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Editoriale lpsos Retail Solutions The Retail mix Research Specialists Newsletter Ottobre 2014 © Ipsos Qualcuno dei miei coetanei ricorderà che dalla metà degli anni ‘90 una piccola società chiamata Domino Research si fece strada nel mondo dei servizi ai retailers guadagnandosi presto una buona reputazione. Questa società era la prima in Italia specializzata in una disciplina allora in rapida evoluzione: il geomarketing. In pochi anni tutti i principali gruppi distributivi operanti in Italia si dotarono di strumenti di geomarketing con un obiettivo molto semplice: misurare le potenzialità di ogni opportunità insediativa in modo da calibrare investimenti e occupazione di un mercato allora ancora piuttosto vergine. Il successo di Domino Research fu nella modernità e semplicità della propria offerta: modelli gravitazionali basati su banche dati piuttosto aggiornate e solide, software moderni e cartografia di ottimo livello. Qualsiasi distributore poteva vedere su di una mappa quante famiglie erano residenti nel bacino d’utenza considerato, quanti consumi sviluppavano e quanto era consistente la competition. Tenendo conto che Google Map sarebbe arrivato dopo oltre 10 anni , per l’epoca era veramente uno strumento importante. Sono ancora un po’ orgoglioso di quante decisioni di sviluppo delle reti distributive furono prese in quegli anni utilizzando il nostro sistema. Oggi tutto è cambiato. Il mercato è saturo, l’offerta cambia continuamente, i clienti sono sfuggenti, infedeli e molto più mobili. I momenti di consumo e di acquisto si sono moltiplicati e non si può più dare per scontato che la distanza sia il fattore sempre dominante. Lo stesso concetto di isocrona (distanza in tempo) è ormai superato, in particolare dai target più appetibili che non sono più disponibili ad accettare offerte distributive inadeguate solo perché «vicine». Ecco quindi che il Geomarketing di oggi deve rispondere a quesiti molto più complessi rispetto a quanto facemmo vent’anni fa. Le stime dei «bacini d’utenza» non hanno più molto senso in un mercato così frammentato e indisciplinato; ecco quindi che è necessario ragionare sui «flussi» ed utilizzare ogni indicatore o proxy disponibile per stimare non solo «quanti» sono i potenziali clienti ma anche «di che tipo» sono. Ipsos Retail Solution ha una sua precisa idea di Geomarketing oggi, e quindi abbiamo deciso di dedicare un numero a questo strumento che, a mio avviso, oggi deve essere profondamente ripensato e sul quale stiamo lavorando per renderlo il più moderno e preciso possibile. Buona lettura, [email protected] www.ipsos.it/retailsolutions twitter: @carlooldrini di Carlo Oldrini

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Editoriale

lpsos Retail Solutions The Retail mix Research Specialists

Newsletter Ottobre 2014

© Ipsos

Qualcuno dei miei coetanei ricorderà che dalla metà degli anni ‘90 una piccola società chiamata Domino Research si fece strada nel mondo dei servizi ai retailers guadagnandosi presto una buona reputazione. Questa società era la prima in Italia specializzata in una disciplina allora in rapida evoluzione: il geomarketing. In pochi anni tutti i principali gruppi distributivi operanti in Italia si dotarono di strumenti di geomarketing con un obiettivo molto semplice: misurare le potenzialità di ogni opportunità insediativa in modo da calibrare investimenti e occupazione di un mercato allora ancora piuttosto vergine. Il successo di Domino Research fu nella modernità e semplicità della propria offerta: modelli gravitazionali basati su banche dati piuttosto aggiornate e solide, software moderni e cartografia di ottimo livello. Qualsiasi distributore poteva vedere su di una mappa quante famiglie erano residenti nel bacino d’utenza considerato, quanti consumi sviluppavano e quanto era consistente la competition. Tenendo conto che Google Map sarebbe arrivato dopo oltre 10 anni , per l’epoca era veramente uno strumento importante. Sono ancora un po’ orgoglioso di quante decisioni di sviluppo delle reti distributive furono prese in quegli anni utilizzando il nostro sistema.

Oggi tutto è cambiato. Il mercato è saturo, l’offerta cambia continuamente, i clienti sono sfuggenti, infedeli e molto più mobili. I momenti di consumo e di acquisto si sono moltiplicati e non si può più dare per scontato che la distanza sia il fattore sempre dominante. Lo stesso concetto di isocrona (distanza in tempo) è ormai superato, in particolare dai target più appetibili che non sono più disponibili ad accettare offerte distributive inadeguate solo perché «vicine».

Ecco quindi che il Geomarketing di oggi deve rispondere a quesiti molto più complessi rispetto a quanto facemmo vent’anni fa. Le stime dei «bacini d’utenza» non hanno più molto senso in un mercato così frammentato e indisciplinato; ecco quindi che è necessario ragionare sui «flussi» ed utilizzare ogni indicatore o proxy disponibile per stimare non solo «quanti» sono i potenziali clienti ma anche «di che tipo» sono.

Ipsos Retail Solution ha una sua precisa idea di Geomarketing oggi, e quindi abbiamo deciso di dedicare un numero a questo strumento che, a mio avviso, oggi deve essere profondamente ripensato e sul quale stiamo lavorando per renderlo il più moderno e preciso possibile.

Buona lettura,

[email protected]

www.ipsos.it/retailsolutions twitter: @carlooldrini

di Carlo Oldrini

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Geomarketing 3.0

a cura di Filippo Genzini

© Ipsos

Ricordo di aver avuto la possibilità di occuparmi dei primi studi di geomarketing ovvero, per come la si vedeva allora, soprattutto di definizione del potenziale commerciale di una determinata location, nella prima metà degli anni ’90, lavorando con Unes e Metro. Due aziende che si trovavano ad affrontare scenari radicalmente differenti. La catena di supermercati italiana, infatti, era in fase di espansione in un’epoca in cui il mercato non era ancora saturo e si continuavano ad aprire nuove superfici. Il gruppo tedesco operante nella formula dei cash & carry, invece, era impegnato in un progetto di rinnovamento che partiva proprio dall’individuazione di un nuovo formato più piccolo, da adattare ad aree geografiche in cui il potenziale di clienti business era inferiore rispetto a quello disponibile per le precedenti aperture. Oggi, a maggior ragione, le aziende del retail - inteso qui nella sua accezione più ampia - si trovano ad affrontare problematiche differenti e spesso opposte quando si tratta di analizzare il territorio in cui operano. I nuovi prodotti e servizi o le nuove formule in fase espansiva, infatti, hanno la necessità di definire le priorità di apertura dei touch

point con la clientela in un processo di penetrazione del mercato potenziale che vuole essere efficiente nel privilegiare le aree che offrono la potenzialità più elevata anticipando la concorrenza. Le aziende che operano invece nei settori più maturi, a partire dai centri commerciali in giù, hanno invece spesso l’esigenza di razionalizzare e ristrutturare la rete, adeguandola all’evoluzione del tessuto sociale, economico e competitivo, nonché alle abitudini e agli atteggiamenti della clientela potenziale, arrivando anche a dover dismettere alcune superfici in perdita, cercando al contempo di ridistribuirne i clienti su quelle più vicine. Sia che un operatore si trovi nella prima o nella seconda situazione, gli studi di geomarketing risultano indispensabili per alimentare un processo decisionale razionale, a seguito del quale imprenditori e manager dovranno rendere conto dell’utilizzo di rilevanti quantità di denaro. Invecchiamento, urbanizzazione, viabilità, abitudini relative all’uso dei mezzi di trasporto da parte della popolazione rappresentano alcune delle variabili in continua evoluzione. Un’altra è rappresentata dai profondi mutamenti indotti dalle migrazioni, con la presenza

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Geomarketing 3.0

a cura di Filippo Genzini

© Ipsos

sempre più massiccia di minoranze etniche e religiose con stili di vita e abitudini di consumo peculiari. Fenomeni non paragonabili a quelli causati negli Stati Uniti dallo sviluppo degli ispanici e degli asiatici ma pur sempre rilevanti, soprattutto nelle aree metropolitane. Giusto per dire che la materia è dinamica e richiede quindi analisi periodiche che tengano conto dei cambiamenti in atto. La performance di un qualsiasi touch point può essere migliorata lavorando sul bacino d’utenza potenziale non cliente, così come su quello infedele, integrando strategie volte alla creazione del traffico con altre più orientate allo sviluppo della share of wallet. Ma anche alla sua difesa in caso di ingresso sul territorio di nuovi concorrenti. E non c’è bisogno di sottolineare che il peso di tali strategie dipende dalla tipologia di punto di vendita e dai prodotti e servizi che offre, variando completamente tra un negozio di prossimità, uno di elettronica di consumo, un cinema, un ristorante di una catena fast food o un factory outlet. Un discorso a parte merita il tema del digitale, rilevante per almeno due aspetti. Il primo è relativo alla concorrenza

dell’e-commerce che in molti comparti come i viaggi, l’intrattenimento, l’elettronica di consumo e l’abbigliamento oggi è quasi più rilevante di quella portata dai competitor brick & mortar. La propensione ad avvalersi di servizi di e-commerce o m-commerce da parte di chi vive, lavora o transita nell’area di gravitazione diviene una variabile determinante di cui tener conto nella valutazione del potenziale. Le risposte date dai distributori tradizionali con il lancio di servizi online di consegna a domicilio o click & collect è onerosa e non può prescindere da studi accurati sul ritorno sugli investimenti che dipende dal potenziale sotteso. Nel caso del click & collect, in particolare, il punto di raccolta rappresenta a sua volta una location da individuare sulla base di accurati studi di geomarketing, tanto che sia ‘stand-alone’ in prossimità di zone di traffico non tipicamente commerciale, come accade per esempio in Inghilterra, sia che si avvalga dell’infrastruttura distributiva esistente (fenomeno piuttosto diffuso negli Stati Uniti). Il secondo aspetto, cui si farà cenno nell’articolo successivo, è relativo alle

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Geomarketing 3.0

a cura di Filippo Genzini

© Ipsos

nuove opportunità sviluppate dal marketing digitale e sintetizzate come SOLOMO (SOcial, LOcal, MObile), ovvero la possibilità di interagire con il pubblico potenziale attraverso i media ‘mobile’ nel momento in cui compie una ricerca su un prodotto, una marca o una categoria, offrendogli informazioni pertinenti e indirizzandolo al punto di vendita più vicino con offerte promozionali mirate. Azioni di marketing i cui budget e la cui realizzazione non possono prescindere dall’analisi dei flussi e dei comportamenti delle persone nella zona.

In conclusione, prodotti e servizi, centri cittadini e commerciali, distribuzione tradizionale, e-commerce e forme ibride come il click & collect e il drive thru. Marketing e Vendite. Tutti i player necessiterebbero di informazioni provenienti da studi di geomarketing. E, se non sempre se ne avvalgono, dipende dal fatto che nel nostro benedetto paese i metodi ‘manageriali’ per impostare i processi decisionali non sono sempre applicati. Con risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

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Quando il geomarketing si fa duro…

a cura di Giancarlo Cataldo

© Ipsos

A ben vedere, le tecniche di geomarketing

sin dalle prime applicazioni di oltre 30 anni

fa, sono sempre state caratterizzate da un

elevato livello di capacità interpretativa degli

eventi economici sul territorio.

L’esempio più classico e noto, tra le

applicazioni che si pongono l’obiettivo di

interpretare al meglio i flussi di domanda

verso i siti d’offerta di beni e servizi, è

rappresentato dalla partizione del territorio

in aree di gravitazione economica e

commerciale, in tutte le loro declinazioni dal

macro al micro territorio.

I flussi di domanda e di conseguenza la

“mobilità” dei target, evidenziano una delle

dimensioni d’analisi su cui questa disciplina

continuamente pone una forte attenzione.

Abbiamo iniziato ad analizzare la mobilità

del target studiando tout court le

propensioni e le abitudini di acquisto della

domanda e i suoi generici spostamenti,

correlati al “peso” dei luoghi d’offerta.

Quindi, la numerosità e compresenza di

operatori commerciali a cui si rivolgono gli

shoppers, o di imprese su cui si riversano i

commuters divengono le determinanti a cui

legare i flussi di consumatori.

Ora dobbiamo aggiungere degli elementi

informativi che rendono l’approccio molto

più variegato e mutevole rispetto a prima.

Calcolare quanti passanti transitano

davanti un punto vendita e quali

caratteristiche hanno, valutare l’intensità

del traffico nei pressi di un billboard,

calcolare quanto traffico si origina da una

certa zona e in quali altre zone di

destinazione si suddivide, individuare

l’impatto delle strutture di accessibilità

nei pressi delle location oggetto di studio,

costituiscono una serie di nuovi elementi

da cui non è più possibile prescindere.

Addirittura l’esigenza è quella di

dettagliare queste informazioni per fascia

oraria e per giorni lavorativi rispetto al

week end, o conoscere l’impatto dei flussi

turistici per nazionalità di provenienza e

per periodo dell’anno, o anche valutare

l’impatto dovuto ad eventi congiunturali

come fiere o eventi di grande richiamo

(l’Expo di Milano ad esempio). Insomma,

è sempre più palese che le analisi delle

potenzialità del territorio devono

poggiarsi su nuovi patrimoni informativi

che riassumano più punti di vista.

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Quando il geomarketing si fa duro…

a cura di Giancarlo Cataldo

© Ipsos

In quali zone urbane e in quali periodi e orari

si concentrano o transitano flussi di

domanda? Quali esigenze esprime questa

domanda? Come deve cambiare o come si

deve adattare la proposta degli operatori

commerciali presenti in determinate zone?

Che tipo e quantità di informazioni è

necessario elaborare?

Qui il Geomarketing ci viene in aiuto perché

è profondamente legato alla posizione del

consumatore, ai modelli di mobilità che li

caratterizzano persino alle tracce che

l’utente lascia su internet sotto forma di

recensioni, social bookmark, visite, ecc.

Qualunque marketer non potrà che ritenere

di alto interesse queste informazioni al fine

di comprendere il comportamento dei

consumatori e costruire campagne di

comunicazione per centrare il target con

un’offerta irresistibile.

Se pensiamo ad una classica analisi di base

di geomarketing come la cosiddetta “site

evaluation”, questa deve essere realizzata

non solo con altri criteri ma anche con altre

tipologie di informazioni. Un’analisi di

valutazione del mercato di un punto

vendita deve essere considerata come la

prima fase di un processo ben più

articolato che deve proseguire con

un’analisi delle performance - attraverso

la misura del traffico nel punto vendita - e

terminare con azioni di coinvolgimento in

tempo reale, utilizzando le tecniche di

engagement mutuate dalle nuove

pratiche di Proximity Marketing.

L’efficacia delle tecniche di geomarketing

è (anche) legata alla capacità di dare un

senso alla mobilità dei consumatori,

interpretando rapidamente la massa di

informazioni disponibili, molte delle quali

in tempo reale.

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- Rispetto alle potenzialità e opportunità,

come performa effettivamente la Rete di PV? Sono ben oliati tutti i meccanismi o vi sono margini di miglioramento dell’efficienza, al di là di quello che le vendite stanno dicendo?

Siamo sicuri, oggi, di conoscere la quota di mercato dei nostri punti vendita e quali siano i margini di crescita? E soprattutto, sappiamo quali direzioni prendere per coprire il mercato locale e cogliere le opportunità meglio della concorrenza, senza rischiare di fare passi falsi? Per massimizzare l’efficacia della propria rete distributiva è innanzitutto necessario conoscere le potenzialità di ciascun punto vendita, così da sfruttare al meglio le peculiarità di ciascun micro-mercato. In Ipsos abbiamo sviluppato un framework di ricerca per identificare gli aspetti sui quali intervenire nei punti vendita, senza trascurare nessuna dimensione rilevante. Retail Performance© è un approccio che integra diverse metodologie e tecniche innovative rispetto alle tradizionali ricerche di mercato: ha quindi un impianto flessibile, con moduli attivabili in base a specifiche, necessarie esigenze informative: - Quali sono le caratteristiche del territorio

sul quale sorge - o sorgerà - il PV e rispetto alle quali ci si deve misurare? Quali, quindi, le potenzialità tenuto conto

Soluzioni per conoscere

le potenzialità dei PV a cura di Nikos Kotoulas

© Ipsos

- Cosa rappresenta la mia Insegna per i

clienti? Per cosa viene scelta, a quali valori e vantaggi viene associata? Il posizionamento che penso di comunicare è davvero quello che viene percepito?

- Quali sono i rischi e le minacce per l’insegna? Quali le opportunità di crescita?

- Quali ambiti di miglioramento, quali le strade per l’innovazione?

- della domanda locale (caratteristiche socio-demo delle popolazione) e al netto dell’offerta esistente?

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per ogni micro-realtà territoriale, la domanda che ci si pone è relativa allo «stato di salute» del punto vendita. Questo «funziona» esattamente come dovrebbe? Perché, in primis, la performance effettiva potrebbe essere inferiore rispetto alle potenzialità della location evidenziate dallo studio di Geomarketing. L’efficienza del punto vendita è misurabile tramite la quantificazione dei visitatori rispetto agli acquirenti. I semplici flussi di cassa a disposizione del Retailer non sono rappresentativi di un potenziale a volte inespresso. Per esempio un negozio può essere particolarmente efficace nel convogliare traffico, ma meno efficiente nel convertire le visite in sales. Gli shopper possono allontanarsi senza effettuare acquisti per i motivi più disparati: servizio inefficiente (code, impreparazione del personale…), motivi legati al prodotto (disponibilità limitata, delusione rispetto alle aspettative,…), o per altre problematiche relative all’esperienza in-store (navigabilità, organizzazione ed esposizione del merchandising, atmosfera, ecc). Come riuscire quindi a monitorare continuativamente l’efficienza della Rete o di una parte rappresentativa di questa?

La conoscenza specifica di questi aspetti è base per la pianificazione delle strategie di crescita dell’Insegna e del business. Ed è a tal fine che in Ipsos Retail Solutions abbiamo studiato degli approcci di ricerca particolarmente adatti a rispondere alle esigenze informative su queste aree. La comprensione del territorio e dell’universo di riferimento si basa su uno studio di Geomarketing. E’ questo il punto di partenza per dare un ordine di grandezza alle potenzialità di un punto vendita, esistente o da aprire. Quanti – e quali – sono gli shopper che, per vari motivi (per lavoro, perché residenti, perché attratti da punti d’interesse), gravitano nella zona e sono quindi potenzialmente clienti? Una volta che il quadro generale del mercato potenziale è chiaro e quantificato

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le potenzialità dei PV a cura di Nikos Kotoulas

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Spostandoci dal counting degli ingressi a quella che è l’osservazione dei comportamenti degli shopper all’interno del pv, possiamo comprendere i perché alla base delle mancate conversioni. Anche in questa fase, gli strumenti tecnologici possono dare un contributo notevole alla ricerca sul campo, consentendo di, raccogliere insight nel «momento giusto e al posto giusto», proprio durante l’esperienza di visita. Gli spyglassess, utilizzati nelle visite accompagnate sul pv, registrano video di quello che gli shopper vedono, i comportamenti, così come i loro commenti. Le interviste svolte su smartphone, tramite l’App dedicata, vengono effettuate nel pv, proprio grazie alla portabilità dello strumento: anche in questo caso si registra l’esperienza «a caldo» e non sulla base del ricordo. Il mobile permette di catturare

Ipsos ha ideato un approccio che permette in primo luogo una comparazione universo potenziale-visitatori, a cui far seguire, in un secondo momento, un’analisi dei tassi di conversione visitatori-clienti. Ciò è possibile attivando un tracking degli ingressi in negozio realizzato tramite l’installazione di sensori termici – più precisi e sofisticati rispetto ai tradizionali contapersone. Ogni giorno viene così prodotta una reportistica automatica online sulla performance della Rete e per singolo PV o formato, per fasce orarie, con integrati i dati transazionali al fine di analizzare i picchi e i tassi di conversione. Strumento particolarmente utile anche per verificare quanto certe iniziative di comunicazione o promozionali siano state efficaci nell’attrarre visitatori e se, guardando le vendite, non si stiano perdendo delle opportunità di un ritorno maggiore.

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rischio di abbandono dei clienti. Le barriere e le motivazioni di abbandono sono invece le aree di investigazione rispettivamente per il target di non clienti e di ex-clienti. Il nostro approccio prende in considerazione l’integrazione, ove possibile, con i dati transazionali a disposizione dell’Insegna, così da arricchire le profilazioni con quelli che sono i comportamenti, le frequenze registrate dalle Carte Fedeltà. L’ultimo step di uno studio di Retail Performance consta nell’individuazione delle tendenze e delle opportunità più potenziali, per poi attuare quelle innovazioni - di servizio, offerta e layout - che diano il maggiore ritorno e contribuiscano alla crescita dell’Insegna. Per questa fase ci si avvale di quello che è per noi, in Ipsos, un patrimonio di valore: gli insight raccolti, ogni anno, da due studi internazionali: Ipsos Global Trends e l’Osservatorio Tendenze.

immagini dei prodotti, degli scaffali, degli ambienti…e di tutto quello che è oggetto dei commenti e delle valutazioni. Conosciute le potenzialità, i limiti legati al territorio e dopo aver verificato lo stato di salute del punto vendita, il terzo passaggio è quello chiave: l’analisi sui clienti. Spesso si ritiene di ricoprire un posizionamento ben definito e distintivo: la ricerca sui clienti funge da cartina di tornasole per confermare se il posizionamento desiderato / idealmente occupato è quello effettivamente percepito dagli shopper. L’analisi è declinabile per le diverse tipologie di target: clienti fedeli, ex clienti e non clienti. I clienti fedeli sono possessori di carte fedeltà, dei quali possiamo intervistare un campione rappresentativo o selezionato (es. altospendenti) andando così a integrare i risultati di ricerca con i dati transazionali. Il focus sui clienti abituali è rivolto alla comprensione dei driver di scelta, dei punti di forza e di debolezza, così da poter lavorare sul consolidamento della fedeltà. Inoltre, applicando un modello di competitive analisys si possono definire le capacità di attrazione dell’Insegna rispetto ai competitor, così come la percentuale di

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le potenzialità dei PV a cura di Nikos Kotoulas

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Entrambi gli studi, uno con approccio esplorativo-qualitativo, l’altro di misurazione quantitativa, sono volti a captare i segnali di cambiamento a livello globale, le evoluzioni nei bisogni e nella domanda dei consumatori, puntando l’attenzione verso le innovazioni d’offerta emergenti, anche di nicchia, ma prospetticamente potenziali. I risultati dei moduli di ricerca attivati (territorio, negozio/rete, clientela), vengono reinterpretati sulla base degli scenari evolutivi che emergono dagli studi sui trend.

Soluzioni per conoscere

le potenzialità dei PV a cura di Nikos Kotoulas

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Il framework Retail Performance illustrato è quindi un processo virtuoso che permette di dare raccomandazioni più solide e «complete», perché fondate su diverse fonti informative: la ricerca ad hoc sulle tre tematiche più critiche, i dati transazionali, gli insight e i trend internazionali. Processo che si conclude con l’organizzazione di un Activation Workshop, con la partecipazione degli stakeholder dell’Insegna e dei team di ricerca, per un apprendimento più semplice e operativo dei risultati, lavorando insieme su questi per definire le prossime strategie e gli interventi sul retail mix.

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annunciano la Partnership

&

Luisa Vassanelli, Ipsos Head of Qualitative, presenterà, in anteprima per il Salone del Franchising Milano, l'Osservatorio Tendenze 2015:

Consumatori alla ricerca di senso...quali implicazioni per il retail?

7 novembre, ore 10.00 vi aspettiamo in fieramilanocity

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Ipsos opera nel segmento delle ricerche di mercato "survey based", ovvero ricerche condotte raccogliendo informazioni direttamente dagli individui.

Raccogliamo, elaboriamo e analizziamo informazioni riguardo i valori, le attitudini e i comportamenti. La nostra missione è aiutare i nostri Clienti a capire meglio i loro mercati, i loro clienti e i cambiamenti del mondo.

Ipsos nasce in Francia nel 1975 ed è oggi presente in 85 paesi, tra i quali l’Italia, con uffici a Milano, Roma e Bari dove 250 professionisti gestiscono più di 2.000 progetti all’anno.

Ipsos Retail Solutions nasce dall’esperienza del Gruppo Ipsos nella collaborazione con i Retailers e dalla profonda conoscenza della realtà socio-culturale del Paese, delle tendenze e prospettive future. Ci proponiamo di supportare gli attori del settore nel:

Anticipare e interpretare le tendenze del mercato

Prendere decisioni strategiche coerenti

Definire le modalità ottimali di implementazione sul punto vendita Il nostro obiettivo ultimo è contribuire alla crescita dell’Insegna agendo su tutte le leve del retail mix che determinano la customer experience: format, assortimento, percezione posizionamento di prezzo, servizio, personale, iniziative marketing, loyalty, comunicazione.

Contatti: [email protected] Carlo Oldrini, Direttore Ipsos Marketing Nikos Kotoulas, Ipsos Retail Solutions, Dir. commerciale Filippo Genzini, Ipsos Retail Solutions, Senior consultant Zaira Licciardello, Ipsos Retail Solutions, Dir. Commerciale Giancarlo Cataldo, GEO Marketing, Co Founder

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