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La filosofia, così come io l'ho vissuta e intesa fino ad oggi, è vita volontaria fra i ghiacci e le alture, ricerca di tutto ciò che l'esistenza ha di estraneo e problematico, di tutto ciò che finora era proscritto dalla morale. Attraverso una lunga esperienza di itinerari nel proibito ... (Nietzsche, Ecce homo) Chi va infatti per queste vie tutte sue, non incontra nessuno: è questo che comportano le «vie tutte nostre». (Nietzsche, Umano, troppo umano) Quanta verità può sopportare, quanta verità può osare un uomo? Questa è diventata la mia vera unità di misura, sempre più. (Nietzsche, Ecce homo) SOCRATE ABITARE UNA CASA VUOTA O CON UN PARENTE MOLTO STRETTO CALLICLE: In un giovane, in un adolescente mi fa piacere vedere coltivata la filosofia, mi sembra gli convenga, credo gli servirà per formarsi uomo veramente libero, mentre un giovane che non filosofa mi sembra di natura servile, che mai aspirerà a cosa bella e nobile. Quando vedo, invece, un uomo già maturo che più non la finisce di filosofare, un uomo del genere, caro Socrate, mi sembra proprio degno d'essere preso a bastonate. Si, amico mio, dammi retta, smetti il tuo sottile ragionar confutando segui la più bella via della vita operosa, occupati di ciò che potrà darti fama di saggio, lascia ad altri codeste eleganze, che forse vanno chiamate vaneggiamenti o sciocchezze, e che ti « porteranno ad abitare in una casa vuota »; emula non chi disputa su codeste sottili questioni, ma chi nella vita ha successo, fama, e molti altri beni! (Platone, Gorgia, 484-86)

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La filosofia, così come io l'ho vissuta e intesa fino ad oggi, è vita volontaria fra i ghiacci e lealture, ricerca di tutto ciò che l'esistenza ha di estraneo e problematico, di tutto ciò che finora eraproscritto dalla morale. Attraverso una lunga esperienza di itinerari nel proibito ... (Nietzsche,Ecce homo)Chi va infatti per queste vie tutte sue, non incontra nessuno: è questo che comportano le «vietutte nostre». (Nietzsche, Umano, troppo umano)Quanta verità può sopportare, quanta verità può osare un uomo? Questa è diventata la mia veraunità di misura, sempre più. (Nietzsche, Ecce homo)

SOCRATE

ABITARE UNA CASA VUOTA O CON UN PARENTE MOLTO STRETTO

CALLICLE: In un giovane, in un adolescente mi fa piacere vedere coltivata la filosofia, misembra gli convenga, credo gli servirà per formarsi uomo veramente libero, mentre un giovaneche non filosofa mi sembra di natura servile, che mai aspirerà a cosa bella e nobile. Quandovedo, invece, un uomo già maturo che più non la finisce di filosofare, un uomo del genere, caroSocrate, mi sembra proprio degno d'essere preso a bastonate.Si, amico mio, dammi retta, smetti il tuo sottile ragionar confutando segui la più bella via dellavita operosa, occupati di ciò che potrà darti fama di saggio, lascia ad altri codeste eleganze, cheforse vanno chiamate vaneggiamenti o sciocchezze, e che ti « porteranno ad abitare in una casavuota »; emula non chi disputa su codeste sottili questioni, ma chi nella vita ha successo, fama,e molti altri beni! (Platone, Gorgia, 484-86)

SOCRATE: Caro Ippia, beato te che sai quali sono le occupazioni degne di un uomo e, comedici, le pratichi alla perfezione! Io, invece, vittima, a quel che sembra, di non so quale demonicodestino, oscillo sempre in un perpetuo dubbio, e quando espongo i miei dubbi a voi sapienti,sono da voi coperto d'insulti, non appena vi ho fatto la mia confessione, perché dite, come anchetu ora, che mi occupo di sciocchezze, di inezie, di cose senza valore alcuno. E quando, persuasoda voi, ripeto con voi che meglio è saper comporre un ben fatto e bel discorso da pronunziare intribunale o in altra qualsivoglia adunanza, allora mi sento violentemente ingiuriato da altri mieiconcittadini e, soprattutto, da quell'uomo che sembra lì pronto a confutarmi. Egli, per l'appunto,è un mio stretto parente e abita con me, e ogni volta che torno a casa e mi ascolta ripetere questecose, mi chiede se non mi vergogno di avere io l'ardire di parlare sulle belle occupazioni,proprio io che così chiaramente offro prova di non sapere in che consista il bello.Mi accade così, come dicevo, d'essere rimproverato e insultato da voi e da lui. Ma, forse, èfatale ch'io debba sopportare tutto questo: non sarebbe fuori luogo se ne traessi giovamento.(Platone, Ippia Maggiore, 304 d,e)

DIALOGHI, SCRITTI E QUADRI

SOCRATE. Benissimo: ma questo pensare è per te la stessa cosa che dico io ? TEETETO. Checosa dici tu ? SOCRATE. Che è un ragionamento che l'anima fa con se stessa su ciò ch'ellaviene esaminando. Bada, come un ignorante io cerco di spiegarti la cosa; ma insomma l'anima,quando pensa, io non la vedo sotto altro aspetto che di persona la quale conversi con semedesima, interrogando e rispondendo, affermando e negando. E quando giunge a definirequalche cosa, sia che vi giunga a grado a grado, sia rapidamente e come di un salto, cosicchéella affermi oramai una unica e medesima cosa e non sia più incerta fra due: codesta noidiciamo che è la sua opinione. Io dico dunque che questo opinare è un ragionare, e la opinioneun pronunciato ragionamento; ma non un ragionamento che uno pronunci ad altri e con la voce,bensì in silenzio a se stesso. E tu che dici ? TEETETO. Anch'io così.(Platone, Teeteto, 189,e)

SOCRATE Ebbene? Su queste cose pare anche a te nello stesso modo che a me ? PROTARCOChe cosa? SOCRATE A me pare che in tali circostanze l'anima nostra assomigli ad un libro.PROTARCO Come? SOCRATE La memoria, che opera in coincidenza colle sensazioni, equelle affezioni che si verificano in tale processo paiono a me in tale occasione quasi scriverenelle nostre anime dei discorsi; e quando questo complessivo processo di affezioni scrive ilvero, allora ne risultano in noi opinioni vere e discorsi veri ma quando un tale interno scrivanoscrive il falso, ne risulta l'opposto della verità. PROTARCO Pare assolutamente così anche a mee accetto ciò che tu hai affermato in questi termini. SOCRATE Accetta allora anche questo: intali circostanze v'è nelle nostre anime anche un altro artefice. PROTARCO Quale ? SOCRATEUn pittore, il quale dopo lo scrivano disegna nell'anima rappresentazioni delle cose dette.PROTARCO Come e quando dobbiamo dire che operi questo nuovo artefice per parte sua?SOCRATE Quando qualcuno avendo allontanato dalla vista o da qualche altro senso gli oggettidelle opinioni e dei discorsi di allora, in se stesso contempla in qualche modo lerappresentazioni di ciò che fu opinato e detto. Forse che ciò non avviene in noi? PROTARCOMoltissimo avviene. (Platone, Filebo, 39-40)

DEMONI CHE TI TRATTENGONO IN CASA A SCEGLIERE

Forse potrà parere strano che io vada dattorno e mi dia tanto da fare per dar consigli a questo e aquello in privato, e se poi si tratta di dare consigli in pubblico, alla città, e di salire su la tribunaper parlare al popolo, allora mi manchi il coraggio. E la ragione di questo me l'avete sentita direpiù volte e in più luoghi, che c'è dentro me non so che spirito divino e demoniaco; quelloappunto di cui anche Melèto, scherzandoci sopra, scrisse nell'atto di accusa. Ed è come una voceche io ho in me fino da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade dacosa che io sia per fare, e non mai ad alcuna mi persuade (Platone, Apologia di Socrate, XIX)

PLATONE

DALLE ANIME IN DIALOGO ALLE ANIME MINACCIATE

Chi, punito dagli dèi o dagli uomini, trae un vantaggio dalla pena, è chi abbia commesso colperiparabili; tale vantaggio, comunque, lo trovano solo in quanto passino attraverso sofferenze edolori, in questo mondo e nell'Ade non altrimenti potremmo liberarci dall'ingiustizia. . . . poiche per le sue colpe lo vedono condannato a patire in eterno le maggiori, le più dolorose, le piùatroci pene, veri e propri esempi sospesi là nel carcere dell'Ade, spettacolo e monito ai colpevoliche, via via, in continuazione, arrivano laggiù. . .Talvolta, invece, vedendo un'anima santamente vissuta, consacratasi per tutta la vita alla verità,sia essa l'anima di un privato o di chi sia, ma in particolare, io dico, Callicle, quella di unfilosofo, tutta tesa a compiere il proprio dovere senza preoccuparsi d'infinite altre faccende nonsue, Radamanto l'ammira e quell'anima avvia verso le Isole dei beati. . .questo racconto mi ha profondamente persuaso, e guardo di fare in modo di potere un giornomostrare al giudice quanto più sana è possibile l'anima mia. (Platone, Gorgia,524-26)

AGOSTINO

NEL MEZZO DI QUELLA RISSA VIOLENTA CHE AVEVO INGAGGIATO NELLA MIACASA INTERIORE

Ma tu, Signore, mi torcevi su me stesso, mi strappavi da dietro le mie spalle, dove m'erorifugiato per non guardarmi in faccia, e mi denunciavi ai miei stessi occhi, perché lo vedessi,quant'ero brutto, torto e sordido, butterato e piagato. E io vedevo e ne provavo orrore, e nontrovavo scampo da me stesso. E se tentavo di distogliere lo sguardo da me stesso tu di nuovomi mettevi di fronte a me stesso e mi cacciavi sotto i miei occhi, perché scoprissi la miamalvagità e l'odiassi. La conoscevo: ma me la dissimulavo, ne reprimevo l'idea e ne rimuovevoil ricordo.Allora nel mezzo di quella rissa violenta che nella mia casa interiore avevo ingaggiato conl'anima qui nella stanza più segreta, il cuore, con la faccia e la mente sconvolte, che cosa nondissi contro di me? Che frustate di parole non risparmiai a quest'anima, perché mi seguisse neimiei sforzi di tenerti dietro? E resisteva, ricusava e non si scusava. Tutti gli argomenti eranoconsumati e confutati. Le restava un tremito silenzioso, il terrore che aveva - come si teme lamorte - d'essere sottratta al corso dell'abitudine che la consumava a morte. (Agostino,Confessioni, libro IX)

NEGLI ANTRI, NELLE CAVERNE INCALCOLABILI DELLA MEMORIA LÀ INCONTROME STESSO E DIO

La facoltà della memoria è grandiosa. Ispira quasi un senso di terrore, Dio mio, la sua infinita eprofonda complessità. E, ciò sono io stesso. Cosa sono dunque, Dio mio? Qual è la mia natura?Una vita varia, multiforme, di un'immensità poderosa. Ecco, nei campi e negli antri, nellecaverne incalcolabili della memoria, incalcolabilmente popolate da specie incalcolabili di coseche la memoria conserva anche quando lo spirito più non li prova; per tutti questi luoghi iotrascorro, ora a volo qua e là, ora penetrandovi anche quanto più posso, senza trovare limiti danessuna parte tanto grande è la facoltà della memoria, e tanto grande la facoltà di vivere in unuomo, che pure vive per morire.Quando sono là dentro, evoco tutte le immagini che voglio. Alcune si presentano all'istante,altre si fanno desiderare più a lungo, quasi vengano estratte da ripostigli più segreti.

Tutte queste cose la memoria accoglie nella sua vasta caverna, nelle sue, come dire, pieghesegrete e ineffabili, per richiamarle e rivederle all'occorrenza. Tutte vi entrano, ciascuna per lasua porta, e vi vengono riposte. Non le cose in sé, naturalmente, vi entrano; ma lì stanno, pronteal richiamo del pensiero che le ricordi, le immagini delle cose percepite.Là incontro anche me stesso e mi ricordo negli atti che ho compiuto, nel tempo e nel luogo incui li ho compiuti, nei sentimenti che ebbi compiendoli.Grande è questa potenza della memoria, troppo grande, Dio mio, un santuario vasto, infinito.Chi giunse mai al suo fondo?In realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che sono. Dunque lo spirito sarebbe troppo angu-sto per comprendere se stesso? E dove sarebbe quanto di se stesso non comprende? Fuori di sestesso anziché in se stesso? No. Come mai allora non lo comprende? Ciò mi riempie di granmeraviglia, lo sbigottimento mi afferra. Eppure gli uomini vanno ad ammirare le vette deimonti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell'Oceano,le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi.Ecco quanto ho spaziato nella mia memoria alla tua ricerca, Signore; e fuori di questa non ti hotrovato.E ti sei degnato di abitare nella mia memoria dal giorno in cui ti conobbi! Vi abiti certamente,poiché io ti ricordo dal giorno in cui ti conobbi, e ti trovo nella memoria ogni volta che miricordo di te.Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e iofuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e nonero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chia-masti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità;diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, earsi di desiderio della tua pace. (Agostino, Confessioni, libro X)

MONTAIGNE

UNA RETROBOTTEGA TUTTA NOSTRA NELLA QUALE USCIRE FUORI DAICARDINI DELLA CONSUETUDINE

Bisogna riservarsi una retrobottega tutta nostra, del tutto indipendente, nella quale stabilire lanostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Non basta l'essersi allontanatidalla gente; non basta cambiar luogo, bisogna allontanarsi dalle inclinazioni comuni cheesistono in noi; bisogna sequestrarsi e isolarsi da se stessi.Là noi dobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi, e tanto privatamente che nessunaconversazione o comunicazione con altri vi trovi luogo; ivi discorrere e ridere come se fossimosenza moglie, senza figli e senza sostanze, senza seguito e senza servitori, affinché, quandoverrà il momento di perderli, non ci riesca nuovo il farne a meno. Noi abbiamo un'anima capacedi ripiegarsi in se stessa; essa può farsi compagnia; ha i mezzi per assalire e per difendere, perricevere e per donare; non dobbiamo temere di marcire d'ozio noioso in questa solitudine.In passato, quando gli abitanti di Creta volevano maledire qualcuno, pregavano gli dèi diassoggettarlo a qualche cattiva abitudine.Ma il principale effetto della sua potenza è che essa ci afferra e ci stringe in modo che amalapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere e ragionaredei suoi comandi. In verità, poiché li succhiamo col latte fin dalla nascita e il volto del mondo sipresenta siffatto al nostro primo sguardo, sembra che noi siamo nati a condizione di seguire quelcammino. E le idee comuni che vediamo aver credito intorno a noi e che ci sono infusenell'anima dal seme dei nostri padri, sembra siano quelle generali e naturali.Per cui accade che quello che è fuori dei cardini della consuetudine, lo si giudica fuori deicardini della ragione; Dio sa quanto irragionevolmente, per lo più. Se, come abbiamo imparato afare noi che ci studiamo, ognuno che ode una sentenza giusta guardasse subito in che modo essa

lo riguarda espressamente, troverebbe che non è tanto un buon detto, quanto un buon colpo difrusta all'abituale stoltezza del suo ragionare.Chi vorrà liberarsi da questo acerrimo pregiudizio della consuetudine troverà molte coseaccettate con sicurezza scevra di dubbio, che non hanno altro sostegno che la barba bianca e lerughe dell'uso che le accompagna: ma, strappata questa maschera, riconducendo le cose allaverità e alla ragione, sentirà il suo giudizio come tutto sconvolto, e tuttavia rimesso in ben piùsaldo assetto. (Montaigne, Saggi)

IL DIALOGO INTERIORE: LA NARRAZIONE DI SÉ, IL “SAGGIARSI”

Gli altri formano l'uomo; io lo descrivo, e ne presento un esemplare assai mal formato, e taleche se dovessi modellarlo di nuovo lo farei in verità molto diverso da quello che èDescrivo il passaggio: non un passaggio da una età all'altra o, come dice il popolo, di sette insette anni, ma di giorno in giorno, di minuto in minuto.Tant'è che forse mi contraddico, ma la verità non la contraddico mai. Se la mia anima potessestabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei: essa è sempre in tirocinio e in prova.Io espongo una vita umile e senza splendore, ma è lo stesso: ogni uomo porta in sé la formaintera dell'umana condizione.Per lo meno io son conforme alla regola nel fatto che mai uomo trattò un soggetto checomprendesse e conoscesse meglio di quanto io faccia con quello che ho intrapreso, e che inquesto io sono l'uomo più competente che ci sia; in secondo luogo, che mai alcuno penetrò più afondo la sua materia e ne esaminò più minuziosamente le articolazioni e diramazioni; e nonarrivò più esattamente e completamente al fine che si era proposto nel suo lavoroGiustifichiamo qui ciò che dico spesso, che mi pento raramente e che la mia coscienza ècontenta di sé, non come della coscienza d'un angelo o d'un cavallo, ma come della coscienzad'un uomo (Montaigne, Saggi)

LA FILOSOFIA: UNO SPAZIO VUOTO

. . . abbandonare l'atteggiamento spontaneo e a domandarci se tutti gli oggetti, che crediamoesistere, esistano; se tutti i rapporti, che pensiamo siano rapporti con oggetti esistenti, lo sianodavvero; se tutti i discorsi, che affermano di essere dei saperi, siano dei saperi. Sono stranedomande queste. E tali sono perché, mettendo in discussione la legittimità della pretesa allostatuto di sapere avanzata da discorsi diversi, costringono colui che le pone a porsi inizialmenteal di fuori di tutti quei discorsi, in uno spazio vuoto. Noi cercheremo qui di mostrare che tutte lefilosofie rispondono a domande di questo genere, e che rispondere a domande i questo genere èappunto filosofare. ... (K. Pomian “Filosofia/filosofie” in Enciclopedia Einaudi, vol. VI)

Chiunque può constatare che gli occhi conoscono un processo di apprendimento, e chedeterminati oggetti, prima non visti benché soddisfacessero a tutte le condizioni richieste peresserlo, divengono sensibili non appena si viene sensibilizzati alla loro presenza. Ora, questasensibilizzazione è ingenerata da un sapere (un saper dire o un saper fare) che suggerisce delledomande da porre a ciò che può vedersi, suscita delle aspettative, orienta lo sguardo. Da tuttociò consegue che l'atto di vedere non è né potrebbe essere un rapporto immediato fra gli occhi,intesi come meramente ricettivi, ed un oggetto che compaia nel campo visuale. (K. Pomian“Filosofia/filosofie” in Enciclopedia Einaudi, vol. VI)

LA FILOSOFIA: UNO SPAZIO VUOTO PER DUBITARE DEI PROPRI SAPERI E DISÈ

Non si tratta, dunque, soltanto di mettere in forse il sapere apparente che crediamo di possedere,ma soprattutto di mettere in questione noi stessi e i valori che reggono la nostra vita. Infatti,dopo aver dialogato con Socrate, il suo interlocutore non sa più assolutamente per quale motivoagisca. Diventa cosciente delle contraddizioni del suo discorso e delle proprie contraddizioniinteriori. Dubita di se stesso. Giunge, come Socrate, alla conclusione di non sapere nulla. Mafacendo ciò, riesce a distaccarsi da se stesso, si sdoppia, una parte di sé si identifica ormai conSocrate in quell'intesa reciproca che Socrate esige dal proprio interlocutore in ogni tappa delladiscussione. In lui avviene, dunque, una presa di coscienza di se stesso; mette ormai, da solo, sestesso in discussione. Il vero problema non è dunque il sapere questa o quella cosa, ma l'esserein questo o quel modo. (P. Hadot, Che cos’è la filosofia antica?, Einaudi)

LA FILOSOFIA: UNO SPAZIO VUOTO PER PORSI STRANE DOMANDE

Come mai mi prendo cura delle mie cose, delle cose che ad esse appartengono, ma non curo mestesso? (Platone "Alcibiade I)

A quali oggetti attacco la mia libido, il mio desiderio?Quale parte del mio Io sacrifico ai bisogni della società? (Freud, Introduzione alla psicoanalisi)

Come mai il potere sociale, cioè la forza produttiva moltiplicata che ha origine attraverso lacooperazione tra gli uomini ci appare come un potere naturale che ci sovrasta, che cresce fino asfuggire al nostro controllo, che contraddice le nostre aspettative, che annienta i nostri calcoli,diventando una potenza estranea, posta al di fuori di noi della quale non sappiamo donde viene edove va, che quindi non possono più dominare ? (Marx (L'ideologia tedesca)

Non ci si deve chiedere perché l'affamato ruba o perché lo sfruttato sciopera, ma il motivo percui la maggior parte degli affamati non ruba e perché la maggior parte degli sfruttati nonsciopera. (W. Reich, Psicologia di massa del fascismo, 35)

Perché mediamente dedichiamo ogni anno alla nostra auto più di 1600 ore: ci stiamo seduti, inmarcia e in sosta; la parcheggiamo e la andiamo a prendere; ci guadagniamo i soldi occorrentiper l'anticipo sul prezzo d'acquisto e per le rate mensili; lavoriamo per pagare la benzina, ipedaggi dell'autostrada, l'assicurazione, il bollo, le multe. Ogni giorno passiamo quattro dellenostre sedici ore di veglia o per la strada o occupati a mettere insieme i mezzi che l'autorichiede?Mediamente investiamo queste 1600 ore per fare circa 12.000 chilometri: cioè appena settechilometri e mezzo per ogni ora.”(Illich, Per una storia dei bisogni)

Perchè siamo pronti a dare man forte alla persecuzione di un politico, preso di mira perchéhanno violato le regole del gioco; ma non pensiamo neanche lontanamente a discutere il valoredelle regole?Perché la nostra mente è inaccessibile a sogni di un mondo fondamentalmente diverso, aconcetti che, invece di essere semplici strumenti per classificare i fatti, siano orientati verso larealizzazione di quei sogni ? (M. Horkheimer, Eclisse della ragione)

Troppo a lungo l'uomo ha considerato le sue tendenze naturali con un «cattivo sguardo »,cosicché queste hanno finito per congiungersi strettamente in lui con la «cattiva coscienza ».Sarebbe in sé possibile un tentativo opposto? Vale a dire sarebbe possibile congiungereindissolubilmente con la cattiva coscienza le tendenze innaturali, tutte quelle aspirazioni al

trascendente, all'anti-istinto, , all’anti-natura, all'anti-animale, insomma gli ideali esistiti sino aoggi, che sono tutti quanti ideali ostili alla vita, ideali calunniatori del mondo? (Nietzsche, Lagaia scienza)

Come mai c'è chi, pur essendo ateo, fa battezzare cristianamente il suo bambino, e chi va sottole armi, come tutti gli altri, per quanto maledica grandemente l'odio tra i popoli, chi corre inchiesa con una femminuccia perché lei ha una parentela di gente devota, e fa la sua promessadavanti a un prete, senza vergognarsi.(Nietzsche, Umano, troppo umano)

Quando in un mattino di domenica sentiamo rimbombare le vecchie campane, ci chiediamo: èpossibile una giustizia che accetta l'innocente come vittima vicaria?; comandare ai propri idiscepoli di bere il proprio sangue?; pregare per interventi miracolosi?; peccare contro un Dioche espia i peccati? (Nietzsche, Umano, tropo umano)

Non è che la mia libertà si limita a poter scegliere il colore delle mutande?

IO, DOVE SONO IO ? LE VICISSITUDINI DELL’ANIMA - SOCRATE

Abitare una casa vuotaCallicle: dammi retta, smetti il tuo sottile ragionar confutando segui la più bella via della vitaoperosa, occupati di ciò che potrà darti fama lascia ad altri codeste eleganze, che forse vannochiamate vaneggiamenti o sciocchezze, e che ti « porteranno ad abitare in una casa vuota »;(Platone Gorgia, 486)

o con un parente molto stretto?. . . allora mi sento violentemente ingiuriato da quell'uomo che sembra lì pronto a confutarmi.Egli, per l'appunto, è un mio stretto parente e abita con me, e ogni volta che torno a casa e miascolta ripetere queste cose, mi chiede se non mi vergogno di avere io l'ardire di parlare sullebelle occupazioni, proprio io che così chiaramente offro prova di non sapere in che consista ilbello. (Platone, Ippia Maggiore, 304 e)

Dialoghi, scrittori e pittoril'anima, quando pensa, io non la vedo sotto altro aspetto che di persona la quale conversi con semedesima, interrogando e rispondendo, affermando e negando. (Platone, Teeteto, 189,e)La memoria, che opera in coincidenza colle sensazioni, e quelle affezioni che si verificano intale processo paiono a me in tale occasione quasi scrivere nelle nostre anime dei discorsi; . . . intali circostanze v'è nelle nostre anime anche un altro artefice. Un pittore, il quale dopo loscrivano disegna nell'anima rappresentazioni delle cose dette. Quando qualcuno avendoallontanato dalla vista o da qualche altro senso gli oggetti delle opinioni e dei discorsi di allora,in se stesso contempla in qualche modo le rappresentazioni di ciò che fu opinato e detto.(Platone, Filebo, 39-40)

Demoni che ti trattengonoEd è come una voce che io ho in me fino da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire,sempre mi dissuade da cosa che io sia per fare, e non mai ad alcuna mi persuade. (Platone,Apologia di Socrate, XIX)

E solo di fronte a quest'uomo io ho provato, cosa che nessuno sospetterebbe in me, la vergognadi fronte a qualcuno. Ma io di lui solo provo vergogna, perché riconosco in me stesso che nonsono capace di controbattere che ciò che lui pretende non si debba fare: ma, appena mi allontanoda lui, sono vinto dall'ambizione di onori pubblici. Lo tradisco come schiavo fuggitivo e loabbandono, e quando lo vedo, mi assale la vergogna per le cose che mi ha fatto riconoscere ...(Platone, Simposio)

IO, DOVE SONO IO ? LE VICISSITUDINI DELL’ANIMA - PLATONE

Si può non essere certi se Socrate ritenesse che l'ignoranza è la causa del male, e che la virtùpuò essere insegnata; sappiamo però sicuramente che Platone riteneva pii saggio ricorrere alleminacce. (H. Arendt, La vita della mente, 275)

Dalle anime in dialogo alle anime minacciateChi, punito dagli dèi o dagli uomini, trae un vantaggio dalla pena, è chi abbia commesso colperiparabili; tale vantaggio, comunque, lo trovano solo in quanto passino attraverso sofferenze edolori, in questo mondo e nell'Ade non altrimenti potremmo liberarci dall'ingiustizia. . . . poiche per le sue colpe lo vedono condannato a patire in eterno le maggiori, le più dolorose, le piùatroci pene, veri e propri esempi sospesi là nel carcere dell'Ade, spettacolo e monito ai colpevoliche, via via, in continuazione, arrivano laggiù. . .Talvolta, invece, vedendo un'anima santamente vissuta, consacratasi per tutta la vita alla verità,sia essa l'anima di un privato o di chi sia, ma in particolare, io dico, Callicle, quella di unfilosofo, tutta tesa a compiere il proprio dovere senza preoccuparsi d'infinite altre faccende nonsue, Radamanto l'ammira e quell'anima avvia verso le Isole dei beati. . .questo racconto mi ha profondamente persuaso, e guardo di fare in modo di potere un giornomostrare al giudice quanto più sana è possibile l'anima mia. (Platone, Gorgia,524-26)

IO, DOVE SONO IO ? LE VICISSITUDINI DELL’ANIMA - AGOSTINO

Nel mezzo di quella rissa violenta che avevo ingaggiato nella mia casa interioreMa tu, Signore, mi torcevi su me stesso, mi strappavi da dietro le mie spalle, dove m'erorifugiato per non guardarmi in faccia, . .nel mezzo di quella rissa violenta che nella mia casa interiore avevo ingaggiato con l'anima quinella stanza più segreta, il cuore, con la faccia e la mente sconvolte, che cosa non dissi contro dime? . . .Le restava un tremito silenzioso, il terrore che aveva - come si teme la morte - d'essere sottrattaal corso dell‘abitudine che la consumava a morte. (Agostino, Confessioni, cap .IX)

Lo afferrai e lo apersi e in silenzio lessi il primo passo sul quale mi caddero gli occhi: “Non piùbagordi e gozzoviglie, letti e lascivie, contese e invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo enon fate caso alla carne e ai suoi desideri”. Non volli leggere oltre e neppure occorreva. Con leparole finali di questa proposizione una luce come fatta di calma mi fu distillata in cuore e necacciò quel buio folto di incertezze. (Agostino, Confessioni, cap. IX)

Ma l'infelice ragazzo che ero, infelice già sulla soglia della giovinezza, te l'aveva pur chiesta lacastità. Sì: "Dammi la castità e la continenza, ma non subito", dicevo. Avevo paura che tu miesaudissi troppo presto, e troppo presto mi guarissi dal male del desiderio, che preferivo vederesoddisfatto piuttosto che estinto. (Agostino, Confessioni, cap. IX)

Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e iofuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e nonero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Michiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità;diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, earsi di desiderio della tua pace. . (Agostino, Confessioni, cap. X)

Negli antri, nelle caverne incalcolabili della memoria là incontro me stesso e dioTutte queste cose la memoria accoglie nella sua vasta caverna, nelle sue, come dire, pieghesegrete e ineffabili, per richiamarle e rivederle all'occorrenza. . .Là incontro anche me stesso e mi ricordo negli atti che ho compiuto, nel tempo e nel luogo incui li ho compiuti, nei sentimenti che ebbi compiendoli.In realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che sono. Ciò mi riempie di gran meraviglia, losbigottimento mi afferra. (Agositno, Confessione cap. X)

IO, DOVE SONO IO ? LE VICISSITUDINI DELL’ANIMA - MONTAIGNE

Un retrobottega tutta nostraBisogna riservarsi una retrobottega tutta nostra, del tutto indipendente, nella quale stabilire lanostra vera libertà, il nostro principale ritiro e la nostra solitudine. Non basta l'essersi allontanatidalla gente; non basta cambiar luogo, bisogna allontanarsi dalle inclinazioni comuni cheesistono in noi; bisogna sequestrarsi e isolarsi da se stessi.(Montaigne, Saggi)

Il dialogo interiore: la narrazione di sé, il “saggiarsiGli altri formano l'uomo; io lo descrivo, e ne presento un esemplare assai mal formato . . .Descrivo il passaggio: . . . di minuto in minuto.Se la mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei: essa è sempre in tirocinio ein prova. (Montaigne, Saggi)

Un retrobottega tutta nostra nella quale uscire fuori dai cardini della consuetudineMa il principale effetto della sua potenza (l’abitudine) è che essa ci afferra e ci stringe in modoche a malapena possiamo riaverci dalla sua stretta e rientrare in noi stessi per discorrere eragionare dei suoi comandi . . .Per cui accade che quello che è fuori dei cardini della consuetudine, lo si giudica fuori deicardini della ragione (Montaigne, Saggi)

Un’anima per farci compagniadobbiamo trattenerci abitualmente con noi stessi; ivi discorrere e ridereNoi abbiamo un'anima capace di ripiegarsi in se stessa; essa può farsi compagnia; ha i mezzi perassalire e per difendere, per ricevere e per donare; non dobbiamo temere di marcire d'ozionoioso in questa solitudine.mi pento raramente e che la mia coscienza è contenta di sé, non come della coscienza d'unangelo o d'un cavallo, ma come della coscienza d'un uomo (Montaigne, Saggi)

IO, DOVE SONO IO ? LE VICISSITUDINI DELL’ANIMA

il luogo della vita interiore: l’anima

L’immortalità dell’anima – i premi e i castighi dell’al di là

Agostinod’Ippona

Socrate

Platone

Montaigne

Lo scopritore della vita interiore

la modalità della vita interiore: il dialogo con se stessi

L’interiorità come il luogo d’incontro con Dio

l’anima come identità personale (memoria) incompiuta

la modalità della vita interiore: il dialogo con Dio, il conflitto con se stessi

lo scopo della vita interiore: : rapporto con Diomessa in discussione se stessiconfessione propri peccati amore per Dio

l’anima come costruzione di sé sempre in corso

L’interiorità come il luogo d’incontro con se stessila modalità della vita interiore: la narrazione di sé, il saggiarsi,

l’essere contenti di sè

lo scopo della vita interiore: la messa in discussione di se stessi

uscire dai cardini della tradizione

lo scopo della vita interiore: la messa discussione di noi stessi, la scelta

I MODELLI SOCRATE E AGOSTINO DALLO PSICOANALISTA

La funzione che più tardi assume il Super-io viene dapprima svolta da un potere esterno,dall'autorità dei genitori. I genitori esercitano il loro influsso e governano il bambino mediantela concessione di prove d'amore e la minaccia di castighi, i quali ultimi dimostrano al bambinola perdita d'amore e di per se stessi sono quindi temuti.

Il Super-io, che in tal modo assume il potere, la funzione e persino i metodi dell'istanzaparentale, non ne è però soltanto il successore legale, ma realmente il legittimo erede naturale.Esso ne deriva direttamente . . .Il Super-io sembra aver preso, con una scelta unilaterale, solo il rigore e la severità dei genitori,la loro funzione proibitrice e punitiva, mentre la loro sollecitudine e il loro amore non vengonoripresi e continuati. (Freud, Introduzione alla psicoanalisi)

Il Super-io impone all'Io inerme, che è in sua balìa, i più severi criteri morali; è in generale ilsostenitore delle esigenze della moralità; e improvvisamente ci rendiamo conto che il nostrosenso morale di colpa è l'espressione della tensione fra l'Io e il Super-io. E un'esperienza assaicuriosa vedere la moralità, che si presume ci sia stata conferita da Dio e sia radicata in noi tantoprofondamente, manifestarsi come un fenomeno periodico. [...] Anche se la coscienza èqualcosa «in noi», non lo è fin dall'inizio. (Freud, Introduzione alla psicoanalisi)

Il povero Io serve tre padroni, severi, e si dà da fare per mettere d'accordo le loro esigenzepiene di pretese.I tre tiranni sono: il mondo esterno, il Super-io e l'Es. L’Io viene osservato passo per passo dalsevero Super-io, che esige determinate norme di comportamento, senza tener conto delledifficoltà provenienti dall'Es e dal mondo esterno, e lo punisce, in caso di inadempienza, con isentimenti spasmodici dell'inferiorità e del senso di colpa. Spinto così dall'Es, stretto dal Super-io, respinto dalla realtà, l'Io lotta per venire a capo del suo compito economico di stabilirel'armonia tra le forze e gli influssi che agiscono in lui e su di lui . (Freud, Introduzione allapsicoanalisi)

E per quanto alzano gli occhi per rivoltarsi (= rivolgersi ) a quel gran Dio che lo accese (= cheaccese il fuoco dell'inferno), veggono ch'egli, ... lo dovrò dire? Veggono ch'egli, divenuto peressi (secondo il loro sentimento) un Nerone, non per ingiustizia, ma per severità, non solo nonvuole, o consolarli, o soccorrerli, o compatirli, ma di più ancora applaude battendo le mani econ un diletto incredibile se ne ride. Pensate dunque in quali smanie debbono essi prorompere, ein quali furori! Noi bruciamo, e Dio ride?...” (Paolo Segneri , Opere del Padre Paolo Segneri)

Il contenuto della nostra coscienza è tutto ciò che negli anni dell’infanzia ci fu regolarmenterichiesto senza motivo da parte di persone che veneravamo o temevamo. Dalla coscienza vienedunque suscitato quel sentimento della necessità (<questo devo farlo, questo no>), che nondomanda: perché devo? – In tutti i casi in cui una cosa viene fatta con <giacché> e <perché>,l’uomo agisce senza coscienza; ma non per questo contro di essa. – La credenza nell’autorità èla fonte della coscienza: questa non è dunque la voce di Dio nel petto dell’uomo, bensì la vocedi alcuni uomini nell’uomo. (Nietzsche, Umano, troppo umano)

MODELLI DI RELAZIONE CON SE STESSI

Voglio ricordare le turpitudini del mio passato e la corruzione carnale della mia vita; non giàche le ami, ma per amar Te, o mio Dio. Per amor del tuo amore mi accingo a rievocare il miocammino nelle vie del peccato, ricordo pieno di amarezza, affinché. (Agostino, Confessioni, II)

Grande è questa potenza della memoria, troppo grande, Dio mio, un santuario vasto, infinito.Chi giunse mai al suo fondo? . . . In realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che sono.Dunque lo spirito sarebbe troppo angusto per comprendere se stesso? E dove sarebbe quanto dise stesso non comprende? Fuori di se stesso anziché in se stesso? No. Come mai allora non locomprende? Ciò mi riempie di gran meraviglia, lo sbigottimento mi afferra. Eppure gli uominivanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime deifiumi, la circonferenza dell'Oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi. (Agostino,Confessioni, X)

Tu mi colmi della tua dolcezza, dolcezza non fallace, dolcezza felice e sicura: raccogliendomidal disgregamento subìto di tutto me stesso, quando allontanandomi da Te, che sei unità,vaneggiai nella molteplicità delle cose. Durante la mia adolescenza bruciai di passione perpiaceri bassi, osai inselvatichirmi in amori svariati e tenebrosi; la mia bellezza ne fu inquinata, eper la brama di piacere a me stesso e agli occhi degli uomini diventai putredine agli occhi tuoi.(Agostino, Confessioni, X)

Giustifichiamo qui ciò che dico spesso, che mi pento raramente e che la mia coscienza ècontenta di sé, non come della coscienza d'un angelo o d'un cavallo, ma come della coscienzad'un uomo, aggiungendo sempre questo ritornello, non un ritornello di convenienza, ma disemplice ed essenziale sottomissione : che parlo da curioso e da ignorante, riferendomi perdecidere, puramente e semplicemente, alle credenze comuni e legittime. Non insegno, racconto.. . .Quello che vede frequentemente non lo meraviglia, anche se ne ignora la causa. Ma se accadequalcosa che non ha mai visto prima, pensa che sia un prodigio. Chiamiamo contro naturaquello che avviene contro la consuetudine. Niente esiste se non secondo lei, qualunque cosa sia.Che questa ragione universale e naturale cacci da noi l’errore e lo stupore che ci arreca la novità.(Montaigne, Saggi)

Questo problema del "valore” . . . appare dapprima come un fenomeno isolato, un puntointerrogativo a sé, ma chi vi si sofferma, e "impara", a questo punto, a domandare, vedrà,come è capitato a me, spalancarglisi davanti un orizzonte nuovo e sconfinato, una possibilitàsimile a una vertigine lo scuoterà, ogni tipo di diffidenza, di sospetto, di terrore balzeràfuori, la fede nella morale, in ogni morale vacillerà - e alla fine si farà strada una nuovaesigenza. Diamole voce a questa "nuova" esigenza: abbiamo bisogno di una "critica" dei valorimorali, "di porre in questione finalmente proprio il valore di questi valori” (Nietzsche,Genealogia della morale, Prefazione, 6)

per giungere a quella matura libertà dello spirito che è dominio di sé e disciplina del cuore einsieme la via per molti e opposti modi di pensare — a quella interiore amplitudine eincontentabilità che deriva dall'eccessiva ricchezza . . , sino a quella sovrabbondanza di forzeplasmatrici, risanatrici, ricostitutrici che è appunto il segno della grande salute, sovrabbondanzache conferisce allo spirito libero il pericoloso privilegio di poter vivere dell'esperimento e dipotersi dare all'avventura: il privilegio dello spirito libero che si fa maestro! (Nietzsche, Umano,troppo umano, pr)

Ma ciò che mi è sempre stato estremamente necessario, per curarmi e ristabilirmi, era credere dinon essere solo a tal punto, di non vedere da solo — un incantevole sospetto di affinità e diuguaglianza nel vedere e nel desiderare, un acquietarmi nella fiducia di un'amicizia, una cecità adue senza sospetti e punti interrogativi, un godere dei primi piani, delle superfici, di quanto è

vicino, vicinissimo, di tutto ciò che ha colore, pelle e appariscenza. (Nietzsche, Umano, troppoumano, 1/pr)

Noi spiriti liberi viviamo sulla terra isolati e sparsi qua e là - ciò non si può cambiare; siamopochi, e questo è giusto. Fa parte del nostro orgoglio pensare che il nostro tipo è raro e strano; enon ci accalchiamo gli uni addosso agli altri, forse neanche <ci struggiamo> per stare gli unicon gli altri. . Certo, se una volta ci incontriamo, come oggi, allora si fa festa! ( F. Nietzsche“La gaia scienza” )

E proprio in questo contesto, accade che “il fine della vita, anzichè essere quello di godere e fargodere il nostro stare al mondo, a titolo di liberi soggetti-oggetti libidici, è storicamentedivenuto il lavoro e la fatica, che gli individui hanno finito per accettare come qualcosa di"naturale",o come la "giusta" punizione per qualche colpa ommessa, "introiettando" in tal modola repressione, secondo il principio della cosiddetta "autorepressione dell'individuo represso".»(Marcuse , Eros e Civiltà)