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CONVEGNO AMOR Suore Orsoline scm N N OMI OMI E E PROFILI PROFILI DI DI DONNE DONNE IN IN COLLABORAZIONE COLLABORAZIONE CON CON S S AN AN P P AOLO AOLO Breganze - 16 maggio 2009

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CONVEGNO AMOR Suore Orsoline scm

NNOMIOMI EE PROFILIPROFILI DIDI DONNEDONNE ININ COLLABORAZIONECOLLABORAZIONE

CONCON SSANAN PPAOLOAOLO

Breganze - 16 maggio 2009

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PROGRAMMA

Arrivi

Saluto e introduzione al convegno

Relazione

Risonanze

Intervallo

Contributo dei gruppi

Reazione del relatore

Preghiera conclusiva

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Riprendere con lacrime amare e inaudito coraggio il cammino fatto di sassi e stelle, giungere insieme dove nascono albe, dove iniziano tramonti, dove le stelle fanno convegno, e le onde sature di nostalgia lambiscono teneramente il profilo della terra.

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Cara Maria, sei salutata da Paolo come colei che ha faticato molto per la costru-zione dell’Ecclesia. Ti rendiamo grazie per tutte le donne che nel servizio nascosto, ma anche nella evidente predicazione operano per la crescita e la vita della comunità cristiana. Apri la via Signore, perché nel cuore e nella vita delle donne si riconosca una grande importanza al lavoro per il vangelo, per la costruzione del regno di Dio…

Donna lieta nel servizio

Cara Priscilla, che ci presenti una Chiesa nella reciprocità, che fa coniugare uguaglianza e differenza, che divieni immigrata e vivi l’ esclusione perché inde-siderata. Ti rendiamo grazie Signore per le coppie che vivendo pienamente il loro amore rendono anche testimonianza del tuo. Rivolgiamo preghiere a colui che tutto può, ma nulla opera senza l’uomo, perché ogni famiglia cristiana divenga luogo privilegiato dove Parola - Eucaristia - Ca-rità possano trovare la genuina e originaria abitazione …

Donna lieta nel servizio

Cara Lidia, donna commerciante di porpora, imprenditrice affermata, che chiede il battesimo. Ti rendiamo grazie Signore, per le donne imprenditrici e per le donne lavoratrici. Fa’ sapiente e forte la coscienza della donna perché sappia coniugare bene lavo-ro, famiglia e anche servizio alla Parola…

Donna lieta nel servizio

Vorrei (di Elisa Kidanè, Orme nel cuore del mondo)

Correre dove nascono albe e iniziano tramonti. Correre dove il sole incontra la luna e le stelle fanno convegno.

Correre dove le onde accarezzano con struggente nostalgia la terra. Correre e danzare insieme alla vita.

Invece bisogna andare sui sentieri di questo mondo fatti di guerre e promesse di pace, andare e lenire le ferite del cuore umano.

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NOMI E PROFILI DI DONNE IN COLLABORAZIONE CON SAN PAOLO

Per una presenza evangelica significativa del femminile nella Chiesa, nella società, nella cultura

Don Roberto Roveran

Società San Paolo

Avvio, apertura

Paolo scrive al discepolo fidato Timoteo nella seconda lettera: “Paolo, apo-stolo di Cristo Gesù per volontà di Dio e secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timòteo, figlio carissimo: grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a Dio, che io servo come i miei antenati con coscienza pura, ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia. Mi ricordo infatti della tua schietta fede, che ebbero anche la tua nonna Lòide e tua madre Eunìce, e che ora, ne sono certo, è anche in te” (1,1-5).

Così san Paolo ricorda il debito di Timoteo per la fede attinta dalle labbra della nonna Loide e della mamma Eunice. Pur avendo nomi greci esse erano giudee di origine e dagli Atti (14,7-19) risulta che sono state con-vertite da Paolo a Listra nel suo primo viaggio missionario (verso il 48 circa). Le due brave donne si adoperarono a infondere la fede nel giovane Timoteo che fu da loro educato anche nel culto e nello studio della sacra Scrittura. Un debito che è “ancestrale” possiamo dire (“come i miei ante-nati”, dice Paolo) nel senso che riguarda un po’ tutti. L’annuncio del Van-gelo può attecchire e portare frutto grazie a persone che nella loro sempli-cità preparano il terreno dei cuori.

Pensiamo alla grande importanza che hanno i nonni e le nonne di ieri e di oggi…

Giovanni Paolo II scrive nel 1988 la lettera apostolica Mulieris dignitatem e nel 1995 una vera e propria lettera alle donne dopo aver incentrato an-che il messaggio ai sacerdoti al giovedì santo sul ruolo della donna nella pastorale. Nel 2004 l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Cardinal Ratzinger, firma la lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo. In tali documenti si ringraziano le donne per l’encomiabile opera di collaborazione e per tutte le manifestazioni del genio femminile nella

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vita della Chiesa.

“I nostri giorni attendono la manifestazione di quel ‘genio’ della donna che assicuri la sensibilità per l’uomo in ogni circostanza: per il fatto che è uomo” (MD 30). Parole consolanti e insieme provocatorie affinché ogni donna, guardando alle collaboratrici di Paolo, trovi la propria collocazio-ne nell’immenso campo dell’apostolato della Chiesa.

“In questa che è la città dell’Annunciazione il nostro pensiero si volge naturalmente a Maria, ‘piena di grazia’, la Madre della Santa Fami-glia e nostra Madre. Nazareth ci ricorda il dovere di riconoscere e ri-spettare dignità e missione concesse da Dio alle donne, come pure i loro particolari carismi e talenti. Sia come madri di famiglia, come una vitale presenza nella forza lavoro e nelle istituzioni della società, sia nella particolare chiamata a seguire il Signore mediante i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza, le donne hanno un ruolo indispensabile nel creare quella ‘ecologia umana’ (cfr Centesimus annus,

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Non un trattato

All’interno dell’Anno paolino ci interessiamo di un tema che forse per san Paolo non avrebbe senso in quanto per lui tutti i cristiani in egual misura sono chiamati a dare testimonianza della propria fede, che siano uomini o donne. Pertanto nei suoi scritti non troviamo uno specifico trattato sulla collaborazione femminile o un pensiero paolino sulle donne: questo non lo interessava proprio! Tuttavia con un esame attento possiamo fare emergere dai suoi scritti tutta la ricchezza e la novità di alcune sue intuizioni. I pochi testi sull’argo-mento “donna” si trovano all’interno di un contesto e sono risposte a do-mande concrete o servono a risolvere problemi contingenti. C’è un brano che si staglia su tutti gli altri per esprimere le sovvertitrici conseguenze del Battesimo che realizza l’unità in Cristo conferendo la stessa dignità alle persone al di là delle differenze etniche (giudei e greci), sociali (schiavi e liberi) e sessuali (maschio e femmina). “Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Questa dichiarazione suona decisamente antitetica ai pregiudizi sottesi al triplice ringraziamento di una preghiera di origine rabbinica, ancora vi-

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Riflettendo sulle caratteristiche di una donna – MARIA – (presumibilmente la madre di Giovanni detto Marco) salutata da Paolo, come colei “che ha faticato molto per voi”, e nella cui casa si riunivano un buon numero di persone raccol-te in preghiera, noi donne di Giavenale, siamo state incoraggiate a rompere la catena di pregiudizi che da sempre grava su tutte le donne che lavorano in silen-zio per edificare la chiesa, comunità di comunione, e viste solo come coloro che non fanno niente perché non si prestano alla predicazione, non vanno in missio-ne, in una parola non sono visibili, non fanno notizia e non emergono in nessun spazio pubblico. Abbiamo scoperto però che è bello anche edificare in silenzio, collaborare, ri-spondere ad ogni richiesta di aiuto o di partecipazione. Fra noi c’è chi ha talento di organizzazione, capacità di creare contatti personali; attraverso poi il passapa-rola, le informazioni di bisogno fanno scaturire la solidarietà e la condivisione, anche di valori importanti da diffondere e da vivere, ma è bello anche dire che riconosciamo fra di noi qualcuna che ha un cuore grande così … Abbiamo riflettuto come sia importante per noi vivere questa dimensione che ci fa “grembo” dove nasce e germoglia la vita della comunità, dove cerchiamo di fare spazio alla Parola di Dio che pazientemente genera spazi di luce, di vita, di fecondità, nella costruzione della chiesa domestica. Oggi, mentre da una parte sembra che la “piccola chiesa domestica” che è la fa-miglia, sia solo un ricordo del passato, dall’altra assistiamo ad una flebile e pa-cata rinascita di questa originaria realtà cristiana, segno di un risveglio silenzioso della fede. Di tutto questo ringraziamo il Signore, ma anche Paolo di avercelo ricordato.

Preghiere

Mamma di Rufo…donna nell’ombra, non conosco il tuo nome, ma Paolo t’invia i suoi saluti non solo come madre di Rufo, ma anche come madre sua. Ti rendiamo grazie Signore per tutte le donne che hanno generato vita fisica e vita spirituale, proteggile come solo tu sai fare, sostienile in questa vocazione e donale abbondantemente il tuo spirito…

Donna lieta nel servizio Maria ancella del Signore accompagnaci nel nostro cammino, incontro ad ogni uomo….

Cara Giunia, Paolo ti saluta come “ apostolo insigne”, come parente e compagna di prigionia. Ti rendiamo grazie Signore per tutte le donne che sanno fare del legame di pa-rentela una possibilità di vicinanza e condivisione di ogni circostanza della vita. Dona Signore sapienza vera e saggia perché le donne tramino sempre legami positivi nel contesto familiare…. Donna lieta nel servizio

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Aquila lo ascoltano e notano le sue capacità ma anche le sue lacune nella cono-scenza di Gesù. Allora lo invitano nella loro casa e completano la sua formazio-ne ammaestrandolo su Gesù Cristo e sul Battesimo che ancora non conosceva. Si dimostrano quindi umili testimoni del vangelo, a servizio della Parola di Dio, mettendo a disposizione dei fratelli le loro conoscenze senza alcuna invidia, né senso di superiorità nei confronti degli altri. Questi brevi frammenti in cui si parla di Priscilla e Aquila sono sufficienti per farci capire le doti umane e spirituali di questa coppia di sposi. Ci ha colpito infatti l’unione di Priscilla con suo marito Aquila, la loro condivisione nelle scelte di vita e di fede. Pur non avendo figli, come sembra dai passi in cui sono citati, la loro unione è stata ugualmente feconda, perché è stata aperta all’acco-glienza dei fratelli e della comunità. La fede in Cristo li ha accomunati e sorretti nei numerosi momenti di difficoltà e li ha resi ospitali verso Paolo che in quel tempo e in quelle circostanze era solo e si trovava bisognoso di cure particolari. Per questi motivi Priscilla e Aquila sono un bellissimo esempio di famiglia aper-ta al prossimo ed alla volontà di Dio, modello della coppia nella Chiesa. Priscilla, come donna, senza dubbio è figura di grande attualità, infatti lavora con le proprie mani per mantenersi e nello stesso tempo organizza la comunità ed evangelizza, in continua armonia di intenti con il marito. La sua figura di donna si avvicina a quella della donna di oggi spesso impegnata non solo fra le mura domestiche ma anche nel lavoro fuori casa, in un ruolo che la pone allo stesso livello del marito. Ma è la donna oggi piuttosto rara che nella Chiesa si rende disponibile e svolge ruoli attivi di servizio e di responsabilità. Con la sua testimonianza di vita Priscilla ha rotto le catene che vedevano la donna sempre seconda e subalterna al marito, sempre dedita esclusivamente alla cura della casa e dei bisogni primari della famiglia e, nella stessa cultura religio-sa giudaica da cui proveniva la coppia, sempre in atteggiamento passivo di fron-te alla predicazione e alla guida della comunità che era prerogativa maschile. Con l’esempio che troviamo in Priscilla, vediamo che grazie alla novità del Van-gelo Dio affida anche alla donna il compito di annunciare e di insegnare. Vedia-mo che la chiama a mettersi in primo piano non solo per ricevere la catechesi ma anche per trasmetterla e per guidare la comunità. Ed è bellissimo vedere come lei e suo marito Aquila si incoraggiano e si sostengono a vicenda procedendo di pari passo nel loro cammino di fede, uno di fianco all’altro senza sottomettersi o prevaricarsi l’un l’altro. Sicuramente sono un valido esempio da cui prendere spunto per la nostra vita di cristiani e ci fanno comprendere come Dio si attenda anche da noi, oggi come allora, che diventiamo umili servitori della Parola, per amore di Cristo e del prossimo.

Marina Frello Poli – Gruppo AMOR del Torrione – BREGANZE

Gruppo di Giavenale Tema. Maria

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gente: «Benedetto sei tu Signore... perché non mi hai fatto pagano, perché non mi hai fatto donna, perché non mi hai fatto schiavo». In Cristo, per Paolo, cessano le discriminazioni, non è più rilevante l’identità etnica o il prestigio sociale, e nemmeno l’essere maschio o femmina. L’essere in Cristo, attraver-so la fede e il Battesimo, è il criterio nuovo che informa i rapporti interperso-nali e conferisce uguale dignità alle persone, indipendentemente da tutti i con-dizionamenti, anche quelli di natura sessuale. Le tre categorie non possono più avere un influsso discriminante sulla persona. Gal 3,28 è forte e il principio del superamento delle discriminazioni che viene propugnato costituisce indubbiamente uno dei fondamenti essenziali del cristianesimo: da questo punto non si può più tornare indietro! Gal 3,28 non è pura teoria, ma Paolo stesso lo mette in pratica, cioè lui per primo non fa distinzioni nel disciplinare la vita delle comunità cristiane applicando a casi concreti quel principio di uguaglianza e reci-procità (cfr 1 Cor 7,17-24).

Paolo misogeno? (di Marinella Perroni su Vita Pastorale)

La tradizione che attesta la misoginia di Paolo è lunga e compatta e non deve stupire che le esegete femministe, all’inizio, abbiano attribuito pro-prio a Paolo la plurisecolare esclusione delle donne dalla partecipazione attiva alla vita delle Chiese. Non c’è dubbio che

il divieto a prendere la parola nelle assemblee (1Cor 14,34s), il monito a indossare il velo come segno di subordinazione (1Cor 11,4-

10.13-16),

l’esortazione alla subordinazione creaturale voluta da Dio stesso (1Cor

11,3.11-12), il sottomettersi ai propri mariti (Ef 5,22-24)

hanno fortemente improntato la successiva tradizione perché hanno for-nito saldo fondamento apostolico a una prassi ecclesiale progressiva-mente sempre più discriminatoria. Un’esegesi attenta di questi passi incriminati e, soprattutto, del contesto letterario in cui si trovano e delle situazioni storiche cui si riferiscono ha smorzato notevolmente la loro carica misogina e ha dato ancora maggior risalto all’uso tendenzioso e intimidatorio che è stato fatto, invece, di essi. Sganciati dal loro contesto e, soprattutto, collezionati insieme come attestazione della concezione paolina delle donne, questi testi si rivelano invece del tutto disomogenei rispetto all’insieme del pensiero dell’Apo-stolo e, soprattutto, al suo intento e alla sua pratica missionari.

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D’altra parte, i pochi decenni che separano la composizione della grande lettera paolina da quella della prima lettera di Clemente, indirizzate en-trambe alla comunità cristiana di Roma, segnalano che in un lasso di tempo molto breve un processo di clericalizzazione e di gerarchizzazione ha trasformato radicalmente il volto della Chiesa di Roma. Un processo che ha portato alla marginalizzazione delle donne da responsabilità apo-stoliche o ecclesiali ben lontano dallo stile e intenzione di san Paolo…

Ruolo delle donne nel ministero apostolico a fianco di san Paolo

Cominciamo da Rom 16,1-16: “Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre: ricevetela nel Signore, come si conviene ai credenti, e as-sistetela in qualunque cosa abbia bisogno; anch'essa infatti ha pro-tetto molti, e anche me stesso. Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù; per salvarmi la vita essi hanno rischiato la loro testa, e ad essi non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese dei Gentili; salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa. Salutate il mio caro Epèneto, primizia dell'Asia per Cristo. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi. Salutate Andronìco e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia; sono degli apostoli insigni che erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, mio diletto nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio caro Sta-chi. Salutate Apelle che ha dato buona prova in Cristo. Salutate i familiari di Aristòbulo. Salutate Erodione, mio parente. Salutate quelli della casa di Narcìso che sono nel Signore. Salutate Trifèna e Trifòsa che hanno lavorato per il Signore. Salutate la carissima Pèrside che ha lavorato per il Signore. Salutate Rufo, questo eletto nel Signore, e la madre sua che è an-che mia. Salutate Asìncrito, Flegonte, Erme, Pàtroba, Erma e i fra-telli che sono con loro. Salutate Filòlogo e Giulia, Nèreo e sua so-rella e Olimpas e tutti i credenti che sono con loro. Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le chiese di Cri-sto”.

Paolo nomina qui 29 persone di cui 27 con il proprio nome: 11 sono don-ne (2 senza nome), pari ad un terzo degli uomini. In totale nelle sue lettere Paolo cita 72 collaboratori di cui 14 sono donne… Quanto Paolo dice di ognuna fa intendere un loro ruolo di primo piano

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altre aree educative e la vicinanza alla sofferenza nelle varie fasi della vita. Tutti questi ministeri possono essere forme preziose per testimoniare nel quotidiano l’intensità della propria scelta valoriale nella chiesa a e nella società senza desi-stere nella fermezza del loro impegno.

Gruppo del Torrione Breganze Tema: Priscilla e Aquila Durante gli incontri del gruppo AMOR di quest’anno abbiamo avuto l’opportu-nità di approfondire la conoscenza di importanti figure femminili. Sono le donne che hanno incontrato e sostenuto l’apostolo san Paolo nella sua missione. Fra queste ci è sembrata senz’altro di grande esempio e di attualità la figura di Priscilla, di cui parlano San Luca raccontando negli Atti degli Apostoli le origini della Chiesa e Paolo stesso nelle sue lettere. E’ una donna che ha rivestito un ruolo importante per la crescita e lo sviluppo di tre comunità cristiane nate dalla prima evangelizzazione: quelle di Corinto, Efeso e Roma. Per ben sei volte Priscilla viene citata negli Atti e nelle Lettere paoline, a fianco del marito Aquila. La prima volta è nominata nel libro degli Atti (18,1-4) quando a Corinto avviene l’incontro della coppia con Paolo. Priscilla infatti viveva come rifugiata in quella città con il marito, dopo che la coppia era stata espulsa da Ro-ma a seguito dell’editto dell’imperatore Claudio che imponeva ai Giudei di an-darsene dopo i tumulti scoppiati nella capitale a causa della nuova fede in Cristo. Quando Priscilla ed Aquila conoscono Paolo a Corinto, sono già cristiani, sono cioè già inseriti in un cammino di fede, grazie all’annuncio dei missionari itine-ranti. In questa città hanno rimesso in piedi la loro attività di “fabbricanti di ten-de”, che prima svolgevano a Roma. Hanno quindi buone disposizioni e anche delle risorse da condividere. Così accolgono Paolo nella loro casa, offrendogli ospitalità e lavoro, cioè il sostegno concreto di cui ha bisogno, in un momento in cui l’Apostolo era solo, malato e perseguitato. Nasce fra la coppia e l’Apostolo un forte legame. Sappiamo infatti, sempre da-gli Atti (18,18-19), che qualche tempo dopo Priscilla e Aquila lasciano Corinto per seguire Paolo nella sua opera di evangelizzazione ad Efeso. Secondo noi non dev’essere stata una scelta facile e neppure una scelta casuale, perché questo nuovo spostamento dell’attività artigianale, anzi, della propria vita in un’altra città, per di più nelle condizioni di allora, deve aver comportato un notevole di-spendio di energie e di mezzi. Seguire la volontà di Dio ed essere di aiuto a Pao-lo doveva essere più importante per loro di qualsiasi altra cosa. Paolo stesso nella Lettera ai Romani (16, 3-5) riconosce il loro generoso contri-buto e li ringrazia per vari aspetti: la loro preziosa opera di collaboratori nella missione di annunciare il vangelo, l’itineranza missionaria e la guida della co-munità; infatti nella loro casa si raduna l’assemblea dei credenti. In un altro passo degli Atti (18,24-26) si mettono in luce altre qualità di Priscilla che insieme al marito si dimostra umile formatrice di missionari e profonda studiosa e conoscitrice delle Scritture. A Efeso, infatti, arriva un eloquente predi-catore di nome Apollo che annuncia la Parola di Dio con fervore. Priscilla e

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dunque vita la prima chiesa domestica, fondata in Europa da Paolo. Ancora oggi nelle diverse esperienze in missione possiamo assaporare l’accoglienza iniziata da Lidia, attraverso l’incontro con donne che si fanno dimora per permettere alla Parola di arrivare a tutti attraverso l’annuncio dei missionari. Il santo Padre l’anno scorso si è soffermato sulla figura della donna nel vangelo ed è emerso che: molte donne hanno svolto un ruolo attivo nel quadro della missione di Gesù. In primo luogo, il pensiero va naturalmente alla Vergine Maria, che con la sua fede e la sua opera materna, collaborò in modo unico alla nostra redenzione. Anche nell’ambito della chiesa primitiva la presenza femminile è tutt’altro che secondaria. Dobbiamo a san Paolo una più ampia documentazione sulla dignità e sul ruolo ecclesiale della donna. Egli parte dal principio fondamentale secondo cui per i battezzati, non solo non c’è più né giudeo, né greco, né schiavo né libe-ro, ma anche né maschio, né femmina. “La storia del cristianesimo” - ha detto il Papa - “ avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne”. Lidia è ancora per noi modello poiché ha contribuito a rompere gli stereotipi sul rappor-to uomo – donna, accogliendo Paolo in casa sua.

Gruppo di Breganze Fioravanzo – Savardo Tema: Cara Prisca Rileggendo un po’ più attentamente le lettere di Paolo in cui il nome di Priscilla o Prisca era citato, siamo riuscite a cogliere tra le righe che Paolo nell’annuncio del vangelo che ha varcato i confini della Palestina, ha coinvolto la coppia di sposi Aquila e Priscilla. Nel coinvolgere Aquila e Priscilla in questo annuncio Paolo ha dato una posizio-ne di valore e di dignità alla coppia stessa e in particolare alla donna. Chiamando Prisca a far parte del suo ministero ha valorizzato le sue qualità e i suoi talenti. Ha iniziato a spezzare le pesanti catene delle donne, simbolizzate dalla chiusura tra le pareti domestiche e dalla mancanza di opportunità di parola in ambienti privati e pubblici. Prisca risulta sensibile e aperta, libera da pregiudizi e condizioni di estrema sud-ditanza. Non ha rinunciato pertanto, solo perché donna, ad accogliere Paolo e i suoi amici sotto il suo tetto, affinché la piccola comunità cristiana che stava cre-scendo avesse sicuri spazi di incontro. Esprimendo le proprie idee e le proprie scelte, Prisca e le altre donne, hanno aperto lentamente piccoli varchi di attenzione alla persona sia nella cultura cri-stiana che popolare. Pensieri, per secoli sommersi, che gradatamente vengono a galla e permettono di sviluppare maggior consapevolezza, responsabilità, attitudini, criteri di parità, e stabilire spazi comuni su cui riflettere e condividere l’esperienza. La chiesa si dimostra ancora in parte maschilista. In essa anche oggi le donne non sempre hanno spazi adeguati di parola. Generalmente coprono posti di se-condità, E’ affidato loro l’insegnamento della fede cristiana nella catechesi e in

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nelle primitive comunità cristiane in qualità di collaboratrici nel ministero apostolico o più in generale come persone che “hanno lavorato per il Si-gnore”. D’altra parte lui ha un modo molto opportuno di valorizzarle.

Febe

Poiché Paolo dice di riceverla nel Signore e di assisterla si è portati a pen-sare che fosse latrice della lettera ai cristiani di Roma. Il suo nome signifi-ca “luminosa e splendente” e lei è di origine pagana. Riceve da Paolo tre titoli o appellativi importanti:

Nostra sorella – è un termine che indica bene non tanto il grado di parentela, bensì il tipo di comunione che esisteva tra i credenti in Cristo sparsi nelle varie chiese.

Diaconessa – tradotto ora con la perifrasi “che è al servizio della Chiesa di Cencre”, una delle due comunità cristiane della città di Corinto. In questa comunità Febe ha una importante responsabilità se Paolo la de-signa col termine che usa per presentare se stesso e i propri collaboratori nel ministero apostolico (cfr 1 Cor 3,5; 2 Cor 6,4). Febe è la prima donna dia-cono in assoluto che precede l’istituzionalizzazione dei ruoli o ministeri specifici nella chiesa. Forse il suo servizio consisteva nell’animare la co-munità, nell’insegnare e nel predicare… Protettrice, patrona – termine unico nel NT sta ad indicare il ruolo di guida e presidenza, di persona benestante e influente, protettrice, patrona e leader di gruppi religiosi… Una benefattrice quindi di cui si è avvalso Paolo stesso nell’anno e mezzo trascorso a Corinto. Paolo invia Febe a Roma innanzitutto per preparare il suo viaggio in Spa-gna (Rom 15,24), ma anche perché essa era competente, aveva messo a di-sposizione di molti i propri beni e sapeva cosa voleva dire avviare e orga-nizzare una nuova comunità. Paolo l’aveva vista all’opera a Corinto e quindi si fidava di lei e la valorizzava ampiamente. I cristiani e responsa-bili della comunità di Roma dovevano essere onorati di riceverla. Era una donna capace di osare e di condividere con Paolo la profezia di uno sguar-do che non si stanca di spingersi oltre. Insomma, i romani, nel ricevere e leggere la lettera di Paolo a loro desti-nata, si trovavano in presenza di una donna (probabilmente latrice dello scritto) di grande prestigio umano e cristiano, sorella nella fede, ministro della sua comunità di Cencre, benefattrice generosa e patrona per chiun-que dei fratelli si fosse trovato a passare nella sua casa.

Priscilla

Insieme ad Aquila, suo marito, e con diminutivo Prisca che significa “l’antica” incontra Paolo a Corinto dopo che come coppia sono usciti da

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Roma in seguito all’editto dell’imperatore Claudio che cacciava dalla città tutti i Giudei. Paolo arriva da Atene deluso per il fallimento del suo super discorso all’Areopago e si impegna con loro a fabbricare tende (cfr At 18,1-3). Parto-no insieme per la Siria e da lì Paolo prosegue per Gerusalemme lasciando la coppia ad Efeso. Qui essi istruiscono Apollo (cfr At 18,24-26).

In Rom 16,3-5 Paolo li saluta per primi definendoli “cooperatori/collaboratori” nelle fatiche dell’annuncio in quanto hanno rischiato la te-sta per salvargli la vita. A tanto è arrivato l’amore della coppia per Paolo da fargli esprimere tutta la sua gratitudine nel verbo eucaristein (rendimento di grazie). Accanto a questa coppia sono citate altre donne che “hanno lavorato sodo per il vangelo”: Maria, Trifena, Trifosa e Perside (Rom 16,6.12). In questo elenco possiamo inserire anche la madre di Rufo (16,13) che Paolo sente e definisce come madre propria. Si può supporre che sia stato validamente aiutato da questa donna se la sente ancora come madre… Colpisce il fatto che 4 volte su 6 il nome di Prisca è anteposto a quello di Aquila a indicare forse che lei era più attiva nel lavoro apostolico e meno nel laboratorio di tende rispetto al marito e che certe distinzioni sociali non erano importanti. Questa coppia è definita dagli studiosi come la coppia più importante coinvolta nell’espansione del cristianesimo del primo secolo. Per essa col-laborare con Paolo significa:

permettere a Cristo di continuare il suo ministero in parole ed opere (essi si sentono infatti collaboratori di Cristo prima che di Paolo);

assumersi la responsabilità di guidare una comunità… e le comunità di Efeso e Corinto non erano certo le più semplici;

prendersi a carico la formazione dei fratelli (Apollo deve molto alla loro presenza);

accettare di spostarsi là dove le esigenze del vangelo spingono (i viag-gi attestati dal NT li vedono in movimento da Roma a Corinto, da Corinto ad Efeso, da Efeso a Roma e nuovamente da Roma ad Efeso… il che non è scontato per una coppia).

Benedetto XVI ha dedicato la catechesi di mercoledì 7 febbraio 2007 a questa coppia riconoscendo che essa ha svolto “un ruolo importantissimo nell’ambito della Chiesa primitiva: quello cioè di accogliere nella propria casa il gruppo dei cristiani locali, quando essi si radunavano per ascoltare la Parola di Dio e per celebrare l’Eucarestia”. E poi ancora il Papa sottolinea che il cristianesimo, oltre allo zelo degli apostoli che lo annunciavano, “per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente aveva bisogno dell’impegno di queste famiglie, di

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per tutta la famiglia il Battesimo. Apre il suo cuore e la sua casa, prima riservati e chiusi, per aderire alle esigenze del vangelo che Paolo aveva annunciato. La sua casa diventa luogo di incontro per la nascente comunità di Filippi e di ospita-lità per Paolo e i suoi compagni, nel ritorno della missione. In questa breve riflessione cogliamo il coraggio di Lidia e delle altre donne, nel-la iniziativa di radunarsi al sabato per la preghiera e l’ascolto della Parola di Dio. Instaurano un nuovo stile di vita, di lavoro, di preghiera, di ospitalità e vita fra-terna. Lidia diventa animatrice e punto di riferimento per le comunità di Filippi. Ci siamo posto la domanda: Noi che cosa possiamo fare oggi per la nostra famiglia e la comunità cristia-na di Lupia? La risposta è seguire l’esempio di Lidia. Scelta che il gruppo ha già fatto da di-versi anni con l’intento di promuovere il bene della famiglia e della comunità cristiana. In particolare ha scelto di: 1. vivere con fedeltà e coerenza la propria vocazione battesimale;

2. lavorare perché la famiglia diventi il luogo privilegiato della testimonianza personale e, per quanto sarà possibile, educare i figli ad uno stile di vita cristiana e fraterna, affinché partecipino e collaborino con i genitori nelle attività della comunità cristiana; 3. continuare la formazione personale partecipando fedelmente all’incontro mensile di gruppo coinvolgendo altre donne; 4. aprire con disponibilità la propria casa sull’esempio di Lidia per i centri di ascolto sulla Parola di Dio; 5. partecipare alla Lectio divina settimanale; 6. perseverare nella preghiera mariana del santo Rosario nel mese di maggio, perché Maria madre della Chiesa e Regina della famiglia, ci sostenga nel nostro cammino e ci doni la capacità di lavorare in “rete”.

Gruppo di Zandobbio Tema: Lidia Lidia era una commerciante di porpora, donna attiva e dinamica, coraggiosa e che sapeva emergere nel gruppo. Paolo che non aveva esitato a seguire l’esem-pio di Gesù, incontra questa donna ad una riunione di preghiera. Lidia, simpatiz-zante del giudaismo, ma pagana di nascita, ascoltando Paolo rimane colpita. Li-dia comprende il significato profondo della Parola annunciata e trova l’anello che mancava alla sua esperienza: la fede personale in Gesù Cristo. In quel mo-mento diventa cristiana, ma anche annunciatrice. Anche nel nostro gruppo que-st’anno abbiamo approfondito la Parola, leggendo i primi tre capitoli della Gene-si. Attraverso questo lavoro ci siamo avvicinate maggiormente alla figura di Cri-sto che dà un senso compiuto alla nostra esistenza. E’ come se Genesi avesse preparato il terreno a dimostrare che questo è vero. Lidia è dunque la figura di donna cristiana che si caratterizza per la fede e l’ospitalità, poiché ha generosa-mente aperto la sua casa ai missionari e ai fratelli. Nella casa di Lidia ha preso

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e verso tutta l’umanità.

Gruppo di Piana Tema: Lidia Noi del gruppo di Piana di Valdagno abbiamo letto il capitolo 16 degli Atti degli apostoli dov’è narrato l’arrivo e la permanenza di Paolo e Sila in Macedonia. Dopo essere passati per la sinagoga vanno sulle rive di un fiume, si siedono e annunciano la Parola. Dio trova in Lidia, commerciante di porpora, la possibilità di operare e così l’an-nuncio di Paolo e Sila entra nel suo cuore, nella sua vita … si fa battezzare as-sieme alla sua famiglia. Lidia, di cui non sappiamo se c’è il marito, invita i due uomini di Cristo a rima-nere in casa sua. Sappiamo che restano lì perché quando usciranno dal carcere torneranno nella casa di Lidia dove incontreranno anche gli altri fratelli cristiani. La casa di Lidia è divenuta chiesa di Dio. Abbiamo così scoperto che: - Lidia è donna di successo, imprenditrice, determinata e operosa rompe la cate-na che spesso ci fanno pensare che chi ha successo, soldi non può essere aperto e disponibile verso Cristo. - Lidia è donna immediata nell’accogliere l’annuncio e nell’aprire la sua casa agli uomini di Dio, anche quando escono dal carcere, così rompe la catena del pregiudizio sul rapporto uomo – donna e si rende libera dal giudizio e dal so-spetto degli altri. Nel capitolo sedici degli Atti degli Apostoli abbiamo incontrato anche la schiava che Paolo libera dalla divinazione e dallo sfruttamento economico dei suoi pa-droni. Questo fatto ha portato a Paolo e Sila la prigione, ma speriamo che abbia portato liberà a quella donna sfruttata e posseduta.

Gruppo di Lupia Tema: Lidia Il Gruppo AM. OR di Lupia, in preparazione al Convegno, ha riflettuto sul tema di Lidia in riferimento ad At. 16, 11-40. L’evangelista Luca racconta diversi incontri che san Paolo ha fatto con le donne. Quello di Filippi, e quindi di Lidia, ha un fascino particolare. Nella nostra rifles-sione ci è sembrato importante sottolineare quella assemblea sabbatica di donne radunate lungo il fiume che consente a Paolo di stabilire il primo approccio con il gruppo della futura Chiesa di Filippi. Tra queste donne emerge Lidia, donna intraprendente nel suo lavoro di commerciante di porpora, che docile alla voce dello Spirito si mette all’ascolto dell’annuncio di Gesù morto e risorto per la no-stra salvezza dell’apostolo Paolo. Ha capito che è venuto il tempo di uscire dalle vecchie tradizioni circa il rapporto tra i diversi popoli, le diverse lingue, tra le famiglie, tra uomo e donna, tra le varie religioni. Si converte! Sceglie per sé e

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questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l’humus alla crescita della fede”. Un po’ dopo precisa: “Questa coppia dimostra quanto sia importante l’azione degli sposi cristiani. Quando essi sono sorretti dalla fede e da una forte spiritualità, diventa naturale un loro impegno coraggioso per la Chiesa e nella Chiesa”. Infine il Papa invita a riconoscere che “ogni casa può trasformarsi in una piccola chiesa” e che Paolo “indirettamente modula la vita della Chiesa intera su quella della famiglia”.

Giunia

Un’altra coppia salutata da Paolo è quella di Andronico e Giunia (16,7):

essi sono riconosciuti della sua stessa stirpe, forse perché Giudei di Tarso. Poi ancora sono riconosciuti come compagni di prigionia forse in senso metaforico. In terzo luogo sono definiti “apostoli insigni, cioè missionari itineranti, tradotto anche con “ben conosciuti agli apostoli”. Importante la precisazione secondo cui la coppia era in Cristo prima di Paolo: segno che erano credenti di grande rilievo e da tempi remoti e che han fatto da colle-gamento tra i primi apostoli e Paolo.

Evodia e Sintiche

Due nomi greci per due donne di Filippi, colonia romana della Macedo-nia. Sono esortate in Fil 4,2-3 a vivere in buona armonia nel Signore, loro che hanno combattuto per il Vangelo insieme a Paolo. I termini usati da Paolo portano a ritenere che le due donne siano state di grande aiuto nell’evangelizzazione e nella fondazione della comunità di Filippi. Come già per Prisca e Aquila anche per queste due donne Paolo usa il ter-mine greco synergoi che sta per collaboratore/trice, cooperatore/trice nelle fatiche per il vangelo.

Lidia

Con Evodia e Sintiche un’altra donna emerge a Filippi il cui nome è Li-dia. Paolo non la menziona, ma di lei ce ne riferiscono gli Atti degli apo-stoli (16,13-15.40). Nel secondo viaggio missionario il gruppo composto da Paolo, Timoteo e Silvano (o Sila) ricevono in sogno l’invito dallo Spirito santo a passare in Macedonia. Ecco allora che arrivano a Filippi, colonia romana e il sabato vanno a cercare il luogo della preghiera all’aperto, lun-go il fiume. Qui trovano Lidia, una commerciante di porpora, della città di Tiatira (provincia romana d’Asia, oggi Turchia). Il fatto che fosse vendi-trice (e forse anche fabbricante) “fuori piazza” di questo prezioso prodot-to (che amavano sfoggiare nelle corti e tra le famiglie benestanti, cf. Lc

16,19), induce a pensare che Lidia sia stata una donna indipendente econo-

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micamente, con delle persone alle sue dipendenze e capace di gestire bene l’impresa commerciale. E’ il Signore che le apre il cuore per aderire alle parole di Paolo, farsi bat-tezzare con tutta la sua famiglia e quindi mettere a disposizione dei mis-sionari la sua casa. L’uomo macedone della visione si è rivelato in realtà… una donna! Anzi, un gruppo di donne… una casa che, grazie all’adesione di fede di Lidia, va a costituire il nucleo iniziale di una comunità gloriosa, quella dei Filip-pesi, una comunità che più delle altre darà a Paolo gioia e collaborazione. Inoltre Lidia resta la prima persona in Europa di cui veniamo a sape-re che, ascoltando la predicazione dell'Apostolo, accoglie il vangelo e si fa battezzare. Il battesimo di una donna – non in quanto moglie di qualcun’altro che si fa battezzare “con la sua casa” - è a sua volta la dimostrazione che si sono infrante le divisioni e discriminazioni che impedivano alle donne di entrare in una condizione di uguaglianza con gli uomini; il superamen-to della circoncisione – dagli ebrei ritenuta indispensabile per entrare a far parte del popolo dei salvati – attraverso il battesimo di tutti i credenti in Cristo, annullava non soltanto il “muro di divisione” tra giudei e non (cf.

Ef 2,14), tra schiavi e liberi, ma anche quello della discriminazione in base al sesso. Difficilmente oggi possiamo immaginare l’impatto che questa “buona no-tizia-novità” deve aver avuto nella vita sociale e religiosa delle persone che a quel tempo abbracciarono la fede cristiana. È valsa dunque la pena di seguire l’ispirazione divina di venire a Filippi: l’adesione alla fede di questa donna – che nell'ottica lucana ha significati-ve analogie con i discepoli di Emmaus - la rende punto di riferimento per la nascente comunità, e la sua casa diviene chiesa domestica (16,40). La sua storia – di cui siamo venuti a conoscenza tramite il racconto degli Atti – negli intenti del narratore vuole essere anche un paradigma per tutte quelle donne che con il loro coraggio, la loro generosità e impe-gno missionario hanno reso possibile quella diffusione della Parola di Dio che ha fatto la Chiesa.

Apfia

Siamo nella lettera a Filemone, la più breve dell’epistolario paolino, 25 versetti in tutto. Subito nel saluto Paolo definisce Filemone come suo cooperatore, Archippo come commilitone e poi troviamo una terza persona che risponde al nome di Apfia, una donna definita solamente come “sorella”, cioè semplice credente. Ma perché viene nominata nel saluto insieme ai due uomini? Sembra che essa sia più che un semplice membro della comunità di Colosse.

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all’uomo. Non è più rilevante il prestigio sociale, l’appartenenza etnica, l’essere maschio o femmina. E’ importante solo il Bene.

Gruppo di Pressana Tema: La Mamma di Rufo Nella lettera ai Romani Paolo, oltre ad altre persone, manda i saluti alla mamma di Rufo “eletto nel Signore” e anche come madre sua. Di questa donna non sapremo mai il nome, ma solo alcune sue funzioni: madre, educatrice, certamente accogliente e ospitale, dedita alla comunità, zelante per l’espansione del Vangelo che Paolo annunciava. Oggi molte donne sono chiuse nel loro nucleo familiare, per questo vogliamo spezzare le catene dell’individualismo. Nella nostra riflessione è pure emerso che la donna soggetta alla cultura del tem-po era quasi sempre relegata nell’ombra e nel silenzio. La mamma di Rufo ha cercato di farsi visibile prodigandosi certamente con gesti di accoglienza, atten-zione, premura e ospitalità sia verso Paolo, che con le persone della comunità cristiana. Oggi sentiamo l’esigenza di rompere la catena dell’esclusione e dell’isola-mento. Infine abbiamo concluso che in tutti i tempi e in tutte le razze, le culture pongo-no sempre dei condizionamenti alle persone e in particolare alle donne. Solo Ge-sù Cristo ha valorizzato la donna dandole dignità e libertà. Dunque ogni cultura va evangelizzata. Per fare questo occorre una fede autentica e una profonda vita interiore. Oggi vogliamo rompere la catena della ideologia dominate: il relativismo e la superficialità.

Gruppo di Madonnetta Tema: Evodia e Sintiche I nostri incontri normalmente sono ricchi di esperienze vissute in modo positivo, sempre nella linea di fede, però siamo attente alla novità dell’evangelizzazione e cerchiamo di creare legami con le nuove generazioni facendo catechismo ai ra-gazzi e creando relazioni e aiuti con i fratelli che operano nei luoghi di missione e hanno bisogno di sostegno economico e di preghiera. Anche noi ci sentiamo spinte come Evodia e Sintiche a promuovere il dialogo della fede e a creare comunione con le varie realtà parrocchiali. La sera in cui ci siamo preparate a questo appuntamento si è creato un clima di comunione cosi profondo che parecchie di noi hanno parlato delle loro esperien-ze di vita tenute da gran tempo nel segreto del cuore. Qualcuna nel liberare le proprie ferite intime si è commossa fino al pianto. COSI ABBIAMO SENTITO CHE SI SONO SPEZZATE LE CATENE DENTRO DI NOI.

Abbiamo capito che la parola di Dio ci fa libere e crea atteggiamenti e gesti di comunione, di relazione e di disponibilità concreta verso i gruppi della comunità

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si assumono responsabilità sociali come nella politica, associazionismo, scuola, volontariato; o parrocchiali come nella catechesi, Consiglio Pastorale, canto liturgico, lettrici;

proteggono come Febe fece con Paolo, e sono solidali nella gioia e nel do-lore con il prossimo;

danno sostegno generoso a chi è nella necessità e prestano attenzione alle necessità degli altri più che alle proprie;

“sono compagne di prigionia” perché seguono e sostengono i loro compa-gni o amici nella missione di evangelizzare in senso lato e subiscono le critiche, l’isolamento etc.

si mettono in ascolto (pazienza) perché sentono di più, si lasciano prende-re dai problemi e leggono oltre le parole, oltre il non detto;

mantengono la fede nonostante le difficoltà e gli ostacoli che quotidiana-mente incontrano nella loro vita;

Trovano il tempo per fermarsi a riflettere ad esempio con la partecipazione agli incontri di gruppo. E allora san Paolo tiene in grande considerazione i carismi della donna e ne rico-nosce la capacità di “tessere reti di comunicazione”, tanto importanti nell’opera di evangelizzazione, riconoscendo:

la sensibilità e l’attenzione al messaggio chiamandole “carissime”,

l’aver rotto le catene dell’individualismo “avete collaborato, messo a dispo-sizione i beni”,

definisce Giunia “insigne tra gli apostoli” (Rom. 16,7), non anonima, generi-ca, ma citata per nome. Quali sono le catene che dobbiamo spezzare oggi come donne per vedere valorizzato il nostro ruolo nella comunità cristiana? Forse siamo prigioniere più dei pregiudizi e di errati schemi culturali che di al-tro. Non ci fidiamo per prime di noi stesse, del nostro ruolo. Eppure abbiamo a disposizione la nostra abilità di tessere reti di comunicazione, di essere testi-moni della rete apostolica, la nostra capacità di incontrare e accogliere, la nostra capacità di condividere. Le sorelle della chiesa primitiva non sembrano soffrire di problemi di visi-bilità o di riconoscimento. Sembra che fossero più concentrate nel far conosce-re il nome di Gesù Cristo, morto e risorto. Ecco, forse sta tutto qui.

La vera via indicata nel Vangelo non è la rivendicazione dei ruoli, incarichi, visibilità sempre troppo soggettivi, ma il contributo importante è il raccontare, il trasmettere tutto il sommerso di solidarietà, gratuità, comunione, impegno civile, onestà, verità autentica nel rapporto con il prossimo, che è la vera novità, la vera rivoluzione del messaggio di Gesù. E’ in Cristo che cessano le discriminazioni, che viene data dignità alla donna e

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Non è la moglie di Filemone in quanto ha un titolo proprio distinto mentre di solito Priscilla e Aquila sono chiamati insieme al plurale. Ciò significa che Apfia era una delle colonne della Chiesa di Colosse, alla pari con Filemone e con Archippo, tanto da non poter essere taciuta nell’indirizzo della lettera che dice: “Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo al carissimo Fi-lemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compa-gno nella lotta per la fede e alla comunità che si raduna nella tua casa: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo” (Fm 1-3).

SPUNTI per purificare le nostre motivazioni nel servizio ecclesiale

Nel primissimo periodo storico del cristianesimo che è il primo secolo dopo Cristo in cui ancora i ruoli, i servizi e le responsabilità non sono stati chiariti sufficientemente balza decisamente agli occhi l’intuizione di san Paolo che coin-volge tutti, uomini e donne indistintamente, nell’opera di evangelizzazione e costruzione delle prime comunità cristiane.

Un secondo aspetto deriva invece dalla considerazione che l’adesione di fe-de è uguale per tutti e che in Cristo non ci sono divisioni o steccati, condiziona-menti o discriminazioni. Davanti a Gesù Cristo vi è la persona che diventando credente si impegna alla testimonianza di vita e a coinvolgersi nell’opera di evangelizzazione in tutte le sue sfaccettature.

La fede delle prime generazioni di credenti in Cristo avanza non per scelta dall’alto, secondo piani pastorali previsti dall’autorità o dall’orga-nizzazione che ancora non sussiste, ma all’interno delle condizioni di vita quotidiane dove chiunque può dare una mano e vengono valorizzate persone e luoghi secondo la disponibilità del cuore.

Con tutti i nostri bei piani pastorali, organizzazioni, gruppi e divisioni varie delle mansioni e servizi stiamo rischiando di diventare una burocrazia, una Chie-sa piena di curie, di uffici, di competenze, di addetti ai lavori e un sistema mac-chinoso ed elefantiaco con una lingua che non capisce più nessuno… Anche la comunità parrocchiale non è più il luogo dove sviluppare relazioni interpersona-li, interessarsi reciprocamente delle ansie e gioie, stare bene con gli altri piccoli e grandi, giovani e anziani, preti e laici, uomini e donne, ma si sta riducendo ad un’agenzia di servizi per i certificati indispensabili del vivere e del morire. Pove-ra Chiesa! Chissà cosa avrebbe da dire san Paolo a questo nostro modo di con-durre le comunità ecclesiali!

E’ ora di dare ascolto allo Spirito lasciando sbocciare nel nostro cuore quella creatività e disponibilità che aveva avuto Lidia, quella capacità di leadership che aveva avuto Febe, quella intraprendenza che aveva caratterizzato Priscilla, l’at-tenzione concreta e particolarmente materna della madre di Rufo ecc.

Probabilmente non si tratta di cercare il proprio posto nella realtà parroc-chiale ed ecclesiale, nel tal gruppo o nell’altro secondo le nostre sensibilità, al

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fine di trovare la nostra realizzazione, ma di cogliere attraverso lo Spirito ciò che manca, si tratta di intervenire in quello che non si vede ma che è necessario. Ri-cordiamo tutti l’attenzione di Maria a Cana: nessuno si era accorto che mancava il vino, eccetto lei! Perché lei se ne è accorta? In forza di cosa? Quali occhi oc-corre avere per accorgersi delle reali necessità? Ci sono dei compiti tipici dell’a-nimo e delle mani femminili (cfr MD 30). Questo ci porta a pensare che ognuno ha davvero il proprio posto nel piano di Dio ed esso va capito, riconosciuto ed assecondato. Inoltre occorre imparare a restare al proprio posto accettando le fatiche, le sofferenze e i disagi in un’ottica però di apertura, di collaborazione e di coinvolgimento. Guai se chiudiamo le porte ritenendoci unici capaci, indispensabili e non acconsentendo ad altri di par-tecipare. Eppure sempre più sovente ci si sobbarca di lavoro senza lasciar inter-venire altri, senza l’umiltà del chiedere aiuto o del lasciare davvero il posto.

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fermazioni sono state usate per dare giustificazione alla discriminazione della donna nella comunità dei cristiani. Ma come è possibile che al maggior rappresentante di ogni discriminazione, compresa quella dei sessi , fondata sulla fondamentale uguaglianza e dignità bat-tesimale (Gal 3,28), sia invece attribuita la contraddittoria paternità di tanta emarginazione? Perché san Paolo è stato frainteso fin dall’inizio del suo apostolato tanto che Pie-tro stesso nella seconda lettera a Pietro (2Pt. 3,14) riferendosi alle lettere del ca-rissimo fratello Paolo scrive.” … in esse ci sono alcune cose difficili da com-prendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano al pari delle altre Scritture”. Il nostro gruppo di Locara ha analizzato e discusso sul contributo delle donne al movimento missionario cristiano delle origini, cosi come emerge dalla lettera degli scritti paolini , e ha cercato di confrontare il ruolo della donna nella Chie-sa nascente , con l’impegno e la collaborazione della donna nella Chiesa di oggi. Cosa c’è di nuovo e di interessante in tutto ciò? Cosa c’è di diverso, di nuovo che rompe la tradizione precedente e dà nuova linfa, nuovo stimolo anche per la società contemporanea? Dalle sintetiche descrizioni e citazioni emergono alcune caratteristiche che ap-partengono tuttora alla sfera del femminile: La Chiesa nasce principalmente come “Chiesa domestica”. Non ha origine nel tempio o nella sinagoga, ma all’interno della casa. E’ fatta di molti volti fem-minili che hanno avuto ruoli importanti, ma soprattutto amore e dedizione in-condizionata ala vangelo. 1. E, nella chiesa domestica di allora troviamo donne che:

A. si danno da fare per dare ospitalità, per accogliere Paolo e i compagni;

B. che si assumono responsabilità e impegni nella propria comunità;

C. che proteggono;

D. che sostengono anche economicamente gli apostoli;

E. che sono compagne di prigionia, insigni tra gli apostoli (Giunia);

F. che ascoltano e poi espongono “con maggior accuratezza la via di Dio” come Priscilla nei confronti di Apollo; G. donne che lavorano come Lidia commerciante di porpora (At. 16,14); H. donne “diacono” come Febe. Donne chiamate Apostolo per avere dimostrato la capacità di sopportare le fati-che e le sofferenze connesse al lavoro missionario nella Chiesa delle origini. Insomma oggi le chiameremo “donne emancipate”, forse, per certi versi corag-giose e intraprendenti. 2. Ci siamo chieste: chi sono le donne che nella società contemporanea:

lavorano per mantenere accogliente la propria casa, e la Casa del Signore, e per mantenervi un clima di serenità e ospitalità per la propria famiglia, ma anche per gli amici, per i parenti, per i vicini, per tutti coloro che bussano alla porta;

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I CONTRIBUTI DEI GRUPPI

Gruppo di Locara

Te- ma: Nomi e profili di donne in san Paolo

L’a-

postolo Paolo è stato spesso indicato come uno dei denigratori del ruolo e del ministe-

ro della donna nella famiglia e nella chie-sa e le sue af-Richiamando alla memoria i simboli legati a Paolo (il cammino, le ca-

tene), i Gruppi Amor, in preparazione al Convegno, hanno riflettuto insieme stimolati da questa traccia: Quali catene si sono spezzate nella storia con l’annuncio di Paolo?

Che realtà hanno superato le donne mettendosi in ascolto dell’a-

postolo?

Che novità hanno introdotto nelle loro abitudini quotidiane?

Che stile hanno assunto nella Chiesa?

Quali suggerimenti cogliamo per testimoniare con più trasparenza

la nostra scelta cristiana oggi nella Chiesa e nella società?

Molte altre donne sono state collaboratrici di Paolo: Trifena, Trifosa, Maria, Cloe, la madre di Rufo, Apfia, la sorella di Nereo, Olimpas, Perside...

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Paolo consegna alla diaconessa Febe la lettera da portare ai cristiani di Roma

Prisca o Priscilla, con il marito Aquila, è collaboratrice di Paolo nelle fatiche dell’annuncio

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Giunia, con Andronico: parenti e compagni di prigionia di Paolo

La predicazione di Paolo. Per il Vangelo hanno collaborato e faticato con lui anche Evodia e Sintiche

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Lidia a Filippi