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... e nel cuore il mondo

Sogno proibito lettera..“d’oro” pag. 32 Come viviamo l'anno della vita consacrata? pag. 36 sorgenti di vita Dio chiama: ma a quale fine? pag. 38 Momento spirituale in serenità ed armonia pag. 42 Si è spenta una luce… si è accesa una stella pag. 43 notizie Si Chiamerà: Pensionato "Beato Ferdinando Maria Baccilieri" pag. 44 Anche le suore “Serve di Maria di Galeazza” sono online!!! pag. 45 XXX Marcia notturna pag. 46

editoriale Eppure gioia pag. 3

approfondimenti Volevo dirvi una parola e la parola è gioia pag. 4 Per quali motivi rallegrarsi:

segni di gioia pag. 9

Esperienze di gioia possibile pag. 10 Scintille di gioia pag. 13

La gioia cristiana pag. 15 Non sono mancate gioie

e soddisfazioni pag. 17

testimoni di gioia al femminile Volti di donna che “fanno” un altro mondo pag. 18

arte e preghiera Icona “Maria accepit libram nardi puri et unxit pedes Jesu” pag. 21

... e nel cuore il mondo Fraternità: chiesa e società pag. 29

Messaggio del santo Padre per la campagna di fraternità pag. 30

QUADERNI DI GALEAZZASETTEMBRE - DICEMBRE 2014N. 3 - ANNO XXII - Sped. in abb. post. - 50%Aut. N. 6154 del 15 dicembre 1992del Tribunale di BolognaProgetto Grafico: Simona Cartechini

Stampa: Digi Graf s.n.c. Pontecchio Marconi (Bo)

all’interno: foto delle Serve di Maria di Galeazza.

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EPPURE GIOIA«“Quali sogni abitano il futuro?” È il “filo rosso” che guiderà la rivista di quest’anno!!! La prima risposta è: LA GIOIA. Tutti, da sempre, in ogni angolo della terra cercano la felicità e non solo nel futuro, ma già da oggi! Ne è prova anche una canzone dei Modà: “Eppure gioia, se penso che son vivo, anche in mezzo al casino. Eppure gioia, se penso che da ieri, io sono ancora in piedi”. E Papa Francesco ci dice: “Alcune volte questi cri-stiani malinconici hanno più faccia da pe-peroncini all’aceto che proprio di gioiosi che hanno una vita bella”. Ecco allora al-cuni “segni” di gioia: nella vita consacra-ta (quest’anno è appunto dedicato a questa specifica vocazione!), nel dare una famiglia a chi non ce l’ha, nella condivisione vissuta tra famiglie, nello scoprire la gioia come an-tidoto alla malinconia, nel fare esperienza di un servizio tra persone diversamente abili e comprendere che c’è più gioia nel dare che nel ricevere”…., e vivere secondo la voce di Neemia: “Non siate tristi; perché la gioia del Signore è la vostra forza”. Neemia 8,10. L’icona ci presenta l’unzione di Betania e la gioia di mettersi ai piedi di Gesù e di inondare di profumo-bellezza tutta la casa-comunità. Nella seconda parte della rivista ascolteremo la voce del Brasile che invita, nella annuale campagna della fraternità, alla gioia del ser-vizio ad ogni persona e alla testimonianza felice di 50 anni vissuti nel dono totale di sé, della Corea nella gioia di celebrare l’anno della vita consacrata, di un Parroco che affer-ma che Dio ci chiama per “realizzare un so-gno”, di un piccolo servizio rivolto a malati di Alzheimer. La rivista termina con alcune notizie. La conclusione della vita terrena di Don Marino Ghini, successore, silenzioso e sereno, del Beato Ferdinando M. Baccilieri

a Galeazza, la gioia di vedere terminato il pensionato per ragazze in Indonesia e il suo prossimo avvio, la soddisfazione di essere anche noi “on line” per poter comunicare la gioia e la speranza, ed infine la XXX Mar-cia nazionale della Famiglia servitana che si svolgerà nella “terra dei fuochi” dal tema: “Ai piedi delle infinite croci nelle periferie dell’umanità” per portare speranza e gioia… E non possiamo chiudere l’editoriale senza augurarvi l’unica gioia vera e totale: Cristo è risorto, è veramente risorto e cantare:

Che gioia ci hai dato,Signore del cielo,

Signore del grande universo,che gioia ci hai dato, vestito di luce,

vestito di gloria infinitavestito di gloria infinita.

Vederti risorto, vederti Signoreil cuore sta per impazzire.

Tu sei ritornato, tu sei qui tra noie adesso ti avremo per sempree adesso ti avremo per sempre.

fel ice pasqua a tutti i le t t o ri La Redazione

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VOLEVO DIRVI UNA PAROLA E LA PAROLA

È GIOIASEMPRE DOVE

SONO I CONSACRATI

SEMPRE C’È GIOIA! “L’Anno della vita consacrata – è bene sottolinearlo – non riguarda soltanto lepersone consacrate ma l’intera comunità cristiana…, affermano e Vescovi italiani nel messaggio che ogni anno inviano ai consacrati e consacrate in occasione del 2 febbra-io, giornata mondiale della vita consacrata. È per questo che desideriamo condividere con i lettori una piccola antologia di brani scelti dalle lettere che la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA) ha inviato ai consacrati/e in vista della celebrazione di questo anno…. La prima lettera, dal titolo “Rallegratevi”, mette in evidenza che una vocazione fondata in Cristo nella forma del Vangelo, deborda di gioia: «la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa» (Gv 15, 20). La gioia è esigenza e fondamento della vita umana, infatti ogni uomo e ogni donna tende a giungere e a dimorare nella gioia con la totalità dell’essere. Non tutti siamo chiamati a com-piere gesti epici né a proclama-re parole altisonanti, ma a testi-moniare la gioia che proviene dalla certezza di sentirci amati, dalla fiducia di essere dei sal-vati. La nostra memoria corta e la nostra esperienza fiacca ci impediscono spesso di ricercare le «terre della gioia» nelle quali gustare il riflesso di Dio, e ritro-vare le radici dello Spirito.

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«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia » 1 (…) Accogliere tale magi-stero, significa rinnovare l’esistenza secondo il Vangelo, non nella modalità di radica-lità intesa come modello di perfezione e spesso di separatezza, ma nell’adesione toto corde all’evento dell’incontro di salvezza che trasforma la vita: «Si tratta di lasciare tutto per seguire il Signore. No, non voglio dire radicale. La radicalità evangelica non è solamente dei religiosi: è richiesta a tutti. Ma i religiosi seguono il Signore in maniera speciale, in modo profetico. Io mi attendo da voi questa testimonianza. I religiosi de-vono essere uomini e donne capaci di svegliare il mondo ».2 Nella finitudine umana, nel limite, nell’affanno quotidiano i consacrati e le consacrate vivono la fedeltà, dando ragione della gioia che li abita, diventano splendida testimonianza, efficace annuncio, compagnia e vicinanza per donne e uomini che con loro abitano la storia e cercano la Chiesa come casa paterna.3 Francesco d’Assisi, assumendo il Vangelo come forma di vita « ha fatto crescere la fede, ha rinnovato la Chiesa; e nello stesso tempo ha rinnova-to la società, l’ha resa più fraterna, ma sempre col Vangelo, con la testimonianza. Pre-dicate sempre il Vangelo e se fosse necessario, anche con le parole! ».4 Numerose sono le suggestioni che ci vengono dall’ascolto delle parole del Papa, ma particolarmente c’interpella l’assoluta semplicità con cui Papa Francesco propone il suo magistero, conformandosi alla genuinità disarmante del Vangelo. Parola sine glossa, sparsa con il largo gesto del buon seminatore che fiducioso non fa discriminazioni di terreno. (…)

RALLEGRATEVI, ESULTATE, SFAVILLATE DI GIOIARallegratevi con Gerusalemme, esultate per essa quanti la amate. Sfavillate di gioia con essa voi tutti che avete partecipato al suo lutto. Poiché così dice il Signore: «Ecco io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la prosperità; come un torrente in piena la ricchezza dei popoli; i suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola un figlio,così io vi consolerò; in Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore, le vostre ossa saranno rigogliose come erba fresca.La mano del Signore si farà manifesta ai suoi servi ».

Isaia 66, 10-14 (…)

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« Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia... ».7 La gioia di portare a tutti la consolazione di Dio. Sono parole di Papa Francesco durante l’incontro con i Semi-naristi, i Novizie le Novizie. «Non c’è santità nella tristez-za!» 8 continua il Santo Padre, non siate tristi come gli altri che non hanno speranza, scri-veva San Paolo (1Ts 4, 13). (…) «La tristezza e la paura devo-no fare posto alla gioia: Rallegratevi... esultate... sfavillate di gioia – dice il Profeta (66, 10). È un grande invito alla gioia. […] Ogni cristiano e soprattutto noi, siamo chiamati a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ne possiamo essere portatori se sperimentiamo noi per primi la gioia di essere consolati da Lui, di essere amati da Lui. […] Ho tro-vato alcune volte persone consacrate che hanno paura della consolazione di Dio, e si tormentano,perché hanno paura di questa tenerezza di Dio. Ma non abbiate paura. Non abbiate paura, il Signore è il Signore della consolazione, il Signore della tenerezza. Il Signore è padre e Lui dice che farà con noi come una mamma con il suo bambino, con la sua tenerezza. Non abbiate paura della consolazione del Signore ».9 «Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Gesù, a ciascuno di noi, dice questo! Di là nasce la gioia! La gioia del momento in cui Gesù mi ha guar-dato. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, senti-re che per Lui noi siamo non numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama ».10 Papa Francesco guida il nostro sguardo sul fondamento spirituale della nostra umanità per vedere ciò che ci è dato gratuitamente per libera sovranità divina e libera risposta umana: Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa solo ti manca: va’ vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”(Mc 10, 21) (…) La vita consacrata è chiamata a incarnare la Buona Notizia, alla sequela di Cristo, il Crocifisso risorto, a far proprio il «modo di esistere e di agire di Gesù come Verbo incarnato di fronte al Padre e di fronte ai fratelli».23 In concreto assumere il suo stile di vita, adottare i suoi atteggiamenti interiori, lasciarsi invadere dal suo spirito, assimilare la sua sorprendente logica e la sua scala di valori, condividere i suoi rischi e le sue speranze: «Guidati dall’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla».24 (…) Chi ha in-contrato il Signore e lo segue con fedeltà è un messaggero della gioia dello Spirito. « Solo grazie a quest’incontro o re-incontro con l’amore di Dio, che si tramuta in felice amicizia, siamo riscattati dalla nostra coscienza isolata e dall’autoreferenzialità ».33

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La persona chiamata è convocata a se stessa, cioè al suo poter essere. Forse non è gra-tuito dire che la crisi della vita consacrata passa anche dall’incapacità di riconoscere tale profonda chiamata, anche in coloro che già vivono tale vocazione. Viviamo una crisi di fedeltà, intesa come consapevole adesione a una chiamata che è un percorso, un cammino dal suo misterioso inizio alla sua misteriosa fine. Forse siamo anche in una crisi di umanizzazione. Stiamo vivendo la limitatezza di una coerenza a tutto tondo, fe-riti dall’incapacità di condurre nel tempo la nostra vita come vocazione unitaria e cam-mino fedele. La fedeltà è consapevolezza dell’amore che ci orienta verso il Tu di Dio e verso ogni altra persona, in modo costante e dinamico, mentre sperimentiamo in noi la vita del Risorto: « Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento ».34 (…) Il pellegrinaggio interiore inizia nella preghiera: «La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. […] Se nel nostro cuore non c’è il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possia-mo noi, poveri peccatori, riscaldare il cuore degli altri? ».37 Questo itinerario dura tutta la vita, mentre lo Spirito Santo nell’umiltà della preghiera ci convince della Signoria di Cristo in noi: «Il Signore ci chiama ogni giorno a seguirlo con coraggio e fedeltà; ci ha fatto il grande dono di sceglierci come suoi discepoli; ci invita ad annunciarlo con gioia come il Risorto, ma ci chiede di farlo con la parola e con la testimonianza della nostra vita, nella quotidianità. Il Signore è l’unico, l’unico Dio della nostra vita e ci invita a spogliarci dei tanti idoli o ad adorare Lui solo». 38 (…) Lo stare con Gesù forma ad uno sguardo contemplativo della storia, che sa vedere e ascoltare ovunque la presenza dello Spirito e, in modo privilegiato, discernere la sua presenza per vivere il tempo come tempo di Dio. Quando manca uno sguardo di fede «la vita perde gradatamente senso, il volto dei fratelli si fa opaco ed è impossibile scoprirvi il volto di Cristo, gli avve-nimenti della storia rimangono ambigui quando non privi di speranza». 40 La contemplazio-ne apre all’attitudine profetica. Il profeta è un uomo « che ha gli occhi penetranti e che ascol-ta e dice le parole di Dio; […] un uomo di tre tempi: promessa del passato, contemplazione del presente, coraggio per indicare il cammino verso il futuro».41 La fedeltà nel discepolato passa ed è provata, infine, dall’espe-rienza della fraternità, luogo teologico, in cui siamo chiama-ti a sostenerci nel sì gioioso al

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Vangelo: «È la Parola di Dio che suscita la fede, la nutre, la rigene-ra. È la Parola di Dio che tocca i cuori, li converte a Dio e alla sua logica che è così diversa dalla no-stra; è la Parola di Dio che rinnova continuamente le nostre comunità ».42 Il Papa ci invita dunque a rin-novare e qualificare con gioia e passione la nostra vocazione per-ché l’atto totalizzante dell’amore è un processo continuo, «matura, matura, matura »,43 in sviluppo permanente in cui il sì della nostra volontà alla sua unisce volontà, intelletto e sentimento «l’amore non è mai concluso e completato; si trasforma nel cor-so della vita, matura e proprio per questo rimane fedele a se stesso».44

___________________________ NOTE

[1] FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013), LEV, Città del Vaticano 2013, n. 1.[2] ANTONIO SPADARO, “Svegliate il mondo!”. Colloquio di Papa Francesco con i Superiori Generali, in: La Civiltà Cattolica, 165 (2014/I), 5.[3] Cf. FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013), LEV, Città del Vaticano 2013,n. 47.[4] FRANCESCO, Annunciate il Vangelo, se serve anche con le parole, con l’espressione di San Francesco il Papa affida il suo messaggio ai giova-ni riuniti a Santa Maria degli Angeli [Incontro con i giovani dell’Umbria, Assisi (Perugia), 4 ottobre 2013], in: L’Osservatore Romano, domenica 6 ottobre 2013, CLIII (229), p. 7.[7] FRANCESCO, Autentici e coerenti, Papa Francesco parla della bellezza della consacrazione [Incontro con i Seminaristi, i Novizi e le Novizie, Roma, 6 luglio 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 8-9 luglio 2013, CLIII (155), p. 6.[9] FRANCESCO, L’evangelizzazione si fa in ginocchio, messa con i seminaristi e le novizie nell’Anno della Fede [Omelia per la Santa Messa con i Seminaristi, i Novizi e le Novizie, Roma, 7 luglio 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 8-9 luglio 2013, CLIII (155), p. 7.[10] FRANCESCO, Autentici e coerenti, Papa Francesco parla della bellezza della consacrazione [Incontro con i Seminaristi, i Novizi e le Novizie, Roma, 6 luglio 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 8-9 luglio 2013, CLIII (155), p. 6.[23] GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica postsinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), n. 22, in: AAS 88 (1996), 377-486. [24] FRANCESCO, Nei crocevia delle strade, ai vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e ai seminaristi il Papa affida la missione di formare i giovani a essere girovaghi della fede [Omelia alla Santa Messa con i Vescovi, con i Sacerdoti, i Religiosi e i Seminaristi in occasione della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù, Rio de Janeiro, 27 luglio 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 29-30 luglio 2013, CLIII (173), p. 4. [33] FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013), LEV, Città del Vaticano 2013, n. 8.[34] Ivi, n. 1.[37] FRANCESCO, La vocazione dell’essere catechista, il Pontefice incoraggia a non aver paura di uscire da se stessi per andare incontro agli altri [Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sulla Catechesi, Roma, 27 settembre 2013], in: L’Osservatore Romano, domenica 29 settembre 2013, CLIII (223), p. 7. [38] FRANCESCO, Coerenza tra parola e vita, a San Paolo il Papa invita ad abbandonare gli idoli per adorare il Signore [Omelia alla celebrazione eucaristica a San Paolo fuori le Mura, Roma, 14 aprile 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 15-16 aprile 2013, CLIII (88), p. 8.[40] CONGREGAZIONE PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruzione Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel Terzo Millennio (19 maggio 2002), n. 25, in: Ench Vat 21, 372-510.[41] FRANCESCO, L’uomo dall’occhio penetrante, meditazione mattutina nella Cappella della Domus Sanctae Marthae (16 dicembre 2013), in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 16-17 dicembre 2013, CLIII (289), p. 7. [42] FRANCESCO, Quell’attrazione che fa crescere la Chiesa, l’incontro con i sacerdoti, le religiose e i religiosi nella cattedrale di San Rufino [Incontro con il Clero, persone di vita consacrata e membri di Consigli Pastorali, Assisi (Perugia), 4 ottobre 2013], in: L’Osservatore Romano, domenica 6 ottobre 2013, CLIII (229), p. 6. [43] FRANCESCO, Autentici e coerenti, Papa Francesco parla della bellezza della consacrazione [Incontro con i Seminaristi, i Novizi e le Novizie, Roma, 6 luglio 2013], in: L’Osservatore Romano, lunedì-martedì 8-9 luglio 2013, CLIII (155), p. 6.[44] BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005), n. 11, in: AAS 98 (2006), 217-252. 38

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PER QUALI MOTIVI RALLEGRARSI: SEGNI DI GIOIA

(Gli articoli che seguono vogliono essere delle testimonianze, dei segni di gioia… in sintonia con il tema della rivista e sono stati scritti da un gruppo di famiglie e da una assistente. Questo perché l’anno 2015, oltre ad essere l’anno della Vita consacrata, è anche l’anno in cui il delicato tema della famiglia sarà affrontato nel prossimo Sinodo dei vescovi. Felice “coincidenza”: la stretta relazione tra Famiglia e Vita consacrata!!!)

Solo poche righe per condividere un'esperienza che noi gruppo famiglie di Ronzano abbiamo deciso di intrapren-dere quest'anno. Dopo anni cresciuti as-sieme, sin da bambini, respirando aria servitana all' Eremo di Ronzano, abbia-mo deciso di allargare i nostri orizzon-ti e condividere con altri la gioia di ciò che abbiamo sperimentato. Passando dai campi per ragazzini, alle esperienze come coppie, abbiamo sperimentato per

una decina di anni mensilmente la felicità di ritrovarci come famiglie all'interno delle diverse case per condividere insieme l'Eucaristia e una bella cena. Quest'anno però ci siamo interrogati su come allargare i nostri orizzonti, su come offrire anche ad altri ciò che per noi in questi anni è stata una fondamentale occasione di crescita personale e di famiglie. Abbiamo ragionato che chiudersi dietro l'uscio della propria casa o all'interno del nostro gruppo, rischiava di essere sterile. La gioia va sempre condivisa perché solo così si moltiplica! Ecco allora che abbiamo deciso di proporre alcune domeniche per famiglie all'Eremo di Ronzano allargando l'invito a tutti coloro che erano interessati e chiedendo il contributo di esperti o ad altre famiglie per affrontare i diversi temi: dalla

fecondità della coppia intesa come capacità di aprirsi agli altri, alla te-nerezza, al conflitto, fino alla comu-nicazione (spesso così difficile nelle nostre famiglie...) che affronteremo in maniera approfondita a fine giu-gno in una sorta di campo per fami-glie. Ecco alcuni dei preziosi contri-buti che abbiamo avuto la fortuna di condividere sino ad ora.

Pampari Pamela

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ESPERIENZE DI GIOIA POSSIBILE

AFFIDO FAMILIARE E ADOZIONESono un assistente sociale e lavoro nel territorio di Ferrara. Da diversi anni mi occu-po di adozione e di affido familiare come coordinatrice delle equipes provinciali, in particolare per l’informazione e la preparazione delle famiglie che si propongono per l’affido e per l’adozione e per il supporto ai nuclei familiari che si “costituiscono o ridefiniscono” attraverso queste esperienze. Non è semplice inserirsi con un intervento “tecnico” all’interno di un confronto con chi vive questa esperienza come famiglia con un coinvolgimento emotivo, affettivo e organizzativo ben diverso e più rilevante, ma cercherò di tratteggiare brevemente di cosa si parla quando si dice AFFIDO e ADO-ZIONE e quali aspetti caratterizzano queste esperienze nella loro complessità. Mi pre-me sottolineare che il punto di partenza è sempre IL BAMBINO, il suo bisogno e il suo diritto di avere una famiglia. La legge che definisce gli istituti dell’affido familiare e dell’adozione (L. 184/83 modificata dalla L. 149/01) ha proprio come titolo “Diritto del minore ad una famiglia” e nella prima parte definisce il “Diritto del minore alla propria famiglia”. Il sistema dei Servizi sociali e sanitari deve pertanto sempre e primariamente lavorare perché i bambini possano vivere nelle loro famiglie e perché queste vengano sostenute e accompagnate nell’esercizio del difficile ruolo genitoriale. Fatta questa do-verosa e imprescindibile premessa, che nei fatti assorbe e concentra gran parte delle risorse del sistema dei servizi sociali, ecco allora che si può meglio comprendere il percorso dell’affido familiare e dell’adozione.

L'affidamento familiareè un intervento temporaneo di aiuto e di sostegno ad un bambino proveniente da una famiglia che al momento non è in grado di occuparsi delle sue necessità. Attraverso l'affidamento, il bambino incontra una famiglia che, accogliendolo nella propria casa, si impegna ad assicurare un'adeguata risposta ai suoi bisogni affettivi, educativi, di mantenimento ed istruzione nel rispetto della sua storia individuale e familiare. Ciò che caratterizza l’affido familiare è la temporaneità e il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine con l’obiettivo prioritario che il bambino possa farvi ritorno.

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Essere genitori affidatari significa quindi avere uno spazio nella propria vita e nella propria casa per accogliere un'altra persona diversa da sé; avere la disponibilità affettiva e la volontà di accompagnare per un tratto di strada più o meno lungo un bambino/a o un ragazzo/a, aiutandolo a sviluppare le sue potenzialità, valorizzando le sue risorse. L’affidamento familiare si fon-da su una visione positiva delle possibi-lità di cambiamento delle persone e in particolare dei bambini; l’esperienza e gli studi dimostrano che i bambini possono far fronte in maniera positiva a eventi traumatici di varia natura e intensità quando sono sostenuti da una rete sociale all’interno della quale sviluppano relazioni interpersonali significative e di effettivo sostegno alla crescita. L’affido è quindi un esperienza com-plessa, dove si intrecciano storie, vissuti, sofferenze e gioie, progetti e istanze differen-ti, e dove gli attori coinvolti (bambino, famiglia d’origine, famiglia affidataria, Servizi socio-sanitari e Tribunale per i Minorenni) devono essere mantenuti in relazione da una complessa regia che sappia includere, valorizzare e sostenere le diverse parti, man-tenendo l’attenzione sull’interesse prioritario del bambino.

Quando e come si arriva all’adozione?L’adozione è prevista a favore di bambini dichiarati adottabili, cioè al termine di un percorso che verifichi l’abbandono o l’assenza dei genitori e dei parenti e/o la loro totale incapacità di garantire ai bambini la do-vuta “assistenza morale e materiale” in via definitiva e non per causa di forza maggiore. L’adozione è quindi l’inserimento di un bambino in una famiglia adottiva in modo definitivo. Il bambino diventa figlio e vie-ne abbinato ad una coppia che possiede certi requisiti oggettivi ed è stata valutata idonea per l’adozione dai Servizi socio-sanitari territoriali e dal Tribunale per i Minorenni. Ecco la differenza sostanziale: chi si ri-volge all’adozione desidera soprattutto un figlio e ha fatto un percorso che gli consente di sentirsi genitore pur non avendo generato e di accogliere all’interno della propria storia familiare la storia di un bambino, con il suo carico di sofferenza e di fatica, che pian

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piano viene integrata e “assorbita” nella storia della famiglia adottiva fino a diventarne parte integrante. Chi si rivolge all’affido sente di avere uno spazio di accoglien-za per un bambino e una famiglia in difficoltà ed è disponibile a condivi-dere questa storia con l’obiettivo che il bam-bino rientri nella propria famiglia d’origine. Tanti sono i terreni di confine e infinite le storie reali in cui queste esperienze si declinano e si realizzano, con finali non sempre prevedibili e certi. Per gli adulti che si avvicinano a queste esperienze pos-siamo dire che, sia l’affido che l’adozione richiedono disponibilità, uno spazio fisico, mentale e affettivo in cui accogliere la storia di un'altra persona con il suo bagaglio a volte molto gravoso e indecifrabile. Entrambe le esperienze sconvolgono profonda-mente le coppie e le famiglie, rimettendo in discussione gli equilibri interni ed esterni. Servono tante risorse personali e relazionali e….tanta pazienza, che significa saper aspettare i tempi dell’altro e non perdere la fiducia nelle sue risorse.

E allora perché fare l’affido o l’adozione?Perché, pur nella fatica, c’è tanto “bisogno di famiglia” nella storia di tanti bambini che non l’hanno potuta sperimentare; perché nel percorso dell’accoglienza cambiano i bambini, ma cambia an-che chi accoglie; perché poter donare uno spazio fisico e affettivo può dare un senso o un valore aggiunto alla storia familiare di ciascuno; perché molti credono che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (anche se non è così semplice e/o immediatamente visibile); perché ogni famiglia che è riuscita a vivere questa esperienza con gioia……..potrà spiegarvi il perché.

Angela Mambelli, assistente sociale

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SCINTILLE DI GIOIALa nostra vita è costellata di incontri e ogni incontro produce scintille dovute dall’unione delle nostre anime. Alcuni sono più “scintillanti” di altri, ma nessuno è inutile e vuoto. Dio permette che noi, piccoli esseri, possiamo incontrarci sul Suo terreno: l’amore. Spesso il nostro egoismo non permette alla gioia di partecipare attivamente ai rapporti che abbiamo con gli altri, ma il nostro compito è risvegliare nei fratelli la voglia di vivere ed amare. Molte volte noi stessi non abbiamo gioia da portare agli altri ma Dio ci chiede di donare e abbandonare i nostri egoismi. Faticoso? Difficile? Arduo? La gioia va sperimentata giorno dopo giorno, solo così possono nascere nel nostro cuore speranza e volontà, ed esse pro-durranno pazienza e umiltà e tutti insieme daranno vita al più bel sorriso che il nostro viso potesse produrre. Ed ecco allora che siamo pronti a spalancare il nostro cuore e a permette di far entrare tutti coloro che hanno sete di sorrisi e carezze. L’accoglienza diviene allora la nostra gioia più grande e non basta mai. Più il nostro cuore accoglie e più si ingrandisce per accogliere ancora. Le vittorie saranno stimolo e le sconfitte sprone per altre battaglie. Con Dio al nostro fianco di cosa dovremmo temere? Ognuno di noi faccia ciò che è chiamato a fare. C’è chi parte per le missioni, chi sceglie la vita monacale, chi diventa genitore, chi rimane single o chi vive per strada, non esiste un “mestiere” più importante di un altro, ma tutti devono partecipare ad aumentare l’amore e la gioia comune. Dio guarda e quando un giorno sarai davanti a Lui non ti chiederà a quale religione sei appartenuto, ma ti dirà: “E tu cosa hai fatto della tua vita? quanto amore e gioia hai donato ai tuoi fratelli?...” Facciamo sì che questa domanda abbia immediata risposta con le opere che oggi riusciremo a fare. Cresce dentro di te il desiderio di dare qualcosa agli altri. Sale fino alla gola e senti che devi urlare al mondo che ci sei, che sei disponibile, che hai spazio non solo dentro di te ma anche nella tua casa, nelle tue ore, nel tuo egoismo. Si fa strada il desiderio di donare quell’amore che gratuitamente il buon Dio ti ha regalato attraverso le persone che hai conosciuto. Preghi e chiedi: ”Signore, eccomi…!” e … casualmente … ti trovi davanti una mamma asiatica con una piccola bambina da svezzare e con niente fra le mani. E allora apri la porta, un let-to, una culla, un piatto di minestra caldo e un biberon: nasce l’accoglienza. Il tuo tempo lo scambi con i bisogni dell’altro. Le loro gioie diventano le tue, le loro notti insonne le tue, i loro sogni, i tuoi. Il tuo cuore sfoglia il Vangelo alla ricerca di comportamenti, atteggiamen-ti, azioni e fra le righe leggi spesso le stesse parole: libertà e amore. Il primo passo e il più difficile è proprio questo: “non obbligare nessuno ad essere come tu vuoi sia, ma accom-

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pagnarlo ad essere ciò che vuole essere nel rispetto della vita pro-pria, di quella degli altri e delle proprie idee.” In questi nume-rosi anni di accoglien-za abbiamo passato momenti duri e diffi-cili e conosciuto tante persone problemati-che. L’incontro con i fratelli da accogliere ha avuto spesso lo stesso filo conduttore: il pianto e la paura. Il pianto per la situazione lasciata alle spalle e la paura di trovarne una peggiore. E noi in mez-zo a cercare di dare sicurezza, affetto, disponibilità. Onestamente non sempre siamo stati all’altezza della situazione e negli anni abbiamo compreso che il “bene” è necessario farlo “bene”. Non devono essere i numeri a riempire la nostra bocca, ma la qualità a completare il cuore. Quasi tutti gli accolti che hanno terminato il loro percorso nella nostra comunità, se ne sono andati piangendo e noi con loro, segno che l’amore sa unire e risolvere anche le situazioni più difficili. Estranei che entrano nella tua vita creano sempre iniziali disagi. Poi con il tempo piano piano questi disagi si assestano, si appianano le controversie e nascono sentimenti forti. Gli “esperti” consigliano sempre “distacco e misura” negli atteggiamenti e nei rapporti, ma spesso l’amore rompe gli argini e allaga i territori altrui … L’accolto diviene a far parte della TUA famiglia e lo aiuti, lo correggi, lo rimproveri, lo consigli. Il bimbo accolto che hai davanti lo consideri per un attimo come tuo figlio e cerchi di amarlo come lo fosse e lo rimproveri come lo fosse, ci giochi come lo fosse, lo coccoli come lo fosse, lo sgridi come lo fosse. Gli doni quella iniezione d’amore che spesso nella vita non ha mai avuto. Il distacco è duro e difficile, ma la prova d’amore più grande è proprio lasciare libere le persone di vivere la propria vita e non la nostra, questo vale per i figli e le sorelle di sangue, figuriamoci per tutti gli altri: vale doppio. Negli anni abbiamo avuto tantissimi casi di accolti con professione religiosa diversa dalla nostra, ma “MAI” vi è stata interferenza nostra nei confronti dei loro momenti di preghiera e “MAI” da parte loro nei confronti della nostra preghiera comunitaria. Questo lo affermiamo con orgoglio e lo difendiamo poichè Gesù è stato chiaro a questo riguardo sul rispetto della fede altrui. Quando ci troveremo da-vanti a Dio non ci verrà richiesto di che religione siamo stati, ma semplicemente ci guarderà negli occhi e ci chiederà: “Tu, figlio mio, che hai fatto della vita che ti ho donato? Hai amato i tuoi fratelli?” cerchiamo già su questa terra la risposta a queste domande.

Vanna Bassi, comunità “ la Venenta”, Argelato BO

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LA GIOIA CRISTIANAPaolo VI il grande Papa che nel 1975 scrisse l’Esortazione apo-stolica Gaudete in Domino, l'unico documento ufficiale di un pontefice sulla gioia cristiana, era convinto che: «Dove Cristo è, c' è gioia interiore. E la gioia, anche se ci sono mille difficoltà e nemici e pericoli e, se volete, anche sofferenza di fuori, la gioia non viene meno mai». La gioia cristiana comprende e suppone, infatti, le molteplici gioie umane che il Creatore mette già lungo il cammino di ogni persona, ma va oltre, radicando i motivi della gioia nella fedeltà di Dio e nella sua misericordia. La vera gioia nasce, allora, come conseguenza di aver sperimentato Dio come salvatore all'interno della propria esperienza umana. Ogni esperienza di liberazione fa percepire le dimensioni infinite dell'opera di Dio per le sue creature. La storia della salvezza è pervasa di questa gioia, nell'Antico come nel Nuovo Testamento. Gesù è venuto nel mondo perché i suoi discepoli avessero la "pienezza della gioia"! E la storia dei santi mostra come essi siano stati uomini e donne pieni di profonda gioia, chiamati a diffonderla nel mondo. Anche il Beato Ferdinando Maria Baccilieri nei suoi scritti insiste su questo aspetto importante della vita cristiana, come documenta il testo che segue tratto dalle sue istruzioni alle suore della prima comunità di Galeazza (cf. Istruzioni per tranquillare le anime timorose nelle loro dubbiezze, AGSMG, P.Fondatore, L5, vol. 2, pp. 38-40).

DELLA ALLEGREZZA E MALINCONIA1. Dopo la mancanza non vi è maggior male della malinconia, dice san Francesco di Sales. La malinconia conturba l’anima, toglie il gusto dell’orazione, priva l’anima di consiglio, di risoluzione, di giudizio, di coraggio ed abbatte le forze.2. Alcuni credono che per condurre una vita raccolta sia bene menare una vita malin-conica. Errore e sproposito! La malinconia nasce dallo spirito delle tenebre. 3. Ogni pensiero che inquieta, dice san Francesco di Sales, non è mai da Dio, che è re

della pace, ed abita nei cuori pacifici.4. Al primo impulso, adunque, di umor malinconico, fuggite subito da sì pericoloso nemico. È facile cac-ciarlo subito quando viene, ma non è così il cacciarlo dopo che ha preso possesso. L’orazione è un eccel-lente rimedio per cacciarla, perché innalza lo spirito a Dio, unica allegrezza. Altro rimedio è la comunio-ne, perché il celeste pane rallegra lo spirito. Aiutatevi ancora con qualche distrazione, con qualche sorella, mentre lavorate, etc.

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5. Vi è poi una malinconia buona, ma attente bene perché non prendiate un granchio, cioè una cosa per un’altra. Quan-do la malinconia nasce dal vero pentimento dei peccati, allo-ra questa, propriamente parlando, non è malinconia cattiva, ma detestazione del male fatto; ma perché sia buona questa malinconia e non venga dal diavolo deve avere queste con-dizioni o segnali.1° Che non sia mai fastidiosa e disgustosa a voi, o in chi vi osserva, o tratta con voi.2° Che non avvilisca o intepidisca lo spirito, ma anzi lo fac-cia pronto, risoluto e pieno di confidenza in Dio.3° Che non cambi il vostro esterno, ma vi facciate anzi co-noscere e vedere dalle sorelle, disinvolta, piena di carità, di buone maniere.4° Che non abbatti il cuore, ma lo sollevi colla orazione e colla speranza, e gli conservi la consolazione e dolcezza.5° Che non vi faccia perder il coraggio, ma anzi vi incoraggi nella risoluzione di voler far bene nell’avvenire. Come vede-te, questa malinconia porta pace e beni immensi all’anima. E san Filippo Neri ripeteva spesso: «Il perseverare in una santa allegrezza è la vera strada per far profitto nella virtù. Sono più facili a guidarsi nella via dello spirito le anime allegre, che le malinconiche. La troppa tristezza ha per origine la su-perbia». 6. La sposa di Gesù Cristo deve star sempre allegra e giuli-va, mantenendo il suo cuore tutto contento e animoso a far il bene, null’altro temendo che il peccato. Se cade in qualche mancanza, non si avvilisce, ma umiliandosi, va a Dio con sottomissione di spirito, e gli dice: «Dio mio, ho mancato, me ne pento. Che volete, Signore? Erba del mio orto, ma starò più attenta in avvenire, colla vostra santa grazia».7. Bisogna fuggir la malinconia chiamata da san Francesco di Sales «aspro inverno», che toglie tutte le bellezze dell’anima e la rende quasi senza forze in tutte le sue potenze. La suora malinconica somiglia a quei malati, lo stomaco dei quali non può soffrire né i buoni né i cattivi alimenti. La malinconia religiosa si affligge tanto del bene, quanto del male.8. Diceva Neemia al popolo di Dio «che l’allegrezza del Si-gnore formava la loro fortezza».

a cura di Suor Maria Grazia Lucchetta

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NON SONO MANCATE GIOIA E SODDISFAZIONE

Siamo un gruppo di ragazzi della Caritas giovani di Dueville. Il gruppo è nato due anni fa dal nostro bisogno di fare qualcosa di concreto per gli altri. Ciò si è realizzato con le attività presenti nel nostro territorio con cui siamo entrati in contatto grazie a Caritas, quali il servizio di aiuto compiti e il servizio cena alla mensa dei senza dimora a Vi-cenza. Proprio quest'ultima è nata l'idea di fare una settimana di servizio tutti assieme durante l'estate. Abbiamo avuto la possibilità di svolgere questa attività alla Cittadella della Carità di Roma. La nostra giornata si divideva in una prima parte in visita e una seconda di lavoro concreto, il pomeriggio e la sera. Il nostro compito era quello di servire la cena alla mensa all'interno della Cittadella; suddivisi, secondo le esigenze, fra accettazione servizio cucina e servizio sala. La tipologia di persone che si presen-tavano era estremamente varia: da chi cercava cercava comunque di vivere con dignità nonostante la condizione in cui si trovava a chi si era arreso già da tempo. Questo la-voro non ha portato solo una fatica fisica ma anche un grande sforzo emotivo dovuto alla situazione in cui ci trovavamo immersi e alla difficoltà di rapportarsi con persone che vedevano la vita soltanto come fonte di rabbia e delusione. È stata un'esperienza intensa che ci ha messo davanti a molte sfi-de ed a una realtà troppo spesso invisibile agli occhi di noi ragazzi. Non sono mancate però gioia e soddisfazione, stimolo per una sempre nuova voglia di mettersi in gioco. Dopo questa esperienza siamo ancora più convinti della nostra scelta di prossimità, portandola avanti nel territorio con la spe-ranza di tornare a vivere un'esperienza del genere al più presto.

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VOLTI DI DONNA CHE “FANNO” UN ALTRO MONDO

LUISA Morgantini

Luisa Morgantini è tra le fon-datrici della rete internazionale delle Donne in nero contro la guerra e la violenza, è inoltre nel coordinamento nazionale dell'Associazione per la pace, un movimento per la non vio-lenza e la pace. Ha ricevuto il premio per la pace delle donne in nero israeliane e il premio Colombe d'Oro per la Pace di Archivio disarmo, è tra le 1000 donne nel mondo che sono sta-te candidate al Premio Nobel per la pace.Siamo donne di questo mondo, come stelle in un unico cielo. Diverse nelle sfumature della pelle o degli occhi, per un passato o presente di guerra, violenza, discriminazioni, condizioni di vita asimmetriche, ma accumunate dalle necessità e dalla scelta di agire per una libertà che è in primo luogo liberazione individuale, di genere, sociale e quindi

politica e democratica. Donne che abbiamo scelto di rompere bar-riere, confini quelli reali e quelli immaginari. Donne che lottiamo contro la militarizzazione degli Stati e delle menti! Molte di noi sono attive in diverse reti di rela-zioni, di solidarietà, di scambio, reti che ci uniscono e manifestano testardamente e coraggiosamen-te nelle piazze, nelle assemblee pubbliche, attraverso il web come nei parlamenti, nei campi profu-

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ghi, negli incontri internazionali, per-correndo vari mondi (cfr rete interna-zionale delle donne in nero contro la guerra e la violenza)… Oggi mentre il mondo continua ad uscir di senno con guerre, violenze e pericolose corse agli armamenti, noi continuiamo a costru-ire relazioni agendo per una politica internazionale nel rifiuto della guerra, attraverso una diplomazia dal basso e le tante iniziative all’interno delle ri-spettive società per l’affermazione di una leardership e di un agire e sentire di donne (cfr l’international Women’s Commission, prima commissione com-posta di donne palestinesi, israeliane e internazionali). Ripetendo che in ogni guerra sono i civili a pagare il prezzo più alto, che violenza porta altra violenza, che per fare la pace bisogna preparare la pace e sradicare povertà e ingiu-stizie, le donne assumono in tal modo un ruolo attivo non solo nelle rispettive società ma anche in un impegno globale che ci vede tutte protagoniste…. Un successo straor-dinario è stata la ratifica del Protocollo, “carta dei diritti delle donne africane”, in cui si dichiara che tutte le forme di mutilazioni genitale femminili dovrebbero essere proibite e condannate”. Lo vediamo anche in Iraq, oggi, le donne portano avanti una resistenza quotidiana per la parità e la democrazia in un contesto di insicurezza estrema… Lo si è visto in Afghanistan dove vige un potere corrotto, colluso con i signori della guerra e narcotrafficanti: Malalai Joya, giovane deputata, ha dato una testimonianza di resistenza al femminile. In Pachistan la ra-gazzina Malala, ha sfidato i ta-lebani e lotta per il diritto alla istruzione delle bambine.Lo abbiamo visto più volte nel-le manifestazioni delle donne curde e turche in sciopero della fame per i loro diritti e del po-polo e in quelle madri di Plaza de Mayo, che da trent’anni rap-presentano un esempio straor-dinario di autentica resistenza

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della vita sulla morte, della giustizia sul sopruso, di una difficile memoria su un facile oblio. In Colombia ho incontrato famiglie, associazioni di donne che reclamano il di-ritto a soluzioni pacifiche dei conflitti e condannano la pratica dei rapimenti (cfr Ingrid Betancourt e altri..), quotidianamente agiscono per una rieducazione diffusa alla pace, al dialogo, lottano in prima linea per i diritti di tutte e in particolare contro gli omicidi crescenti, silenziosi, impuniti perpetrati ai danni delle donne. Purtroppo però il fem-minicidio continua ad essere praticato in molti paesi e in modo particolare in America Latina, le vittime della prostituzione muovono milioni di dollari e nelle mura domesti-che le donne continuano ad essere violate, colpite, accoltellate.In Europa la violenza sulle donne uccide più del cancro, degli incidenti stradali e delle guerre. “Molti dati rimangono ancora negativi: la miseria ha spesso un volto di donna; una su tre è oggetto di violenza; l’analfabetismo è diffuso. Eppure, un dollaro prestato ad una donna ha dieci probabilità in più di essere messo a frutto rispetto ad un dollaro dato ad un uomo” (Sabina Siniscalchi). La sfida per tutte, donne di questo mondo, è ora di continuare, di andare oltre la relazione e collocare il nostro agire comune all’interno di processi sto-rici di cui siamo soggetti attivi. Ci viene chiesto di non perderci, di non tacere, di non fermarci ma di resistere perché si possa abitare il mondo con amore di giustizia.

a cura di Sr. M. Donatella Nertempi, smg

DonnaDonna, prendi la tua anfora e vai…Annuncia che sei donna, donna come tante di questo mondo, ma non cessare di dire che:tu sei donna appassionata,donna feconda che genera il nuovo,donna che ama perché è liberadonna capace di “rompere il vaso”,spargere il balsamo sopra i fratelli,e inondare la sala di profumo.Tu sei donna “unta e consacrata”, incarnata nella storia, senza paura di amare e di lottare, e senza odio.Senza paura di lottare per la giustiziaTu intercedi perché l’acqua si “trasformi in vino”Il pane sia condiviso.Perché il piccolo sia visto, la donna sia accolta, l’uomo aiutatoE il “Volto Materno” di Dio sia rivelato…..

Helena T. Rech

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“MARIA ACCEPIT LIBRAM NARDI PURI

ET UNXIT PEDES JESU”

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VOLTI DI DONNA INCONTRATI DA GESù

NEL VANGELO DI GIOVANNILa fede nasce e cresce mediante le re-lazioni, la prima in assoluto, quella con Cristo. Gesù ci mostra come stabilire re-lazioni significative per la nostra crescita, se abbiamo Lui come “Pietra angolare”.Seguendo il Vangelo di Giovanni, tra le tante persone che Gesù incontra, tra i tan-ti volti che sono stati illuminati dall’an-nuncio della Sua Parola, mi sono soffer-mata sulle figure femminili presenti nel Vangelo e il loro rapporto con Gesù; mi sono identificata nella Samaritana (Gv. 4, 1- 41) e nel desiderio di scoprire sempre di più quella fonte d’acqua viva capace di dissetare pienamente la nostra anima. Mi sono ritrovata nella peccatrice che Gesù incontra nel Tempio (Gv. 8,1-11) e so che Egli non si scandalizza dei nostri peccati, ma continua ad amarci con infinita mise-ricordia. Ho provato il desiderio di offrire la mia casa, il mio ambiente familiare, ca-rico di affetto, come Marta, Maria e Laz-zaro (Gv. 12,1- 6) che accolsero nella loro casa l’amico Gesù. Ho meditato sull’in-vito che il Risorto rivolge a ciascuno di noi a divenire annunciatori della fede pa-squale, così coma fece Maria di Magdala, (20,11-18) dopo aver incontrato il Maestro nel giardino della risurrezione. Furono proprio le donne le prime testimoni del grande evento, e, spinte dall’amore e dal-la fede nel Risorto, ne divennero testi-moni ed annunciatrici.Sorprende il modo con cui Gesù incontra le figure femminili di cui ci parla il Vangelo di Giovanni.

È opportuno capire quale ruolo occupas-se la donna nella società e nella cultu-ra del tempo in cui visse storicamente Gesù. Agli uomini era proibito rivolgere la parola ad una donna se sola. I rabbini del tempo di Gesù avevano addirittura stabilito che, se un uomo incontrava sua moglie in luogo pubblico, non doveva rivolgerle alcuna parola. Gesù cambia questo atteggiamento della legge anti-ca restituendo alla donna la dignità pri-mordiale voluta dal Creatore: “Dio creò l’uomo a Sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). Meditando i brani del Vangelo di Giovanni che ci presentano l’incon-tro di Gesù con le figure femminili, ne ho scritto varie icone: una di queste è la rappresentazione dell’ “Unzione di Be-tana”: “MARIA ACCEPIT LIBRAM NAR-DI PURI ET UNXIT PEDES JESU”.Ogni icona è annuncio del mistero dell’Amore di Dio per ogni uomo, è pagina del Testo Sacro scritta con il lin-guaggio della bellezza per introdurre ogni orante a percepire su di sé lo sguar-do di Colui che ci chiama per nome, ci ama e ci trasfigura. Le icone spiegano il mistero di Dio, così come spiegano il mistero dell’uomo; esse ci fanno con-templare la nostra vera identità e la no-stra ultima realtà, quella di essere luce per incontrare la luce del Risorto.

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Icona

pregata

e scritta

per mano

di

Nikla Fadelli

De Polo

VittorioVeneto A. D. 2015 2015

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“MARIA ACCEPIT LIBRAM NARDI PURI ET UNXIT

PEDES JESU”

L’UNZIONE DI BETANIA

Il racconto di Giovanni al capitolo 11 e 12 è uno dei più delicati del Vangelo e segna l’inizio dell’ultima settimana di vita terrena di Gesù; infatti “Era vicina la Pasqua dei Giudei…”, così come era vicina la Pasqua del Cristo, immolato sulla croce per la salvezza dell’umanità e glorificato dal Padre con la ri-surrezione. Gesù viene a Betania che significa “casa del povero”, un villaggio vicino a Betfage, distan-te circa mezz’ora di cammino da Gerusalemme. È il luogo dell’ami-cizia, perché a Betania abitano tre fratelli molto cari a Gesù: Lazzaro che Egli aveva risuscitato da morte, Marta e Maria. Nella loro casa Gesù trova l’ac-coglienza calorosa e la semplice serenità della sua Nazareth: qui forse viene a so-stare dalle fatiche del peregrinare tra la gente e dal suo insegnare nel Tempio; qui viene a lenire la sofferenza per la frequen-te incomprensione dei suoi Discepoli. “Venne a Betania dove stava Lazzaro…Là gli fecero un banchetto e Marta servi-va…” (Gv 12,1-2). Il Vangelo non dice chi fa il banchetto, ma essendo Marta colei che serviva, è presumibile che esso sia stato

offerto e organizzato dai tre fratelli per festeggiare il ritorno alla vita di Lazzaro e per ringraziare Gesù. Il banchetto è oc-casione di festa nell’unità conviviale di tutti coloro che vi partecipano. Giovan-ni usa la parola “cena” in questa occa-sione e nell’ultima cena (Gv 15,2) durante la quale esprime concretamente il suo amore facendosi servo e lavando i piedi agli Apostoli con l’acqua, preannunzio della sua morte. Il servizio di Marta e la presenza di Lazzaro sono appena accen-nati, mentre è messo in rilievo il gesto d’amore di Maria che profuma i piedi del

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Maestro col preziosissimo nardo. Il gesto di Maria era abitualmente compito di una sposa che, volendo manifestare il suo amore per lo sposo, gli lavava i piedi. Maria non lava i piedi di Gesù con l’acqua, ma con il prezioso profu-mo, segno della gioia e della vita nuova che Cristo donerà ad ogni uomo con la sua morte e risurrezio-ne. “Asciugò con i capelli i suoi piedi” Maria asciuga i piedi del Maestro bagna-ti dal profumo versato e non dalle lacri-me, come era avvenuto per la peccatrice di cui parla Luca (7, 38). Il prezioso olio di nardo profuma i piedi di Gesù e anche il capo di Maria, i piedi dello Sposo ed il capo della Sposa (Ct 7,6; 4,9-10). L’aroma si spande nella casa, luogo delle relazio-ni quotidiane dove Gesù è amato, tra gli amici che ama. L’amore di Dio trabocca sul mondo intero: “Dio si è fatto tutto a tutti” (1Cor 15,28). Dove c’è l’amore, lì c’è Dio. In contrasto con il gesto di delicatis-simo amore della donna, Giovanni mette in evidenza l’obiezione di Giuda di fron-te allo spreco di un profumo tanto raro e prezioso. La stessa obiezione viene at-tribuita da Matteo ai Discepoli (Mt 28,8) e da Marco, alle persone presenti (Mc 14,11). Una libra di profumo aveva il valore del-la paga di un anno di lavoro. Veniva otte-nuto dalle radici della pianta di nardo che cresceva a circa 5000 metri d’altitudine sulle montagne dell’India. Perciò il suo pregio era elevatissimo. Giuda, l’unico discepolo nominato, era ladro e traditore

per questo disapprova il gesto genero-so di Maria ritenendolo uno spreco di denaro. Giuda contrappone l’aiuto dei poveri, all’amore per il Signore; è la-dro, menzognero e omicida. È la perso-nificazione del male quando alberga nel cuore umano. “Perché questo unguento non si è venduto per trecento denari e si è dato ai poveri?”. Giuda non aveva certamente a cuore il bene dei poveri perché l’attaccamento al denaro lo ave-va allontanato dalla comunione con i fratelli. Gesù risponde a Giuda lodando il gesto di Maria: ella infatti profuma e onora il corpo del Vivente preannun-ciandone la risurrezione. Col suo atto d’amore gratuito, generoso fino allo spreco, ella riconosce in Gesù il Messia, il Figlio di Dio che è venuto per donare la sua vita per la salvezza dell’umanità. La casa dove si è celebrato il banchetto in onore di Gesù e dove Maria ha sparso il profumo prezioso è immagine della Chiesa chiamata a custodire e diffonde-re tra tutte le genti il profumo di Dio e l’amore tra i fratelli.

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DESCRIZIONE DELL’ICONAI due edifici, uniti dal drappo ros-so ci introducono con la loro sim-bologia, all’interno della casa di Lazzaro, Marta e Maria, dove si sta celebrando il banchetto in onore di Gesù. Tra i Dodici Apostoli c’è an-che Lazzaro che volge lo sguardo riconoscente al Maestro, indicando con la mano il dono della vita che gli è stata ridonata. Il mantello bian-co che gli copre le spalle è simbolo del sudario nel quale era stato av-volto per la sepoltura. Gli sguardi e gli atteggiamenti dei commensali rivelano stupore, imbarazzo, me-raviglia, disapprovazione per ciò che sta accadendo. Lo sguardo più emblematico è quello di Giuda che, con il dito della mano sinistra indica il gesto di Maria in maniera ripro-vevole. Egli è l’unico personaggio rappresentato di profilo; infatti se-condo le regole e la simbologia ico-nografica, il profilo è sinonimo di allontanamento da Dio, idolatria di se stesso, rifiuto dell’amore per Dio e per i fratelli. Giuda non incontra lo sguardo di Gesù che sta benedicen-do il gesto di Maria: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno del-la mia sepoltura…” (Gv 12,7) Maria, prostrata ai piedi del Maestro, in at-teggiamento di adorante venerazio-ne, ne accarezza i piedi sui quali ha sparso il profumo prezioso di nardo. Con l’affettuosa intimità che abi-tualmente una sposa compiva solo davanti al suo sposo, ella scioglie i

capelli per asciugare i piedi del Maestro. Il suo sguardo commosso e mesto sembra pre-sagire la prossima passione e morte di Gesù, ma splenderà di gioia radiosa quando ne an-nuncerà la risurrezione assieme a Maria di Magdala, Giovanna, Maria di Giacomo e le altre donne.

Nikla iconografa

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FRATERNITÀ: CHIESA E SOCIETÀCAMPAGNA DELLA FRATERNITÀ

IN BRASILE“Fraternità: Chiesa e società”: è que-sto il tema scelto dalla Conferenza epi-scopale brasiliana (CNBB) per la 52.ma Campagna della fraternità, la tradiziona-le iniziativa di solidarietà del tempo di Quaresima. Il versetto biblico di riferimento sarà “Sono venuto per servire”, tratto dal Vangelo di Marco 10,45. L’evento, che é iniziato il 18 febbraio scorso, mercoledì delle ceneri, vuole “ricordare la vocazione e la missione di ogni cristiano e delle comunità di fede, a partire dal dialogo e dalla colla-borazione tra Chiesa e società, proposto dal Concilio Vaticano II”. L’apposito sussidio elaborato dalla CNBB riflette “una dimensione della vita sociale che si basi sulla convi-venza collettiva, con leggi e norme di comportamento, organizzata secondo criteri spe-cifici e, soprattutto, con entità che curano il benessere di coloro che convivono”. Sarà un’opportunità per tornare agli insegnamenti del Concilio, infatti il segretario generale della CNBB, mons. Leonardo Ulrich Steiner, nel presentare il sussidio, sottolinea che la Campagna della fraternità 2015 sarà “un’opportunità per tornare agli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Insegnamenti che ci portano ad essere una Chiesa attiva, par-tecipativa, consolatrice, misericordiosa, samaritana”. “Sappiamo – continua il presule – che tutte le persone che formano la società sono figli e figlie di Dio. Per questo, i cri-stiani lavorano affinché le strutture, le leggi e gli organismi sociali siano a servizio della collettività”. Inoltre la campagna della fraternità di quest’anno sarà un’occasione per approfondire la Dottrina sociale della Chiesa. Il testo proposto dai vescovi brasiliani è suddiviso in quattro parti: nella prima, sono offerte riflessioni su “La storia delle rela-zioni tra Chiesa e società in Brasile”, “La società brasiliana attuale e le sue sfide”, “Il servizio della Chiesa nella società brasiliana” e “Chiesa-società: convergenza e divergenze”. Nella seconda parte, invece, vengono approfonditi i rapporti tra Chiesa e società alla luce della Parola di Dio, del magistero ecclesiale e della dottrina sociale. E ancora: nel terzo capitolo si riflette sulla visione sociale a partire dal servizio, dal dialogo e dalla cooperazione tra la Chiesa e la società, per riflettere su “Dignità umana, bene comune e giustizia sociale”. In particolare, si offrono suggerimenti pastorali per vivere la Campagna della fraternità nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle comunità.

Sorelle SMG del Brasile

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA CAMPAGNA DI FRATERNITÀ 2015 DELLA CHIESA IN BRASILEPubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato ai fedeli brasiliani in occasione della 52.ma Campagna quaresimale di Fraternità promossa dalla Conferenza Episcopale del Brasile, quest’anno sul tema: "Fraternità: Chiesa e società", con lo slogan "Sono venuto per servire" (Mc 10.45):

Cari fratelli e sorelle del Brasile!Si avvicina la Quaresima, tempo di preparazione alla Pasqua: tempo di penitenza, pre-ghiera e carità, tempo di rinnovare la nostra vita, identificandoci con Gesù attraverso la Sua donazione generosa ai fratelli, specialmente ai più bisognosi. Quest'anno, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, ispirandosi alle sue parole "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45) propone come tema della sua tradizionale campagna "Fra-ternità: Chiesa e società". Infatti, la Chiesa in quanto "comunità costituita da coloro che credono e dirigono lo sguardo a Gesù, autore della salvezza e principio di unità" (Cost. Lumen gentium, 3), non può essere indifferente alle necessità di chi è intorno, perché, "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, soprattutto dei poveri e di tutti quelli che soffrono, sono anche le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo" (Cost. Gaudium et spes, 1). Ma cosa fare? Durante i quaran-ta giorni in cui Dio chiama il suo popolo alla conversione, la Campagna di Fraternità vuole aiutare ad approfondire, alla luce del Vangelo, il dialogo e la collaborazione tra la Chiesa e la Società - proposti dal Concilio Vaticano II - come servizio di costruzione del Regno di Dio, nel cuore e nella vita del popolo brasiliano. Il contributo della Chiesa, nel rispetto della laicità dello Stato (cfr ibid., 76), e senza dimenticare l'autonomia delle realtà terrene (cfr ibid., 36), trova forma concreta nella sua Dottrina Sociale, con la quale

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vuole "assumere evangelicamente e dalla prospettiva del Regno i compiti prioritari che contribuiscono alla dignificazione dell'essere umano e lavorare insieme agli altri cit-tadini e istituzioni per il bene dell'essere umano" (Documento di Aparecida, 384). Questo non è un compito esclusivo delle istituzioni: ognuno deve fare la sua parte, a cominciare dalla mia casa, nel mio lavoro, con le persone con cui mi rapporto. E concretamente, dobbiamo aiutare i più poveri e bisognosi. Ricordiamoci che "ogni cristiano e ogni co-munità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo" (Esortazione Apostolica Evangelii gaudium, 187), soprattutto sapendo accogliere, "perché quando siamo generosi nell’accogliere una persona e condividiamo qualcosa con lei - un po’ di cibo, un posto nella nostra casa, il nostro tempo - non solo non rimaniamo più poveri, ma ci arricchiamo" (Discorso alla Comunità di Varginha, 25/07/2013). Così, facciamo un esame di coscienza sull’impegno concreto ed effettivo di ogni uno di noi nella costruzione di una società più giusta, fraterna e pacifica. Cari fratelli e sorelle, quando Gesù ci dice: "Sono venuto per servire" (Mc 10, 45), ci insegna la sintesi dell’identità del cristiano: amare servendo. Perciò, auguro che il cammino quaresimale di quest'anno, alla luce delle proposte della Campagna di Fraternità, predisponga i cuori alla vita nuova offertaci da Cristo, e che la forza trasformatrice che sgorga dalla sua Risurrezione raggiunga tutti nella sua dimensione personale, familiare, sociale e culturale e rafforzi in ogni cuore sentimenti di fraternità e di viva collaborazione. Per tutti e ciascuno, per l'intercessione di Nostra Signora Aparecida, invio di cuore la Benedizione Apostolica, chiedendo che mai smettano di pregare per me.

Vaticano, 2 febbraio 2015. Traduzione in lingua italiana

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“SOGNO PROIBITO” LETTERA... “D’ORO”

Carissime, carissimi, il 16 novembre 2014: festa dei Santi e Beati dell’Ordine dei Servi di Maria, è stata per me una data ricca di gioia... indimentica-bile; ho celebrato i miei 50 anni di Vita Consacrata nella amata Congregazione delle Serve di Maria di Galeazza. Come sono vere e straordinarie per me le parole che l’angelo Gabriele ha detto a Ma-ria: “a Dio niente è impossibile”. Ho desiderato scriverle sul mio invito alla festa. Ritornando a 50 anni fa, quando ho pronunciato i miei primi Voti religiosi nel Sanatorio Selva dei Pini (MO), il so-gno della missione doveva essere per me “sogno proibito”, cosí mi era stato detto dai medici e dalle consorelle che mi assistevano nella mia malattia, con tanto affetto. Cosí infatti per anni l’ho consi-derato, contenta di essere misionaria dove la salute

lo permetteva. Col passare del tempo le cose sono cambiate ed è riapparsa la possibilitá di partire per la missione: Acre, Brasile. Quanta bontà da parte del Signore !!! Quante grazie nell’andirivieni della vita !!! Chi potrebbe raggiungere le persone che Dio ha messo sul mio cammino per aiutarmi a capire la sua volontá in tutti questi anni, non solo nella vita Consacrata, ma anche prima di entrare nella Famiglia Religiosa? Soltan-to con l’Eucaristia, potevo esprimere la mia gratitudine verso tutti e tutte. Non posso negare la mia sorpresa quando, quella mattina del 16 novembre 2014 ho visto la chiesa piena di gente: Religiose di varie Congregazioni, la mia famiglia bene rappresentata da mio fratello Luigi con sua moglie, venuti appositamente dall’Italia, i parrocchiani di Santa Cruz, amici e amiche anche di altre denominazioni religiose........insomma, sapendo quante altre attivitá c’erano in quella stessa mattina domenicale, davvero non mi aspettavo tanta gente...ma il Signore sapeva che avevo bisogno dell’aiuto di tanti per lodarlo e ringraziarlo come a Lui è dovuto.... Voglio dire un grazie speciale alle mie consorelle della Delegazione che, mi hanno preparato una festa cosí bella e familiare, continuata dopo l’Eucaristia con la condivisione del tradizionale “bolo”(torta) e poi il pranzo nel Centro Educativo. Grazie a sr. M. Carmela e a tutte le consorelle, partico-larmente a sr. M. Adelina, a dom Alessio, amici, parenti che si sono fatti presenti con email, telefonate e ...via, via e tanta preghiera. Un abbraccio a tutti... Continuate a pre-gare per me perchè possa servire con gioia fino a quando il Signore vorrá. Approfitto per dire alle consorelle inferme di Casa Madre che restano sempre le mie preferite.

Con affetto Sr. M. Rosalia Saccardo, smg

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CHI HA FATTO L’ESPERIENZA DELL’AMORE GRATUITO DI DIO,

PUÒ SOLTANTO DIRE “SÌ"lettera del vescovo di Rio Branco, Acre, Brasile

A causa di precedenti impegni presi, non posso essere presente fisicamente alla festa dei 50 anni di Vita Religiosa di suor Rosalia, ma spiritualmente voglio essere presente e unito, soprattutto, con la preghiera.Voglio che la mia preghiera sia una profonda azio-ne di grazie a Dio per l’offerta, donazione e consacrazione di Sr. Rosalia, perchè non è poca cosa celebrare un giubileo d’ oro di Vita Religiosa. Anche la nostra Diocesi di Rio Branco, vuole ringraziare per la sua presenza religiosa e il suo lavoro missionário, nelle diverse comunità dove ha svolto il suo servizio apostolico durante tutti gli anni di presenza nella Diocesi. Come Serva di Maria di Galeazza, ispirata al Beato Ferdinando M. Baccilieri, ha anche sentito l’appello alla missione che l’ha fatta uscire dalla sua terra natale, l’Italia, per venire in questo altro mondo, il Brasile. E piú specificamente nell’Acre, per essere questa presenza di amore a servizio della vita. Che le parole del Beato Ferdinando: “Soffro per amore a Dio, le sofferenze del quale sono state infinita-mente maggiori e ha sofferto per mio amore”, siano di ispirazione alla sua Vita Consa-crata, in questi tempi difficili in cui viviamo, tempi di grandi prove e realtà totalmente contrarie. Ma, chi ha fatto l’esperienza dell’amore gratuito di Dio, può soltanto dire “sì”, e camminare in avanti, confidando pienamente nella misericórdia di Colui che

ci ha chiamati e ci ha affidato la missione di portare la sua Vita ai fratelli, specialmente ai piú bisognosi. Rendo grazie a Dio per Sr. M. Rosalia, chiedo per lei la grazia della perseve-ranza fino alla fine ed ancora tanti anni di vita consacrata nel servizio. Invio il mio abbraccio fraterno insieme alla mia benedizione.

D. Joaquín Pertiñez Vescovo di Rio Branco

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RISONANZEChe gioia poter portecipare! Mi sono emozionata durante tutta la festa nel vedere quanto Dio è stato buono e ricco di grazie con Sr. M. Rosalia. Anche nelle difficoltá è stata perseverante e fiduciosa nel suo cammino, nella fede e nella sua offerta totale a Dio. Tutto questo mi è di stimolo ad avere più fi-ducia in Dio e ad essere più perseverante nella mia fede, in tutto il mio cammino di vita che mi viene dal Signore. Maria Auciliana Silva Cost, candidata smg

Mi sono molto emozionata nel participare alla festa dei 50 anni di Vita Consacrata di Sr. M. Rosalia con una bella Messa nella parrocchia Santa Cruz-Rio Branco. Tra le tante persone c’era anche un suo fratello con la cognata, venuti dall’Italia. È stato spontaneo vedermi, col pensiero, al suo posto, fra molti anni. Avere la gioia di poter dire: Lui mi há chiamata e mi ha dato la forza necessaria nei momenti più difficili del mio cammino. Lei, Sr. M. Rosalia, era molto felice di essere insieme a noi in questo giorno cosí speciale, di vedere quanto è amata dalle persone. Sembrava tutto preparato per lei in quel giorno di festa: le letture della Messa...l’omelia ispirata del celebrante Padre Ronaldo (gesuita, professore nella facoltá di teologia san José: FADISI). È bello seguire Dio.... e come Sr. M. Rosalia ha perseverato, Lui fará ugualmente a noi questa grazia, purchè lo vogliamo. La festa è continuata con un’agape fraterna, l’immancabile “bolo”(torta) e poi il pranzo “solenne” con la partecipazione di tutte le consorelle, suo-re di altre Congregazioni, gli studenti Servi di Maria con il loro formatore e amici....Noi aspiranti le abbiamo fatto una sorpresa... un canto e tanta musica.Maria Alcilene Nascimento Da Costa, candidata smg

Carissima suor Rosalia, Per me è stato un grande privile-gio: essere stata invitata, tra tante persone, alla festa dei suoi 50 anni di Professione religiosa. Lei non puó imma-ginare quanto sia stata felice del suo invito! Sono rimasta incantata della organizzazione di tutti i momenti che si sono realizzati durante l’evento. Ho potuto conoscere, in questa occasione, un pó meglio il suo cammino e confes-so che oggi l’ammiro ancora di piú. Sappia che ho un af-fetto molto speciale per lei perché é veramente speciale. Niente può cancellare una storia e le cose buone rimango-no nella memoria di chi la conosce.Maria Antonia Pereira de Sousa, una signora appartenente alla Chiesa evangelica

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Il 16 novembre 2014, nel-la Parrocchia Santa Croce, alle 7 del Mattino, abbia-mo avuto l’onore di parte-cipare alla festa del 50° di vita religiosa di Sr. Rosa-lia. Questa sorella da molto tempo dedica il suo servi-zio a questa Parrocchia: vi-sita alle famiglie, incontri di formazione, conferenze, ritiri. Ci ascolta sempre, ci consiglia... è una persona sapiente e quando, deve assentarsi, sentiamo molto la sua mancanza. Attual-mente, per esempio, vive nella FADISI (Centro di Formação) e allora non ha più tanto tempo per visitare le famiglie ed accompagnare i gruppi. Noi sentiamo molto la sua mancanza e anche lei la nostra. Sappiamo che la missione è una urgenza nelle comunità, nelle famiglie, in tutti i luoghi. Dobbiamo accettare che molto tempo è trascorso e che tutto è cambiato. Noi siamo riconoscenti a Sr. Rosalia per tutto quello che ha fatto e ancora fa. Che Dio la possa benedire ogni giorno di piú. Io sono molto felice perchè l’ho conosciuta da vicino e ho avuto l’onore di averla come madrina. Posso dire che Sr. Rosalia è una persona dal cuore grande e

dove passa trasmette molta pace. Ho piena coscienza che servire Dio esige molta deci-sione. Sr. Rosalia è partita dalla sua terra, un paese completamente diverso dal Brasile, ed è venuta qui per servire in primo luogo Dio e il prossimo: ogni fratello e sorella che Dio ha messo sul suo cammino; lei si è donata a questa missione corpo e anima. Non tutte le persone hanno questa forza. So che la prote-zione divina è con lei e che l’amore a Maria non le manca. Dio sia lodato per ogni persona che ha questo coraggio e decisione. Auguro che possano essere ricompensati gli sforzi e le sofferenze di questa suora che ha ricordato i 50 anni di amore e fedeltà al Sì che ha detto a Dio.

Andreia Lourenço

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C O M E V I V I A M O

L`ANNO DELLA VITA CONSACRATA?Prima di iniziare a vivere l'anno della vita consacrata, la Delegazione della Corea ave-va realizzato un seminario di tre giorni sul rinnovamento della vita religiosa. Inoltre, a livello comunitario, è stato letto un libro intitolato “il rinnovamento della vita consa-crata”. Con queste iniziative abbiamo preparato l’inizio dell'anno della vita consacrata e rilanciato il nostro cammino religioso. Questo anno speciale è stato aperto il 1 dicem-bre 2014 con una celebrazione Eucaristica nella cattedrale di Myeng Dong (Seul). La quasi totalità delle sorelle della Delegazione coreana era presente alla celebrazione. La S. Messa è stata preceduta dalla celebrazione del sacramento della riconciliazione perché ciascuna/o potesse cominciare l’anno con una vita purificata e con il cuore lim-pido. Durante la Santa Messa sono state riprese le “parole chiave” pronunciate dal Papa nelle varie omelie durante la sua visita in Corea. Le Congregazioni che lo desideravano potevano portare le proprie Costituzioni durante la litur-gia offertoriale ed anche noi le abbiamo portate presso l'altare. L`unione delle Superiore/i Maggiori della Chiesa core-ana stanno preparando, per quest’anno,

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vari progetti spirituali per i reli-giosi e le religiose. Noi, Serve di Maria di Galeazza, viviamo anche il trentesimo della presenza della Congregazione in Corea (1985-2015). Quanto è bello vivere, nel-lo stesso anno, questi due eventi! Papa Francesco, nell’ incontro con le consacrate e i consacrati, nella sua visita pastorale alla Corea, ci ha detto: “La gioia della persona consacrata è un dono che si nutre di una vita di preghiera, di medi-tazione della Parola di Dio, della celebrazione dei sacramenti e della vita comunitaria che è molto importante. Si diventa ”esperte/i“ della divina misericordia proprio attraverso la vita in comunità, ‘distac-candoci’ e ‘uscendo sempre più da noi stessi’ Nella vita consacrata, la povertà è un ”muro“ perche protegge la nostra consacrazione ed, è una ”madre“ perché la aiuta a crescere.” Proprio facendo memoria delle parole di Papa Francesco, la nostra Delega-zione coreana ha deciso di approfondire e vivere sempre di più la vita di povertà, con iniziative e gesti concreti: (es. digiuno il venerdì devolvendo per i poveri la somma corrispettiva al digiuno). Il Papa ci ha detto anche : “ non basta parlare della povertà, ma è importante vivere con i poveri, avvicinarli…”, ed allora, per concretizzare questo invito, ogni comunità locale ha preso contatto con un’associazione che si interessa dei poveri o emarginati ( es. servizio alle mense, distribuzione indumenti ecc.), li aiuta, condivide con loro un po’ di tempo e li avvicina due volte al mese. La comunità della casa centrale ha programmato di ‘aprire’ l`Adorazione comunitaria per due motivi: per condividere la grazia della consacrazione che sempre riceve e per promuovere nuove vocazioni religiose.Infine vogliamo rendere grazie a Dio per quello che siamo e che faccia-mo come persone consacrate nel-la Congregazione delle Serve di Maria di Galeazza; desideriamo essere felici perché siamo di Dio e Lui è il nostro Padre che mai si stanca della nostra vita.

Sr. M. Anna Kwon, smg

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DIO CHIAMA: MA A QUALE FINE? REALIZZARE IL SOGNO DI DIOcome un parroco vede la vita consacrata

Continuiamo, nell’anno dedicato alla vita consacrata, a dare spazio, nella nostra rivista, a qualche suggestione su questo tipo di vocazione

Come possono vivere nella libertà coloro che sono stati chiamati ad una vita di con-sacrazione? Ci chiediamo: Dio chiama: ma a quale fine? La sua risposta sarebbe im-mediata: “.. perché portiate frutto”!!! Abbiamo parlato di libertà dell’uomo.. ma c’è anche la libertà di Dio, il quale chiama ancora oggi.. ma perché Dio chiama? Qual è il fine della sua chiamata fatta proprio a me? La voca-zione è chiamata a generare, ad essere fecondi, non è chiusura, non è sterilità! La persona chiamata ha come fine la missione, la testimonianza, la generazione di altra vita, di altri orizzonti, di altre strade. Anzi la vocazione è il sentiero della massima resa possibile della propria esistenza. Fecondità, generare vita, ancor prima di dire rinuncia, di proclamare la scelta come straordinariamen-te coraggiosa o controcorrente.. Anche la vocazione alla vita consacrata è chiamata alla fecondità: cosa significa che una vocazione alla vita consacrata indica ed esprime un carattere di fecondità, di generazione, di genesi? Ci basti qui rilevare come ogni cristiano, quindi anche una “consacrata”, è chiamata nella sua vocazione specifica a generare nuovi figli di Dio, a generare in forme sempre nuove la Chiesa, che è la comunità dei figli di Dio.. questo attraverso la vita dei Sacramenti e in particolare nell’Eucaristia, nel servizio della carità, della Parola, nell’orientare, indica-re e proporre Dio alla vita degli uomini e delle donne del nostro tempo verso colui che, solo, può donare la salvezza. C’è un rischio di fondo, che è una vera e propria schiavitù: interpretare la propria vocazione come realizzazione di se stessi. Se ad una giovane o ad un giovane di oggi chiedessimo cosa pensa del suo futuro ci sentiremo rispondere che il più grande desiderio è quello di realizzarsi nella vita, di arrivare laddove il sogno della sua vita lo spinge. Può essere la vocazione alla vita religiosa la realizzazione dei proprio sogni? È libertà? No!!! No, casomai sarà la realizzazione del sogno di Dio. Ma come, si potrebbe obiettare, se senza libertà non si va da nessuna parte, come è possibile vivere una vocazione senza pensare alla propria realizzazione? La risposta è semplice, ma complessa

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da praticare: non si può vivere pensando che ogni spazio dell’esistenza debba corrispon-dere al proprio sogno, al proprio progetto; questo è assolutamente frustrante. La scelta di vivere la vocazione è mettere Dio al centro della propria vita, in lui trovare senso e futuro, sapendo che il frutto di questa relazione, in qualsiasi forma la si vive, è la gioia, la gioia vera.. “sono venuto perché abbiate vita, e vita in abbondanza” (Gv 10,10). In altre parole noi realizziamo i nostri sogni (sì, li realizziamo!!!) come conseguenza di una relazione, di uno stile di vita, del nostro essere in Dio, non come fine della nostra esistenza. Forse è questa la libertà più costosa.. ma più alta..

I consigli evangelici, luogo concreto di libertàLiberi.. per amare, per lasciar fare, per imparare a dare. È uno slogan per indicare solo alcuni spunti di provocatoria riflessione alla luce della quale pensare, creare, vive-re il dono prezioso della libertà evangelica e il tentativo di leggere in maniera rinnovata i consigli evangelici:

CASTITÀ È LIBERTÀ DI AMAREQuando Davide sta per andare incontro a Golia il re Saul lo veste della sua armatura (1 Sam 17,12-39), perché si ripari di fronte a quel colosso; ma Davide non riesce a muoversi, chiuso in quella morsa pesante e obbligante; la vera armatura per Davide è la presenza di Dio e il futuro re d’Israele va contro il filisteo con la certezza che la forza del Signo-re, in cui lui crede, vincerà. L’armatura difende, ma blocca, evita ferite ma nasconde la debolezza.. l’amore preferisce essere come è, accetta di essere vulnerabile, non cerca di sembrare… chi ama sa soffrire, sa offrire, sa guardarsi dentro per ciò che è. È questa la castità! È questa la libertà! Castità non è rinuncia ad amare, è un modo diverso di amare, è un amore che non possiede... ma è amore, con tutte le sue implicanze, psi-cologiche, affettive e affettuose... Perché non si può amare irrigiditi, preservati dietro il nostro status, il nostro abito, i nostri segni identificativi. Solo così si può essere fedeli alla propria vocazione... e la si può presentare nella sua autenticità! Ciò chiede ai con-sacrati una multiforme fedeltà, che diventa primo annuncio, testimonianza di vita che interpella le giovani generazioni:

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● fedeltà nel cuore: i senti-menti, il sentire profondamente vera per me quella chiamata, lo stile che quella vocazione mi invita a vivere; tutto questo diventa una prospettiva di amore che non può essere parziale, ma resiste anche quando non percepi-sco il senso di quello che sto vivendo, perché non è così come la pensavo io, perché la gente non mi capisce, perché la superiora non mi piace. E resiste anche di fronte alle ferite che la voca-zione abbracciata comporta: errori di valutazione, progetti andati in fumo, incomprensioni pratiche. Il mio senti-re diventa allora un sentire come sente Dio, i miei occhi guardano la realtà e la mia vita con lo sguardo di Dio, uno sguardo fedele, avvolgente, sereno.. è la pace del cuore.. è libertà!!!

● fedeltà nel tempo: non sono quello che sono “a tempo”; oggi, domani, sempre sono ciò che Dio mi ha chiamato ad essere; sì, perché il suo amore nonostante tutto, nonostante anche noi stessi e le nostre paure, è davvero fedele. È possibile pensarsi per sempre dentro una vocazione? Credo di sì, altrimenti non esisterebbe vocazione di sorta, ma solo un consumo di energie e sentimenti “fin quando la va..” Se Dio è fedele, come non lo posso essere io che mi affido a Lui?

● fedeltà nel corpo: è rappresentata dalla sobrietà degli atteggiamenti, del modo di porsi in relazione con l’altro, con l’altra; non è rinuncia o mortificazione della pro-pria femminilità, non è banalizzare la cura del proprio corpo o relativizzare un giusto ed equilibrato “tenersi e trattarsi bene” (pur nella sobrietà); fedeltà nel corpo è evitare atteggiamenti di inutile seduzione, comportamenti superficiali ed ambigui, che possono anche nostro malgrado creare attese o incomprensioni. Inoltre può significare tenere la giusta vicinanza-distanza dalle persone e dalle situazioni di bisogno, con quella libertà e consapevolezza di chi si è..

● fedeltà nella scelta.. e nelle piccole scelte quotidiane! Davvero, perché non si è chiamati a rispondere alla vocazione una sola volta, piuttosto è un sì che si edifica quotidianamente dentro una coerenza di vita che si rifà alla scelta fondamentale, rin-novandola continuamente... anche se le motivazioni con cui si è partiti non sono più quelle del momento presente!

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OBBEDIENZA È LIBERTÀ DI LASCIAR FARERicorriamo ancora alla vicenda storica del re Davide raccontata nei libri di Samuele: quan-do i rapporti tra Davide e Saul si deteriorano per la gelosia di quest’ultimo, Davide deve fuggire, poiché è in gioco la sua stessa vita; eppure ha l’occasione di uccidere il suo nemico, in una notte dove un torpore “divino” era sceso sull’accampamento del re d’Israele.. ma il giovane non osa stendere la mano sul consacrato del Signore, perché egli non è interessato a difendere così la sua innocenza, i suoi diritti.. sa che Dio prima o dopo gli renderà giustizia. Quanto è difficile lasciare a Dio la regia della nostra vita, quanto ci piacerebbe essere noi ad insegnargli come vanno le cose del mondo e cosa sarebbe giusto per noi. A volte poi abbia-mo paura di essere usati da lui, paura che gli altri, anche i nostri superiori, proprio in nome di Dio, ci facciano fare delle cose che non vogliamo, che eviteremmo, se solo fossimo dav-vero liberi. Ma è questa la libertà? Anzi, se la vita religiosa fosse così, beh, come può essere appetibile? E noi non ci accorgiamo che molte volte dal nostro comportamento lasciamo trasparire proprio questo, la frustrazione di una vita opaca, sempre vissuta di sponda, senza gusto per ciò che facciamo, perché viviamo tutto come un dovere.. altro che libertà! Restare fedeli significa anche sapere che il Signore conduce con amore la nostra storia, con noi e per noi: questa è la libertà dell’obbedienza!

POVERTÀ È LIBERTÀ DI DAREAncora il nostro Davide: egli è chiamato alla corte di Saul perché, come visto, sa suonare bene la cetra, una dote che sembra secondaria rispetto alla figura del con-dottiero, della sua abilità in battaglia, della sua maestria nel governo. Eppure è la sua musica che porta sollievo a Saul; suonare, servire, mettersi a disposizione solo per far star meglio, per far piacere all’altro. La povertà non è solo fare economia, è anche offrire i propri doni per la gioia di donare e basta. Ciascuno di noi ha una cetra che sa consolare, dare speranza e vita a chi ci sta intorno; che senso avrebbe la nostra vocazione se fosse solo un ricettacolo di rinunce, di pauperismo fine a se stesso, che sembra basti di per sé a metterci al riparo dai rischi di una sfrontata ricchezza materiale ma anche spirituale? Presentare alle giovani generazioni la povertà solo come semplice rinun-cia non ha senso; se povertà è libertà per dare, la povertà stessa assume un significato posi-tivo e propositivo, perché non si tratta di dire di no ma di riscoprire il senso profondo della nostra origine, dell’essenzialità delle cose intime prima ancora delle realtà materiali. La povertà non diventa allora un pretesto ma un modo di essere perché l’unica ricchezza che conta sta “Altrove”.. e in ogni altro.. ed è vera ricchezza, vera libertà..

Don Fabio Ogliani, Parroco di Dueville, Vicenza

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MOMENTO SPIRITUALE IN SERENITÀ ED ARMONIAIl Centro Diurno Alzheimer "Incanto Home" nasce da un accordo di programma tra Roma Capitale ed Asl Rm A ed è gestito dalla Cooperativa Sociale Integrata Pegaso. Si trova in Via Isola Madre, n.15, nel III municipio all’interno di una struttura polivalente dedi-cata agli anziani di proprietà dell’Isma. È una struttura ri-volta ad un'utenza affetta da patologia Alzheimer e demenze cognitive correlate ad uno stato medio-lieve. Questo signi-fica che i soggetti in questione posseggono ancora un patrimonio di potenzialità cognitive e motorie che l'equipe professionale mira a preservare il più a lungo possibile attraverso un insieme di attività (attività cognitive,occupazionali, motorie, di socializzazione ed di animazione; ginnastica dolce; orientamento spazio-temporale; arteterapia; ortoterapia; musicoterapia; visite esterne guidate) tra cui si inserisce l'attività di "Preghiera ed Ani-mazione Musicale" tenuta un'ora la settimana dal gruppo volontario delle Suore Serve di Maria Galeazza. Durante questi incontri è stato riscontrato un elevato livello di partecipa-zione e di coinvolgimento emotivo: gli utenti si divertono, cantano, ballano, interagiscono tra loro e con gli operatori presenti con buona fluidità. Di notevole rilievo anche lo scambio interculturale favorito dal fatto che il gruppo di suore è di nazionalità indonesiana e questo stimola la curiosità e la voglia di conoscersi. Pertanto, l'esperienza è senz'altro positiva an-che perchè permette agli utenti di vivere un momento spirituale in serenità ed armonia.

Equipe Professionale Cooperativa Sociale Integrata Pegas

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SI È SPENTA UNA LUCE… SI È ACCESA UNA STELLA

Le Suore Serve di Maria di Galeazza lo hanno conosciuto così

Don Marino è stato uno dei successori del B. Ferdinando M. Baccilieri, infatti è stato Parroco a Galeazza dal 1953 al 1961 ed officiante dal 2003 al 2012

Don Marino Ghini ha terminato il tempo che il Signore gli ha dato sulla terra ed è ritornato alla casa del Padre. Aveva chie-sto, dopo il lungo periodo trascorso ad Argelato, di tornare a Galeazza per dedi-carsi alla preghiera, al sacramento della penitenza e alla Santa Messa quotidiana, nei luoghi dove ha vissuto il beato Ferdinando M. Baccilieri.La sua giornata era scandita da orari ben precisi, Santa Messa e mattina e pomeriggio la sua presenza al confessionale era assicurata; i numerosi penitenti hanno trovato in Lui il Pastore che accoglie, perdona e assolve. I momenti liberi li dedicava alla preghiera, in Chiesa non era mai solo; la presenza silenziosa quotidiana di una Suora vigilava, perché nel piccolo Santuario del Beato ci fosse silenzio e pace. Il suo carattere un po’ burbero, si scioglieva quando incontrava i bambini in chiesa, nel prato o al catechismo e ogni anno festeggiavano il suo compleanno e Don Marino accettava con gioia questi momenti. Questa presenza così importante si è interrotta il 20 mag-gio del 2012 quando il terremoto ha sconvolto i cuori e le menti di tutti. La canonica inagibile, ha costretto Don Marino a trascorrere un periodo a Renazzo accolto da Don Ivo Cevenini, ma la sua salute, già precaria prima del terremoto, ha reso necessario il trasferimento alla Casa del Clero a Bologna che accoglie i Sacerdoti bisognosi di cure e assistenza. Ora il piccolo Santuario è in attesa di ritornare il luogo dove riposano le spoglie del Beato e dove si respira aria di santità. Grazie Don Marino per gli anni che hai donato a Galeazza, ti chiediamo di parlare con il Beato perché presto desideriamo pregarlo come Santo.

Sr. M. Pellegrina Maccaferri, smg

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SI CHIAMERÀ: PENSIONATO "BEATO FERDINANDO MARIA BACCILIERI"La costruzione dell’asrama è or-mai ultimata (come potete vedere nelle foto) e avrà il “nome” del nostro Fondatore. Perciò la nostra Congregazione, presente da alcu-ni anni a Bijaepasu (Timor Ovest, Indonesia), inizierà il suo servizio specifico nell'ambito educativo con l'apertura di un Pensionato per giovani della scuola Media e Superiore. Con questa piccola opera, la Congregazio-ne desidera offrire la possibilità alle giovani, che provengono da luoghi lontani, di poter continuare la loro formazione scolastica.

Il Pensionato "Beato Ferdinando Maria Baccilieri" si prefigge alcune finalità educative:

● FAVORIRE LO SVILUPPO ARMONICO DELLA PERSONALITÀ DELLE GIOVANI;● COLTIVARE I VALORI UMANI, MORALI E CRISTIANI;● FORMARE ALLA RESPONSABILITÀ PERSONALE.

Nei prossimi mesi inizieranno le iscrizioni, poi tutto si avvierà…. sarà bello vedere come tutto si animerà di giovani desiderose di aprirsi alla vita, alla cultura e, perché no, al Vangelo!!!!

Grazie a quanti hanno collaborato e a chi intende collaborare per l’arredamento e per il mantenimento di queste ragazze.

INTESTARE A:Congregazione delle Suore Serve di Maria di Galeazza Via Porrettana, 14 - 40135 BOLOGNA

BANCA PROSSIMAPIAZZA SAN DOMENICO,1 - 41124 BOLOGNAIBAN: IT69 S033 5901 6001 0000 0070060

Nella causale indicare: per la missione dell’IndonesiaPER OFFERTE DALL’ESTERO AGGIUNGERE

IL CODICE BIC: B C I T I T M X

Casa generalizia, [email protected]

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25 marzo 2015:Anche le suore “Serve di Maria di Galeazza”

sono online!!!www.suoreservedimariadigaleazza.it

Cliccateci! Per conoscerci, o per curiosità. Potrete scoprire CHI SIAMO - DOVE SIAMO - COSA FACCIAMO

chi è il nostro DON FERDINANDO MARIA BACCILIERI nelle nostre PUBBLICAZIONI troverete QUALCHE IDEA per “lavorare”

con bambini, ragazzi,giovani, adulti - apriamo una “pagina” per ENTRARE IN DIALOGO CON VOI (FACEBOOK)

e sarà anzitutto per noi un piacere e una ricchezza. La tecnologia ci apre spazi e possibilità enormi, utili, interessanti,

se ne facciamo un uso intelligente e per il bene…

Vi aspettiamo!

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Ore 17,30 Saviano Convento dei Servi di Maria “S. Anna” Accoglienza e Cena

Ore 19,00 Casa di riposo per anziani “P. Girolamo M. Russo”Inizio della Marcia, presentazione dei gruppi e saluti Ai piedi delle infinite croci, nella terra della saggezza Animano i giovani delle Parrocchie di Sirico e di Palma Campania

Ore 21,30 Nola - CattedraleDal Chicco di grano, risorto dalla terra, la nostra forzaCelebrazione dell’Eucaristia e Lettura del MessaggioPresiede il Vescovo di Nola, mons. Beniamino DepalmaAnimazione liturgica a cura delle Suore Serve di Maria Compassioniste

Ore 23,00 Cimitile Basiliche paleocristiane Ai piedi delle infinite croci, nella terra solcata dalla santitàMomento musicale e poetico con brani di san Paolino

Ore 00,30 Cicciano chiesa di San PietroAi piedi delle infinite croci, nella terra dei “senza lavoro”Animazione a cura dell’OSSM, fraternità di Filetta e Carbonara(SA)

Percorso alla luce dei flamboux e preghiera della Corona dei Sette dolori Con santa Maria, terra fertile, ai piedi delle infinite croci

Ore 02,15 Roccarainola chiesa di San Giovanni BattistaAi piedi delle infinite croci, nella terra dei fuochi Animazione a cura delle Serve di Maria Addo-lorata di Napoli e parrocchia di Santa Maria del Parto a Mergellina

Ore 4.30 Casamarciano (loc. Schiava) chiesa di San Michele ArcangeloAi piedi delle infinite croci, nella terra dei “senza terra” Animazione a cura dei professi del Collegio S. Alessio Falconieri e delle Suore Serve di Maria di Galeazza di Roma

Ore 6.15 Avella chiesa di San Giovanni BattistaAi piedi delle infinite Croci, portando nel cuore semi di speranzaAnimazione a cura delle Suore di NostraSignora della Compassione e Coro della chiesa di San Giuseppe in Casalnuovo di Napoli

Ore 7,45 Baiano – chiesa di Santo StefanoDalle infinite Croci verso cieli e terre nuove Animazione a cura del gruppo organizzatore

Consegna del simbolo

Ore 8.15 Colazione Ore 9.00 Partenze

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Casa Generalizia40135 Bolognavia Porrettana n.14 Tel. 051 / 436607Fax 051 / 6156355

Centro di Spiritualità Ferdinando Maria Baccilieri40010 Galeazza (Bo)via Provanone n. 8510/fTel. e Fax 051 / 985367E-mail: centrobaccilieri @ libero.it

DIRETTRICE RESPONSABILEGiordano Irma (suor Maria Carmela)

suor Maria Giustina Bertellisuor Maria Gabriella Bertoldosuor Maria Pellegrina Maccaferrisuor Maria Fiorenza Matteazzisuor Maria Donatella Nertempisuor Maria Norberta Sandri

Le informazioni contenute nel nostro archivio elettronico verranno utilizzate al solo scopo di inviare notizie e proposte della nostra Congregazione in conformità alla legge 675/96 sulla tutela dei dati personali.

La rivista si sostiene solo con il contributo dei suoi lettori. Vi preghiamo di inviare, almeno una volta all’anno, un’offerta da versare sul c.c.p. n. 21138409 intestato a CONGREGAZIONE SUORE SERVE DI MARIA DI GALEAZZAVia Porrettana n. 14 40135 Bologna

I “Quaderni” del Centro di spiritualità

Ferdinando Maria Baccilieri di Galeazza,

sono strumento di impegno, di riflessione, di ricerca.

Concernono specificamente iniziative del Centro, procurando per questo tramite una

maggiore diffusione e una più duratura possibilità

di riflessione. Conferiscono rilievo

alla presenza e al cammino nel tempo della Congregazione delle Serve

di Maria di Galeazza e all’attualità della testimonianza esempla-

re del loro fondatore, il Beato Ferdinando Maria Baccilieri.

Esprimono il patrimonio della famiglia servitana,

la realtà della vita consacrata femminile,

i diversi contesti sociali nei quali la Congregazione

è chiamata ad operare, la vita della comunità ecclesiale.

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