Draghi costretto a muoversi in un IL DOSSIER. L emergenza...

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3 @ MARTEDÌ 17 GENNAIO 2012 l a R e p u b b l i c a PER SAPERNE DI PIÙ www.ecb.int/ecb/html/index.it.html www.european-council.europa.eu Draghi costretto a muoversi in un campo minato: stretto tra le richieste dei Paesi in crisi e i falchi tedeschi L’Europa ETTORE LIVINI IL DOSSIER. L’emergenza debito L’EUROPA rischia di arrivare in ri- tardo all’appuntamento con la bat- taglia decisiva per la salvezza del- l’euro. Atene è sull’orlo del crac or- mai da due anni. Ma in 24 mesi Bruxelles non è riuscita a mettere assieme un arsenale adeguato alla potenza di fuoco della speculazio- ne. Il Fondo salva stati (Efsf) è allo stato un cannone con poche muni- zioni. E la sua efficacia è stata ridot- ta ulteriormente ieri dal taglio del rating da parte di S&P. L’Esm (Euro- pean Stability Mechanism) – desti- nato a raccogliere la sua eredità da luglio – è ancora una scatola vuota. Il rischio è che un evento improvvi- so come il default della Grecia – le Cassandre guardano con preoccu- pazione alla scadenza di 14,4 mi- liardi di bond ellenici il 20 marzo – possa cogliere il Vecchio continen- te in contropiede. Scatenando l’at- tacco finale alla moneta unica pri- ma ancora che l’Europa sia riuscita a mettere in campo il suo esercito. DUE ARMI SPUNTATE Efsf e Esm sono la fotografia più plastica dei ritardi della politica co- munitaria nella partita. La Germa- nia e i paesi del nord non vogliono mettere troppi soldi sul piatto per salvare le cicale continentali fino a quando i loro conti non saranno in sicurezza. Morale: i fondi salvastati sono due incompiute. L’Efsf nasce con 780 miliardi di garanzie Ue che avrebbero dovuto consentirgli di spendere 440 miliardi per difende- re l’euro. Il declassamento di Fran- cia e Austria però rischia di ridi- mensionare a 300 miliardi la sua di- sponibilità. Di più: oltre 46 miliar- di della sua dotazione sono stati usati per i salvataggi di Irlanda e Portogallo, 100 andranno alla Grecia. E i 150-250 mi- liardi residui servirebbero a poco se l’effetto domino della crisi travolgesse la Spagna o l’Italia. L’Esm, in teoria, potreb- be sparare qualche cartuc- cia in più. Gli Stati dovreb- bero capitalizzarlo con 80 miliardi, regalandogli una capacità di intervento sui mercati di 500 miliardi. Ma il suo decollo, a rate, è previsto da luglio. Quando la frittata dell’eu- ro potrebbe essere cosa già fatta. Mario Monti non a caso chiede da tempo di accelerare il varo dei due fondi e di potenziare di molto il loro arsenale. LE MOSSE DELLA BCE L’Europa politica, insomma, la- tita. Quella monetaria fa quello che può. Mario Draghi è costretto a muoversi su un campo minato, stretto tra le richieste d’aiuto dei paesi in difficoltà e i falchi della Bundesbank. La Bce ha provato a sparigliare le carte tagliando due volte i tassi di interesse e “regalan- do” alle banche 489 miliardi per sbloccare la drammatica crisi di li- quidità sul mercato. L’operazione ha funzionato solo a metà: gli istitu- ti di credito sono tornati a compra- re titoli di stato alle aste italiane e spagnole aiutando il calo dei rendi- menti. Ma non prestano soldi a im- prese e cittadini. I depositi sui conti correnti delle banche presso la Bce registravano ieri un saldo attivo re- cord di 493,4 miliardi. Come dire che tutti i quattrini girati loro da Su- permario sono parcheggiati presso l’Eurotower dove rendono solo lo 0,25%. Francoforte è stata costretta allora a riprendere gli acquisti di ti- toli dei paesi più deboli sul mercato. La scorsa settimana sono triplicati a 3,7 miliardi portando a 217 miliardi i Btp italiani e i Bonos iberici rastrel- lati da Draghi. Una strategia che fa già storcere il naso a Berlino. L’OPZIONE FMI Bruxelles ha provato a chiamare al suo fianco nella battaglia per l’eu- ro il Fondo Monetario, già interve- nuto in aiuto di Grecia, Irlanda e Portogallo. Ora però la Ue vorrebbe un salto di qualità, grazie a 150 mi- liardi girati all’Fmi grazie a prestiti bilaterali delle banche centrali con- tinentali. Lo scopo “politico” è con- vincere gli Stati Uniti e i Bric a fare la loro parte nella crisi dei debiti so- vrani mettendo a disposizione nuo- vi fondi per disinnescare il rischio di una recessione globale. Peccato che anche qui i tempi siano stretti e l’Europa (guarda un po’) sia in ritar- do: i finanziamenti per l’organizza- zione guidata da Christine Lagarde non sono ancora stati varati. SCADENZE A RISCHIO A preoccupare Bruxelles e Wa- shington sono le scadenze dei prossimi due mesi. Il dossier più pericoloso è quello di Ate- ne. Le banche hanno rotto i negoziati con la Grecia per il taglio al 50% dei loro crediti con il paese. Senza un’intesa in tempi rapidissimi (ci vuole al- meno un mese per implemen- tare lo swap sui titoli di stato do- po l’accordo) il governo ellenico rischia di non avere i soldi per ri- pagare i 14,4 miliardi di bond in scadenza il 20 marzo. Il mercato guarda con una certa preoccupa- zione anche alle aste dei prossimi due mesi di Italia e Spagna. Se i tas- si dovessero impennarsi la situa- zione potrebbe avvitarsi su se stes- sa. E l’Europa, orfana di armi credi- bili, si troverebbe a combattere la madre di tutte le sue battaglie a ma- ni nude. © RIPRODUZIONE RISERVATA Ritardi, armi spuntate, incubo Grecia e la moneta unica torna in bilico Ora serviranno più contributi per garantire i salvataggi Meno credito In alcune parti del sistema il credit crunch è già in corso. Serve tempo per gli effetti dell’azione Bce Le agenzie Bisognerebbe imparare a vivere senza le agenzie di rating o quanto meno imparare a fare meno affidamento I leader E' vitale che le decisioni dei leader europei sul fondo salva-Stati siano attuate tempestivamente A STRASBURGO Il presidente della Bce Mario Draghi è intervenuto ieri davanti al Parlamento europeo, a Strasburgo Il vecchio fondo salva-Stati viene ridimensionato, il nuovo non è ancora pronto. Si teme il default di Atene

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la Repubblica PER SAPERNE DI PIÙwww.ecb.int/ecb/html/index.it.htmlwww.european-council.europa.eu

Draghi costretto a muoversi in uncampo minato: stretto tra le richiestedei Paesi in crisi e i falchi tedeschi

L’Europa

ETTORE LIVINI

IL DOSSIER. L’emergenza debito

L’EUROPA rischia di arrivare in ri-tardo all’appuntamento con la bat-taglia decisiva per la salvezza del-l’euro. Atene è sull’orlo del crac or-mai da due anni. Ma in 24 mesiBruxelles non è riuscita a mettereassieme un arsenale adeguato allapotenza di fuoco della speculazio-ne. Il Fondo salva stati (Efsf) è allostato un cannone con poche muni-zioni. E la sua efficacia è stata ridot-ta ulteriormente ieri dal taglio delrating da parte di S&P. L’Esm (Euro-pean Stability Mechanism) – desti-nato a raccogliere la sua eredità daluglio – è ancora una scatola vuota.Il rischio è che un evento improvvi-so come il default della Grecia – leCassandre guardano con preoccu-pazione alla scadenza di 14,4 mi-liardi di bond ellenici il 20 marzo –possa cogliere il Vecchio continen-te in contropiede. Scatenando l’at-tacco finale alla moneta unica pri-ma ancora che l’Europa sia riuscitaa mettere in campo il suo esercito.

DUE ARMI SPUNTATE

Efsf e Esm sono la fotografia piùplastica dei ritardi della politica co-munitaria nella partita. La Germa-nia e i paesi del nord non voglionomettere troppi soldi sul piatto persalvare le cicale continentali fino aquando i loro conti non saranno insicurezza. Morale: i fondi salvastatisono due incompiute. L’Efsf nascecon 780 miliardi di garanzie Ue cheavrebbero dovuto consentirgli dispendere 440 miliardi per difende-re l’euro. Il declassamento di Fran-cia e Austria però rischia di ridi-mensionare a 300 miliardi la sua di-sponibilità. Di più: oltre 46 miliar-di della sua dotazione sono statiusati per i salvataggi di Irlandae Portogallo, 100 andrannoalla Grecia. E i 150-250 mi-liardi residui servirebbero apoco se l’effetto dominodella crisi travolgesse laSpagna o l’Italia.

L’Esm, in teoria, potreb-be sparare qualche cartuc-cia in più. Gli Stati dovreb-bero capitalizzarlo con 80miliardi, regalandogli unacapacità di intervento suimercati di 500 miliardi. Ma ilsuo decollo, a rate, è previsto daluglio. Quando la frittata dell’eu-ro potrebbe essere cosa già fatta.Mario Monti non a caso chiede datempo di accelerare il varo dei duefondi e di potenziare di molto il loroarsenale.

LE MOSSE DELLA BCE

L’Europa politica, insomma, la-tita. Quella monetaria fa quello chepuò. Mario Draghi è costretto amuoversi su un campo minato,stretto tra le richieste d’aiuto deipaesi in difficoltà e i falchi della

Bundesbank. La Bce ha provato asparigliare le carte tagliando duevolte i tassi di interesse e “regalan-do” alle banche 489 miliardi persbloccare la drammatica crisi di li-quidità sul mercato. L’operazioneha funzionato solo a metà: gli istitu-ti di credito sono tornati a compra-re titoli di stato alle aste italiane espagnole aiutando il calo dei rendi-menti. Ma non prestano soldi a im-prese e cittadini. I depositi sui conticorrenti delle banche presso la Bceregistravano ieri un saldo attivo re-cord di 493,4 miliardi. Come direche tutti i quattrini girati loro da Su-permario sono parcheggiati pressol’Eurotower dove rendono solo lo0,25%. Francoforte è stata costrettaallora a riprendere gli acquisti di ti-toli dei paesi più deboli sul mercato.La scorsa settimana sono triplicati a3,7 miliardi portando a 217 miliardii Btp italiani e i Bonos iberici rastrel-lati da Draghi. Una strategia che fagià storcere il naso a Berlino.

L’OPZIONE FMI

Bruxelles ha provato a chiamareal suo fianco nella battaglia per l’eu-ro il Fondo Monetario, già interve-nuto in aiuto di Grecia, Irlanda ePortogallo. Ora però la Ue vorrebbeun salto di qualità, grazie a 150 mi-liardi girati all’Fmi grazie a prestitibilaterali delle banche centrali con-tinentali. Lo scopo “politico” è con-vincere gli Stati Uniti e i Bric a fare laloro parte nella crisi dei debiti so-vrani mettendo a disposizione nuo-vi fondi per disinnescare il rischio diuna recessione globale. Peccatoche anche qui i tempi siano stretti el’Europa (guarda un po’) sia in ritar-do: i finanziamenti per l’organizza-zione guidata da Christine Lagardenon sono ancora stati varati.

SCADENZE A RISCHIO

A preoccupare Bruxelles e Wa-shington sono le scadenze deiprossimi due mesi. Il dossierpiù pericoloso è quello di Ate-ne. Le banche hanno rotto inegoziati con la Grecia per iltaglio al 50% dei loro crediticon il paese. Senza un’intesa intempi rapidissimi (ci vuole al-meno un mese per implemen-

tare lo swap sui titoli di stato do-po l’accordo) il governo ellenicorischia di non avere i soldi per ri-pagare i 14,4 miliardi di bond in

scadenza il 20 marzo. Il mercatoguarda con una certa preoccupa-zione anche alle aste dei prossimidue mesi di Italia e Spagna. Se i tas-si dovessero impennarsi la situa-zione potrebbe avvitarsi su se stes-sa. E l’Europa, orfana di armi credi-bili, si troverebbe a combattere lamadre di tutte le sue battaglie a ma-ni nude.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ritardi, armi spuntate, incubo Greciae la moneta unica torna in bilicoOra serviranno più contributi per garantire i salvataggi

Meno credito

In alcune parti delsistema il creditcrunch è già in corso. Servetempo per gli effettidell’azione Bce

Le agenzie

Bisognerebbeimparare a viveresenza le agenzie dirating o quanto menoimparare a fare menoaffidamento

I leader

E' vitale che ledecisioni dei leadereuropei sul fondosalva-Stati sianoattuatetempestivamente

A STRASBURGO

Il presidente della BceMario Draghi è intervenutoieri davanti al Parlamentoeuropeo, a Strasburgo

Il vecchio fondo salva-Stati vieneridimensionato, il nuovo non è ancorapronto. Si teme il default di Atene

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la Repubblica

LA CRISI FINANZIARIAPER SAPERNE DI PIÙwww.agenziaentrate.gov.itwww.governo.it

Tutti i dati sulle dichiarazionidei redditi 2010 pubblicati dalDipartimento delle Entrate

I guadagni denunciati da professionisti,commercianti, artigiani, prestatori diservizi di bassa o alta qualità

Tassisti, orafi e baristi quasi-poverila fotografia dell’Italia che evade le tasse

Il fisco

ROBERTO PETRINI

IL DOSSIER. Le misure del governo

Dentisti che guadagnano meno delleproprie infermiere. Proprietari didiscoteche e centri benessere chedichiarano «povertà» assoluta. E il«popolo delle botteghe», daldroghiere al parrucchiere, dalnegozio di abbigliamento allalavanderia, che resta inchiodato adun imponibile medio annuo di 19mila 500 euro annui. E’ la radiografiadelle dichiarazioni dei redditi deicosiddetti lavoratori autonomi chemostra un’Italia poco credibile alFisco. E’ quanto emerge dai dati del2010 pubblicati ieri dal Dipartimentodelle Finanze. Un quadro che arrivaproprio mentre l’Agenzia delleentrate e la Guardia di Finanza stannoconducendo la campagna d’invernocontro l’evasione, dal blitz di Cortinaalle indagini a tappeto sugli scontrini.

Le professioni

Liberalizzazioni, modifiche su tirocinio e notaile tariffe resteranno nei rapporti con lo StatoIn arrivo modifiche al decreto liberalizzazioni per quanto riguardai professionisti. Lo ha dichiarato il ministro della Giustizia, PaolaSeverino, ai rappresentanti di 20 ordini professionali incontratiieri al ministero. Sulle tariffe il ministro ha ricordato che già ora «lanegoziazione dei compensi è libera», mentre le tariffe degli ordinipotrebbero rimanere come riferimento per i giudici nei processi enei rapporti tra professionisti e pubblica amministrazione. I notaistanno trattando l’entità dell’aumento della pianta organica chenella bozza attuale dovrebbe crescere di mille unità in due anni.Severino ha aperto ad una revisione dei criteri o ad una riduzionedei tempi per questo intervento. Da rivedere anche le norme suitirocini che dovrebbero essere svolti, del tutto o in parte, durante ilcorso di studi universitari. «Non è all’esame alcun provvedimentodi abolizione degli ordini, né degli esami di stato. La nostrariforma mira ad una migliore qualificazione dei professionisti» haspecificato il ministro. Severino ha invitato i rappresentanti degliordini a portare proposte di riforma alle prossime riunionipreviste con cadenza settimanale.

ECCO la radiografia. Finalmente sappiamoquanto guadagnano le categorie oggi nel miri-no del Fisco perché non pagano le tasse: pro-fessionisti, commercianti, artigiani, prestato-ri di servizi di bassa o alta qualità. Dai ricchi no-tai, costretti a dichiarare tutto, ai dentisti chefanno la figura degli straccioni con un redditoimponibile lordo di 47 mila e 600 euro. Questiultimi vengono sonoramente battuti nella ga-ra della fedeltà al fisco dai gestori di pompe fu-nebri (48.700 euro lordi) e dagli attori (58.200euro). Ma è il mondo del commercio che con-ferma luoghi comuni e solletica gli accerta-menti dell’Agenzia delle entrate e dei militidelle Fiamme Gialle: l’imponibile medio lordo(cioè prima del pagamento delle tasse) dellacategoria è di soli 19 mila e 500 euro, più di mol-ti commessi e dipendenti. Un mondo di rice-vute fiscali che evaporano, di scontrini fiscalifantasma e di Irpef che va in fumo.

Con tempestività ieri il Dipartimento delleFinanze ha snocciolato fatturato e imponibilemedio di 3 milioni e mezzo di contribuenti chepagano le tasse con il sistema degli «studi disettore», una sorta di meccanismo automaticocui sono tenuti tutti i lavoratori autonomi chefanno ricavi sotto i 5 milioni, ma che tuttavia, avedere i risultati, non sempre è in grado di da-re una rappresentazione realistica della realtà.

Nel popolo del lavoro autonomo e delle par-tite Iva spuntano situazioni paradossali, comequelle dei gestori di discoteche, dei centri be-nessere e dei noleggiatori di auto che nel mo-dello unico del 2010 (relativo ai redditi dell’an-no d’imposta 2009) hanno addirittura dichia-rato un reddito negativo. Categorie che in me-dia, stando a questi dati, sarebbero in «rosso».

Ma al di là dei casi limite, la pancia dei con-tribuenti, soprattutto commercianti, proponedichiarazioni ben più magre di quanto ci siaspetterebbe: tra i 7.000 e i 14 mila euro annuidi imponibile lordo (sul quale si calcolano e pa-gano le tasse) figurano categorie come i com-mercianti di abbigliamento e calzature, gli ora-fi, i negozi di alimentari, le agenzie di viaggio,gli albergatori, gli acconciatori, i bar. Anche i

i dubbi restano. I notai si salvano: sono in pri-ma fila, costretti da sempre a dichiarare tutto,vantano un imponibile lordo anno di 310 milaeuro. Seguono i farmacisti con 109 mila euro, imedici con 68 mila euro di imponibile lordo ei consulenti finanziari con 38 mila euro. Ma de-cisamente bassi sono i redditi dei dentisti: gua-dagnerebbero in media 47 mila e 700 euro lor-di. Difficile da credere: vengono sonoramentebattuti persino da attori e registi che superanoi 58 mila euro.

Complessivamente, tirate le somme, il bi-lancio dell’intero comparto del lavoro autono-mo è deludente: i ricavi o compensi sono statiin media di 226 mila euro ma la media dell’im-ponibile è quella di modesto lavoratore dipen-dente: ovvero 28 mila e 400 euro.

tassisti, nel mirino per via dei provvedimentisulle liberalizzazioni, sono nella media: 14 mi-la e 200 euro di imponibile all’anno che pro-viene da un fatturato medio di 36 mila euro.

Il nodo per il commercio è anche un altro, edemerge dalla differenza tra il fatturato e il red-dito imponibile: l’intera categoria dichiara inmedia 343 mila euro di fatturato dal quale faemergere un imponibile medio di 19 mila e 500euro. Significa che in mezzo c’è un utilizzo deicosti, che vengono dedotti dai ricavi, assaimarcato e in qualche caso disinvolto.

A fare una figura migliore, almeno stando aidati diffusi ieri dal ministero dell’Economia, èla categoria dei professionisti, anche loro coltinel pieno di un braccio di ferro con il governoche li vorrebbe deregolamentare. In questo ca-so i redditi sono decisamente più alti anche se

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IL MINISTRO

“Non è all’esamealcun provvedimentodi abolizione degliordini”: la promessadel ministro dellaGiustizia, PaolaSeverino, aiprofessionisti

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la Repubblica

LA CRISI FINANZIARIAPER SAPERNE DI PIÙwww.cgiamestre.comwww.nomismaenergia.it

I sindacati Anisa e Figisc annuncianouna settimana di scioperocontro “le ipotesi di liberalizzazione”

Il governo punta ad aprire il mercatoall’ingrosso riducendo i vincoli diesclusiva con le compagnie petrolifere

Benzinai pronti alla serrata di sette giorniecco cosa serve per fare scendere i prezzi

I carburanti

LUCA PAGNI

IL DOSSIER. Le misure del governo

Se l’efficacia di unaliberalizzazione si misurasse sullareazione della lobby interessata,l’intervento allo studio del governoMonti sui benzinai sembra avercolto nel segno. I gestori cheaderiscono a Confcommercio hannoproclamato sette giorni di sciopero,ancora da definirsi. Sono contrari atutto: dall’abolizione dell’esclusivache obbligherà il gestore a rifornirsialmeno per il 20% dai grossisti aiself completamente automatizzati.Ma il fronte è spaccato. Una partedei gestori, legati a Confesercenti«guardano con interesse e speranzaalla liberalizzazione». Inparticolare, alla possibilità di potervendere anche generi non oil, cometabacchi e giornali, per aumentare iricavi e abbassare i prezzi. La concorrenza

Meno potere ai petrolieriper fermare i rincari alla pompa

Per aumentare la concorrenza, e quindiarrivare al calo dei prezzi alla pompa, ilgoverno non punterà sull’aumento dei puntivendita. Ma sul recidere i legami tra gestori egrandi gruppi petroliferi (con l’abolizione delcontratto di esclusiva) e sull’ingresso di nuoviattori (le compagnia saranno obbligate acedere un terzo dei distributori di proprietà).In questo momento, i distributori“autonomi” che si riforniscono dai grossistisono solo il 10% (erano il 6,3% nel 2008). Per aumentarne il numero il governo farà levasulla creazione di concorsi che gestiranno ipunti messi in vendita “per legge” e sullaspinta della grande distribuzione a entraresul mercato, fenomeno che in altri Paesi haportato a maggior concorrenza sui prezzi. Icentri commerciali (non a caso Coop ha giàun progetto per portare da 4 a 15 i suoidistributori in due anni) hanno tuttol’interesse a vendere carburanti a prezzo piùbasso per attirare clienti

Le Regioni

Troppi ostacoli dagli enti localiagli impianti alternativi

Tra le voci che gli esperti segnalano comeconcause per l’elevato prezzo del carburantein Italia non manca l’arretratezza della rete. Ilcui ammodernamento è stato a lungoostacolato sia dalla legislazione nazionale,ma soprattutto da quella delle Regioni.Inoltre, il fatto che ogni amministrazionelocale abbia delle regole tutte sue hacomplicato progetto su scala nazionale e ha,in qualche misura favorito, il lavoro dellelobby che hanno lavorato per lo status quo.L’apertura di distributori non legati allegrandi compagnie è stato sfavorito da normeche obbligavano il gestore ad aprire pompeper il gpl o il metano in caso di nuovi impianti.Il che non rende di certo vantaggioso, adesempio, per i piccoli operatori, puntare sucarburanti per cui sono necessari ingentiinvestimenti. Per non dire delle regioni chehanno imposto vincoli di sicurezza moltorestrittivi che hanno sfavorito l’apertura didistributori nei centri commerciali

L’Europa

All’estero si guadagnacon supermarket e servizi

Solo un anno fa i prezzi italiani dellabenzina si situavano in media al decimoposto tra i paesi dell’Eurozona. Con gliultimi aumenti, il pieno del serbatoio èora tra i più cari del Vecchio Continente,con una differenza che può arrivareanche ai dieci centesimi al litro. E questononostante la rete nei paesi come Franciae Germania abbia un numero didistributori che è la metà dell’Italia. Comeè possibile? In Europa, i gestori non sonolegati in esclusiva alle compagniepetrolifere e, soprattutto, da tempohanno puntato sulla grande distribuzionee sulle attività “non oil”. In Germania, peresempio, di notte è un classico andare acomprare, in caso di emergenza, cibi ebevande al chiosco legato al distributore.Grazie a queste attività — e con unerogato superiore a quello dei colleghiitaliani — i gestori degli altri Paesipossono giocare sulla leva del prezzo.

Il prezzo

Tasse e petrolio pesano al 90%ai gestori solo il 2,3% dei ricavi

Su un punto i gestori non hanno torto: non ècerto la quota dei loro proventi a pesaresugli aumenti dei prezzi, visto che pesa per il2,3% sia per la verde sia per il gasolio. Nellatorta che rappresenta i costi perl’automobilista, inutile dire che la fetta piùgrande è quella dello stato ingordo: traaccise e Iva, il peso su un litro di benzina èpari al 57%, mentre è un po’ meno per ilgasolio si scende, ma di poco, al 52%.Mentre la materia prima pesa,rispettivamente, per il 33 e il 38%. Unrapporto che si ribalta anche sugli ultimiaumenti, da un anno a questa parte: se ilpieno ci costa nettamente di più, gli aumentisono dovuti per l’80% alle accise che sonosalite a più riprese e per il 20% al fatto che ilbarile di greggio è tornato sopra i 100 dollari.Proprio per la rigidità della struttura delprezzo, il governo Monti ha deciso diconcedere ai gestori di diventare “venditori”anche di altri generi commerciali.

La rete

Razionalizzare l’offertatroppi 22 mila punti vendita

In Italia sono tantissimi, oltre 22mila puntivendita. E nonostante i tentativi dirazionalizzazione, dal 2003 al 2008,secondo i dati secondi dati Cermes-Bocconi, sono addirittura aumentati. Il self service è ancora poco sfruttato (innon più del 35% dei casi si pagadirettamente alla cassa dopo ilrifornimento in autonomia). Il problema èche per il 90% i gestori sono legati acontratti con i gruppi petroliferi e si devonoadeguare alle variazione dei prezzi decisidalle compagnie. E non avendo altre fontidi ricavi (le attività non oil sono ancoramolto limitate) la possibilità di incidere suiprezzi è ridotta al minimo. Laliberalizzazione del settore, non a caso, nonpunta sull’aumento dei punti vendita (anzi,sarebbe auspicabile una ristrutturazione)ma sulla possibilità di aumentare i fatturatiper consentire economicamente ai gestoridi abbassare i prezzi alla pompa.

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