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Anno 120 24 SETTEMBRE 2017 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 33 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 CONTIENE I.R. NECESSITA’ DI DIALOGO NELLA CHIESA Intervento di monsignor Galantino, che aprirà a Pistoia la Rassegna teologica sulla Evangelii Gaudium il 2 ottobre alle 17,30 nella sala maggiore del Palazzo comunale PAGINA 2 “CORTILE DI FRANCESCO” AD ASSISI Gianfranco Ravasi ne traccia una sintesi al termine degli incontri a cui hanno partecipato uomini di cultura, politici, giornalisti e religiosi PAGINA 5 i ha dettati il 21 febbraio di quest’anno, parlando ai partecipanti al Forum internazionale ‘Migrazio- ni e pace’. Sono: accoglie- re, proteggere, promuo- vere e integrare, e nella loro laconi- cità, esprimono una scelta strategica che impegna indistintamente tutti co- loro che partecipano alla sofferenza dell’umanità di oggi e hanno a cuore le sorti di quella del futuro. Anche se declinati secondo le proprie possibi- lità e disponibilità, essi portano in sé il timbro cristiano dell’amore e della carità e insieme hanno la capacità di parlare al cuore di ogni uomo che, al fondo, conserva sempre sentimenti di solidarietà per i più poveri e più in- felici. Di questa virtù insieme umana e cristiana, possiamo ricordare an- cora la bella definizione che di essa ha dato Giovanni Paolo II in una sua non dimenticata enciclica: “Non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane. Al contrario è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramen- te responsabili di tutti”. Un sentimento, di per sé, comune a tutti gli uomini, come ci ricordano anche le culture pre-cristiane, che già riuscivano a parlare questo linguag- gio. Purtroppo il veleno dell’indivi- dualismo, che si è così pesantemente inoculato nella nostra società, ha cambiato radicalmente pensieri e modi di essere degli uomini di oggi. Un forte regresso rispetto al nostro lontano passato, chiaramente ma in- vano rintracciato da coloro che inda- gano sul cammino della storia morale dell’umanità. Una vittoria scandalosa dell’egocentrismo e del proprio be- nessere, che da tempo dominano so- vrani nella società dell’opulenza e del consumismo. E così rinasce spontanea in noi la domanda che ci mette di- nanzi alle nostre responsabilità e alle nostre infedeltà: si è dunque esaurita la forza dirompente del messaggio cristiano, che pure era riuscito in po- chi decenni a cambiare radicalmente i pensieri e i costumi degli uomini dei tempi passati? Da sempre l’amore, la carità, la solidarietà sono le caratteri- stiche distintive del messaggio cristia- no, il segno di riconoscimento della comunità cristiana: “Da questo rico- nosceranno che siete miei discepoli”. Inutile girare intorno alle parole: qui si impone un severo esame di co- scienza, perché i conti non tornano. E non tornano in proporzioni non solo preoccupanti, ma addirittura dram- matiche. In circostanze come quel- la che stiamo vivendo, la comunità cristiana dovrebbe essere capace di esprimere con forza ancora maggiore, rispetto alle situazioni normali, la sua testimonianza e la sua esemplarità sulla gente che la circonda. Ma non è affatto così. Perché una grande par- te di essa, conquistata dagli slogan L divulgati con tanta larghezza dai mezzi della comunicazione sociale e dall’opinione pubblica, si è allineata all’andazzo della gente che chiede soltanto di non essere disturbata nel suo quieto vivere, come non succe- desse nulla, e non di rado almeno implicitamente si è fatta anch’essa portatrice di una mentalità pericolo- samente inclinata verso il razzismo. A questo punto, un giornale che si professa cristiano e cattolico ha il dovere di gridare allo scandalo e di richiamare tutti alla propria coeren- za. Ne va della nostra serietà. Non si è cristiani per gioco o per scherzo. Si rileggano le parole del racconto fina- le della storia umana: “Ero forestie- ro… e mi avete rifiutato!”. Sono parole di Gesù, parole che ci ripete continuamente almeno papa Francesco, così tanto ammirato e così poco ascoltato. Meno, molto meno dell’ultimo imbonitore politico che con i suoi appelli sostanzialmente blasfemi spera di conquistare la mag- gioranza politica e andare al gover- no. Uno spettacolo avvilente e triste. Aggravato dalla convinzione diffusa anche in coloro che frequentano la messa domenicale che la questione di Migrazioni: i quattro verbi di Papa Francesco cui stiamo parlando è di carattere po- litico e che per questo la chiesa non se ne occupi e “pensi ai fatti suoi”. Quante volte e per quanti motivi, ci tocca risentire frasi come questa an- che da parte di coloro che dovrebbero farsi portatori di idee diverse. Certo la questione è anche politica, perché va regolata secondo ordine e intelli- genza, ma è anche, è soprattutto, di carattere morale e chi la tratta con spirito egoistico compie un peccato, di cui dovrà rendere conto a Dio. Chi tocca l’uomo tocca Dio, sua unica im- magine e altra incarnazione di Cristo: “Qualunque cosa avete fatto agli altri l’avete fatta a me”. Il catechismo si impara da coloro che il Signore ha posto come maestri della sua chiesa, non dalla televisione o da certi gior- nali. Un appello accorato, il nostro, rivolto a coloro che ancora si consi- derano cristiani, che riconoscono al papa la facoltà di interpretare au- tenticamente il messaggio rivelato, che non intendono vendere la propria fede e nemmeno il proprio cervello a coloro che continuano a ripetere in- segnamenti lontani anni luce dal Van- gelo consegnatoci da Gesù. Giordano Frosini

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Page 1: e dal 1897 e 24 SETTEMBRE 2017 1,10 - settimanalelavita.it filealle 17,30 nella sala maggiore del Palazzo comunale PAGINA 2 “CORTILE DI FRANCESCO” AD ASSISI Gianfranco Ravasi ne

Anno 120

24 SETTEMBRE 2017

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

33VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

CONTIENE I.R.

NECESSITA’DI DIALOGO NELLA CHIESAIntervento di monsignor Galantino, che aprirà a Pistoiala Rassegna teologica sullaEvangelii Gaudium il 2 ottobre alle 17,30 nella sala maggioredel Palazzo comunale

PAGINA 2

“CORTILEDI FRANCESCO”AD ASSISIGianfranco Ravasine traccia unasintesi al terminedegli incontri acui hanno partecipato uomini di cultura, politici, giornalistie religiosi

PAGINA 5

i ha dettati il 21 febbraio di quest’anno, parlando ai partecipanti al Forum internazionale ‘Migrazio-ni e pace’. Sono: accoglie-re, proteggere, promuo-

vere e integrare, e nella loro laconi-cità, esprimono una scelta strategica che impegna indistintamente tutti co-loro che partecipano alla sofferenza dell’umanità di oggi e hanno a cuore le sorti di quella del futuro. Anche se declinati secondo le proprie possibi-lità e disponibilità, essi portano in sé il timbro cristiano dell’amore e della carità e insieme hanno la capacità di parlare al cuore di ogni uomo che, al fondo, conserva sempre sentimenti di solidarietà per i più poveri e più in-felici. Di questa virtù insieme umana e cristiana, possiamo ricordare an-cora la bella definizione che di essa ha dato Giovanni Paolo II in una sua non dimenticata enciclica: “Non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane. Al contrario è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramen-te responsabili di tutti”.

Un sentimento, di per sé, comune a tutti gli uomini, come ci ricordano anche le culture pre-cristiane, che già riuscivano a parlare questo linguag-gio. Purtroppo il veleno dell’indivi-dualismo, che si è così pesantemente inoculato nella nostra società, ha cambiato radicalmente pensieri e modi di essere degli uomini di oggi. Un forte regresso rispetto al nostro lontano passato, chiaramente ma in-vano rintracciato da coloro che inda-gano sul cammino della storia morale dell’umanità. Una vittoria scandalosa dell’egocentrismo e del proprio be-nessere, che da tempo dominano so-vrani nella società dell’opulenza e del consumismo. E così rinasce spontanea in noi la domanda che ci mette di-nanzi alle nostre responsabilità e alle nostre infedeltà: si è dunque esaurita la forza dirompente del messaggio cristiano, che pure era riuscito in po-chi decenni a cambiare radicalmente i pensieri e i costumi degli uomini dei tempi passati? Da sempre l’amore, la carità, la solidarietà sono le caratteri-stiche distintive del messaggio cristia-no, il segno di riconoscimento della comunità cristiana: “Da questo rico-nosceranno che siete miei discepoli”.

Inutile girare intorno alle parole: qui si impone un severo esame di co-scienza, perché i conti non tornano. E non tornano in proporzioni non solo preoccupanti, ma addirittura dram-matiche. In circostanze come quel-la che stiamo vivendo, la comunità cristiana dovrebbe essere capace di esprimere con forza ancora maggiore, rispetto alle situazioni normali, la sua testimonianza e la sua esemplarità sulla gente che la circonda. Ma non è affatto così. Perché una grande par-te di essa, conquistata dagli slogan

L

divulgati con tanta larghezza dai mezzi della comunicazione sociale e dall’opinione pubblica, si è allineata all’andazzo della gente che chiede soltanto di non essere disturbata nel suo quieto vivere, come non succe-desse nulla, e non di rado almeno implicitamente si è fatta anch’essa portatrice di una mentalità pericolo-samente inclinata verso il razzismo. A questo punto, un giornale che si professa cristiano e cattolico ha il dovere di gridare allo scandalo e di richiamare tutti alla propria coeren-za. Ne va della nostra serietà. Non si è cristiani per gioco o per scherzo. Si rileggano le parole del racconto fina-le della storia umana: “Ero forestie-ro… e mi avete rifiutato!”.

Sono parole di Gesù, parole che ci ripete continuamente almeno papa Francesco, così tanto ammirato e così poco ascoltato. Meno, molto meno dell’ultimo imbonitore politico che con i suoi appelli sostanzialmente blasfemi spera di conquistare la mag-gioranza politica e andare al gover-no. Uno spettacolo avvilente e triste. Aggravato dalla convinzione diffusa anche in coloro che frequentano la messa domenicale che la questione di

Migrazioni:i quattro verbi

di Papa Francesco

cui stiamo parlando è di carattere po-litico e che per questo la chiesa non se ne occupi e “pensi ai fatti suoi”. Quante volte e per quanti motivi, ci tocca risentire frasi come questa an-che da parte di coloro che dovrebbero farsi portatori di idee diverse. Certo la questione è anche politica, perché va regolata secondo ordine e intelli-genza, ma è anche, è soprattutto, di carattere morale e chi la tratta con spirito egoistico compie un peccato, di cui dovrà rendere conto a Dio. Chi tocca l’uomo tocca Dio, sua unica im-magine e altra incarnazione di Cristo: “Qualunque cosa avete fatto agli altri

l’avete fatta a me”. Il catechismo si impara da coloro che il Signore ha posto come maestri della sua chiesa, non dalla televisione o da certi gior-nali.

Un appello accorato, il nostro, rivolto a coloro che ancora si consi-derano cristiani, che riconoscono al papa la facoltà di interpretare au-tenticamente il messaggio rivelato, che non intendono vendere la propria fede e nemmeno il proprio cervello a coloro che continuano a ripetere in-segnamenti lontani anni luce dal Van-gelo consegnatoci da Gesù.

Giordano Frosini

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2 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVitaprimo pianol tempo che passa non ha fatto venir meno in me la voglia di “abitare” la mia vita - e, in senso più ampio, tutto

ciò che considero la mia “casa” - in maniera consapevole, non ripetitiva e rassegnata.

Difficilmente vi sono riuscito facendo affidamento solo sulle mie forze e sulle mie strategie. Il più delle volte, mi sono venuti in aiuto, tra l’altro, incontri con persone speciali ma anche l’aver incrociato tante storie di ordinaria quotidiani-tà. Altre volte, poi, sono stati autori e letture particolarmente “vivaci” a preservarmi dalla tentazione, sempre in agguato, di rassegnarmi. Tutto questo continuo a viverlo. E la ricerca di motivi per tenere alla larga lo strisciante fatalismo, che può prendere nei momenti di stanchezza e di difficoltà, con-tinua. Anzi, questa ricerca si fa più intensa e insopprimibile quando si moltiplicano le voci che tendono a intaccare relazioni che tu vivi in maniera bella ed entusiasta o che toccano persone con le quali vivi, per i motivi più diversi, una sinto-nia profonda. E, proprio all’interno di questo costante stato di ricerca, mi è capitata tra le mani una let-tura e mi è stato dato di vivere un incontro.

Nei giorni scorsi, ho letto con interesse l’intervista rilasciata da un esperto vaticanista, Luigi Accat-toli, e ho partecipato a un momen-to di formazione organizzato dalla Pro Civitate Christiana, in Assisi.

Quest’ultima è nota per essere stata, da subito, una realtà corag-giosamente impegnata sulle rotte del Concilio Ecumenico Vaticano II. Molto vicina alle sensibilità di Giovanni XXIII che, il 7 dicembre 1959, le concesse il riconoscimen-to di soggetto di diritto pontificio. All’inizio degli anni sessanta a un convegno organizzato dalla Pro Civi-tate partecipò pure Pier Paolo Pa-solini, che da questa sua esperienza assisana, completata dalla lettura notturna del vangelo, trovato in un comodino nella sua camera nella foresteria della Cittadella, trovò l’ispirazione per il film “IlvVangelo secondo Matteo”.

A mettere insieme la lettu-ra dell’intervista ad Accattoli e l’incontro presso la Cittadella di Assisi è stata quella che all’inizio ho chiamato la voglia di «abitare in maniera consapevole, non ripetitiva e rassegnata la mia casa». In questo caso, la chiesa. Quella nella quale sono nato e nella quale mi sono formato e vivo: da Pio XII a Papa Francesco, passando per Giovanni XXIII, Paolo VI, i due Giovanni Pa-olo, I e II e Benedetto XVI, il Papa che mi ha voluto vescovo in Cala-bria, a Cassano all’Jonio.

La lettura dell’intervista ad Accattoli mi ha consegnato motivi e argomenti per ridimensionare le voci di divisione che tormente-rebbero l’attuale momento della chiesa cattolica. «La chiesa - ha affermato il vaticanista del Corsera a Linkiesta.it - non è più divisa di prima, siamo nella tradizione.

Benedetto era attaccato dalla sinistra, sia all’esterno sia all’in-terno della chiesa. Ora la novità è che il dissenso arriva dalla destra». Una constatazione destinata a ri-dimensionare i catastrofisti e che contribuisce a prendere atto che la

I COMMENTI E INCHIESTE

Il dialogo necessario dentro la Chiesa

Testimonianze dai confinidi Nunzio Galantino

Chi è monsignorNunzio Galantino

Presso l’Università di Bari ha conseguito nel 1974, la laurea in Filosofia e l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole statali. Nel 1981 ha ottenuto il dottorato in teologia dog-matica presso la Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione San Luigi di Napoli. Ordinato sacerdote il 23 dicembre 1972. Dal 1977: docente di storia e filosofia nelle scuole pubbliche statali. Docente di antro-pologia presso la Facoltà teologica dell’Italia meridionale dove ha tenuto corsi anche ai bienni di specializzazione in teologia fondamentale e in teologia dogmatica. Alla ricerca e all’insegnamento ha unito da sempre il servizio pastorale come parroco (1977-2012) in Cerignola (Fg).Dal 2004: responsabile del servizio nazionale per gli studi superiori di teologia e di scien-ze religiose della Cei. È stato eletto vescovo di Cassa-no all’Jonio il 9 dicembre 2011 e ordinato il 25 febbraio 2012.Il 28 dicembre 2013, da papa Francesco è stato nominato segretario generale della Con-ferenza episcopale italiana ad interim, confermato ad quin-quennium il 25 marzo 2014. Collaboratore di riviste di teo-logia e di filosofia con contribu-ti di carattere prevalentemente antropologico. Tiene due rubri-che (“Testimonianze dai confi-ni” e “Abitare le parole”) su Il Sole 24 Ore.

Monsignor NuNzio GalaNtiNo, segretario della Cei, inaugurerà la rassegna teologica sull’Evangelii Gaudium “i linguaggi del divino”, parlando il 2 ottobre, nella sala maggiore del Palazzo comunale alle ore 17,30 sul tema: “Un nuovo linguaggio ecclesiale” (EG 27)

chiesa è fatta di uomini con storie, sensibilità e cultura diverse.

Accomunati, ci si augura, dalla stessa voglia di servire il vangelo che, quando viene meno o non ha motivazioni forti, li colloca - questi uomini - su posizioni inaccettabili all’interno e all’esterno della stes-sa chiesa, oltre che agli occhi del cosiddetto mondo. Certo, osserva

Accattoli, a proposito del modo di comunicare di Papa Francesco e del suo rapporto con l’identità cristia-na: «La sua è una libertà di parola senza precedenti nei papi degli ulti-mi due secoli: dice quello che pensa [...]. L’attuale pontefice non può essere considerato rinunciatario sugli elementi canonici dell’identità cattolica, ma è considerato tale

quando si guarda ai risvolti politici della sua azione». E qui l’intervi-stato fa una osservazione che do-vrebbe pacificare qualche animo in-quieto e preoccupato per la tenuta dell’ortodossia: «Francesco ha fatto e fa affermazioni in difesa della vita, della famiglia, del gender.

La differenza rispetto al passa-to è che queste affermazioni non

sono dominanti. Non ha abban-donato l’identità, ha modificato le priorità». Quanto al livello di ac-coglienza riservato a questo cam-bio di priorità, Accattoli sostiene quanto esso «sia approvato dalla grande maggioranza delle compo-nenti organizzate e del corpo par-rocchiale, cioè della base pratican-te che va a messa la domenica. La mia esperienza di conferenziere in giro per l’Italia - continua il vati-canista - lo conferma: c’è sempre un nucleo critico in ogni platea, ma è sempre una minoranza. La stessa cosa capitava quando c’era papa Benedetto XVI, anche se la contestazione cambiava appunto versante e stile».

La presenza al corso di studi cristiani della Pro Civitate mi ha permesso di confrontarmi su que-sti temi con persone consapevoli della complessità di questo nostro tempo, che continuo a considera-re come opportunità e non come problema. Un tempo che invita a prendere l’iniziativa («primerear», ama dire Papa Francesco) e a osare. Per tornare alle afferma-zioni di Accattoli, e spingendosi più avanti, il Papa è chiaro: dinanzi a una società ferita e stanca, la chiesa deve tornare sulla strada, in una condizione di mendicanza, deve essere in grado di abitare su quella frontiera esistenziale e geografica dove concretamente si incontra, si abbraccia, si accom-pagna l’umanità: «Oggi... sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di pren-derci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (Evangelii gaudium, n. 87).

Prendendo ovviamente le distanze dall’individualismo che continua a intaccare le radici dell’umano costituendosi come forma della cultura di tanta parte del mondo, dove l’altro è una possibile minaccia prima di essere un uomo; dove la comunione non è un fatto spontaneo in quanto si deve confrontare, se non scontra-re, con la paura dell’altro, che pa-tologicamente si tramuta in paura verso ogni forma di alterità, fino al punto da identificare la differenza con la divisione. La differenza deve essere mantenuta, perché è buona, dichiarava S. Massimo il confesso-re; la divisione è una perversione della differenza, ed è cattiva.

Quando si mistifica il conflitto, o si trasforma la differenza in di-visione attraverso l’emarginazione o il rigetto dell’altro, noi moriamo. L’inferno non è l’altro, come so-steneva Sartre, ma è l’isolamento dall’altro e dell’altro.

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324 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa

FRESCO DI STAMPA

“Spigolar m’è caro…”Una raccolta di Giovanni Burchietti, trent’anni di Poesia

di Leonardo Soldati

Io canto Finalmente s’è apertala cateratta del cieloun fiume d’acquainonda la campagnarimbalza crosciandosulle pietre dell’aiapone fine all’arsura. Avverto la terrarespirare profondamenteun profumo d’erbaemana dalle radicidegli steli essiccati. Immobili sul collepiante esauste d’ulivoallargano i rami,il tuono rumoreggiauna musica inquieta,le foglie bagnate del boscovibrano di un suonoleggero di violini.Io canto la terra,canto l’acqua,canto l’amore.

Orazio tognozzi

PoetiContemporanei

cultura

Dietro l’apparenzadelle cose

Franny annuisce. Non so perché vada in questo modo. Forse è Dio che cerca di dirci qualcosa. A

volte vorrei che la smettesse. Forse a questo punto ci ha abbandonate, dice Franny. Spero proprio di no. Ci serve tutto l’aiuto possibile (…) La vita è dura, punto e basta. E questo posto, questa vecchia fattoria, ne è la conferma”.

Franny è una delle protagoniste del recente romanzo della scrittri-ce statunitense Elizabeth Brundage, “L’apparenza delle cose” (Bollati Boringhieri, 511 pagine).

È cresciuta in una grande e vec-chia casa su cui grava un alone sini-stro, ritenuta da molti, nel paese vi-cino, stregata. Chi si attendesse un racconto semplicemente di fanta-smi o peggio un horror, rimarrebbe però deluso. Se di filone letterario si deve parlare, allora la storia di due famiglie che si sfiorano in una comune casa può essere ascritta al cosiddetto “domestic noir”, vale a dire l’intrecciarsi di misteri e delitti all’interno di comuni abitazioni di gente altrettanto comune.

Ma la storia, anzi, le storie rac-contate splendidamente dalla Brun-dage, soprattutto quella della fami-glia Hale, nascondono molto più di

“un noir, che è solo una patina, tolta la quale si trova qualcosa di più profondo. Come in molta lettera-tura americana, da Wendell Berry a Marilynne Robinson, attraverso il magistero di Hawtorne, di Melville, e poi di Faulkner, emerge la grande energia nascosta della ricerca del messaggio divino, del suo significato in un mondo apparentemente sen-za senso.

Nonostante la morte e la vio-lenza, questo libro sembra voler innalzare un monumento letterario alla misericordia. La vita riesce a trovare un senso, anche quando i personaggi non se ne rendono conto, solo in virtù della pietas di chi ha saputo accogliere gli orfani di famiglie distrutte dalle ricorrenti crisi economiche. Perché anche questo è il messaggio di ciò che è in realtà una sorta di giallo me-tafisico: quello che doveva essere un mezzo per migliorare la nostra esistenza è diventato il fine ultimo, cui viene sacrificata la vita stessa di

Nel romanzo di Elizabeth Brundage,la ricerca del senso della vitae la misericordia si affermano

come vere possibilità di salvezzadi Marco Testi

sentite, -scrive sempre Costan-tini Longo- modulate sui toni dell’animo e sulle vicende della vita». Un’opera introspettiva e retrospettiva, basata sul ricordo, «ma al tempo stesso sereno, insidioso fratello dei sogni e delle attese» conclude Costan-tini Longo. Autobiografia dovuta all’esperienza di vita quotidiana, conoscendo oramai le miserie e le angosce umane, alla ricerca di una soluzione ai problemi «in un rapporto di comunione con se stesso, la natura, gli uomini e con Dio» scrive Graziana Malesci. Il poeta comprende che in un’epoca di disorienta-mento etico-sociale l’umanità necessita «di un sincero atto d’amore, di un sorriso fraterno,

di una mano che lo sostenga nel cammino tortuoso della vita, -continua Malesci- ha bisogno di “Misericordia”, per essere in sintonia con il Giubileo di Papa Francesco». Con una poesia popolare, composta di versi scritti di getto, con un linguaggio semplice ma di parole usate solo come un poeta può fare, supera il rimpianto di ciò che ha perduto con «la convinzione che la fede, l’amore e l’amicizia possono aiutarci a ritrovare noi stessi» conclude Gianni Boc-cardi nella prefazione del libro, «risvegliando quei sentimenti e quei principi che ciascuno di noi si porta dietro, magari sepolti sotto le “macerie” del vivere quotidiano».

na raccolta della pro-duzione poetica di Giovanni Burchietti lungo ormai trent’anni

d’attività, dal titolo suggestivo “Spigolar m’è caro...”, di cui è sempre simbolo il candido gab-biano in un ideale volo sopra i luoghi a lui più cari, come il mare, le Apuane, il Montalbano, seguen-do i più puri ideali. Sempre line-are e coerente nel suo percorso artistico, così come nell’impegno civico, sociale e politico, seppur cambiando forma con la maturità degli anni. Un percorso d’in-trospezione tra un passato che non può tornare, la giovinezza sottratta dalla guerra, le grandi figure di riferimento come la Ma-dre mai conosciuta, i cari amici. Ricordi per l’autore, non sempre piacevoli, dimostrandosi però allo stesso tempo sempre attento alla natura, alle continue esperienze di vita, al mondo che lo circonda in continuo e velocissimo cam-biamento. Alle volte più riflessioni

intere famiglie.La morte dei genitori Hale è

un monito a una società che non tutela chi mette in piedi un’attività onesta e preziosa come, in “L’ap-parenza delle cose”, l’allevamento. Un ammonimento che però offre nel contempo la grande speran-za, tramandata da tutte le grandi narrazioni, apparentemente al ne-gativo, come “Cime tempestose” (nel quale, come nel romanzo della Brundage emergono riferimenti alla vita dell’anima dopo la morte), che affrontano il problema della lotta tra bene e male: i figli della miseria sapranno ricominciare da zero e, facendo i più umili mestieri, riaffer-meranno il diritto alla vita negato da una concezione del denaro come unico dio da adorare.

Nonostante la crudezza degli eventi, in questo complesso ro-manzo sembrano regnare la fede in un progetto a noi spesso incom-prensibile e la concreta, sentita e vissuta pietà verso gli ultimi. Le pagine più belle sono quelle in cui la misericordia, incarnata da figure femminili, emerge nei fatti e anche nei modi, nonostante le fobie, le paranoie, le fissazioni di un mondo cui solo quella pietas può dare un senso.

U che poesie, come osserva Gian-ni Boccardi nella prefazione al volume, stimoli a perseguire i veri valori dell’esistenza come l’amicizia, la fede, gli ideali, con «la voglia di assaporare appieno ogni giorno i frutti delle nuove stagioni che attraversa». Il gab-biano è rappresentativo dell’ani-ma di Giovanni, inquieta ma sognante, «un costante richiamo alla vita, alla lotta, un riferimen-to al divenire della storia infinita che tutti ci attende» scrive An-nibale Guidi. «Ma riemerge poi una serenità di fondo propria di chi, pur vivendo con intensa partecipazione avvenimenti do-lorosi e tristi, non cede al pessi-mismo o alla sfiducia», dichiara Sergio Bardelli. Una poesia lega-ta in buona parte alla sua terra, «la “sera” delle sue opere diven-ta, idealmente, quella della sua stessa esistenza, giunta al tempo delle riflessioni: da affidare a chi, la “sera” l’ha ancora lontana, affinché continui a percorrere la sua stessa strada: quella degli Ideali» (Nilo Negri). Si tratta di un messaggio,«esortazione ad interiorizzare, ad essere estro-versi e, allo stesso tempo, ad amare: in una parola, ad essere uomini» dice Orietta Costantini Longo, il gabbiano, benché “bian-co”, canuto, non ha smesso di volare, «solitario e imperturba-bile, sa librarsi più arditamente per conquistare nuovi spazi da conoscere e apprezzare». La produzione poetica di Burchiet-ti, benché variegata, si dimostra unitaria, «una poetica, una morale, una pietas originali ri-

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4 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVitaattualità ecclesiale

om’è difficile saper perdonare, mettere da parte ira, vendetta, offe-sa e avere la capacità di

dire: ti ho perdonato. Le cronache di questi giorni ci portano atteg-giamenti e parole molto distanti dall’idea del perdono: voglio che patisca la stessa sorte; non lo perdonerò mai. Quante volte ab-biamo sentito frasi come questa. Il brano del Vangelo di Matteo di domenica indica a tutti noi una strada diversa. Pietro si rivolge a Gesù e gli chiede: Signore quante volte dovrò perdonare il fratello che commette colpe contro di me? E la risposta – settanta volte sette – non può non lasciarci senza parole. Pietro non mette in dubbio il perdono come tale, ma si chie-de quante volte. Di fronte all’ira, all’offesa, al desiderio di vendetta l’uomo è sempre chiamato a misu-rare, a porre dei limiti: sì perdono, ma fino a un certo punto; perdono, ma le guance sono due. E poi? C’è anche da dire che ci portiamo die-tro un’idea sbagliata del perdono, quasi fosse una spugna che cancella le colpe, la memoria di un gesto, dell’offesa ricevuta. Chi di noi sa-rebbe capace di dire la frase che Giovanni Bachelet ha pronunciato il 14 febbraio 1980, il giorno dei funerali di Vittorio Bachelet ucciso dalle Br, chiedendo di pregare per “quelli che hanno colpito il mio papà”, perché “senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre labbra ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della mor-te degli altri”. Era il 14 febbraio 1980 e quelle parole commossero. Il presidente Sandro Pertini dirà a Giovanni: “Non sono credente, ma non sono indifferente”. Tre anni dopo quella data, 18 ex terroristi, alcuni anche delle Br, scrissero al gesuita Adolfo Bachelet, zio di Giovanni e fratello di Vittorio, e lo invitarono ad andare a trovarli in carcere. Iniziava così la missione di padre Adolfo, ma anche il cammino di ripensamento delle azioni di quegli uomini e donne, anche di chi aveva partecipato all’assassinio di Vittorio Bachelet, che avevano pensato di mettere in atto una rivoluzione con le armi. Perdona-re, dunque, settanta volte sette, praticamente sempre. Lettura diversa nel libro della Genesi in cui Lamech dice che Caino sarà vendicato sette volte, e lui settan-tasette. Perdonare allora. Senza restare come imprigionati in quei sentimenti che vanno dal rancore,

MAzzOLARI, IERI COME OGGI “TROMBA DELLO SPIRITO”

Il fiume inarrestabiledella profezia

Ha preso avvio la fase diocesana del processo di beatificazionedel sacerdote-scrittore che fu parroco a Bozzolo, dove Papa Francesco

si è recato lo scorso giugno per pregare sulla tomba di don Primo.Un evento per la diocesi di Cremona ma anche per la chiesa universale

di Bruno Bignami

hi era presente a Boz-zolo lo scorso 20 giu-gno in occasione della visita di Papa Fran-

cesco alla tomba di don Primo Mazzolari (1890-1959) ricorderà l’annuncio del vescovo di Cre-mona: mons. Antonio Napolioni aveva reso pubblico che lunedì 18 settembre avrebbe dato il via ufficiale alla fase diocesana del processo di beatificazione del parroco di Bozzolo.Detto, fatto. Eccoci nella fatidica data con il giuramento del tribu-nale e con il desiderio della co-munità diocesana di condividere un avvenimento speciale. L’inizio della causa non ha il tono della festa ma della preghiera e dell’in-vocazione. Non è neppure un evento puramente giuridico.È fatto ecclesiale. La Chiesa cre-monese prega il Signore affinché la illumini nel riconoscere i segni della sua presenza nella vita dei santi.I prossimi mesi saranno dedicati all’ascolto dei testimoni che hanno avuto modo di conoscere, incontrare e ricevere grazie dal servo di Dio Primo Mazzolari. È il tempo della memoria!Una causa di beatificazione non è una battaglia per la vittoria: è un percorso di riconoscimento del valore della testimonianza evangelica di una persona. Per questo la fase che si sta vivendo non richiede casacche pro o

contro, ma la preghiera. Infatti, l’intercessione di chi, come don Primo, ha annunciato il vangelo e l’ha vissuto con coraggioanche a costo di incomprensioni, può aiutare a non essere creden-ti superficiali o indifferenti alla storia dell’umanità. La diocesi di Cremona gode del privilegio di aver avuto un parroco come don Mazzolari, innamorato della Pa-rola di Cristo. Se si dovesse com-prendere questo dono, si farebbe a gara per volare alto e gioire del vangelo della misericordia che don Primo ha proclamato dal pul-pito e condiviso per le strade di questa terra. Ieri e oggi, “tromba dello Spirito”, secondo la defi-nizione di Mazzolari da parte di Papa Giovanni XXIII.Il cammino verso la beatificazio-ne parte da lontano e prevede ancora un lungo tratto di strada. Impossibile stabilirne i tempi a tavolino.

È questo il momento dell’affi-damento generoso alla grazia di Dio.Tutto è cominciato col supplex libellus, su iniziativa del vescovo Dante Lafranconi. Era il gennaio 2013. Dopo il Nulla osta della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi (2015) si è aperta una fase diocesana di studio, con la nomina della commissione storica e dei periti teologi. Il loro lavoro è durato un anno e mezzo: la documentazione raccolta è stata consegnata nelle mani del vescovo Antonio, che ora apre ufficialmente una nuova tappa con il processo canonico dio-cesano. Si tratterà di acquisire il materiale già prodotto in prece-denza e di completare la raccolta di testimonianze.Nel frattempo, come in tutti i percorsi ecclesiali che si rispetti-no, la comunità è invitata a pre-gare e a riprendere il messaggio

evangelico di don Primo.A onor del vero, dopo il passag-gio del Papa a Bozzolo – paese dove don Mazzolari fu parroco dal 1932 alla morte, nel 1959, e dove è sepolto – sembra essersi innescata una marcia in più. Pro-prio a Bozzolo (provincia di Man-tova, diocesi di Cremona) in que-ste settimane si è assistito a una crescita esponenziale di pellegrini sulla tomba del prete cremonese. Anche nella sede della Fonda-zione che porta il suo nome e ne custodisce l’archivio sono aumentati i contatti e le richie-ste di gruppi, di associazioni, di diocesi, di seminari, di parrocchie che intendono approfondire la figura di don Primo. Egli continua a parlare al nostro tempo. Papa Francesco a Bozzolo ha parlato di un “magistero dei parroci che fa tanto bene a tutti”. È il fiume inarrestabile della profezia. Come farne a meno?

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C

Dio ci ha perdonato e ci perdona “tutte le colpe non appena

mostriamo anche solo un piccolo

segno di pentimento”,afferma il Papa,che chiede di non“chiudere il nostro cuore a chi ci haoffeso e ci chiede

scusa”di Fabio Zavattaro

Perdonaresettanta volte sette

alla collera, alla vendetta. Matteo ci fa conoscere, nel testo evangelico, un “insegnamento sul perdono, che non nega il torto subito ma rico-nosce che l’essere umano, creato ad immagine di Dio, è sempre più grande del male che commette”, afferma Papa Francesco all’Angelus. Nella parabola, gli attori principali sono il re misericordioso e l’am-ministratore. Il primo è un uomo generoso, pronto a perdonare il servo e a condonare il grande de-

bito che questi aveva: diecimila ta-lenti, una cifra immensa, impossibile da restituire per un servo, al quale non sarebbero bastate tre vite. Il secondo, condonato il debito, si comporta in modo spietato con un suo servo che lo supplica a sua volta: ha un debito di cento denari e non può onorarlo. L’amministra-tore non si comporta come il re e, pur essendo la cifra di molto infe-riore al suo debito con il sovrano, lo fa gettare in prigione. “L’atteggia-

mento incoerente di questo servo – dice Papa Francesco – è anche il nostro quando rifiutiamo il per-dono ai nostri fratelli. Mentre il re della parabola è l’immagine di Dio che ci ama di un amore così ricco di misericordia da accoglierci, e amarci e perdonarci continuamen-te”. Si è rivelato, dunque, un servo malvagio e il re lo priva della grazia ricevuta. Dio ci ha perdonato e ci perdona “tutte le colpe non appena mostriamo anche solo un piccolo

segno di pentimento”, afferma il Papa che chiede di non “chiudere il nostro cuore a chi ci ha offeso e ci chiede scusa”. È un proposito che ripetiamo ogni volta nella recita del Padre nostro, quando chiediamo: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” . Perdonare l’altro, dunque, senza calcoli, senza guardare al numero di volte in cui ha dato il suo perdono, perché tutti abbiamo ricevuto il perdono da Dio.

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524 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa

esù racconta una splendida parabola ai discepoli, mentre sale a Gerusalemme, annunciando che lì “il Figlio dell’uomo sarà conse-

gnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneran-no ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà”. E i discepoli, in risposta, litigano sui primi posti.C’è legame tra la vigna della parabola e la città di Gerusalemme; l’una è immagine dell’altra. Se Gerusalemme è la sposa amata, la vigna è il “talamo” dove si consumano le nozze dell’amore di Dio per l’umanità.

Gesù esce – dal Padre – a chiamarci. Stabi-lisce un compenso preciso per l’opera dei lavoratori chiamati da subito; per gli altri ne promette uno “giusto”. L’attenzione non è sul guadagno, ma su quel tornare a chiamare e a mandare, per non lasciare disoccupati e in ozio; come dire in una esistenza senza

fatti, senza una direzione, senza uno scopo.Il mugugno degli operai della prima ora vor-rebbe giustificarsi in rapporto al compenso finale, ma non trova scusante se l’ottica è quella dell’immenso valore di essere chia-mati e mandati nella vigna. Non se ne esce: di fronte alla bontà del Signore si oppone

l’occhio cattivo: “Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. È la mormora-zione dei primi la ragione che li fa ultimi; la loro invidia è nel non accettare che gli altri ricevano del bene, quasi a dire che la bontà di Dio è per loro insopportabile. È la stessa mormorazione del popolo nell’Esodo.Gesù non aspetta che ci presentiamo a chiedere lavoro; è lui che viene a cercarci: è una economia nuova. Non è la vigna ad aver bisogno degli uomini, ma noi di essa. Mistero della fede; mistero dell’amore. Noi aspiriamo al centuplo, fin da adesso; per questo è fatto il nostro cuore.

La Parola e le paroleXXV domenica del tempo ordinario

Is 55,6-9; Fil 1,20-24.27; Mt 20,1-16

attualità ecclesiale

G

Ritornare ad avere il coraggio dei grandi valori di cui è piena la nostra storia; ricercare la bellezza, non in senso estetico ma come autenticità; ritrovare la grande responsabilità

sociale e culturale che aveva Francesco nel suo tempo”, che implica la capacità di “abbandonare i piccoli orizzonti e fare grandi cose, con un pizzico di sana utopia”. Il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, elenca tre impegni per dare seguito al grande successo che il “Cortile di Francesco” ha avuto ad Assisi, dove ministri, filosofi, artisti, religiosi, giornalisti, manager, uomini di cultura credenti e non credenti si sono confrontati sul tema: “Cammino”. Lo abbiamo intervistato.

Qual è il suo personale bilancio del “Cortile di Francesco”, e come si inserisce nel percorso del “Cortile dei Gentili”?

Il Cortile dei Gentili è ormai una rete estesa in diversi Continenti, e l’elemento fondamen-tale resta la volontà della fede di confrontarsi nel dialogo tra visioni completamente diverse, che si ritrovano però nella volontà di andare oltre la superficie delle cose, a partire dal senso dell’essere e della nostra esistenza. Il Cortile di Francesco, da Assisi, vuole portare avanti una riflessione non soltanto su un tema ma su diverse questioni che attraversano il nostro tempo, facendo dialogare differenti visioni del mondo accomunate però dall’intento di andare oltre la parcellizzazione, la frammentazione dei saperi, tipica del nostro tempo.

Lei ha incontrato il grande artista statunitense di origine bulgara Chri-sto, protagonista di una delle serate del “Cortile”, per una visione privata

CORTILE DI FRANCESCO

“Ritrovare il coraggio dei grandi valori”

Quattro giorni diconfronto e incontro tra ministri, filosofi, artisti,

religiosi, giornalisti,manager, uomini di

cultura credenti e non credenti. È il “Cortile di Francesco”, che si è concluso domenica 17

settembre ad Assisi sul tema: “Cammino”.Abbiamo chiesto di stilarne un bilancio

al cardinal Gianfranco Ravasi, presidente

del Pontificio Consiglio della cultura

di M.Michela Nicolais

della robotica nelle nostre vite è certamente positivo, senza contare i progressi delle neu-roscienze o la capacità d’intervenire sul nostro Dna. In tutte queste conquiste, tuttavia, è insito il pericolo di una forte perdita di umanità: basti pensare alla possibilità di intervenire sul cervello in maniera radicale, che ripropone il problema della responsabilità, della moralità della coscienza. Più che di deficit di umanità, io parlerei allora di “eccesso di umanità”, di desiderio di amplificarla con l’intento di aiutarla ma senza controllo: la comunicazione digitale, se assolutizzata, rischia di far perdere il con-tatto con la realtà, ad esempio con il linguaggio degli innamorati, che più che di parole è fatto di sguardi o di silenzi, e proprio quando si sta in silenzio si dice molto di più di quanto poco prima si era riusciti a dire con le parole.

Oltre alla parola “paura”, as-sociata in particolare a migranti e terroristi, dai dialoghi del “Cortile di Francesco” è emerso un quadro di un’Italia “spaesata”: è il momento di investire di più in cultura?

Se fino al Novecento il termine cultura era considerato soltanto appannaggio degli artisti, nel cosiddetto “secolo breve” ha acquisito un connotato antropologico.

Oggi la cultura deve riappropriarsi sempre di più della propria accezione per così dire “artigianale”, legata al lavoro dell’uomo e alla capacità che l’essere umano ha di fare bene il proprio lavoro, anche in un contesto sociale fortemente mutato rispetto a quello della rivoluzione industriale.

Questo significa, oggi, investire in cultura: andare alle radici di ciò che ha dato origine alla cultura occidentale. La cultura sono i padri e le madri che aiutano i propri figli a vivere decorosamente con il proprio lavoro, che preparano il cibo: non dimentichiamoci che, in latino, il termine “cultura” non esiste: lo usa solo una volta Cicerone, e non a caso come “agri-coltura”…

della sua mostra accanto alla basilica superiore: cosa vi siete detti?

Sono rimasto molto impressionato dalla grandiosità delle sue opere: con la passerella sul lago di Iseo, ad esempio, Christo ha voluto riprendere la visione di Gesù che cammina sulle acque: il mare, simbolicamente, evoca il male, il nulla, mentre la passerella diventa uno strumento d’incontro tra paesi, tra cittadine separate dall’acqua e ora in contatto imme-diato e diretto. C’è una dimensione di libertà, nell’artista, che gli consente di rendere epifa-nico anche ciò che è realtà quotidiana, alcune dimensioni nascoste di essa che grazie all’opera d’arte rivelano significati diversi.

La conclusione del “Cortile” è stato il confronto-dialogo tra lei e il ministro Minniti: quali le urgenze che ne sono scaturite?

Non è la prima volta che incontro il mi-nistro, c’è già tra di noi un dialogo stabile. Tre

i temi principali su cui ci siamo confrontati: il primo è la volontà di comprendere i fenomeni, di intelligenza in profondità della vita del po-polo, andando al di là dei luoghi comuni e degli stereotipi; il secondo è il desiderio di affrontare il tema dell’accoglienza dei migranti in tutte le sue dimensioni; il terzo tema, infine, caro anche a Papa Francesco, è stato il confrontarci su come accogliere chi arriva nel nostro Paese.

“L’umanità è il prodotto del fu-turo”, la provocazione lanciata da Oliviero Toscani, da Assisi, con il suo “design for humanity”. C’è un “deficit di umanizzazione” nel nostro mondo?

La comunicazione digitale, l’informatica, le nuove tecnologie danno luogo ad un eccesso di informazione, che produce un tasso di bulimia e anoressia inedito e fino ad ora impensabile in questo campo. L’umanità, in questo modo, sembra ormai superata: si va verso forme di transumanesimo o postumanesimo. L’ingresso

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6 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVita

uali sono le fina-lità e le attività della vostra asso-ciazione? La Bibbia è il libro per

eccellenza che ben pochi leggono. A partire da questa constatazione 37 anni fa nacque Biblia, associazione laica di cultura biblica. Il suo scopo è quello di fornire un qualificato contributo per sanare questa anomalia culturale. Tenere la Bibbia chiusa dentro il pur prezioso e indispensabile recinto delle sinago-ghe e delle chiese significa limitarne la portata: il libro per antonomasia deve comunicare i suoi molti messaggi anche a più vasto raggio nel mondo della cultura, a prescindere da eventuali appartenenze religiose o non. A questo scopo promuoviamo convegni, seminari, giornate di studio, corsi di lingua ebraica e viaggi, con biblisti e docenti di varia provenienza. Le conferenze e i contributi principali vengono stampati su appositi libri o messi in rete (www.biblia.org), a vantaggio di coloro che non possono sempre partecipare.

Da vari anni è nata una sorellina a Biblia: il ramo “Bibbia e Scuola”, noto come BeS. Infatti è nella scuola che si formano le nuove generazioni, e pensia-mo che se queste sapranno qualcosa di più della Bibbia avranno più coscienza delle nostre radici europee e anche modo di pensare ai grandi valori etici che essa trasmette. Insieme al Miur col quale abbiamo firmato un protocollo d’Intesa, lanciamo ogni anno dei concorsi nazio-nali su temi biblici alle scuole di ogni ordine e grado, giornate di introduzione o di approfondimento nelle scuole che ci chiamano, materiale didattico on line e pubblicazioni specifiche sono per adesso le attività che riusciamo a organizzare (www.bes.biblia.org) con l’aiuto della tavola valdese e di molti volontari scelti con attenzione.

Dal 29 settembre al primo ottobre si terrà a Pistoia un convegno dal titolo organiz-

ASSOCIAzIONE BIBLIA

Giornate di studiosulle donne e la Bibbia

Q

giorni del convegno di spi-ritualità ortodossa dedicati a Il dono dell’ospitalità si sono rivelati un cammino di

accoglienza reciproca, un’esperien-za di ospitalità e di misericordia del Signore, di condivisione che vorrei definire “sinodale”…

Abbiamo acquisito, ricevendola gli uni dagli altri, in ascolto della parola del Signore e nella preghiera condivisa, la consapevolezza che il primo ospite, colui che per primo fa a noi “il dono dell’ospitalità”, è il Signore stesso: è lui che ci acco-glie nella sua creazione, è lui che ci accoglie alla mensa preparata per noi; è ancora il Signore che ci invita e ci riveste dell’abito nuziale,

CONVEGNO DI SPIRITUALITÀ ORTODOSSA

La responsabilità dell’ospitalità

I

Il grande peccatodel nostro tempo

è il peccato della nonaccoglienza: solo

accogliendo veramente l’altro come altro, senza rivestirlo della nostra identità, ma lasciando

che sia il Signorea donare a tutti il suo

abito nuziale, potremo a nostra volta riconoscerci

stranieri accolti, pellegrini verso il regno

di Enzo Bianchi

di quell’abito battesimale che ci fa partecipi della morte e della resur-rezione del Signore, ci rende degni di essere commensali alla sua tavola.

Per affrettare il tempo in cui coloro che credono in Gesù il Si-gnore possano riconoscersi insieme nell’unico calice, dobbiamo eser-citarci nell’arte del discernimento dei doni che sono nell’altra chiesa e tradizione cristiana, dobbiamo es-sere costantemente disponibili alla conversione del cuore, ad acquisire

e quel cuore ospitale che Dio trovò in Abramo.

Si tratta di un serio lavoro di studio teologico, di ricerca, di lotta contro l’ignoranza e il pregiudizio cui questi incontri ecumenici di spiritualità ortodossa vorrebbero fornire un aiuto, un’occasione di ascolto e di approfondimento, di confronto, di dialogo.

Il Signore è il padrone di casa, ma è anche l’ospite che sempre viene a noi nello straniero, nel povero, nel

diseredato, nella sofferenza di milioni di profughi che lasciano la loro terra.

In questa stagione di tragiche migrazioni si tratta di andare al di là di un’accoglienza personale. Cosa possiamo fare, cosa dobbiamo fare, come chiese, per creare un’ospitalità strutturale in grado di accogliere un afflusso massiccio di rifugiati? È l’appello che è stato rivolto ai par-tecipanti dal patriarca Theodoros II di Alessandria e di tutta l’Africa, continente provato allo stremo da guerre, carestie, epidemie. Come farvi fronte responsabilmente? Dall’isola di Lesbos, il 16 aprile 2016, papa Francesco, il patriarca ecumeni-co Bartholomeos e l’arcivescovo di Atene Hieronimos hanno affermato con forza che assumere le nostre responsabilità significa non limitare bensì estendere l’ospitalità. Ma, al contempo, significa anche risponde-re alle cause che spingono migliaia di uomini, donne e bambini a lasciare le loro case per cercare condizioni di vita più umane.

Si tratta di un impegno che sem-

bra andare al di là delle nostre forze, eppure i cristiani sono chiamati an-che in queste circostanze a rendere conto della speranza che è in loro: le nostre divisioni sono un ostacolo davanti agli uomini perché possano accedere a questa speranza di vita e di resurrezione che sono aperte a tutti, la possibilità di una terra abitabile nella giustizia, nella pace, nel perdono. È anche la grande sfida per il cristianesimo in un mondo in cui i cristiani ritornano a essere una minoranza perseguitata, ma sempre chiamati alla fedeltà al loro Signore.

Sì, veramente il grande peccato del nostro tempo – e spesso non ce ne rendiamo conto – è il pec-cato della non accoglienza: solo accogliendo veramente l’altro come altro, senza rivestirlo della nostra identità, ma lasciando che sia il Signore a donare a tutti il suo abito nuziale, potremo a nostra volta riconoscerci stranieri accolti, pel-legrini verso il regno che vivono la xenitéia ma sono capaci di filoxenía, di ospitalità.

In vista del Convegno “La Bibbia e le donne, le donne e la Bibbia, una nuova frontiera” che si terrà a Pistoia

dal 29 settembre al 1 ottobre, in Sala Maggiore delPalazzo comunale, abbiamo intervistato Agnese Cini

presidente dell’associazionedi Daniela Raspollini

nili possono ancora oggi dire qualcosa di significativo ed essere testimonianza per noi?

A mio parere certamente si. Durante questo convegno scopriremo infatti che le donne di cui parla la Bibbia, anche se a volte fra le righe, anche se a volte stra-vaganti, sono sagge, forti, intraprendenti, strateghe e strategiche, e che ognuna di loro occupa, costruisce e merita, un posto importante che va finalmente riconosciuto nella storia di Israele, della cristianità e delle chiese. Ma soprattutto vedremo anche che ciascuna di esse ha qualcosa da insegnarci, una via o un modo originale e personale di vivere la propria fede. Cercheremo e risco-struiremo le tracce di alcune di queste donne con l’intento di proporre anche “altre interpretazioni” e nuovi modi di leggere le storie bibliche accanto a quelle tradizionali: un 71° senso, come direbbe Paolo De Benedetti, che potrebbe essere o diventare una “luce sul nostro cammi-no” (Sal 119,105).

A conclusione del conve-gno Lucilla Giagnoni, attrice fiorentina, presenterà lo spet-tacolo “Vergine madre. Voce di donna nella Divina Comme-dia”: un momento di poesia e arte nel quale si desidera anche rendere omaggio a Dan-te. Come si inserisce questo evento nel vostro convegno?

Nella sua pur breve storia, Biblia ha sempre privilegiato la lettura della Bibbia insieme e accanto a due com-ponenti: un confronto e un ascolto dei temi che via via trattiamo, con la grande tradizione culturale europea (letteratura, musica, arte, filosofia) da una parte e, per rispondere alla sua ultima domanda, la conoscenza del paese dove andiamo a organizzare i nostri eventi: il nostro paese, l’Italia, è così ricca di posti unici e incantevoli che non basterebbe una vita per conoscerli tutti, ma ogni volta che ci incontriamo ne proponiamo almeno un pezzetto.

da uomini - le donne non sono molto presenti, ma ci sono e hanno molto da dire ancora oggi. Si tratta solo di cercarle (il compianto biblista Paolo De Benedetti diceva che “Dio sta nel dettaglio” e se così fosse, è certamente importante esplorare questa presenza quasi nascosta!). Lo hanno cominciato a fare negli Stati Uniti alcune pioniere nel XIX secolo e, a partire dagli anni ’70 del ‘900 anche in Europa: si tratta appunto di “una nuova frontiera”. Da qualche decennio le cose sono cambiate: le donne hanno preso autorevolmente la parola in tutti i campi, aiutando uomini e donne a riscoprire che la Bibbia stessa ci parla di un mondo fatto da uomini e donne che solo insieme – nel rispetto e nella ricchezza dei rispettivi talenti e carismi – sono benedetti e hanno il compito di custodire la terra (Gen 1,27-28): o dovremmo forse dire che se custodiscono la terra saranno benedetti?.

Durante questo convegno scoprire-mo che le donne di cui parla la Bibbia, anche se a volte fra le righe, sono sagge, forti, intraprendenti, strateghe e strategiche, e che ognuna di loro occupa, costruisce e merita, un posto impor-tante che va finalmente riconosciuto nella storia di Israele, della cristianità e delle chiese, e che ciascuna di esse ha qualcosa da insegnarci. Cercheremo e riscostruiremo le tracce di alcune di queste donne con l’intento di proporre anche “altre interpretazioni” e nuovi modi di leggere le storie bibliche accanto a quelle tradizionali: un 71° senso, come direbbe Paolo De Benedetti.

La vita, i sentimenti e i vis-suti di queste figure femmi-

zato dalla vostra associazio-ne: quale sarà il programma? Quali sono le tematiche che verranno affrontate e chi sa-ranno i relatori principali?

Il convegno non potrà ovviamente trattare di tutte le donne che hanno avuto voce in capitolo nella Bibbia: sono davvero tante e rappresentano ciascuna carismi e voci diverse: regine, contadine, mogli di patriarchi o condottieri, profe-tesse, casalinghi e popolane. Ciascuna di esse ha qualcosa da insegnarci, un messaggio da trasmettere, una vita esemplare o meno da proporre, una fede da testimoniare. Dopo una visione generale da parte di Adriana Valerio, insigne biblista e docente napoletana, venerdì pomeriggio, la presidente di Biblia, Agnese Cini, parlerà sabato mat-tina delle prime donne che incontriamo nel libro della Genesi (a parte la mitica Eva): le quattro matriarche o madri di Israele: Sara, Rebecca, Rachele e Lia. A seguire faremo conoscenza con le voci femminili della grande Sapienza di Israele, con la voce della saggia Nuria Calduch Benages, suora spagnola do-cente di Antico Testamento alla Pontificia Università Gregoriana. La terza e ultima relazione, tenuta da Marinella Perroni, vice presidente di Biblia e responsabile dei rapporti con la scuola (BeS). Dottore

in teologia e Filosofia; docente di Nuovo Testamento all’Ateneo Sant’Anselmo di Roma; già presidente delle Teologhe Ita-liane (Cti); autrice di molti articoli e libri sul tema teologia - Bibbia - donne; dirige, con Stella Morra, la collana «Sui generis» per Effatà Editrice. A Pistoia parlerà delle “Due Marie sotto la croce”: la madre di Gesù e la Maddalena.

Come nasce l’idea di orga-nizzare un convegno dedicato alle figure femminili nella Bibbia? Perché lo studio della donna nella sacra scrittura apre nuove frontiere?

Già da tempo soci e amici di Biblia ci chiedevano un convegno sulle donne e la Bibbia e finalmente, ispirati dal fatto che volevamo partecipare alla vicina Pistoia, città della cultura 2017, dove fra l’altro avevamo anche delle amiche con cui eventualmente associarci, ci siamo rivolte proprio a loro, l’associazione “Le zie di Sofia. Matri-Archè” e deciso di col-laborare per presentare questo convegno alla città. Sia loro sia il Comune hanno fin dall’inizio collaborato con piena soddi-sfazione di tutte le parti. Abbiamo voluto aggiungere al titolo del convegno le parole “una nuova frontiera”, in quanto nella Bibbia - scritta, tramandata, predicata e interpretata per secoli prevalentemente

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PistoiaSetteN. 33 24 SETTEMBRE 2017

ll’inizio del nuovo anno pastorale don Cristiano D’Angelo ci aiuta a scoprire le attività promosse dall’uf-

ficio catechistico diocesano.

Don Cristiano, è possibile fare un bilancio sullo scorso anno pastorale?

Le attività dell’ufficio catechistico nell’anno passato sono state molteplici e mirate soprattutto ad accompagnare il lavoro delle parrocchie. In particolare mi sembra siano stati una buona esperienza i laboratori di accompagnamento per i catechisti dei ragazzi che si preparano alla cresima. In questi incontri, dopo un chiarimento sugli obbiettivi della catechesi per i preadolescenti, sono stati forniti contenuti, strumenti e metodi per la con-duzione degli incontri. La cosa positiva mi è sembrato il metodo: accompagnare i catechisti nella programmazione del lavoro. Inoltre l’aver camminato tutti sugli stessi temi ha reso possibile la collabora-zione e eventuali incontri tra gruppi di parrocchie diverse.

In un tempo in cui i parroci sono sempre più impegnati su molti fronti, perché chiamati a seguire più comunità, l’accompagnamento dei catechisti e degli operatori pastorali mi sembra di crescen-te importanza, perché spesso i parroci non sono nella condizione di seguirli e prepararli a causa dei molteplici impegni

a cui sono chiamati a far fronte. I catechisti che hanno partecipato

a questi incontri erano rappresenta-tivi di una ventina di parrocchie. Può sembrare un piccolo numero, ma se si pensa che i parroci attivi sono poco più di una sessantina e se si considera la variegata composizione della diocesi si può ritenere un discreto successo che potrebbe essere replicato in più zone della diocesi, o per gruppi di vicariato. Non so se già quest’anno sarà possibile, ma l’esperienza mi sembra significativa e ci mostra un modo concreto di lavoro anche in carenza di preti. Il progetto, inoltre, valorizza l’impegno e il carisma di tanti laici che con generosità lavorano nelle nostre parrocchie.

Il prossimo incontro sarà proprio lunedì 25 settembre: si preannuncia già come un mo-mento forte e partecipato. A chi è rivolto e di cosa si tratta?

Si tratta dell’ormai tradizionale incon-tro di apertura dell’anno catechistico a cui sono invitati tutti i presbiteri, i diaconi, i catechisti e gli animatori dei gruppi di ascolto del vangelo.

In questo incontro di solito si pre-senta un tema pastorale o catechetico legato al tema dell’anno pastorale in diocesi. Quest’anno si parlerà dell’evan-gelizzazione e dei poveri, partendo dalla proclamazione di Gesù nella sinagoga di

Cafarnao, quando all’apertura della sua missione pubblica dichiara «sono venuto a portare il lieto annunzio ai poveri» (Lc 4,18). Il vescovo ha appena indirizzato alla diocesi una lettera proprio sul tema dei poveri, per questo anche noi vogliamo riflettere sull’importanza di riconoscersi poveri per essere capaci di accogliere il vangelo e soprattutto per poterne essere strumento e canale di trasmissione al mondo di oggi con cui vogliamo condivi-dere la gioia del vangelo.

In questo incontro saranno poi con-segnati i sussidi per i gruppi di ascolto del vangelo nelle famiglie sulla lettera di Giacomo, che è stata scelta proprio per il suo messaggio particolarmente attento al tema dei poveri e della condivisione.

Quali altri incontri sono di particolare interesse per la chiesa pistoiese all’inizio del nuovo anno pastorale?

Vari sono gli appuntamenti a cui siamo chiamati come chiesa pistoiese: an-zitutto la rassegna “i linguaggi del divino” che si aprirà con l’incontro di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della conferenza episcopale italiana, il 2 ottobre 2017.

Segnalo poi la celebrazione eucari-stica di apertura dell’anno pastorale che vivremo in Cattedrale giovedì 12 ottobre 2017 alle 21. Durante questa celebra-zione presieduta dal vescovo sarà dato il

mandato a tutti gli operatori pastorali del-la diocesi: catechisti, animatori dei gruppi di ascolto del vangelo, operatori caritas, operatori liturgici, e tutti quelli che nelle comunità cristiane della diocesi svolgono un servizio pastorale.

Il programma proseguirà con laboratori ed approfon-dimenti per catechisti e ani-matori dei gruppi di ascolto del vangelo: come si artico-leranno?

Diversi appuntamenti accompagne-ranno il cammino dei catechisti durante l’anno: sono previsti gli incontri per preparare il cammino dei ragazzi della cresima in vista della giornata diocesana dei cresimandi con il vescovo domenica 8 aprile 2018.

Vorrei, in modo speciale, segnalare la formazione indirizzata ai catechisti dei bambini che quest’anno faranno la prima comunione. Abbiamo infatti previsto degli incontri con lo scopo di avviare i genitori dei bambini all’ascolto del Vangelo in famiglia. Si tratta di un esperimento, perché più volte preti e catechisti hanno evidenziato la necessità e l’importanza di coinvolgere i genitori nella catechesi dei figli. Il primo incontro di questo laboratorio sarà lunedì 9 ottobre alle 21 in seminario.

Qualche informazione sui battesimi? Prosegue la rifor-ma del battesimo e quali date

previste?La riforma dei battesimi prosegue

nelle forme e le modalità previste dalla lettera del vescovo dell’anno passato, cioè la celebrazione a tappe: presentazione, unzione, battesimo (possibilmente per immersione), precedute da una catechesi con le famiglie.

Il vescovo ha poi indicato le date in cui celebrare i battesimi nelle parrocchie nelle seguenti domeniche: per l’anno 2017 il mercoledì 1 novembre 2017 – Solennità di tutti i Santi. Per l’anno 2018 nelle seguenti date: Epifania, sabato 6 gennaio 2018; o per il Battesimo del Signore Gesù, domenica 7 gennaio 2018; Veglia di Pasqua 31 marzo 2018; dome-nica in Albis, 8 aprile 2018; domenica 10 giugno 2018; domenica 8 luglio 2018; domenica 23 settembre 2018.

Naturalmente, come già ampiamente e in più occasioni detto dal vescovo, si tratta di una riforma che vuole favorire l’evangelizzazione e che i parroci devono attuare con libertà e intelligenza, discer-nendo nei singoli casi concreti ciò che è più utile per questo scopo.

La riforma è giovane e, presumi-bilmente, necessiterà ancora di tempo prima che diventi prassi comune e condivisa, ma il cammino è iniziato e occorrerà ancora un po’ di tempo prima di una valutazione più compiuta e oggettiva dei suoi frutti.

Daniela Raspollini

UFFICIO CATECHISTICO DIOCESANO

Apertura dell’anno pastoraleA colloquio con don Cristiano D’Angelo, responsabile dell’ufficio catechistico diocesano

A

adia Vettori è tornata in agosto dal Brasile, sua terra di missione, per un breve periodo di vacanza. Per l’oc-

casione ci ha raccontato qualcosa del suo lavoro svolto lo scorso anno a Balsas, nello stato del Maranhão, il secondo stato più povero del paese. Qui coordina ilprogetto Tresidela Nova e la Casa della comunità che accoglie e accompagna giornalmente tanti bambini e adolescenti in difficoltà.

Ci sono delle cose molto significative delle quali prefe-risce cominciare?

Ogni semestre e ogni fine anno facciamo sempre la verifica del lavoro svolto, misurando avanzamenti, successi, ma anche sbagli e sconfitte. E questo è molto importante. Ogni anno c’è sempre da ricominciare, cercare obiettivi e metodi nuovi per poter raggiungere lo scopo del nostro lavoro, del nostro “essere li con loro”. Anche quest’anno abbiamo iniziato nuove attività:

1) dentro l’attività circense è stata creata la “troupe di giganti”: adolescenti che camminano, danzano e recitano su gambe di legno.

2) per movimentare ancora di più l’attività della nostra “biblioteca comuni-taria raggio di sole”, una volta al mese un gruppo di adolescenti escono con stru-menti, libri di fumetti, poesie, storie per bambini e si fermano in punti strategici delle strade, nelle case, nelle piazze e cantano, declamano poesie, raccontano storie, invitano alla lettura e a visitare la nostra biblioteca. È la “Follia del libro” che già sta creando più interesse per la lettura da parte di tanti.

3) il pomeriggio del primo sabato di ogni mese è dedicato alla lettura e giochi interativi fra mamme e i loro bimbi più piccoli, dai 3 ai 6 anni. Mamme e bimbi che insieme scoprono la bellezza della lettura e dei libri.

Come procede l’impegno nella Casa della comunità? Ci

sono novità in merito?La Casa della comunità è una realtà

importante nel progetto Tresidela Nova, per questo ogni anno festeggiamo l’anni-versario della sua costruzione nel mese di giugno. E questo coincide con la chiusura dei lavori del primo semestre. Anche quest’anno la festa è stata grande con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo don Enemesio Angelo Lazzaris, la partecipazione delle famiglie e di tanti amici che aiutano. I nostri ragazzi sono stati veramente bravi. Hanno presentato ciò che avevano imparato (musiche, canti, danze e attività circense) con molta competenza.

Quanti bambini e ragazzi accoglie?

Quest’anno abbiamo 92 iscritti fra bambini e adolescenti dai 6 ai 17 anni.

Nel paese persiste una grave situazione economica. La Casa della Comunità rappre-senta un punto di riferimento?

MISSIONE

Bilancio di un’attivitàA colloquio con Nadia Vettori

N

Come si vive nella periferia della città?

Alla periferia della città… si soprav-vive di piccoli espedienti, con gli aiuti che il governo federale consegna a ogni famiglia in situazione di vulnerabilità socio economica. Molti giovani, purtroppo, vivono di piccoli furti, droga e prostituzio-ne. Nella nostra comunità molte famiglie vivono ancora cercando materiale ricicla-bile nella discarica comunale.

Per quanto riguarda la situazione dell’infanzia sono molti i bambini svantaggiati?

Purtroppo sì! La congiuntura politica dell’attuale governo sta aggravando la situazione e si prevede un aumento considerevole della povertà.

Qual è il progetto educati-vo che avete pensato?

Il nostro è un progetto politico, peda-gogico e pastorale. Tutto il nostro operare vuole essere, per ognuno, aiuto, ricerca e conquista della propria autostima e del proprio protagonismo nella società e nella vita. Il nostro educare è alla cit-tadinanza, alla condivisione, al bello, al buono e al vero, in sintonia con le linee operative della diocesi di Balsas, basate sulla teologia della liberazione.

D.R.

Sicuramente. La casa della comunità è punto di riferimento importantissimo per la comunità e i ragazzi. Riferimento culturale, sociale, educativo e pastorale. La nostra casa sabato e domenica è aperta per la catechesi e le celebrazio-ni. Quest’anno stiamo preparando alle sante missioni popolari con la diocesi di Balsas.

Sono molte le persone che hanno scelto di collaborare (educatori, assistenti sociali, etc...)?

Sì. Il nostro gruppo è sempre più numeroso e più coeso. Quest’anno l’am-ministrazione comunale sta collaborando con due psicologhe, l’aiuto di assistenza sociale e una educatrice per la danza.

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8 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVitacomunità ecclesiale

l capitolo quarto dell’esor-tazione apostolica post-sinodale sull’amore nella fa-miglia, Amoris Laetitia, tratta

dell’amore nel matrimonio. Nel paragrafo 148 è trattato

l’argomento dei rapporti sessuali tra marito e moglie: «L’educazio-ne dell’emotività e dell’istinto è necessaria, e a tal fine a volte è indispensabile porsi qualche limite. L’eccesso, la mancanza di controllo, l’ossessione per un solo tipo di piaceri, finiscono per debilitare e far ammalare lo stesso piacere, e danneggiano la vita della famiglia. In realtà si può compiere un bel cam-mino con le passioni, il che significa orientarle sempre più in un proget-to di autodonazione e di piena re-alizzazione di sé che arricchisce le relazioni interpersonali in seno alla famiglia. Non implica rinunciare ad istanti di intensa gioia, ma assumer-li in un intreccio con altri momenti di generosa dedizione, di speranza paziente, di inevitabile stanchezza, di sforzo per un ideale. La vita in famiglia è tutto questo e merita di essere vissuta interamente».

Il Papa ci dona un ritratto preciso, attento e approfondito

L’ANGOLO DELLA FAMIGLIA

Sessualità coniugaleIdella quantità e qualità dei rapporti coniugali: «il piacere», «le passioni», anzi «un solo tipo di piaceri» indi-cano l’esercizio della sessualità tra gli sposi e quando Francesco scrive «istanti di intensa gioia» parla dei momenti culminanti del rapporto, che in termini correnti definiamo orgasmo. E sono veri istanti di in-tensa gioia da vivere come coniugi e come coniugi cristiani. Momenti dopo i quali ringraziare il Signore per la donna o l’uomo che ci ha posto accanto e che condivide la nostra vita. È questa la gioia di cui parla il Papa, una gioia non solo fisica ma anche psichica, il vero go-dimento sensuale. È un momento dello spirito e non del corpo. Come dice san Paolo “Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. (…) poi-ché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del

corpo, vivrete. (Rm 8, 9-13). È que-sta l’essenza dell’amore coniugale!

È quell’amore che viene definito con estrema semplicità in un film americano di 20 anni fa “Will Hun-ting: un genio ribelle” con poche semplici parole: l’amore è “prende-re una donna per mano e guardarla negli occhi”.

E il Papa aggiunge una nota: «La forza prorompente del piacere che si ha nell’unione sessuale che avviene in modo ordinato secon-do la ragione, non è contraria alla pienezza della virtù». È una frase molto chiara che parla di «forza prorompente del piacere che si ha nell’unione sessuale», e di «virtù»; una frase che sembra figlia della teologia contemporanea nata dopo il concilio Vaticano II. Eppure que-sta frase viene da molto lontano, dalla “Summa Theologiae”, di san Tommaso d’Aquino, cioè risale a 8 secoli fa, è figlia di un’epoca che spesso abbiamo considerato oscu-

rantista e tradizionalista. Invece san Tommaso scrive questo bellissimo pensiero per rispondere ad alcune idee provenienti dal passato e che erano se non dominanti almeno molto diffuse nella sua epoca: una proveniva da Aristotele per il quale, quando si fa l’amore, per l’ecces-so del godimento non si riesce a pensare a niente di elevato; l’altra era di san Girolamo, che ricordava che gli antichi profeti biblici non venivano mai toccati dallo Spirito di profezia mentre erano in intimità con le consorti.

A questi pensieri Tommaso re-plica: non solo “la forza prorompen-te del piacere” “non è contraria alla pienezza della virtù”, ma neanche è un argomento valido il fatto che la ragione non può esercitare un libero atto spirituale mentre speri-menta quel piacere.

D’altra parte occorre stare in guardia da ciò che oggi viene chia-mata “anoressia sessuale”. Il bene

ra breve avrà inizio il mese di ottobre dedicato alla Madonna del Santo rosario; per l’occasione

due parrocchie della nostra dioce-si, Casini e Vignole, hanno promos-so un pellegrinaggio per il giorno 8 ottobre prossimo a uno dei San-tuari più noti e amati che si trova nella diocesi di Bologna: Il Santua-rio della Madonna di San Luca. Il santuario si eleva sul colle della Guardia a sud ovest di Bologna ed

è meta di molti pellegrinaggi. «Abbiamo deciso di andare al

Santuario della beata vergine di San Luca - ci racconta Anna, una delle organizzatrici del pellegrinag-gio - in accordo con il nostro par-roco don Alessandro Marini che ha voluto scegliere questo luogo per concludere solennemente il ‘per-corso’ mariano vissuto in parroc-chia, a partire dalla festa parroc-chiale della Madonna addolorata che ha visto anche la presenza del

vescovo. In quell’occasione il ve-scovo ha voluto regalarci una bella riflessione sul ruolo di Maria...

Il pellegrinaggio - aggiunge Anna - si svolgerà seguendo questo programma: partenza da Casini alle ore 14 e da Vignole alle 14.15; arrivo al Santuario e recita del Santo Rosario salendo a piedi alla chiesa. Ricordiamo che chi ha difficoltà può salire direttamente con il pullman. Seguirà la visita alla Basilica. Al ritorno ci fermeremo a

Scarperia.La notizia del pellegrinaggio in

parrocchia ha suscitato già grande interesse: ci sono già tante iscri-zioni».

Se qualcuno volesse partecipa-re con mezzi propri per vivere un momento di comunione fraterna e di preghiera ai piedi della suggesti-va immagine della Madonna di San Luca può chiamare a questo nume-ro: 3383743206 (Anna).

dr AG.

PARROCCHIE DI CASINI E VIGNOLE

Pellegrinaggio al Santuariodi San Luca a Bologna

T

questo il titolo del Convegno vocaziona-le regionale che si è tenuto sabato 16 set-

tembre a Poggibonsi, organizzato dal centro regionale vocazioni ed ospitato dalla parrocchia di San Giuseppe.

Il convegno ha visto impegnati i responsabili diocesani della pa-storale vocazionale coordinati da monsignor Stefano Manetti nel proporre una giornata di riflessio-ne sulle tematiche vocazionali, an-che in vista del prossimo sinodo dei vescovi che ha come protago-nisti i giovani e il discernimento vocazionale.

Anche se il titolo del con-vegno poteva apparentemente trarre in inganno non ci siamo trovati davanti ad un congresso per preti suore e seminaristi, anzi è stata numerosa e fondamentale la presenza di tanti laici, giovani e meno giovani, tra cui anche alcune coppie di sposi, a testimonianza che le vocazioni, nella multiforme varietà dei carismi e degli stati di vita, nascono tutte dalla prima e fondamentale vocazione, quella battesimale ad essere uomini nuovi in Cristo, figli di Dio e per questo fratelli, perché figli dello

CONVEGNO VOCAzIONALE REGIONALE

Chiamati per chiamare

stesso padre.Un popolo di sacerdoti, re e

profeti.Anche gli interventi dei due

autorevoli relatori, hanno insistito su questa tematica sviluppandola e stimolando la riflessione ed il dibattito.

Monsignor Paolo Martinelli ofm cappellano vescovo ausiliare di Milano e specializzato in teolo-gia della vita consacrata, ha esor-tato alla luce della scrittura e dei

documenti del Concilio Vaticano II, a considerare come la vocazione battesimale sia la sorgente da cui scaturiscono tutte le altre voca-zioni specifiche. In un’epoca “an-tropologicamente impertinente” in cui anche l’uso stesso della parola vocazione è spesso snaturato e secolarizzato il ritorno alla radice battesimale ci deve condurre a riscoprire quella che Gaudium et Spes chiama la vocazione ultima dell’uomo; Cristo ci rivela la no-

stra “altissima vocazione” quella alla santità, alla “pienezza dell’amo-re” richiamata nel capitolo quinto della Lumen Gentium.

Quel cammino che consente all’uomo, per dirla con i padri del-la chiesa, di diventare per grazia come Dio è per natura. (Massimo il confessore)

Nella relazione di padre Ame-deo Cencini, noto psicologo e psicoterapeuta, docente presso l’università salesiana di Roma, i

È partecipanti sono stati guidati in una riflessione sulla metodologia di come fare la “proposta voca-zionale”.

Padre Cencini ha presentato una proposta pedagogica e pasto-rale che prendendo avvio dalla dimensione del desiderio, anche se in un orizzonte sociale in cui predominano una certa “allegria alle scelte” ed una ormai radicata “cultura dell’indecisione” cerchi di valorizzare la “sensibilità” come desiderio di cercare e di mettersi in ascolto di qualcuno che possa aiutarci a cercare.

Intervenire sulla sensibilità in tutte le sue varie declinazioni (intellettuale-veritativa, teologico-spirituale, orante-obbedienziale, etico-morale, redentivo-relazio-nale, umana-cristiana, fiduciale -decisionale) diventa la vera sfida per l’animatore vocazionale chia-mato a “suscitare sensibilità” che diventa poi attenzione formativa ai bisogni dei nostri giovani.

In un mondo in cui spesso e volentieri si vive senza vocazione l’annuncio che Dio ti chiama e quindi che Dio ti ama diventa par-te fondamentale del nostro an-nunciare e testimoniare il vangelo.

Alessio Bartolini

sessuale esiste in quanto tale solo se rimane entro una certa misura. Ciò comporta che l’overdose di sesso si ritorce contro il suo esse-re un dono di Dio ed un bene per l’essere umano e diviene causa di noia e di repulsione. Così il sesso va contro il bene dell’uomo.

Su questo tema in Amoris laetitia c’è chiarezza ed equilibrio. Forse, se queste riflessioni appa-iono nuove, la colpa è anche della nostra pigrizia, di noi come par-rocchie, movimenti, gruppi di spi-ritualità coniugale, perché spesso andiamo avanti senza il desiderio di capire meglio e di interrogarci in profondità.

Paola e Piero Pierattini

“L’Opera dei Tabernacoli”

riaprei battenti

“L’Opera dei Tabernacoli” riapre i battenti lunedì 9 ottobre presso il Palazzo vescovile. Ri-comincia da questo mese la sua produzione gratuita di paramenti sacri per sacerdoti, arredi sacri e tovaglie per le chiese che ne faran-no richiesta in questo anno.

Le signore dell’associazione sono presenti nella sede del palaz-zo vescovile il lunedì dalle 15.30 alle 17.

INFO: Loretta 3290926042.

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924 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa comunità ecclesialeuando penso all’associa-zione Centro famiglia S. Anna il mio ricordo va a Tommasina Caselli Man-dorli a cui nel settembre

2002 mi rivolsi per riprendere il volontariato, iniziato al ginnasio, come tanti compagni di scuola, e proseguito fino quasi alla fine del secolo scorso. La sua risposta, pur affermativa, mi lasciò perplessa: “Chiedo al vescovo”. Fu così che iniziai il servizio al Centro, prima come volontaria della segreteria, poi come responsabile. Alla fine dello scorso giugno, è stata eletta presidente Chiara Romagnani Geri, da sempre nel volontariato: persona attenta, prepara-ta, disponibile.

Il Centro è una realtà piuttosto complessa. Fondato da monsignor Scatizzi il 13 maggio 1988, per pre-stare aiuto alla famiglia, ed ai suoi componenti, in difficoltà relazionale, composto attualmente da circa ottanta volontari, offre un servizio di segreteria aperto dal lunedì al venerdì, un servizio di consulenza familiare, un servizio psi-copedagogico, un servizio di consulenza legale tramite l’associazione civile dei diritti della famiglia, un servizio giovani. Il centro studi e documentazione sulla famiglia si occupa di ricerca per dare ri-sposte adeguate ai problemi causati dai mutamenti sociali e, per questo, chiede il contributo di ricercatori di università. I risultati di tali ricerche, oltre ad essere oggetto di studio e approfondimento

CENTRO FAMIGLIA SANT’ANNA

Il saluto di Vania PratesiPubblichiamo l’intervento della presidente del Centro, che lascia l’incarico

Qper i volontari, sono pubblicati e messi a disposizione della città.

Riguardo alla spiritualità si fanno incontri mensili da settembre a maggio e, annualmente, gli esercizi spirituali presso il Monastero Santa Croce di Bocca di Magra.

Il racconto delle attività e le riflessio-ni, compresi gli incontri mensile al centro S. Lorenzo di Quarrata, sono pubblicati

su “Dossier Famiglia” il semestrale cu-rato dai volontari del centro.

Tutti i servizi sono offerti gratuita-mente a scuole, parrocchie, associazioni e singole persone.

Ho vissuto un’esperienza profonda, che mi ha coinvolta e arricchita: mi ha fatto sentire viva, mi ha offerto amici-zia, mi ha fatto conoscere una realtà di servizio nella quale non si guarda

MOICA

Programma del prossimo

annoMercoledì 27 settembre alle 15,30, presso il Museo del ricamo (aule didattiche) in via Ripa del sale ci sarà il prossimo appun-tamento per tutti gli iscritti del Moica. In tale occasione sarà esposto il programma delle im-minenti iniziative, per continuare a concorrere alla valorizzazione di Pistoia capitale italiana della cultura, verranno distribuiti gli in-viti per l’importante convegno di inizio ottobre e l’ultimo numero di “Penelope”.L’attività del museo non si è interrotta durante l’estate per poter accogliere i numerosi turisti che lo hanno visitato ed apprezzato.

A QUARRATA

Psicologiae famiglia

Il Centro culturale “Sbarra” don Dario Flori per la serie “Incontri con la psicologia” presenta «La vita di coppia: per sempre… op-pure..» a cura di Sergio Teglia. L’incontro avrà luogo venerdì 29 settembre alle 21 presso i locali della ‘Civetta’ in via Corrado da Montemagno 3 a Quarrata. L’ingresso è gratuito. L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Quar-rata, è inserita nel programma uf-ficiale del ‘Settembre quarratino’.

festa!Raccontare la festa par-rocchiale di san Michele Arcangelo a Bottegone

è innanzitutto parlare delle persone, ragazzi prima, poi uomini, donne, non-ni, altrimenti tutto si ridurrebbe solo all’elencazione di un programma.

È raccontare gli ultimi 30-40 anni di vita di un paese, dove le cose diventano grandi perché tutti gli anni si ripetono, crescono, nuova gente si aggiunge ed insieme ripercorre quello che è stato per andare sempre più avanti.

È raccontare lo spirito che raccoglie tanti, non solo per la festa, ma tutti i giorni dell’anno.

La festa è il culmine del lavoro quotidiano di tanti gruppi che operano in parrocchia, una sorta di moderno sposalizio di Cana.

E forse è necessario ritornare pro-prio a Cana per comprendere questo spirito: perché durante il banchetto fra tutti i cibi indispensabili, acqua com-presa, è venuto a mancare proprio il vino? L’acqua è il necessario per vivere, ma il vino è gioia, è il frutto della terra trasformato dall’uomo, è la gioia della festa che viene da Cristo. Gesù trasforma l’ordinario in straordinario ed intorno non può essere che festa.

Abbiamo fatto tesoro di un dono, oltre 40 anni fa un giovane sacerdote venuto da Baggio ha saputo nell’irruen-za e caparbietà della sua giovinezza raccogliere una comunità di giovani che è cresciuta con lui. Pregare e fare, fare e pregare, incontri e scontri, ma gioia di stare insieme, condividere un Ideale. Erano gli anni 80, la Capannina e la Casa del popolo, stavano iniziando il loro declino strutturale ed ideologico, a Bottegone arrivarono la nuova scuola

e gli insediamenti popolari, in questo panorama una parrocchia vivace fu una ricchezza per tutti. Da questo ad organizzare qualche giorno di festa pri-ma della ricorrenza di San Michele Ar-cangelo, il passo è stato breve. Qualche giorno solamente alla buona con lucine, patatine fritte e poco altro negli spazi davanti alla chiesa perché la struttura è grande, ma datata aveva bisogno di manutenzione, di entrate. Marcello, af-fettuosamente Marcellino, pensa anche alla ristorazione come soluzione, vicino a noi la cucina di Badia a Pacciana è rinomata, a Masiano le serate danzanti durante la festa richiamano gente da tutto il vicinato. La festa acquista una sua struttura, vengono ristrutturati gli spazi dietro la chiesa, i teloni provvisori montati al bisogno sono sostituiti da strutture permanenti, si costruisce la cucina. Di pari passo si sviluppa un im-pegno più maturo che si diffonde come una sorta di malattia benefica ed ecco le donne addette agli antipasti tutti gli anni ritornano, come se spalmare le salse sul pane richiedesse una sorta di investitura e quel lavoro apparentemen-te ordinario acquistasse una splendida straordinarietà. Le donne dei crostini non sono più Lia, Renata… sono un gruppo riunito nel nome di Qualcuno, l’io che si fa noi, un noi che cerca la santità nella umana fragilità, con costanza, tutti gli anni ripete il rito come una promessa.

È scritto “sto alla porta e busso”, la festa è anche questo, partenze e ritorni, persone che vanno e ritornano, ma porte sempre aperte consapevoli che ciascuno dà liberamente quello che sente e giudicare non è prerogativa del cristiano. Ciascuno invita l’altro, come il tintinnare dell’immenso mazzo di chiavi di Gabriele, lui c’era soprattutto per

fare quello che agli altri non riusciva. Tutto questo e tanto altro è la nostra festa, è offrire momenti di riflessione ma anche di svago, è stare insieme trovarsi e ri-trovarsi per fare, ma anche semplicemente uscire di casa per una pizza. Quest’anno ricorre il centenario dell’apparizione della Madonna a Fatima pertanto abbiamo dedicato la nostra festa a Maria, invocando la sua materna protezione.

Abbiamo iniziato con una giornata di ritiro spirituale aperto a tutti. Guidati da Edi Natali si è riflettuto sul significato del servizio, abbiamo riscoperto insieme che il nostro servire è portare Cristo che è amore, è lui che dobbiamo servire a chi parteciperà alla nostra festa. Non portare solo cose ma dare con gioia. Tutti i giorni abbiamo un doppio programma, una prima parte prettamente religiosa, una seconda ricreativa e in quest’ultima due iniziative meritano attenzione: la prima il Sant’Angiolino d’oro che tutti gli anni viene attribuito a un personaggio che si è distinto per particolari meriti, l’altro momento è la serata musicale dedicata a Gabriele Lucarelli.

Senza però dimenticare gli appunta-menti sportivi come la “Marcia dei sette campanili” giunta alla cifra record della 34esima edizione e la serata dedicata allo sport, calcio e basket in particolare.La cucina è ottima e si distingue per i suoi risvolti etnici, senegalesi in partico-lare e l’inconfondibile pizza.Fare festa fa bene, fa bene l’armonia del lavorare insieme per preparare, fa bene poter offrire con gioia, fa bene partecipare a qualcosa che ci piace e fa bene assag-giare un piatto ben cucinato.

È un invito? Direi proprio di si! Vi aspettiamo.

Patrizia Beacci

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Festa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Bottegone

È LETTERA IN REDAzIONE

Lettera a don Massimo

Biancalanil 6 settembre del 2015, durante l’Angelus domenicale, il nostro amato Papa Francesco fece un appello a tutte le comunità reli-giose, i monasteri, i santuari e le parrocchie affinché accogliesse-ro almeno una famiglia di profughi.Tu sei stato, nel territorio pistoiese, tra i primi a rispondere a

questo invito, aprendo le porte della tua parrocchia a diversi migranti richiedenti asilo, ospitandoli amorevolmente con l’aiuto dei tuoi par-rocchiani, fornendo loro quanto necessario per vivere e attivandoti con grande impegno per favorirne l’integrazione.Tutto questo in piena adesione all’insegnamento del vecchio e nuovo Testamento che ci chiede di accogliere, assistere e prenderei cura de-gli stranieri e degli esuli.La nostra zona e i singoli gruppi che lo compongono condividono da tempo, con diverse iniziative e progetti ancora in essere, il tuo stesso impegno nell’accoglienza inclusione ed integrazione dei migranti, ben consapevoli che questa è la sfida di amore alla quale lo nostra chiesa è oggi chiamata.I fatti accaduti nei giorni scorsi e, in particolare, le offese gratuite e volgari rivolte contro di te da cittadini qualsiasi come da importanti esponenti del mondo politico, le gravi minacce di cui sei stato bersa-glio, hanno suscitato in noi scout profonda sofferenza ed indignazione.L’accoglienza, la condivisione, il far festa dopo una fatica, il rispetto per il prossimo e per chi non lo pensa come noi e l’aiuto ai più deboli che tu testimoni quotidianamente sono riferimenti importanti nel percorso scout che, come capi deIl’Agesci, ci sforziamo di proporre ai nostri ragazzi.A, nome di tutti i capi della zona Agesci di Pistoia, vogliamo quindi manifestarti, in questo difficile e doloroso momento, la nostra più profonda solidarietà e il nostro più sentito ringraziamento per quello che, insieme ai tuoi parrocchiani, fai e fate per i fratelli più deboli della famiglia umana.Con affetto e stima

Maria Veronica Sforzi e Claudio Curreliresponsabili della zona Ages I Pistoia

“l’orologio”, dove molto operatori sono disponibili anche nei mesi di luglio ed agosto quando la segreteria è chiusa, perché “c’è chi ha bisogno di aiuto”. Una realtà in cui, al di là dei propri limiti, si of-fre sostegno per aiutare a non soccom-bere di fronte alle difficoltà della vita, a non smarrirsi dinanzi ai bisogni e alle esigenze dei familiari, ai cambiamenti della società scossa da crisi economiche e sociali e da mutamenti profondi. È questo l’aspetto vero e profondo di una associazione dalle tante sfaccettature, occuparsi della fragilità umana: dare sostegno a persone che si trovano perse di fronte alle difficoltà della vita, prendersene cura, rassicurarle, aiutarle a divenire persone nuove. Questo è il modo di porsi di tutti, dai volontari della segreteria come degli operatori.

Grazie, grazie di cuore a tutti i volontari, agli operatori e collaboratori, a Stefania, a tutti i responsabili dei servizi, a don Paolo Palazzi e a don Diego Pancaldo per la loro disponibilità e attenzione; alle suore di Sant’Anna sempre pronte a darci una mano.

Grazie a monsignor Fausto Tardelli anche per il suo appoggio alla nuova presidente.

Un ricordo particolare a monsignor Simone Scatizzi per avermi accolta e a monsignor Mansueto Bianchi per il suo invito alla riflessione.

A Chiara il mio abbraccio ed augurio affettuoso di un servizio generoso com’è del suo animo.

Vania Pratesi

I

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10 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVita

gni anno, per più di 7 mesi, le aziende di Pistoia e Prato non lavorano per se stesse

ma per il fisco al quale devolvo-no, tra imposte nazionali e locali, una cifra esorbitante del proprio reddito totale: il 58,9% (Prato) e il 59,4% (Pistoia). Solo a ridosso delle ferie - il 2 e il 4 agosto - le imprese del territorio possono tagliare il traguardo del Tax free day e iniziare a concentrarsi sui propri introiti e sulla propria sopravvivenza. Ma quanto resta, dopo questa “stanga-ta” nelle tasche degli imprenditori? Dalla simulazione effettuata su un’impresa tipo - composta di 4

nnata nera per la pro-duzione di olio toscano ? A quanto sembra dalle prime indiscrezioni

sembra proprio di si.“A causa della siccità e del cal-

do eccessivo molto probabilmen-te quest’anno ci sarà un calo della produzione che potrebbe arrivare fino al 60% in meno rispetto allo scorso anno- ha detto il presi-dente di Confagricoltura Toscana Francesco Miari Fulcis. “

Secondo quanto emerso da un’indagine della Confagricoltura della Toscana condotta in tutte le province le cause di questo calo importante deve essere ricondot-to principalmente al lungo perio-do di mancanze di pioggia oltre ai notevoli picchi di calore registrati fin dalla tarda primavera per pro-seguire ininterrottamente fino

PRODUzIONE DI OLIO

Annata nera?A

comunità e territorio

HITACHI

Presentato Rock, il treno a misura

di disabile

A Pistoia la visita delle associazioni itachi Rail Italy e Trenitalia hanno invitato a Pistoia le asso-ciazioni delle persone con disabilità e dei consumatori per mostrare loro, in anteprima, il modello in scala reale del nuo-vo treno regionale Rock e confrontarsi con i progettisti e i

tecnici di Hitachi e Trenitalia. Alla visita erano presenti Marco Caposciutti, direttore Direzione Tecnica Trenitalia, e Maurizio Manfellotto, ceo di Hi-tachi Rail Italy. Il modello del treno sarà protagonista, a partire dal prossimo mese di ottobre, del road show che lo porterà in esposizione nelle principali piazze italiane. È stata l’occasione per condividere alcune caratteristiche tecniche, altamente innovative, del nuovo treno soprattutto in termini di sicurezza, accessibilità e comfort. Dal design esterno ai grandi e luminosi spazi interni, grazie a finestrini di lunghezza maggiorata; dalla collocazione delle postazioni per le sedie a rotelle nelle immediate vicinanze dei punti di entrata/uscita, così da minimizzare il tragitto all’interno del treno, alla presenza di un gradino mobile in corrispondenza delle porte per com-pensare il gap orizzontale tra banchina e veicolo; dall’elevata capacità di trasporto bagagli alle postazioni per le biciclette; dall’ampia area per eccedere al piano superiore al tecnologico servizio di informazione al passeggero. Rock costituisce un salto generazionale – si spiega da Hitachi Rail e Trenitalia - rispetto agli attuali rotabili doppio piano in servizio in Italia soprattutto dal punto di vista dell’affidabilità, del risparmio energe-tico e delle prestazioni tra cui un’accelerazione paragonabile a quella di una metropolitana.

H

O

ECONOMIA

Confronto tra i sindaci di Pistoia e Prato

su fisco e burocrazia PREVENzIONE SISMICA

9 milioni di europer interventi

sugli edificiAmesse al finanziamento regionale 327 domande.

Fratoni: «Sensibilità sempre maggiore su questi temi»ostenere gli interventi di prevenzione antisismica negli edifici privati: è questa la finalità del fondo da 9 milioni di euro che la Regione ha destinato alle aree considerate a rischio. Il bando con il quale si poteva accedere a questo finanziamento è giun-

to in dirittura d’arrivo proprio in questi giorni: sono state 672 le doman-de presentate per una richiesta complessiva di oltre 20 milioni di euro. Di queste, 327 sono state ammesse al finanziamento rientrando così nel budget previsto (esattamente 8milioni e 904 mila euro). «Il bando per gli interventi antisismici negli edifici privati, fortemente voluto dalla Regione, ha riscosso una grandissima attenzione nelle aree interessate, a testimo-nianza di come vi sia una sensibilità sempre maggiore su questo tema», ha commentato l’assessore regionale all’ambiente Federica Fratoni. «È chiaro - ha aggiunto - che un provvedimento di questo tipo non può essere esaustivo. Darà intanto una risposta efficace specie per gli edifici maggiormente esposti al rischio e poi, ce lo auguriamo, stimolerà tanti cittadini a rendere più sicure le loro abitazioni innalzando così il livello di sicurezza complessivo. Non si esaurirà qua d’altra parte, ma verrà ripro-posto nei prossimi anni». Le domande potevano essere presentate in 89 comuni toscani, ricadenti nella zona simica 2 e collocati nelle province di Arezzo, Grosseto, Firenze, Massa-Carrara, Lucca, Pistoia, Prato e Siena. Una priorità speciale, nell’ambito del bando, era stata poi riservata ai sette comuni della Valtiberina (Arezzo), destinatari di una quota pari al massimo del 20% del finanziamento. Secondo i dati provvisori (il pros-simo passo sarà l’approvazione definitiva delle graduatorie) la fetta più consistente delle domande ammesse a finanziamento è nelle province di Arezzo (116 domande ammesse, pari al 35% del totale), Massa-Carrara (98, pari al 30%) e Lucca (67, pari al 20%). Le richieste di contributo per interventi di rafforzamento e miglioramento sismico sono state esamina-te tenendo conto di criteri come: tipo di struttura, anno di realizzazione, pericolosità sismica del comune, superficie, occupazione giornaliera media, epoca di classificazione sismica, eventuali ordinanze di sgombero pregresse, eventuali vie di fuga.

S

alla fine del mese di agosto; tutto ciò ha impedito nella fase iniziale l’allegagione dei frutti inoltre le piogge tardive che hanno interes-sato solo una parte della Toscana non hanno purtroppo contribuito almeno fino ad ora a ridurre la cascola dei frutti specialmente per alcune varietà tradizionali.

“Le maggiori difficoltà – ha spiegato il presidente Miari Ful-cis – si sono registrate per le coltivazioni investite ad oliveto .” Nelle zone interne della Toscana e nell’area fiorentina sono previsti così dei cali di produzione stimati mediamente nell’ordine di circa il 60% rispetto alla normale pro-

duzione. Inoltre, in alcune zone centrali la situazione è ancora più grave in quanto si sono stimate perdite che possono arrivare fino al 70/80% .

A soffrire di più, come già ac-cennato sono le varietà Moraiolo e Leccino, mentre la varietà Fran-toio si è distinta mantenendo una certa resa.

“Nonostante tutte queste av-versità atmosferiche – ha concluso il Presidente Miari – la qualità dell’olio è certamente buona in quanto è praticamente assente al-meno per il momento il patogeno mosca olearia.”

Edoardo Baroncelli

delle zone più isolate, siamo inten-zionati a ridurre la Tari alle imprese situate in zone di montagna e ad introdurre agevolazioni alle aziende del centro storico. Inoltre, l’Imu è allo 0,1%, ma il bilancio è in equi-

librio delicato e il Comune è al limite. Per questo servono coraggio e grandi riforme strutturali. La sfida maggiore è riuscire a farcela senza chiedere altre imposte a cittadini e imprese».

Incontro a Villa Smilea di Montale promosso da Cna. Le aziende: «sette

mesi all’annolavoriamo per

pagare le tasse»di Patrizio Ceccarelli

operai come addetti e 50.000 euro di reddito d’impresa - presa a cam-pione dall’Osservatorio fiscale Cna in ben 135 comuni capoluogo italia-ni, a fine anno emerge che l’azienda avrà versato oltre 30.000 euro in imposte e resterà con un reddito di impresa pari a poco più di 20.000 euro, vale a dire circa 1.600 euro al mese. Una cifra assolutamente insufficiente a consolidare le attività e ad investire per modernizzarsi e crescere.

Questi, in sintesi, i dati relativi al nostro territorio presentati da Cna Toscana Centro agli oltre 130 par-tecipanti all’iniziativa «Comune che vai fisco che trovi», che si è svolta a Villa Smilea di Montale, dove, sui temi più spinosi per le imprese - fisco, Tari, burocrazia e evasione fiscale, si sono confrontati i sindaci di Pistoia e Prato, Alessandro Toma-si e Matteo Biffoni, la presidente di Cna Toscana Centro, Elena Calabria, il presidente nazionale Cna Daniele Vaccarino e il presidente regionale Andrea Di Benedetto, mentre i dati sono stati illustrati da Claudio Carpentieri, responsabile politiche

fiscali Cna nazionale. «Ai nostri soci, ogni anno – ha

ribadito la presidente di Cna Tosca-na Centro, Elena Calbria - servono ben 216 giorni per liberarsi dal “giogo” del fisco. Per 7 mesi l’anno le aziende lavorano per adempiere agli obblighi fiscali e nel 2017 devol-veranno in imposte varie il 58,9% (Prato) e il 59,4% (Pistoia) del pro-prio reddito totale».

«Altra tassa indigesta – ha pro-seguito Calabria - è l’Imu sui capan-noni, tassati per ben tre volte dallo stato e dagli enti locali. Una vera e propria beffa. Ecco perché tornia-mo a chiedere con forza provve-dimenti per rendere l’Imu pagata sugli immobili strumentali delle imprese completamente deducibile dal reddito d’impresa». Il sindaco di Prato Biffoni ha sottolineato che «occorre uniformare la burocrazia complessiva». Alessandro Tomasi, sindaco di Pistoia ha aggiunto che «sui rifiuti, abbiamo chiesto ad Alia un nuovo piano industriale per la raccolta e un progetto chiaro e sostenibile, senza cassonetti a vista. Inoltre per contrastare l’abbandono

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1124 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa comunità e territorio

Voi fate parte della no-stra comunità e avete raggiunto un traguardo importante guadagnato

con fatica e impegno. Per questo abbiamo deciso di fare una cerimo-nia pubblica di conferimento della cittadinanza italiana, perché è così che si celebra un momento tanto importante: in Sala Maggione, nel Palazzo comunale “casa” di tutti i cittadini, e alla presenza dell’ammi-nistrazione. Ed è così che sarà fatto durante il nostro mandato».

Queste le parole del sindaco di

Pistoia Alessandro Tomasi davanti alle tredici persone che hanno chiesto ed ottenuto la cittadinanza italiana con decreto del Presidente della Repubblica, e che pochi giorni fa, accompagnate da famiglie e amici, hanno fatto il giuramento in Sala Maggiore.

Una novità rispetto all’abituale procedura svolta negli uffici comu-nali alla presenza dell’ufficiale di stato civile.

«Una persona che risiede qui da almeno dieci anni, che non ha com-messo alcun reato né nel Paese di

origine né in Italia, che lavora e paga le tasse come tutti noi – ha dichia-rato il sindaco Tomasi – merita di vivere il traguardo della cittadinanza con un riconoscimento da parte dell’amministrazione. Per me – ha proseguito il sindaco – si è cittadini dal momento in cui si decide di rispettare la legge e di contribuire alla vita della comunità».

La cerimonia si è svolta in un clima di grande emozione da parte di chi ha ottenuto la cittadinanza – tutte persone di origine albanese - e delle loro famiglie.

MIGRANTI

A Pistoia cittadinanzaitaliana a 13 personeSindaco Tomasi, «per me cittadino italiano chi rispetta legge»

«

A PISTOIA

Anna Nigro,“La vita a regola

d’arte”…i miei quadri parlano di me e di chi mi sta vicino, parlano la lingua del cuore del pensiero e dell’amore» scrive la pittrice Anna Nigro, calabrese d’origine e pistoiese d’adozione, in apertura di un pieghevole di presentazione della sua arte pit-torica. Da autodidatta coltiva la passione per l’arte e la gra-

fica pubblicitaria, in tutte le sue forme espressive. La sua arte viene rite-nuta di raffinata abilità nel disegno e nella stesura dei relativi colori, con una personale espressività. Realizza opere di diverse for-me e genere, passando dal disegno al co-lore, ritraendo tutto ciò che la circonda che cattura la sua attenzione. Ogni anno i temi da lei scelti, secondo il suo istinto artistico, diven-gono soggetti di mostre per-sonali tra cui le più recenti “Le donne nel mondo”, “La vita in punta di piedi”, “I messaggeri”, “Tra cielo e terra… la tentazione”, “Un’emozione, un quadro”, tra le ultimissime “Insieme per l’Arte - il Se di 13” (colletti-va), per la maggior parte allestite nell’atrio del Tribunale di Pistoia. L’ar-tista è attiva non solo come pittrice, ma anche nel settore della grafica divenendo un punto di riferimento al riguardo per aziende ed attività ne-cessitanti di slogan pubblicitari. Molti dei suoi stessi dipinti vengono usati per creare loghi e gadgets personalizzati.Sensibile alle questioni sociali, ogni anno Anna Nigro offre varie opere e scenografie a sostegno delle attività di fondazioni e per finanziare pro-getti in Italia ed all’estero. Per seguirla nel suo percorso artistico pagina Facebook “Anna Nigro Artista”, per contatti: [email protected]; Riguardo alla mostra collettiva di pittura e scultura “Insieme per l’arte – il Se di 13” sempre nell’atrio del Tribunale di Pistoia, Anna Nigro ha espo-sto le sue opere insieme a quelle degli artisti Claudio Bellari, Peppino Biagioli, Elena Bini, Roberto Carradori, Annalisa Fusilli, Hanami, Orlando Poggi, Alessandra Sala, Liala Sigala, Lucia Simonini, Valerio Savino, Federica Zampini, con il patrocinio del Tribunale ed ingresso libero.

Leonardo Soldati

«

a spedalinese Nada Bal-di entra in consiglio co-munale ad Agliana dopo le dimissioni di Lucia

Salaris (già capogruppo del centro-sinistra nella passata Legislatura), formalizzate dall’ormai ex espo-nente del gruppo di maggioranza del Partito Democratico a causa di dissidi con il sindaco Giacomo Mangoni e la sua giunta.

Scorrendo la lista dei candidati al consiglio per il Pd alle elezioni del 2014, Nada Baldi è la prima per

preferenze, 52, tra coloro che non fanno parte dell’assemblea. Non si tratta del primo avvicendamento all’interno del consiglio in questa legislatura. Per quanto riguarda il gruppo Pd, Italo Fontana e Valenti-na Noligni, eletti nel 2014, si sono dimessi subito dopo le elezioni amministrative per ricoprire il ruolo di assessore, lasciando spa-zio all’ingresso di Giorgio Cheli e Alfredo Buscioni. Sempre nella maggioranza, a lasciare alla fine di febbraio 2017 è stata Silvia Banci,

alla quale è subentrato Andrea Acciai.

Gli avvicendamenti dall’inizio del mandato hanno riguardato anche i gruppi di opposizione: a dicembre 2016 Fabrizio Volterra-ni, unico esponente di Obiettivo Agliana, ha lasciato il proprio posto a Luca Benesperi; alla fine del mar-zo scorso, Maurizio Ciottoli, unico eletto per Fratelli d’Italia- Alleanza Nazionale, si è dimesso ed è stato sostituito da Fabrizio Baroncelli.

M. B.

L

in corso fino al 18 no-vembre a villa Stonorov di Pistoia, sede della Fondazione Vivarelli, la

mostra «Jorio Vivarelli e i grandi scultori italiani del suo tempo».

L’esposizione, che conta 44 opere di varie dimensioni, si dispiega a partire dall’eredità novecentista, rappresentata da opere di Fran-cesco Messina (1900), fino al più giovane Paolo delle Monache

(1969). Tra i due estremi anagrafici si inseriscono Marino Marini - a significare la genesi della forma pla-stica dagli etruschi alle avanguardie -, Agenore Fabbri, Emilio Greco, Lu-ciano Minguzzi e Giacomo Manzù.

MOSTRE

Vivarelli e i grandi del ‘900,da Manzù a Messina

A villa Stonorov fino al 18 novembre

È

AGLIANA

Nada Baldi nuovoconsigliere comunale

Floriano Bodini, qui presente con un’opera di raffinata e calligrafica superficie, ricorda, con il suo «rea-lismo esistenziale», la stagione «In-trarealista» che vide Vivarelli accan-to ad un’eletta schiera di scrittori ed artisti tra cui Novello Finotti, del quale è esposta una singolare lampada-scultura. Ancora Umberto Mastroianni, Piergiorgio Colombara, l’arcaismo strutturale di Salvatore Cuschera, e Augusto Perez, di cui tornano due suggestivi esempi del suo idiomatico percorso, tra gesta-zione della forma e onirici ricordi del mondo classico. Giganteggia su tutti la complessa Stoccarda di Ric-cardo Cordero, compenetrazione ed estensione di piani attraverso linee-forza di lontana ascendenza futurista. Non mancano le opere di Giuliano Vangi, Giuseppe Ma-raniello, Giuseppe Spagnulo, una terracotta misticheggiante di Michal Rosemberger e una testa di marmo in blocchi componibili di Pietro Cascella che omaggia la versatilità della materia grezza e l’arte di Modigliani. Chiudono il percorso il

quieto realismo della quotidianità di Giuseppe Bergomi, un elegante gruppo mitologico di Paolo Bor-ghi e la versione in bronzo della celebre Figura che cammina, scol-pita nel legno, nel 1933, da Pericle Fazzini, uno dei grandi scultori italiani del secolo scorso. Promossa dalla Fondazione Jorio Vivarelli e Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, in collaborazione con Nicola Loi - Studio Copernico (Milano), la mostra mette in libera relazione le opere del maestro Vi-varelli con una scelta antologica di primo piano nel panorama italiano del Novecento. Il progetto esposi-tivo, curato da Edoardo Salvi, Lu-ciano Caprile e Siliano Simoncini, e reso possibile dal fotografo Aurelio Amendola, realizza la poetica di 24 autori in un vocabolario di forme e volumi che si armonizzano con l’ambiente circostante, due ettari di parco ricchi di ulivi, ginepri e ippo-castani abbracciati alla casa-studio dello scultore dove prosegue l’alle-stimento.

Patrizio Ceccarelli

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12 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVitacomunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

a Pistoiese, anche quest’anno, ha puntato sui giovani e questi stanno facendo bene, almeno da quanto hanno dimostrato

in questo primo scorcio di campionato. Peccato che nell’incontro con la Pro Pia-cenza il ventiduenne Ferrari abbia perso l’occasione per migliorare il suo trend (tre reti nelle due precedenti partite), fal-lendo il terzo rigore, errore che ha dato fiato ed energie alla squadra lombarda, che è andata in vantaggio e ha tenuto a lungo il pallino del gioco. La Pistoiese, però, ha trovato nel diciannovenne Vrioni il salvatore della patria: ha firmato un gran gol evitando così la sconfitta. Biso-gna osservare che la squadra arancione si è espressa al di sotto delle precedenti partite: se è vero che ha giocato l’ultima mezz’ora su buoni livelli è anche vero che per un’ora è apparsa confusa, forse stordita dal rigore fallito, fatto sta che la squadra lombarda le è stata superiore. Il punto guadagnato permette comunque alla squadra di Indiani di restare nelle posizioni alte della classifica. Domenica ha in programma la trasferta di Livorno, contro un avversario tra i più forti del campionato, che punta con decisione a tornare in serie B. Nella squadra amaran-

to gioca Francesco Valiani, pistoiese doc, nato calcisticamente nelle giovanili della Pistoiese e in cui ha disputato anche tre campionati di C fino a raggiungere la se-rie A (Bologna, Parma, Siena). All’età di 37 anni è ancora un validissimo centrocam-pista, uno dei pezzi forti del Livorno.

Sono giorni di grande prospettiva, questi, per la The Flexx. La squadra sta parteci-pando a diversi tornei in preparazione all’imminente campionato, facendosi molto onore. L’ultimo successo l’ha raccolto a Lucca, dove ha vinto il trofeo Lovari battendo Pesaro in semifinale e Reggio Emilia in finale. Possiamo dire che il torneo lucchese è stato una specie di antipasto del campionato. Grande pro-tagonista è stato l’americano Mc Gee che ha terminato la gara contro Reggio Emilia con uno score straordinario: 37 punti (7/7 da tre!), 4 rimbalzi e 3 assist. Nonostante la squadra giocasse la quinta partita in una settimana, i ragazzi di co-ach Esposito hanno fatto vedere ottime giocate, dimostrando che possono affron-tare con grande fiducia il campionato. Il prossimo match è in programma sabato 23 settembre al PalaCarrara contro Siena per il ‘memorial Bertolazzi’.

er ripartire alla grande, un primo sponsor prestigioso: Autodemolizioni Dolfi. Uno dei nomi storici del calcio toscano, il Real Aglia-nese, il sodalizio che ha raccolto l’eredità

dell’Acf Agliana, ricomincerà dal campionato di serie D. Per prima cosa si è legato a un marchio doc: Autode-molizioni Dolfi. L’azienda di Canapale, infatti, ha deciso di supportare la società della Piana pistoiese, la cui dirigenza ha tosto ha comunicato i primi rinforzi per af-frontare la preparazione alla Coppa Toscana e al torneo di D appunto. Tra le giocatrici neroverdi ci saranno – per ora – almeno 5 volti nuovi: quelli di Naomi Panariello, centravanti classe 1995, Sara Mazzoni, universale del ’90, Veronica Mangoni, centrocampista classe 1987, Vir-ginia Biagini, esterno sinistro del ’96, e Denise Cecchi, jolly del 2002. “Panariello è una giocatrice rimasta purtroppo ferma per un po’ di tempo – la presenta il presidente/co-allenatore (con la confermata Caterina Di Costanzo) Armando Esposito –: un’atleta validissima, che potrà darci una grossa mano. Mazzoni è una calciatrice in grado di ricoprire più ruoli: vedremo quale affidarle. Mangoni una giocatrice in grado di dare sostanza alla linea mediana, mentre Biagini un interessante esterno sinistro e Cecchi una ragazzina che cercheremo di plasmare, ma che ha tanta volontà. Questo è l’inizio, poi ci saranno altri innesti nella rosa-giocatrici. L’obiettivo è disputare un’annata competitiva anche per regalare soddisfazioni allo sponsor Autodemolizioni Dolfi, che ci sta sostenendo con competenza, passione ed entusiasmo. Non era semplice aiutare lo sport, e in particolare il calcio donne, in questo particolare periodo, ma l’azienda pistoiese, con i fra-telli Cristina e Paolo, ha deciso di puntare su di noi e per questo la ringraziamo. Proveremo in tutti i modi a ripagarla, così come faremo con i nostri numerosi tifosi, che non ci hanno fatto mai mancare affetto e calore”. Stima e calore ricambiati da Cristina Dolfi (nella foto), per conto di Autodemolizioni Dolfi. “Siamo contenti di essere vicini a un club che ha contribuito a fare la storia del suo sport e che è lontano dal pallone-business. Il football femminile è solo ed esclusivamente passione, per que-sto è bello avvicinarsi e seguirlo”.

Gianluca Barni

CALCIO DONNE

Real, con autodemolizioniDolfi per rinascere

P L

spor t pistoiese

abato 23 settem-bre alle ore 17,30 nella chiesa di Vi-cofaro sarà pre-

sentata l’edizione Mondadori di don Milani Tutte le opere. Saranno presenti: Sergio Tanzarella, uno dei curatori e Valeria Milani Comparetti, nipote di don Lorenzo Milani e firmataria in collaborazio-ne con il curatore Federico Ruozzi della cronologia. Il volume raccoglie in due tomi tutti gli scritti editi e le pagine inedite di don Milani. I due libri dati alle stampe in vita: Esperienze pastorali, del 1958, che il Sant’Uffizio fece ritirare dal commercio (proi-bizione annullata da papa Francesco); Lettera a una professoressa, che uscì a firma della scuola di Barbiana un mese prima della sua morte. Accanto ad essi: l’epistolario privato e tutti gli scritti spar-si; gli articoli su quotidiani e riviste dedicati a scuola, istruzione, emancipazione e sfruttamento del lavoro; e le due lettere sull’obiezione di coscienza.

I due studiosi hanno saputo con rara sensibilità mettere in evidenza la stra-ordinaria umanità di una delle personalità più inte-ressanti del secolo passato. Riescono infatti, sia negli scritti che negli incontri, a il-lustrarne la spiccata capacità

S

Don Milani. La parola e la storiaPresentazione nella chiesa di Vicofaro di Tutte le opere

estremamente complesso e difficile interroga le coscien-ze di tutti coloro - sono ormai superate le distinzioni tra credenti e laici - che, aldilà di tante analisi e sterili teorie, vogliono impegnarsi e operare concretamente ispirandosi al suo insegna-

mento profetico. Al termine dell’incontro,

i rifugiati accolti nei locali delle canoniche delle chiese di don Massimo Biancalani a Vicofaro e a Ramini, offriran-no un’ apericena, ulteriore momento di incontro e di socialità: la risposta più valida ai violenti attacchi e agli episodi di intolleranza contro di loro e contro il sacerdote.

Mauro Matteucci

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Ricordo di due ragazzefucilate dai nazifascisti

nel 1944alla Macchia Antonini

I valore di varie generazioni si misura anche at-traverso il ricordo che viene riservato verso le persone sfortunate che persero la vita, affinchè il vivere nel nostro paese fosse migliore.L’Istituto Storico della resistenza di Pistoia

ricorda alla Macchia degli Antonimi domenica 24 set-tembre 2017 alle ore 16 le ragazze Giulia Giovannini e Luisa Biagi, fucilate dai soldati tedeschi.Il fautore di questa iniziativa è lo storico Prof. Fabio Giannelli, alcuni anni indietro.Saranno presenti alla cerimonia varie autorità, fra cui Roberto Barontini e il sindaco di Luca Marmo, rappresentanti dell’Ass. dei Bersaglieri e degli alpini, personale Pubbliche assistenze e ProLoco della zona, sarà suonato poi il silenzio fuori ordinanza. Sul cippo che ricorda le due vittime sarà deposta una corona di fiori.La gente di montagna è invitata a partecipare con questo orario, ore 16 alla Macchia Antonimi, ore 16.30 a Calamecca dove nella piazza principale dove saranno ricordate le diciannove vittime, fra cui donne bambini e anziani, anche queste fucilate dai nazifascisti.

G.D.

nella relazione educativa, che è innanzi tutto confronto e scambio umano nel senso più profondo. In quest’anno, il cinquantenario, di fronte ai pericoli di normalizzazione, hanno rimesso al centro della riflessione il messaggio e la persona di don Lorenzo nel suo autentico spessore di verità. Preziose sono ri-sultate le loro recenti opere arricchite di documenti ine-diti: Don Milani e suo padre carezzarsi con le parole (ed.

Conoscenza) di Valeria Milani Comparetti e la riedizione da parte di Sergio Tanzarella di Lettera ai cappellani militari e Lettera ai giudici (ed. Il Poz-zo di Giacobbe).

Dando la parola agli ultimi, don Milani li ha resi capaci sia di condividere l’eti-ca del vangelo sia di entrare nella storia, da cui erano, quasi per destino, esclusi. Ha dedicato loro la sua opera e la sua vita, fino agli attimi estremi, attraverso la scuola

come formazione al pen-siero critico, nella volontà che fosse allo stesso tempo valorizzazione della persona e presa di coscienza per trasformare la società. Voleva, come sacerdote e maestro, con il dono della parola, formare la responsabilità per un mondo più giusto e una storia più umana da costruire insieme, secondo i valori fondanti della giustizia e dell’uguaglianza. Proprio l’attuale passaggio storico

I

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1324 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa dall’ItaliaUN NUOVO CORSO PER L’ECONOMIA MONDIALE

Centrato sui cittadini non sui profitti”

e Nazioni Unite chiedono “un riequilibrio dell’eco-nomia mondiale che garantisca prosperità per

tutti”. In che modo? Dando priorità ai bisogni dei cittadini anziché ai profitti. Ponendo fine alle politiche di austerità e limitando le opportu-nità di rendita delle grandi imprese. Utilizzando il sistema finanziario per sostenere la creazione di posti di lavoro e gli investimenti in infra-strutture. È questa la ricetta per avviare un nuovo corso dell’econo-mia globale nel XXI secolo come auspicato dalle Nazioni unite nel Rapporto Unctad sul commercio e lo sviluppo 2017, intitolato “Oltre l’austerità: verso un nuovo corso per l’economia globale”, presentato il14 settembre nella sede di Radio Vaticana a Roma. Una presentazio-ne realizzata in maniera congiunta dall’Unctad – Organizzazione delle nazioni unite per il commercio e lo sviluppo – e dal dicastero per il servizio dello sviluppo umano inte-grale della Santa sede.

Una società piùinclUsiva per tUtti

In un video messaggio il card. Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello svi-luppo umano integrale, ha invitato a “non fare del denaro un idolo” e a “salvaguardare la dignità di tutti, an-che degli umili e dei poveri”. Apren-do l’incontro mons. Silvano Tomasi, nunzio apostolico e membro del Dicastero, ha detto che “il libero mercato non è auto-sufficiente ed

L

Dare priorità ai bisogni dei cittadini anziché ai profitti. Porre fine alle politiche di austerità e limitare le

opportunità di rendita delle grandi imprese. Utilizzareil sistema finanziario per sostenere la creazione diposti di lavoro e gli investimenti in infrastrutture

di Patrizia Caiffa

approssimarsi dell’appuntamen-to con le urne ha acceso i riflettori

sulla scelta dei personaggi che rappresenteranno le forze poli-tiche, singole o aggregate, nella competizione elettorale. Fino a poco tempo fa si sarebbe parlato semplicemente di leader, ma la prospettiva di andare a votare con un sistema proporzionale ha scardinato i meccanismi intro-dotti dal sia pur parziale e im-perfetto maggioritario all’italiana. In particolare l’idea che i partiti o gli schieramenti si dovessero presentare agli elettori con un candidato premier e che il voto avrebbe determinato sostan-zialmente la nascita di questo o quel governo, guidato dal capo della forza politica vincente. È quel che accaduto con i governi Berlusconi e Prodi. Quest’idea, per la verità, è andata in crisi già all’inizio di questa legislatura, nata senza che dalle urne fosse uscita una maggioranza definita

L’ POLITICA

Front man e dinamiche realiLa scelta degli uomini-bandiera è molto interessanteper quel che ci dice sulle trasformazioni dei partiti

di Stefano De Martis

in entrambi i rami del parlamen-to, e la crisi istituzionale che ne è scaturita si è riverberata persino sull’elezione del Capo dello Stato, con l’inedito secondo mandato del Presidente uscente, Giorgio Napolitano. Ma stavolta l’assenza di una maggioranza indicata dal voto non è solo un rischio con-nesso all’intrinseca incertezza del risultato in libere elezioni demo-cratiche, quanto l’esito prevedi-bile e abbondantemente previsto di un quadro politico che vede tre poli grosso modo equivalenti e di un sistema elettorale che fo-tograferà questo assetto. Persino nel caso in cui uno dei tre poli dovesse conquistare il premio di maggioranza che scatta alla Ca-

mera per chi raggiunge il 40%, al Senato non ci sarebbe alcun pre-mio per il semplice motivo che la legge elettorale in vigore non lo prevede.Se tale normativa non sarà mo-dificata, sarà un’impresa ardua mettere insieme una maggioranza sensata che sostenga un governo di coalizione in Parlamento. Il che metterà in primo piano le personalità capaci di aggregare consensi trasversali, piuttosto che i capi partito.Naturalmente in campagna elet-torale ogni forza politica correrà per sé e con il proprio front man, ma è bene che gli elettori abbia-no chiare le dinamiche reali che si prospettano per la prossima

legislatura. Detto ciò, la scelta degli uomini-bandiera è molto interessante per quel che ci dice sulle trasformazioni dei partiti. La novità di questi giorni è l’in-vestitura formale di Di Maio nei Cinquestelle. Bisognerà vedere in concreto che cosa questo signifi-cherà per il movimento, a comin-ciare dai rapporti con Grillo e Casaleggio. In casa Pd, nonostante Renzi abbia avuto un’investitura popolare con le primarie, i giochi sembrano tutt’altro che fatti per i crescenti consensi del premier Gentiloni. Nel centro-destra Berlusconi e Salvini prendono tempo. Per loro, ma non solo, se ne riparlerà probabilmente dopo le elezioni siciliane.

Cina e India, hanno mantenuto buoni tassi di crescita oggi corrono rischi significativi: “I livelli di debi-to continuano a salire e ci sono preoccupazioni legate all’instabilità politica, al calo dei prezzi delle ma-terie prime, ai tassi di interesse e ad un dollaro più forte sui mercati monetari”. L’autore principale del Rapporto Richard Kozul-Wright mette in evidenza le due grandi tendenze socio-economiche degli ultimi decenni: “L’esplosione del debito e l’aumento della ricchezza delle super-elite”, ossia l’1% della popolazione, collegato alla “derego-lamentazione dei mercati finanzia-ri”. Disuguaglianza, indebitamento e instabilità, secondo l’Unctad, “rischiano di compromettere il nostro futuro”. Perciò è necessario “un nuovo accordo globale per costruire economie più inclusive e attente alle popolazioni”, anche con un Piano Marshall per l’Africa come proposto dalla Germania. Una idea ben accolta dall’Unctad ma che “per il momento manca del neces-sario sostegno finanziario”.

robot minacciano posti di lavoro, ma solo in paesi ricchi

“I robot minacciano di distrug-gere posti di lavoro sia nei Paesi industrializzati che in quelli più avanzati fra le economie in via di sviluppo. Ma come tutte le nuove tecnologie presentano anche delle opportunità”. Lo dichiara Mukshisa Kituyi, segretario generale dell’Un-ctad. Il rapporto chiede di adot-tare “politiche industriali digitali in modo da mettere la robotica al servizio di uno sviluppo soste-nibile ed inclusivo”. I compiti più routinari in lavori ben retribuiti nel settore manifatturiero e nei servizi saranno infatti, via via, assegnati a robot. Anche se “la maggior parte dei posti di lavoro nei paesi in via di sviluppo non è sotto minaccia immediata – osserva il rapporto – vi è il rischio che in futuro l’atti-vità produttiva possa concentrarsi ulteriormente nei centri di pro-duzione, aumentando il divario tra chi sta beneficiando dell’uso dei robot e chi invece no”. Nonostan-te l’entusiasmo intorno a queste

nuove tecnologie oggi l’uso di ro-bot industriali nel mondo “rimane piuttosto ridotto e ammonta a meno di 2 milioni di unità”.

Sono più nell’industria auto-mobilistica, elettrica ed elettronica: la metà in Germania, Giappone e Stati Uniti “ma la Cina ha quadru-plicato il proprio stock di robot dal 2010 e la Repubblica di Corea ha il maggior numero di robot per operaio a livello mondiale”.

I Paesi più esposti all’automa-zione sono dunque quelli “con un settore manifatturiero grande ed ad alto reddito”. Per evitare ulte-riori disuguaglianze nella distribu-zione del reddito l’Unctad suggeri-sce di “legare gli utili dei dipenden-ti alla redditività dell’impresa”.

più donne lavorano ma meno “bUoniposti di lavoro”

Alle donne sono ancora precluse le migliori opportunità lavorative nonostante il tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro sia in crescita. Lo denuncia il rapporto Unctad. Questa “se-gregazione di genere – secondo il rapporto – è legata alla sempre più limitata offerta di ‘buoni po-sti di lavoro’ rispetto all’offerta complessiva”. Alla base di queste difficoltà ci sono “le scelte ma-croeconomiche a livello globale, i progressi tecnologici e il cam-biamento strutturale in atto”. Se-condo l’Unctad l’esclusione delle donne dalle migliori opportunità lavorative contribuisce “all’incre-mento della disuguaglianza”, all’au-mento dei conflitti di genere, con ricadute sulla crescita economica. “Facilitare l’accesso delle donne ad una occupazione lavorativa di qualità – conclude il rapporto – è di cruciale importanza”. Suggerisce perciò di “incrementare gli investi-menti in infrastrutture sociali che consentano di conciliare il lavoro retribuito con le responsabilità domestiche”.

potere e profitti solo in poche mani

Nel mondo cresce ulte-riormente la disuguaglianza dei redditi perché aumenta il peso di un settore finanziario “non debitamente controllato” e per la concentrazione del potere e dei profitti nelle mani di poche imprese “vincitrici”, soprattutto nei settori farmaceutico, mass media, tecnologie di comunicazio-ne. Negli ultimi anni, ad esempio, “la capitalizzazione complessiva del settore bancario è più che raddoppiata rispetto agli anni ’90” e il peso del settore bancario in molti Paesi avanzati è “nell’ordine dei cento trilioni di dollari”. Anche nelle economie in transizione e in via di sviluppo “vi sono picchi al di sopra del 200% del Pil”. Nello stesso tempo le grandi aziende “sono ormai diventate in grado di alterare le regole del gioco a loro beneficio e di aumentare progres-sivamente i profitti”.

Tra il 1995 ed il 2015 i profitti “in eccesso” delle “vincitrici” sono cresciuti dal 4 al 23% dei profitti totali per tutte le imprese e dal 19 al 40% per le imprese maggio-ri. Però, a fronte di un controllo sempre maggiore dei mercati “la loro quota occupazionale non è aumentata proporzionalmente”.

ha bisogno di essere inserito in una cornice morale”. “Quest’anno il rapporto incoraggia il passaggio da una società orientata verso il profitto a una società orientata alla persona, in linea con il magistero sociale della chiesa”, ha affermato: “L’inclusività è un tema centrale negli insegnamenti sociali di Papa Francesco”.

stop a politichedi aUsterity

Secondo l’Unctad l’economia globale nel 2017 si sta lentamente riprendendo ma la crescita do-vrebbe fermarsi al 2,6%. L’ostacolo principale alla ripresa “è l’austerità fiscale” portata avanti da 13 su 14 delle principali economie avan-zate prese in esame. Anche se le economie emergenti, comprese

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14 n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVita

arlare di corruzione nelle diocesi, nelle scuole, negli ospedali, nelle periferie o ad alti livelli. Per cam-

biare mentalità e comportamenti di “corrotti e corruttori”, che spesso non si rendono conto di esserlo. La lotta alla corruzione è una delle grandi sfide del pontificato di Papa Francesco. Nel mese di giugno si è già svolto in Vaticano un Dibattito internazionale sulla corruzione orga-nizzato dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, a cui è seguito un documento finale della “Consulta internazionale sulla giustizia, la corruzione e il crimine organizzato, le mafie” pubblicato ad inizio agosto, con linee guida per passare a gesti concreti. Tra queste, la possibilità di una scomunica ai mafiosi e ai corrotti. Nella Chiese locali già se ne inizia a discutere: il primo incontro sarà il 16 settembre nell’arcidiocesi di Monreale (Pa), con vari ospiti, tra cui il filosofo Vittorio V. Alberti, che ha scritto con il card. Peter Turkson – e la prefazione di Papa Francesco – il libro “Corro-sione” (Rizzoli).

Come si approccia a li-vello filosofico il tema della corruzione?

Significa comprenderne il rac-cordo con l’idea di giustizia e capire cosa avviene nell’uomo. Dare cioè una chiave antropologica della corruzione, ossia una prospettiva più culturale. La corruzione è una possibilità della vita molto radicale, è come il male. E va curata attraverso l’educazione e l’istruzione.

Da lì si può allargare a tutti i crimini che la corruzione genera. Spesso le persone non hanno idea che dietro al traffico di esseri umani o di organi ci sia dietro un fatto di corruzione. Dal punto di vista filo-sofico quello che mi sento di dire è che la corruzione è una forma

dall’italiaCORRUzIONE

“Cambiare i comportamenti,morali e intellettuali”

P Una sfida del pontificato del Papa è la lotta allacorruzione. Dopo il dibattito internazionale in

Vaticano, il lavoro continua con iniziative e proposte concrete per cambiare la mentalità delle persone

di Patrizia Caiffa

n un istituto tecnico di Rimini il preside pubblica nuove disposizioni in ma-teria di “dress code” per

gli studenti ed è subito polemi-ca. Tentare di fissare un codice che regolamenti l’abbigliamento degli studenti a scuola e, in generale, provi a puntellare i confini di quella che, in un tempo ormai vetusto, ve-niva definita “decenza” è oggi una operazione coraggiosa e compli-cata. Per farlo con equilibrio e con respiro pedagogico, senza cadere nel facile tranello del moralismo, occorre attraversare le tumultuose correnti della contestazione stru-mentale e della contemporanea pessima tendenza alla frammen-tazione del progetto educativo. È questo il caso in cui un argomen-to, apparentemente marginale, diventa invece paradigmatico di un atteggiamento sociale miope e gravemente lesivo. Al “comune senso del pudore” la prima batosta è arrivata tra gli anni Sessanta-Settanta quando spicconando le

I ADOLESCENTI

Il senso del pudoreEducare a questa sensibilità non è compito facile per la famiglia e per la scuola.

Oltre ai regolamenti sarebbe auspicabile aprire degli spazi di confronto e di riflessione.Ai giovani vanno portati solidi argomenti e non soltanto regole.

I semi germogliano sempre nelle menti fertili.A noi adulti il compito di misurarci col tempo dell’attesa e della saggezza

di Silvia Rossetti

ipocrisie dei moralismi, abbiamo perduto lungo la strada anche la capacità di percepire il senso del pudore come sentimento intimo e valoriale. Poi la bufera social ne ha fatto poltiglia. Il villaggio globale col suo tam tam stupra ormai quo-tidianamente i confini dell’essere umano, spesso andando a lederne la dignità ed esponendo il singolo all’occhio macroscopico e spietato del pubblico pagante. Qualcuno penserà: cosa c’entrano in tutto ciò la canottierina e il jeans strappato altezza natica dell’adolescente me-

dio? Ebbene: la miopia sta proprio in questa domanda. Sta in chi si solleva tra la pletora dei cosiddetti “benaltristi” e, agitando il dito, fa notare che la scuola ha “ben altri” problemi sui quali concentrarsi. Vero; ma è suo dovere dedicarsi anche a questi di problemi, perché assieme agli altri fanno l’ossatura di un unico progetto: la costruzione dell’essere umano e del cittadi-no. Il modo di vestire, di parlare e anche di relazionarsi agli altri di un adolescente è terreno di preziose opportunità educative.

Oggi l’eccessivo rilassamento dei costumi “passa” come l’esito di un cammino consapevole verso l’emancipazione e la legittimazione dello spirito creativo dell’individuo, ma si tratta di una falsa lettura. In realtà assistiamo un semplice “abbandono di campo” con tanto di bandiera bianca da parte dei principali enti educativi, che poi sfocia nella negligenza. Sappiamo bene che gli adolescenti, pur riven-dicando l’indipendenza personale, in realtà tendono ad adattarsi e a imitare. Vestono in un certo modo

di ideologia nella quale uno crede e si sente nel giusto. Ma non si pone neanche il problema morale se sia giusto o meno. Anche il clericalismo è una forma di corruzione del mes-saggio evangelico: divento idolatra dell’istituzione ecclesiastica e mi per-do l’orizzonte verso cui l’istituzione guarda, cioè Dio. Perdo la libertà e la ricerca complicata di Dio. Questo vale anche per chi non è credente: si può avere una idolatria dello Stato o della società, e perdere le possibilità di avanzamento dello spirito.

Purtroppo nella società emerge un sentire che legit-tima piccoli comportamenti di corruzione perché – dicono – “politici, amministratori, banche, assicurazioni… tutti rubano”. Come si contrasta-no questi atteggiamenti?

Nel momento in cui ci sono episodi che logorano la vita civile, individuale e collettiva, si interviene con la politica, con le leggi, con la repressione. Ma il problema gravis-

simo e difficile da risolvere è quello della mentalità e della cultura. Oggi è fondamentale attivare modelli di comportamento: in politica, nelle professioni e in qualunque ambito deve emergere una condotta seria, non solo dal punto di vista morale ma intellettuale.

Quindi “corrotti e corrut-tori” non si rendono conto di esserlo?

Sì questa è la questione: il cor-rotto o il corruttore sono persone che generalmente si credono più svegli degli altri – Papa Francesco parlava di “trionfalismo” -, ossia as-sumono quella specie di superbia o spocchia per cui, se si è all’interno di questo circuito mentale, ci si sente più intelligenti e più in contatto con la vita reale. Dietro c’è una visione dell’essere umano pessimistica: il mondo non cambia, l’umanità è pessi-ma, per sopravvivere devi essere così. Non c’è speranza. È una condizione radicalmente anti-cristiana.

Perché siamo così in Italia?È una questione che parte dal

Medioevo, dalla diffidenza verso le istituzioni e l’individualismo legato ad una sorta di paura nei confronti della sfera pubblica. Anche le mafie hanno una radice culturale seria. Si credono nel giusto, perché in origine c’era stata l’invasione da parte del Nord Italia. Sono tutte ragioni che andrebbero studiate. Corruzione deriva da cum-rompere, rompere insieme, cioè un corpo in natura che si logora. In fisica si dice che il corpo si corrompe e si usa la stessa parola per indicare la “bustarella”. Perché è in atto un processo di corrosione: vengono meno i principi fondamen-tali della convivenza e dell’educazione individuale.

L’anno prossimo ci sarà un nuovo incontro in Vaticano?

Speriamo di sì. Importante è ave-re gli input dai membri della Consulta e tenere in piedi il tema, che è un cavallo di battaglia del Pontificato. Se Papa Francesco ne parla così tanto vuol dire che la questione è globale ed è gravissima. Noi dovremmo cer-care di spiegare cos’è la corruzione e dare la misura della gravità fornendo delle chiavi di uscita.

La sfida di Papa Francesco è immane: cambiare menti e comportamenti. Quali saran-no i prossimi passi?

per sentirsi parte di un gruppo ed essere accettati, per non incappare in critiche che non sono in grado di affrontare. La trasgressione fine a se stessa è soltanto una scorcia-toia, che nulla a che vedere con la reale emancipazione. E il pubblico decoro deve poter essere un “sen-timento comune e condiviso” in una società che abbia l’ambizione di essere davvero sostenibile e paritaria, rispettosa della sfera intima degli individui. Il pudore, considerato come sentimento, ha un valore inestimabile, custodisce il nostro io profondo e lo preserva nel momento più delicato, quello della crescita. Educare a questa sensibilità non è compito facile per la famiglia e per la scuola. Oltre ai regolamenti sarebbe auspicabile aprire degli spazi di confronto e di riflessione. Ai giovani vanno portati solidi argomenti e non soltanto regole. I semi germogliano sempre nelle menti fertili. A noi adulti il compito di misurarci col tempo dell’attesa e della saggezza.

Sì, è una sfida immane. Intanto dobbiamo aspettare che arrivino proposte ed idee. Aspettiamo in-dicazioni dalle Chiese locali e dai membri della Consulta. Il documento finale uscito il 1° agosto elenca i punti di lavoro che ci proponiamo di seguire. L’incontro di Monreale è la prima iniziativa organizzata da una Chiesa locale, ed è anche un luogo simbolico. Poi continueremo il lavoro sul territorio. E si dovrà ragionare in modo molto serio sul tema della scomunica ai corrotti – una proposta emersa dall’incontro e contenuta nel documento finale -, perché non è una questione semplice. Le vittime di tratta presenti all’incontro in Vaticano hanno già cominciato a proporre iniziative a livello di base: nelle periferie, nelle scuole, negli ospedali. Papa Francesco ha chiesto che le intenzioni di preghiera del febbraio 2018 siano dedicate alla corruzione, nel ricordo di don Pino Puglisi, per fare un raccordo tra cri-mine organizzato, mafia e corruzione. Che non è un rapporto automatico perché dove c’è mafia c’è sempre corruzione, dove c’è corruzione non c’è sempre mafia. Con Libera ci sono in campo una serie di idee, probabil-mente realizzeremo iniziative con le scuole. Anche all’estero abbiamo avuto buoni riscontri, c’è attenzione e molta buona volontà. Speriamo si riesca ad andare avanti.

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1524 SETTEMBRE 2017 n. 33VitaLa dall’estero

prire un tavolo ne-goziale e accettare di farlo subito, sen-za aspettare che

la Corea del Nord smantelli prima il suo arsenale nucleare. La via negoziale richiede tem-po ma è l’unica in grado di far uscire dallo “stallo”, creato dal regime di Pyongyang, e dalla tensione generata ad arte dalle sue continue minacce. Abbiamo contattato Antonio Fiori, docente all’Università di Bologna di politica e relazioni internazionali del continente asiatico, grande esperto di penisola coreana, dopo il lancio di un missile che par-tito dalla Corea del Nord ha sorvolato l’isola giapponese di Hokkaido. È il secondo lancio sul Giappone in tre settimane, segno di una minaccia nucle-are sempre più prepotente.

Perché il Giappone?Prima di tutto perché è un

Paese vicino e si trova nell’or-bita che i missili nordcoreani possono tranquillamente rag-giungere. C’è poi anche un problema di odio conclamato e atavico che risale a quando i giapponesi hanno colonizzato la penisola coreana per 35 anni dal 1910 al 1945. E poi c’è una questione geo-strategica, nel senso che i giapponesi rimangono insieme ai sudco-reani i principali alleati storici degli Stati Uniti per cui colpire il Giappone significa minaccia-re gli Usa.

Un attacco nucleare da parte di Pyongyang comporterebbe una re-azione immediata della Comunità internazionale che implicherebbe una sconfitta totale per la Corea del Nord se non addirittura la sua scom-parsa dalle cartine ge-ografiche. A suo avviso, quindi, Kim Jong-un è un pazzo, un manager o un fine stratega?

Escluderei la possibilità che sia un pazzo. Se Kim Jong-un fosse uscito di sen-no, probabilmente un target l’avrebbe già colpito. Qui c’è una strategia vera e propria alla base delle sue azioni e non una volontà di suicidio.

Potrebbe essere un manager che sta mo-strando di essere in pos-sesso di armi nucleari di altissimo livello da piazzare sul mercato internazionale?

Questo è un po’ più dif-ficile. È vero che i nordco-reani portano in giro per il mondo materiale bellico, normalmente smontato, che deve poi essere assemblato

A

Intervista adAntonio Fiori,

docente di politicae relazioni

internazionali del continente asiaticoM. Chiara Biagioni

l discorso di Jean-Clau-de Juncker sullo Stato dell’Unione, pronunciato il 13 settembre davanti

al Parlamento europeo riunito a Strasburgo, va accolto con un forte plauso. Esprime un mix convincente di fierezza per quanto conseguito, di agenda per il presente e di ambiziose aperture per il futuro. In un tempo in cui il quadro geo-politico che circonda l’Ue è sempre più problematico, ove restano le gravi conseguenze sociali della crisi economica, tensioni e divisioni, il presidente della Commissione registra che il vento è cambiato, la corsa folle delle spinte popu-liste e dei nazionalismi pur non risolta si è arrestata, i dati della crescita economica e della riduzione della disoc-cupazione sono i migliori degli ultimi nove anni, aumenta la domanda convergente dei cittadini dell’Ue e delle forze sociali di più azioni, meno promesse e più risultati, più riforme, più futuro.Juncker afferma che bisogna accelerare sulla rotta che si è intrapresa. È l’agenda fissata a Roma per il 60° anniversario dei Trattati e che ruota intorno a tre chiavi: un’Europa che cura e protegge, un’Europa che investe e apre nuove opportunità, un’Europa più assertiva sulla scena interna-zionale. Mantenere la rotta accelerandone la realizzazio-ne significa una lista di misure legislative e di implementazio-

I L’EUROPA DI JUNCkER

Voltare pagina,oltre i populismi

Nel discorso sullo stato dell’unione il presidente della commissioneha espresso un mix convincente di fierezza per quanto conseguito,

di agenda per il presente e di ambiziose aperture per il futurodi Luca Jahier

ne per l’ultimo anno e mezzo prima delle elezioni europee. Parlamento europeo e Governi dovranno fare la loro parte. Questa rotta è davvero capace di corrispondere alle doman-de dei cittadini e dimostrare che l’Europa serve. Ma è la seconda parte del discorso di Juncker che merita maggiore attenzione: una appassionata visione per l’Europa. Perché se il vento è cambiato, bisogna cogliere questa finestra di fi-ducia per prendere il largo con decisione, fissando il quadro possibile di un’Europa più forte, più ambiziosa, più democratica, che guardi oltre le scadenze del 2019.La proposta del suo “sesto sce-nario” per il futuro dell’Europa, basato sui concetti fondamen-tali di libertà, eguaglianza e ruolo della legge, è una operazione politica di respiro. L’Europa è prima di tutto una comunità di valori e di destino, dove l’eguaglianza tra Stati, cittadini, lavoratori, consuma-tori ha delle implicazioni molto concrete. Dove l’Europa come

comunità di diritto, basata sulla forza della legge e dei suoi ordinamenti, non è una opzione “à la carte”, ma vincolo fondativo e generativo. Senza si ritorna alla legge della forza, all’erosione della democrazia e persino alla guerra.Con saggezza pratica, Jun-cker spinge per significativi avanzamenti istituzionali e democratici, ma li confeziona in pillole separate che possono essere realizzati senza passare tra le forche caudine di oggi improbabili cambiamenti dei Trattati. Ricordando i princi-pali: inclusione di altri Paesi nella zona Schengen, rilancio dell’allargamento ai Paesi dei Balcani, far sì che l’euro diventi davvero la moneta di tutti gli Stati Ue, trasformazione dell’Esm in un Fondo monetario europeo, passaggio a un unico Ministro europeo dell’economia e delle finanze, completamento dell’Unione bancaria. E ancora: aumentare la capacità decisio-nale dell’Ue con il passaggio al voto a maggioranza qualificato su nuove materie, realizzare

entro la fine del 2025 l’Unio-ne europea della difesa. Sono campi che possono cambiare in profondità l’Unione euro-pea, spingendola verso il suo necessario destino di maggiore integrazione e unità politica.Così lo stesso Juncker propone di osare una semplificazione dei Vertici Ue, con l’unificazione della Presidenza del Consiglio europeo e della Commissione europea e appoggia con deci-sione la proposta e di creare delle vere liste transnazionali europee alle prossime elezioni del Parlamento di Strasburgo per rendere l’Europa più “leggi-bile” e partecipata. Pone quindi una meta: il 30 marzo 2019, il giorno dopo l’uscita formale della Gran Bretagna, l’Europa a 27 si ritrovi in Romania per un Summit straordinario, per prendere decisioni chiare sul suo futuro. Tutto questo si deve preparare anche con un effi-cace allargamento del dibattito con la società civile europea. Lo strumento di Convenzioni de-mocratiche nazionali nel 2018 è una ipotesi suggestiva che

e completato. Non ci sono missili veri e propri che ven-gono trasportati verso Paesi amici della Corea del Nord. C’è della componentistica che viene smerciata verso alcuni Paesi mediorientali e africani.

Kim jong-un ha detto a Stati Uniti e Giappone: “Vi ridurremmo in cene-

re”. La minaccia è reale?No. Conoscendo la Corea

del Nord, c’è molta propa-ganda. Era stato dichiarato che l’obiettivo era Guam. Ovviamente l’isola non è stata colpita ma ci sono stati due lanci missilistici che hanno sorvolato il Giappone. La ten-sione si alza anche in questa maniera e l’ultima gittata del

missile ha lanciato svariati messaggi: possiamo colpire il Giappone; possiamo colpire la base Andersen di Guam, in territorio statunitense; stiamo portando avanti, e con una sempre maggiore acquisizione tecnologica, un progetto nucleare che ci pone come attore importante nel quadro internazionale della deterrenza.

Quindi dietro alle mi-nacce di Kim Jong-un, cosa c’è?

C’è una vera e propria strategia della tensione posta in essere da un paese che non vuole né vendere se stesso né costruire alleanze con altri Paesi che possano ergersi con lui contro l’ordine mondiale stabilito. La Corea del Nord sta dimostrando al mondo di stare per raggiungere una situazione conclamata di po-tenza nucleare missilistica e sta dicendo che non si fermerà fino a quando la

comunità internazionale non le riconoscerà lo status di potenza nucleare. Un gioco al massacro perché è ovvio che la comunità internazionale e, nello specifico, Washington non accetteranno mai le con-dizioni di Pyongyang. Se lo facessero, il passo successivo implicherebbe che Stati Uniti e Corea del Nord si confron-tino su base equa.

Chi sta vincendo al momento attuale?

Trump e la comunità in-ternazionale non sanno più che pesci prendere. Sanno che un attacco che sia totale o portato avanti con interventi chirurgici, getterebbe l’intera area orientale in uno stato di prostrazione assoluta. Ma sanno anche che non interve-nire presta il fianco al regime nordcoreano. Insomma, chi ne sta uscendo meglio è il regime norcoreano, che sta creando un diffuso stato di stallo a fronte del quale loro

COREA DEL NORD

La via negoziale, l’unica possibile

per uscire dallo stallo

continuano ad andare avanti con il gioco della tensione e migliorando del loro arsenale.

Che consiglio darebbe a Trump?

È chiaro che non sapendo come intervenire, gli Stati Uniti tengono aperto un am-pio ventaglio di opzioni. Gli direi che considero la posizio-ne degli Usa sbagliata nei suoi assunti di base. Attualmente la comunità internazionale sta chiedendo alla Corea del Nord di fermarsi, di sman-tellare l’arsenale nucleare, venire incontro alle richieste della comunità internazionale e, solo dopo aver accettato queste condizioni, di sedersi attorno al tavolo delle trat-tative. Sono però condizioni che Pyongyang non accet-terà mai perché una Corea del Nord completamente svuotata della sua deterrenza è un Paese che diventa un canarino davanti ad un aquila che la mangia. Credo allora che la situazione debba essere rovesciata anche a costo di cominciare il processo delle trattative accettando di farlo a partire da una sconfitta iniziale, e cioè senza imporre alla Corea del Nord uno smantellamento della deter-renza nucleare. Un processo di trattativa che una volta avviato potrebbe rappresen-tare una vittoria graduale e progressiva.

deve trovare una concretezza strutturale e operativa, per non restare solo annuncio. Restano però tre osservazioni critiche su questi scenari.Sull’Europa della famosa “tri-pla A sociale”: a tre anni dal lancio dello slogan, il Pilastro europeo dei diritti sociali resta un oggetto indistinto e non in-cardinato nei processi struttu-rali della governance europea.Sull’immigrazione e sulla ge-stione dei rifugiati siamo lungi da avere azioni incisive, dalle politiche dell’integrazione alla protezione delle persone di cui sono calpestati i diritti fondamentali a veri canali di immigrazione legale e concreti corridoi umanitari. L’omissione, infine, dell’orizzonte strategico dell’Agenda 2030 per lo svilup-po sostenibile è grave, quando l’Europa sarebbe oggi in grado di essere un vero campione, determinando il proprio buon futuro. Il 2018 sarà l’Anno eu-ropeo del patrimonio culturale e la cultura può diventare una grande forza propulsiva del veliero europeo, per convincere e far convergere. E sarà anche l’anno in cui entreranno nel vivo le discussioni sul prossi-mo bilancio settennale: tutti sappiamo che c’è bisogno di nuove risorse che oggi non ci sono. Dunque avanti, usando sempre le tre ragioni del suc-cesso europeo, a suo tempo evocate da Papa Francesco: la forza della visione, l’audacia dell’azione e la tenace pazien-za della tessitura.

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16 musica e spettacolo n. 33 24 SETTEMBRE 2017 LaVita

LaV itaSettimanale cattolico toscano

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er festeggiarne i 75 anni, compiu-ti in gran forma nonostante i gravi

problemi di salute che l’hanno torturata negli ultimi tempi, la Deutsche Grammophon ha messo sul mercato un box di 48cd, che raccoglie tutte le registrazioni eseguite per l’etichetta tedesca da Mar-tha Argerich, nata a Buenos Aires nel 1941 e tutt’oggi considerata la più grande pianista vivente. Basta ascol-tarla nei Preludi di Chopin o nelle Sonate di Schumann, compositore da lei amato più di ogni altro, e si resta folgorati non tanto dalla faci-lità d’esecuzione e nemmeno dalla bellezza adamantina del suono quanto da un senso di libertà che scaturisce da ogni singola nota che proviene dal suo strumento. Celibidache diceva che solo le persone libere possono fare musica: non so se si riferisse anche alla Argerich ma di sicuro questa definizione calza a pennello a questa interprete di sommo livello che, sposatasi tre volte (una con il direttore d’or-chestra Dutoit) con mariti da cui ha avuto altrettante figlie - una per ciascuno - è alla fine sempre tornata, per sua stessa ammissione, al primo e più totalizzante amore: il pia-noforte. Il quale, da autentica bambina prodigio, la portò a suonare al Colòn di Buenos Aires a dieci anni, a eseguire il Primo Concerto di Beethoven a otto e poi a conquistare i più importanti teatri del mondo. Ciò avveniva già a metà degli anni ‘50, quando Martha, emi-grata in Austria, aveva seguito per un anno e mezzo le lezioni di Friedrich Gulda e poi, qui in Italia, aveva partecipato ai corsi di perfezionamento che Benedetti Michelangeli teneva abitualmente ad Arezzo. Poi nel ‘65, dopo un temporaneo allontanamento dalle scene, necessario per recuperare le forze che dapprima assillano e poi sfiancano quella che Ar-gherich definisce “l’insoppor-

P MUSICA

Martha Argerich,la sacerdotessadel pianoforte

tabile solitudine del pianista”, trionfò al Concorso Chopin a Varsavia e da lì non si è più fermata. Da circa trent’anni tuttavia Martha predilige il repertorio concertistico e cameristico, non suona più in solitaria: troppa tensione, troppa ansia. Preferisce ese-guire Concerti per pianoforte e orchestra o condividere il palco con illustri colleghi per duetti, trii o anche per suo-nare a quattro mani, com’è successo nel recital, impresso su disco (e inserito nel cofa-netto), con Barenboim, arti-sta di natali argentini come lei, che Argerich dichiara di aver conosciuto a sette anni sotto un pianoforte in un momento in cui entrambi, non volendo più suonare, vi si erano andati a rifugiare. Il fatto, tuttavia, che nella sua discografia, proprio per que-sta allergia a suonare brani solistici, manchino i bachiani “Clavicembalo ben tempera-to” e “Variazioni Goldberg”, oppure che - omissione non meno dolorosa per l’ascolta-tore - siano del tutto assenti i due concerti brahmsiani, fa propendere qualche esperto più severo a non equipararla a grandissimi come Richter o Gilels. Per conto mio, l’anno scorso a giugno, in una piazza Duomo affollata da cinquan-tamila milanesi, ho avuto la fortuna di ascoltarla dal vivo in un religioso, quasi irreale silenzio. Sul palco lei, che sfoderava la celebre criniera leonina ma abbondantemente

del Concerto n°1, spalmate in vent’anni), Shostakovic, Bartòk e persino autori con-temporanei come Messiaen e Lutoslaswki. Le cose mi-gliori sono nel panorama romantico e tardoromantico mentre nell’agone concerti-stico svettano le prove con Abbado, direttore con cui Argerich ha intrecciato le pro-prie sorti nel lontano 1967. Le esecuzioni delle sonate per pianoforte e violino bee-thoveniane, insieme a Gidon Kremer, sono superbe mentre il violoncellista Misha Maisky compare più volte nelle Cello Sonatas, anche se il confronto con Rostropovich (qui anche direttore nel Concerto di Schumann) è improbo. Il box è impreziosito da un libretto trilingue informatissimo e con soddisfacente cronologia bio-grafica della Argerich. I fanatici del vintage saranno contenti di trovare sulle buste dei cd le copertine e retrocopertine originali degli lp. Purtroppo il costo in rete potrebbe essere schizzato alle stelle, quindi forse conviene pazientare o -non si scandalizzerebbe nes-suno- non guardare in faccia al risparmio e mettere mano al portafoglio. Ne vale la pena.

Un cofanetto di 48cd della Deutsche Grammophon

di Francesco Sgarano

eo (Adriano Gian-nini) è un uomo in fuga dal suo pas-sato, dalla famiglia

d’origine, dalle responsabilità salvo il suo lavoro di creativo per un’agenzia pubblicitaria dal quale non stacca mai la “spina”, mantenendosi presso-ché perennemente connesso con il mondo tramite tablet e cellulari in maniera compulsiva. Emma (Valeria Golino) invece ha perso la vista a sedici anni ma non ha mai permesso che la sua vita precipitasse nel buio, accettando l’handicap con la consapevolezza che ogni giorno sarebbe stato una battaglia da condurre. Fa l’osteopata, girando autonomamente la città avva-lendosi di un bastone bianco. Si è separata dal marito e Teo, brillante e scanzonato, sembra essere la persona giusta con cui concedersi una distrazione. Per Teo invece tutto nasce per gioco, Emma è diversa dalle altre donne finora incontrate, rimanendo allo stesso tempo attratto ed impaurito dal mondo di lei. Investiti quindi insieme di

T

una ventata di appagante legge-rezza, quest’allegria finisce per terminare bruscamente. Ognuno dei due torna alla propria vita, ma niente sarà più come prima d’ora innanzi. Film che convince “Il colore nascosto delle cose” del regista Silvio Soldini, merito in parte di Valeria Golino, con la messa in scena di una storia a rischio retorica grazie a tanta ma ben dosata sensibilità e delica-tezza, senza scadere in pietismo e superficialità dato il classico in-contro tra handicap e normalità, grazie al fatto di caratterizzare tanto i personaggi. Un mosaico di volti e storie ben composto, con cui Soldini torna sul tema dopo il suo documentario “Per altri occhi” che racconta le avventure quotidiane di un gruppo di non

vedenti, sapendo mediare tra ambizione espressiva e capacità di coinvolgere il pubblico nelle proprie scelte d’autore. Dopo vent’anni da “Le acrobate” Vale-ria Golino, adesso munita di lenti opacizzanti, torna a lavorare con il regista Soldini, mentre Adriano Giannini qui mostra una delle sue migliori interpretazioni d’attore.

Non è un racconto sulla cecità, è una passionale storia d’amore sottraendo la figura di Emma ai tradizionali cliché, cosicché il personaggio di Teo e gli spetta-tori che si identificano in lui non provano mai compassione per lei. Il film, con la fotografia di Matteo Cocco, è distribuito nelle sale da Videa.

UNA STORIA D’AMORE

“Il colore nascosto delle cose”

Un film di Silvio Soldinidi Leonardo Soldati

imbiancata, e la Filarmonica della Scala, invece sul podio Riccardo Chailly a dirigere il Concerto di Ravel. Potendola osservare sul maxi-schermo posto al centro della piazza ne ho scorto la straordinaria naturalezza nel padroneggiare la tastiera -talvolta persino nonchalance- e un’autorevo-lezza assoluta nel sorvegliare il direttore, tant’è vero che, in taluni passi, sembrava dirigere lei Chailly e non il contrario.

Il box in questione è uno scrigno prezioso per gli aman-ti del repertorio pianistico classico. Ci sono Mozart, Beethoven, Schumann, Brahms ma ci sono anche Prokofiev, Tchaicovsky (tre versioni