’alto. Servizi di hedging: Rappresentano servizi di copertura dei rischi finanziari attraverso la negoziazione di derivati, contratti a termine, o ponendosi come controparte diretta nei mercati OTC, al fine di negoziare SWAP, forward ecc. Servizi di investimento: con cui si attua la raccolta dei fondi sia diretta (con vincolo di restituzione alle scadenze contrattuali mediante la vendita di passività finanziarie della banca), che raccolta indiretta (relativa ai servizi d’assistenza finanziaria e scam-bio di valori mobiliari sui mercati. Servizi di consulenza: indirizzati a soddisfare un bisogno di assistenza alle imprese per le scelte riguardanti sia la struttura che la gestione finanziaria. Servizi di intermediazione mobiliare: a causa dello sviluppo dei mercati mobiliari dovuto alla combinazione di rendimento e rischio più elevati, si è avuta una disinter-mediazione bancaria dal lato del passivo; proprio per questo la banca, al fine di non perdere i suoi clienti, si è dedicata anche a servizi come: servizio di custodia e ammi-nistrazione titoli, di raccolta ordini e negoziazione dei titoli, di consulenza dell’investimento, di gestione patrimoniale. Servizi di pagamento: agevolano lo svolgimento degli scambi di natura monetaria alla base della rete dei pagamenti. Gli intermediari creditizi non bancari Società di Leasing: svolgono attività creditizia attraverso la stipulazione di contratti di leasing finanziario. Il leasing finanziario consiste nell’acquisto di un bene strumen-tale all’attività d’impresa da parte della società di leasing (locatore) e nella successiva cessione in uso al cliente (locatario) dietro pagamento di una serie di canoni periodi-ci. Le società di leasing sono intermediari orientati alla formazione del margine di in-teresse. Società di Factoring: l’attività di factoring consiste nell’assunzione di crediti esistenti o di futura formazione dove il factor provvede ad anticiparne l’importo con presta-zione di garanzia (cessione pro soluto - rischio trasferito in capo al cessionario) o senza. La società di factoringsvolge una serie di servizi connessi alla cessione del credito: di consulenza, di gestione, di assicurazione, legale, ecc. È un intermediario orientato principalmente al margine provvisionale. Società di credito al consumo: la concessione di credito al consumo è un’attività di prestito rivolta alla famiglia allo scopo di acquistare beni durevoli e non realizzata sotto forma di credito personale(senza vincoli di destinazione delle risorse anticipate)

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o di credito finalizzato (relativo all’acquisto di particolari beni o servizi). Le società di credito al consumo di matrice bancaria sono focalizzate sul credito personale, men-tre le società di credito al consumo di matrice industriale sono specializzate nel credi-to finalizzato con una stretta dipendenza dalle politiche commerciali della società di appartenenza. La società di credito al consumo è un intermediario orientato alla for-mazione di un margine di interesse. Gli intermediari di partecipazione Gli intermediari di partecipazione svolgono istituzionalmente un’attività di investi-mento nel capitale di rischio delle imprese. Oltre a questo tipo di attività, offrono un’ampia gamma di servizi (di consulenza, di coordinamento, di organizzazione, ecc.) per cui spesso si affiancano agli intermediari mobiliari (nel circuito diretto). Si distinguono in base alla finalità dell’investimento:

- Holding finanziarie - Merchant bank e venture capital(società di intermediazione finanziaria in senso

stretto). Intermediari – circuito indiretto pubblico Cassa dei depositi e dei prestiti: concede finanziamenti e svolge attività di assistenza finanziaria nei confronti di enti pubblici, le risorse necessarie vengono reperite in par-ticolar modo dal canale postale. Nello stato patrimoniale avremo nell’attivo prestiti agli enti pubblici, nel passivo depositi postali, buoni fruttiferi e mezzi propri. Nel conto economico riclassificato la principale posta sarà il margine d’interesse. Intermediari assicurativi e previdenziali Sono operatori che svolgono un’attività di intermediazione attraverso l’offerta di uno o più servizi assicurativi e finanziari; si distinguono le imprese di assicurazioni, gli i-stituti previdenziali e i fondi pensione. L’impresa di assicurazioni gestisce i “rischi puri”, vale a dire rischi la cui manifesta-zione comporta solo effetti negativi per l’assicurato. Tali rischi se gestiti con riferi-mento ad una collettività omogenea di situazioni/soggetti possono essere previsti e coperti attraverso la previsione di un premio che è minore della somma assicurata. La determinazione dei premi avviene in via anticipata su basi probabilistiche-attuariali (ipotesi statistiche) e finanziarie (ipotesi finanziarie), con la conseguenza che viene meno la concomitanza temporale tra la prestazione e la controprestazione. Esistono due rami del settore assicurativo: danni (per beni, soggetti, patrimonio) vita (vita u-mana). Nello stato patrimoniale del ramo danni nell’attivo avremo gli investimenti, nel passivo avremo riserva premi, riserva sinistri, mezzi propri. Nel conto tecnico del ramo danni avremo il margine del conto tecnico. Nello stato patrimoniale del ramo vita avremo nell’attivo gli investimenti, e nel passivo avremo riserva premi, riserva matematica, mezzi propri. Nel conto tecnico del ramo vita avremo il margine del con-to tecnico.

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Intermediari mobiliari - circuito diretto Le Sim (Società di Intermediazione Mobiliare) sono le imprese di investimento ita-liane che forniscono i servizi di investimento e i servizi accessori. Nella prestazione dei servizi le Sim devono attenersi ad una serie di criteri generali di comportamento: diligenza, trasparenza, correttezza, adeguatezza di informazioni relative ai cliente, di-sponibilità di infrastrutture per l’erogazione dei servizi, ecc. L’art. 1 del Testo Unico della Finanza definisce i servizi di investimento:

- Negoziazione di strumenti finanziari per conto proprio (dealing) o per conto di terzi (brokerage).

- Collocamento di strumenti finanziari con o senza preventiva sottoscrizione, ovvero assunzione di garanzie nei confronti dell’emittente.

Oltre a questi, il TUF definisce i servizi accessori: - Custodia e amministrazione degli strumenti finanziari - Locazione di cassette di sicurezza - Concessione di finanziamenti - Consulenze alle imprese

Lo stato patrimoniale avrà nell’attivo titoli e liquidità, nel passivo mezzi propri e ca-pitali terzi per le Sim dealer e underwriter; mentre per le Sim broker e seller nell’attivo avremo le immobilizzazioni e nel passivo i mezzi propri. Per quanto ri-guarda il conto economico per le società broker o seller avremo il margine di inter-mediazione ottenuto dalla differenza tra commissioni, attività e passività, mentre per le società dealer o underwriter avremo il margine di intermediazione composto da plus – minus valenze da operazioni finanziarie + interessi attivi – interessi passivi + dividendi. La Società di gestione del risparmio: Svolge professionalmente attività di “asset management”, ossia di gestione del ri-sparmio per conto terzi su base individuale e su base collettiva e di gestione di fondi pensione. Più precisamente le SGR sono abilitate dal TUF a:

- promuovere, istituire e gestire FCI (Fondi Comuni d’Investimento); - gestire OICR (Organismi di Investimento Collettivo) di propria o altrui istitu-

zione; - istituire e gestire fondi pensione; - prestare il servizio di gestione individuale; - svolgere attività connesse (ricerca e analisi,…) e strumentali (servizi informati-

ci,…). Nello stato patrimoniale nell’ attivo avremo immobilizzazioni, titoli, liquidità; nel passivo avremo mezzi propri e capitale di terzi. Nel conto economico potremo calco-lare il margine di intermediazione sottraendo alle commissioni attive le commissioni passive. Gli Investitori istituzionali: Sono intermediari finanziari abilitati a investire il pa-trimonio per conto di numerose unità in surplus. Essi sono:

- OICR (fondi comuni di investimento aperti e chiusi e Sicav)

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- FONDI IMMOBILIARI - FONDI PENSIONE - COMPAGNIE DI ASSICURAZIONE

OICR: (organismi di investimento collettivo)

- A seconda delle modalità di partecipazione al patrimonio si distingue tra fondi aperti e chiusi. Nel primo caso (fondi aperti) si parla anche di fondi a capitale variabile in quanto vi è la possibilità di ingresso e di uscita dei partecipanti in ogni istante sulla base del valore della quota stessa che dipende dal valore di mercato degli asset in cui il patrimonio è investito. Il numero delle quote in circolazione di questi fondi varia continuamente; in ogni momento infatti il ri-sparmiatore ha diritto a sottoscrivere nuove quote o azioni, ovvero a chiedere il rimborso di quelli in suo possesso. Nella categoria di fondi aperti rientrano i “fondi armonizzati” cioè quelli conformi alle direttive comunitarie in materia di OICR che possono essere commercializzati in UE in regime di “mutuo rico-noscimento”. Nei fondi chiusi o a capitale fisso invece il numero di quote o a-zioni è fisso: l’ammontare totale del fondo da sottoscrivere è prefissato al mo-mento della promozione del fondo e il rimborso avviene solo in determinate scadenze.

- A seconda delle modalità di sottoscrizione si distingue tra fondi che richiedo-no un unico versamento oppure più versamenti.

- A seconda della mobilità di distribuzione dei proventi abbiamo i fondi di ac-cumulazione dove non si assiste alla distribuzione dei proventi ottenuti dalla gestione del fondo in quanto questi sono oggetto di reinvestimento; e fondi a distribuzione, dove invece è prevista una distribuzione parziale o totale degli utili conseguiti.

- Infine a seconda della forma giuridica è possibile distinguere i fondi contrat-tuali ove vi è un contratto che disciplina 3 soggetti, i partecipanti, l’intermediato abilitato alla gestione del fondo (SGR) ed un ulteriore interme-diario finanziario; e i fondi statutari, che sono costituiti in forma di S.p.a. (es. SICAV).

Fondi comuni di investimento: Il fondo è una comunione indivisa: il singolo parteci-pante è comproprietario per la quota ad esso relativa. Il fondo non ha personalità giu-ridica: i partecipanti non sono titolari del fondo, ma proprietari di una quota di esso. Il fondo è diviso in quote: il valore della quota dipende dal net asset value, nel caso dei fondi aperti, o dalla quotazione/valore di rimborso a scadenza, nel caso del fondo chiuso. Il fondo gode di autonomia patrimoniale: il patrimonio è indipendente da quello della SGR e dei partecipanti. Fondi pensione: Sono intermediari nati nel 1993 con il D. Lgs. N. 124/1993 al solo scopo di contribuire al finanziamento di livelli più elevati di copertura previdenziale, ossia di garantire prestazioni pensionistiche complementari rispetto a quelle erogate dagli enti pubblici obbligatori. Si dividono in:

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- Fondi pensione “chiusi”: riservati a determinate categorie di lavoratori o im-prese e vengono costituiti sulla base di accordi sindacali in cui si determinano importi da pagare. Essi sono dotati di personalità giuridica privata distinta dal soggetto che gestisce le risorse.

- Fondi pensione “aperti”: istituiti direttamente da un intermediario autorizzato a gestire le risorse dei f.p. chiusi. Possono aderirvi tutti coloro che non hanno i requisiti per accedere ai f.p. chiusi. È previsto che la contrattazione sia a carico solo del lavoratore e non del suo datore di lavoro.

La vigilanza sui fondi pensione è svolta dalla COVIP. Gli intermediari di partecipazione: Gli intermediari di partecipazione svolgono istituzionalmente un’attività di investi-mento nel capitale di rischio delle imprese. Oltre a questo tipo di attività, offrono un’ampia gamma di servizi (di consulenza, di coordinamento, di organizzazione, ecc.) per cui spesso si affiancano agli intermediari mobiliari (nel circuito diretto). Si distinguono in base alla finalità dell’investimento:

- Holding finanziarie - Merchant bank e venture capital(società di intermediazione finanziaria in senso

stretto).

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II LIBRO

CAPITOLO I I RISCHI NELLE ATTIVITÁ BANCARIE

Rischi di mercato Il rischio di impresa si divide in rischio reddituale (variabilità del ROE) e rischio fi-nanziario (variabilità delle posizioni finanziarie). Il rischio reddituale si divide in ri-schi di controparte (di credito e di regolamento) e rischi di mercato riconducibili a fattori che influenzano il valore atteso di attività, passività, o di impresa (d’interesse, di cambio e di prezzo). I rischi possono essere gestiti attraverso: il matching, la ge-stione del portafoglio o il portafolio insurance. - rischio di prezzo: è relativo alla posizione netta in titoli quando vengono registra-

te variazioni di prezzi di mercato, tale posizione netta è calcolabile come quantità in portafoglio + acquisti a termine – vendite a termine.

- rischio di cambio: riguarda le operazioni in cui un intermediario effettua una tra-sformazione di valuta di un capitale esponendosi alle oscillazioni dei tassi di cambio; la posizione in cambi sarà calcolata come impieghi in valuta + acquisti a termine – passività in valuta – vendite a termine. Anche se la composizione del bilancio per valuta fosse simmetrica, comunque si originerebbero rischi di cambio per i dividendi e gli interessi, proprio per questo si assumono posizioni sul merca-to a termine.

- rischio d’interesse: riguarda la variabilità dei tassi d’interesse che influenzano sia l’attività di intermediazione creditizia, sia gli strumenti finanziari in portafoglio. Il controllo di tali rischi può avvenire in diversi modi:

1) Matching delle posizioni per il rischio di interesse. 2) Gestione di portafoglio per i rischi di prezzo e cambio. 3) Portafolio insurance per tutte le tipologie di rischi.

Matching delle posizioni Prevede varie fasi: riclassificazione delle poste di bilancio in operazioni sensibili e non (tasso variabile e fisso); determinazione del gap tra le attività sensibili e le passi-vità sensibili; e la scelta della strategia di asset liability management, che può essere di immunizzazione gap=0, o di gestione del gap rispetto alle previsioni di mercato. I modelli VAR (value at risck) su cui si basa Basilea 2 quantificano la massima perdi-ta possibile, in tale modello si considerano: l’accadimento rischi; le conseguenze; la probabilità di accadimento e l’arco temporale di manifestazione dell’accadimento. L’approccio varianze e covarianze ipotizza che i fattori di rischio si distribuiscano seguendo una distribuzione normale VAR= VM x Ni x σi x δ in cui VM indica il va-

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lore di mercato dell’ennesima posizione, n il numero delle deviazioni standard, σ è la deviazione standard del fattore di rischio, e δ è il coefficiente di sensibilità. Il comitato di Basilea Ha come obiettivo la stabilità macroeconomica, intesa come riduzione delle probabi-lità di crisi sistematiche, e microeconomicamente, in modo da assicurare la solvibilità delle singole banche. Gli strumenti a disposizione di tale comitato si riferiscono alla vigilanza prudenziale e sono: regole minimali di corretta organizzazione e imposizio-ne di un patrimonio minimo correlato ai rischi assunti. Nell’accordo Basilea del 1988 è stato stabilito, in merito al rischio di credito, che il patrimonio di vigilanza deve es-sere massimo o uguale all’ 8% a rischio + (100/8) x (requisiti rischi di mercato + altri requisiti); e che le attività a rischio devono essere ponderate a seconda della natura o della categoria della controparte. Tale accordo ha contribuito a rafforzare la stabilità e l’operatività dei sistemi bancari accrescendo il livello di patrimonializzazione, di au-tonomia imprenditoriale, e della parità concorrenziale. Sebbene ciò, tale accordo pre-senta delle criticità poiché: non riflette l’effettiva assunzione e gestione dei rischi; presenta un’attenzione mirata ai rischi di credito; non tiene conto delle scadenze dei crediti, del mercato creditizio, della diversificazione del portafoglio… in questo mo-do possono stimolare scelte a più elevato rischio e rendimento e invogliare arbitraggi normativi a scopo elusivo. Basilea 2 Nasce proprio per sopperire a tali criticità proponendosi di:

1) promuovere stabilità e parità concorrenziale 2) incentivare la gestione dei rischi 3) evitare arbitraggi normativi 4) misurare più correttamente i rischi 5) accrescere la correlazione tra rischio e patrimonio 6) rafforzare l’azione dell’autorità di vigilanza

Il nuovo accordo si basa su tre pilastri: 1˚ pilastro: requisiti patrimoniali minimi per i rischi di credito, di mercato e operativi 2˚ pilastro: controllo prudenziale 3˚ pilastro: disciplina il mercato agendo sulla trasparenza e sulle modalità di gestione

IN ALTERNATIVA - I rischi dell’intermediazione finanziaria Il nuovo Accordo di Basilea Il nuovo accordo sul Capitale, proposto dal comitato di Basilea, si riferisce alla rego-lamentazione concernente i requisiti patrimoniali che la Banca deve soddisfare per fronteggiare i rischi della propria attività. Esso si basa su tre “pilastri”: il I pilastro ri-guarda la regolamentazione del capitale minimo richiesto alle banche per l’assunzione dei rischi che possono essere di mercato, di credito e operativo. Il II pi-

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lastro riguarda la revisione delle procedure di supervisione delle banche da parte dell’Autorità di Vigilanza. Il III pilastro riguarda la trasparenza delle banche nei con-fronti del mercato. Il rischio di credito Il rischio di credito emerge ogni qualvolta esista un rapporto debitorio tale da com-portare un impegno di pagamento a favore della banca che se non viene onorato può tradursi in perdita. Esso può essere misurato “ex post”, cioè l’ammontare della perdi-ta che la banca subisce in caso di fallimento del debitore (LGD) che dipende da l’ammontare di esposizione a rischio della percentuale recuperabile in caso di falli-mento; “ex ante” il rischio di credito è invece misurato dalla perdita attesa in caso di fallimento (EL) che dipende dai fattori precedenti nonché dalla probabilità di falli-mento. Il rischio di fallimento Esso è misurabile dalla probabilità che il debitore cada in stato d’insolvenza durante un determinato periodo di tempo. Questa probabilità non è facilmente identificabile e cosi viene desunta dallo standing creditizio dell’impresa, che rappresenta una valuta-zione della sua capacità di far fronte agli impegni assunti. Questo processo valutativo termina con l’assegnazione di un determinato punteggio, definito come rating, e-spresso sinteticamente da un simbolo (es AAA); esso si divide in rating di un emit-tente, rating di un emissione. Il rating valuta esclusivamente il rischio di credito. Il I pilastro Definisce i requisiti minimi di capitale che la banca deve detenere a fronte dei rischi di credito, di mercato e operativo. Per rischio di credito si intende il rischio di perdita per effetto del debitore di far fronte alle obbligazioni assunte nei confronti della ban-ca; il rischio di mercato è il rischio di perdita sulle posizioni del portafoglio di nego-ziazione; il rischio operativo è inteso come il rischio derivante dalla inadeguatezza dei sistemi di controllo interni. L’Accordo inoltre stabilisce che il coefficiente patri-moniale minimo deve essere pari all’8% delle attività totali ponderate per il rischio: Patrimonio di vigilanza/Totale attività = 8%. Per calcolare il requisito patrimoniale correlato al rischio di credito il comitato di Basilea ha previsto 2 approcci: 1)Approccio standard; 2) IRB (Internal Rating) IRB – Valutazione del rischio di credito Offre la possibilità alle banche di utilizzare i propri sistemi interni di rating al fine di stimare la qualità dei crediti e la determinazione dei requisiti patrimoniali minimi. Dal nuovo Accordo sono previste 2 metodologie:

- Foundation: alle banche viene data la possibilità di stimare direttamente la probabilità di insolvenza dei debitori (PD), mentre alle autorità di vigilanza forniscono gli altri parametri, perdita in caso di default (LGD), esposizione al rischio (E), durata residua dei prodotti (M).

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- Advanced: alle banche viene data la possibilità di stimare tutti i suddetti para-metri e le Autorità di Vigilanza hanno solo funzione di controllo.

Le fasi per determinare il requisito patrimoniale minimo Prima Fase: (per arrivare alla determinazione del requisito patrimoniale attraverso l’approccio basato sui sistemi di rating) consiste nel distinguere le diverse esposizioni bancarie in 6 macro classi: 1) Corporate; 2) Settore pubblico; 3) Banche; 4) Retail; 5) Project Finance; 6) Equity; Seconda Fase: occorre determinare la perdita attesa sulla base di 4 parametri: 1) As-segnare ad ogni classi di rating una diversa probabilità d’insolvenza (PD); 2) Suddi-videre i crediti di ogni classe di rating a seconda della perdita in caso di default (LGD); 3) Stima dei tassi di perdita attesa TEL= PDxE; 4) Determinazione della per-dita attesa EL= TELxLGD. Terza Fase: il patrimonio minimo viene stimato in modo tale per cui la probabilità che le perdite inattese superino il requisito patrimoniale sia inferiore ad una certa so-glia. Il rischio di mercato I rischi di mercato si manifestano quando le variazioni dei fattori di mercato hanno delle conseguenze sulle posizioni in essere dell’intermediario (portafogli azionari e obbligazionari, da una parte, portafoglio prestiti dall’altra). I rischi di mercato rien-trano nei rischi speculativi, ossia gli effetti delle variazioni dei fattori di rischio sulle posizioni in essere possono essere sia positivi che negativi. Essi sono: rischi di inte-resse, rischi di cambio e rischi di prezzo. Il value at risk è un metodo di analisi di ri-schio di mercato; tramite esso è possibile quantificare la perdita massima ottenibile e la probabilità che essa si verifichi. Il rischio di interesse La variabilità dei tassi d’interesse agisce sia sul costo della raccolta bancaria, che sul rendimento degli impieghi oltre ad influenzare il margine d’interesse. Esistono 3 me-todi di quantificazione del rischio d’interesse:

1) Le banche sono solite effettuare una operazione di riclassificazione delle poste di bilancio (mismatching), suddividendole in operazioni sensibili ai tassi e o-perazioni non sensibili. Si determina poi il GAP che rappresenta la differenza tra attività sensibili e passività sensibili a variazioni del tasso d’interesse (GAP=RSA-RSL). Se il Gap è positivo, si ha un vantaggio in caso di aumento dei tassi d’interesse. Se è negativo, si ha un vantaggio in caso di riduzione.

2) VaR (value at risk): rappresenta la massima perdita possibile in termini proba-bilistici che la banca può subire lasciando per un certo periodo il proprio porta-foglio immutato. Attraverso l’approccio parametrico è possibile, con la varian-za e la media, calcolare la perdita.

3) DURATION: indica come varia il prezzo dei titoli obbligazionari al variare del tasso d’interesse. DM=D/(1+ri)

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Il rischio di cambio Quando un intermediario raccoglie in una certa valuta e impiega in un’altra valuta ef-fettua trasformazione della valuta esponendosi al rischio di variazioni del tasso di cambio che si origina in relazione agli interessi attivi e ai dividendi sulle attività in valuta e interessi passivi sulle passività in valuta; ossia il rischio di cambio incide sul-la differenza tra costi e ricavi finanziari in valuta. Il rischio di prezzo E’ il rischio relativo alle posizione netta in titoli che si manifesta allorquando si regi-strano variazioni nei prezzi di mercato. Il rischio operativo È il rischio di perdite risultanti dalla inadeguatezza e dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure di eventi di origine esterna. Il comitato di Ba-silea ha previsto 3 metodologie per la misurazione del rischio operativo:

1) Indicatore Base: tenuto conto che il requisito complessivo dovrà essere pari a una percentuale circa del 12% dell’attuale requisito minimo, verrà definito un coefficiente che moltiplicato per l’ammontare dell’indicatore finanziario, con-sentirà di calcolare il requisito patrimoniale per il rischio operativo.

2) Approccio Standard: l’esposizione della banca al rischio operativo viene rap-presentata da una serie di indicatori connessi con le principali aree operative della banca stessa.

3) AMA (advanced measurement approach): riguarda un insieme di approcci di misurazione interna per la valutazione del rischio che vengono utilizzati dalle autorità se rispecchiano determinati requisiti prestabiliti.

Il II pilastro Le banche devono disporre di un processo per valutare l’adeguatezza patrimoniale in relazione al loro profilo di rischio ed avere una strategia per assicurare il rispetto de-gli obiettivi di patrimonializzazione. Le autorità di vigilanza devono verificare l’esistenza di procedure interne di controllo e gestione del rischio, devono vagliare l’efficacia dei modelli interni, devono amplia-re il dialogo con le banche e con le autorità di vigilanza degli altri Paesi. Esse auspi-cano che le banche operino con un patrimonio minimo più elevato di quello minimo obbligatorio per far fronte ai rischi contemplati nel primo pilastro e assicurare condi-zioni di stabilità sistemica. Il III pilastro Ciascuna banca deve dotarsi di un politica di informazione rivolta al mercato concer-nente la situazione economico-finanziaria della banca. La politica adottata deve pre-vedere obiettivi e strategie ed essere periodicamente rivista. L’informazione al merca-to deve considerare i dati di fondamentale importanza e tutte le ulteriori informazioni che sono necessarie per comprendere l’uso efficiente ed efficace che la banca fa della risorsa “capitale”.

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CAPITOLO II GLI OBIETTIVI ECONOMICI E LA POLITICA MONETARIA

La politica economica É l’insieme coordinato di provvedimenti che avvalendosi della politica di bilancio, dei redditi e monetaria persegue obiettivi di: crescita economica; stabilità dei prezzi; equilibrio della bilancia dei pagamenti. La politica di bilancio É una manovra di bilancio che può agire sia sulle entrate che sulle uscite dello stato con la finalità di incidere sulle variazioni di reddito, dell’occupazione e del conteni-mento dell’inflazione. La principale autorità competente è il parlamento che si avvale della finanziaria. La politica dei redditi Volta a generare una crescita equilibrata dei salari e del margine di profitto praticato dalle imprese, compatibile con la dinamica della produttività aziendale, per eliminare alla base quelle frizioni nella distribuzione del valore aggiunto che provocano l’infla-zione. E’ realizzata agendo con: 1) provvedimenti legislativi, 2) con accordi tra e par-ti sociali 3) interventi delle autorità di governo al fine di persuadere le parti sociali. La responsabilità della gestione della politica dei redditi è affidata essenzialmente alle autorità governative e alle parti sociali. Gli obiettivi della politica economica Gli obiettivi di politica economica vengono specificati, in base ai valori fondamentali di talune grandezze e sono il PIL, il tasso di disoccupazione, l’indice dei prezzi al consumo e il saldo della bilancia dei pagamenti.

LA POLITICA MONETARIA È la manovra sugli aggregati monetari e creditizi da parte della Banca Centrale al fine di realizzare, nel breve periodo, un mix soddisfacente tra stabilità monetaria, occupa-zione e sviluppo, e, nel lungo periodo, il contenimento dei tasso di crescita dei livello dei prezzi.

La Politica Monetaria: strumentiLa politica monetaria è definita come “L’insieme delle azioni intraprese dalla Banca Centrale e dirette a modificare, orientare la moneta, il credito, la finanza." E’ un pro-cesso a uno o più stadi in cui vengono attivati determinati strumenti (operazioni di mercato aperto, operazioni su iniziativa della controparte e riserva obbligatoria) per conseguire obiettivi operativi (base monetaria e tassi di mercato monetario) al fine di influenzare in via diretta le variabili monetarie conseguendo obiettivi intermedi (mo-

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neta, credito, tassi di interesse) per influire infine sugli obiettivi finali di natura reale: prezzi, cambio, reddito, occupazione. A) Le operazioni di mercato aperto hanno l’obiettivo di controllare la crescita mone-taria e di controllare il livello dei tassi interesse. Sono raggruppabili in 4 categorie:

- rifinanziamento principale, sono operazioni temporanee di finanziamento con frequenza settimanale e scadenza a due settimane, effettuate dalla BCN con aste standard. Sono uno strumento centrale per il conseguimento degli o-biettivi, fornendo la maggior parte del rifinanziamento necessario al settore fi-nanziario.

- finanziamento nel lungo termine operazioni temporanee con frequenza men-sile e scadenza a tre mesi, fatte dalle BNC con aste standard. Sono fatte in mo-do da non influenzare i tassi e non hanno valore segnaletico.

- operazione di fine tuning; queste operazioni non hanno frequenza prestabilita e mirano a regolare la liquidità dei mercato e a controllare l’evoluzione dei tas-si, quando sopraggiungono fluttuazioni impreviste della liquidità nel mercato. Normalmente dovrebbero essere effettuate dalla BCN mediante aste veloci e procedure bilaterali.

- operazioni strutturate; sono operazioni temporanee e definitive. Sono effet-tuate ogni volta che la BCE intende modificare la posizione strutturale dell’Eu-rosistema nei confronti del settore finanziario.

B) Le operazioni su iniziativa della controparte sono finalizzate a immettere e as-sorbire liquidità overnight e a fornire un limite superiore e inferiore alle fluttuazioni dei tassi di interesse. Le controparti possono accedere a due tipologie di operazioni di rifinanziamento.

- operazioni di rifinanziamento marginale, sono operazioni di finanziamento overnight (breve periodo) ad un tasso prestabilito. Tale tasso rappresenta il li-mite superiore (tetto) del tasso di interesse nel mercato overnight.

- deposito presso la BCE, è un operazione di deposito overnight presso la BCE ad un tasso prestabilito che in questo caso rappresenta il limite inferiore (pavi-mento) del tasso di interesse nel mercato overnight . L’obiettivo della BCE è quello di far attestare il rifinanziamento principale che rappresenta il principale indicatore di andamento della politica monetaria europea tra un livello compre-so tra il limite superiore e il limite inferiore.

C) Riserva obbligatoria: la BCE può richiedere alle banche di detenere riserve sui conti accesi preso le banche centrali nazionali . Il regime di riserva obbligatoria (2%), applicato agli istituti dell’area dell’euro, mira principalmente a stabilizzare i tassi di interesse del mercato monetario e a creare o ampliare un fabbisogno strutturale di li-quidità.

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La Politica Monetaria: obiettiviGli Obiettivi operativi sono obiettivi conseguiti nel B.P. e sono rappresenti dalla ba-se monetaria e dai tassi di mercato monetario e livello della riserva obbligatoria. -Base monetaria La moneta è costituita dalle attività finanziarie che possono essere utilizzate come mezzo di pagamento. M (offerta moneta) = contanti + depositi. Per base monetaria, invece, si intende la moneta direttamente creata dalla Banca Centrale; comprende la moneta legale e qualsiasi attività finanziaria convertibile immediatamente e senza co-sti in moneta legale di nuova creazione. BM base monetaria = contanti + RB (riserve bancarie). -Tassi di mercato monetario Sono quei tassi che vengono praticati essenzialmente sul mercato a breve, soprattutto quello interbancario, che elevando o riducendo il costo dei denaro per le banche in-fluenzano quelli praticati verso la clientela . Essi principalmente sono

1) depositi overnight, 2) depositi a un mese, 3) depositi a tre mesi, 4) depositi a sei mesi, 5) depositi a un anno.

-Il livello della riserva obbligatoria La variazione dei coefficiente di riserva obbligatoria, consente di aumentare o ridurre strutturalmente tale aggregato. A parità di attivo della Banca Centrale questo consen-te di ridurre o aumentare la moneta circolante o eventuali titoli emessi dalla Banca Centrale. Il livello della riserva obbligatoria, infine, aumenta o riduce la dipendenza delle banche dalla BCE, poiché riduce (aumenta) l’ammontare di liquidità disponibi-le. Obiettivi intermedi sono: 1) Tassi di interesse: Il livello dei tassi, la struttura per scadenze, le aspettative di an-damento dei tassi sono rilevanti ai fini dei perseguimento degli obiettivi finali di poli-tica monetaria. 2) Aggregati monetari - si distinguono tre aggregati monetari:

- M1 aggregato monetario ristretto, costituito dal circolante più i depositi a vi-sta e in conto corrente

- M2, aggregato monetario intermedio costituito oltre che da M1 anche dai depositi con durata fino a due anni o ritirabili con preavviso fino a tre mesi;

- M3, aggregato monetario ampio costituito oltre che da M2 anche dai pct e dalle quote di fondi comuni monetari e titoli di mercato monetario.

3) Livello di credito- Credito totale - Credito totale interno

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In relazione al tipo di strumento utilizzato si individuano due modalità di intervento: una coercitiva (con cui si fissano le grandezze più importanti attraverso atti ammini-strativi) e una di mercato (che agisce sulla dialettica delle forze di mercato al fine di modificare le condizioni di mercato). Maastricht A seguito della nascita dell’Unione Monetaria Europea (UME) la politica monetaria viene gestita dalla SEBC, le banche centrali dei paesi aderenti dell’UME hanno perso tale prerogativa e sono diventate braccia operative della banca centrale europea. I pa-rametri di Maastricht sono: - I tassi di interesse non devono superare di due punti i tassi di lungo che praticano

altri paesi con tassi più favorevoli. - Il debito pubblico deve essere entro il 60% del PIL. - Il deficit pubblico non oltre il 3% del PIL. - L’inflazione non deve essere superiore di 1,5 punti % rispetto a quello dei tre pa-

esi col tasso di inflazione più basso. - La stabilità di cambio, ogni moneta deve far parte per due anni alla creazione del-

la moneta unica per l’accordo di Cambio del Sistema Monetario Europeo.

L’AUTORITA’ MONETARIA EUROPEA: SEBC L’autorità monetaria, che ha il compito di decidere e attuare la politica monetaria e creditizia nella UE, ha una struttura complessa poiché deriva dall’accorpamento delle competenze che prima erano distribuite su numerose banche centrali nazionali. Il Si-stema Europeo di Banche Centrali (SEBC) è l’organizzazione che comprende la Ban-ca Centrale Europea (BCE) e le 15 Banche Centrali Nazionali (BCN); a partire dal gennaio ‘99 al SEBC compete la gestione della politica monetaria dell’UE. Il SEBC è retto dagli organi decisionali della BCE che sono:

1) il Consiglio Direttivo composto da membri del comitato esecutivo e dai gover-natori delle banche centrali aderenti. Tale organo disegna il quadro di riferi-mento della politica monetaria assumendo delle decisioni rilevanti come gli o-biettivi monetari intermedi, tassi di interesse ufficiali, gestione delle riserve in valuta, supervisione del sistema di pagamenti, etc.

2) il Comitato Esecutivo composto dal presidente e dal vice e da quattro membri scelti dai governatori aderenti. La sua funzione è di concretizzare in scelte giornaliere le linee del consiglio direttivo; inoltre si occupa di affari correnti con la banca centrale europea come l’amministrazione, il personale, e prepara le riunioni del consiglio direttivo.

3) Il Consiglio Generale composto dal presidente, dal vice della BCE e dai gover-natori delle banche dei paesi dell’UE, tale organo non ha competenze a livello di politica economica ma garantisce il coordinamento e la collaborazione tra banche centrali, raccoglie documenti statistici, prepara i rapporti del consiglio e della commissione europea.

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Nel SEBC convivono due esigenze contrapposte quali l’accentramento decisionale e il decentramento operativo rinviato alle banche centrali; nel trattato di Maastricht i suoi compiti sono così stabiliti: - definire ed attuare la politica monetaria dell’UE. - svolgere operazioni sui cambi. - detenere e gestire le riserve. - promuovere e regolare il funzionamento del sistema dei pagamenti. Inoltre il trattato stabilisce come obiettivo prioritario il mantenimento della stabilità dei prezzi (la crescita economica deve poggiare sulla libera concorrenza, sulla traspa-renza e sull’inflazione contenuta) e in via sussidiaria il sostenimento delle politiche economiche generali delle comunità. La politica monetaria può essere ricondotta a due schemi attraverso i quali viene an-nunciato, per un periodo predeterminato, gli obiettivi in termini di crescita dell’aggregato di riferimento monetario o inflativo.

1) MONETARY TARGETING: in cui l’obiettivo è quello di accrescere un ag-gregato monetario di riferimento.

2) INFLATION TARGETING: in cui l’obiettivo è il tasso programmato dell’indice dei prezzi al consumo.

La condizione su cui si basa tale schema è che la dinamica dei prezzi nel medio-lungo periodo abbia un’origine monetaria (l’aumento dei prezzi è legato ai tassi di crescita della moneta superiori al potenziale di crescita dell’economia reale nel medio termi-ne). Nell’UME lo schema adottato è quello dell’inflation targeting, la banca centrale europea ha fissato un obiettivo di stabilità dei prezzi al consumo da mantenere in un orizzonte temporale di medio termine. Al fine di raggiungere tale obiettivo la politica della BCE è incentrata su due pilastri: il controllo della quantità di moneta dell’aggregato M3 e le prospettive di crescita dei prezzi tramite una molteplicità di indicatori come le aspettativa degli imprenditori e dei consumatori, il costo del lavo-ro, i tassi di cambio, etc. Gli strumenti a disposizione della SEBC sono: - Operazioni di rifinanziamento principale: operazioni di finanziamento tempora-

nee con frequenza settimanale e scadenza a due settimane effettuate dalla banca centrale con aste standard.

- Operazioni di rifinanziamento a più lungo termine: operazioni temporanee con frequenza mensile e scadenza a tre mesi fatte dalla banca centrale con aste stan-dard.

- Operazioni di fine turning: non hanno frequenza stabilita e mirano a regolare la liquidità del mercato e controllare l’evoluzione dei tassi; effettuate dalla banca centrale con aste veloci e procedure bilaterali.

- Operazioni di tipo strutturale: mediante emissione di certificati di debito, sia ope-razioni temporanee o definitive. Usate per modificare la posizione strutturale dell’eurosistema nei confronti del settore finanziario.

- Operazioni su iniziativa delle controparti: sono gestite dalla BCN, e volte ad im-mettere o assorbire liquidità overnight in funzione delle esigenze delle controparti al fine di attenuare le fluttuazioni dei tassi overnight.

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Rifinanziamento marginale: per ottenere finanziamenti overnight dalle banche centra-li nazionali a fronte di attività stanziabili a garanzia. Deposito per costruire dei depo-siti overnight presso le BCN. Il regime di riserva obbligatoria al 2% mira a stabilizzare i tassi di interesse del mer-cato monetario e ad ampliare il fabbisogno di liquidità. Essa consente di utilizzare un meccanismo di mobilizzazione infatti il livello dell’obbligo è verificato sulle riserve medie giornaliere; la remunerazione è in base al tasso stabilito dall’eurosistema. Le attività stanziabili Sono quei titoli ammessi in garanzia o in acquisto definitivo o con patto di riacquisto a termine nelle operazioni di finanziamento con la banca centrale. Vengono identifi-cate:

- la lista di primo livello, ove sono definite le attività stanziabili in base a regole generali e uniformi per l’Unione Monetaria Europea stabilite dalla BCE;

- la lista di secondo livello (da approvare da parte della BCE), ove sono definite le attività stanziabili in base a regole generali e uniformi stabilite dalle singole BCN e valide per i loro paesi.

Nessuna distinzione viene fatta tra i due livelli per quanto concerne la qualità delle at-tività e la loro stanziabilità per i vari tipi di operazioni di politica monetaria.

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CAPITOLO III IL SISTEMA DEI PAGAMENTI

Il sistema dei pagamenti è definito dall’insieme delle istituzioni, delle tecniche e degli strumenti che provvedono al trasferimento dei mezzi di pagamento e degli strumenti finanziari nell’ambito di una qualsiasi transazione tra soggetti economici. I processi di cambiamento e ammodernamento del sistema sono ovviamente continui e sono ri-volti a contenere al massimo i costi di transazione, sia i tempi necessari a effettuare materialmente il trasferimento dei mezzi di pagamento e degli strumenti finanziari, sia infine a contenere i rischi di controparte (rischio di credito) e di regolamento (r. di liquidità). Nella realtà nazionale, gli intermediari coinvolti nel sistema sono la Banca centrale, le aziende di credito, l’Amministrazione postale e gli intermediari non ban-cari. Quanto a i mezzi di pagamento, la moneta bancaria supera di gran lunga quella legale , anche se da qualche tempo gli interventi per l’ammodernamento sono volti ad accrescere la domanda di base monetaria per le transazioni interbancarie, solitamente concluse dal movimento dei conti reciproci fra le banche. A livello europeo fra i si-stemi di regolamento e relative reti di comunicazione si evidenzia il TARGET, ovve-ro un sistema entrato in vigore nel 1999 con l’avvio della terza fase dell’UME, il qua-le ha richiesto un periodo di "preparazione" da parte dei singoli sistemi nazionali che si è concretizzato nello sviluppo delle transazioni lorde in tempo reale (RTGS) e nello sviluppo di un sistema di collegamento fra le banche centrali nazionali dei singoli pa-esi e la BCE. (INTERLINKING)

I SISTEMI DI COMPENSAZIONE E DI REGOLAMENTO LORDO: Bi-comp e Bi-rel

Il sistema dei pagamenti è imperniato per la maggior parte sulla partecipazione del si-stema bancario e si traduce sostanzialmente nel funzionamento delle relazione inter-bancarie. Se dette relazioni sono soltanto bilaterali, si procede alla compensazione e al regolamento attraverso la movimentazione dei cosiddetti c/c di corrispondenza per servizi resi. Le relazioni multilaterali trovano sistemazione con modalità più com-plesse e l’intervento della banca centrale. Nel sistema di compensazione, la banca aderente al sistema detiene un conto presso la propria BCN. Su tale conto vengono regolati i saldi (a credito o a debito) risultanti dal confronto tra i messaggi di paga-mento in entrata e quelli in uscita rilevati durante la giornata operativa. Nel sistema di regolamento lordo, invece, ciascuna banca aderente al sistema detiene un conto presso la BCN. I messaggi di pagamento vengono regolati su tale conto subito e sin-golarmente (uno alla volta), sempre che la banca originante abbia linee di credito di-sponibili sul medesimo conto. Il sistema dei pagamenti prima della riforma dei ‘97 si è articolato in quattro sottosistemi:

- uno per le operazioni documentali di basso importo (recapiti locali) - uno per le operazioni non documentali di basso importo (dettaglio)

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- due per le operazioni non documentali di ammontare elevato (Sips e memoran-dum elettronici)

Le prime due sono oggetto di compensazione e dopo la riforma del ‘97 sono confluite nel sottosistema Bi-comp e le ultime due sono confluite nel sottosistema Bi-rel. Con il termine recapiti locali si riferisce alle transazioni tra gli operatori di una stessa piazza e riguarda le operazioni documentali ovvero lo scambio di documenti rappre-sentativi debiti/crediti. Con le operazioni al dettaglio si riferisce alla compensazione delle operazioni di importo contenuto solitamente derivanti dall’uso di bancomat, POS, bonifici entro i 250 mila euro e incassi commerciali. Il sottosistema SIPS, gestito dalla SIA, per conto della Banca d’Italia si occupava delle operazioni di importo rilevante quelle cioè che presentano rischi più rilevanti nella fase del regolamento. Il sottosistema memorandum elettronici accoglieva operazioni non documentali di tipo eterogeneo ma fondamentalmente quelle del mercato monetario. I problemi col-legati al funzionamento delle compensazioni interbancarie e alla necessità del rego-lamento, sono stati oggetto di attenta analisi anche da parte degli organismi europei, in vista della creazione dell’UME; per questo motivo la nostra Banca centrale ha ri-sposto con i progetti Bi-com e Bi-rel. Il sistema Bi-com è rivolto all’introduzione di misure per il controllo dei rischi nei sistemi d compensazione, il Bi-rel è rivolto inve-ce alla riduzione dei rischio sistemico con la realizzazione diretto sui conti accentrati per i pagamenti all’ingrosso e si integra col sistema europeo TARGET. Sistemi di compensazione e regolamento Si dividono in sistema dei conti correnti di corrispondenza su base bilaterale, e mo-vimentazione dei conti detenuti presso la banca centrale su base multilaterale. Sistema dei conti reciproci In tale sistema vengono regolati i pagamenti cross-border (tra due operatori uno na-zionale ed uno estero) e i pagamenti interni tra banche. Il meccanismo di funziona-mento è che la banca aderente al sistema detiene un conto presso la propria banca centrale nazionale, su tale conto vengono regolati i soldi risultanti dai messaggi di pagamenti in entrata e in uscita durante la giornata operativa. Il vantaggio di tale si-stema è costituito dalla gratuità della liquidità delle banche, mentre lo svantaggio ri-siede nel fatto che il sistema si espone al rischio di credito qualora una delle parti non possa fronteggiare agli impegni assunti. Sistema di regolamento lordo Ciascuna banca aderente al sistema detiene un conto presso la banca centrale nazio-nale. I messaggi di pagamento vengono regolati su tale conto rapidamente e singo-larmente, a patto che la banca originante abbia linee di credito disponibili sul mede-simo conto. La modalità di esecuzione del pagamento avviene: quando una banca in-

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via un messaggio di pagamento, il suo conto presso la BCN viene addebitato e suc-cessivamente viene accreditato sul conto che ha la banca ricevente presso BCN; gli ordini di pagamento vengono classificati in base alla priorità. Il vantaggio di tale si-stema è la mancata esposizione al rischio di credito. Il sistema dei pagamenti italiano Tale sistema prima della riforma del 1997 era composto da: recapiti locale, dettaglio, sips e memorandum elettronico. Dopo la riforma al fine di garantire un miglioramen-to della sicurezza dei sistemi di compensazione, e minimizzare il rischio sistemico, tale sistema è stato suddiviso in due comparti: BI-COMP (bi compensazione) e BI-REL (bi regolamento lordo). BI-COMP accoglie le operazioni svolte in passato dalla recapiti locale e al dettaglio, tali operazioni confluiscono poi in BI-REL nel quale si svolgono anche operazioni di liquidazione dei titoli e operazioni all’ingrosso ed express. La liquidazione dei titoli avviene sia in borsa che nei mercati OTC (over the counter)ed è gestita dalla banca d’Italia, per quanto riguarda le operazioni all’ingrosso si riferiscono a trasferimenti interbancari, trasferimenti di conto estero o operazioni sui cambi.

TARGET: SISTEMA DEI PAGAMENTI EUROPEO Il sistema di regolamento lordo Bi-rel costituisce parte integrante di TARGET che è il sistema europeo specificatamente designato a supporto della politica monetaria co-mune, dell’integrazione dei mercati monetari e fornisce servizi per il trattamento dei pagamenti internazionali di importo rilevante (wholesale), sia domestici che cross border; si tratta di un sistema decentrato , costituito dai sistemi di regolamento lordo nazionali, dalla procedura di pagamento della Bce (EPM) e da un insieme di infra-strutture tecniche di collegamento dei sistemi di regolamento nazionali (interlinking attraverso la rete SWIF). Il principale obiettivo legato all’introduzione di un sistema di regolamento su base lorda è la realizzazione di sistemi di pagamento più sicuri , ol-tre che più efficienti e avanzati. Gli altri obiettivi del target, introdotto il 1° gennaio ’99, sono quelli di agevolare la conduzione della politica monetaria unica, fornire procedure affidabili ed efficienti per il regolamento dei pagamenti transfrontalieri e ridurre il rischio sistematico nei pagamenti interbancari. Dalla nascita di Target ci si attende lo sviluppo di un mercato interbancario ampio e fortemente competitivo con i maggiori mercati mondiali.

TARGET 2 L’Unione Europea ha introdotto target 2 per quanto riguarda il miglioramento dell’efficienza e della flessibilità nella gestione della liquidità. I principi di tale sistema sono: mantenimento delle relazioni di conto con le banche centrali nazionali, schema tariffario unico. La realizzazione del target 2 sta avvenendo in tre fasi: 1) Fase pre-progettuale: raccolta dei commenti e indicazioni in merito ai requisiti funzionali sulla base del documento della BCE.

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2) Fase progettuale: individuazione della piattaforma da parte di ciascuna BCN; il mantenimento di tale piattaforma richiederà l’adeguamento agli standard target2. 3) Collaudo: la BCE definirà i servizi fondamentali e la tariffa unica, le BCN indivi-dueranno gli aspetti strutturali e il gestore tecnico si occuperà del funzionamento tec-nico della piattaforma.

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CAPITOLO IV LA VIGILANZA

Le autorità di controllo per la stabilità, la trasparenza e la concorrenza sono: - Banca d’Italia nata nel 1983 con la funzione di istituto di emissione, nel tempo si è trasformata in banca centrale a cui fanno capo le attività tecniche del sistema dei pa-gamenti, funzione di controllo della moneta e del credito, e funzione di vigilanza sul sistema bancario. Con l’avvio dell’Unione Monetaria Europea la politica monetaria e i sistemi dei pagamenti sono passati sotto le responsabilità della Banca Centrale Eu-ropea. - CONSOB istituita nel 1974 con competenza di regolamentazione, per i servizi di investimento da parte degli intermediari e per gli obblighi informativi delle società quotate e l’offerta al pubblico di strumenti finanziari,e competenza di autorizzazione a le pubblicazioni dei prospetti relativi alle offerte pubbliche, istituzione di nuovi mercati, e gestione degli strumenti finanziari. La CONSOB vigila sulle società di gestione dei mercati, sul funzionamento delle ne-goziazioni, sulla trasparenza e sulla correttezza operativa ed informativa, vigila sui mercati, intermediari ed emittenti, occupandosi della vigilanza sull’intermediazione mobiliare in termini di correttezza e trasparenza. - ISVAP nasce nel 1982 e assorbe funzioni detenute dal ministero dell’industria

come la vigilanza sulle imprese di assicurazione e sugli operatori del mercato as-sicurativo continua però a cooperare con il ministero in materia di autorizzazione per l’esercizio delle attività e di gestione delle crisi.

- COVIP istituita nel 1993 con funzioni di analisi e vigilanza. I poteri propri nell’ambito di vigilanza sono tenuti dall’albo dei fondi pensione, attività ispettiva, definizione di regole di trasparenza. Tale organo collabora sia con il ministero del lavoro poiché si occupa dei fondi pensione, e sia con l’antitrust per la gestione del patrimonio dei fondi pensione da parte degli intermediari.

- AGCM nata nel 1990 al fine di tutelare la concorrenza e il libero accesso al mer-cato; promuove la concorrenza attraverso segnalazioni e proposte al parlamento e al governo mediante un’attività consuntiva.

Le caratteristiche del sistema di regole e dei soggetti preposti al controllo Le regole devono essere legittime, di competenza e condivise. I soggetti preposti al controllo (lo stato, le authority, ecc…) hanno potere: legislativo, esecutivo, e potere amministrativo. Possiamo avere tipologie di vigilanza: 1) Istituzionale: prevede una categoria di operatori e una di autorità. I vantaggi risie-

dono nelle economie di specializzazione e nei minimi costi della regolamentazio-ne gli svantaggi sono l’arbitraggio delle forme giuridiche e i fenomeni di cattura delle authority.

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2) Per finalità: un obiettivo di vigilanza e uno di autorità. I vantaggi risiedono nell’assenza di fenomeni di arbitraggio, assenza di cattura dell’authority, migliore corrispondenza tra obiettivi e strumenti; gli svantaggi sono l’aumento dei costi di regolamentazione e la deresponsabilizzazione delle autorità.

3) Per attività: una attività, una autorità. I vantaggi risiedono nell’assenza di arbi-traggi e nelle economie di specializzazione; mentre lo svantaggio è nella sovrap-posizione di controlli per lo stesso soggetto.

4) Accentrata: tutti gli operatori e tutte le attività, una autorità di vigilanza. I vantag-gi risiedono nei minori costi di regolamentazione; economie di scala e differen-ziazione; unitarietà della vigilanza. Gli svantaggi sono la concorrenza interna tra gli obiettivi e il fenomeno di cattura dell’authority.

5) Funzionale: una funzione e una autorità. Tale schema prevede il vantaggio della flessibilità e lo svantaggio del fallimento dell’intermediario.

Vigilanza Unione Europea e Italia La banca centrale nazionale trasferisce delle funzioni di politica monetaria all’eurosistema. Le banche centrali nazionali svolgono attività operative per conto della Banca Centrale Europea e non sono più responsabili della politica monetaria anche se la vigilanza bancaria è rimasta di competenza interna; è proprio questo l’oggetto di dibattito tra chi sostiene l’accentramento della politica monetaria e della vigilanza bancaria, argomentazioni sulle positività tra cui le sinergie informative, il controllo del rischio sistemico e l’indipendenza e la competenza tecnica e chi sostie-ne l’opposto al fine di prevenire conflitti di interessi, agglomerati finanziari, despe-cializzazione dei prodotti e degli intermediari, e concentrazione di potere e vigilanza. Regolamenti - Degli intermediari: 2004 nuovo regolamento in cui si pone l’accento sul rispetto

sostanziale degli obiettivi della normativa attraverso l’osservanza di procedure che rispecchiano il modus operandi coerente con gli obiettivi in merito al conflit-to di interesse, ai rischi, al controllo sugli investimenti,ecc. inoltre viene ribadito il concetto di personalizzazione della gestione per le operazioni di asset management.

- Dei mercati e degli emittenti: entrato in vigore nel 2003 e nel 2004 che esplica che le attività di organizzazione e gestione dei mercati costituisce attività di im-presa a carattere privatistico al fine di gestire i mercati secondo logiche di effi-cienza e far recuperare competitività al mercato finanziario italiano. I mercati so-no stati costituiti come s.p.a che organizzano e gestiscono il mercato, affinché le s.p.a possano operare è necessaria l’autorizzazione della CONSOB e devono es-sere conformi alla disciplina del TUIF, è prevista la possibilità di sviluppare una pluralità di mercati per fini competitivi, sopravvivono i mercati non regolamentati come sistemi di scambio organizzati. Tale regolamento deve contenere: condizio-ni di ammissione; sospensione o esclusione di operatori o strumenti; condizioni di

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svolgimento delle negoziazioni; modalità di accertamento, pubblicazione e diffu-sione dei prezzi; e categorie di contratti ammessi e non ammessi.

- Vigilanza informativa: riguarda modalità e processi di raccolta delle informazioni ripartite tra informazioni relative alla struttura e all’organizzazione, e informazio-ni relative al servizio prestato.

- Vigilanza ispettiva: acquisizione e valutazione delle informazioni relative all’intermediario; l’ispezione può nascere da un processo di accertamento genera-le o in seguito ad una segnalazione.

- Vigilanza regolamentare: produzione di atti normativi, le competenze in materia sono rinviate al legislatore, correttezza e trasparenza sono rinviate alla CONSOB.

Riscontriamo vari tipi di vigilanza in base all’area di intervento: - Strutturale: il fondamento teorico è che esiste una relazione tra struttura del mer-

cato e comportamento degli intermediari e performance, quindi è possibile vigila-re attraverso strumenti quali: entrata nel mercato; assetti organizzativi degli in-termediari operanti; gamma delle attività per ogni intermediario; requisiti degli azionisti degli intermediari; interventi amministrativi sulle quantità e sui prezzi.

- Prudenziale: controlla la delimitazione dei rischi, assume la forma dei criteri di gestione a cui gli intermediari devono attenersi, rispetto alla strutturale arriva a gestire il mercato esprimendo le regole del gioco. Gli strumenti di intervento so-no: i coefficienti di bilancio e i requisiti di onorabilità, competenza ed esperienza, adeguatezza organizzativa. I vantaggi connessi all’utilizzo di questo tipo di stru-menti che prevedono l’aumento delle fonti di rischio si riscontrano nella diminu-zione dei margini di discrezionalità delle autorità di vigilanza e nell’omogeneità delle condizioni concorrenziali. Lo svantaggio sta nella quantificazione dei coef-ficienti che vanno a quantificare il presidio patrimoniale relativo a ciascun tipo di rischio.

Le categorie di rischi prese in considerazione sono: 1) rischio di credito: rischio che in un rapporto creditizio la controparte non assolve ai propri obblighi.

2) rischio di tasso d’interesse: riguarda l’attività di trasformazione delle scadenze, espone la banca al rischio di variazione dei tassi d’interesse. 3) rischio di mercato: può originarsi dall’andamento sfavorevole dei prezzi degli strumenti finanziari che fanno parte del portafoglio bancario. - Informativa: comprende tutti gli strumenti di informazione e comunicazione che contribuiscono a ridurre le asimmetrie informative dei rapporti contrattuali; traspa-renza e correttezza sono condizioni base in un sistema di rapporti contrattuali in cui il pricing si avvicina ai requisiti dell’efficienza di mercato per i quali la quotazione de-gli strumenti riflette in modo completo l’informazione disponibile. Gli ambiti di ap-plicazione per le operazioni finanziarie sono: emittenti ed intermediari sia nei con-fronti degli emittenti che delle autorità; gli ambiti di applicazione negli organismi di gestione dei mercati mobiliari sono: il mercato e la vigilanza. - Protettiva: riguarda le situazioni di crisi al fine di tutelare il risparmio e ridurre gli effetti delle esternalità attraverso interventi di rigore quando la crisi si presenta irre-

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versibile, e le situazioni normali al fine di tutelare il risparmiatore attraverso interven-ti preventivi al fine di attenuare le conseguenze di temporanee difficoltà aziendali. Gli interventi preventivi sono: flussi di documentazione statistica per valutare lo stato di salute degli intermediari, situazioni di liquidità delle banche attraverso interventi di rifinanziamento della banca centrale, e provvedimenti straordinari in situazioni gravi. I provvedimenti di rigore sono: liquidazione coatta; intervento dei fondi di tutela dei depositi che tutelano i creditori degli intermediari messi in liquidazione.

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CAPITOLO 5 LA RIFORMA SOCIETARIA

La riforma del diritto societario ha interessato tutta la legislazione della società. Il le-gislatore ha previsto l’entrata in vigore il 1 gennaio 2004. Le finalità di tale riforma sono: - Ampliare l’autonomia tramite un allargamento della funzione degli statuti al fine

di promuovere organizzazioni atipiche per rispondere alle esigenze della società. - Favorire la nascita, la crescita e la competitività delle imprese attraverso mercati

interni e internazionali dei capitali. - Semplificare la disciplina societaria per far fronte alle esigenze di flessibilità at-

tuali. - Ridefinire gli aspetti civilistici. - Uniformare l’impatto nazionale a quello comunitario. - Disciplinare le forme partecipative di società in differenti tipi associativi. Le nuove norme puntano a realizzare un quadro di equilibrio nella tutela degli inte-ressi dei soci, degli investitori, dei finanziatori ,e raggiungere flessibilità e trasparen-za. I nuovi strumenti finanziari Prima della riforma il diritto societario rifletteva una grossa distinzione tra debito e capitale disciplinando due figure distinte: le azioni e le obbligazioni. L’esigenza di graduare le caratteristiche di tali figure in risposta alle esigenze di mercato ha portato all’avvicinamento di tali strumenti e all’introduzione di nuovi strumenti. Le azioni Il principio ispiratore di tale riforma è stata la massima autonomia statutaria, le mo-dificazioni apportate sono: - La partecipazione è rappresentata sempre dal titolo azionario ma lo statuto può

escludere l’emissione di tali titoli, in tal caso il capitale sociale è diviso in azioni che sono entità ideali; lo statuto può prevedere diverse configurazioni di tali titoli in termini di forma e di circolazione in previsione della dematerializzazione delle stesse; possono essere emesse senza indicazione del valore nominale che potrà essere ricavato dividendo il capitale sociale nelle rispettive quote.

- Per quanto riguarda i conferimenti la regola generale stabilisce che ad ogni socio è assegnato un numero di azioni proporzionale al conferimento, l’atto costitutivo però può prevedere una deroga a tale principio di proporzionalità; i soci hanno la facoltà di regolare l’incidenza delle partecipazioni in base a scelte contrattuali la-sciate all’autonomia e all’esigenza dei soci.

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- Per il trasferimento e la circolazione la legislazione conferma che i titoli azionari in forma cartacea possono essere nominativi o al portatore e si trasferiscono me-diante consegna o con girata autentica o con annotazione sul libro dei soci.

- Lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il trasferimento di suddetti titoli in due casi: in caso di azioni normative o in caso di mancata emissione, o può ad-dirittura vietarne il trasferimento per un periodo di 5 anni dalla costituzione della società, o in caso di mancata emissione o azioni nominative. Inoltre viene ridotta la circolazione soggetta a gradimento in base alla quale è data la disponibilità agli organi di esprimere un vero gradimento nei confronti dell’acquirente.

- Le nuove tipologie di azioni sono: 1) azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro. 2) Strumenti finanziari a soci a fronte dell’apporto di opere e servizi. 3) Azioni senza diritto di voto. 4) Pegno, usufrutto, e diritto di opzione.

Le obbligazioni - Per quanto riguarda il potere di emettere obbligazioni spetta agli amministratori

salvo diverse previsioni dello statuto, finora spettava all’assemblea straordinaria. - Per quanto riguarda i diritti la normativa riconosce la possibilità che il prestito

obbligazionario assuma vari profili, uno dei quali è quello subordinato. Anche i tempi e le remunerazioni varieranno a seconda delle forme obbligazionarie sotto-scritte. Talvolta è possibile, per es. con le obbligazioni convertibili, passare da uno stato di creditore a socio.

- Per quanto riguarda i limiti all’emissione le nuove regole prevedono un notevole innalzamento dei limiti.

- Inoltre la riforma stabilisce che: non si può ridurre volontariamente il capitale so-ciale o distribuire riserve se non si rispetta il limite; in caso di riduzione obbliga-toria o dovuta a perdite, la società non può distribuire utili finchè l’ammontare della somma del capitale e delle riserve non risulti pari alle obbligazioni ancora in circolazione.

Le banche sono interessate alla riforma societaria in quanto società, attraverso tale ri-forma è stata data ad esse la possibilità di valorizzare la loro autonomia, la competiti-vità, e l’imprenditorialità. Un primo aspetto della riforma è dedicato alle regole di corporate governance conformi agli obiettivi della vigilanza, tale punto prevede da un lato una corretta articolazione dei compiti e delle responsabilità degli organi sociali, e dall’altro un sistema di controlli attivo e affidabile reso possibile tramite la valorizza-zione del collegio sindacale. Per quanto riguarda il secondo aspetto analizzato, ovve-ro l’ampliamento dei canali di finanziamento, è stata introdotta una elasticità della struttura finanziaria che consentirà alle banche di realizzare utili sinergie con il setto-re industriale.

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Impatto sugli IAS Gli IAS che si occupano di materia finanziaria sono: - IAS 32: esposizione nel bilancio di esercizio e informazioni nella nota integrativa

del portafoglio finanziario detenuto al fine di palesare il peso degli strumenti su posizione finanziaria, performance attuale, e flussi di cassa futuri.

- IAS 39: rilevazione, valutazione, riduzione durevole di valore, derivati incorpora-ti, copertura degli strumenti finanziari al fine di classificarli in base alla loro fina-lità: 1) held for trading: strumenti negoziabili e derivati se non hanno finalità di co-

pertura, ovvero strumenti che consentono utili nel breve tempo. 2) Held to maturity: strumenti acquisiti per essere detenuti a scadenza. 3) Originated loans and receivables: prestiti acquisto e prestiti titoli, indebita-

mento con clienti e fornitori; strumenti privi di un mercato secondario. 4) Available for sale: strumenti negoziabili che non appartengono alle classi pre-

cedenti.

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C. Murano Intermediari Finanziari