(eBook - ITA - ARCHEOLOGIA Brogiolo, GianPietro - Le Chiese Tra VII e VIII Sec in Italia Sett (PDF)

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I primi sette seminari su “tardo antico e alto medioevo in Italia settentrionale” hanno trattato temi variegati: dalle fortificazioni, alle campagne, all’edilizia, ai territori di frontiera, alle ceramiche, alle sepolture. Su argomenti complementari sono stati incentrati i due convegni archeologici gardesani, dedi- cati rispettivamente alla fine delle ville e alle fortificazioni dell’arco alpino. Temi senza dubbio eterogenei, ma che hanno consentito di iniziare la composizione del puzzle delle nostre conoscenze sull’altomedioevo in Italia settentrionale. La possibilità di scambiare dati inediti da scavi recenti e il coinvolgimento di quanti operano nelle Soprintendenze hanno costituito un elemento di forza di questi appuntamenti. L’ottavo seminario, che ha come titolo “luoghi di culto rurali tra VII e VIII secolo”, inaugura una serie di incontri dedicata alle chiese, riprendendo alcuni aspetti marginalmente affrontati nell’incontro sulle sepolture. Numerosi sono i motivi che mi hanno indotto a scegliere questo tema. Innanzi tutto la volontà di ribadire l’importanza dell’indagine archeologica nel corso del restauro delle chiese. Non in tutte le regioni questa sensibilità può dirsi acquisita; vi sono ancora casi nei quali i parro- ci fanno entrare le ruspe distruggendo ogni traccia delle preesistenze archeologiche. Al di là di questa considerazione che potremmo definire di opportunità, ve ne sono altre di esclusivo ordine scientifico. Le chiese costituiscono il parametro archeologico meglio identificabile e più diffuso a partire dal V secolo. Chi studia il Medioevo non può dunque prescindere dal considerarle come una delle fonti princi- pali, non soltanto sull’evoluzione delle tipologie edilizie e delle tecniche costruttive, ma soprattutto sulle trasformazioni dell’insediamento, della cultura e dell’ideologia dei gruppi sociali che hanno trovato in esse un modo di rappresentare il proprio rango sociale. Occorre dunque riprenderne lo studio con nuovi obiettivi, superando da un lato il taglio cronologico “paleocristiano” limitato alle fasi più antiche della cristianizzazione, dall’altro l’approccio prevalente- mente storico artistico, circoscritto agli aspetti formali, dalle tipologie edilizie all’apparato liturgico. Acquisite informazioni sulle strutture insediative (città, castelli, villaggi) è dunque tempo di inserire in questi contesti anche le chiese, espressione di una società altomedievale in transizione, inizialmente assai composita sul piano sociale, etnico e religioso, ma che ritrovò, nella prima metà dell’VIII secolo, un’identità culturale ed ideologica destinata a caratterizzare l’intero medioevo. I seminari, nei quali rientra anche questo appuntamento di Garda, hanno abitualmente come arco cro- nologico il tardo antico e l’alto Medioevo, mentre in questa occasione è limitato al VII e VIII secolo, un seg- mento che possiamo considerare centrale rispetto al periodo solitamente considerato. La scelta nasce dal fatto che l’argomento “Luoghi di culto tra tardo antico e alto Medioevo” è troppo vasto per poter essere adeguatamente discusso in un solo incontro. Ne sono perciò stati progettati tre: oltre a questo, ne sono previsti un secondo sui luoghi di culto delle origini (V-VI sec.) e un terzo incentra- to sul periodo che va dai Carolingi agli Ottoni (IX-X secolo). Per analoghi motivi, si è ritenuto opportuno limitare il campo d’indagine alle campagne. Per le città vi sono problemi specifici che derivano dalla presenza delle sedi episcopali e delle grandi basiliche fune- rarie suburbane. Problemi che meritano una trattazione a parte, senza peraltro dimenticare i legami tra città e territorio, sia come rapporti gerarchici tra vescovo e presbiteri operanti nelle campagne, sia come trasmissione di idee e di cultura architettonica e storico artistica. Abbiamo deciso di iniziare con il VII-VIII secolo, poiché ci è parso assai attuale, in questa fase della ricerca archeologica e storica, dopo i due convegni, in cui si è trattato diffusamente di sepolture spesso legate alle chiese, di Gardone Riviera e di Ascoli Piceno e in contemporanea con il lavoro storico che è alla base della grande mostra, aperta a Brescia dal 18 giugno al dicembre 2000, che ha avuto come tema il contributo longobardo (nell’VIII sec.) alla costruzione dell’Europa carolingia. PRESENTAZIONE Gian Pietro Brogiolo Gian Pietro Brogiolo 7

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I primi sette seminari su “tardo antico e alto medioevo in Italia settentrionale” hanno trattato temivariegati: dalle fortificazioni, alle campagne, all’edilizia, ai territori di frontiera, alle ceramiche, allesepolture. Su argomenti complementari sono stati incentrati i due convegni archeologici gardesani, dedi-cati rispettivamente alla fine delle ville e alle fortificazioni dell’arco alpino.

Temi senza dubbio eterogenei, ma che hanno consentito di iniziare la composizione del puzzle dellenostre conoscenze sull’altomedioevo in Italia settentrionale. La possibilità di scambiare dati inediti dascavi recenti e il coinvolgimento di quanti operano nelle Soprintendenze hanno costituito un elemento diforza di questi appuntamenti.

L’ottavo seminario, che ha come titolo “luoghi di culto rurali tra VII e VIII secolo”, inaugura una seriedi incontri dedicata alle chiese, riprendendo alcuni aspetti marginalmente affrontati nell’incontro sullesepolture. Numerosi sono i motivi che mi hanno indotto a scegliere questo tema.

Innanzi tutto la volontà di ribadire l’importanza dell’indagine archeologica nel corso del restauro dellechiese. Non in tutte le regioni questa sensibilità può dirsi acquisita; vi sono ancora casi nei quali i parro-ci fanno entrare le ruspe distruggendo ogni traccia delle preesistenze archeologiche.

Al di là di questa considerazione che potremmo definire di opportunità, ve ne sono altre di esclusivoordine scientifico.

Le chiese costituiscono il parametro archeologico meglio identificabile e più diffuso a partire dal Vsecolo. Chi studia il Medioevo non può dunque prescindere dal considerarle come una delle fonti princi-pali, non soltanto sull’evoluzione delle tipologie edilizie e delle tecniche costruttive, ma soprattutto sulletrasformazioni dell’insediamento, della cultura e dell’ideologia dei gruppi sociali che hanno trovato inesse un modo di rappresentare il proprio rango sociale.

Occorre dunque riprenderne lo studio con nuovi obiettivi, superando da un lato il taglio cronologico“paleocristiano” limitato alle fasi più antiche della cristianizzazione, dall’altro l’approccio prevalente-mente storico artistico, circoscritto agli aspetti formali, dalle tipologie edilizie all’apparato liturgico.

Acquisite informazioni sulle strutture insediative (città, castelli, villaggi) è dunque tempo di inserirein questi contesti anche le chiese, espressione di una società altomedievale in transizione, inizialmenteassai composita sul piano sociale, etnico e religioso, ma che ritrovò, nella prima metà dell’VIII secolo,un’identità culturale ed ideologica destinata a caratterizzare l’intero medioevo.

I seminari, nei quali rientra anche questo appuntamento di Garda, hanno abitualmente come arco cro-nologico il tardo antico e l’alto Medioevo, mentre in questa occasione è limitato al VII e VIII secolo, un seg-mento che possiamo considerare centrale rispetto al periodo solitamente considerato.

La scelta nasce dal fatto che l’argomento “Luoghi di culto tra tardo antico e alto Medioevo” è troppovasto per poter essere adeguatamente discusso in un solo incontro. Ne sono perciò stati progettati tre:oltre a questo, ne sono previsti un secondo sui luoghi di culto delle origini (V-VI sec.) e un terzo incentra-to sul periodo che va dai Carolingi agli Ottoni (IX-X secolo).

Per analoghi motivi, si è ritenuto opportuno limitare il campo d’indagine alle campagne. Per le cittàvi sono problemi specifici che derivano dalla presenza delle sedi episcopali e delle grandi basiliche fune-rarie suburbane. Problemi che meritano una trattazione a parte, senza peraltro dimenticare i legami tracittà e territorio, sia come rapporti gerarchici tra vescovo e presbiteri operanti nelle campagne, sia cometrasmissione di idee e di cultura architettonica e storico artistica.

Abbiamo deciso di iniziare con il VII-VIII secolo, poiché ci è parso assai attuale, in questa fase dellaricerca archeologica e storica, dopo i due convegni, in cui si è trattato diffusamente di sepolture spessolegate alle chiese, di Gardone Riviera e di Ascoli Piceno e in contemporanea con il lavoro storico che è allabase della grande mostra, aperta a Brescia dal 18 giugno al dicembre 2000, che ha avuto come tema ilcontributo longobardo (nell’VIII sec.) alla costruzione dell’Europa carolingia.

PRESENTAZIONE

Gian Pietro Brogiolo

Gian Pietro Brogiolo 7

Nel programma erano previste relazioni per sei regioni dell’Italia settentrionale: Piemonte, Lombar-dia, Trentino, Alto Adige, Veneto, Friuli. Nel volume che ora vede la luce è mancato all’appello il Veneto.La lacuna è peraltro compensata da un intervento di Hans Rudolf Sennhauser che con la sua splendidarelazione sulla Svizzera ha fatto emergere la grande potenzialità dello studio delle chiese ai fini di unaricostruzione storica generale.

La scelta di Garda, come sede del primo seminario, non dipende solo dall’ospitalità offerta dall’ammi-nistrazione comunale, per la quale dobbiamo ringraziare l’assessore alla cultura prof. Fabio Gaggia, masoprattutto perché è al centro di un progetto di ricerca avviato nel 1998 sul territorio dei comuni di Garda,Bardolino e Costermano, territorio adiacente alla Rocca di Garda, fortificazione di V secolo che ebbe note-vole importanza nello scacchiere politico e militare a nord di Verona per tutto l’altomedioevo.

A differenza di progetti, quali quelli su Monte Barro e Monselice, che avevano avuto come tema cen-trale lo studio di una fortificazione, al centro di questa ricerca vi sono le trasformazioni del territorio e laprincipale testimonianza archeologica è costituita proprio dalle chiese. In seguito alle cospicue donazio-ni di beni fiscali, da parte dei re longobardi e degli imperatori, si insediarono in questa zona monasteridel calibro di S. Salvatore di Brescia, S. Colombano di Bobbio, S. Zeno di Verona, il capitolo della catte-drale di Verona. Tutti questi enti ecclesiastici edificarono, sulle loro proprietà; luoghi di culto, che siaggiunsero alle preesistenti chiese paleocristiane con cura d’anime e agli oratori privati fondati da pro-prietari terrieri.

Di molti di questi edifici esistono cospicue testimonianze, con una concentrazione che ha pochi con-fronti in altre regioni italiane.

Sulla sommità della Rocca è in corso di scavo una chiesa con sepolture da cui proviene una fibula gotaa disco con teste d’aquila. Attorno alla Rocca sopravvivono in alzato la chiesa di S. Zeno e parte di quelladi S. Vito di Bardolino. Vecchi scavi hanno messo in luce fasi altomedievali anche nelle chiese di S. Seve-ro e di S. Maria di Cisano, sempre in comune di Bardolino. Frammenti di arredo liturgico di VIII-IX seco-lo provengono, oltre che da queste chiese, anche dalla Pieve di Garda.

Di altre piccoli edifici che sorgono, in aperta campagna, al di sopra di ville romane, solo lo scavo ci potràconfermare l’ipotesi che rientrino nel modello degli oratori funerari privati eretti dai proprietari del fondo.Per il 2001 è previsto lo scavo della chiesa di S. Croce, su insediamento romano al confine tra Bardolino eCavaion veronese.

Il territorio di Garda si propone dunque come banco di prova archeologica per molti dei temi affron-tati in questa sede. Il punto di riferimento, teorico e metodologico di questa ricerca, sono i risultati otte-nuti in area merovingia, che offrono uno stimolo per un rinnovamento delle ricerche, che mi auguro trovitaluni spunti di riflessione anche negli atti che ora vedono la luce.

(Gian Pietro Brogiolo)

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E8

La riflessione storiografica sulle chiese rurali e,soprattutto, sulle pievi e sulle parrocchie si è sof-fermata nell’ultima ventina d’anni, con dovizia diricerche e di risultati, in misura preponderante -senon esclusiva- sull’età bassomedievale, evidente-mente favorita da una ben più ricca base docu-mentaria, dalla quale poter ricavare informazioni.Non è questo il luogo per ricostruire bibliografie ,anche solo sommarie, in merito, ma vale la penasottolineare come -accanto alle molte monografiedi singoli studiosi e al proliferare di studi locali- sicollochino anche importanti lavori collettivi e occa-sioni di bilancio storiografico, dagli Atti del VIConvegno di Storia della Chiesa in Italia tenutosia Firenze nel 1981 (Pievi e parrocchie in Italia nelbasso medioevo. Secoli XIII-XV, Roma 1984), allapiù recente miscellanea curata da Agostino Para-vicini Bagliani e Véronique Pasche, La parrocchianel medio evo. Economia, scambi, solidarietà(Roma 1995)1. In simili ricerche gli squarci sullasituazione altomedievale restano, tuttavia, inevi-tabilmente limitati a quei pochi cenni che risulta-no di volta in volta funzionali quale premessa deglisviluppi posteriori.

Il termine di riferimento per gli studi sull’orga-nizzazione ecclesiastica delle campagne italianenell’altomedioevo -e sui rapporti tra chiese e popo-lazioni rurali alla luce delle fonti scritte- è atutt’oggi da rintracciare negli Atti della XXVIIIsettimana di studio del Centro italiano di studisull’alto medioevo di Spoleto, risalenti al 1982 (ilconvegno si era svolto nel 1980), quindi, ormai, auna ventina di anni fa. In quella sede trovano spa-zio, in particolare, due contributi che ci pare rap-presentino ancora le proposte d’interpretazione edi bilancio storiografico più ampie e valide e dalle

quali appare necessario prendere le mosse perogni ulteriore riflessione sul tema. Si tratta deiben noti saggi di Aldo Settia (Pievi e cappelle nelladinamica del popolamento rurale) e di Cinzio Vio-lante (Le strutture organizzative della cura d’ani -me nelle campagne dell’Italia centro-settentriona -le. Secoli V- X)2. Va ricordato come in anni imme-diatamente precedenti si fossero prodotti anche glistudi di Andrea Castagnetti (La pieve rurale nell’I -talia padana, del 1976, e L’organizzazione del ter -ritorio rurale nel Medioevo , del 1979)3; mentredopo il 1980/1982, un’indagine specifica sul tema“Plebs” e “populus” in ambito rurale nell’Italiaaltomedievale si ritrova nel saggio, che porta que-sto titolo, di Luigi Pellegrini, apparso nella miscel-lanea Società, istituzioni, spiritualità. Studi inonore di Cinzio Vi o l a n t e, pubblicata nel 19944.I n fine, un utile termine di confronto e di verific aper la situazione dell’Italia settentrionale longo-barda -oggetto specifico di questo intervento- sipuò rintracciare nell’analisi sul meridione longo-bardo condotta da Giovanni Vitolo e presentata inun contributo recente (L’organizzazione della curad’anime nell’Italia meridionale longobarda, rela-zione a un convegno beneventano del 1992, pubbli-cata negli Atti dello stesso, nel 1996)5.

Questi sembrano essere gli interlocutori princi-pali con i quali dialogare circa l’argomento qui pro-posto. Il vastissimo saggio di Violante del 1982, inparticolare, nelle quarantacinque pagine dedicate(su un totale di centonovantacinque) all’organizza-zione pievana nei secoli VII-VIII, esaurisce inbuona sostanza l’analisi della scarsa documenta-zione scritta di tale periodo sul tema in oggetto;una documentazione nel complesso ridotta nellaquantità e mal distribuita nei diversi periodi e

CHIESE E ISTITUZIONI RURALI NELLE FONTISCRITTE DI VII E VIII SECOLO: PROBLEMI

STORICI E PROSPETTIVE DI RICERCA

Claudio Azzara

Claudio Azzara 9

1 Rispettivamente, Pievi e parrocchie 1984 e Parrocchia nelmedio evo 1995. Tra gli atti di convegni di pochissimo tempoanteriori si ricordi anche Istituzioni ecclesiastiche 1977. Qualistudi regionali, per l’Italia settentrionale, si rammentino, atitolo puramente indicativo, la miscellanea Pievi nel Ve n e t o1987 e i recenti studi di Apeciti 1994 e soprattutto Curzel 1999.Un bilancio storiografico cui fare sicuro riferimento resta Vasi-na 1984; si veda pure la bibliografia offerta da Mascanzoni1988-89.

2 Settia 1982 (ripubblicato in Settia 1991, pp. 1-45); Vi o l a n t e1982 (ripubblicato in Violante 1986, pp. 105-265). Di quest’ulti-mo autore si vedano anche Violante 1977 (ripubblicato in Vio-lante 1986, pp. 267-447); Violante 1989 e Violante 1990.3 Castagnetti 1976 e Castagnetti 1979.4 Pellegrini 1994.5 Vitolo 1996.

nelle differenti regioni, che pone quindi limiti dif-ficilmente superabili a ogni possibilità di una piùapprofondita conoscenza. La base documentariasu cui Violante esercita la propria critica si riducein sostanza a un numero contenuto di carte delCodice diplomatico longobardo edito dallo Schia-parelli, relative soprattutto all’area toscana, cherappresenta oltretutto una realtà politico-geogra-fica fortemente differenziata rispetto ai territoridel regno posti a nord del Po; gran parte delle valu-tazioni avanzate devono fondarsi, ad esempio, suun solo, pur importante, documento, quello pro-dotto in seno alla nota contesa giurisdizionale peril controllo di alcune pievi occorsa tra il vescovo diSiena e il suo omologo di Arezzo nel 715 (un docu-mento utilizzato, in via pressoché esclusiva, anchedal ricordato saggio di Pellegrini)6.

Insomma, per l’Italia longobarda dei secoliVII e VIII ci si deve accontentare di poche infor-mazioni ricavabili dalle fonti documentarie, chegettano un po’ di luce su ambiti geografici circo-scritti e specifici, lasciandone al buio molti altri.Le carenze documentarie appaiono evidentianche da un confronto con i secoli immediata-mente precedente e successivo. Per la fine del VIsecolo e i primissimi anni del VII, ad esempio,notizie utili provengono sicuramente dal ricchis-simo epistolario di papa Gregorio Magno, larga-mente utilizzato da Violante e da cui trae qualcheargomento sul tema anche lo studio di Vi n c e n z oRecchia su Gregorio Magno e la società agricola,del 19787. Un supplemento di informazione puòforse derivare anche dal meno ampio, ma tutt’al-tro che trascurabile, e sicuramente meno studia-to, epistolario di un precedente pontefice, PelagioI (556-561). Per il IX secolo, invece, oltre allecarte, si possono utilizzare (e sono stati in effettiutilizzati) i cenni -peraltro non molto estesi- pre-senti nei C a p i t o l a r i carolingi, laddove la norma-tiva di Rotari e dei suoi successori longobardi èinvece silenziosa sulla materia. Beninteso, qual-che ulteriore spunto può sempre giungere da unaconsiderazione più estesa delle fonti scritte dialtro genere (narrative, agiografiche) o anche danuove letture dei documenti del Codice diploma -tico longobardo , ma crediamo che da ciò ci sipossa eventualmente attendere solo precisazionitutto sommato complementari o aggiustamentidi prospettiva. Veri progressi nell’analisi degliordinamenti ecclesiastici delle campagne dell’I-

talia longobarda -almeno per quanto riguarda iltema del loro nesso con il popolamento rurale- cisembra possano venire, piuttosto, -come indicavaa suo tempo lo stesso Settia- solo grazie all’elabo-razione del dato archeologico, per quanto esso èin grado di documentare.

La testimonianza delle fonti scritte

Quali, dunque, gli aspetti del problema al cuiriguardo la testimonianza delle fonti scritte hapermesso di fissare qualche specifico elemento diconoscenza ?

Innanzitutto, sulla scorta dei documenti èstata riscontrata una significativa accelerazionedel ritmo della crescita numerica delle chiese rura-li nel VII e, soprattutto, nell’VIII secolo, in conco-mitanza con i mutati orientamenti devozionali epatrimoniali dell’aristocrazia longobarda deltempo8; fino a giungere a una sorta di ‘saturazione’nel corso del secolo IX, durante il quale le nuovefondazioni si fecero assai più rare. A questo propo-sito, e a titolo di esempio, Settia fa notare come nelterritorio diocesano lucchese si contino quaranta-tre nuove chiese nel secolo VIII e solo ventuno nelIX. Anche nel Mezzogiorno longobardo si riscon-tra, secondo Vitolo, una crescita particolarmenteaccentuata delle fondazioni di cappelle e di oratorida parte di potenti laici proprio nella seconda metàdell’VIII secolo9.

La testimonianza di alcuni capitoli di legge deicapitolari italici dei sovrani carolingi -e segnata-mente quelle di due capitolari di Lotario I databilil’uno all’825 e l’altro all’832- conferma il quadro diun progressivo stato di abbandono di numerosie d i fici ecclesiastici in età carolingia, tanto che inquei testi normativi ci si preoccupava di far obbli-go alle popolazioni che gravitavano sulla chiesa inoggetto di provvedere alla sua manutenzione erestauro, anche con l’intervento coercitivo dei fun-zionari pubblici del luogo, se ne era il caso10. Moltecappelle private appaiono a questa data in abban-dono perché la frammentazione derivante dall’ec-cessiva moltiplicazione delle fondazioni facevaprecipitare i redditi di queste, rendendole non piùvantaggiose per le famiglie che ne detenevano ilcontrollo.

Il motivo della proliferazione degli edifici reli-giosi fra VII e VIII secolo è stato individuato dallostesso Settia non tanto nelle esigenze cultuali

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E10

6 Il documento è edito in C D L, n. 19, pp. 61-77. Per un com-mento dello stesso, si vedano almeno Castagnetti 1979, pp. 29-43, e, con riferimento alla peculiare valenza della lite in rap-porto alla definizione del confine diocesano, Gasparri 1995, pp.14-15. Da notare che talecontroversia si trascinò addiritturafino al 1220. Circa la specificità della Tu s c i a nel contesto delregno longobardo, si veda quanto delineato da Gasparri 1990.7 Recchia 1978 (di cui si vedano soprattutto, sul tema che quiinteressa, le pp. 21-24).

8 Sulle trasformazioni, culturali e sociali, delle élites longobar-de, e sulla testimonianza che al riguardo possono offrire le fontimateriali, si veda quanto detto nel contributo di Gian PietroBrogiolo in questo stesso volume.9 Settia 1982, p. 446, e Vitolo 1996, pp. 110-111 e 134.1 0 Rispettivamente, Cap. reg. Franc ., 163, 8 (“praecipimus utsingulae plebes secundum antiquam consuetudinem fiantrestauratae; quod si filii eiusdem ecclesiae eas restaurarenoluerint, a ministris rei publicae distringantur...”); 202, 10.

immediate della popolazione residente in undeterminato luogo, quanto piuttosto nella liberacombinazione di una molteplicità di fattori, tra iquali appare ai suoi occhi prevalente la volontàdegli individui di maggior ricchezza e prestigiosociale di erigere edifici sacri sulle terre di pro-prietà, indipendentemente dalla presenza sulposto di una comunità abbastanza ampia di poten-ziali fedeli; e questo sia per esigenze di devozioneindividuale sia per motivi di ostentazione di statuse di attrazione di patrimoni. Se le cose stanno dav-vero così -come appare del tutto condivisibile- èevidente che la distribuzione delle chiese innalza-te da privati non può configurare da sola alcunasorta di mappa dell’insediamento delle collettivitàrurali11.

La determinazione della consistenza demica, edella struttura sociale, della popolazione che gra-vitava su una specifica chiesa rurale non è agevo-lata nemmeno da un indicatore di natura archeo-logica quale la presenza presso un dato edificioreligioso di un cimitero. In Italia, solo dal secolo IXil diritto di sepoltura venne riservato alle chiesebattesimali; in precedenza, si seppelliva anche inaperta campagna o presso chiese private. Puredopo il IX secolo i membri delle famiglie agiatecontinuarono a essere sepolti in cappelle private opresso monasteri e abbazie, per lasciare i cimiteridelle pievi ai ceti inferiori, confermando così inqualche misura la tradizionale immagine dellapieve quale ‘chiesa dei poveri’, di fronte alla cap-pella privata ‘chiesa dei ricchi’12.

Il moltiplicarsi delle nuove fondazioni ecclesia-stiche rurali nell’Italia longobarda, che si svolsein parallelo con la progressiva cattolicizzazionedella gens Langobardorum , avrebbe -con riferi-mento specifico alle chiese battesimali- favorito ilgraduale precisarsi del territorio pertinente a cia-scuna pieve, disegnando una nuova geografia cir-coscrizionale, dopo i dissesti prodotti in granparte della penisola dalla lunghissima guerragoto-bizantina e della prima invasione longobar-da. È proprio tra la fine del VII secolo e il principiodell’VIII che comincia a comparire nei b r e v i ai n q u i s i t i o n i s e negli atti privati il termine p l e b snella duplice accezione di “chiesa battesimale” edi “territorio di cura d’anime”. Il vocabolo, d’origi-ne popolare nella sua valenza territoriale (neidocumenti ecclesiastici ufficiali esso compare contale significato solo dal IX secolo, sostituendo i

precedenti p a r o c h i a o d i o c e s i s), si sarebbe diffuso-soprattutto nell’Italia centro-settentrionale- apartire dalla Toscana, secondo quanto ricostruitoda Vi o l a n t e1 3. P l e b s avrebbe dunque, proprio inquesto periodo, preso a indicare uno specifico ter-ritorio, in via di progressiva definizione, partendodall’individuazione, più che di uno spazio geogra-fico, dell’insieme costituito dal popolo di fedeli chefaceva capo a una data chiesa battesimale per leesigenze del culto (così come avvenne anche per lacircoscrizione del vescovo, la diocesi). Il disegno diuna geografia ecclesiastica, con il suo evidentecontributo all’inquadramento delle popolazioninel territorio, sembrerebbe procedere di paripasso con il faticoso precisarsi di circoscrizionipubbliche (c i v i t a t e s, i u d i c a r i a e) nel regno longo-bardo dell’VIII secolo1 4.

I documenti mostrano, tuttavia, come il territo-rio pievano fosse, durante tale periodo, tutt’altroche stabile. È soprattutto lo stesso Violante adapprofondire questo aspetto, ancora una voltasulla base della ‘solita’ documentazione toscana especialmente del già citato documento del 7151 5.La frequente vacanza di molte sedi episcopali erauno dei fattori che comportava l’instabilità delladipendenza diocesana delle varie chiese battesi-mali, nel mentre il proliferare di queste ultimecontribuiva a sua volta ad alterare la rete delle cir-coscrizioni pievane. Del resto, Violante avverteche questa impressione potrebbe anche dipenderedalla concentrazione geografica delle testimonian-ze, relative a una regione dalla forte specificità,quale la Toscana, sollevando quindi dubbi sullavalidità generale del modello (o, meglio, lasciandointendere l’impossibilità di proporre alcun generedi modello).

Resta, insomma, una pluralità di indicazioni -talora con aspetti contraddittori- che risponde pro-babilmente a una pluralità di situazioni concrete.Per un verso, la documentazione, considerata nelsuo complesso, permette di vedere come nel secoloVIII il territorio della chiesa battesimale tendessea consolidarsi e le chiese minori in esso presenti -o r a t o r i a, o r a c u l i, t i t u l i, m o n a s t e r i a- fossero pro-pensi a disciplinarsi nella comune dipendenzadalla chiesa battesimale stessa. Le carte sonoabbastanza ricche di informazioni sui modi in cuierano rette le pievi e gli oratorî e sulle funzioni deivari preti, diaconi, chierici che in queste istituzio-ni operavano. Gli oratorî nell’VIII secolo dimostra-

Claudio Azzara 11

11Una lettura almeno in parte differente sembra venire da Pel-legrini 1994, il quale, nel fenomeno della costruzione di chieserurali, tende a rivalutare invece la “spinta dal basso”, vale adire il contributo fornito dalle vive esigenze religiose dellacomunità stabilita su uno specifico territorio. 12 Settia 1982, pp. 453-460. Sul rapporto fra usi funerari, formedel popolamento e assetti sociali nell’Italia longobarda, si vedaanche La Rocca 1998a, pp. 277-290; La Rocca 1997; La Rocca1998b.1 3 Violante 1982, pp. 1015-1018. La cronologia qui proposta

della fortuna del vocabolo plebs nella sua nuova accezione sug-gerisce una diffusione che dalla Tuscia coinvolge progressiva-mente la Romagna (seconda metà dell’VIII secolo), quindi l’A-bruzzo, l’Umbria, le Marche, l’Emilia e il Veneto occidentale(prima metà del secolo successivo), infine la Lombardia (X seco-lo) e, da ultime, il Piemonte e la Liguria. Per la fortuna di plebsnell’Italia meridionale, si veda Vitolo 1996, pp. 125-126.14 Per quest’ultimo fenomeno, si veda almeno Gasparri 1990,pp. 274-277.15 Violante 1982, pp. 1019-1029.

vano di avere in genere officianti stabili, chedipendevano concretamente dal rettore della chie-sa battesimale nel cui territorio si trovavano. Lefonti scritte illustrano le procedure attraverso lequali venivano compiute la scelta dei sacerdoti (daparte del p o p u l u s per le chiese battesimali, daparte del fondatore per quelle private), la loro con-sacrazione ad opera del vescovo e l’istituzione nelreggimento delle chiese loro affidate e nel possessodei relativi beni; illustrano altresì il vincolo dioboedientia, o salutatio, che li legava al vescovo eche era concretamente espresso dal versamento diun censo16.

Tuttavia, accanto a questi segni di tendenzialiriordino e disciplina, che mostrano lo sforzo di ungraduale affermarsi, lungo il secolo VIII comedetto, del sistema di cura d’anime “per pieve”, vene sono altri che denunciano, all’opposto, il con-temporaneo proliferare in forme disordinate dimolteplici legami di dipendenza giurisdizionale edi derivazione sacramentale e liturgica delle sin-gole chiese, fonti battesimali, oratorî, altari, perfi-no sacerdoti; e ciò a causa del sempre più com-plesso intreccio di rapporti e competenze. Unsacerdote poteva infatti aver ricevuto la consacra-zione da un vescovo diverso da quello nella cuidiocesi si trovava la chiesa che egli reggeva, oppu-re un singolo altare della sua chiesa poteva esserestato consacrato da un presule diverso dal suoordinario diocesano, e via dicendo. Nel secolo VIIIinoltrato, nella Lucchesia studiata da Vi o l a n t e ,laici eminenti fondatori di oratorî tendevano ariservare a sé e ai propri eredi la scelta dei rettoridegli stessi, mentre la documentazione di iniziosecolo sembrava indicare invece un legame menodiretto e solido fra i rettori delle chiese private e ifondatori delle medesime; addirittura, a questadata diverse chiese battesimali correvano ilrischio concreto di essere ‘privatizzate’. Il crescen-te disordine manifestato dalle ripetute distorsioninella riscossione delle decime, dalle prevaricazio-ni da parte di molti vescovi a danno del clero pie-vano, dall’indisciplina dei rettori dei t i t u l i m i n o r i ,dai criteri impropri sovente seguiti nella scelta diquesti ultimi, emerge con maggior chiarezza nelsecolo IX, in reiterate disposizioni di legge diLotario I e di Ludovico II, che presentano un qua-dro evidentemente frutto di processi di più lungop e r i o d o1 7.

È da notare che il carattere contraddittorio deifenomeni in argomento pare verificabile -fattesalve le locali specificità- anche nel meridione,dove a un generale tentativo di disciplinare pernorma sotto la pieve le chiese minori corrispondeinvece in molti documenti un quadro disordinato,

con frequenti casi di sottrazione delle chiese priva-te al controllo episcopale e pievano18.

Chiese e popolamento rurale

Se le grandi linee dello sviluppo istituzionaledelle chiese rurali altomedievali e del loro rappor-to con i diversi soggetti religiosi e laici del territo-rio restano fenomeni noti -come s’è visto- soloattraverso informazioni parziali quando nonambigue; ancor meno indagabile risulta il nesso(cui in parte si è già accennato) tra le chiese e leforme del popolamento, a causa dell’estremapovertà delle notizie che le fonti scritte offrono inmerito. La documentazione, vagliata a tale finesoprattutto da Settia, mostra un quadro di grandeeterogeneità di situazioni concrete. Nuclei di inse-diamento potevano formarsi nel corso del tempoattorno a chiese nate in una posizione isolata, spe-cie se esse esercitavano un forte potere di attrazio-ne, ad esempio per la presenza al loro interno diimportanti reliquie; così come, al contrario, chiesedi nuova erezione potevano deliberatamente sce-gliere di collocarsi nell’ambito di nuclei demici giàformati, assecondandone i bisogni. I documenti diVIII-IX secolo rendono del resto difficile la stessaricostruzione delle forme del popolamento rurale,anche in ragione dell’uso di una terminologia chepoco chiarisce, per l’insopprimibile polivalenzasemantica dei vari nomi impiegati (l o c u s, c a s a l e,curtis, castrum).

Su questi delicati aspetti si è soffermata daultima Cristina La Rocca, in una recentissima Set-timana spoletina (1997)1 9, dimostrando come lagerarchia degli insediamenti fissata dal vocabola-rio tardoantico (c i v i t a s, v i c u s, p a g u s, v i l l a) abbiain realtà perduto la propria uniformità semanticae la propria capacità di sicura individuazione apartire dal secolo VI. Anche il vocabolo fundus, adesempio, rimane nei documenti come semplicecalco formale nelle conferme pubbliche, senzadenotare alcuna continuità insediativa; pure inzone come la Sabina che conservano la terminolo-gia catastale romana per f u n d i, l’insediamentoappare sparso, articolato piuttosto in c u r t e s e incasali. Le villae e i vici si contrassero (solo un terzodi essi pare sopravvivere fino al VI secolo) e anchequando continuarono a essere frequentati mutaro-no sovente destinazione funzionale. Il VII secolo,in particolare, si presenta come un momento dicesura sul piano della strutturazione degli inse-diamenti e tra lo stesso e quello successivo si ebbeuna diffusa riorganizzazione territoriale in formenuove.

Per Settia20, la popolazione non urbana dell’I-

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16 Su tutti questi argomenti, Violante 1982, pp. 1029-1057.17 Si vedano, ad esempio, Cap. reg. Franc. 168, 8; 201, 3 (Lota-rio I); 209, 1; 210, 2, 4, 5; 228, 6, 13 (Ludovico II).

18 Vitolo 1996, pp. 122-128.19 La Rocca 1998a.20 Settia 1982, pp. 460-470.

talia longobarda era distribuita per lo più in casemassariciae erette su fondi, quindi isolate dai vil-laggi (che saranno denominati vici o villae dal IXsecolo). Il carattere sparso proprio di questo tipo diinsediamento sarebbe andato aumentando nell’-VIII secolo, sulla base della testimonianza dei con-tratti di livello (anche se pare lecito pensare allapossibilità di dinamiche almeno in parte diversifi-cate nelle varie regioni del regno). In tale contestocomplessivo, i documenti indicano l’edificio religio-so rurale come alternativamente presente dentroil villaggio, oppure posto nelle sue immediate adia-cenze (“prope”, “non longe”), ma anche lontano daesso (nel qual caso, lo si individuava topografic a-mente con la menzione di terre, gruppi di case oaltri indicatori generici di località). Una grandevarietà di soluzioni, quindi.

Sempre secondo Settia, i documenti dell’Italialongobarda, presi nel loro complesso, mostrereb-bero una tendenziale prevalenza di edifici eccle-siastici rurali collocati in luoghi isolati, con forseuna qualche differenziazione riscontrabile fra l’I-talia padana (in cui sarebbero in proporzione unp o ’ più numerose le chiese in villaggi) e la Tu s c i a(in cui prevarrebbero decisamente le chiese situa-te presso coltivi o case sparse). Naturalmente,come s’è detto, la capacità di attrazione di unas p e c i fica chiesa potrebbe aver pur sempre favoritolo svilupparsi nel tempo di un nuovo nucleo demi-co attorno ad essa, e ciò, a sua volta, avrebbe potu-to farle ottenere il rango di pieve, se già non lop o s s e d e v a .

Molto complessa, e altrettanto insoddisfacentenel fornire dati di qualche sicurezza, è anche lavalutazione del rapporto esistente tra la pieve e lelocalità di antico insediamento romano. La lettera-tura sulla continuità fra il pagus romano e la pievemedievale è abbondante e lascia emergere posizio-ni contrastanti. La continuità è stata per lo piùaccettata come valida sul piano giuridico (anche sesulla scia di Bognetti, o di Cavanna, si parla, piùche di “continuità” vera e propria, di “continua imi-tazione”). Settia2 1 considera le primitive pieviquali centri viari sorti su una strada di epocaromana, anche indipendentemente dalla giurisdi-zione territoriale del pagus: la continuità è alloraessenzialmente insediativa. Spesso capitava cheattraverso una pieve si rianimasse un vecchio cen-tro romano; è questo il caso, peraltro molto piùtardo, di Brescello, rilanciata da Adalberto diCanossa alla fine del X secolo attraverso l’inventiodel corpo di San Genesio. Solo l’archeologia puòdimostrare però se in una determinata località visiano state un’effettiva continuità d’insediamentoo, piuttosto, delle forme di più tarda ripresa, dopovicende varie. Settia cita a questo riguardo come

casi da verificare per l’VIII secolo, a titolo di puroesempio, Borgo San Dalmazzo (in provincia diCuneo), posta vicino alla romana Pedona, o Casaledi Sant’Evasio (oggi Casale Monferrato), sito pres-so l’antica Vardacate.

Limiti della ricerca

Nel sopra ricordato contributo spoletino, Cin-zio Violante auspicava che lo studio delle istituzio-ni ecclesiastiche delle campagne medievali sapes-se in futuro spostarsi vieppiù dagli originari, esino ad allora prevalenti, interessi di natura giuri-dico-istituzionale ai temi riguardanti la vita delclero e del popolo e le molteplici espressioni dellaspiritualità. Si tratta di motivi sui quali la testi-monianza delle fonti scritte si presenta come pre-dominante e specifica. Per il periodo storico quiconsiderato, e nell’ambito dell’Italia longobarda -peraltro- le notizie restano comunque troppo scar-se per consentire indagini soddisfacenti. La ‘verifi-c a ’ compiuta da Luigi Pellegrini2 2, a una dozzinad’anni di distanza, circa l’effettivo orientarsi dellaricerca lungo le linee metodologiche allora indica-te da Violante sembra confermare tale constata-zione. Numerosi risultano i campi d’analisi che, sevengono esplorati con profitto per i secoli del pienoe del tardo medioevo (in alcuni casi, già per il IX-Xsecolo), rimangono allo stato di poco più che sem-plici nodi problematici in rapporto all’età anterio-re: tra questi, giusto per addurre qualche esempiosulla scorta dello stesso Pellegrini, i temi della pro-venienza sociale del clero pievano, dell’accultura-zione, dei modi della predicazione, della capacitàdelle comunità rurali di coagularsi attorno allapieve e di identificarsi con essa, disegnando nuovispazi territoriali e mentali e una nuova coscienzacollettiva.

Inoltre, e infine, la complessiva scarsità dellefonti scritte, la loro disuguale distribuzione cro-nologica e geografica (e talora anche la tentazio-ne di anticipare per semplice congettura fenome-ni che sono testimoniati con sicurezza solo perepoche posteriori), non mettono certo al riparodal rischio di incorrere in distorsioni di prospet-tiva. Così, l’estrema laconicità dei dati relativialla cura d’anime nelle campagne meridionali deisecoli V-VII può spingere a limitare al solo ambi-to cittadino/episcopale una concreta presenza delcristianesimo nel Mezzogiorno, ipotizzando ilnetto prevalere di culti precristiani nel mondorurale ancora a quest’epoca e uno scarso impegnopastorale verso di esso; un’impressione, questa,che può essere agevolmente fugata non appena siconsiderino le diverse emergenze archeologichedi edifici ecclesiastici rurali databili a quel perio-

Claudio Azzara 13

21 Settia 1970 (ripubblicato, con una nota aggiuntiva, in Set-tia 1991, pp. 167-284).

22 Pellegrini 1994.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E14

do occorse anche in anni recenti. Ancora, ilriscontro di casi specifici (ad esempio, negli studidi Chris Wickham sull’area dell’Appenninotoscano) in cui singoli individui faticavano a defi-nire con precisione la propria appartenenza ple-

bana, per una sempre incerta percezione dei con-fini ecclesiastici, ridimensiona troppo precociriconoscimenti della capacità da parte dellapieve di disegnare spazi definiti di identitàc o m u n i t a r i a .

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E16

A differenza di altre regioni dell’Italia setten-trionale, per il Piemonte si registra fino al periodocarolingio la quasi totale assenza di fonti scrittegiuridiche e amministrative, mentre appena piùnumerose risultano essere le fonti agiografiche enarrative, però non ancora adeguatamente analiz-zate nei contenuti e nel valore documentario. Ilvuoto di informazioni storiche per i secoli VII eVIII coinvolge tutte le diocesi del Piemonte antico,per le quali mancano dati certi anche sulle listeepiscopali, ricostruite per lo più in età carolingia eottoniana1.

La ricerca archeologica per il periodo altome-dievale nella regione piemontese ha potuto conta-re dagli anni Ottanta in poi su un elevato nume-ro di indagini condotte in ambito rurale, chehanno prodotto una abbondante documentazionesu contesti tipologicamente e cronologicamentediversificati, portando in alcuni casi a integrarela carente documentazione scritta. Per i secoliche qui interessano, la relativa indeterminatezzanella periodizzazione dei depositi stratigraficiindagati, ineludibile in assenza di precisi indica-tori materiali, porta ad appoggiare le cronologierelative di scavo a datazioni assolute ottenuteattraverso analisi radiometriche C14 su campio-nature sistematiche sia paleobotaniche, siaosteologiche. Infatti, se gli studi sulla culturamateriale di ambito longobardo sono stati note-volmente affinati, consentendo datazioni piutto-sto precise, non così è per altri manufatti quali ledecorazioni scultorere, legate a problemi com-plessi e con inquadramenti cronologici ancorai n c e r t i2, e la ceramica, la cui sopravvivenza oltrela fine del VI secolo era stata motivo di discussio-ne ancora negli ultimi anni. Solo recentementeanche per il Piemonte si sta evidenziano da unlato la carenza, quando non la totale assenza, diceramica nei secoli qui trattati, evidentementesostituita dall’uso prevalente di recipienti lignei,dall’altro un quadro di intensa circolazione e

scambio dei manufatti in pietra ollare, che portaa rivedere la posizione di isolamento e immobili-smo che si riteneva caratterizzare gli insedia-menti rurali prima del Mille3.

Mombello

Nella Val Cerrina, lungo la sponda sinistra delTorrente Stura, è stato individuato nel 1994 unsito archeologico di grande interesse, tuttora in

CHIESE NELLE CAMPAGNE DEL PIEMONTE IN ETÀ TARDOLONGOBARDA

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 17

Fig. 1) Localizzazione dei siti presentati: 1 Mombello. 2Centallo. 3 Testona. 4 Desana. 5 Dorzano. 6 Sizzano. 7Gozzano. 8 Orta.

1 BOLGIANI 1982, p. 61.2 CR O S E T T O 1998a e A. CR O S E T T O, Decorazioni scultoree dalle

chiese rurali nel Piemonte altomedievale (VII-VIII secolo), inquesto volume.3 PANTÒ 1998, pp. 275-276.

corso di scavo, ubicato sul tracciato della stradacollinare a sud del Po, che anticamente collegavaI n d u s t r i a a Va r d a c a t e4. Dopo l’abbandono delledue città romane, nell’alto medioevo si formò undistretto amministrativo rurale, frutto di unaristrutturazione territoriale che superò i limitimunicipali precedenti: la iudiciaria Torrensis (fig.2). Inclusa nel ducato longobardo di Ivrea, rientra-va invece ecclesiasticamente nella diocesi di Ve r-celli ultra Padume fu presto assorbita nella marcadi Ivrea già dagli inizi del X secolo. Questo territo-rio risulta connotato dalla ricchezza di beni fiscali,distribuiti in beneficio nei secoli X-XII, e dalla fre-quenza dei toponimi di origine germanica5, chetrova significativo riscontro nella distribuzione deiritrovamenti longobardi6, ai quali si aggiunge orala testimonianza diretta dell’insediamento diMombello. La traccia dell’antico confine tra Indu -s t r i a e Va r d a c a t e sarebbe tuttavia rimasta neltoponimo legato alla pieve di San Michele diM e d a7 (cioè meta–cippo confinario), che compare

già nel primo elenco delle pievi della diocesi di Ver-celli alla metà del X secolo. La chiesa plebana èdescritta nelle visite pastorali fino alla fine delSettecento, quando dedica e titolo di pievania pas-sano definitivamente alla chiesa di Morsingo.Scomparso l’edificio, ne rimase il ricordo nel nomedell’attuale cascina del Piovano, assai prossima alsito archeologico.

Questo insediamento si compone di un settore diabitato, vicino all’alveo del torrente, e della relativachiesa con cimitero, situata circa 200 metri più amonte. Le indagini in corso sull’area residenzialenon hanno ancora esaurito la stratificazionearcheologica, ma pare ormai accertato che la primafase di occupazione sia costituita da un edificiorustico di età romana con strutture in laterizi direcupero, a cui fece seguito un periodo di abbandonoe di conseguente crollo dei fabbricati. A l l i n e a m e n t idi buche per palo, paralleli alle vecchie strutture,segnano la rioccupazione dell’area, probabilmenteavvenuta nel VI secolo e caratterizzata dall’uso di

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E18

4 Le indagini sono dirette da Emanuela Zanda: SARDO, ZANDA

1995; ZA N D A, SA R D O 1996; ZA N D A 1 9 9 6a; ZA N D A 1999; MI C H E-L E T T O, ZA N D A, BA R E L L O in corso di stampa. Oltre alle notizieedite mi è stato generosamente concesso dalla collega di con-sultare la documentazione di scavo e di esaminare i materiali.I dati sintetizzati in questa scheda hanno tuttavia caratterepreliminare, in attesa della conclusione delle indagini e della

stesura dei rapporti definitivi di scavo. In occasione del Semi-nario Emanuela Zanda ha presentato un poster dedicato alsito.5 SETTIA 1983, pp. 11-53;SETTIA 1991 p. 194.6 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 300, 307.7 Per le vicende della pieve di Meda: SETTIA 1983, pp. 173-175;BANFO 1995, pp. 398-405.

Fig. 2) Carta della iudiciaria Torrensis (tratta da A.A. SETTIA 1983).

tecniche costruttive miste, che in parte recuperaro-no i ruderi dell’edificio romano. Nel VII secolo infin efu costruita ex novo una casa a vano unico quadra-to, realizzata con blocchi di arenaria legati da argil-la e dotata di un focolare all’interno, con almeno duesuccessive pavimentazioni.

Appartengono alle fasi insediative di VI-VIIsecolo abbondanti materiali in parte raccolti nellas t r a t i ficazione ancora intatta e per il resto recupe-rati dal vaglio del terreno agricolo di copertura, checomprendono: ceramica longobarda decorata astampiglia e a stralucido, invetriata, pietra ollare,calici di vetro, pettini e strumenti ricavati dal cornodi cervo, complementi di abbigliamento. Tra questispicca una placchetta di cintura reggiarmi in ferrocon estesa pseudo–placcatura in argento decorata amotivi geometrici ageminati e con l’inserto dialmandini, databile alla fine del VII secolo8 ( fig. 3),che attesta le possibilità economiche e il rango socia-le elevato di almeno alcuni membri della comunità.

Ulteriore conferma ne è data dal ritrovamentodi un tremisse a nome di Maurizio Tiberio del Itipo (fine VI-inizi del VII secolo) e di una frazionedi siliqua a nome di re Pertarito (672-688), tantopiù significativi in quanto monete ad alto valoreintrinseco emerse in un contesto rurale e nonurbano9.

L’estensione dell’abitato, sicuramente piùampio dell’area già esplorata, non è ancora defini-ta, ma poteva comprendere più nuclei in cui sisvolgevano, accanto alle attività domestiche,anche lavorazioni artigianali come la tessitura e lalavorazione dell’osso, mentre pare indubbio cheuna delle principali fonti di reddito e di sussisten-za fosse legata all’allevamento, attestato daabbondanti resti di fauna.

A monte del villaggio, su un sedime non occu-pato dall’insediamento romano precedente, fucostruita la chiesa, conservata soltanto nella parteoccidentale per tratti di fondazione e fosse di spo-liazione (figg. 4,54).

La prima aula di culto è caratterizzata da unatecnica muraria in pietra legata da argilla mista aminuti granuli di calce: si conserva un tratto dellaparete laterale sud (9 m), tracce della facciata occi-dentale sotto le successive ricostruzioni, e unbreve segmento della parete nord.

Una fossa di spoliazione poco profonda e alcuni

resti di muratura hanno fatto pensare che l’aulafosse suddivisa da un vano laterale a sud. Davantialla facciata si dispone una fila abbastanza regola-re di tombe prevalentemente costruite a cassa inmuratura con mattoni e laterizi romani di reimpie-go legati da malta o, nell’unico caso della tomba 20,da argilla: le forme ricostruibili sono generalmenterettangolari, anche se il peso dei mezzi agricoli hadeformato vistosamente le strutture determinandotalvolta anche il sollevamento dei laterizi, che nellamaggior parte dei casi rivestivano il fondo. Letombe che ancora conservavano resti delle deposi-zioni sono risultate comunque violate in antico, adeccezione di due sepolture infantili.

La T 10 accolse la salma di un neonato, verosi-milmente una bambina, riccamente vestita con ilvelo decorato da un bordo di broccato d’oro, ritro-vato in parte all’altezza della spalla sinistra epresso il cranio, una collana di vaghi in pastavitrea, ambra e una moneta romana forata. Questielementi potevano orientare la cronologia dellasepoltura verso la fine del VI secolo - inizi delVII10, ma una seconda monetina forata d’argento,ancora in studio, pare abbassare abbastanza net-tamente la datazione. Un coltellino completava ildono funebre, particolarmente prezioso in quantoriferito a una sepoltura infantile11.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 19

8 I materiali, appena restaurati, sono in corso di schedatura,pertanto vi si accennerà solo brevemente, come insostituibiliindicatori cronologici e culturali. In particolare per quantoriguarda le guarnizioni di cintura ageminate, i nuovi ritrova-menti e il recupero, attraverso il restauro, di un consistenterepertorio proveniente dagli scavi di Testona (almeno per alcu-ni pezzi l’identificazione è sicura), stanno delineando un qua-dro regionale peculiare con tipologie e motivi decorativi che sidiscostano talvolta dalle produzioni già note in ambito italiano.Per la cronologia della placchetta in questione valgono i riferi-menti generali all’evoluzione tecnica e stilistica di questimanufatti, per i quali si rimanda a GIOSTRA 2000, pp. 103-105,ma i confronti più puntuali sembrano offerti dalla cintura della

T 8 della vicina area cimiteriale e da altri esempi piemontesi,come la placchetta della T 2 di Rivoli–Perosa: MICHELETTO, PEJ-RANI BARICCO 1997, pp. 327-328, fig. 12, n. 4.9 ARSLAN 1998, pp. 295-296, figg. 227-228; MICHELETTO, ZANDA,BARELLO in corso di stampa.10 Concorderebbero con questa cronologia la tipologia delleperle e la presenza delle monete come pendenti, la cui frequen-za è stata rilevata nella necropoli di Castel Trosino tra i corre-di della fase più antica del cimitero (tardo VI-inizi VII secolo):scheda di L. PA R O L I in PA R O L I (a cura di) 1995, pp. 290-291,tomba A, n 2.11 Sul problema si rimanda a RUPP 1997, p. 37 con bibliografiaprecedente.

Fig. 3) Mombello. Placca di cintura proveniente dall’a-rea dell’abitato.

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Fig. 5) Mombello. Planimetria generale del cimitero e dell’edificio di culto. Gli asterischi indicano la presenza dioggetti di corredo nelle tombe.

Fig. 4) Mombello. Veduta aerea dello scavo dell’area della chiesa.

La seconda sepoltura, T20, non violata ma forte-mente deformata, era di unbambino di 8-9 anni; harestituito guarnizioni inbronzo, forse pertinenti adue diverse cinture cosid-dette “longobarde”, per lasospensione delle armi, deltipo largamente standar-dizzato e diffuso, dellaprima metà del VII secolo,un coltello e una fusaiola.

Resti di broccato d’orocompaiono invece in benaltre quattro tombe, tutte depredate in antico.Nella T 12 i fili d’oro sono associati alla prima inu-mazione di un adolescente di 13-14 anni ridepostonel loculo di riduzione; in quella accanto (T 13), conresti di due individui adulti di sesso diverso, il broc-cato è stato prelevato vicino a un cranio, mentre nelriempimento è stata raccolta una fibbietta d’argen-to con puntalino, relativa alle stringhe che ferma-vano le calze1 2. L’analisi antropologica in corso staconfermando l’attribuzione di questi preziosi ele-menti di abbigliamento alla sepoltura femminile.Ancora fili aurei provengono dalla T 21, quasi com-pletamente distrutta, in cui sono stati raccolti restischeletrici sconvolti di un individuo maschile e diuno femminile insieme a pochi oggetti residui deicorredi, tra i quali compaiono frammenti dell’impu-gnatura di uno scudo, e dalla T 8, l’unica dellaprima fase cimiteriale collocata all’interno dellachiesa, nell’angolo nord-occidentale. Da questaprovengono i resti di almeno tre sepolture, duemaschili e una femminile, e numerosi oggetti deirelativi corredi, comunque per la maggior partesconvolti e trafugati. Tra questi si segnalano ilcodolo di una spatha con terminazione dorata e unrinforzo ageminato del fodero, parti dell’imbraccia-tura e dell’umbone di uno scudo da parata, decora-to con lamine bronzee e borchie dorate, borchie echiodini, forse relativi al fodero di un sax, guarni-zioni di più cinture. Una fibbia in bronzo a placcafissa di tipo bizantino a margini sagomati1 3 d o v e v aappartenere alla cintura di un abito, della primametà-secondo terzo del VII secolo, mentre a unacintura militare per la sospensione delle armi sonoda riferire tre placchette in ferro con decorazionezoomorfa molto stilizzata, ageminata in fili d’ar-gento e ottone su pseudo-placcatura in argento (fig .6). La forma e le caratteristiche tecniche e decora-tive rimandano alla placchetta ritrovata nell’abita-to, attribuita alla fine del VII secolo. Alcuni vaghi

di collana sono infine ciò che resta del corredo dellasepoltura femminile.

L’analisi degli oggetti ci conferma dunque l’usoreiterato delle tombe nel corso del VII secolo, com-presa la deposizione di almeno un ricco corredod’armi.

In un secondo tempo la chiesa fu parzialmentericostruita e suddivisa in tre navate, di cui riman-gono gli attacchi sul muro di facciata, un grossopilastro rettangolare e il negativo del simmetrico,spogliato. Ancora la facciata e la navata sud subi-rono ulteriori interventi edilizi in un terzo periodo.Alle ultime fasi di occupazione sono da attribuireun forno per la cottura della calce e una fornace damattoni. La datazione al radiocarbonio dei resti dicombustione del forno indica la metà del XII seco-lo per l’utilizzo di queste strutture, evidentementelegate a un cantiere di costruzione. Per il momen-to è ancora difficile stabilire degli agganci cronolo-gici certi per le successive trasformazioni dellachiesa, ma la prima fase cimiteriale risulta svilup-parsi dagli inizi del VII secolo al 720-760 almeno,secondo la datazione al radiocarbonio eseguita suiresti osteologici della T 7, in fossa terragna. Inseguito altre sepolture in semplice fossa si orienta-no nord, sud lungo la parete di facciata; prive dicomplementi di abbigliamento presuppongono lapresenza del sudario, in base alla posizione degliarti, e appartengono stratigraficamente a una fasepiù recente, connessa con la ristrutturazione informa basilicale.

Lo studio antropologico in corso1 4 sembra evi-denziare una discreta incidenza della mortalitàinfantile e giovanile (28% circa), spesso sottorap-presentata nei cimiteri indagati archeologicamen-te, mentre la mortalità degli adulti risulterebbepiuttosto precoce, in assenza di soggetti decedutiin età senile. Le stature sono alte nel sesso femmi-nile, da sopra la media ad alte in quello maschile.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 21

12 La tipologia di queste guarnizioni compare ad esempio nellaT 205 di Castel Trosino, datata al secondo quarto del VII secolo(cfr. scheda di M. RICCI in PAROLI (a cura di) 1995, pp. 259-260),ma è presente anche in Piemonte, a Testona: VON HESSEN 1971,p. 34, tav. 47, nn. 478-484. 13 Abbastanza comuni, queste fibbie sono generalmente datate

dalla fine del VI a gran parte del VII secolo; l’esemplare diMombello si confronta ad esempio con quello della T 3 di Trez-zo sull’Adda: ROFFIA, SESINO 1986, p. 56, n. 7.14 Le analisi antropologiche sono affidate a Elena Bedini, dellaAnthropozoologica di Livorno, che mi ha amichevolmentemesso a disposizione i dati preliminari della ricerca.

Fig. 6) Mombello. Placche di cintura provenienti dalla T 8, all’interno della chiesa.

Pur considerando lo stato di con-servazione del deposito archeologicoe il fatto che l’indagine non ha potu-to estendersi all’intero edificio, sem-bra da escludere l’identificazione diquesta chiesa con la pieve di Meda,sopravvissuta fino al Settecento ecertamente accompagnata da unvasto cimitero medievale. Qui sitratta invece di un oratorio privato,a carattere funerario, edificato daun ristretto nucleo famigliare ari-stocratico, radicatosi localmente neipossedimenti terrieri confiscati airomani o da questi abbandonati inseguito al declino delle due cittàvicine. La straordinaria ricchezzadelle vesti in broccato15, il pregio deimanufatti ritrovati anche nell’abi-tato e il tremisse d’oro potrebberoadombrare una funzione pubblicadel capofamiglia, come amministra-tore di terre regie, di cui si coglie-rebbe un’eco più tarda nei numerosibeni fiscali citati dai documenti diX-XII secolo.

(L.P.B.)

Centallo

Il caso del San Gervasio di Cen-tallo16 (fig. 7), nel Cuneese e in dio-cesi di Torino, costituisce un altroesempio di chiesa ricostruita periniziativa di una comunità in cui lacomponente culturale ed etnica lon-gobarda ha trovato conferma sia inalcuni oggetti di corredo, sia nell’a-nalisi antropologica completa condotta sulle sepol-t u r e1 7. Non ci soffermeremo sulla fase paleocri-stiana del complesso battesimale1 8, frutto dellaristrutturazione dei resti di una villa danneggiatada un incendio tra la fine del IV e gli inizi del Vsecolo, e fondata per iniziativa di uno dei possesso -res dei latifondi attestati nel V secolo lungo il con-fine tra Liguria e Transpadana19 (fig. 8).

A questa chiesa di origine, dunque, privata fupresto sottratta la facoltà di possedere il battiste-ro, forse in concomitanza con l’istituzione di unanuova chiesa battesimale da parte dell’autoritàdiocesana. Durante le fasi di soppressione del

fonte e di ristrutturazione dei vani annessi al latosettentrionale dell’aula di culto, tra la secondametà del VI e il VII secolo, si sviluppò il cimiterodella comunità che evidentemente subentrò agliantichi proprietari nel possesso delle terre e nelpatronato della chiesa. Malgrado la perdita dellafunzione battesimale, l’edificio non subì un declinoe fu anzi oggetto di una impegnativa opera di rico-struzione di cui si può identificare l’artefice fonda-tore nel personaggio sepolto nella navatella nordin una tomba in muratura, con alveolo cefalico, diaccurata fattura e con la singolare deposizione diattrezzi in ferro tra gli arti inferiori20.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E22

15 Per l’area piemontese si segnala il ritrovamento di fili aureidi decorazione della veste nella T 1 di Pecetto di Valenza, inprovincia di Alessandria, nell’ambito di un piccolo cimiteroforse della fine del VII-inizi VIII secolo: DONZELLI 1989; MICHE-LETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 307-308. Per il catalogo delletombe altomedievali italiane contenenti fili d’oro e per il lorosignificato come segni di distinzione sociale di una ristretta cer-chia nobiliare si rimanda a AHUMADA SILVA 1990, pp. 62-66; siveda inoltre RUPP 1997, p. 107.16 Per una sintesi sul sito si veda la scheda di chi scrive in

MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 330-338.17 BEDINI et al. 1997; MALLEGNI et al. 1998.18 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.19 MENNELLA 1993, pp. 220-222.20 Si tratta della T 12, orientata ovest/est, collocata nell’areaantistante l’altare della navata nord, se la ricostruzione plani-metrica proposta è corretta. Di forma antropomorfa con alveolocefalico, si differenzia da tutte le altre tombe del sito anche perl’accurata muratura in ciottoli, rivestita internamente con uno

Fig. 7) Centallo. Veduta aerea dello scavo.

L’analisi delle caratteristiche e della stratific a-zione delle sepolture in relazione alle fasi edilizie,supportata da una serie di datazioni al radiocarbo-nio dei resti umani e dallo studio degli elementisuperstiti dell’abbigliamento degli inumati, consen-te di datare al VII secolo, probabilmente alla primametà, la ricostruzione della chiesa (fig. 9). La tipolo-gia scelta è quella basilicale a tre absidi con navateseparate da grossi pilastri rettangolari, simili aquelli della seconda fase di Mombello, che dovevanoassumere quasi l’aspetto di setti murari intercalatida arcate di comunicazione con le navate laterali,piuttosto che di una ritmica scansione di sostegni.

Le fondazioni, poco profonde, si appoggiaronoin parte su quelle delle strutture precedenti; lamuratura della chiesa appare composta da ele-menti eterogenei e di varia pezzatura disposti acorsi irregolari, legati da malta poco consistente.Vi compaiono reimpiegati frammenti marmorei dietà romana databili tra il I e il III secolo, derivatida are votive, decorazioni scultoree ed epigrafifunerarie: segno di una raccolta estesa di materia-li edilizi da necropoli e da aree sacre abbandonate.La ricerca di grandi lastre lapidee, da utilizzarecome monumentale chiusura delle tombe piùimportanti, portò al recupero di una stele dell’età

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 23

spesso strato di intonaco scialbato; sul bordo superiore è rica-vato un incasso per l’alloggiamento della copertura, già rimos-sa in antico, probabilmente quando la sepoltura fu violata. Ladatazione al radiocarbonio calibrata è risultata compresa fra il545 e il 655; l’inumato – un uomo di 45-50 anni – fu deposto conun gruppo di utensili in ferro tra gli arti inferiori: un martello,uno strumento a punte piegate e una piccola incudine. Gli

oggetti non permettono di qualificare il loro proprietario comeorefice, ma forse in senso più lato come magister o committen-te. MI C H E L E T T O, PE J R A N I BA R I C C O 1 9 9 7 , pp. 334-336, fig. 16.Sulla presenza e l’interpretazione di attrezzi da lavoro, in par-ticolare da orefice, nei corredi di età longobarda si rimanda, daultimo, a GIOSTRA 2000, pp. 13-22.

Fig. 8) Centallo. Schemi planimetrici delle principali fasi costruttive: 1) edificio di età romana e tardoantica; 2) tra-sformazione in chiesa con battistero (V sec.); 3) modifiche seguite alla soppressione del battistero (VI sec.); 4) rico-struzione della chiesa (VII sec.).

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E24

Fig. 9) Centallo. Planimetria dello scavo. In evidenza la fase costruttiva del VII secolo e le relative tombe.

Fig. 10) Centallo. Veduta da est dell’atrio.

del Ferro, come vedremo avvenne anche a Gozza-no. Da segnalare ancora l’articolazione esternadelle pareti con una serie di paraste, leggibili sulperimetrale nord, sulla facciata dell’atrio e sul suolato meridionale, mentre la base di una di questesembra indicare la presenza di arcate cieche anchesulla parete interna dell’abside, caratteristica chetrova oggi riscontro nella seconda fase preromani-ca della chiesa di San Dalmazzo di Pedona21.

La basilica di Centallo era preceduta da unatrio rettangolare con ampio varco di ingressonella parete occidentale. Il lato sud pare rico-struito, ma presenta la stessa partitura a parastetipica di questa fase edilizia; inoltre prosegueoltre i limiti di scavo, lasciando aperta la possibi-lità di ulteriori sviluppi delle strutture del com-plesso. La destinazione di questo spazio è ad areafuneraria privilegiata per un gruppo di maschiadulti, evidentemente i capi della comunità, inu-mati in tombe a cassa in muratura di accuratacostruzione, coperte da grandi lastre di pietra,tra le quali la stele preromana utilizzata per latomba in asse con l’ingresso (fig. 10). Questa èrivestita sul fondo e sulle pareti di malta signinae conteneva i resti di due individui maschili: ladeposizione più recente è datata 605-685 al C14calibrato (fig. 11). Posizione e caratteri costrutti-vi ne evidenziano il privilegio, ma non vi si sonorinvenuti elementi di corredo o di abbigliamento,così come ne erano prive le altre tombe dell’atrioe la tomba femminile di A g n e l l a, collocata a norddi questo, e ancora coperta dalla sua epigrafef u n e r a r i a2 2.

Proprio la presenza di epitaffi, per di più cononomastica latina, testimonia la ripresa dei ritua-li funerari romano-cristiani da parte dell’élite ege-mone di questa comunità, che preferì affidare lamemoria della propria identità all’iscrizione e allamonumentalizzazione del sepolcro in uno spazioarchitettonico privilegiato, invece che all’ostenta-zione sociale dell’abbigliamento e dei beni perso-nali al momento della sepoltura23, come sembranoancora riflettere i corredi parziali rinvenuti nellafase cimiteriale precedente.

Il prezioso rivestimento in lastrine di corno dicervo decorate a incisione di una tavoletta lignea,probabilmente parte di una cassetta-reliquiario,può confermare l’orientamento a trasferire sullachiesa e sul suo arredo liturgico le iniziative ever-getiche pro anima dei maggiorenti. La tendenzaperdurò ancora nella prima metà dell’VIII secolo,quando la chiesa si arricchì di una decorazionescultorea, di cui sono indizi piccoli frammenti dilastre e uno di cornice con intreccio a tre vimini2 4

( fig. 12), ma le fortune di questa chiesa funerariaprivata sembrano successivamente declinare in

relazione alla sospensione delle sepolture, ripresesoltanto più tardi, tra XIII e XV secolo. Poichépare inverosimile che la comunità riflessa nelcimitero si sia estinta, dobbiamo pensare a unradicale trasferimento delle sepolture presso lachiesa plebana durante i secoli centrali delm e d i o e v o .

(L.P.B.)

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 25

21 MICHELETTO 1999, pp. 48-51.22MENNELLA, COCCOLUTO 1995, pp. 33-34, p. 11.

23 LA ROCCA 1997; LA ROCCA 2000; DE RUBEIS 2000.24 CROSETTO 1998a, p. 315, fig. 248.

Fig. 12) Centallo. Frammento di cornice in marmo.

Fig. 11) Centallo. Particolare della T 126.

Testona

Il vescovo di Torino Landolfo, nell’atto di fonda-zione dell’abbazia di Cavour2 5, emesso nel 1037 econsiderato il suo testamento spirituale, ricorda ledifficoltà incontrate nell’amministrare la diocesitorinese, ancora gravemente segnata dalle violenzee dalle devastazioni imputate alle scorrerie sarace-ne del secolo precedente; redatto in forma di narra-zione autocelebrativa, il documento è centratosulla figura del vescovo e sulle sue iniziative volte arinnovare le strutture e l’organizzazione diocesa-na, però in un quadro di sicurezza ristabilita attra-verso il potenziamento delle difese del territoriocon la ricostruzione o la nuova edificazione di strut-ture fortific a t e2 6. Nel luogo di Testona egli avevarestaurato il castello dotandolo di una torre e cin-gendolo di mura, aveva promosso la costruzione diuna chiesa collegiata dedicata alla Vergine Maria el’ampliamento di un’altra chiesa. Se l’identific a z i o-ne di quest’ultimo edificio di culto rimane incerta,la chiesa collegiata voluta dal vescovo e realizzataex novo secondo il documento2 7, ma sorta invece su

un preesistente impianto, è concordemente ricono-sciuta nell’attuale parrocchiale di Santa Maria,sopravvissuta nella struttura romanica e solo inparte alterata da addizioni barocche.

La chiesa, a tre navate concluse da absidi semi-circolari, di cui quella laterale meridionale nonconservata in elevato, è caratterizzata dalla pre-senza, al di sotto del presbiterio rialzato, di unacripta a oratorio scandita in tre navatelle, affian-cata da ambienti laterali, oggi adibiti a usi impro-pri; originariamente, si accedeva alla criptamediante scale laterali che sono state eliminatecon la creazione di un accesso frontale in occasionedi restauri condotti nel 1934-41. La possente torrecampanaria a pianta quadrangolare, si accostaall’edificio come corpo indipendente allineandosialla facciata romanica2 8. La tecnica costruttivamostra per gli elevati un uso prevalente dei ciotto-li e della pietra tagliata frammista a laterizi dimodulo romano, per lo più frammentari, con evi-denti stilature nella malta dei giunti, mentre nellefondazioni sono utilizzati con larga prevalenzaciottoli legati da abbondante malta.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E26

25 BAUDI DI VESME, DURANDO, GABOTTO 1900, doc. 2, pp, 8-11 ela recente edizione critica di CANCIAN 1997.26 GANDINO 1997,pp. 25-26. Per l’attività vescovile di potenzia-mento delle difese del territorio, che interessò otto siti, alcunidei quali già incasellati, si rimanda a MONTANARI 1997, pp. 85-86.27 Per l’ideologia del vescovo, in contrapposizione alla politica

arduinica di recupero della tradizione, cfr. LA RO C C A 1992, p.135 ss.28 La prima analisi dell’edificio fu pubblicata da OLIVERO 1940,pp. 78-115; si rimanda, per le architetture landolfiane e in par-ticolare per la chiesa di Testona, a TOSCO 1997, tenendo contoche le indagini archeologiche hanno portato all’individuazionedella facciata, che si riteneva perduta, e a una nuova letturadell’impianto della cripta (PANTÒ 1999b).

Fig. 13) Moncalieri, frazione Testona. Planimetria della chiesa di Santa Maria con localizzazione dell’area di scavo.

I lavori di ristrutturazione e risanamento chehanno interessato l’ala nord della canonica, sonostati l’occasione per effettuare un’indagine archeolo-gica in un ambiente al piano terra adiacente all’ab-side maggiore della chiesa (fig. 13). È stato pertantopossibile documentare i resti dell’abside meridiona-le e del cimitero esterno a essa raggiungendo i livellidi terreno naturale, sensibilmente digradanti danord/nord-ovest verso sud, secondo l’originario profi-lo della collina su cui sorge la chiesa2 9.

Nell’ambiente, in una superficie di circa 20 mq,sono state documentate complessivamente 37tombe sovrapposte su quattro livelli distinti sullabase delle evidenze stratigrafiche, mentre i resti dialmeno altri 18 individui sono stati recuperati nonin connessione anatomica nel riempimento di unampio canale di drenaggio post medievale, cheattraversava l’ambiente da nord verso sud (fig.14). Le inumazioni, tutte in piena terra con depo-sizioni di entrambi i sessi e infantili in decubitodorsale, sono del tutto prive di corredo e di ele-menti del costume, mentre notizie raccolte in pas-sato e oggi difficilmente verificabili, segnalavano ilritrovamento presso la chiesa di sepolture “conoggetti di metallo” e di altre in laterizi “con corre-do povero”30.

La più antica fase cimiteriale (D, fig. 15), con 5tombe di adulti maschili e di un giovane, presentacome caratteristica comune il taglio delle fosse diforma rettangolare, con pareti nettamente rettili-nee, forse determinate dall’utilizzo di tavole ligneedelle quali però non è rimasta traccia materiale (fig .16); la cronologia delle sepolture nell’ambito delVII-VIII secolo è suggerita da una datazione C14effettuata sulla T 35 ( 595 ± 55 AD, calibrata 6 4 5 -760). Il livello successivo (C, fig. 15) sembra segnareun più intenso sfruttamento dell’area con una mag-giore densità di inumazioni di soggetti di entrambi isessi (12 tombe), ma con una leggera prevalenza disepolture femminili. Il momento più tardo di utiliz-zo di questo livello cimiteriale, prima della costru-zione romanica e dell’estensione del cimitero intor-no a essa, è indicato dalla datazione C14 effettuatasul soggetto della T 26 (950 ± 50 BP = 970 AD).

Allo stato attuale delle ricerche, la connessionespaziale del cimitero preromanico si può soloinduttivamente porre in relazione con un più anti-co edificio di culto, del quale è stato individuato untratto di muratura di ciottoli legati da malta al disotto del perimetrale sud della chiesa, in un vanogià scavato in passato e ubicato nella manica ovestdella canonica.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 27

2 9 Per una prima informazione sugli esiti dell’indagine sirimanda a PA N T Ò 1 9 9 9 b, p p. 255-257. Nuovi scavi sono statiprogrammati per il 2001 in alcuni ambienti della manica occi-

dentale della canonica addossata al muro d’ambito meridiona-le della chiesa romanica.3 0 La segnalazione orale è raccolta in NE G R O PO N Z I MA N C I N I

1988, p. 72, n. 56.

Fig. 14) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, veduta panoramica dello scavo da est.

Le analisi antropologiche3 1, pur considerando lalimitata consistenza numerica del campione riferi-bile ad età preromanica, evidenziano per gli indivi-dui di sesso maschile una scarsa affinità con i grup-pi umani analizzati in altre necropoli longobarde,compresi quelli della vasta necropoli a file di Te s t o-

na indagata nel 1878 da Edoardo e Claudio Calan-d r a3 2, mentre al contrario per i soggetti di sessofemminile la somiglianza è decisamente marcata,in particolare con il campione di popolazione diRomans d’Isonzo e con quello di Centallo, dove ivalori delle probabilità sono per tutte le misure

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E28

31 Le analisi antropologiche sono state condotte da Licia Usaidella Anthropozoologica di Livorno, che ringrazio per aver con-cesso l’anticipazione dei dati. Il campione di Testona è statoconfrontato con quelli di Romans d’Isonzo, Santo Stefano inPertica, Rivoli loc. La Perosa, Centallo e con i crani recuperatidalla necropoli longobarda di Testona (cfr. nota 32). PerRomans d’Isonzo si rimanda a BEDINI, BARTOLI, VITIELLO 1989,per Centallo a BEDINI et al. 1997 e MALLEGNI et al. 1998, p. 234ss. 3 2 Nella sintetica relazione degli scavi edita dai Calandra, è

fatto espresso riferimento a una ventina di crani che “con tuttafatica” furono salvati, date le cattive condizioni di conservazio-ne dei resti umani: CA L A N D R A, CA L A N D R A 1880, p. 22. Invece,per le analisi effettuate dal professor Gamba e commentate dalLagneau (edite in D E BAY E 1 8 8 8 , pp. 11 3 - 114) pervennero 31crani probabilmente perché a quelli della necropoli longobardadi Testona si aggiunsero altri 6 crani dolicocefali prelevati daalcune tombe alla cappuccina e a cassa laterizia scavate pressola cascina Arpino di Moncalieri da Davide Calandra nello stes-so anno: PANTÒ 1999a, pp. 80-81. Per le analisi antropologichesi rimanda a KISZELY, SCAGLIONI 1969.

Fig. 15) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, schemi delle fasi cimiteriali.

Fig. 16) Moncalieri, frazione Testona. Chiesa di Santa Maria, particolare della T 35.

superiori al 50%. Una differenza morfometrica deisoggetti inumati si è inoltre riscontrata nel passag-gio dal livello C, dove compaiono individui mesocra-nici accanto a brachicranici e dolicocranici, al livel-lo cimiteriale coevo all’impianto della chiesa landol-fiana (B), dove invece si rileva la scomparsa delladolicomorfologia cranica insieme alla riduzionedella statura su soggetti di entrambi i sessi.

Certamente non sfugge la problematicità del-l’interpretazione storica di questi nuovi dati –destinati comunque a essere integrati e verificaticon la prosecuzione degli scavi già programmati –,forse correlabili con quelli della necropoli di Testo-na, dove i corredi femminili sono largamente sottorappresentati33: il fenomeno è noto e solo in partericonducibile alla precoce riduzione e scomparsadel dono funebre per le donne34.

Il cimitero di Santa Maria potrebbe perciò rive-lare la particolare attrazione di una parte dellapopolazione femminile verso l’istituzione religiosanel VII secolo inoltrato, mentre l’organizzazionedella necropoli a file e il rituale tradizionale ger-manico persistevano a poca distanza. Casi di cimi-teri policentrici sono ormai conosciuti e possonocomprendere anche sepolture presso le chiese3 5,così come non stupisce osservare gli esiti del pro-cesso di osmosi con la popolazione autoctona dopola prima generazione immigrata.

Per Testona è tuttavia un dato nuovo che com-pleta, anche se complica, il quadro offerto dallaprecedente documentazione archeologica. Datempo è nota infatti la rilevante presenza longo-barda nell’area della collina torinese tra Moncalie-ri e Te s t o n a3 6, rivelata da ritrovamenti funerari

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 29

Fig. 17) Localizzazione lungo l’asta del Po delle aree funerarie di ambito longobardo: 1. Torino, via Nizza; 2. Torino,Lingotto; 3. Moncalieri, Fioccardo; 4. Moncalieri, cascina Arpino; 5. Moncalieri, borgo Piacentino; 6. Testona, necro-poli; 7. Trofarello; 8. Testona, Santa Maria.

33 VON HESSEN 1971, pp.48-49; NEGRO PONZI MANCINI 1980a, p.2; la stima si basa sul conteggio minimo delle tombe, circa250/300, con una possibile percentuale di corredi maschili nonsuperiore all’11% e di quelli femminili non superiore al 5%.34 LA ROCCA 1997,p. 40 ss.3 5 Sul rapporto tra tombe longobarde ed edifici di culto cfr.LU S U A R D I SI E N A 1989, p. 215 ss. e LU S U A R D I SI E N A 1997 conbibliografia precedente.3 6 Oltre alla necropoli di Testona, fu indagata nel 1910 una

“necropoli barbarica” in regione Fioccardo, e un certo interessedesta la descrizione del nucleo funerario individuato presso lacascina Arpino, non lontano dall’attuale cimitero, dove furonoindividuate tombe a cassa con inumati soggetti dolicocefali(supra, n. 32). Per la bibliografia relativa ai contesti funerari, airitrovamenti di ambito longobardo questi ritrovamenti e alletestimonianze di età romana, alcune delle quali inedite e fruttodi ricerche condotte nei primi decenni del Novecento, si riman-da a PA N T Ò 1 9 9 9a, pp. 80-87. Per la ricostruzione del tessutoinsediativo della collina dall’età romana al medioevo su basetoponomastica e storica, cfr.L A ROCCA 1986.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E30

avvenuti in passato lungo l’itinerario terrestre cheda Torino risaliva il corso del Po costeggiando lariva destra (fig. 17); oltrepassata l’attuale localitàFioccardo la strada si diramava da un lato attra-versando il fiume Po verso la valle di Susa e dal-l’altro si inerpicava verso il Mons Calerius, i n c a-stellato almeno dal X secolo, per poi ridiscendere aoriente verso Testona, evitando così l’aggiramentodel promontorio, lambito a meridione dalleacque37.

La favorevole posizione dell’insediamento lon-gobardo sorto con funzione di controllo del distret-to territoriale gravitante sul punto di guado o sulponte, lungo un importante asse di navigazionefluviale, alternativa a quanto restava dei percorsiterrestri di età romana, è già stata evidenziata38.Successivamente, proprio la presenza del punto diattraversamento del fiume verso la strada di Fran-cia sarà ancora oggetto di rilevanti interessi politi-ci e commerciali tanto da determinare la fondazio-ne dell’ospedale di Sant’Egidio da parte dei cava-

lieri del Tempio, cui fu affidata la custodia delponte, e la formazione di un borgo a carattere mer-cantile anteriormente allo sviluppo di Moncalierinel XIII secolo39.

(G.P.)

Desana

Il sito di Desana, già segnalato nell’Ottocentoper il ritrovamento di un ripostiglio di monete dipiena età imperiale4 0, fu portato all’attenzionedegli studiosi nel 1938, quando il Museo Civico diTorino acquisì dal mercato antiquario rari e prezio-si oggetti di età gota, per i quali è stata propostal’appartenenza al corredo funerario del romanoStefanius e della ostrogota Va l a t r u(d i) interrato inetà teodoriciana4 1. Nuovi dati sono emersi grazie arecenti ricerche condotte in località Settime, il cuitoponimo miliario, per il quale si nota una signifi-cativa concordanza con la distanza da Vercelli, par-rebbe indicativo di un luogo di sosta lungo il trac-

Fig. 18) Desana, località Settime. Cartografia generale con localizzazione dei ritrovamenti e dell’asse del metanodotto.

37 Per l’itinerario della strada in sponda destra del Po e versoAsti, e per le ipotesi di identificazione con la via F u l v i a, sirimanda a CRESCI MARRONE 1991, p. 121 e a SETTIA 1991, p. 234ss.38 MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, p. 305. La localizzazio-ne del punto di attraversamento è ipotizzabile solo a valle dellafascia a frequente impaludamento, in corrispondenza degliampi meandri del fiume che caratterizzavano ancora in tempirecenti le campagne di Testona, ossia tra la confluenza del tor-rente Chisola e quella turbolenta del Sangone, dove il Po siincassa in un corso relativamente stabile. Per le attestazionidocumentarie relative alle divagazioni del corso del Po traTestona e Moncalieri, rettificato a partire dalla metà del Sette-cento, si rimanda a Progetto Po 1989, pp. 40-48.

39 SERGI 1981, p. 42; BORDONE 1997, p. 93.40 Ritrovato entro un vaso, con emissioni di Matidia e di Ploti-na: BRUZZA 1874, p. LX. 41 FUCHS 1944,p. 102; VIALE 1971, pp. 71-77; BIERBRAUER 1974;BIERBRAUER 1994, pp. 208 ss. La datazione del complesso ad etàteodoriciana (primi anni del regno) non contrasta non la pre-senza anche di oggetti più antichi (secondo quarto del V secolo).Oggi, l’effettiva provenienza del “tesoro” dal territorio comuna-le di Desana è messa in discussione da studiosi locali, che neritengono probabile la provenienza da Trino, senza tuttaviaapportare elementi probatori: per ulteriori informazioni sirimanda a PA N T Ò 2000. Per gli indizi di presenze gote in Pie-monte su base toponomastica cfr.S ETTIA 1996, pp. 17-18.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 31

42 Per la viabilità in Piemonte in età romana si rimanda in ulti-mo a BA N Z I 1999, però con qualche riserva per l’accettazioneacritica dei risultati degli studi locali; a CALZOLARI 1994, p. 51in particolare per questo tratto secondario e per le possibilivariazioni di età successiva a VERCELLA BAGLIONE 1993.43 In un atto di vendita del 1171 alla badessa di Santa Maria di

ciato viario che collegava Vercellae a d H a s t a4 2 e cheguadava il “flumen Gardina” presso il luogo dovetra il 1150 e il 1156 fu fondato il monastero bene-dettino di Santa Maria, probabile ospedale dip o n t e4 3. Alcuni scavi non sistematici condotti inpassato, avevano documentato a nord-est della rog-gia Gardina la presenza di un imponente edific i ocon pianta a U esteso su una superficie di oltre5.000 mq, connesso a un ambiente absidato ritenu-to dagli scopritori “risalente ai tempi della diffusio-

ne del cristianesimo”4 4 ( fig. 18, area G), la cui pla-nimetria sembra richiamare gli impianti noti delleville tardo antiche della Cisalpina4 5. Recenti pro-spezioni e raccolte di superficie portano a ipotizza-re l’estensione in quest’area anche di una necropo-li databile tra il I secolo a.C. e il I d.C. Due limitatisondaggi di scavo praticati a breve distanza (fig. 18,area H) hanno consentito di accertare rispettiva-mente la presenza di resti strutturali, al momentodi problematica collocazione cronologica in assenza

Fig. 19) Desana, località Settime. Tombe di ambito longobardo (area A).

Settime si tratta di un terreno sito “in territorio et curte Septi-mi” confinante con il “fluvius” Gardina: CASSETTI 2000.44 BORLA 1982, p. 87. L’autore, in alcune note indirizzate allaSoprintendenza Archeologica del Piemonte negli anni successi-vi alla scoperta (1973), precisa che il rilievo fu realizzato inte-grando planimetricamente le strutture osservate con lo scavo. 45 SPAGNOLO GARZOLI 1998, p. 84.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E32

di reperti, e di un piccolo edificio di culto in mura-tura di ciottoli legati da tenace malta, il cui model-lo planimetrico, ad aula, concluso a oriente daprofonda abside a semicerchio oltrepassato ester-namente contraffortata, con un annesso quadran-golare a nord, porta a collocare la chiesa piuttostoprecocemente nell’ambito del V secolo4 6.

Completano il complesso quadro insediativoevidenziato in questa zona i risultati delle indagi-ni condotte nel 1993 poco più a nord. In prossimitàdella cascina Settime 4 7, i lavori di scavo per ilmetanodotto Chivasso-Mortara (fig. 18, aree A-F),hanno portato all’individuazione di diversi conte-sti insediativi e funerari di orizzonte tardoantico ealtomedievale distribuiti in poco meno di 1 km, inparte compromessi per le condizioni di forteaggressione del sito sottoposto ad agricolturaintensiva48.

Apparentemente isolate al margine orientaledel sito (area A) sono state indagate due tombe acassa orientate ovest-est (T 1 e T 59), una dellequali sicuramente violata in antico, con semplicicorredi funerari di ambito longobardo rappresen-tati rispettivamente da un vaso a fiasco con deco-razione a stampiglia e da un coltellino (fig. 19). Seper quest’ultimo non è possibile una precisa pun-tualizzazione cronologica, per il vaso a fiasco i con-fronti riconducono ai primi decenni del VII seco-lo49. La localizzazione delle due sepolture a brevedistanza da un contemporaneo e più esteso cimite-ro (area B) con popolazione per gran parte autocto-na, suggerisce la presenza, ancora socialmenteseparata, di un gruppo egemone di tradizione ger-manica a carattere famigliare.

Ad un momento vicino all’occupazione longo-barda rimanda la formazione del cimitero con 57tombe di diversa tipologia e un numero minimo di73 individui, sviluppatosi in relazione alla presen-za di un edificio di culto, il cui impianto planime-trico è essenzialmente disegnato dalla posizionedelle sepolture, essendosi conservato unicamenteun breve tratto di muratura in fondazione, realiz-zata con pezzame laterizio e ciottoli legati da argil-la (fig. 20). Alcuni elementi dell’apparato decorati-vo recuperati nel livello di distruzione, e in parti-colare un laterizio decorato databile entro laprima metà dell’VIII secolo5 0, documentano l’im-pegno profuso nella ricostruzione o nell’amplia-mento dell’edificio.

Le più antiche inumazioni documentate sono inpiena terra, seguite da tombe di tipo più eleborato

delimitate da una semplice cordolatura di ciottoli eframmenti laterizi, distribuite su tutti i lati dell’e-d i ficio, ma con maggiore addensamento a oriente.Le tombe a cassa rettangolare o rastremata, conlati lunghi lievemente arcuati e copertura a doppiospiovente, sono otto, utilizzate per più inumazionisuccessive, e risultano realizzate con l’impiego dimateriali laterizi e ciottoli con legante di terra (fig .21). Solo la T 30, ubicata all’interno presso la fac-ciata, in posizione di privilegio insieme alle altretre sepolture al centro dell’aula, è realizzata conl’uso di malta. La cronologia delle tombe a cassa ein particolare del tipo con lati lunghi arcuati, mag-giormente attestato, si colloca tra il VII secoloavanzato e l’VIII. Una sola tomba, ubicata in posi-zione marginale a nord-est dell’area attesta invecela presenza del tipo a cassa antropoide, diffusoanteriormente alla fine del X secolo5 1.

Il cimitero presso Settime rivela, per un periodocronologico ancora scarsamente rappresentato inPiemonte negli aspetti funerari, consuetudini loca-li, caratterizzate da specificità proprie, tra le qualisi evidenzia la localizzazione delle riduzioni a latodel cranio dell’ultimo inumato, mentre non sembradi poter rilevare nella posizione degli arti superioridelle costanti ripetitive. Non sono stati rinvenutielementi di corredo o del vestiario, mentre in duecasi è attestata la presenza di oggetti di uso perso-nale, quali una fusaiola o vago di collana nella ridu-zione T 31S, da correlare alla deposizione primaria,e parte di un acciarino di selce nella T 29.

La rarefazione delle sepolture nel corso dell’VIIIe del IX secolo, con la sporadica ripresa nel X, peròin area marginale (T 3), può essere solo in partericondotta al disciplinamento di età carolingia cheproibiva le sepolture in chiese non plebane e allariorganizzazione normativa vescovile della diocesivercellese nel IX-X secolo5 2, dal momento che ildeclino sembra coinvolgere anche l’insediamento.

Allo stesso periodo di utilizzo del cimitero èriferibile la presenza di nuclei abitativi, labilmen-te conservati nelle strutture materiali. La presen-za di capanne a pianta circolare è testimoniata dauna base parzialmente interrata, dal diametro dicirca m 3 (area C), e da alcune lenti di terreno for-temente antropizzato anch’esse di forma circolare,che hanno restituito una elevata quantità di fram-menti di pietra ollare (area D). Una capanna consviluppo planimetrico presumibilmente rettango-lare è invece documentata da esili strutture realiz-zate con l’impiego di legno e argilla cruda su zocco-

46 In particolare i confronti per l’abside rimandano a edifici diculto datati dalla fine del IV-V secolo, come la basilica di PortaDecumana ad Aosta ed esempi transalpini: cfr. la rassegna inRE Y N A U D 1998, p. 236, 250. In ambito locale similitudini siriscontrano a Sizzano (cfr. infra) e Mergozzo (PEJRANI BARICCO

1999, p. 115, fig. 9).47 Nel cortile della cascina si conservano in elevato, inglobatein un fabbricato rustico, le strutture superstiti della chiesa diSanta Maria del priorato benedettino.

48 Per la pubblicazione esaustiva dello scavo e per la documen-tazione di dettaglio si rimanda a PANTÒ 2000.49 VITALI 1999, p. 206.5 0 A. CR O S E T T O, Decorazioni scultoree dalle chiese rurali nelPiemonte altomedievale (VII-VIII secolo), in questo volume.51 I confronti tipologici rimandano al vicino sito di S. Michele diTrino: NEGRO PONZI MANCINI (a cura di) 1999.52 PANERO 1988, p. 14 ss.; CHIARLONE 2000.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 33

Fig. 20) Desana, località Settime. Planimetria generale del cimitero e dell’edificio di culto (area B).

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li di muratura (area E). La scarsa conservazionedei resti non consente considerazioni sull’organiz-zazione degli spazi o sul modello di habitat, chesembra comunque configurarsi secondo un assettosparso, caratterizzato dalla commistione tra learee insediative e funerarie, sorte in adiacenzaalle strutture abbandonate di un edificio rustico dietà tardoantica (area F).

Elemento comune dei diversi contesti indagatiè l’assenza di ceramica, mentre i ritrovamenti dipietra ollare (fig. 22) affermano una insospettatavivacità commerciale e la presenza di attività arti-gianali del fuoco, testimoniate dall’elevata percen-tuale di recipienti con marcate iridescenze ramatedovute all’alterazione della clorite sottoposta adalta temperatura5 3. L’incremento del commerciodella pietra ollare a partire dal VII secolo è un

fenomeno che si sta delineando per i contesti inse-diativi pedemontani del Piemonte, ma che appareindiziato anche da quelli funerari di ambito longo-bardo con deposizione di recipienti, in passato rite-nuti tardoromani54.

I dati archeologici portano a collocare solo nelIX-X secolo un reale mutamento nelle forme diinsediamento e di occupazione del territorio diSeptimum, anche se la sopravvivenza del villaggiodopo il Mille trova attestazione documentaria. “Èprobabilmente da ricercare nel centro ammini-strativo della curtis il nuovo polo di attrazione perla popolazione, non coincidente con il villaggioaltomedievale”55, prima della costituzione del bor-gofranco di Tricerro l’anno 121856, avvenuta in unmomento coincidente con la precoce decadenza delmonastero di Santa Maria di Settime57.

(G.P.)

Fig. 21) Desana, località Settime. Particolare del cimitero, settore orientale.

53 Sono stati rinvenuti in totale 42 frammenti, con caratteriz-zazione delle superfici spesso indicative ai fini cronologici (cfr.PANTÒ 2000). Le attestazioni maggioritarie riguardano i clori-toscisti (gruppi G e F), provenienti dall’arco alpino nord-occi-dentale, con prevalenza dalla Valle d’Aosta con la val Merianae dalle valli di Lanzo. Sono presenti anche alcuni talcoscisti,con trattamento delle pareti esterne ad arco di cerchio, i cuiconfronti riportano al periodo tardolongobardo, da cave dalleAlpi centrali, in particolare da Valtellina e Bregaglia (gruppoD) e da Ticinese o Novarese (gruppo B). La sottorappresenta-zione della ceramica rispetto alla pietra ollare si sta eviden-ziando anche altrove, in contesti insediativi compresi tra VIII e

X secolo (Carvico, S. Tomé: M A L A G U T I, in stampa; Brescia,palazzo Martinengo e piazza Labus: GUGLIELMETTI 1996, p. 11;Pellio Intelvi: ARSLAN, CAIMI, UBOLDI 2000, pp. 147-149).54 Due recipienti provengono da Borgovercelli, uno più alcuniframmenti da Borgomasino, uno da Carignano e uno da Beina-sco: per la bibliografia specifica cfr.PANTÒ 2000, n. 57. 5 5 CH I A R L O N E 2000. L’ultima menzione del villaggio di S e p t i -mum risale al 1188: PANERO 1985, p. 22.56 Per le popolazioni che confluiscono verso Tricerro cfr. PANE-RO 1979, passim57 CASSETTI 2000.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 35

Fig. 22) Desana, località Settime. Pietra ollare dai siti di abitato (aree E, D, C). Le lettere piccole corrispondono algruppo petrografico; gli asterischi segnalano i recipienti utilizzati come crogioli (scala 1 : 3).

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E36

Dorzano

In prossimità dell’altopiano morenico dellaBessa i cospicui ritrovamenti archeologici di etàromana documentati nelle aree dei comuni di Dor-zano e di Salussola e in particolare nella piana diS. Secondo, portano a identificare la zona compre-sa tra i due centri abitati come sede di un insedia-mento vicano del pagus Victimulae, amministrati-vamente dipendente da E p o r e d i a5 8, sviluppatosiin relazione allo sfruttamento delle aurifodinae, lacui rilevanza dall’età repubblicana era già statasottolineata da Strabone (Geogr. V, 1, 12) e da Pli-nio (n . h ., XXXIII, 41, 78)5 9. Collocata lungo unadiramazione dell’asse viario che da Vercelli porta-va a Ivrea e ai passi alpini6 0, la località è ancoraricordata nella C o s m o g r a p h i a d e l l ’ A n o n i m oRavennate, risalente forse al VII secolo seppurebasata su fonti tardoromane, che la indica ubicataiuxta Eporejam non longe ab Alpe est civitas quaedicitur Victimula (R a v. 4, 30). L’affioramento di

cospicui ruderi doveva caratterizzare il paesaggioancora ai tempi dell’arcivescovo di Vercelli Gio.Stefano Ferrero se questi, scrivendo nel 1609,ricordava che “ […] in valle S. Secundi reperiuntpassim incolae inter arandum fundamenta multaantiqua aedificiorum ingentium, quorum frequen-tia etiam supra terram eminent”61.

Oltre alle scoperte avvenute nel passato diresti strutturali e di importanti documenti epigra-fici e figurativi, per lo più di piena età imperiale, inparticolare nelle regioni denominate “Murassi” e“Le Porte”62, altri elementi suggeriscono la possi-bilità che in questa zona anche nella tarda anti-chità sorgessero edifici di notevole estensione er i l e v a n z a . La complessità topografica del sito sievidenzia anche in relazione all’ubicazione dellediverse aree funerarie di orizzonte tardoantico ealtomedievale identificate sulla base di vecchiritrovamenti, poco o nulla documentati, che tutta-via offrono informazioni sulla localizzazione ditombe e aree sepolcrali topograficamente connesse

5 8 Come evidenziato dalle ricerche di BR E C C I A R O L I TA B O R E L L I

1988, pp. 135-136.59 Per il discusso passo di Strabone, che lo colloca nei pressi diPiacenza, e in generale sull’attività estrattiva della Bessa cfr.DOMERGUE 1998.

60 VERCELLA BAGLIONE 1992; BANZI 1999,p. 54 ss.61 FERRERO 1609, p.23.62 Per una rassegna dei ritrovamenti e della bibliografia relati-va si rimanda a PANTÒ 1991-92, p. 60 ss., a MASSARA 1999 (contentativo di localizzazione topografica sulla base dei catastalidel XVIII e XIX secolo), e a LEBOLE 1999.

Fig. 23) Dorzano. Veduta aerea dello scavo.

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a edifici di culto63. Recenti indagini hanno consen-tito di evidenziare la presenza di strutture presu-mibilmente riferibili a una villa di età bassoimpe-riale, della quale è stato identificato anche unambiente absidato64.

A breve distanza, su un rilievo dominante lapiana di S. Secondo, è in corso l’indagine di un edifi-cio di culto (fig. 23) già intercettato nel corso di ricer-che condotte nel XIX secolo6 5 e interpretato daglieditori del passato come un ponderario, in ragionedel ritrovamento avvenuto nel 1819 di un’iscrizionededicatoria databile al I-II secolo, che ne ricorda ladonazione da parte di Titus Sextius a p p a r t e n e n t ealla tribù Vo l t i n i a, duumviro a E p o r e d i a6 6.

Il primo impianto attribuibile con certezza a une d i ficio di culto6 7 è basilicale orientato, articolato in tre

navate con le minori fiancheggiate a est da ambientisimmetrici a pianta quadrangolare e navata centraleconclusa da abside semicircolare oltrepassata, ester-namente rafforzata da due contrafforti. Resti struttu-rali in prosecuzione del muro d’ambito meridionale,potrebbero indicare la presenza di un atrio, forse noncontestuale per le differenze riscontrate nella tecnicacostruttiva. In tempi successivi altri ambienti si addi-zionarono lungo il lato esterno settentrionale (fig. 24).

La muratura, conservata solo per brevi trattinel primo filare di elevato, è in ciottoli accurata-mente connessi con l’inserzione di rari laterizi, piùabbondanti nei tratti di elevato, legati da tenacemalta. La tipologia dell’abside68 e la tecnica edili-zia convergono nell’indicare per la costruzione unacronologia compresa tra la fine del IV e il V secolo.

63 I dati sono stati raccolti e analizzati in PANTÒ 1991-92. Dalterritorio provengono la lapide funeraria cristiana di Vi t a l e sadolescens, cronologicamente attribuita al V-VI secolo e rinve-nuta nel 1782 nel coro dell’oratorio di San Pietro Levita (RODA

1985, p. 176 n. 104), e il frammento che ricorda Anastasio, oggiperduto, già murato nella facciata dello stesso edificio (SCHIA-PARELLI 1894-1895, pp. 198-200; VIALE 1971, p. 77).64 BRECCIAROLI TABORELLI 1995, pp. 328-329.65 RONDOLINO 1882, p. 29, ci informa che durante gli scavi pra-ticati “da mani ignoranti”, oltre a rovinarsi le strutture mura-rie, “se n’andarono i marmorei selciati” comprese, forse, le epi-grafi funerarie cui dovevano far parte i due frammenti con inomi rispettivamente di Modesta e Liberata, oggi perduti (CIL

V, 6772). Le recenti indagini sono state dirette da Luisa Brec-ciaroli Taborelli e dalla scrivente nella campagna di scavo del1998: PANTÒ 1999c, con bibliografia precedente.66 BRUZZA 1874, n. XXIX, pp. 55-56; RODA 1985, n. 100, pp. 168-169; MASSARA 1999, p. 25 ss.67 Nell’area orientale sono stati documentati i resti di un picco-lo edificio la cui funzione e cronologia potrà essere definita conla prosecuzione delle indagini. 68 Si riscontrano marcate similitudini con le chiese della Valled’Aosta prevalentemente datate tra la fine del IV e il V secolo,e in particolare con quelle di Villeneuve (aula N) e di S. Loren-zo ad Aosta: per la bibliografia specifica e per ulteriori confron-ti cfr.B RECCIAROLI TABORELLI 1993, p. 306.

Fig. 24) Dorzano. Planimetria fase 1.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E38

Dai dati attualmente raccolti sembra di poterescludere, almeno per i primi tempi, la destinazio-ne funeraria della chiesa. L’assenza di sepolturenon consente di riconoscere in questo edificio unsantuario dedicato al culto di san Secondo69, pre-sunto martire della legione tebea, che sarebbestato giustiziato sotto Diocleziano e Massimiano“uno milliari prope castellum Cesariano quod […]nomen Victimolis accepit” come narrato dalla Pas -s i o, edita dal Mombrizio nel 1478 e ripresa daglieditori degli Acta Sanctorum, ma non anterioreall’VIII secolo70. D’altra parte recenti studi tendo-no a collocare la diffusione del culto dei santi mili-tari e in particolare di quelli della leggendarialegione Tebea solo in età gota e poi longobarda, inforte contrapposizione all’arianesimo71.

Un importante ampliamento comportò l’esten-sione dell’edificio con l’arretramento verso est del-l’abside innanzi alla quale si sviluppa una strutturad e finita da quattro pilastri, dei quali due cruciformia est e due quadrangolari a ovest. Resta ipotetica

l’addizione di navate laterali delle quali è al momen-to meglio documentata quella settentrionale, forse aterminazione absidata, come parrebbe indicare unatrincea d’asporto ancora da indagare, racchiudente iresti di un elemento circolare di muratura di ciotto-li dal quale si diparte una canalizzazione di elemen-ti laterizi, forse interpretabile come residuo di unavasca battesimale (fig. 25). Le strutture murariedell’ampliamento si caratterizzano per la tessiturairregolare con l’impiego di pietre e ciottoli legati damalta, tranne che nel filare di imposta dove le pietrehanno maggiore pezzatura e legante d’argilla. Pro-babilmente all’arredo di questa fase è attribuibilel ’opus sectile pavimentale in piastrelle di diverseforme e dimensioni, con prevalenza dei triangoli inbianco e nero, recuperati nell’arativo.

Intorno all’edificio si estese l’area cimiteriale72

con tombe in piena terra e altre, maggioritarie, afossa delimitata mediante cordolature di ciottoli elaterizi fratti, mentre una sola documenta la pre-senza della tipologia a cassa di muratura. Questa

69 Secondo l’interpretazione di LEBOLE 1994, p. 333 ss. 7 0 Acta SS. Augusti, V, cc. 792-797; l’interpretazione degli ultimidue capitoli, che alludono a diverse traslazioni delle reliquie eche forse sono di epoca successiva, è controversa. Il vescovo Fer-rero ricorda la presenza di una Vita del martire nell’Archiviodella Chiesa di Vercelli “in codice quodam perantiquo” (FE R R E R O

1602, p. 21), a oggi non reperito. Per la rivendicazione alla chie-sa vercellese del santo cfr. CR O V E L L A 1968, pp. 52-57, LE B O L E

1979, pp. 24-40 e in ultimoMO N A C I CA S TA G N O 1997, pp. 69-70.

71 CRACCO RUGGINI 1999, pp. 32-33 con fonti e bibliografia.7 2 Al momento sono state indagate poco più di una decina ditombe contenenti in alcuni casi più di una inumazione. L’anali-si antropologica dei resti umani, pervenuti in precarie condi-zioni di conservazione, è stata effettuata da E. Bedini; si èriscontrata la presenza di soggetti di entrambi i sessi decedutitutti in età adulta o avanzata, mentre appare evidente la sotto-rappresentazione degli infanti.

Fig. 25) Dorzano. Planimetria fase 2.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 39

(T 5), collocata in evidente posizione di privilegioall’esterno dell’edificio in asse alla facciata, è rea-lizzata in muratura di ciottoli e tegole frammenta-rie poste in opera con legante di argilla, priva difondo e copertura costituita probabilmente datavole lignee e da alcune lastre di pietra (fig. 26).L’inumato, un soggetto adulto di sesso maschile73,era deposto con il capo a est poggiato su un emise-squipedale utilizzato come cuscino cefalico. La cro-nologia della tomba è suggerita dall’analisi C14effettuata sui resti umani, che ha fornito la data-zione non calibrata all’anno 770 ± 50.

La realizzazione dell’ampliamento della chiesacon possibile funzione battesimale, ancora ante-riormente alla metà del VII secolo, è suggeritadalla presenza dei frammenti di un vasetto condecorazione a stralucido di tradizione pannonicadeposto in una sepoltura infantile (T 8), che affian-ca l’abside sul lato meridionale.

L’abbandono dell’edificio sembra collocarsi dopol’VIII secolo, presumibilmente nel corso del IX. Purconsiderando con riserva i toni catastrofici chenella Vi t a del Beato Pietro Levita, pervenuta indoppia copia del XIII secolo, ma ascrivibile al X-XIsecolo, accennano a devastazioni subite dai luoghimuniti e dalle chiese di Vittimulo nel corso didistruttivi eventi bellici7 4, non si può non notarecome il destino del pagus e con esso l’assetto inse-diativo della conca di S. Secondo fosse destinato amutare drasticamente “nel volgere di qualche seco-l o ”7 5. Tra l’atto dell’826 degli imperatori Ludovico eLotario a favore del conte Bosone, in cui la corte diBiella è collocata nel pago di Vi c t i m u l a e (I c t i m o -l u m)7 6, e il diploma di Ottone III del 999, in cui ilquadro di riferimento è completamente mutato infavore di Biella7 7 si colloca l’incastellamento delsito di altura di Salussola, probabile nuovo polo diaggregazione delle popolazioni rurali7 8.

(G.P.)

7 3 Il soggetto, alto cm 165, deceduto a 45-50 anni, era statoafflitto in età infantile da rachitismo. 7 4 Archivio Capitolare di Vercelli, Vita beati Petri Levitae, cod.X LVII, ff. 79-82, e cod. XXXIV, ff. 196-201. Il corpo del Beato, col-laboratore di Gregorio Magno, morto il 604 o poco dopo, sarebbestato trafugato “a romana sede ad uictimuli castrum antiquovocabulo cesareanum dictum” e traslato sotto il vescovo Ingone(961-967) nelc a s t r u m di Salussola: a tale proposito cfr. CA N T I N O

WATA G H I N 1997, p. 44, n. 86, con bibliografia precedente.75 GANDINO 1990, p. 70.

76 MGH Diplomata, 1893, doc. 323, pp. 748-751.77 BORELLO 1933, doc. 1, p. 1 ss. in cui il riferimento al comita-to di cui fa parte Biella, rimanda alla precoce organizzazionecarolingia dell’impero.7 8 Per il quadro relativo all’incastellamento del Biellese sirimanda ai dati raccolti in PA N E R O 1985, p. 27, n. 15; in generale,per le dinamiche che portarono alla costruzione di castelli eall’incastellamento di c u r t e s tra X e XI secolo in Piemonte, foca-lizzate attraverso la ricerca storica, si rimanda a SE T T I A 1999, p.342 ss; per le fonti archeologiche cfr. MI C H E L E T T O 1998, pp. 70-77.

Fig. 26) Dorzano. Particolare della T 5.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E40

Sizzano

Ancora un abbandono sievidenzia per la chiesa di Siz-zano, nel Novarese, costruitain una villa romana con con-tinuità di vita e trasformazio-ni attestate dai materiali finoal IV-V secolo7 9 (fig. 27). Lavilla faceva parte delle estesestrutture abitative del pagusA g a m i n u s8 0, mentre la pre-senza di una comunità cri-stiana nello stesso p a g u ssarebbe attestata da Eusebiodi Vercelli già a metà del IVsecolo81.

La precisa sovrapposizio-ne delle strutture paleocri-stiane sul precedente peri-metro della villa, nel suoangolo sud-occidentale, indi-ca non solo l’ovvia recenzio-rità della chiesa, ma ancheche il suo inserimento tra ifabbricati del complessoavvenne in un periodo in cuiesso era pienamente in fun-zione, partecipe della genera-le prosperità del distrettorurale di appartenenza, chenon subì significative contra-zioni dell’abitato nel tardoimpero, come attestano leevidenze archeologiche in piùsiti del territorio pagense.

L’edificio di culto è ad aula unica (m 15,40 x 11circa), conclusa a oriente da un’abside con profilointerno a semicerchio oltrepassato, affiancata dadue vani rettangolari simmetrici (fig. 28). Distru-zioni moderne praticate nell’abside hanno impedi-to di verificare la presenza dell’altare, mentre sonorisultati meglio conservati i resti dei piani pavi-mentali dell’aula che, raccordandosi alle pareti,provano l’unitarietà di impianto della chiesa e per-mettono di precisare i rapporti stratigrafici con lefasi successive.

L’esame preliminare dei materiali ceramiciraccolti negli strati relativi all’edificio di cultosuggerisce un orizzonte cronologico tra IV e Vsecolo, ma le caratteristiche architettoniche dimatura elaborazione – in particolare l’absidestretta tra i p a s t o p h o r i a – fanno propendere per ilV secolo8 2.

I rapporti con la villa non lasciano dubbi sulcarattere privato della fondazione religiosa, le cuisorti appaiono ad essa legate anche nel seguenteperiodo di vita. Nei primi tempi la chiesa non

79 Gli scavi sono in corso dal 1988 sotto la direzione di Giusep-pina Spagnolo Garzoli, con la partecipazione di chi scrive alledue campagne che hanno interessato la chiesa: SPAGNOLO GAR-ZOLI 1991; PEJRANI BARICCO 1999, pp. 80-83.8 0 Sulle attestazioni archeologiche ed epigrafiche del p a g u s esulla sua struttura territoriale: SPA G N O L O GA R Z O L I 1998, SPA-GNOLO GARZOLI 1999; DESSILANI 1995.8 1 Sulla dibattuta questione dell’autenticità dell’interpolazio-ne che include la plebs degli Agaminae ad Palatium nell’elencodelle prime comunità cristiane dell’attuale Piemonte citate daEusebio di Vercelli, di recente si è espressa favorevolmenteCR A C C O RU G G I N I 1999, in particolare pp. 26-29, che vede con-fermata dalla documentazione archeologica “la traccia di una

cristianizzazione delle campagne che muoveva dai vertici civiliprima ancora che ecclesiastici, ossia dai grandi proprietariormai cristiani di queste ville incastonate in complessi vicani”.8 2 Pur in assenza di confronti precisi, pare infatti poco probabileche l’organica disposizione dei p a s t o p h o r i a non risenta già deimodelli orientali mutuati attraverso Ravenna. Va comunque sot-tolineato, come si accennerà nelle conclusioni, che il tema archi-tettonico degli annessi laterali ricorre più volte nell’architetturadella nostra regione, con soluzioni variate sia in relazione aimpianti a tre navate, sia a edifici a navata unica. Non è quindiescluso che qui si tratti di una elaborazione originale per la crea-zione di locali indispensabili alla funzionalità liturgica, relativa-mente indipendente dai più aulici e lontani riferimenti.

Fig. 27) Sizzano. Veduta aerea della villa con oratorio paleocristiano.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 41

Fig. 28) Sizzano. Veduta aerea della chiesa.

Fig. 29) Sizzano. Particolare delle tombe affiancate alla parete meridionale della chiesa.

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accolse sepolture né interne né esterne; soltantoquando il pavimento era ormai interrato e laquota di calpestio si era notevolmente rialzata, sisviluppò un limitato cimitero lungo la paretemeridionale e al suo interno, presso l’angolo sud-occidentale (fig. 29). Successive erosioni del depo-sito archeologico e le arature del terreno hannoridotto lo stato di conservazione delle strutturefunerarie al solo fondo o a pochi resti delle paretidelle tombe a cassa rettangolari o trapezoidali conpezzame laterizio disposto a secco o legato damalta ora disgregata. Altri fondi accuratamentecostruiti con tegole o mattoni interi potevanoessere connessi a coperture a doppio spiovente ditegole, secondo tipologie diffuse, confrontabili adesempio con le diverse varianti emerse a Centallonel cimitero di VI-VII secolo. A “cappuccina” erainoltre coperta la tomba più antica, infantile e iso-lata nell’aula, l’unica forse compatibile, per laquota del colmo, con la seconda pavimentazionedella chiesa.

Nessun oggetto di corredo è stato ritrovato, nési possono trarre informazioni sui resti scheletrici,completamente perduti a causa della natura delterreno. Si può quindi soltanto ipotizzare che traVI e VII secolo l’ultimo gruppo di residenti dellavilla, forse i proprietari, data la discreta qualitàcostruttiva delle tombe, abbia scelto il proprio ora-torio privato come luogo di sepoltura, anche se l’e-dificio, già interrato, stava avviandosi a rovina.

Successivi allineamenti, abbastanza regolari,di buche da palo, rivelano l’esistenza di un edificiodi legno, probabilmente impostatosi tra i ruderidella chiesa ormai abbandonata. Difficilmente sitratta di una cappella, mentre non si esclude possaessersi verificata nell’alto medioevo una riconver-sione dell’area all’uso abitativo o agro-pastorale.La chiesa dunque non sopravvisse a lungo all’ab-bandono della villa, che a sua volta rientra nell’or-mai noto fenomeno della fine di queste strutture,v e r i ficatosi nell’Italia settentrionale nel corso delVI secolo83. Tuttavia la precoce decadenza di que-sto oratorio potrebbe avere relazione anche con l’i-stituzione di una chiesa battesimale, se fosseroconfermate le origini paleocristiane del San Vitto-re di Sizzano, citata come pieve nel 1000 e nel 1013e che alla fine del XVI-inizi del XVIII secolo, primadi essere ricostruita, aveva ancora un battisteroautonomo, sotto forma di capella rotunda antiquacon abside, altare e resti di un fonte battesimalelaterizio84.

(L.P.B.)

Gozzano

Le indagini sull’isola d’Orta, condotte in piùoccasioni fino all’estate del 1999 (figg. 30, 31),offrono dati sempre più numerosi sulle vicendedella chiesa e del castrum, per i quali si è propostodi attribuire l’importante fase costruttiva databiletra la fine del V e gli inizi del VI secolo all’iniziati-va dei vescovi novaresi, alla quale si accompagnò ilrilancio del culto dei santi Giulio e Giuliano, mis-sionari evangelizzatori dell’area del Cusio85. Se latomba di san Giulio è venerata sull’isola almenodal V secolo, quella di san Giuliano era finora loca-lizzata nella chiesa di San Lorenzo a Gozzanodalla tradizione agiografica, che vuole l’edificiocostruito dal santo stesso per predisporvi la pro-pria tomba86, dalle strutture romaniche della chie-sa attuale – che comprendono il cenotafio emer-gente dietro l’altare (fig. 32) – e dalla documenta-zione scritta relativa alla pieve di Gozzano.

Con un diploma del 919, Berengario I concedeal vescovo di Novara Dagiberto di istituire pressola chiesa plebana di Gozzano un mercato settima-nale, al sabato, e una fiera annuale il 24 ottobre,giorno della festa di san Giuliano, le cui ossa – diceil documento – sono conservate nella chiesa stessa.La data della festa corrisponde alla traslazionedelle reliquie, probabilmente avvenuta alla finedel IX secolo sotto l’episcopato di Cadulto (882-891), mentre la conferma della dedica della pieve asan Giuliano è data da una citazione del 97087.

La nuova chiesa plebana fu dunque costruitaprima degli inizi del X secolo e dotata delle reliquiesottratte al San Lorenzo, dove tuttavia si conservòla memoria dell’originario luogo della sepoltura diGiuliano, oggetto di perdurante devozione. Inseguito la chiesa dovette subire un progressivodegrado, se nel 1141 il vescovo Litifredo la affidò aun gruppo di laici, purchè la restaurassero e prov-vedessero al suo sostentamento.

L’edificio attuale, ad aula unica absidata, èfrutto di successivi parziali rifacimenti: il settoreorientale, che comprende l’abside, appartieneall’età romanica, probabilmente ai restauri ese-guiti dopo il 1141, mentre il resto della navata furicostruito più tardi, in sostituzione delle struttu-re preromaniche evidenziate dallo scavo.

L’origine paleocristiana della chiesa è statainfatti rivelata dall’indagine completa svolta al suointerno e appena conclusa, che ha chiarito come l’at-tuale edificio ricalchi sostanzialmente lo schema

83 BROGIOLO (a cura di) 1996.84 GAVAZZOLI TOMEA 1980, p. 94.85 PEJRANI BARICCO 1999, pp. 83-97; PEJRANI BARICCO 2000.86 La redazione del testo della Legenda Sancti Julii et Julianiè stata recentemente retrodatata rispetto alla cronologia pro-posta dalla critica precedente, in quanto esso compare già nelpassionario 12 (10) della Biblioteca Capitolare di San Vittore di

Intra, ora attribuito alla fine del IX secolo, e potrebbe risalireagli inizi dell’VIII, contemporaneamente alla stesura della Vitadi San Gaudenzio: GAV I N E L L I 1998-1999, pp. 28-31; AN D E N N A

2000, p. 20.87 Sulle chiese di San Lorenzo e di San Giuliano a Gozzano: DI

GIOVANNI 1980, pp. 190-194. Per i riferimenti documentari e ilquadro storico precedente le indagini archeologiche si rimandaad ANDENNA 1987.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 43

Fig. 30) Isola di S. Giulio d’Orta. Scavo 1998 in casa Tallone; la freccia indica i resti del muro di cinta del castrumtardoantico (fine V-inizi VI sec.).

Fig. 31) Isola di S. Giulio d’Orta. Scavo1999 in piazza Vittorio Veneto: sui resti diuna scala monumentale tardoantica siimpostano edifici di età longobarda.

Fig. 32) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo,veduta dell’area presbiteriale agli inizidello scavo; dietro l’altare emerge la coper-tura del cenotafio.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E44

planimetrico della prima chiesa, ricostruibile inbase ai resti delle fondazioni, visibili nei brevi trat-ti delle pareti longitudinali non fasciati dalle pan-che in muratura di età moderna, e allo sviluppodella fase cimiteriale più antica (figg. 33, 34).

L’aula era verosimilmente conclusa da un absi-de, come suggerisce la disposizione radiale delletombe, e dotata di un banco presbiteriale a ferro dicavallo (fig. 35). Ai lati di questo si allineano duebasi in muratura che dovevano supportare un dia-framma murario. Davanti al synthronos sono con-servati lacerti di pavimentazione che delineanoun’area quadrangolare, larga quanto il banco, contracce di opus sectile, contornato da resti di coccio-pesto su vespaio, che forse si estendeva al restodella chiesa. Il quadrilatero lastricato davanti albanco doveva accogliere l’altare, probabilmentechiuso da recinzioni.

La tipologia dell’aula unica con gruppo presbite-riale banco-altare trova abbondanti riscontri nellechiese paleocristiane delle diocesi settentrionalidella metropoli di Aquileia, a suo tempo studiate daMenis e prevalentemente datate al V secolo8 8. Nonlontano da Gozzano, ma in diocesi di Vercelli, la

chiesa battesimale di Santo Stefano di Lenta, di cuisi è proposta una rilettura e un’ipotesi di datazionealla prima metà del VI secolo, offre un importantequanto raro confronto in ambito regionale8 9.

Dietro il banco, sull’asse mediano della chiesaed esattamente al di sotto del cenotafio di etàromanica, si è individuata una tomba molto bencostruita con il fondo monolitico in pietra e le pare-ti in muratura legate e rivestite da malta signina.Il defunto doveva essere deposto con il capo a est,come indicano il cuscino in pietra e la terminazio-ne arcuata della cassa, che richiama la forma deisarcofagi. Ritrovata ora vuota e priva della coper-tura originaria, questa tomba era evidentementequella di un personaggio venerabile, un ecclesia-stico, data la posizione a oriente del capo90, di cuianche più tardi, dopo la traslazione delle reliquie,si ribadì la santità evidenziandone il sepolcro conuna sovrastruttura emergente dal pavimento, consoluzione analoga a quella adottata per San Giulionella sistemazione romanica del presbiterio dellabasilica sull’isola.

In attesa di approfondire meglio i confrontitipologici di questo santuario, e in assenza di ele-

88 MENIS 1958, pp. 195 ss.89 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.

90Sull’ipotesi che la disposizione inversa dei defunti con capo aest sia riservata agli ecclesiastici: DU R A N D 1988, p. 191; viaccenna inoltre CROSETTO 1998b, p. 227.

Fig. 33) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da ovest.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 45

Fig. 35) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, planimetria dello scavo. Gli asterischi indicano la presenza di oggetti dicorredo nelle tombe.

Fig. 34) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, panoramica dello scavo da est.

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menti di datazione assoluta, si può provvisoria-mente ipotizzare che sia sorto contemporanea-mente alla ricostruzione della chiesa di San Giuliotra la fine del V e gli inizi del VI secolo.

Probabilmente posteriore al primo impianto èlo sviluppo delle sepolture che andarono progressi-vamente occupando tutto lo spazio disponibile, adeccezione dell’area dell’altare, solo parzialmenteintaccata sul fronte occidentale. Lo sviluppo delcimitero appare ordinato per file, senza sovrappo-sizione delle strutture. Le tombe sono tutte a cassain muratura, oppure rivestite con grandi elementilapidei di recupero, tra i quali una stele e altriframmenti iscritti di età romana. Il fondo eraquasi sempre rivestito di laterizi o di lastre lapideee ancora lastre costituivano la copertura, come si èpotuto osservare nei pochi casi in cui era conserva-ta. I materiali edilizi impiegati nelle pareti com-prendono ciottoli, scapoli di pietra, frammenti dilaterizi ed emisesquipedali, legati da argilla o dacalce, talvolta utilizzata solo per la stilatura deigiunti sulle superfici interne della tomba. Resti difinitura a intonaco sono stati inoltre osservati inpochi casi, tra i quali spicca la T 45, posta davantiall’ingresso, per il rivestimento con intonaco rossodelle pareti e del fondo.

I defunti erano regolarmente deposti con il

capo a ovest. Di norma le tombe furono riutilizzatepiù volte e poi manomesse o interamente svuotategià in antico, con qualche eccezione nell’area delpresbiterio, meno disturbata. Si segnalano casi dicassette di riduzione ricavate al tempo dellaseconda inumazione (ad esempio T 13/16, T 17/20).

Lo studio in corso dei resti scheletrici9 1, pur-troppo mal conservati, va delineando le caratteri-stiche di un gruppo umano selezionato per sesso edetà di morte: sono infatti nettamente prevalentigli individui maschili adulti (oltre il 53%), spessodi età avanzata, come si è riscontrato per le tombedell’atrio del San Gervasio di Centallo. D’altraparte non stupisce che l’area interna alla chiesaabbia attratto le sepolture privilegiate dei capofa-miglia adulti o anziani, mentre è possibile che glialtri membri della comunità – donne e bambini –siano stati inumati all’esterno.

Soltanto sette tombe hanno restituito oggetti dicorredo e in ogni caso le rideposizioni e le violazio-ni hanno sicuramente causato l’impoverimento ola perdita completa dei corredi, benchè probabil-mente questi fossero già in origine di tipo ridotto.

La sola tomba quasi integra, salvo un limitatodisturbo all’estremità orientale, è la numero 2,posta a nord dell’altare e ancora coperta da unagrande lastra lapidea sigillata con malta lungo imargini: questa reca incisa un’importante epigra-fe leponzia della fine del III- prima metà del IIsecolo a.C.92. All’interno dell’ampia cassa in mura-tura era sepolto un uomo di oltre 50 anni, con unabottiglia di vetro, deposta all’altezza delle ginoc-chia, quale unico dono funebre, la cui tipologiatrova confronti in contesti databili dalla fine del VIa tutto il VII secolo93 (fig. 36).

In asse con l’ingresso della chiesa, in una posi-zione privilegiata che più volte si è evidenziatacome tale anche negli esempi precedenti, la T 63,estesamente distrutta, conteneva i resti sconvoltidi un individuo maschile di età matura o senile e diun altro adulto forse femminile. Apparteneva sicu-ramente al primo una ricca cintura multipla per lasospensione del sax con guarnizioni in ferro age-minato in argento e ottone su pseudo-placcatura inargento dei campi decorativi (fig. 37). Si conserva-no: la fibbia a placca fissa, con anello e ardiglionedecorati a tratteggio in argento e ottone e decora-zione di II Stile animalistico “armonioso” sullaplacca; due placche a forma di U, sempre con ani-mali anguiformi intrecciati con schemi diversi,compresi in un bordo perlato a punti alternati d’ot-tone e d’argento, e altre due placche più allungatee articolate, di cui una con decorazione tripartita,di tipologia già attestata nella cintura multipladella T 4 di Trezzo, e ricorrente nelle cinture suc-

91Devo alla cortesia di Elena Bedini le anticipazioni sui risul-tati delle analisi antropologiche.92GAMBARI 1998.93Si tratta di una bottiglia frammentaria con bocca imbutifor-

me, alto collo cilindrico, corpo globulare e fondo concavo, invetro verde chiaro con numerose bolle, decorata con un fila-mento applicato di colore bianco opaco, avvolto a spirale a par-tire dalla base del collo su quasi tutto il corpo. Appartiene allaforma B5 della classificazione di STIAFFINI 1985, pp. 680-682.

Fig. 36) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, bottiglia invetro proveniente dalla T 2 (scala 1 : 2).

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 47

cessive alla metà del VII secolo, tra le quali pareinserirsi il caso in esame94.

Nell’ambito del VII secolo si collocano anche glialtri oggetti di corredo ritrovati nelle tombe 47, 60,56, 54, tra i quali due fibbie in ferro di cinture reg-giarmi a placca mobile triangolare, confermano lapredominanza delle inumazioni maschili.

Infine nella cassetta di riduzione T 16, connes-sa alla T 13, contenente i resti di un uomo moltorobusto, di elevata statura (cm 177,5 circa) e di etàavanzata, si sono raccolti la fibbia e il puntaleframmentario di una cintura “a cinque pezzi” inferro di forma allungata, assegnabile alla fine delVII secolo-inizi dell’VIII95 (fig. 38).

9 4A restauro concluso sarà possibile approfondire la studiodegli schemi decorativi per una valutazione più precisa dei con-fronti; per il momento si rimanda in generale al gruppo dellecinture multiple ageminate, con motivi di II Stile animalistico“armonioso” e agli sviluppi più maturi di queste decorazioni, daultimo analizzati da GIOSTRA 2000, pp. 88-102.95PEJRANI BARICCO 1998, p. 96, fig. 29 a, b. La fibbia è priva diardiglione, con placca mobile triangolare allungata terminante

in una maglia passante, spezzata. Il bordo è sagomato, la deco-razione è limitata a quattro borchie in ottone con corona di basezigrinata. Sul retro è presente un occhiello di fissaggio spezza-to. Il puntale, frammentario, aveva probabilmente in origineborchie di fissaggio in metallo diverso (argento e ottone) ai lati,mentre quella centrale fu sostituita in antico con una borchiaemisferica in ferro. Per la forma e per la terminazione trafora-ta, la fibbia si confronta con esemplari decorati provenienti da:Calvisano, Santi di Sopra, T 12; Giengen, T

Fig. 37) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, guarnizioni di cintura provenienti dalla T 63.

Fig. 38) Gozzano. Chiesa di San Lorenzo, fibbia e puntale di cintura provenienti dalla T 16 (scala 1 : 2).

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In sintesi, la chiesa paleocristiana, sorta inrelazione alla sepoltura venerata, verosimilmenteidentificabile con il diacono Giuliano della tradi-zione agiografica, si connota in funzione funerarianel corso del VII secolo per opera di un gruppo, cuiappartengono personaggi di ceto elevato di ambitolongobardo96. La vitalità del luogo di culto sembratuttavia declinare nel corso dell’VIII secolo in con-comitanza con l’arrestarsi dello sviluppo del cimi-tero, che riprenderà soltanto molto più tardi, dopola ricostruzione romanica, con sepolture del XIII-XV secolo.

Ai due santuari di Giulio e Giuliano tocca quin-di una diversa sorte: il castrum sull’isola, probabi-le residenza del vescovo di Novara e poi del duca,contribuisce a mantenere inalterato il prestigiodella chiesa, che nei secoli successivi conferma ilsuo ruolo divenendo pieve, mentre la chiesa di SanLorenzo tra VIII e X secolo subisce la concorrenzadi una nuova chiesa plebana, costruita sull’alturadominante l’abitato e poi inclusa nel c a s t r u m d iGozzano, attestato per la prima volta nel 101597.

(L.P.B.)

Conclusioni

Se per le chiese battesimali di età paleocristia-na, documentate archeologicamente, è stata tenta-ta una sintesi regionale9 8, manca ancora un qua-dro riassuntivo che integri questa categoria di edi-fici in un panorama complessivo sulle strutturemateriali finora note, relative alla prima cristia-nizzazione delle campagne dell’Italia nord occi-dentale99, anche se non mancano approfondimentisu singole diocesi o su ambiti territoriali più circo-scritti100. Di conseguenza non è agevole distingue-re le linee di tendenza dell’evolvere delle tipologiee della distribuzione delle chiese, della loro funzio-ne e del loro rapporto con gli insediamenti nei seco-li VII e VIII, che cercheremo quindi di abbozzarepartendo in primo luogo dalle esemplificazioniillustrate nelle schede.

Continuità di vita degli edifici, nuove fondazio-ni e abbandoni risultano in buona parte condizio-nati dallo stato giuridico iniziale delle strutturereligiose, quando non intervengono importanti fat-tori politici o radicali modificazioni dell’assettoterritoriale e insediativo a complicare le dinami-che dell’organizzazione ecclesiastica101.

Partendo dalle chiese battesimali, sorte perdiretta iniziativa del centro episcopale e finalizza-te alla cura pastorale delle popolazioni rurali, nonemergono incrementi durante l’età longobarda:pur nella limitata casistica oggi disponibile, tutti ibattisteri preromanici individuati hanno rivelatoorigini più antiche, databili tra V e VI secolo, inaccordo con il panorama offerto dalle fonti scritte earcheologiche del resto della penisola per il V seco-lo e in particolare a partire dalla seconda metà102.

Per contro non si verificano nemmeno abban-doni e le strutture paleocristiane reggono i periodidi crisi, legati alla guerra greco-gotica e alla con-quista longobarda, proseguendo nella loro funzio-ne fino a consolidarla nel successivo ordinamentoplebano, salvo tardivi trasferimenti di alcune sediper attrazione del centro abitato. Potrebbe esserequesto il caso della chiesa di San Giovanni aiCampi a Piobesi e di San Giovanni in Montorfanodi Mergozzo, dove gli edifici vengono restaurati oricostruiti durante l’altomedioevo e i fonti battesi-mali rimangono in funzione fino all’età romanica,quando i documenti segnalano però una diversaubicazione della pieve.

Ancora, il battistero di Cureggio conosce unperiodo di temporanea crisi a partire dal VI secolo,ma l’edificio sopravvive fino alla ricostruzione delcomplesso plebano tra la fine dell’IX e la primametà del XII secolo103.

Sull’interpretazione delle due fasi edilizie dellagrande chiesa di Dorzano mancano ancora ele-menti dirimenti, che forse potranno essere acqui-siti con il proseguire delle indagini. Il sedime nonrisulta occupato in età romana e dunque non cisono prove del suo inserimento in una villa e dell’i-niziativa privata di un possidente laico all’originedella sua fondazione. Le dimensioni straordinaria-mente ampie per gli standard regionali, raggiuntesoprattutto nella seconda fase, depongono a favoredell’antichità e dell’importanza dell’istituzionereligiosa: forse davvero una chiesa battesimale aservizio di un centro demico “quasi urbano” comeVictimulae, che di questo seguì le sorti scomparen-do definitivamente tra IX e X secolo. La tomba pri-vilegiata di fine VIII-inizi IX secolo davanti all’in-gresso è comunque indizio significativo di conti-nuità d’uso dell’edificio fino all’età carolingia, senon addirittura di qualche intervento evergeticoin suo favore.

9 6Valgono naturalmente per questo gruppo tutte le cauteleinvocate dal dibattito storiografico recente sull’attribuzione“etnica” dei corredi di età longobarda, come è emerso ad esem-pio nel Convegno di Ascoli Piceno del 1995 (Atti di Ascoli) .Come nel caso di Centallo, le analisi antropologiche potrannoforse contribuire alla definizione delle caratteristiche del cam-pione umano rappresentato.97 ANDENNA 1987.98 PEJRANI BARICCO in corso di stampa.99 Può valere come esempio il lavoro svolto per la Lombardia:SANNAZARO 1990.

1 0 0 Sarebbe arduo e superfluo raccogliere in questa sede unaesauriente rassegna bibliografica; ci si limita a segnalare tra icontributi più recenti CANTINO WATAGHIN 1997; CANTINO WATA-GHIN 1998; CANTINO WATAGHIN 1999; LIZZI TESTA, CRACCO RUG-GINI 1998.101 Su questi temi si farà riferimento in particolare a VIOLANTE

1982 e a SETTIA 1991, pp. 3-45.102 Si rimanda al contributo di S. Gelichi e di V. Fiocchi Nicolaiin L’edificio battesimale in Italia, in corso di stampa. 103 PEJRANI BARICCO in corso di stampa, DI GIOVANNI 1980, pp.182-184.

Gabriella Pantò, Luisella Pejrani Baricco 49

Ritornando agli inizi dell’evangelizzazionedelle campagne, i dati archeologici sembrano con-fermare che in un primo tempo la costruzione degliedifici di culto non fu promossa tanto dai vescovi,ancora impegnati nel consolidamento della lorosede cittadina, quanto dai grandi possidenti ter-rieri, ai quali fu delegato il compito di convertire irustici alle loro dipendenze1 0 4. Accanto all’azionemissionaria spontanea di chierici e predicatori noninquadrati nelle gerarchie diocesane, che trasparen e l l ’ e p i g r a f i a1 0 5 e dalla quale originano rari san-tuari, come quelli di Giulio e Giuliano sull’Isolad’Orta e a Gozzano, ben più evidente risulta nelladocumentazione archeologica il precoce impegnodei possessores nel dotare di edifici di culto le lororesidenze rurali.

All’esempio di Sizzano si può aggiungere quel-lo di Ticineto106 dove alcuni ambienti di una villafurono trasformati in oratorio privato intorno alquale, più tardi, si sviluppò un cimitero attribuitoal periodo compreso tra la fine del V e il VII secolo.La funzione funeraria pare esclusiva per l’edificio,privo di resti di un eventuale altare o di fonte bat-tesimale, mentre la vasta diffusione delle sepoltu-re nell’area circostante può riferirsi alla popolazio-ne ancora insediata sulle terre della villa, dopol’abbandono delle sue strutture residenziali, avve-nuto tra V e VI secolo.

Anche qui, come a Sizzano, la ristrutturazioneterritoriale seguita alla fine del sistema di gestio-ne fondiaria incentrato sulle ville, non favorì dicerto la promozione a chiesa pubblica degli oratoriprivati – comunque improbabile in quei secoli – efinì per determinarne il definitivo declino, quandoil consolidarsi delle prerogative delle chiese batte-simali impedì loro di esercitare anche la funzionefuneraria.

Sempre all’iniziativa privata di un latifondistapare da riferire la trasformazione in chiesa dellestrutture tardo romane scoperte a Centallo, che sidistingue per l’eccezionale presenza del battistero,probabilmente dovuta proprio all’istituzione pre-coce di questa chiesa, entro la metà del V secolo,prima che la diffidenza dei vescovi e del papa neiconfronti delle fondazioni private sfociasse, perqueste, nella rigorosa interdizione di possedere ilfonte battesimale, come emerge verso la metà delVI secolo nei testi di papa Pelagio I107.

Non a caso a Centallo la sequenza stratigraficacolloca proprio nel VI secolo la soppressione delfonte. Ma a scongiurare un destino avverso a que-sta chiesa intervengono nuovi proprietari: unacomunità abbastanza consistente che vi si stabili-sce il proprio luogo di sepoltura e che poi investe le

sue disponibilità economiche nella ricostruzionedell’edificio.

È difficile non leggere in questo intervento dimecenatismo una manifestazione del radicamentofondiario dell’aristocrazia longobarda avvenutonel VII secolo, in concomitanza con la sua conver-sione al cattolicesimo e con il processo di osmositra la popolazione romana e quella immigrata,avviatosi dopo le prime fasi di stanziamento sepa-rato dei conquistatori108.

La chiesa di Mombello è per ora l’unica attesta-zione archeologica di un oratorio privato, a carat-tere funerario, costruito ex novodai membri di unafamiglia che il corredo d’armi e la facoltà di indos-sare vesti decorate di broccato d’oro permettono diidentificare come appartenenti alla nobiltà longo-barda, forse investita di responsabilità ammini-strative nell’ambito della iudiciaria. Per una voltaè chiaro il rapporto tra la chiesa e il nucleo abitatodi riferimento, in posizione assai ravvicinata, non-ché il contrasto tra il rango elevato degli abitanti ela qualità molto semplificata del loro modo di abi-tare.

La vicinanza tra capanne, oratorio e cimiteroemerge anche dall’indagine dei siti individuatipresso Settime di Desana, appartenente a unafase insediativa un po’più attardata nell’VIII seco-lo, ma destinata comunque a mutare e scomparirenel corso del successivo.

L’appropriazione a scopo funerario, da parte diun gruppo egemone, probabilmente longobardo,del San Lorenzo di Gozzano ripete per certi aspet-ti la situazione emersa a Centallo, ma qui la stret-ta correlazione con il San Giulio d’Orta e la conse-guente disponibilità di un maggior numero di fontistoriche, ci permette di seguire meglio in filigranal’evoluzione dei due santuari tra età gota e longo-barda in ambito sì rurale, ma connotato dalla pre-senza senz’altro eccezionale del vescovo e del duca.

In ogni caso l’avvento dei Longobardi non risul-ta determinare discontinuità, almeno per l’Italianord occidentale, nell’utilizzo degli edifici di cultoprecedenti, semmai restaurati o ricostruiti confunzione funeraria.

Segni di crisi ricorrono invece durante l’VIIIsecolo con la sospensione, a volte brusca, dellesepolture nelle chiese non battesimali, anchequando gli edifici perdurano fino all’età romanica eoltre. In alcuni casi la fine del cimitero sembrapesare in modo determinante tra le cause diabbandono degli oratori. Infatti, anche se soltantocon la legislazione carolingia l’organizzazione ple-bana riceve il suo assetto definitivo, non va dimen-ticato che il passo si compie dopo una lunga fase di

1 0 4 Nell’ampia bibliografia sul ruolo dei p o s s e s s o r e s nella cri-stianizzazione delle campagne si segnalano: L I Z Z I 1989 e SA N-N A Z A R O 1990, per il riferimento alla documentazione storica earcheologica di aree limitrofe al Piemonte o che lo comprendono.105 MENNELLA 1998.

106 NEGRO PONZI MANCINI 1980b, NEGRO PONZI MANCINI 1982,NEGRO PONZI MANCINI 1983, ZANDA 1996b.107 VIOLANTE 1982, pp. 992-1000.108 Per la situazione piemontese: MICHELETTO, PEJRANI BARIC-CO 1997.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E50

gestazione, che progressivamente conferisce allechiese battesimali le funzioni sacramentali, labase economica derivata dalle decime e la giurisdi-zione su un preciso territorio, determinando lacrisi delle chiese private. Né questa tendenza fubilanciata in modo apprezzabile nell’Italia nord-occidentale dalla diffusione delle chiese nei centricurtensi dell’VIII-IX secolo, data la strutturadispersa dei beni fondiari delle corti di questa

regione, e in generale dell’Italia centro-settentrio-nale, che non consentì lo sviluppo di funzioni par-rocchiali per i dipendenti dell’azienda agraria109.

Tra gli altri, l’esercizio del diritto di sepoltura,codificato nella prima metà del IX secolo110, trovaparticolare riscontro nella documentazionearcheologica proprio nella discontinuità dellesepolture presso le chiese non plebane per i secolicentrali del medioevo.

1 0 9 SE T T I A 1991, in particolare pp. 9-10. Gli scavi condotti aFrugarolo, nella cascina La Torre, dove si sarebbe localizzato ilcentro della c u r t i s regia carolingia di Orba, coincidente con ilc a s t r u m del X secolo, non modificano, per ora, il quadro trac-ciato. L’individuazione di una chiesa nel castrum, identificabilecon la chiesa plebana citata nel X secolo o, più probabilmente,con la cappella di San Vigilio, nota alla fine del IX secolo in villaU r b e, lascia ancora aperti molti problemi interpretativi sul

ruolo dell’edificio religioso in rapporto al castrum e alla curtis:BOUGARD 1991.11 0 VI O L A N T E 1982, pp. 11 3 9 - 1143. Il quadro più sfumato eaperto alle eccezioni tracciato da Settia a proposito del dirittodi sepoltura delle pievi risente delle conoscenze parziali rag-giunte dalla ricerca archeologica agli inizi degli anni Ottanta,quando egli scrisse il suo articolo Pievi, cappelle e popolamentonell’alto medioevo, riedito in SETTIA 1991, pp. 10-17.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E54

Un laterizio decorato altomedievale da Desana

Tra i laterizi che riempivano una fossa di scari-co, nell’area del cimitero scoperto nei pressi dellacascina Settime di Desana (provincia di Vercelli), èstato individuato un frammento di mattone deco-rato. Le condizioni della giacitura e le vicendedella sua utilizzazione hanno sicuramente incisosullo stato di conservazione1. Si riscontrano, infat-ti, numerose abrasioni superficiali e sbrecciature;tutti i lati presentano ampie rotture e, in partico-lare, si deve lamentare la perdita totale di più dimetà elemento. L’impasto (Munsell 2.5YR 4/8 red)abbastanza duro, a grana grossolana, presentanumerosi vacuoli e diffusi inclusi micrometriciquarzitici (bianchi), fitti anche in superficie. Dellaterizio si possono riscontrare solo alcune dimen-sioni: completamente la larghezza (cm 19,5) e lospessore (cm 5,5), mentre per la lunghezza abbia-mo solo una misura di massima della parte con-servata (cm 17,4). Osservando tuttavia l’anda-mento della decorazione e dando per scontate l’ite-razione del motivo e la presenza sull’elemento dialmeno una coppia di girali, come nel mattone diBazzano (NE G R I O L I 1940, tav. XXII), si è potutaipotizzare una lunghezza complessiva in origine dialmeno una quarantina di centimetri. Questa sipuò dunque avvicinare alla dimensione tipica deilaterizi classici (cm 44), piuttosto che a quelleriscontrate su altri esempi di epoca altomedieva-le2. Tra i pochi di questi che si avvicinano all’ipote-si ricostruttiva del pezzo di Desana, si possonoricordare alcune cornici e una ghiera d’arco incotto da Brescia (FIORILLA 1985-1986, n. 2.6 = cm48 x 19,5 x 7; n. 2.15 = cm 51 x 16 x 5; n. 3.4 = cm41 x 22 x 6,7)3. Le caratteristiche tecniche sembra-no escludere una realizzazione in cassaforma o conuna scalpellatura a cottura avvenuta; ben visibilisono infatti i segni degli interventi di manipolazio-ne plastica e di lisciatura eseguite a crudo, in partecon una spatola. Nel complesso la superficie non

sembra particolarmente curata e sono evidentidiverse irregolarità disegnative, come le angolo-sità del profilo delle foglie. Il retro è in parte accu-ratamente lisciato; questo si nota soprattuttoverso il bordo esterno, forse perché destinato adessere in vista. Nel restante spazio è lasciato mar-catamente grezzo, con alcune incisioni per render-lo più adatto ad una posa in opera. Non si sono tut-tavia riscontrate tracce di malta che possano con-fermare un suo inglobamento nella muratura.

DECORAZIONI SCULTOREE DALLE CHIESERURALI NEL PIEMONTE ALTOMEDIEVALE

(VII - VIII SECOLO)

Alberto Crosetto

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1 Per lo scavo si rimanda a PANTÒ 2000.2 FIORILLA 1985-1986; NOVARA 1994, p. 49

3 FI O R I L L A 1985-1986, p. 186, p. 192, pp. 202-203. Alcuni deiframmenti citati (n. 2.6 e 2.15) sono stati riediti (e rimisurati)in DE MARCHI 2000a, schede 493 e 398.

Fig. 1) Desana, frammento di laterizio decorato e rico-struzione grafica (ril. S. Salines).

La decorazione si sviluppa su una sola facciadel lato più ampio e su uno dei lati brevi. La primapresenta un unico girale con tre coppie di fogliependule, collegato con ogni probabilità ad un tral-cio a cornucopia con andamento sinuoso. Neglispazi di risulta, nell’angolo superiore e nel latoinferiore, sono presenti fogliette, la prima più pic-cola e tozza, marcatamente lanceolata l’altra,riempitivo d’uso in molti esempi analoghi. Il moti-vo doveva essere quindi iterato più volte, con que-sto o altri riempitivi (girandole, elici, rosette,nastri viminei e perlati), fino a completare la cor-nice. Sull’altro lato breve si trova invece un fregiopiù semplice, che riprendeva, in modo molto stiliz-zato, il tema del nastro sinuoso con girali. La resaè puramente disegnativa, realizzata a crudo conun’incisione netta, ma poco profonda, effettuataper mezzo di una piccola spatola (il segno presentauna larghezza di cm 0,5), né risulta curata unaparticolare coerenza formale del fregio, costruitoin realtà da tratti separati tra loro. Questi elemen-ti permettono di determinare che nel frammentoconservato si deve riconoscere la parte terminale,assai probabilmente la testata sinistra, di una cor-nice orizzontale, forse destinata ad essere in parteinserita in muratura come fascia decorativa4 e noncome architrave della recinzione presbiterale.

I confronti per questo motivo vanno ricercatinell’ambito della stessa tipologia, variamentedetta a “foglie pendule” o “accartocciate”, a “vorticidi foglie” o altrimenti “girandola a foglie oblun-ghe”, diffusa tra i prodotti scultorei su pietra nelterritorio piemontese. Girali a “foglie pendule”, ingenere però costituiti da singoli elementi, si trova-no nella fascia inferiore di un capitello (primametà VIII secolo), reimpiegato nella cripta di S.Anastasio ad Asti (GA B R I E L L I 1977, p. 32), sulledue facce di un architrave di porta dal S. Ponzio diMonticello d’Alba (prima metà VIII secolo: CR O-SETTO, 1999b, pp. 122-123), in un frammento di unelemento analogo da Borgo San Dalmazzo (primametà VIII secolo CR O S E T T O, 1999a, p. 133) e inalcune cornici da S. Massimo di Collegno (primametà / metà VIII secolo: CASARTELLI NOVELLI 1974,pp. 108-110, nn. 35-37). Non mancano confrontianche su un area più ampia e con persistenze chesi ritrovano, in forma più schematica, anche neisecoli successivi5. Il motivo viene usato prevalen-temente come decorazione ad andamento verticaleper pilastrini o colonnine, come a Gazzo Veronese(VIII secolo: LUSUARDI SIENA et al. 1989, p. 174) e al

museo di Brescia (IX secolo: PANAZZA, TAGLIAFERRI

1966, pp. 85-86, nn. 92-93); in pilastrini dalla chie-sa di S. Maria a Colombaro di Franciacorta (BS)(VIII - IX secolo: PA N A Z Z A, TA G L I A F E R R I 1966, pp.65-67, n. 86), dalla cattedrale di Luni (VE R Z O N E

1945, tav. XXXIX, n. 58); dalla chiesa lucchese di S.Micheletto e al Museo nazionale di Lucca (VIII - IXsecolo: BELLI BARSALI 1959, p. 40, n. 36; pp. 65-67,n. 86); oppure, con andamento orizzontale, su cor-nici o architravi, tra le quali quella da S. Mariad’Aurona di Milano (metà VIII secolo: RAVA G L I A

2000, scheda 272). Solo in qualche caso si ritrovautilizzato come bordura di plutei a Trento, frazio-ne Doss (VIII secolo: DE MA R C H I 2000b, scheda387), a Rive d’Arcano (prima metà VIII secolo:LUSUARDI SIENA 1997, p. 167) e al museo di La Spe-zia (seconda metà VIII secolo: FR O N D O N I 1987, p.52). Tra questi di particolare interesse risulta ilpluteo spoletino da S. Gregorio Maggiore (datatoall’VIII secolo: SE R R A 1961, pp. 65-67, n. 86) nelquale compaiono, anche se inserite in forma piùridondante e in un insieme decorativo di granlunga più complesso, le medesime foglie dupliciche troviamo nel laterizio di Desana.

Sono quindi da aggiungere, significativi per latipologia del materiale, altri confronti con la deco-razione in cotto contemporanea, anche se in gene-re di resa qualitativamente superiore, come le giàcitate cornici da Brescia6, anche queste con unagirandola a foglie profondamente incavate e unasemplice treccia sul lato, o il mattone di Bazzano7.La diffusione di queste tipologie decorative sulcotto è testimoniata da altre cornici da San Vittoredi Ravenna, con ricche cornucopie perlate (secon-da metà VIII - IX secolo: NOVARA 1994, pp. 54-55),e da un esempio di nastro sinuoso da Pavia, simileal motivo del lato breve, anche se certo più ricco eottenuto con diverse modalità di fabbricazione(VIII secolo: LO M A R T I R E 2000, scheda 268). Laserie dei confronti, la resa del modulo decorativoed alcuni particolari, come le caratteristichefogliette di riempitivo, inducono ad una datazionedel pezzo di Desana entro la prima metà dell’VIIIsecolo.

È comunque necessario sottolineare che questoframmento assomma in sé alcuni aspetti di singo-lare rilevanza nel quadro delle testimonianze noteper il territorio piemontese. Oltre ad essere laprima attestazione di una presenza decorativaaltomedievale in una zona, il basso vercellese,finora totalmente ignorata dalle segnalazioni -

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E56

4 La presenza di parti, lasciate grezze o meglio incise a solchiirregolari sul retro del pezzo, suggerisce questa interpretazio-ne. Fasce decorative inserite nella muratura dell’altare o, piùprobabilmente, delle pareti sono attestate a Rive d’Arcano(prima metà VIII secolo): LUSARDI SIENA 1997, p. 162.5 Un esempio particolarmente indicativo è quello utilizzato inuna lastra di Como (IX secolo): ZASTROW 1981, p. 35.6 Brescia, Musei civici: cornici laterizie da S. Salvatore, VIIIsecolo (PA N A Z Z A, TA G L I A F E R R I 1966, pp. 11 6 - 118, nn. 141-143;

FIORILLA 1985-1986, pp. 192-194). Tra queste in particolare laghiera d’arco in cotto (VIII secolo), che presenta un motivomolto simile (DE MARCHI 2000a, scheda 498).7 Tra i reperti segnalati al museo di Bazzano (NEGRIOLI 1940) èdi sicuro interesse il già citato mattone con semplice cornicelaterale e motivo più articolato sulla faccia principale. In esso sipossono notare simili caratteristiche del modulo decorativo (ilgirale a foglie pendule, singole in questo caso) e analogie tecni-che, come il doppio girale sulla faccia maggiore.

una delle prime per la stessa diocesi8 - l’interesserisiede anche nella stessa tipologia del materiale,essendo l’unico elemento in cotto finora noto perquesto periodo in area piemontese9. Risulta paleseche tale ritrovamento, oltre a costituire un’ulterio-re prova dell’uso decorativo di questa tipologia dimateriali e della sua diffusione generalizzata, sug-gerisce una maggior cautela nell’interpretazionedelle attestazioni finora registrate. La conferma diun utilizzo di apparati decorativi in cotto, decisa-mente soggetti a dispersioni maggiori, da conside-rare accanto alla possibile presenza di altri ele-menti, realizzati con materiali di maggiore deperi-b i l i t à1 0 oppure non decorati11, può infatti far ipo-tizzare una diffusione assai più vasta di questetestimonianze, e quindi degli edifici di culto sulterritorio rurale del Piemonte altomedievale,rispetto alle percentuali finora stimate.

Chiese rurali e scultura altomedievale in Pie -monte

Il panorama piemontese, osservato nella suaglobalità, permette di riscontrare una diffusa pre-senza di elementi di arredo scultoreo altomedieva-le, distribuiti però in modo disomogeneo: numeri-camente rilevanti, in genere, nelle città che in quelmomento erano sedi episcopali (Torino, A l b a ,Acqui, Tortona, Asti, Ivrea, Vercelli, Novara) o ingrandi centri religiosi; presenti e diffusi nel terri-torio del Piemonte meridionale; quasi assenti nel-l’area delle diocesi settentrionali1 2, dove, vicever-sa, non sono rare le attestazioni archeologiche diedifici di culto paleocristiani e altomedievali13.

I reperti, in genere, provengono da chiese diparticolare rilevanza o da pievi, segnalate cometali dalla documentazione di X – XI secolo, maspesso legate alla riorganizzazione di epoca caro-lingia. È ben vero che talvolta si ha il sospetto, chesi possa trattare in realtà di elementi decorativi

dislocati, riutilizzati con valenze particolari. Ben-ché spesso rimanga ignota l’originaria destinazio-ne dei reperti scultorei, nondimeno in molti casitale presenza costituisce un rilevante segnale dicontinuità.

Nel quadro tracciato emerge l’imponenza,

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8 Scarsissima è la segnalazione di elementi di scultura altome-dievale dal territorio dell’antica diocesi di Vercelli, se non perquanto attiene a Vercelli città (area di S. Eusebio, ex inf.Gabriella Pantò e un frammento, forse proveniente dal S. Sal-vatore, inglobato nel campanile di S. Francesco: PANTÒ 1986, p.125) e alle zone meridionali, di influenza astigiana (Villadeati:SILICANI 1996, p. 134)9 Non è stata finora studiata e schedata la produzione delle offi-cine laterizie in Piemonte nel periodo VI – VIII secolo, che, daalcuni segnali, dobbiamo pensare esistente con modalità opera-tive non dissimili dalla vicina area lombarda (FIORILLA 1986).Alcuni elementi come il bollo ancora inedito di Ursicinus,vescovo di Torino nella seconda metà del VI (ex inf. Luisella Pej-rani), quello del vescovo Benenates, vescovo di Asti nel VIIsecolo (MAGGIORA VERGANO 1875, pp. 224-225) e il problematicocaso della tegola altomedievale “tortonese” (X secolo?: AN T I C O

GA L L I N A 1985, pp. 410-412) lasciano ipotizzare la presenza diofficine produttive di proprietà vescovile e verosimilmentedestinate ai grandi cantieri urbani.1 0 Sono emblematiche le transenne in stucco, anche se piùtarde (IX - X secolo), di S. Fruttuoso a Camogli: FRONDONI 1998,pp. 23-24.

11 Si possono citare ad esempio alcuni elementi non decorati daS. Massimo di Collegno, in particolare pilastrini provvisti discanalature provenienti da una recinzione (Torino, Museo diAntichità). Una reale panoramica di questa classe di reperti èdifficile sia perché completamente trascurata nelle schedaturelocali e, ovviamente, nel C o r p u s della scultura, sia per unamaggiore difficoltà di riconoscimento tra il materiale disperso oreimpiegato. Nondimeno la presenza di recinzioni assai artico-late a fronte dei pochi reperti noti suggerisce che l’utilizzo dilastre e altri elementi aniconici fosse maggiore di quanto siimmagini. 12 La diocesi di Torino è l’unica che abbia avuto una prima com-pleta schedatura: CASARTELLI NOVELLI 1974. Dopo l’edizione delC o r p u s sono venuti alla luce altri complessi (in particolareNovalesa e Borgo San Dalmazzo) nell’ambito della stessa dio-cesi. Per Asti, Acqui, Tortona, Ivrea, Novara (quest’ultima giàillustrata in CAPRA 1966) è stato effettuato un primo panoramasommario in C R O S E T T O 1998. Una nuova revisione dei repertiscultorei di Alba e territorio in CROSETTO 1999b.1 3 SA N N A Z A R O 1990; PA N T Ò 1990-1991; CA N T I N O WATA G H I N 1 9 9 7 ;PE J R A N I BA R I C C O 1999; PE J R A N I BA R I C C O in corso di stampa.

Fig. 2) Carta dei confini diocesani e ubicazione deireperti: 1 Novalesa; 2 Germagnano; 3 Belmonte; 4 SanPonso; 5 Bollengo; 6 Orta San Giulio; 7 Pianezza; 8 Col-legno; 9 San Vito di Torino;10 Moriondo; 11 Sangano; 12Macello; 13 Pagno; 14 Cavallermaggiore; 15 Savigliano;16 Pollenzo; 17 Santa Vittoria d’Alba; 18 Monticellod’Alba; 19 Villar San Costanzo; 20 Centallo; 21 Cara-glio; 22 Borgo San Dalmazzo; 23 Mombasiglio; 24 Gavi;25 Libarna; 26 Viguzzolo.; 27 Desana.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E58

Fig. 3) Borgo San Dalmazzo, chiesa di S. Dalmazzo: architrave (prima metà VIII secolo).

Fig. 4) Cavallermaggiore, chiesa di S. Pietro: cornice (prima metà VIII secolo).

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numerica e qualitativa, di alcuni complessi daattribuire a particolari fondazioni religiose alto-medievali, come santuari e monasteri. Tra questisi possono ricordare l’edificio dedicato al santoDalmazzo a Borgo San Dalmazzo (lastra decoratacon croce della fine del VI - inizio VII secolo; ele-menti di una completa recinzione presbiterale conplutei, cornici, archivolti e capitelli della primametà VIII secolo)14; la pieve di S. Massimo a Colle-gno, ritenuta già da tradizione antica sede dellasepoltura del primo vescovo torinese (transenna difinestra, lastre, cornici, architravi, archivolti epilastrini collocabili tra la metà e la seconda metàVIII secolo)15; l’abbazia merovingia dei SS. Pietroe Andrea di Novalesa (lastre, capitelli e cornicigenericamente attribuiti all’VIII secolo)1 6; il san-tuario di S. Costanzo al Monte e l’abbazia di S.Costanzo del Villare a Villar San Costanzo (corni-ce e pilastrini dell’inizio dell’VIII secolo)17.

Le altre testimonianze minori punteggiano ilterritorio, seguendo in particolare noti percorsistradali e le preesistenze abitative di età romana.Non sono mancate talvolta verifiche di una precisaattestazione, con il ritrovamento di antiche fasicostruttive dello stesso edificio di culto o di tracceinsediative. I resti scultorei altomedievali costitui-scono pertanto un utile elemento di riferimentonell’analisi di un quadro più vasto.

Nell’arco alpino, i materiali scultorei segnala-no alcuni insediamenti religiosi nei punti crucialidelle valli, soprattutto in quelle di valico, come, inValle di Susa, la già citata abbazia di Novalesa eanche, in bassa valle, S. Pietro di Pianezza (lastracon l’agnello crucigero di ascendenze chiaramentebizantine, fine VI - prima metà VII secolo: CASAR-T E L L I NO V E L L I 1974, pp. 146-150)1 8; nelle Valli diLanzo, S. Stefano di Germagnano (pilastrino delVII - VIII secolo)19; in Val Varaita, l’abbazia dei SS.Pietro e Colombano di Pagno (pluteo della metàVIII secolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I 1974, pp. 145-146); in Val Sangone, la pieve di S. Maria a Sanga-no (cornici e una lastra di VIII secolo: B R AY D A

1964, fig. 10; CROSETTO 1998, p. 315). Ancora, nel

territorio a nord di Torino troviamo testimonianzescultoree a San Ponso (colonnine e base d’altare ditardo VII secolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I 1974, pp.156-158; CROSETTO 1998, p. 313), non lontano dalcastrum di Belmonte; a Belmonte stesso (capitello,metà / seconda metà VIII secolo: C A S A R T E L L I

NO V E L L I 1974, pp. 57-61); a Bollengo (pilastrino,VIII secolo: COSTA 1960-61), sulle propaggini dellaSerra d’Ivrea. Se per quest’ultimo sito non abbia-mo altre notizie2 0, ben attestati sono gli insedia-menti altomedievali di Belmonte, sede di uncastrum, e la pieve di San Ponso, dove sono noti iresti di un battistero (V - VI secolo)21.

Sui percorsi stradali di collegamento tra To r i-no, Cavour e P e d o n a (Borgo San Dalmazzo) tro-viamo elementi scultorei a Macello (lastra decora-ta, inizio VII secolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I 1 9 7 4 ,pp. 150-151), alla pieve di S. Lorenzo di Caraglio(pluteo e cornice della prima metà VIII secolo:CA S A R T E L L I NO V E L L I 1974, pp. 78-79). Sulla stra-da tra P e d o n a, P o l l e n t i a (Pollenzo - Bra) e A l b aabbiamo invece segnalazioni di arredi altomedie-vali alla chiesa battesimale di S. Gervasio a Cen-tallo (cornice ad intreccio della prima metà VIIIsecolo: CR O S E T T O 1998, p. 315), a S. Croce e a S.Pietro di Savigliano (lastre della seconda metàVII secolo, inizio VIII secolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I

1974, pp. 158-165), a Pollenzo (prima metà VIIIsecolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I 1974, pp. 152-155, pp.167-170), alla pieve di S. Ponzio a Monticello d’Al-ba (resti della recinzione presbiterale e architra-ve della prima metà VIII secolo: CR O S E T T O 1 9 9 9b ,pp. 173-175), alla località Turriglio di Santa Vi t-toria d’Alba (lastra, decorata a cerchi intrecciatidella fine VIII secolo: CR O S E T T O 1999b, pp. 183-184, che reimpiega una precedente epigrafe alto-medievale).

La presenza di insediamenti sulle propagginicollinari è parimenti confermato dalla presenza,nelle vicinanze di Torino, di due lastre dal S. Sal-vatore di Moriondo (seconda metà VIII secolo:CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 175-177) e un’altra,unitamente ad una cornice, dalla chiesa di S. Vito

14 Ai 13 reperti schedati nel Corpus (CASARTELLI NOVELLI 1974,pp. 61-78) si sono aggiunti altri 22 frammenti, editi complessi-vamente in CROSETTO 1999a. Non è tuttavia improbabile che leindagini ed i restauri in corso portino a nuove acquisizioni.1 5 Il complesso dei marmi di S. Massimo venne purtroppo allaluce durante i restauri degli anni Cinquanta, nel corso dei qualisubirono dispersioni incontrollate. I 36 frammenti conservati, inparte inglobati nelle murature della chiesa e in parte al Museo diAntichità di Torino, furono schedati in CA S A R T E L L I NO V E L L I 1 9 7 4 ,pp. 89-130. Si deve però ricordare che tra il materiale in depositoesistono ancora alcuni frammenti inediti di pilastrini.1 6 Il complesso è stato oggetto di studi parziali (CA S A R T E L L I

NO V E L L I 1979; CA S A R T E L L I NO V E L L I 1988; CA N T I N O WATA G H I N

1996 e una schedatura su modelli ministeriali RA da parte diPaola Dianzani),ma è ancora privo di un’analisi sistematica. Èda notare che il quasi trentennale cantiere di restauro è ancorain corso e i ritrovamenti di resti scultorei proseguono.17 Schede in CASARTELLI NOVELLI 1974, pp. 130-145 e COCCOLU-TO 1992.

18 Sulla presenza insediativa a Pianezza, non ancora testimo-niata relativamente alle fasi altomedievali: CROSETTO, DONZEL-L I, WATA G H I N CA N T I N O 1981, pp. 385-386; CA N T I N O WATA G H I N

1998, pp. 45-46.1 9 Tra i frammenti epigrafici di epoca romana, casualmenteritrovati a Germagnano (BAROCELLI 1933; BAROCELLI 1968, pp.97-108), è presente un pilastrino, attualmente conservato pres-so il Museo di Antichità di Torino, con croce patente incisa sullafaccia principale. La presenza di scanalature laterali confermala sua appartenenza alla recinzione presbiterale di una scom-parsa chiesa, che sembra dedicata a S. Stefano.20 Il pilastrino si trova reimpiegato nella chiesa dei SS. Pietroe Paolo di Bollengo in diocesi di Ivrea. Non sono note, allo statoattuale delle ricerche, segnalazioni di attestazioni archeologi-che altomedievali nell’area.2 1 Sull’insediamento fortificato (V - VII secolo) di Belmonte:MICHELETTO, PEJRANI BARICCO 1997, pp. 318-325. Sul battisterodi San Ponso: PEJRANI BARICCO in stampa.

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Fig. 5) Mombasiglio: pilastrino (VIII secolo).

22 È da ricordare la presenza di probabili tombe altomedievalidalla località S. Vito di Torino: BAROCELLI 1917, p. 74.23 Non vi sono altri dati su questa chiesa. Si può notare che lalocalità di S. Andrea è segnalata come sede dell’edificio di culto,ora scomparso, in relazione all’insediamento originario dell’a-bitato, confinante ancora oggi con terreni dal significativonome di Braia (Braida) e Castlè (Castellazzo) (Atlante 1993, pp.86-87)

2 4 Dalla località cascina Valegge, a circa un chilometro dallapieve di Gavi, proviene un’epigrafe paleocristiana datata al 458recentemente riedita: MENNELLA 1997-1998. Il ritrovamento diuna punta di lancia data una sepoltura, ritrovata nel concen-trico di Serravalle Scrivia, a pochi chilometri da Libarna, allafine VI – prima metà VII secolo: GUASCO 1952, p. 223. AViguz-zolo sono segnalati vari ritrovamenti di epoca genericamentemedievale, ancora da verificare compiutamente.

di Torino (metà VIII secolo: CA S A R T E L L I NO V E L L I

1974, pp. 228-229)22.Isolato e poco conosciuto in quanto a dinamiche

territoriali è il caso di Mombasiglio, nella diocesialbese, da cui proviene un isolato pilastrino, ritro-vato in località S. Andrea (VIII secolo: CR O S E T T O

1999b, pp. 175-176)23, mentre altre testimonianzesono attestate nei pressi di Tortona, lungo il trac-ciato della via Postumia, alle antiche pievi di S.Maria di Lemure (Gavi) (lastre e cornici di VIIIsecolo: MONACO 1936, coll. 56-57 e CESCHI, OSSIAN

DE NEGRI, GABRIELLI 1959, p. 216), di S. Stefano aLibarna (poi Serravalle Scrivia) (cornice e archi-volto di pergula, VIII secolo: D I SA N QU I N T I N O

1825) e di S. Maria a Viguzzolo (lastre e pilastrini,VIII secolo: FUMAGALLI 1978, p. 55; SEGAGNI MALA-CART 1987, p. 388)24.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E62

1. Introduzione

Il territorio interessato a questa prima parzia-le indagine corrisponde ad un’area che, in Lom-bardia, si distingue in età tardoantica ed altome-dievale - con discontinuità e mutamenti nel primoperiodo della dominazione longobarda - per omo-geneità culturale e di vicende storiche, sintetizza-bili nell’importanza strategica e nell’apertura aitransiti, in una forte e radicata tradizione cristia-n a1 e culturale autoctona. Le fonti archeologichedisponibili relativamente agli edifici di culto e agliinsediamenti presentano ancora carattere didiscontinuità, nel caso degli insediamenti sono deltutto carenti. Le informazioni in nostro possessorisalgono spesso a scavi casuali datati ai primianni del secolo, a realtà individuate e non ancorascavate, o a notazioni riportate dagli storici e nonaffiancate da ricerche sul campo 2. I dati piùaggiornati e sistematizzati riguardano in partico-

lare il Canton Ticino, dove si è operato sul territo-rio seguendo una metodica quasi capillare3, anchese dettata da emergenza, i territori del bacino del-l’Adda oggetto di una ricerca territoriale quasi atappeto, ancora da completare, soprattutto relati-vamente alle fortificazioni tardoantiche e altome-dievali e agli edifici di culto spesso a queste corre-lati4, le rive occidentali del lago di Como e parte delsuo entroterra, coinvolgendo le sponde del lago diLugano5 segnate da ricerche limitate a singoli siti.Queste ricerche, mirate alla conoscenza di unmicroterritorio preso a modello di indagine, hannodato risultati sufficienti per avere punti di riferi-mento per future indagini. Sfuggono ancora lerelazioni tra edifici di culto e abitati, anche perchéè difficile ricostruire il quadro di un insediamentosparso e mobile, per la conoscenza del quale man-cano ricerche interdisciplinari e indagini sistema-tiche condotte con metodologie avanzate. Anche seil filo conduttore è senza dubbio la rete viaria, che

EDIFICI DI CULTO E TERRITORIO NEI SECOLIVII E VIII: CANTON TICINO, AREAABDUANA,

BRIANZA E COMASCO. NOTE PER UN’INDAGINE

Paola Marina De Marchi

P. Marina De Marchi 63

1 Sono numerose le epigraficristiane datate dal V al VI secolo,conservate soprattutto in chiese della Brianza, del Lecchese edel Comasco (S.Vittore a Galliano, S.Stefano a Garlate, S.Stefa-no a Lecco, SS.Sisinnio e Agata a Ossuccio, S.Giovanni e S.Eufemia all’Isola Comacina, S.Vincenzo e S.Stefano di Lenno,S.Maria al Tiglio e S.Vincenzo a Gravedona, S.Vittore a Lainod’Intelvi). E sono solo gli esempi più importanti anche per laconcentrazione e distribuzione in particolari aree cfr. MONNE-RET DE VILLARD 1912, pp. 5-75; REALI 1995, pp. 145-1 5 3 .Come in Brianza, anche in Canton Ticino la cristianizzazionesembra manifestarsi precocemente (IV-V secolo), nel V secolo sierigono i primi edifici di culto, più che edicole funerarie, mauso-lei, oratori, centri a cura d’anime) che si impiantano su villeromane e aree cimiteriali tardoantiche (secoli IV- V, S.Vittore eS.Stefano di Muralto, Riva S.Vitale, e altre, vedi oltre); un note-vole numero di dediche santoriali ricorda santi di tradizionepaleocristiana (S.Vittore, SS.Nazaro e Celso, S.Abbondio, adesempio). In questa particolare regione ciò che più colpisce ènon tanto la massima concentrazione di edifici di culto nel Sot-toceneri e in area Bellinzona, ma l’inerpicarsi nelle valli fino adAirolo (SS.Nazario e Celso, mausoleo nel V-VI secolo, poi orato-rio con sepoltura privilegiata), presso il passo S.Gottardo, cheevidentemente era già frequentato allora, a Dongio (VI secolo,S.Pietro) nell’alta Val di Blenio, con un mausoleo familiare /ora-torio, a Gudo (S.Lorenzo, edicola funeraria nel VI, poi edific i ocon sepoltura privilegiata nel VI-VII) lungo la strada che daDomodossola conduce a Camedo. Ad Airolo la chiesa diSS.Nazaro e Celso (datata al V-VI secolo) inglobava nel muro

meridionale una sepoltura contenente 5 individui ed una fib u l adi III-IV secolo (cfr. vicino sepolcreto di Madrano), sotto il pavi-mento si trovarono nascosti una punta di cristallo e pietre cubi-che di pirite, materiali molto commerciati dalla popolazione divalle, deposti a scopo votivo in una visione pagana del culto. IlS.Lorenzo di Gudo (VI secolo), nell’edificio di II fase (VI-VIIsecolo), consiste in una cappella quadrangolare contenente unsarcofago in muratura intonacata, dove accanto al capo delloscheletro era deposta una siliqua di Teodorico (491-522), cfr.FOLETTI 1997, pp. 113-179. In DONATI 1999 la raccolta degliarticoli relativi ai ritrovamenti avvenuti fino al 1993.2 La selezione operata nella scelta degli edifici è basata sullacompletezza dei dati raccolti durante lo scavo archeologico e, inassenza di scavi, sulle informazioni offerte dalle fonti biblio-grafiche con dati particolarmente significativi (presenza di epi-grafi, sepolture con corredo, ecc.). Occorre dire che i dati discavo raccolti in area lombarda sono spesso disomogenei, a con-fronto dei metodi seguiti in Canton Ticino, dove le informazionisembrano essere state raccolte in base ad una scheda preordi-nata unitaria, si veda DONATI 1980, ad agevolare le ricerchesuccessive.3 DONATI 1999; FOLETTI 1997.4 GELICHI, BROGIOLO 1996; BROGIOLO 1997, pp. 67-88.5 NOBILE DE AGOSTINI 1995-97, pp. 134-135; 1996, pp.32-33; 1998, pp. 8-11, 2000, pp. 13-26; CAPORUSSO 1995-97,pp. 230-231, CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, pp. 243-2 5 0 ;1996, pp. 239-278.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E64

1- Airolo: SS. Nazaro e Celso2- Quinto - Deggio: S. Martino3- Dongio: S. Pietro4- Gorduno: S. Carpoforo5- Arbedo: S. Paolo6- Gudo: S. Lorenzo7- Muralto: S. Vittore e S. Stefano8- Bironico9- Mezzovico: S. Abondio10- Sonvico: S. Martino11- Gravesano: S. Pietro12- Vezia: S. Martino13- Bioggio: S. Ilario14- Melide: SS. Quirico e Giuditta15- Riva S. Vitale16- Besazio: S. Antonino17- Mendrisio: S. Martino18- Castel S. Pietro: Chiesa Rossa19- Morbio Inferiore: S. Giorgio20- Morbio Superiore: S. Martino21- Sagno: S. Martino22- Stabio: S. Abondio23- Stabio: SS. Pietro e Paolo24- Sumirago- S. Maria25- Castelseprio: S. Giovanni26- Lurago Marinone: S. Giorgio27- Galliano: S. Vittore

28- Erba: S. Maurizio29- Albese con Cassano: S. Cassano30- Como: SS. Cosma e Damiano31- Campione d’Italia: S. Pietro32- Lanzo d’Intelvi: SS. Nazaro e Celso33- Laino Intelvi: S. Vittore34- Ossuccio: SS. Sisinnio e Agata35- Isola Comacina: S. Giovanni e S. Eufemia36- Lenno: S. Vincenzo e S. Stefano37- Gravedona: S. Maria del Tiglio e S. Stefano38- Samolaco: S. Fedelino39- Piona: S. Eufemia40- Lecco: S. Stefano41- Lecco: S. Martino in Agra42- Garlate: S. Stefano43- Garbagnate Monastero: SS. Nazaro e Celso44- Bulciago: S. Stefano45- Monte Brianza: S. Vittore Castello46- Olgiate Molgora: S. Stefano in Beolco47- Brivio: S. Giovanni Battista48- Carvico: S. Tomé49- Terno d’Isola: S. Vittore50- Madonna della Rocchetta51- Trezzo d’Adda: S. Martino52- Fara Gera d’Adda: S. Alessandro53: Incino: S. Eufemia e S. Giovanni

Tav. I) carta di distribuzione degli edifici di culto

nell’area considerata da Sud a Nord è quasi dise-gnata (Ta v. 1, dati parziali6) dalla distribuzionedegli edifici di culto. Il tracciato segue l’Adda e loaffianca, raggiunge Lecco, si distribuisce tra Leccoe Como, secondo un andamento diagonale chetende a Nord, addensandosi nell’alta Brianza, salesuccessivamente verso il lago di Lugano e le suesponde. In Canton Ticino gli edifici di culto da Bel-linzona percorrono poi le valli per i valichi, nelcomasco le rive del lago, raggiungendo Chiavenna.I punti di massimo addensamento si hanno acavallo tra Brianza e area Lecchese, lungo l’Adda,tra lago di Lugano e di Como, nel Mendrisiotto:sono i territori dove il popolamento era già fitto inetà romana. Nella maggior parte dei casi risultadifficile sapere se e quali luoghi di culto a noi notisi trovassero vicino o presso centri abitati preesi-stenti o di nuova fondazione (vici), al loro interno,al centro di una corte presso le case signorili, o inposizione isolata, ma centrale rispetto al territo-rio, in modo da potere essere raggiunti da unapopolazione rurale che viveva in villaggi sparsi odistribuita nei terreni (loci, fundi, capanne, casemassariciae), dove lavorava la terra.

Nel caso, ad esempio, dei SS.Cosma e Damianodi Como, esterna alla cinta muraria e posta pressola strada che percorrendo la sponda occidentaledel lago porta a Chiavenna, si può parlare di chie-sa suburbana, con funzione cimiteriale (unatomba, scavata nello spazio interno, conteneva uncorredo composto da un vasetto in ceramica longo-barda e da un coltellino in ferro7), di dubbia inter-pretazione circa il ruolo pubblico o privato chesvolse. Di certo fu un edificio religioso di passo.

Il periodo considerato non permette di inseriregli edifici nelle circoscrizioni diocesane8 ( M i l a n o ,Como), ancora in buona parte sconosciute territo-rialmente, e di coglierne appieno la relazione conl’organizzazione rurale del cristianesimo. Per ilVII secolo non si hanno notizie di pievi, molti edifi-ci di culto rurali hanno origini in età paleocristia-na, si sviluppano nel VII secolo, poi in epocaimprecisata assumono il ruolo pievano.

I dati attualmente emergenti indicano qualisono gli elementi cardine per la comprensione difunzioni e gerarchie: a) le strade, la maggior partedegli edifici di culto registrati, infatti si posizionalungo percorsi viari9, in punti di passo, anche indipendenza con abitati individuabili dalle fontiscritte, spesso in collegamento con le aree diapprovvigionamento di materie prime (valli alpi-n e )1 0; b) la stretta relazione tra chiese (cappelle,oratori, edicole, mausolei, ecc.) e castelli 11, unintreccio che a sua volta rimanda alla facilità diaccesso ai luoghi e ai percorsi viari relativi e - n o nsecondario e conseguente -al processo di cristianiz-zazione che coinvolse questo territorio fin dal IV/Vsecolo, con punta massima nel V secolo e nel VI perl’area Lariana, con l’appoggio della classe dirigentelocale che intratteneva rapporti con le città1 2. Unrapporto città/campagna che in realtà esistetteanche nell’VIII secolo, come attestano i documentidi archivio, in molti casi in probabile continuità conil secolo precedente; c) l’alta percentuale di sepol-ture interne ad edifici di culto (oratori, cappelle),particolarmente significativa quando si tratti ditombe in posizione privilegiata (aree absidali,navata, ricavate nei muri perimetrali) e provviste

P. Marina De Marchi 65

6 Vedi n. 2.7 CALC 1993, pp. 99-100, tra il materiale recuperato vi sonodue epigrafifunerarie inedite.8 Sul tema si vedano VIOLANTE 1982, pp. 963-1155; CASTA-GNETTI 1982; SETTIA 1991. Sintesi per la Lombardia, conmenzione degli autori ecclesiastici di riferimento, SANNAZA-RO 1992, pp. 61-71. 9 Il rapporto delle strade di tradizione romana con gli edifici diculto è molto stretto, nonostante il degrado, l’apprestamento divarianti parziali e l’adeguamento della rete viaria con percorsiche conducessero ai nuovi fulcri insediativi (xenodochi, luoghidi culto, monasteri), CANTINO WATAGHIN 1998, pp. 623-629.Ai grandi collegamenti erano destinate la pedemontana Aqui-leia/Como/lago Maggiore/Milano (che passa per Garlate/chiesadi S.Stefano e ai piedi del Monte Barro, S.Eufemia e S.Giovan-ni di Incino), la Milano/Como (S.Vincenzo in Galliano, S.Mauri-zio di Erba), la via che corre sulla sponda occidentale del lago diComo e il lago medesimo (dall’area esterna alle mura di Como,con la chiesa dei SS.Cosma e Damiano, a Ossuccio, all’IsolaComacina, a Lenno, a Gravedona, a Sorico, a Samo Laco, aChiavenna). La Milano/Monza/Lecco, raccordata alla Berga-mo/Como, che supera il Brembo ad Olginate e segue il percorsoPontida, Caprino, bergamasco, Cisano, Olginate, Garlate,Sala, Cisano, Incino, Como. Il tratto Brivio, Olginate, Garlate,Galbiate corre sulla pedemontana e sui rami secondari attivisia in età tardoantica che nell’altomedioevo. I collegamenti ter-ritoriali sono garantiti da percorsi minori e di valle, ad esempiole strade che da Castelseprio per la Valganna portavano aPonte Tresa e di qui al Monte Ceneri e a Bellinzona, su questo

percorso a Taverne Torricella un ponte conduceva a Lugano e,seguendo altra via, alla Val Capriasca, a Sonvico, alla Valsolda.Altrettanto importanti erano le strade che da Como e daCastelseprio, portavano a Riva S.Vitale e al lago di Lugano, diqui via terra o via acqua a Campione, o attraverso la valle diMuggio e la Val di Mara in Val d’Intelvi e al lago di Como, sivedano in merito TOZZI 1995, pp. 11-55; BONORAMAZZOLI1994, pp. 177-184; DONATI 1978, pp.161-171; FOLETTI 1997.1 0 Dalle valli alpine provenivano le materie prime estratte nelleminiere e nelle cave, verso le zone di pianura (marmo, pietra,pietra ollare, quarzo, metalli, si pensi indicativamente alle loca-lità di Musso, Piona, Chiavenna, Valsassina, Airolo, Val di Mag-gia), per cui vedasi, ad esempio, DE MICHELE, ZELIOLI eTAGLIABUE 1995, pp. 342-346, 347-359, 2000 anni di pietrao l l a r e 1982. L’estrazione di metalli in valle spiega la buona atte-stazione di sepolture con strumenti da fabbro nelle necropoliromane della zona, NOBILE DE AGOSTINI 1994, pp. 212-244. 11 La relazione tra oratori, mausolei e castelli è spesso eviden-te, così S.Stefano di Garlate con il centro fortificato di MonteBarro, BROGIOLO 1995-1997, pp. 236-238. In punti strategicisono ad esempio: l’oratorio con sepoltura privilegiata del Mottodi Dongio (VI secolo), situato all’incontro del fiume Brenno,lungo la strada per il Lucomagno, il S.Martino di Morbio Supe-riore (VI-VII secolo), inizialmente una torre, che controllava ilpassaggio tra la Val di Muggio e la Val d’Intelvi, S.Martino diSagno (VII-VIII secolo) posta in un’area militare collegata all’I-sola Comacina (dalla Val Muggio si dominavano i versanti dellaVal d’Intelvi), FOLETTI 1997, cit.12 SANNAZARO 1990 e 1992.

te dal Vescovo di Como per esaudire i bisogni reli-giosi delle popolazioni1 6. Mentre sembra ancorad i f ficile comprendere il rapporto tra lo spazio delvivere e quello della morte per le classi menoabbienti che abitavano in fondi agricoli, non aggre-gati in villaggi e lontani dai centri abitati maggiori.L’interrogativo che ci si pone ruota attorno allaconoscenza delle dinamiche sottese alla formazionedi fulcri demici ai quali la popolazione faceva capoe, ancora, a quale organizzazione, o a quali regole“spontanee” di aggregazione obbediva la rete degliabitati sicuramente gerarchizzata in villaggi oville, castelli, dove si svolgevano le attività produt-tive, di mercato e di distribuzione dei prodotti, ladifesa e il culto, oppure se, come è attestato nellecittà, i ceti meno abbienti (si pensi all’insediamen-to d’età longobarda, datato al VI/VII secolo, emersonell’area del monastero di fondazione desiderianadi Brescia S.Giulia1 7) venissero sepolti, secondonecessità e risparmio, nei poderi presso casa o neglistessi spazi tra le case, a partire dal VII secolo neglioratori pubblici con cura d’anime e funzione cimite-riale (ad esempio, S.Maurizio ad Erba, Ta v. II1 8,S.Stefano e S.Vittore a Muralto, S.Vittore a Te r n od’Isola, SS.Pietro e Paolo a Stabio, Ta v. III, S.To m èa Carvico1 9, S.Eufemia a Incino). Tutto ciò andreb-be messo in relazione con le giurisdizioni ammini-strative territoriali, le prime note dalle fonti scrittedell’VIII secolo (giudicaria di Sirmione e delS e p r i o2 0, le restanti da documenti successivi e sol-tanto intuite2 1), e le modalità di gestione e di con-

tova, Brescello, nel 602 circa) in un territorio ancora fortemen-te romanizzato, DE MARCHI 1999, pp. 215-243. In CantonTicino i due fattori geomorfologico e di scarsa penetrazioneall’interno del territorio (valli) da parte longobarda è molto evi-dente, tombe con armi e necropoli longobarde o longobarde/autoctone si arrestano, salvo sporadiche eccezioni di cui occor-re valutare meglio il significato anche in base al tipo di corredomeno caratterizzante, poco oltre la piana di Bellinzona all’inol-trarsi nelle valli, laddove si stringono a ridosso del fiume Tici -no, del quale sono note le piene e le divagazioni del corso, tra ledue riviere montagnose solcate da vallecole. In queste zone,caratterizzate da insediamenti medievali e resti di aree fortifi-cate poste a mezza costa, si può immaginare un popolamentorado in piccoli nuclei, adattato ad un’economia di sussistenza( fiume, legno, pascolo) e di intermediazione nel trasferimentodelle materie prime e dei prodotti alpini a valle.14 Hist. Lang., V, 36-38. 1 5 DOZIO 1858, pp. 81-82; SANNAZARO 1994, pp. 284-3 1 8 ,figg. 194-195. 16 SETTIA1991, p. 11, n. 26.17 BROGIOLO 1992, pp. 179-210. 18 CAPORUSSO 1995-1997, pp. 232-233.1 9 Nell’edificio in muratura, che venne a sostituire quelloligneo, successivo al VII secolo, vennero scavate sei tombe nellanavata e cinque nel nartece, in nuda terra e con delimitazionein pietra, prive di corredo, sei erano di adulto e tre di bambino.L’omogeneità delle strutture funerarie e i dati stratigrafici sug-geriscono che l’utilizzo cimiteriale risponde ad un periodo cir-coscritto, BROGIOLO 1989a, pp. 155-170. 2 0 DE MARCHI 2000, pp. 405-441; BROGIOLO 1989, pp. 13-48. 2 1 BOGNETTI 1966, pp. 249-252; SANNAZARO 1994; DEMARCHI 1995, pp. 35-85.

di un corredo funerario1 3 non limitato a comple-menti di abbigliamento, ma caratterizzato da armi,dagli accessori relativi e da altri manufatti di pre-gio d’ambito culturale longobardo, indice di defuntidi rango alto e distinto da un elevato potere econo-mico. Le sepolture in luogo di culto indicano la pos-sibilità di scelta delle modalità del funerale erispondono alle esigenze di autorappresentazionedi un’aristocrazia, talvolta di altissimo rango, comericorda l’epigrafe di Aldo e Grauso, cittadini bre-sciani, personalità di corte menzionate da PaoloDiacono che ne narra le vicende1 4, epigrafe muratanella chiesa dei SS.Pietro e Andrea a Beolco pressoOlgiate Molgora e datata alla fine del VII secolo1 5.Avremmo già, in tal caso, alcuni indizi per coglierele gerarchie e il significato di molti oratori senzaconoscerne il tempo di sviluppo (da cappella e ora-torio a pieve), legato a variabili non misurabili senon con un’attenta analisi dell’evoluzione della sto-ria di un territorio, considerato nel suo insieme, edespressione nella maggior parte dei casi di unavolontà devozionale privata, connessa a fondatoriappartenenti alle classi alte o medio alte dellapopolazione, funzionari regi, nobili, uomini liberi.Mentre soprattutto per i secoli VII e VIII abbonda-no le notizie circa la fondazione di chiese da partedei sovrani longobardi, che funzionarono comemodello da imitare per le classi dirigenti. Solo inarea comasca le basiliche di S.Eufemia a Piona (a.616, et sepolturas ibi ordinavit) e l’omonima dell’I-sola Comacina, quasi contemporanea, furono volu-

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E66

13 In Canton Ticino su 17 località di ritrovamento un terzo circariguarda sepolture con corredo in luoghi di culto o in strettarelazione con essi (S.Antonino di Besazio, S.Pietro e Paolo diStabio, la chiesa battesimale di Riva San Vitale, S.Carpoforo aGorduno, S.Paolo ad Arbedo, S.Martino di Sonvico, FOLETTI1997), con maggiore concentrazione nel Sottoceneri e presenzepiù rarefatte nel circondario, DE MARCHI 1997, pp. 284-285,nell’area lombarda presa in considerazione la proporzionediviene molto alta nelle regioni periabduane e in Brianza, dovesu 13 esempi 8 sono coinvolti da sepolture con corredo “longo-bardo” (S.Stefano a Garlate, SS.Pietro e Andrea a Beolco, areedi S.Stefano a Bulciago e di S.Giorgio a Brivio, SS.Nazaro eCelso a Garbagnate Monastero, S.Vittore a Terno d’Isola, DEMARCHI 1995, pp. 35-85, SS.Cosma e Damiano a Como, CALC1993, pp. 99-100, S.Martino a Trezzo, LUSUARDI SIENA1997, pp.365-375, ma il riferimento “colto” più celebre resta lasepoltura con ricco corredo del Duomo di Monza, attribuita allaregina Teodolinda, HASELOFF 1952, pp. 368 ss.). Il L i b e rDiurnus impediva il seppellimento in cappelle e oratori, a menoche non si rinunciasse alla consacrazione del luogo, ma inrealtà tali norme vennero ampiamente eluse, SETTIA 1 9 9 1 ,pp. 226-227; sul tema GRILLETTO, LAMBERT 1983, p. 329-356, anche perché è evidente l’ottimo rapporto tra classi diri-genti laiche e religiose. In questa area le sepolture o sono sin-gole o raggruppate in piccoli nuclei che rappresentano un grup-po parentale, prevalentemente in edifici di culto ad indicarne lafunzione, spesso limitata ad un certo periodo di tempo, a mau-soleo di famiglia. Sembra però indicativo, in base ai dati cono-sciuti, che nelle aree di pianura prevalgano le grandi necropolilongobarde in campi aperti, in questa regione quasi assenti.Questa caratteristica dovette essere determinata, oltre che dalcarattere collinare del territorio, da una occupazione tardiva,successiva alla conquista da parte di Agilulfo dell’Isola Comaci-na (588-589) e delle città bizantine lungo il Po (Cremona, Man-

trollo del territorio, almeno a partire dai primidecenni del VII secolo2 2, in aree come la nostra diparticolare interesse pubblico (vie di portata“internazionale”, vicinanza ai confin i ) .

Occorre tener conto che l’area considerata è geo-g r a ficamente in posizione nodale, poiché funge daganglio di interconnessione, grazie alla presenzadelle maggiori vie di comunicazione (di terra e d’ac-qua), tra penisola italiana e regioni del Rodano edel Reno, lungo un asse di collegamento Nord/Sud,attraverso i valichi che, oltre Chiavenna (Julier,S e p t i m e r, Maloia) e Bellinzona (Lucomagno, del-l’Uomo, S.Gottardo, S.Giacomo), conducevanoo l t r’alpe. Mentre lungo l’asse Est/Ovest, attraversoi fiumi Adda e Ticino affluenti del Po, era garantito

P. Marina De Marchi 67

prietà ad una classe di nobili al suo servizio. Il documento con-cerne la donazione di terre fatta dalla monarchia al monasterodi Bobbio, estese dal Monte Penice fino alla Trebbia, zona di pas-saggio delle vie che conducevano alla Ligura ancora bizantina.

Tav. II) S.Maurizio ad Erba (da CAPORUSSO 1995-97)

un veloce transito per Ravenna e l’Adriatico. Que-sta posizione strategica assunse grande rilievo neltardoimpero (IV e V secolo), con l’inizio delle inva-sioni barbariche, e lo mantenne in seguito (VI/VIIsecolo) per ragioni militari, ma anche economiche.L’area svolse il ruolo di terra di frontiera e venneattrezzata per la difesa con l’apprestamento di for-t i ficazioni e di apparati di controllo e avvistamentostrategici minori; localmente il fronte dei c a s t r a i nparte seguiva il corso dell’Adda (Madonna dellaRocchetta, Monte Brianza, Brivio, Monte Barro),piegando a Ovest verso Castelseprio, e a Nord perl’Isola Comacina, Chiavenna e Bellinzona. A l c u n idi questi castelli, quelli di fondazione pubblica,ebbero continuità di vita nell’altomedioevo, assu-

2 2 Il primo documento che ricorda funzionari regi è il P r a e c e p -t u m (CDL, III/I, 2, 624 ?, luglio 25, Pavia, pp. 7-12) che fa riferi-mento a gastaldis vel agentibus nostris, con i quali A g i l u l f ointendeva garantire il controllo amministrativo e della pro-

mendo talvolta il ruolo di città “capoluogo” di unterritorio anche esteso (Castelseprio, Pombia e Sir-mione), modificando ulteriormente l’assetto terri-toriale dei m u n i c i p i a romani. Altre fortificazioniminori, di fondazione privata e più tarda, ebberofunzioni di appoggio al sistema difensivo, o di dife-sa delle popolazioni, e sono da riconoscersi in

Castel San Pietro e nella motta di Gorduno (Can-ton Ticino), in S.Vittore di Laino d’Intelvi (a. 5562 3) ,in S.Stefano a Lecco (a. 5352 4), di questi ultimi ilprimo sicuramente fondato da un religioso, ilsecondo dubitativamente. A Laino d’Intelvi è certoche il castello sorse attorno alla chiesa, che ne costi-tuì il primo fulcro, lo stesso forse avvenne per Lecco

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E68

23 CIL, V, 5418 (relativa al servitore di Cristo e diacono Mar-cellino).

24 BORGHI 1971, pp. 211-245 (che ricorda un Vigilius presby -t e r), dall’area della chiesa di S.Stefano a Lecco proviene uncapitello scolpito di VII-VIII secolo.

Tav. III) SS.Pietro e Paolo a Stabio (da FOLETTI 1997)

(non scavato); a Gorduno è probabile che sia avve-nuto l’opposto, l’edificio di culto dedicato a S.Car-poforo si addossò ad una torre facente parte di unacinta muraria2 5. La fortificazione, posta di fronte aBellinzona in posizione di controllo della Val di Bia-sca, venne probabilmente fondata da un privatolaico e guerriero. In base alla distribuzione deiritrovamenti archeologici di età tardoromana e deicastelli di tradizione tardoantica (i n f r a) è evidentela prossimità tra luoghi di culto, abitati, castelli. Sipensi solo all’addensamento di presenze già ricor-dato lungo l’Adda e nell’alta Brianza: gli abitatirurali potevano fornire scorte alimentari in caso dinecessità, i castelli difesa ed accoglienza. In alcunicastelli sono poi attestate attività di lavorazione dimaterie prime (ad esempio Laino e Monte Barro,attivo fino al VI secolo). Mancano ancora scaviarcheologici sistematici per molti siti castrensi. Idati sono pertanto carenti. La rete insediativarisponde ad un sistema complementare e omoge-neo, che si intravede, ma non si può ancora preci-sare, della quale sono tangibili almeno per l’VIIIsecolo i rapporti con i centri urbani. Anche i carat-teri comuni ai manufatti rinvenuti nelle sepolturelongobarde, pur denunciando modelli di riferimen-to differenti (tradizione bizantina o prevalente-mente germanica, spesso in un medesimo contesto)richiamano una cultura omogenea che trova riferi-menti in diverse località, spesso distanti tra loro erimandano, con molta probabilità, ad opifici loca-lizzabili nelle città o nei centri abitati maggiori2 6,in un quadro di distribuzione e commercializzazio-ne, di ampiezza nazionale e internazionale.

Non è da sottovalutare il legame tra eserciti ecristianizzazione, avvalorato da epigrafi funerarierelative a capi militari e condottieri datate tra il IVe il V secolo, in edifici religiosi di castello (MonteBrianza) o posti in punti nodali per il passaggio dieserciti (Garlate)27. Come per le reliquie, il richia-mo epigrafico a militari di valore storico può avereinciso nella scelta del luogo di seppellimento, inuna logica di propaganda familiare, da parte dinobili longobardi due secoli dopo.

2. Edifici di culto-territorio

Le fonti scritte indicano alcuni luoghi, tra glialtri, che sembrano acquisire la specificità di polidemici di attrazione e di controllo del popolamen-to: pensiamo ad esempio ad Agrate e a Tr e z z o ,ricordati nel testamento del vir magnificus R o t t-

pert (a. 74528), forse referendario regio, ricco pro-prietario di terre e bestiame, nonché di servi, dota-to inoltre di altri beni mobili di valore, quali la cin-tura multipla guarnita di elementi in oro (valore100 soldi), contenitori di pregio in bronzo e argen-to, ricchi abiti e gioielli.

Egli ha proprietà tra Adda e Molgora, a Bonate,presso le rive del Brembo (una vigna che si affacciasu una via pubblica), oltre ad altri possedimentisul Ticino. Sono appezzamenti, per lo più, di picco-la estensione (terre coltivate a vigne), corti domo-cultili e case massariciae ed uno xenodochio, pode-ri in fundo Trecio, a Roncello nei pressi di Trezzo, aCapiate.

Un altro esempio è il gasindio regio Ta i d o(testamento a. 7742 9) , civis bergomatis. Bonate èsede di una domoculta, dove il nobile vive. Anche ilpatrimonio fondiario di Taido è notevole e si distri-buisce lungo il Brembo, probabilmente usufruendodella stessa via pubblica ricordata nella carte diRottpert, nell’Isola Brembana con proprietà aMapello, case massariciae a Rodi presso Filago, inv i l l a d’Arzago d’Adda, a Cenate presso il Serio,senza considerare le terre in Val Camonica che siestendono fino al Passo del Tonale, nel pavese, nelveronese, a Sirmione.

In queste due carte, che interessano i territoriabduani, si precisano alcuni insediamenti di mag-gior importanza rispetto ad altri, Agrate, Tr e z z o ,Bonate30, Terno d’Isola (Tav. IV), posto al centro diun sistema territoriale e poi capopieve, centri col-legati tra loro da una rete viaria a carattere locale,dove abitano e svolgono le proprie attività due altipersonaggi di corte, le loro famiglie, i massari, iservi. Tra le chiese citate vi sono S.Giuliano aBonate, S.Vittore in Terno (in teranis) d’Isola, allequali vengono donate case massariciae, S.Ambro-gio in Zanica nel Bergamasco, S.Maria a Casirate,S.Alessandro fuori le mura di Bergamo, S.Pietro,S.Maria, S.Vincenzo a Bergamo. È forte il legametra classe dirigente ed alto clero, ma anche il biso-gno spirituale pro remedio anime.

È interessante, in ogni modo, l’attestazione diuno xenodochio ad Agrate (luogo di transito, colle-gato a Milano e a Monza). Poco si sa della chiesa diS.Giuliano in Bonate, di certo si può dire che essacon S.Vittore a Terno d’Isola, dalla quale dipendel’oratorio di S.Tomè di Carvico, non sono proprietàpersonali di Taido e quindi dovrebbero essere pub-bliche. ATerno d’Isola abbiamo tombe privilegiatenella navata3 1 e un’area cimiteriale esterna fre-quentata a lungo.

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25 FOLETTI 1997, cit.2 6 RICCI 1997, pp. 239-273; BROGIOLO 1994, pp. 257-263;GIOSTRA2000; DE MARCHI 2000, pp. 284-291. 2 7 Si ricordano le epigrafi di Merobaudo (con questo nome siricordano tre personaggi vissuti tra IV e V secolo), sepolto nellachiesa di S.Vittore a Monte Brianza, e di Pierius, capo in testadelle truppe di Odoacre, ucciso combattendo contro Teodorico,re dei Goti, nel 490 presso l’Adda, BROGIOLO 1997.

28 CDL, 83, 745 aprile. AMBROSIONI 1986, pp. 175-178.29 CDL, 293, 774 maggio.30 Nel documento sono nominate tre corti ed una sola chiesa,probabilmente pubblica, SETTIA1991, p. 9, n. 19, a riprova delfatto che non è scontato che ogni unità proprietaria avesse ilsuo luogo di culto cui riferirsi.3 1 DE MARCHI, FORTUNATI ZUCCALA, VITALI 1992, pp.216-223.

S . Vittore, per la posizione centrale rispetto alterritorio dell’Isola Brembana, ben servita da col-legamenti viari32, può ritenersi una chiesa cimite-riale a cura d’anime, nata per opera di un fondato-re o benefattore, che può essere anche un religioso,sepolto nel VII secolo all’interno dell’edificio (t.9333). La sua tomba contiene più rideposizioni suc-cessive che possono riferirsi a familiari o (even-tualmente) ad altri religiosi. Si può dedurne cheverso questo polo cultuale si convergesse dal terri-torio circostante. Esso è un edificio cimiteriale diculto, con tracce di attività insediative (ricoverodella popolazione ?34), sorto su un’area cimiterialee sacra di età romana, quindi già luogo di raduno edi incontro per almeno due buoni motivi.

Individuare il ruolo specifico di un oratorio o diuna cappella non è sempre facile, in base ai dati innostro possesso; ad esempio a S.Maurizio pressoE r b a3 5 sembra prevalere la funzione cimiterialeforse connessa alla cura d’anime di una comunitàlocale, i cui maggiorenti si fanno seppellire nell’ora-torio. S.Vincenzo a Galliano3 6 ( Ta v. V), in seguitopieve, sorta nel V secolo come attestano i corpi santie le epigrafi funerarie relative a religiosi, depostinell’area della cripta3 7 è sicuramente un centroreligioso di rilievo e di cura d’anime a scala territo-riale, quasi certamente connesso ad una comunitàreligiosa stabile. Questo edificio rimase intatto fin oal VII secolo, quando subì rifacimenti cospicui,venne rinnovato negli arredi e ospitò, infine, le

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32 BROGIOLO 1992a, pp. 226-231.33 Il defunto è sepolto con un anello monogrammato in argentoe un pettine in osso, DE MARCHI 1992, pp. 223-225. 34 Circa l’utilizzo di edifici di culto a ricovero di masserizie, eforse di persone, in secoli più tardi si veda SETTIA1991, p. 16,n. 42. Se ciò valesse per il primomedioevo, si giustificherebberole tracce d’uso abitativo presenti, ad esempio, negli oratori di

S . Vincenzo a Sesto Calende, GUERRONI, BROGIOLO,CAZORZI 1983, pp. 97-123, di S.Vittore a Terno d’Isola e diS.Tomè di Carvico, BROGIOLO 1989a, pp. 155-170. 35 CAPORUSSO 1995-97, pp. 232-233.36 Archeologia a Cantù 1991.3 7 E p i g r a fi funerarie datate agli anni 446, 485-86, 522, 525, rela-tive a Savino, Adeodato, al p r e s b y t e r Ecclesio, vedi n. precedente.

Tav. IV) S.Vittore a Terno d’Isola (da DE MARCHI, FORTUNATI ZUCCALA, VITALI 1992)

sepolture di due nobili forse longobardi, Manifret eOdelbertus, laici o religiosi anch’essi come i prede-cessori, comunque cristiani come pare osservandol’apparato iconografico delle stele funerarie (crocecon agnello, croce incorniciata da un arco). L’ e d i fi-cio sorge su un dosso poco lontano dall’abitato(v i c u s romano), che ha restituito notevoli testimo-nianze. Vi si riconoscono i tratti di un edificio pub-blico destinato a servire un’area territoriale piùampia dei centri abitati a lui vicini, sia per la posi-zione prossima alla strada Milano/Como, che per lacapacità di attrazione determinata dalla tradizionedel servizio di culto e di cura d’anime che vi svolge-va un clero integrato nell’organizzazione ecclesiale,già nel V secolo, ivi sepolto, nonché dalla presenzadi reliquie e papiri di VII secolo, periodo in cui forsela chiesa divenne pieve, deposti nell’altare.

Per i SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (v i c u s

romano: Ta v. VI), posto sulla strada che correlungo la sponda occidentale del lago e di fronteall’Isola Comacina3 8, sorto su una necropoli di Vsecolo, si è pensato - relativamente alla fase di VIIsecolo - ad un mausoleo di comunità (religiosa ?),essenzialmente per la distribuzione delle sepoltu-re (ordinate e predisposte durante la costruzionedella chiesa) e per l’omogeneità dei defunti, per lamaggior parte individui di sesso maschile adulto(tra i 25 e i 35 anni) sepolti senza corredo (salvouna sepoltura che conteneva un’olpe vitrea39 postatra le mani del defunto, secondo una tradizioneromano-cristiana che prosegue nell’altomedioe-v o4 0). Un mausoleo di confronto, ma a caratterefamiliare privato, è costituito da S.Stefano di Gar-late (anch’esso nella fase di VII secolo, Ta v. VII),sorto su una villa romana mosaicata41, con sepol-ture distinte da corredi (elementi da cintura inferro ageminato, un anellino in oro, pettini, men-tre la presenza di vesti preziose è attestata dalleimpronte lasciate sul terreno).

Rispetto agli esempi considerati è di grandeinteresse il caso di Campione sul lago di Lugano,dove vivono ed operano gli arimanni Arichis e Sigi-rad e il primo Totone, parenti di Walderada di A r s a-go Seprio4 2 e di Totone II, loro discendente4 3. I lorobeni che li definiscono in origine come medi proprie-tari fondiari con una funzione pubblica limitata, siestendevano prevalentemente nella giudicaria delSeprio, dal Canton Ticino odierno (Adro, Cadro,Bissone, Bellinzona, Morcote) al Varesotto, ma icontatti sociali con il passare del tempo divengonosempre più ampi, mentre la famiglia acquisisce pre-stigio, e raggiungono le città di Piacenza, Milano,Como. Le loro attività mercantili (di n e g o t i a t o r e s) ,compreso il mercato di servi4 4, sono collegate stret-tamente con il monastero di S.Ambrogio a Milano econ altre chiese milanesi, così come Taido avevastretti rapporti con la città di Bergamo, Rottpertcon la corte regia e Aldo e Grauso (ricordati da PaoloD i a c o n o4 5 e nell’epigrafe funeraria di S.Pietro eAndrea a Beolco) con la corte e il ducato di Bresciain un’ambigua politica di successione al trono.Anch’essi si fecero seppellire, come pare dal ritrova-mento di una sepoltura bisoma con ricco corredo(armi e un anello in oro, forse un sigillare, perduti4 6)

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38 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, pp. 250-275.39 L’olpe del tipo Isings 14 è datata al I secolo d.C., e sarebbe unoggetto di riutilizzo. Essa ha confronti con altra rinvenuta nellachiesa di S.Eufemia all’Isola Comacina e a S.Vittore di Corbet-ta, CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995, p. 253. 40 FEVRIER 1987, pp. 881-942.41 BROGIOLO 1995-97, pp. 236-238.4 2 Altro centro territoriale con una necropoli longobarda dioltre 25 tombe, non scavata integralmente, MARIOTTI 1994,pp. 120-122, posta a poca distanza dalla chiesa di S.Vi t t o r e ,sede pievana, MASTORGIO 1990, pp 117-190, e dal centro sto-rico, che mostra origini piuttosto antiche. La chiesa in questocaso è posta fuori dall’abitato e costeggia la strada che conduceagli abitati di Mezzana e Somma Lombardo.

43 I documenti inerenti la storia di questa famiglia coinvolgonodue periodi differenti, una prima fase che va dal 721 al 756, cor-risponde al regno di Liuprando, Ratchis (746-749) e A s t o l f o(750-758), una seconda fase più tarda che raggruppa una seriedi documenti datati tra il 769 e l’807 si riferisce, per lo più, alsecondo Totone. Indicazioni e analisi della famiglia e dei suoicomplessi rapporti personali (con indicazione dei Codici Diplo-matici di riferimento) sono in MOR 1928, p. 126 ss.; ROSSET-TI 1986, p. 200; LA ROCCA2000, pp. 45-69. Un’analisi pura-mente funzionale alla ricostruzione degli insediamenti nellagiudicaria del Seprio in età longobarda è in DE MARCHI 2000,pp. 129-131. 44 LAROCCA2000.45 Hist. Lang., V, 36-38. 46 DOZIO 1858, pp. 81-82.

Ta v. V) S. Vittore a Galliano (da Archeologia a Cantù1 9 9 1 )

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E72

Tav. VI) SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (da CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995)

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Tav. VIII) S.Zenone a Campione (da CAPORUSSO 1995-1997)

Tav. VII) S.Stefano a Garlate (da BROGIOLO 1995-97)

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51 Una fibula tipo Madrano, sotto il pavimento della chiesa sirivennero in una buca coperta da lastre un granulato di piritecubico e una punta in cristallo, si pensa con significato votivo eapotropaico, FOLETTI 1997, p. 122. 5 2 Gli esempi ticinesi sono in FOLETTI 1997; GarbagnateMonastero in BASERGA1906, pp. 101-114.

S.Zenone è una chiesa privata, fondata per esigen-ze personali, che svolge il ruolo di mausoleo fami-liare come, con sviluppi diversi, S.Stefano di Gar-late, poi pieve, (con numerose sepolture ben ordi-nate nello spazio a disposizione, provviste di corre-do), anch’essa ubicata lungo strade di smistamen-to ad ampio raggio (la via Bergamo/Lecco/Comoproveniente da Aquileia, con allacciamenti allapedemontana per il lago Maggiore) e in riva alfiume Adda.

Abbiamo, quindi, nel nostro territorio un buoncampionario di “oratori” privati usati come mauso-lei di famiglia, che i corredi funerari indicano giàutilizzati a questo scopo nella prima metà del VIIsecolo, ai quali si possono aggiungere numerosialtri esempi.

Al proposito si ricordano: S.Pietro di Dongio diVI secolo (con tombe interne ed area cimiterialeesterna, Ta v. IX), S.Lorenzo di Gudo di VI/VIIsecolo (con tombe in un sacello interno all’edificio,caratterizzato da un impianto rettangolare, Ta v.X), S.Antonino di Besazio (con sette sepolture lon-gobarde nella navata), S.Carpoforo di Gorduno diVII secolo (con sepolture prive di corredo nellanavata e una tomba di guerriero armato, forse ilfondatore del castello, posta appena all’esternopresso una torre cui si addossò l’edificio religioso).Ancora oratori privati connessi alla figura di unbenefattore/fondatore possono ravvisarsi inSS.Nazaro e Celso ad Airolo, datato dal V all’VIIIsecolo (Ta v. XI, tomba ad arcosolio, ricavata nelmuro perimetrale Sud della navata, con corredo diIII/IV secolo5 1, rispettata negli edifici posteriori),SS.Quirico e Giulietta a Melide datata dal VI al IXsecolo (cenotaffio di VII secolo in pietra accurata-mente rifinito e posto al centro della navata, Tav.XII), S.Giorgio a Morbio inferiore di VII secolo (conuna doppia sepoltura privilegiata, a sarcofago,accuratamente intonacata e coperta da lastroni, euna seconda sepoltura sotto l’altare). A n c o r aSS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero, VIIsecolo (Ta v. XIII, con tomba ricavata in un muroperimetrale della navata, provvista di corredo),S.Martino di Sagno (con tomba privilegiata),S.Pietro a Gravesano, di IV/V secolo (Tav. XIV, contomba privilegiata in sarcofago chiuso da lastre digranito, al sacello nella fase di VII/VIII secolovenne aggiunta una seconda sepoltura in muratu-ra e a lastre). Nel S.Abbondio di Mezzovico (memo-ria: Tav. XV), di VI secolo, sopra una tomba privi-legiata venne costruito un sacello funerario inlegno, per ricordare un benefattore d’alto rango ouna persona particolarmente venerata, rispettatodall’edificio di VII secolo ricostruito in pietra52.

Tav. IX) S.Pietro a Dongio (da FOLETTI 1997)

- e dall’epigrafe4 7- nella chiesa rurale di Beolco,dove dovevano trovarsi loro proprietà.

Ritornando ai Totonidi, si sa che fecero erigereun edificio di culto a Campione (nei documentimenzionato come f u n d u s, l o c u s, nel 777 comev i c u s) dedicato a S.Zenone (Ta v. VIII), oggetto didonazioni da più parti (Walderada a. 725, lasciabeni all’oratorio, come Magnerada altro membrodella famiglia a. 769, un certo Orso a. 804, le donaparte delle sue proprietà in Val d’Intelvi e nell’ini-dentificato castro Axongia in finibus sepriensis48).La chiesa, oggetto di donazioni, come si è visto,suscitava un’attrazione, solo in parte determinatadai contatti familiari, anche fuori dal territoriocampionese, attrazione forse connessa alla dedicaal santo, patrono delle acque e poi della Val d’In-telvi, a cerimonie e riti particolari, alla presenzadello xenodochio, ma soprattutto alla vocazionemercantile.

A S.Zenone scavi archeologici hanno portato inluce una struttura funeraria monumentale conte-nente fili d’oro da broccato e una moneta di Perta-rido (672-688) e una seconda tomba femminile congioielli datati al VII secolo avanzato (orecchini ditipo bizantino in oro con pendente vitreo, anelloaureo con pasta vitrea blu nel castone4 9). Nellacasa della famiglia dei Totoni, per loro espressovolere, venne fondato uno xenodochio (indice,come ad Agrate, di vie di transito e di pellegrini) e,d’altro canto, Campione per la sua posizione dicapo lago era un passaggio obbligato, grazie allevie di terra e d’acqua, per chi veniva dal milanese,dal Mendrisiotto e dal Comasco, verso Lugano e ilSottoceneri per Bellinzona50 e le valli e viceversa.Un luogo in un certo senso ideale come sosta per ilviaggiatore e per transazioni commerciali. A n c h e

4 7 C f r. epigrafi di Galliano, in area Briantea, di S.Giovanni aCastelseprio (Wideramm), GELICHI, BROGIOLO 1996, pp.151-152. 48 Vedi n. 43.49 CAPORUSSO 1995-97, pp. 230-232.50 FOLETTI 1997.

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Tav. X) S.Lorenzo a Gudo (da FOLETTI 1997) Ta v. XI) SS.Nazaro e Celso ad Airolo (da FOLETTI 1997)

Ta v. XII) SS.Quirico e Giulietta a Melide (da FOLETTI 1997) Ta v. XIII) SS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero(da BASERGA1906)

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Tav. XIV) S.Pietro a Gravesano (da FOLETTI 1997)

Tav. XV) S.Abbondio a Mezzovico (da FOLETTI 1997).

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Si tratta in ogni caso di fabbriche poste lungostrade, accessibili, quindi, con una certa facilità, interritori fis c a l i5 3 e in proprietà di nobili di corte, chesembrano collegate a centri demici curtensi o a vil-laggi in via di formazione. Solo nel caso di Campio-ne, sicuramente un villaggio non secondario, si rile-va, allo stato attuale delle ricerche, una doppia pos-sibilità: S.Zenone, oratorio privato è mausoleo difamiglia posto entro l’abitato, una seconda chiesa,indagata archeologicamente5 4, dedicata a S.Pietro(cui poi si aggiunsero i SS.Nazaro e Celso, Ta v. XVI),posta a Nord dell’abitato, presenta caratteri diversi.Essa sorge, infatti, su un’area funeraria che nonsembra avere sviluppi ulteriori. Siamo forse di fron-te ad un oratorio dove si pratica il culto e la preghie-ra, svincolato da proprietà e quindi pubblico. A n c h eil suo ampliamento, in un periodo successivo all’ere-zione, va in questa direzione interpretativa, mentreal contrario a S.Zenone alcune tombe risultanovuote, forse per cessazione dell’uso funerario in loco.

Non documentato da fonti scritte è l’esempiodella chiesa dei SS.Pietro e Paolo di Stabio, che harestituito sepolture con corredo d’arme di VII secoloe un’ampia area cimiteriale esterna, mausoleo pri-vato che probabilmente assunse solo in seguito ilruolo di chiesa cimiteriale e di cura d’anime. Stabioè coinvolto da più ritrovamenti longobardi, di VI masoprattutto di VII secolo e di alto valore artistico edeconomico, in molti dei quali si riconosce la tradizio-ne tardoromana e bizantina, che parla di contatticulturali con il territorio lombardo e la Lucchesia, èun centro integrato nei circuiti di commercializza-zione dei prodotti o, comunque, in contatto con inse-diamenti e città d’altre regioni peninsulari5 5. Sem-bra verosimile, quindi, che Stabio come, per ragioniogni volta diverse, Arsago Seprio e Campione, aves-se l’assetto di un abitato popolato da più nucleifamiliari, come è plausibile per Trezzo d’Adda(nucleo cimiteriale di nobili d’alto rango, maschile eguerriero, un secondo cimitero longobardo nel luogodell’oratorio di S.Martino, familiare con sepolturemaschili, femminili e di bambino, sorto su una villaromana, cui si sovrappose alla metà del VII secolol’oratorio omonimo)5 6 e Muralto con due chiese pub-bliche, S.Stefano e S.Vittore, situate a poca distan-za l’una dall’altra costruite sicuramente per lenecessità di un abitato particolarmente vitale5 7.

Dai documenti analizzati deriva che la popola-zione, che lavorava nei fondi e nelle case massari-cie ricordate nelle fonti, sparsa in diversi luoghidella proprietà, difficilmente si faceva seppellirenelle chiese private dei loro signori, a parte casinon accertabili, considerata la situazione dibenessere e di privilegio anche denunciata daicorredi funerari rinvenuti nella maggior parte deicasi e dalle strutture tombali molto ben realizza-te, indizio della presenza sul posto di mano d’ope-ra specializzata (per lo più a lastroni monolitici,S.Maurizio ad Erba, S.Vincenzo a Galliano, S.Stefano a Garlate, più un sarcofago e una cappuc-cina, SS.Pietro e Paolo a Stabio, S.Giovanni adIncino, SS.Cosma e Damiano a Como, SS.Nazaroe Celso a Garbagnate Monastero5 8, SS.Nazaro eCelso ad Airolo, SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio,in muratura). Escono da questo quadro, differen-ziandosi, gli edifici di S.Vittore a Terno d’Isola(poi pieve), di S.Tomè a Carvico, sottoposta aTerno, di S.Stefano e di S.Vittore (pieve) a Mural-to, di S.Vincenzo a Galliano (pieve), di S.Eufemiaad Incino (vico romano, poi centro pievano), anco-ra in parte conservata in alzato, con il vicino bat-tistero di S.Giovanni5 9, cimiteriale e a cura d’ani-me, di S.Eufemia all’Isola Comacina con annessobattistero di S.Giovanni (cimiteriale, con arredomusivo, di affreschi e scultoreo notevoli6 0), per laquale è certa la fondazione da parte del vescovo diComo agli inizi del VII secolo. A queste chiese,tutte divenute pievi, si affianca nell’assunzionedel ruolo pubblico, proprio per la sua posizione sulpercorso di più strade, S.Stefano di Garlate.

Luoghi di culto di indubbio interesse, gli esem-pi ticinesi dei SS.Pietro e Paolo di Stabio e diS.Martino di Sonvico (Tav. XVII, datata al VI/VIIsecolo, con rifacimenti della metà dell’VIII), dotatadi un notevole altare di marmo, per le quali sia inrelazione alla continuità/contiguità di un insedia-mento preesistente e di un centro demico “longo-bardo” nel VII secolo, nel primo caso, che per l’ar-redo liturgico nel secondo caso è pensabile l’atti-vità, anche limitata e successiva all’uso cimiteria-le, di cura d’anime.

Il S.Ilario a Bioggio (prima metà dell’ V I I Isecolo, Ta v. XVIII) viene eretto dopo aver spiana-to i resti di un’area sacra, di una villa e di un inse-

53 DE MARCHI 2000 c.s.54 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1996, pp. 239-278. 55 DE MARCHI 1997, pp. 283-329; DE MARCHI 2000 c.s.5 6 ROFFIA, SESINO 1986, pp. 9-100; LUSUARDI SIENA1997, pp. 365-375. 57 A Muralto, località S.Vittore e scavi nell’area del Park Hotel,ad attività metallurgiche più o meno modeste, attive nel VI enel VII secolo in continuità con le età precedenti si affiancava-no fondachi utilizzati come depositi di quarzo per la lavorazio-ne del vetro, che sfruttavano le vie d’acqua dei laghi Maggioree di Lugano, il Ticino e altri fiumi minori per la commercializ -zazione dei prodotti, DONATI 1999, pp. 163-169, 404.

58 BASERGA1906, pp. 101-120. 59 Gli scavi in S.Giovanni di Incino hanno evidenziato una pri-mitiva pianta ad aula unica quadrangolare, di VI-VII secolo,alla quale in un momento successivo si aggiunse un abside qua-drangolare, affiancata da due ambienti laterali con sepolture,GELICHI, NOBILE 1995, pp. 9-11. 60 Per cui MONNERET DE VILLARD 1914. Una sintesi dellostato delle indagini in CAPORUSSO 1998; in CAPORUSSO1995-97, pp. 233-236, note sulle ultime indagini che hanno rile-vato che gli edifici religiosi inglobarono parte degli edifici roma-ni e una torre tardoantica (?).

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Tav. XVI) S.Pietro a Campione (da CAPORUSSO, BLOCKLEY 1996)

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Tav. XVI) S.Martino a Sonvico (da FOLETTI 1997)

Tav. XVIII) S.Ilario a Bioggio (da FOLETTI 1997)

diamento romani, frequentati fino al VI secolo.Considerata la sua posizione d’altura, elevata suun picco, e l’apparente mancanza di abitati nellevicinanze fa pensare ad una fondazione esaugura-le di un luogo pagano6 1, del quale si sono volutecancellare le tracce, soprattutto considerando l’e-sistenza a valle di un altro edificio di culto diVII/VIII secolo6 2.

Il legame con l’insediamento antico, senza

eccessive fratture dall’età romana all’altomedievo,nel caso ticinese di Muralto, sembra dimostratodal fatto che S.Stefano è sorto su un abitato roma-no (Tav. XIX), con edifici anche d’uso artigianale eproduttivo, mentre S.Vittore utilizza in parte gliambienti di una villa romana (Ta v. XX), di cuisfrutta i vani termali come fonte battesimale, e difabbricati adiacenti a questa, andati parzialmentein disuso nel V/VI secolo. Le due chiese di Muralto

61 SANNAZARO 1992, pp. 62-63. 62 In corso di studio da parte degli addetti dell’Ufficio Cantona-le dei Monumenti storici di Bellinzona.

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hanno annesse aree cimiteriali con sacello funera-rio (S.Stefano) e sepolture prive di corredo coeveall’edificio altomedievale63.

Nel VII secolo, epoca alla quale si attribuisconocronologicamente i corredi funerari “longobardi”rinvenuti negli edifici di culto (prima metà delsecolo), la frequentazione di numerose chieseriflette una mutata mentalità dei possidenti e deinobili longobardi, anche su modello delle caseregnanti. Si riscontrano in questo periodo - soprat-tutto a partire dalla metà del secolo - rifacimenti eristrutturazioni, ad esempio le chiese lignee sonosostituite da edifici in muratura (S.Tomè a Carvi-co), in molti altri casi a edifici a piante semplifica-te ed essenziali ad aula unica rettangolare o qua-drangolare si aggiunge l’abside presbiteriale semi-circolare (S.Stefano a Garlate, SS.Sisinnio edAgata ad Ossuccio, S.Pietro a Gravesano, SS.Qui-rico e Giuletta a Melide, SS.Nazaro e Celso ad

Airolo), più raramente quadrata (S.Stefano aMuralto). La nuova classe dirigente ha necessitàdevozionali e di rappresentanza.

Non sembra un caso che molte delle cappelle edegli oratori frequentati dalla nobiltà del tempo,sepolta con o senza corredo, si distinguano per ladeposizione in altari e nicchie, appositamente rea-lizzate, di capselle portareliquie in argento o inaltro materiale (gesso, stucco), datate dal IV/Vsecolo all’altomedioevo. Le capselle sono segno diuna devozione antica, legata alla presenza di reli-quie (corpi santi), danno all’edificio un’aura di sto-ria e di santità che cattura. I reliquiari sono con-centrati soprattutto nella Brianza orientale eattorno al medio corso dell’Adda, li troviamo aSS.Nazaro e Celso a Garbagnate Monastero (dueesemplari), a S.Giovanni Battista al castello diBrivio (due esemplari) e a S.Stefano di Garlate(due esemplari)64.

63 FOLETTI 1997.64 I due esemplari di S.Stefano di Garlate sono in pietra gesso-sa ed una in argento e sono state recuperate sotto l’altare par-rocchiale odierno, in una fossa chiusa da una lastra rettangola-re di marmo bianco decorata da una croce greca apicata, i tre diSS.Nazaro e Celso a Garbagnate, uno in stucco, uno in argento,un terzo del quale si conserva solo il coperchio, erano depostisotto l’altare romanico in una fossa ricoperta da una lastra inmarmo decorata come quella di Garlate, i due ultimi esempirinvenuti a S.Giovanni Battista al castello di Brivio, uno inmarmo, l’altro in argento si trovavano in un loculo posto sotto

l’altare, BASERGA1903; i pezzi in marmo, stucco, pietra ges-sosa hanno un’attribuzione generica dall’età tardoantica all’al-tomedioevo, la capsella argentea di Brivio con raffigurazionedell’adorazione dei magi, ottenuta a sbalzo e a bulino, si data alV secolo; i materiali di Garlate, una capsella parallelepipeda inargento e le tre laminette in argento, si datano al IV-V secolo,per confronti. I temi raffigurati sono nel primo caso una scenabiblica lavorata a sbalzo, nel secondo figure di oranti crucifere.La capsella argentea di forma ellittica di Garbagnate Monaste-ro, simile a quella di Civate, si dovrebbe datare al V-VI secolo,SANNAZARO 1994, pp. 291-299.

Tav. XIX) S.Stefano a Muralto (da FOLETTI 1997)

Le chiese di castello, in molti casi non ancoraindagate archeologicamente (Castello di Brivio,S.Stefano a Lecco, S.Vittore a Laino d’Intelvi,S . Vittore a Monte Brianza, Motta fortificata diGorduno, Tav. XXI), pongono grossomodo gli stessiproblemi degli altri edifici di culto, con la differen-za che è chiaro l’ambito cui si riferiscono, ricono-scibile primariamente nel fare riferimento ad unospazio precisato, e quindi ad una comunità defini-ta, anche se non si è in grado di conoscere la capa-cità di attrazione territoriale di un castello, che inalcuni casi come a Castelseprio (centro di una giu-risdizione territoriale), o con più dubbi all’IsolaComacina (castrum e luogo sacro, in una posizionedi transito notevole) e a Bellinzona (funzione diricetto della popolazione circostante in caso dipericolo) spesso dovette essere molto ampia. Laposizione degli edifici di culto, all’interno dellospazio definito dalle mura, è variabile: centralisono S.Vittore a Monte Brianza, S.Giovanni aCastelseprio, mentre sono decentrati S.Vittore aLaino, S.Carpoforo a Gorduno, Madonna dellaRocchetta (Ta v. XXII), S.Eufemia e S.Giovanniall’Isola Comacina. A Bellinzona non è stato iden-tificato alcun edificio di culto tardoantico e/o alto-medievale. Rimane in taluni casi aperto il rappor-to cronologico tra chiesa e fortificazioni, qualedelle due strutture sia sorta per prima, o se sianosorte contemporaneamente.

Queste chiese non si distinguono per la strut-tura dalle altre, ad eccezione di S.Eufemia all’Iso-la Comacina (aula biabsidata). Si tratta per lo piùdi semplici aule ad un’unica navata (almeno nella

fase iniziale) con abside semicircolare o quadran-golare (Madonna della Rocchetta). Talvolta con-tengono sepolture di rango, relative a guerrieri e acapi militari, o a personalità di alto lignaggio,benefattori o fondatori, di fatto figure di riferimen-to per la comunità, sepolti con armi e vesti in broc-cato. Le sepolture sono in rari casi all’interno del-l’edificio: una sepoltura di cavaliere a Castelseprio(rideposizione nel muro di controfacciata)65, cui siunisce l’epigrafe funeraria di Wideramm, una diguerriero a Gorduno66 (nell’area antistante la fac-ciata della chiesa a ridosso di una torre probabil-mente tardoromana). A Monte Brianza una riccasepoltura è nota alle cronache locali. Essa si trova-va presso la porta antica del castello e contenevauno scheletro “dalla statura gigantesca...entromuri come in una stanza”, sepolto con oggettid’oro, uno scudo da parata e un elmo (?) (corredoperduto)67. Sono sepolture singole, non relative adun gruppo, solo a Castelseprio si rileva un’ampiaarea cimiteriale con deposizioni coperte da lastremonolitiche crucigere, di personalità di altolignaggio, poste all’esterno e a ridosso dell’abside.Su questa località si sviluppò col tempo unanobiltà di castello i cui rappresentanti raggiunse-ro il titolo di conte, svolgendo talvolta attività inrappresentanza dell’imperatore a Milano 6 8. ALaino d’Intelvi due sepolture (manomesse) sonostate scoperte casualmente all’esterno del muro dicinta (una femminile conteneva orecchini a cestel-lo aurei di VI/VII secolo, l’altra maschile uno scra -masax)69. La funzione, forse prevalente, di ricettodelle popolazioni locali che distinse il castello di

67 BERETTA 1960, p. 34; BROGIOLO 1997, pp. 69, 78. 68 GELICHI-BROGIOLO 1996, p. 156.6 9 GIUSSANI 1913-14, pp. 61-73; NOBILE DE A G O S T I N I ,RAPI, UBOLDI 2000, pp. 22-24.

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Tav. XX) S.Vittore a Muralto (da FOLETTI 1997)

65 LUSUARDI SIENA, SESINO 1987-88, pp. 97-129. 6 6 In questa località si registra un mutamento di rito dallatomba con corredo, presso la torre e la chiesa, che venne apertae le armi riseppellite poco distanti, in una fossa a parte, DEMARCHI 1997, p. 303.

Ta v. XXI) S.Carpoforo a Gorduno(da FOLETTI 1997)

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Bellinzona può essere suffragata dalla presenza disepolture prive di corredo70.

A Castel San Pietro gli edifici di culto più anti-chi sono andati interamente perduti, a testimonia-re l’appartenenza all’altomedioevo rimane nell’o-dierna Chiesa Rossa (dedicata a S. Pietro) unalastra di ciborio o di pluteo, decorata ad intreccio

geometrico regolare, datato ad età carolingia(i n f r a). Sondaggi operati all’interno dell’edificiohanno rivelato la presenza di un’area cimiterialetardoromana71 (Tav. XXIII). La fabbrica, in origineforse lignea, sorse quindi presso un insediamentopreesistente, che continuò a vivere da età gota alRinascimento. A Morbio Superiore gli edifici che

Tav. XXII) Madonna della Rocchetta (da BROGIOLO 1997)

70 MEYER 1976.7 1 D O N ATI 1980, pp. 52-55; il momento di maggior fortuna,grazie alla posizione in altura che domina il Mendrisiotto e la

Val d’Intelvi, l’insediamento fortificato di Castel S.Pietro dovet-te averlo in età gota (nell’area sono state trovate monete di Giu-stiniano), MARTINELLI 1996 et al., pp. 129-205.

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Tav. XXIII) Chiesa Rossa a Castel San Pietro (da DONATI 1980)

attorniano l’oratorio di S.Martino (Ta v. XXIV, unfabbricato quadrangolare all’esterno, a piantasemicircolare all’interno e con un ambiente absi-dato) hanno fatto pensare che si trattasse di unedificio di culto integrato in una fortificazione,anche in considerazione del fatto che il luogo èposto su una collina che controllava il passaggio,attraverso la Val di Muggio, verso la Val d’Intelvi eil lago di Como72.

Tendenzialmente le dediche santoriali deglioratori attivi nell’altomedioevo rimandano ad etàtardoantica, S.Vittore ad esempio (Laino, MonteBrianza, Muralto, Arsago Seprio), S.Stefano(Muralto, Lecco, Garlate, Bulciago, Lenno), S.Car-poforo (Gorduno), SS.Nazaro e Celso (GarbagnateMonastero, Campione, Lanzo d’Intelvi, Milano),SS.Cosma e Damiano (Como), per fare solo pochi

72 FOLETTI 1997.

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esempi. S.Eufemia all’Isola Comacina, fondata nelVII secolo, che ha la stessa dedica delle chiese diPiona e di Incino, riprende le esigenze di missiona-riato e di propaganda del culto tricapitolino, cuiaderì la regina Teodolinda, particolarmente diffu-so nell’area del lago di Como e in Brianza73.

Dai dati considerati risulta, infine, che nume-rosi edifici di culto sorsero sopra o nei pressi di

preesistenze romane7 4, presso v i c i ( S . Vincenzo inGalliano, SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio,S.Eufemia ad Incino), o nell’area di ville e di inse-diamenti romani (S.Stefano e S.Vittore a Muralto,S.Stefano di Garlate, S.Martino a Trezzo, Ta v.XXV, S.Eufemia all’Isola Comacina), impostandosio direttamente sui loro resti e utilizzandone spazie ambienti o nei loro pressi (S.Ilario a Bioggio). In

Tav. XXIV) S.Martino a Morbio Superiore (da FOLETTI 1997)

73 BOGNETTI 1967, pp. 305-345. 74 BERTOLONE 1954 e 1958.

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molti casi si rileva una soluzione di continuità nonquantificabile temporalmente, in altri casi unoiato molto breve. Questo è più evidente quando l’e-dificio di culto altomedievale viene preceduto daun edificio d’uso religioso o funerario tardoantico,di cui ne costituisce la prosecuzione spesso conampliamenti e mutamenti d’utilizzo (SS.Nazaro eCelso ad Airolo, S.Stefano a Garlate, S.Vincenzo aGalliano, forse S.Vittore a Terno d’Isola).

Il caso più frequente concerne il rapporto conaree cimiteriali tardoantiche (IV/V secolo) che siriscontra per S.Vittore a Terno d’Isola, per SS.Pie-tro e Paolo e S.Abondio a Stabio, per la ChiesaRossa a Castel S.Pietro, per S.Antonino a Besazio

( Ta v. XXVI), per S.Abondio a Mezzovico, perS.Lorenzo a Gudo, per SS.Nazaro e Celso ad Airolo.

In conclusione si può dire, anche pensandoalla fondazione tardoantica di molti castelli, chenel passaggio all’altomedioevo l’organizzazionedegli insediamenti preesistenti tenne perchè nonvennero meno le ragioni economiche, di sussi-stenza e di approvvigionamento dei prodottirurali, e commerciali dettate principalmentedalle strade. I mutamenti riguardarono soprat-tutto l’organizzazione territoriale, non il lavoroagricolo e la frequentazione di depositi di materieprime (selve, cave7 5, miniere, laghi, fiumi, corsid’acqua, paludi), come in buona parte attestano

Tav. XXV) S.Martino di Trezzo (da LUSUARDI SIENA1997)

Ta v. XXVI) S.Antonino a Besazio (daFOLETTI 1997)

7 5 BERTOLONE 1958, a proposito di una cava di pietra olla-re a Chiavenna che conserva un’iscrizione (nome proprio, del

proprietario della cava ?) incisa nella parete datata all’alto-m e d i o e v o .

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anche le fonti scritte ( s u p r a). Le vie, pur connuovi percorsi, furono i principali fattori di conti-nuità e sviluppo economico.

Gli edifici di culto di nuova fondazione (VIIsecolo) non sono molti, tra questi S.Tomè a Carvico( e d i ficio ligneo di metà VII), S.Martino a Sonvico(sepoltura di metà VII), SS.Nazaro e Celso a Gar-bagnate Monastero (tomba di VII), SS.Pietro ePaolo a Stabio (metà VII), S.Martino a Tr e z z o(metà VII) (Tavv. XIII, III, XXV).

3. Impianti edilizi ed arredi liturgici

La varietà delle tipologie e di soluzioni costrut-tive è ampia, per fare un esempio abbiamo:

a) aule uniche a pianta rettangolare (o qua-drangolare, Tavv. XI, XIV, X, XIX, XV, XII, VI, VII),distribuite prevalentemente in Canton Ticino, condatazioni tendenziali a partire dal V/VI secolo finoad esempi più tardi. Spesso gli edifici, che presen-tano questo impianto, sono di dimensioni modestee hanno funzione di sacelli santoriali e mausolei

familiari. A questa tipologia appartengono, condimensioni variabili, SS.Nazaro e Celso ad Airolo(IV/VI secolo, poi con abside semicircolare), S.Pie-tro a Gravesano (V/VI secolo, poi nel VI/VIII conabside semicircolare), S.Lorenzo a Gudo (VI seco-lo, cui venne aggiunto, agli inizi del VII secolo, unsecondo corpo quadrangolare), S.Stefano di Mural-to (IV/V secolo, ampliato nel VI/VII con un’areapresbiteriale quadrata), S.Abbondio a Mezzovico(di VI secolo in legno, successivamente ampliato),SS.Quirico e Giuletta a Melide (VI/VII secolo, cuinel VIII/IX venne aggiunta un’abside semicircola-re), SS.Sisinnio ed Agata ad Ossuccio (VI/VII seco-lo, in età altomedievale ampliato e completato conl’aggiunta di un’abside7 6), S.Stefano a Garlate(fase più antica, ampliata nel VII secolo con l’ag-giunta di un corpo rettangolare assiale al primo econ la costruzione di un’abside semicircolare77).

b) aule uniche con abside quadrata (Ta v v. III,X I V, XIX, XXII), gli esempi sono piuttosto numero-si in Canton Ti c i n o7 8. In Italia sono attestati nelleregioni settentrionali. La tipologia, di tradizione

Tav. XXVII) S. Giorgio a Morbio Inferiore (da FOLETTI 1997)

76 CAPORUSSO, BLOCKLEY 1995.77 BROGIOLO 1995-97, pp. 236-238.

78 FOLETTI 1997.

P. Marina De Marchi 87

tardoantica, è considerata propria dei territorit r a n s a l p i n i7 9 prossimi alle Alpi. Di certo le testimo-nianze lombarde, piemontesi (chiesa e cappelledella Novalesa8 0), friulane (la chiesa di Nimis), siattestano soprattutto in area subalpina e prealpi-na, forse risentendo l’influsso (o partecipando diuna cultura comune) delle aree alpine più setten-trionali. La datazione del tipo va tendenzialmenteda metà VI al VII/VIII, può trattarsi di mausoleifamiliari e di luoghi di preghiera, oratori. Hannoquesta conformazione gli edifici relativi a S.Abon-dio e a SS.Pietro e Paolo di Stabio (di V/VI secolo ilprimo, di prima metà VII il secondo), S.Martino aTrezzo (metà del VII secolo8 1), SS.Nazaro e Celso aGarbagnate Monastero (prima metà VII8 2), S.Gior-gio a Morbio Superiore (VII secolo), S.Martino aMorbio Inferiore (fase di VII secolo), S.Stefano aMuralto (ampliamento dell’edificio ad impiantorettangolare semplice, attribuito all’VIII/IX seco-lo), S.Martino a Quinto (attribuita dubitativamen-te al IX secolo), S.Maria di Sumirago (di VIII/IXs e c o l o )8 3, Madonna della Rocchetta (VII ?)8 4, il bat-tistero di S.Giovanni ad Incino (V/VI secolo). AS.Stefano di Muralto si tratta di un ampliamentod e l l ’ e d i ficio originariamente a pianta rettangolareattribuito all’VIII/IX secolo8 5.

c) chiese in legno documentate dal IV all’VIIIsecolo (Tavv. XIV, XVII, XVIII), possono avere l’im-pianto di un semplice sacello rettangolare o essereprovviste di abside trapezoidale o semicircolare. Inun secondo momento vengono ricostruite in mura-tura. Appartengono a questa categoria: S.Pietro aGravesano (un sacello di III/IV secolo), S.Martinoa Sonvico (prima metà del VII secolo), ChiesaRossa a Castel San Pietro (VII secolo?)86, S.Tomè aCarvico (prima metà VII), S.Ilario a Bioggio, edifi-cio probabilmente a pianta rettangolare datatoalla prima metà dell’VIII secolo (prima fase dell’e-dificio), S.Vittore a Terno d’Isola (altomedievale ?),S.Maria Nullate a Fermo alla Battaglia (epocaaltomedievale)87.

d) aule uniche rettangolari con abside (Tavv. I,VIII, XVI, XVIII, XXVIII, XVII, XXVI), costruitacome prolungamento dei muri perimetrali lateralio impostata sui perimetrali mediante muri ( “spal-le” a ferro di cavallo) sono diffuse soprattutto dalVII secolo, quando edifici più antichi ad aula ret-tangolare vengono ampliati (vedi punto a). Nasco-no con questo impianto S.Maurizio a Erba (fino alVII, poi biabsidata come S.Eufemia all’IsolaComacina), S.Tomè a Carvico (VII secolo), S.Zeno-ne a Campione (VII secolo), S.Pietro a Campione

79 SENNHAUSER 1979, pp. 193-218, si veda anche l’interven-to tenuto al Seminario su tardoantico ed altomedioevo (Garda,14-15 aprile 2000), sul tema Luoghi di culto e popolamentorurale tra VII e VIII secolo in Italia settentrionale.8 0 CANTINO WATAGHIN 2000, pp. 129-141; BROGIOLO1997, cit.81 LUSUARDI SIENA1997, cit.82 BASERGA1906, pp. 101-114.

(nella fase altomedievale più antica), S.Ilario aBioggio (forse già nella fase in cui era costruita inlegno), S.Pietro ad Arbedo (VII/VIII secolo), S.Pie-tro al Motto di Dongio (fine VI secolo), S.Martino aSonvico (metà dell’VIII secolo), S.Antonino a Besa-zio (metà del VII secolo), S.Martino a Mendrisio(VII secolo), il battistero di S.Giovanni all’IsolaComacina.

S.Vittore a Muralto ha navata e coro rettango-lari (fase di VI/VII secolo), nei SS.Cosma e Damia-no a Como l’edificio più antico ha pianta crucifor-me di grandi dimensioni, poi ridotta ad aula unicaabsidata88. Attualmente non è possibile ricostruirele piante di S.Vittore a Terno d’Isola e di S.Vincen-zo a Galliano (per la quale è prevedibile un’aulaunica monoabsidata).

L’ampiezza dell’edificio, solo raramente riscon-trata, può incidere sul ruolo e sulle funzioni. Perquanto attiene agli elementi relativi all’arredosacro, panche, altari, transenne o gradini di sepa-razione tra l’area del coro presbiteriale e la navatapossiamo considerarli indizi di svolgimento di atti-vità religiose di diverso tenore (preghiera, servizioreligioso, ecc.). La presenza di reliquie, oltre allatitolazione, può indicare culti e devozioni partico-lari di difficile definizione o uno status connesso alrilievo e alla capacità di attrazione, che i proprie-tari pubblici o privati dell’edificio desiderano tra-smettere all’esterno, con significato a doppia dire-zione: dei nobili da un lato e della popolazionerurale dall’altro. Il prestigio di un luogo, oltre chedal rango del proprietario in caso di oratori priva-ti, è anche determinato dalla qualità degli arrediscultorei e dagli elementi decorativi (mosaici pavi-mentali, affreschi, epigrafi in memoria). Questioptional di qualità mettono spesso in relazione unedificio, apparentemente periferico, con centri abi-tati di maggior peso territoriale e con le città (cen-tri di produzionee luoghi di formazione di modelliculturali), sottolineandone l’importanza locale e/ola subalternità rispetto ad essi. In questa direzio-ne sono interessanti, ad esempio, il pluteo decora-to ad intreccio geometrico regolare - e di buona fat-tura - conservato alla Chiesa Rossa di Castel SanPietro, che P.A. Donati (1980) datava ad età caro-lingia e voleva proveniente, per confronti, daLugano o da Como. La decorazione scultorea e leepigrafi funerarie di Manifret e di Odelbertus diS.Vincenzo in Galliano rimandano quanto meno acontatti con l’ambiente milanese, come i papiridella stessa chiesa hanno confronti con altri con-servati in S.Giovanni a Monza89. Gli elementi che

83 MARIOTTI 1992, pp. 83-89.84 BROGIOLO 1997, cit.85 FOLETTI 1997, cit.86 DONATI 1980, cit.87 CAPORUSSO 1994, pp. 175.88 CALC 1993, pp. 99-100.89 SANNAZARO 1994, cit.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E88

9 0 Altari più poveri, a titolo di esempio, sono a SS.Nazaro eCelso di Garbagnate Monastero e a S. Ilario di Bioggio, ma lacasistica è ampia, FOLETTI 1997.

91 Si veda l’esempio eclatante della translazione delle reliquiea S.Giulia di Brescia dalla Gorgona, BROGIOLO 2000, pp. 143-155.

costituiscono l’altare di S.Martino di Sonvico(colonne con capitelli di VIII/IX secolo) rispondonoal clima culturale dell’epoca -con confronti inS . Vincenzo a Galliano9 0- l’epigrafe funeraria diAldo e Grauso dei SS.Pietro ed Andrea di Beolco,datata alla fine del VII secolo, è stata riferita adambiente artistico pavese.

Transenne e altri elementi di separazione trapubblico ed eventuale officiante sono a S.Zenone diCampione, nei SS.Nazaro e Celso di Airolo (inlegno), ai SS.Nazaro e Celso di Garbagnate (unmuro divisorio), al Motto di Dongio e in S.Pietro aGravesano (in muratura intonacata), in S.Martinodi Sagno presso Mendrisio (a lastre di granito conincavi); panchine per i fedeli in preghiera o i visi-

tatori si hanno nei SS.Quirico e Giuletta di Melide. Nei casi di capselle e reliquiari, come in quello

degli altari, esistono problemi irrisolti che riguar-dano la contemporaneità della nicchia o dell’altarecon l’epoca di fondazione o di ristrutturazionedella chiesa. Altari e reliquie in ogni caso possonoessere trasferiti9 1 da altre località e deposti inmomenti successivi all’apertura dell’edificio diculto per ragioni diverse (riconsacrazione, muta-menti di rito, riferimento a nuove dediche santo-riali, esigenze di riqualificazione del sito per moti-vi di propaganda). Lo stesso vale per gli arrediliturgici (salvo quelli fissi e incorporati nella fab-brica), quali i plutei e i loro apparati architettoni-ci, nonché in teoria per le epigrafi, che possono

Tav. XXVIII) S. Paolo ad Arbedo (da FOLETTI 1997)

P. Marina De Marchi 89

essere acquisiti in un momento successivo alla fon-dazione o alla ristrutturazione dell’edificio,segnando lo sviluppo economico del proprietario,della comunità e liturgico, ma che talvolta pongo-no problemi non da poco. Ad esempio l’altare inmarmo di S.Martino di Sonvico sembra stratigrafi-camente coevo all’edificio di culto più anticocostruito in legno. Ma la sua composizione lasciadubbi, infatti la mensa è sorretta da una colonninacon capitello capovolto (a sua volta poggiante suun’epigrafe romana): un rimontaggio dei singolielementi incoerente e incomprensibile (visto che lamensa conserva l’incavo di appoggio del capitelloche avrebbe dovuto essere, quindi, immediata-mente sotto la mensa). È quasi certo quindi il suotrasferimento da altro luogo (supra).

In base agli elementi disponibili sembra diffici-le, infine, definire l’elemento discriminante deidiversi culti, ortodosso, ariano, tricapitolino (rece-pibile più che altro dalla titolazione a S.Eufemia,nei casi comaschi).

4. Conclusioni

Il VII secolo, per quanto scarsamente docu-mentato archivisticamente e archeologicamente,ha tutte le caratteristiche di un periodo cruciale, ditransizione tra una società mobile ed una societàche va via via organizzandosi, in particolare perquanto riguarda la proprietà terriera, le gerarchiesociali, i rapporti con il clero e il progressivo lentoavanzamento verso l’assunzione dei simboli dipotere legati alla tradizione tardoantica.

Assistiamo, infatti, nonostante l’esiguità e laparzialità delle informazioni a disposizione, anumerosi esempi di sepolture in edifici di culto(mausolei, sacelli, oratori), scelti come luogo dimemoria di sé e della propria famiglia e di distin-zione sociale. Da parte longobarda, la rappresen-tazione della propria appartenenza ad un altoceto, o comunque alla società dei liberi, è ancoraaffidata al corredo funebre e alla nobiltà dellastruttura funeraria (prevalgono infatti sepolturein sarcofagi di riutilizzo, tombe a lastre di pietracon copertura monolitica realizzate con cura). Ladistribuzione abbastanza fitta di sacelli familiari edi mausolei è indizio di una proprietà terriera e diun ceto di fideles del re che si sta territorializzan-do, facendosi seppellire dove, almeno transitoria-mente, vive. Questa constatazione trova riscontroin quanto tramandato dai documenti scritti di VIIIsecolo, che parlano chiaramente di un’alta nobiltà

di sangue o di funzione, spesso di provenienza cit-tadina ma che vive nel contado, pur conservandolegami con i centri urbani, la corte e l’alto clero. Lacircolazione degli uomini, i contatti tra campagne,città e centri abitati maggiori, traspaiono nel VIIsecolo anche dalla cultura comune che investedecorazione scultorea, cultura epigrafica, metallilavorati (provenienti soprattutto dalle sepolture).

Chi lavora nel VII secolo non compare aperta-mente, ne è chiaro dove si faccia seppellire (le pos-sibilità sono molte), ma l’abitare dei proprietarifondiari sul territorio è la prima prova della pre-senza di una popolazione rurale, che peraltroanima l’Editto di Rotari (643), composta da servi,servi casati, massari, bovari, che lavorano la terrae attendono a tutti i lavori relativi all’allevamentodel bestiame, alla produzione e alla gestione dellaproprietà.

L’alta società che progressivamente si sta sta-bilizzando nelle sue funzioni, sul territorio, cultu-ralmente investe in ristrutturazioni e rifunziona-lizzazioni di edifici di culto. Nel VII secolo nasconomolte chiese e gli edifici preesistenti vengonoampliati e dotati di spazi destinati alla preghiera oal culto (absidi, cori, ecc.). Sono investimenti spiri-tuali, politici e di rappresentanza, l’imitazione sirivolge alle mode e alle scelte di una monarchiache fonda e dota di beni monasteri e chiese.

Le campagne continuano ad essere lavorate eforniscono i prodotti per le classi alte, il clero, lapopolazione rurale ed urbana. La distribuzionecontinua ed è sorretta da una rete viaria e insedia-tiva che, nonostante tutto, ha retto l’urto delleguerre e delle occupazioni avvenute nel VI secolo.È molto alta, infatti, la continuità/contiguità coninsediamenti di età romana e tardoromana, esisto-no vuoti cronologici ancora da colmare, ma l’evi-denza numerica dei riscontri fa pensare ad unabuona tenuta insediativa.

In questo periodo (con particolare attenzioneper il secondo trentennio del VII secolo) comincia-no a precisarsi i centri abitati che acquisisconofisionomia di villaggi (ad esempio Galliano, Agra-te, Campione, Muralto, Stabio, Incino), in altricasi è evidente la funzione residenziale di unafamiglia o di una comunità (ad esempio Garlate,Ossuccio, Trezzo, Stabio), in altri ancora sembraprevalere il ruolo del singolo, fondatore, benefatto-re, signore del luogo (Garbagnate Monastero,Beolco, Gorduno). Si riconosce, infine, il ruolo ter-ritoriale, rivolto a più centri demici, di un luogo diculto (Terno d’Isola, Carvico, Muralto, Campione,Garlate, Incino).

La carta di distribuzione si deve a Diana Limonta

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E92

1. Il quadro delle circoscrizioni ecclesiastiche

Per lo studio delle vicende del popolamento fratarda antichità e altomedioevo, il territorio del Friu-li – Venezia Giulia può essere considerato un’areacampione di singolare importanza. Questa terra difrontiera, straordinariamente ricca di testimonian-ze archeologiche, è stata teatro, come poche altre

regioni italiane, di successive ondate migratorie, chehanno contribuito a spezzare l’unità amministrativaprecedente e a creare nuovi centri di potere.

Quanto all’organizzazione ecclesiastica del ter-ritorio, essa è rimasta a lungo imperniata su Aqui-leia, che nel corso del V secolo era divenuta sede diuna nuova provincia metropolitica1. I confini dellagiurisdizione aquileiese, con le loro alterne vicen-

LUOGHI DI CULTO E ORGANIZZAZIONE DELTERRITORIO IN FRIULI VENEZIA GIULIA

FRA VII E VIII SECOLO

Aurora Cagnana

Aurora Cagnana 93

* Ringrazio i colleghi Isabel AH U M A D A, Eliano CO N C I N A, e, inparticolare, Fabio PIUZZI, che da molti anni operano sul territo-rio friulano, per il loro generoso aiuto.

Dedico questo testo alla piccola Maddalena, che in questi gior-ni mi ha allietata con la sua nascita.1Non si conosce il momento esatto in cui Aquileia fu elevata alladignità metropolitica; di certo nel 314 non lo era ancora, se al

concilio di Arles il vescovo Teodoro fa seguire al nome l’indica-zione topografica “de civitate Aquileiensi, Provincia Dalmatiae”(ME N I S 2000, p.193). Secondo il Tagliaferri l’autorità metropoli-tica di Aquileia si sarebbe consolidata fra gli anni 70 e 80 del IVsecolo (TA G L I A F E R R I 1981, pp. 10-11). In realtà la prima notiziasicura risale al 442, anno in cui papa Leone Magno scrive alvescovo Januario invitandolo a indire un sinodo di tutti i suoiprovincialium sacerdotum (ME N I S 2000, p. 193).

Fig. 1) Il territorio dell’attuale Friuli-Venezia Giulia in relazione ai confini della diocesi di Aquileia definiti nell’811(da TAGLIAFERRI 1981, rielaborata).

de, ora d’ampliamento, ora di riduzione, possonocostituire un indizio d’importanza non trascurabi-le per lo studio del popolamento rurale, soprattut-to se esaminate in relazione alle testimonianzearcheologiche dei luoghi di culto e in particolaredelle chiese battesimali.

Fra i secoli VII e VIII l’organizzazione territo-riale della chiesa d’Aquileia attraversa importantitrasformazioni che interessano sia la circoscrizio-ne diocesana, sia i confini della provincia metropo-litica. Entro la prima metà dell’VIII secolo la dio-cesi aquileiese registra un notevole ampliamentodella sua giurisdizione, dovuto all’annessione deiterritori di J u l i a E m o n a (Lubiana), dove l’ultimovescovo è attestato nel 590, e di Julium Carnicum(Zuglio), dove la serie dei vescovi si estingue conAmatore, attorno al 7402.

In seguito a queste annessioni la configurazio-ne territoriale della diocesi aquileiese divennevastissima: comprendeva, infatti, la porzioneorientale del Friuli Venezia Giulia, fino al corso delTagliamento, il Cadore, la Carinzia, la Stiria meri-dionale, la Slovenia. Con Carlo Magno il confinesettentrionale fu fissato al corso della Drava, fraLienz-Aguntum e Ptuj- Poetovium (Fig.1). Ad occi-dente esso era ancora costituito dal Tagliamento,oltre il quale si trovava la diocesi di Concordia,mentre a sud ricalcava per un buon tratto il corsodella Kulpa. Più incerti sono invece i limiti orien-tali, che dovevano comunque seguire in parte ilcorso del fiume Solla e attraversare la Sava3.

Questi limiti, fissati definitivamente all’iniziodel IX secolo, erano destinati a durare (con varia-

zioni poco significative) fino alle soglie dell’epocamoderna, facendo di Aquileia la più vasta diocesid’Europa.

All’ampliamento della circoscrizione diocesanafa però da contrappunto, nel corso dei secoli VII eVIII, una vistosa contrazione della giurisdizionemetropolitica; la divisione del patriarcato in segui-to allo “Scisma dei tre capitoli” (sancita ufficial-mente nel 607) e la conseguente creazione dellanuova autorità metropolitica di Grado, comportòuna significativa riduzione del territorio aquileie-se. Tale divisione non fu superata neppure nel 699,in seguito alla ricomposizione dello Scisma, datoche, anche dopo quella data, i due patriarcati d’A-quileia e Grado continuarono a coesistere; il secon-do vedrà attribuirsi, quali suffraganei, diversivescovati sorti lungo la costa veneto-bizantina.

Ancora più drastiche le riduzioni territorialisubite dalla Provincia Aquileiese sul confine set-tentrionale. Nel 798, infatti, la promozione di Sali-sburgo a sede metropolitana, voluta da CarloMagno, comportò la sottrazione ad Aquileia delterritorio della diocesi di Sabiona (la cui sede si eranel frattempo trasferita a Bressanone) che venneannessa alla nuova provincia salisburghese4.

In conclusione, nei secoli che si affrontano inquesta sede, il territorio dell’attuale regione Friuli– Venezia Giulia risulta suddiviso in tre diversecircoscrizioni religiose: compresa nella diocesi diConcordia la parte ad Ovest del Tagliamento, nel-l’immensa diocesi aquileiese quella a Est e, infine,in quella di Grado la fascia lagunare.

Sporadiche ma preziose indicazioni contenute

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2 Per la storia della circoscrizione diocesana e metropolitica diAquileia cfr. M E N I S 1964; TA G L I A F E R R I 1981, p. 8 e ss.; ME N I S

2000, pp. 193 – 207. L’ultimo vescovo emonese noto, Patricius,partecipò ai sinodi di Grado (573-577 e 579), mentre all’epocadel sinodo di Marano, nel 590, risulta che si schierò per la partecattolica. Dopo questa data la sua sede vescovile dovette deca-dere (ME N I S 2000, p. 200). L’ultimo vescovo di Julium Carni -c u m, invece, Amatore, è attestato all’inizio dell’VIII secolo.

Come già il suo predecessore Fidenzio (rifugiatosi attorno al700 presso i duchi longobardi di Cividale) lasciò JuliumCarni -c u m per recarsi a Cividale, dove incontrò l’opposizione delpatriarca Callisto, ivi trasferitosi nel 737, per volontà del qualesi estinse la serie dei vescovi di Zuglio (MENIS 2000, p. 200).3 Cfr.MENIS 1964, p. 33; TAGLIAFERRI 1981, p. 94 MENIS 1964, p. 33.

Fig. 2) L’epigrafe rinvenuta nella pieve di S.Maria Maddalena di Invillino, che menziona un “Ianuarius presbiter”(Museo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli).

nelle fonti scritte attestano che, almenodalla fine dell’VIII secolo, le campagnefriulane erano compiutamente suddivisein circoscrizioni plebanali. Nel Conciliotenutosi nel 796 a Cividale per volontàdel Patriarca Paolino, fra le altre disposi-zioni impartite al clero e alla popolazionerurale, si vieta anche di contrarre matri-moni “sine notitia sacerdotis plebis”5.

L’esistenza di una rete di chiese bat-tesimali sembra provata anche da un’al-tra attestazione di notevole interesse,costituita da un reperto epigrafico, ritro-vato murato nella chiesa pievana diS.Maria Maddalena a Invillino (Fig.2). Sitratta di un frammento di cimasa contabella dedicatoria nella quale è menzio-nato un “Ianuarius presbiter”e un “famo -lo Te v o r t o a l i o ” .6 Anche questo documen-to, che è datato fra la fine del VII e l’iniziodell’VIII secolo, attesta, indirettamente,l’esistenza di un clero locale già beneorganizzato. Infatti, in tale periodo il ter-mine “p r e s b i t e r” (come “a r c h i p r e s b i t e r” ,“plebanus”, “praepositus”) è generalmen-te indicativo del chierico che officia unachiesa battesimale e la rispettiva circo-scrizione pievana7. Con tale interpreta-zione concorda inoltre la dedica a S. Gio-vanni Battista, che sembra appuntorimandare all’esistenza di un battistero.

Più problematica è invece la menzione della‘ecclesia Sancti Laurenti’ di ‘B o g a ’ (Buia), nel Friulicollinare, che appare in un diploma carolingio,peraltro di dubbia autenticità8. L’ e s p r e s s i o n e ‘ c u momnibus facultatibus suis’ che vi ricorre è stataassunta come prova della funzione pievana dell’edi-f i c i o9. Tuttavia, alla luce delle più sistematichericerche sulle fonti scritte altomedievali, tale inter-pretazione appare piuttosto forzata; non sembrapossibile, senza espliciti riferimenti nelle fonti,interpretare le citazioni di e c c l e s i a e e delle relativepertinenze fondiarie come pievi, tanto più che neisecoli VIII e IX le chiese pievane sono decisamentepiù rare delle fondazioni private1 0.

Fino al XII secolo, le indicazioni sull’esistenzadi chiese battesimali nelle campagne friulane sonopiuttosto sporadiche11. Solo col XIII secolo avanza-to si dispone del quadro completo di tali circoscri-zioni, sia per il territorio afferente alla diocesi diConcordia12 sia per quello di Aquileia13. Il più anti-

co elenco delle pievi poste alla sinistra del Taglia-mento risale al 1247; in quell’anno esse furono sot-toposte ad una decima stabilita dal patriarca Ber-toldo; rispetto a molte altre città italiane, si trattadi un elenco piuttosto tardo, tuttavia per sette diqueste pievi costituisce la prima citazione1 4. Dipoco successive sono le Rationes Decimarum(1296), rassegna più completa della precedente15.Il quadro territoriale offerto da queste fonti dimo-stra che nel XIII secolo il vasto territorio della dio-cesi aquileiese era suddiviso in arcidiaconati, rettida ecclesiastici che esercitavano poteri vicini aquelli vescovili e che s’inserivano perciò fra ipatriarchi e le pievi, troppo numerose e troppo lon-tane per essere controllate direttamente da Aqui-l e i a1 6. Dei dieci arcidiaconati che costituivano ilterritorio della diocesi, quattro erano in Italia: unocorrispondeva al Cadore e tre all’area dell’attualeFriuli (Fig.3). Il più vasto era l’arcidiaconato “infe-riore”, che comprendeva quasi trenta pievi; quello“superiore”, esteso la metà, corrispondeva alla

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5 PIUSSI 1998 p. 62 cap. VIII, 15. 6 MOR 1964, p.367 e ss., data il pezzo fra VII e VIII secolo; inBIERBRAUER 1987, p.46; tav.9, il frammento è datato alla primametà dell’VIII secolo.7 VIOLANTE 1980, p. 967.

8 MGH Dipl. Karol. I, 234, n.175. In realtà non è certo se si trat-ti di un originale o di una copia posteriore (al proposito cfr.MENIS, 1982, col. 97, n. 30).

9MENIS 1982, cc. 46-47.

10 SETTIA 1982, p. 445 e ss.11 Per una puntuale rassegna delle fonti scritte cfr. DE VI T T

1990, pp. 44-53.12 DEGANI 1977.13 SELLA VALE 1941.14 MARCUZZI 1910 Sinodi, p. 327 (DE VITT 1990, p. 34, nota 4).15 SELLA VALE 1941; DE VITT 1990, p. 34.16 SELLA VALE 1941, XXVI-XXX.

Fig. 3) La suddivisione del territorio del Friuli- Venzia Giulia inArcidiaconati (da DE VITT 1990, rielaborata).

fascia collinare e pedemontana ed era suddiviso inquindici pievi; infine quello della Carnia abbrac-ciava l’alta montagna e, pur essendo di poco mag-giore, comprendeva solo undici pievi. Sulle valliFella e Resia i diritti arcidiaconali erano inveceesercitati dal monastero di Moggio, mentre analo-ghi diritti detenevano il capitolo di Cividale e quel-lo di A q u i l e i a1 7. Tale suddivisione, che secondo ilMenis risalirebbe all’Altomedioevo 1 8, sembrarispecchiare, essenzialmente, i caratteri geograficidel territorio, in quanto corrisponde in larga misu-ra alle tre diverse aree di pianura, collina e mon-tagna. Anche se la sua compiuta definizione non sicoglie prima del XIII secolo, è in ogni caso utileporre a confronto la diversa entità del popolamen-to in queste tre aree geografiche. Si può osservare,ad esempio, che mentre non vi è una grande diffe-renza fra zona collinare e pianura (la prima com-prende, infatti, quindici pievi; la seconda, vasta ildoppio, ne comprende trenta), la zona montana èdecisamente meno popolata e le circoscrizioni reli-giose raggiungono talora un’estensione enorme. Èil caso della pieve di Gorto, che si estendeva sullevalli del Degano, Pesarina, Calda e sulla conca diSappada, con una circoscrizione che corrisponde atre o quattro delle più piccole pievi della zona colli-nare. Alcuni studiosi hanno osservato che tale dif-ferenza potrebbe essere dovuta “alla più antica cri-stianizzazione della zona pianeggiante e collinare,ma anche alla persistenza, in montagna, di anti-che circoscrizioni, insieme ecclesiastiche e civili, lequali non subirono smembramenti nel corso deisecoli: le pievi di valle”19. Vedremo più avanti comel’esame dei dati archeologici più recenti consentadi modificare, almeno in parte, questo quadro.

2. La situazione delle ricerche archeologiche

Le vicende della cristianizzazione rurale diquesto ampio e articolato territorio hanno costitui-to l’oggetto di ricerca di diversi studiosi, ai quali sideve la raccolta sistematica delle fonti scritte emateriali e talora anche la proposta di modelliinterpretativi di carattere più generale. Per PioPaschini, ad esempio, le prime pievi del territoriofriulano corrisponderebbero ai più antichi luoghifortificati, ma tale ricostruzione, come è stato giu-stamente osservato, è fondata solo su labili indizi esu ipotesi “presentate con sicurezza eccessiva”20.

Non priva di stimoli è pure la ricostruzione diGuglielmo Biasutti, anche se basata su un assun-to metodologico piuttosto tradizionale, qual è lapresunta successione cronologica delle dedicazionidei santi21.

Interessanti contributi a questo tema sonostati offerti anche da alcuni insigni studiosi, iquali hanno affrontato l’origine dell’istituto pleba-nale in particolari porzioni del territorio22.

Assai ricco e articolato è in particolare il quadroproposto da Gian Carlo Menis, anche perché fonda-to su solidi presupposti metodologici, ovvero sulsistematico raffronto fra dati archeologici e testi-monianze provenienti dalle fonti scritte2 3. Secondoquesto studioso, al quale si deve la più completaanalisi critica dei monumenti paleocristiani e alto-medievali della diocesi d’Aquileia, un consistentefenomeno di cristianizzazione del territorio avreb-be preso avvio fra la fine del IV e l’inizio del V seco-lo, e sarebbe testimoniato da una notevole quantitàdi evidenze archeologiche, oltre che da riferimentiletterari. Fra questi ultimi il più significativosarebbe il sermo rusticus, nel quale il vescovo For-tunaziano avrebbe redatto un breve commento aiVangeli, con lo scopo di rivolgersi a “una gran partedella popolazione celtica romanizzata della pianu-ra friulana”2 4. Una seconda ondata di evangelizza-zione, fra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo,sarebbe stata guidata da Aquileia nei confrontidelle popolazioni poste al di là delle Alpi e si sareb-be diretta verso la Carniola, la Stiria, la Croazia.Infine una generale riorganizzazione del popola-mento rurale sarebbe stata realizzata dopo la metàdel X secolo, epoca alla quale risalirebbe anche l’i-stituzione degli Arcidiaconati sopra descritti2 5.

Pur riconoscendo l’importanza e la sistemati-cità di questi contributi, dai quali non si può ovvia-mente prescindere, non pare però inutile tentareuna rilettura di tutti i dati archeologici fino ad oraraccolti, focalizzando l’attenzione sui secoli VII-VIII, epoca di grandi trasformazioni storiche epolitiche, il cui riflesso sull’organizzazione del ter-ritorio è stato di non poca importanza.

Attraverso lo spoglio delle pubblicazioni regio-nali di carattere storico-archeologico, unitamenteall’esame di alcuni dati di scavo ancora inediti,conservati presso gli archivi del Museo Archeologi-co Nazionale di Cividale del Friuli, ho potuto rac-cogliere testimonianze materiali relative a qua-rantasei luoghi di culto, distribuiti nei territoriextraurbani, per i quali sono attestate fasi di VII eVIII secolo (Fig 4 e Fig.5). Queste testimonianzemateriali si trovano un po’ in tutto il territorioregionale, ma in prevalenza nell’area collinare enella pianura.

Fra gli indicatori archeologici ho consideratosia i frammenti scultorei d’arredo liturgico, indiziinequivocabili dell’esistenza di chiese, sia i restimurari veri e propri, relativi a edifici posti in luce

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17 DE VITT 1984, p. 25 e ss.; DE VITT 1990, pp. 1 –32. Per l’origi-ne di tale istituzione cfr. anche MENIS 1964, p. 34.18 MENIS 1964, p. 34. 19 DE VITT, 1984, p. 27.20 DE VITT 1990, p. 45. Cfr.PASCHINI 1975, p. 340.

21 BIASUTTI 1966.22 CUSCITO1987; MOR 1969.23 MENIS 1958, MENIS 1999.24 L’espressione è riportata in San Gerolamo, De viris illustri -bus, 97; cfr. MENIS 1974, p. 53.25 MENIS 1964, p. 33.

attraverso ricerche archeologi-che. Nove chiese sono indiziatesoltanto da resti murari; venti-sette solo da reperti scultorei,mentre in dieci casi l’esistenzadi un luogo di culto con fasi diVII–VIII secolo è testimoniatasia da resti archeologici che daframmenti di arredo liturgico.

Per quanto concerne i repertiscultorei, si dispone del podero-so c o r p u s curato da A m e l i oTagliaferri relativamente allecittà e al territorio delle diocesidi Aquileia e Grado2 6. Ai repertiin esso raccolti vanno aggiuntiquelli provenienti dal Friulioccidentale, ovvero dalla diocesidi Concordia, studiati in partico-lare dal Gaberscek2 7. Se si consi-derano poi altri ritrovamentisporadici, editi solo parzialmen-t e2 8, si dispone in totale di circa120 frammenti di arredo liturgi-co, provenienti da chiese sparsenel territorio rurale. È interes-sante osservare che, fra questi,trentatré pezzi presentano unadatazione piuttosto ampia (VIII-IX secolo), undici sono databiliall’inizio dell’VIII secolo; trenta-cinque al pieno VIII secolo equarantuno fra la fine dell’VIII el’inizio del IX secolo2 9.

Sono invece diciasette le chiese con fasi di VII-VIII secolo attestate da resti archeologici. Fra que-ste quattro sono indiziate solo da lacerti murari(S.Maria di Gorto, S.Giorgio di Nogaro, S.Marco inBasiliano; S.Giuliano a Grado). Per altre quattrola planimetria può essere ricostruita parzialmente(S.Martino di Ovaro, S.Pietro ad Osoppo, S.Marti-no d’Asio, S.Daniele), mentre per ben nove edifici iresti archeologici sono tali da consentire una rico-

struzione pressoché completa della pianta (com-plesso di colle Zuca e S.Maria Maddalena a Invilli-no; S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano, S.Pietro diRagogna, SS.Gervasio e Protasio di Nimis,S.Lorenzo di Buia, S.Martino a Rive d’Arcano,S.Andrea di Venzone, S.Maria in Sylvis di Sesto alReghena).

Va osservato però che la qualità metodologicadelle ricerche è di valore disuguale: oltre la metà di

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26 TAGLIAFERRI 1981, nel quale sono catalogati circa 600 pezzi,provenienti soprattutto dai grandi centri di Grado, Cividale,Aquileia e, in misura minore, dal territorio extraurbano. 2 7 GA B E R S C E K 1980; dove si esaminano in particolare i fram-menti di Sesto al Reghena, oltre ad altri frammenti sporadiciprovenienti dal territorio del Friuli occidentale. Per Sesto alReghena cfr. inoltre LAMBERT 1999.28 È il caso dei pezzi di Visco, Mariano, Farra, per i quali cfr.TOMADIN 1986.29 Delle ventisette chiese attestate solo da resti scultorei conser-vano manufatti di datazione ampia, fra VIII e IX secolo, le chiesedi: S.Maria di Udine (TA G L I A F E R R I 1981, pp. 324 – 328); S.MariaAssunta in Basiliano (TA G L I A F E R R I 1981, pp. 201-202); S.MariaAssunta a Muggia (CU S C I T O 1995, p. 387 e ss.); S.Martino a Mug-gia (CU S C I T O 1975); S.Michele a Iudrio, Cormons (TA G L I A F E R R I

1986, vol. II, p. 294); S.Giovanni in Tuba a S.Giovanni al Ti m a v o(TA G L I A F E R R I 1981, pp. 303 – 309); S.Ulderico a Flaibano(TA G L I A F E R R I 1981, pp.309 – 310); S.Giovanni Battista a Firma-no, Premariacco (TA G L I A F E R R I 1981, pp.314-315); a S.Giovanni di

Cordenons; S.Giacomo al Castello di Maniago; S.Martino diMeduno; nella chiesa dei Battuti di Prata; a S.Fosca di Solim-bergo; nel cortiletto della porta orientale di Spilimbergo (GA B E R-S C E K 1980, p.137 e segg.); a Farra d’Isonzo, e a Mainizza (TO M A-D I N 1986); a S.Martino di Visco (TA S S I N 1983, pp. 17-18); aS.Maria di Barbana, nell’isola di Grado (TA G L I A F E R R I 1981, pp.424 – 425); a S.Michele a Castelmonte. Frammenti di arredoliturgico databili all’inizio dell’VIII secolo sono invece attestatinelle chiese di S.Giorgio in Brazzano (Cormons) (TA G L I A F E R R I

1981, pp. 302-303); mentre al pieno VIII secolo risalgono invece ipezzi rinvenuti a San Canzian d’Isonzo (TA G L I A F E R R I 1981, pp.318-319). Elementi di arredo liturgico databili fra la fine dell’-VIII e l’inizio del IX sono infine attestati nelle chiese di S.Stefa-no in Clama, ad Artegna (TA G L I A F E R R I 1981, pp. 198-201); nelS.Lorenzo in Villuza a S.Giacomo di Ragogna (TA G L I A F E R R I 1 9 8 1 ,pp. 315-316); nei SS.Vito, Modesto, Crescentio a Fagagna(TA G L I A F E R R I 1981, pp. 319-320);a S.Martino a Turrida di Sede-gliano (TA G L I A F E R R I 1981, pp. 320-323); a S.Girolamo a Cervi-gnano (BU O R A 1984, pp. 35-36); a S.Pietro di Zuglio (TA G L I A F E R R I

1981, pp. 334-338; GA B E R S C E K 1986-87, pp. 39-41).

Fig. 4) Localizzazione dei luoghi di culto con fasi di VII-VIII secoloattestati da elementi archeologici. Il numero entro cerchio indica lapresenza di strutture murarie, il numero semplice i ritrovamenti diarredo liturgico.

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Fig. 5) Tabella riassuntiva dei luoghi di culto con fasi di VII-VIII secolo attestati da elementi archeologici.

questi edifici è stata messa in luce nel corso discavi effettuati velocemente, nell’urgente neces-sità di ricostruire i crolli causati dal terribilesisma del 1976. Il recupero necessariamenteaffrettato dei dati ha comportato perciò la perditadi buona parte delle informazioni. Non mancanoperò, anche in questi casi, essenziali relazioni discavo, talora corredate almeno da alcune osserva-zioni sulle relazioni stratigrafiche fra i muri, oppu-re fra strutture murarie e tombe databili in base alcorredo.

Anche dal punto di vista della distribuzioneterritoriale, gli edifici attestati rappresentano unbuon campione di dati: cinque si trovano nell’arci-diaconato di Carnia, otto nell’arcidiaconato supe-riore e tre in quello inferiore; due chiese sono atte-state anche nella diocesi di Concordia e una nellafascia lagunare (Fig. 4).

Si dispone perciò di una base statistica suffi-cientemente ampia per ricostruire un panoramagenerale e per tentare di proporre alcune conside-razioni interpretative.

3. Chiese e popolamento altomedievale nell’Arci -diaconato di Carnia

Le strutture murarie poste in luce nel sottosuo-

lo della pieve di S.Maria di Gorto (n.1), su un rilie-vo dominante la valle del Degano, rivestono un’im-portanza notevole trattandosi di una chiesa che,dal XII secolo, è attestata come centro di un vastoterritorio pievano3 0. Gli scavi condotti nel 1986hanno posto in luce il livello della chiesa bassome-dievale, pavimentato con lastre scistose che sigil-lavano una successione di eventi più antichi, pur-troppo indiziati soltanto da modesti lacerti mura-ri. Si sono però distinte almeno tre fasi: la primaera rappresentata da un muro appoggiato diretta-mente sulla roccia; alla seconda risaliva la costru-zione di una vasca in fase con un piano di calpestioe con un muro (Fig.6); mentre in una terza faseerano state realizzate strutture murarie con unorientamento completamente diverso, associate adue inumazioni. Il ritrovamento di un frammentoscultoreo attribuibile ai secoli VIII-IX suggerisceche a tale periodo sia da ricondurre una dellesequenze individuate, anche se non è possibile sta-bilire quale31. Problematica risulta inoltre la fun-zione della vasca realizzata nella seconda fase, diforma rettangolare, dotata di due scalini alleestremità, rivestita di cocciopesto alle pareti. Ben-ché si sia supposto che si tratti di una vasca batte-simale, sembra però più accettabile l’ipotesi di unasepoltura, anche in conseguenza del fatto che era

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30 DALL’OSTE, 1999, p. 17 e ss. 31 CALLIGARO 1997, p. 137 e ss.

Fig. 6) Planimetria della pieve di S.Maria di Gorto, con evidenziati alcuni lacerti murari in fase con una sepoltura(S) (da CALLIGARO 1997).

coperta con un lastrone di pietra. In base ai datidisponibili si può in conclusione affermare che nelsottosuolo della chiesa pievana di S.Maria di Gortonon si sono rinvenute tracce sicure dell’esistenzadi un luogo di culto anteriore all’VIII-IX secolo. Lapresenza di sepolture parrebbe invece più anticase si considera che in una di esse è stato rinvenutoun orecchino, confrontabile con un analogo esem-plare da Ptuj (Slovenia), datato alla fine del IVsecolo32.

Ancora inedita è invece una scoperta archeolo-gica di notevole rilievo, effettuata nel sottosuolodella chiesa di S.Martino di Ovaro (n.2), menzio-nata a partire dal XIV secolo quale suffraganea diS.Maria di Gorto3 3. L’edificio di culto attuale, diaspetto tardo gotico, è ubicato poco lontano dallachiesa matrice, ma in posizione pianeggiante,presso il fiume Degano. Nel 1992 la realizzazionedi una trincea lungo tutto il perimetro della chie-sa, per il drenaggio e il consolidamento delle fon-dazioni, ha posto casualmente in luce alcunesepolture ad inumazione, sistemate entro fossedelimitate da pietre, che risultavano tagliate daimuri dell’edificio medievale (Fig.7). Ulteriori son-daggi effettuati all’interno della chiesa attualehanno portato all’individuazione di altre sepolture

e di opere murarie di notevole interesse. Sotto alpavimento è stata, infatti, evidenziata la presenzadi un piano d’uso più antico, formato da lastre dipietra e databile al XIV secolo in base ai repertinumismatici. Il sottostante piano di preparazionesigillava i resti di una poderosa struttura muraria,costituita da bozzette legate da calce, dello spesso-re di cm 120 in fondazione e di cm 105 in elevato(Fig.8). Tali resti murari sembrano delimitare unapianta poligonale, con diagonale di oltre m 5,00 elati di m 2,5 circa. Una serie di sepolture a inuma-zione risultava in parte addossata ai muri dell’edi-ficio e in parte tagliata dalle fondazioni della chie-sa trecentesca. Da una di queste si è recuperato unorecchino a lunula di tipo paleoslavo, che per laforma e per i caratteri della decorazione trovapuntuale riscontro in un esemplare dalla necropo-li di Kranje (Slovenia) databile fra la fine del IX egli inizi dell’XI secolo3 4. Pur in mancanza di unoscavo in estensione è comunque possibile ricono-scere una sequenza cronologica relativa che vedenella costruzione poligonale l’elemento più antico,rispetto al quale le inumazioni risultano immedia-tamente posteriori; una di queste risale, con ogniprobabilità, a un’epoca compresa fra la fine del IXe l’inizio dell’XI secolo. Il tutto è stato poi sepolto

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32 Ibidem, p. 146; fig. 7.33 DALL’OSTE 1999, p. 76, doc. n.7.

34 SAGADIN, 1988, p. 112 e ss.; tav. 18; tomba n 118, nn 7,8.

Fig. 7) S.Martino di Ovaro. Planimetria dei resti del complesso cultuale rinvenuto sotto la chiesa tardo-gotica (scavi1992 - 1995).

sotto il pavimento trecentesco della chiesa di SanMartino, più volte rimaneggiata nel corso dei seco-li. Quanto all’edificio poligonale, non pare infonda-ta l’ipotesi che in esso sia da riconoscere una strut-tura battesimale, anche se saranno necessarieulteriori verifiche archeologiche, alle quali sirimanda anche per una puntualizzazione cronolo-gica del manufatto.

Ulteriori sondaggi di scavo, condotti fra il 1995e il 1999 nella zona esterna, in aderenza al latoNord della chiesa3 5, hanno portato all’individua-zione di strutture murarie che delimitavano ungrande edificio dotato di un accesso sul lato Sud.Ivi è stata individuata anche una zona sepolcrale,costituita da inumazioni plurime, deposte entrofosse foderate di pietre, oppure delimitate dalastroni monolitici di rocce scistose (Fig.9). Anchein questo caso non è possibile fissare una puntualesequenza cronologica per questi eventi, ma si puòosservare la forte somiglianza tipologica di alcunetombe con analoghi sepolcri del complesso di ColleZucca, a Invillino. In particolare la tomba 8 diOvaro, parallela al muro E-W dell’edificio, presen-ta dimensioni di m 1,87 x 0,80, forma trapezoidale,fondo intonacato dipinto di rosso, cuscini lapideisui lati brevi E ed W, deposizione plurima di sei

individui in posizione supina, progressivamenterespinti su un lato del sepolcro, che doveva essereriaperto ogni volta che veniva introdotto un nuovoindividuo (Fig.10). Anche questi caratteri trovanopuntuale riscontro in alcune tombe del complessodi Colle Zuca a Invillino. In particolare la tomba18, sistemata nell’abside Sud della tricora e coevaalla chiesa altomedievale (per IV), presenta glistessi caratteri della tomba di Ovaro. Dopo questaprima serie di indagini sembra pertanto possibileaffermare che nei pressi della chiesa di S.Martino,su una vasta area pianeggiante, dove nessun indi-zio nelle fonti scritte faceva presumere l’esistenzadi strutture precedenti, l’archeologia rivela invececonsiderevoli tracce di un complesso di culto,molto probabilmente battesimale, nei pressi delquale si è continuato a seppellire anche nel corsodell’Altomedioevo. Fino ad oggi non disponiamo dielementi archeologici certi per stabilire la cronolo-gia del primo impianto, ma i caratteri architetto-nici e le dimensioni del grande edificio poligonalesembrano richiamare da vicino il battistero diHemmaberg, datato al V secolo36. Resta da chiari-re anche la cronologia di una fase di distruzione,evidenziata dalle tracce di un incendio che ha ter-motrasformato la soglia in pietra dell’apertura

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35 CAGNANA c.s. 36 BIERBRAUER 1988, p. 48 e ss.; GLASER 1991; GLASER 1997, pp.96-121.

Fig. 8) S.Martino di Ovaro. Particolare delle strutture murarie rinvenute sotto al pavimento della chiesa attuale.

posta sul lato Sud. Tale evento traumatico nonsembra comunque avere messo fuori uso il com-plesso, la cui frequentazione sembra essere conti-nuata anche successivamente all’incendio. Se ilseguito delle ricerche archeologiche, previste perl’estate 2000, non contraddirà le ipotesi interpre-tative fin qui prospettate, il complesso di Ovaroparrebbe da considerare come una ecclesia bapti -smalis alla quale doveva fare riferimento la popo-lazione rurale delle vallate vicine.

A tale proposito l’archeologia offre una seriepiuttosto ricca di dati che attestano l’esistenza,proprio fra V e VII secolo, di un fitto popolamentodelle valli del Degano, del But e dell’alto Ta g l i a-mento (Fig.11).

Non pochi ritrovamenti occasionali effettuatiin passato attestano l’esistenza di oltre venti siti,costituiti da singole sepolture o, più spesso, da pic-

coli cimiteri, che, per i caratteri deisepolcri e degli oggetti di corredo,sono ben inquadrabili fra V-VI e VII-VIII secolo3 7. In genere tali ritrova-menti sono costituiti da piccoli grup-pi di tombe, come si evince dalleespressioni “alcune”, “quattro”, “unpiccolo sepolcreto”, che ricorrononelle relazioni, non di rado corredateda schizzi o disegni. Tali sepolturesono generalmente costituite da fossedelimitate e protette da lastroni inpietra; talora (come nei citati casi diOvaro e Invillino) è stata evidenziataanche la presenza di cuscini lapidei.Oltre ai caratteri dei sepolcri, sonosoprattutto gli oggetti di corredo rin-venuti al loro interno che fornisconoulteriori elementi di cronologia: fre-quenti sono gli orecchini a tre cerchi,ritrovati anche a Invillino e nellenecropoli dell’Istria, che ben si data-no fra la fine del VI e la metà dell’VIIIsecolo, ma con una massima diffusio-ne all’inizio del VII secolo3 8. In altricasi sono invece presenti orecchini alunula con terminazione seghettata afrangia, oppure decorata a cerchielliincisi. Le fibule in bronzo fuso, condecorazione a cerchielli incisi, atte-state nel tipo cruciforme, zoomorfo, adisco, sono presenti anche a Invillino(periodo III, secoli V-VII) e sono assaifrequenti nelle sepolture tardoanti-che di tutto l’arco alpino orientale3 9.Un ulteriore indicatore archeologicoè rappresentato dal coltellino con

caratteristica terminazione ad anello, detto “tipoFarra”, deposto frequentemente nelle sepolture edatabile fra VI e VII secolo40.A questi ritrovamen-ti casuali va aggiunto lo scavo sistematico, editosolo parzialmente, di una piccola necropoli forma-ta da oltre cinquanta tombe, posta in luce in loca-lità Liariis, poco distante dalla chiesa battesimaledi Ovaro41. Anche in questo caso le tombe presen-tavano una tipologia analoga a quella sino ad oradescritta e molte recavano oggetti di corredo (fibu-le in bronzo, coltelli “tipo Farra”, orecchini, eccete-ra) ben databili fra VI e VII secolo. Da questa riccaserie di testimonianze archeologiche si evince per-ciò un quadro territoriale caratterizzato da un fittopopolamento sparso, costituito da modesti nucleiabitati. Questa rete demografica (dovuta forse aun fenomeno di ripopolamento tardoantico dellamontagna) doveva fare riferimento, per gli uffici

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37 La fonte bibliografica principale è costituita da BROZZI 1989,che ha raccolto con sistematicità tali testimonianze. Per unprimo studio del popolamento tardoantico–altomedievale inquest’area cfr. inoltre CAGNANA,C ONCINA, c.s.38 BIERBRAUER 1986, p. 147 e ss.; TORCELLAN 1986, pp. 43-46.

39 Cfr.BIERBRAUER 1991, p. 123 e ss.; BIERBRAUER 1987, pp. 145-147.40 GIOVANNINI, 1989, pp. 35-36.41 CONCINA 1992; CONCINA 1997.

Fig. 9) S.Martino di Ovaro. Particolare dell’area sepolcrale postanei pressi dell’edificio di culto.

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Fig. 11) Distribuzione territoriale delle testimonianze archeologiche databili fra V e VII secolo rinvenute in Carnia.

Fig. 10) S.Martino di Ovaro. Particolare della tomba n. 8, con 6 inumazioni.

religiosi, ai grandi complessi cultuali posti in lucedalla ricerca archeologica a Julium Carnicum, sulcolle Zuca di Invillino, ed ora anche a S.Martino diOvaro La funzione battesimale di questi complessiè indicata dalla presenza di appositi edifici, men-tre non sembra che essi abbiano rappresentato unluogo obbligato di sepoltura per la popolazionerurale che, a quanto risulta, deve aver continuatoa usare piccoli cimiteri posti accanto ai villaggi. Èprobabile che le sepolture che si trovano presso igrandi complessi di culto siano da riferire a perso-naggi ragguardevoli, oppure ad alcune delle fami-glie locali. Il fatto che la chiesa battesimale noncostituisca il centro cimiteriale per il circondario siaccorda, d’altra parte, con quanto emerge dall’ana-lisi delle fonti scritte, che indicano solo nell’etàcarolingia l’affermazione dell’obbligo di sepolturapresso la chiesa pievana42.

Il quadro fin qui delineato si rivela importanteanche in relazione alla storia delle circoscrizioni

ecclesiastiche di quest’area alpina. Intanto par-rebbe da rivedere l’ipotesi che nella chiesa diS.Maria di Gorto, pieve nel XII secolo, sia da iden-t i ficare la chiesa battesimale della valle del Dega-no già dal V secolo, come proposto in passato4 3, poi-ché tale ipotesi non si concilia con il ritrovamento,poco lontano, dei poderosi resti del complesso cul-tuale paleocristiano di S.Martino di Ovaro. È dun-que più probabile che in età tardoantica fosse que-st’ultimo il centro battesimale di riferimento perun ampio comprensorio rurale; in un momentoancora imprecisato dell’Altomedioevo tale funzio-ne deve essere stata trasferita alla chiesa di Gorto.Purtroppo la frammentarietà dei dati archeologicirinvenuti negli scavi della pieve di S.Maria haimpedito di stabilire con certezza in quale momen-to questo luogo sia divenuto sede di una chiesa bat-tesimale. Il ritrovamento di un frammento sculto-reo databile fra VIII e IX secolo, indizio, quanto-meno, di un rinnovamento dell’arredo liturgico,

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4 2 C f r. SE T T I A 1982, pp. 457-458: “se ne deve concludere chenemmeno in Italia è possibile parlare di un originario diritto disepoltura riservato alla chiesa battesimale; forse soltanto apartire dal IX secolo – insieme con il diritto di riscuotere la deci-

ma, legato da allora all’amministrazione del battesimo – lapieve tenderà ad acquisire stabilmente anche il monopolio delledeposizioni funebri”.43 MENIS 1994, p. 66; fig.5.

Fig. 13) La pieve di S.Pietro di Zuglio.Fig. 12) S.Stefano di Cesclans. Planimetria delle variefasi architettoniche. A tratteggio fitto la chiesa con tor-rione antistante, databile all’VIII secolo (da PI U Z Z I 1 9 9 8 ) .

potrebbe suggerire che anche il tra-sferimento della funzione battesi-male da Ovaro a Gorto sia da fis s a r ein tale arco cronologico.

L’ipotesi di uno spostamentodella chiesa battesimale verso unaposizione d’altura parrebbe indiret-tamente rafforzata anche dai risul-tati degli scavi effettuati recente-mente nella chiesa di S.Stefano diCesclans (n.6), attestata come pievenel XIII secolo e posta poco distantedalle precedenti. Le indagini nel sot-tosuolo hanno, permesso di datare inun’epoca non anteriore all’VIII-IXsecolo i resti di un edificio di culto(Fig. 12), dotato di un torrione diingresso44.

Alcuni frammenti ceramici ricon-ducibili al VII-VIII secolo, infatti,erano sigillati dai muri perimetralid e l l ’ e d i ficio, per il quale costituisco-no perciò un termine post quem c h efa escludere l’esistenza di una chiesaanteriore al VII secolo inoltrato.Piuttosto la costruzione dell’edific i odi culto è stata preceduta da due fasidi sepolture, la più antica delle qualiera costituita da una sorta di “mau-soleo” o tomba monumentalizzata,scavata nella roccia e poi intonacata.Questi dati sembrano indicare che,analogamente al caso di S.Maria diGorto, anche per la pieve di S.Stefa-no di Cesclans pare da escludersiun’origine paleocristiana, fra V e VI secolo, comeproposto in passato4 5. I dati archeologici portanoinfatti a collocare dopo la fine del VII secolo la fon-dazione della chiesa battesimale di S.Stefano.

Più problematico è invece ricostruire la crono-logia di un’altra pieve d’altura: S.Pietro di Zuglio(n.5; Fig.13). Non è ben chiaro, infatti, a quali“prove archeologiche” si riferiscano gli Autori chesostengono l’esistenza di resti paleocristiani sulluogo46. Solo un’iscrizione che menziona il vescovoJanuarius, databile al 490 d.C., fu vista nel 1453da Ciriaco d’Ancona “in vertice montis in eccl(es)iaS(an)ctorum Petri et Pauli”e andò in seguito per-d u t a4 7. Non vi è alcun elemento per stabilire chequella fosse la sua posizione originaria; anzi pareassai più probabile che essa vi sia stata trasferitadalla sottostante area paleocristiana di Zuglio. Dinotevole importanza è inoltre la presenza del riccocontesto di frammenti scultorei (plutei, amboni,cibori, cornici; Fig.14) rinvenuti in buona parte

dopo il 1984 e databili fra la seconda metà dell’VIIIe l’inizio del IX secolo 4 8. Tali reperti indicano,ancora una volta, l’esistenza di una consistentefase architettonica da porsi fra la fine dell’VIII el’inizio del IX secolo, anche se non è dato sapere sesi tratti della riedificazione oppure della costruzio-ne ex novo della chiesa battesimale. È comunquesignificativo che tale intervento sia di poco poste-riore alla soppressione del vescovato della sotto-stante città di Julium Carnicum.

In questo quadro territoriale pare piuttosto sti-molante tentare anche una rilettura delle celebrievidenze archeologiche rinvenute a Invillino, sulcolle Zuca (n. 3) e sul colle Santino (n. 4) (Fig.15).Nel primo caso il grandioso complesso cultuale,forse dotato di battistero, mi pare difficilmenteinterpretabile come luogo di culto del modesto abi-tato posto in luce sul colle Santino. Più probabil-mente è da ravvisare in esso una grandiosa chiesabattesimale, punto di riferimento per un più ampio

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44 PIUZZI 1998, pp. 394-395.45 AA.VV. 1987.46 Per un riassunto degli studi sulla pieve di S.Pietro di Zugliocfr.TAGLIAFERRI 1981, pp. 332-333, nota 1.

47 QUAI 1973, p. 113.48 TA G L I A F E R R I 1981, pp.332-338; GA B E R S C E K 1986-87, pp.39-40.

Fig. 14) S. Pietro di Zuglio. Frammento di arredo scultoreo.

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Fig. 15) Ubicazione del colle Zuca (sede di un complesso paleocristiano) e del monte Santino (sede della pieve alto-medievale di S.Maria Maddalena) in un rilievo del 1804.

Fig. 16) Colle Zuca (Invillino). Resti della chiesa altomedievale impostata sui ruderi della tricora paleocristiana (daVANNACCI LUNAZZI 1997).

comprensorio rurale. In seguito a un incendio, cheBierbrauer colloca intorno al 600 d.C., l’uso dellagrande aula è interrotto e sui resti della tricoraviene edificata una chiesa assai più modesta, diforma rettangolare (Fig.16), che resta in uso fino alIX secolo4 9. Il luogo di culto di riferimento del com-prensorio rurale si sposta allora sul colle Santino( s i g n i ficativamente denominato in loco “colle dellapieve”), dove gli scavi hanno posto in luce i resti diuna chiesa rettangolare, associata ad un cimiterodi VIII secolo. Questo edificio, provvisto di vascabattesimale in entrata, è stato realizzato in duefasi, essendo stata aggiunta in un secondo momen-to l’abside quadrata (Fig.17). Purtroppo gli scavinon hanno permesso di precisarne la datazioneassoluta, anche se si è potuto accertare che entram-be le fasi sono sicuramente anteriori all’edificio delXII-XIII secolo, identificabile con la pieve di

S.Maria Maddalena. È sulla parete meridionale ditale chiesa che è stato trovato il frammento epigra-fico citato più sopra, datato fra la fine del VII e l’i-nizio dell’VIII secolo e che attesta, per quest’epoca,l’esistenza di un clero ben strutturato5 0.

Ciò che preme osservare è come, anche in que-sto caso, l’evidenza archeologica indichi uno spo-stamento della pieve altomedievale rispetto allachiesa battesimale paleocristiana, che pare essereavvenuto, anche in questo caso, fra VIII e IX secolo.

Per la chiesa di S.Andrea di Venzone, dovescavi di emergenza hanno posto in luce le tracce diuna chiesetta rettangolare, non è possibile svolge-re considerazioni ulteriori. La cronologia al VI-VIIdel più antico impianto (Fig.18), certamente ante-riore alla fase glizoiana (metà XIII secolo), è stataproposta sulla base dei caratteri stilistici di unpilastrino recuperato nel corso degli scavi51.

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49 BIERBRAUER 1988, pp. 27 e ss.50 MOR 1963, 1964, p. 367 e segg.; BIERBRAUER 1987, p. 46.

5 1 Lo scavo è inedito. Una breve relazione si trova presso ilMuseo Archeologico Nazionale di Cividale del Friuli. Per alcu-ne notizie sugli scavi cfr.C LONFERO 1988.

Fig. 18) Venzone. Planimetria degli scavi del duomo diS.Andrea con evidenziata la fase di VI-VII secolo (rilie-vo Soprintendenza B.A.A.A.A.S. del Friuli V. Giulia).

Fig. 17) Invillino. Planimetrie delle chiese altomedieva-li di colle Zuca (a sin.) e di S.Maria Maddalena (adestra) (da BIERBRAUER 1988).

4. Le ricerche archeologiche nelle chiese dell’Ar -cidiaconato superiore

Tre importanti luoghi di culto del Friuli collina-re, SS.Gervasio e Protasio di Nimis (n. 9), S.Pietrodi di Osoppo (n. 13) e S.Pietro di Ragogna (n. 8), pre-sentano alcune caratteristiche comuni di un certointeresse: ubicazione sul sito di un c a s t r u m t a r-doantico identificabile con sicurezza con quelli men-zionati da Paolo Diacono; continuità d’uso dall’epo-ca paleocristiana al pieno Medioevo; funzione ple-banale. Nel caso di Ragogna la presenza di un batti-stero è attestata fin dalla fase paleocristiana5 2.

Tra queste fondazioni ecclesiastiche, quella deiSanti Gervasio e Protasio di Nimis è una delleprime ad essere state oggetto d’indagini archeolo-giche programmate5 3. L’ e d i ficio deve la sua pecu-liare importanza al fatto di trovarsi nella localitàdel c a s t r u m N e m a s, citato da Paolo Diacono inrelazione all’invasione avara del 610 (H.L.IV, 37).La chiesa, attestata come sede plebanale dal 1247,conserva nel sottosuolo le tracce di una più anticafondazione, che il Menis ha datato alla secondametà del VI secolo, con planimetria ad aula unicarettangolare (Fig.19), preceduta da un nartece econclusa da un presbiterio quadrato e rialzato5 4.Durante gli scavi sono stati posti in luce importan-ti frammenti scultorei altomedievali che eranostati reimpiegati nella chiesa romanica; alcunisono stati datati, genericamente, fra VIII e IXsecolo, mentre per altri è stato possibile restringe-re la cronologia ad un periodo compreso fra l’VIIIsecolo inoltrato e i primi decenni del IX secolo55.

La chiesa di Osoppo è posta su una sommitànaturale, protetta da fianchi molto scoscesi, inprossimità di una fortezza più volte ampliata nelcorso dei secoli, gravemente danneggiata durantel’ultimo conflitto mondiale e successivamente dalterremoto (Fig.20). Alcuni sterri effettuati neglianni Cinquanta all’interno dell’aula hanno postoin luce strutture più antiche, ma hanno devastatopurtroppo la stratigrafia. Nuove ricerche, intra-prese fra il 1986 e il 1989, hanno interessato ciòche restava dell’aula, il presbiterio e la sacrestia.In quest’ultimo ambiente sono state recuperateinteressanti testimonianze relative al periodo tar-doantico e altomedievale, costituite da strutturedomestiche (focolari) e da sepolture collocabili nelVII secolo5 6. È stata inoltre identificata una fasetardoantica della chiesa, rappresentata da un edi-ficio a pianta rettangolare, con pedana presbite-riale sopraelevata, forse collegata all’aula tramitescalini (Fig.21). Non essendo stati raccolti elemen-ti cronologici più precisi, la datazione dell’edificioal V-VI è stata proposta in relazione al confronto

dei caratteri planimetrici con altri edifici paleocri-stiani57. La chiesa compare, come sede pievana, inuna citazione dell’XI secolo58 e ciò fa presupporreuna continuità del culto anche nei secoli dell’Alto-medioevo, anche se per tale periodo non esistonoancora precisi riscontri archeologici.

Maggiori informazioni si possiedono, invece,per la chiesa di S.Pietro di Ragogna, identificabilecon il castrum Reuniae citato da Venanzio Fortu-n a t o ( Vita Sancti Martini, 4, 644-651) e da PaoloDiacono (Fortunato e H.L.II,13). Accurate indagi-ni archeologiche, effettuate di recente, hanno con-sentito di ricostruire con un certo margine di sicu-rezza la successione degli eventi costruttivi, nono-stante le manomissioni operate in epoca postme-dievale avessero asportato ampie porzioni deldeposito archeologico.

Si è tuttavia potuto accertare che a una fasepaleocristiana, datata posteriormente alla metà

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52 LUSUARDI SIENA, VILLA 1998, pp. 183-184.53 MENIS 1968.54 MENIS 1968, p. 88 e ss.55 TAGLIAFERRI 1981, pp. 310-314.

56 PIUZZI, VOUK 1989, cc. 225-274; PIUZZI 1998, pp. 392-394.57 VILLA 1995, p. 87 e ss.58 LUSUARDI SIENA, VILLA 1997, p. 282.

Fig. 19) Nimis. Planimetria della fase altomedievaledella pieve dei SS.Gervasio e Protasio (da MENIS 1968).

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Fig. 20) Osoppo, veduta della fortezza.

Fig. 21) I resti della chiesa tar-doantica di S.Pietro di Osoppo(da VILLA 1995).

Fig. 22) Ragogna. Planimetria della fase altomedievale della chiesadi S.Pietro (da LUSUARDI SIENA, VILLA 1998).

del V secolo e costituita da un’aula con banco pre-sbiteriale, ha fatto seguito una totale ricostruzionealtomedievale dell’edificio, databile forse allaseconda metà dell’VIII secolo, in relazione al riccocontesto di frammenti scultorei reimpiegati nellemurature o rinvenuti negli strati medievali 5 9.Questa nuova chiesa risulta caratterizzata daimportanti trasformazioni: eliminazione del bancopresbiteriale, ampliamento dell’aula, aggiunta diun’abside rettangolare (Fig.22). Fra le due fasideve essere intercorso un periodo di distruzione edi uso ‘degradato’ dell’edificio, attestato da unostraterello di bruciato depositatosi sul pavimentodella prima fase, da tracce di arrossamento degliintonaci, da piani d’uso in limo6 0. Fin dall’epocapaleocristiana è attestata la presenza di un batti-stero, costituito da una vasca quadrangolare fode-rata di cocciopesto, che subisce alcune modifichesuccessive, legate al passaggio dal rito dell’immer-sione a quello dell’aspersione.

Tracce di edifici di culto di VII –VIII secolo sonoattestate anche in altre due chiese pievane delFriuli collinare, entrambe ubicate sul sito dicastelli altomedievali: S.Daniele e la già menzio-nata pieve di S.Lorenzo di Buia (cit. 762), dovesono stati posti in luce anche i resti di un fonte bat-tesimale.

Nel primo caso i residui murari di una chiesadatabile all’VIII-IX secolo (Fig.23) sono emersi inseguito a scavi condotti negli anni Ottanta dallaSoprintendenza del Friuli Venezia Giulia6 1. Ta l efondazione religiosa (la cui ricostruzione planime-trica è ancora piuttosto incerta) è stata ipotetica-mente collegata ad una fase d’incastellamento caro-lingio dell’altura. È importante osservare che, pre-cedentemente alla costruzione della chiesa, sonoattestate nella zona delle strutture produttive.

Gli scavi effettuati sotto la pieve di San Loren-zo di Buia hanno portato all’individuazione di unachiesa databile fra VI e VII secolo62. L’edificio eracostituito da una semplice aula rettangolare, pavi-mentata in cocciopesto e dotata, nel settore orien-tale, di un presbiterio rialzato di un gradino(Fig.24). Accostata alla parete settentrionale si èrinvenuta la vasca battesimale, di forma legger-mente ovoidale, incavata a terra fino a una profon-dità di circa cm 40 dalla quota del pavimento cir-costante. La cronologia dell’edificio si evince dalcorredo della tomba addossata al muro perimetra-le sud (con buone argomentazioni ritenuta in fasecon esso) che conteneva monili tipici del VI-VIIsecolo63. È stato osservato che con tale cronologia

concorda anche il tipo di pianta ad aula unica, ret-tangolare, con parete piana, priva di abside ester-na. La prima fase della chiesa s’interrompe inseguito ad un incendio “del quale furono trovateimponenti tracce fra i materiali depositati siasopra il pavimento, sia all’esterno dell’edific i o ”6 4.Tale temporaneo abbandono non ha impedito unaricostruzione del luogo di culto, attestata da un’ab-sidiola messa in luce ad Est del primo impianto.Nel X secolo l’edificio doveva essere compresoall’interno del castello di B o g a, il cui possessorisulta confermato, nel 983, al patriarca di A q u i-leia tramite un diploma di Ottone II65.

Una fase edilizia collocabile attorno alla metàdell’VIII secolo è emersa anche negli scavi dellapieve di S. Martino a Rive d’Arcano66. In tale arcocronologico sembra, infatti, da porre una fase diampliamento di un più antico edificio paleocristia-no, del quale fu mantenuta l’abside semicircolare(Fig.25). Un ricco contesto di reperti scultorei,databili all’VIII secolo (Fig.26), sembra suggerireper quel periodo un significativo rifacimento del-l’arredo liturgico67.

Fra le chiese altomedievali poste in luce dall’a-nalisi archeologica degli ultimi anni, ve ne è unasola, quella di S.Silvestro, ubicata nel borgo diS.Salvatore di Maiano, che non ha mai rivestitouna funzione plebanale68. Il luogo è celebre poichénei suoi pressi è stata rinvenuta una delle più ric-che necropoli longobarde del Friuli, utilizzata frala fine del VI e la seconda metà del VII secolo69. Lachiesetta attuale, posta sulla sommità di un mode-sto rilievo, è stata più volte rimaneggiata. Alcunisondaggi di scavo sono stati effettuati, sia all’in-terno che all’esterno, dal Museo A r c h e o l o g i c oNazionale di Cividale nel 1995. Essi hanno porta-to all’individuazione di un edificio di culto segnala-to dai resti di un’abside a semicerchio oltrepassato(Fig.27). Non essendo stati raccolti elementi cro-nologici nel corso dello scavo, una datazione all’Al-tomedioevo può essere proposta solo sulla base deicaratteri planimetrici dell’abside. Dagli scavi èemerso inoltre un ulteriore elemento architettoni-co, costituito da una muratura ad andamentoNord-Sud, nella quale erano ben visibili dei foriquadrangolari, verosimilmente utilizzati per l’in-serimento di pilastrini che dovevano sorreggere,con ogni probabilità, gli elementi della recinzionepresbiteriale. È suggestivo collegare tale manufat-to con il frammento di lastra marmorea, di raffina-ta fattura, rinvenuta nella vicina chiesa parroc-chiale di Mels, dove era stata certamente reimpie-

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59 Ibidem, p. 187.60 Ibidem, p. 185.61 AAVV 1993; PIUZZI 1998, pp. 391-392. 62 MENIS 1982; MENIS 1995.63 MENIS 1982, c.74 e sss.64 Ibidem, c.78.

65 M.G.H. Dipl. German. II, 360, n. 304.66 LUSUARDI SIENA, PIUZZI, VILLA 1997, pp. 45-46.67 LUSUARDI SIENA 1997, p. 145 e segg.68 Lo scavo è stato edito solo in forma preliminare (cfr.CONCINA

1995, pp. 45-52).69 LOPREATO 1995.

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Fig. 23) S.Daniele del Friuli. Planimetria con posizionamento delle murature altomedievali (rilievo di F.Piuzzi).

Fig. 24) Buia. Planimetria della pieve di S.Lorenzo con indicazione dell’aula paleocristiana (A) e dell’absidiola pre-romanica (B) (da MENIS 1982).

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Fig. 26) S.Martino a Rive d’Arcano. Frammento diambone (da LUSUARDI SIENA 1997).

Fig. 25) S.Martino a Rive d’Arcano. Planimetria della fase del periodo III (metà VIII secolo, circa) (da LU S U A R D I

SIENA 1997).

Fig. 27) S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano. Resti del-l’abside altomedievale.

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g a t a7 0. L’analisi stilistica del pezzo ne ha eviden-ziato le analogie con il ciborio cividalese di Calli-sto. Se tale reperto proviene veramente dalla chie-sa di S.Silvestro, come è stato ipotizzato, la suadatazione all’inizio dell’VIII secolo potrebbe esten-dersi a quella dell’edificio di culto, o almeno a unsuo importante rifacimento. Ciò rende lecita l’ipo-tesi che la chiesa altomedievale di S.Silvestro,posta nei pressi di una importante necropoli, siastata edificata, su committenza di una famiglialocale di origine longobarda, forse legata all’entou -r a g e dei duchi cividalesi. Il fatto che l’edificio siarimasto completamente estraneo alla successivarete plebanale sembra rafforzare l’ipotesi che sitrattasse di una fondazione privata.

5. Indagini archeologiche nelle chiese dell’Arci -diaconato inferiore

Rispetto alle zone precedentemente descritte,la pianura friulana presenta una quantità decisa-mente minore di dati archeologici, anche se alcunisono particolarmente significativi.

Di notevole interesse sono i risultati emersidallo scavo della chiesa di S.Giorgio di Nogaro,

poco distante da Palmanova71. Essi hanno rivelatol’esistenza di un edificio di culto di notevole impe-gno, attestato dai resti di murature perimetrali edi un’abside semicircolare (Fig.28). Alcuni bran-delli di pavimento musivo, conservati in aderenzaa tali murature, ne hanno suggerito una datazioneattorno al V secolo72. Una seconda fase è testimo-niata dalla presenza di un livello d’uso sovrappo-sto direttamente sulla cresta di rasatura dellamuratura absidale. Su tale livello si sono svolteattività antropiche, quali l’allestimento di un foco-lare delimitato da muretti in pietre e laterizi (Figg.29, 30). I reperti ceramici contenuti indicavanouna datazione compresa fra VI e VII secolo73. Poi-ché lo strato d’uso e il focolare sono stati interpre-tati come una fase di cantiere, la loro datazione èstata assunta quale termine ad quem per la secon-da fase della chiesa, attestata da un muro conandamento Nord-Sud collegato a un pavimento dilaterizi. Piuttosto che una fase di cantiere, mi par-rebbe però più logico interpretare tale evidenzacome una fase di abbandono, che segnala vistosa-mente una diversa destinazione d’uso della chiesa.In tal caso la datazione al VI-VII secolo avrebbevalore di termine post quem per la ricostruzione

70 TAGLIAFERRI 1981, p. 300 e ss.71 LAVARONE 1986-87, p. 155; AA.VV. 1992.

72 LAVARONE, 1992, pp. 45-54. 73 FASANO, 1992, pp. 69-78.

Fig. 28) S.Giorgio di Nogaro. Planimetria degli scavi con indicazione del lacerto musivo (A) e dell’abside paleocri-stiana (B); del muro impostato sui resti dell’abside (C) e del focolare altomedievale (F) (da LAVARONE 1992).

successiva e sarebbe attestata una notevole cesuranella storia di questo luogo di culto, dopo la qualeesso risulta ricostruito, ma in tono decisamenteminore.

Residui murari e sepolture altomedievali sonostate rinvenute nel corso di scavi effettuati nellachiesetta di S.Marco in Basiliano (suffraganeadella pieve di Variano), che per alcuni studiosisarebbe da identificare con la località “Duas Basi -licas”, citata nel 762 in una donazione a favore delmonastero di Sesto al Reghena74. Delle due tombea inumazione poste in luce sotto al pavimentodella chiesa (Fig.31), quella più antica presentava

le pareti rivestite da fine intonaco rosato ed eradotata di un cuscino lapideo. Difficile è però stabi-lire l’esatta relazione stratigrafica fra questetombe e due lacerti murari appartenenti ad unprobabile luogo di culto, non meglio noto da altreevidenze75.

6. Le testimonianze archeologiche nelle diocesidi Grado e Concordia

Diverse fonti scritte medievali, soprattutto cro-nachistiche, attestano l’esistenza di numerosi luo-ghi di culto nella laguna di Grado76. Tuttavia solo

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74 BERTOLISSI 1995 p. 25. 75 LOPREATO 1986-87, pp. 122-123.76 MARCHESAN 1974, p. 93 e ss.

Fig. 30) S.Giorgio di Nogaro. Particolare del focolare altome-dievale impostato sui resti dell’abside paleocristiana (da LAVA-RONE 1992).

Fig. 29) S.Giorgio di Nogaro. Particolare dell’abside paleocri-stiana rasata e del livello carbonioso ad essa sovrapposto. (DaLAVARONE 1992).

Fig. 31) S.Marco in Basiliano. Planimetriadegli scavi (da BERTOLISSI 1995).

nell’isola di San Giuliano si sono conservate alcu-ne tracce materiali di un edificio forse d’età alto-medievale (n. 44). Si è proposto di interpretarlecome parti dell’arco trionfale di una basilichettarimasta inglobata in una casa colonica. Pur inmancanza di elementi cronologici certi, è stataproposta una datazione all’età paleocristiana, conrifacimenti altomedievali77.

Ad occidente del Tagliamento, nel territorio

pertinente alla diocesi di Concordia, sono docu-mentati i resti di due luoghi di culto, con fasi accer-tate di VII-VIII secolo: S.Martino d’Asio (n.21) e lachiesa abbaziale di S.Maria in Sylvis, a Sesto alReghena (n.46).

Nel primo caso si tratta di una chiesa plebana-le, dove gli scavi hanno posto in luce diverse fasi diristrutturazione78. La più antica era costituita daun’aula rettangolare di m 10 x 4 circa, databile tra

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77 Ibidem, pp. 101-102. 78 PIUZZI 1998, pp. 395-396.

Fig. 32) S.Martino d’Asio. Planimetria della fase altomedievale (da PIUZZI 1998).

Fig. 33) S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena. Particolare del presbiterio triabsidato dopo gli scavi del 1987 (da TOR-CELLAN 1986/87).

VII e VIII secolo in base alla sequenza stratigrafi-ca (Fig.32). La pianta era priva dell’abside ester-na; solo un leggero dislivello di quota differenziavala regione presbiteriale dall’aula. In fase con l’edi-ficio si sono rinvenute diverse inumazioni, scavatenella roccia calcarea e dislocate entro il perimetrodella chiesa. Per almeno due di loro è stata accer-tata una pratica di riutilizzo che ha suggerito l’i-dea di una tomba di famiglia.

Di diversa natura l’edificio cultuale di S.Mariain Sylvis di Sesto al Reghena. Individuato per laprima volta nel 1801 da padre A.M.Cortinòvis, che

evidenziò la parte absidale, fu oggetto di ricerchearcheologiche tra la fine degli anni Ottanta e l’ini-zio degli anni Novanta. In un primo intervento siera posto in luce tutto il luogo di culto, che risulta-va parzialmente inglobato nelle fondazioni dellapiù grande chiesa bassomedievale, ancor oggi esi-stente79.

In corrispondenza del presbiterio sono state evi-denziate due lastre con i segni dell’alloggiamentodelle colonne che costituivano forse la p e r g u l a p r e-sbiteriale (Fig.33). Tali resti architettonici sonostati datati fra la fine dell’età longobarda e l’iniziodell’età carolingia. Più recentemente il Menis harivisto i dati di scavo e ne ha proposto una diversalettura interpretativa8 0. L’ e d i ficio avrebbe due fasi:la prima, databile fra la fine del VII e l’inizio dell’-VIII secolo, sarebbe rappresentata soltanto da unachiesetta triabsidata, mentre solo in un secondomomento si sarebbe aggiunto il quadriportico anti-stante (Fig.34). A queste due fasi costruttive corri-sponderebbero anche diverse funzioni dell’edific i o :pievana in un primo tempo e poi abbaziale; a que-st’ultima fase risalirebbe anche la p e r g u l a per ladivisione dell’area presbiteriale.

7. Osservazioni sui caratteri architettonici ecostruttivi

Per quanto concerne i caratteri materiali deglie d i fici di culto fin qui esaminati, mi sembrano darimarcare, in primo luogo, le proporzioni assaimodeste (Fig.35). L’ampiezza dell’area è compresa,infatti, fra i 60 mq circa di San Martino d’Asio e i150 mq circa dei Santi Gervasio e Protasio di Nimis.Si tratta perciò di costruzioni piuttosto piccole,soprattutto se rapportate ai grandiosi complessipaleocristiani dell’area alpina: quello di colle Zucaad Invillino, ad esempio, copre un’area di oltre 200mq, mentre il grande edificio di Ovaro misura m24,5 in lunghezza x m 9,50 in larghezza8 1.

Anche i caratteri formali delle piante sono piut-tosto semplici: in quattro casi (S.Martino d’Asio,S.Lorenzo di Buia, S.Andrea di Venzone, chiesaaltomedievale di colle Zuca a Invillino) si tratta diaule rettangolari senza nessuna ulteriore articola-zione, secondo una tipologia attestata anche nell’I-talia nord-occidentale, in Francia e in Svizzera eche, per alcuni studiosi, sarebbe da ricondurre altipo del sacello funerario 8 2. Nei casi di Buia eS.Martino d’Asio solo un lieve rialzo di quota diffe-renzia l’area presbiteriale dal resto dell’aula.

In tre casi (S.Pietro di Ragogna, S.Maria Mad-dalena di Invillino, SS.Gervasio e Protasio diNimis) è attestata la presenza di un’abside rettan-golare che movimenta leggermente l’essenzialitàdella pianta, sempre ad aula unica. Questo sche-

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79 TORCELLAN 1986-87, pp. 178-179; TORCELLAN 1988.80 MENIS 1999, pp. 53-73.81 Queste dimensioni sono state accertate nel corso della cam-

pagna di scavi svoltasi nel luglio 2000; non erano ancora noteall’epoca in cui si è svolto il convegno di Gardone sul Garda(aprile 2000).82 FOLETTI 1998, p. 119 e ss.

Fig. 34) S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena. Plani-metria dopo gli scavi del 1991 (da MENIS 1999).

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Fig. 35) Fondazioni ecclesiastiche di VII e VIII secolo del Friuli – Venezia Giulia. Planimetrie a confronto. In alto,chiese ad aula rettangolare: (da sinistra) S.Martino d’Asio; S.Lorenzo di Buia; S.Andrea di Venzone, chiesa di colleZuca a Invillino. Nella fascia mediana, chiese con abside rettangolare: (da sinistra) S.Pietro di Ragogna; S.MariaMaddalena di Invillino; SS.Gervasio e Protasio di Nimis (con torre in facciata); S.Stefano di Cesclans (con torre infacciata). Nella fascia in basso, chiese con abside semicircolare: (da sinistra) S.Silvestro a S.Salvatore di Maiano;S.Martino a Rive d’Arcano; S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena.

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Fig. 36) San Martino di Ovaro. Particolare della tecnica muraria.

Fig. 37) Chiesa altomedievale di colle Zuca a Invillino. Particolare della tecnica muraria.

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Fig. 38) SS.Gervasio e Protasio di Nimis. Particolaredella tecnica muraria.

ma architettonico, assai diffuso in tutto l’arco alpi-no, oltre che in Francia e in Svizzera costituirebbe“la soluzione più semplice ed economica per lacostruzione del presbiterio”8 3. Interessante è, neidue casi di Nimis e Cesclans, la presenza di unatorre in facciata, interpretabile come campanile.

La terminaz ione ad abside circolare è attesta-ta nei soli casi di S.Silvestro a S.Salvatore di Maia-no e di S.Martino a Rive d’Arcano. Più articolata (epiù sviluppata in proporzione alla superficie del-l’aula) è invece la regione presbiteriale della chie-sa di S.Maria in Sylvis di Sesto al Reghena, costi-tuita da un transetto sviluppato a ‘T’e triabsidato.

Tutt’altro che abbondanti sono i dati cheriguardano i materiali e le tecniche costruttive,anche per il fatto che gli edifici di culto sono docu-mentati, in genere, da modesti lacerti murari.Nulla è dato sapere, ad esempio, circa i caratteridelle coperture o degli infissi, mentre qualche ele-mento in più si conosce per le pavimentazioni. Innessuno dei casi esaminati parrebbe attestata lapresenza di mosaici, che pure erano utilizzati inarea urbana, come provano i casi celebri del lacer-to pavimentale del battistero di Callisto (conserva-to nel Museo Archeologico Nazionale di Cividaledel Friuli) o quello dell’episcopio di Aquileia. Lechiese di VII-VIII secolo edificate nel territoriorurale dovevano invece essere pavimentate conletti di calce (S.Martino a Rive d’Arcano) o, al mas-simo, con cocciopesto, come indicano i casi di Buia,Nimis, San Martino d’Asio. È anche questo un ele-mento che, oltre alle dimensioni, concorre a diffe-renziare le fondazioni ecclesiastiche altomedievalidai più impegnativi impianti paleocristiani che,anche nelle aree rurali, risultano, in più di uncaso, pavimentati con ricche decorazioni musive84.

Per quanto riguarda invece le opere murarie,non sembra vi siano da rimarcare vistose differen-ze rispetto alle tecniche attestate negli impiantipaleocristiani; le strutture sono sempre costituiteda elementi di raccolta (ciottoli, scaglie scistose)privi di una lavorazione che vada oltre lo ‘spacco’;essi non sono stati molto selezionati per dimensio-ni e risultano posti in opera secondo una tessiturapriva di corsi, che non esclude l’impiego di elemen-ti inclinati ‘a spina pesce’. Poco sappiamo dei rive-stimenti, che dovevano comunque essere costitui-ti, se non da intonaci affrescati, almeno di unessenziale ‘rinzaffo’, del quale si rintracciano talo-ra dei residui sulle pietre.

8. Luoghi di culto e territorio: considerazioniconclusive

Questa breve e rapida rassegna di dati suggeri-sce alcune interpretazioni di carattere generale.

Intanto la ricerca archeologica nelle chiese hadimostrato, in quasi tutti i casi esaminati, l’esi-stenza di tracce materiali di fondazioni più antiche.Tuttavia, accanto agli elementi di continuità, misembra si possano mettere a fuoco anche innegabi-li segni di cesura, che si impongono all’attenzione.

Laddove l’archeologia ha documentato l’esi-stenza di fondazioni paleocristiane, queste ultimepresentano spesso i segni di brusche interruzionid’uso. Tracce d’incendi, di cambiamenti di funzio-ne o comunque di un uso ‘degradato’dei pavimentisono attestati un po’ in tutte le regioni esaminate.Ad Ovaro il grande complesso paleocristiano sem-bra essere messo fuori uso, una prima volta, da unincendio le cui tracce sono state evidenziate intutta l’area scavata. Anche sul colle Zuca, a Invilli-no, i grandi edifici di culto sono stati smantellati inseguito a un incendio e successivamente, sulla tri-chora, è stata costruita una chiesa rettangolare, didimensioni decisamente più modeste.

83 ARSLAN 1954, p. 514.84 Pavimentazioni a mosaico sono emerse in seguito agli scavisul colle Zuca di Invillino, e diverse tessere musive sono state

raccolte nell’area archeologica di S.Martino di Ovaro e nei livel-li di distruzione della fase paleocristiana di S.Pietro di Rago-gna.

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Anche nel Friuli collinare si riconoscono i segnidi una interruzione d’uso in non poche costruzionireligiose. A San Lorenzo di Buia, ad esempio, laprima fase della chiesa battesimale s’interrompein seguito ad un incendio, che il Menis ha rintrac-ciato in tutta l’area scavata. Anche nella chiesa diSan Pietro di Ragogna la fase paleocristiana e lasuccessiva ristrutturazione altomedievale risulta-no intervallate da un deposito di livelli limosi.

Un vistoso segno di interruzione d’uso è statoevidenziato, infine, nella pianura friulana, a S.Gior-gio di Nogaro, dove l’impianto paleocristiano risultaletteralmente distrutto e sulla cresta di rasaturadell’abside viene persino impostato un focolare. Sedunque l’esistenza di una cesura evidente nell’uti-lizzo di questi luoghi di culto è provata da chiaretracce archeologiche, più difficile è però stabilire l’e-satta cronologia di tali eventi traumatici. L’ i n c e n d i oche distrugge (o danneggia seriamente) il comples-so di Ovaro non è stato ancora datato, mentre perquello di Colle Zuca il Bierbrauer ha proposto unadata attorno al 600 d.C.. Del potente strato di bru-ciato della chiesa di S.Lorenzo di Buia sappiamoinvece che esso copre il pavimento della fase ediliziadi VI-VII secolo. Quanto al livello limoso di Rago-gna, esso risulta stratigraficamente posteriore allachiesa di V secolo, mentre a S.Giorgio di Nogarosappiamo che lo strato di distruzione dell’impiantopaleocristiano conteneva ceramiche databili al VI-VII secolo. Benché lacunosi e in qualche caso pro-blematici, questi dati sembrerebbero comunqueorientare verso una cronologia compresa fra VI eVII secolo. Se così fosse, questa cesura storicaandrebbe messa in relazione, con tutta probabilità,con una delle più acute fasi della crisi politica e mili-tare del territorio friulano, che proprio in tale perio-do registra la divisione del patriarcato e subisce leinvasioni longobarda e avara. Si può pertanto pen-sare che la prima fase di ‘cristianizzazione’, avviatanel corso del V secolo e concretizzatasi nella costru-zione di edifici battesimali talora grandiosi, abbiasubito intorno all’inizio del VII secolo una prima,notevole battuta d’arresto.

Se questi dati sembrano validi per tutto il ter-ritorio regionale, le vicende dei secoli successivipongono invece in evidenza una marcata differen-ziazione fra le diverse aree geografiche del FriuliVenezia Giulia.

Nella zona alpina emergono tracce di radicalitrasformazioni nell’organizzazione ecclesiasticadel territorio: in ben due casi, (Ovaro e Invillino),la sede della chiesa pievana risulta chiaramentespostata rispetto al luogo della baptismalis eccle -s i a paleocristiana, che risulta abbandonato. Pur-troppo mancano dati archeologici certi per stabili-re esattamente le coordinate temporali di tale tra-slazione, che può essere posta, genericamente, nelcorso dell’VIII secolo. Anche gli scavi nella pieve diS.Stefano di Cesclans (dove non si sono trovatetracce di edifici religiosi anteriori alla fine del VII-VIII secolo) confermerebbero questa ricostruzione,che non pare contraddetta neppure nel caso dellapieve di San Pietro di Zuglio, per quanto ne sap-piamo fino ad ora.

È nella fascia collinare del Friuli che si riscon-tra invece una maggiore continuità nell’ubicazionedelle chiese battesimali. In ben cinque casi, infat-ti, le sedi pievane insistono sul sito di precedentichiese paleocristiane (Osoppo, Nimis, Ragogna,Buia, S.Martino a Rive d’Arcano), due delle quali(Ragogna e Buia) presentano già nella fase piùantica tracce sicure di un battistero. Se ne può per-ciò concludere che nel Friuli collinare, dopo unmomento d’interruzione traumatica nell’uso dellechiese tardoantiche, la riorganizzazione della reteplebanale medievale (che può genericamente collo-carsi nel corso dell’VIII secolo) abbia rispettato l’u-bicazione dei precedenti centri battesimali. Com-plesse e forse molteplici possono essere le cause diquesta maggiore continuità nell’ubicazione dellesedi del culto; non pare privo di significato il fattoche in ben tre casi le chiese si trovino sul sito dicastra tardoantichi (Ragogna, Osoppo, Nimis) chedevono avere avuto un ruolo decisivo quali punti diriferimento, anche amministrativo, per l’organiz-zazione territoriale.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E122

N e l l ’ alto Medioevo l’Alto Adige, territorio diconfine dal periodo romano, diventa zona di con-tatto tra Franchi, Baiuvari e Longobardi. Lungo lalinea Merano – Chiusa corre il confine del munici -pium Tr i d e n t u m, dal 569 ducato longobardo diTrento. L’installazione del ducato longobardo fupreceduta da spedizioni militari franche in territo-

rio ostrogoto e dalla riconquista del territorio daparte dei bizantini; seguirono spedizioni militari escorrerie predatorie dei Franchi in territorio lon-gobardo fino alla pace del 591. Le province Rezia Ie II e Norico, e con ciò anche la zona settentrionaledell’Alto Adige, sono nelle mani dei Franchi dal536/537. Dopo la pace del 591 tra Franchi e Longo-

CHIESE DEL VII E VIII SECOLO IN ALTO ADIGE

Hans Nothdurfter

Hans Nothdurfter 123

Fig. 1) Le chiese del VII e VIII secolo: 1 Malles, S. Stefano a Burgusio; 2Malles, S. Benedetto; 3 Glorenza, S. Giacomo a Söles; 4 Silandro, S.Giorgio a Corces; 5 Lana, S. Giorgio a Foiana; 6 Meltina, S. Valentino aSalonetto; 7 Naturno, S. Procolo; 8 Lana, S. Martino vecchio; 9 Ti r o l o ,chiesa scavata sotto Castel Tirolo; 10 Tirolo, S. Pietro a Quarazze; 11Montagna, S. Vigilio e Lorenzo a Castelfeder; 12 Bolzano, S.Vigilio sulVirgolo; 13 Caldaro, S. Pietro a Castelvecchio; 14 S. Genesio, S. Cosma eDamiano; 15 Bolzano, chiesa parrocchiale; 16 S. Lorenzo di Sebato, chie-sa parrocchiale; 17 – 19 Chiusa, le chiese della sede vescovile di Sabiona.

=|=|=|=|=|= Confine di stato

_____________ C o n fine tra il municipium Tr i d e n-tum, dal 569 ducato Longobardo, elaZona dei Franchi, dal 591 deiB a i u v a r i

========== Confine tra le provincie tardoanti-che, dal 537 in mano dei Franchi

– – – – – – – – vie primarie

……………… vie secondarie

bardi subentrano i Baiuvari. Dopo il 774, datadella conquista del regno longobardo da parte diCarlo Magno, e dopo la sottomissione del ducatodella Baviera nel 788, tutto il territorio delle Alpiorientali è sotto l’amministrazione dei Carolingi.Su questo sfondo storico vanno viste e interpretatele chiese del VII e VIII secolo.

Le chiese altomedievali qui presentate costitui-scono tre gruppi dal punto di vista della posizione(fig. 1): chiese su vie di collegamento primarie esecondarie, prevalentemente nel territorio dei Fran-chi/Baiuvari o in zona di confine (10, di cui due soprachiese paleocristiane); chiese nei castra o in posizio-ne di c a s t r u m su territorio longobardo (4, tra le qualidue paleocristiane) e chiese nella sede vescovile diSabiona (3, di cui due paleocristiane). Tra le chiesenuove come tipo architettonico prevalgono chiese asala rettangolare, piccolissime nel VII secolo, legger-mente più grandi e talvolta a tre absidi nell’VIII/IXsecolo, in due casi chiese in legno e alcuni casi singo-lari. È difficile attribuire le chiese nettamente al VIIe all’VIII secolo, dato che le prime talvolta sembranocominciare già nel V/VI secolo e le seconde hanno latendenza a prolungarsi nel IX secolo.

LE C H I E S E S I T U AT E S U L L E V I E D I C O L L E G A M E N T O

ED IN ZONADI CONFINE

Le chiese qui presentate in alcuni casi si trova-no in posizione appartata, lontano da ogni luogoabitato, ma un tempo su importanti vie di collega-mento. Non potevano avere compiti di cura d’ani-me per conto dell’istituzione ecclesiastica ed è daescludere anche la pura e semplice devozione perspiegare l’esistenza di queste chiese. Sono inveceda interpretare come chiese padronali nell’ambitodell’organizzazione amministrativa da parte deinuovi signori del territorio. Un funzionario, incari-cato di un compito preciso in un certo luogo (p.e.controllo e sicurezza di un tratto di via) e proprioper questo dotato di un fondo terriero, costruiscepresso la sua curtis una piccola chiesa, l’arreda e viaccosta il cimitero per la sua famiglia. Sepoltureall’interno della chiesa indicano una posizione ele-vata del funzionario, probabilmente già nobile nelsenso medievale e feudale.

Sulle vie per l’Engadina e la Valtellina

Con tre chiese altomedievali (ed altre da scava-re) sembra particolarmente fitta la rete di chiesenell’Alta Val Venosta, più precisamente nella zonadi Malles e Glorenza. Diverse vie portano verso ilS-charl-Joch e nell’Engadina oppure verso il GiogoS. Maria/Pass Umbrail/Wormser Joch, che collegala Val Venosta con la Valtellina, mentre il passoResia sembra di minore importanza ed è controlla-to dalla vasta conca di Malles.

La più antica di queste chiese è S. Stefano diB u r g u s i o (comune di M a l l e s), scavata nel1 9 8 7 / 1 9 8 91 ( figg. 2, 3). Sorge solitaria sull’aspropendio sul versante destro dell’ancora piccoloAdige circa 200 m sopra il fondovalle. Dal 11 4 6circa fa parte della dotazione dei nobili di Taraspal convento benedettino di Monte S. Maria, da lorofondata. La prima chiesa è una sala rettangolaredi 8,30x3,80 m, cioè appena 33 m 2, spessore dimuro 0,60m, muro ovest 0,70 m, muratura conargilla con poca calce, intonaco in calce. Sono statimessi allo scoperto i muri laterali e il muro occi-dentale sotto il pavimento più recente e la prose-cuzione verso est con tracce di affreschi nei muridel coro successivo, inoltre l’altare inglobato nel-l’altare odierno e il pavimento in malta, di un gra-dino più basso nel coro, perché il fondo scende for-temente da ovest verso est. All’interno della chiesafurono scavate quattro tombe orientate ovest-ested all’esterno altre sepolture, sempre senza corre-do, e variamente orientate. Questa prima chiesaviene datata nel VI secolo in base allo spessore deimuri (?) e al fatto che nella seconda chiesa ci sonotombe con corredo del VII secolo. Se è giusta ladatazione, questa chiesa è più vecchia dell’ultimachiesa paleocristiana dei SS. Cosma e Damiano(comune di S. Genesio), ma la piccolezza e le tombesono elementi delle chiese altomedievali.

In una seconda fase la chiesa venne ampliataverso sud e verso ovest. Spessore del muro occi-dentale 1,00m, muro settentrionale 0,70 m, mura-tura in argilla. Rimase il coro precedente il quale,per l’ampliamento verso sud, divenne in parterientrante. All’interno della chiesa furono scavatequattro tombe in cista con corredo, distrutte. Lapiù importante è la tomba N. 2 all’angolo tra coro eallargamento verso sud. Contiene resti di undicisepolture tra cui la penultima con 15 elementi dicintura in ferro ageminati in argento, databili nelsecondo quarto del VII secolo. A questo periodoappartiene anche un puntale di cintura in ferroageminato in argento e ottone, proveniente daun’altra tomba a cista. La chiesa viene datatanella prima metà del VII secolo in base al corredodella penultima sepoltura della tomba N. 2.

Difficilmente databile (X o XI secolo) la terzafase della chiesa, ora a due piani con arco trionfalee coro rientrante rettangolare, che non entra nelperiodo qui da trattare, ma che fa vedere come ele-menti della prima chiesa vengono rispettati e riu-tilizzati lungamente. Il coro delle precedenti fasivenne rivestito e rinforzato da contrafforti soste-nenti degli archi ciechi (spessore dei muri del coro1,00/1,30/1,80 m). La navata invece è una costru-zione completamente nuova, con i muri lateralidello spessore di 1,60 m e il muro ovest di 1,80 m;muratura con pietre in parte lavorate e per lo piùmesse in filari con malta di argilla e calce, usata

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E124

1 DALRI 1993, pp. 51-57, tavv. 1-27.

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Fig. 3) S. Stefano a Burgusio, piante della fase 1 (V/VI sec.) e della fase 2 (VII sec.) 1:200.

Fig. 2) S. Stefano a Burgusio visto da nord.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E126

Fig. 5) S. Benedetto a Malles. La parete est con le tre absidi a nicchia.

Fig. 4) S. Benedetto a Malles da nord-ovest. La chiesa rinforzata completamente e dotata di un campanile nel Duecento.

sia per la muratura che per l’intonaco, quest’ulti-mo con giunti. L’arco trionfale è costruito di blocchilavorati molto grandi e disposti in parte vertical-mente. Questa chiesa esiste tutt’oggi, il muro sudnel XII secolo fu rinforzato a 2,40 m, con pietrelavorate piatte e filari angolari.

Tra le chiese della zona di Malles/Glorenzaentra anche la chiesa di S. Benedetto a M a l l e s(figg. 4-7), famosa per gli affreschi e gli stucchicarolingi, conservatisi in parte e datati dagli stori-ci dell’arte all’inizio del IX secolo2. L’edificio inveceè databile al secolo VIII in base a più strati diimbiancature sotto gli affreschi e gli stucchi3. NelXII secolo la chiesa fu rinforzata da un muro roma-nico e fornita di un campanile. È una chiesa adaula rettangolare triabsidata, lunga 9,30/9,40 m,larga 5,45/5,50 m, dunque di circa 51 m2, alta 5,20m (dal recente pavimento che potrebbe dare illivello originale); le fondamenta sono alte più di unmetro. Lo spessore dei muri è di 0,65 m, il muroorientale misura 0,90m abbondanti. Le tre absidisono conformate come nicchie nel muro est. Lamuratura è in pietre di cava con argilla nelle fon-damenta, con malta di calce e argilla nell’alzato,l’intonaco è in malta di calce.

La chiesa più piccola e più recente è quella di S .Giacomo a Söles (comune di G l o r e n z a), scavata

nel 19934 ( figg. 8-10). Sorge isolata sul pendio di uncono di deiezione sul versante destro della valle, traGlorenza e Prato allo Stelvio, dove un tempo corre-va la strada/sentiero verso il giogo di S.M a r i a / Wormser Joch per Bormio. La prima chiesaè una sala rettangolare di 5,50/5,70x3,40 m, cioè diappena 25 m2. Sono stati trovati il muro orientale,alto due filari sotto il pavimento della seconda fase,e pezzi e negativi dei muri nord e ovest. Spessoredel muro 0,80 m, muratura in argilla, intonaco incalce. In base all’intitolazione la prima chiesa non èdatabile prima del IX secolo, anche se la piccolezzafarebbe pensare al VII. Tra il X e il XII secolo lachiesa ricevette un’abside, all’inizio del Duecentoaffreschi romanici. Di questi abbiamo trovato iframmenti deposti ordinatamente (?) sul pavimen-to in calce della seconda fase e coperti di argilladella chiesa stessa (ora ricomposti e riportati inluogo), distrutta nella guerra del 1499 fra Impero eTirolo contro un’alleanza di cantoni svizzeri. Ve r s oil 1580 la chiesa venne abbattuta per la costruzionedella successiva chiesa gotica a livello più elevato,distrutta dai Francesi nel 1799, da allora in rovina,riassettata negli anni Novanta. I muri del cimitero,trovato sotto il suolo attuale, sono databili nel X/XI(nord) e nel XII secolo (est). Tra le tombe recupera-te non ci sono sepolture del primo periodo.

Hans Nothdurfter 127

2 RÜBER 1991; RASMO 1981, pp. 19-32, tavv. 16-44; 61-98;VORROMANISCHE KIRCHENBAUTEN 1966-1971, p. 198,1991, p. 264.

3 EMMENEGGER, STAMPFER 1990, pp. 247-268.4 NOTHDURFTER 1997a, pp. 417- 446.

Fig. 7 (sopra) S. Benedetto a Malles, pianta 1:200.

Fig. 6 (a lato) S. Benedetto a Malles. Colonna lavoratain stucco nell’angolo nord-est, unica conservata in situ.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E128

Fig. 8) S. Giacomo a Söles, Glorenza. In fondo a destra la chiesa, a sinistra il maso Söles, tra i due complessi la stra-da che portava verso il passo di S. Maria e a Bormio.

Fig. 9) S. Giacomo a Söles, Glorenza. Muri est e sud della chiesa adaula, pavimento della seconda chiesa (con abside) che all’inizio del Due-cento venne decorata di affreschi.

Fig. 10) S. Giacomo a Söles, Gloren-za, pianta 1:200.

Sulla scorciatoia per la Valle dell’Inn

Nell’arco di circa 100 km in linea d’aria (traPasso Resia e Passo del Brennero) esiste una via dicollegamento tra la media Val Venosta sul versan-te sud e la media Valle dell’Inn sul versante norddel crinale principale alpino. Essa porta dalla Va ldi Silandro attraverso il Giogo di Tasca (Ta s c h e l j ö-chl) nella Val Senales e da qui, attraverso i valichidel Giogo Alto, del Giogo Basso e del Giogo di Ti s a(3200 m), nella Ötztal e nella Valle dell’Inn. È que-sto il tragitto che stava percorrendo l’uomo venutodal ghiaccio, ed è la via che ancora oggi percorronole 3000 pecore dalla Val Venosta e dalla Val Sena-les quando vengono condotte ai pascoli estivi dellaÖtztal. In epoca tardoromana ed altomedievale erauna scorciatoia della Via Claudia Augusta, e nelbasso Medioevo vi si affacciavano le proprietà deinobili di rango Ursin/Ronsberg, rappresentanti deiG u e l fi, e dell’abbazia di Ottobeuren, una fondazio-ne guelfa. All’inizio di questa via, sulle ripide roccedel versante sinistro della Val d’Adige, sorge larovina della chiesa di S. Giorgio a Corces ( c o m u-ne di S i l a n d r o ). La posizione, circa 200 m sopraCorces (figg. 11-15), è alquanto particolare. L’ a r e aripida a gradoni e restringentesi tra due gole roc-

ciose è protetta verso valle da frane rocciose, versomonte è accessibile solo da una persona per volta.

Sondaggi archeologici nel corso del consolida-mento della rovina della chiesa più recente (data-bile al XII secolo) furono eseguiti nel 1996/19975 eripresi nel 2000. Portarono alla luce il muro sud diun edificio precedente sotto l’attuale muro meri-dionale, separato da uno strato di terra, con l’im-postazione di un arco appena visibile ad est e che siperde nell’attuale muro occidentale, e 4,60 m delmuro nord visibile all’esterno nell’attuale murosettentrionale; al centro dell’abside odierna unincasso per la deposizione delle reliquie, scavatonella roccia e rivestito di malta; al centro dellanavata odierna una tomba nella roccia, il fondosolo 0,55 m sotto il pavimento medievale, pavi-mento e pareti rivestiti di malta, che sembra uncocciopesto, con resti di scheletro scompigliati; aovest, in parte resecate dal muro occidentaleattuale, quattro tombe disturbate dalla costruzio-ne della chiesa odierna, tra cui una senza schele-tro, ma con una fibula in lamina d’argento a stam-po con piastra in bronzo, ed un’altra tomba, fortu-natamente quasi intatta, accompagnata da unmuricciolo a secco sul lato nord, la sepoltura orien-tata ovest-est, il corredo in situ: una fibbia della

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5 NOTHDURFTER 1999a, pp. 97-110; NOTHDURFTER1999b, pp. 85-92.

Fig. 11) S. Giorgio a Corces da nord-est. La chiesa medievale già restaurata, lo scavo della piccola chiesa e, sullo sfon-do, Corces.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E130

Fig. 12) S. Giorgio a Corces da nord. A sinistra la tomba incassata nella roccia, a destra parte del muretto a secco checircondava la tomba; in fondo il muro nord della chiesa, già rifatto, ma a destra in basso si vede un tratto del murodella prima chiesa.

Fig. 13) S. Giorgio a Corces da est. In primo piano i muri nord e ovest di un terzo edificio. La muratura con pietreirregolari e abbondante malta di calce fa pensare al tardoantico.

cintura, un pettine d’osso con astuccio decorato eun anello da pollice d’oro del diametro di 2,30 cmcon disco ornamentale di un orecchino a cestello,cioè con filigrane a forma di S e nel centro una pie-tra. In base al corredo le sepolture all’interno dellachiesa vanno dall’inizio (orecchino) alla fine (fibulaa disco) del VII secolo.

Per la ricostruzione sono a disposizione solol’incasso per la deposizione delle reliquie, cioè ilposto per l’altare, circa 4,60 m del muro nord ecirca 5 m del muro sud con l’impostazione di unarco (trascurabile, perché forse appartenente a unedificio precedente). Includendo le tombe sipotrebbe pensare ad una chiesa ad aula (lunga ca.7,60 m con la larghezza di 4,29/4,40 m) con cororientrante, supponendo l’abside sotto l’odiernaabside.

A nord-est della chiesa è stata scavata unaseconda chiesa (S. Giorgio 2) piccolissima, di 4x2 mall’interno, la parte orientale in malta di calce conun blocco murato di 1x1 m addossato al muro est(interpretato come altare) ed un arco crollato adovest; la parte occidentale invece è costruita asecco.

Di recente a nord della chiesa di S.Giorgio èstata scoperta una tomba circondata da muri asecco, con davanti al muro occidentale frammenti

di vetro di età tardoantica (?), la tomba stessa, sca-vata nella roccia, con lastra per cuscino per il capo,lo scheletro messo da parte per fare posto ad unaseconda sepoltura, non avvenuta, la tomba riempi-ta in un secondo tempo di pezzi di malta con coc-ciopesto. L’esame di questa tomba fa pensare adun mausoleo costruito in legno su basamento inmuro a secco. Questo fatto induce ad ipotizzare chesulle rocce ripide sopra Corces prima delle chiesesorgevano dei mausolei. La parte occidentale dellapiccola chiesa 2 in un primo tempo potrebbe esserestata un mausoleo, le sepolture forse in tombe acista, dato che la roccia al livello del pavimento escoscesa verso valle non ha segni di lavorazione. Inun secondo tempo il mausoleo sarebbe stato tra-sformato in chiesa, abbattendo il muro est (aspor-tando le tombe?) ed aggiungendo la parte orienta-le con altare e arco divisorio.

Quanto alla chiesa più grande si potrebbe ipo-tizzare un mausoleo intorno alla tomba centrale,che è difatti di livello troppo alto in confrontoall’incasso per le reliquie. Farebbero parte delmausoleo il muro sud e il muro nord sotto i muriattuali della chiesa. L’impostazione di un arco nelmuro sud segnerebbe la posizione del muro orien-tale. Il muro ovest sarebbe stato sotto il murorecente. Questo sarebbe il mausoleo più importan-te, murato con calce, pavimento e intonaco in coc-

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Fig. 14) S. Giorgio a Corces. Nell’abside (già rifatta) illoculo per le reliquie, in primo piano la tomba centralescavata nella roccia.

Fig. 15) S. Giorgio a Corces, pianta 1:200 delle due chie-se e di un presumibile mausoleo precedente.

ciopesto come la tomba stessa. Per la costruzionedella chiesa nel VII secolo i muri est ed ovest ven-nero abbattuti insieme al mausoleo adiacente,nella cui tomba finì parte dei calcinacci, mentre lepietre venivano riutilizate per l’allungamento deimuri laterali verso ovest e per la costruzione delcoro. Nel VII secolo la chiesa serviva per le sepol-ture della famiglia del funzionario, forse già nobile.

Circa 40 m distante dalla chiesa di S.Giorgio,sull’orlo della gola verso est, sorge un terzo edificioin muratura tardoantica con calce bianca mescola-ta con sabbia grossa (tipica per il tardoantico),crollato a sud e ad est; si sono conservati due muririspettivamente di 5,30 m e 5,25 m ed un pavi-mento in calce. All’esterno ad ovest anni fa è statasegnalata una tomba. Non ci sono indizi per unachiesa e per questo si può avanzare l’ipotesi che sitratti di un mausoleo.

I mausolei, in base alla presenza di cocciopestoe di vetri tardoantichi, sarebbero databili al V/VIsecolo. La conferma dipende dalla datazione deivetri non ancora studiati. Se gli scarsi accerta-menti sono interpretati correttamente, è la primavolta che in Alto Adige abbiamo dei mausolei pre-cedenti alle prime chiese.

Sulla via per la Val di Non

La chiesa di S. Giorgio a Foiana (comune diLana) sorge sul versante destro della Val d’Adigea sud-ovest di Merano ( figg. 16-18), circa 200 msopra il fondovalle e poco sopra l’odierna stradaverso il Passo Palade (1519 m). L’antica via di col-legamento dalla conca di Merano attraverso ilPasso Palade per la Val di Non e più oltre per leGiudicarie e il Lago di Garda, con collegamentitrasversali con la Val d’Adige e, attraverso il Passodi Tonale, con Brescia e Milano, ha avuto un’im-portanza sopraregionale secolare. Nell’età delFerro il percorso era un’importante rotta commer-ciale dal territorio etrusco fin nel cuore delle Alpi;in età romana sorgevano lungo il tragitto grandiinsediamenti; per il tardoantico sono noti deicastra da S. Ippolito, un buon tratto a monte di S.Giorgio, fino a Sanzeno, Nanno/Anagnis e Vervò inVal di Non. L’intero itinerario da Lana fino al Lagodi Garda nell’alto Medioevo appartiene al ducatodi confine di Trento ed è soggetto quindi allasovranità longobarda. Proprio in territorio longo-bardo è stata scavata la prima chiesa in legno6.

La chiesa sorge su uno sperone roccioso, davan-ti alla facciata passa l’antica via incassata, inparte ancora percorribile. Furono messe allo sco-perto due file di buche di palo all’interno dellachiesa del Duecento e una buca fuori situata più inalto. Le buche si trovano a distanze irregolari enon sono allineate una all’altra. La buca più occi-

dentale a sud era per un palo doppio, intorno alquale si trovavano resti di una traversa, graziealla quale si è capito che questa era la zona d’in-gresso. Nella parte anteriore una buca più piccolaverso il centro è stata interpretata come incasso diuna transenna del coro. Tracce di traverse di soglieai pali ad est potevano indicare una conclusioneorientale della chiesa a forma di trapezio. I palierano grossi circa 30 cm (quelli della transenna delcoro meno) ed infissi nel terreno morenico per10/25 cm senza base o zeppe di pietra. Facevanoeccezione il palo 5 posteriore di sinistra e il palo 13all’esterno: entrambi erano infissi nel terreno per0,5 m. Il palo 13 era fissato con zeppe di pietra, ilpalo 5 però rivestito di malta (nella malta un fram-mento di mattone). Nel rivestimento di malta erarimasta impressa la forma ottagonale del palo. Iresti di legno conservatisi sono stati identificaticome cirmolo. La chiesa è stata ricostruita a nava-ta trapezoidale, lunga 5,30 m e larga 4,10 m (aovest), dunque circa 22 m2, con un coro ugualmen-te esteso in lunghezza e a forma trapezoidale,lungo 4,40 m e largo 3,20 m (alla transenna), e conun atrio della larghezza della navata e profondo1,50 m. In base alle piccole dimensioni la chiesapotrebbe essere datata al VII secolo, mancano peròtombe con corredo che possano darne conferma.Come costruttori della chiesa in legno sono daescludere i Longobardi, perchè in Italia costruiva-no in pietra, secondo la tradizione romana. Sonoda escludere i Baiuvari, perché non erano signoridel territorio. Resta l’organizzazione viaria caro-lingia dopo la sottomissione del regno longobardonel 774.

Nel corso avanzato del IX secolo al posto dellachiesa in legno venne costruita una chiesa triabsi-data in muratura, della quale abbiamo scavato nelcoro attuale i due tronconi di muro che dividonol’abside mediana dalle laterali e ad ovest, fuoridalla chiesa, il muro occidentale e, nelle fonda-menta del muro recente sud, resti del muro meri-dionale con tombe in muratura e senza corredo. Lalunghezza della chiesa senza absidi è di 12,50 m,larghezza 6,30/6,90 m. Il tipo di chiesa triabsidatasi è mantenuto fino oggi nella vicina chiesa di S.Margherita a Lana, anch’essa all’inizio della viaper la Val di Non, ai piedi della salita. È di dimen-sioni simili, ma leggermente più corta. Un’altrachiesa triabsidata è stata scavata recentementesotto Castel Tirolo (vedi sotto).

Le chiese triabsidate nei Grigioni sono grandichiese abbaziali, databili all’VIII secolo. Per S.Giorgio e S. Margherita si può proporre il IX seco-lo (muratura irregolare) in base alla situazionestorica; la datazione della chiesa sotto Castel Tiro-lo tende al IX/X secolo. In ogni modo queste chiesenon fanno più parte della relazione.

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6 GLEIRSCHER, NOTHDURFTER 1987, pp. 267-305; NOTH-DURFTER 1990b, pp.148-170, in part. pp. 149- 163; NOTH-DURFTER 1997b, pp. 53-79, in part. pp. 74-77.

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Fig. 16) S. Giorgio a Foiana da sud-ovest.

Fig. 18) S. Giorgio a Foiana. Coro ed altare della chiesa odierna. Visibili i due tronchi di muro dell’abside centraledella chiesa triabsidata. Nella zona antistante una buca di palo della chiesa in legno.

Fig. 17) S. Giorgio a Foiana, pianta 1:200.

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7 GLEIRSCHER 1991, pp. 629-634.

Sulla via attraverso l’altipiano tra Merano e Bolzano

La valle dell’Adige tra Merano e Bolzano èaccompaganata a nord (sul lato sinistro) dall’alti-piano di Avelengo, Meltina e S. Genesio, detto“Salten”, che in ripide rocce precipita verso il fon-dovalle. Tra Merano e Bolzano l’altipiano è rag-giungibile in due punti: da Settequerce, in comunedi Terlano, passando per la chiesa dei SS. Cosma eDamiano (vedi sotto), verso S. Genesio, e da Vi l-piano lungo un sentiero ripido verso Meltina, pas-sando per la chiesa di S. Valentino a Salonetto(comune di M e l t i n a), oggi rovina, che sorge sul-l’orlo dell’altipiano ( figg. 19-22).

Anche qui è stata scavata una chiesa in legnonegli anni 1990-1991 (lo scavo non è ancora pub-blicato). Sono state messe allo scoperto buche dipalo ad est e a nord dell’abside più recente del IX/Xsecolo e sia all’interno che all’esterno della navata.I pali erano fissati con zeppe di pietra, nel riempi-mento delle buche c’erano resti di legno carboniz-zato. La ricostruzione di un edificio ad aula, concoro trapezoidale, atrio e un piccolo annesso è ipo-tetica. È più grande di tutte le chiese del VII/VIII

secolo e perciò databile non prima dell’VIII/IX:l’aula misura 8,50x6,50 m, 55 m2 abbondanti, l’a-trio ha la larghezza dell’aula e la profondità di 1,20m, il coro è profondo 2,20 m e largo 3 m ad est.L’annesso a nord-est è lungo 3,80 m e largo 1,40 m.Una seconda serie di buche senza zeppe di pietrapotrebbe segnalare una fase con abside più recen-te. Al X secolo è databile la chiesa in muratura conabside a ferro di cavallo, più volte manomessa nelperiodo romanico e con affreschi del Quattrocento.Alla chiesa in pietra dovrebbero appartenere lepoche tombe senza corredo.

La chiesa in legno, in base a considerazioni sto-riche, può essere attribuita ai Baiuvari. La Va ld’Adige tra Merano e Bolzano faceva parte delducato di Trento. La valle nell’VIII secolo era nellemani dei Longobardi, poi contesa tra Longobardi eBaiuvari, il castrum Maiense (Zenoburg) sopraMerano e il castrum Bauzanum (forse il Vi r g o l o )secondo le fonti scritte cambiarono più volte dis i g n o r e7. Attraverso l’altipiano poteva snodarsi ilcollegamento in periodi di scontri. Con ciò la chie-sa di S. Valentino a Salonetto può essere inseritanell’organizzazione viaria dei Baiuvari.

Fig. 19 (a lato) S. Valentino a Salonetto da ovest. Lacroce segna il posto della chiesa che nel 1770 venneabbandonata e sostituita da una nuova chiesa nelpaese.

Fig. 20 (sopra) S. Valentino a Salonetto, pianta 1:200.La ricostruzione della chiesa in legno è ipotetica.

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Fig. 22) S. Valentino a Salonetto. L’interno verso est con altare medievale e decorazione pittorica del Trecento.

Fig. 21) S. Valentino a Salonetto. L’esterno dell’abside, visibili buche di palo della chiesa in legno.

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Sulle vie del fondovalle

La chiesa di S. Procolo a Naturno ( figg. 23-2 7 ), famosa per gli affreschi preromanici che fin ooggi non sono datati, sorge a circa mezzo chilome-tro ad est del centro del villaggio, sulle pendiciorientali del grande conoide alluvionale sul qualesi estende Naturno. In posizione quasi analoga,sulla pendice occidentale, si trova la chiesa parroc-chiale, dedicata a S. Zeno, il più importante deidue santi veronesi Zeno e Procolo. S. Procolo è laprima delle piccole chiese isolate che è stata scava-ta nel 1985/1986; nel 1986/1987 vennero restaura-te le pitture8.

Lo scavo ha messo allo scoperto una casa tar-doantica leggermente ad ovest, distrutta da unincendio databile, in base ad un frammento diorecchino a cestello trovato nelle ceneri intatte, alprimo quarto del VII secolo; un piccolo cimiteronelle rovine della casa e poi la prima chiesa. Sem-brava tutto chiaro: la prima chiesa si è in granparte mantenuta nell’odierna chiesa: l’aula ret-tangolare di 5,35x4,84 m, 26 m2 scarsi, alta 3,50 m(dal pavimento odierno fino alla risega visibile neimuri laterali), il coro profondo 2,60 m (incluso ilgradino) e rastremato a trapezio, largo 3,16 m aovest e 2,65 m ad est, diviso dall’aula dall’arcotrionfale fuori asse (0,72 m a nord, 1,08 m a sud),largo 3,16 m e alto 2,60 m, la finestra nel muro suddella navata, dove originariamente si trovavaanche l’entrata. Al posto della parete est del coro èaddossato il campanile (recentemente dendroda-tato al 1170 in base a 7 campioni; per analisi tipo-logiche invece è verosimile una datazione nonprima del 1300); nel Trecento i muri della navatavennero elevati, l’ingresso spostato al lato ovest,nel coro fu imposta una volta a botte che richiede-va rinforzi all’esterno, così che oggi navata e corostanno sotto un tetto unico a due falde.

La chiesa è costruita in area scoscesa e incor-pora tre metri del muro settentrionale della casaper il muro nord. La navata è costruita in muratu-ra di pietre disuguali con pochissima malta dicalce di colore grigiastro. All’angolo sud-ovest all’e-sterno si trovavano tracce dell’intonaco originaledella stessa malta. All’interno non solo mancavanotutte le tracce di intonaco, ma nel muro nord perl’umidità si era disfatta perfino la malta dellamuratura. Solo nella parte occidentale sono statiregistrati resti di malta di argilla con intrusioni dicalce. Questa stessa malta verde si trova nell’alta-re odierno ed è, secondo gli accertamenti delrestauro, il supporto delle pitture della navata,che però non raggiunge in nessun punto la zonadello zoccolo (un campione a destra dietro la portae sull’altare). Nelle fondamenta del muro meridio-nale del coro, unico muro con zoccolo sporgente, la

malta non è quella in calce della navata, ma è unamalta bianca lattiginosa contenente inclusioni dicarbone. La stessa malta è stata constatata neiframmenti di intonaco con pitture trovati intornoalle fondamenta del campanile (a nord) ed appar-tenenti al muro orientale abbattuto per la costru-zione del campanile. La stessa malta è stata con-statata dai restauratori nelle lacune degli affre-schi sulla parete dell’arco trionfale.

L’unico pavimento scavato nella navata, unostrato sottile di malta di calce e argilla sopraacciottolato al centro, su strati sterili di ghiaia esabbia nella metà nord, con numerose rappezzatu-re e mancante nella metà sud, sembrava collegatoad una tomba murata nell’angolo sud-est dellanavata. La tomba di 1,90x0,85 m, profonda 1,65 m,con fori per trave a mezza altezza e un buco sulfondo, in un primo momento è stata attribuita allachiesa originaria, elemento questo che ha potutospiegare l’arco trionfale fuori asse. Dal 1365 latomba è servita per la tumulazione della famiglianobile degli Annenberg, per il VII secolo è statainterpretata come sepoltura del fondatore dellachiesa, un signore terriero.

Inoltre lo scavo ha portato allo scoperto duetransenne in legno nella zona antistante l’odiernoscalino davanti all’arco trionfale: due buche dipalo in legno, circondate di malta in collegamentocon il pavimento, distanti 1,10 m l’una dall’altra erispettivamente 1,30 m e 1,80 m dai muri laterali;non in contatto con le colonnine un’impronta nega-tiva di una trave di soglia rettangolare nella metànord ed una scanalatura nel muro per l’innestodella transenna, della quale nella metà sud non sisono trovate tracce. Ad est doveva esserci statouno scalino (per un masso di pietra sporgente dallato settentrionale dell’arco trionfale) ed il livellodel pavimento del coro doveva corrispondere all’in-circa a quello odierno. Sotto l’altare, collocato inmodo obliquo rispetto al coro, sono state trovate legrosse pietre delle fondamenta di un altare prece-dente, largo 1,00 m, profondo 0,80 m, posizionatodiritto e più avanzato verso la navata, con resti dimalta giallastra e poco consistente.

A sud e ad est della chiesa è stato scavato uncimitero di circa 60 sepolture, attribuibili all’altoMedioevo, tra cui solo quattro con corredo, latomba 44 privilegiata, perché orientata nord-sud,con il cranio verso l’altare, distrutta alla partedestra per il rinforzo del coro, ma sulla sinistra conun sax e un fodero ornato da piastre in bronzo conocchi di dado e ribattini a testa sferica. In base aquesta tomba la chiesa è stata datata alla metà delVII secolo, deducendo la pianta (navata con corotrapezoidale) da chiese in legno a nord delle A l p ied interpretandola (per la piccolezza della navata)come chiesa di un signore terriero.

8 ST.PROKULUS NATURNS. ARCHÄOLOGIE.WANDMALE-REI 1990, pp. 17-162 (relazione di scavo); KOFLER, NOTH-DURFTER, RUPP 2000, pp. 8-38; VORROMANISCHE KIR-

CHENBAUTEN 1966-1971, p. 230, 1991, p. 301 (bibliografiacompleta).

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Fig. 24 (a lato) S. Procolo a Naturno da sud-ovest. Lachiesa rialzata e dotata del campanile nel Trecento.

Fig. 23 (sopra) S. Procolo a Naturno, pianta 1:200.

Fig. 25) S. Procolo a Naturno. Visibili la trave di soglia e una buca di palo in legno, circondata di malta, nella partedavanti la preparazione per il pavimento.

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Fig. 26) S. Procolo a Naturno. Interno, visibili le pitture altomedievali.

Fig. 27) S. Procolo a Naturno. La tomba a sud-est della navata, in base a strati di malta nella muratura è databileal periodo romanico. Una tomba precedente deve aver causato la posizione spostata fuori asse sia dell’arco trionfaleche della transenna. Le pietre lungo l’asse sono del fondo morenico.

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Un piccolo convegno in occasione della pubbli-cazione degli scavi archeologici e degli interventirestauratori portò a una lunga discussione intornoalla datazione sia dell’edificio che degli affreschied intorno al susseguirsi delle pitture nel coro, sul-l’arco trionfale e nella navata, che cerco di riferirebrevemente.

È noto da tempo che le pitture della navata edell’arco trionfale sono attribuibili a due manidiverse. Adesso sappiamo che le pitture dellanavata si sovvrappongono alle pitture della paretedell’arco trionfale nell’angolo nord-est e sono dun-que posteriori. Inoltre è stato accertato che le pit-ture della navata si trovano su un intonaco bagna-to sottile applicato sopra l’intonaco di argilla verdecon intrusioni di calce. Questa malta, secondo irestauratori, sarebbe anche la malta dei muri inalzato, mentre l’archeologia ha constatato maltadi calce nelle fondamenta e nella zona dello zocco-lo, e argilla solo nella parte occidentale del muronord (riparazione?) e nell’altare. Per l’arco trionfa-le i dati tecnici sono tutti dei restauratori: le pittu-re nell’intradosso dell’ arco trionfale si trovano suun intonaco bagnato, il supporto dovrebbe esserela malta bianca contentente carbone, constatatanelle lacune dell’arco trionfale. Per le pitture delcoro (del muro est abbattuto; mancano tracce dipitture sul muro nord e sud) le informazioni sonodell’archeologia: sui frammenti d’intonaco di 4-7cm, contenente carbone, le pitture sono distesedirettamente, senza intonaco bagnato, mentredall’altra parte l’intonaco porta il negativo dellamuratura. Sembra delinearsi una successione dalcoro all’arco trionfale e alla navata. Le pitture del-l’arco trionfale e della navata hanno molti elemen-ti in comune e non possono essere distanti neltempo. I frammenti del coro sembrano distinguer-si per i motivi decorativi. Manca fino ad ora l’ana-lisi delle malte e dei supporti, e le critiche sonostate severe9: sulla datazione delle pitture ne sap-piamo quanto prima.

Per quanto riguarda l’archeologia, la datazionedella chiesa ad aula con coro trapezoidale al VIIsecolo e la deduzione da modelli lignei sono statecriticate duramente1 0; le transenne, l’unico ele-mento nuovo accettato come contributo da partedell’archeologia, non possono essere contempora-nee al coro rientrante ed alle pitture, piuttostosarebbero da attribuire ad una chiesa precedente,forse in legno, dato che buche di palo sono statetrovate sia all’interno della chiesa (una, attribuitaalla casa precedente) che all’esterno sul lato sud(due, attribuite a tombe come segno di riconosci-mento; pertiche); il coro trapezoidale andrebbebene per il X secolo, non per il VII, lo stesso valeper le pitture; il collegamento del pavimento con latomba murata non convince; la tomba 44 all’ester-

no, che dà la datazione, non è collegata stratigrafi-camente alla chiesa.

Escludendo una chiesa in legno si propone quiuna ricostruzione della prima chiesa come sempli-ce aula rettangolare, lunga 7,50 m all’interno (laposizione del muro orientale è data dalla tomba 44che rimane all’esterno), larga 4,84 m, cioè 36 m2

abbondanti; una transenna e un gradino dividonoil coro (profondo 2,50 m) dall’aula dei laici; nellatransenna con le colonnine l’accesso al coro non èmediano, ma spostato a nord di circa 1,00 m; latrave di soglia innestata nel muro sembra servireda gradino, anche se è incassata di 0,17 m sotto ilpavimento ed alta solo 13 cm, mentre lo zoccolodell’altare richiedeva il pavimento del coro più altodi 0,25 m; l’altare di 1,00x0,80 m è distante dalmuro circa 0,50 m e dal gradino 1,15 m; apparten-gono a questa chiesa la finestra nel muro sud dellanavata (chiusa all’esterno nel XV secolo), l’ingres-so a sud (spostato ad ovest nel periodo gotico), l’u-nico pavimento scavato, perché è collegato ai lettidi malta intorno alle colonnine lignee della tran-senna, ed una tomba sul lato sud dell’aula che haavuto come conseguenza la posizione non medianadell’accesso al coro. La tomba non è quella muratache oggi esiste e la quale, per gli strati di maltanella muratura, va datata al periodo romanico, mauna tomba precedente, contemporanea allacostruzione della chiesa.

La ricostruzione di una prima chiesa rettango-lare è del tutto ipotetica. Il fatto che le fondamen-ta e la malta della muratura nel coro con l’arcotrionfale e nella navata siano diverse può far sup-porre un periodo diverso di costruzione. Ma non sisono trovate tracce delle fondamenta del muro estche doveva correre all’ interno della chiesa odier-na. Le fondamenta dei muri laterali abbattuti adest potrebbero essere state integrate nei muri dirinforzo del Quattrocento, in ogni modo nel profilodel muro sud si vedono le pietre piatte e regolariper l’angolo sud-ovest della navata, mentre mancaun angolo sud-est della navata, il muro continuairregolare a livello uguale ma con malta diversa,contenente sabbia più grossa, e termina ad est conpietre più grandi e disposte orizzontalmente. Unachiesa ad aula rettangolare corrisponde al quadrodelle chiese del VII/VIII secolo, mentre cori rien-tranti, di solito absidi, fino ad ora non ne conoscia-mo prima del X secolo. Fa specie il fatto che rico-struzioni di chiese nel X secolo portano ad uningrandimento, mentre S. Procolo diventa più pic-cola. Dato che è toccato solo il coro, potrebbe trat-tarsi di una ristrutturazione rappresentativa, conarco di trionfo che dà spazio ad un programma pit-torico impressionante, voluto dal signore terriero.

L’ipotesi di una chiesa rettangolare precedentealla chiesa con coro trapezoidale avrebbe come

9 EXNER 1990, pp. 558-572. 10 KOBLER 1990, pp. 553-557.

conseguenza una datazione delle pitture nel Xsecolo, cioè piu tarda di quanto si pensasse. Per lastoria locale sarebbe un fatto grave, perché questevengono comunemente indicate come le prime pit-ture medievali nel mondo di lingua tedesca. Loscrivente ha ritenuto opportuno questo lungoexcursus, perché in italiano manca una relazionesufficiente dei lavori degli ultimi 15 anni.

A Lana esistono più nuclei insediativi con lerispettive chiese: Lana di Sopra con S. Lorenzo(non più esistente); Lana di Sotto con la chiesaparrocchiale, sotto la cui sagrestia, a quattro metridi profondità, ci si è imbattuti in un complesso diedifici dell’età imperiale, ricostruito in età tardoro-mana, livelli di distruzione, tombe tra le rovine etracce di una prima chiesa con piccola abside semi-circolare, con sepolture; Lana di Mezzo con duechiese: S. Pietro con antico cimitero e S. Martinovecchio.

Sotto la chiesa gotica di S. Martino vecchio aLana ( figg. 28-29), profanata e inglobata in un com-plesso di abitazioni (convento dell’Ordine Te u t o n i c odall’Ottocento), oltre l’abside e i muri laterali dellaprecedente chiesa romanica, nel 1998 sono stati sco-perti resti di un edificio romano (un muro nord-sud,tegole ed una stampigliatura su tegola della prima

età imperiale) sepolture di neonati, strutture inlegno bruciate (argilla bruciata), forse tardoroma-ne, ed una prima chiesa11. All’interno del coro goticocorre un muro dello spessore di 0,55 m che si perdea sud sotto l’abside romanica e a nord sotto il corogotico. Addossato al muro si trova un blocco murato,largo 1 m e profondo 0,80 m, con intonaco di maltadi calce e con davanti un lastricato come podio.Resti di sepolture scompigliate nello scavo di fonda-zione del muro meridionale gotico e soprattutto lesepolture (adulti e bambini) appena sotto il pavi-mento romanico ad ovest ed in parte sotto il murostesso ci indussero ad interpretare i resti murari adest come appartenenti ad una chiesa. Si può rico-struire un’aula quadrata di circa 5,80x5,80 m, cioè34 m2 scarsi, nella quale il muro ovest si serve delmuro romano come fondamento, mentre del muromeridionale non sono rimaste tracce a causa dell’e-d i ficazione della chiesa romanica e il muro setten-trionale corre al di fuori della chiesa recente. La pic-colezza della chiesa, la mancanza di un coro rien-trante e la presenza di sepolture inducono alla data-zione nel VII/VIII secolo; ma la pianta quadrata edil fatto che la chiesa non abbia ricevuto un coro rien-trante fanno pensare ad un periodo avanzato del-l’alto Medioevo (X/XI secolo).

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11 NOTHDURFTER 2000, pp. 221-223.

Fig. 28) S. Martino vecchio a Lana da est. In primo piano,appena visibile a sinistra, l’abside romanica, in fondo ilpavimento e il muro ovest della chiesa romanica; al cen-tro il muro est e l’altare addossato della prima chiesa.

Fig. 29) S. Martino vecchio a Lana, pianta 1:200.

In zona di confine

Gli accertamenti delle due chiese paleocristia-ne di S. Pietro di Quarazze e la chiesa scavatasotto Castel Tirolo sono veramente sorprendenti:distanti solo un quarto d’ora l’una dall’altra,ambedue semplici aule rettangolari con absidelarga (non accertata per S. Pietro a Quarazze),ambedue, a quanto pare, senza banco presbiteria-le, ma fornite di un loculo per le reliquie muratocon gradini di accesso.

Gli scavi sotto Castel Tirolo (comune di Tiro-l o), iniziati nel 1992 e ancora in corso1 2, hannoportato in luce la chiesa paleocristiana databile alV-VI secolo ( figg. 30-31), il loculo intatto, riempitodi pietre e malta, il reliquiario ancora nel compar-timento superiore di una nicchia chiusa da unalastra verticale. Siccome non si sono trovate traccedi incendio o di distruzione, la chiesa paleocristia-na deve essere stata in uso per tutto il VII e l’VIIIsecolo, fino alla costruzione della chiesa triabsida-ta di uguale lunghezza, ma più larga (aggiuntadell’abside settentrionale), per la quale è propostala datazione al IX/X secolo. Sembra che in que-st’occasione il loculo sia stato aperto, controllato equindi riempito (di nuovo?) di pietre e malta esigillato con un segno a ferro di cavallo. Così lereliquie sarebbero rimaste valide per la chiesa

triabsidata, la quale era dotata di tre altari, uno inciascuna delle absidi, separate dall’aula da un gra-dino, l’aula stessa divisa in una zona presbiterialeed in una zona per i laici (chiesa abbaziale?).

La chiesa di S. Pietro a Quarazze (comune diTirolo) è la più piccola delle chiese paleocristiane( figg. 32-34), larga appena 3,20 m, lunga circa 11 m(?), con annessi laterali a nord, forse anche a sud.Mentre la chiesa paleocristiana sotto Castel Tiroloha vita fino al IX-X secolo, a S. Pietro si succedonodue chiese cruciformi nel breve tempo di 200 anni.La prima sembra una semplice ristrutturazione,riconoscibile solo attraverso il pavimento in calcecon cocciopesto: vennero aperti i vani laterali versol’aula, rimanevano in uso sia il loculo che l’altare.L’altare a quattro colonnine è stato trovato inglo-bato nell’altare romanico della chiesa odierna.

La seconda chiesa è un edificio completamentenuovo, è la chiesa che ancora oggi esiste, a crocelatina con cupola e torre centrale, abside a ferro dicavallo all’interno e poligonale all’esterno, unannesso a nord con funzione di vano tombale,anch’esso con abside poligonale, forse leggermentepiù recente, per fare posto ad un sarcofago rialzatoin marmo bianco, evidentemente una sepolturaancora più importante di quelle in due tombemurate che occupano l’annesso stesso (la storialocale attribuisce le sepolture alla famiglia nobile

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12 DALRI 1997, pp. 81-100.

Fig. 30) La posizione delle due chiese: quella sotto Castel Tirolo e, verso sinistra in fondo, S. Pietro a Quarazze, viste da est.

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Fig. 32) S. Pietro a Quarazze da est.

Fig. 31) La chiesa sotto Castel Tirolo. Due tombe appartenenti ad una fase avanzata della chiesa paleocristiana, infondo l’abside sud della chiesa triabsidata.

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Fig. 34) S. Pietro a Quarazze, pianta 1:200 della seconda e terza chiesa (VI, VII e fine VIII secolo).

Fig. 33) S. Pietro a Quarazze. Ricostruzione isometrica della terza chiesa (fine VIII secolo) da RASMO 1981, p. 35.

dei Wanga che nel basso Medioevo avevano ilpatronato della chiesa). Lungo i muri nord e suddella navata all’esterno si trovano altre tombe, ildiritto di sepoltura si è conservato fino ad oggi. Tr ale chiese semplici emerge qui un’architettura dialta qualità. Deriva dalla tradizione bizantina eravennate lungo il litorale adriatico nella secondametà dell’VIII secolo e ha dei paralleli nelle chieseveronesi di S. Zeno a Bardolino e di S. Pietro inValle di Gazzo Veronese, datate al IX secolo. Secon-do Nicolò Rasmo1 3 certe caratteristiche come l’ab-side, le due lesene eleganti di marmo bianco conscanalature (e le due colonne di marmo rosso tren-tino?) alla crociera e le finestre a doppio arco indu-cono alla datazione all’VIII secolo, mentre i murimassicci e le volte a botte robuste sembrano porta-re più verso il IX secolo. Gli stucchi1 4 trovati mura-ti in una finestra nel muro sud della navata e nel-l’altare romanico, in un primo momento venneroattribuiti da Reimo Lunz e da Rasmo al IX secolo,nel 1981 invece Rasmo li vede vicini agli stucchi diDisentis nei Grigioni e ritorna alla datazione dellachiesa e degli stucchi alla fine dell’VIII secolo.

LE CHIESE NEI CASTRA

Sul lato occidentale della Val d’Adige i castra siallineano messi in fila da Caldaro fino a Te s a n apresso Merano, sul lato orientale si trovano il

castrum Castelfeder presso Montana ed il Virgolopresso Bolzano. Si tratta di punti strategicamenteimportanti in località naturalmente munite efacilmente difendibili, in alcuni casi fortificate equasi sempre con una chiesa. Si può supporre chequesti insediamenti in altura siano stati organiz-zati dall’amministrazione pubblica nel tardo anti-co e diventati poi rifugio di comunità circostantinell’alto Medioevo. Tutte le chiese dei castradivennero meta di pellegrinaggio e perciò si sonomantenute fino alla profanazione nella secondametà del Settecento.

L’esteso colle roccioso di Castelfeder (comunedi M o n t a g n a) è circondato da un muro di difesacon cammino di ronda sopra pilastri quadrati edarchi ciechi. All’interno si trovano una torre confilari di opus spicatum, resti di insediamento,tombe ad avello e, sul punto più alto, la chiesa diS . Vigilio e S. Lorenzo ( figg. 35-38) scavata nel1985/198615. Il muro di fortificazione è attribuibilein via d’ipotesi al periodo della riconquista bizanti-na dopo la metà del VI secolo (al Doss Trento sottocemento è visibile un resto di muro dello stessotipo). Un edificio profano (ceramica) di pianta rom-boidale, lungo 9,60 m e largo 7,40 m (71 m2), conentrata a sud fu adattato a chiesa, trasferendol’entrata ad ovest. Da una delle tombe circondateda pietre e distrutte all’interno della chiesa derivauna fibbia di cintura di tipo Bieringen e questo

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1 3 RASMO 1949, pp. 111 - 114; RASMO 1976, p. 147; RASMO1981 pp. 33-37.14 LUNZ 1978, pp. 6-33.

1 5 BAGGIO, DAL RI 1986, pp. 849-864; BAGGIO, DAL R I1989, pp. 35-38.

Fig. 35) S. Vigilio e S. Lorenzo a Castelfeder da est. Fig. 36) S. Vigilio e S. Lorenzo aCastelfeder, pianta 1:200.

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Fig. 37) S. Vigilio e S. Lorenzo a Castelfeder, muri sud e ovest.

Fig. 38) Castelfeder verso sud. Parte del muro di fortificazione.

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Fig. 39) S. Vigilio al Vi r g o l o ,pianta 1:200.

Fig. 40) S. Pietro a Castelvecchio. Il colle isolato visto da est, in cima la chie-sa. Sullo sfondo il lago di Caldaro.

Fig. 41) S. Pietro a Castelvecchio. I resti murari della chiesa, il frontone in parte ristrutturato.

porta alla datazione della chiesa nella prima metàdel VII secolo. Le tombe ad ovest all’esterno dellachiesa, anche queste distrutte da ricercatori abusi-vi, potrebbero essere state interrate prima dellospostamento dell’entrata, dato che l’ingressorispetta la loro posizione. Tombe di neonati si tro-vano a sud e ad est. Al IX-X secolo è databile l’ab-side rientrante a forma di ferro di cavallo con pila-stri all’esterno.

La chiesa di S. Vigilio sul Virgolo (comune diBolzano), un dosso roccioso ad est della conca diBolzano, è stata scavata nel 1992/1993 e nel199516 ( fig. 39). È un’aula di soli 6x4,20 m all’inter-no, cioè 25 m2 abbondanti, spessore di muro 0,75m. La chiesa sorge su un fondo roccioso che scenderipidamente da nord a sud, per cui a nord la rocciavenne demolita per dare sostegno al muro delquale non si è trovata traccia, mentre il muromeridionale poggiava sulla roccia almeno tremetri più in basso. I reperti ricuperati nel mate-riale di livellamento (frammenti di bicchiere divetro verde chiaro) sono del V secolo e fanno sup-porre costruzioni esistenti nel periodo tardo anti-co, mentre resti di scheletri scomposti portano adipotizzare un mausoleo precedente. A l l ’ e s t e r n odella chiesa furono scoperte delle sepolture violatein antico, databili al VI/VII secolo in base a resti dicorredo (fibula a staffa a braccia uguali in ferroanziché in bronzo ed un frammento di fibula deltipo a disco composito). L’unica sepoltura all’inter-no della chiesa è databile alla metà del secolo VIIIin base a due elementi di cintura di ottone argen-tato e dorato di provenienza italico-bizantina. Dal650 circa il Virgolo è nelle mani dei Baiuvari, sup-posto che il castrum Bauzanum, nominato daPaolo Diacono per l’anno 680, sia da identificarecol Virgolo. In quell’anno i Longobardi cacciano ilcomes baiuvaro, che dovrebbe però essere tornatonell’VIII secolo. Il Virgolo successivamente rimanein possesso dei Baiuvari. Per la chiesa recente conabside qui si propone il X secolo in base all’absidea ferro di cavallo con due oculi e con pilastri all’e-sterno ed all’irregolarità della muratura. Diversiinvece i risultati dello scavo: una moneta nellatomba 5, attribuita alla prima chiesa e distruttanel corso dell’edificazione della seconda chiesa,porta alla datazione nel XII secolo.

Dei castra lungo il versante destro della Va ld’Adige è stata scavata solo la chiesa di S. Pietroa Castelvecchio (comune di Caldaro)17. Sorge incima al colle roccioso di Castelvecchio ( figg. 40-41).È una chiesa paleocristiana ad aula con absidelarga ed annessi di traverso, circondata da vanilaterali (praticamente inscritta in un rettango-

l o1 8), databile al V/VI secolo e ristrutturata nelVII/VIII, secondo le norme della nuova liturgia: loscavo del 1998, non ancora pubblicato, ha potutomettere allo scoperto la demolizione parziale delpresbiterio paleocristiano (bema centrale, bancopresbiteriale e solea) ed il trasferimento del pre-sbiterio nell’abside, elevata di due gradini e divisadall’aula da una transenna.

Qualche chilometro a nord, presso Appiano, sitrova il vasto insediamento di Lamprecht, unicoc a s t r u m senza chiesa, secondo quanto risultadalla piantina di vecchi scavi dell’inizio del XXsecolo, ma con cinta muraria di pietrame legatocon calce19. Secondo i reperti recuperati, l’insedia-mento potrebbe già cominciare nel III secolo e per-dura fino al VII/VIII secolo. Sempre nel comune diAppiano è noto il castrum Predonico20, circondatoda una complessa cinta muraria, che ha come ele-mento caratteristico degli spigoli triangolari versol’esterno, dunque attribuibile al periodo bizantinocome il muro di Castelfeder. All’interno una seriedi edifici sono addossati alle mura. La chiesa di S.Vigilio non è stata scavata ma, in base all’intitola-zione, potrebbe essere attribuita al VI/VII secolo.Il c a s t r u m più settentrionale è S. Ippolito a Te s i-mo, su un colle dominante sopra Lana, sulla viaper la Val di Non. Piccoli resti della fortificazione sitrovano nella parte nord. In base all’ intitolazionela chiesa potrebbe essere attribuita ancora al tar-doantico, dato che S. Ippolito e S. Cassiano d’Imo-la, quest’ultimo patrono della diocesi di Sabiona,sono spesso nominati insieme nel V-VI secolo (p. e.a Milano).

La chiesa dei SS. Cosma e Damiano (comunedi S. Genesio), scavata nel 198521, è l’ultima chie-sa grande paleocristiana e sembra aver perduratofino al periodo romanico (figg. 42-45). Sorge sulleripide rocce sopra Terlano al lato settentrionaledella Val d’Adige tra Bolzano e Merano. È unachiesa ad aula di 14,40x7,60 m con coro trapezoi-dale rientrante ed annessi laterali. Per la costru-zione della chiesa è stato abbattuto un grande edi-ficio tardoromano distrutto da un’incendio, per ilquale era stato spianato il terreno, abbassando laroccia che sale verso nord e riempendo di argilla ilfranamento di blocchi che scende ripidamenteverso sud-ovest. L’ e d i ficio è databile alla secondametà del VI secolo in base all’intitolazione e per itre elementi di cintura in argento nella pertinentesepoltura a cappuccina, forse l’ultima di questotipo. L’intitolazione ai santi medici e il fatto che lachiesa romanica era meta di pellegrinaggio, legataall’acqua salutifera che si trovava sempre in unacavità di un cocuzzolo roccioso poco al di sotto della

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16 BOMBONATO, DALRI 1999, pp. 221-223.17 DALRI, RIZZI 1995, p. 104, fig. 19,1-2 (foto aerea, rilievo).18 NOTHDURFTER 1992, pp. 38-47.1 9 LUNZ 1990, pp. 46-48. DAL RI, RIZZI 1995, pp. 92-93, p.107, fig. 24,1-2 (pianta e muri di casa).

20 DALRI, RIZZI 1995, pp. 92-93 e p. 107, fig. 24,1-2 ( Pianta emuri di casa).21 NOTHDURFTER 1985, pp. 253-264; NOTHDUFTER 1993pp. 33-66.

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Fig. 42) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. Nel ripido pendio del colle roccioso a sinistra la chiesa (in cima il castel-lo di Greifenstein), più indietro, a destra, appena visibile, il colle del Virgolo.

Fig. 43) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. La cavitànella roccia poco al di sotto della chiesa, dove l’acquasalutifera non si esaurisce mai.

Fig. 44) SS. Cosma e Damiano a Settequerce, pianta1:200, la ricostruzione del coro è ipotetica.

chiesa, portano all’interpretazione della chiesapaleocristiana come santuario (forse costruita dal-l’amministrazione bizantina con funzione anche dic a s t r u m oppure di caposaldo). Forse perfino ilgrande edificio tardoromano, che per la costruzio-ne della chiesa è stato abbattuto, doveva la sua esi-stenza all’acqua salutare.

LE CHIESE DELLASEDE VESCOVILE

Tra tutte le chiese paleocristiane solo le chiesegrandi di Bolzano e di S. Lorenzo di Sebato hannoavuto un’interruzione di lunga durata. Mancaval’organizzazione amministrativa e con ciò manca-vano i mezzi per il mantenimento delle chiesecome opere pubbliche. A B o l z a n o è crollato ilmuro sud quando la chiesa venne riedificata supianta ridotta: il muro sud passa ora sopra il bancopresbiteriale22. In base a lacerti di decorazione pit-torica di questo secondo edificio, attribuibili in viaipotetica ai secoli VIII/IX23, l’interruzione sarebbestata di 200 anni, secondo Rasmo perfino di 300,supponendo che la distruzione sia avvenuta giànel V secolo. A S. Lorenzo di Sebato è stato docu-mentato un uso profano nel V e nel VI secolo

secondo datazione C142 4. Questa profanazionedovrebbe prolungarsi almeno nel VII-VIII secolo,dato che non esistono tracce di una chiesa altome-dievale. D’altra parte è possibile che, dopo unperiodo di profanazione, la chiesa paleocristianasia stata ristrutturata, forse più piccola, e usata dinuovo. Lo scavo si è concentrato su una piccolaparte del coro. Il coro rettangolare di una secondachiesa è databile solo verso la fine del X secolo inbase alla tecnica muraria con grandi ciottoli dispo-sti in filari.

Il vescovado di Sabiona (comune di Chiusa) sirivela passivo e conservatore in tutto l’altoMedioevo. Rimane esclusivamente vescovadodella popolazione romana, contrario alla fondazio-ne di conventi, forse per impedire ai sovrani diintervenire. D’altra parte mancano dotazioni daparte degli imperatori o duchi fino al 901. Nellefonti scritte, dopo Ingenuino, il vescovado nonviene più nominato fino a metà del secolo VIII. Ledue chiese paleocristiane2 5 hanno continuità nel-l’alto Medioevo con un minimo di ristrutturazione,e una chiesa viene costruita vicino al vecchio batti-stero ( fig. 46).

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22 RASMO 1957, pp. 7-2, in part. pp. 11-12, fig. 11 (pianta). 23 SPADAPINTARELLI 1981, pp. 143-148.

24 DALRI, RIZZI 1995, p. 98, nota 12.25 BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, pp. 243-300.

Fig. 45) SS. Cosma e Damiano a Settequerce. Il coro della chiesa attuale, visibili l’abside romanica abbattuta e ilpavimento della chiesa paleocristiana. Una cavità nel pavimento, con minimi resti di un muro, potrebbe essereinterpretata come loculo.

La chiesa sul pendio, terza chiesa in ordinedi grandezza, appartiene al tipo diffuso di aula conabside larga, annessi traversali, atrio ed annessilaterali. È arredata di tomba murata per le reli-quie (con gradini di accesso, camera a volta e nic-chia), di bema elevato, banco presbiteriale e solea.L’adattamento alla nuova liturgia sembra databi-le alla metà del VII secolo in base a due sepolturecon elementi multipli di cintura interrate nelprimo pavimento. Venne demolito il presbiteriopaleocristiano di quanto era necessario per mette-re un nuovo pavimento in malta, a livello più bassonella navata e negli annessi laterali, a livello piùalto di uno o due gradini nell’abside (il pavimentodell’abside è documentato solo da una foto del1929). Nel primo terzo dell’abside venne installatoil nuovo loculo (attribuito ad una prima fase dellachiesa paleocristiana nelle note preliminari 2 6) ,molto più piccolo, ma sempre in forma di un mau-soleo, chiuso probabilmente a volta murata ecoperta dal pavimento. Contemporaneamente, inbase alla malta bianca uguale, si può desumereche i due vani a sinistra e a destra dell’abside furo-no trasformati in absidi laterali, inoltre vennero

costruiti una cappella laterale ed un annesso anord, raggiungibile con una scala con gradini dispoglia in marmo dall’annesso laterale settentrio-nale. Sono stati documentati un incendio nellaseconda metà del VII secolo, seguito da uso profa-no dei vani laterali, ed una distruzione parzialeprovocata da una frana ( figg. 47-48). In seguito ivani laterali a nord e la cappella laterale furonoabbandonati e chiusi da muri. Il muro nord dellanavata e dell’annesso laterale vennero rinforzatida un secondo muro. La fine della chiesa avvenned’improvviso, col crollo della parte sud-est, databi-le verso l’inizio del secolo VIII, in base alle ultimesepolture con corredo ad ovest della chiesa.

La chiesa paleocristiana ed altomedievale di S.Croce (prima del Mille S. Cassiano) in cima allarupe di Sabiona (figg. 49-51) è un edificio rettango-lare di circa 21x13 m con due aule parallele, con,ad ovest, l’atrio della chiesa sud ed un vano tom-bale forse aperto verso l’interno della chiesa nord,e con, ad est, un vano battesimale, del quale sonostate trovate solo la vasca battesimale ed un mini-mo resto di pavimento. La mancanza di un loculoper le reliquie e di un banco presbiteriale in ambe-

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26 ibid. pp. 271-277, p. 276 fig. 7.

Fig. 46) Sabiona da sud. In cima la chiesa di S. Croce sopra la chiesa a due aule paleocristiana ed altomedievale e,un gradino di sotto, il castello vescovile (oggi convento). Seguono verso valle il grande giardino del convento senzatracce di costruzioni e la fortificazione medievale con, ad est, la chiesa barocca di Nostra Signora e la piccola chiesadi S. Maria. Sul terrazzo racchiuso dal muro medievale è stato scavato l’insediamento tardoantico con, ad est, il bat-tistero paleocristiano, vicino al quale, nel secolo VIII, venne costruita la chiesa, mentre le rovine dell’insediamentoad ovest venivano usate per il cimitero. Poco sotto il muro medievale sorgeva la grande chiesa paleocristiana ed alto-medievale con sepolture all’interno ed all’esterno. Tutto il pendio verso valle era cimitero.

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Fig. 47) Sabiona, la chiesa sul pendio vista da est. Inprimo piano il loculo della fase due e tre nell’abside;all’incrocio degli annessi traversali con la navata e l’ab-side il loculo paleocristiano; i vani laterali nord chiusi, imuri rinforzati.

Fig. 48) Sabiona, la chiesa sul pendio, pianta dell’ulti-ma fase (fine VII / inizio VIII sec.), 1:300. Gli annessinord sono abbandonati, i muri della navata e dell’annesso di traverso rafforzati verso nord.

Fig. 49) Sabiona, la chiesa di S. Croce da nord.

due le aule (forse distrutti dall’edificazione roma-nica basilicale con le tre absidi) indusse all’erro-nea datazione della chiesa nel VII secolo27.

L’insieme di due aule parallele, di una tombaimportante e di un vano battesimale spinse FranzGlaser ad interpretare la tomba come tomba dimartire con sopra l’altare della chiesa nord, che

dunque sarebbe stata orientata ad ovest, mentrela chiesa sud sarebbe stata arredata di bema ebanco presbiteriale, ed il vano battesimale, colle-gato con la chiesa nord, avrebbe avuto il fonte bat-tesimale nell’angolo sud e un accesso dall’esternoa nord2 8. Questa ricostruzione della chiesa forsenon corrisponde alla realtà, ma dà un’impressione

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27 ibid. pp. 284-290, p. 285 fig. 10. 28 GLASER 1997,pp. 730-736.

Fig. 50) Sabiona, la chiesa di S. Croce. Gli scarsi resti della chiesa paleocristiana ed altomedievale. In primo piano adestra parte dell’atrio dell’aula sud con la scala a tre gradini e pavimento, a sinistra il vano tombale con l’ultimopavimento (il terzo), la tomba ancora chiusa e con i resti di un altare collocato sopra la tomba. In secondo piano edin parte fino nell’abside centrale romanica il pavimento altomedievale delle aule, su livello più basso nell’aula sud,più alto nell’aula nord (della chiesa romanica sono le fondamenta dei pilastri e tratti di pavimento tagliati). Appenavisibili le tracce del muro divisorio tra le aule: negativi di malta e bordi rialzati del pavimento.

completa di una chiesa paleocristiana che riuniscetutte le funzioni di una chiesa vescovile (chiesa perla celebrazione della santa messa, battistero, con -signatorium) del V secolo.

La posizione della chiesa sulla sommità diSabiona è un elemento importante che induce adinterpretare la chiesa come chiesa vescovile dal Vsecolo, anche se il vescovo nelle fonti scritte emer-ge solo a metà del VI secolo. Nell’alto Medioevovenne abbandonato il vano battesimale, ma lachiesa rimase a due aule fino all’ XI/XII secolo,quando fu costruita la chiesa romanica sulla stes-sa pianta. Manca anche in seguito ogni traccia dialtari. Nelle aule fu posato un pavimento di maltadi calce su ciottolato, nella parte orientale rinno-vato con malta di argilla. La chiesa sud aveva oraun gradino che portava al coro leggermente eleva-to, un nuovo muro ovest e un intonaco contenentecarbone nella malta. La stessa malta si trova nelmuro di recinto ad est, che mette fuori uso il fontebattesimale, passandovi sopra. Il vano tombalevenne chiuso verso l’interno della chiesa nord edotato di un accesso con dei gradini dall’esterno, diun nuovo pavimento e di affreschi.

La chiesa di S. Maria ( figg. 52-55) è l’unicachiesa che venne costruita nel VII-VIII secolo(datata in un primo momento in epoca romanica).In parte doveva sostituire la chiesa sul pendio,crollata. Sorge venti metri più in alto, sull’argineorientale del terrazzo (oggi occupato dalla fortifi-cazione medioevale con le due chiese di S. Maria edi Nostra Signora), dove nel tardoantico era statoeretto il battistero2 9 nel contesto di un insedia-mento che, dopo due distruzioni nel VI secolo, fuabbandonato. Ad est venne costruita la piccolachiesa, verso ovest le rovine vennero usate per ilcimitero (circa 100 tombe, solo due tombe con cor-redo). La chiesa è di un tipo che ricorda il tardoan-tico, anche se le dimensioni e la tecnica corrispon-dono a quelle dell’alto Medioevo: aula rettangola-re, lunga 6 m, larga 4,40 m, cioè 26 m2 abbondan-ti, l’abside rientrante solo a nord, larga 3,78 m eprofonda 4m. La muratura è irregolare, la malta dicalce molto magra, l’intonaco con malta di calcecon argilla. È l’unica chiesa con abside del VII-VIIIsecolo che fin adesso conosciamo oltre le chiesecruciformi di Quarazze (non accertato per S. Gior-gio a Corces).

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29 BIERBRAUER, NOTHDURFTER 1988, pp. 269-271.

Fig. 51) Sabiona, la chiesa di S. Croce, pianta. 1:300 ca.

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Fig. 52) Sabiona, la chiesa di S. Maria. L’abside vista danord. Fig. 54) Sabiona, la chiesa barocca di Nostra Signora e

la chiesa di S. Maria viste da sud-est.

Fig. 53) Sabiona, la chiesa di S. Maria. Parte sud dell’abside con muratura altomedievale (lo zoccolo dell’altare e il reli-quiario sono dell’Ottocento, quando venne abbassato il pavimento, così che non sono rimaste tracce dei pavimenti).

RISULTATI

Tutte le chiese, sia quelle paleocrisitane chequelle altomedievali, esistono ancora oggi o esiste-vano almeno fino alla profanazione nel Settecento.Fanno eccezione la chiesa sotto Castel T i r o l o ,demolita sistematicamente per la costruzione delcastello verso la fine dell’XI secolo, e la chiesa sulpendio di Sabiona, crollata nella parte sud-est e diseguito spianata intenzionalmente (non si trova-vano tracce di humus nella rovina). Le chiesegrandi paleocristiane, pur avendo vissuto periodidi distruzione e di uso profano o di abbandono nelVII-VIII secolo, diventavano chiese parrocchiali.Nella sede vescovile di Sabiona la chiesa di S.Croce era la chiesa del vescovo e, dopo il trasferi-mento della sede a Bressanone verso la fine del Xsecolo, chiesa del palatium vescovile, ormai castel-

lo. La chiesa di S. Maria era meta di pellegrinag-gio, un fatto che richiese continui ingrandimentifino alla costruzione ottagonale barocca di NostraSignora, ma la piccola chiesa di S. Maria si è con-servata almeno in parte. Le chiese nei c a s t r adiventavano meta di pellegrinaggio delle comu-nità della zona circostante. Sopravvivono, comechiese padronali, anche tutte le chiese piccole.

Le chiese piccole, piccolissime, in legno, più omeno isolate rappresentano il fenomeno veramen-te nuovo dell’edilizia altomedievale. Nel tentativodi capire questo fenomeno si è partiti da un feno-meno analogo a nord delle Alpi: nel territorio degliAlamanni e dei Baiuvari è stato notato che, a par-tire dal VI secolo ad ovest e dal VII secolo ad est delReno, all’interno delle necropoli merovinge letombe ricche diradano e si spostano all’orlo, sottograndi tumuli oppure vicino a piccolissime chiesein legno30. Contemporaneamente si diffondono ric-che tombe all’interno di chiese, un uso che ha ini-zio nelle chiese sepolcrali dei re merovingi e inseguito dei nobili ad ovest e poi ad est del Reno.Quando le chiese con sepolture all’interno o conpiccoli cimiteri si trovano sparse nel territorio o inpunti strategicamente importanti 3 1, vengonointerpretate come chiese di nobili, funzionari delre merovingio o del duca della regione.

S. Procolo a Naturno è stato il primo caso in cuiè stato possibile adottare questa argomentazione:un funzionario, dotato di terreno, costruisce lachiesa in un piccolo cimitero e vi seppellisce la suafamiglia. S. Stefano a Burgusio sarebbe da attri-buire ad un funzionario di alto rango, dato che siseppellisce all’interno ed all’esterno nel VI secolo edi nuovo, nella chiesa allargata, nel VII secolo. S.Giorgio a Corces, per la posizione in un punto stra-tegico, è da interpretare come caposaldo di domi-nio in mano ad un funzionario nobile, anche seadesso, ipotizzando mausolei precedenti, sipotrebbe pensare ad uno stato simile già nel tardoantico (questo, in via ipotetica, potrebbe valereanche per S. Vigilio al Virgolo).

I corredi delle tombe sono scarsi in confronto aquelli a nord delle Alpi. Questo vale anche per letombe più ricche, che sono state scavate all’internoe nei vani laterali della chiesa sul pendio di Sabio-na. Va anche detto che il corredo non permette didistinguere sepolture romane da sepolture longo-barde, franche o baiuvare. Inoltre le tombe dell’VIII-IX secolo non hanno piu corredi, in altri casinon sono state scavate le tombe appartenenti allaprima chiesa. Il solo fatto che esiste il diritto disepoltura, p.e. presso la chiesa sotto Castel Tirolo,con tombe all’interno in periodo avanzato, e pressola chiesa cruciforme di S. Pietro a Quarazze, conl’annesso tombale e tombe lungo i muri, fa pensa-re a signori terrieri di alto rango.

Mentre a nord delle Alpi le piccole chiese con

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30 BÖHME 1996, pp. 477-507. 31 BURZLER 1993, pp. 191-230 e 272-275.

Fig. 55) Sabiona, la chiesa di S. Maria, pianta 1:300. Letombe altomedievali (sigle nere) sono orientate al vanobattesimale paleocristiano del quale, oltre la vasca, nonsi sono trovate tracce. Dell’abside della chiesa altome-dievale la parte nord non è originale.

sepolture di solito spariscono nel corso di pochegenerazioni, nel nostro territorio hanno continuitàfino nell’Evo moderno. Nel basso Medioevo essecontinuano ad essere chiese di signori terrieri,giungendo alla fine nelle mani di conventi. Questechiese talvolta sono state ristrutturate o ingrandi-te nel IX-X secolo, talvolta riedificate in periodoromanico, fornite di un campanile e arredate diaffreschi e poi rimaste più o meno ferme, altreristrutturate ed affrescate in periodo tardogotico.Alcune di queste chiese sono diventate chiese filia-li (S. Giorgio a Corces, S. Giorgio a Foiana, S.Valentino a Salonetto), altre perfino parrocchiali(S. Pietro a Quarazze), altre hanno conservato ildiritto di sepoltura. Nell’Evo moderno la conti-nuità è un fenomeno local, che ha a che fare con la

mancanza di guerre o di ribellioni, con la conti-nuità della dinastia dei Tirolo e degli Asburgo dalDuecento in poi e con l’immutata situazione delleproprietà fondiarie e delle strutture delle comu-nità rurali.

Futuri scavi porteranno all’allargamento e alladiversificazione del quadro delle chiese delVII/VIII secolo, dato che fino ad ora sono state sca-vate con successo solo chiese profanate ad ovest e asud del territorio, mentre l’archeologia non è riu-scita ad entrare nelle chiese parrocchiali o in chie-se di livello giuridicamente più alto. Le poche chie-se parrocchiali scavate in parte o interamente nonhanno portato risultati, perchè gli interventi nonsono stati programmati con intento scientifico,bensì dettati dall’emergenza.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E156

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Vigilio avrebbe dunque fondato più di trentachiese nei territori delle due città contermini alcapoluogo trentino non ancora evangelizzati dairispettivi vescovi.

Secondo la critica più recente siamo qui però inpresenza della trasposizione a ritroso in quell’epo-ca della realtà politica e religiosa del VI/VII secoloche si trovava a misurarsi con il problema dellaconversione dei Longobardi2 o, ancor più verosi-milmente, di quella del VII/VIII, nel tentativo didare “una legittimazione successiva di un allarga-mento dei confini diocesani trentini su territori ozone d’influenza che prima erano stati di Brescia edi Verona”3.

E probabilmente da attribuire pure al medesi-mo periodo è il quadro della realtà pastorale diTrento delineato sempre dalla Passio all’arrivo in

città della salma di Vigilio, che la tradizione sto-riografica fino a pochi anni orsono, proprio a farcapo a questo testo agiografico, voleva morto mar-tire nella Val Rendena: “… occursio magna factaest vicinarum omnium ecclesiarum sacerdotum etpopuli christiani qui ad eius exequias concurre -runt. Tollentesque veneranda pignora, tertio diepassionis suae in basilica quam antea construxe -rat ad portam Veronensem, cum magna gloria etaromatibus condiderunt”4.

Importante, ai fini del tema da noi affrontato inquesta sede, sarebbe dunque l’attestazione perquesto periodo di una forte attività pastorale daparte della chiesa trentina, il che implicitamentesembrerebbe presupporre non solo una diffusapresenza di edifici adibiti al culto, differenziati perimportanza e funzioni, ma anche una già avanzataorganizzazione delle comunità cristiane locali5.

Le fonti archivistiche trentine antecedentiall’avanzato XII secolo sono però estremamenterarefatte e di conseguenza anche la documentazio-ne relativa alla iniziale organizzazione della “curad’anime”, ivi compresa la realtà degli edifici desti-nati al culto, per il nostro territorio è sostanzial-mente inesistente6, fatto salvo il capoluogo, Tren-to. Per esso dati storici ed archeologici ci testimo-

CHIESE DI VII – VIII SECOLO NEL TRENTINO:PRIMI DATI DALLE RECENTI RICERCHE

Gianni Ciurletti

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1 L’edizione ancor oggi seguita dagli studiosi è quella curata daCESARINI SFORZA1905. 2 FORLIN PATRUCCO 1986, p. 164; SPINELLI 1993, pp. 94 –9 5 .3 ROGGER1996, pp. 57 – 58 (nella sua redazione più completae definitiva, dice l’A., “occorre spostarla dopo il VII secolo, cioèdopo la ricomposizione dell’unità religiosa con re Cuniperto nelsinodo di Pavia del 698”). Vorremmo qui ricordare che neglianni dal 680 al 690 ad opera del duca di Trento, Alachi, ribella-tosi al re, ampi lembi territoriali prima facenti parte di queim u n i c i p i a dovettero essere inclusi nel ducato longobardo diTrento.

4 Quelli sopra riportati risultano a tutt’oggi gli unici accennidiretti delle fonti d’archivio in merito all’esistenza di edificireligiosi nel territorio trentino prima del X secolo, dopo la men-zione - avvenuta tre secoli prima circa (397), nelle lettere diaccompagnamento delle reliquie dei martiri anauniesi inviateda S. Vigilio a S. Sempliciano vescovo di Milano e a S. Giovan-ni Crisostomo vescovo di Costantinopoli - di un’ ecclesia n e l l acittà di Trento e di quella eretta in Anagnia ad opera e a spesedei tre missionari cappadoci, nonché di una basilica che il

medesimo vescovo intendeva erigere sul luogo del loro martirio(l’edizione critica più recente e corretta sta in MENESTO’1985, pp.151 – 170). 5 Mancano a tutt’oggi prove concrete a suffragio di tale presun-to fenomeno, lasciando così ancora aperto il problema, cheriguarda non solo il nostro territorio ma tutta l’Italia setten-trionale, se l’organica ripartizione territoriale in circoscrizioniminori all’interno della diocesi sia maturata nei secoli compre-si fra la comparsa del cristianesimo nelle vallate alpine e ilVII/VIII secolo o se essa dovette essere conseguenza della legi-slazione carolingia all’inizio del IX secolo, come per lo più ritie-ne l’odierna storiografia ( CURZEL 1999, pp. 19 - 41). La legi-slazione carolingia in materia dovette comunque influiresostanzialmente sull’organizzazione della chiesa trentina, nesono prova l’avvio di una lunga serie di vescovi germanici e ilriordinamento liturgico, come testimonia il “SacramentarioTrentino” redatto nel IX secolo (DELL’ORO, ROGGER 1983 -1984).6 Recente è un lavoro (CURZEL1999) che con metodo rigorosotraccia un quadro delle pievi nel Trentino e della loro organiz-zazione.

niano infatti la presenza di una sede vescovile e dichiese fin dalla seconda metà del IV secolo7.

Anche le fonti epigrafiche, con riferimento aisecoli che vanno dal VI al X sono particolarmenteavare: due iscrizioni funerarie, una, da Riva delGarda, databile al 5398, l’altra, dal colle di Tenna,fra i laghi di Levico e Caldonazzo nell’Alta Valsu-gana, genericamente collocata tra il VI e il VII9,altre due del IX/X secolo, provenienti da Besagnodi Mori nel Trentino meridionale, testimonianti lapresenza di un oratorium/ titulus10.

L’esistenza di edifici di culto, fra V e VI secolo,ci è invero indirettamente documentata da alcunireliquiari in pietra (dalla Valle di Non)11 mentrealcune lastre tombali e frammenti di esse, da San-zeno12 e da Mezzocorona13, nella piana rotaliana,tra valle dell’Adige e valle di Non, testimoniano lapresenza di coevi cimiteri cristiani.

Analoga funzione per i secoli VIII/IX è svoltadai non infrequenti elementi di installazioni pre-sbiteriali decorate a bassorilievo con i tipici motividell’arte longobardo - carolingia (soprattutto nel-l’area dell’Alto Garda e delle valli Giudicarie) riu-tilizzati nei paramenti murari di chiese più recen-ti o depositati in sedi museali.

Si tratta in tutti questi casi di testimonianzeimportanti ma, ovviamente, connotate da ben pre-cisi limiti di ordine scientifico14.

Una mirata ricerca archeologica sul campo perparte sua è stata avviata solo negli ultimi anni: iprimi esigui dati sono attualmente in fase di ela-borazione e di necessaria integrazione con quelli,pure essi ancora limitati, relativi al popolamentorurale e agli insediamenti.

Sebbene in presenza di un simile quadro nonproprio confortante, si è fiduciosi nella possibilitàdi riuscire in tempi relativamente brevi, non solocon nuove indagini, ma anche mediante l’ap-profondimento, il confronto, l’interpolazione didetti pur scarsi documenti in possesso delle disci-pline coinvolte nello studio di questo settore, adoffrire fruttuosi nuovi contributi, come è già avve-nuto per altri territori dell’Italia settentrionale.

Quella del convegno è l’occasione per riferire,

in breve sintesi, degli scavi e delle ricerche archeo-logiche effettuate nell’ultimo decennio, fruttosostanzialmente di interventi d’emergenza nelcorso di lavori di restauro di edifici religiosi o dicomplessi castellani nel Trentino che hanno messoin evidenza strutture o fornito comunque informa-zioni pertinenti a luoghi di culto tra VII e VIIIsecolo15 (fig. 1).

Delle dieci chiese di seguito presentate ottosono ancor esistenti, seppur dopo aver attraversa-to molte e talora convulse vicende storiche, trerisultano aver continuità fino ai giorni nostri edessere regolarmente officiate quali chiese pievane(S. Maria Assunta di Civezzano, all’imbocco set-tentrionale della Valsugana, nelle vicinanze diTrento, S. Giustina di Cretto di Pieve di Bononella valle del Chiese e S. Dionisio, Rustico edEleuterio a S. Croce nel Bleggio, nel Tr e n t i n oOccidentale); tre, dedicate tutte a S. Martino,individuate in strutture fortificate (una nelcastello di Stenico; l’altra in quello di Drena, oggiridotta alle sole fondazioni; la terza sul monteomonimo, alle spalle di Riva del Garda, lungo unantico percorso verso il lago di Ledro e le valli bre-sciane, probabile antica pertinenza del monasterodi S. Salvatore di Brescia, sconsacrata e fattademolire nel XVIII sec.); sempre nel Rivano, epure sconsacrata, all’inizio del secolo scorso, èquella di S. Maria del Pernone a Varone, mentresu un dosso in Val di Gresta, tra il bacino bena-cense e la valle dell’Adige, oggi assolutamentelontana da abitati e da strade di comunicazione,fu eretta S. Tomè, ricostruita pochi anni or sonodallo stato di semi - rudere in cui era caduta; nellabassa valle dell’Adige, non distante dall’anticotracciato della via Claudia Augusta, in un’areaassai ricca di testimonianze romane e altomedie-vali, si erge S. Pietro in Bosco ad Ala, non più offi-ciata, mentre lungo un tracciato un tempo di nonsecondaria importanza, fra le valli del fiume Av i-sio e le terre del Veneto orientale, forse di fonda-zione privata, è S. Stefano di Fornace, aperta alculto solo il giorno del Santo titolare.

Va infine rilevato che sia a S. Maria di Civezza-

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7 Una panoramica sulle testimonianze archeologiche relativealle chiese trentine dall’affermazione del cristianesimo allafine del I millennio è stata presentata dallo scrivente nel conte-sto di un simposio organizzato da H.R.SENNHAUSER a Mue-stair (Svizzera) dal titolo “Fruehe Kirchen im oestlichen Alpen-raum”, attualmente in fase di stampa. 8 GARZETTI 1984 – 1986, n. 1084.9 PACI 1993, pp.153 - 156.10 Sulle prime falde del Monte Baldo, tra la valle dell’Adige e illago di Garda, non lontano da B r e n t o n i c u m, uno dei castellitrentini distrutti dai Franchi nel 590 (PAOLO DIACONO, H.L., III, 31) Cfr. ORSI 1882.11 NOLL1972.12 BONFANTI, DALRI’1986.13 DALRI’, ROSSI 1987.14 E’in fase di conclusione l’opera di catalogazione e studio del

corpus della scultura altomedievale del Trentino, affidato dal -l’Ufficio alla prof. Paola Porta dell’Istituto di Antichità raven-nati e bizantine dell’Università di Bologna.15 Si tratta, come il lettore avrà modo di verificare, di informa-zioni non di grandissimo rilievo, non solo per i limiti, in termi-ni spazio/temporali, imposti agli interventi della soprintenden-za dalla tipologia dei medesimi, ma anche per il fatto che il loroapprofondimento e lo studio dei materiali di scavo sono tuttorain corso (è prevista una loro prossima pubblicazione). Correinoltre l’obbligo di un’avvertenza: la situazione spesso assaicompromessa delle sequenze stratigrafiche indagate, la mode-stia delle strutture archeologiche rinvenute, l’assenza di mate-riali puntualmente datanti hanno reso estremamente difficileoperare una netta distinzione cronologica tra le fasi di VII/ VIIIsecolo e quelle dei secoli immediatamente precedenti e succes-sivi. Per questo motivo l’A. si è visto costretto, suo malgrado, apresentare in questa sede dati riferibili ad un arco temporalepiù ampio rispetto a quello contemplato dal convegno.

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Fig. 1) LOCALIZZAZIONE DELLE CHIESE

1. Civezzano, chiesa parrocchiale2. Fornace, S. Stefano3. Ala, S. Pietro in Bosco4. Varone, S. Maria del Pernone5. Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino6. Drena, S. Martino7. Mori, S. Tommaso8. Stenico, S. Martino9. Bleggio Sup., SS. Dionisio, Distico, Eleuterio10. Pieve di Bono, S. Giustina

no che a S. Maria del Pernone a Riva esiste unafase precedente, assegnabile al V/VI secolo che,sicuramente nel primo caso, dubitativamente nelsecondo, venne a utilizzare strutture murarie dicostruzioni romane.

L’impressione generale che si ricava dall’insie-me dei dati è che in effetti in un periodo, per oragenericamente assegnabile tra VII e IX, si assistaad una diffusione dei luoghi di culto nel nostro ter-ritorio con la presenza, accanto alle chiese pubbli-che di diritto vescovile, di altre, frutto di iniziativedelle comunità locali o di privati, spesso collocatesu alture, nel contesto delle prime, ancora piutto-sto oscure, fasi di incastellamento.

Per quanto attiene la loro architettura diremoche si tratta di una modesta architettura in cui ilmateriale utilizzato è quello offerto dalle risorselocali: pietrame non lavorato, ciottoli, malta dicalce, talora integrata con argilla per strutturemurarie (mediamente larghe tra i cm 60 e 70) epavimenti; verosimilmente scandole in legno per itetti. Le planimetrie, almeno per il periodo ante

VIII/IX secolo, sono a semplice aula rettangolare,in cui l’accesso è solitamente realizzato nellaparete meridionale , prive di abside, orientatecon altari a blocco. Abside che invariabilmentecompare nelle fasi successive.

Civezzano (Alta V alsugana) – Chiesa par -rocchiale (XVI sec.) (figg. 2-4)

Un edificio religioso realizzato attorno al Vsecolo, utilizzando le strutture murarie di unacostruzione romana (II-IV sec. d.C.), viene parzial-mente ristrutturato con la sua trasformazione inuna architettura ecclesiale costituita da unambiente ad aula unica e piccola abside semicirco-lare racchiudente il precedente spazio presbiteria-le, rialzato. Chiaro un episodio di abbandono e pro-fanazione denunciato dalla presenza al centro diesso di un focolare con resti di ossa animali eminuscoli frammenti ceramici. La funzione delmedesimo e, con esso, la sacralità dell’edificio ven-gono successivamente ripristinate. I rapporti stra-

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Fig. 2) Civezzano, S. Maria Assunta. Fase 2. Fig. 3) Civezzano, S. Maria Assunta. Fase 3.

tigrafici inducono ad indicare per la fase profana-zione/ripristino un generico VI/VII sec.

Farà seguito un totale rifacimento dell’assettoabsidale della chiesa che, verosimilmente tra VIIIe IX secolo, diventa triabsidato.

La chiesa, dotata, sembra, di muro di cinta, fuaffiancata da cimitero dalle fasi più antiche, perlo-meno dal IX secolo (dati radiometrici), fino allametà del secolo XIX.

Giova qui ricordare il ritrovamento, a Civezza-no, tra gli anni Ottanta del secolo XIX e l’inixio delXX, in due aree distanti dalla chiesa in oggetto,delle due note necropoli longobarde con tombe,una femminile, l’altra maschile, provviste di riccocorredo funebre datate alla prima metà del VIIsecolo.

Fornace (Alta Valsugana) – Chiesa di S.Stefano (XV/XVI sec.) (figg. 5-8)

Chiesa risalente sostanzialmente nella suaredazione attuale al tardo XV – inizi XVI sec.,

situata nella frazione omonima, 1 km. a S/E delpaese, originariamente intitolata a S. Cipriano,lungo un antico percorso che conduceva dalla Val-sugana alle valli di Fiemme e, scendendo per lavalle di Cembra, a quella dell’Adige, aggirandocosì Trento e gli impaludamenti a nord di essa.

Non molto distante, al maso Saro, negli anniVenti del secolo scorso si rinvenne una piccolanecropoli romana. Nel terreno ad essa circostantefino alla prima metà del XVIII sec. si seppellivanoi defunti di Lona e Lases, due paesi collocati adiversi chilometri di distanza sulle propaggininord – orientali del Calisio.

Nel sottosuolo resti pertinenti a un piccolo edi-ficio orientato, fin dall’inizio fiancheggiato da cimi-tero, con due fasi costruttive altomedievali:

- la più antica, testimoniata da pochi elementi,caratterizzata da un’aula rettangolare priva diabside, delle dimensioni di m 11,5X 5,5 e provvistadi una sepoltura nell’angolo sud – occidentale coninumato privo di corredo, radiometricamentedatata 1370 +- 60, A. D. 560+-60;

-la seconda, eretta, tra l’VIII e il IX sec., avente

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Fig. 5) Fornace, S. Stefano. Fase 1.Fig. 4) Civezzano, S. Maria Assunta. Vista generaledello scavo.

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Fig. 6) Fornace, S. Stefano. Fase 2.

Fig. 7) Fornace, S. Stefano. Vista generaledella fase altomedievale.

identiche dimensioni della precedente, salvo lasostituzione della parete orientale con un’absidesemicircolare, che presenta un altare a blocco e lapavimentazione con lastre di porfido locale; essa ècaratterizzata da sepolture privilegiate tra cui laprincipale, in posizione quasi centrale, in adiacen-za all’area presbiteriale sopraelevata di circa 20cm., chiaramente manomessa in antico e ricopertacon una lastra, frammentata e incompleta, inmarmo rosso. Essa riporta in bassorilievo, nell’a-rea centrale, una croce, in quella superiore unafascetta con decorazione a matassa soprastanteun’epigrafe funeraria (+ hIC REQUICE ( s i c )B L . . .). Ad intrecci erano pure decorati alcuni ele-menti in pietra arenaria facenti parte di una fine-strella circolare. Il tutto assegnabile ad un tardoVIII – IX sec.

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Ala – Chiesa di S. Pietro in Bosco (Va l l edell’Adige) (XIII –XVIII sec.) (figg. 9-10)

Chiesa di impianto romanico, con interventi edaggiunte cinque- e settecentesche, situata 2 km aSud del paese, sul fondovalle, sopra un piccolo rial-zo terroso. La leggenda vuole che qui sia avvenutol’incontro tra Teodolinda, fuggitiva dalla Bavieradavanti all’invasione franca e Autari, i quali, comericorda Paolo Diacono (H.L., 3, XXX), si sposaronoil 15 maggio 589 nel campo di Sardi, presso Vero-na, tradizionalmente collocato dagli studiosi qual-che chilometro a Sud della nostra chiesa.

Ritrovamenti fortuiti e mai ben localizzatifanno del sito e delle campagne vicine sede di rin-venimenti di età romana ma anche longobarda, tracui le appliques in bronzo di una cintura databileal VII sec. .

Nel blocco dell’altare nel 1802 si rinvenne unmiliare della Claudia Augusta a Pado di metà IV sec.

Nel sottosuolo, in corrispondenza dello spaziopresbiteriale della chiesa di XI/XII sec., modesti

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Fig. 9) Ala, S. Pietro in Bosco.

Fig. 8) Fornace, S. Stefano. Epigrafe funeraria altomedievale.

resti sono pertinenti alla chiusura, verosimilmen-te bi – (o tri -) absidata, di un primo edificio sacro(misure unica absidina sopravvissuta: larghezzam 2,4 circa; profondità m 2,2 circa; spessore muro50-60 cm).

All’esterno di essa un campo cimiteriale, par-zialmente occupato dalla sovrapposizione dellachiesa successiva, una cui sepoltura è stata radio-metricamente datata alla metà del IX secolo. Nelterreno rimescolato di riempimento di un’altra,una fibula di tipo Gurina – Crepault, solitamentedatata al VI sec., farebbe supporre l’impiego delsito a scopo cimiteriale già in età precedente alnostro edificio.

Le opere di decussione del dosso per la costru-zione della chiesa romanica, le trasformazioni e leaggiunte posteriori nonché l’ininterrotto uso, persecoli, del terreno adiacente all’edificio a scopocimiteriale, hanno impedito ulteriori accertamenti.

Riva del Garda/ Varone – Chiesa di S.Maria del Pernone (XIX sec.) (figg. 11-13)

Edificio da tempo sconsacrato e recentemente,dopo una serie di trasformazioni finalizzate a

diversi usi, trasformato con un accurato interven-to di restauro, in centro per servizi culturali. Diessa, collocata alle spalle della cittadina gardesa-na, sul conoide del torrente Varone e ricostruitanella seconda metà del secolo scorso, si ha memo-ria in un documento del 1229. La zona è sede dinumerosi rinvenimenti pertinenti all’età romana;non lontano, in occasione dell’ampliamento dellocale cimitero, nei recenti anni Ottanta, si indivi-duarono i resti di una villa romana eretta a segui-re l’andamento della collina.

Una prima fase è collocabile tra il V e il VI sec.;di essa (dimensioni m.15,5 x 7) sono rimaste alcu-ne tombe con corredo16, alcuni brani murari perti-nenti alla zona absidale volta a S/E e, al centro diquesta, un loculo cruciforme interrato per le reli-quie (di tradizione greco – orientale ?).

Segue una seconda fase che ricalca la prece-dente e che, seppur con modifiche stilistiche inter-ne e un allungamento dell’aula sul fronte setten-trionale, giunge fino al XIX secolo.

Una lastra di installazione presbiteriale decora-ta con motivi fitomorfi a girali reimpiegata nellastruttura interna del campanile e un frammentocon decorazione a treccia rinvenuti in scavo testimo-niano una fase liturgica assegnabile all’VIII/IX sec.

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1 6 C AVA D A1992, pp.120 – 121; fig. 19; CAVADA, 1996, p.25, fig. 8.

Fig. 10) Ala, S. Pietro in Bosco. Panoramica delle strutture di fase 2.

Gianni Ciurletti 167

Fig. 11 sopra) Riva del Garda, Varone, chiesa di S. Mariadel Pernone. Fase 2.

Fig. 12 in alto a destra) Riva del Garda, Varone, chiesadi S. Maria del Pernone. Vista generale dello scavo.

Fig. 13 in basso a destra) Riva del Garda, Varone, chiesadi S. Maria del Pernone. Elemento lapideo altomedieva-le reimpiegato (interno).

Monte S. Martino – Chiesa di S. Martino(Riva del Garda/Tenno) (figg. 14-15)

I ruderi della chiesa sono situati in un’areaboscosa a circa m 750 s.l.m., sul monte S. Martino(anticamente Englo), il cui possesso fra i secoliXIII e XVII secolo fu oggetto di lunghissime liti tragli abitanti di Riva del Garda e Pranzo, paese sucui incombe il fianco sudorientale della montagna

Pranzo, con Arco (A r q u i n o ) e il Monte, è indicatocome facente parte del S u m m o l a c o all’interno deldistretto autonomo (i u d i c i a r i a) di Sirmione in unapergamena datata 25 settembre 771, nella quale siparla di una permuta di terreni tra A n s e l p e r g a ,figlia del re Desiderio e della regina Ansa, a b b a t t i s -sa monasterii Domini Salvatoris di Brescia e

Andreas Clericus abitante a Gosenago (MN): almonastero viene assegnata una “portione de casauna masaricia in vico Prantio que recte fuit perquondam Valterio et modo reguntur Iohanes”1 7.

Numerose campagne di scavo hanno portatoalla luce, alcune centinaia di metri più a monte delnostro edificio sacro, un grande complesso di natu-ra santuariale di età romana (I - IV sec. d.C.), contracce di preesistenze di III- II sec. a.C., pure affe-renti ad un luogo di culto indigeno, mentre imme-diatamente attorno e sotto la chiesa ricercheattualmente in atto stanno evidenziando ampiresti di un sito fortificato assegnabile ad un arco ditempo assai ampio tra il IV e il VII sec. d.C.

Il primo documento relativo all’edificio sacrorisale al 1636: è un atto visitale che rivela che è in

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1 7 CDL, II, 257. A proposito delle località trentine all’internodel Sommolago si veda, da ultimo: BROGIOLO, LUSUARDISIENA, SESINO 1989, p.14, fig.1.

Fig. 14) Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino.

Fig. 15) Riva del Garda, Monte S. Martino, S. Martino.Vista generale.

stato di abbandono. Situazione confermata da suc-cessive visite dei legati vescovili, motivo per cuiesso fu sconsacrato e fatto abbattere dal vescovo diTrento nel 175018.

Le indagini, non ancora ultimate, oltreché rive-larci per essa fasi medievali con alterne fortune(documentato, verosimilmente, un terremoto delXII sec.), hanno portato in luce alcuni frammenti diallestimenti liturgici di VIII/IX sec. che rimandanodunque la sua erezione per lo meno a quel periodo.

Drena/Castello - Chiesa di S. Martino(valle di Cavedine) (figg. 16-18)

Alcuni manufatti di VI-VII secolo lasciano pre-sumere una presenza antropica sulla collina,anche se non sono sufficienti a documentarne l’in-sediamento stabile. Il castrum Drenae è citato perla prima volta in un documento del 1175, allorchéviene venduto ai signori d’Arco. Ai piedi del mastiocentrale le indagini hanno portato alla scoperta di

una chiesa che riutilizza però, previo spostamentodell’ingresso e rifacimento della pavimentazione,un edificio precedente (m 9 x 6 circa; spessore dellestrutture murarie cm 60-70) che presenta orienta-mento canonico (Nord-Ovest/Sud-Est), con ingres-so, centrato, ad Ovest. E’ ad aula semplice conabside semicircolare. Il presbiterio doveva esserediviso dall’aula a mezzo di una transenna, di cuisono stati trovati alcuni frammenti, decorati dastilizzati motivi a rilievo zoomorfi e vegetali diVIII-IX secolo; del tutto affini a questi sono alcuniframmenti di una finestrella in arenaria

. Il pavimento originario si componeva di lastrecalcaree, fissate da malta. All’esterno della chiesasi trova un cimitero in cui è frequente l’uso dellasemplice fossa terragna, ma, come nel castello diStenico, è documentata anche la presenza di un’u-nica tomba-ossario, scavata nella roccia

Si potrebbe trattare di una chiesa fortificatacon funzioni parrocchiali .

B i b l i o g r a fia: C AVADA, 1990; CAVADA, PONTA LTI 1996.

Gianni Ciurletti 169

18 GUELLA1996, pp. 252 - 255.

Fig. 16) Castello di Drena, chiesa di S. Martino.

Mori/Vignolo (Valle di Gresta) – Chiesa diS. Tommaso (S. Tomè) (figg. 19-21)

Ricordata solo nel 1709, la chiesetta (m 7,7 x4,3), con orientamento canonico, sorge a m 700d’altezza, sui margini scoscesi di un vasto anfitea-tro terrazzato alle spalle di Nago Torbole prospi-ciente il lago di Garda, presso un percorso viarioantico che dal bacino lacustre conduce, passandoper la località dal significativo toponimo di Garda,alla valle di Gresta e di lì nella valle dell’Adige.Fino a qualche anno fa ridotta a livello di ruderi,presenta, seppur denunciando interventi successi-vi, un impianto romanico. Brevi indagini condotteal suo interno nel corso di recenti restauri (1993)hanno evidenziato l’esistenza di più piani pavi-mentali: il più antico, direttamente impostatosulla roccia, in grandi lastre di pietra spaccate, isuccessivi in battuto di calce.

Alla distanza di poco più di un metro, pochedecine di centimetri sotto il terreno, all’altezza

della spalla che distingue l’abside dalla parete set-tentrionale dell’aula, si rinvenne una tomba acassa (m 1,60 x 0,80) con quattro lastre di calcarebianco di reimpiego e fondo in ciottoli e pietre quae là coperti da calce. Inizialmente doveva ospitareuno o, più verosimilmente, diversi inumati le cuiossa erano sconvolte e il cui corredo, inedito (dueorecchini in bronzo a cappio, un orecchino inargento a poliedro, vaghi di collana in pasta vitrea,due pettini d’osso a doppia fila, privi di decorazio-ne, frammenti di tre braccialetti in bronzo conestremità a testa di serpente, un coltello in ferro,frammentato, una fibbia di cintura a testa dicavallo) pure recuperato mescolato e sconvolto neldeposito tombale, è riferibile ad individui, maschi-li e femminili di età longobarda (tardo VI /primametà VII sec.). In due fasi successive furono inu-mati altri quattro individui; infine il loculo venneutilizzato quale ossario con l’introduzione caoticadi ossa verosimilmente reperite all’interno o inadiacenza alla chiesa.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E170

Fig. 17) Castello di Drena, chiesa di S. Martino. Plani-metria da CAVADA 1990.

Fig. 18) Castello di Drena, chiesa di S. Martino.

Gianni Ciurletti 171

Purtroppo scavi e scassi attorno alla chiesa,precedenti l’intervento dell’Ufficio, hanno stravol-to il terreno impedendo di cogliere eventuali rela-zioni crono-stratigrafiche tra la tomba e la medesi-

ma, frequentata almeno a partire dal X – XII sec.,come denunciano alcuni frammenti di ceramicacomune pettinata rinvenuti sul primitivo pavi-mento.

Fig. 19) Mori, S. Tommaso. Fig. 20) Mori, S. Tommaso.

Fig. 21) Mori, S. Tommaso. Tomba a cassa.

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Fig. 23) Stenico, S. Martino (CAVADA 1996a). Fig. 24) Stenico, S. Martino. Veduta generale dello scavo.

Fig. 22) Castello di Stenico, chiesa di S. Martino.

Stenico/ Castello – Chiesa di S. Martino(valli Giudicarie Esteriori) (XIII s e c . ) ( figg. 22-24)

Nella cappella palatina, trasformata nel corsodei secoli e nella quale restauri finalizzati al suoconsolidamento statico nel 1988/89 avevano fattoscoprire un magnifico ciclo di affreschi duecente-schi, un breve scavo su un’area di mq 21 ha messoin evidenza i resti di un primo piccolo edificio eccle-siale (m 5 x 3,30 ca.) con muri in pietrame e calcepovera (largh. media m 0,50) non perfettamentesimmetrici, con tracce di ingresso sul lato lungomeridionale, pavimento forse in lastre di pietrarossa poggiate su un letto di terra e malta. Vi sonotracce di interventi di ristrutturazione successiva.

A breve distanza dall’angolo sud-occidentale,una tomba ad avello scavata nella roccia e ricoper-ta di uno strato di malta (cfr. S.Martino di Drena).

Si tratta probabilmente di una cappella pri-vata, allo stato attuale delle conoscenze l’edificiopiù antico nell’area del castrum de Stinigo, allodiodella comunità dei villaggi del Banale. Frammentidi pietre lavorate ritrovate nel corso dello scavosono riconducibili ai numerosi elementi di praecin -

tiones liturgiche in pietra arenaria rinvenuti inpassato nel sito, databili all’VIII e IX secolo.

Nel XIII sec. edificio verrà totalmente rasato esulle macerie sarà innalzata una chiesa più gran-de (m 8 X 4, 70) rispetto alla precedente, provvistadi abside semicircolare col pavimento probabil-mente in lastre di calcare e l’ingresso sul fronteoccidentale.

Bibl.: Cavada 1996a.

Bleggio Superiore/S.Croce – Chiesa pieva -na dei SS. Dionisio, Rustico ed Eleuterio(Valli Giudicarie) (XVI – XX sec.) (figg. 25-27)

Menzionata dal 1153, rimaneggiata in età goti-ca e ricostruita nel XVI sec. (la facciata di gustoclassico è del 1913), sorge a 630 m s.l.m., sull’aper-to versante rivolto ad est dell’ampia conca delBleggio ( antico toponimo documentato da unframmento epigrafico romano: Sextus Blegina, –Lomaso).

La cripta di S.Agata, terza, accanto a quella delDuomo di Trento e della parrocchiale di Brentoni-

Gianni Ciurletti 173

Fig. 25) Bleggio Superiore, S. Croce.

Fig. 26) Bleggio Superiore, S. Croce, cripta.

co sul M.Baldo, delle cripte superstiti nel Trentino,è il residuo di una fase romanica dell’edificio nonaltrimenti documentata.

La presenza di elementi frammentati di instal-lazioni in pietra nel corridoio di comunicazionecon la soprastante cappella del Rosario, nonchénel paramento murario del campanile, depongonoa favore della presenza di una chiesa di VIII/IXsecolo.

Lavori volti al restauro del pavimento dellacripta negli anni Sessanta e Settanta hanno inter-cettato al di sotto di esso resti di un’abside semi-circolare del tutto estranea alla cripta, pertinenteprobabilmente ad una chiesa primitiva.

Ulteriori lavori di restauro nel 1996 hannoofferto l’occasione di una loro nuova individuazio-ne e messa in carta e il ritrovamento a brevedistanza degli stessi di un ambone in pietra arena-ria con decorazione fito- e zoomorfa.

Pieve di Bono/Creto Chiesa di S. Giustina(Valle del Chiese) (XVI-XIX sec.) (figg. 28-29)

Il paese di Creto nel comune di Pieve di Bono

occupa un triangolo di terra alla confluenza deltorrente Adanà con il fiume Chiese.

L’attuale chiesa, costruita fra il 1587 e il 1590,fu soggetta a restauri e rifacimenti nel XVIII (fac-ciata) e nel XIX sec.

All’interno di una cappella ricca di affreschiquattrocenteschi, situata sul fianco settentrionaledel presbiterio, residuo dello spazio presbiteriale diuna precedente chiesa abbattuta nel XVI sec.,indagini archeologiche hanno evidenziato, copertadall’accumulo dei materiali di demolizione, unastruttura absidata con traccia di banco presbiteria-le addossato e, antistanti ad essa, otto colonnedisposte su due file pressoché parallele. Te s t i m o-nianza di una cripta di una fase certamente roma-nica della chiesa pievana, monumentalmente nondocumentata ma della cui esistenza ab immemora -b i l i ci parla un documento del 1221 e confermatacidalla scoperta fra i materiali di riempimento di uncapitello scolpito su tutti i quattro lati con motivizoo- e antropomorfi assegnabile al XII secolo, maanche di un edificio ancora precedente, databileall’VIII/IX sec., come stanno a documentare seiframmenti in arenaria di elementi di p r a e c i n t i o n e spresbiteriali con motivi decorativi a treccia1 9.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E174

1 9 Tale struttura potrebbe aver assunto la funzione di criptasolo in una seconda fase, dopo aver costituito in origine lo spa-zio absidale di una chiesa fuori terra come alcuni indizi, tuttida verificare, quali l’artificiosità del rialzo terroso su cui poggia

la chiesa attuale, indurrebbero a sospettare (una situazionenon diversa forse da quella, altrettanto incerta, della chiesa diS. Croce del Bleggio (supra).

Fig. 27) Bleggio Superiore, fraz. S. Croce, SS. Dionisio, Rustico, Eleuterio: cripta di S. Agata (tratto di abside di fase precedente).

Gianni Ciurletti 175

Fig. 28) Pieve di Bono, S. Giustina.Fase 1.

Fig. 29) Pieve di Bono, S. Giustina.Vista generale dello scavo.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E176

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BIBLIOGRAFIA

In questo contributo metterò a fuoco la Svizzerasettentrionale e nord-occidentale (fig. 1), elaboran-do due tipi di problemi: da una parte il rapporto frala sepoltura e l’edificio (in particolare la sepoltura ela chiesa) e dall’altra la tipologia iconografica dellechiese. La fascia cronologica del VII e VIII secolo èpromettente da almeno due punti di vista: negliultimi anni ha acquisito sempre maggiore impor-tanza nell’ambito della ricerca degli archeologimedievali e nel concetto di Storia dell’insediamen -t o ritroviamo le due problematiche citate -le sepol-ture e le tipologie dell’architettura ecclesiastica-proprio fra le priorità dell’esplorazione archeologi-ca relativa a questo periodo. Ci sono numerosenovità fra le pubblicazioni; la più recente è la tesi didottorato discussa all’Università di Basilea da RetoMarti, incentrata sulla storia dell’insediamentonella Svizzera nord-occidentale, apparsa nell’apri-le del 20001. Il secondo aspetto, grazie al quale valesenz’altro la pena di concentrarsi su questo perio-do, si fonda come è generalmente noto sul fatto cheper questo arco cronologico abbiamo particolariindicazioni che aiutano a ricostruire sequenze edatazioni. Nel VII e ancora nella prima parte dell’-VIII secolo soprattutto le suppellettili funerarieaiutano a questo scopo, mentre a partire dal 700circa si incominciano a trovare fonti scritte. Per unbuon numero di chiese della Svizzera orientale esettentrionale, addirittura fino ai margini del can-tone di Berna abbiamo documenti sangallesi, ingran parte in occasione di donazioni (fig. 2) e perl’area occidentale - il Giura, la valle dell’Aare, unterritorio che altrimenti registra le prime intitola-zioni ecclesistiche soltanto a partire dal XIII secolo- la Vita di San Germano di Moutier-Grandval ,scritta intorno al 700 e ad esempio un documento diStrasburgo del 762 testimoniano con sicurezza l’e-sistenza di singole chiese, citate con riferimentoalla località o con il nome del santo cui erano inti-t o l a t e2. Le biografie dei santi contemporanei -hogià citato quella di Germano, ma soprattutto

importanti sono le cronache delle gesta di Colom-bano e di Gallo- e le Vi t e scritte poco più tardi, comead esempio la Vi t a di San Lucio dei Grigioni, redat-ta in epoca carolingia, consentono di ricostruiredeterminati contesti ed eventi. Per i Grigioni il

PROBLEMI RIGUARDANTI LE CHIESE DEI SECOLI VII E VIII

SUL TERRITORIO DELLA SVIZZERA

Hans Rudolf Sennhauser

Hans Rudolf Sennhauser 177

Fig. 1) I territori trattati nel testo: il cantone di Basileacampagna (BL) e parti del cantone di Berna (BE).

1 Reto Marti, Zwischen Römerzeit und Mittelalter. Forschun -gen zur frühmitelalterlichen Siedlungsgeschichte der Nordwe -stschweiz (4.-10- Jahrhundert). Text- und Katalogband ,(Archäologie und Museum 41 A e B), Liestal 2000.

2 Heinrich Büttner, Studien zur Geschichte von Moutier-Grand -val und St. Ursanne, in: Festschrift Oskar Vasella zum 60.Geburtstag am 15. Mai 1964, Freiburg, Schweiz 1964, p. 9 ss.

testamento del vescovo Tello del 765, che contieneuna donazione espiatoria al convento di Disentis, èdi importanza eccezionale.

La situazione delle fonti e lo stato delle ricercheconsentono poco a poco di avanzare prudentemen-te alcune ipotesi di lavoro riguardo alle modalità eal grado di cristianizzazione del paese.

Mi concentrerò dapprima sulle sepolture all’in-terno degli edifici, in particolare delle chiese.

1. Già da molto tempo si è notato con qualefrequenza soprattutto nella zona mediana dellavalle dell’Aare e nella Svizzera occidentale (fig. 3)si ritrovino tombe merovingiche all’interno di rovi-ne di ville romane (fig. 4)3. Occasionalmente sorgel’impressione che i morti siano stati deposti deltutto intenzionalmente in determinate parti ocelle all’interno delle rovine; comunque è da rifiu-tare l’opinione che si siano create sepolture nellerovine per evitare di sottrarre porzioni di terra fer-

tile con aree cimiteriali. Si deve pensare che ipoderi occupati e coltivati in epoca romana inbuona parte erano stati ceduti e abbandonati. Inuovi arrivati a partire dal VI secolo si insediaro-no nelle antiche aziende agricole, ma in generenon andarono ad abitare nella casa padronaleromana. Se si riflette sulla diffusione in epocamerovingica di tombe costruite secondo la tipolo-gia antica, non può non profilarsi il pensiero cheanche il seppellimento di morti in rovine di anti-che fattorie, edifici abitativi o annessi, possa esse-re interpretato come tentativo di realizzare unsepolcro di tradizione antica (fig. 5). Alcuni di que-sti luoghi hanno poi anche avuto un’evoluzioneparagonabile agli edifici funerari sorti indipenden-temente: divennero infatti nuclei dai quali si svi-lupparono edifici ecclesiastici. Se è possibileimmaginarsi questo genere di parallelismi,dovrebbe essere anche consentito andare un passopiù in là e paragonare le rovine riempite di sepol-ture con le chiese cimiteriali del periodo tardoanti-co precedente.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E178

3 Per una prima panoramica sull’argomento: Hans RudolfSennhauser, Recherches récentes en Suisse. Edifices funéraires,cimetières et églises, Actes du XIe Congrès International d’Ar-chéologie Chrétienne, Lyon, Vienne, Grenoble, Genève et Aoste

(21–28 septembre 1986) (Collection de l’Ecole Française deRome 123 – Studi di Antichità Cristiana XLI), Roma 1989, pp.1515–1533.

Fig. 2) Le proprietà terriere del monastero di San Gallo intorno al 920, secondo la ricostruzione di Elisabeth Schudel.

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Fig. 3) I principali insediamenti romani dell’altipiano e le strade che li collegavano.

Fig. 4) Oberbipp (BE), tombe rinvenute fra le rovine di una villa romana.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E180

Fig. 5) Edifici funerari rinvenuti fra le rovine di edifici romani (Vuippens, Hitzkirch). Edifici funerari come nuclei diantiche chiese.

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Fig. 6) Chiese sviluppatesi da edifici funerari.

2. In epoca merovingica, comunque, non siutilizzarono soltanto edifici antichi e rovine perseppellire, ma come abbiamo già accennato, sicostruirono anche nuovi edifici funerari (fig. 6),impensabili senza la conoscenza delle tipologietradizionali. Edifici di questo genere rimangono,inglobati nelle mura delle chiese ad Ardon e aMuralto. Entrambi presentano una pianta qua-drata. A Biel-Mett invece si è ritrovata una came-ra sepolcrale di pianta rettangolare. Tutte e tresono state trasformate in cappelle o chiese: leprime con l’aggiunta di un piccolo coro e la terza diun coretto e di una navata di proporzioni maggio-ri. Lo stesso è avvenuto nei pressi di Hettlingen,nel cantone di Zurigo e a Oberdorf, nel cantone diBasilea campagna: entrambi i casi hanno originein epoca merovingica e non romana. Esempi diquesto tipo permettono di inferire che lo stessogenere di sviluppo si ripetesse: usanze relative alculto dei morti vengono riprese e associate a nuovisignificati cristiani, quindi tramandate: gli edificifunerari diventano cappelle o chiese, nelle qualiviene offerto un sacrificio sull’altare per i vivi e peri morti.

3. In due casi è molto chiaro che tombe piùantiche, situate ai margini di un’area cimiterialepiù o meno estesa, vennero integrate nella pareteesterna di una chiesa costruita più tardi in quelluogo. Nella chiesa di San Martino di Svitto (fig. 7)si trattava di una tomba di una donna all’incircaventenne, morta intorno al 700. Se in questo caso è

possibile dubitare che si trattasse di un’intenzionevera e propria, a Lyss (fig. 8) nel canton Berna, nonè più possibile avere dubbi, in quanto la tombadurante la costruzione del muro perimetralevenne modificata4. Le ossa della metà destra delcorpo vennero accuratamente impilate sopra iresti della metà sinistra, la tomba venne circonda-ta di sassi e coperta con lastre, integrate nellamuratura della prima chiesa. Una nicchia ad arco-solio segnala la posizione della tomba al di sottodel livello del pavimento. I dati non possono esserefraintesi: la tomba è più antica della chiesa eappartiene a un cimitero, forse tribale, non parti-colarmente denso di sepolture. Quando si costruìla prima chiesa si cercò di integrare la tomba pre-servandola il più possibile e la sua ubicazionevenne ricordata mediante la nicchia ad arcosoliovisibile sulla parete. Fino all’epoca della Riformala nicchia si conservò visibile.

Laddove una tomba diviene il nucleo dal qualesi sviluppa una chiesa, di solito si trova nelle adia-cenze di un cimitero riservato a persone dell’altasocietà, che desiderarono distinguersi verso la finedel periodo delle sepolture a file.5

A Lyss potrebbe trattarsi di un simile cimiteroesclusivo riservato a una tribù privilegiata: non èpossibile stabilirlo per ora. A Svitto invece questaeventualità è da scartare, in quanto si riscontra unampliamento dell’area cimiteriale al cui marginesettentrionale venne fondata la chiesa di San Mar-tino6.

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Fig. 7) Svitto, San Martino, chiesa I, aimargini di un’antica area cimiteriale.

4 Hans Rudolf Sennhauser, Zum Abschluss der Ausgrabung inder ehemaligen Johanniskirche von Lyss , in Dorfpost 69, Lyss1969, pp. 2–3.5 C f r. Barbara Scholkmann, Christianisierung und Kirchen -bau. Überlegungen zu Topographie, Chronologie und Typologieder frühmittelalterlichen Kirchen im alemannischen Raum, inMission und Christianisierung am Hoch- und Oberrhein (6.–8.

J a h r h u n d e r t ), a cura di Walter Berschin, Dieter Geuenich,Heiko Steuer (Archäologie und Geschichte, Freiburger For-schungen zum ersten Jahrtausend in Südwestdeutschland 10),Stuttgart 2000, pp. 111–138.6 Max Martin, Das Frauengrab 48 in der Pfarrkirche St. Mar -tin in Schwyz, MHVS 66, 1974, pp. 139–145.

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7 Karl Heinrich Krüger, Königsgrabkirchen der Franken,Angelsachsen und Langobarden bis zur Mitte des 8. Jahrhun -

derts, (Münstersche Mittelalter-Schriften 4), München 1971, p.182.

Fig. 8) Lyss (BE), San Giovanni, tomba ad arcosolio e pianta della chiesa I.

4. Spesso nelle chiese altomedioevali ruralisi riscontrano diversi tipi di atri (fig. 9), che nellamaggior parte dei casi presentano un’ampiezzapari alla navata. Molto frequentemente vi si rin-vengono sepolture, anche nel caso di chiese dove lanavata e il coro non sono stati utilizzati per sep-pellire (fig. 10). Questo uso richiama immediata-mente il costume paleocristiano di inumare i mortinegli atri e nei vestiboli. Occasionalmente deveessere interpretato come un atto di umiltà, para-gonabile alla sepoltura sotto la gronda. Ad esem-

pio Pipino si era fatto seppellire a Saint-Denisdavanti all’ingresso della chiesa, in modo che ifedeli dovessero passare sopra la sua tomba7.

5. In un certo gruppo di chiese le tombe, alli-neate in una successione di file, riempiono l’interanavata (fig. 11). Il parallelismo con le chiese cimi-teriali più antiche di Sion e di St-Maurice non deveessere trascurato e significativamente questogruppo di chiese raggiunge la massima concentra-zione nel territorio più fortemente romanizzatodella Svizzera occidentale e ai margini del canton

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Fig. 9) Tombe situate all’interno di atri.

Grigioni (fig. 12). In queste chiese funerarie inparte si è continuato a seppellire per lungo tempo;ad esempio a San Giacomo di Sissach si riescono adistinguere tre fasi distinte di sepolture. Qui mipare poco probabile che si tratti del cimitero di unas p e c i fica tribù, in quanto le singole tombe, moltoconsuete per tipologia, distribuite liberamentenell’interno della chiesa, non corrispondono alladensità e regolarità che presentano le sepolturefamigliari o tribali. Le file inoltre ricordano ladistribuzione delle tombe nei cimiteri strutturatiad allineamento precedenti la costruzione dellechiese. Sorge l’impressione che ci si fosse sforzatidi abituare la popolazione a farsi seppellire nel-l’ambito della chiesa, proprio continuando l’anticocostume delle chiese sepolcrali e cimiteriali.

6. In tutti i contesti di chiese e sepolture fin o-ra considerati il rapporto con la tradizione cristia-na più antica è facilmente dimostrabile. Esiste

però un altro, ultimo genere di sepoltura che nonobbedisce a questa regola e dove il rapporto fratomba ed edificio raggiunge un equilibrio diverso( fig. 13). Qui altre funzioni assumono un ruolo piùimportante rispetto al culto dei morti, cosa chediventa particolarmente evidente laddove si troviun’unica o un numero molto esiguo di tombe in unachiesa relativamente spaziosa, come ad esempio aTuggen, a Bülach, a Granges Marnand, a Meilen oa Messen. Questi edifici sono sorti chiaramente findall’inizio come chiese (luogo dove viene sommini-strata l’eucarestia) e contemporaneamente comee d i fici funerari. Questo gruppo di edifici rompe altempo stesso un antico tabù, se si considera che inqueste architetture non sta in primo piano il morto,bensì un’altra destinazone dell’edificio. Fondamen-talmente si contravviene a un antico divieto, secon-do il quale non era permesso seppellire all’internodi aree abitate (con alcune eccezioni, ad esempio le

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Fig. 10) Cosiddette ”tombe di donatori”: inalto Tuggen (Svitto), in basso Spiez (Berna),sepoltura sotto la gronda.

8 Rudolf Düll, Das Zwölftafelgesetz, 5. Aufl. Heimeran, Mün-chen 1976, tabula X, p. 56.9 Alcune voci bibliografiche sul tema delle chiese donate da pri-vati:

Rudolf Moosbrugger-Leu, Die Schweiz zur Merowingerzeit,Handbuch der Schweiz zur Römer- und Merowingerzeit, Bern1971. – Rainer Christlein, Besitzabstufungen zur Merowinger -zeit im Spiegel reicher Grabfunde aus West- und Süddeutsch -l a n d, Jahrbuch des Römisch-Germanischen ZentralmuseumsMainz 20, 1973, Mainz 1975, pp. 147–180. – Michael Borgolte,

Stiftergrab und Eigenkirche, ein Begriffspaar der Mittelalte -rarchäologie in historischer Kritik, Zeitschrift für Archäologiedes Mittelalters 13, 1985, pp.27–38. – Horst Wolfgang Böhme,Adelsgräber im Frankenreich. Archäologische Zeugnisse zurHerausbildung einer Herrenschicht unter den merowingischenK ö n i g e n, Jahrbuch des Römisch-Germanischen Zentralmu-seums Mainz 40, 1993, Mainz 1995, pp. 397–534. – Horst W.Böhme, Adel und Kirche bei den Alamannen der Merowinger -zeit, Germania. Anzeiger der Römisch-Germanischen Kommis-sion des Deutschen Archäologischen Instituts 74, Mainz amRhein 1996, pp. 477–507.

tombe dei fondatori), né in edifici abitati o frequen-tati per altri scopi. La legge delle dodici tavole reci-ta: Hominem mortuum in urbe ne sepelito neveu r i t o8. Solo alla fine dell’Antichità -Sant’Ambrogioha fatto portare i corpi di Gervasio e Protasio rin-venuti nel 386 nella basilica ambrosiana facendoliseppellire sotto l’altare- e soprattutto a partire dalVI secolo si incontrano con maggiore frequenzasepolture all’interno degli insediamenti. È signifi-cativo che siano state prese di posizione ecclesiasti-che e cristiane ad avviare questa evoluzione. È pro-prio la chiesa che in futuro sottolineerà così tantola comunità dei santi, vivi e morti. Sul concettodella compresenza contemporanea di queste duerealtà si fonda anche la sepoltura ad sanctos, vale a

dire la sepoltura più vicina possibile al compimen-to dell’atto di salvazione di Cristo che si ripete nels a c r i ficio della messa.

Questo gruppo di chiese non pare tanto antico,quanto medioevale. Non si trova nemmeno corri-spondenza con le usanze antiche, laddove per rea-lizzare una tomba si pratica semplicemente unbuco nel pavimento, che può essere di malta o dilastre lapidee, e poi lo si richiude alla bell’e meglio.

Le chiese di questo gruppo assumono chiara-mente la funzione di case di Dio, come ci indicanogià le dimensioni delle loro piante. Sono chiesedestinate alla cura delle anime dei viventi e di undeterminato gruppo di morti, cioé i parenti dellafamiglia dei fondatori e proprietari dell’edific i o9. Le

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Fig. 11) Chiese cimiteriali. Chiese funerarie con absidi.

10 Marti, p. 149. La questione se le donne venissero seppellitedi preferenza al nord e gli uomini di preferenza al sud dovràessere posta di nuovo dopo la nostra identificazione dei gruppi5 e 6 (cfr. Marti, p. 149, nota 15). Nella prima tipologia prevale

il pensiero della ”comunità” che si divide in donne e uomini,mentre nella seconda prevale l’idea della comunità famigliare,che viene sepolta vicina.

tombe di questi ultimi paiono esser state distribuiteall’interno delle chiese secondo criteri, che incomin-ciamo soltanto adesso a capire1 0. Le posizioni sul-l’asse centrale di un edificio, vicino ai muri laterali,da una parte o dall’altra della chiesa, negli angolioccidentali, in fila davanti all’ingresso del coro,all’interno e all’esterno della parete occidentale,nonché nelle immediate adiacenze dei muri perime-trali esterni della chiesa, sono state privilegiate intutti i tempi. Con quest’ultimo gruppo di chiese citroviamo di fronte a un’innovazione portata dall’av-vicendarsi dei tempi: si tratta sì di edifici destinatialla messa, alla celebrazione festiva dell’eucarestia,che servono anche a consistenti comunità di fedeli,eppure al tempo stesso sono anche edifici funerari.Fondamentalmente occorre riconoscere una diffe-renza fra le chiese di questo gruppo, nelle quali sitrova soltanto una tomba o alcune poche privilegia-te sepolture e il gruppo delle chiese che affonda le

proprie radici nella tradizione delle chiese cimite-riali. Forse non sarà mai possibile stabilire in qualemisura la differenza coinvolga anche le ragionidella fondazione e i fondatori. Comunque nelle chie-se funerarie la celebrazione dell’eucarestia, anchequando è chiaramente presente un altare, non erala ragione primaria della loro fondazione; acquisivapiuttosto importanza più tardi – come è il caso dellechiese cimiteriali paleocristiane, che sembranoessersi trasformate nel corso del tempo in chiese dipellegrinaggio o in parrocchie.

Le chiese di questi due gruppi non possonoforse essere separate con precisione in ogni caso, epossiamo ipotizzare l’esistenza di forme miste,che rendono il quadro meno chiaro. Queste formepotrebbero aver avuto origine nell’ampliamentodella cerchia cui si concedeva il diritto di sepolturanella propria chiesa, oppure secondo altre moda-lità non più ricostruibili nei dettagli. Quindi

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Fig. 12) Chiese destinate alla celebrazione della messa e alla sepoltura, ”chiese private” con presbiterio rettangola-re rientrato.

potrebbe essere esistito fra le vere chiese cimite-riali, situate soprattutto al centro degli insedia-menti, come ad esempio sappiamo nel tessuto“urbano” di Sion, di St-Maurice e di Ginevra, e lechiese dotate di singole sepolture, un gruppo inter-medio, riscontrabile anche in ambienti più rurali(Risch, Muttenz eccetera). Provvisoriamente saràmeglio non caricare la distinzione di troppe ipote-si, prendendola comunque sul serio ed evitando digettare nello stesso calderone tutto ciò che rientranella categoria di “pianta con tomba o tombe”.Sarebbe un errore, confermato anche dall’osserva-zione che la maggior parte delle chiese del gruppoche abbiamo presentato hanno lo stesso genere dipianta: sono chiese a sala con presbiterio rettango-lare di larghezza inferiore rispetto al corpo princi-

pale, che per comodità diremo “presbiterio rientra-to”. Questa tipologia nel nostro territorio ha unaspetto chiaramente non antico, si riscontra solo apartire dal VI secolo e nelle regioni come i Grigionio il Ticino, sempre più vicine alle tradizioni tar-doantiche, non si trova quasi. Non è improbabileche le caratteristiche estranee all’antichità finoraconstatate abbiano qualcosa a che fare fra loro.

Dedichiamoci ora alle tipologie di edifici sacrirurali altomedioevali del VII e VIII secolo. Proce-deremo analizzando due aree appartenenti rispet-tivamente alla Svizzera nordoccidentale e all’alto-piano bernese, che comunque permettono di deli-neare in gran parte i caratteri del patrimonio del-l’intera Svizzera settentrionale.

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Fig. 13) Chiese con sepolture: chiese a sala con presbiterio rettangolare rientrato, pianta rettangolare e chiese a salacon abside.

La Svizzera nordoccidentale è oggetto della tesidi dottorato di Reto Marti - nella figura 1 è segna-ta in alto l’area nei dintorni di Basilea. Marti hatracciato la storia degli insediamenti della zonafra il IV e il X secolo, analizzando tombe, chiese,insediamenti e fonti scritte: il suo lavoro ha postosolide basi, che saranno indispensabili alle ricer-che future. Sempre la figura 1 mostra in basso unaparte del cantone di Berna entro l’ampio arco deli-neato dall’Aare fra il lago di Thun e quello diBrienz, nonché lungo il corso del fiume sull’altipia-no. Metterò a confronto gli esempi tratti dai din-torni di Basilea, che si vedono a sinistra, con edifi-ci dell’altipiano bernese, sulla base di un lavoro diPeter Eggenberger, dedicato alle chiese lignee ber-nesi11. Io stesso ho finora aggiunto e vi propongo inquesta trattazione una dozzina di ulteriori esempi.

Nella figura 14 gli edifici sacri fino all’800 sonocontraddistinti dalle lettere A-D, mentre quelli piùtardivi non lo sono. Nella figura 15 invece è visua-lizzata la collocazione geografica degli edifici di cuici serviamo come esempi. La possibilità di un con-fronto immediato è offerta dal colore. La lettera A

segnala nella figura 14 una chiara tradizione tar-doromana, mentre nella figura 15 significa unritorno ad essa nel primo Medioevo. La lettera Bnella figura 14 significa: edifici altomedioevali chesi attengono più o meno letteralmente agli esempitardoromani, C segnala gli edifici altomedioevaliquadrangolari dell’altipiano e D si riferisce allechiese a sala con presbiterio rettangolare rientra-to. Nella figura 14 sono segnate con la lettera C lechiese lignee di pianta quadrangolare dell’altipia-no, mentre le chiese con il presbiterio rettangolare“rientrato” corrispondono alla lettera D. Nellafigura 14 sono rappresentati i dintorni delle sediepiscopali tardoantiche di Kaiseraugst e Basilea,mentre la figura 15 mostra la vasta zona dell’alti-piano fra le località romane di Olten e Soletta adest, Avenches ad ovest: un territorio romanizzato,chiaramente ripopolatosi con intensità nell’altoMedioevo. Nei dintorni di Basilea predominano gliedifici precoci, la chiesa episcopale di Kaiseraugst,poi Lausen, un edificio relativamente piccolo conuna tomba importante nel vestibolo e la chiesacimiteriale di Sissach. La tomba nel vestibolo di

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11 Peter Eggenberger, Typologie und Datierung der frühmitte -lalterlichen Holzkirchen des Kantons Bern, Archäologie derSchweiz 2, 1993, pp.93–96. Cfr. anche: Peter Eggenberger, For -schungen an Holzkirchen in der Schweiz, pp. 225–227, F r ü h -

mittelalterlicher Holzbau. Bericht über die 10. Sitzung derArbeitsgemeinschaft ”Mittelalter” in Detmold 1985, a cura diHeiko Steuer, Zeitschrift für Archäologie des Mittelalters 13,1985, pp. 199–227.

Fig. 14) Tipologie di antichi edifici ecclesiastici nel cantone di Basilea campagna.

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1 2 Maria Wi t t m e r-Butsch, Hypothesen zur Deutungausgewählter Quellenfragmente, in Ländliche Siedlungen zwi -schen Spätantike und Mittelalter. Beiträge zum Kolloquium in

Liestal (Schweiz) vom 13. bis 15. März 1995. a cura di MichaelSchmaedecke (Archäologie und Museum 33), Liestal 1995, pp.45–56.

Fig. 15) Antiche chiese a nord e a sud di Berna.

Lausen non è un argomento contrario all’ipotesiche la piccola chiesa servisse ad esempio alla“familia” di un possedimento vescovile, come si èp e n s a t o1 2. Il gruppo delle chiese contrassegnatedalla lettera A domina il campionario; persinoLausen, che all’inizio aveva all’incirca le dimensio-ni delle chiese altomedioevali che si vedono nellafigura 15, è stata ampliata in seguito. Se in prati-ca al di fuori di Muttenz non troviamo che edificiquadrangolari, possiamo forse interpretare questofatto come una minore attrattiva delle valli neidintorni di Basilea per quello strato della popola-zione che usava fondare chiese, a Muttenz comealtrove. A questo stesso strato sociale sono attri-buibili le chiese della tipologia di Schöftland ecce-tera, ma anche le chiese con tombe ad arcosolio oatri destinati alla sepoltura (chiese a sala con pre-sbiterio “rientrato”, eccetera).

La forma delle chiese indica che la nuova éliteera dominata da proprietari terrieri provenientida ovest, e trova conferma anche nella diffusionedelle tombe ad arcosolio. Nell’area del cantone diBerna qui messa in rilievo si constata che gli edifi-ci che risalgono a tipologie più antiche, contrasse-gnate dalle lettere A o B, vengono a trovarsi ai

margini. In realtà però non sorgono affatto in posi-zioni “marginali”, bensì centrali, cioè nelle valli deifiumi Aare e Langeten. Il territorio intorno alquale si dispongono, tuttavia, era coltivato inepoca romana e più tardi venne abitato di nuovo.Le tipologie delle chiese corrispondono a questaimmagine: nel vuoto creatosi fra le località conti-nuativamente abitate dall’antichità si inserisceuno strato di edifici qui segnati con le lettere C e D:chiese a sala rettangolari e chiese a sala con pre-sbiterio rettangolare rientrato, e tutte questecostruzioni sono prevalentemente lignee. Le chie-se a sala con presbiterio rettangolare, segnatedalla lettera D, dovrebbero appartenere, per quan-to riguarda il gruppo più settentrionale, alla tipo-logia di Muttenz, di Schöftland, eccetera, ma rap-presenterebbero una evoluzione più recente, data-bile all’VIII secolo. Soltanto le chiese in pietra diBiel-Mett a nord-ovest e Leissigen (in basso sullacarta) possono essere più antiche.

In generale, o a grandi linee, possiamo dire peril nostro territorio che chiese antiche o che si rifan-no all’antichità, soprattutto di epoca carolingia,sono caratterizzate da un’abside. La chiesa a sala

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Fig. 17) Chiese ed edifici funerari in architettura lignea.

Fig. 16) Edifici ecclesiastici con tombe ad arcosolio secondo la ricostruzione di H.W.Böhme, con integrazioni.

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con abside è inequivocabilmente la forma più dif-fusa nel periodo più remoto e laddove, come neiGrigioni, non lascia emergere altre tipologie, qualila chiesa a sala con presbiterio rettangolare rien-trato, è indice di una ricca tradizione antica, inten-samente conservata. Edifici dalla pianta quadran-golare ricordano sempre antichi mausolei e gene-ralmente debbono essere interpretati come luoghidi sepoltura, chiese cimiteriali, “coemeteria subte-glata”. La sala rettangolare pura si trova dapper-tutto e in ogni epoca; per un verso è la forma piùsemplice, per un altro è molto versatile e può pre-sentarsi come povera, ma anche ampia e grandio-sa, come testimonia ad esempio un gruppo di cat-tedrali carolinge (fra le altre Salisburgo, Wo r m s ,eccetera).

Altrettanto difficile risulta l’interpretazione diquella che viene chiamata “chiesa lignea”. Unachiesa lignea può appartenere a qualunque epoca,tipologia o tecnica costruttiva. Può trattarsi di unriparo sopra una tomba, di una piccola chiesa, diuna sala o di uno spazio a più navate, di una chie-sa retta da sostegni verticali lignei, oppurecostruita su un’armatura lignea orizzontale, econosciamo anche combinazioni delle varie tipolo-gie; è persino possibile che una serie di edifici inpietra costruiti in successione sia interrotta da unedificio ligneo (forse provvisorio?). È comunquepossibile inquadrare storicamente la forma dellachiesa a sala con presbiterio rettangolare rientra-to: rappresenta l’influsso franco nella Svizzera set-tentrionale e orientale, che in genere si esprimeanche attraverso alcune caratteristiche dei costu-mi rinvenuti nelle tombe.

Le fonti scritte ci forniscono informazioni divario tipo, in particolare le Vite dei santi a propo-sito del ruolo e della diffusione del cristianesimonei secoli VII e VIII. Il vescovo alsaziano Etichomanda San Germano nel Giura, non per svolgereopera di missionario, ma espressamente affin c h écon i suoi monaci tenga aperta la strada romanache conduceva a Biel attraverso il passo della Pier-re Pertuis. San Colombano e San Gallo invece tro-vano nella Svizzera orientale tutt’altra situazione.Gallo si era recato con il suo maestro e padre spiri-tuale Colombano, su richiesta del re dell’AustrasiaTeodoberto, nel territorio dell’attuale Svizzeranordorientale, in un castello di nome Turegum (lafutura Zurigo) e in un villaggio sulla costa setten-trionale del lago, chiamato popolarmente Tuccina(l’attuale Tuggen). Come dice il testo della Vita13:“il luogo piacque loro, ma non il malvagio caratte-re degli abitanti. Regnava fra di essi crudeltà ecattiveria, ed erano anche caduti preda della

superstizione pagana. Per cui i servitori di Dio cer-carono di abitare in mezzo a costoro e di insegnarea pregare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Galloperò, del quale ci siamo proposti di celebrare lemeravigliose azioni in quest’opera, per grazia diCristo, aveva seguito fin dall’inizio della sua vitaclaustrale l’esempio di Colombano, uomo di Dio,dividendo le sue fatiche, e ora incominciò ad incen-diare i luoghi sacri dei pagani e a buttare nel lagole offerte che erano state portate agli idoli. Quandogli abitanti della regione videro i loro templi bru-ciati, afferrarono le armi dell’odio, che teneva pri-gioniero il loro cuore e giunsero a decidere diammazzare Gallo, l’uomo di Dio e di cacciare inmalo modo Colombano. Quando san Colombano siaccorse di ciò pregò “Dio, che guidi il cielo, e secon-do la cui volontà tutto si svolge sulla terra, colpisciquesto popolo, in modo che le cattive intenzioninutrite contro i tuoi servitori ricadano sulla suatesta. La sua posterità sia votata allo sterminio(Salmi, 109, 13)! Quando arriveranno nel fioredegli anni, possano essere colpiti da insensibilità epazzia, cosicché, oppressi dal peso dei debiti, rico-

1 3 Autore è il monaco sangallese Wetti, che scrisse la Vita diSan Gallo all’epoca dell’abate Gozberto (816-837), su richiestadell’abate stesso. Wetti morì nell’824: il testo risale quindi aglianni 816-824 e riprende la versione originaria della vita di San

Gallo, redatta intorno al 680, circa 30 anni dopo il decesso delsanto, una fonte che si considera pertanto molto attendibile.C f r. Johannes Duft, Die Lebensgeschichten der Heiligen Gal-lus und Otmar, St. Gallen/Sigmaringen 1988, p. 20 s.

Fig. 18) Sistemi di sostegni verticali lignei: rappresen-tazione schematica.

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Fig. 19) Strada romana attraverso la Svizzera occidentale e percorso dei santi Colombano e Gallo verso San Gallo.

Fig. 20) Strade altomedioevali che attraversavano il territorio della Svizzera.

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Fig. 21) Il territorio della diocesi di Costanza.

noscano la loro vergogna e si convertano! Così sicompirà su di loro la profezia del salmista: La suainiquità ricade sul suo capo e gli piomba sulla testala sua violenza (Salmi, 7, 17).” Quello che We t t idice sugli abitanti di Tuggen sembrerebbe unavaticinatio ex eventu : Wetti ha evidentementeconosciuto gli sviluppi della storia. I figli degli abi-tanti della regione, che Colombano e Gallo aveva-no cercato di convertire invano, si sono poi chiara-mente rivolti al cristianesimo verso la metà del VIIsecolo, forse anche un po’più tardi. Così giungiamoall’incirca all’epoca in cui si suppone che venissefondata la chiesa di Tuggen, datata attraverso ungruppo di tre tombe dotate di corredo funerario. Lacronaca agiografica è indicativa del momento dellaconversione al cristianesimo non solo degli abitan-ti a nord del lago di Zurigo, bensì di una regionepiù vasta. Quello che possiamo concludere da altrefonti, anche se non hanno la stessa affidabilitàdella Vita Galli , indica che la popolazione ruraleintorno alle località centrali maggiori, come adesempio Coira, in genere venne convertita piùintensamente solo nel corso del VII o addiritturadell’VIII secolo. Così, per esempio, i dintorni diCoira nel VI secolo erano ancora in gran partepagani e a Zillis sembra che fino al VI secolo inol-trato si sia praticato il culto mitraico in una grottaprimitiva molto vicina alla chiesa cristiana del Vsecolo. D’altra parte nel VI secolo comunità cri-

stiane situate intorno agli antichi centri si rivolse-ro di nuovo al paganesimo. A Bregenz Colombano eGallo, ad esempio, trovarono una chiesa già dedi-cata a Sant’Aurelia, che recava tre immagini di deinelle sue tre nicchie -si trattava forse di una pre-coce chiesa a sala triabsidata?

Le fonti narrative ci informano che nella Sviz-zera settentrionale e orientale, dove a differenzadi quella occidentale e del Giura a partire dal VIsecolo risiedevano soprattutto Alamanni, era incorso un’attività missionaria. Il territorio degliAlamanni è più o meno identico alla porzione sviz-zera di quella che fu la diocesi di Costanza, fonda-ta come si crede intorno al 600 come episcopatoalamanno.

In questa parte del paese, la Svizzera setten-trionale e orientale, prevale però la tipologia dellachiesa a sala con il presbiterio rettangolare rien-trato. Si può ritenere che questa forma sia caratte-ristica delle chiese donate da privati, in quanto visi rinvengono frequentemente ricche tombe, o per-lomeno è la forma più facilmente riconoscibilecome tale. Si tratta di chiese private nelle qualiveniva celebrata l’eucarestia, per esempio per laf a m i l i a dei proprietari terrieri e nelle quali pote-vano essere anche sepolte persone particolarmen-te privilegiate -la famiglia del proprietario o alme-no coloro che avevano fatto costruire la chiesa. Sesi considera il numero elevato di edifici sparsi intutta la regione, si può immediatamente percepireche la cristianizzazione del paese intorno ai centririmasti cristiani dipendeva meno dai vescovi -iquali avrebbero piuttosto favorito forme architet-toniche tradizionali- che non dai proprietari ter-rieri, una sorta di “nobiltà” privata, che volevasoprattutto assicurarsi la salute dell’anima e laconservazione della memoria.

La problematica può essere precisata sullabase di alcune constatazioni e riflessioni cheriguardano le tipologie dell’architettura ecclesia-stica e i corredi funerari. La figura 22 mostra unacarta che segnala la diffusione delle tombe nellechiese all’interno del gruppo numero 2 definito nel1993 da Anke Burzler. Gli esempi che risalgonoagli anni compresi fra il 570 e il 590 sono segnaticon un punto scuro, mentre quelli che si collocanofra il 590 e il 610 si distinguono con il triangolinonero. Entrambi i gruppi sono concentrati in granparte sul territorio dell’attuale Svizzera setten-trionale e orientale. La figura 23 segnala la diffu-sione delle crocette in lamina d’oro, dove si consta-ta che in Svizzera non ne sono state trovate.

Come si spiega questo fenomeno, se il legamefra le crocette d’oro trovate nella Germania meri-dionale con quelle longobarde dell’Italia settentrio-nale rimane indiscutibile e in generale si supponeche una missione venuta da sud sia passata dai

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Fig. 22) In alto: diffusione delle crocette in lamina d’oro secondo la ricostruzione di H.W.Böhme (veduta parziale). Inbasso: diffusione delle tombe nelle chiese dello strato numero 2, 570-590 (punto nero), 590-610 (triangolo nero)secondo la ricostruzione di Anke Burzler.

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Fig. 23) Carta con sovrapposizione dell’area di diffusione delle crocette di lamina d’oro e delle chiese con ”tombe deidonatori”: chiese a sala prevalentemente con presbiterio rettangolare.

Grigioni e da Coira? Si dovrebbe supporre, invece,che sia esistito una sorta di blocco che impedì lapenetrazione missionaria longobarda dall’Italiasettentrionale nel territorio della Svizzera, giac-ché, da quanto abbiamo detto finora dovrebbe esse-re evidente che non ci fosse più necessità di missio-ni nelle montagne svizzere. Ma se la cristianizza-zione venne attivata dall’esterno, allora occorrepensare che provenisse in questa fase non dal sud,ma dall’ovest, sotto l’egida dei Franchi, che domi-navano il territorio elvetico dal 536. Le chiese asala con presbiterio rettangolare rientrato - ma nonsolo loro - lo testimoniano; dal punto di vista crono-logico si può collocare lo sviluppo di questa tipolo-gia costruttiva nel nostro territorio prima dellacomparsa delle crocette in lamina d’oro nella Ger-mania meridionale, alla fine del VI secolo. Il grup-

po delle chiese dotate di tombe si identifica invececon l’influsso franco, esplicatosi già prima, intornoalla metà del VI secolo. Questo influsso si può con-siderare già stabilmente ancorato nella Svizzerasettentrionale ed orientale quando incomincia lamissione alamanna nella Germania meridionale,caratterizzata dalle crocette d’oro. E perché è così?I Franchi avevano preso questo territorio a Te o d o-rico e per loro era molto importante che rimanesse-ro aperte le strade che attraverso le Alpi conduce-vano all’Italia settentrionale, come si ricava anchedalle istruzioni ricevute da Gallo e Colombano e dalloro itinerario seguito all’inizio del VII secolo. Èpossibile che abbiano dato espressione a questavolontà anche con la (ri?)-fondazione della sedevescovile di Basilea, nonché con la sottomissionedella val Venosta a Coira, dando seguito per un

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verso all’antica regola di far coincidere le divisionicivili con quelle religiose, d’altra parte, almenonelle intenzioni, controllando efficacemente il ter-ritorio e i passi alpini ivi compresi. Se si fa un con-fronto con il compito dato al convento di Moutier-Grandval di custodire le strade nel Giura, emergecon chiarezza come la volontà di garantire la sicu-rezza delle strade e dei principali passi alpini fosseuna delle preoccupazioni prioritarie dell’epoca1 4.

Senza volerlo siamo passati dalla cosiddetta“archeologia degli edifici ecclesiastici” alla storiapolitica e culturale generale della Svizzera altome-dievale: la forza espressiva di grande complessitàe pure così concreta degli edifici sacri medievali,propria non solo delle chiese conventuali, vescovilio di pellegrinaggio, bensì anche delle semplicichiese rurali, riesce sempre ad affascinarci dinuovo.

Traduzione di: Vera Segre Rutz

1 4 C f r. Knut Schaeferdiek, Art. Bekehrung (Alemannen), inReallexikon der Germanischen Altertumskunde 2, 1976, p.184, e Horst Wolfgang Böhme, G o l d b l a t t k r e u z e, ebda., 12,1998, pp. 312–318 (Bibliografia). Inoltre Anke Burzler, in

Markus Höneisen, Frühgeschichte der Region Stein am Rhein.Archäologische Forschungen am Ausfluss des Untersees (Anti-qua 26 –Schaffhauser Archäologie I), Basel 1993, pp. 191, 218ss., 222 ss., 229, 390.

FONTI DELLE IMMAGINI:

1 Sfondo: carta in rilievo dell’Ufficio Topografico Fede-rale, Berna.

2 Hektor Ammann, Karl Schib, Historischer Atlas derSchweiz, Aarau 1951, p.13.

11 Sion secondo la ricostruzione di Alessandra Antoni-ni, Sion VS, Sous-le Scex, ein spätantik-frühmittelalter -licher Bestattungsplatz. Gräber und Bauten, tesi di dot-torato, Zuirgo 2000 (dattiloscritto).

Gli esempi ginevrini sono tratti dalle pubblicazioni diCharles Bonnet:

Charles Bonnet et Béatrice Privati, Saint-Gervais àGenève: les origines d’un lieu de culte, in: A r c h ä o l o g i eder Schweiz 14, 1991, 2, p. 210. - Patrimoine et architec-ture, cahiers no. 3, août 1997: Autour de l’église. Fouillesarchéologiques à Genève 1967-1997,

e di Jean Terrier (Meinier)

12 Oberwil, Muttenz, Sissach secondo la ricostruzionedi Reto Marti (cfr. nota 1)

14 Secondo la ricostruzione di H.W.Böhme, in: Archäo-logisches Korrespondenzblatt 1989, Heft 3, p. 287. Inte-grata dagli esempi di Svitto e Schiers.

22 In alto: secondo la ricostruzione di H.W.Böhme, Art.Goldblattkreuze, in: Reallexikon der GermanischenAltertumskunde, vol. 12, 1998, p. 315.

In basso: secondo la ricostruzione di Anke Burzler, in:Markus Höneisen ( a cura di), Frühgeschichte derRegion Stein am Rhein. Archäologische Forschungen imAusfluss des Untersees (Antiqua 26 / SchaffhauserArchäologie 1), Basel 1993, ill. 187, p. 231.

Ad eccezione delle carte alle figure 2 e 22, nonché dellepiante di Sion, Sous-le-Scex, Genève, St-Gervais, Mut-tenz, Oberwil e Sissach, tutti i disegni sono stati esegui-ti da Alfred e Niklaus Hidber (Ufficio Sennhauser).

In una recente sintesi, aggiornata al 1998(BROGIOLO et al. 1999) sono state pubblicate 82schede di altrettanti luoghi di culto dell’Italia set-tentrionale databili tra il V e il IX secolo. Nel cen-simento sono stati considerati solo gli edifici conuna cronologia attendibile, indipendentementedalla funzione che non sempre è accertata. Il cam-pione analizzato, seppur significativo, è fortemen-te lacunoso: ad esempio, non sono state inseritenel catalogo le chiese testimoniate solo da restiepigrafici e di arredo liturgico, particolarmentenumerose per i secoli VIII-IX secolo, né quellemenzionate da fonti scritte. Dopo il 1998, numero-si scavi hanno messo in luce nuovi luoghi di culto:soltanto quelli pubblicati nel Notiziario 1998 dellaSoprintendenza archeologica della Lombardiariguardano ben 17 luoghi di culto, la maggior partedei quali con fasi tra V e VIII secolo.

La distribuzione dei dati censiti non è omoge-nea. Un terzo circa si concentra nel territorio anord di Milano (diocesi di Milano, Como, Novara)per un totale di 27 chiese alle quali sono da aggiun-gere le 39 censite per il Canton Ticino (diocesi diMilano e Como). Un totale dunque di 56 che equi-vale per numero a tutte le rimanenti dell’Italiasettentrionale (55). Tra queste, emergono altri treterritori rappresentati peraltro da modesti cam-pioni: quello delle diocesi di Trento e Verona (13),quello friulano pertinente alle diocesi di Aquileia eZuglio (11) ed infine quello dell’area bizantina del-l’esarcato (7).

È evidente che l’unico territorio con buonadocumentazione è quello a nord di Milano, ed è suquesto che si possono costruire alcune ipotesiinterpretative da confrontare con quelle proposteper alcune regioni d’oltralpe. In particolare mipaiono significative quelle avanzate da Reynaud(1999) per la Francia e da Sennhauser (1989 e inquesto volume) per la Svizzera.

Il recente contributo di J.F. Reynaud (1999)sull’adattamento e la riorganizzazione ecclesiasti-ca in Gallia tra VII e VIII secolo, individua tre pro-cessi di trasformazione: (1) la ricristianizzazionedi numerose regioni grazie alla conversione delle

élites germaniche; (2) il contemporaneo abbando-no dei cimiteri aperti e l’affermazione delle inuma-zioni presso le chiese che divengono il centro diattrazione dei nuovi villaggi; (3) la ridefinizionedelle prerogative del presbiter e conseguentemen-te dell’ecclesia da lui retta, con la diffusione dellapratica del battesimo dei bambini e l’assunzione direndite patrimoniali.

Per l’Italia settentrionale siamo ben lontani dauna sintesi e, per alcuni degli aspetti sottolineatida Reynaud, brancoliamo nel buio. Nulla sappia-mo di eventuali processi di ricristianizzazione inalcune regioni, anche se la generale continuità deiluoghi di culto tardo antichi nella maggior partedelle aree considerate (infra) porterebbe ad esclu-dere fenomeni diffusi di ritorno al paganesimo. Mapoco conosciamo anche delle fasi di conversioneall’ortodossia romana delle componenti pagane,ariane e tricapitoline della società tra VII-VIIIsecolo, temi sui quali non si è andati finora aldilàdei contributi degli storici (si pensi, ad esempio, ailavori del Bognetti sulle attività missionarie orien-tali (riassunti in BOGNETTI 1966), mentre è deltutto assente qualsiasi informazione archeologica.

Anche il problema del contesto insediativo nelquale sorgono le chiese sembra al di fuori degliinteressi della maggior parte degli archeologi,mentre solo occasionalmente è stato indagatodagli storici (in particolare da Settia, per la cuibibliografia si veda il contributo di Azzara in que-sti atti). In larga misura, coincide con la fine delleville romane e la nascita dei villaggi altomedieva-li, fenomeno che si sviluppa su un ampio arco tem-porale, praticamente dal V al X secolo, ma proprioil VII secolo appare cruciale in quanto coincide, inmolti regioni, con il radicamento della nuova ari-stocrazia longobarda nelle proprietà rurali. Pro-prio all’interno di questo processo è da verificare latendenza alla concentrazione in villaggi rispettoalla tenuta dell’insediamento sparso tardo romanoincentrato sulle ville.

L’evoluzione degli aspetti devozionali è mate-ria che attende ancora studiosi in grado di definir-la, sia sulla base delle fonti scritte, puntuali neldescrivere il culto delle reliquie dall’età liutpran-

LUOGHI DI CULTO TRAVII E VIII SECOLO: PROSPETTIVE DELLA R I C E R C AA R C H E O L O G I C A

A L L A LUCE DEL CONVEGNO DI GARDA

Gian Pietro Brogiolo

Gian Pietro Brogiolo 199

dea in poi (TOMEA c.s.) sia di quelle archeologi-che, che attraverso i vani e le nicchie destinate adospitare i reliquiari ne mostrano una continuitàdal tardo antico in poi.

Tutti questi temi sono importanti ed è chiaroche lo studio delle chiese altomedievali dovrebbeessere affrontato con sistematicità.

In primo luogo con una dettagliata descrizionedegli edifici, dei quali serve conoscere non solo laforma (pianta, aperture, organizzazione interna),e le dimensioni, ma anche le tecniche costruttive dimurature, pavimenti, soffitti e coperture, le deco-razioni, l’eventuale arredo liturgico. Fondamenta-li sono anche la documentazione delle sepolture(posizione, forma, tecnica costruttiva, corredo eritualità della deposizione) e i rapporti con il con-testo insediativo. Informazioni che vanno distri-buite nella sequenza del luogo di culto e dunquearticolate nei periodi principali individuati.

E proprio da questo punto di vista appare prio-ritario affinare la periodizzazione e l’interpreta-zione funzionale. Distinguere, come in questasede, le chiese di VII e VIII, rispetto a quelle piùantiche e posteriori, è certo valido in una primaapprossimazione, ma occorre proporsi l’obiettivodi scansioni ancora più circoscritte. Appare inoltreauspicabile un’attenzione peculiare per il VII seco-lo, un periodo filtro non solo, come si è detto, perl’insediamento, ma anche negli aspetti ideologici,per il serrato confronto tra ariani, scismatici eortodossi. Per questo secolo cruciale è inoltre indi-spensabile riconsiderare sistematicamente i luo-ghi di culto in rapporto alle aree cimiteriali e ai ritifunerari, non solo per verificare la relazione tracimiteri aperti e sepolture presso le chiese, maanche per valutare, caso per caso, le strategiefamiliari ai diversi livelli sociali. Le datazioni, nonlimitate ai tradizionali corredi funerari, non sem-pre presenti nelle sepolture, bensì fondate su ana-lisi sistematiche al C14 sembrano offrire un qua-dro inedito dell’edilizia religiosa del VII secolo.

Sull’evergetismo di VIII secolo abbiamo dasempre migliori informazioni, grazie alle fontiscritte che lo mostrano come il risultato del con-fronto in atto tra le diverse componenti delle ari-stocrazie sia all’interno di un singolo ducato, siatra un centro di potere e l’altro (MITCHELL2000).Aristocrazie che, dopo la conversione delle mino-ranze ariane e pagane, si muovono ormai alla con-quista delle sedi laiche ed ecclesiastiche del pote-re, avendo come punto di riferimento la città ecome riferimenti culturali le corti e gli episcopia(GASPARRI 2000).

In secondo luogo, è sempre più chiaro come lostudio delle campagne, e delle chiese che vi sonostate costruite, non possa essere disgiunto da unariflessione complessiva sull’interazione città-terri-

torio (su questi temi si vedano i contributi in BRO-GIOLO, GAUTHIER, CHRISTIE 2000).

Le ricerche sulla campagna altomedievaledevono però collocarsi in una prospettiva gerarchi-ca diversa rispetto all’età antica, sia dal punto divista economico che sociale. A partire dal V secoloe con un sviluppo che appare pienamente dispie-gato nel VII e nell’VIII, si va affermando un pro-cesso di gerarchizzazione delle campagne grazieall’emergere di nuovi importanti centri demici (igrandi c a s t r a) e di una costellazione di insedia-menti nucleati minori che allentano, e in taluniterritori spezzano il rapporto città campagna,anticipando fenomeni che avranno pieno sviluppoin età feudale.

La nuova gerarchia insediativa induce unadattamento della rete dei luoghi di culto conmodalità che dobbiamo presumere altamentepragmatiche, all’interno delle quali le aristocrazielaiche ed ecclesiastiche hanno largo spazio dimanovra per rinforzare la propria immagine ed ilproprio potere (CRACCO RUGGINI 1998). Lacostruzione della chiesa, come ha sottolineato datempo Heiko Steuer (1989) per l’area merovingia,è uno degli elementi che contribuisce a fissare l’in-sediamento nel quale emerge come classe dirigen-te la nobiltà dei fondatori di chiese.

In questi processi, tra fine VII e VIII secolo,appare rilevante, anche se da valutare regione perregione, il ruolo dei monasteri (CANTINO WATA-GHIN 2000). Nella loro fondazione si esprimono,in modo ancora individualistico ed occasionale, siale pulsioni di una società che vive ormai con inten-sa e sincera partecipazione la nuova fede, divenu-ta peraltro componente essenziale del sistema dipotere (ERHART, DE YONG 2000), sia le strategiefamiliari di conservazione del patrimonio e delrango sociale in un periodo nel quale erano soven-te in balìa del mutevole favore dei potenti (LAROCCA1998).

Questo convegno non pretendeva di offrirerisposte esaustive a tutti i problemi che lo studiodei luoghi di culto altomedievale comporta. Sualmeno sei ha però fornito indicazioni quanto maistimolanti.

1. Continuità e cesura nell’utilizzo dei luoghidi culto paleocristiani

Tra Lombardia e Piemonte sono rari i casi diluoghi di culto, si tratti di oratori funerari o dichiese battesimali, che rechino segni di distruzio-ne violenta. Sembrano costituire eccezione leregioni confinarie.

In Alto Adige, le grandi chiese paleocristiane diBolzano vengono riedificate in pianta ridotta dopoun abbandono di un paio di secoli, S. Lorenzo di

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Sebato, viene utilizzata per scopi profani fin dal Vsecolo (Nothdurfter).

Nel Friuli, su un campione di 17 edifici con datiarcheologici, tre hanno evidenze di incendio (S.Martino di Ovaro, complesso cultuale del colle diZuca e S. Lorenzo di Buia), e due di attività cheparrebbero incompatibili con un luogo di culto (lechiese di S. Giorgio di Nogaro e S. Pietro di Rago-gna). Tutte queste cesure si collocano tra VI e VIIsecolo e sono riferite da Aurora Cagnana alle inva-sioni longobarda e avara.

Talora sono attesati usi domestici, plausibilmen-te occasionali, come nel caso della parrocchiale diCivezzano (Ciurletti), di S. Vincenzo di Sesto Calen-de (BROGIOLO e al. 1983) e del battistero di Cureg-gio (Pantò, Pejrani), ma sarei cauto nel collegarequesti fenomeni sempre ad una perdita di funzione.

Del resto, anche tutte le chiese distrutte daincendio e abbandonate, riprendono la funzioneliturgica. La norma, come è stato osservato (BRO-GIOLO, GELICHI, WATAGHIN 1999), è unsostanziale rispetto per il culto. Le chiese battesi-mali appaiono dunque stabili, non solo perchéinvestite di una funzione giuridica, ma anche per-ché spesso, ad esempio quelle lungo le strade, ven-nero fondate non in rapporto ad un singolo sito maad un territorio che in quelle strade aveva unpunto di riferimento.

Da segnalare il caso di Dorzano (Pantò, Pejra-ni), con un ampliamento, dovuto ad incrementodemografico, nel corso del VII secolo, seguito da unabbandono nel IX, a seguito di una riorganizzazio-ne che comporta il trasferimento della cura d’ani-me in altra sede.

2. Chiesa e insediamento

Nella maggior parte dei casi, il rapporto trachiesa e insediamento, non compare nelle relazio-ni di scavo che si limitano a considerare il sololuogo di culto. Grave lacuna che non appare com-pensata dalle poche eccezioni. La più significativaè certo quella di Mombello in Piemonte, presenta-ta in questo convegno da Gabriella Pantò e Luisel-la Pejrani, sia per la qualità della sequenza (villarustica romana, abbandono, rioccupazione con edi-fici in tecnica povera, un nuovo edificio di VII seco-lo coevo alla chiesa privata), sia per la possibilitàdi attribuire il settore occupato nel VII-VIII secoload una famiglia aristocratica longobarda che si faseppellire in una chiesa privata, a duecento metridi distanza dalla propria casa, mantenendo ilcostume funerario germanico. Mombello offre dun-que il dato archeologico del radicamento dell’ari-stocrazia longobarda nelle proprietà terriere, sug-gerito con informazioni più frammentarie anchealtrove, ad esempio da analoghi casi lombardi aTrezzo, Palazzo Pignano, Garbagnate Monasteroecc. (De Marchi).

È questo solo un aspetto di un rapporto piùampio, che va valutato a scala regionale, attraver-so una molteplicità di parametri archeologicamen-te rilevabili, tra luoghi di culto e (a) ville romane,(b) castelli tardo antichi-altomedievali, (c) villaggiromani e di nuova fondazione, (d) necropoli, (e)viabilità. Segnalo, per l’Italia settentrionale, ilavori di Marina de Marchi (1994, 1997) per laLombardia, di Micheletto e Pejrani (1997) per ilPiemonte, di Bierbrauer (2001) per il Friuli.

3. Tipologia dei luoghi di culto

Dalle relazioni, integrabili con altri dati, è possi-bile ricavare un primo censimento delle tipologieattestate nelle campagne dell’Italia settentrionale:

(a) chiese a semplice aula rettangolare, parti-colarmente diffuse nel patriarcato di Aquielia edunque anche in Friuli, a S. Martino d’Asio, S.Lorenzo di Buia, S. Andrea di Venzone, colle diZuca.

(b) chiese ad aula unica e abside semicircola-re, il tipo più semplice e più diffuso: in Friuli S. Sil-vestro di S. Salvatore di Maiano e S. Martino diRive d’Arcano, in Lombardia-Canton Ticino a S.Stefano di Garlate, SS. Agata e Sisinnio di Ossuc-cio, S. Zenone di Campione, S. Pietro di Dongio,SS. Nazaro e Celso di Airolo, SS. Quirico e Giulet-ta di Melide, S. Pietro a Campione, S. Martino II diSonvico, S. Stefano III di Muralto, S. Paolo diArbedo, in Alto Adige a S. Giacono a Soeles e S.Giorgio di Corces, in Trentino a Fornace S. Stefano(abside aggiunta ad un’aula rettangolare), parroc-chiale di Civezzano, S. Tomè di Mori, S Martino diCastel Drena e S. Martino di Campi sopra Riva delGarda, SS. Dionisio, Rustico ed Eleuterio di Bleg-gio;

(c) chiese ad aula unica con abside rettango-lare: in Friuli, S. Pietro di Ragogna, S. Maria Mad-dalena di Invillino, SS. Gervasio e Protasio diNimis, in Lombardia Canton Ticino a S. Martinodi Trezzo, Garbagnate monastero, S. Giorgio diMorbio inferiore, in Alto Adige a S. Procolo diNaturno con abside trapezoidale;

(d) chiese ad aula unica e tre absidi: Civezza-no II, oltre alle ben note S. Benedetto di Malles,Sirmione S. Salvatore che si rifanno agli esempi diS. Felice di Pavia e S. Maria d’Aurona di Milano;

(e) chiese con transetto e tre absidi (pianta aT): S. Maria in Silvis a Sesto al Reghena (ex VII-inVIII), S. Salvatore I a Brescia, Sabiona chiesa sulpendio;

(f) chiesa a croce latina con cupola e torrecentrale, come S. Pietro di Quarazze, datata traVIII e IX secolo, che ha confronti nel S. Zeno diBardolino e nel S. Pietro di Gazzo veronese. Moltedi queste chiese sono provviste di atrio ( S. Mariain Silvis a Sesto al Reghena (in una seconda fase di

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metà VIII), S. Tomè II di Carvico, S. Zenone diCampione), talora aggiunto, un paio soltanto diwestwerk in facciata (S. Stefano di Cesclans e SS.Gervasio e Protasio di Nimis)

La tecnica costruttiva, nella stragrande mag-gioranza dei luoghi di culto, è in muratura, preva-lentemente con legante di malta. Raramente conargilla (S. Benedetto di Malles ). Pochi sono gli edi-fici lignei, per ora concentrati tra Lombardia-Can-ton Ticino (S. Tomè di Carvico) e Tr e n t i n o - A l t oAdige (S. Giorgio di Foiana, S. Valentino a Salo-netto, Vigo di Fassa).

4. Funzione

Quanto a funzione quattro sono le categorie diluoghi di culto, documentati in area rurale, di cuisi è trattato in questo convegno:

(a) chiese con cura d’anime, nella stragrandemaggioranza dei casi di fondazione più antiche delperiodo considerato in questa sede; non mancanoperaltro eccezioni, come ad Invillino colle Santina,dove la vasca, ubicata nell’atrio di una chiesa adaula rettangolare con abside quadrata, viene data-ta all’VIII secolo (Cagnana), e a Fiera di Primiero,collocata nella navata e attribuita ad età carolin-gia (BOMBONATO, RAVAGNAN 1997);

(b) chiese con funzione funeraria, sovente diorigine tardo antica, appartenenti ad un gruppo,come s. Agata e Sisinnio di Ossuccio, S. Vittore diTerno d’Isola, forse S. Stefano di Garlate (De Mar-chi), la chiesa di Ticineto (Pantò, Pejrani), quellatardo antica di S. Maria del Pernone di Arco (Ciur-letti);

(c) chiese con funzione funeraria, apparte-nenti ad una famiglia di proprietari terrieri. Oltrea quella di Mombello, di cui si è già fatto cenno, vene sono numerose altre: in Alto Adige, quella di S.Stefano di Burgusio, le due o tre chiese di S. Gior-gio di Corces, quella di controversa interpretazio-ne e datazione di S. Proculo di Naturno (Nothdurf-ter); in Trentino, quelle di S. Stefano di Fornace, S.Tommaso di Mori/Vignolo, S. Martino di Stenico(Ciurletti); in Lombardia-Canton Ticino, quelle diS. Zenone di Campione d’Italia, S. Lorenzo diGudo, S. Antonio di Besazio, S. Carpoforo di Gor-duno, SS. Nazaro e Celso di Airolo, SS. Quirico eGiulitta di Melide, S. Pietro a Gravesano, SS.Nazaro e Celso di Garbagnate (De Marchi). In Pie-monte, la chiesa di Sizzano, fondata nel V secolodai proprietari di una villa; viene utilizzata in fun-zione funeraria solo nel corso del VII (Pantò, Pej-rani);

(d) santuari sorti attorno ad una tomba di un

santo, come S. Giulio d’Orta e S. Lorenzo di Gorza-no, trasformata in funeraria nel VII secolo (Pantò,Pejrani);

Nell’alto medioevo sembrano rari i mutamentidi funzione da funeraria a battesimale e viceversa.Ben attestato è ancora una volta un caso piemon-tese, quello di Centallo (Cn). Il luogo di culto conannesso battesimale, fondato nel V secolo da unproprietario terriero, perde il battistero nel VI,plausibilmente perché trasferito ad altra chiesabattesimale e viene utilizzato come chiesa funera-ria della comunità sviluppatasi nell’ambito dell’a-zienda agricola (Pantò, Pejrani). Al contrario, nelS. Giovanni Battista di Cesano Boscone il battiste-ro viene realizzato in un vano laterale dell’edificiopaleocristiano, già adibito ad uso funerario (Cere-sa Mori 1996).

Talora, nel VII secolo la chiesa battesima-le viene integralmente ricostruita come nel casodel S. Pietro nel castello di Ragogna, in Friuli(LUSUARDI SIENA, VILLA1998).

Più costante sembra invece la fine dell’usofunerario di molte cappelle private nel corso dell’-VIII secolo, da mettere in relazione, come sottoli-neano Pantò e Pejrani, con la riorganizzazione ple-bana della cura d’anime, processo questo assailungo che avrà come conseguenza la rarefazione dinuove fondazioni private e forse anche le situazio-ni di abbandono e rovina menzionati nei capitolaridi Lotario dell’825 e 832 (Azzara).

5. Complessi polifunzionali

La ricerca sulle chiese rurali ha da tempomesso in luce come talora esistessero più edifici,ciascuno con una propria funzione. Oltralpe sonoben noti i casi d’Isle le Jourdain e del castrumd’Auxerre (REYNAUD 1999). Una situazionesimile è spesso ipotizzabile anche in Italia setten-trionale sulla base di fonti eterogenee (come adesempio per Garlate, ove vennero presumibilmen-te fondate tra V e VII secolo ben tre chiese: S.Agnese con cura d’anime, S. Stefano con funzionefuneraria e S. Vincenzo, da identificare forse nelbattistero: Brogiolo c.s.). Più rari i casi documen-tati archeologicamente: Isola Comacina, A p p i a n oGentile, Muralto.

Il doppio luogo di culto risponde all’esigenza,sentita almeno fino al VI secolo, di tenere distintela chiesa con cura d’anime, talora provvista di bat-tistero localizzato in un edificio indipendente, e lachiesa funeraria. Forse la stessa dedica serviva ariconoscere la differente funzione, se non è casualeche a Garlate, Muralto e Appiano, la chiesa fune-raria sia intitolata a S. Stefano, ma su questi temioccorrerebbe riprendere gli studi con metodi piùcritici e più contestualizzati di quanto si è fatto inpassato.

LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E202

La presenza di più luoghi di culto è probabil-mente il risultato di un processo che inizia nel V edè ancora in atto nel VII, se a quel secolo si possonodatare le trasformazioni in chiesa di precedentimausolei, come è stato proposto per Muralto eGarlate.

Anche per questo interessante problema storio-g r a fico, servono ricerche archeologiche mirate edesaustive che si rivolgano non solo a tutti i luoghidi culto documentati, ma anche alle aree cimite-riali e agli edifici residenziali collegati.

6. Processi di acculturazione

Non vi è evidenza di processi di ricristianizza-zione, quali quelli attestati nella Svizzera, cui hafatto cenno Sennhauser nel suo intervento, masolo di adesione al Cristianesimo delle componentipagane immigrate con l’invasione longobarda e aseguito della colonizzazione slava tra IX e X seco-lo.

Sui modi in cui si espresse la conversione deiLongobardi al cristianesimo, particolarmentesignificativi mi paiono gli esempi di costruzione diun luogo di culto in una precedente area cimiteria-le aperta, come a Trezzo S. Martino, S. Lorenzo diGudo (De Marchi), S. Stefano di Cesclans (Cagna-na), S. Procolo di Naturno e S. Giorgio di Corces

(Nothdurfter), situazioni che trovano confronti conl’area merovingia (Sennhauser).

Quanto a fenomeni più tardi di conversione,Aurora Cagnana nel suo esauriente contributoallude ad una serie di sepolture con elementi dicorredo paleoslavo (su cui vedi anche BROGIOLO,POSSENTI 2001). Si tratta di forme di colonizza-zione, presumibilmente di IX-X secolo, del tuttoanaloghe a quelle che si verificarono in Istria altempo del duca Giovanni, subordinato del marche-se del Friuli, e che provocarono le lagnanze deiromani che sfociarono nel famoso placito di Risanodell’804. I colleghi croati (esaurienti sintesi inBizantini, Croati, Carolingi) hanno da parte lorosottolineato gli aspetti archeologici ed architetto-nici del processo di evangelizzazione, nel corso delIX secolo, dei territori dalmati soggetti ai conticroati, ad opera di missionari provenienti dalPatriarcato di Aquileia.

I luoghi di culto, che, a tutt’oggi, costituisconola fonte archeologica principale per lo studio del-l’altomedioevo, meriterebbero infine di essereindagati come testimonianza delle aristocrazierurali. Alcuni spunti sono certo emersi dalle rela-zioni e dalle discussioni, purtroppo non pubblica-te, ma su questi temi occorrerà tornare a confron-tarsi in altre occasioni.

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LE CHIESE TRAVII E VIII SECOLO IN ITA L I AS E T T E N T R I O N A L E204