Doveri Genitoriali eBook

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EDITORE I N V I C T U S EDITORE I N V I C T U S FLAVIO TOVANI DOVERI GENITORIALI POTESTÀ E RESPONSABILITÀ CIVILE FLAVIO TOVANI - DOVERI GENITORIALI, POTESTÀ E RESPONSABILITÀ CIVILE 1

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DOVERI GENITORIALI,POTESTÀ E RESPONSABILITÀ CIVILE

di Flavio Tovani

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SOMMARIO

PREMESSA 13

PARTE PRIMA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI VERSO I FIGLI 23

INTRODUZIONE 25

1. La responsabilità per violazione dei doveri genitoriali 271.1. Il contenuto dei doveri genitoriali e il loro rapporto con la potestà 271.1.1. Il dovere di mantenimento 311.1.2. Il dovere di istruzione 341.1.3. Il dovere di educazione e di assistenza morale 361.1.4. Il dovere di cura, di custodia e di correzione 381.2. I rimedi “tradizionali” alla violazione degli obblighi genitoriali 401.3. La responsabilità aquiliana per violazione dei doveri genitoriali 421.3.1. La tesi del danno-evento: Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2000, n.7713 421.3.2. La tesi del danno-conseguenza: Trib.Venezia, 30 giugno 2004 441.3.3. Un caso particolare: Trib. Lecce, sez. Maglie, 3 settembre 2008 461.3.4. Trib. Minorenni di Ancona, 3 ottobre 2008 481.3.5. La giurisprudenza successiva al “poker”

dell’11 novembre 2008: Trib. Messina, sez. I, 31 agosto 2009 502. La responsabilità per mancato riconoscimento di paternità,per riconoscimento non veritiero di paternità e per disconoscimentoa seguito di fecondazione eterologa 53

2.1. La responsabilità per mancato riconoscimento di paternità 532.2. La responsabilità per riconoscimento non veritiero di paternità 56

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2.3. La responsabilità per disconoscimento di paternitàa seguito di fecondazione eterologa 57

3. La violazione dei doveri genitoriali nella crisi familiare 593.1. La responsabilità del genitore per l’inadempimento

del dovere di frequentazione e di visita 613.2. La responsabilità del genitore affidatario che ostacola

i rapporti con l’altro genitore 623.3. La responsabilità del genitore che ostacola i rapporti con i nonni 653.4. Altre novità introdotte dalla l. 54/2006 673.4.1. L’art. 155-bis, 2° comma, c.c. 673.4.2. L’art. 709-ter, 2° comma, c.p.c. 683.4.2.1. Introduzione 683.4.2.2. L’ambito di applicabilità 703.4.2.3. La natura dei provvedimenti di cui all’art.709-ter,

2° comma, c.p.c. 723.4.2.3.1. L’ammonizione, la modifica dei provvedimenti

in vigore e il pagamento della sanzione amministrative 723.4.2.3.2. Il risarcimento del danno 743.4.2.3.2.1. La tesi della natura punitiva 753.4.2.3.2.2. La tesi della natura compensatoria e riparatoria 763.4.2.3.2.3. La tendenza giurisprudenziale 783.4.2.4. Questioni processuali e di rapporto fra norme 813.4.2.4.1. La competenza ad emettere i provvedimenti

ex art.709-ter c.p.c. 823.4.2.4.2. L’impugnazione dei provvedimenti emessi ex art. 709-ter c.p.c. 833.4.2.4.3. Il rapporto fra l’art. 709-ter c.p.c. e

gli artt. 709, ultimo comma, c.p.c. e 4, 8° comma, l.div. 854. Il diritto alla salute del minore e la responsabilità genitoriale 864.1. Esercizio della potestà e responsabilità nelle scelte sanitarie 864.2. Il “diritto a nascere sani” e la responsabilità da concepimento 905. La responsabilità da cattiva amministrazione del patrimonio del minore 935.1. L’amministrazione del patrimonio del minore e l’usufrutto legale 94

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5.2. Le conseguenze della cattiva amministrazione del patrimonio del minore 95

PARTE SECONDA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI PER GLI ILLECITIEXTRACONTRATTUALI DEI FIGLI 99

INTRODUZIONE 101

1. Breve profilo storico 1022. I “confini” fra l’art. 2047 e l’art. 2048 c.c. 1053. La natura e il fondamento della responsabilità ex artt. 2047 e 2048 c.c.: un’introduzione 108

4. L’art. 2047 c.c., 1° comma, c.c. 1144.1. L’ “incapace d’intendere e di volere” 1144.1.1. La nozione di incapacità 1144.1.2. L’onere probatorio 1174.1.3. Rapporti fra imputabilità e colpevolezza 1194.2. Il soggetto “tenuto alla sorveglianza dell’incapace” 1194.3. La prova “di non aver potuto impedire il fatto” 1225. L’art. 2047, 2° comma, c.c. 1266. L’art. 2048, 1° comma, c.c. 1286.1. I soggetti 1286.1.1. Figli non riconosciuti 1306.1.2.Affidatari e genitori adottivi 131 6.1.3.Il genitore “di fatto” 1326.1.4. La coabitazione 1336.1.4.1. L’allontanamento del minore dalla casa familiare 1356.1.4.2. Separazione e divorzio 1366.1.4.3.Allontanamento del genitore e separazione di fatto 1397. L’art. 2048, 2° comma, c.c. 139

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8. L’art. 2048, 3° comma, c.c.: la prova di “non aver potuto impedire il fatto” 144

8.1. Il rapporto fra culpa in vigilando e culpa in educando 1448.1.1. Dovere di vigilanza e culpa in vigilando 1468.1.2. Il dovere di educazione: dalla culpa in educando

alla responsabilità oggettiva, e ritorno 1509. I limiti degli artt. 2047 e 2048 1589.1. Il danno autoprocurato dal minore 1589.2. Il concorso dell’incapace danneggiato nella produzione del danno 16310. Il concorso di responsabilità fra soggetti 16511. Casi particolari: la responsabilità dei genitori

per le sanzioni amministrative 167

PARTE TERZA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI PER GLI INADEMPIMENTI CONTRATTUALI DEI FIGLI 171

INTRODUZIONE 173

1. Responsabilità genitoriale in applicazione delle regole generali 1732. Inadempimento contrattuale dei figli minori e incapaci 1743. Inadempimento contrattuale dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti 176

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PARTE QUARTA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN AMERICA MERIDIONALE 179

PREMESSA 181

SEZIONE I

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN CILE,URUGUAY, ARGENTINA E COLOMBIA 185

1. Una conferma sul rapporto fra potestà e doveri genitoriali e la differenziazione dei rimedi tradizionali 187

2.Altri rimedi per la violazione dei diritti dei figli 1893. L’applicazione delle regole generali della responsabilità aquiliana all’interno della famiglia: i casi uruguayano e argentino 190

3.1. La responsabilità per mancato adempimentodegli obblighi genitoriali, per abbandono e per violenza familiare 192

3.2. La responsabilità per mancato riconoscimento del figlio 1933.3. La responsabilità dei genitori in caso di separazione e divorzio 1953.4. La responsabilità per mancato riconoscimento del figlio

nato da fecondazione eterologa e per danno genetico 1964. La responsabilità per il fatto del minore incapace: gli artt. 2319 c.c. cileno, 2346 c.c. colombiano e 1320 c.c. uruguayano 197

5. La responsabilità per il fatto delle persone “que estuvieren a su cuidado”:gli artt. 2320 c.c. cileno, 2347 c.c. colombiano e 1324 c.c. uruguayano 198

6. La responsabilità dei genitori per “mala educación” e “hábitos viciosos”dei figli: gli artt. 2321 c.c. cileno e 2348 c.c. colombiano 203

7. La responsabilità dei genitori nel codice civile argentino 2048. Sistema del Código de Bello (e dei codici da esso derivati) e sistema italiano a confronto, tra colpa e funzione di garanzia 207

9. Il fondamento della responsabilità genitoriale nel Código de Belloe nei codici da esso derivati 209

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SEZIONE II

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN PERÙ 215

1. Genitori e minori nel diritto peruviano 2172. Inadempimento dei doveri genitoriali e violenza in famigliain Perù: introduzione 218

3. Inadempimento dei doveri genitoriali e violenza in famigliain Perù (segue): “indemnización” e Lex Aquilia 221

4. Il danno derivante dalla lesione del “derecho deber de comunicación” 227

5. “Danno genetico” e diritto peruviano 2286. La responsabilità dei genitori verso i terzi per fatto dei figli:codice civile italiano e peruviano a confronto 230

7. La natura della responsabilità ex artt. 1975-1976-1977 c.c. peruviano 233

SEZIONE III

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN BRASILE 239

1. Responsabilità endofamiliare e novità normative in Brasile 2412. Il diritto all’amore: la genitorialità da realtà biologicaa realtà socioaffettiva 244

3. Il danno da abbandono affettivo, fra dottrina e giurisprudenza 2454.Alienazione parentale e responsabilità civile: la Lei n° 12138/2010 2515.Azioni di filiazione e responsabilità 2526. Diritti del nascituro e responsabilità dei genitori 2547. La responsabilità dei genitori per fatto dei figli nel diritto brasiliano: dalla colpa presuntaalla responsabilità oggettiva per fatto altrui 255

8. La responsabilità dell’incapace legale: l’art. 928 c.c. brasiliano 2629. La solidarietà fra i soggetti di cui all’art. 932 c.c. brasiliano 265

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PARTE QUINTA

CONCLUSIONI 269

1. Le “sabbie mobili” della responsabilità dei genitori per l’illecito del figlio minore 271

2. L’art. 2049 a confronto con gli artt. 2047 e 2048: funzione di garanzia per fatto del terzo versus responsabilità per fatto proprio 275

3. Conseguenze della scelta fra responsabilità oggettiva e soggettiva 2774. Responsabilità ex artt. 2047 e 2048 ed evoluzione della potestà 2785. Il genitore fra l’“incudine” della responsabilità verso il figlio eil “martello” della responsabilità verso i terzi 280

6. Svantaggi della responsabilità oggettiva 2817. “Arché” comune ed “eleganza” di sistema della

responsabilità genitoriale: fra tradizione ed innovazione 283

BIBLIOGRAFIA 285

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PREMESSA

La possibilità di unire il diritto della responsabilità civile con quello difamiglia è un’acquisizione piuttosto recente1: fatta eccezione, infatti, per leben note fattispecie degli artt. 2047 e 2048 c.c., in cui il genitore veniva (eviene) considerato responsabile del danno cagionato dal figlio, per il resto,fino a non molti anni fa, non era possibile ravvisare alcuna intersezione fraquesti due “mondi”, ritenendosi che i rimedi previsti dal diritto di famigliaescludessero l’applicabilità dei rimedi di diritto comune, primo fra tutti, ap-punto, la responsabilità aquiliana2.

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1 Non così, però, nel mondo anglosassone: in Inghilterra, ad esempio, il Law Reform(Husband and Wife) Act, che ha reso possibili tutte le azioni di responsabilità fra coniugi, ri-sale al 1962. Peraltro, secondo parte della dottrina (nel diritto italiano, G. Oberto, La re-sponsabilità contrattuale nei rapporti familiari, Giuffré, Milano 2006, 3 ss.), accantoall’intersezione tra famiglia e responsabilità civile, è possibile ravvisare anche un’intersezionetra famiglia e contratto (pensiamo ai ccdd. “contratti della crisi coniugale” e, soprattutto, al“patto di famiglia”, espressamente definito quale “contratto” dall’art. 768-bis c.c.), mentre,secondo altra parte (V. Corriero, Privacy del minore e potestà dei genitori, in Rass. dir. civ.,2004, 1001), “il filone giurisprudenziale che ha aperto il diritto di famiglia alle «mobili fron-tiere» della responsabilità civile, potrebbe essere neutralizzato dall’art. 7 della Carta dei di-ritti fondamentali dell’Unione europea, che sancisce la tutela della privacy familiare. Taledisposizione, infatti, potrebbe essere utilizzata per ristabilire le immunità familiari, impedendoil risarcimento dei danni arrecati dal genitore o dal coniuge ai figli e all’altro coniuge (artt.143, 147, 148 c.c.)”

2 cfr. ex multis, nel diritto sudamericano, González Ortega, Daños en el divorcio pe-ruano, Universidad de Lima, 2007, 180 s. e J. Mosset Iturraspe, Los factores subjectivos deatribución de la responsabilidad en las relaciones familiares, in Revista de Derecho de Daños,2001, 2 (Daños en las relaciones de familia), 8 e G. Medina, Daños en el derecho de familia,II ed., Rubinzal – Culzoni, Buenos Aires – Santa Fe 2008, 19. Addirittura, secondo alcuni,come F. Fernández Segado (su cui v. M. A. Ramos Ríos, Violencia familiar. Medidas de pro-tección para las víctimas de las agresiones intrafamiliares, IDEMSA, Lima 2008, 16) la fa-miglia stessa costituirebbe “una violación de los derechos fundamentales que afecta no soloa los membro de la familia sino la estructura social y económica de una nación”, dato che,come sostiene V. A. Placido (su cui v. Ramos Ríos, cit., 16), il diritto di famiglia si caratterizzaproprio per porre una serie di limiti all’autonomia privata finalizzati alla realizzazione del-l’interesse familiare. Tale prospettiva non è condivisa da Ramos Ríos (cit., 17), che invecesostiene che “dicha restricción, si se la puede admitir, no puede de ningún modo restringir laautonomia privada, que en la práctica, se concreta en el menoscabo de la libertad e igualdadpersonal afectando la dignitad de la persona”. Per una panoramica, con riferimento al dirittosudamericano, sul rapporto fra diritto di famiglia e diritto della responsabilità civile, cfr.González Ortega, cit., 216 ss.

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La situazione è oggi radicalmente mutata, dal momento che, anche inItalia, analogamente alla tendenza che ormai pervade tutta la tradizione giu-ridica occidentale3, quasi nessuno esclude ormai a priori l’applicabilità delleregole comuni della responsabilità civile nell’ “isola” della famiglia4: anzi,stando all’opinione di Francesco Donato Busnelli, la tendenza è quella a“sganciare” i rapporti tra familiari, e in particolare tra genitori e figli, daldiritto di famiglia, per analizzarli, invece, come rapporti fra individui, in unquadro europeo in cui i diritti della famiglia diventano piuttosto, per così dire,diritti individuali alla famiglia (pensiamo, in particolare, all’art. 24 dellaCarta di Nizza, in cui il diritto del minore a coltivare un rapporto con entrambii genitori è visto, appunto, come diritto dell’individuo), analogamente aquanto avviene, ormai da tempo, anche in diversi Paesi sudamericani5.

3 G. Autorino Stanzione, Patrimonio, persona e nuove tecniche di “governo del diritto”:incentivi, premi, sanzionialternative, in http://www.comparazionedirittocivile.it/prova/files/au-torino_patrimonio.pdf, 13

4 v., ex multis, M. Dogliotti, La potestà del genitore e l’autonomia del minore, Giuffré,Milano 2007, 512 ss., che richiama, comunque, anche quel minoritario orientamento delladottrina secondo il quale la violazione dei doveri coniugali e genitoriali, derivando da quelnegozio giuridico sui generis che è il matrimonio, porterebbe ad una responsabilità contrat-tuale. Ora, è chiaro che condividere una simile tesi porterebbe, almeno con riferimento aidoveri genitoriali, ad una ingiustificata e irragionevole distinzione tra la violazione dei doverinei confronti dei figli legittimi, a cui seguirebbe l’applicabilità dei rimedi previsti per l’ina-dempimento contrattuale, e la violazione dei doveri nei confronti dei figli naturali, per laquale tali rimedi non sarebbero, evidentemente, applicabili. Si potrebbe però superare taleproblema accogliendo la tesi secondo la quale la responsabilità contrattuale non deriva ne-cessariamente da un contratto o da un negozio giuridico, ma piuttosto dall’inadempimentodi un’obbligazione preesistente, che può trovare la sua fonte nella legge stessa (v. GonzálezOrtega, cit., 211 s.). Lo stesso Dogliotti, cit., 520 s., comunque, precisa che “la responsabilitàaffermata non si fonda sulla mera violazione dei doveri matrimoniali o di quelli derivanti dalrapporto genitori-figli ma sulla lesione, a seguito dell’avvenuta violazione di tali doveri, dibeni inerenti la persona umana, come la salute, i rapporti relazionali, ecc.”, ed in tal sensosi dirige la dottrina maggioritaria, che non ha dubbi, così, nel qualificare la responsabilitàendofamiliare come extracontrattuale (González Ortega, cit., 213 ss.). Cfr. anche, nella dot-trina peruviana, González Ortega, cit., 181 s.; nella giurisprudenza italiana, da ultimo, Cass.5652/2012, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=17893, con nota di A. Ferretti, inhttp://www.altalex.com/index.php?idu=123525&cmd5=75c4ad3a8a86c2d94a1e268510d2080d&idnot=17894; nella giurisprudenza argentina, Tribunal Colegiado de Familia nro. 4 deRosario, 19/05/2005, in La Ley, 2000, B, 837 ss. e in La Ley Litoral, 1999, 442 ss., con notadi N. Solari

5 E. J. Guzmán Belzú, Comentarios al Código de los Niños y Adolescentes. Justiciaespecializada - El proceso unico, in Collegio de Abogados de Lima, Derecho de familia (ma-teriales de lectura especializada), LEJ, Lima 2003, 135 s.

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Tuttavia, si nota una certa difficoltà della dottrina ad enucleare principigenerali condivisi che permettano di ricomporre sotto un unico “ombrello” ivari casi in cui le corti hanno ritenuto opportuno liquidare il danno (oltre, ov-viamente, e nonostante quanto detto sopra, ad applicare i rimedi specifici deldiritto di famiglia): il risultato è che, nei fatti, la motivazione delle sentenzein materia sembra spesso legata al senso morale del giudice piuttosto che,appunto, a principi giuridici generali6.

Non stupisce, a questo punto, constatare che, pur a fronte di un numerocrescente di studi sulla responsabilità nelle relazioni familiari, la materia sem-bra frantumata in una serie di microaree fra loro autonome (o quasi), ed ap-pare sovente difficile non solo trovare dei principi validi per tutta laresponsabilità civile familiare, ma anche, più modestamente, trovare dellelinee-guida applicabili a ciascuna delle tre macroaree in cui essa viene nor-malmente divisa (responsabilità endofamiliare, esofamiliare e verso i terzi):per esempio, all’interno della macroarea endofamiliare, mentre per il risar-cimento del danno fra coniugi una parte (maggioritaria) della giurisprudenzarichiede la lesione di un diritto fondamentale della persona in quanto tale,che si realizza attraverso violazioni particolarmente gravi dei doveri coniu-gali, per il risarcimento del danno causato dall’illecito dei genitori verso ifigli, ferma restando l’irrilevanza di eventi lesivi minimi, il riferimento è co-stituito non solo dall’art. 2 Cost., ma anche (e soprattutto) dall’art. 30 Cost.e, dunque, dai diritti fondamentali dei figli in quanto tali.

E se, invece di procedere da una microarea all’altra, si tenta il passaggioda una macroarea all’altra, trovare dei principi comuni condivisi, che pos-sano essere non solo il fondamento ma anche una forza di organizzazione edi unitarietà del sistema (una sorta di arché non più filosofica, ma giuridica),

6 cfr., in particolare, in riferimento all’art. 2048, V. Carbone, Il commento a Cass.4481/2001, in Danno resp., 2001, 502. Contra, G. Medina, Daños en el derecho de familia, IIed., Rubinzal – Culzoni, Buenos Aires – Santa Fe 2008, 16, che però ammette che, in dottrina,ci si è limitati “a tratar puntualmente los temas que los tribunales debian decidir, o habían re-suelto en base a principios generales, ya que en los códigos decimonónicos no esiste normasespecíficas sobre el tema, salvo algunas relativas a la responsabilidad por nulidades matri-moniales”

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diventa ancora più difficile. In particolare, è possibile notare la riluttanza adanalizzare il mondo della responsabilità nei confronti dei figli e quello dellaresponsabilità nei confronti dei terzi (per fatto dei figli) come due settori di-versi ma capaci di comunicare fra loro, e così la dottrina in genere esamina ifondamenti di ciascuno dei due tipi di responsabilità senza valutare ciò chequesti due mondi (che mondi non sono, ma “regioni” del mondo della respon-sabilità familiare) hanno da dirsi7.

Ora, per quanto riguarda il primo aspetto (responsabilità nei confrontidei figli), non vi è dubbio che, anche qualora si parli di responsabilità da man-cato riconoscimento di paternità, di fatto essa sia dovuta sempre all’inadem-pimento degli obblighi genitoriali, che possono essere, com’è noto, sia dinatura patrimoniale che, soprattutto, personale: parliamo, in particolare, nonsolo degli obblighi elencati agli artt. 30 Cost., 147 c.c. e, dopo la l. 10 dicem-bre 2012, n. 219, 315-bis c.c. (mantenimento, istruzione, educazione e assi-stenza morale), ma anche di quelli di tutela della salute, di amministrazionedel patrimonio del minore (art. 334 c.c.) e, più in generale, di cura della suapersona.

Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, da una parte possiamoattingere a giurisprudenza e dottrina ben più quantitativamente consistenti ecronologicamente risalenti ma, dall’altra, le interpretazioni degli artt. 2047e 2048 prospettate sono molto varie.

Infatti, alla dottrina che fonda tale responsabilità su una culpa in edu-cando o in vigilando si contrappongono coloro che, invece, parlano di respon-sabilità oggettiva: nel primo caso, dunque, vi sarebbe una colpa dei genitorieffettivamente legata all’inadempimento dei loro doveri, nel secondo caso, in-vece, sembrerebbe piuttosto che i genitori vengano “scelti” dalla legge comeresponsabili perché sono coloro che, in virtù del loro potere di controllo, sitrovano nella posizione migliore per poter prevenire eventuali fatti dannosidei figli, oltre che per poter garantire, con il loro patrimonio, l’adempimentodell’obbligazione risarcitoria.

7 cfr. S. Patti, Famiglia e responsabilità civile, Giuffré, Milano 1984, 285

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Così, mentre nel secondo caso la potestà genitoriale si configurerebbeinnanzitutto quale potere di controllo sui figli (nel senso che essa apparirebbeprima di tutto volta a conferire ai genitori il potere necessario per controllarei figli ed evitare così che questi commettano illeciti nei confronti dei terzi, in-generando così la responsabilità solidale dei genitori), nel primo caso nonsolo emergerebbero più i doveri legati alla potestà rispetto ai relativi poteri,ma addirittura, a giudizio di una parte (forse maggioritaria) della dottrina,l’art. 2048 potrebbe ormai essere “sganciato” dalla potestà e “agganciato”esclusivamente ai doveri che l’art. 30 Cost. e gli art. 147 e 315-bis c.c. pon-gono a carico di entrambi i genitori, indipendentemente dall’esercizio dellapotestà. Interpretato in questo senso, l’art. 2048 finisce così, più che per ga-rantire il risarcimento ai terzi di fronte alla probabile insolvenza dei minori,per sanzionare quei genitori che hanno adempiuto a questi doveri (in parti-colare, a quello di educazione e a quelli, derivanti dal generale dovere di cura,a custodire e correggere il figlio) in maniera inadeguata, e la mancanza (noncolposa) del requisito della coabitazione (intesa come consuetudine di vitacomune), che esclude, ex comma 1°, la responsabilità genitoriale, finisce peressere la mancanza di un elemento senza il quale manca non solo la possibi-lità, per il genitore, di controllare il figlio, ma anche quella di contribuire ef-ficacemente alla sua educazione: ne segue che, accogliendo questa tesi, incaso di separazione, mentre la previsione dell’affidamento condiviso permet-terà di configurare una responsabilità ex art. 2048 a carico di entrambi i ge-nitori, nel caso di affidamento esclusivo una responsabilità anche del genitorenon affidatario sarà ravvisabile solo qualora le prerogative riconosciute aquest’ultimo in materia di istruzione ed educazione siano considerate suffi-cienti per ritenere che egli possa contribuire significativamente all’educazionedel figlio stesso (e, in effetti, la ratio della riforma del 2006 sembra deporreproprio in questo senso).

Sempre a proposito della responsabilità nei confronti dei terzi, parte delladottrina ritiene oggi che l’art. 2048 non si limiti a sancire la responsabilitàdel genitore per il fatto illecito del figlio minore, ma possa essere esteso finoa ricomprendere anche la responsabilità per il contratto concluso da quest’ul-timo. Si è infatti notato che, prevedendo l’art. 1425 c.c. l’annullabilità e nongià la nullità dei contratti conclusi dai minori senza la rappresentanza dei ge-nitori, essi comunque producono effetti giuridici fino a quando non siano an-

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nullati, con la conseguenza che ben può configurarsi l’inadempimento, daparte del minore, delle obbligazioni scaturenti dal contratto da lui concluso.Il fondamento di tale responsabilità starebbe, secondo alcuni, nell’art. 322c.c. che, prevedendo la legittimazione anche dei genitori ad esercitare l’azionedi annullamento del contratto posto in essere dal figlio minore, farebbe pre-supporre, in caso contrario, l’acquiescenza al rapporto obbligatorio e quindiuna corresponsabilità. Ma vi è chi invoca, anche per questa ipotesi, gli artt.2047 e 2048, intendendo i concetti di “danno” e di “illecito” come riferitinon solo all’illecito aquiliano, ma anche all’inadempimento contrattuale. Vi-ceversa, de jure condito, non appare oggi possibile ritenere che gli artt. 2047e 2048 possano costituire il fondamento per una corresponsabilità dei genitoriper le obbligazioni contratte dal figlio maggiorenne convivente.

Nel corso di questo lavoro si tenterà dunque di analizzare e far dialogarequeste due “regioni” della responsabilità familiare (la responsabilità dei ge-nitori nei confronti dei figli e quella nei confronti dei terzi) alla luce e al finedi esaminare la possibilità di ricondurle entrambe ai doveri genitoriali e/oalla potestà. Infatti, la dottrina non è affatto giunta ad una soluzione definitivané a proposito della possibilità di conciliare l’evoluzione dei doveri ex artt.30Cost., 147 c.c. e, oggi, 315-bis c.c. in relazione allo sviluppo del minore conla potestà né a proposito del rapporto fra quest’ultima e l’art. 2048 (rapportoinvece assolutamente indubbio nel caso dei codici civili francese e spagnolo,e che comunque, anche nel caso italiano, potrebbe essere suggerito dal fattoche l’art. 2048 parla di “figli minori non emancipati”): dalla soluzione a que-sti problemi dipenderà la possibilità di ricondurre o meno alla potestà e/o aidoveri genitoriali sia la responsabilità dei genitori verso i figli sia quella deigenitori verso i terzi per fatto dei figli.

Ovviamente, nel valutare il rapporto fra art. 2048 e potestà, non si potràprescindere da una, sia pure sintetica, analisi storica, che evidenzi il passaggiodalla “responsabilità del padre, ed in sua mancanza della madre” dell’art.1153 del codice del 1865 (in cui era dunque particolarmente chiaro il legamecon la patria potestà) alla corresponsabilità del padre e della madre del codicedel 1942, fino a giungere alla riforma del 1975, secondo la quale (art. 316,2° comma, c.c.): “La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi igenitori”, e alla l. 54/06 sull’affidamento condiviso.

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In secondo luogo, si valuterà se, in base al dato giurisprudenziale, al dilà del differente regime probatorio, sia individuabile una certa uniformità frail comportamento dei genitori sufficiente ad evitare il sorgere di una respon-sabilità nei confronti dei figli e quello sufficiente ad escludere la responsabilitànei confronti dei terzi. In particolare, sarà interessante, da un lato, confron-tare la valutazione, da parte del giudice, di comportamenti di un genitore rei-terati nel tempo al fine di individuare una responsabilità nei confronti dei figliin casi in cui un solo comportamento, preso appunto singolarmente, non laintegrerebbe, con l’esame del comportamento dei genitori nel caso in cui sidecida sull’applicabilità dell’art. 2048, che richiede una valutazione com-plessiva dell’educazione del minore; dall’altro lato, sarà stimolante raffron-tare da una parte la tendenza ad estendere alcuni doveri genitoriali (primofra tutti il mantenimento) anche oltre il raggiungimento della maggiore etàda parte del figlio e, dall’altra, quella ad attenuare, o addirittura escludere,la responsabilità dei genitori verso i terzi per fatto del grand enfant.

In terzo luogo, l’analisi dei rapporti fra responsabilità, doveri genito-riali e potestà non potrà far altro che, indirettamente, analizzare il reale si-gnificato da attribuire oggi alla potestà (anche alla luce della l. 54/06),cercando di valutare il rapporto fra i poteri riconosciuti ai genitori e i doveridi questi ultimi nei confronti dei figli (come sembra fare l'art. 2.1, lett. h), l.219/2012, laddove parla di “responsabilità genitoriale quale aspetto dell'eser-cizio della potestà genitoriale”), con riferimento, in particolare, non solo ai di-ritti fondamentali ma anche ai diritti patrimoniali dei figli stessi. Per quantoriguarda, soprattutto, l’obbligo di educazione (assai rilevante, nel contesto inoggetto, per via della culpa in educando di cui all’art. 2048) vi è infatti, comesi è indirettamente accennato, chi vede una dicotomia fra la riconduzione dellostesso alla potestà, ancora intesa in senso statico, e chi preferisce invece ri-condurlo agli artt. 30 Cost., 147 c.c. e, oggi, 315-bis c.c., ritenendo che tale vi-sione sia più dinamica e adatta a tener conto delle trasformazioni edell’evoluzione della personalità del minore.

Bisognerà dunque scegliere fra una delle due posizioni, salvo cominciarea pensare che non solo i doveri genitoriali siano “calibrati” in relazione all’etàdel minore, ma lo sia anche la potestà, nel senso che, come del resto emergesia dalle fonti interne che da quelle internazionali (in particolare, fra le altre,ricordiamo la Convenzione di Oviedo), il minore, in proporzione “to his or her

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age and degree of maturity” (art.6, Convenzione di Oviedo) o a partire dai do-dici anni, o anche in età inferiore “ove capace di discernimento” (art. 315-bisc.c., introdotto dalla l. 219/2012), debba essere ascoltato e addirittura, nei casidi sperimentazione clinica, secondo la Convenzione di Oviedo, si debba far ri-ferimento alla sua volontà presunta.

Nel corso di questa ricerca saranno esaminate sia la dottrina che la giuri-sprudenza. Come si è visto, infatti, i giudici sembrano sovente mossi più dal-l’esigenza di trovare soluzioni eque al caso concreto che dal richiamo a principigenerali: ecco che allora il continuo confronto con il dato applicativo delle cortipermetterà di evitare che il tentativo di trovare un’unità e un’armonia di sistemanella materia in oggetto finisca per sganciarsi dalla realtà, che invece è, comee più del solito, particolarmente frammentaria. Inoltre, le ultime tendenze giu-risprudenziali, che sembrano recuperare una possibilità effettiva del genitore diliberarsi della responsabilità ex art. 2048, in precedenza pressoché esclusa acausa dell’individuazione delle carenze educative nello stesso verificarsi delfatto, probabilmente permetteranno di delineare meglio i confini dell’eventualelegame fra le due “regioni” della responsabilità familiare qui esaminate.

Inoltre, l’attenzione costante all’evoluzione giurisprudenziale permetteràdi cogliere l’impatto che le rivoluzioni più recenti, specie in materia di dannonon patrimoniale (pensiamo al già celeberrimo “poker” di sentenze della Cas-sazione dell’11 novembre 2008), stanno avendo nel diritto della responsabilitàfamiliare. Soprattutto, sembra che si stiano delineando meglio i confini tra ri-medi propri del diritto della famiglia e responsabilità aquiliana: a parte glieventi lesivi minimi e quindi tollerabili, appare chiaro che il ricorso agli artt.2043 ss. potrà essere fatto solo in occasione di danni particolarmente gravi8.

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8 cfr. anche, per il diritto sudamericano, González Ortega, cit., 242 ss.

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In particolare, per quanto riguarda il cd. “danno da deprivazione genito-riale”, la recente giurisprudenza di merito9 ha precisato che esso è ravvisabilequando “una relazione familiare prima esistente e che quindi arricchiva l’in-dividuo sotto il profilo personale (ed anche economico) viene meno e quindi sipuò presumere secondo l’id quod plerumque accidit una modificazione in peiusdella vita del soggetto, non limitata al momento del dolore, ma anche proiettatanel futuro in quanto viene meno l’apporto, l’affetto, la cura e l’assistenza cheaiutano l’individuo nel suo complessivo percorso esistenziale”.

Questo lavoro è diviso in cinque parti. La prima riguarda la responsabilitàdei genitori nei confronti dei figli, con riferimento alla violazione dei doveridi natura sia personale che patrimoniale. La seconda concerne invece la re-sponsabilità dei genitori per l’illecito extracontrattuale dei figli, sia con rife-rimento all’art. 2047 c.c. che, soprattutto, all’art. 2048 c.c.. La terza è dedicataa valutare brevemente la configurabilità di una responsabilità dei genitori perle obbligazioni contratte dai figli senza la rappresentanza dei genitori stessi.La quarta vuole invece costituire uno spunto di comparazione in subiecta ma-teria fra l’ordinamento italiano e i principali ordinamenti sudamericani. Se-guono le conclusioni, che vogliono tirare le fila del lavoro cercando un’unitàdi sistema fra le due macroregioni della responsabilità genitoriale, anche allaluce degli elementi di confronto emersi dalla quarta parte.

9 Trib. Messina, 31/08/09, in Danno resp., 2010, 506 ss., con nota di D. Amram e inFam. dir., 2010, 150 ss., con nota di A. Arceri. In una direzione simile si poneva anche il pro-getto di codice civile argentino del 1998, secondo il quale “[e]l daño está justificado […] enel ámbito de las relaciones de familia, si la admisión de una acción reparatoria puede poneren peligro los intereses generales respecto de la persistencia y de la estabilidad de la instituciónfamiliar, de la solidaridad entre sus miembros y, en su caso, de la piedad filial” (art. 1589,lett. d), mentre, quando il danno non è giustificato, vi è responsabilità solo per dolo o colpagrave (art. 1686, lett. a)

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PARTE PRIMA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI VERSO I FIGLI

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INTRODUZIONE

Come si è detto nella premessa, nella prima parte di questo lavoro sarà esa-minata la responsabilità dei genitori nei confronti dei figli10.

In primo luogo sarà necessario chiarire, sia pure in maniera non approfon-dita, in cosa consistano i doveri dei genitori nei confronti dei figli, per poi va-lutare le conseguenze della loro violazione, dettate non solo dagli artt. 330 ss.c.c., ma anche dagli artt. 2043 ss.: è infatti noto che, ormai da alcuni anni (lo siaccennava nella Premessa) la famiglia non viene più considerata un’ “isola” asé stante, immune dalle regole generali del diritto, con la conseguenza che i ri-medi generali si possono aggiungere a quelli specifici11.

Del resto, la locuzione “responsabilità genitoriale”, coniata già da tempodalla giurisprudenza, tende ormai a sostituire la più vetusta locuzione “potestàgenitoria”, caratterizzata quest’ultima dall’idea, ormai superata, della sogge-zione del minore ai suoi genitori12, e ciò appare particolarmente significativo inun’opera come questa, che tenta appunto di cogliere un trait d’union fra la re-

10 E’ interessante osservare come, se nel nostro sistema l’applicabilità del rimedio del ri-sarcimento del danno è molto recente (fermo restando che, ovviamente, venivano in passato ap-plicati i rimedi propri del diritto di famiglia), non così nei sistemi di common law, in cui,generalmente, non si applica ai rapporti genitori-figli alcuna immunità. Anche negli Stati Uniti,dove invece vigeva l’immunità, fin dagli anni ’30 del secolo scorso si è iniziato a mettere in di-scussione tale sistema, che appare oggi, quindi, completamente superato (Patti, cit., 97 ss.)

11 G. Facci, La responsabilità dei genitori per violazione dei doveri genitoriali, in M.Sesta (a cura di), La responsabilità nelle relazioni familiari, UTET, Torino 2008, 204

12 T. Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, in P. Cendon (a cura di), Il diritto privatonella giurisprudenza – Famiglia e persone – III – Tomo primo, UTET, Torino 2008, 137 s.; A.Fraccon, La responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai figli, in P. Cendon (a cura di), Trat-tato della responsabilità civile e penale in famiglia, Volume II, CEDAM, Padova 2004, 1314 s..A livello europeo, il passaggio dall’uso del termine “potestà” alla locuzione “responsabilità ge-nitoriale” è avvenuto con il reg. (CE) n. 2201/2003 (“Bruxelles II”), che ha sostituito il precedenteregolamento n. 1347/2000 e che fissa le regole sulla competenza e sul riconoscimento e l’esecu-zione delle decisioni straniere in tale materia (oltre che in materia di separazione, divorzio e an-nullamento del matrimonio, cfr. M. C. Baruffi, La responsabilità genitoriale: competenze ericonoscimento delle decisioni nel regolamento Bruxelles II, in S. M. Carbone – I. Quieirolo (acura di), Diritto di famiglia e Unione Europea, Giappichelli, Torino 2008, 263). Del resto, è statoproprio il passaggio da una concezione gerarchica ad una paritaria della famiglia a permettere ilriconoscimento dell’interesse del minore come parametro di legittimità di una condotta e, di con-seguenza, il delinearsi di una responsabilità genitoriale (C. Mighela, Il risarcimento del dannoderivante dal c.d. illecito endofamiliare, in Resp. civ. prev., 2010, 64). In Italia, poi, come si ac-cennava nella Premessa, l’art. 2.1, lett. h), l. 219/2012, fa proprio riferimento alla nozione di “re-sponsabilità genitoriale quale aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale”

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sponsabilità dei genitori verso i figli e quella dei genitori verso i terzi per fattodei figli, trait d’union che l’espressione “responsabilità genitoriale”, riferendosiad entrambi gli aspetti, sembra appunto realizzare13.

In secondo luogo, si esaminerà la responsabilità derivante dal mancato ri-conoscimento di paternità, dal riconoscimento non veritiero di paternità e daldisconoscimento a seguito di fecondazione eterologa, responsabilità che benpuò, nella maggioranza dei casi, essere in realtà una responsabilità derivantedal fatto che, non avendo riconosciuto il figlio, non si è neanche provvedutoad adempiere ai doveri genitoriali nei suoi confronti.

In terzo luogo, saranno esaminati comportamenti successivi alla separa-zione dei genitori che si risolvano a danno dei figli. Non si tratta, anche qui, edè evidente, di qualcosa di diverso dalla violazione di doveri genitoriali, ma piut-tosto della violazione di doveri “nuovi”, nascenti appunto in seguito alla sepa-razione stessa: speciale attenzione sarà riservata alla prospettabilità, nel nostroordinamento, dei danni punitivi, in particolare dopo l’introduzione dell’art. 709-ter nel codice di procedura civile.

In quarto luogo, saranno affrontate le “nuove frontiere” (in realtà, emersegià dagli anni ’50, ma sicuramente sempre più attuali in seguito ai progressidella scienza e della tecnica) della responsabilità genitoriale, cioè le problema-tiche legate al diritto alla salute del minore e del nascituro.

In quinto luogo, infine, saranno esaminati gli eventuali profili di responsa-bilità derivanti dalla violazione degli obblighi connessi all’amministrazione delpatrimonio del minore.

13 Fraccon, cit., 1314 s.; M. Sesta, Nuove dimensioni e nuove prospettive dei doverigenitoriali, in http://appinter.csm.it/incontri/relaz/15386.pdf , 3

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1. La responsabilità per violazione dei doveri coniugali

1.1 Il contenuto dei doveri genitoriali e il loro rapporto con la potestà

L’art. 30, 1° comma, Cost., l’art. 147 c.c. e, oggi, l'art. 315-bis c.c. impon-gono ai genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se natifuori dal matrimonio, obbligo da assolvere “tenendo conto delle capacità, del-l’inclinazione naturale e delle aspirazioni” dei figli stessi: in tal modo emergeil senso della famiglia come formazione sociale in cui si esprime la personalitàdell’individuo ex art. 2 Cost., come “luogo di realizzazione e di crescita”14 incui si sviluppa e matura la personalità del minore15.

14 Cass. 9801/2005, in Corr. giur., 2005, 921, con nota di G. De Marzo; in Danno resp.2006, 37, con nota di F. Giazzi; in Dir. giust., 2006, 22, 12, con nota di G. Dosi; in Fam. dir.,365, con nota di M. Sesta e G. Facci; in Fam., 875, con nota di C. Caricato; in Giur. it., 2006,691, con nota di A. Fraccon e E. Carbone; in Giust. civ., 2006, 98, con nota di A. Morace Pinelli;in Resp. civ. prev., 2005, 670, su cui v. G. Facci

15 P. Campanile, La responsabilità endo-familiare, in P. Cendon (a cura di), Il diritto pri-vato nella giurisprudenza – La famiglia – Le persone – II – Aggiornamento,UTET, Torino 2008,366. Bisogna ricordare, ad ogni modo, che proprio la visione della famiglia come luogo in cui sisviluppa la personalità dei suoi membri, alla base dell’abbandono di ogni forma di immunità pergli illeciti endofamiliari, porta ad affermare, evidentemente, una responsabilità dei genitori ognivolta che questi violino i diritti fondamentali dei figli di cui all’art. 2 Cost., (G. A. Parini, La re-sponsabilità civile nelle relazioni familiari con particolare riguardo al rapporto genitori-figli, inhttp://paduaresearch.cab.unipd.it/2553/1/GiorgiaParinitesidottorato.pdf , 63). Tale violazione, nelcaso di genitori coniugati, può essere anche fonte di addebito della separazione, costituendo i do-veri verso i figli uno degli impegni che i coniugi reciprocamente assumono con il matrimonio (T.Montecchiari, La potestà dei genitori, Giuffré, Milano 2006, 34; Pilla, cit., 278). L’attuale quadronormativo, comunque, permette di configurare non solo specifici obblighi dei coniugi fra loro edei genitori nei confronti dei figli, ma un vero e proprio principio di solidarietà familiare, in cuiogni membro della comunità (compresi i figli) non solo può vantare diritti, ma ha anche precisidoveri e responsabilità nei confronti degli altri. Danno conferma di questo assunto l’art. 148, 1°comma, c.c. (che prevede, nel caso in cui i genitori non abbiano mezzi sufficienti, un obbligo,per gli altri ascendenti, legittimi o naturali, in ordine di prossimità, a fornire ai genitori stessiquanto necessario per l’adempimento dei loro doveri verso i figli), l’art. 315-bis c.c. (che richiedeal figlio di “rispettare i genitori” e di “contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle propriesostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”), l’art. 570c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare), l’art. 572 c.p. (maltrattamenti in famiglia),l’art. 591 c.p. (abbandono di persone incapaci) e gli artt. 2, 3, 29, 30 e 32 Cost. (Montecchiari,cit., 268). Tale interpretazione sembra essere in linea con la tendenza, avviata dalla Costituzionerepubblicana, affermata con la riforma del 1975 e tuttora in atto per via del continuo mutamentodei costumi, a considerare la famiglia non più una comunità gerarchica sottomessa al pater mauna comunità in cui ci si assiste reciprocamente, un’assistenza che non ha solo carattere econo-mico, ma anche spirituale e morale. Da ciò derivano, ovviamente, delle conseguenze sul pianodella responsabilità aquiliana. In particolare, gli alimenti non vengono più visti esclusivamentecome obbligazione patrimoniale, ma anche personale, sulla base di un obbligo di “rispetto e diprotezione della persona e del benessere morale del genitore” (G. Cipriani, La responsabilitàcivile nel rapporto tra genitori e figli, in Fam. dir., 2008, 532), e viene ribadita la natura non me-ramente morale di tale obbligazione, ma propriamente giuridica, con il conseguente sorgere, nelcaso di lesione, di un diritto al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nella specie deldanno da lesione di diritto costituzionale (P. Campanile, La responsabilità endo-familiare, in P.Cendon (a cura di), Il diritto privato nella giurisprudenza – La famiglia – Le persone – II – Ag-giornamento, UTET, Torino 2008, 380; Montecchiari, cit., 268 ss.)

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Il 2° comma dell’art. 30 Cost., poi, precisa che “nei casi di incapacità deigenitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”, con ciò implici-tamente affermando un vero e proprio diritto, per i genitori, a svolgere la lorofunzione nei confronti dei figli, con la conseguente possibilità, nel caso in cuitale prerogativa venga lesa, di agire per chiedere il risarcimento del danno16.

La natura personalissima dei doveri genitoriali fa sì che non sia validonemmeno un accordo con cui un genitore “deleghi” all’altro i suoi doveri, datoche il loro adempimento richiede un rapporto costante con i figli17.

Da queste considerazioni, dunque, si desume chiaramente il legame deidoveri genitoriali con la potestà o, più precisamente, il fatto che i doveri ge-nitoriali costituiscano uno degli aspetti che compongono la potestà18:essa, infatti, ed è noto, costituisce un tipico esempio di diritto-dovere.

Ne dà conferma il già citato art.2.1, L. 219/2012, il quale, nel delegareal Governo l’adozione dei decreti legislativi di modifica delle norme in ma-teria di filiazione e dichiarazione dello stato di adottabilità per eliminare ogniresidua distinzione tra figli naturali e figli legittimi, esplicitamente indica, frai principi e criteri direttivi, “l’unificazione delle disposizioni che disciplinanoi diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio edei figli nati fuori del matrimonio, delineando la nozione di responsabilità ge-nitoriale quale aspetto dell’esercizio della potestà genitoriale”.

Ma è necessario fare alcuni distinguo, dai quali emerge come, in realtà,tali doveri, pur, appunto, normalmente collegati alla potestà, possano comun-que sussistere al di là e a prescindere da essa.

16 Campanile, cit., 367; G. Facci, I nuovi danni nella famiglia che cambia, IPSOA,2004, 71 ss.; V. Pilla, La responsabilità civile nella famiglia, Zanichelli, Bologna 2006, 277e 295

17 Villa, cit., 307 s.. Cfr. anche C. Delmonte, Doveri coniugali e genitoriali: danno erisarcimento.

18 Montecchiari, cit., 33 s.

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Infatti, il dovere di mantenimento viene normalmente scollegato alla po-testà, in virtù del suo carattere patrimoniale19, e anche sulla base dell’art.148c.c., che prevede degli oneri sugli ascendenti che, evidentemente, non hannola potestà sui nipoti20.

Per di più, tale dovere continua anche dopo il raggiungimento della mag-giore età, quando, dunque, la potestà è cessata21. Per quanto riguarda, poi, idoveri di istruzione ed educazione, sussiste sia la tesi che li collega alla potestà,sia quella che li collega al semplice fatto della procreazione. E appare questala tesi da preferire, non soltanto perché la giurisprudenza sembra riconoscere,come vedremo, un danno al figlio derivante non solo dalla privazione del-l’apporto economico del genitore che si è disinteressato di lui e che non ne-cessariamente è titolare della potestà (anzi, si prevede il danno anche per ilperiodo antecedente al riconoscimento o alla dichiarazione giudiziale di pa-ternità, proprio sulla base dell’idea che gli obblighi genitoriali sorgano findalla nascita del figlio), ma anche perché sono gli stessi dati normativi a farpropendere in tal senso: ad esempio, l’art. 279 c.c., che, anche dopo C. Cost.,28 novembre 2002, n. 494 in materia di filiazione incestuosa, prevede pur sem-pre l’eventualità che sussistano i doveri di educazione, istruzione e manteni-

19 Si è scelto, però, di esaminarlo insieme con gli altri doveri aventi carattere personalenon solo perché questi ultimi, comunque, hanno spesso anch’essi una valenza pure patrimo-niale, ma anche perché la violazione di tale dovere comporta un deterioramento della qualitàdella vita che non può essere compensato semplicemente tramite il versamento degli “arretrati”(Fraccon, cit., 1319)

20 L’azione è riconosciuta non ai nipoti, ma ai genitori obbligati al mantenimento. Inipoti, al limite, potranno far valere un credito alimentare (Villa, cit., 318). Tuttavia, i nonnisono gravati da tali oneri solo laddove entrambi i genitori non possano farvi fronte. Così, seuno dei genitori non vuole o non può adempiere, è solamente l’altro genitore che, salva ov-viamente la possibilità di agire contro l’inadempiente, deve farsi carico di mantenere i figli,concretizzandosi l’obbligo degli ascendenti solo in via sussidiaria, dunque succedanea: lo af-ferma Cass. 20509/2010, in Guida dir., 2010, 41, 32, con commento di M. Fiorini. Cfr., co-munque, anche Trib. Bari, 30/03/2010, in Guida dir., 2010, 23, 70, secondo il quale, invece,il dovere di mantenimento dei figli può essere posto a carico dei genitori del marito separatoladdove questi non abbia mezzi sufficienti per adempiervi

21 G. Villa, Potestà dei genitori e rapporti con i figli, in G. Bonilini – G. Cattaneo (di-retto da) – G. Bonilini (continuato da), Il diritto di famiglia, III. Filiazione e adozione, II ed.,UTET, Torino 2007, 302 s.

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mento anche in assenza del riconoscimento della filiazione; infine, l’art. 5, 1°comma, l. 4 maggio 1983, n. 184 (come modificata dalla l. 28 marzo 2001, n.149), che prevede che l’affidatario debba accogliere, mantenere ed educare ilminore, sebbene la titolarità della potestà resti in capo ai genitori22.

E’ proprio quest’ultimo il caso di cui parla una recente sentenza della Su-prema Corte, la n. 22909 dell’11 novembre 201023, che appare assolutamenteilluminante per comprendere come fra potestà e doveri genitoriali la correla-zione sia, pur frequente, assolutamente non necessaria. Muovendo dall’analisidel dovere di mantenimento, la pronuncia in oggetto ha affermato che esso,oltre a non cessare, com’è noto, con il raggiungimento della maggiore età daparte del figlio, “prescinde dalla potestà dei genitori e sopravvive ad essa invarie ipotesi, essendo collegato esclusivamente al perdurare dello status di ge-nitori e non alla permanenza dei minori presso il nucleo familiare dei genitoriovvero alle vicende della potestà genitoriale di questi ultimi”: dunque, benpuò non esserci, come nel caso di specie, una sospensione della potestà a cui,però, assolutamente non deve corrispondere una sospensione dei doveri ge-nitoriali. L’arresto succitato, ad ogni modo, appare ancor più significativo percomprendere la funzione che ha oggi la potestà, da vedersi non tanto come undiritto ma, piuttosto, come “un munus (di diritto privato) comportante un po-tere, nella sua più limitata accezione di potere-dovere, di curare determinatiinteressi privati e pubblici del minore”.Vediamo ora di esaminare i singoli doveri genitoriali.

22 Villa, cit., 303 s.23 in http://www.altalex.com/index.php?idnot=51058, con nota di M. Rinaldi, in

http://www.altalex.com/index.php?idstr=24&idnot=51023

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1.1.1. Il dovere di mantenimento

Il dovere di mantenimento, che, come si è visto, è indipendente dalla ti-tolarità della potestà24, derivando invece dal solo accertamento dello status difiliazione, consiste non solo nel permettere al figlio di avere un tenore di vita25adeguato e proporzionato a quello della famiglia26, pur tenendo conto delleesigenze, per così dire, “personalizzate” del minore27, ma comprende in séanche il dovere di garantirgli, attraverso un impegno economico, la stessa esi-stenza in vita e la salute28, nonché, più in generale, a fornirgli tutto il necessario

24 T. Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, in P. Cendon (a cura di), Il diritto pri-vato nella giurisprudenza – Famiglia e persone – III – Tomo primo, UTET, Torino 2008,142. Più precisamente, in realtà, esso sorge dalla nascita e grava su entrambi i coniugi (v.infra). In caso di inadempimento, il presidente del tribunale può ordinare che “una quota deiredditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge o achi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole” (art. 148,2° comma). E’ prevista, poi la possibilità, per il genitore che abbia integralmente adempiutoall’obbligo di mantenimento dei figli, di agire jure proprio nei confronti dell’altro per il rim-borso della quota di spettanza di quest’ultimo, con decorrenza dalla nascita del figlio; talediritto, dopo il raggiungimento della maggiore età, spetta invece al figlio (in dottrina, Cassano,Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabilità: la rivoluzione giurisprudenzialedegli ultimi anni alla luce del danno esistenziale, in Dir. fam. pers., 2006, 1985, 1988; Id.,Rapporti familiari responsabilità civile e danno esistenziale, cit., 201 s.; Cipriani, cit., in Fam.dir., 2008, 524; Facci, ultimo cit., 75; Montecchiari, ultimo cit., 144; Id., La potestà dei geni-tori, cit., 40 ss.; Pilla, cit., 282; Villa, cit., 316; in giurisprudenza, Cass, 26575/2007, in Fam.dir., 2008, 563, con nota di R. Russo; Trib. Monza, 19/02/2010, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=11183)

25 La nozione di “tenore di vita” è ampia, comprendendo anche svaghi e vacanze (Pilla,cit., 281)

26 Campanile, cit., 368; Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, cit., 142; Parini,cit., 65; Pilla, cit., 278 s.. In giurisprudenza, recentemente, Trib. Messina, 31/08/2009, cit., eTrib. Monza, 19/02/2010, cit.

27 Montecchiari, ultimo cit., 14228 Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 35 s.. E’ interessante notare come in pas-

sato si ritenesse, erroneamente, che fosse proprio il dovere di mantenimento a giustificarel’immunità del genitore per il fatto illecito commesso nei confronti del figlio (Patti, cit., 105s.). La già citata Cass. 22909/2010 addirittura ricomprende nel dovere di mantenimento l’as-sistenza morale. Afferma infatti: “l’obbligo di mantenimento dei genitori - tanto naturaliquanto adottivi - verso i figli, di contenuto più ampio e comprensivo di quello alimentare, sisostanzia tanto nell’assistenza economica, quanto nell’assistenza morale di costoro”

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per le esigenze nascenti dalla vita di relazione e per lo sviluppo della suapersonalità29. L’art. 148, 1° comma, c.c. precisa poi che tale dovere deve essereadempiuto in proporzione alle sostanze e alla “capacità di lavoro professionalee casalingo” dei genitori30, per cui, di fatto, questi ultimi dovranno assicurareai figli lo stesso tenore di vita che assicureranno a loro stessi: di conseguenza,non potranno imporre, con la “scusa” della finalità educativa, uno stile di vitaparticolarmente “frugale” laddove non siano essi stessi a decidere di adottarloin prima persona31.

I criteri in base ai quali il giudice, in caso di separazione, deve calcolarel’assegno di mantenimento vengono elencati oggi nel nuovo art. 155, 4°comma, c.c., e sono: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi igenitori;3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”32.

29 Parini, cit., 65. E’ dunque chiaro che colui il contenuto del dovere di mantenimentonon coincide certo con i “mezzi di sussistenza” di cui all’art. 570, 2° comma, n. 2), c.p., es-sendo questi ultimi soltanto quelli indispensabili per la sopravvivenza, prescindendo total-mente dalle sostanze e dal reddito dell’obbligato (v. Cassano, ultimo cit., 201; Id., Rapportitra genitori e figli, illecito civile e responsabilità, cit., 1988; Fraccon, Relazioni familiari eresponsabilità civile, cit., 304; Pilla, cit., 282 s.).

30 Cassano, ultimo cit., 1988; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esi-stenziale, cit., 200 s.; Facci, ultimo cit., 74 ss.; Montecchiari, ultimo cit., 42 s.

31 Montecchiari, ultimo cit., 35. Parzialmente contra, Villa, cit., 317, secondo il quale,in virtù del valore educativo del rigore nel tenore di vita, non può considerarsi inadempiente,a prescindere dalla consistenza delle sue sostanze, il genitore che comunque garantisca un’ade-guata cura al figlio

32 Da notare che le obbligazioni di mantenimento in seguito alla crisi coniugale sonofornite di particolari rimedi in caso di inadempimento (su cui v., diffusamente, G. Oberto, Irimedi all’inadempimento degli obblighi di mantenimento nell’ambito della crisi della fami-glia, in Fam. dir., 2008, 79 ss.): in particolare, il sequestro ex art. 156, 6° comma, c.c. (in ma-

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Il dovere di mantenimento non viene meno quando il figlio raggiunge lamaggiore età, ma soltanto nel momento in cui egli raggiunge l’indipendenzaeconomica33 o, più precisamente, riducendosi il suo quantum in misura propor-zionale all’aumentare del quantum di autonomia economica del figlio34: anzi,la succitata sentenza Cass. 22909/2010 ha addirittura affermato che tale obbli-gazione cessa solo allorquando il figlio abbia raggiunto un lavoro corrispondentealla propria preparazione, alle proprie inclinazioni naturali e, “per quanto pos-sibile, alla condizione sociale della famiglia”.

teria di separazione) ed ex art. 8 l.divorzio; l’iscrizione di ipoteca giudiziale ex art. 145, 5°comma c.c. (in materia di separazione) ed ex art. 8, 2° comma, l.divorzio, che in realtà nonfanno che riprendere il contenuto dell’art. 2818 c.c.; l’ordine di pagamento diretto di una quotadei redditi dell’obbligato al genitore o a chi sopporta le spese del mantenimento del minoreex art. 148 c.c. (applicabile, in realtà, anche per la prole naturale), ex art. 156, 6° comma, c.c.,ex art. 8, 3° - 4° - 5° - 6° comma, l. divorzio ed ex art. 342-ter c.c. (applicabile solo in caso diabusi familiari); la prestazione di idonea garanzia ex art. 156, 4° comma, c.c. ed ex art. 8, 1°comma, l.divorzio. Altro istituto, di recente istituzione, applicabile a tutela degli obblighi dimantenimento è il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c.. Può essere invece utilizzatoper garantire l’adempimento degli obblighi di mantenimento solo prima di un qualsiasi prov-vedimento o atto che legittimi la cessazione della convivenza il sequestro ex art. 146, 3°comma, c.c.. Inoltre, è possibile inserire, negli accordi di separazione e divorzio, delle clausolepenali (Oberto, La responsabilità contrattuale nei rapporti familiari, cit., 61). Sui rimedi exart. 709-ter c.p.c., v. infra

33 L’obbligo viene meno, inoltre, nel caso in cui il figlio rifiuti ingiustificatamente disvolgere un’attività lavorativa (in dottrina, Campanile, cit., 368; Cassano, ultimo cit., 202 ss.;Id., Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabilità, 1989 ss.; Cipriani, cit., 533 s.;Delmonte, cit., 9; A. Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile,Giuffré, Milano 2003,259 s.; Montecchiari, ultimo cit., 39 ss.; Id., Rapporti tra genitori e figli, 144 s.; M. Paladini– A. Giusti, La famiglia, in U. Breccia – L. Bruscuglia – F. D. Busnelli – F. Giardina – A.Giusti – M. L. Loi – E. Navarretta – M. Paladini – D. Poletti – M. Zana, Diritto Privato –Parte Seconda, UTET, Torino 2004, 940; Parini, cit., 65 s.; Pilla, cit., 280 s.; A. Torrente – P.Schlesinger, Manuale di diritto privato, XVIII ed., Giuffré, Milano 2007, 1120; in giurispru-denza, recentemente, Trib. Messina, 11/09/2009, con nota di M. Corbi, inhttp://www.overlex.com/leggisentenza.asp?id=1287 e Trib. Monza, 19/02/2010, cit.)

34 Fraccon, La responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai figli, cit., 1315 s.;Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 38, che sottolinea anche come il quantum di capa-cità economica del figlio sia quello effettivo, a differenza del quantum di capacità economicadei genitori, che è invece potenziale, e che questo permette di “giustificare” il fatto che ilfiglio, anziché dedicarsi ad attività lavorative, si dedichi ad attività non remunerate, ad esempiolo studio, senza che per questo venga meno il suo diritto al mantenimento. Rilevante, a taleproposito, la già citata sentenza del Trib. Messina, 31/08/2009, che ha tenuto conto, nel cal-colare il quantum dell’assegno, del lavoro part-time della figlia, specificando, invece, chenessuna rilevanza può assumere il fatto che questa abbia trovato ospitalità presso parenti nongiuridicamente tenuti al mantenimento

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Una volta, però, che il figlio, intraprendendo tale attività lavorativa, abbiadimostrato la potenziale capacità di essere indipendente, capacità che fa cessarel’obbligo di mantenimento, quest’ultimo non “risorge” nel momento in cui taleattività lavorativa venga meno, salva l’eventuale valutazione delle peculiaritàdel caso concreto35. E’altresì evidente che, sebbene la modalità “tipica” con cuitale dovere viene adempiuto sia la convivenza con i genitori36, questa può co-munque venire temporaneamente a cessare, ad esempio per motivi di studio37.

1.1.2. Il dovere di istruzione

Il dovere di istruzione consiste invece nel “fornire al figlio la possibilitàdi conseguire un appropriato livello culturale ed un’adeguata competenzaprofessionale”38, e deve essere adempiuto in maniera, per così dire, soprattuttoindiretta, cioè introducendo il figlio nel sistema di istruzione organizzato dallacollettività39.

Esso, in base al dettato degli art. 147 e, oggi, 315-bis c.c., deve essererealizzato tenendo conto della personalità del minore, in modo che questi “nonsia oggetto, bensì soggetto della propria formazione”40.

Infatti, come vedremo anche nelle prossime pagine, il genitore, pur do-vendo effettuare le scelte educative per il figlio “al posto” del figlio stesso,non può assolutamente prescindere dal tenere in debita considerazione i desi-derata di questi, ove siano frutto non di capricci passeggeri ma di consapevoli

35 Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, cit., 145. Cfr., di recente, Cass.23590/2010, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=51149&idstr=20, con nota di R. Sta-iano, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=12449

36 cfr. Trib. Lecce, sez. Maglie, 03/09/2008, in Fam. pers. succ., 2009, 785 ss.37 Montecchiari, ultimo cit., 142; Id., La potestà dei genitori, 36 s.38 Pilla, cit., 28339 Villa, cit., 31540 Pilla, cit., 283

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inclinazioni ed aspirazioni, e ciò a maggior ragione quando il figlio raggiungal’adolescenza, e con essa (si presume) un livello di maturità tale da poter ef-fettuare le scelte sul proprio futuro con cognizione di causa41.

Ovviamente nulla potranno i genitori nella scelta del percorso universitario,avendo ormai il figlio raggiunto la maggiore età. Tuttavia, questo non implica ilvenir meno degli aspetti patrimoniali del dovere di educazione, protraendosi essianche oltre tale momento. Infatti, il figlio ha diritto non soltanto a completaregli studi obbligatori (gravando, anzi, sul genitore un dovere, penalmente sanzio-nato, di controllare l’effettiva frequenza scolastica42), ma anche a svolgere studisuperiori, universitari e, addirittura, a frequentare attività scolastiche integrative,a patto, ovviamente, che le condizioni reddituali e patrimoniali della famiglia loconsentano e che il rendimento scolastico non sia patologicamente negativo.

Così come il dovere di mantenimento, anche il dovere di istruzione hauna forte componente patrimoniale, sia diretta (legata alla necessità, ad esem-pio, di acquistare i libri o di pagare rette e tasse scolastiche), sia indiretta (le-gata all’impossibilità, per il figlio, di lavorare e quindi mantenersi da solodurante gli studi)43.

41 Montecchiari, ultimo cit., 74 ss., che sottolinea come siano ridimensionate le prero-gative dei genitori nell’avviamento dei figli agli studi dopo la scuola dell’obbligo riconosciutedalla precedente legislazione; Id., Rapporti tra genitori e figli, cit., 146

42 Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 74 ss., salva la volontà contraria, assoluta,cosciente, consapevole e comprovata del minore a frequentare la scuola dell’obbligo. E’ ovvio,poi, che il genitore non soltanto deve introdurre il figlio nelle strutture predisposte per la suaeducazione, ma deve altresì collaborare efficacemente con le istituzioni scolastiche (Campanile,cit., 372). Proprio per la “collaborazione” nel realizzare l’istruzione del minore che deve inter-correre fra genitori e istituzioni scolastiche si parla, anche con il conforto dell’art. 34 Cost., diun dovere che fa capo ad entrambi (Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, cit., 146)

43 Pilla, cit., 283 ss.

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1.1.3. Il dovere di educazione e di assistenza morale

Il dovere di educazione, invece, consiste nella possibilità, per il figlio, dicostituire un rapporto formativo coi genitori, attraverso il quale ricevere gliinsegnamenti necessari per la propria maturazione. Esso veniva da taluni in-terpretato in senso ampio, ricomprendendo l’assistenza morale, da intendersicome appagamento dei bisogni affettivi del figlio e rispetto della sua persona-lità morale44, dovere che in passato veniva esplicitato, per i soli genitori adot-tivi, dall’art. 12, l. 4 maggio 1983, n. 184, ma che oggi, con il nuovo art.315-bis c.c., è stato esplicitamente esteso a tutti i genitori45,

Comunque, sebbene ogni genitore possa avere un proprio metodo edu-cativo, questo non lo può portare a denigrare il metodo educativo dell’altro, etale comportamento potrà dunque ben essere fonte di responsabilità (addirit-tura tale da sfociare nell’addebito della separazione)46.

L’unico limite sarà rappresentato dai principi di base su cui è fondato l’as-setto costituzionale e, con esso, la società in cui il minore è chiamato ad inse-rirsi: del resto, sarebbe illogico ammettere che la Costituzione fornisca ai

44 v. Pilla, cit., 286. Contra, la già citata Cass. 22909/201045 Già prima della l. 219/2012, tuttavia, la dottrina unanimente riteneva ciò che tale

dovere fosse da estendere, appunto, anche ai genitori biologici (Cassano, ultimo cit., 1986ss.; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esistenziale, cit., 199 s.; Facci, ultimocit., 73 s.; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile, cit., 257)

46 Da notare come la giurisprudenza (Trib. Minorenni L’Aquila, 08/07/2005, citata daCampanile, cit., 373) ritenga fondamentale l’apporto educativo di entrambi i genitori: “comeper nascere fisicamente il minore ha bisogno di un padre e di una madre, così per nascere so-cialmente, per inserirsi pienamente e responsabilmente nella società e per partecipare attiva-mente all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, ha bisogno dell’“educazione” da parte di entrambi i genitori (altrimenti riceverebbe un’educazione incompleta,non piena ed armonica, parziale, disturbata e disturbante, asociale e deviante)”. E’ chiaro, co-munque, che, se da una parte può certo dirsi, almeno in astratto, più completa un’educazionein cui convergano gli apporti di entrambi i genitori, definire “disturbata e disturbante, asocialee deviante” l’educazione che riceva il minore che, per le ragioni più diverse, non possa goderedell’apporto di entrambi i genitori è sicuramente frutto di una visione aprioristica, parziale eacritica della realtà, solo in parte giustificata dal giusto intento di fornire adeguata tutela adun minore di cui il padre si era completamente disinteressato fin dalla nascita

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genitori il potere di educare i figli contro i principi basilari fissati dalla Costi-tuzione stessa47, nonché quei “principi della morale” che, pur espunti dal testopost-riforma per evitare scelte arbitrarie in sede giudiziaria, indubbiamentecostituiscono parte integrante del bagaglio educativo indispensabile per pre-parare i figli ad una vita corretta e regolare sia nella comunità familiare sianella società civile48.

Come si è visto in relazione al dovere di istruzione, l’attuale evoluzionedei costumi sociali rende sempre più importante la valutazione delle “capacità,inclinazione naturale e aspirazioni” dei figli e, più in generale, il principio diautodeterminazione e i diritti di libertà di questi49, attraverso i quali essi pos-sono meglio sviluppare le proprie potenzialità e la propria personalità50. Par-ticolarmente acute sono, a questo proposito, le considerazioni di F. Giardina51,secondo la quale “sul minore incapace di intendere e di volere il genitore haun potere di natura “protettiva”; solo quando sopraggiunge nel minore la ca-pacità di esercitare personalmente i diritti e le libertà fondamentali, anche laposizione dei genitori si modifica: gli interventi protettivi si trasformano ininterventi più specificamente educativi. E si instaura, tra genitori e figli, unrapporto personale, caratterizzato da diritti e obblighi reciproci”, con un pro-cesso di ascolto e arricchimento reciproco che non sarebbe possibile se l’og-getto d’amore dei genitori non fosse lasciato “libero”52, e che diventa

47 Pilla, cit., 287 s.; Villa, cit., 321 s.48 Cassano, ultimo cit., 206; Facci, ultimo cit., 76 s.; Montecchiari, La potestà dei ge-

nitori, cit., 52; Villa, cit., 311 s.49 Montecchiari, ultimo cit., 52 s.; Id., Rapporti tra genitori e figli, cit., 145; Villa, cit., 310 s.50 Campanile, cit., 373; Fraccon, La responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai

figli, cit., 1314; Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 5651 La condizione giuridica del minore, Jovene, Napoli 1984, 199, in nota. Cfr., comun-

que, anche Parini, cit., 74 s.52 Montecchiari, ultimo cit., 55; Id., Rapporti tra genitori e figli, cit., 146; Villa, cit.,

313 s.. Fra i diritti e le libertà riconosciute in misura via via più piena al minore all’aumentaredel suo livello di maturità possiamo citare, fra i diritti, quello alla segretezza della corrispon-denza e alla riservatezza e, fra le libertà, quella di circolazione e quelle affettiva, politica e re-ligiosa (Montecchiari, ultimo cit., 145 s.; Id., La potestà dei genitori, cit., 57 ss.; Villa, cit.,314). Particolarmente interessante è la posizione, riportata anche da Fraccon, ultimo cit., 1314,di chi ritiene che il genitore, nello svolgimento del suo compito educativo, debba perseguirelo scopo… di rendere inutile sé stesso

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particolarmente ricco e fecondo soprattutto nell’età dell’adolescenza, in cuil’apparente autonomia raggiunta dal figlio non deve far dimenticare che, forse,è proprio questo il periodo in cui il dovere di assistenza morale deve essereadempiuto con maggior diligenza”53. Da quanto si è detto risulta evidente chel’obbligo di educazione cessa con il raggiungimento della maggiore età54.

1.1.4. Il dovere di cura, di custodia e di correzione

Più in generale, si può parlare, per i genitori, di un dovere di cura dellaprole, da assolvere tenendo conto, in primo luogo, dell’interesse di quest’ul-tima, per cui i doveri di mantenimento, istruzione ed educazione non sonoaltro che manifestazioni tipiche del dovere di cura e sono, a loro volta, tradu-cibili in doveri ulteriori, come quello di custodire il figlio (e in ciò appare assaisignificativo nel contesto di un lavoro che tenta di individuare i nessi fra laresponsabilità genitoriale verso i figli e quella verso i terzi) e di correggerlo55.

A tale proposito, è intervenuta la l. 54/2006, a seguito della quale l’art.155, 1° comma, c.c. prevede oggi esplicitamente un dovere di cura dei figliminori a carico dei genitori separati che sarebbe illogico non estendere ai ge-nitori tout court, dovere che, del resto, indubbiamente rientra, in via implicita,fra quelli enunciati dagli artt. 30 Cost., 147 c.c. e 315-bis c.c.56.

In tema di jus corrigendi, è opportuno fare riferimento alla riforma del1975, la quale ha abrograto l’art. 319 c.c., che attribuiva appunto al padre talediritto, con la conseguenza che oggi, abbandonata (come si è visto) ogni forma

53 Fraccon, ultimo cit., 131554 Pilla, cit., 28655 Cassano, ultimo cit., 200; Id., Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e respon-

sabilità, 1992 s.; Facci, ultimo cit., 74. Fraccon, ultimo cit., 1314, preferisce parlare, ricalcandoil nuovo titolo della l. 184/1983, di “diritto del minore ad una famiglia”

56 M. Sesta, La violazione delle modalità di affidamento e i rimedi di cui all’art. 709ter c.p.c., in http://www.consiglionazionaleforense.it/on-line/Home/Eventi/ConvegnieMaster-Giuridici/docCatRelazionidelVCongressogiuridicoForense.2115.16.15.1.3.html, 10

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di immunità57, la giurisprudenza ha radicalmente escluso l’abuso o l’utilizzoarbitrario dei mezzi educativi, anche quando non siano di per sé violenti58.“Resta invece lecito l’uso di percosse quale mezzo eccezionale e occasionale,finalizzato a uno scopo educativo: la scoppola, lo scapaccione, lo sculaccione,episodicamente usati per esprimere in modo aperto la propria conferma del-l’ordine o del divieto appartengono ancora alla sfera, non solo del costumeaccettato, ma anche della liceità sotto l’aspetto penalistico: sono un uso e nonun abuso della potestà”59.

In assenza di tali requisiti oggettivi, si configurerà un abuso dei mezzi dicorrezione (art. 571 c.p.) o, addirittura, il reato di maltrattamenti in famiglia(art. 572 c.p.), pur in presenza dell’animus corrigendi, e questo alla luce delsignificato costituzionalmente orientato che va attribuito agli art. 147 e 315-bis c.c., per i quali, dunque, come si è visto, il dovere genitoriale di educazionenon è, per così dire, a senso unico, ma va piuttosto nella direzione di un pro-ficuo dialogo con il minore60.

57 Parini, cit., 6258 Cassano, ultimo cit., 1987; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esi-

stenziale, cit., 206 ss.; A. De Mauro, I danni legati alla famiglia (art. 2043 c.c.), in G. Bonilini– U. Carnevali – M. Confortini, Codice ipertestuale della responsabilità civile. Commentariocon banca dati di giurisprudenza e legislazione, UTET, Torino 2008, 252 s.; Facci, ultimocit., 86 s.; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile, cit., 73; Montecchiari, ultimocit., 70 ss.; Pilla, cit., 289. Al contrario, prima della Riforma del 1975, in base al testo, ormaiabrogato, dell’art. 319 c.c., si ammetteva la violenta reazione del padre alla cattiva condottadel figlio (Patti, cit., 102 s.)

59 Pilla, cit., 274 s.60 Montecchiari, ultimo cit., 70 ss.. Bisogna osservare, inoltre, come sul genitore gravi

un dovere di protezione nei confronti del figlio, in ipotesi di aggressioni poste in essere nonsolo da terzi ma anche dall’altro genitore (Campanile, cit., 376)

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1.2. I rimedi “tradizionali” alla violazione degli obblighi genitoriali

Come si è accennato, i doveri genitoriali possono comportare, se violati, l’ap-plicazione sia delle norme di diritto di famiglia sia delle regole generali di respon-sabilità civile, e ciò in virtù della loro natura sia morale che, soprattutto, giuridica61.Il primo rimedio (quello “tradizionale”) è dato dall’intervento del Tribunale deiMinorenni (o del Tribunale ordinario se tra i coniugi sia pendente un procedimentodi separazione o divorzio62), che può applicare gli artt. 330 ss. c.c., sia contro ungenitore, che contro entrambi: potrà dunque essere pronunciata la decadenza dallapotestà (o altri “provvedimenti convenienti”) o l’allontanamento del figlio, delgenitore o del convivente dalla casa familiare63.

A causa della varietà della casistica, non è possibile fornire delle regole ge-nerali sui casi di applicabilità dei rimedi in questione. La violazione dei doverigenitoriali, infatti, “può assumere forme diverse, in quanto può presentarsi di mag-giore o minore gravità; può riguardare tutti i doveri previsti a loro carico o soloalcuni o uno di essi; può verificarsi in modo costante o saltuario, può essere carat-terizzata da atteggiamenti dolosi o colposi”64 (ma sul venir meno della necessitàdi un’indagine sul dolo e sulla colpa, v. infra). E’ stata così pronunciata la deca-

61 A tali rimedi si aggiunge oggi la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusifamiliari (l. 154/2001, così come modificata dalla l. 304/2003), che ha introdotto nel codicecivile, in particolare, gli artt. 342-bis e 342-ter. Sulle eventuali sanzioni penali, v. A. Fasano,Il maltrattamento dei figli: aspetti civili, amministrativi, processuali, in P. Cendon (a cura di),Trattato della responsabilità civile e penale in famiglia, Volume II, cit., 1195 ss.

62 Montecchiari, ultimo cit., 23763 F. Giardina, I soggetti individuali, in U. Breccia – L. Bruscuglia – F. D. Busnelli –

F. Giardina – A. Giusti – M. L. Loi – E. Navarretta – M. Paladini – D. Poletti – M. Zana, Di-ritto Privato – Parte Prima, UTET, Torino 2003, 88. Per l’inadempimento del dovere di man-tenimento, in aggiunta ai normali mezzi coercitivi, il giudice può ordinare con decreto cheuna quota dei redditi del genitore obbligato sia versata direttamente al genitore che provvedeal mantenimento, decreto che costituisce titolo esecutivo valido per l’iscrizione di ipotecagiudiziale (Montecchiari, ultimo cit., 147). Fra i provvedimenti convenienti, possiamo ricor-dare, a titolo esemplificativo, essendo la casistica molto ampia, la sostituzione della volontàdel genitore fonte di pregiudizio specifico per il figlio o l’affidamento dello stesso ad un isti-tuto di accoglienza (Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 248 ss.). In generale, poi, oc-corre rilevare che anche i rimedi “tradizionali” sono visti oggi in una luce nuova, e ciò grazieC. Cost. 1/2002, che ha proposto un coordinamento fra le norme in oggetto e quelle dellaConvenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989 (Villa, cit., 351)

64 Montecchiari, ultimo cit., 239

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denza della potestà ex art. 330, 1° comma, c.c., in casi di comportamenti violentie minacciosi verso coniuge e figli, o anche verso il solo coniuge, ma in manieratale da alterare l’atmosfera familiare nel suo complesso, di affidamento del bam-bino, a scopo di adozione, a persone conosciute appena due giorni prima, di ri-fiuto di far sottoporre il figlio ad interventi medici indispensabili per la sua salutee sopravvivenza, di cambio di sesso del padre, presentatosi, dopo anni di assenza,nelle sue nuove vesti femminili, con conseguente grave turbamento del figlio.

Comunque, se appare difficile fornire un elenco esaustivo di casi in cui lenorme in questione possono essere applicate, appare invece possibile indicare lafinalità dei provvedimenti adottati in base ad esse: infatti, alla finalità sanzionatoriaprevalente in passato, si è oggi sostituita una finalità essenzialmente preventiva.Ciò significa che si tende non tanto, dunque, a punire un comportamento già ve-rificatosi, ma piuttosto a prevenire un illecito futuro, nell’ottica della tutela delminore: così, potrà bastare l’assenza, il disinteresse o l’assoluta inidoneità educa-tiva del genitore per giustificare simili provvedimenti, a prescindere dal dolo odalla colpa65.

65 Autorino Stanzione, cit., 10 s.; Cassano, ultimo cit., 200; Id., Rapporti tra genitorie figli, illecito civile e responsabilità, cit., 1987; Dogliotti, cit., 520; Facci, ultimo cit., 72 s.;Fraccon, ultimo cit., 260; Montecchiari, ultimo cit., 239 s.; Id., Rapporti tra genitori e figli,cit., 147; Parini, cit., 77; Villa, cit., 310 e 352

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1.3. La responsabilità aquiliana per violazione dei doveri genitoriali

Si è esaminata, dunque, la tendenza nell’utilizzo dei rimedi tradizionali alleviolazioni dei doveri genitoriali. Ad essi, però, come si è accennato, si aggiungeoggi il rimedio aquiliano66, e ciò in seguito all’abbandono dell’idea che gli artt.330 ss. c.c. siano speciali rispetto agli artt. 2043 ss. c.c. e, di conseguenza, pre-valenti sugli stessi in base al principio lex specialis derogat generali67. Se ciòrappresenta oggi un risultato assodato, si assiste, invece, ad una certa oscilla-zione giurisprudenziale fra la tesi del danno-evento (o in re ipsa) e quella deldanno-conseguenza.

1.3.1. La tesi del danno-evento: Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713

Per quanto riguarda la prima tesi, essa è quella seguita dalla sentenza cheha dato il via alla materia (Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2000, n.771368), secondola quale la condotta del genitore inadempiente al proprio obbligo di manteni-

66 D. Amram, Il commento, a Trib. Messina, 31/08/2009, cit., 509; Cassano, ultimocit., 1993; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esistenziale, cit., 207 s.. E’chiaro, comunque, che l’applicazione degli artt. 2043 ss. c.c. sarà possibile solo ove sussistal’elemento soggettivo del dolo o della colpa (Mighela, cit., 68). Prima di avventurarci nel-l’esame della giurisprudenza in materia, appare opportuno precisare che, secono Parini, cit.,90 ss., è da escludere una responsabilità “contrattuale” dei genitori per violazione dei doverigenitoriali, e questo perché non si tratta di obbligazioni, mancando il requisito della patrimo-nialità (nascendo tali doveri da una matrice squisitamente etica), ma di “meri obblighi”. Cfr.però anche G. Spoto, Dalla responsabilità civile alle misure coercitive indirette per adempieregli obblighi familiari, in Dir. fam. pers., 2010, 910 e quanto detto a proposito della responsa-bilità contrattuale nelle relazioni familiari nella Premessa. Contrariamente al rapporto fra irimedi di cui agli artt. 330 ss. c.c. e quelli di cui agli artt. 2043 c.c., che è di cumulabilità, lagiurisprudenza esclude invece che la già citata disciplina degli ordini di protezione contro gliabusi familiare sia invocabile quando gli abusi attengano all’esercizio della potestà, stante ilrapporto di specialità fra i due ordini di norme: ciò non esclude, comunque, la possibilità chei “provvedimenti convenienti” di cui all’art. 333 c.c. siano modellabili sulla falsariga degliordini di protezione (v. Villa, cit., 351 s.)

67 Fraccon, ultimo cit., 7668 in Fam. dir., 2001, 159 ss., con nota di M. Dogliotti; in Fam. dir., 2001, 189 ss., con

nota di M. Bona; in Foro it., 2001, I, 187 ss., con nota di A. D’Adda. Cfr. anche G. Annunziata,

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mento provoca la lesione non solo di un diritto di contenuto patrimoniale, ma“di sottesi e più pregnanti diritti fondamentali della persona, in quanto figlioe in quanto minore […] collocati al vertice della gerarchia dei valori costitu-zionalmente garantiti”, lesione che va incontro “alla sanzione risarcitoria peril fatto in sé della lesione (danno-evento) indipendentemente dalle eventualiricadute patrimoniali che la stessa possa comportare (danno-conseguenza)”69:

La responsabilità civile e le fattispecie di responsabilità presunta, CEDAM, Padova 2008, 118;Campanile, cit., 371; Cassano, ultimo cit., 209 ss.; Id., Rapporti tra genitori e figli, illecito civilee responsabilità: la rivoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni alla luce del danno esisten-ziale, 1994 s.; Cipriani, cit., 525 s., e Delmonte, cit., 11 s., che citano anche Trib. Como,18/12/2002; G. De Marzo, Responsabilità civile e rapporti familiari, in G. De Marzo – C. Cor-tesi – A. Liuzzi, La tutela del coniuge e della prole nella crisi familiare, II ed., Giuffré, Milano2007, 702 s.; De Mauro, cit., 252; G. Dignani, Danno esistenziale da illecito endofamiliare, 5s.; Dogliotti, La potestà del genitore e l’autonomia del minore, cit., 516 s.; Facci, ultimo cit.,77 ss.; Id., Violazione dei doveri derivanti dal matrimonio e risarcimento del danno, cit., 624ss.; Id., Doveri familiari e responsabilità civile, cit., 114 s.; Id., La responsabilità dei genitoriper violazione dei doveri genitoriali, cit., 204 ss. e 209; Fasano, cit., 1214 s.; Fraccon, ultimocit., 301 ss.; Id., La responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai figli, cit., 1317 ss.; L.Gaudino, La responsabilità civile endofamiliare, in Resp. civ. prev., 2008, 1238 ss.; G. Gioia,Nuova giurisprudenza sul risarcimento del danno esistenziale in ambito coniugale ; A. Greco,Affido condiviso (l. n. 54/2006) e ipotesi di responsabilità civile, in Resp. civ. prev., 2006, 1394s.; Mighela, cit., 65 s.; Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, cit., 149 s.; Parini, cit., 87ss. e 177; Pilla, cit., 299 ss.; Sesta, Nuove dimensioni e nuove prospettive dei doveri genitoriali,cit., 6 s.; Id., L’illecito endofamiliare nella recente evoluzione giurisprudenziale, cit.; Id., Mu-tamenti familiari e responsabilità civile, cit.

69 cfr. anche Parini, cit., 89, secondo la quale la violazione dei doveri genitoriali costi-tuisce un’“occasione” per la violazione di diritti di rango superiore. D. Bianchini, Appunti espunti in tema di responsabilità ed illecito endofamiliare, in Dir. fam. pers., 2010, 963 sostieneinvece: “Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, condiviso anche dalla dottrina, laviolazione dei doveri genitoriali è idonea a determinare un danno ingiusto, qualora la relativacondotta leda interessi costituzionalmente protetti. In altre parole, affinché il danno sia risarcitonon basta provare che vi sia stata la violazione dei doveri genitoriali, ma occorre che detta vio-lazione abbia comportato la lesione di diritti fondamentali, come tutelati secondo il combinatodisposto dell’art. 2 Cost e dell’art. 2043 c.c.” Tale affermazione appare, nell’ottica di chi scrive,imprecisa. E’ infatti corretto dire che non ogni violazione dei doveri genitoriali permette di ri-correre alla tutela aquiliana: la giurisprudenza in materia di illeciti endofamiliari, infatti, richiedeai membri della communitas familiare di tollerare le “violazioni” di entità minima, in modo daassicurare la pacifica convivenza fra i membri, e ricorre, comunque, per le violazioni non gravi,ai rimedi propri del diritto di famiglia. E’ dunque necessaria una lesione più grave, che si sostanzinella lesione di interessi costituzionalmente protetti. Tuttavia, ciò che è impreciso è il riferi-mento, fra le norme costituzionali, al solo art. 2: la giurisprudenza, infatti, fa riferimento quasisempre anche all’art. 30, concernente i diritti del figlio in quanto tale, e in ciò chi scrive ravvisauna differenza di non poco momento rispetto alla giurisprudenza sugli illeciti fra coniugi, incui, invece, l’unico riferimento costituzionale possibile è, appunto, all’art. 2 e, quindi, ai dirittidel coniuge non in quanto tale, ma in quanto persona umana

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tale danno, qualificato dalla sentenza come esistenziale e ricondotto all’art.2043 c.c., potrebbe oggi, più correttamente, alla luce dei successivi sviluppigiurisprudenziali, essere invece definito come danno non patrimoniale da le-sione di interessi costituzionali70.

Nella giurisprudenza di merito tale linea è stata seguita, fra l’altro, da unasentenza del Tribunale dei Minorenni dell’Aquila dell’8 luglio 200571, in cuisi ritiene “indubbia” la sussistenza del danno esistenziale (qualificato, anchequi, come danno evento) derivante dal comportamento di un padre che nonsolo insisteva perché la donna abortisse, ma che non si era mai dedicato al-l’educazione del figlio, col quale, anzi, non aveva nemmeno avuto alcun con-tatto: in tale decisione, in particolare, si giunge a configurare la “violazione insé del dovere di assistere ed educare i figli” come “voce autonoma di dannorisarcibile”. Ritiene che si possa parlare di danno in re ipsa anche una sentenzaemessa dal Tribunale di Bologna il 10 luglio 200772, che però, analogamentealla giurisprudenza prevalente in materia di responsabilità aquiliana da viola-zione dei doveri coniugali, sostiene che, per il risarcimento, sia necessaria unaparticolare gravità della condotta.

1.3.2. La tesi del danno-conseguenza: Trib. Venezia, 30 giugno 2004

In contrapposizione alla tendenza analizzata nel precedente paragrafo, ein maniera maggiormente conforme al “poker” di sentenze delle Sezioni Unitedell’11 novembre 2008 in materia di danno non patrimoniale, che afferma latesi del danno-conseguenza, si muove invece un arresto del Tribunale di Ve-nezia del 200473, il quale, pur riconoscendo il danno morale da reato, non si

70 Sui più recenti sviluppi giurisprudenziali, successive al “poker” di sentenze suldanno non patrimoniale dell’11 novembre 2008, cfr. infra

71 Campanile, cit., 373 s.; Mighela cit., 66 s.72 in Fam. dir., 2008, 487 ss., con nota di F. Farolfi73 Trib. Venezia, 30/06/2004, in Danno resp., 2005, 548 ss., con nota di R. De Stefanis;

in Fam. dir., 2005, 297 ss., con nota di G. Facci; in Giur. it., 2005, 1630 ss., con nota di P.Porreca. Cfr. anche Bianchini, cit., 975; Campanile, cit., 371 s.; Cassano, ultimo cit., 1995ss.; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esistenziale, 211 ss.; Cipriani, cit.,

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limita a constatare il completo disinteresse del padre per la figlia ma, nel mo-mento in cui si trova a valutare la sussistenza di un danno biologico ed esi-stenziale, esamina le conseguenze di tale comportamento nello sviluppo dellapersonalità della ragazza. Così, pur riconoscendo che “è culturalmente evi-dente che la mancanza di un padre, del vero padre, non rende la condizionedella figlia assimilabile alla posizione di chi abbia goduto della presenza fat-tiva, costruttiva ed affettuosa del genitore naturale”, la Corte veneta affermache, nel caso di specie, l’impegno, il coraggio e le capacità educative dellamadre hanno comunque permesso alla ragazza di crescere e maturare in ma-niera regolare, e quindi senza nessuna lesione all’integrità psichica meritevoledi risarcimento.

Tuttavia, non si può negare che la minore, a causa dell’assenza della fi-gura paterna, ha maturato un senso di diversità rispetto ai compagni di scuolae una delusione nel constatare gli esiti deludenti del suo tentativo di avere unrapporto con il genitore, per cui, pur in quadro psicologico complessivamentenormale, vi è comunque stata “una lesione del diritto fondamentale dell’attriceall’apporto anche morale ed assistenziale chiaramente mancato” da parte delpadre. Ora, di tutto ciò, nel caso di specie, la ragazza non fornisce alcunaprova, ma vi sono tutta una serie di elementi presuntivi, e, in particolare, la

526; Delmonte, cit., 12; De Mauro, cit., 252 s.; Dignani, cit., 11 s.; Facci, ultimo cit., 209 s.;Id., Violazione dei doveri derivanti dal matrimonio e risarcimento del danno, cit., 626 s.; Id.,I nuovi danni nella famiglia che cambia, 79 ss.; Gaudino, cit., 1238 ss.; Mighela, cit., 67;Pilla, cit., 303 ss.; Parini, cit., 178 s.; A. Querci, Responsabilità per violazione dei doveri fa-miliari, in Danno resp., 2007, 15 s.; Sesta, ultimo cit.; Id. L’illecito endofamiliare nella recenteevoluzione giurisprudenziale, cit.; Id., Nuove dimensioni e nuove prospettive dei doveri geni-toriali, cit., 4 s.. Sulla stessa linea, Trib. Cagliari, 25/08/2006 (v. Mighela, cit., 67). Particolareè poi App. Bologna, 10/02/2004 (v. Campanile, cit., 369 s.; Cipriani, cit., 526 s.; Facci, La re-sponsabilità dei genitori per violazione dei doveri genitoriali, cit., 210 s.; Mighela, cit., 68s.; Parini, cit., 184; Querci, cit., 16; Sesta, ultimo cit., 4. s.; Id., L’illecito endofamiliare nellarecente evoluzione giurisprudenziale, cit.), in cui non ci si limita, come nel caso del Tribunaledi Venezia, a constatare che l’inadempimento persiste nonostante il genitore abbia raggiuntouna buona posizione economica e sociale, ma si ricava dalla notevole disparità fra la condi-zione economica e sociale del padre e quella del figlio la giustificazione per concedere un ri-sarcimento del danno particolarmente elevato, avendo il figlio perso la possibilità di inserirsinella società in una posizione analoga a quella del padre

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“consapevolezza, infine raggiunta, dalla attrice di essere stata trattata come ilfiglio di un mammifero di specie diversa da quella umana […] è in sé una con-seguenza lesiva della altrui condotta illecita e merita un risarcimento riequili-bratorio”74.

1.3.3. Un caso particolare: Trib. Lecce, sez. Maglie, 3 settembre 2008

Un argomentare del tutto peculiare si ritrova poi in una sentenza del Tri-bunale di Lecce75. Il giudice pugliese, infatti, non ritiene sufficiente, di per sé,l’inadempimento dei propri obblighi da parte del genitore per permettere il ri-conoscimento del danno patrimoniale e morale, e, non considerando adegua-tamente provate le conseguenze lesive dell’illecito, finisce per negare ilrisarcimento di tali voci di danno: stante la situazione economica non floridadel padre, si afferma, non è affatto scontato che, in caso di adempimento aipropri obblighi genitoriali, le figlie avrebbero goduto di un tenore di vita su-periore, e nemmeno è provata una sofferenza derivante dalla mancanza delpadre, dato che l’affidamento ai parenti era avvenuto prestissimo, prima ancoradel momento in cui un bambino può maturare “la percezione della figura ma-terna”. Ma, quando si tratta di valutare la sussistenza del danno esistenziale,il giudice del Salento afferma che “la condotta del genitore del tutto inadem-piente al suo diritto-dovere di mantenere, istruire, educare i figli integra”, in-dubbiamente, “una lesione di diritti fondamentali della persona collocati alvertice della gerarchia dei diritti costituzionalmente garantiti (artt. 2, 29, 30 e31 Costituz.)”, precisando che non è la violazione in sé dei doveri genitorialia integrare il danno, ma “è la lesione di tutti quegli interessi ulteriori, conse-quenziali a quella violazione che nella specie ha realizzato la lesione di dirittifondamentali della persona (danno evento)”.

74 Secondo R. De Stefanis, Il commento a Trib. Venezia, 30/06/2004, cit., 551 ss., c’èstata, qui, una duplicazione risarcitoria, dato che il giudice (che pure si è domandato se ildanno morale assorbisse o meno quello esistenziale) ha in sostanza risarcito due volte lo stessodanno

75 Trib. Lecce, sez. Maglie, 03/09/2008, cit.

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A questo punto, però, la sentenza, sostiene che “affermare che il dannoesistenziale debba considerarsi esistente in re ipsa, con formulazione in veritàche varrebbe la pena relegare al passato, non significa negare la distinzione on-tologica tra l’evento, costituito dalla lesione dell’interesse-valore e le conse-guenze che da essa possono derivare (diminuzione o perdita del relativo valore).

Significa solo riconoscere, sul piano della prova, che una volta dimostratala lesione di un interesse giuridicamente rilevante e costituzionalmente garan-tito, risulta provata anche la diminuzione o la perdita del valore sotteso all’in-teresse leso, con incidenze inevitabilmente di carattere negativo che possonoassumere ovviamente caso per caso, diversa ampiezza e consistenza, in basealle singole situazioni contingenti”.

Dunque, la Corte non sembra ravvisare una contraddizione fra l’idea deldanno esistenziale come danno in re ipsa, e la necessità della sua prova, chepuò essere, però, anche presuntiva. Nel caso di specie, così, pur mancando ladeduzione di prova in ordine a tale tipo di danno, il giudice non ha alcuna dif-ficoltà a riconoscerlo, ritenendo che il distacco delle gemelle appena nate, laprivazione del rapporto fra di loro e con i membri della famiglia d’origine ab-biano avuto conseguenze negative nello sviluppo della loro personalità, es-sendo mancato loro l’indispensabile “calore” che la famiglia di origine avrebbepotuto dare.

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1.3.4. Trib. Minorenni di Ancona, 3 ottobre 2008

Da quanto detto sopra, comunque, emerge una certa confusione sia fra lediverse voci del danno non patrimoniale, sia nella questione della prova deldanno: il riferimento al criterio presuntivo, infatti, finisce per assottigliare no-tevolmente il divario fra la tesi del danno-evento e quella del danno-conse-guenza. Entrambi questi problemi si pongono in una sentenza del Tribunaledei Minorenni di Ancona del 3 ottobre 200876, la quale, fra l’altro, pur rile-vando che l’improvvisa “comparsa”, nella vita della figlia, di un padre che siera sempre disinteressato di lei, possa essa stessa costituire un trauma, non ri-tiene ciò motivo sufficiente per giustificare una continuazione dell’assenzadel padre, non solo perché il problema non si sarebbe posto se questi avesseadempiuto ai propri doveri genitoriali, intrattenendo rapporti, eventualmente“non frequentissimi”, con la minore, ma anche perché, comunque, il traumasarebbe evitabile “attraverso un ben strutturato processo di avvicinamento”.Per quanto riguarda, poi, il profilo della determinazione del danno biologicoed esistenziale, sembra proprio che i giudici marchigiani facciano una certaconfusione fra i due. Infatti, rilevano come dalla c.t.u. emerga chiaramentel’insicurezza mostrata dalla bambina, “in quanto durante l’incontro non ha vo-luto separarsi dalla madre”, e, soprattutto, alla base di essa, una confusione diruoli maschili (la bambina “ha infatti spiegato all’esaminatrice che lei conti-nuerà a chiamare babbo lo zio, fino a quando non arriverà il padre”), dovutaappunto alla totale assenza del padre, per cui “il danno esistenziale è provatodalla confusione di ruoli che la mancanza reale del dott. M. nella vita della fi-glia ha provocato”, danno sanabile soltanto con un notevole lavoro psicologico(con conseguente grosso impegno patrimoniale per ricorrere alle cure di unospecialista).

76 in Dir. fam. pers., 2009, 265 ss.

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In realtà, è evidente, più che di danno esistenziale dovrebbe parlarsi,qui, di danno biologico, e del resto la stessa sentenza parla, in relazione aquello stesso danno che, lo si è visto, definisce “esistenziale”, anche di “dannoalla salute psico-fisica” (che pure, si dice, può “risultare sussistente, a prescin-dere dalla relativa accertabilità in sede medico-legale”) e di “esiti di caratterepsico-patologici”.

Nessun dubbio, quindi, che, nonostante il nomen utilizzato, si tratti didanno biologico, dato che questo può risultare non solo dalla lesione dell’in-tegrità fisica, ma anche di quella psichica. Danno esistenziale propriamentedetto è invece quello che, poche righe dopo, la stessa decisione definisce, inmaniera molto simile alla già esaminata sentenza del Tribunale di Venezia,come mancanza di tutto “un coacervo di situazioni e fatti, apporti concreti, aprescindere dalla qualità del loro contenuto eventualmente valutabile in sededi procedimento ex artt. 330 e 336 c.c., che non sono stati forniti dal dott. …alla figlia, nonostante il relativo obbligo di legge”, di portata costituzionale,all’apporto morale, assistenziale e di cura. Tuttavia, mentre la Corte veneta,sia pure utilizzando un criterio essenzialmente presuntivo, sembra sposare latesi del danno-conseguenza (facendo comunque riferimento alla consapevo-lezza, per l’attrice, “di essere stata trattata come il figlio di un mammifero dispecie diversa da quella umana”), la Corte marchigiana sembra più vicina ariconoscere il danno di per sé, a prescindere a quelle che siano state le effettiveconseguenze lesive della condotta77.

77 Ancora recentemente, Trib. Roma, 14-27/10/2011, in Guida dir., 2012, 5, inserto 2,II ss., con nota di G. Dosi, afferma in maniera chiara che il danno deve essere provato, siapure per presunzioni, dall’attore, ma poi sembra quasi svuotare di significato tale afferma-zione. Infatti, dopo aver rilevato che le due attrici “asseriscono di aver subito, quale conse-guenza della sottrazione da parte di quello che è risultato essere il proprio padre naturaleall’assolvimento degli obblighi e dei diritti nei loro confronti, «profonde crisi esistenziali edangoscianti turbamenti psicologici»”, afferma che, “secondo il comune sentire, l’assenza diun genitore nella vita del figlio genera indubbiamente molteplici ripercussioni negative nellavita di quest’ultimo”: insomma, la presunzione non deriva dalle particolari circostanze delcaso concreto, ma è, per così dire, sempre sussistente, al punto che l’onere della prova con-traria finisce per gravare sul convenuto. Anzi, quelle che, nel caso di specie, potevano essereritenute le conseguenze negative del comportamento paterno (il ricorso alla droga e la carce-razione) non vengono prese in considerazione, essendo “frutto di una scelta personale di vitae non rientranti fra quelle presumibili secondo l’id quod plerumque accidit”

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Da questa sentenza, e da quelle esaminate nei precedenti paragrafi,emerge comunque una sorta di diritto implicito del minore, che la legge ov-viamente non menziona, ma che sta alla base dei doveri genitoriali: si trattadel “diritto all’amore”, una sorta di componente affettiva la quale deve per-meare l’adempimento dei doveri genitoriali e dalla quale nessun essere umanopuò prescindere nel corso dell’età evolutiva senza riportarne pesanti ferite de-stinate, probabilmente, a non rimarginarsi mai. Del resto, è la stessa leggesull’adozione (l. 4 maggio 1983, n. 184, così come modificata dalla l. 28 marzo2001, n. 149) che parla di situazione di abbandono come mancanza perma-nente di “assistenza morale e materiale da parte dei genitori” (art. 8), assistenzamorale che altro non è che l’attuazione del diritto all’amore, e che richiede l’“idoneità affettiva” degli adottandi (art. 6)78.

1.3.5. La giurisprudenza successiva al “poker” dell’11 novembre 2008:Trib. Messina, sez. I, 31 agosto 2009

Prima di passare al tema della configurabilità dei doveri genitoriali, e allaconseguente possibilità di ravvisare una responsabilità per la loro violazione,ancor prima che sia avvenuto il riconoscimento, appare opportuno ricordareuna recente sentenza del Tribunale di Messina, peraltro già citata79, che apparesignificativa per l’esplicito richiamo alla “rivoluzione” in materia di dannonon patrimoniale operata dalla Cassazione l’11 novembre 2008.

In particolare, tale arresto, conformandosi alle “linee-guida” tracciatedalla Suprema Corte, non ha fatto altro che ribadire la necessità che, al finedella configurabilità di un danno risarcibile nei rapporti genitori-figli, vi sianon semplicemente una condotta di scarsa gravità, superabile con lo spirito ditolleranza che dovrebbe permeare le relazioni familiari, e nemmeno una vio-

78 Montecchiari, Rapporti tra genitori e figli, cit., 14179 Trib. Messina, 31/08/2009, cit.

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lazione di livello, per così dire, “intermedio”, per la quale sono invece suffi-cienti i rimedi propri del diritto di famiglia, ma piuttosto una violazione taleda “colpire” i diritti sanciti dagli artt. 2, 29 e 30 Cost., con una valutazione dafarsi nel caso concreto, secondo la tesi, accolta dal “poker” dell’11 novembre2008, del danno-conseguenza (per quanto, comunque, nel caso di specie talevalutazione sia stata piuttosto sommaria)80. Fino a qui, nulla di nuovo, se non,per così dire, la conferma di quanto ci si sarebbe potuti attendere. Ciò che èrilevante è invece il criterio utilizzato per distinguere la violazione “semplice”e la violazione che vada a minare i diritti costituzionali.

Il cd. “danno da deprivazione genitoriale” (che, ricordiamolo, può ri-guardare sia il mancato adempimento dei doveri genitoriali verso il figlio le-gittimo o comunque riconosciuto, sia il mancato riconoscimento) è ravvisabilequando “una relazione familiare prima esistente e che quindi arricchiva l’in-dividuo sotto il profilo personale (ed anche economico) viene meno e quindisi può presumere secondo l’id quod plerumque accidit una modificazione inpeius della vita del soggetto, non limitata al momento del dolore, ma ancheproiettata nel futuro in quanto viene meno l’apporto, l’affetto, la cura e l’assi-stenza che aiutano l’individuo nel suo complessivo percorso esistenziale”81.

Non può non tentarsi, a questo punto, un confronto fra la già citata sen-tenza del Tribunale di Lecce del 3 settembre 2008 e il presente arresto. Infatti,come si è visto, l’argomentare della Corte del Salento seguiva un percorso “adostacoli”, piuttosto contorto, in cui veniva sì riconosciuto, infine, il danno esi-stenziale, argomentando che “il distacco, la separazione delle due gemellineappena nate avesse integrato una incredibile e gratuita violenza in loro danno”,

80 Cfr. anche Amram, Il commento, cit., 511 ss., la quale ritiene che, in sostanza, nonvi sia stata un’effettiva verifica del nocumento fisico e psichico derivante alle attrici, ormaimaggiorenni, dalla negligente condotta paterna, tanto più che il calo del profitto universitario,asseritamente ricondotto a quest’ultima, ben potrebbe essere stato causato, nel caso di specie,dalla morte della madre

81 Resta il problema della quantificazione del danno. Amram, Il commento, cit., 514ss., di fronte a risarcimenti spesso molto alti (contrariamente a quello concesso dal Tribunaledi Messina nel caso di specie), ipotizza, de jure condendo, per così dire, un sistema tabellareanalogo a quello previsto per il danno biologico

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e altrettanto dannosa fosse stata la privazione del loro rapporto reciproco e diquello con i membri della loro famiglia di origine, e del “calore” derivante datale rapporto, con evidenti conseguenze peggiorative nel loro processo di cre-scita e nello sviluppo della loro personalità, ma si negava quello che venivadefinito, forse impropriamente, come “danno morale”, derivante dalla priva-zione del rapporto col padre, argomentando che la perdita di ogni rapporto conquesti era avvenuta molto presto, prima ancora che le gemelline avessero po-tuto sviluppare la percezione della “figura” paterna.

In sostanza, non si tratta che dell’affermazione ante litteram del principiosancito nel 2009 dal Tribunale di Messina, che ravvisa proprio, come si è visto,nella perdita di una “relazione familiare prima esistente” il danno: ove questarelazione manchi ab origine, implicitamente dovrebbe mancare anche il danno.

Probabilmente, però, il Tribunale siciliano magis dixit quam voluit, dalmomento che, seguendo rigidamente il principio, dovrebbe negarsi la tutelaaquiliana nei casi nei quali, ad esempio a causa della mancanza di un ricono-scimento, il rapporto genitore-figlio non vi sia mai stato, e che, invece, appa-iono essere proprio quelli in cui appare più difficile negare la sussistenza diun danno non patrimoniale da lesione di diritti costituzionali.

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2. La responsabilità per mancato riconoscimento di paternità, per riconoscimento non veritiero di paternità e per disconoscimento a seguito di fecondazione eterologa

2.1. La responsabilità per mancato riconoscimento di paternità

E’ sì vero, infatti, che in passato si riteneva che i doveri genitoriali sor-gessero solo in seguito al riconoscimento o, comunque, in seguito alla dichia-razione giudiziale di paternità, e ciò alla luce dell’art. 261, che parla appuntodi “diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento”82.

Del resto, sottolinea una sentenza del Tribunale di Trani83, che nel casodi specie aveva negato il risarcimento del danno, rilevando l’assoluta man-canza della prova dello stesso, nell’ordinamento non vi sarebbe alcun obbligoa riconoscere i figli. Tuttavia l’orientamento della giurisprudenza ormai con-solidato sembra sancire che gli obblighi genitoriali nascono a favore sia deifigli riconosciuti che di quelli non riconosciuti. In particolare, può essere quiricordata una sentenza del 18 aprile 2006 del Tribunale di Venezia84.

Il caso di specie riguardava un figlio che, a causa del mancato riconosci-mento, aveva vissuto in condizioni economiche precarie e aveva dovuto ab-bandonare presto gli studi, per poter contribuire alle esigenze della famiglia.

82 Parini, cit., 67. Sulla costituzione del rapporto di filiazione, su cui si ritiene non op-portuno soffermarsi in questa sede, cfr. Paladini – Giusti, cit., 1023; Pilla, cit., 249 ss.

83 Trib. Trani 959/2007 (in Fam. dir, 2008, 564 ss., con nota di R. Russo, che lo critica;in Giur. mer., 2008, 2496 ss., con nota di V. Amendolagine). Cfr. anche L. Lenti, Famiglia edanno esistenziale, in P. Cendon – P. Ziviz (a cura di)¸ Il danno esistenziale. Una nuova ca-tegoria della responsabilità civile, Giuffé, Milano 2000, 263 s., 262; Mighela, cit., 70 s.; M.Sesta, Nuove dimensioni e nuove prospettive dei doveri genitoriali, cit., 1 s.; in giurisprudenza,Trib. Monza, 19/02/2010, cit.

84 Trib. Venezia, 18/04/2006, in Danno resp., 2007, 576 ss., con nota di R. De Stefanis.Cfr. anche Facci, ultimo cit., 211 ss.; Mighela, cit., 69 s.; Montecchiari, Rapporti tra genitorie figli, cit., 141; Parini, cit., 184; Querci, cit., 16

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L’attore lamentava, così, l’esistenza di un triplice danno: patrimoniale,per non aver potuto proseguire gli studi e, quindi, conseguire un lavoro capacedi garantirgli un reddito più elevato e un miglior tenore di vita, un danno esi-stenziale, derivante dal difetto di educazione ed istruzione, e, infine, un dannomorale dal reato di cui all’art. 570 c.p., essendo mancato dal padre ogni con-tributo economico al suo mantenimento. Il convenuto, fra l’altro, replicavache, oltre a dover il procedimento essere sospeso fino al passaggio in giudicatodella sentenza di accertamento del rapporto di filiazione, mancava comunqueun comportamento antigiuridico, asserendo di non aver mai saputo dell’esi-stenza del figlio.

Il Tribunale, rigettando l’istanza di sospensione, prima ancora di esami-nare le circostanze di fatto, si pone il problema “se possa considerarsi condottaantigiuridica il mancato mantenimento del figlio naturale non riconosciuto,giacché evidentemente non può esservi illecito aquiliano se la condotta illecitanon sia, prima ancora che colposa se non addirittura dolosa, effettivamentetale da integrare la violazione di una norma giuridica”: infatti, la particolaritàdel caso di specie derivava dal fatto che la condotta di inadempimento dei do-veri genitoriali era anteriore rispetto all’accertamento giudiziale della paternità.Viene così affermato, richiamandosi ad alcuni precedenti della Suprema Corte,l’importante principio che gli obblighi genitoriali sorgono dalla nascita del fi-glio, anche quando la procreazione sia stata solo successivamente dichiarata invia giudiziale, avendo tale accertamento una funzione meramente dichiarativa85:secondo il giudice veneto, del resto, sarebbe illogico configurare un obbligo,come quello che i genitori hanno verso i figli, per poi ritenere che la sua con-sapevole violazione non costituisca una condotta antigiuridica86.

85 R. De Stefanis, Il commento a Trib. Venezia, 18/04/2006, cit., 584. critica tale posi-zione, in base all’assunto che l’accertamento giudiziale avrebbe natura costitutiva e non me-ramente dichiarativa

86 La sentenza sembra prevenire eventuali critiche da parte dei sostenitori della tesidell’assenza di un obbligo giuridico a riconoscere i figli, affermando che l’obbligo violatonon è, appunto, quello al riconoscimento ma, piuttosto, quello di mantenimento ed educazione.Sulla consapevolezza della violazione, cioè, in sostanza, sull’esistenza dell’indispensabilecomponente soggettiva della colpa, il Tribunale ricorda le numerosi “voci di paese” sulla pre-sunta paternità, che non potevano non instillare nel convenuto almeno il sospetto di essere ilpadre biologico dell’attore

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Così, nel caso di specie, il giudice non ha difficoltà, di fronte alla situa-zione di indigenza in cui è cresciuto l’attore e al confronto con l’agiatezza delpadre, a concedere il risarcimento del danno patrimoniale (nella forma deldanno da perdita di chance) e, soprattutto, del danno esistenziale, inteso comedanno derivante dalla lesione dei diritti fondamentali della persona e, in par-ticolare, alla libera formazione della propria personalità (art. 2 Cost.), dato chel’attore puntualmente ha descritto i pregiudizi derivatigli dal mancato ricono-scimento: tale danno, però, viene riconosciuto fino al momento in cui l’attoreha raggiunto la posizione lavorativa e personale a cui aspirava, con l’assun-zione come infermiere e la formazione di una propria famiglia. Per quanto ri-guarda, poi, il danno morale, viene negata la sussistenza del reato di cui all’art.570 c.p. e, con essa, il risarcimento.

Il punto centrale della sentenza in esame è dato, comunque, dall’afferma-zione della coincidenza fra la nascita e il sorgere degli obblighi genitoriali, aprescindere dal riconoscimento o dall’accertamento giudiziale.

Da ciò seguono due importanti corollari. Il primo, utile, nel nostro lavoro,a fini essenzialmente teorici, è quella di trovare un’ulteriore conferma alla tesiche esclude un collegamento necessario fra potestà e doveri genitoriali, col-legando questi ultimi al semplice evento della nascita, rectius alla titolarità so-stanziale (e non meramente formale) del rapporto di filiazione87.

87 Parini, cit., 67 ss., che parla di “responsabilità da procreazione”, espressione cheforse, però, potrebbe portare a confusione con la “responsabilità da concepimento”. Corretta-mente, poi, fa riferimento all’art. 279, che attribuisce al figlio non riconosciuto o non ricono-scibile il diritto ad agire nei confronti del genitore per l’adempimento dei doveri di educazione,istruzione e mantenimento: tale norma è dunque un’evidente conferma dell’assenza di unacorrelazione necessaria fra doveri genitoriali e potestà. Il fatto che venga in qualche modo ri-conosciuta al padre la facoltà di non riconoscere il figlio e alla madre quella di non essere no-minata nell’atto di nascita (art. 30, 1° comma, d.P.R. 396/2000) non esclude la validità di taleaffermazione: si tratterebbe, in sostanza, di una “facoltà a rischio” (v. Dogliotti, ultimo cit.,519 s.; Parini, cit., 71), non esimente da responsabilità (contra, G. Dosi, La scelta di non ri-conoscere il figlio naturale è un principio previsto dal nostro ordinamento, nota a Trib. Roma,14-27/10/2011, cit., V s.)

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Il secondo corollario, esaminato dal Tribunale, e dalle conseguenze benpiù pratiche, è che, se è dalla nascita che sorgono i doveri genitoriali, è da talemomento che va valutato se il genitore sia adempiente o meno, con la conse-guenza di consentire al figlio di chiedere il risarcimento del danno patito nongià dal momento del riconoscimento, ma dal momento della nascita88.

2.2. La responsabilità per riconoscimento non veritiero di paternità

Una situazione per così dire opposta rispetto a quella esaminata nel pre-cedente paragrafo è invece quella del riconoscimento non veritiero di paternità(o, ovviamente, di maternità), il quale, ove non sia frutto di un mero errore89,oltre ad integrare il reato di cui all’art. 483 c.p. (“Falsità ideologica commessada privato in atto pubblico”), è fonte di responsabilità aquiliana nei confrontidel (presunto) figlio90.

88 Cass. 5652/2012, cit., invece, ha confermato la sentenza di merito che aveva con-dannato il padre al risarcimento del danno esistenziale subito dal figlio solo dopo il raggiun-gimento della maggiore età, ma precisando che le ragioni che abbiano indotto la corteterritoriale a interpretare così restrittivamente il petitum “sfuggono a qualsiasi tentativo dicomprensione”. Per il resto, conferma la tesi secondo cui, sorgendo i doveri genitoriali dallanascita del figlio, a prescindere dal riconoscimento e da qualsiasi domanda, e corrispondendotali obblighi, nel destinatario, “a diritti primari della persona, costituzionalmente garantiti”,nel caso in cui essi non vengano adempiuti vi è un illecito aquiliano, con conseguente fonda-tezza della pretesa risarcitoria

89 Cassano, Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabilità, cit., 2014;Facci, I nuovi danni nella famiglia che cambia, cit., 89

90 oltre che nei confronti del coniuge che non ne fosse a conoscenza (v. Facci, ultimocit., 89 s.; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile, cit., 297 s.). Possiamo ricordareanche alcuni casi giurisprudenziali stranieri e, in particolare, una sentenza del Tribunale diParigi, il quale ha ritenuto che l’uso africano che impone al compagno della madre di crescereil figlio di quest’ultima come se fosse proprio, addirittura riconoscendolo, non costituisceun’esimente da responsabilità, e una del Tribunale di Nancy, in cui, pur riconoscendo un di-ritto della donna a nascondere l’adulterio, si ritiene che, comunque, ciò non possa risolversiin una rivelazione tardiva e assolutamente sconvolgente alla figlia della sua reale origine bio-logica (J. Hauser, Laisser s’établir une paternité peut être une faute pour la mère ou pour lepère, in Revue trim. droit civ., 2008, 283 ss.)

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Per tale tipo di danno, possiamo rifarci ad una sentenza emessa il 31marzo 1992 dal Tribunale di Torino91, che non soltanto ha affermato la sussi-stenza di un danno morale da reato e di un danno “psicofisico e di caratteresociale” derivante dalla condotta de qua, ma ha anche chiarito che non escludeil risarcimento il fatto che la scoperta della verità sia avvenuta in un’età rela-tivamente avanzata, in cui il figlio ha raggiunto ormai una certa maturità.Anzi, proprio l’aumentare del numero degli anni passati con una convinzione,relativa alle proprie origini, rivelatasi errata rende particolarmente difficile edoloroso il percorso successivo alla scoperta, che sarà inevitabilmente carat-terizzato da una perdita di autostima e di identità o da una certa instabilità neirapporti affettivi.

2.3. La responsabilità per disconoscimento di paternità a seguito di fe-condazione eterologa

Dai casi sopra esaminati emerge come vi sia una sorta di diritto implicitodel minore a conoscere chi siano realmente i suoi genitori biologici (quindi,un certo favor veritatis) e a vedere assolti i doveri che questi hanno nei suoiconfronti. Ma vi è un’importante eccezione alla regola, data dai casi di inse-minazione eterologa92.

E’ noto, infatti, che tale pratica è vietata nel nostro ordinamento (art. 4,l. 40/2004): tuttavia, ove essa sia praticata, in violazione del divieto, il padrenon potrà esercitare l’azione di disconoscimento nei casi previsti dall’art. 235,1° comma, nn. 1) e 2), c.c., né impugnare il riconoscimento ex art. 263 c.c., ela madre non potrà esercitare la facoltà, riconosciutale negli altri casi, di non

91 v. Cassano, ultimo cit., 2013; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e dannoesistenziale, cit., 232 s.; Cipriani, cit., 524; De Mauro, cit., 253; Dignani, cit., 12 ss.; Facci,ultimo cit., 88; Id., La responsabilità dei genitori per violazione dei doveri genitoriali, cit.,232 ss.; Fraccon, ultimo cit., 294 ss.; Id., La responsabilità dei genitori per i danni arrecatiai figli, cit., 1332 ss.; Mighela, cit., 71; Parini, cit., 196 ss.

92 sul tema, v. Parini, cit., 221 ss.

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essere nominata nell’atto di nascita, e ciò per evitare che il bambino si ritrovia non poter essere accompagnato, nella sua crescita, da un soggetto che, purnon essendo il suo genitore biologico, aveva “acconsentito”, anzi, “program-mato”, la sua nascita.

In tal modo, il legislatore ha accolto in una norma di legge la soluzionegià adottata dapprima dalla giurisprudenza di merito (Trib. Cremona, 7 feb-braio 1994, e, in gravame, App. Brescia, 10 maggio – 14 giugno 1995), poidalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (con la sentenza n. 347 del 26settembre 1998).

La Consulta, con riferimento al 1° comma, n. 2, aveva affermato che “lapossibilità che ipotesi nuove, non previste al tempo dell’approvazione di unanorma, siano disciplinate dalla stessa non è da escludersi in generale. Ma talepossibilità implica un’omogeneità di elementi essenziali e un’identità di ratio;nella cui carenza l’estensione della portata normativa della legge si risolve-rebbe in un arbitrio. E’ quanto accadrebbe una volta che, ai fini dell’esperibilitàdell’azione di disconoscimento di paternità, l’ipotesi in esame fosse equiparataa quelle, tanto dissimili, previste dall’art. 235 del codice civile”. Con riferi-mento al n. 3, poi, aveva sostenuto che la norma “riguardi esclusivamente lagenerazione che segua ad un rapporto adulterino, ammettendo il disconosci-mento della paternità in tassative ipotesi quando le circostanze indicate fac-ciano presumere che la gravidanza sia riconducibile, in violazione del doveredi reciproca fedeltà, ad un rapporto sessuale con persona diversa dal coniuge”.Seguendo la logica conseguenza di questo argomentare, il giudice delle leggiaveva così escluso, già prima della l. 40/2004, che l’art. 235 c.c. sia applicabilenel caso del figlio nato da fecondazione eterologa, costituendo anzi il consensoun’assunzione di responsabilità effettuata nell’ambito delle intese coniugalidi cui all’art. 144 c.c., perfettamente valida e vincolante una volta che sia stataseguita dal concepimento.

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3. La violazione dei doveri genitoriali nella crisi familiare

Nel caso di separazione o divorzio fra i coniugi, i doveri genitoriali dimantenimento, istruzione ed educazione non vengono ovviamente meno, madevono essere adempiuti secondo le modalità fissate nella sentenza di separa-zione o divorzio93.

Tuttavia, ai doveri fin qui esaminati si aggiungono il dovere di visita equello di frequentazione, che permettono il mantenimento di un regolare rap-porto fra genitori e figli e, con esso, l’adempimento dei doveri genitoriali94.

In particolare, se in passato nella maggior parte dei casi veniva dispostol’affidamento esclusivo ad uno solo dei coniugi, generalmente la madre, rico-noscendo all’altro genitore solo un diritto-dovere di visita in giorni e periodideterminati, la l. 8 febbraio 2006, n. 54 ha modificato, fra l’altro, l’art. 155c.c., nel senso che oggi, com’è noto, il giudice deve prioritariamente valutare

93 L’art. 155, 2° comma, c.c. prevede che il giudice, nell’adottare i provvedimenti re-lativi alla prole, debba basarsi sul principio del best interest of the child, definendo i tempi ei modi della presenza di ciascun genitore e “la misura e il modo con cui ciascuno di essi devecontribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli”. Sul tema, cfr.anche Greco, cit., 1393

94 A proposito del diritto del figlio alla bigenitorialità e, quindi, ai doveri genitoriali difrequentazione e di visita, bisogna almeno accennare al fenomeno della sottrazione interna-zionale di minori: essa, infatti, senza alcun dubbio, lede il diritto del minore ad intrattenerestabili relazioni con entrambi i genitori e, purtroppo, costituisce un fenomeno in costante au-mento, specie per i casi di genitori di Paesi islamici che trasferiscono i figli nei loro luoghi diorigine, con evidenti difficoltà ad ottenere dai giudici locali un provvedimento che impongala loro “restituzione” al genitore italiano. I principali documenti internazionali in materia sonola Convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, aperta alla firmaall’Aja nel 1980, e la Convenzione europea sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioniin materia di affidamento dei minori e di ristabilimento dell’affidamento, aperta alla firma aLussemburgo sempre nel 1980, entrambe ratificate in Italia con la l. 64/1994, a cui si aggiungeoggi il Reg. 2003/2201 CE, il cui art. 41 par. 1 prevede oggi: “Il diritto di visita […], conferitoin forza di una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è eseguibilein un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e senzache sia possibile opporsi al suo riconoscimento se la decisione è stata certificata nello Statomembro d’origine in accordo con il paragrafo 2” (cfr., più diffusamente, Baruffi, cit., 277 ss.;Contiero, cit., 237 ss.; C. Cortesi – G. De Marzo – A. Liuzzi, La normativa internazionale, inG. De Marzo – C. Cortesi – A. Liuzzi, La tutela del coniuge e della prole nella crisi familiare,cit., 595 ss.; Montecchiari, La potestà dei genitori, cit., 305 ss.)

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la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitori (cd. affidamentocondiviso), per cui non si parla più di diritto-dovere di visita, ma di frequen-tazione, e solo ove questa soluzione non sia possibile95 deve disporre l’affida-mento esclusivo. Analogamente, se in passato la titolarità della potestàrimaneva in capo ad entrambi i coniugi, ma il suo esercizio esclusivo spettavaal genitore affidatario (per cui l’altro genitore godeva soltanto di un diritto-dovere di vigilanza e il suo consenso era necessario solo nelle decisioni dimaggiore interesse per i figli), con la riforma anche l’esercizio della potestà èoggi congiunto (salvi i casi, ormai marginali, di affidamento esclusivo)96.

La dizione diritto-dovere sopra utilizzata non è casuale: infatti, la visitae la frequentazione non rappresentano soltanto un dovere per il genitore, chein tal modo adempie ai propri obblighi genitoriali, ma anche un vero e propriodiritto per il genitore. Ciò si dice alla luce della visione non più gerarchicadella famiglia, in cui, ormai, vi è un’interazione ed un sostegno reciproco deicomponenti, col risultato, che un tempo sarebbe stato considerato quasi para-dossale, di riconosce non soltanto il bisogno, per il figlio, di avere un rapportocol genitore, ma anche la necessità, per il genitore, di relazionarsi con il figlio.Da ciò deriva, evidentemente, la possibilità di ravvisare non solo una respon-sabilità del genitore non convivente (o non affidatario) che non adempia aldovere di visita o a quello di frequentazione, ma anche del genitore convivente(o affidatario) che ostacoli i rapporti dell’ex partner con il figlio97.

95 A titolo meramente esemplificativo, possiamo citare le difficoltà logistiche derivantidalla lontananza dei luoghi in cui vivono un genitore con i figli e l’altro genitore, nonché laconflittualità esistente fra gli ex partner (cfr., ex multis, Trib. Salerno, 22/12/2009, in Fam.dir., 2010, 924, con nota di E. Vullo)

96 v. Cassano, Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabilità, 2006 s.; Ci-priani, cit., 527 s.; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile, cit., 261 ss.; Greco,cit., 1385 ss.; Paladini – Giusti, cit. 1002; Parini, cit., 225 ss.; Villa, cit., 323 s.. Nonostanteciò, le considerazioni svolte in passato da dottrina e giurisprudenza sul dovere di visita si puòritenere valgano, indubbiamente, anche per il dovere di frequentazione di cui alla nuova legge,per cui, nelle prossime pagine, si riporteranno, indifferentemente, citazioni dottrinali e giuri-sprudenziali sia pre- che post-riforma

97 E’ importante osservare che il nuovo art. 155-quinquies c.c. ha esteso l’applicabilitàdelle norme relative ai figli minori ai figli maggiorenni portatori di handicap, cosicché i doveridei genitori nei confronti del figlio non autonomo si estendono tendenzialmente senza limititemporali (Sesta, La violazione delle modalità di affidamento e i rimedi di cui all’art. 709 terc.p.c., cit., 10)

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3.1. La responsabilità del genitore per l’inadempimento del dovere di fre-quentazione e di visita

Per quanto riguarda la frequentazione (o la visita) intesa come dovere, èchiaro che il suo inadempimento può generare una responsabilità, sia ovvia-mente nei confronti del figlio che dell’altro genitore.

In particolare, nei confronti di quest’ultimo può ravvisarsi un danno pa-trimoniale, sia nella forma del danno emergente (ad esempio, per la necessitàdi assumere una baby-sitter per custodire il figlio), sia un lucro cessante (nelcaso in cui si siano perse delle occasioni di lavoro)98.

Parte della dottrina99, che però non trova d’accordo la giurisprudenza dellaSuprema Corte (Cass. 1365/2000), ritenendo che l’art. 36, 3° comma, Cost.,che prevede il diritto alle ferie retribuite, sia applicabile anche ai rapporti fraconiugi, sostiene la risarcibilità del danno esistenziale derivante dalla perditadella possibilità di riposarsi durante le ferie a causa del comportamento del-l’altro genitore che non abbia tenuto con sé i figli per il periodo stabilito.

Ma, evidentemente, un danno è ravvisabile pure, e soprattutto, nei con-fronti del figlio: ripetute violazioni del dovere di frequentazione o di visita,infatti, non solo impediscono al minore di godere dei benefici di un rapportocostante con entrambi i genitori, ma portano con sé anche la violazione deglialtri doveri genitoriali, minando il sereno sviluppo della personalità del minoree un corretto processo di maturazione dello stesso100.

98 cfr., in giurisprudenza, Cass. 1365/2000 e Trib. Brindisi, 30/10/2001, entrambe citateda Mighela, cit., 73; in dottrina, Cassano, Rapporti familiari responsabilità civile e danno esi-stenziale, cit., 224 s.; Cipriani, cit., 529 s.; Delmonte, cit., 12; Facci, ultimo cit., 222 s.; Id., Inuovi danni nella famiglia che cambia, cit., 82 s.

99 Fraccon, ultimo cit., 270 ss.; Id., La responsabilità dei genitori per i danni arrecati aifigli, cit., 1323

100 Cassano, ultimo cit., 225; Id., Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabi-lità: la rivoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni alla luce del danno esistenziale, cit., 2007;Cipriani, cit., 529; Facci, ultimo cit., 83; La responsabilità dei genitori per violazione dei doverigenitoriali, 223; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile, cit., 274 s.

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Il danno, in tal caso, è chiaramente non patrimoniale, nella forma di le-sione ai diritti fondamentali, oltre che, eventualmente, di danno morale dareato101. Le osservazioni sopra svolte in merito al bisogno reciproco di genitorie figli ad avere un rapporto fra loro non possono, comunque, indurre a parlaredi un diritto di visita o frequentazione per il genitore qualora vi sia un rifiutoinsuperabile da parte del figlio (nonostante gli incoraggiamenti in senso con-trario da parte dell’altro genitore e, magari, di uno psicologo), specie se giàadolescente: ciò deriva sia dai principi costituzionali e dalle Convenzioni in-ternazionali sui minori, sia dagli stessi art.147 e 315-bis c.c., che richiedonoil rispetto delle inclinazioni e delle aspirazioni dei figli102.

3.2. La responsabilità del genitore affidatario che ostacola i rapporti conl’altro genitore

Per quanto riguarda, poi, il caso in cui un genitore ostacoli o impedisca irapporti dell’altro genitore con il figlio, bisogna innanzitutto precisare che ciòpuò avvenire sia con comportamenti materiali (ad esempio il rifiuto di conse-gnare il figlio nei tempi dovuti o il fatto di rimproverare o addirittura chiuderein camera il figlio che voglia andare a visitare l’altro genitore), sia con una pres-sione psicologica (spesso subdola) volta a far sviluppare nel figlio il rifiuto adintrattenere rapporti con l’altro genitore (sindrome da alienazione parentale)103.________

101 Nei casi estremi, infatti, può trovare applicazione l’art. 572 c.p. (Fraccon, ultimo cit., 269)102 Cassano, ultimo cit., 2007 s.; Id., Rapporti familiari responsabilità civile e danno esi-

stenziale, cit., 225 ss.; Cipriani, cit., 530; Facci, ultimo cit., 223 s.; Id., I nuovi danni nella fami-glia che cambia, cit., 83 s.; Fraccon, ultimo cit., 284 ss.; Id., La responsabilità dei genitori peri danni arrecati ai figli, cit., 1330 s., che fa anche riferimento ad una sentenza della CEDU (del21 ottobre 1998) secondo la quale l’esercizio del diritto-dovere di visita può essere sospeso, aprescindere dai meriti o dai demeriti del genitore non affidatario, in caso appunto di rifiuto daparte della prole stessa. Cfr. anche, in giurisprudenza, Trib. Reggio Emilia, 27/03/2008 (decr.),in Fam. dir., 2008, 1023 ss., con nota di G. Facci

103 E’ chiaro dunque che, ove il rifiuto ad intrattenere rapporti con un genitore non siafrutto della personale ed autonoma convinzione del figlio, ma sia stato “indotto” con una pres-sione psicologica da parte dell’altro genitore, non rientreremo certo nei casi in cui è doverosauna sospensione del diritto-dovere di visita o di frequentazione ma, piuttosto, sarà necessariol’intervento di uno psicologo e saranno ravvisabili dei profili di responsabilità a carico del

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Oltre ad integrare il reato previsto dall’art. 388, 2° comma, c.p., tale com-portamento può non solo dar luogo al rimedio specifico del cambio del regimedi affidamento, ma può anche generare una responsabilità aquiliana a caricodel responsabile. Anche in questo caso, vi è una lesione sia del diritto del figlioad intrattenere rapporti con entrambi i genitori, sia di quello del genitore “osta-colato” ad intrattenere rapporti con il figlio.

Per quanto riguarda il danno nei confronti del figlio, possono qui richia-marsi le considerazioni già svolte nel paragrafo precedente: in particolare, èstato ritenuto che non integri il reato di cui all’art. 388 c.p. il comportamentodella madre che non si sia opposta alla volontà della figlia che, a pochi giornidalla separazione, non voleva vedere il padre104;

Viceversa, in un altro caso105 è stato ritenuto sanzionabile il comporta-mento della madre che “in assenza di oggettive ragioni per impedire la frequentazione tra padre e figlia, non ha ritenuto di dovere adottare i compor-tamenti strettamente indispensabili a consentire l’effettivo esercizio del dirittodi visita al padre, non fornendo, sul piano materiale e su quello del rapportocon la figlia minore, quell’apporto minimo in termini di coordinamento e coo-perazione che è sempre necessario per garantire l’esecuzione secondo buonafede […] dei provvedimenti del giudice civile concernenti i minori”.

Per quanto riguarda, invece, il danno nei confronti del genitore “ostaco-lato”, la giurisprudenza ha riconosciuto non solo il danno morale106, ma anchequello esistenziale (si parla, in tal caso, di danno da privazione del rapporto

genitore che ha esercitato tale pressione (Parini, cit., 189). Sugli aspetti psicologici della “sin-drome da alienazione parentale”, cfr. C. Augello, Sindrome da alienazione genitoriale e ri-sarcimento del danno, 1 ss., che parla anche del cd. “mobbing genitoriale” (pp. 5 s.)

104 v. Contiero, cit., 129 s.. Nel caso di specie, ha sicuramente influito nella decisioneil fatto che l’episodio sia avvenuto, come si è detto, a pochi giorni della separazione, quandola reazione emotiva della figlia, di appena nove anni, certo era particolarmente forte e il tempotrascorso dalla separazione insufficiente, per la madre, per farle metabolizzare la nuova realtàfamiliare

105 v. Contiero, cit., 130106 E’ stata riconosciuta, in particolare, la possibilità per il genitore “ostacolato” di costituirsi

parte civile, chiedendo il danno morale dal reato di cui all’art. 388 c.p. (v. De Marzo, cit., 703)

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parentale)107, e addirittura biologico presunto: infatti, secondo una sentenzadel Tribunale di Roma del 13 giugno 2000108, il genitore ostacolato subirà deiturbamenti psichici, dolore, ansia ed angoscia “per non aver potuto assolvere,non per sua volontà, agli stringenti doveri verso il figlio, né soddisfare i suoilegittimi diritti di padre, con pregiudizievoli riflessi anche sulla propria vitadi relazione […], menomazioni tutte fortemente incidenti sulla salute fisico-psichica di un individuo anche in proiezione futura e, perciò, di concreta e per-manente rilevanza biologica”.

Sempre lo stesso Tribunale, recentemente, ha pronunciato una sentenzasul tema109, riconoscendo il danno non patrimoniale ad un padre che si eravisto ostacolato nei rapporti con il figlio dall’ex coniuge, che era arrivata ad-dirittura ad accusarlo di abusi sessuali verso il figlio stesso: in tal modo, è statoaffermato, ancora una volta, il cd. “diritto alla genitorialità”, garantito dagliartt. 2 e 29 della Cost., la cui lesione, provocando nel genitore ostacolato “unaforte sofferenza per non avere potuto assolvere – e non per sua volontà – aidoveri verso il figlio e per non aver potuto godere della presenza e dell'affettodel piccolo”, è certo suscettibile di risarcimento.

107 Trib. Monza, 05/11/2004, in Danno resp., 2005, 851 ss., con nota di G. Ramaccioni;in Fam. dir., 2005, 79 ss., con nota di G. De Marzo; in Fam., 2006, 584 ss., con nota di A.Cordiano; in Resp. civ. prev., 2005, 171 ss., con nota di G. Facci. Cfr. anche Campanile, cit.,378; Cassano, ultimo cit., 230 s.; Id., Rapporti tra genitori e figli, illecito civile e responsabi-lità: la rivoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni alla luce del danno esistenziale, 2012s.; Cipriani, cit., 531; Contiero, cit., 130 s.; Delmonte, cit., 12 s.; De Mauro, cit., 253; Dignani,cit., 15 ss.; Mighela, cit., 73; Parini, cit., 193 s.; Pilla, cit., 307; Querci, cit., 16. Questa sentenzaè interessante anche per quanto riguarda i profili, supra esaminati, relativi alla distinzione fradanno-evento e danno-conseguenza: il giudice lombardo ha infatti negato, nel caso di specie,il risarcimento del danno biologico (contrariamente a quanto fatto poco prima dal Tribunaledi Roma, v. infra), dato che lo stesso non era stato provato

108 v. Annunziata, cit., 113 ss.; Cassano, ultimo cit., 2011 s.; Id., Rapporti familiari re-sponsabilità civile e danno esistenziale, cit., 229; Cipriani, cit., 531; Delmonte, cit., 10 s.; DeMarzo, cit., 704; De Mauro, cit., 253; Dignani, cit., 17 ss.; Dogliotti, ultimo cit., 518 s.; Facci,ultimo cit., 84 s.; Fraccon, ultimo cit., 1328 s.; Id., Relazioni familiari e responsabilità civile,cit., 280; Mighela, cit., 72 s.; Parini, cit., 194 s.. Nel caso di specie, a giudizio degli autori checitano la sentenza, l’utilizzo della categoria del danno biologico è improprio: il danno in que-stione, infatti, dovrebbe essere qualificato come esistenziale

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Il comportamento di un genitore che ostacoli i rapporti del figlio con l’al-tro genitore non solo può essere, poi, fonte di responsabilità aquiliana, ma puòanche, come si è accennato, giustificare una modifica delle condizioni di affi-damento, passando dall’affido condiviso a quello monogenitoriale (senza, pe-raltro, che debbano essere necessariamente oggetto di compressione i tempidi permanenza con il genitore “ostacolante”). Così è avvenuto in un’ordinanzadel Tribunale di Firenze dell’11 febbraio 2008110.

Parte della dottrina, poi, ritiene che simili comportamenti costituiscanoanche un cattivo esercizio della potestà, e quindi legittimino un provvedimentoex art. 333 c.c.111.

3.3. La responsabilità del genitore che ostacola i rapporti con i nonni

Abbiamo fin qui esaminato i rapporti fra i genitori separati/divorziati e iloro figli. Tuttavia, le ultime tendenze legislative e giurisprudenziali valoriz-zano anche il rapporto fra i minori e i loro nonni.

Del resto, legislatore e giudici non hanno fatto altro che constatare le ten-denze sociali degli ultimi anni, in cui, pur nel passaggio dalla famiglia patriar-cale a quella mononucleare, il ruolo dei nonni nella crescita dei nipoti è statoinevitabilmente rivalorizzato dal fatto che sono ormai poche le famiglie in cuiuno dei coniugi, non lavorando, può dedicarsi interamente alla casa e ai figli:ecco che allora, se forse non può parlarsi di “diritto”, per i nonni, ad avere unrapporto coi nipoti, può perlomeno sostenersi che vi sia un “interesse legit-

109 Trib. Roma, 13/09/2011110 in Fam. dir., 2009, 167 ss., con nota di L. Pascucci111 Lenti, cit., 260 s.

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timo” (fermo restando il preminente interesse del minore112 e salvo, come nelcaso dei genitori, il rifiuto dei nipoti stessi): tale soluzione è oggi confermatadall’art. 155, 1° comma, c.c., che esplicitamente richiama il diritto, per i mi-nori, a “conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti diciascun ramo genitoriale” e, più in generale, dall'art. 315-bis c.c., che prevedeil diritto del figlio a “mantenere rapporti significativi con i parenti”.

Ecco che allora non paiono esservi ostacoli a riconoscere la possibilità diricorrere al rimedio aquiliano, analogamente a quanto si è visto per i rapportifra ex coniugi e fra genitori e figli, anche nel caso in cui i genitori ostacolinoi rapporti con i nonni (o con gli altri parenti), sebbene in tal caso sia necessariauna valutazione più complessa, che tenga conto del rapporto instauratosi fragenitori e nonni e fra nonni e nipoti non solo a seguito della crisi familiare,ma fin dalla nascita dei nipoti stessi113.

112 v. De Mauro, cit., 253; Fraccon, ultimo cit., 288 ss.. L’interesse del minore costitui-sce ormai un punto fermo della disciplina interna ed internazionale in materia (Baruffi, cit.,262 ss.): in particolare, il già citato reg. (CE) 2201/2003 fa più volte riferimento a tale ele-mento, e in particolare: per la determinazione della competenza, all’art. 12 par. 1 (“Le autoritàgiurisdizionali dello Stato membro in cui viene esercitata […] la competenza a decidere sulledomande di divorzio, separazione personale dei coniugi o annullamento del matrimonio sonocompetenti per le domande relative alla responsabilità dei genitori che si ricollegano a talidomande se: a) almeno uno dei coniugi esercita la responsabilità genitoriale sul figlio; e b) lacompetenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali è stata accettata espressamente o inqualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità genitoriale alla datain cui le autorità giurisdizionali sono adite, ed è conforme all’interesse superiore del minore”),all’art. 12 par. 3 (“Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti in materiadi responsabilità dei genitori nei procedimenti diversi da quelli di cui al primo paragrafo se:a) il minore ha un legame sostanziale con quello Stato membro, in particolare perché uno deititolari della responsabilità genitoriale vi risiede abitualmente o perché è egli stesso cittadinodi quello Stato e b) la loro competenza è stata accettata espressamente o in qualsiasi altromodo univoco da tutte le parti al procedimento alla data in cui le autorità giurisdizionali sonoadite ed è conforme all’interesse superiore del minore”) e all’art. 15 par. 3 (“In via eccezionalele autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere del merito, qualoraritengano che l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il minore abbiaun legame particolare sia più adatto a trattare il caso o una sua parte specifica e ove ciò cor-risponda all’interesse superiore del minore, possono: a) interrompere l’esame del caso o dellaparte in questione e invitare le parti a presentare domanda all’autorità giurisdizionale dell’altroStato membro […] oppure b) chiedere all’autorità giurisdizionale dell’altro Stato membro diassumere la competenza […]”); per il (diniego del) riconoscimento delle decisioni, all’art. 23(“Le decisioni relative alla responsabilità genitoriale non sono riconosciute nei casi seguenti:a) se, tenuto conto dell’interesse superiore del minore, il riconoscimento è manifestamentecontrario all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto […]”). Cfr. Baruffi, cit., 265 ss.

113 v. De Mauro, cit., 253; Fraccon, ultimo cit., 291 ss.

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3.4. Altre novità introdotte dalla l. 54/2006

La l. 54/2006, oltre ad aver introdotto il principio di bigenitorialità, haintrodotto due novità, che saranno esaminate nelle prossime pagine.

3.4.1. L’art. 155-bis, 2° comma, c.c.

La prima (e meno rilevante) novità è data dall’art.155-bis, 2° comma, c.c.,che afferma: “Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affi-damento esclusivo quando sussistono le condizioni indicata al primo comma,[cioè quando l’affidamento all’altro genitore è contrario all’interesse del minore][…]. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerareil comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provve-dimenti da adottare nell’interesse dei figli114, rimanendo ferma l’applicazionedell’articolo 96 del codice di procedura civile”.

Si tratta, quindi, di una norma che sancisce un risarcimento del danno perlite temeraria115, norma posta, evidentemente, con l’intento di evitare, o almenoscoraggiare, ricorsi inutili ed infondati. Da una parte vi è chi ritiene che, in que-sto modo, si penalizzino ingiustamente genitori che presentino tali istanze inassoluta buona fede, effettivamente mossi dall’intento di assicurare il “best in-terest” del figlio; dall’altra vi è chi, invece, e giustamente, ritiene che la normaeffettivamente possa responsabilizzare i genitori, spingendoli a non perseguire

114 compresi, si ritiene, i provvedimenti di cui agli artt. 330 ss. c.c. (G. Pagliani, La ri-forma sull’affido condiviso – Ragioni e contenuto della riforma, in P. Cendon (a cura di), Il diritto privato nella giurisprudenza – Famiglia e persone – III – Tomo primo,UTET, Torino2008, 191)

115 Greco, cit., 1404 ss.

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il loro interesse personale a scapito di quello del figlio, discutendosi poi in me-rito all’applicabilità della norma in presenza del mero elemento oggettivo dellamanifesta infondatezza della pretesa o della necessità dell’elemento soggettivodel dolo o della colpa (grave)116.

3.4.2. L’art. 709-ter, 2° comma, c.p.c.

3.4.2.1. Introduzione

La seconda (e più importante) novità introdotta dalla l. 54/2006 è l’art.709-ter, 2° comma, c.p.c.117, che non solo è sintomatico dell’attenzione che il

116 In particolare, se si legge il riferimento all’art. 96 c.p.c. come dotato di autonomia ri-spetto alla prima proposizione del 2° comma, e quindi come sanzione alternativa o additiva ri-spetto alla considerazione, da parte del giudice, del comportamento del genitore nell’adozionedei provvedimenti riguardanti i figli, esso sarebbe applicabile in tutti i casi in cui la giurispru-denza ritiene applicabile, appunto, l’art. 96. Viceversa, se si parla di una più stretta connessionefra le due proposizioni del 2° comma, la manifesta infondatezza della domanda diventa un ne-cessario presupposto del riconoscimento della responsabilità aggravata in questa specifica ma-teria, con, evidentemente, un restringimento delle ipotesi di responsabilità. Cfr. Contiero, cit.,155 ss. e Pagliani, cit., 190 s.

117 Così come, in via generale, l’applicabilità della tutela aquiliana non esclude la possi-bilità di ricorrere ai rimedi “tradizionali” all’inadempimento dei doveri genitoriali costituitidagli artt. 330 ss. c.c., analogamente, secondo la dottrina (E. D’Alessandro, Profili di interesseprocessuale, in S. Patti – L. Rossi Carleo (a cura di), L’affidamento condiviso, Giuffré, Milano2006, 296; B. Lena, La responsabilità per violazione dei provvedimenti sull’affidamento, inSesta, La responsabilità nelle relazioni familiari, cit., 251; Tommaseo, cit., 1064), tale applica-bilità non è esclusa dalla possibilità di ricorrere al nuovo art. 709-ter c.p.c.. Contra, la prevalentegiurisprudenza, che invece ritiene che sia necessario “guardare soltanto all’art. 709 ter perquanto riguarda la repressione degli abusi della potestà esercitata dai genitori separati o divor-ziati, abusi che direttamente o indirettamente sono violazione dei doveri che hanno titolo o spe-cificazione nell’affidamento disposto dal giudice della separazione o del divorzio. E’ pertantoa quest’ultimo che la nuova norma avrebbe ormai attribuito la competenza a pronunciare tutti iprovvedimenti previsti dagli artt. 333 ss. c.c., fatta eccezione per i soli provvedimenti di deca-denza dalla potestà che resterebbero attribuiti alla competenza del tribunale per i minorennianche quando riguardano genitori separati o divorziati” (Tommaseo, cit., 1064, cfr. il nuovo art.38 disp.att. c.c. come modificato dalla l. 219/2012). Sul confronto con l’art. 155-sexies c.c., siveda brevemente Spoto, cit., 912 s., che evidenzia, come elemento differenziale, il fatto chel’art. 709-ter non preveda alcuno spazio per un intervento di ricomponimento del contrasto at-traverso il ricorso alla mediazione, e nemmeno preveda la possibilità di ascoltare il minore

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legislatore ha avuto per il minore118 negli ultimi anni, ma che rappresenta ancheil definitivo abbandono dell’immunità del mondo della famiglia dalle regoledella responsabilità civile119, con la particolarità, oltretutto, di essere inseritanon già nel codice civile, che evidentemente avrebbe costituito la sua naturalecollocazione, ma nel codice di procedura civile120.

Tale norma (sebbene formulata male e, conseguentemente, interpretatain diversi modi121) prevede infatti una particolare tutela in relazione a contro-versie concernenti i figli minori, con esclusione, dunque, sia delle controversieriguardanti figli maggiorenni non indipendenti economicamente, sia di quelleche riguardino coniugi e conviventi per motivazioni loro proprie, che non in-teressino i figli minori, ma comprendendo, invece, le controversie che insor-gano non solo quando sia stato disposto un affidamento condiviso ma anchein tutti i casi di affidamento esclusivo, alternato o a terzi122.

Leggiamo ora il testo della norma: “In caso di gravi inadempienze o diatti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il correttosvolgimento delle modalità dell’affidamento123, il giudice può modificare iprovvedimenti in vigore124 e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il ge-

118 Si discute, invece, sull’applicabilità dell’art. 709-ter c.p.c. nel caso di figli maggio-renni portatori di handicap: la più avveduta dottrina, comunque, lo ritiene senza dubbio ap-plicabile alla luce dell’art. 155-quinquies, 1° comma, c.c. (Parini, cit., 238 s.; Sesta, Laviolazione delle modalità di affidamento e i rimedi di cui all’art. 709 ter c.p.c., cit., 10 s.)

119 D. Amram, Misure risarcitorie non riparatorie nel diritto della famiglia, in Fam.dir., 2008, 966; Cipriani, cit., 528; Pagliani, cit., 257 s., che ripercorre anche brevemente lastoria della responsabilità civile in famiglia

120 Contiero, cit., 137121 v., ex multis, F. Tommaseo, L’adempimento dei doveri parentali e le misure a tutela

dell’affidamento: l’art. 709 ter c.p.c., in Fam. dir., 2010, 1057 e E. Vullo, Competenza e og-getto delle controversie promosse ex art. 709 ter c.p.c., nota a Trib. Pisa, ord., 19/12/2007, inFam. dir., 2009, 45 s.

122 Contiero, cit., 135 ss.; Pagliani, cit., 248. I comportamenti del genitore da “colpire”con le misure in questioni possono essere sia attivi che omissivi (Parini, cit., 240 s.)

123 L’espressione “modalità di affidamento” va intesa in senso ampio, non solo con ri-ferimento agli aspetti materiali, ma anche a quelli personali (Lena, cit., 263). Cfr., in dottrina,M. A. Lupoi, Commento all’art. 709 ter, in F. Carpi – M. Taruffo, Commentario breve al codicedi procedura civile. Complemento giurisprudenziale, CEDAM, Padova 2008, 3137; in giuri-sprudenza, Trib. Bologna, 19/06/2007, in Fam. dir., 2008, 1159 ss., con nota di C. Ciliberto

124 ivi compresa la possibilità di limitare la potestà genitoriale con il supporto dei servizisociali territorialmente competenti (Contiero, cit., 150 s.)

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nitore inadempiente125; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di unodei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, acarico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitoreinadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da unminimo di 75 a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle am-mende”.

Giova innanzitutto premettere un cenno al reale significato da dare al ter-mine “controversie”: si tratta, in realtà (e più propriamente), di un conflittofra un genitore e l’altro, ma ciò non è sufficiente a far assumere al procedi-mento una natura contenziosa, trattandosi, invece, di un procedimento di volontaria giurisdizione126. Su questo non sorgono problemi particolari.I problemi, invece, sorgono in relazione all’ambito di applicabilità della normae alla natura dei provvedimenti in essa previsti, in particolare del risarcimentodel danno.

3.4.2.2. L’ambito di applicabilità

Per quanto riguarda il primo aspetto, l’orientamento prevalente ritieneche l’art. 709-ter sia applicabile solo in presenza di un procedimento di sepa-razione o divorzio, annullamento del matrimonio o controversie fra genitorinaturali. L’esclusione dell’applicabilità della norma alle famiglie “tradizionali”(cioè con genitori uniti in matrimonio) non separate deriva dal riferimento al-l’esistenza di un provvedimento di affidamento della prole127: non solo, infatti,si parla di provvedimenti “in vigore”, ma si parla della loro violazione, ed evi-

125 La Corte d’Appello di Catania, con un’ordinanza dell’aprile 2008, ha ritenuto che,in caso di forte conflittualità fra i coniugi, l’ammonimento possa essere rivolto a entrambi igenitori (v. Contiero, cit., 150 s.)

126 in dottrina, Contiero, cit., 138; D’Alessandro, cit., 295 s.; in giurisprudenza, App.Caltanissetta, sez. civ., ord., 25/10-02/11/2011, in Guida dir., 2012, 5, inserto 2, VII ss., connota di A. Porracciolo

127 “Quando non vi è crisi nei rapporti coniugali ma sussistono soltanto disaccordi sul-l’indirizzo della vita familiare o contrasti sull’esercizio della potestà parentale su questioni

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dentemente non è possibile violare dei provvedimenti se questi non sono giàstati emessi128. Per quanto riguarda, poi, i figli nati al di fuori del matrimonio,la l. 54/2006 estende, semplicemente, l’applicabilità delle proprie disposizioni(ivi compreso, dunque, l’art. 709-ter) ai “procedimenti relativi ai figli di ge-nitori non coniugati”, senza specificare se sia necessaria la cessazione dellaconvivenza fra i partners oppure se la norma sia applicabile anche nel caso incui tale convivenza non vi sia mai stata: e sembra essere quest’ultima la tesida preferire, per evitare le discriminazioni che deriverebbero ai figli dall’im-possibilità di applicare la norma nei casi in cui non vi sia alcuna convivenzamore uxorio da far cessare129.

“di particolare importanza”, gli artt. 144 e 316 c.c. escludono un intervento autoritativo delgiudice: la legge prevede infatti che quest’ultimo debba limitarsi ad esercitare una funzionegenericamente conciliativa per indurre i genitori a trovare una soluzione concordata e, ovepermangano i contrasti su questioni relative all’esercizio della potestà parentale, può soltanto,a norma dell’art. 316, comma 5, attribuire il potere di decisione a quello dei genitori che, nelsingolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse dei figli” (Tommaseo, cit., 1060)

128 Pagliani, cit., 249; A. Arceri, La responsabilità da deprivazione genitoriale al vagliodella giurisprudenza di merito: due differenti forme di tutela per l’identico diritto costituzio-nalmente garantito, nota a Trib. Pavia, 23/10/2009. In giurisprudenza, v. pure Trib. Messina,31/08/2009, cit., e Trib. Termini Imerese, 12/07/2006 (per i rif., Mighela, cit., 76). AncheTrib. Min. Ancona, 03/10/2008, cit., implicitamente accoglie tale tesi. Bisogna ricordare, co-munque, quella parte della giurisprudenza che invece ritiene la norma applicabile alle viola-zioni non solo delle statuizioni concernenti le modalità di affidamento, ma anchedell’obbligazione di mantenimento, e ciò perché “la sufficienza di risorse economiche è con-dizione indispensabile di esplicazione e sviluppo della personalità del minore e, al tempostesso, condizione indispensabile di indipendenza del genitore collocatario nell’esercizio delleproprie facoltà genitoriali nell’interesse del minore stesso” (Trib. Modena, 29/01/2007, su cuiv. Mighela, cit., 76 e A. Di Girolamo, Art. 709-ter c.p.c.: indirizzi giurisprudenziali a tre annidalla riforma, in Giur. mer., 2009, 2371 s.; Tommaseo, cit., 1064). In senso contrario, Trib.Arezzo, 28/10/2008 (citata da Di Girolamo, cit., 2372) e, più in generale, la considerazioneche, per l’inadempimento degli obblighi di natura patrimoniale, già vi sarebbe un rimedio,costituito dall’esecuzione forzata, superabile invero argomentando che ben può il legislatoreprevedere rimedi ulteriori per migliorarne l’efficacia (Tommaseo, cit., 1064) e che, comunque,ben si adatta, ad un dovere come quello di mantenimento che, lo si è visto all’inizio di questolavoro, al di là della componente patrimoniale, ben può determinare, ove violato, un danno ditipo non patrimoniale, l’istituzione di rimedi ulteriori rispetto a quelli previsti per le violazionidi carattere, appunto, meramente patrimoniale

129 Parini, cit., 239 s.

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3.4.2.3. La natura dei provvedimenti di cui all’art. 709-ter, 2° comma,c.p.c.

3.4.2.3.1. L’ammonizione, la modifica dei provvedimenti in vigore e il pa-gamento della sanzione amministrativa

Per quanto riguarda, invece, i provvedimenti adottabili, il provvedimentodi ammonizione130 (previsto per i casi meno gravi), la modifica dei provvedi-menti in vigore e soprattutto il “pagamento di una sanzione amministrativapecuniaria” (irrogabile d’ufficio131, mentre, per il “risarcimento” di cui ai nn. 2) e 3), la soluzione dipende, come si vedrà, dalla natura che gli venga ri-conosciuta) sono ritenute misure punitive132 (per le quali bisogna, comunque te-nere in considerazione l’interesse del minore133), che si rifanno al modellofrancese delle astreintes134 (oggi accolto, in via generale, nel nostro ordina-mento, dall’art. 614-bis c.p.c. introdotto dalla l. 69/2009), le quali consistonoin misure di esecuzione forzata indiretta, e precisamente nella condanna pre-

130 cfr. anche Sesta, ultimo cit., 7 s.. L’ammonizione consisterebbe in una mera esorta-zione, una diffida rivolta al genitore inadempiente, cioè “l’intimazione […] di astenersi da undeterminato comportamento o di esplicare una determinata attività, con l’avvertimento dellepossibili conseguenze dell’inosservanza dell’ingiunzione stessa” (Greco, cit., 1408). Se ne èlamentata la natura blanda, ma in realtà non può escludersene a priori l’efficacia: tutto di-pende, evidentemente, dalla persona a cui è diretta, specie in vista della possibilità che suc-cessivamente vengano adottate misure più severe (Pagliani, cit., 262 s.)

131 ex multis, Danovi, Profili processuali, in G. Bonilini – G. Cattaneo (diretto da) – G.Bonilini (continuato da), Il diritto di famiglia, I. Famiglia e matrimonio, II ed., UTET, Torino2007, 1109

132 In giurisprudenza, ciò è espressamente affermato, in relazione all’ammonizione, daun’ordinanza del Tribunale di Modena, emessa nel settembre 2008 (v. Contiero, cit., 151 s. eSesta, ultimo cit., 7 s.)

133 Ciò significa che per sanzionare un genitore non si potrà comunque modificare iprovvedimenti concernenti il minore in maniera contraria agli interessi dello stesso (De Marzo,cit., 721). Cfr. anche I. Zingales, Misure sanzionatorie e processo civile: osservazioni a mar-gine dell’art. 709 ter c.p.c., in Dir. fam. pers., 2009, 411

134 cfr. anche Autorino Stanzione, cit., 16 s.

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ventiva al pagamento di una somma di denaro che diventa esecutiva nel mo-mento in cui vi sia un ritardo o non venga eseguito un provvedimento del giudice135. Evidentemente, si tratta di mezzi volti a supplire all’impossibilità didisporre l’esecuzione forzata in forma specifica dei compiti inerenti alla fun-zione genitoriale, che sono infungibili e che dunque, pur potendo essere inco-raggiati da interventi di supporto, non possono essere coartati136, nonché,comunque, di strumenti assolutamente nuovi nel panorama dei rimedi agli ina-dempimenti alle sentenze di separazione e divorzio, in passato costituiti soltantodalla possibilità di modificare le condizioni previamente fissate137.

La differenza fra le astreintes francesi e le misure previste nell’art.709-terconsiste nel fatto che in quest’ultimo caso l’inadempimento deve essere comun-que già avvenuto, dal momento che si parla di “gravità della condotta” (ed infattisulla sua gravità e sul reddito e sul patrimonio del danneggiante deve basarsi ilcalcolo della sanzione)138.

Si può notare, comunque, una tendenza di parte della giurisprudenza adadottare immediatamente il provvedimento dell’ammonizione con la conte-stuale inflizione di una sanzione amministrativa139, riservando il risarcimentodel danno ad un’eventuale protrazione della condotta (ricordiamo, comunque,come le tre sanzioni, compreso il risarcimento del danno, siano adottabili siain alternativa che congiuntamente140): così ha fatto, ad esempio il Tribunale di

135 cfr. anche Parini, cit., 246 ss. e Zingales, cit., 406. E’ da notare che l’ammonizione,pur potendo essere disposta officiosamente dal giudice (anche se vi sono anche tesi contrarie,cfr. Zingales, cit., 411 s.), senza dubbio non partecipa della natura di sanzione amministrativa.Ma pure la “sanzione amministrativa” di cui al n. 4) si ritiene, anche se non unanimemente,che non possa essere iscritta a pieno titolo, nonostante il nomen juris, nel solco delle sanzioniamministrative stricto sensu, accomunandola invece a certe pene pecuniarie previste altrovenel codice di procedura civile (Pagliani, cit., 264)

136 Contiero, cit., 142137 Tommaseo, cit., 1063138 Lena, cit., 265 ss.; M. Paladini, Responsabilità civile nella famiglia: verso i danni

punitivi?, in Resp. civ. prev., 2007, 2011139 Trib. Min. Ancona, 30/10/2008, cit., ha comunque ritenuto che la mancata corre-

sponsione della rivalutazione Istat non costituisca violazione sufficiente per l’irrogazione dellasanzione amministrativa in questione laddove sia stato regolarmente versato il resto dell’as-segno di mantenimento

140 Contiero, cit., 141

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Modena, con un’ordinanza dell’aprile 2006, in un caso di un padre che aveva fattovisita ai figli minori per circa un’ora ogni tre o quattro mesi, oppure il Tribunaledi Catania, con un’ordinanza del luglio dello stesso anno, in un caso concernente,questa volta, una madre che impediva al padre di tenere con sé la prole141.

In alcuni casi, addirittura, ci si è limitati alla sola modifica delle modalitàdell’affidamento, senza che sia stata irrogata alcuna sanzione, nemmeno am-ministrativa: pensiamo ad un caso, su cui si è pronunciata la Corte d’Appellodi Venezia nel settembre 2007, in cui una madre si era trasferita all’estero conla figlia minore affidatale, pregiudicando così il diritto alla frequentazionedel padre coaffidatario142, o al caso, di cui si è già detto, affrontato dal Tri-bunale di Firenze nel febbraio 2008.

In una vicenda esaminata dal Tribunale di Genova nel dicembre 2007143,invece, si è deciso di ricorrere al solo ammonimento, paventando però la pos-sibilità di ricorrere alla più incisiva modifica delle condizioni di affidamentoin caso di reiterazione della condotta144.

3.4.2.3.2. Il risarcimento del danno

Oggetto di ben più ampi dibattiti è l’altro provvedimento previsto dall’art.709-ter, 2° comma, c.p.c., cioè il risarcimento del danno, a carico di uno dei ge-nitori, nei confronti del minore o dell’altro genitore (nn. 2) e 3) ): a fronte di chisostiene che abbia una funzione compensatoria e riparatoria, volta cioè a risarcireil pregiudizio effettivamente subito, vi è chi ne afferma la natura prevalentementepunitiva, finalizzata a sanzionare la condotta illegittima o a dissuadere da sueeventuali reiterazioni.

141 Contiero, cit., 139 s.142 Contiero, cit., 145 s.143 v. Pagliani, cit., 266144 Per quanto riguarda, poi, la possibilità di cumulo fra i provvedimenti emessi ex art. 709-

ter (e, in particolare, quello della condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecu-niaria) e quelli emessi ex art. 614-bis c.p.c., così come riformato dalla l. 69/2009, bisogna ricordarela già citata decisione del Tribunale di Salerno che dato risposta positiva, affermando implicita-mente l’assenza di un rapporto di specialità fra i due e, quindi, la loro diversità di natura

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3.4.2.3.2.1. La tesi della natura punitiva

Secondo l’ultima delle impostazioni ricordate nel precedente paragrafo145,il risarcimento di cui parla l’art.709-ter non avrebbe la funzione che esso hanormalmente, ma sarebbe il primo esempio di punitive damages nel nostro or-dinamento: sarebbe volto, cioè, a scoraggiare l’inadempimento dell’obbligato,minacciandogli un pregiudizio superiore rispetto a quello che gli deriverebbedall’adempimento. Specie alla luce dell’attenzione rivolta dalla recente giuri-sprudenza di legittimità all’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie, ap-parirebbe opportuno, per il giudice, ove accogliesse tale tesi, utilizzare criteridi valutazione diversi da quelli abituali e, in primo luogo, valutare la gravitàdella condotta e l’efficacia deterrente della sanzione (si tratterebbe, in sostanza,di una sorta di peine privée)146, con la conseguenza di togliere l’onere dellaprova al danneggiato (che, generalmente, non è facile nella materia delle re-lazioni familiari), perché la condotta lesiva verrebbe sanzionata ex se. I soste-nitori di questa tesi evidenziano dunque la funzione pubblicistica di deterrenzae punizione dell’art. 709-ter c.p.c. a scapito di quella privatistica di compensa-zione e riparazione del danno, soprattutto per la “difficoltà di conciliare le regole

145 v. Amram, cit., 966; G. Cassano, In tema di danni endofamiliari: la portata dell’art.709-ter, 2° comma, c.c. ed i danni prettamente “patrimoniali” tra congiunti, in Dir. fam.,2008, 498 ss.; De Marzo, cit., 722 s.; Facci, La responsabilità dei genitori per violazione deidoveri genitoriali, cit., 225 s.; Lena, cit., 269; Lupoi, cit., 3138; Mighela, cit., 74 s.; Pagliani,cit., 259 s.; Parini, cit., 252 ss.; Zingales, cit., 416 s.

146 Accogliendo la teoria dei danni punitivi, anche per il risarcimento di cui ai nn. 2) e3), secondo alcuni potrebbe prescindersi da una specifica domanda di parte, così come avvieneper la modifica dei provvedimenti in vigore e per la sanzione amministrativa (Pagliani, cit.,260 ss.). Ma, così come accade per questi ultimi, anche per il risarcimento di cui ai nn. 2) e3) sono alcuni fra gli stessi sostenitori della teoria dei danni punitivi a ritenere che sia comun-que necessaria un’istanza di parte (Zingales, cit., 416 s.)

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proprie dell’ordinaria azione di risarcimento del danno con lastruttura dell’art.709-ter c.p.c., sia sotto il profilo del rito (l’instaurazione del contraddittorio,l’onere della prova, le preclusioni processuali) che in relazione agli ordinari cri-teri di accertamento della responsabilità”147.

3.4.2.3.2.2. La tesi della natura compensatoria e riparatoria

La tesi della natura compensatoria e riparatoria del risarcimento di cuisopra148 si basa, invece, prima di tutto, su considerazioni di carattere generale,e, in particolare, sulla perdurante ostilità della Suprema Corte al riconosci-mento di una funzione esclusivamente punitiva del risarcimento del danno149:in base ad essa, dunque, l’art. 709-ter c.p.c. costituirebbe soltanto un’ipotesispeciale di responsabilità civile, con la conseguenza che l’onere della provasarebbe a carico del danneggiato150.

147 Danovi, cit., 1108; Lena, cit., 271 s.; Pagliani, cit., 259; Spoto, cit., 915 s.. Cfr. anche,in dottrina, Amram, ultimo cit., 967; Cassano, ultimo cit., 498 ss.; Sesta, ultimo cit., 8 s.; Zin-gales, cit., 420 s., che significativamente rileva come la mancanza di un minimo e di un mas-simo edittale potrebbe portare a una “declaratoria di incostituzionalità per violazione deiprincipi di legalità e di determinatezza della pena (art. 25, comma, 2, Cost.), sempre che, ov-viamente, si ritenga che tali principi debbano operare anche in relazione alla categoria dellesanzioni irrogabili dal giudice civile”; in giurisprudenza, in particolare, Trib. Napoli,30/04/2008, in Fam. dir., 2008, 1024 ss., con nota di G. Facci, che conseguentemente affermache il risarcimento ex art. 709-ter c.p.c. non richiede la prova del pregiudizio effettivamentesubito. Da notare la tendenza dei giudici ad utilizzare la tesi “punitiva” nei casi di figli portatoridi handicap, per i quali il disposto dell’art. 155-quinquies¸ 2° comma, c.c., che li equipara aifigli minori, appare insufficiente (Arcerti, cit., 156)

148 v. Cassano, ultimo cit., 498 ss.; Facci, ultimo cit., 227 ss.; F. Farolfi, L’art. 709 terc.p.c.: sanzione civile con finalità preventiva e punitiva?, nota a Trib. Padova, 03/10/2008, inFam. dir., 2009, 615 ss.; Mighela, cit., 75; Pagliani, cit., 259; Paladini, cit., 2011; Parini, cit.,215 s.; Zingales, cit., 415 s.

149 Da ultimo, Cass. 1183/2007, che “ha rigettato la richiesta di delibazione di una sen-tenza di condanna ai punitive damages emessa da una Corte distrettuale dell’Alabama percontrarietà all’ordine pubblico” (v. Lena, cit., 273 e Tommaseo, cit., 1065). Cfr. anche Amram,ultimo cit., 967; Arceri, cit., 157; Paladini, cit., 2011

150 cfr. Facci, ultimo cit., 227 s.; Lena, cit. 270; Pagliani, cit., 260 s.; Sesta, ultimo cit., 9

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Oltre alle considerazioni di carattere generale sopra accennate, questatesi troverebbe comunque conferma nel dato letterale della norma, che parla,infatti, di “risarcimento”, non di “punizione”, e oltretutto fa riferimento a“gravi inadempienze” e al “pregiudizio” per il minore, sottolineando così lanecessità che i comportamenti incriminati comportino effettivamente delleconseguenze negative per il danneggiato. D’altra parte, è la stessa distinzionefra il risarcimento “nei confronti del minore” e quello “nei confronti dell’altro[genitore]” (nonché la differenziazione fra il risarcimento e la sanzione am-ministrativa, di cui è destinatario lo Stato151) a far pensare ad una differenzia-zione fra i due, tanto più che il danno assume un’entità ben diversa fra genitoree figlio, essendo ben diversa l’incidenza che la stessa condotta può avere sulpatrimonio personale di sensibilità di ciascuno dei due152: una diversa solu-zione, del resto, finirebbe per lasciare spazio ad una determinazione arbitrariadella pena proprio laddove, invece, il legislatore fissa dei limiti ben precisiper le sanzioni pecuniarie a favore della Cassa delle ammende previste, comesi è visto, al n. 4 della norma153. Inoltre, il valore compensatorio e riparatoriodel risarcimento del danno qui previsto, con la conseguente necessità di rico-noscerlo solo ed esclusivamente in presenza di un’effettiva lesione alla sferapersonale, non esclude la coesistenza di un’altra finalità, comune alla modificadelle modalità di affidamento e alla sanzione amministrativa, vale a dire lafunzione dissuasiva al ripetersi o al protrarsi dell’inadempimento154.

151 Spoto, cit., 916 s.152 De Marzo, cit., 723; Tommaseo, cit., 1066. Illuminante, a questo proposito, è la già

citata sentenza del Tribunale di Salerno del 22 dicembre 2009 che giustamente ha riconosciutoil risarcimento del danno ad un padre, privato, a causa dell’atteggiamento iperprotettivo, daparte dell’ex moglie, nei confronti del figlio, della possibilità di avere uno stabile rapportocon quest’ultimo, ma non l’ha riconosciuto al figlio stesso, perché comunque la donna avevaesercitato, nel complesso, in maniera adeguata il suo compito di madre. In tal senso, il prov-vedimento in questione conferma la natura risarcitoria delle misure previste dai nn. 2) e 3)del 2° comma dell’art. 709-ter

153 Tommaseo, cit., 1066154 Contiero, cit., 146

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3.4.2.3.2.3. La tendenza giurisprudenziale

Nella giurisprudenza si trovano esempi sia dell’una che dell’altra tesima, alla luce della giurisprudenza della Suprema Corte155, che esclude che nelnostro ordinamento possano trovare spazio i cd. danni punitivi, deve ritenersiche la misura del risarcimento del danno di cui all’art. 709-ter, 2° comma, nn.2) e 3), c.p.c., non sia altro che la declinazione di un tradizionale strumentocivilistico nel contesto del diritto alla bigenitorialità, dotandolo di un procedi-mento più celere e snello rispetto a quello tradizionale.

Infatti, sebbene esistano, appunto, precedenti giurisprudenziali sia in unsenso che nell’altro156 e sia difficile individuare quale tendenza sia prevalente,l’opzione preferibile, a parere di chi scrive, è quella che considera tale normaun’ipotesi ordinaria di responsabilità civile, almeno fino a quando non vi saràun pronunciamento della Suprema Corte con cui vengano ammessi in via ge-nerale, nel nostro ordinamento, i danni punitivi. Ha ritenuto nel senso dellanatura risarcitoria, ad esempio, una decisione del Tribunale di Pavia del 23 ot-tobre 2009157 (secondo la quale “tale previsione configura una ipotesi ordinariadi responsabilità ex art. 2043 c.c. con risarcimento del danno non patrimonialearrecato dal genitore al minore”).

155 v. Contiero, cit., 144 s. e Parini, cit., 264 s.156 Parte della giurisprudenza (per i rif., v. Mighela, cit., 74) cerca di risolvere il pro-

blema della natura dei provvedimenti in base a considerazioni di diritto processuale: in parti-colare, Trib. Palermo, 02/11/2007, sottolinea la possibilità, per il giudice, di adottarli d’ufficio,il che non sarebbe certo possibile se si trattasse di un’ipotesi di responsabilità risarcitoria, cosìcome non vi sarebbe il riferimento ai provvedimenti di cui all’art. 710 c.p.c., che sono decreti,quando invece la forma normale dei provvedimenti di condanna al risarcimento del danno èquella della sentenza. Trib. Messina, 05/04/2007 sposa la tesi della natura punitiva sottoline-ando l’impossibilità di decidere in merito ad una richiesta di risarcimento nel corso di un giu-dizio di separazione/divorzio, essendo questo assoggettato a regole speciali. Altre sentenzeche sposano la tesi dei danni punitivi, sia pure con motivazioni diverse, sono Trib. ReggioEmilia, 27/03/2008, e Trib. Napoli, 30/04/2008, che richiama il modello francese delle astrein-tes (per i rif., v. Di Girolamo, cit., 2368). Assai rilevante è poi un decreto del Tribunale di Mi-lano, tuttora inedito (e citato da Di Girolamo, cit., 2370 s.), con cui il collegio ha fatto proprioun accordo con cui le parti stabilivano preventivamente la somma da versare in caso di ina-dempimento ai propri obblighi da parte di un genitore

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Del resto, il fatto che varie Corti abbiano utilizzato in primo luogo, comesi è visto, gli strumenti dell’ammonizione e della sanzione amministrativa, ri-servando al futuro l’utilizzo del diverso strumento del risarcimento del dannoe subordinandolo alla sua dimostrazione, e il fatto che, più in generale, la Su-prema Corte abbia, con il “poker” di sentenze dell’11 novembre 2008, affer-mato che il danno è sempre danno-conseguenza e, quindi, comunque daprovarsi (conformemente, ad esempio, a quanto stabilito dal Tribunale di Reg-gio Emilia in un provvedimento del 5 novembre 2007, in cui si è negato il ri-sarcimento mancando l’accertamento della perdita subita dal danneggiato nellapropria sfera personale158, e contrariamente a quanto affermato dalla Corted’Appello di Firenze nell’agosto 2007159, che aveva qualificato il danno di cuiall’art. 709-ter come in re ipsa160), non deve far dimenticare che queste stessesentenze “quadrigemine” hanno comunque sancito che il danno può essereprovato per presunzioni, rendendo quindi non così difficile la prova richiesta.Più in generale, non può prescindersi dalle risultanze della giurisprudenza inmateria di illeciti endofamiliari, che normalmente richiede il protrarsi dellacondotta lesiva per un periodo di tempo apprezzabile, non potendo configu-rarsi, in caso contrario, un danno in capo al familiare soggetto passivo dellacondotta stessa.

Lo ha affermato, in particolare, il Tribunale di Pisa, in un decreto del 24gennaio 2008161, con cui una madre è stata condannata al pagamento della san-zione amministrativa per aver trasferito la figlia con lei convivente in un’altracittà, decisione che, in un regime di affidamento condiviso, non può essere

157 cit., 149 s.158 per i rif., v. Mighela, cit., 75 s.159 App. Firenze, 29/08/2007, in Danno resp., 2008, 799 ss., con nota di A. Figone. La

particolarità di tale provvedimento consiste nel fatto che, pur non entrando nel merito dellafunzione del risarcimento ex art. 709-ter c.p.c., parla di danno in re ipsa e perviene così allestesse conclusioni, nell’ambito del riparto dell’onere probatorio, a cui giunge la teoria dellapeine privée. Cfr. anche A. G. Danovi, La Corte d’appello di Firenze condanna la madre arisarcire i danni all’ex marito e al figlio per violazione del regime delle frequentazioni, inhttp://www.crdf.it/giurisprudenza/aff_cond_130308.pdf

160 v. Contiero, cit., 142 ss. e Di Girolamo, cit., 2370161 v. Contiero, cit., 149 s.

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adottata unilateralmente da un solo genitore. Tuttavia, lo stesso Tribunale haescluso il risarcimento del danno, ritenendo che il breve lasso temporale in-tercorso e la possibilità di rimediare alla condotta attraverso un comportamentocorretto in sede di attuazione del provvedimento non permettano di configurarela sussistenza di un danno in capo al ricorrente. Al contrario, un lasso tempo-rale di circa un anno, durante il quale un coniuge ha decurtato sistematica-mente l’assegno di mantenimento dovuto alla moglie e al figlio162, è statoritenuto sufficiente dal Tribunale di Padova per configurare un danno e per in-dividuare un incremento della conflittualità fra i coniugi, con conseguenti ri-cadute negative sulla condizione psicologica del minore. Bisogna comunquericordare che in tal caso il giudice ha ritenuto pacifico il fatto che l’art. 709-ter abbia introdotto la figura del risarcimento “sanzionatorio”. La considera-zione della funzione del risarcimento di cui all’art.709-ter come risarcitoria eriparatoria non esclude, comunque, come si è accennato, una concorrente edeventuale valenza punitiva, messa da tempo in evidenza anche dalla dottrina163e dalla giurisprudenza costituzionale164, la quale, fra l’altro, oltre ad agevolareil danneggiato dal punto di vista probatorio, potrebbe costituire anche un ef-ficace deterrente all’inadempimento dei doveri genitoriali, con una funzione,dunque, preventiva.

Ecco che allora, se de jure condito, stando agli ermellini di Piazza Cavour,di punitive damages, nel nostro ordinamento, non può ancora parlarsi165, dejure condendo, invece, la famiglia sembra proprio il settore in cui i danni pu-nitivi potrebbero compiere i primi passi.

162 Il giudice, infatti, non ha ritenuto rilevante l’affermazione dell’obbligato, formulatasolo in udienza, secondo la quale la decurtazione era riferita soltanto all’assegno di manteni-mento della moglie e non a quello del figlio, dato che essa l’imputazione dei pagamenti nonera stata fatta al momento degli stessi (Trib. Padova, 03/10/2008, cit.)

163 Lena, cit., 273 s.164 cfr. C. Cost. 184/1986, secondo la quale “la responsabilità civile ben può assumere,

nel contempo, compiti preventivi e sanzionatori (v. Lena, cit., 274 s.)165 Vi è chi, comunque, ritiene questa affermazione non così scontata, anche alla luce

dell’introduzione, in seguito alla recente riforma del processo civile, del nuovo 3° commadell’art. 96 c.p.c. (v. Tommaseo, cit., 65 s.). Cfr. altresì Trib. Min. Milano, decr., 14 marzo2011, in Dir. fam. pers., 2011, 1294 ss., con nota di G. Buffone, che esplicitamente ritieneche l’ipotesi di cui all’art. 96, 3° comma, c.p.c. (esplicitamente richiamata dall’art. 155-bisc.c. per il caso in cui la domanda di affidamento esclusivo della prole sia manifestamente in-fondata) costituisca proprio un’ipotesi di danni punitivi, utilizzabile “per garantire la tuteladell’effettività delle relazioni parentali ad opera dello Stato italiano così come richiesto dallagiurisprudenza europea”

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Del resto, gli strumenti civili e penali un tempo utilizzati per reprimerei casi più gravi di prevaricazioni in famiglia appaiono oggi assolutamente ve-tusti e, se l’utilizzabilità delle norme di responsabilità aquiliana “tradizionale”rappresenta sicuramente un passo in avanti, certo sono necessari strumentinuovi e più adatti alle peculiarità delle lesioni ai diritti costituzionali che hannoluogo in famiglia166.

3.4.2.4. Questioni processuali e di rapporto fra norme

Affrontato l’esame delle problematiche sostanziali poste dall’art.709-ter,si tratta ora di esaminare quelle di tipo processuale. In particolare, fermo re-stando che la domanda del procedimento in questione va senza dubbio intro-dotta con ricorso167, si tratta di affrontare, in particolare, i problemi relativialla competenza ad emettere i provvedimenti in questione e quello relativo aimodi di impugnabilità degli stessi, nonché il problema del rapporto fra talenorma e gli artt. 709, ultimo comma, c.p.c. e 4, 8° comma, l.div., che attri-buiscono al giudice istruttore il potere di modificare e revocare i provvedimentitemporanei e urgenti adottati dal presidente del tribunale.

166 Paladini, cit., 2012, ricorda l’esempio offerto, in materia di danni punitivi, dall’art.1371 dell’Avant projet de réforme du droit des obligation francese

167 C. Cecchella – S. Maffei (a cura di), Le misure coercitive nelle controversie di fa-miglia : quando si applica il procedimento ex art. 709 ter c.p.c. ?, in Vent. avv., 2012, 2, 80

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3.4.2.4.1. La competenza ad emettere i provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c.

Per quanto riguarda il primo problema, l’art. 709-ter, 1° comma, prevedeche “per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’eser-cizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento sia competenteil giudice del procedimento in corso” 168, mentre “per i procedimenti di cui al-l’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore”.

La giurisprudenza169 pone l’accento sulla differente terminologia utiliz-zata nella prima e nella seconda parte della norma (“giudice” e “tribunale”),affermando che il “tribunale” si riferisce all’ufficio giudiziario, mentre il ter-mine “giudice” indica l’organo titolare del procedimento, e ciò per affidarealle stesse persone tutte le controversie che si riferiscano alla medesima fami-glia. Divergenze sorgono, invece, a proposito di chi sia il “giudice” nei proce-dimenti, come quelli di separazione, ad attribuzione collegiale: talvolta(e in prevalenza170) lo si è ritenuto essere il giudice istruttore171; talaltra, invece,si è osservato che, se così fosse, il giudice ben avrebbe potuto specificarlo, es-sendo comunque utilizzata in altri articoli del codice la distinzione fra giudicetitolare del procedimento e giudice istruttore, e comunque ciò condurrebbe aduna soluzione illogica, facendo dipendere il giudice competente da un qualcosadi essenzialmente casuale, come il momento in cui si perviene alla decisionesull’istanza (nel corso dell’istruttoria o al suo esito)172; talaltra ancora, speciein dottrina, si è distinto a seconda del provvedimento da emettere, per cui ilgiudice istruttore dovrebbe, con ordinanza, assumere i provvedimenti oppor-tuni per risolvere le controversie insorte fra i genitori, modificare quelli già in

168 Non vi è dubbio, comunque, che i provvedimenti in questione siano adottabili anchein fase di appello, e in tal caso il giudice del procedimento in corso sarà la Corte d’Appello(App. Caltanissetta, 25/10-02/11/2011, cit., VII ss.)

169 cfr. Trib. Pisa, ord., 19/12/2007, cit.170 Vullo, Competenza e oggetto delle controversie promosse ex art. 709 ter c.p.c., cit.,

47. Cfr. anche Trib. Salerno, 22/12/2009, cit.171 Trib. Modena, 07/04/2006 (per i rif., v. Mighela, cit., 74). Cfr. anche Tommaseo,

cit., 1061 ss., che sottolinea come, ad ogni modo, nel caso in cui la questione sia posta per laprima volta in appello la competenza spetta al collegio

172 Trib. Pisa, ord. 19/12/2007, cit.

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vigore e procedere all’ammonizione ex art. 709-ter, 2° comma, n. 1, mentre ilcollegio dovrebbe adottare le sanzioni o fissare il risarcimento del danno inbase ai nn. 2) e 3) e/o condannare al pagamento della sanzione amministrativapecuniaria di cui al n. 4) con il provvedimento conclusivo del processo173.

Certo è, ad ogni modo, che il procedimento per l’adozione dei provvedi-menti di cui all’art. 709-ter può essere proposto non solo incidentalmente,cioè, ad esempio all’interno di un procedimento di separazione e di modificadelle relative condizioni, ma anche autonomamente, applicando le norme suiprocedimenti in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.) richiamate dallo stessoart. 710 c.p.c.174 e conducendo all’emissione di un decreto avente natura so-stanziale di sentenza175.

3.4.2.4.2. L'impugnazione dei provvedimenti emessi ex art. 709- ter c.p.c.

Per quanto riguarda, invece, il problema dei mezzi di impugnabilità deiprovvedimenti emessi in base all’art. 709- ter, esso, al 3° comma, precisa che“i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili neimodi ordinari”, con la conseguente necessità di stabilire in via interpretativaquali siano tali “modi ordinari”: la legge, in sostanza , non ha previsto regolespeciali per impugnare i provvedimenti in questione, per cui trovano applica-zione quelle previste in generale per il riesame dal diritto processuale civile,con riferimento al particolare provvedimento adottato dal giudice176.

173 v. Vullo, cit., 46 s.. Cfr. anche Tommaseo, cit., 1066 s.174 v., in particolare, Trib. Vicenza, 15/04/2010, in Fam. dir., 2010, 705 ss., con nota di F.

Tommaseo175 F. Tommaseo, Applicazioni giurisprudenziali di una norma controversa: ancora sul-

l’art. 709 ter c.p.c., in nota a Trib. Vicenza, 15/04/2010, cit.. Assai complessa è in realtà la que-stione della forma che i provvedimenti emessi ex art. 709-ter c.p.c. dovrebbero assumere: secondoVullo (Affidamento dei figli, competenza per le sanzioni ex art. 709 ter e concorso con le misureattuative del fare infungibile ex art. 614 bis, in nota a Trib. Salerno, 22/12/2009, cit.), per i prov-vedimenti volti a superare difficoltà pratiche o a sciogliere eventuali contrasti fra i genitori, lamisura più adatta sarebbe quella dell’ordinanza, mentre per tutti i provvedimenti di cui al 2°comma della norma egli ritiene, anche per fornire le opportune garanzie di impugnazione, chela forma più adatta sia quella della sentenza (che deve essere adottata dal collegio)

176 Tommaseo, cit., 708. E’ da notare, comunque, che il procedimento ex art. 709-ter èquanto mai duttile, per cui si adatterà al rito e alla fase del processo in cui entra in gioco (Cec-chella – Maffei, cit., 81)

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Significativa è, a tale proposito, una pronuncia del Tribunale di Vicenza del15 aprile 2010177, in cui si nega la natura cautelare del provvedimento adottatoex art. 709-ter (e in base alla quale era stato proposto reclamo al Tribunale exart. 669-terdecies c.p.c.), con la conseguenza che esso andrà impugnato davantialla Corte d’Appello, che deciderà in camera di consiglio ex art.739 c.p.c.178.

Per quanto riguarda la possibilità di ricorso in Cassazione, la risposta è of-ferta proprio da quest’ultima con la sentenza n. 21718 del 22 ottobre 2010179.Nel giudizio di merito, il Tribunale aveva emesso un provvedimento di ammo-nizione ex art. 709-ter, invitando due genitori a contenere la reciproca conflit-tualità nell’interesse del figlio, e la Corte d’Appello aveva riformato talepronuncia a favore del padre (collocando fra l’altro il figlio presso quest’ul-timo). Investiti della questione in seguito al ricorso proposto dalla madre, gliermellini hanno ritenuto inammissibile il ricorso stesso, dato che i provvedi-menti emessi ex art. 709-ter non hanno carattere né decisorio (attenendo al con-trollo esterno sull’esercizio della potestà genitoriale) né definitivo (essendomodificabili in caso di gravi inadempienze ed essendo comunque le questionitrattate liberamente riproponibili): i “modi ordinari” con cui sono impugnabilii provvedimenti ex art. 709-ter sono dunque quelli previsti per le pronunce privedei caratteri di decisorietà e definitività.

177 cit.178 Peraltro, Tommaseo (cit., 708) critica tale assunto, ritenendo che, comunque, una

funzione cautelare sia riconoscibile ai provvedimenti ex art. 709-ter nei casi in cui siano pro-nunciati lite pendente, essendo in tal caso ordinanze provvisorie impugnabili davanti al col-legio ai sensi dell’art. 669-terdecies

179 in Dir. fam. pers., con nota di I. Zingales; in Fam. dir., 2011, 769, con nota di L.Bassora; in Foro it., 2011, 2821, con nota di G. De Marzo; in Guida dir., 2011, 2, 61 ss., connota di M. Fiorini, che evidenzia come la sentenza in esame abbia lasciato del tutto irrisolti idubbi sulla natura delle misure in essa previste; con nota di M. Buffoni

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3.4.2.4.3. Il rapporto fra l'art. 709-ter c.p.c. e gli artt.709, ultimo comma,c.p.c. e 4, 8° comma, l. div.

Per concludere l’esame dell’art. 709-ter c.p.c., è opportuno ora richiamarsiad una già citata ordinanza del Tribunale di Pisa del 19 dicembre 2007 con cuisono stati delineati i rapporti fra tale norma e gli artt. 709, ultimo comma, c.p.c.e 4, 8° comma, l.div., i quali, come si è detto, attribuiscono al giudice istruttoreil potere di modificare i provvedimenti temporanei ed urgenti emessi in fasepresidenziale. Nel caso di specie, “non essendo l’istanza proposta diretta né arisolvere una controversia insorta relativamente all’esercizio della potestà e/oalle modalità di affidamento né a denunciare ed a sanzionare le inadempienzedell’altro genitore”, la Corte toscana l’ha riqualificata, “in virtù del principioiura novit curia, quale istanza diretta alla modifica del provvedimento del Pre-sidente del Tribunale” concernente l’affidamento condiviso del minore e la suacollocazione privilegiata presso la madre. Infatti, argomenta il giudice, il prov-vedimento presidenziale già prevedeva, in maniera chiara, il luogo in cui il mi-nore dovesse abitare, con la conseguente impossibilità di configurare,relativamente a ciò, una controversia fra i genitori, controversia che invece“può configurarsi solo su quelle questioni che non sono già puntualmente pre-viste e disciplinate dal giudice e che i genitori devono quotidianamente affron-tare nella concreta attuazione del regime di affidamento vigente”.

La decisione in esame non è altro che la conferma dei rapporti fra lenorme sopra ricordate così come delineati nella riflessione dottrinale180: algiudice istruttore spetta la modifica, ex art. 4, 8° comma, l.div., dei provvedi-menti (presidenziali, ma anche propri) già emanati in relazione al mutamentodelle esigenze dei coniugi e della prole; il giudice adito ex art. 709-ter, invece,non si esprime su tali misure, intervenendo solo di fronte ad eventuali difficoltàdi attuazione.

180 Vullo, cit., 48 s.

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4. Il diritto alla salute del minore e la responsabilità genitoriale

L’art. 709-ter c.p.c. è stato applicato dal Tribunale di Modena, nel no-vembre 2007181, anche in un caso in cui un padre rifiutava di concedere l’au-torizzazione ad un trattamento sanitario essenziale per il figlio: il giudice, intale occasione, ha attribuito il potere di decidere ad un genitore in via esclusiva,anche in assenza del consenso dell’altro. Si tratta dell’applicazione dellanuova norma ad un settore particolarmente delicato, quello del diritto alla sa-lute del minore.

Nelle prossime pagine sarà affrontato sia il tema classico del rapportofra salute del minore e potestà genitoriale sia quello della configurabilità diun dovere, per i genitori, di garantire la salute del nascituro, e si valuterà se ein quale misura sia ravvisabile una responsabilità genitoriale in materia.

4.1. Esercizio della potestà e responsabilità nelle scelte sanitarie

Le questioni riguardanti la salute del minore rappresentano, spesso, quellepiù difficili in cui si manifesta il potere-dovere di potestà genitoriale: signifi-cativi problemi si pongono non solo una volta che il bambino sia nato, ma ad-dirittura, eventualmente, anche prima, come nel caso dei nati prematuri182.

Mentre nell’impostazione del codice del 1942, che altro non è che il fruttodello stato di sviluppo della scienza di quegli anni, il nascere e il morire sonoeventi naturali ed istantanei, non così nell’attuale momento storico, in cui,com’è noto, vi sono farmaci e apparecchiature che rendono possibile la so-pravvivenza in casi in cui, in passato, essa era, invece, assolutamente impos-

181 v. Contiero, cit., 146 s. 182 Sul tema, v. G. Ferrando, Nascere per il diritto. Grandi prematuri e decisioni di ini-

zio vita, in Nuova giur. civ. comm., 2009, II, 97 ss., che distingue tra feto abortito, nato mortoe nato vivo (che poi, comunque, potrebbe anche esser morto poco dopo la nascita)

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sibile: ecco che allora la valutazione se le manifestazioni biologiche del natorappresentino “infruttuosi ed evanescenti conati di vita” oppure “segni di vitaautonoma”183 sostenibili attraverso un “aiuto” medico e tecnologico è parti-colarmente importante e, al contempo, difficile. In tal caso il medico non potràprendere da solo la decisione, ma dovrà informare i genitori delle condizionicliniche del nato al momento della nascita, delle chances di sopravvivenza,nonché dei rischi di disabilità, lasciando a questi, comunque, la difficile de-cisione definitiva (salvo ovviamente il ricorso al giudice ex art. 333 c.c. nelcaso in cui la loro condotta sia “pregiudizievole al figlio”): ad ogni modo,ove la proposta del medico abbia solo probabilità, più o meno elevate, di suc-cesso, ma al contempo presenti rischi concreti di gravi conseguenze invalidantiper il figlio, il controllo giudiziale dovrebbe avere carattere meramente pro-cedurale, volto ad accertare che i genitori abbiano avuto tutti gli elementi in-formativi per compiere la loro scelta.

Nel caso in cui, dunque, i genitori facciano “sopravvivere” il nato pre-maturo, pur consapevoli dell’handicap da cui questi sarà gravato per tutta lavita, evidentemente non possono essere chiamati a risarcire un danno al figlio,dato che l’unica alternativa alla disabilità di quest’ultimo sarebbe stata la suastessa morte. Viceversa, non si vedono ragioni per escludere la tutela aquiliana,in aggiunta al citato rimedio di cui all’art. 333, nel caso in cui una scelta deigenitori, improvvida già secondo una valutazione a priori, sia stata causa diun handicap altrimenti evitabile.

Per quanto riguarda, poi, le decisioni prese sul figlio già nato, i settori dimaggiore interesse sono quello delle vaccinazioni obbligatorie e quello degliinterventi medici. A proposito delle prime, una responsabilità genitoriale potràsorgere nel caso del rifiuto dei genitori di sottoporre il minore a vaccinazioniobbligatorie e dell’eventuale contrazione della malattia derivante da tale com-portamento.

183 v. Ferrando, cit., 100

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Infatti, è vero sì che la funzione primaria della normativa in materia èquella di assicurare la salute pubblica, tuttavia si ritiene che ciò non ostacoliil riconoscimento di una responsabilità endofamiliare in subiecta materia, salvoil caso in cui vi sia, in base ad una valutazione ex ante, un concreto rischio dicontagio o comunque altre circostanze derivanti dalla particolare situazionesanitaria dell’interessato che comportino un rischio grave per la salute del mi-nore e giustifichino così la condotta dei genitori184.

A proposito, poi, degli interventi medici, non si può prescindere da duefonti: l’art. 6 della Convenzione di Oviedo e l’art. 37 del Codice di Deontolo-gia Medica, i quali prevedono la sostituzione del legale rappresentante del mi-nore nella prestazione del consenso e, nel caso di opposizione, la necessità,per il medico che si trovi ad effettuare una prestazione indispensabile, di ri-correre all’autorità giudiziaria, salvo il caso di assoluta urgenza.

La tendenza in materia, comunque, è quella a valorizzare sempre più ilruolo del minore: così come i genitori devono tener conto delle aspirazioni edei desideri di quest’ultimo nell’esercizio dei doveri genitoriali, così il mediconon può prescindere dal tenere in considerazione il parere del minore in basealla sua età e al grado di maturità e, nel caso di sperimentazione clinica, l’art.4 dir. 2001/20/CE prevede oggi il riferimento alla “volontà presunta” dellostesso, debitamente informato185. L'art. 315-bis c.c., poi, prevede oggi che “ilfiglio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ovecapace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e leprocedure che lo riguardano”.

Insomma, anche nel peculiare settore degli interventi medici non si puòprescindere dalle risultanze dell’evoluzione del diritto della famiglia e dei rap-porti familiari: ecco che allora la potestà, ancora una volta, lungi dall’essereun diritto assoluto dei genitori sui figli, è piuttosto un diritto-dovere, e non si

184 Facci, ultimo cit., 236 ss.185 Facci, ultimo cit., 239 ss.. Cfr., diffusamente, V. Calderai, Il problema del consenso

nella bioetica, in Riv. dir. civ., 2005, II, 347 ss.

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risolve in una sostituzione dei genitori ai figli nelle scelte che li riguardanoma, piuttosto, nel dovere di coinvolgere questi ultimi nel processo decisionale,avendo come punti di riferimento il loro grado di maturità, la loro volontà eil loro best interest. Da ciò si deduce che il potere sostitutivo dei genitori saràlimitato ai casi in cui i figli siano troppo piccoli per autodeterminarsi, assu-mendo invece un rilievo fondamentale la volontà dei minori in tutti i casi incui vi sia, comunque, un sufficiente livello di maturità186.

Di conseguenza, bisognerà distinguere fra i “grandi” minori, relativamenteai quali anche la violazione del loro diritto ad essere ascoltati (e ad autodeter-minarsi) potrà essere foriera di responsabilità per i genitori, ove si concretizziin un pregiudizio per i figli, e i “piccoli” minori, per i quali, essendo indispen-sabile, nella prestazione del consenso, la sostituzione del rappresentante, sor-gerà una responsabilità per quest’ultimo in tutti i casi in cui il trattamento siaingiustificatamente invasivo o rischioso (ivi compreso il caso in cui sia statopreferito un trattamento sperimentale ad uno tradizionale), o ancora sia statonegato il consenso ad un trattamento indispensabile, e la scelta si sia rivelatasbagliata. La valutazione, ad ogni modo, dovrà essere fatta ex ante, non potendocerto imputarsi ai genitori l’infelice esito di un’operazione o di un trattamentoche, pur essendosi rivolti, in concreto, a danno del figlio, costituissero, a priori,una scelta adeguata.

Viceversa, non potranno essere giustificate quelle decisioni prese esclusi-vamente in base a convinzioni ideologiche, e potrà quindi essere eseguita unatrasfusione di sangue indispensabile per salvare la vita ad un bambino, nono-stante il parere contrario dei genitori, e ciò perché, indubbiamente, la tutela del-l’integrità fisica dei figli rientra fra i doveri genitoriali187.

186 Facci, ultimo cit., 240 ss.. Sembra dare conferma del rilievo che assume la volontàdel minore l’art. 12, l. 194/78: infatti, il provvedimento del giudice non è qui consideratocome integrativo della volontà della donna, ma costituisce piuttosto la garanzia che la deci-sione sia stata presa in piena libertà (Facci, ultimo cit., 243)

187 Facci, cit., 244 ss.

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4.2. Il “diritto a nascere sani” e la responsabilità da concepimento

Esaminato il problema del dovere dei genitori di tutelare la salute del figlionato, si pone quello della configurabilità di un dovere a tutelare la salute del fi-glio “non nato”, insomma, dell’esistenza di una sorta di “diritto a nascere sani”,cui si ricollega la figura della responsabilità da concepimento188.

A tale proposito, occorre effettuare una distinzione in base al momentoin cui si verifica il danno: infatti, vi può essere il caso di chi, già concepito,venga contagiato da una malattia, o subisca comunque un altro tipo di danno(ad esempio a causa dell’uso di alcolici e stupefacenti da parte della madre),e chi, invece, abbia una malattia genetica, e per il quale, dunque, il danno sisia verificato nel momento stesso del concepimento.

Nel primo caso, la dottrina tende così a riconoscere una responsabilitàdella madre, affermando contestualmente un suo dovere di tutelare il feto e dinon assumere comportamenti potenzialmente dannosi per quest’ultimo: è verosì, infatti, che il concepito non ha la capacità giuridica189, tuttavia gli si devericonoscere una certa soggettività, da cui deriva un diritto al risarcimento deldanno causatogli prima della nascita e, comunque, in subordine all’effettivoverificarsi della nascita stessa, in base al disposto dell’art. 1, 2° comma, c.c.190.

188 E’ chiaro, comunque, che oltre ad una responsabilità dei genitori verso il concepito,vi potrà essere una responsabilità del terzo. Sul tema, v., in dottrina, Facci, L’ingiustizia deldanno nelle relazioni familiari, cit., 1252 ss.; F. Mastropaolo, Risarcimento del danno allasalute del concepito; responsabilità, doveri, diritti dei genitori e dei congiunti, in AA. VV.,Studi in onore di Pietro Rescigno. II. Diritto privato. 1. Persone, famiglia, successioni e pro-prietà, Giuffré, Milano 1998, 536 ss., specie in tema di manipolazioni degli embrioni; in giu-risprudenza, Cass. 14488/2004, in Nuova giur. civ. comm., 2005, 418 ss., con nota di E.Palmerini; Cour de Cassation, 17/11/2000, in Nuova giur. civ. comm., 2001, 209 ss., con notadi E. Palmerini e postilla di F. D. Busnelli

189 Tale affermazione vede comunque alcune voci contrarie, in particolare Mastropaolo,cit., 526 s., che sottolinea come l’art. 1, 1° comma, c.c. in realtà non dica che la capacità giu-ridica si acquista “solamente” con la nascita

190 D. Angelozzi, Vita indesiderata e pretese risarcitorie del figlio, in Sesta, La respon-sabilità nelle relazioni familiari, cit., 566 ss.; Fraccon, ultimo cit., 309; Mastropaolo, cit., 536;S. Orrù, La procreazione, in P. Cendon (a cura di), Il diritto privato nella giurisprudenza –Famiglia e persone – III – Tomo primo, UTET, Torino 2008, 58 s.; Parini, cit., 203 ss.; Patti,cit., 113. L’art. 1, 2° comma, c.c. si differenzia notevolmente dal codice del 1865 e dall’attualecodice civile francese che, com’è noto, richiedono anche il requisito della vitalità, cioè l’atti-tudine a rimanere in vita (cfr. Ferrando, cit., 97)

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Nel secondo caso, invece, bisogna distinguere in base alla situazione deigenitori, che può comportare l’assenza del requisito soggettivo della colpa e,quindi l’assenza di responsabilità: ben diversa è, infatti, la situazione di chisia consapevole della propria malattia e di chi, invece, essendone “portatoresano”, non ne sappia nulla.

Così, se nel secondo caso è agevole escludere la responsabilità, nel primola valutazione è molto complessa: non è facile, infatti, definire quale sia il pre-giudizio risarcibile, anche perché una definizione troppo larga finirebbe perricomprendere anche i difetti estetici e potrebbe spingersi fino a stabilire unaresponsabilità dei genitori in tutti i casi in cui il figlio, per le ragioni più di-sparate, consideri un minus il fatto stesso di essere venuto in esistenza191.

E’ dunque indispensabile fissare un confine, che in linea di massima do-vrebbe essere costituito dalle malattie ereditarie propriamente dette. Anche intal caso, però, almeno in linea teorica, gli ostacoli all’individuazione di un dannorisarcibile appaiono insormontabili: perché un danno sorga, infatti, è necessarial’aggressione ad un bene giuridico esistente, ma nel caso della malattia genetica,trasmettendosi essa al momento e per il fatto stesso del concepimento, il benegiuridico asseritamente violato, la salute del nascituro, non è, in realtà, mai esi-stito, e nemmeno esisteva, prima del concepimento, un soggetto cui sia riferibilel’ingiusta aggressione, dato che c’erano solo due gameti. Insomma, senza lamalattia genetica non esisterebbe nemmeno il concepito, per cui il riconosci-mento, in tal caso, di un danno risarcibile finirebbe per introdurre, nel nostroordinamento, un assurdo diritto alla non-vita192, per non parlare, poi, del fattoche, in tal modo, si porrebbe in essere un’ancora più assurda compensatio lucricum damno, in cui la vita sarebbe il lucro e la malattia il danno193.

191 Facci, ultimo cit., 1298 ss.; Mastropaolo, cit., 513 ss.192 Fraccon, ultimo cit., 308; Mastropaolo, cit., 516 ss.; Orrù, cit., 57 s.; Parini, cit., 202

ss.; Patti, cit., 115 ss.193 Parini, cit., 216

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Ma, come sempre, l’elaborazione teorica deve fare i conti, poi, con la pra-tica giurisprudenziale. Nel nostro caso, il leading case in materia è dato dauna celebre sentenza del Tribunale di Piacenza del 1950194, che ha riconosciutoil danno biologico al concepito cagionatogli al momento stesso del concepi-mento, con ciò negando il diritto a procreare a coloro che siano consapevolidi essere affetti da malattie ereditarie, dato che, per loro, l’esercizio di tale di-ritto finirebbe per danneggiare un terzo, ovvero il concepito195.

Ciò alla luce delle ultime tendenze della teoria della responsabilità civile,che non considera indispensabile che il soggetto passivo già esista nel mo-mento in cui l’atto è compiuto (e, una volta esistito, la malattia genetica pro-duce i suoi danni, evidentemente, per tutta la vita del soggetto): si preferisce,così, anche in virtù dei progressi della medicina, parlare di diritto alla procrea-zione responsabile, efficace sintesi del binomio fra responsabilità e libertà196.

Ma sono evidenti le conseguenze demolitrici, per l’intero sistema, di unasimile impostazione, che finisce per minare i fondamenti sia della teoria dellaresponsabilità aquiliana tradizionalmente intesa, che considera la lesione comeil “venir meno” di un bene giuridico preesistente, sia del diritto costituzionale,che garantisce l’inviolabilità della libertà personale e, con essa, il diritto allaprocreazione e alla sessualità, e porta infine a configurare un assurdo dirittodel concepito all’aborto eugenetico197.

194 La sentenza è stata riformata in appello, ma solo per la mancata nomina di un cura-tore speciale. V. Angelozzi, cit., 567; Cassano, Rapporti familiari responsabilità civile e dannoesistenziale, cit., 233 s.; Fraccon, ultimo cit., 307; Mastropaolo, cit., 513 s.; Orrù, cit., 56 s.;Parini, cit., 211 ss.; Patti, cit., 112 ss.

195 Mastropaolo, cit., 535196 Cassano, ultimo cit., 234; Fraccon, ultimo cit., 309; Orrù, cit., 58. Cfr. altresì, sulla

sentenza e sul successivo dibattito in dottrina, M. Bona – V. Virzì, Procreazione e danno, inP. G. Monateri – M. Bona – U. Oliva – F. Peccenini – P. Tullini, Il danno alla persona. Tomoprimo, I ed., ristampa (2001), UTET, Torino 2000, 232 s.; G. Alpa – M. Bessone – V. Zeno-Zencovich, I fatti illeciti, in P. Rescigno (diretto da), Trattato di diritto privato – Obbligazionie Contratti – VI, II ed., UTET, Torino 2001, 164 ss.

197 v. Angelozzi, cit., 567 ss.; Orrù, cit., 57

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Più in generale, perché si possa parlare di un danno al concepito nei ter-mini delineati dal Tribunale di Piacenza, dovrebbe esistere, nel nostro ordina-mento, un diritto a non nascere, che però, appunto, non esiste198.

Per quanto riguarda, poi, la possibilità di configurare una responsabilitàdella madre per non essersi sottoposta, nel corso della gestazione, a determi-nate cure od operazioni chirurgiche che avrebbero potuto evitare al figlio dinascere già affetto da una certa patologia199, appare opportuno (al di là delledifficoltà di individuare, in concreto, il nesso di causalità) distinguere fra in-terventi invasivi, per i quali non sarebbe ravvisabile una responsabilità, e te-rapie e interventi poco invasivi, ai quali, invece, sembra opportuno ritenereche la donna abbia il dovere di sottoporsi ove siano utili a scongiurare la na-scita di un figlio affetto da patologie. E’ invece pacifica la possibilità di con-figurare una responsabilità del terzo che contagi la madre (e con essa ilconcepito) con una malattia infettiva tramite l’atto sessuale200.

5. La responsabilità da cattiva amministrazione del patrimonio del minore

Nelle pagine precedenti sono stati esaminati i doveri genitoriali aventi uncarattere personale (ivi compreso un dovere, come quello di mantenimento,che assume, in realtà, anche uno spiccato connotato patrimoniale), con le con-seguenze della loro eventuale violazione. Nelle prossime pagine saranno esa-minati invece gli aspetti patrimoniali dei doveri genitoriali, in particolare ildiritto-dovere di amministrazione del patrimonio del minore, anch’esso pos-sibile fonte di responsabilità.

198 Orrù, cit., 57 s.. Alpa – Bessone – Zeno-Zencovich, cit., 167, precisano che “lo stru-mento della responsabilità civile, inevitabilmente conflittuale fra soggetti posti in misura di-versa in situazione di grave disagio, appare più utilmente sostituito dagli obblighi giuridiciderivanti dal rapporto di filiazione, obblighi che naturalmente vanno graduati in relazione alsingolo caso con riguardo alla posizione sia dei genitori che del minore”

199 sul tema, v. Parini, cit., 210 ss.200 v. Angelozzi, cit., 571; Facci, ultimo cit., 1260 s.

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5.1. L’amministrazione del patrimonio del minore e l’usufrutto legale

Si è già visto come al genitore spettino una serie di poteri-doveri in ma-teria, ad esempio, di scelte di istruzione, educazione e, soprattutto, salute delminore: il genitore agisce, è noto, esercitando un potere di rappresentanza neiconfronti del minore. Quando si parla di rappresentanza, però, si fa riferimentoanche agli aspetti patrimoniali di tale potere, dato che il minore non ha capacitàdi agire e non può, dunque, porre in essere validi atti negoziali, per cui sono igenitori a porli in essere in luogo sia dei minori sia dei nascituri concepiti econcepturi. A stabilire ciò è l’art. 320 c.c., il quale prevede, altresì, che sianogli stessi genitori ad amministrare i beni dei figli, anche disgiuntamente, ovesi tratti di atti di ordinaria amministrazione, intendendosi di ordinaria ammi-nistrazione gli atti che non modificano il patrimonio esistente, che gestisconoi rapporti patrimoniali già in essere o che sono volti al loro miglioramento ealla implementazione dei frutti, e con l’autorizzazione del giudice tutelare incaso di atti di straordinaria amministrazione, prevedendosi l’annullabilitàdell’atto in caso contrario.

L’art. 324 prevede poi l’usufrutto legale dei genitori sui beni dei figli, icui frutti percepiti devono essere destinati “al mantenimento della famiglia eall’istruzione ed educazione” di quest’ultimi. Esso non è tanto, come si rite-neva in passato, un “corrispettivo” delle prestazioni operate a favore del figlio,ma è piuttosto espressione del generale principio di solidarietà familiare: ifigli, infatti, non potendo amministrare il loro patrimonio senza il rischio didisperderlo, possono comunque, tramite questo istituto, contribuire al mante-nimento, alla cura e all’assistenza della famiglia, evitando così che si realizzinoindebite disparità economiche fra i membri di questa201.

201 sulla rappresentanza genitoriale e sull’amministrazione dei beni dei figli, v. Giardina,ultimo cit., 87 ss.; Montecchiari, ultimo cit., 160 ss.; Torrente – Schlesinger, cit., 1121 s.;Villa, cit., 334 ss.

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5.2. Le conseguenze della cattiva amministrazione del patrimonio del minore

Si tratta ora di esaminare le conseguenze della cattiva amministrazionedel patrimonio del minore202, tenendo presente che, comunque, l’art. 325 di-spone che sui genitori titolari dell’usufrutto legale sui beni del minore incom-bano gli stessi obblighi dell’usufruttuario. La prima conseguenza è data dalladecisione del Tribunale di “stabilire le condizioni a cui i genitori devono atte-nersi nell’amministrazione” oppure di “rimuovere entrambi o uno solo di essidall’amministrazione e privarli, in tutto o in parte, dell’usufrutto legale” (art.334 c.c.): si ritiene, comunque, che per adottare tali provvedimenti non sia ne-cessaria (anche se, di fatto, spesso viene implicitamente presupposta) l’esi-stenza di un pregiudizio, così come non si richiede l’imputabilità o lacolpevolezza della condotta tenuta dai genitori.

Altra possibile conseguenza è data invece dalla restituzione dei frutti esi-stenti al momento della domanda nel caso in cui il genitore abbia continuato“a godere i beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza oppo-sizione, o anche con procura ma senza l’obbligo di rendere conto dei frutti”(art. 329 c.c.).

In entrambi i casi, comunque, si ritiene che sia configurabile ancheun’eventuale responsabilità risarcitoria, nel caso in cui, a seguito della cattivaamministrazione, sorga un danno patrimoniale in capo al minore.

La particolarità, però, è data, in questo caso, dalla sua riconducibilitàsotto l’“ombrello” non dell’illecito aquiliano, come in tutti i casi fin qui esa-minati, ma della responsabilità contrattuale: infatti, essa non differisce dalla

202 sul tema, v. Fraccon, La responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai figli, cit.,1331 s.; Montecchiari, ultimo cit., 223 s.; M. Martino, La responsabilità da cattiva ammini-strazione, in Sesta, cit., 30 ss.. Per quanto riguarda l’eventuale sanzione penale (per i casipiù gravi), si può fare rif. all’570, 2° comma, n. 1), c.p. (riguardante colui che “malversa o di-lapida i beni del figlio minore”)

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responsabilità del tutore per amministrazione non diligente dei beni del pu-pillo, e non vi è dubbio che tale responsabilità sia di tipo contrattuale (conconseguente obbligo del genitore di provare che l’inadempimento ai suoi do-veri è derivato da causa a lui non imputabile)203.

Sul contenuto, poi, di tale responsabilità, non si può prescindere dal di-sposto dell’art. 382, dettato appunto in materia di tutela, il quale afferma cheil tutore, gravato da un obbligo di “amministrare il patrimonio del minore conla diligenza del buon padre di famiglia”, risponde verso il minore “di ognidanno a lui cagionato violando i propri doveri”, consistendo tale violazione“o nel non esercitare i poteri-doveri o nell’esercitarli in modo non conformeall’interesse del minore204”, senza peraltro poter beneficiare del minor rigoreche, in tema di mandato, viene applicato in caso di gratuità della prestazioneex art. 1710, 1° comma, c.c..

Esaminati così, nella prima parte di questo lavoro, sia gli aspetti personaliche quelli patrimoniali dei doveri genitoriali nei confronti dei figli e le conse-guenze della loro violazione, vale a dire le caratteristiche essenziali della re-sponsabilità dei genitori nei confronti dei figli, si analizzeranno, nella secondaparte, gli articoli del codice civile più significativi per la configurazione dellaresponsabilità genitoriale nei confronti dei terzi, cioè gli artt. 2047 e 2048.

203 Oberto, ultimo cit., 63204 Martino, cit., 314

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PARTE SECONDA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI PERGLI ILLECITI EXTRACONTRATTUALI DEI FIGLI

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INTRODUZIONE

Nella prima parte di questo lavoro sono stati affrontati i profili di respon-sabilità extracontrattuale (o, eventualmente, contrattuale, come si è visto perl’ipotesi di cattiva amministrazione del patrimonio del minore) dei genitorinei confronti dei figli, esaminando il rapporto fra tale responsabilità, i doverie la potestà dei genitori. In questa seconda parte si esamineranno invece i pro-fili di responsabilità extracontrattuale dei genitori nei confronti dei terzi perfatto dei figli (quindi, essenzialmente, l’art. 2048 c.c. nonché l’art. 2047 c.c.),analizzando, anche qui, il loro rapporto con doveri e potestà genitoriale, oltreche, evidentemente, il rapporto reciproco fra queste due norme.

E’opportuno, innanzitutto, leggere il disposto di esse. L’art. 2047, rubri-cato “Danno cagionato dall’incapace”, afferma: “In caso di danno cagionatoda persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi ètenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che provi di non aver potuto im-pedire il fatto” (1° comma). “Nel caso in cui il danneggiato non abbia potutoottenere il risarcimento da chi è tenuto alla sorveglianza, il giudice, in consi-derazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare l’autoredel danno ad un’equa indennità” (2° comma). L’art. 2048, rubricato “Respon-sabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte”, afferma in-vece: “Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionatodal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette allatutela che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante” (1°comma). “I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono re-sponsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendistinel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza” (2° comma). “Le persone indicatedai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano dinon aver potuto impedire il fatto” (3° comma).

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1. Breve profilo storico205

Le ipotesi di responsabilità delineate dagli artt. 2047 e 2048 c.c. rappre-sentano, insieme con quella di cui all’art. 2049 c.c. (“Responsabilità dei pa-droni e dei committenti”), tipici casi in cui un soggetto può essere chiamato arispondere per un danno materialmente commesso da altri, e a fondamento ditale responsabilità l’opinione tradizionale pone la culpa in vigilando o in edu-cando per le ipotesi degli artt. 2047 e 2048, con ammissione della prova con-traria dell’assenza di colpa, e la culpa in eligendo, senza possibilità di provacontraria, per l’art. 2049206.

In particolare, per quanto riguarda le norme oggetto della nostra indagine,l’art. 2048 affonda le proprie radici nel diritto romano207, in particolare nelleactiones noxales, che si esercitavano contro l’avente potestà (dominus o paterfamilias), che veniva posto di fronte all’alternativa fra pagare la pena previstaper quel dato illecito oppure dare a nossa (noxae dedere) il colpevole soggettoalla sua potestà, e la responsabilità seguiva appunto la potestà208. Analoga-mente, nel diritto consuetudinario francese, era prevista una responsabilità delpadre per il fatto del figlio, in particolare una coutume bretone affermava: “Si l’enfant fait tort à autrui tant qu’il sera au pouvoir de son père, le pèredoit payer l’amende civile parce que le père doit chatier son enfant”209.

205 Sul tema v., in generale, A. Ferrante, La responsabilità civile dell’insegnante, delgenitore e del tutore, Giuffré, Milano 2008, 16 ss.

206 Ferrante, cit., 10. E. Bonvicini, La r.c. per fatto altrui, Giuffré, Milano 1976, 630ravvisa un’analogia fra gli artt. 2047-2048 e gli artt. 2051-2052

207 su cui v. M. Marrone, Lineamenti di diritto privato romano, Giappichelli, Torino2001, 52 ss.

208 M. L. Chiarella (a cura di), Minore danneggiante e responsabilità vicaria, in Dannoresp., 2009, 973. Contra, Patti, cit., 252; Ferrante, cit., 17, secondo il quale “le actiones noxalesnon prevedevano presunzioni di responsabilità”. Quest’ultima affermazione non pare condi-visibile, dal momento che la previsione di una sorta di responsabilità automatica del dominuso del pater familias nei casi sopra visti appare, anzi, addirittura più forte di una semplice pre-sunzione di responsabilità

209 v. Patti, cit., 252

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E’ tuttavia l’art.1384 del Code Napoléon, tramite la mediazione degli artt.1153 ss. del Codice del 1865, a costituire, secondo il parere unanime della dot-trina, l’antecedente storico dell’art. 2048: esso prevede, infatti, la responsabilitàdel padre (o, dopo la sua morte, della madre)210, ma con la possibilità di esimersida tale responsabilità laddove fornisca la prova di non aver potuto impedire ilfatto del minore211. Per quanto riguarda, poi, l’art. 2047, esso è invece nuovorispetto al Codice del 1865, non tanto per il principio enunciato (che, infatti,“risponde ai comuni criteri, per i quali chi ha per legge o per volontaria assun-zione di obbligo il dovere di vigilanza e di sorveglianza su persona incapace,versa in colpa ed è tenuto al risarcimento se omette o trascura la sorveglianza,in guisa che l’incapace possa causare danno a terzi”212), ma piuttosto per l’in-versione dell’onere della prova, per cui il danneggiato non deve più provare lacolpa del sorvegliante, ma questa è appunto presunta213 salva la prova contraria“di non aver potuto impedire il fatto”. Altra novità è poi data dal 2° comma dellanorma che, prevedendo un’indennità per il danneggiato e a carico dell’incapace,“si muove in termini completamente differenti rispetto al sistema delineato nelcodice civile ed allo stesso criterio generale di non imputabilità dell’incapacesancito dall’art. 2046 del codice civile”214.

210 Ferrante, cit., 17 ss.; U. Oliva – F. G. Pizzetti, La responsabilità per danno cagionatoda incapace e da minore, in P. G. Monateri – M. Bona – U. Oliva – F. Peccenini – P. Tullini,Il danno alla persona. Tomo secondo, I ed., ristampa (2001), UTET, Torino 2000, 500; Patti,cit., 257

211 A. Cocchi, Art. 2048 c.c.: orientamenti giurisprudenziali sulla responsabilità da il-lecito cagionato da minore “capace”, in Resp. civ. prev., 2010, 1969; Patti, cit., 252

212 Cass. 1812/1953, citata da Ferrante, cit., 20. Così, “la responsabilità del sorveglianteper i danni cagionati dall’incapace era ricondotta, generalmente, nell’ambito della responsa-bilità per omissione o per negligenza, con necessità della prova dell’elemento soggettivo dellacolpa da parte del danneggiato” (Facci, I nuovi danni nella famiglia che cambia, cit., 308). Inrealtà, comunque, parte della dottrina riteneva che la responsabilità dei genitori e dei tutori dicui all’art. 1153 non venisse meno nel caso in cui il figlio o il pupillo fossero incapaci (v.Facci, ultimo cit., 239)

213 Pregevole è la precisazione di Ferrante (cit., 47 ss.), il quale sottolinea che gli artt.2047 e 2048 pongono una presunzione di colpa, piuttosto che una presunzione di responsabi-lità. Tuttavia, è lo stesso Ferrante ad osservare che tale distinzione non viene fatta nemmenodalla Suprema Corte, che usa le due espressioni indistintamente e atecnicamente

214 Ferrante, cit., 21

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L’origine della norma è da ricercare invece, prima ancora che nel § 829BGB cui fa esplicitamente riferimento la Relazione al Codice del 1942, nei §§41-44 e 139-146 della parte I, titolo VI, del Codice Prussiano (AllgemeinesLandrecht) e, ancor prima, nel Codice Austriaco del 1811 (ABGB), a sua voltaispirato dai principi di diritto naturale propugnati da uno dei suoi redattori, loZeiler. In particolare, per quanto riguarda il 1° comma, il riferimento va al §1309 dell’ABGB, il quale, dopo che il § 1308 ha affermato: “Se i mentecattio gli imbecilli o i fanciulli recano danno ad alcuno che vi abbia dato occasionecon qualche sua colpa, il danneggiato non ha diritto al risarcimento del danno”,stabilisce: “Fuori da questo caso gli compete di essere indennizzato da quelliai quali sarà imputabile il danno per aver negletto la cura loro affidata sopratali persone”. Per quanto riguarda il 2° comma, il riferimento è dato dal § 1310dell’ABGB, secondo il quale: “Se il danneggiato non possa in questo modoottenere il risarcimento del danno, il giudice ordinerà il risarcimento dell’interodanno, o d’una parte di esso da stabilirsi in termini di equità, avuto riguardoalle circostanze, se al danneggiante, sebbene non abbia questi ordinariamentel’uso della ragione, possa per avventura nel dato caso essere imputata la colpa,ovvero se il danneggiato, per risparmiare il danneggiante, abbia tralasciato ladifesa; o finalmente avuto riguardo alla sostanza del danneggiante e deldanneggiato”215.

215 Referenti degli artt. 2047 e 2048 sono anche, rispettivamente, l’art 76 e l’art. 79 delprogetto di codice codice civile italo-francese del 1927 (v. Facci, ultimo cit., 240 e Ferrante,cit., 19 s. e 23). Per quanto riguarda l’art. 2047, si trovano norme analoghe sia nel codice sviz-zero delle obbligazioni sia nei codici, ormai abrogati, di molti Paesi comunisti

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2. I “confini” fra l’art. 2047 e l’art. 2048 c.c.

Prima di affrontare le problematiche poste dall’art. 2047 e dall’art. 2048,appare opportuno precisare quali siano i “confini” di applicabilità delle duenorme. Si può dire, in sostanza, che l’applicabilità dell’una escluda l’altra216:più precisamente, l’art. 2047 si applica nel caso in cui il fatto dannoso sia ma-terialmente commesso dal minore incapace di intendere e di volere217, mentrel’art. 2048 si applica nel caso in cui, invece, il minore sia capace218. E la di-stinzione vale sia per i genitori che per tutori, insegnanti, precettori e maestrid’arte: infatti, se per il minore capace essi rispondono, senza alcun dubbio, exart. 2048, altrettanto indubitabilmente il riferimento è all’art. 2047 nel caso diminore incapace, e dunque essi rispondono non in quanto genitori, tutori, in-segnanti, precettori o maestri d’arte, ma in quanto sorveglianti219.

216 Anche se, stante, come si vedrà, la difficoltà di distinguere il minore incapace daquello capace, capita sovente che si applichi l’art. 2047 laddove sarebbe più corretto applicarel’art. 2048 e viceversa (Facci, ultimo cit., 264 s.)

217 o, anche, non dimentichiamolo, del maggiore d’età comunque incapace d’intenderee di volere (A. Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei mae-stri d’arte, in P. Cendon [a cura di], La responsabilità extracontrattuale. Le nuove figure dirisarcimento del danno nella giurisprudenza, Giuffré, Milano 1994, 397)

218 A. Ambanelli, La responsabilità dei genitori e dei tutori (art. 2048 c.c.), in Bonilini– Carnevali – Confortini, cit., 305; R. Barbanera, La responsabilità dei genitori, in G. Ferrando(trattato diretto da), Il nuovo diritto di famiglia. Volume secondo. Rapporti personali e patri-moniali, Zanichelli, Bologna 2008, 201; R. Campione, Il fatto dannoso del minore incapace,in Sesta (a cura di), La responsabilità nelle relazioni familiari, cit., 598; Chiarella, cit., 974;Cocchi, cit., 1973; M. Dogliotti, La potestà del genitore e l’autonomia del minore, cit., 501s.; Facci, ultimi cit., 307; G. Fazio, La responsabilità civile dei genitori verso i terzi, inhttp://www.tribunale.varese.it/UserFiles/File/giurisprudenza/Responsabilita%20civile%20dei%20genitori%20verso%20i%20terzi%20Torino.pdf, 3; R. Ferorelli, La responsabilità extra-contrattuale dei genitori verso i terzi (art. 2047-2048 c.c.), in Cendon (a cura di), Trattatodella responsabilità civile e penale in famiglia. Volume II, cit., 1338; P. G. Monateri, Le Fontidelle Obbligazioni. 3. La Responsabilità Civile, UTET, Torino 1998, 930, che peraltro citasporadica giurisprudenza che, cadendo palesemente in errore, ha applicato l’art. 2048 a bam-bini che frequentavano la prima elementare; Patti, cit., 248; D. Poletti, La responsabilità civile,in Breccia – Bruscuglia – Busnelli – Giardina – Giusti – Loi – Navarretta – Paladini – Poletti– Zana, Diritto privato – Parte Seconda, cit., 562; C. Salvi, La responsabilità civile, Giuffré,Milano 1998, 130. Cfr. anche App. Lecce, 22 dicembre 1969 (massima), in Bonvicini, cit.,649 e Cass. 4481/2001, in Danno resp., 2001, 498 ss., con commento di V. Carbone

219 Barbanera, cit., 209; C. Coppola, Il soggetto tenuto alla sorveglianza dell’incapace(art. 2047 c.c.), in Bonilini – Carnevali – Confortini, cit., 92; Ferrante, cit., 87; Venchiarutti,cit., 396, in nota; Villa, cit., 361. Sul problema della distinzione fra soggetti capaci e incapaci,cfr. infra

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220 Campione, cit., 598; Dogliotti, cit., 509; Ferorelli, cit., 1339; Patti, cit., 249 ss.; P.Rescigno, Manuale del diritto privato italiano, II ed., Jovene, Napoli 1975, 696; Venchiarutti,cit., 398. Cfr. App. Roma, 3 luglio 1957, massima in Bonvicini, cit., 651

221 v. Barbanera, cit., 209; Ferrante, cit., 137. Monateri, cit., 965 ss., sottolinea peròche, in realtà, l’art. 2048 si limita a dire che i genitori “sono responsabili” del danno cagionatodal minore, e che la responsabilità di quest’ultimo viene semplicemente dedotta dalla dottrinain base al confronto con l’art. 2047 e alla già dedotta differenza terminologica tra l’espressione“danno cagionato da persona incapace” di cui all’art. 2047 e “fatto illecito” di cui all’art.2048. A suo parere, “[c]oll’usare la locuzione fatto illecito il legislatore può benissimo nonaver fatto riferimento alle conseguenze della fattispecie, ma agli elementi della fattispecie.Egli non poteva usare la stessa locuzione all’art. 2047 in quanto, a cagione dell’incapacità,tali elementi non erano gli stessi […] di quelli riuniti nella previsione dell’art. 2043”

222 v. Ferrante, cit., 26; Monateri, cit., 966; Patti, cit., 250 ss.223 Contrariamente a quanto accade per il restante disposto degli artt. 2047 e 2048, sul

2° comma dell’art. 2047, non si pone qui, evidentemente, il problema se si possa trattare di

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E, mentre gli effetti delle due norme nei confronti delle persone civil-mente responsabili sono gli stessi, non così nei confronti del minore incapaceo capace: il minore incapace, infatti, in virtù dell’art. 2046, “non risponde delleconseguenze del fatto dannoso” da lui commesso, per cui l’intera responsabi-lità finisce per ricadere solo ed unicamente sul sorvegliante; viceversa, il mi-nore capace ne risponde, limitandosi l’art. 2048 a sancire una responsabilitàsolidale ulteriore del genitore, tutore o precettore, con la conseguenza che benpuò il danneggiato, a conoscenza di un consistente patrimonio del minore,agire congiuntamente (o, addirittura, unicamente) contro quest’ultimo220. A conferma di ciò, la dottrina fa riferimento al dato letterale delle due norme:l’art. 2047, infatti, parla di “danno cagionato dall’incapace”, mentre l’art. 2048usa l’espressione “fatto illecito”, con ciò implicando che nell’art. 2047 “mancaaddirittura l’illecito mancando un soggetto capace di imputarlo”221.

Non contrasta, anzi conferma, questa affermazione il disposto del 2°comma dell’art. 2047, il quale, come si è visto, si muove in una logica equi-tativa e di utilità generale222, a parte, dunque, rispetto al restante disposto degliartt. 2047 e 2048, prevedendo non un risarcimento ma “un’equa indennità” acarico del minore danneggiante e a favore del danneggiato e mirando quindi(come si vedrà) non tanto a risarcire il danno o a punire l’incapace, quantopiuttosto a rendere meno gravosa la posizione dell’indigente che sia stato dan-neggiato da un incapace abbiente223.

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responsabilità per fatto proprio o altrui. Nondimeno, a fronte di una dottrina maggioritariache parla di responsabilità oggettiva (mancando, evidentemente, la colpa), sparuta dottrinaritiene invece che non di responsabilità oggettiva si tratti, dal momento che nemmeno si trattadi responsabilità, dato che non si vuole risarcire il danno (e nemmeno sanzionare chi ha com-messo il fatto dannoso) ma indennizzare il danneggiato (Ferrante, cit., 36 s.): tale secondatesi, per quanto, appunto, minoritaria, appare a chi scrive convincente, dato che, come si èdetto nel corpo del testo, il 2° comma dell’art. 2047 non ragiona in un’ottica di responsabilitàma in un’ottica di equità e di indennizzabilità. Cfr. anche infra

224 Cass. 12501/2000, con commento di F. Di Ciommo, in Danno resp., 2001, 257 ss.225 v. D. Carusi – F. Gritti, Commento all’art. 2048, in Rescigno (a cura di) – Cirillo –

Cuffaro – Roselli (con il coordinamento di), Codice civile, Tomo II (Artt. 1678-2969), VIIIed., Giuffré, Milano 2010, 4010

226 cfr. anche Campione, ultimo cit., 662227 v. Carusi – Gritti, cit., 4010; Monateri, cit., 967 s.. Segue tale tesi anche la giuri-

sprudenza più risalente a proposito dei rapporti interni fra precettore e minore, a meno nonsia esclusa del tutto la culpa in vigilando del precettore (Cocchi, cit., 1994)

228 v. Carusi – Gritti, cit., 4010; Dogliotti, cit., 509 s.; Venchiarutti, Commento all’art.2048, cit., 2066, che sottolinea come si sia escluso che il figlio possa avanzare un’analoga ri-chiesta di rivalsa verso i genitori, anche se è chiaro che saranno ipotesi quasi di scuola quelledi rivalsa del minore contro il genitore o di quest’ultimo contro il minore, avendo invece mag-giore rilevanza pratica le questioni relative alla ripartizione della responsabilità (e del risarci-mento) fra precettore e minore

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Per quanto riguarda, poi, la rivalsa dei genitori (o precettori) nei confrontidel minore, si tratta di un aspetto particolarmente difficoltoso, tant’è che, tal-volta, la stessa giurisprudenza tende a “glissarlo”224.

Così, se nel caso dell’art. 2047, esso nemmeno si pone, dato che il minoreè incapace e dunque irresponsabile225, nel caso dell’art. 2048 solo ove si ac-colga la tesi, che si esaminerà nel prossimo paragrafo, della natura oggettivadella responsabilità da esso prevista non sarà difficile riconoscere la possibilitàdi rivalsa totale, avendo i genitori esclusivamente una funzione di garanzia226.Viceversa, coloro che seguono la tesi tradizionale della responsabilità direttasi dividono fra coloro che ritengono che il danno derivi, per così dire, da unconcorso fra la colpa del minore e la colpa, in vigilando o in educando, di ge-nitori, tutori o precettori, per cui il minore potrà opporre in deduzione quellaparte di danno derivante, appunto, dalla colpa di questi ultimi227, e coloro iquali, invece, negano che la colpa in vigilando o in educando possa integraretale concorso, per cui, limitatamente ai rapporti interni, la responsabilità gravaesclusivamente sul minore228.

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3. La natura e il fondamento della responsabilità ex artt. 2047 e 2048c.c.: un’introduzione

Ora, al di là della loro formulazione apparentemente chiara, gli artt. 2047e 2048 scontano una sorta di peccato originale. Infatti, quello che si è vistoessere, al di là d’ogni dubbio, l’antecedente dell’art. 2048, cioè l’art. 1384 delCode Napoléon, presenta, fin dal principio, un intrinseco contrasto tra il suoscopo, così come delineato nella Relazione al Codice, quello, cioè, di garantireil risarcimento dei danni causati dai figli minori e coabitanti229, che aveva, asua volta, il proprio fondamento nell’autorità paterna230, e dunque nella potestà,e il principio della colpa come criterio generale di imputabilità degli atti.

E’ da tale contrasto che è nato il criterio di imputazione della responsabi-lità del genitore dato dalla colpa nell’esercizio del potere di controllo sul mi-nore231, che si rivela così essere non solo il frutto di un compromesso, ma ancor

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229 Cocchi, cit., 1969; Patti, cit., 252. Giardina, La condizione giuridica del minore, Jo-vene, Napoli 1982, 130 sottolinea, in particolare, come tale norma costituisse una sorta di“contrappeso” e un “corollario” della puissance paternelle. Ferrante, cit., 25, comunque, ri-chiama quella dottrina che ha in parte rivisto tale posizione storicamente consolidata, ponendoin rilievo la possibilità, concessa dalle due norme, di fornire la prova contraria, che permettequindi al genitore di svincolarsi dalla responsabilità in relazione alla funzione ed ai poteri chegli spettano proprio in quanto tale: in base a tale tesi, ciò dimostrebbe che quella di cui agliartt. 2047 e 2048 non costituisce una “garanzia in senso tecnico”, ma piuttosto l’espressionedi un “dovere ed impegno ad adempiere ai propri precisi obblighi di legge”

230 Alla luce di ciò, appaiono quanto mai condivisibili le osservazioni di Patti, cit., 260ss., il quale giustamente osserva come, almeno sino alla riforma del 1975, la nuova formula-zione dell’art. 2048 (rispetto al suo “precedente” storico, l’art. 1384 del codice abrogato),lungi dal rappresentare un passo verso l’uguaglianza fra il padre e la madre, creava inveceuna situazione di forte sfavore per la madre: era il padre, infatti, che continuava ad avere ilpieno esercizio della potestà, con il conseguente pieno potere di effettuare le scelte in materiadi educazione e regime di sorveglianza dei figli, mentre la madre finiva per essere gravata daquesta responsabilità senza che ne fossero, in corrispondenza, accresciuti i poteri. Cfr. ancheCampione, Il fatto illecito del minore capace, in M. Sesta (a cura di), La responsabilità nellerelazioni familiari, cit., 618 s. e Facci, ultimo cit., 275 s., che evidenzia come tale asimmetriafra la titolarità della potestà in capo al solo padre (fino alla riforma del 1975) e la responsabilitàin capo ad entrambi i genitori rappresentasse un importante elemento a sostegno della tesiche poneva il fondamento della responsabilità ex art. 2048 nei doveri genitoriali di manteni-mento, istruzione ed educazione della prole

231 In questo senso, magistralmente, Giardina, ultimo cit., 131 s., che definisce, conse-guentemente, l’art. 2047 un “inutile doppione”

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più inadatto nell’attuale contesto, in cui la potestà ha perso la sua vocazioneautoritaria a favore di una forte considerazione, come si è visto, delle esigenze,delle aspettative e del processo di maturazione del minore, che diminuisce no-tevolmente, in concreto, l’effettiva possibilità, per il genitore, di controllare ilcomportamento dei figli232.

Da queste contraddizioni sono nate diverse teorie in merito al reale fon-damento della responsabilità ex artt. 2047 e 2048, riassumibili sostanzialmentein due tesi estreme, quella della natura diretta o per fatto proprio e quella dellanatura indiretta o per fatto altrui, cui si aggiunge una tesi intermedia che parladi responsabilità semioggettiva.

Per comprendere la prima tesi, è opportuno partire dalla giurisprudenzafrancese su quello che si è visto essere l’antecedente storico dell’art. 2048, l’art.1384 del Code Napoléon, che ne ricollegava l’applicabilità alla culpa in vigi-lando o in educando, analogamente a quanto avrebbe fatto la giurisprudenzaitaliana sia con riferimento agli artt. 1153 ss. del Codice del 1865, sia, almenoinizialmente, agli artt. 2047 e 2048 del Codice del 1942233: del resto, non potevaaccadere diversamente in un sistema in cui, a parte il dolo, il criterio di impu-tazione della responsabilità era rappresentato esclusivamente dalla colpa234che, nei casi previsti dalle due norme in questione, veniva presunta235.

232 Di Ciommo, cit., 261; Patti, cit., 261 s.. A questo si aggiunga, sostiene ancora Patti,cit., 262 ss., il venir meno della giustificazione economica delle due norme in questione, dalmomento che, in passato, la responsabilità dei genitori ben poteva essere giustificata dai be-nefici patrimoniali che questi traevano dallo sfruttamento dell’attività lavorativa dei figli mi-nori, condizione che oggi, ormai, non si verifica praticamente più (cfr. anche Fraccon, ultimocit., 522 s.)

233 cfr. Comporti, Nuovi orientamenti giurisprudenziali sulla responsabilità dei genitoriex art. 2048 c.c., in Danno resp., 2002, 354

234 Ferrante, cit., 32 ss.; Giardina, ultimo cit., 131. Non così, però, nell’attuale sistema,in cui vari autori, in primis Rodotà, parlano di “sostituibilità” della colpa, come criterio diimputazione, con altri criteri, come il rischio o la proprietà di un bene

235 Villa, cit., 361

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In tale contesto, quindi, la responsabilità del sorvegliante ex art. 2047 equella del genitore, tutore e precettore ex art. 2048 finiva per essere, e finiscetuttora, per i sostenitori di questa teoria, senza alcun dubbio, una responsabilitàdiretta per fatto proprio, per cui il soggetto diventa responsabile diretto puressendo, da un punto di vista materiale, solo autore indiretto o mediato deldanno236.

In particolare, per quanto riguarda l’art. 2047, 1° comma, la responsabilitàavrebbe il proprio fondamento nella culpa in vigilando: in sostanza, visto ildettato dell’art. 2046, che sancisce la non imputabilità dell’incapace d’intenderee di volere, autore della “commissione del fatto” di cui all’art. 2047 finirebbeper essere non l’incapace ma il sorvegliante stesso, che risponderebbe dunqueper un fatto colposo proprio, consistente nel non aver saputo impedire il fattodannoso dell’incapace a causa della propria omessa o insufficiente vigilanza237.

Analogamente, secondo questa tesi, la responsabilità che l’art. 2048 ponea carico dei genitori e dei precettori avrebbe il proprio fondamento, nel casodei primi, nella culpa in educando o in vigilando, mentre per i secondi nella

236 v. G. Alpa, Responsabilità civile e danno. Lineamenti e questioni, Il Mulino, Bologna1991, 301; Ambanelli, cit., 308; Barbanera, cit., 203 e 207; Bonvicini, cit., 630; Campione, Ilfatto dannoso del minore incapace, cit., 609; Coppola, cit., 99 s.; Dogliotti, cit., 504 s.; Fero-relli, cit., 1340 s.; Ferrante, cit., 34 ss.; Fraccon, Relazioni familiari e responsabilità civile,cit., 522; Venchiarutti, cit., 398; A. Zaccaria, Commento all’art. 2047, in G. Cian – A. Tra-bucchi, Commentario breve al codice civile, CEDAM, Padova 1992, 1686

237 v., in dottrina, AA. VV., Istituzioni di diritto privato (diritto civile), XI ed., Simone,Napoli 2005, 730; Alpa, cit., 301; Id., Trattato di diritto civile. IV. La responsabilità civile, Giuf-fré, Milano 1999, 665; Campione, ultimo cit., 610; Dogliotti, cit., 502 s.; Facci, ultimo cit., 240;Ferrante, cit., 34 ss.; Salvi, cit., 138, che peraltro sottolinea come, in relazione all’art. 2047,sussistano meno dubbi sul fatto che si tratti di responsabilità per fatto proprio del sorveglianterispetto all’art. 2048; P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Giuffré, Milano 1973, 102; A.Venchiarutti, Commento all’art. 2047, in P. Cendon, Commentario al codice civile – Volumequarto ** artt. 1655-2059, UTET; Torino 1991, 2057; in giurisprudenza, ex multis, Cass.5366/1994, in Foro it., 1995, I, 1285 ss., con nota di S. Di Paola; Cass. 12965/2005, massimain P. Cendon – A. Baldassari, Codice civile annotato con la giurisprudenza, UTET, Torino 2007,23611. Esiste poi un lontano e singolare precedente delle Sezioni Unite (la pronuncia n. 2732del 1951) con cui è stato ritenuto responsabile l’interdetto del fatto illecito posto in essere dalsuo tutore, che aveva agito in nome e nell’interesse del primo, e ciò in base alle norme generaliin materia di rappresentanza legale (Venchiarutti, ultimo cit., 2058)

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sola culpa in vigilando: conseguenza di tale impostazione è che, anche qui, lapunibilità deriverebbe da un fatto omissivo proprio, in violazione, per quantoriguarda i genitori, dell’art. 147 c.c.238.

Accanto alla tesi sopra esposta, peraltro assolutamente maggioritaria indottrina239, vi è poi chi240, invece, ritiene che, con l’introduzione degli artt.2047 e 2048 il legislatore abbia introdotto delle ipotesi di responsabilità

238 v. AA. VV. cit., 730; Alpa – Bessone – Zeno-Zencovich, cit., 337; Campione, Il fattoillecito del minore capace, cit., 619; Cocchi, cit., 1975; Ferrante, cit., 37 ss. e 84 s.; Fraccon,ultimo cit., 522; Greco, cit., 1397; Montecchiari, ultimo cit., 238 s.; A. Venchiarutti, Commentoall’art 2048, in Cendon, Commentario al codice civile, cit., 2064 s.. Anche la giurisprudenzarecente continua a parlare dell’art. 2048 come di un’ipotesi di responsabilità per fatto proprio:v., ex multis, Cass. 9815/1997, in Guida dir., 44, 76, massima di A. Finocchiaro; Cass.6331/1998, in Foro it., 1999, I, 1574 ss., con nota di F. Di Ciommo, che però precisa che “[i]ndottrina si è prospettata l’idea che prevalente funzione della responsabilità per i danni cagionatidall’allievo sia quella di garanzia”, pur continuando a seguire la prevalente tesi giurispruden-ziale che parla di culpa in vigilando; Cass. 4481/2001, in Danno resp., 2001, 498 ss., con notadi V. Carbone; Cass. 8740/2001, in Foro it., 2001, I, 3098 ss., con nota di F. Di Ciommo;Cass. 11453/2003, massima in Cendon – Baldassari, cit., 2363; Cass. 20322/2005, in Fam.dir., 2006, 135 ss., con nota di G. Facci; Cass. 9509/2007, in Danno resp., 1007, 1025, connota di S. Taccini; Cass. 9556/2009, in Danno resp., 2010, 167, con nota di P. Pardolesi e M.Dimattia, in Guida dir., 2009, 23, 54, con commento di P. Pirruccio e in Nuova giur. civ. comm.,2009, I, 1136, con nota di F. Esposito

239 cfr. anche Fazio, cit., 5 ss.240 Sostiene questa teoria, in particolare, definendo la dottrina che l’ha formulata “più

accorta”, Monateri, cit., 931 s., che inspiegabilmente, però, non prende nemmeno in conside-razione l’ipotesi che la possibilità, per sorveglianti, genitori, tutori e precettori, di risultareesenti da responsabilità ove provino di non aver potuto impedire il fatto sia indice non del-l’esistenza di una responsabilità oggettiva ma di un’inversione dell’onere della prova in rela-zione alla sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa. Altri autori che sostengono la tesidella responsabilità indiretta o per fatto altrui sono Annunziata, cit., 233 s. (che arriva addi-rittura a sostenere che “la prova liberatoria non consiste […] nella dimostrazione di avereesercitato più o meno diligentemente la sorveglianza, bensì nella dimostrazione più rigorosache il rapporto di sorveglianza si è interrotto per causa non imputabile al soggetto chiamatoa rispondere del fatto dannoso cagionato dall’incapace”) e Salvi, cit., 130 s.. Comunque, latesi della responsabilità oggettiva appare criticabile, proprio perché non considera il fatto chela prova liberatoria, per quanto ardua, è concessa a genitori, tutori, precettori e sorveglianti,al contrario di quanto accade per l’art. 2049, relativo al datore di lavoro e al committente, cuiinvece essa è a principio preclusa (Ferorelli, cit., 1341 s.; Fraccon, ultimo cit., 526)

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oggettiva241 o, perlomeno, indiretta242, con un’evidente funzione di efficienzanella prevenzione dei danni e, soprattutto, di garanzia nei confronti del dan-neggiato, che altrimenti si troverebbe di fronte ad un soggetto o non solvibileo, addirittura, neanche imputabile: il criterio di imputazione sarebbe propriola relazione intercorrente fra il responsabile e l’autore del danno, definita neiconcetti di sorvegliante, genitore, tutore e precettore243.

Molti dei danni riconducibili a minori, infatti, non sarebbero dovuti a di-fetto di sorveglianza o di educazione, ma sarebbero, sostanzialmente, inevita-bili, per cui i criteri utilizzati per ricondurli ad una colpa dei genitori sarebbero,in realtà, assolutamente fittizi244. A queste due tesi, poi, si aggiunge, come siè detto, quella della responsabilità semioggettiva245, secondo la quale la re-sponsabilità deriva “in parte dal comportamento dell’agente materiale del

241 Cocchi, cit., 1976. Respinge la tesi della responsabilità oggettiva C. Rufo Spina,Sorveglianza dell’incapace e responsabilità diretta: l’art. 2047 “riformato” dalla normativasulla salute mentale, nota a Cass. 16803/2008, in Giur. it., 2009, 865. Infatti, secondo taleAutore, “la responsabilità oggettiva […] postula, diversamente dall’art. 2047, la non interfe-renza materiale di altri soggetti, atteso che il chiamato a rispondere in via oggettiva lo fa inbase al solo nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta propria”. Inoltre, se per esclu-dere la responsabilità oggettiva “non si può richiedere che la prova dell’interruzione del nessocausale (ossia la prova positiva del caso fortuito) ovvero la prova del fatto, appunto, del terzo”,nel caso dell’art. 2047 abbiamo “una presunzione di colpa a carico del sorvegliante, cui questipuò sottrarsi dimostrando di non aver potuto impedire il fatto, senza dover, quindi, demolireil nesso eziologico”

242 Barbanera, cit., 207; Poletti, cit., 596; A. Torrente – P. Schlesinger, cit., 823 s.. Afronte di alcuni Autori che ritengono che responsabilità indiretta, per fatto altrui e oggettivasiano sostanzialmente sinonimi, ve ne sono altri che, invece, ritengono che l’identità valgasolo per la responsabilità indiretta e quella per fatto altrui, e non per la responsabilità oggettivache, invece, può essere sia per fatto proprio che per fatto altrui. Vi è infine una terza opinioneche addirittura distingue fra responsabilità indiretta e responsabilità per fatto altrui (cfr. infra;per un’analisi più approfondita, v. Ferrante, cit., 27 ss.)

243 v. Barbanera, cit., 204 s.; Campione, ultimo cit., 619; Id., Il fatto dannoso del minoreincapace, cit., 610 s.; Ferrante, cit., 40 s.; Poletti, cit., 596; Venchiarutti, La responsabilitàdei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 398. Cfr. anche Patti, cit., 258

244 v. Cocchi, cit., 1976; Patti, cit., 276. Cfr. anche Giardina, ultimo cit., 134, che parladi “responsabilità, di fatto, oggettiva”, e Monateri, cit., 970 s., secondo il quale “le locuzioniculpa in vigilando e in educando sono ormai semplici locuzioni riassuntive di rapporti com-plessi, che nulla hanno più a che fare con la ricerca o la dimostrazione di un elemento sogget-tivo di colpevolezza nella condotta dei genitori”

245 v. Campione, Il fatto illecito del minore capace, cit., 619; Ferrante, cit., 43 ss.. Cfr. DiCiommo, Danno «allo» scolaro e responsabilità «quasi oggettiva» della scuola, nota a Cass.6331/1998 e Id., Il commento, cit., 261, nei quali si parla, appunto, di responsabilità quasi og-gettiva. Venchiarutti, Commento all’art. 2048, cit., 2064, pur condividendo la tesi della respon-sabilità diretta, dice che parte della dottrina aveva collocato la responsabilità in oggetto in unasorta di “zona grigia” fra la responsabilità per colpa e la responsabilità oggettiva

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danno ed in parte sul soggetto che ha in capo la presunzione”. Dunque, se-condo tale dottrina, non potrebbe parlarsi propriamente di responsabilità indi-retta, verificandosi essa quando il soggetto chiamato a rispondere del danno ècompletamente estraneo al causarsi dello stesso, mentre nel nostro caso vi ècomunque un concorso del genitore, tutore o sorvegliante mediante un’omis-sione: dunque, sarebbero due le concause dell’evento dannoso. Di conse-guenza, saremmo in presenza di un’ipotesi diversa dalla responsabilità“propriamente” indiretta, gravante cioè su un soggetto completamente estraneoalla produzione del danno: si tratterebbe, piuttosto, di una “responsabilità in-diretta ibrida” al confine fra responsabilità oggettiva e soggettiva. Anche ilcriterio di imputazione finirebbe così per collocarsi in un punto intermedio frail criterio soggettivo della colpa e quello oggettivo del semplice possesso dellostatus di genitore246.

Esaminando nel dettaglio ciascuno dei due articoli, si vedrà se e in qualemisura la tendenza giurisprudenziale possa offrire spunti per modificare talevisione, e si vedranno altresì le conseguenze che ciascuna delle due succitatelinee interpretative ha nella prova liberatoria del sorvegliante247.

246 Interessante anche la posizione di F. Galgano, Trattato di diritto civile. Volume se-condo, CEDAM, Padova 2009, 987, secondo il quale, mentre la responsabilità di padroni ecommittenti “è una vera e propria responsabilità indiretta, ossia per il fatto illecito altrui”, isoggetti responsabili ex artt. 2047 o 2048 “rispondono del fatto illecito altrui in quanto siaconfigurabile, a loro carico, un fatto illecito proprio, consistente nel mancato adempimentodell’obbligo di sorveglianza dell’incapace”: in sostanza, si tratta di una responsabilità di “na-tura mista, al tempo stesso diretta e indiretta”

247 Bisogna osservare come gli artt. 2047 e 2048 trovino oggi applicazione in ambitiche vanno ben al di là di quanto i redattori del codice potessero prevedere. In particolare, inassenza di una normativa specifica in materia, non vi è alcun dubbio sulla loro applicabilitànei casi di bullismo fra minore (bambini o adolescenti). Sul tema, G. Cipriani, Il fenomenodel bullismo: quale responsabilità per i genitori e gli insegnanti, in Fam. dir., 2009, 74 ss.

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4. L’art. 2047 c.c., 1° comma, c.c.

4.1. L’ “incapace d’intendere e di volere”

Il primo problema posto dal 1° comma dell’art. 2047 è dato dall’indivi-duazione del soggetto “incapace d’intendere o di volere”, il quale, come giàaccennato, può essere non solo il minore (o, più precisamente, il petit enfant),ma anche l’interdetto e qualsiasi altro soggetto, inabilitato e non, che sia in-capace d’intendere e di volere al momento del compimento del fatto illecito:in ciò si può già ravvisare una differenza di non poca importanza rispetto al-l’art. 2048, che invece si applica ai soli figli minori (ovviamente capaci d’in-tendere e di volere)248, e questo, come si è visto, rappresenta la linea di confinetra l’applicabilità dell’art. 2047 e quella dell’art. 2048, con la conseguenzache l’applicabilità dell’uno esclude l’applicabilità dell’altro249.

4.1.1. La nozione di incapacità

Ora, se delineare in astratto i confini di applicabilità delle due norme èpiuttosto agevole, non altrettanto può dirsi per la definizione del concetto dicapacità d’intendere e di volere, da cui deriva, evidentemente, l’applicabilitàin concreto dell’una o dell’altra norma. Essa “viene generalmente identificatacon quel minimo di attitudine psichica ad agire e valutare le conseguenze delproprio operato, necessario affinché, secondo la comune coscienza, sia pos-sibile ritenere che il fatto dannoso è conseguenza di una libera scelta dell’au-tore, con riferimento sia alla sfera intellettiva che a quella volitiva”250.

248 Altra differenza, è l’assenza del requisito della coabitazione, necessaria invece perinvocare la responsabilità ex art. 2048 (Ferrante, cit., 80 s.)

249 Facci, ultimo cit., 264; Ferrante, cit., 85 s.250 v. Ferrante, cit., 87. Sul tema cfr. anche, ex multis, Campione, Il fatto dannoso del minore ca-

pace, cit., 599; F. Giardina, I soggetti individuali, cit., 72. Appare opportuno almeno menzionare l’ultima

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Il riferimento, nel diritto civile, non potrà essere offerto che dal già citatoart. 2046 c.c., il quale riprende quell’incapacità d’intendere e di volere di cuiall’art. 85 c.p.. A loro volta, gli artt. 88, 95 e 97 c.p. forniscono un elenco nontassativo di casi in cui, nel diritto penale, tale capacità è esclusa (vizio totaledi mente, cronica intossicazione da alcool e sostanze stupefacenti, minoredegli anni quattordici). La dottrina e la giurisprudenza prevalente251 ritenevanoche le presunzioni sancite da tali norme nel diritto penale, e in particolare dal-l’art. 97, non fossero applicabili al diritto civile, con la conseguenza che la ca-pacità d’intendere e di volere del minore avrebbe dovuto essere accertata casoper caso, e quindi ben avrebbe potuto un minore di quattordici anni essere con-siderato incapace in sede penale e capace in sede civile.

Solo la dottrina e la giurisprudenza minoritarie252 ritenevano invece chel’art. 97 c.p. fosse applicabile anche dal giudice civile, con la conseguenzache per i minori di quattordici anni il riferimento sarebbe stato l’art. 2047, pergli altri l’art. 2048. Di fronte al contrasto, che investiva la stessa Corte Su-prema, sono intervenute le Sezioni Unite, con una sentenza del 1982253, in cui,dopo che il procedimento penale era cessato con sentenza di non doversi pro-cedere nei confronti dell’imputato, avendo questi meno di quattordici anni, igenitori dello stesso son stati ritenuti responsabili ex art. 2048: è chiara, dun-que, la scelta di campo degli ermellini, a favore di una capacità da valutarecaso per caso, secondo la definizione sopra enunciata254.

parte dell’art. 2046, che esclude la non imputabilità dell’incapace nel caso in cui tale stato “derivi dasua colpa”, con un’applicazione in campo civile della disciplina di origine penalistica delle actiones li-berae in causa, con la significativa differenza, però, che nel diritto penale non può invocare la propriaincapacità “chi si è messo in stato d’incapacità d’intendere o di volere al fine di commettere il reato, odi prepararsi una scusa” (art. 87 c.p.), mentre “ai sensi dell’art. 2046 lo stato di incapacità non solo nonè preordinato alla commissione dell’illecito civile, ma potrà esso stesso essere non voluto” (Facci, ultimocit., 245). Si discute, comunque, se il sorvegliante, per essere considerato responsabile ex art. 2047,debba trovarsi a conoscenza dell’incapacità (v. Chiarella, cit., 975)

251 Cass. 2435/1958 (massima); Cass. 1006/1959 (massima); Cass. 597/1965 (massima); Cass.3403/1969 (massima); Trib. Alba, 06/05/1970 (massima), tutte in Bonvicini, cit., 645. Cfr. altresì Cam-pione, ultimo cit., 599; Cocchi, cit., 1978; Ferrante, cit., 90 ss.; Patti, cit., 249; Venchiarutti, La respon-sabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 401 s.

252 v ., anche con riferimento alla dottrina e alla giurisprudenza successivi alla pronunciadelle Sezioni Unite del 1982 citata infra in corpo del testo, Alpa, ultimo cit., 666; Idem, Re-sponsabilità civile e danno, cit., 301; Ferrante, cit., 95 s.; Fraccon, ultimo cit., 520 s.; Ven-chiarutti, ultimo cit., 400 s.

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Il giudice, nella sua valutazione, dovrà dunque utilizzare, come criteriodi riferimento, non soltanto l’età dell’autore del fatto e le modalità di svolgi-mento dello stesso255, ma anche, ad esempio, gli studi compiuti, lo sviluppointellettivo e fisico, l’assenza di malattie ritardanti, il carattere, la capacità direndersi conto dell’illiceità di un’azione e di autodeterminarsi256: insomma,alla rigidità prevista dal diritto penale si contrappone un criterio elastico, chetiene conto dell’effettiva gradualità della crescita del minore la quale, cosìcome si riflette nel contenuto del dovere di educazione, analogamente non puònon avere conseguenze nel campo della responsabilità verso i terzi, avendoquesta il fondamento proprio nella culpa in educando.

In proposito, l’analisi della giurisprudenza non permette di individuaredelle regole fisse, essendoci, anzi, una notevole relatività257. Addirittura, i ccdd.infanti (cioè, indicativamente, i bambini dai sei-sette anni in giù), per i qualila prova dell’incapacità è normalmente ritenuta essere in re ipsa258, sono statitalvolta ritenuti capaci di comprendere la pericolosità dei loro comportamenti,con la conseguente applicabilità dell’art. 2048259.

253 v. Ferrante, cit., 96 s.254 cfr. altresì Chiarella, cit., 975; Coppola, cit., 91255 come invece ha fatto, recentemente, Cass. 23464/2010, in Foro it., 2011, I, 1448,

con nota di M. Caputi256 v., in dottrina, Campione, ultimo cit., 603 e 613; Cocchi, cit., 1978; Facci, ultimo

cit., 241 ss., che evidenzia come i criteri previsti dal codice penale non siano applicabili al si-stema di responsabilità civile, nemmeno per analogia, e ciò in ragione della diversa funzionedella responsabilità civile e di quella penale; Ferrante, cit., 98 ss., che sottolinea altresì le dif-ferenze fra maturità del minore e capacità d’intendere e di volere, attenendo la prima sia allasfera intellettiva che a quella morale, e la seconda alla sola sfera intellettiva; Venchiarutti,Commento all’art. 2048, cit., 2065; in giurisprudenza, Cass. 8740/2001, cit.

257 Alpa, La responsabilità civile, cit., 666. Per gli esempi giurisprudenziali, v. Ferrante,cit., 101 ss.

258 v. Chiarella, cit., 975; Cocchi, cit., 1977; Ferorelli, cit., 1344259 Ferrante, cit., 102 s.. Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei pre-

cettori e dei maestri d’arte, cit., 402 s. ritiene peraltro che le opinabili sentenze in cui l’art.2048 è stato applicato a bambini di sei o sette anni possa essere dipesa, semplicemente, dalla“mancanza di contestazione, da parte del convenuto, dei termini in cui è stata formulata la ri-chiesta risarcitoria della controparte”, oppure dalla volontà del giudice di ricorrere ad un cri-terio di imputazione della responsabilità, come quello di cui all’art. 2048, che assicuri “unrimedio alla vittima con maggiore certezza rispetto alla regolamentazione prevista in caso didanno cagionato da incapace”

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La stessa scelta di una valutazione caso per caso varrà anche, poi, ovvia-mente, nel caso del maggiore d’età: anche qui, l’incapace legale, in particolarel’interdetto, ben potrà avere degli intervalli di lucidità, relativamente ai quali,dunque, non potrà trovare applicazione l’art. 2047260. Tale conclusione apparedel resto confermata dalla l. 13 maggio 1978, n. 180, cd. “Legge Basaglia”, laquale, ripudiando l’ottica dell’ospedalizzazione del malato di mente, ha per-messo di abbandonare l’idea che la malattia mentale implichi necessariamenteuna pericolosità sociale e, con essa, una totale incapacità d’intendere e di vo-lere: anzi, si può dire che considerare l’infermo di mente responsabile delleproprie azioni sia utile proprio per ripudiare la precedente visione “custodia-listica” a favore della sua risocializzazione261.

4.1.2. L’onere probatorio

Ora, dunque, se gli artt. 2047 e 2048 pongono una regola chiara in rela-zione alla ripartizione dell’onere probatorio fra il terzo che agisce per il risar-cimento del danno provocato dal minore e sorveglianti, genitori, tutori oprecettori, altrettanto non può dirsi a proposito dell’applicabilità dell’una odell’altra norma: insomma, non viene chiarito se vi sia una presunzione di ca-pacità o una presunzione d’incapacità262. E la questione non è di poco mo-mento, dato che una parte, convinta ad esempio che il minore sia incapace,invocando la responsabilità dei genitori (quali sorveglianti) solo ex art. 2047potrebbe vederla respinta qualora il giudice rilevasse la capacità del minore equindi l’applicabilità dell’art. 2048. Attualmente, la giurisprudenza263 propendeper affermare una presunzione di capacità del minore, ritenendo che la produ-

260 v. Ferrante, cit., 101261 v. Ferrante, cit., 127 s.; Monateri, cit., 935 s.262 Ferrante, cit., 104 s.263 v., diffusamente, Ferrante, cit., 105 ss.. Anche parte della dottrina sostiene questa

tesi, ad esempio Facci, ultimo cit., 244

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zione del danno da parte di un incapace sia un elemento costitutivo dell’art.2047, e come tale da provare264. Al contrario, la dottrina prevalente e la giuri-sprudenza minoritaria265 ritengono tale soluzione non accettabile, poiché co-stituisce il frutto di un’indebita identificazione fra capacità legale e capacitànaturale e fra incapacità legale e incapacità naturale.

In realtà, secondo quest’ultima tesi, se alla capacità legale di agire neces-sariamente si accompagna, costituendone anzi un presupposto, la capacitàd’intendere e di volere, non altrettanto dicasi per il legame fra incapacità legalee incapacità naturale: in caso contrario, infatti, non vi sarebbero minori capacie, di conseguenza, non sarebbe mai applicabile l’art. 2048. Ciò non significa,però, che non vi sia un legame fra i due istituti. Anzi, è l’incapacità d’intenderee di volere a costituire la causa dell’incapacità di agire, per cui può dirsi cheesse “hanno un’origine comune per poi essere destinate eventualmente a scin-dersi: ma fino a quando queste non prenderanno cammini separati il minore sipresumerà a tutti gli effetti incapace”266.

264 Campione, ultimo cit., 603; Ferrante, cit., 109 ss.. Parte della dottrina comunque,pur non contestando quella sorta di presunzione di capacità che si è vista nel corpo del testo,ritiene che la capacità d’intendere e di volere sia da accertarsi d’ufficio da parte del giudice(v. Facci, ultimo cit., 248)

265 v., diffusamente, Ferrante, cit., 109 ss.266 Ferrante, cit., 113. Trattandosi di un accertamento di fatto, la questione se il minore

sia o meno capace si sottrae al sindacato di legittimità della Suprema Corte. Qualora il giudice,in primo e in secondo grado, non abbia accertato lo status di capacità, spetterà al ricorrenteallegare l’avvenuta deduzione della questione davanti al giudice di merito e indicare in qualeatto ciò sia stato fatto, e ciò per evitare una statuizione d’inammissibilità per novità della cen-sura (v. Ferrante, cit., 114 s.). Per quanto riguarda, poi, l’incapacità del maggiore d’età, essanon è presunta, nemmeno nel caso di colui che abbia una patologia psichica duratura, e vaaccertata dal giudice caso per caso (v. Facci, ultimo cit., 247). In particolare, la Suprema Corte(v. Ferrante, cit., 136 s.) ha ritenuto che, anche in caso di ricovero presso un reparto psichia-trico, essa vada comunque provata, a meno che non si tratti di persona già interdetta o sotto-posta a trattamento sanitario obbligatorio. Questo non implica, però, un venir meno in assolutodella responsabilità del personale medico, v. infra. Anche colui che non abbia limitazioni dellacapacità legale d’agire può trovarsi, comunque, in una situazione di temporanea incapacitànaturale. Tuttavia, salvo casi assolutamente eccezionali, in cui l’intensità sia tale da produrreuno squilibrio mentale così forte da privare il soggetto della capacità d’intendere e di volere,gli stati di alterazione passionale od emotiva non comportano l’incapacità (Facci, ultimo cit.,248). Cfr., altresì, Coppola, cit., 91 s.

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4.1.3. Rapporti fra imputabilità e colpevolezza

L’esame del concetto di capacità d’intendere e di volere, e quindi di quellodi imputabilità, impone di esaminare il suo rapporto con il concetto di colpe-volezza267. Secondo una prima interpretazione, l’imputabilità costituirebbe ilnecessario presupposto della colpevolezza, dato che, per avere un comporta-mento colpevole, cioè non conforme alle regole di diligenza, prudenza e pe-rizia, è indispensabile avere la capacità di autodeterminarsi e comprendere leconseguenze delle proprie azioni, non potendovi altrimenti essere un giudiziodi riprovevolezza. Secondo altri268, invece, imputabilità e colpevolezza costi-tuirebbero requisiti autonomi dell’illecito, la prima incentrandosi sul profilopsichico dell’agente, la seconda sul mero contrasto fra la regola di condotta eil comportamento effettivamente tenuto dal danneggiante.

A sostegno di tale tesi viene addotto il fatto che, nell’ordinamento, l’ab-binamento fra imputabilità e colpa non è costante, in particolare venendo menosia nel 2° comma dell’art. 2047, sia nella giurisprudenza che ammette, comevedremo, il concorso di colpa dell’incapace naturale ex art. 1227 c.c..

4.2. Il soggetto “tenuto alla sorveglianza dell’incapace”

Altro problema che si pone è quello di individuare chi abbia lo status disorvegliante, sia del minore che del maggiore d’età incapaci d’intendere e divolere. E’ pacifico, e deducibile già da quanto detto, che l’obbligo di sorve-glianza sull’incapace incombe, in primis, sui genitori o sul tutore, i quali, ap-punto, risponderanno ai sensi dell’art. 2047 piuttosto che dell’art. 2048 aseconda della capacità d’intendere e di volere o meno del danneggiante.

267 sul tema, Campione, ultimo cit., 600 ss.; Coppola, cit., 90268 Annunziata, cit., 235 s.

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Più precisamente, i genitori saranno di norma solidalmente responsabili,ma con alcune eccezioni: in particolare, nel caso di figlio nato fuori dal ma-trimonio, sarà responsabile solo il genitore esercente la potestà, mentre nelcaso di genitori separati o divorziati (anche in caso di affidamento condiviso)e, più in generale, in tutti i casi di lontananza, incapacità o impedimento diuno dei genitori, sarà il genitore presso cui il minore si trovava ad essere con-siderato sorvegliante.

La questione è più problematica, invece, in relazione alla possibilità, pertali soggetti, di sospendere tale dovere assegnando temporaneamente ad altrila sorveglianza dell’incapace stesso. Si assiste, così, ad un forte cambio di ten-denza fra una prima linea giurisprudenziale che va dagli anni ‘60 ai primi anni‘90 e una seconda linea che prende l’avvio ai primi anni ‘80. Per quanto ri-guarda la prima269, essa considera l’art. 2047 una norma di carattere eccezio-nale e non applicabile in via analogica, per cui saranno considerati responsabilisoltanto i “soggetti sui quali incombe l’obbligo di sorveglianza in ragione dellaloro qualità, dell’ufficio o della specifica attività professionale”270: così, si èesclusa la qualità di sorvegliante per la vicina quindicenne cui una madre avevatemporaneamente lasciato il figlio, per l’accompagnatore del grande invalidoinfermo di mente affidato alla famiglia, per il telefonista cui era stato richiestodi accompagnare il commilitone psicolabile solo perché residente non lontanoda questi, per colui che aveva noleggiato un go-kart al minore in presenza deigenitori di quest’ultimo271. Per quanto riguarda, invece, la seconda linea giu-risprudenziale272, essa ha cercato di estendere la nozione di sorvegliante, ne-gando il carattere di eccezionalità della norma. Si è così ritenuto che non siapiù necessario che l’obbligo di sorveglianza sia stabilito dalla legge o derivi daun vincolo contrattuale, essendo sufficiente un’assunzione meramente fattuale

269 su cui v. Facci, ultimo cit., 251; Ferrante, cit., 117 s.; P. Morozzo della Rocca, Com-mento all’art. 2047, in P. Cendon, Commentario al codice civile – Aggiornamento 1991-2001– Volume secondo artt. 1173-2059, UTET, Torino 2002, 1741 s.; Salvi, cit., 139

270 v. Alpa, Responsabilità civile e danno, cit., 301271 Resta poi ovviamente esclusa la possibilità, per il genitore, di esimersi dalla respon-

sabilità affidando il minore ad un coetaneo (Coppola, cit., 101)272 su cui v., anche per gli esempi, Alpa, ultimo cit., 301; Id., La responsabilità civile,

cit., 665, Campione, ultimo cit., 606; Dogliotti, cit., 502; Ferrante, cit., 122 ss.; Monateri, cit.,934 s.; Salvi, cit., 139; Torrente – Schlesinger, cit., 824; Venchiarutti, Commento all’art. 2047,cit., 2058; Zaccaria, cit., 1686

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della stessa, sia pure in maniera chiaramente riconoscibile dall’esterno, con unonere della prova particolarmente rigoroso273. Di conseguenza, può assumeretale status non solo l’affidatario familiare o preadottivo, la baby-sitter o l’in-segnante (peraltro responsabile sia in aula che, ad esempio, nelle gite scola-stiche), ma anche il nonno nei confronti del nipote affidatoglitemporaneamente in custodia274, o il convivente nella famiglia di fatto nei con-fronti dei figli del partner o i genitori dell’infermo di mente trentenne ricono-sciuto totalmente incapace d’intendere e di volere275.

273 sebbene, ovviamente, l’esistenza del vincolo contrattuale possa costituire valido ele-mento per supporre la consapevolezza del carattere giuridico, e quindi vincolante, dell’obbligoconvenuto (Morozzo della Rocca, cit., 1742). E’ da notare che, per quanto riguarda la responsa-bilità del conducente dell’autobus, si è ritenuto che “la conduzione del minore dalla fermata del-l’automezzo alla sua abitazione compete di regola ai genitori o ad altri soggetti da costoroincaricati senza tuttavia che da ciò possa desumersi l’esenzione da responsabilità dell’autista delveicolo tutte le volte che quest’ultimo, non essendo presente alla fermata alcuno dei soggetti pre-detti, non abbia cura di adottare le ordinarie cautele, suggerite dalla normale prudenza, in relazionealle specifiche circostanze di tempo e di luogo, quali anche l’assistenza nell’attraversamento dellastrada” (Cass. 2380/2002, in Foro it., 2002, I, 2438 ss., con nota di F. Ronconi)

274 Facci, ultimo cit., 250275 Sulla responsabilità della famiglia degli infermi psichici, ha evidentemente avuto

grande influenza l’approvazione della già citata l. 180/1978. In precedenza, infatti, sorve-gliante del malato di mente era, senza alcun dubbio, il personale sanitario della casa di cura.Con la nuova legge, la situazione si è notevolmente complicata, con uno “spostamento” dellaresponsabilità verso la famiglia, specie nei casi in cui non abbia promosso misure di conteni-mento ove le circostanze del caso, senza ombra di dubbio, le suggerissero (Venchiarutti, ultimocit., 2059, anche se vi è chi, in dottrina, dubita della reale possibilità, per la famiglia, di effet-tuare la sorveglianza; cfr. anche Facci, ultimo cit, 321), sussistendo invece una responsabilitàdegli operatori sanitari non solo nei casi in cui l’infermo di mente sia fisicamente all’internodella struttura sanitaria, ma anche nei casi di errori nella diagnosi o nella somministrazionedi cure (v. Campione, ultimo cit., 607 s., che ritiene che la responsabilità debba gravare suchi, tra famiglia e personale sanitario, si trovava, in base ad una valutazione ex ante, nella po-sizione migliore per evitare il danno, o addirittura, secondo Monateri, cit., 937 s., non gravaresu nessuno dei due, e nemmeno sull’incapace, perché “[d]’altronde non è detto che vi debbanecessariamente essere un responsabile per ogni danno; Facci, ultimo cit., 252 s., che comun-que ritiene sussista una responsabilità del personale sanitario in caso di rapporti terapeuticiparticolarmente qualificati con l’infermo di mente; Ferrante, cit., 128 ss.; Venchiarutti, ultimocit., 2059 s.). Vi è poi chi, invece, riconduce la responsabilità del personale sanitario all’art.2043 c.c. (Salvi, cit., 139). Sull’argomento, la recente Cass. 16803/2008, cit., ha escluso laresponsabilità della struttura sanitaria quando l’incapace non vi sia attualmente ricoverato,essendo irrilevanti eventuali ricoveri passati, con ciò ponendo, a giudizio del Commentatore,seri problemi di risarcibilità del danno commesso dall’incapace stesso nel caso in cui non siapossibile individuare il soggetto “tenuto alla sorveglianza” (Rufo Spina, cit., 866 s.). E’ inte-ressante osservare che lo stesso art. 2047 fonda, da un lato, la responsabilità dei genitori siaper il figlio incapace (anche se maggiorenne), dall’altro quella dello stesso figlio per il genitoreincapace convivente (Carusi – Gritti, Commento all’art. 2047, in Rescigno – Cirillo – Cuffaro– Roselli, cit., 4006)

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Per quanto riguarda, poi, la dottrina anche recente276, la tendenza è quellaa limitare comunque la responsabilità dei soggetti diversi da genitori o tutori:infatti, viene ravvisata, senza alcun dubbio, la responsabilità del soggetto chesia sorvegliante in virtù della legge o di un contratto, mentre, negli altri casi,viene in genere riconosciuta una responsabilità laddove la prestazione dell’af-fidatario abbia carattere professionale o comunque risponda ad un interessedi quest’ultimo277, escludendola invece nel caso in cui sia effettuata per ragionidi mera cortesia, amicizia o nell’ambito di rapporti familiari, dal momentoche, in tal caso, il rapporto tra affidante e affidatario viene considerato irrile-vante dal punto di vista giuridico278.

4.3. La prova “di non aver potuto impedire il fatto”

Una volta precisati i contorni della figura dell’incapace e di quella delsorvegliante, si tratta ora di chiarire quelli della prova liberatoria. Come si èsopra accennato, l’opinione maggioritaria nella dottrina ritiene che la provadi non aver potuto impedire il fatto si sostanzi, in realtà, nella prova positivadel corretto adempimento del dovere di vigilanza279, mentre, nel caso dell’art.2048, nonostante l’identico tenore letterale della norma, sia necessario dimo-strare altresì di aver provveduto ad una corretta educazione del minore280.

276 v. Ferrante, cit., 124 ss.277 E’ opportuno precisare, comunque, che su tale valutazione non incide il carattere

oneroso o gratuito dell’attività (ad esempio, ha carattere professionale l’attività di organizza-zione di baby party per una catena di fast-food anche nel caso in cui il servizio di intratteni-mento dei piccoli ospiti sia gratuito, v. Campione, ultimo cit., 607; Ferrante, cit., 126)

278 In particolare, si è negato che la mera presenza dei genitori di un altro bambinopossa giustificare l’allontanamento (e dunque escludere la responsabilità) da parte dei genitoridell’enfant terrible, e ciò in quanto “la prova della traslazione della vigilanza spettava al ge-nitore dell’incapace danneggiante, ed è una prova particolarmente rigorosa, poiché la leggeesige la dimostrazione di un fatto impeditivo assoluto”, cosicché non basa una “mera conget-tura di presunzione semplice” (Cass. 1148/2005, sintetizzata da F. Di Ciommo (a cura di),Responsabilità civile per illecito compiuto da minori, in Danno resp., 2006, 138). Sul tema,cfr. altresì Coppola, cit., 93 ss.

279 Chiarella, cit., 977; Cocchi, cit., 1982; Coppola, cit., 100; Venchiarutti, ultimo cit., 2060280 Chiarella, cit., 977; Venchiarutti, ultimo cit., 2060

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Tuttavia, è ben possibile esimersi da tale prova laddove manchi il nessocausale fra condotta e danno: in particolare, ciò varrà sia quando la condottadel minore non sia sussumibile in una fattispecie normativa di responsabilitàsotto tutti i profili, ad eccezione di quello psicologico281, sia quando il sorve-gliante dimostri l’assenza del nesso causale tra fatto dannoso e difetto di sor-veglianza, tale che l’attività stessa di sorveglianza “degradi al rango di meraoccasione”282, sia quando, altresì, vi sia un intervento di un terzo tale da inter-rompere il nesso di causalità283 o, comunque, a prescindere da tale intervento,manchi appunto un nesso di causalità tra il danno lamentato e il comporta-mento dell’incapace284. Altresì la presunzione non opererà quando manchil’antigiuridicità del danno, come nel caso, ad esempio, del danno procuratonel corso di un gioco o dell’attività sportiva, a meno che non si dimostri laviolazione delle regole285.

281 Ferrante, cit., 150 ss.; Fraccon, ultimo cit., 319 s.; Salvi, cit., 138 s.. Monateri, cit.,931 fa propria, peraltro, l’opinione secondo cui è necessario che “la consapevolezza vi siapresente a livello astratto. Ciò significa che la vittima non può essere compensata per queidanni che, essendo il risultato di un’azione incolpevole, sarebbero destinati a rimanere a suocarico, qualora a cagionarli fosse stato un individuo pienamente capace”. Tale opinione (con-divisa anche da Campione, ultimo cit., 603 e Venchiarutti, ultimo cit., 2057) pare condivisibile,proprio per evitare disparità di trattamento

282 cioè quando il danno si sarebbe ugualmente verificato nonostante il diligente eser-cizio del dovere di sorveglianza (v. Ferrante, cit., 153; Monateri, cit., 940). E’ il caso, in par-ticolare, dei fatti “repentini”, non preceduti, ad esempio, da segnali di irrequietezza(Campione, ultimo cit., 612, anche se, nella condotta dei bambini, non è raro che avvenganomovimenti “inconsulti ed improvvisi”; Monateri, cit., 940; cfr. anche Venchiarutti, ultimo cit.,2061)

283 E’ il caso, ad esempio, in cui il danno derivi dall’uso di un prodotto difettoso (v.Ferrante, cit., 153 ss., che peraltro menziona una sentenza in cui, invece, la Cassazione ritenneche il difetto non fosse tale da provocare l’interruzione del nesso di causalità)

284 v., in dottrina, Campione, ultimo cit., 603; Facci, ultimo cit., 249; in giurisprudenza,Cass. 5485/1997, in Guida dir., 1997, 28, 64, massima di M. Piselli; Cass. 8740/2001, cit.

285 Zaccaria, cit., 1686. Sul tema, con riferimento all’art. 2048, cfr. Ferrante, cit., 405ss.. Spetterà altresì al danneggiato, specie nei casi più controversi, dimostrare che il soggettoera tenuto alla sorveglianza dell’incapace (Ferrante, cit., 161 e 406 ss.)

286 Si discute se l’art. 2047 (così come l’art. 2048) ponga una presunzione di colpa o diresponsabilità o, piuttosto, un criterio particolare di distribuzione dell’onere della prova (Facci,ultimo cit., 241, che predilige la seconda tesi)

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Comunque, al di là di questi casi particolari, la prova liberatoria286 consi-sterà, come si è accennato, nella dimostrazione di aver correttamente adem-piuto al dovere di sorveglianza287, adottando tutte le misure in concreto idoneead evitare il danno288: precisamente, pur potendosi affermare che la sorve-glianza sugli incapaci, di cui all’art. 2047, richiede necessariamente una mag-giore presenza del sorvegliante stesso rispetto alla vigilanza sui figli minori,ma capaci, di cui all’art. 2048289, non si possono dare delle regole generali,dovendo il comportamento del sorvegliante essere valutato di volta in voltain base alle circostanze sia oggettive (tempo, luogo, ambiente), sia soggettive(età e grado di incapacità del sorvegliato), e consistendo, essenzialmente, nelnon creare o lasciar permanere possibili cause di pericolo con cui l’incapacepossa entrare in relazione, determinando, con il suo illecito comportamento,eventi dannosi290, restando esente da responsabilità solo ove l’evento sia stato

287 Non sussistono, peraltro, particolari limiti probatori a tale riguardo (Ferrante, cit.,162 s.)

288 v. Campione, ultimo cit., 611 s.; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4007; Monateri, cit.,939; Venchiarutti, ultimo cit., 2060. E’ chiaro che, nel caso in cui nessun tipo di sorveglianzasia stato esercitato, la prova liberatoria risulterà inammissibile (Coppola, cit., 101)

289 Dunque, sebbene si parli, in entrambi i casi, di culpa in vigilando, in realtà la sor-veglianza ex art. 2047 e la vigilanza ex art. 2048 presentano alcuni punti di divergenza. Inprimis, nel caso della sorveglianza sarà molto più difficile fornire la prova liberatoria ove ilsorvegliante fosse assente, mentre, per il vigilante ex art. 2048, la stessa capacità d’intenderee di volere del minore implica la possibilità, appunto, di vigilare senza essere fisicamente pre-senti (v. Ferrante, cit., 158 ss.)

290 ex multis, Cass. 2291/1964 (massima), in Bonvicini, cit., 646. Cfr. altresì Campione,ultimo cit., 613; Carusi – Gritti, cit., 4007; Dogliotti, cit., 503; Facci, ultimo cit., 256; Ferorelli,cit., 1349 s.; Ferrante, cit., 155 s.; Monateri, cit., 939; Salvi, cit., 139 s.; Zaccaria, cit., 1686s.. Da queste considerazioni si evince chiaramente come il contenuto del dovere di vigilanzasia diverso, ad esempio, per gli operatori sanitari nei confronti dei malati di mente ricoveratinelle apposite strutture e dei familiari nei confronti del minore. Peraltro, in alcune sentenzela culpa in vigilando è stata dedotta dalle modalità stesse di commissione del fatto (Ferrante,cit., 162). Resta salva, ovviamente, per il sorvegliante, la possibilità, riconosciuta anche dallagiurisprudenza (per il resto, v. infra, particolarmente severa verso i sorveglianti) di scagionarsiquando l’omissione della vigilanza derivi da un impedimento legittimo (Campione, ultimocit., 612; Dogliotti, cit., 503; Facci, ultimo cit., 254 s.; Monateri, cit., 941). Tuttavia, la giuri-sprudenza è oscillante nel riconoscere o meno una responsabilità nel caso in cui non si predi-spongano forme sostitutive di vigilanza (Dogliotti, cit., 503). Il sorvegliante, ad ogni modo,“non può discutere se la sorveglianza fosse o no necessaria, se dell’incapacità era a cono-scenza, ma può andare esente da responsabilità ove dimostri che, nonostante la sorveglianza,il fatto non era evitabile” (App. Firenze, 09/05/1967, massima, in Bonvicini, cit., 647)

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così repentino ed imprevedibile da non aver lasciato il tempo materiale di in-tervenire o se si dimostra che, nonostante l’esercizio della sorveglianza, ildanno si sarebbe ugualmente verificato291.

Addirittura, la giurisprudenza più severa292 ha ritenuto che, pure nei casiin cui l’evento è imprevedibile, si deve comunque ravvisare una culpa in vi-gilando quando il minore sia in tenera età, in quanto, in ragione di ciò, non ingrado di valutare le conseguenze delle proprie azioni, pur in apparenza inno-cue: così, si è ritenuta responsabile la maestra la quale, accompagnata unabambina di scuola materna in bagno, era ritornata immediatamente in classe,senza affidare al personale non docente la piccola, la quale “aveva tirato lacordicella dello scarico, il cui gancio si era rotto e, cadendo, le aveva colpitol’occhio sinistro procurandole gravi lesioni”.

Questo ove si accetti la tesi, maggioritaria, che ravvisa il fondamentodella responsabilità ex art. 2047 nella culpa in vigilando. Ove, invece, si accettila tesi della responsabilità indiretta, si dovrà necessariamente prescindere datale colpa, per cui al vicario spetterà l’indicazione del fatto specifico da cui èderivato l’evento lesivo e la dimostrazione che esso si sarebbe comunque ve-rificato anche se la sorveglianza fosse stata effettuata: in sostanza, il vicariodovrà fornire la prova dell’assenza del nesso di causalità fra difetto di sorve-glianza e danno, per cui la prova liberatoria sarà analoga a quella richiestadall’art. 1218, e dunque sarà necessario dimostrare il caso fortuito, la forzamaggiore o il fatto del terzo293.

291 Carusi – Gritti, ultimo cit., 4007292 Cass. 9906/2010, in Resp. civ. prev., 2010, 2288 ss., con nota di C. Menga e in

http://www.altalex.com/index.php?idnot=11047&idstr=20, con nota di G. Bellini,http://www.altalex.com/index.php?idnot=11011. Bisogna precisare, però, che la sentenza ri-guarda l’autolesione dell’alunno, e dunque la responsabilità contrattuale dell’insegnante, e facomunque riferimento all’art. 2048 (“Invero, in tema di responsabilità civile di cui all’art.2048 c.c., è ormai principio pacificamente riconosciuto nella giurisprudenza della Corte dicassazione […] quello per cui la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante, nelcaso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, sia di natura contrattuale”). Tuttavia, essendola bambina alunna di scuola materna, e dunque di età compresa fra i 3 e i 6 anni, è chiaro cherientra fra quei soggetti per cui la giurisprudenza maggioritaria ha, come si è visto, ritenutoche l’incapacità sia in re ipsa e, dunque, il riferimento, ove non si trattasse di autolesione edunque di responsabilità contrattuale, non potrebbe che essere quello all’art. 2047

293 Campione, ultimo cit., 612 s.; Ferrante, cit., 160

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La tendenza giurisprudenziale, di fatto, è in questo secondo senso, nonritenendo sufficiente la prova della diligente sorveglianza e richiedendo, in-vece, quella dell’impossibilità di impedire l’evento per causa non imputabileal sorvegliante. Di conseguenza, di fatto, si ha una tendenza a trasformare laresponsabilità di cui all’art. 2047 (nonché, come vedremo, quella di cui all’art.2048) da responsabilità per colpa connessa all’esercizio della potestà a respon-sabilità avente funzione di garanzia per i danni prodotti dai figli294.

5. L’art. 2047, 2° comma, c.c.

Qualora il danneggiato non abbia ottenuto il risarcimento dal sorve-gliante295, “il giudice, in considerazione delle condizioni economiche delleparti, può condannare l'autore del danno a un’equa indennità”.

Tale norma, secondo alcuni296, rappresenterebbe una deroga al principiodi irresponsabilità dell’incapace di cui all’art. 2046297 e, stante la non imputa-bilità dello stesso, costituirebbe un’ipotesi di responsabilità oggettiva, purchésussistano tutti gli elementi che sarebbero necessari per chiamare a risponderedel fatto un soggetto capace d’intendere e di volere298.

294 v. Villa, cit., 362295 ad esempio per impossibilità di individuare un sorvegliante, per insolvenza del sor-

vegliante o, ancora, nel caso in cui quest’ultimo abbia fornito la prova liberatoria (Bonvicini,cit., 634; Campione, ultimo cit., 614; Ferrante, cit., 171, che però riporta anche un’isolata sen-tenza del Tribunale di Perugia che, invece, ha escluso l’applicabilità dell’art 2047, 2° comma,“quando manchi un obbligato in via principale”; Zaccaria, cit. 1687). E’ chiaro, quindi, che nonsi può proporre l’azione di cui all’art. 2047, 2° comma, se non si è previamente esperita quelladi cui art. 1° comma, ma anche che è necessario richiedere esplicitamente l’applicazione del 2°comma, non essendo implicita nella domanda di applicazione del 1° (Ferrante, cit., 164 s.)

296 v. Campione, ultimo cit., 614; Monateri, cit., 941297 Di fatto, comunque, la disposizione in esame ha trovato pochissime applicazioni in

giurisprudenza (Campione, ultimo cit., 614; Facci, ultimo cit., 258). Peraltro, comunque, indottrina non se ne esclude l’applicabilità nemmeno per il danno cagionato dal minore stessoal sorvegliante (Facci, ultimo cit., 258). Contra, Monateri, cit., 943, che si basa sulla consi-derazione che il sorvegliante non è tecnicamente terzo. Certa dottrina (su cui v. Ferrante, cit.,175 s.) sostiene l’utilizzabilità dell’art. 2047, 2° comma, “a scopo terapeutico”, nell’ottica diuna responsabilizzazione dell’incapace

298 v. Bonvicini, cit., 633; Campione, ultimo cit., 614; Coppola, cit., 101; Dogliotti, cit.,504; Monateri, 941 s.; Venchiarutti, ultimo cit., 2061; Zaccaria, cit., 1687

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Ciò pone il problema di valutare il rapporto fra l’art. 2046 e l’art. 2047,che, come si è visto, ne rappresenterebbe una deroga. In base a quanto sopradetto, infatti, l’art. 2047 finirebbe, di fatto, per “annullare” l’art. 2046, san-cendo una vera e propria responsabilità dell’incapace concorrente con quelladel sorvegliante, con un beneficium excussionis a favore dell’incapace e adanno del vicario299.

In realtà, però, l’utilizzo del termine “indennità” induce a pensare che lanorma sia assolutamente estranea al sistema della responsabilità civile ed iviinserita solo per ragioni pratiche e che, non trovando altra giustificazione senon nell’articolo che la istituisce, costituisca un’ipotesi del tutto eccezionale300,con funzioni di solidarietà sociale301.

La liquidazione, rimessa alla discrezionalità del giudice302, e comunquenon superiore alla soglia del risarcimento303, dovrà essere fatta secondo equitàe sulla base di una valutazione comparativa delle condizioni economiche delleparti al momento della liquidazione (e non al momento in cui si è verificato ilfatto304), escludendola nel caso in cui la condizione del danneggiato risulti par-

299 v. Monateri, cit., 942300 v. Campione, ultimo cit., 615; Monateri, cit., 942 s.301 cfr. L. L. León Hilario, Incapacidad de discernimiento e indemnización equitativa.

Apuntes sobre el artículo 1977 del código civil peruano, in Revista jurídica del Perú, 63(2005), 153, che offre anche un’interessante casistica giurisprudenziale relativa all’art. 2047,2° comma, c.c. italiano, da cui emerge che il risarcimento non è escluso se le condizioni dellavittima, pur essendo migliori di quelle del danneggiante, sono comunque modeste

302 Ferrante, cit., 166 s. ritiene comunque che la discrezionalità del giudice non possarisolversi in arbitrio, e che dunque egli sia obbligato a riconoscere l’indennità in tutti i casi incui ne sussistano i presupposti

303 v. Ferrante, cit., 167 s., che precisa, comunque, come l’indennità possa anche egua-gliare l’entità del risarcimento laddove l’incapace versi in condizioni particolarmente floride;Monateri, cit., 944. Cfr. anche Venchiarutti, ultimo cit., 2062, che sottolinea “la necessità diindividuare, volta per volta, le componenti effettive del danno prodottosi, giacché anche l’in-dennizzo trova la sua base nella menomazione subita dalla vittima”

304 Ferrante, cit., 169 ss., che sostiene però che, per evitare ingiustificati squilibri nelcalcolo dell’indennità sia necessario valutare le condizioni economiche del danneggiante,mentre il termine di riferimento dovrebbe essere dato non dalle condizioni economiche deldanneggiato, ma dalla somma che sarebbe stata dovuta a titolo di risarcimento ove il terzofosse stato danneggiato da un soggetto capace. Riporta, poi, criticandola, una sentenza in cuil’indennità è stata riconosciuta nonostante le condizioni economiche del danneggiante fossero“abbastanza modeste”

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ticolarmente florida e quella del danneggiante sia deteriore: è dunque diversadall’indennità di cui all’art. 2045 c.c., che invece, pur rimessa alla discrezio-nalità del giudice nel quantum, non lo è nell’an, e nemmeno dipende dalla va-lutazione delle condizioni economiche delle parti305. Da quanto detto, emergecome il danneggiato non abbia un diritto all’indennità, bensì un potere diazione diretto a sollecitare una pronuncia del giudice in tal senso306.

6. L’art. 2048, 1° comma, c.c.

6.1. I soggetti

Il 1° comma e il 2° comma dell’art. 2048, ponendosi in un rapporto di al-ternatività rispetto all’art. 2047, forniscono un elenco tassativo307 dei soggettiresponsabili nel caso di danno commesso dal minore capace308.

305 Invece, nel caso dell’art. 2047, 2° comma, l’indennità dipende, sia nell’an che nelquantum, da una valutazione del giudice in base alle condizioni delle parti (Chiarella, cit.,976), restando dunque completamente esclusa laddove emerga “una manifesta sperequazionetra le floride condizioni economiche del danneggiato e quelle deteriori del danneggiante (Trib.Macerata, 20/05/1986, massima in Cendon – Baldassari, cit., 2361). Cfr. altresì Campione,ultimo cit., 615 s. e Ferrante, cit., 166. Monateri, cit., 944, invece, sostiene che l’indennitàdeve essere liquidata solo quando la vittima sia in condizioni economiche particolarmente di-sagiate e l’incapace in condizioni particolarmente floride

306 v. Campione, ultimo cit., 615; Facci, ultimo cit., 258 s.; Monateri, cit., 943; Ven-chiarutti, ultimo cit., 2062

307 v. Cocchi, cit., 1970; Facci, cit., 236; Ferrante, cit., 184; Venchiarutti, Commentoall’art. 2048, cit., 2065 s.; Zaccaria, Commento all’art. 2048, in Cian – Trabucchi, cit., 1687

308 Ovviamente, trattandosi di minore capace, non si porranno qui i problemi, visti inrelazione al minore incapace di cui all’art. 2047, a proposito della sussistenza del requisitosoggettivo: è chiaro, infatti, che solo in presenza di tutti gli elementi richiesti dall’art. 2043,ivi compreso il dolo o la colpa del minore capace, sarà possibile parlare di illecito e, quindi,invocare la responsabilità solidale dei genitori ex art. 2048 (Ferorelli, cit., 1343; Patti, cit.,264 s.). Secondo la dottrina prevalente (v. Barbanera, cit., 212 s.; Campione, Il fatto illecito delminore capace, cit., 622 s.; Facci, ultimo cit., 271 s.; Ferorelli, cit., 1345), il dolo o la colpa nonsaranno necessari laddove si verta in un’ipotesi di responsabilità oggettiva, come nel caso del-l’art. 2054 c.c., anche in tal caso configurandosi una responsabilità solidale dei genitori ex art.2048. Tale soluzione, però, non appare del tutto convincente, perlomeno nel caso in cui si ac-colga la tesi della natura diretta della responsabilità ex art. 2048: non si vede come, in tal caso,essi possano essere chiamati a rispondere di eventi dannosi che prescindono dalla colpa del mi-

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Sul concetto di capacità si rinvia a quanto detto supra309. Basti solo quiaggiungere che la responsabilità dei soggetti di cui all’art. 2048 non è esclu-siva, ma solidale con quella del minore, al contrario della responsabilità exart. 2047, e ciò in ragione del fatto stesso che parliamo, qui, di minore capacee, dunque, responsabile310.L’art. 2048, 1° comma, afferma la responsabilità di genitori311, tutore312 e affi-liante313 per i “figli minori non emancipati314 o delle persone soggette alla tutelache abitano con essi”.

nore e che, quindi, non dipendono da una loro colpa, in vigilando o in educando. Ovviamente,invece, il problema non si pone qualora si consideri la responsabilità ex art. 2048 sostanzial-mente oggettiva e finalizzata a garantire i terzi (Campione, ultimo cit., 624)

309 Numerosi Autori (Alpa, Responsabilità civile e danno, cit., 207 s.; Facci, cit., 340;Ferorelli, cit., 1345 s.), poi, sottolineano come, nel nostro ordinamento, manchi una gradua-zione della responsabilità che tenga conto del cd. “grande minore”: è chiaro, però, che l’evo-luzione della potestà nel senso della responsabilizzazione del minore non può non far sì chela valutazione dell’adeguatezza del controllo parentale sia calibrata in relazione all’età delminore, riconoscendo ampi spazi di autonomia (e, quindi, di non responsabilità dei genitori)nei casi di minori ormai prossimi alla maggiore età, cfr. infra

310 Facci, ultimo cit., 265. Addirittura, si assiste ad una tendenza giurisprudenziale a ri-tenere che, dal minore prossimo alla maggiore età, ci si debba aspettare lo stesso livello di re-sponsabilità di un adulto, con conseguente esclusione della responsabilità dei genitori, mentreper il periodo dai 12 ai 16 anni si tende ad una valutazione caso per caso (v. Facci, ultimo cit.,272 s.; Ferorelli, cit., 1343). Ad ogni modo, ben difficilmente ad essere citato è il minore, es-sendo ovviamente preferita la citazione dei soli genitori, gli unici economicamente in gradodi risarcire il danno, escludendo che si tratti di un’ipotesi di litisconsorzio necessario (nem-meno fra i genitori, v. Trib. Ravenna, 13/11/1964, massima, in Bonvicini, cit., 653; cfr. altresìCarusi – Gritti, ultimo cit., 4010; Cocchi, cit., 1974; Zaccaria, ultimo cit., 1687 s.)

311 e non, lo si è già accennato, il padre e in sua mancanza la madre come nel codicedel 1865 (Campione, ultimo cit., 618; Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori,dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 409)

312 cui sono assimilati il protutore e l’ente di assistenza cui è affidata la tutela del minore(v. Campione, ultimo cit., 645; Facci, ultimo cit., 270 s.; Ferrante, cit., 184; Monateri, cit.,954; Venchiarutti, ultimo cit., 407). E’ esclusa invece la responsabilità ex art. 2048 a caricodel curatore di un minore emancipato o di un inabilitato (Campione, ultimo cit., 645; Ven-chiarutti, ultimo cit., 407). Bisogna precisare, comunque, come il tutore sarà responsabile exart. 2048, chiaramente, solo per l’interdetto che si trovi in un lucido intervallo di coscienza,essendoci, negli altri casi, un’eventuale responsabilità ex art. 2047 (Campione, ultimo cit.,645). La prova liberatoria, in tal caso, sarà soddisfatta tramite la sola dimostrazione di aversvolto un’adeguata vigilanza sull’assistito (Campione, ultimo cit., 645)

313 L’art. 77, l. 184/1983, ha soppresso la figura dell’affiliante, per cui si tratta di unafigura ormai esaurita, dato che, ormai, i soggetti affiliati hanno raggiunto la maggiore età (v.Campione, ultimo cit., 646; Ferrante, cit., 184; Venchiarutti, ultimo cit., 407)

314 E’ opportuno chiarire che oggi, dopo la riforma del 1975 che ha abolito l’emanci-pazione giudiziale, l’emancipazione è oggi possibile solo a seguito di matrimonio: è chiaroperò che, andando normalmente i coniugi a vivere da soli, la responsabilità dei genitori ver-rebbe comunque meno per via della cessazione della coabitazione (Facci, ultimo cit., 280)

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6.1.1. Figli non riconosciuti

Ora, se non vi sono dubbi sull’applicabilità della norma a proposito deifigli riconosciuti, nati o meno all’interno del matrimonio315, la dottrina si di-vide316 a proposito dei figli non riconosciuti (o per i quali il giudice non abbiadato l’autorizzazione al riconoscimento ex art. 251 c.c., come sostituito dal-l’art. 1.3, l. 219/2012): a chi sostiene la tesi dell’applicabilità, in relazione allalettera della norma, che parla di genitori senza ulteriori specificazioni, e allasua funzione garantista, si oppone chi, invece, ritiene che la mancanza di unadichiarazione giudiziale di paternità impedisca ab origine il riconoscimentodi una responsabilità, salva l’eventuale applicabilità analogica dell’art. 2047nel caso di esercizio di fatto della sorveglianza. A chi scrive pare opportunorichiamare le osservazioni svolte dalla giurisprudenza in tema di inadempi-mento dei doveri genitoriali: essi sorgono, infatti, fin dalla nascita del figlio,a prescindere dall’eventuale riconoscimento o dichiarazione giudiziale, cheavrà efficacia meramente dichiarativa.

Di conseguenza, così come un genitore non può esimersi dai doveri ge-nitoriali verso il figlio semplicemente non riconoscendolo, non si vede perchépossa invece esimersi dai propri doveri, come genitore, verso i terzi, e ciò aprescindere dalla tesi che si intenda seguire a proposito del fondamento dellaresponsabilità ex art. 2047 e 2048: infatti, se si accoglie la tesi della responsa-bilità per fatto altrui, che evidenzia la funzione garantista delle due norme, so-stenere che basti non riconoscere il figlio per esimersi dalla responsabilità peri suoi atti, finisce per vanificare tale funzione; se invece si accoglie la tesi dellaresponsabilità per fatto proprio, legata ad una culpa in vigilando e/o in edu-cando, è chiaro che sarebbe contraddittorio affermare la responsabilità del ge-nitore verso i figli per inadempimento ai propri doveri (fra cui il dovere dieducazione) ancora prima del riconoscimento per poi negare una responsabilitàverso i terzi legata proprio all’inadempimento di quei doveri.

315 Facci, ultimo cit., 268; Monateri, cit., 954; Venchiarutti, ultimo cit., 406316 sul dibattito, v. Ambanelli, cit., 307; Campione, ultimo cit., 625 s.; Cocchi, cit., 1970;

Facci, ultimo cit., 268 s.. Ferrante, cit., 188 s.; Montecchiari, cit., 286. Ulteriore motivazionedei primi due degli autori qui elencati è che il genitore che non ha riconosciuto il figlio esercita,comunque, su quest’ultimo, di fatto, un potere analogo a quello della potestà

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Anzi, in tal caso, a prescindere dall’idea che siano le modalità stesse del fattolesivo ad evidenziare una carenza dei genitori nell’adempimento dell’obbligoeducativo, vi sarà comunque una presunzione che il genitore che non ha volutoriconoscere il figlio nemmeno abbia voluto contribuire alla sua educazione.

6.1.2. Affidatari e genitori adottivi

Un altro problema, poi, si pone in relazione alla responsabilità dei genitoriadottivi e degli affidatari familiari e preadottivi317. In linea di massima, la dot-trina318 ritiene che l’art. 2048 si applichi non soltanto ai primi, ma anche aisecondi: infatti, i legali rappresentanti della comunità di tipo familiare e degliistituti di assistenza pubblici o privati cui il minore sia affidato, dato che essi,ai sensi dell’art. 3, 1° comma, l. 184/1983, esercitano i poteri tutelari fino aquando non venga nominato un tutore319. Analogamente, si ritengono respon-sabili coloro (in genere familiari) presso i quali il minore venga collocato conprovvedimento del giudice della separazione o del tribunale dei minorenni320.

317 Sul tema dell’affidamento familiare e preadottivo, v. Cocchi, cit., 1971 ss.318 Patti, cit., 279 s., che precisa, comunque, la necessità di una valutazione, da effet-

tuarsi caso per caso, dell’incidenza avuta dagli affidatari nell’educazione del minore. Sull’ar-gomento cfr. anche Campione, ultimo cit., 625; Carusi – Gritti, Commento all’art. 2048, inRescigno – Cirillo – Cuffaro – Roselli, Codice civile, cit., 4013; Di Ciommo, Il commento,cit., 261; Facci, ultimo cit., 268; Ferrante, cit., 186 ss.; Fraccon, ultimo cit., 526; Salvi, cit.,134; Monateri, cit., 958; Venchiarutti, ultimo cit., 406 (solo con rif. ai genitori adottivi); Id.,Commento all’art. 2048, cit., 2068; Zaccaria, ultimo cit., 1687. Contra, Facci, cit., 338, che,dopo aver esposto la tesi opposto, la contesta sulla base del fatto che l’elenco di cui all’art.2048 è tassativo, e non comprende gli affidatari familiari o preadottivi: si tratta di un’obiezionecerto in astratto condivisibile, ma isolata

319 Montecchiari, ultimo cit., 296, invece, richiama quella dottrina che equipara le co-munità di accoglienza e i servizi sociali alle aziende sanitarie pubbliche e ai centri di salutementale. Per quanto riguarda gli operatori delle comunità di accoglienza e dei servizi sociali,la dottrina prevalente (su cui v. Montecchiari, cit., 299 s.) ritiene che essi siano responsabiliper culpa in vigilando ex art. 2048 del fatto del minore loro affidato, e ciò in base al cd. “pro-getto educativo” (che contiene l’indicazione dei problemi del minore, la durata prevista dellasua permanenza in comunità, gli obiettivi da raggiungere, le modalità dell’azione di aiuto conla precisazione dei poteri e dei doveri della comunità e dei suoi operatori). Si discute, però,se essi siano equiparabili ai precettori oppure agli affidatari, e dunque ai genitori

320 Campione, ultimo cit., 647; Fraccon, cit., 526 s.; Monateri, cit., 958 s.. Sulla tesi con-traria, basata sul fatto che la potestà non viene trasferita all’affidatario, v. Cocchi, cit., 1973

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Tuttavia, è chiaro che, in questi casi, si assisterà ad una differenziazionedella responsabilità in relazione alla teoria che venga accolta sul fondamentodella responsabilità ex art. 2048: infatti, se si accoglie la tesi della culpa in vi-gilando e in educando, non potrà che considerarsi la rilevanza dell’educazioneimpartita, prima che dai genitori adottivi, da altri soggetti, con la conseguentemaggiore facilità per i primi ad esimersi da responsabilità, dato che essa potràdipendere soltanto da un cattivo esercizio della vigilanza. Si discute, invece,se i genitori possano essere chiamati a rispondere in solido con gli affidatari,dato il venir meno della coabitazione321.

6.1.3. Il genitore “di fatto”

Ora, accanto ai genitori in senso stretto, in dottrina si tende a ritenere chesia da considerare “genitore” ai sensi dell’art. 2048 anche il cd. “genitore difatto”, cioè a colui che, pur non essendo biologicamente e/o giuridicamentegenitore, ne eserciti di fatto le funzioni. E’ così ampiamente condiviso in dot-trina322 che sia tale il convivente o il marito della madre, ma secondo alcuni323è tale anche lo zio, il padrino o anche il terzo che accolga il minore presso disé dopo la morte o la fuga dei genitori, e anche il fratello maggiore che, in cir-costanze analoghe, finisca per assumere la funzione di capofamiglia324.

321 Campione, ultimo cit., 646322 Di Ciommo, ultimo cit., 261; Patti, cit., 281. Ciò in ragione di una forse ingiustificata

estensione della responsabilità ex art. 2047 del patrigno riconosciuta in una pronuncia giuri-sprudenziale (su cui cfr. anche Barbanera, cit., 222; Ferorelli, cit., 1360 s.) fino a riconoscerneanche una responsabilità ex art. 2048. Cfr. anche Campione, ultimo cit., 626; Fraccon, ultimocit., 527; Monateri, cit., 954; Venchiarutti, ultimo cit., 2066; Id., La responsabilità dei genitori,dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 406. Sulla tesi contraria, che però consideraanacronistica, v. Cocchi, cit., 1970 s.

323 v. Barbanera, cit., 222; Monateri, cit., 954324 Contra, Ferrante, cit., 201, che ritiene invece che l’elenco contenuto nell’art. 2048 sia tassativo

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Tale impostazione, però, pone una serie di problemi. Essa, infatti, nonsoltanto conduce ad una dicotomia fra la soggezione ai doveri genitoriali dicui agli artt. 147 e 315- bis c.c. e la soggezione alla responsabilità di cui all’art.2048 (pur mitigata dalla possibilità di dimostrare che la titolarità della potestàin capo ad un altro soggetto abbia impedito lo svolgimento adeguato dellefunzioni assunte “di fatto”325), ma crea anche una situazione di contrasto fra ipoteri e i doveri riconosciuti al convivente di un genitore e quelli riconosciutiall’altro genitore, anche non affidatario, e, con essi, fra le due responsabilità(dato che, come si vedrà infra, la tendenza giurisprudenziale è quella ad evi-denziare il ruolo educativo, e quindi la responsabilità, anche del genitore nonaffidatario)326.

6.1.4. La coabitazione

Se sul concetto di emancipazione non sorgono particolari problemi, datoche oggi, dopo l’abolizione dell’emancipazione giudiziale, essa è possibile soloa seguito di matrimonio327, non così per il requisito della coabitazione, richiestodall’art. 2048, 1° comma, requisito che rivela, da un lato, l’assenza di un patri-monio personale del minore e, dall’altro, l’esistenza delle condizioni minimeperché i genitori possano esercitare i doveri di educazione e vigilanza328.

325 v. Ferrante, cit., 202326 v. Ferrante, cit., 202 s.327 Ferrante, cit., 185328 v. Ambanelli, cit., 305 s.; Facci, ultimo cit., 273; Ferorelli, cit., 1346; Ferrante, cit.,

189; Venchiarutti, ultimo cit., 407. Patti, cit., 265 ss., si spinge addirittura ad ipotizzare unaresponsabilità dei genitori per l’illecito compiuto dal figlio convivente “nel periodo (imme-diatamente) successivo al compimento della maggiore età” quando “l’illecito commesso ap-pare riconducibile alla cattiva educazione ricevuta”, in analogia con l’obbligo di mantenimentoe conformemente alla ratio della norma di garanzia nei confronti dei terzi: è chiaro, comunque,come tale opinione, oltre a non trovare riscontro nel dato normativo (e ad essere, forse, addi-rittura contra legem, data la chiara lettera dell’art. 2048, che parla di “figli minori”) non haavuto alcun riscontro nella giurisprudenza

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Dalla definizione che viene data alla coabitazione, infatti, dipende, inprimo luogo, la possibilità di escludere la solidarietà fra i genitori (che, comeaccennato, rappresenta la principale novità dell’art. 2048 rispetto al suo “pre-cedente” nel codice abrogato)329 nel caso in cui il minore conviva con uno solodei genitori, e, in secondo luogo, la possibilità di escludere completamente laresponsabilità genitoriale qualora venga meno la permanenza del minore nellacasa familiare330.

In generale, può dirsi che la coabitazione va intesa, secondo alcuni, neimeri termini di comune residenza, mentre, secondo altri, non va consideratain senso materiale e restrittivo, ma come “consuetudine di vita comune”331: adogni modo, si ritiene che non siano sufficienti temporanee interruzioni dellaconvivenza per escludere la coabitazione332, anche se è vero che la giurispru-denza più risalente333 ha talvolta ritenuto sufficiente anche una semplice tem-poranea lontananza del figlio per escludere la responsabilità dei genitori.

329 La dottrina (Barbanera, cit., 226; Monateri, cit., 954 s.) ritiene che, prima della ri-forma del diritto di famiglia del 1975, vi fosse una discrasia fra la potestà, attribuita solo alpadre, e la responsabilità ex art. 2048, attribuita ad entrambi, che veniva così giustificata conil riferimento ai doveri genitoriali ex art. 147 c.c. e, in particolare, al dovere di educazione, incui veniva ricompreso anche quello di vigilanza. La riforma, invece, ha permesso di realizzareuna nuova simmetria fra le norme attributive della potestà e l’art. 2048

330 La prevalente dottrina ritiene che, formalmente, l’onere della prova della coabita-zione spetti al danneggiato, trattandosi di un elemento costitutivo della fattispecie. Tuttavia,data la struttura abituale della famiglia italiana, è data la possibilità di contare su presunzionisemplici, determinanti, di fatto, un’inversione di tale onere (v. Campione, ultimo cit., 634;Ferrante, cit., 204). Monateri, cit., 953, invece, sottolineando come la coabitazione costituiscal’ipotesi normale e l’assenza di coabitazione l’eccezione, ritiene di non dover accogliere talesoluzione. Sulla stessa linea Facci, ultimo cit., 273 s.; Fraccon, cit., 530

331 Ambanelli, cit., 306. Nel secondo dei due sensi indicati, Barbanera, cit., 210; Cam-pione, ultimo cit., 627; Facci, ultimo cit., 273; Fraccon, cit., 528; Monateri, cit., 951 s.; Ven-chiarutti, ultimo cit., 407; Id. Commento all’art. 2048, cit., 2065; Zaccaria, ultimo cit., 1688.Ferorelli, cit., 1347 richiama invece anche quella dottrina che intende la coabitazione nelsenso di “rapporto di stabile convivenza”. Cocchi, cit., 1980, poi, riferisce anche l’opinionedi chi ritiene sufficiente una “semplice convivenza occasionale”

332 v. Ambanelli, cit., 306; Annunziata, cit., 246; Oliva – Pizzetti, cit., 502; Fazio, cit.,8, che, pur rilevando l’assenza di pronunce giurisprudenziali sul punto, ritiene che anche ilgenitore non affidatario (su cui v. infra) e quello allontanato a seguito degli ordini di protezionecontro gli abusi familiari sia responsabile per l’illecito commesso dal figlio minore, a menoche non dimostri che la lontananza gli abbia impedito, senza sua colpa, l’assolvimento degliobblighi di vigilanza ed educazione

333 su cui v. Patti, cit., 265 s.

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6.1.4.1. L’allontanamento del minore dalla casa familiare

Un primo problema si pone quando il minore si allontani dalla casa fami-liare. Nel caso di allontanamento concordato in famiglia e temporaneo (anchese prolungato), ad esempio per una gita o per motivi di studio o di lavoro, si ri-tiene che la coabitazione non venga meno334, cessando soltanto nei casi di defi-nitivo e duraturo trasferimento del figlio fuori dalla casa dei genitori335: ciòperché l’allontanamento, se certo rende più difficile l’assolvimento dell’obbligodi vigilanza, non fa venir meno la possibilità di ravvisare la culpa in educando336.Nel caso, invece, di allontanamento del figlio contro la volontà dei genitori, que-sti ultimi, non essendo loro imputabile la mancanza del requisito della coabita-zione, andranno esenti da responsabilità337, salvo però il caso in cui sia comunqueravvisabile una loro colpa338.

334 v., in dottrina, Alpa – Bessone – Zeno-Zencovich, cit., 339; Chiarella, cit., 977 s.;Cocchi, cit., 1980; Dogliotti, cit., 506; Venchiarutti, ultimo cit., 2065; in giurisprudenza, Cass.7050/2008, in Fam. dir., 2009, 359 ss., con nota di G. Valente; in Foro it, 2008, 2883 ss., connota di R. Menzella; in Giust. civ., 2010, I, 193 s.; nota di C. Camilotto in http://www.filodi-ritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1065, relativa ad un minore che ormai da dueanni viveva, per ragioni di lavoro, fuori dalla casa dei genitori

335 v., in dottrina, Alpa, ultimo cit., 305; Id., La responsabilità civile, cit., 669; Cam-pione, cit., 627; Dogliotti, cit., 506; Facci, ultimo cit., 273 s.; Ferorelli, cit., 1347 s.; Fraccon,cit., 529; Monateri, cit., 952; Oliva – Pizzetti, cit., 502; Venchiarutti, La responsabilità deigenitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 408; in giurisprudenza, Cass.7050/2008, cit.. Più precisamente, però, bisogna dire che la responsabilità non viene meno seil minore, pur non vivendo nella stessa abitazione dei genitori, sia di fatto comunque sottopostoall’esercizio della potestà, ad esempio perché abita nelle vicinanze e riceve continue visite daparte dei genitori stessi (v. Ferrante, cit., 191). Inoltre, i genitori potranno sottrarsi alla re-sponsabilità e ad ogni conseguenza risarcitoria dimostrando di aver affidato il minore a per-sona in grado di sorvegliarlo adeguatamente (v. Cocchi, cit., 1980 s.; Fraccon, cit., 529;Venchiarutti, ultimo cit., 2065): così, è stata esclusa la responsabilità dei genitori nel caso diun minore collocato stabilmente in collegio (Carusi – Gritti, ultimo cit., 4012)

336 v. Ferrante, cit., 190 s.337 v. Barbanera, cit., 210; Campione, ultimo cit., 628; Ferorelli, cit., 1348; Ferrante,

cit., 192 s.338 ad esempio nel caso di maltrattamenti, continui e ingiustificati rimproveri, perqui-

sizioni, violazioni di corrispondenza (v. Facci, ultimo cit., 274; Monateri, cit., 952; Oliva –Pizzatti, cit., 503; Venchiarutti, ultimo cit., 409; Id., Commento all’art. 2048, cit., 2065)

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Ovviamente, però, dovranno provare di essersi adoperati con tutti i mezziadeguati per convincere il minore stesso a tornare a casa e, qualora ignorino doverisieda al figlio, abbiano anche informato le autorità339. Si discute, invece, in me-rito alla necessità che, fra le misure impiegate, vi sia stato il ricorso al giudicetutelare ex art. 318 c.c.340.

6.1.4.2. Separazione e divorzio

Il secondo caso in cui risulta particolarmente rilevante e problematicostabilire cosa si intenda per minore convivente è quello in cui i genitori sianoseparati o divorziati. Nulla quaestio nel caso, oggi prevalente dopo la l.54/2006, di affidamento condiviso (anche con collocamento prevalente pressouno solo dei genitori): in tale situazione, è chiaro che permane la responsabilitàdi entrambi, dal momento che la legge chiama i genitori a concordare un pro-gramma relativo a educazione, formazione, cura e gestione dei figli, nel ri-spetto delle loro necessità e aspirazioni341. Maggiori problemi si pongono,invece, nel caso di affidamento esclusivo. La dottrina maggioritaria342, prece-dente alla l. 54/2006, tendeva comunque ad affermare la responsabilità di en-trambi i genitori non solo nei casi di affidamento congiunto, ma anche in quellidi affidamento esclusivo o alternato, pure nei periodi di affidamento all’altrogenitore con conseguente esercizio esclusivo della potestà, e ciò in ragionedel fatto che al genitore non affidatario veniva comunque riconosciuto il dirittoa partecipare alle decisioni di maggior interesse per il figlio343 e, comunque,la cattiva educazione poteva essere riconducibile al periodo di vita in comune

339 Ambanelli, cit., 306340 v. Campione, ultimo cit., 628; Ferorelli, cit., 1348 s.; Ferrante, cit., 193; Monateri,

cit., 953341 Ambanelli, cit., 307 s.; Campione, ultimo cit., 628 s.; Greco, cit., 1401342 in particolare, Patti, cit., 278. Sull’argomento, cfr. anche Campione, ultimo cit., 630;

Cocchi, cit., 1971; Facci, ultimo cit., 277 s.; Ferorelli, cit., 1359 s.; Ferrante, cit., 198 s.; Greco,cit., 1401; Monateri, cit., 955

343 La dottrina più avveduta (su cui v. Barbanera, cit., 224) ritiene che nemmeno neicasi di affidamento esclusivo dovrebbe parlarsi di esercizio esclusivo della potestà, essendoquesto limitato alle decisioni “quotidiane” ed essendo, invece, congiunto l’esercizio della po-

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dei coniugi344. Nella stessa linea si poneva la giurisprudenza345, la quale rite-neva che proprio il riferimento alla culpa in vigilando e in educando non per-mettesse di escludere a priori la responsabilità del genitore non affidatario,essendo necessario valutarne di volta in volta (ex ante) l’incidenza e il ruolosia sotto il profilo educativo sia, eventualmente, sotto quello della vigilanza346.

Sul fronte opposto, invece, la tesi di coloro che negavano la responsabilitàdel non affidatario: in prevalenza, ci si basava sul venir meno dell’eserciziodella potestà e sull’assenza del requisito della coabitazione, ma vi era anchechi riteneva che ciò fosse dovuto al venir meno di una colpa (sia in educandoche in vigilando), in ragione degli scarsi poteri di controllo sul figlio347.

In seguito alla l. 54/2006, l’art. 155, 1° comma, c.c. afferma che “anchein caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto dimantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ri-cevere cura, educazione e istruzione da entrambi”.

testà in relazione alle decisioni di maggior importanza. E’ chiaro, comunque, che in caso diaffidamento esclusivo si assisterà ad una differenziazione dell’onere probatorio: su entrambii genitori graverà l’onere di dimostrare l’assenza di culpa in educando, mentre l’assenza diculpa in vigilando dovrà essere dimostrata dal solo affidatario (Fraccon, cit., 529). A prescin-dere, comunque, dalla condivisibilità della tesi della corresponsabilità del genitore non affi-datario, non paiono esserci ragioni per escludere tale corresponsabilità, tanto nel regimeprecedente alla l. 54/2006, come oggi, almeno per i fatti derivanti dalle scelte condivise fra igenitori (Campione, ultimo cit., 632)

344 Patti, cit., 278 s.345 su cui v. Barbanera, cit., 220; Ferrante, cit., 199 s.. La giurisprudenza precedente

alla riforma del diritto di famiglia del 1975 (su cui v. Ferrante, cit., 197 s.) tendeva ad escluderela responsabilità del genitore non affidatario. Sulla stessa linea anche parte della dottrina (sucui v. Greco, cit., 1402)

346 Questo fra coloro che accolgono la tesi della responsabilità diretta ex art. 2048 (v.,ex multis, Dogliotti, cit, 506 s., che comunque esclude in ogni caso la responsabilità del ge-nitore non affidatario per culpa in vigilando, salvo che il danno venga cagionato nei periodidi permanenza del minore con lui). Coloro che, invece, ritengono che si tratti di una respon-sabilità oggettiva, affermano che i genitori, assolvendo ad una funzione di garanzia, sono chia-mati a rispondere in funzione del loro status, che non viene certo meno in seguito ad unasentenza di separazione o di divorzio (v. Greco, cit., 1403). Cocchi, cit., 1971 riporta poi unapronuncia della Suprema Corte in cui si è ritenuto che “la convivenza sia un elemento neces-sario per poter assolvere agli obblighi di sorveglianza ed educazione”

347 Campione, ultimo cit., 629 s.; Greco, cit., 1403; Venchiarutti, La responsabilità dei ge-nitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 410 s.. Facci, ultimo cit., 278 s. ritiene,ad ogni modo, che la soluzione al problema dipenda dalla tesi che si intenda accogliere in relazionealla natura della responsabilità ex art. 2048, con esclusione, dunque, della responsabilità del ge-nitore non affidatario qualora si voglia parlare di responsabilità diretta e con la sua affermazione,invece, nel caso in cui la si consideri indiretta e con funzione essenzialmente di garanzia

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Dunque, con la riforma, entrambi i genitori hanno forti poteri partecipa-tivi: di conseguenza, la prima delle due tesi suesposte, già maggioritaria, ap-pare oggi, alla luce di tali innovazioni, ancor più meritevole di accoglimento348.

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità del genitore affidatario neiperiodi di convivenza con l’altro genitore (nel caso, ormai residuale, di affi-damento esclusivo), è chiaro che, visto il concetto di coabitazione come sopradelineato, non basta una temporanea assenza dalla residenza per escludernela responsabilità, mentre, per quanto riguarda il genitore non affidatario, nonpotendo certo la sua posizione essere equiparata a quella di un terzo estraneo,viene meno il difetto legittimo di coabitazione e, quindi, risorge la responsa-bilità in solido con l’altro genitore349.

348 v., in dottrina, Campione, ultimo cit., 631 s.; Fazio, cit., 9 ss.; Greco, cit., 1401 s.;in giurisprudenza, Trib. Milano, 16/12/2009, in Resp. civ. prev., 2010, 1600, con nota di G.Mastrangelo in http://www.osservatoriopenale.it/index.php?option=com_content&view=ar-ticle&id=517:responsabilita-dei-genitori-per-i-danni-da-reato-dei-figli&catid=31:minor&Ite-mid=30 (“Occorre infatti considerare che i fatti sottoposti all’attenzione di questo Tribunaleevidenziano che la responsabilità genitoriale non si connette ad un problema di omissione divigilanza, ma concerne una più ampia questione educativa, culturale si potrebbe dire, che ri-chiama una cornice di valori che, unitamente al rispetto delle regole, dovrebbe costituire latrama di ogni relazione genitoriale. A tale constatazione si aggiunge il rilievo che il legislatorericonosce al coniuge non affidatario non solo il diritto, ma anche il dovere di vigilare sul-l’istruzione e sull’educazione del figlio. E che risulta poi dagli atti che, pur essendo i minoriaffidati alle madri, tutti e tre avevano regolari e frequenti rapporti con i padri […]. Questogiudice, quindi, non ravvisa alcuna ragione per ritenere i predetti genitori esenti da responsa-bilità”)

349 Fraccon, cit., 529; Monateri, cit., 956

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6.1.4.3. Allontanamento del genitore e separazione di fatto

Ipotesi parallela è poi quella della separazione di fatto e, più in generale,dell’allontanamento del genitore dalla casa familiare. E’ chiaro che in tali si-tuazioni non verrà di per sé meno la potestà ma indubbiamente si realizzeràuno squilibrio nell’esercizio dei poteri e dei doveri connessi alla potestà stessa.Tuttavia negare, in questo caso, salvo che non vi sia una giusta causa di allon-tanamento350, la responsabilità del genitore non più convivente finisce per nontenere in considerazione lo scopo stesso dell’art. 2048 e offrirne una letturaletterale ma del tutto illogica: se così fosse, infatti, il genitore potrebbe esimersida responsabilità verso i terzi in base ad un accordo interno fra i coniugi o,semplicemente, non adempiendo ai propri obblighi nei confronti dei figli351.

7. L’art. 2048, 2° comma, c.c.

Pur nel quadro generale di questo lavoro, che si propone di individuarele fattispecie e i fondamenti della responsabilità genitoriale, non si può nonesaminare, sia pure in maniera più sintetica, anche il 2° comma dell’art. 2048e, precisamente, cosa si intenda per “precettori” e “coloro che insegnano unmestiere o un’arte”. La giurisprudenza concernente i fondamenti della respon-sabilità di tali soggetti e la relativa prova liberatoria sarà invece esaminatacontestualmente a quella concernente i genitori: infatti, i due tipi di responsa-

350 v. Barbanera, cit., 226; Ferrante, cit., 194; Monateri, cit., 952. Fraccon, cit., 529 pre-cisa che la dottrina è divisa fra chi equipara la separazione di fatto, dovuta ad impedimentolegittimo, ivi compresa l’intollerabilità della convivenza, alla separazione legale, con conse-guente esclusione della responsabilità per il genitore allontanatosi dalla casa familiare, e chiinvece ritiene che la separazione di fatto, non incidendo su poteri e doveri genitoriali, non in-cida neanche sulla responsabilità ex art. 2048; Venchiarutti, Commento all’art. 2048, cit., 2068

351 v. Barbanera, cit., 225 s.; Campione, ultimo cit., 627 s. e 633, che espone, però,anche la tesi contrari, ritenendo che la separazione di fatto possa costituire “un legittimo im-pedimento”; Dogliotti, cit., 506; Facci, ultimo cit., 279; Ferorelli, cit., 1360; Ferrante, cit.,200 s.; Fraccon, cit., 529; Monateri, cit., 957 s.; Trimarchi, cit., 102; Venchiarutti, ultimo cit.,2068; Id., La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit.,411 s.; Zaccaria, ultimo cit., 1688

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bilità presentano numerosi punti in comune, e ciò in ragione del fatto che ilprecettore, per il periodo in cui l’allievo si trova sotto la sua vigilanza352, hasu questi un potere che deriva da una sorta di delega ex lege di quelli dei ge-nitori, e dunque il rapporto fra precettore e allievo è analogo a quello tra figlioe genitori (o almeno era tale nell’impostazione originaria del Code civil na-poleonico)353.

Per quanto riguarda i soggetti responsabili, è ormai quasi desueta la figuradel precettore, mentre la norma ha trovato costante applicazione sia agli inse-gnanti di scuola pubblica (o, più precisamente, al Ministero dell’Istruzione, enon ai singoli istituti354, Ministero che, in caso di dolo o colpa grave, si potrà

352 e, dunque, a tale periodo (ivi compresi, però, ad esempio, gite scolastiche e ricrea-zione) è limitata la responsabilità del precettore (v. Campione, ultimo cit., 649; Cocchi, cit.,1986; Facci, ultimo cit., 294). Monateri, cit., 961 ss. precisa poi che “il dovere di vigilanzadell’insegnante sorge al momento dell’entrata nella scuola dell’allievo e cessa con l’uscita diquest’ultimo al termine delle lezioni […]. Perciò è pacifico che, nelle scuole elementari, l’ob-bligo di vigilanza permane anche durante il periodo della ricreazione, e si estende a tutto ilcortile fino al cancello della scuola. Se la scuola si avventura ad organizzare in proprio il tra-sporto, la sua responsabilità vicaria perdura per tutto il corso del trasferimento degli studentida casa a scuola e viceversa […]. [N]on costituisce un’esimente per la responsabilità dell’isti-tuto scolastico […] la disposizione del genitore di lasciare il minore senza sorveglianza in undeterminato luogo” (cfr. anche Dogliotti, cit., 509 e Ferrante, cit., 388 ss.). Spetta al danneg-giato dimostrare che il danno si è verificato mentre il minore si trovava a scuola (v. Ferrante,cit., 387)

353 v. Campione, ultimo cit., 647 s.; Cocchi, cit., 1986; Facci, ultimo cit., 292, che evi-denzia, però, come nel tempo il precettore abbia cessato di essere un semplice “continuatore”dell’autorità paterna, assumendo una funzione propria e, dunque, distinti profili di responsabilità;Ferrante, cit., 302; Monateri, cit., 959; Salvi, cit., 136; Venchiarutti, ultimo cit., 412; Id., Com-mento all’art. 2048, cit., 2069. Più in generale, è chiaro che il precettore non può essere consi-derato responsabile dell’educazione del minore nel suo complesso, al contrario dei genitori, conla conseguenza che la sua responsabilità può dipendere esclusivamente da culpa in vigilando emai da culpa in educando (cfr. Campione, ultimo cit., 648, che infatti supera la visione del pre-cettore come semplice “continuatore” dell’autorità paterna, e Facci, ultimo cit., 303)

354 unico legittimato passivo nell’azione intentata dal danneggiato (v., in dottrina, D.Chindemi, La responsabilità dell’insegnante per i danni subiti dall’alunno, in Resp. civ. prev.,2011, 2137 ss.; Di Ciommo, ultimo cit., 265 s.; P. Felcioloni (a cura di), Le forme di respon-sabilità degli insegnanti e della scuola per fatto illecito degli allievi, in Vent. avv., 2011, 12,56; in giurisprudenza, Giudice di Pace Cerignola 1947/2010; Trib. Milano 5223/2009, inFam. dir., 2009, 1165 ss., con commento di R. Campione)

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rivalere sull’insegnante355) che a quelli di scuola privata (con una responsabi-lità ex art. 2049 dell’istituto scolastico)356. Viene invece esclusa la responsa-bilità del preside e del direttore didattico, stante la loro funzioneprevalentemente organizzativa357.

355 cfr., in dottrina, Alpa, ultimo cit., 669; Alpa – Bessone – Zeno-Zencovich, cit., 337;Campione, ultimo cit., 659; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4013; Chiarella, cit., 980; Cocchi, cit.,1986; Dogliotti, cit., 508; Facci, ultimo cit., 292 s. e 298 ss., che evidenzia i dubbi di legittimitàcostituzionale della disciplina, per l’ingiustificato favore nei confronti degli insegnanti dellescuole pubbliche a danno degli insegnanti delle scuole private, e riporta anche l’isolata tesigiurisprudenziale, definitivamente respinta da Cass. S.U. 9346/2002 e da varie sentenze dilegittimità successive (riportate da Di Ciommo, Responsabilità civile per illecito compiutoda minori, cit., 136), secondo la quale l’art. 61 l. 312/1980 (“La responsabilità patrimonialedel personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare,secondaria e artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati diretta-mente all’Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casidi dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi”) avrebbe eliminato lapresunzione di cui all’art. 2048, 2° comma, limitatamente alla responsabilità degli insegnantidelle scuole pubbliche per danni commessi dagli allievi (in realtà, le succitate Sezioni Unitee la successiva giurisprudenza della Suprema Corte hanno precisato che la norma in questioneopera solo sul piano processuale, e non su quello sostanziale, cfr., su tale aspetto, Felcioloni,cit., 56); Ferrante, cit., 302 ss (in particolare, sui rapporti fra responsabilità del Ministero eresponsabilità dell’insegnante, 316 ss. e sulla responsabilità del personale ATA, ma solo perdolo e colpa grave, 345 ss.); Monateri, cit., 960; Salvi, cit., 137 s.; Torrente – Schlesinger,cit., 826; Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestrid’arte, cit., 414 e 420 s.; Zaccaria, ultimo cit., 1689; in giurisprudenza, Cass. 997/1973 (mas-sime), in A. Finocchiaro (a cura di), Codice civile e leggi complementari, Gruppo24ore, Mi-lano – Roma 2010, 878 s.. Sulla responsabilità del personale ATA, cfr. ancora Facci, ultimocit., 293 s. e Salvi, cit., 136, che invece la escludono radicalmente. Dogliotti, cit., 509, pur ri-portando giurisprudenza favorevole all’estensione della responsabilità ai bidelli, ritiene che“[q]uesto ampliamento notevole dei soggetti responsabili non pare condivisibile”. Cfr. anche,in giurisprudenza, Cass. 8308/2008, in Guida dir., 2008, 25, 69, massima di M. Piselli, cheribadisce che unico legittimato passivo è il Ministero, e non gli insegnanti

356 v. Chiarella, cit., 980; Cocchi, cit., 1986; Dogliotti, cit., 508; Facci, ultimo cit., 292s.; Felcioloni, cit., 57; Ferrante, cit., 379 ss.; Monateri, cit., 960

357 v., in dottrina, Campione, ultimo cit., 651; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4014 (che peròmenziona alcune sentenze che hanno rinvenuto una responsabilità del direttore didattico “perimperfetta organizzazione della scuola, ove questa sia causa dell’inadeguata sorveglianza sugliallievi); Dogliotti, cit., 509; Facci., ultimo cit., 293 s.; Ferrante, cit., 313 s.; Monateri, cit., 961;Venchiarutti, ultimo cit., 416; Id., Commento all’art. 2048, cit., 2070; Zaccaria, ultimo cit.,1689; in giurisprudenza, Cass. 3888/1996, in Guida dir., 1996, 23, 74, massima di M. Piselli

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Il termine precettore viene comunque interpretato in senso ampio: vi ven-gono così ricompresi, in particolare, anche l’istruttore sportivo358 e quello discuola-guida359, con una responsabilità della società sportiva o della scuolaguida ex art. 2049 c.c., analogamente a quanto sopra detto per le scuole pri-vate360, ed eventualmente una responsabilità delle stesse di tipo contrattualeo, in caso di attività particolarmente pericolose, ex art. 2050 c.c.361.

A titolo esemplificativo, possiamo ricordare, tra le figure la cui respon-sabilità è stata ritenuta inquadrabile nell’art. 2048, gli organizzatori di unasettimana bianca, gli assistenti di colonie per le vacanze dei minori, i catechisti,gli addetti alla vigilanza dei minori negli istituti di osservazione dei centri dirieducazione per i minorenni, nonché i maestri in servizio presso il patronatoscolastico362.

Si discute sulla necessità o meno che l’attività educativa venga svolta conuna certa continuità363. E’ altresì discusso se il 2° comma dell’art. 2048, nonprecisando che l’allievo debba essere minore d’età, si applichi anche all’allievomaggiorenne364.

358 v. Campione, ultimo cit., 650; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4014; Chiarella, cit., 980;Facci, ultimo cit., 293; Ferrante, cit., 431 s.; Monateri, cit., 961; Oliva – Pizzetti, cit., 507;Salvi, cit., 136; Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e deimaestri d’arte, cit., 417. Pensiamo, ad esempio, all’istruttore di sci (v. Ferrante, cit., 464 ss.,per quanto non manchi un’isolata sentenza, su cui v. Ferrante, cit., 466, che considera invecegli sci come mezzo di trasporto, applicando la presunzione di colpa degli autoveicoli di cuiall’art. 2054), all’allenatore di tennis (v. Ferrante, cit., 468), all’allenatore di hockey (v. Fer-rante, cit., 469), all’istruttore di volo (v. Ferrante, cit., 469 s.), all’istruttore subacqueo (v. Fer-rante, cit., 470) e all’istruttore di equitazione (v. Ferrante, cit., 470 s.)

359 v. Campione, ultimo cit., 650; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4014; Ferrante, cit., 436ss.; Oliva – Pizzetti, cit., 507; Venchiarutti, ultimo cit., 417. All’istruttore è equiparato il sog-getto con più di dieci anni di patente che, ex art. 122, 2° comma, c.c. può accompagnare allaguida il principiante munito di foglio rosa (v. Campione, ultimo cit., 651; Facci, ultimo cit.,293; Ferrante, cit. 436 ss.)

360 v. Ferrante, cit., 434. E’ discusso, invece, in giurisprudenza se l’esclusione della re-sponsabilità del precettore ex art. 2048 comporti automaticamente l’esclusione della respon-sabilità dell’ente di cui questi sia dipendente ex art. 2049 (v. Ferrante, cit., 434 s.)

361 v. Ferrante, cit., 435 s.362 v. Campione, ultimo cit., 650 s.; Facci, ultimo cit., 293; Monateri, cit., 961; Morozzo

della Rocca, Commento all’art. 2048, in Cendon, Commentario al codice civile – Aggiornamento1991-2001, cit., 1746; Venchiarutti, ultimo cit., 417; Id., Commento all’art. 2048, cit., 2070 s.

363 v. Ferrante, cit., 305 ss.. Ritiene necessario tale requisito Felcioloni, cit., 52. Contra,Dogliotti, cit., 508 s.

364 v. Ferrante, cit., 307 ss. che, pur condividendo la tesi della responsabilità anche perl’allievo maggiorenne nelle attività di carattere pratico, precisa come l’unica sentenza di le-

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Per quanto riguarda coloro che “insegnano un mestiere o un’arte”, essisono coloro che “assumono nei confronti del minore poteri e doveri di educa-zione in senso ampio, onde renderlo idoneo non solo all’arte o al mestiere,ma anche alla vita di relazione col mondo esterno365”; “apprendista” è, invece,“chiunque apprenda un’arte o un mestiere, indipendentemente da uno specificorapporto di lavoro”366. Pochissime le applicazioni giurisprudenziali367.

gittimità in materia escluda la responsabilità. Cfr. anche, in dottrina, Campione, ultimo cit,652 s., che comunque, oltre a far salva un’eventuale responsabilità del precettore in base allaregola generale dell’art. 2043 (o, ad esempio, in base all’art. 2050), riporta anche l’opinionedi quella dottrina minoritaria che esclude la responsabilità del precettore per l’illecito avvenuto“in occasione” dell’attività di insegnamento e la ammette, invece, per quello avvenuto “acausa” della stessa (sulla stessa linea, Felcioloni, cit., 53 s.); Cocchi, cit., 1988; Facci, ultimocit., 245 s.; Monateri, cit., 959 s., che ritiene non paragonabile la posizione dell’allievo aquella del lavoratore; Montecchiari, cit., 293, che esclude ogni responsabilità ex art. 2048 delgenitore per il figlio maggiorenne convivente (ovviamente se capace d’intendere e di volere),ma ritiene che, ove il figlio sia impossibilitato a provvedere al risarcimento in via autonoma,i principi di solidarietà familiare, insieme ad un’interpretazione estensiva degli artt. 147 e 433c.c., impongano ai genitori di surrogarsi nel pagamento; Venchiarutti, La responsabilità deigenitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 414, che esclude la responsabilità;in giurisprudenza, Trib. Torino, 08/06/1968, massima in Cendon – Baldassari, cit., 2363

365 Monateri, cit., 964. Cfr. anche Campione, ultimo cit., 640 e 664 e Venchiarutti, Com-mento all’art. 2048, cit., 2072 s.

366 Monateri, cit., 964. Cfr. anche Campione, ultimo cit., 663 s., secondo il quale “il le-gislatore impiega il termine apprendista in senso atecnico per riferirsi a colui che apprendeun mestiere od un’arte senza essere parte di uno specifico rapporto di lavoro subordinato”,trovando, in caso contrario, applicazione l’art. 2049; Venchiarutti, La responsabilità dei ge-nitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 418; Zaccaria, ultimo cit., 1689, chepropende per un’interpretazione estensiva delle espressioni utilizzate dal legislatore. Interes-sante la posizione di Dogliotti, cit., 508, che li considera responsabili anche a titolo di culpain educando

367 v. Facci, ultimo cit., 303

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8. L’art. 2048, 3° comma, c.c.: la prova di “non aver potuto impedire il fatto”

8.1. Il rapporto fra culpa in vigilando e culpa in educando

Come si è detto, per quanto riguarda la prova liberatoria, identico è il te-nore letterale degli artt. 2047 e 2048: entrambi, infatti, dicono che i vari soggettiin essi menzionati sono responsabili a meno che non provino di “non aver po-tuto impedire il fatto”. Si è già detto come taluni ravvisino in ciò una respon-sabilità per colpa e altri una responsabilità oggettiva368, ma nel caso dell’art.2048 la differenza fra le due posizioni si fa più sfumata, avendo come risultatoche, se nel caso dell’art. 2047 si può parlare di un complessivo equilibrio dellagiurisprudenza, nel caso dell’art. 2048 è stata pressoché costantemente esclusala possibilità, per i genitori, di esimersi dalla responsabilità presunta previstain tale norma, differenza peraltro solo parzialmente giustificabile dal fatto chela culpa dell’art. 2047 è esclusivamente in vigilando, mentre quella ex art. 2048è anche in educando e, dunque, notevolmente più ampia369.

Peraltro, in entrambi i casi, è evidente che la prova negativa di non averpotuto evitare il fatto si sia trasformata nella prova positiva di aver corretta-mente adempiuto ai doveri di vigilanza ed educazione di cui agli artt. 147370 e315-bis c.c.. Nel caso in cui si accetti la tesi della responsabilità diretta, è ne-

368 In particolare, Annunziata, cit., 242 ss. sostiene che proprio il fatto che la prova li-beratoria consista nella dimostrazione di “non aver potuto impedire il fatto” costituisca la di-mostrazione che la responsabilità ex art. 2048 non è per fatto proprio, collegata cioè a carenzeeducative dei genitori o al difetto di sorveglianza, in quanto la prova di aver curato l’educa-zione del figlio e di averlo adeguatamente sorvegliato risulterebbe inutile in assenza della benpiù rigorosa prova di “non aver potuto impedire il fatto”

369 v. Comporti, cit., 356; Ferorelli, cit., 1350370 v., in dottrina, Ambanelli, cit., 310 s.; Campione, ultimo cit., 635 s.; Cocchi, cit.,

1975; Dogliotti, cit., 510 s.; Venchiarutti, Commento all’art. 2048, cit., 2073; in giurispru-denza, App. Milano, 29 febbraio 1955 (massima), in Bonvicini, cit., 645 s.; Cass. 9815/1997,cit.; Cass. 15419/2005, sintetizzata da Di Ciommo, ultimo cit., 137

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cessario, innanzitutto, porsi il problema del rapporto fra culpa in educando eculpa in vigilando371 (evidentemente inesistente per quanto riguarda l’art.2047, in cui la responsabilità si basa solo sul difetto di culpa in vigilando).

Una parte della giurisprudenza (e tutta la giurisprudenza precedente al co-dice del 1942) fonda la responsabilità sulla presunzione del difetto di vigilanza,assumendo il difetto di educazione un ruolo ancillare: primariamente, infatti, ilgenitore dovrebbe dimostrare di aver correttamente adempiuto al proprio doveredi vigilanza. Solo ove il genitore non sia stato presente al momento del fatto in-terverrebbe la dimostrazione che al minore, in ragione della sua età, il suo am-biente e il suo grado di maturazione, frutto dell’educazione impartita, potevaessere riconosciuto quel determinato grado di libertà di movimento e di auto-determinazione, così da esentare il genitore dalla vigilanza e quindi dalla re-sponsabilità372, per cui si può dire che vi sia un’attenuazione del dovere divigilanza ove sia stato correttamente adempiuto il dovere di educazione373. In-somma, i doveri di vigilanza ed educazione, di per sé indipendenti374, finisconoper essere fra loro legati quando si tratta della prova ex art. 2048375.

Tale tesi trova però una significativa eccezione per il minore particolar-mente vivace: in tal caso, infatti, il suo stesso temperamento non permetteràal genitore di presumere che il figlio non commetterà illeciti e, dunque, nongli consentirà di allentare la sorveglianza e di esimersi da responsabilità376.

371 cfr. però Greco, cit., 1399 s.: “pare fuorviante […] sia cercare di individuare il realecontenuto dell’obbligo di educare e di vigilare, sia cercare la correlazione esistente tra i duedistinti obblighi. Il riferimento ai citati obblighi ha, difatti, un contenuto meramente formale;essi non rappresentano la ratio decidendi delle sentenze in materia, le quali tendono quasisempre a ritenere il genitore responsabile”

372 Barbanera, cit., 216 s.373 in dottrina, Carusi – Gritti, ultimo cit., 4011; in giurisprudenza, Cass. 519/1967

(massima); Cass. 2926/1968 (massima); Cass. 348/1970 (massima); Cass. 1660/1972 (mas-sima); Cass. 2595/1973 (massima); Cass. 2348/1973); Trib. Pistoia, 22/11/1962 (massima);tutte in Bonvicini, cit., 652 ss.; Cass. 6302/1996, in Guida dir., 1996, 37, 71, massima di M.Piselli

374 cfr. Campione, ultimo cit., 636; Ferorelli, cit., 1350 s.375 v. Campione, cit., 637; Cocchi, cit., 1984 s.; Ferrante, cit., 206 ss.. Commentano la

già citata Cass. 4481/2001, parla di una culpa in vigilando impropriamente divenuta “appen-dice” di quella in educando, Carbone, cit., 501

376 v. Ferrante, cit., 211 s.

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Da ciò deriva una vera e propria inversione del rapporto di dipendenza reciproca fra culpa in educando e culpa in vigilando: il grado di vigilanzarichiesta si pone così in un rapporto di proporzionalità inversa rispetto all’adempimento del dovere di educazione, per cui tanto più inadeguata è statal’educazione impartita tanto più alto sarà il grado di vigilanza richiesto377.

Altra parte della giurisprudenza, invece, considera indipendentemente idue doveri di vigilanza e di educazione, per cui l’onere probatorio a caricodel genitore consisterà nella dimostrazione sia della mancanza di culpa in edu-cando sia della mancanza di culpa in vigilando, sebbene quest’ultima vadaovviamente valutata in base all’età e all’indole del minore378.

8.1.1. Dovere di vigilanza e culpa in vigilando

Per quanto riguarda, innanzitutto, la culpa in vigilando, è necessario pre-mettere che essa, nel caso dell’art. 2048, assume connotati diversi (e moltopiù ridotti) rispetto all’art. 2047 (tant’è che si parla di obbligo di vigilanza enon più di sorveglianza379): non si richiede, infatti, una presenza fisica costanteed ininterrotta a fianco del minore, perlomeno quando, per l’educazione im-partita, per l’età e per l’ambiente in cui si muove, si possa ragionevolmentepresumere che il figlio non possa costituire una fonte di pericolo per sé o peri terzi, in base ad una valutazione da effettuarsi, necessariamente, ex ante enon ex post380.

377 v., in dottrina, Ferorelli, cit., 1351 s.; Ferrante, cit., 212 s.; in giurisprudenza, Cass.6302/1996, cit.. Particolarmente interessante è App. Bari, 25 marzo 1966 (massima), in Bon-vicini, cit., 654, secondo la quale “[n]on può essere escluso dalla responsabilità ex art. 2048c.c. il padre che provi di aver voluto impedire l’uso del motoveicolo al figlio, chiudendo quelloa chiave e rimproverando il figlio ogni volta che questi ricorreva al noleggio di altri motovei-coli. Tali fatti provano che il genitore non ha saputo dare al figlio una educazione adeguata,poiché non riesce a farsi obbedire in casi di simile importanza”. Cfr. altresì Venchiarutti, Laresponsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 423 s. e P. Par-dolesi – M. Dimattia, Il commento a Cass. 9556/2009, cit., 170 s., che riporta una pronunciadel 1984 del Supremo Collegio (la n. 5564) nella quale, a giudizio degli Autori, il ruolo dellaculpa in educando è “impalpabile”

378 v. Ferrante, cit., 214 ss.; Fraccon, ultimo cit., 530379 Sulla distinzione tra “sorveglianza” e “vigilanza” cfr., in dottrina, Fraccon, ultimo

cit., 534 e, in giurisprudenza, Cass. 4481/2001, cit.380 App. Firenze, 652/1965 (massima); Cass. 2397/1966 (massima); entrambe in Bon-

vicini, cit., 654 s.; Cass. 4481/2001, cit.. Cfr. altresì Alpa, cit., 670; Barbanera, cit., 215; Cam-

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In generale, il criterio utilizzato è dunque quello della prevedibilità: siesclude la responsabilità quando l’azione, per la sua repentinità, era assoluta-mente imprevedibile e repentina, e ciò in base non ad una valutazione inastratto, ma in base alle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificatol’illecito e in base all’età del minore381.

pione, cit., 637; Chiarella, cit., 984; Ferorelli, cit., 1353; Ferrante, cit., 235 ss. e 244 ss.; Oliva– Pizzetti, cit., 503 ss.. E’ chiaro, poi, che, qualora i genitori abbiano affidato il minore a per-sona idonea ad esercitare la vigilanza, sarà quest’ultima a dover rispondere per culpa in vigi-lando, mentre i genitori potranno essere chiamati a rispondere soltanto per culpa in educando(Alpa, ultimo cit., 669). Bisogna comunque ricordare che spetta all’attore la dimostrazionedegli elementi costitutivi dell’illecito, ivi compreso l’elemento psicologico. Ciò può, in con-creto, fornire un valido mezzo per limitare la responsabilità di genitori ed insegnante. Così, ilTribunale di Milano (con la sentenza n. 8465/2008) ha escluso la responsabilità dell’insegnantein assenza di adeguata prova sulla dinamica dell’incidente, tale da ricondurlo a dolo o colpadi un altro studente, mentre Cass. 15321/2003, in Foro it., 2004, I, 426 ss., con nota di F. DiCiommo è pervenuto al medesimo risultato, ritenendo che spetti al danneggiato dimostrareche l’azione di gioco in seguito alla quale un allievo abbia subito un danno da un avversarionel corso di una partita svoltasi nell’ora di educazione fisica sia almeno colposa, “mentre larelativa condotta non può essere considerata illecita, se è stata tenuta in una fase di giocoquale normalmente si presenta nel corso dello svolgimento della partita e rappresenta unmezzo usualmente praticato per risolverla, senza danno fisico, in favore di quello dei conten-denti che se ne serve né è stato concretamente caratterizzato da un grado di violenza ed ir-ruenza incompatibili col contesto ambientale e le persone che partecipano al gioco”

381 Cass. 2451/1966 (massima), Cass. 2657/1967 (massima) e, in materia di responsa-bilità dell’insegnante, App. Napoli 1107/1969 e Trib. L’Aquila, 20/06/1966, tutte in Bonvicini,cit., 656 ss.; Cass. 1851/1997, in Guida dir., 15, 57, massima di M. Piselli. Cfr. altresì Cam-pione, ultimo cit., 636 ss.. Cfr., in tema di responsabilità degli insegnanti, Chindemi, cit.,2141; Ferrante, cit., 395 ss. e Menga, Il labile confine tra culpa in vigilando e culpa in edu-cando, nota a Cass. 9906/2010, cit., 2299 s., che, richiamandosi alla giurisprudenza della Su-prema Corte, precisa che l’insegnante non deve solo adottare le opportune misure correttivee repressive “dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno”, ma devealtresì adottare in via preventiva quelle misure disciplinari ed organizzative necessarie perevitare che tale serie causale possa sorgere. Così, l’istituzione scolastica che non prenda po-sizione di fronte a comportamenti, come lo sgomitare improvvisamente in classe fra i com-pagni, che certo costituiscono indici di una culpa in educando dei genitori, “si rende essastessa complice di un errato processo educativo, e rende possibile anche una sua declaratoriadi responsabilità per colpa in vigilando” (cfr. altresì il d.P.R. 249/1998, “Statuto delle Studen-tesse e degli Studenti”). Sulla stessa linea, Cass. 5668/2001, in Foro it., 2001, I, 3099 ss., cheha appunto affermato che “se mancano anche le più elementari misure organizzative per man-tenere la disciplina, non è possibile invocare quella imprevedibilità che, invece, esonera daresponsabilità nelle ipotesi in cui non sia stato possibile evitare l’evento, nonostante la sussi-stenza di un comportamento adeguato alle circostanze”. Da quanto detto deriva poi che saràparticolarmente arduo escludere una culpa in vigilando laddove l’azione del minore abbia,per così dire, carattere permanente: così, Cass. 6685/2007, in Fam. dir., 2007, 745, sintesi acura di A. Batà – A. Spirito, e in Fam. min., 2007, 5, 44, con commento di A. Gragni ha rite-nuto che la “modifica” di un motorino al fine di raggiungere una velocità superiore al con-sentito, concretandosi in una “modifica stabile della meccanica del veicolo”, non possasfuggire ad un genitore accorto e che, dunque, quest’ultimo sia responsabile della condottadel figlio. Significativa è anche Cass. 10723/1996, massima in Cendon – Baldassari, cit.,2363, la quale ha affermato che “[p]er accertare la prevedibilità del fatto il giudice del meritodeve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, macorrelata al particolare ambiente di cui si tratta”

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Così, per esempio, per quanto riguarda l’ambiente circostante, non sonostati considerati responsabili i genitori del minore mandato ad accompagnareil bestiame o a giocare a tennis in una località montana, laddove gli usi e lecaratteristiche stesse del luogo facevano presumere fosse assolutamente ra-gionevole lasciarlo senza la custodia di un adulto382.

Addirittura, una recente pronuncia del Tribunale di Palermo383 ha escluso laresponsabilità dell’insegnante in quanto l’assoluta normalità del contesto in cuil’azione si era svolta non poteva giustificare un intervento preventivo da partesua: in tale pronuncia si arriva addirittura ad affermare che “la presenza di unapersona adulta in classe ragionevolmente costituisce di per sé un deterrente suf-ficiente ad evitare che possano verificarsi comportamenti idonei a dar luogo a si-tuazioni di pericolo, tenuto, altresì, conto nella specie dell’età degli allievi”.

Per quanto riguarda l’età, invece, si tende a ritenere che l’obbligo di vi-gilanza sia inversamente proporzionale ad essa, in corrispondenza con il di-minuire del contenuto potestativo del rapporto con i figli man mano che questisi avvicinano alla maggiore età384: insomma, man mano che il minore matura(fisicamente, intellettualmente e moralmente), gli deve essere lasciata una viavia maggiore libertà385.

382 v. Ferorelli, cit., 1353; Ferrante, cit., 246 s.; Fraccon, ultimo cit., 536 s.. Per quantoriguarda la responsabilità degli insegnanti, cfr. Ferrante, cit., 403: in generale, sebbene talvoltal’obbligo di sorveglianza venga ampliato, in giurisprudenza, fino a ricomprendere ore non dilezione, la valutazione delle specifiche circostanze di tempo e di luogo permette di restringerela responsabilità, escludendola, ad esempio, nel caso del minore ferito nel cortile antistante lascuola ma non adibito ad uso esclusivo della stessa

383 Trib. Palermo 2665/2010, in www.altalex.com/index.php?idnot=50325384 v., in dottrina, Alpa, ultimo cit., 672; Comporti, cit., 358; Ferrante, cit., 247 s.; Frac-

con, ultimo cit., 531 s.; in giurisprudenza, Cass. 9509/2007, cit.. Cfr. anche, per la responsa-bilità degli insegnanti, Ferrante, cit., 398 ss.: in questo caso, la tendenza giurisprudenziale èquella a differenziare i minori per fasce d’età, e ciò anche in ragione dell’applicabilità dell’art.350, r.d. 1297/1928, che prevede un ben preciso obbligo di vigilanza degli insegnanti suglialunni, alle sole classi elementari

385 cfr. Comporti, cit., 355

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Il problema si pone, in particolare, per i ccdd. grands enfants, cioè queisoggetti, ormai prossimi alla maggiore età, per i quali è irragionevole, allaluce dei modelli sociali correnti, pensare che i genitori possano esercitareun’efficace attività di vigilanza, in quanto gli spazi di libertà sono, anzi, effi-cace strumento di maturazione386. Le soluzioni prospettate in dottrina sonomolteplici: si va dall’abolizione della prova in educando al ridimensionamentodi quella in vigilando387, fino all’esclusione della responsabilità genitoriale388.In giurisprudenza389, così, alcune decisioni hanno escluso la responsabilità deigenitori per il fatto del figlio quasi maggiorenne, specie in materia di sinistristradali e di attività sportiva, quegli ambiti, cioè, in cui è più ragionevole ri-conoscere spazi di autonomia al minore o, comunque, più difficile riconoscerel’illiceità del comportamento e, quindi, l’ingiustizia del danno390.

386 v. Barbanera, cit., 216; Ferrante, cit., 249. In passato, era proprio la previsione diuna responsabilità genitoriale per l’illecito commesso dai figli minori a giustificare l’esclu-sione di ogni forma di riservatezza di questi ultimi (Corriero, cit., 1002). Tale visione è ov-viamente oggi superata (specie con riferimento, appunto, ai cd. grands enfants), e ciò nonpuò non porre delle problematiche concernenti la perdurante validità del modello di respon-sabilità delineato dagli artt. 2047 e 2048, rectius impone di rivederne il fondamento

387 v. Ferrante, cit., 249 ss.388 v. Monateri, cit., 946 ss., che però critica tale orientamento in base ad un criterio di

efficienza nella prevenzione dei danni: anche i datori di lavoro, sebbene nessuno dubiti che ilavoratori siano soggetti capaci, rispondono dell’illecito commesso da questi ultimi, per cuinon si vede perché non debbano essere considerati responsabili i genitori per l’illecito deifigli, pur capaci e autonomi. Anzi, ad accogliere questa tesi, si incoraggerebbero i genitori alasciare ai figli i più ampi spazi possibili di autonomia, onde andare esenti da responsabilità

389 v. Ferrante, cit., 252 s.. Ritiene irrilevante il fatto che il minore fosse quasi maggio-renne al momento del compimento dell’illecito Cass. 9556/2009, cit.

390 Campione, ultimo cit., 641

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8.1.2. Il dovere di educazione: dalla culpa in educando alla responsabilitàoggettiva, e ritorno

Ora, così come il dovere di vigilanza deve modellarsi in base all’età e algrado di maturazione del minore, allo stesso modo deve farsi con riguardo aldovere di educazione. Del resto, si è già visto nella Parte I di questo lavoroche alla concezione “statica”, che lo vedeva legato alla potestà, si va sosti-tuendo una concezione “dinamica”, in cui il dovere in questione, slegato dallapotestà e ricollegato unicamente ai doveri genitoriali ex artt. 30 Cost., 147 e315-bis c.c.391, si modella con l’evoluzione della personalità del minore, in undialogo continuo fra questi e il genitore.

Tale passaggio si nota non solo nella già esaminata giurisprudenza riguar-dante il dovere di educazione in sé, ma anche in quella relativa alla responsa-bilità ex art. 2048: diverse sentenze392 ricollegano il dovere di educazione allapotestà e, dunque, la responsabilità ex art. 2048 alla violazione dei doveri de-rivanti dall’esercizio della potestà stessa. Al contrario, parte della giurispru-denza393, e soprattutto quella più recente, contesta la correlazione fra potestàe dovere di educazione, collegando quest’ultimo, e dunque la responsabilitàex art. 2048, esclusivamente all’art. 147 c.c.: anzi, non solo al dovere di edu-cazione, ma anche al dovere di istruzione così come sancito, appunto, dall’art.147 (nel cui contenuto viene ricompreso il dovere di sorveglianza)394: in-somma, secondo questa impostazione, i doveri genitoriali finiscono per essereposti non solo nell’interesse dei figli, ma anche a salvaguardia dei terzi395.

391 cfr. Barbanera, cit., 203; Comporti, cit., 357392 v. Ferrante, cit. 222 s.393 ad esempio, Cass. 9556/2009, cit.. Cfr. altresì Ferrante, cit., 226394 v. Ferrante, cit., 226 ss.. Lo stesso Ferrante, cit., 230 s. critica però tale impostazione,

sottolineando come, in realtà, il dovere di educazione ex art. 147 sia più ampio di quello pre-supposto dall’art. 2048, in quanto riguardante pure il minore incapace

395 Facci, ultimo cit., 281. Cfr. altresì Fazio, cit., 19 ss., che riporta il chiaro insegnamentodi Cass. 15419/2004, secondo cui “in base alla previsione contenuta nell’art. 2048 cod. civ. intema di responsabilità dei genitori per danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore, suldanneggiato incombe solo l’onere di provare che il fatto illecito sia stato commesso dal minoreed il danno subito, mentre i genitori, per sottrarsi alla presunzione di responsabilità a loro carico,devono provare di non avere potuto impedire il fatto, intendendosi tale onere probatorio comeonere di fornire la positiva dimostrazione dell’osservanza dei precetti imposti dall’art. 147 cod.

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Da quanto detto, deriva che la prova liberatoria, per il genitore, divieneancor più gravosa, dato che non si limita alla dimostrazione di aver corretta-mente educato il minore, ma anche a quella di averlo correttamente istruito396:più precisamente, l’istruzione viene considerata una parte, e anzi, quella menorilevante, del complessivo dovere di educazione397, che comprende, invece,anche l’ “ammaestramento morale e civile”398 e, più in generale, l’intero si-stema educativo posto in essere dai genitori, in relazione anche alle condizionisociali e familiari399, per consentire al figlio di formare una personalità equili-brata400 e per introdurlo “alla corretta vita di relazione nel consorzio sociale”401.Sono dunque due i parametri per valutare l’adeguatezza dell’educazione im-partita: le condizioni sociali e ambientali della famiglia e l’indole e la perso-nalità del minore stesso402, con la conseguenza che, nel caso in cui il minore

civ. relativo ai doveri verso i figli, tra i quali quello di educare la prole”396 v. Ferrante, cit., 231 s.. Dunque, il semplice fatto di aver fatto impartire al figlio l’edu-

cazione scolastica obbligatoria non esime certo il genitore dalla responsabilità (Cass. 2329/1970,massima, in Bonvicini, cit., 662; Cass. 7459/1997, in Guida dir., 1997, 35, 32, con commentodi G. Giacalone)

397 v. Ferrante, cit., 232. Cfr. anche Patti, cit., 256398 v. Ferrante, cit., 233399 App. Roma, 3 luglio 1957, cit.; Cass. 3764/1969 (massima), in Bonvicini, cit., 658.

Cfr. altresì Alpa, cit., 669; Cocchi, cit., 1985; Facci, ultimo cit., 281; Ferrante, cit., 234 s.; Frac-con, ultimo cit., 530 s.; Salvi, cit., 135 s.; Zaccaria, cit., 1688

400 Trib. Milano, 16/12/2009, cit.401 v. Ferrante, cit., 237 s.. Cfr. anche Barbanera, cit., 217; Carusi – Gritti, ultimo cit.,

4011; Ferorelli, cit., 1352; Venchiarutti, Commento all’art. 2048, cit., 2073. In particolare, l’at-tività educativa da parte dei genitori dovrà tendere a far acquisire ai figli quel grado di maturitànecessario a vivere nella società: così, sono stati ritenuti responsabili i genitori per il compor-tamento del figlio che, con intento scherzoso, aveva scagliato una gomma contro il compagnodi classe, ritenendo che tale fatto dimostrasse, di per sé, “un’immatura sconsideratezza e unanon ancora acquisita coscienza della irrilevanza delle intenzioni sui risultati di un gesto ogget-tivamente violento” (Cass. 12501/2000, cit.). Tale educazione comprende sicuramente anchela sfera sessuale, da intendersi non tanto come insieme di nozioni tecniche, ma “come educa-zione al rispetto dell’altra/o, come educazione alla relazione non con altro corpo, ma con altrapersona” (Trib. Milano, 16/12/2009, cit.)

402 v., in dottrina, Alpa, ultimo cit., 672 s.; Alpa – Bessone – Zeno-Zencovich, cit., 338;Campione, ultimo cit., 636; Ferrante, cit., 238; Patti, cit., 270; Venchiarutti, La responsabilitàdei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit., 428 s.; in giurisprudenza, Cass.1701/1952 (massima), in Bonvicini, cit., 650; Cass. 7459/1997, cit.; Cass. 4481/2001, cit.; Cass.9556/2009, cit.. Tale tendenza, secondo Cipriani, ultimo cit., 79, appare volta soprattutto ad ov-viare al dilagante fenomeno del bullismo, ritenendo che un atteggiamento particolarmente severonei confronti del genitore rappresenti non soltanto una punizione diretta per quest’ultimo, ec-cessivamente tollerante verso il figlio, ma anche una punizione indiretta per il figlio stesso, inquanto il genitore sanzionato sarà a sua volta maggiormente propenso a punire il figlio

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abbia dimostrato un carattere particolarmente vivace, non basterà dimostraredi avergli impartito una “normale educazione” (o una “normale vigilanza”),ma sarà necessario che l’educazione (e la vigilanza) sia adeguata, per severità,metodo e costanza di azione, all’indole del minore403.

Questa impostazione non può che finire per negare, in pratica, ogni pos-sibilità, per i genitori, di liberarsi dalla responsabilità404: è la stessa commis-sione dell’illecito, “in mancanza di una concludente prova in contrario”405,a costituire la prova (in re ipsa) dell’inadeguatezza dell’educazione impartita406

403 App. Roma, 24/11/1972 (massima), in Bonvicini, cit., 661. Cfr. altresì Ferrante, cit.,240; Monateri, cit., 930 s.. Si sostiene, addirittura, che l’obbligo di educazione ricomprendain sé “un’attività di vigilanza sulla rispondenza del comportamento del minore e sui risultaticoncreti dell’attività educativa” (Cass. 12501/2000, cit.; cfr. anche Ferorelli, cit., 1355), daciò derivando un ulteriore inasprimento dell’onere della prova a carico dei genitori, chiamatia dimostrare non soltanto di aver correttamente educato il minore, ma anche di aver corretta-mente vigilato sull’apprendimento dell’educazione impartita. Inoltre, Cass. 18804/2009, inDir. fam. pers., 2009, 654 ss., precisa poi che: “L’educazione è fatta non solo di parole, maanche e soprattutto di comportamenti e di presenza accanto ai figli, a fronte di circostanzeche essi possono non essere in grado di capire o di affrontare equilibratamente”

404 Barbanera, cit., 218; Facci, ultimo cit., 283405 v. Ferrante, cit., 257. Cfr. anche Fazio, cit., 21406 Ovviamente, più grave è l’illecito commesso, più facile è l’operare della presunzione.

Così, Cass. 7270/2001, in Danno resp., 2001, 1211, sintesi a cura di A. Batà – A. Spirito, haritenuto che l’uccisione di due persone con colpi di pistola esplosi alle spalle, per giunta conun’arma clandestina, evidenzi la totale mancanza di valori morali, che certo non potrebbe con-siderarsi frutto di una buona educazione e che, perlomeno, avrebbe dovuto indurre i genitoriad una ben diversa vigilanza; analogamente, Trib. Milano, 16/12/2009, cit., in un caso di vio-lenza sessuale di gruppo (“Si intende dire che i fatti sottoposti alla valutazione di questo Tri-bunale sono tali da rendere palese che se messaggi educativi vi sono stati, non sono statiadeguati o non sono stati assimilati, sicché deve ritenersi che da parte dei genitori non sia stataprestata dovuta attenzione all’avvenuta assimilazione da parte dei figli dei valori trasmessi”)e Cass. 26200/2011, in Foro it., 2012, I, 448, in relazione ad un minore che, nel corso di unapartita di calcio, a gioco fermo, aveva colpito un avversario con una violenta testata alla bocca.Certo è che la giurisprudenza non sembra aver trovato dei criteri univoci: ce ne offrono un elo-quente esempio Cass. 5564/1984 e Cass. 3664/1985, nelle quali la stessa condotta (colpire unbambino con una fionda) commessa, in entrambi i casi, da un minore dell’età di dieci anni,non ha portato, nel primo caso, all’affermazione della responsabilità dei genitori, in base allasemplice considerazione che il figlio era “di buona indole”, mentre nel secondo caso, a distanzadi meno di un anno, è stata considerata di per sé rivelatrice di “una impropria educazione”(l’illuminante paragone fra le due pronunce è di Pardolesi – Dimattia, cit., 170 s.)

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(e della vigilanza esercitata), in una sorta di circolo vizioso407. Insomma, i ge-nitori non potranno certo esimersi da responsabilità affermando, generica-mente, di aver impartito una corretta educazione, di non aver mai ricevutolamentele da terzi per la condotta del figlio408, e nemmeno il fatto che questiabbia raggiunto buoni risultati scolastici409. Addirittura la Cassazione410 finisceper porsi “un problema ulteriore, costituito dalla possibile inesistenza di cir-costanze caratterizzate da un grado di specificità sufficiente a dimostrare chei genitori avevano impartito un’educazione adeguata all’indole temeraria ononcurante dell’altrui incolumità di cui le stesse modalità dell’accaduto siano

407 v. Campione, ultimo cit., 638 s.; Dogliotti, cit., 505; Ferorelli, cit., 1356; Ferrante,cit., 257 s., che sottolinea altresì come l’idea della prova in re ipsa, pur utilizzata anche perl’art. 2047, è stata applicata soprattutto con riferimento all’art. 2048; Giardina, La condizionegiuridica del minore, cit., 133 s.; Monateri, cit., 945; Oliva – Pizzetti, cit., 505; Patti, cit., 256e 271; Salvi, cit., 133; Venchiarutti, ultimo cit., 426; Id., Commento all’art. 2048, cit., 2063;Zaccaria, ultimo cit., 1688. In materia di circolazione stradale, è stato considerato sintomoinequivocabile dell’inadeguatezza dell’educazione impartita il fatto che il minore si sia postoalla guida, ad esempio, di una vespa 125, in palese violazione di legge, o anche di un veicoloprivo di assicurazione (Trib. Torino 941/1966, massima, in Bonvicini, cit., 654), o ancoraabbia adottato una guida spericolata (v. Ferrante, cit., 451 ss.). Più in generale, la giurispru-denza maggioritaria ha ritenuto che il conseguimento della patente non possa essere, di persé, prova dell’adempimento dei doveri di vigilanza ed educazione da parte dei genitori (App.Ancona, 18/09/1962, massima; Trib. Milano, 20/03/1970, massima; tutte in Bonvicini, cit.,652 ss.; più recentemente, Cass. 20322/2005, cit.). Nemmeno l’avviamento al lavoro può es-sere considerato, di per sé, prova dell’adeguato adempimento del dovere di educazione, po-tendo, al limite, valere ad escludere la presunzione di culpa in vigilando (Cass. 7459/1997,cit.; Cass. 9556/2009, cit.). Tuttavia, i suddetti elementi possono concorrere ad escludere laresponsabilità dei genitori ove siano presenti anche ulteriori risultanze istruttorie in tal senso(Cass. 4481/2001, cit.; cfr. altresì Cocchi, cit., 1983; Ferrante, cit., 452), ed è ben possibilededurre prova per testi anche relativamente ad aspetti come l’osservanza, in passato, delle re-gole di buon comportamento nella vita di relazione (cfr. Cass. 13062/1995, in Guida dir.,1996, 14, 70, massima di M. Finocchiaro). Ad ogni modo, la giurisprudenza (su cui v. Cocchi,cit., 1998) tende ad essere meno severa quando l’uso del veicolo è dettato da motivi necessario, comunque, meritevoli. Cfr. altresì, in dottrina, Chiarella, cit., 978 s.

408 v. Ferrante, cit., 239409 v. Campione, ultimo cit., 636 s.; Ferorelli, cit., 1356 s.; Ferrante, cit., 234 s., che ri-

porta, però, anche l’orientamento giurisprudenziale contrario, secondo il quale i proficui ri-sultati scolastici, uniti alla capacità di autogestione dimostrata, sono sufficienti per esimere igenitori dalla responsabilità. Anche Monateri, cit., 972 ritiene che il “timore del maestro è unottimo indice di buona educazione”, e quindi ben può essere sfruttato dai genitori per discol-parsi. Cfr. anche Ferrante, cit., 233 ss.

410 v. Facci, ultimo cit., 283 s., in nota

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inequivocabilmente sintomatiche”, per cui si arriva addirittura a rifiutare le ri-chieste istruttorie del genitore sulla base del convincimento che il giudice si ègià formato in base alle modalità stesse del fatto e si supera, così, lo stessodato normativo, che parla di una presunzione juris tantum e non juris et dejure411, rendendo di fatto impossibile ogni prova liberatoria412.

Insomma, il risultato è che tale responsabilità, che “nasce” per colpa413,finisce per “diventare”, nella prassi, oggettiva, a tutela di quei terzi danneggiatida un minore che, presumibilmente, in quanto coabitante coi genitori, non èdotato di un patrimonio proprio e, dunque, in assenza della previsione dell’art.2048, non sarebbe in grado di rifondere il danno414. Insomma, i genitori fini-scono per rispondere non per culpa, ma solo in virtù del loro status, con un si-stema analogo a quello di cui all’art. 2049415. Tale impostazione è strettamente

411 v. Barbanera, cit., 218; Carusi – Gritti, ultimo cit., 4012; Ferrante, cit., 259 ss.; Mon-tecchiari, cit., 290 s.

412 cfr. Ferrante, cit., 49 ss., che parla così di “responsabilità oggettiva di fatto”: la giu-risprudenza, sostiene l’Autore, continua a parlare di culpa ma, di fatto, appunto, finisce perprivare di ogni significato la prova liberatoria prevista nelle due norme. Cfr., ex multis, Cass.10357/2000, con commento di F. Di Ciommo, in Danno resp., 2001, 260, che appunto nonrinnega, formalmente, che la presunzione di colpa a carico dei genitori sia iuris tantum, maconvalida la scelta dei giudici di merito di non ritenere “concludente” la prova testimoniale,secondo cui il ragazzo era “ben educato”, ritenendo che, nel caso di specie, dalle modalitàstesse del fatto potesse desumersi l’inadeguatezza dell’educazione impartita. Contra (nel sensoche dalle modalità del fatto non può desumersi l’adeguatezza dell’educazione impartita), Cass.20322/2005 (cfr. infra)

413 cfr. Patti, cit., 268 s.414 E’ la teoria della “tasca profonda”. Cfr. Campione, cit., 640; Chiarella, cit., 979; Fe-

rorelli, cit., 1351 e 1355; Giardina, ultimo cit., 134; Greco, cit., 1400; Monateri, cit., 945;Patti, cit., 275

415 v. Barbanera, cit., 219; Facci, ultimo cit., 284 s.; Ferrante, cit., 265 s.; Giardina, ul-timo cit., 136; Salvi, cit., 133. In base a questa teoria il genitore, per esimersi dalla responsa-bilità, deve dimostrare che l’evento dannoso era, in base alle circostanze concrete, del tuttoimprevedibile e repentino (v. Ferrante, cit., 267) o, per usare l’espressione del Monateri (cit.,974), “si è posto in modo anomalo rispetto all’educazione e alla vigilanza umanamente esi-gibili dai genitori, cioè quando il fatto del minore non era ex ante internalizzabile da parte deigenitori stessi”. Ricordiamo che tale Autore usa sì le espressioni “tradizionali” culpa in edu-cando e in vigilando ma, come si è visto, le ritiene “semplici locuzioni riassuntive di rapporticomplessi” (cit., 971), in realtà del tutto svincolate dall’elemento della colpa. Del resto, lasua concezione, in base alla quale è ragionevole far gravare sui genitori i rischi per il com-portamento dei figli solo ove si rientri nell’ambito della prevedibilità, poiché solo così tali ri-schi sarebbero internalizzabili, ben si confà ad una visione essenzialmente oggettiva di taleresponsabilità, il cui unico, vero scopo sarebbe la tutela della posizione dei terzi. Cfr. altresì

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legata all’idea della famiglia come sistema gerarchico ed autoritario, caratte-rizzato dall’immunità per gli illeciti commessi al suo interno, e confermerebbe,a giudizio di parte della dottrina416, il fatto che la responsabilità dei genitorinon ha per fondamento i doveri di educazione e sorveglianza, ma, come si èdetto, lo stesso status genitoriale, poiché permane anche con il venir meno diuna concezione autoritaria della potestà417.

Certo è che, alla luce della chiara affermazione di un principio di respon-sabilità endofamiliare e, più in generale, di una concezione solidaristica e per-sonalistica della famiglia, un simile sistema appare particolarmente rigido eanacronistico, dal momento che i genitori non possiedono più gli strumenti dicui disponevano in passato per controllare i figli418.

Insomma, è sempre più evidente il contrasto fra una normativa partico-larmente rigorosa nei confronti dei genitori, nata in un periodo in cui essi ef-fettivamente avevano un significativo potere di controllo sui figli, e unatendenza a riconoscere ai figli spazi sempre maggiori di autonomia e, dunque,a privare i genitori stessi di quei poteri di controllo che giustificavano un si-stema rigoroso di responsabilità verso i terzi per il fatto dei figli419.

Montecchiari, ultimo cit., 302, secondo la quale “il rapporto di filiazione formalmente rico-nosciuto crea doveri inderogabili per i genitori, ma non possiamo escludere che qualunquerapporto di filiazione, ancorché non giuridicamente riconosciuto, crea una forma di respon-sabilità genitoriale che non può essere cancellata, poiché origina con la procreazione”: dunque,in tal senso, l’obbligo di mantenimento (e, più in generale, i doveri genitoriali) e la responsa-bilità ex art. 2048 sembrano prescindere dalla potestà, trovando le proprie “radici nell’affer-mazione di responsabilità per il solo fatto della procreazione, per il disposto dell’art. 30 Cost.,1° comma”

416 v. Alpa, cit., 667 s.; Facci, ultimo cit., 287417 Altra parte della dottrina, invece, si limita a constatare la discrasia tra un art. 2048

che, in base ad un’ormai vetusta concezione della potestà, presuppone un effettivo potere dicontrollo dei genitori sui figli e una concezione “moderna” della potestà, in cui tali poterisono ormai drasticamente ridotti (Patti, cit., 274)

418 v. Comporti, cit., 357 s.. Cfr. altresì Dogliotti, cit., 505 s.419 cfr., in particolare, Chiarella, cit., 982 s. e F. Esposito, Il commento a Cass.

9556/2009, cit., 1140 s.. Trib. Milano, 16/12/2009, cit., invece, pur non negando l’evoluzionedei rapporti familiari, ritiene che, comunque, resti il genitore colui che, più di ogni altro, puòesercitare un controllo sul figlio e che, dunque, deve internalizzare il rischio e garantire difronte ai terzi per gli eventuali illeciti del figlio stesso

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Si fa strada, così, un orientamento meno rigoroso, che riguarda i casi in cuil’illecito commesso non è particolarmente grave, e potrebbe, dunque, capitarea chiunque420: in tal caso, ai genitori, per esimersi dalla responsabilità, basta unaprova generica che dimostri l’adeguatezza dell’educazione impartita421.

Più in generale, una parte (ma, come si è visto, non la totalità) della giu-risprudenza tende ad escludere la responsabilità dei genitori (almeno, come siè visto, per culpa in vigilando) non solo nei casi di non illiceità del danno (e,dunque, di non ingiustizia dello stesso), ma anche quando il minore sia ormaiprossimo alla maggiore età e sia ormai da considerarsi “maturo”422.La stessa Suprema Corte si rende infatti conto che desumere, dalle modalitàstesse del fatto, l’inadeguatezza dell’educazione impartita finisce per rendereimpossibile la prova liberatoria423.

420 specie in materia di attività sportiva e di guida di ciclomotori (sebbene, come si èvisto, il mero conseguimento della patente non sia, di per sé, prova dell’adeguatezza dell’edu-cazione impartita): v. Facci, ultimo cit., 287; Montecchiari, cit., 291 ss.

421 v. Facci, ultimo cit., 290 s. e la già citata Cass. 4481/2001422 v. Chiarella, cit., 983; Facci, ultimo cit., 289 s.; Monatecchiari, ultimo cit., 282. Cfr.

anche Rescigno, cit., 697. Come si è visto, comunque, vi è ancora una parte (oltretutto mag-gioritaria) della giurisprudenza che non esclude la responsabilità dei genitori per il fatto deiccdd. grands enfants, e ciò, se si accetta la tesi della responsabilità per colpa, appare illogico,dal momento che, anzi, la maggioranza degli psicologi e dei pedagoghi sconsigliano di inter-venire a vigilare tali soggetti, in modo da garantire loro quegli spazi di libertà necessari permaturare e diventare indipendenti (v. Comporti, cit., 358): è chiaro, dunque, che, paradossal-mente, il genitore, per correttamente adempiere ai propri doveri ex artt. 147 e 315-bis c.c. neiconfronti del figlio prossimo alla maggiore età, dovrebbe riconoscergli ampi spazi di autono-mia, ma proprio da tali spazi di autonomia potrebbe derivargli una responsabilità ex art. 2048.Proprio per superare tale contraddizione, Cass. 4481/2001, cit., tenendo conto che l’educa-zione deve essere finalizzata a permettere al minore di raggiungere un sufficiente grado diautonomia, finisce per escludere la responsabilità dei genitori di un grand enfant che avevacausato un incidente con il motorino. Sul tema cfr. anche V. Carbone, Il commento a Cass.4481/2001, cit., 501

423 Cass. 4481/2001, cit.. Cfr. anche, in dottrina, Ferorelli, cit., 1357 s., che sottolineaaltresì come la valutazione sull’adeguatezza dell’educazione impartita debba essere fatta, dun-que, ex ante, e non ex post. Più in generale, alcune sentenze della Suprema Corte si muovonoanche nella direzione “speculare” a quella sopra esaminata, affermando che, talvolta, dallemodalità stesse del fatto non può desumersi l’inadeguatezza dell’educazione impartita (Fer-rante, cit., 262 ss.; Fraccon, cit., 535). Hanno così escluso la responsabilità dei genitori Cass.886/1952 (massima), in Bonvicini, cit., 650, secondo la quale, “[q]uando il giudice trovi negliatti elementi sufficienti per ritenere, in re ipsa, la impossibilità del genitore di impedire il fatto

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In sostanza, dunque, può dirsi che, a seconda della gravità dell’illecito,si assiste ad una differenziazione della natura della responsabilità: oggettivanel caso di fatto grave, per colpa nel caso di fatto “che può accadere a chiun-que”, in quanto l’illecito non è particolarmente grave o è stato commesso daun minore ormai prossimo alla maggiore età424.

illecito del figlio minore, egli può dichiararne la irresponsabilità indipendentemente dall’esple-tamento dei mezzi istruttori”; Cass. 4004/1957 (massima), in Bonvicini, cit., 650 s., nel casodi minore danneggiato dall’esplosione di una pistola giocattolo difettosa; Cass. 449/1973(massima), in Bonvicini, cit., 662, secondo la quale dalle modalità stesse del fatto possonodesumersi indizi della non colpevolezza dei genitori; Trib. Pistoia, 22/11/1962, cit., secondoil quale “[n]on si può ritenere che in una modesta famiglia operaia la normale educazionedebba spingersi fino ad un’illustrazione del codice della strada”. La giurisprudenza, comun-que, ha escluso che, dalle modalità stesse dell’illecito, possa desumersi l’adeguatezza del-l’educazione impartita (Cass. 20322/2005, cit.)

424 Chiarella, cit., 983; Facci, ultimo cit., 291 s.; Pardolesi – Dimattia, cit., 172 s.. Unsettore in cui la giurisprudenza tende ad essere particolarmente indulgente con i genitori è poiquello, come si è accennato, dei danni cagionati nel corso di attività sportive (v., anche peralcuni esempi, Pardolesi – Dimattia, cit., 171 ss.). Invece, si tende a riconoscere una respon-sabilità dei genitori anche nei casi di “grandi minori” laddove il fatto sia di particolare gravità(come un omicidio), ritenendo che, sebbene non sia ravvisabile una culpa in vigilando, datal’età del figlio, che certo non può essere vigilato costantemente, è certo ravvisabile una culpain educando, dato che un simile comportamento è sintomo evidente di un “fallimento educa-tivo”, rivelando un’incapacità di modulare gli istinti molto probabilmente dovuta ai compor-tamenti dei genitori (Cass. 18804/2009, cit.). G. Giacalone, La famiglia è esonerata da ogniresponsabilità solo se l’evento non poteva essere evitato, commento a Cass. 7459/1997, cit.,34 ss., distingue tra la tesi maggioritaria che, come si è visto, trasforma la prova negativa dinon aver potuto impedire il fatto in quella positiva di aver correttamente educato e sorvegliatoi figli e la tesi minoritaria (ma preferibile) in base alla quale “i doveri dei genitori sono valutatiin funzione dell’età, della maturità e delle abitudini dei figli e non vengono trasformati in ob-blighi di risultato”

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9. I limiti degli artt. 2047 e 2048

L’art. 2047 e l’art. 2048 hanno una rilevanza esclusivamente esterna alrapporto fra soggetto garante e minore, essendo volti ad agevolare i terzi dan-neggiati425. Di conseguenza essi non saranno applicabili, in primo luogo, nelcaso di danno cagionato dal minore al garante stesso, dal momento che questinon può considerarsi terzo426. Più discussa è, invece, la questione del dannoautoprocurato dal minore (o comunque subito dal minore) e del concorso del-l’incapace alla produzione del danno.

9.1. Il danno autoprocurato dal minore

Per quanto riguarda il primo caso, la questione era particolarmente con-troversa, specie con riferimento all’art. 2048427, prima che sul tema si pronun-ciassero le Sezioni Unite428. Parte della dottrina, della giurisprudenza dellaSuprema Corte e della giurisprudenza di merito429, infatti, sosteneva che l’art.2048 fosse applicabile anche in tal caso, ritenendo che la norma fosse finaliz-

425 Facci, ultimo cit., 257 s.; Monateri, cit., 932. Non vi è dubbio, invece, che l’art.2047 sia applicabile anche quando il danno è stato prodotto dal minore in concorso con altri(Monateri, cit., 933). Nel presente paragrafo, stante l’identità di ratio fra art. 2047 e 2048, siritiene di poter estendere all’uno le conclusioni che in dottrina e in giurisprudenza si sonoraggiunte con riferimento all’altro

426 v. Ferrante, cit., 139427 La giurisprudenza sull’art. 2047 si è comunque mossa sulla linea tracciata dalle Se-

zioni Unite del 2002 (Coppola, cit., 99)428 La questione, evidentemente, trova riscontro, in giurisprudenza, pressoché esclusi-

vamente nel caso di danno autocagionato dal minore nel tempo in cui si trova a scuola o, co-munque, sotto la sorveglianza (o vigilanza) di un terzo soggetto: nel caso in cui si trovi conil genitore, infatti, mancherebbe la trilateralità di interessi da tutelare (insegnante, genitore,figlio) che giustifica la problematica (Ferrante, cit., 374)

429 v., in dottrina, Ferrante, cit., 357 s.; in giurisprudenza, Cass. 260/1972 (massima),in Finocchiaro, cit., 878; Cass. 6331/1998, cit.; Trib. Messina, 28/11/2001, in Foro it. 2002,I, 602, con nota di F. Di Ciommo, che però nega la responsabilità dell’istituto scolastico, es-sendo stata dimostrata la liceità del fatto (in opposizione a quella giurisprudenza che sembravaprescindere dall’illiceità del fatto). Cfr. altresì, sul dibattito, Alpa, ultimo cit., 667 e Annun-ziata, cit., 248 s.

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zata non solo a evitare che i minori danneggiassero i terzi, ma anche che dan-neggiassero sé stessi. Un altro orientamento430, invece, propugnava la solu-zione opposta. Sulla questione si sono però pronunciate, appunto, le SezioniUnite, che, con la sentenza 27 giugno 2002, n. 9346431, seguita dalla giurispru-denza successiva432 e ribadita anche da un’altra pronuncia a Sezioni Unite, lan. 26972 del 2008433, hanno accolto quest’ultima tesi, ritenendo che quellacontraria postulerebbe “una radicale alterazione della struttura della norma,che delinea una responsabilità per fatto altrui […], laddove nel caso di auto-lesione il precettore sarebbe ritenuto direttamente responsabile verso l’alunnoper un fatto illecito proprio, consistente nel non aver impedito, violando l’ob-bligo di vigilanza, che venisse compiuta la condotta autolesiva”.

430 in giurisprudenza, App. Firenze, 17/04/1964 (massima), in Bonvicini, cit., 652; indottrina, Patti, cit., 258 s.. Cfr. altresì Ferrante, cit., 358 s. e Venchiarutti, Commento all’art.2047, cit., 2057 Sulla non applicabilità dell’art. 2047 al danno subito dall’incapace, Cass.2012/1967 (massima), in Bonvicini, cit., 647

431 v. Annunziata, cit., 249 s.; Campione, ultimo cit., 655 s.; Di Ciommo, ultimo cit.,135; Fazio, cit., 14 ss.; Ferrante, cit., 360 ss.; Menga, cit., 2293 s.

432 Cass. 11245/2003, massima in Cendon – Baldassari, cit., 2361; Cass. 12966/2005,sintetizzata da Di Ciommo, ultimo cit., 136 s.; Cass. 9906/2010, cit.; Trib. Bologna,23/09/2004, sintetizzata da Di Ciommo, ultimo cit., 136 s.. Cfr. anche Cocchi, cit., 1992 e DiCiommo, Il commento, cit., 263 s.

433 v. Felcioloni, cit., 54

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Oltretutto, mancherebbe la stessa ingiustizia del danno (dal momento chenon può considerarsi illecito il comportamento di chi rechi danno a sé stesso),necessario presupposto per l’applicabilità della norma434. Dopo tale sentenza,comunque, a livello probatorio ben poco è cambiato: infatti, la giurisprudenza435,seguendo la strada già tracciata dalla pronuncia di cui sopra436, pur nella con-vinzione della non applicabilità dell’art. 2048, ha ottenuto un effetto analogoall’inversione dell’onere della prova ex artt. 2047 e 2048 attraverso l’utilizzodello schema della responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), che la stessa pro-nuncia in oggetto richiama, dal momento che rientra, indubbiamente, fra gli ob-blighi dell’insegnante, quello di impedire agli allievi di autolesionarsi437.

434 v. Ferrante, cit., 361 s.. Cfr. anche Carusi – Gritti, Commento all’art. 2047, cit.,4008, con riferimento, appunto, all’art. 2047; Dogliotti, cit., 511; Facci, ultimo cit., 306 ss.

435 App. Roma 567/2007, in Guida dir., 2007, 14, 57, massima di S. Galdieri; Cass.24456/2005, massima in Cendon – Baldassari, cit., 2364; Cass. 9906/2010, cit.; Trib. Bologna,23/09/2004, cit.. Cfr. anche Cocchi, cit., 1992 e Di Ciommo, Il commento, cit., 263 s.. Contra,Trib. Bologna, 19/03/2004, sintetizzata da Di Ciommo, Responsabilità civile per illecito com-piuto da minori, cit., 135, che applica l’art. 2043 in un caso di autolesione dell’alunno nelcorso di una lezione di educazione fisica. In una posizione particolare si colloca Trib. Torino,09/06/2008, in Foro it., 2009, I, 931 ss., in cui si afferma che, una volta dimostrato che “la le-sione sia stata provocata da un paio di forbici che si trovavano nell’aula”, la circostanza, chenon era stato possibile chiarire nel corso dell’istruzione probatoria, se il minore si fosse auto-procurato la lesione o se fosse stato ferito dai compagni, si ritiene che “non influisca in mododeterminante sull’esistenza e sulla natura della responsabilità della scuola. Infatti, se a ferireN. è stato un altro bambino, che si è servito delle forbicine che stava utilizzando […], la scuolae il ministero convenuto devono rispondere (del fatto illecito di questo bambino, affidato allacustodia degli insegnanti) ai sensi dell’art. 2048 c.c. […]. Se, invece, N. si fosse procurato dasolo la lesione sussisterebbe una responsabilità, di natura extracontrattuale, per omessa vigi-lanza sul bambino […]. In ogni caso, e ad abundantiam, l’istituto scolastico dovrebbe rispon-dere a titolo contrattuale dei danni subiti dal minore. Ed invero, secondo il consolidatoorientamento della Suprema corte […] «nel caso di danno cagionato dall’alunno a sé stesso,la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensìcontrattuale»”. Ora, al di là della contraddizione di quanto affermato dalla Corte piemontese,per cui si afferma la responsabilità extracontrattuale della scuola per poi menzionare la giu-risprudenza della Cassazione che le nega tale natura, riconducendola esclusivamente nell’am-bito contrattuale, appare altresì piuttosto discutibile la scelta di applicare l’art. 2048 per glialunni di una scuola materna, quando la loro incapacità, stando alla già vista giurisprudenzaprevalente, dovrebbe essere in re ipsa, trattandosi di minori di età compresa fra i 3 e i 5 anni.Ad ogni modo, condivide la tesi del cumulo della responsabilità contrattuale ex art. 1218 edextracontrattuale ex art. 2043 Cass. 16947/2003, in Foro it., 2004, I, 426, con nota di F. DiCiommo

436 Ferrante, cit., 367, 377 s. e 418 ss., che sottolinea come l’art. 1218 sia stato applicatoin giurisprudenza non solo con riferimento all’art. 2048, ma anche all’art. 2047; Facci, ultimocit., 308 ss.

437 Annunziata, cit., 239; Chindemi, cit., 2143 ss.; Dogliotti, cit., 511 s.; Felcioloni, cit.,54 s., che sottolinea come il rapporto obbligatorio non si esaurisca nella mera prestazione,

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Più precisamente, nel caso dell’allievo, dice la Suprema Corte nella pronun-cia in oggetto, si parlerà di responsabilità contrattuale nei confronti dell’istitutoscolastico e di responsabilità per contatto sociale nei confronti dell’insegnante438,analogamente a quanto insegna la giurisprudenza in materia di responsabilità me-dica: dunque, l’attore dovrà dimostrare che il danno si è verificato durante lo svol-gimento del rapporto, mentre il convenuto dovrà fornire la prova che l’eventodannoso è stato determinato da una causa a lui non imputabile439.

ma comprenda una serie di obblighi ulteriori, fra cui i ccdd. “doveri di protezione”, la cui le-sione va regolata secondo lo stesso modello previsto per l’inadempimento, con ciò, fra l’altro,colmando il divario fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale; Monateri, cit., 951;Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d’arte, cit.,439. E’ da osservare che una pronuncia della Suprema Corte (su cui v. Ferrante, cit., 353 ss.),precedente alle S.U. del 2002, riteneva che l’art. 61, l. 312/1980, che limita la responsabilitàai soli casi di dolo o colpa grave, fosse applicabile anche al caso di autolesione dell’alunno.Oggi, dopo l’esclusione della possibilità di applicare gli artt. 2047 e 2048 al caso di autolesionein base alle S.U. del 2002, in realtà la conclusione già raggiunta sull’art. 61, l. 312/1980, ètuttora da tenere in considerazione, e ciò perché, se è esclusa l’applicabilità della presunzionedi cui agli artt. 2047 e 2048, non è certo esclusa la possibilità di ravvisare una responsabilità,tanto contrattuale quanto extracontrattuale, pur ex art. 2043, dell’istituto scolastico, pubblicoo privato che sia (v. Ferrante, cit., 373 s.)

438 in dottrina, Chindemi, cit., 2147; Felcioloni, cit., 55; in giurisprudenza, Cass.24456/2005, cit.; Cass. 5067/2010, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=10888 , connota di A. Cataluna, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=10983; Giudice di Pace Ce-rignola 1947/2010, cit.; Trib. Milano 5223/2009, cit.. Cfr. altresì Campione, ultimo cit., 656 s.

439 Trib. Bari 1667/2009, in Fam. dir., 2009, 1163 ss., con commento di R. Campione.E’ chiaro, ad ogni modo, che, alla luce delle normali regole processuali, nel caso in cui unaparte invochi in giudizio la responsabilità extracontrattuale dell’altra, sembrerebbe preferibilel’orientamento secondo il quale il giudice non possa porre a fondamento della propria deci-sione la responsabilità contrattuale ove manchi una domanda di parte in tal senso (Ferrante,cit., 420 s.). E’ pur vero, però, che l’orientamento prevalente della Cassazione sembra esserein senso contrario, per cui, in base al principio jura novit curia, “qualora la parte, pur dedu-cendo a fondamento della domanda risarcitoria che propone fatti che possono concretare in-differentemente responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, faccia riferimento alle normesulla responsabilità extracontrattuale, il riferimento deve ritenersi limitato alla qualificazionee non impedisce al Giudice di qualificare diversamente la domanda, purché rimangano inal-terati i fatti e non vengano in rilievo elementi di diversificazione della disciplina delle dueforme di responsabilità in relazione ai quali non si sia formato il contraddittorio” (v. Ferrante,cit., 422; cfr. altresì Trib. Milano 5223/2009, cit.). Cambia, ovviamente, il periodo di prescri-zione, da quinquennale a decennale (v. Ferrante, cit., 423 s.)

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E’ tuttavia interessante una recente sentenza del Tribunale di Napoli440,riguardante un caso di infortunio di un minore durante una lezione di educa-zione fisica, per cui l’attore aveva richiesto “il risarcimento del danno percolpa dell’istituto scolastico ai sensi dell’art. 2048 cod. civ. anche se, sulleorme dei recenti arresti della Corte di Cassazione, ha poi indicato il titolo diresponsabilità in quella contrattuale”. La Corte partenopea respinge la tesi at-torea, in base alla quale è sufficiente che l’infortunio sia avvenuto nel corsodella lezione di educazione fisica per farne derivare una responsabilità a caricodell’istituto scolastico, ritenendo invece che l’inadempimento vada “sempreprovato da parte di chi lo afferma, spettando al debitore la prova liberatoriache escluda che esso sia riconducibile a sua colpa”.

Nel caso di specie, ritiene così che la semplice circostanza che la lezionesi svolgesse non nella palestra, ma sulla vicina spiaggia libera, non sia decisiva,dato che non viene dimostrato che l’infortunio sarebbe comunque avvenuto,anche se la lezione si fosse svolta in palestra, e dunque non possa essere con-siderata, di per sé, rivelatrice dell’inadempimento degli obblighi di protezione.Da ciò non può che concludersi “per la mera accidentalità dell’infortunio”, equindi “escludere qualsiasi responsabilità del personale scolastico in ordinealla verificazione dell’evento”. In questo modo, dunque, il Tribunale di Napoli,almeno nel caso di autolesione dell’alunno, riesce a superare quel rigore giu-risprudenziale che, come si è visto, finiva per rendere di fatto impossibile ogniprova liberatoria per genitori ed insegnanti441.

440 Trib. Napoli 7109/2010, in Guida dir., 2010, 40, 20, con commenti di F. Martini eF. Bilotta

441 Per quanto riguarda, invece, il danno subito dal minore, la dottrina tende a escluderel’applicazione degli artt. 2047 e 2048 (Campione, ultimo cit., 604; Facci, ultimo cit., 258;Ferrante, cit., 377 s.; Monateri, cit., 932). Ciò ha come conseguenza quella di impedire chevenga ravvisato un concorso di colpa del genitore e che, quindi, venga limitato il ristoro pa-trimoniale dovuto dal terzo al minore o al genitore stesso (v. Ferrante, cit., 375)

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9.2. Il concorso dell’incapace danneggiato nella produzione del danno

Per quanto riguarda, poi (relativamente al solo art. 2047), la seconda que-stione, il problema che si pone è quello dell’applicabilità o meno dell’art. 1227c.c. (“Concorso del fatto colposo del creditore”), che recita: “Se il fatto colposodel creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito se-condo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”(1° comma). “Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbepotuto evitare usando l’ordinaria diligenza” (2° comma). Ora, la dottrina e lagiurisprudenza hanno prospettato entrambe le soluzioni. Secondo una primatesi, l’art. 1227 sarebbe applicabile poiché la soluzione contraria estenderebbein maniera abnorme il significato dell’art. 2046, dato che si finirebbe per af-fermare, del tutto iniquamente, un diritto della vittima ad essere risarcita perintero, anche quando la sua condotta fosse obiettivamente negligente, impru-dente o imperita, semplicemente perché incapace d’intendere e di volere.

Una seconda tesi, invece, nega l’applicabilità, dal momento che l’art.1227 fa esplicito riferimento alla colpa, legata all’imputabilità del soggetto edunque impossibile da ravvisare nei soggetti incapaci442. Sul punto sono in-tervenute le Sezioni Unite, con la sentenza del 17 febbraio 1964, n. 351443, se-guita poi da pressoché tutta la giurisprudenza successiva444, che ha accolto laprima delle due tesi sopra prospettate, ritenendo che “il principio della ridu-zione del risarcimento, in caso di danno unilaterale con la colpa concorrente

442 v. Bonvicini, cit., 636 s., che sostiene la prima tesi; Ferrante, cit., 140 ss.. A favoredell’applicabilità dell’art. 1227, Facci, ultimo cit., 247

443 su cui v. Bonvicini, cit., 636; Ferrante, cit., 143 ss.444 App. Lecce, 14/01/1967 (massima); App. Napoli, 08/01/1969; tutte in Bonvicini,

cit., 647 s.; Cass. 2704/2005, sintetizzata da Di Ciommo, ultimo cit., 138 ss.. Cfr. altresì Facci,ultimo cit., 258 s.; Ferrante, cit., 146 s., che precisa come, ovviamente, la diminuzione del ri-sarcimento in ragione del comportamento del danneggiato si estende anche ai congiunti cheagiscono per il risarcimento del danno “riflesso” su di loro. Altrettanto ovviamente, poi, ancheil concorso della responsabilità del sorvegliante stesso darà luogo ad una riduzione della re-sponsabilità del danneggiante, ma solo nei confronti del genitore-sorvegliante, e non nei con-fronti del minore, potendosi al più ravvisare una responsabilità concorsuale dei genitori neiconfronti del minore (v. Ferrante, cit., 148; Monateri, cit., 933)

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del danneggiato, costituisca applicazione logica del più generale principiodella graduazione della rispettiva efficienza delle colpe concorrente, ai finidella determinazione del quantum di danno di cui deve rispondere ciascunconcorrente”, effettuando la tesi contraria un’indebita assimilazione tra il casofortuito e il fatto dell’incapace.

Dunque, secondo l’impostazione della Suprema Corte, l’espressione“fatto colposo del creditore” “non va intesa nel senso che il legislatore abbiafatto riferimento necessario all’elemento subiettivo della colpa”, intesa insenso tecnico445, facendo piuttosto riferimento ad un comportamento del dan-neggiato contrastante “con norme positive e di comune prudenza”, non po-tendo certo ritenersi che sul danneggiante possa gravare una responsabilità“eccedente i limiti dell’efficienza causale della sua azione” e, comunque, nonpotendo essere il danno che taluno arreca a sé stesso446 posto a carico dell’au-tore della causa concorrente, anche per evitare un indebito arricchimento447.

445 Altrimenti avrebbe dovuto essere menzionato anche il dolo (v. Ferrante, cit., 145)446 che danno in senso giuridico non è (cfr. Cass. 2704/2005, cit.)447 Insomma, l’attuale tendenza è quella a intendere la colpa come deviazione dallo

standard di comportamento, indipendentemente dall’imputabilità del soggetto (Facci, ultimocit., 313; Monateri, cit., 260). Lo dimostra il fatto che, se in passato di regola si escludeva larisarcibilità del danno morale nel caso di fatto dannoso commesso da un soggetto non impu-tabile secondo la legge penale, attualmente, invece, si ritiene che la subordinazione della li-quidazione del danno morale alla sussistenza di un reato faccia riferimento alla previsione diun fatto astrattamente qualificabile come illecito penale, per cui, nel caso in cui l’autore delfatto sia non sia imputabile secondo la legge penale, il danno morale è comunque risarcibile,essendo ben diversa l’imputabilità rispetto all’accertamento della colpevolezza del fatto ma-teriale (Facci, ultimo cit., 246). La pronuncia esaminata nel corpo del testo non ha convinto,però, quella parte della dottrina che non condivideva né l’una né l’altra delle due tesi, ritenendoche il concorso del fatto dell’incapace nella produzione del danno ben potrebbe dar luogo aduna responsabilità a carico del sorvegliante ex art. 2047 (v. Ferrante, cit., 145)

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10. Il concorso di responsabilità fra soggetti

La fattispecie di cui all’art. 2048, come si è visto, prevede, contrariamentea quella di cui all’art. 2047, la responsabilità solidale dei soggetti di cui al 1°e al 2° comma con il minore448. Tale aspetto era di ancor maggiore rilevanzain passato, quando non solo la maggiore età si raggiungeva a 21 anni, ma co-munque era più frequente che il minore intraprendesse un’attività lavorativa,per cui, di regola, era dotato di un patrimonio personale: era così normale agirecontro di lui, oltre che contro il genitore, per il risarcimento del danno449, senzache il mero conseguimento della patente (o il fatto di intraprendere un’attivitàlavorativa) potesse equivalere ad una sorta di emancipazione di fatto450.

Per quanto riguarda, poi, il concorso fra la responsabilità del genitore equella del precettore, mentre in passato si riteneva che si escludessero a vi-cenda, con la conseguenza che non era considerato responsabile il genitoreper il tempo in cui il minore si trovava sotto la vigilanza del precettore, oggisi tende invece, dopo l’affermarsi dell’autonomia reciproca fra culpa in edu-cando e in vigilando, ad affermare la responsabilità solidale dei due soggetti,e più precisamente una responsabilità del genitore per culpa in educando con-corrente con la responsabilità del precettore per culpa in vigilando451.

448 Nell’atto di citazione in giudizio, dunque, sarà opportuno citare il genitore sia inproprio sia quale rappresentante legale del minore (v. Ferrante, cit., 460 s.). Bisogna comunqueprecisare che, a seconda della natura, oggettiva o meno, che si voglia dare alla responsabilitàex art. 2048 si avrà o meno la responsabilità dei genitori ex art. 2048: così, ove si accolga latesi che la responsabilità dei genitori derivi dall’inadempimento dei loro doveri di educazione,essi non potranno certo considerarsi responsabili, perlomeno ex art. 2048, del fatto imputabileal minore ma non derivante dal suo comportamento, come, ad esempio, quello provocato dallarovina di un edificio di proprietà del minore; viceversa, ove la si consideri di natura oggettiva,non vi saranno ragioni per escludere che i genitori debbano assolvere ad una funzione di ga-ranzia pure in tal caso (Montecchiari, cit., 284 s.). Cfr. altresì Venchiarutti, Commento all’art.2048, cit., 2066

449 cfr. Ferrante, cit., 279 ss.450 Monateri, cit., 949; Venchiarutti, ultimo cit., 2069451 Cass. 2132/1965 (massima) e Cass. 1056/1973 (massima), entrambe in Bonvicini,

cit., 664. Cfr. altresì, in dottrina Alpa, ultimo cit., 670 s.; Id., Responsabilità civile e danno,cit., 304; Barbanera, cit., 228 ss.; Cocchi, cit., 1994; Fazio, cit., 11 s.; Ferrante, cit., 282 ss.;Menga, cit., 2298, il quale precisa che sarà il giudice a ripartire percentualmente la colpa, edunque l’obbligo risarcitorio, tra i vari soggetti; Monateri, cit., 968; Venchiarutti, ultimo cit.,2071; Zaccaria, ultimo cit., 1688; in giurisprudenza, Cass. 12501/2000, cit.. Per quanto ri-guarda il caso del danno autoprocurato dal minore, vi sarà una ripartizione fra genitori e pre-cettore solo nel caso in cui tale danno sia in un rapporto causale con la mancata educazione(Chindemi, cit., 2154)

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A livello processuale, ciò si riverbera nel passaggio dall’inscindibilitàdella causa contro il genitore rispetto a quella contro il precettore alla situa-zione attuale, in cui il litisconsorzio è invece meramente eventuale452, con lapossibilità di un’azione di rivalsa nei rapporti interni fra i corresponsabili453.

E’ opportuno chiarire, tuttavia, che possono verificarsi non solo ipotesidi concorso di responsabilità solidale fra i soggetti di cui al 1° comma e quellidi cui al 2° comma454, ma eventualmente anche fra questi soggetti e altri, comead esempio, in caso di incidente stradale, il proprietario del veicolo ex art.2054 c.c. o, come si è visto sopra, il proprietario della scuola-guida ex art.2049455 (o ex art. 2054 in quanto proprietario del veicolo)456.

452 v. Campione, ultimo cit., 643; Di Ciommo, Il commento, cit., 264; Ferrante, cit.,287 ss.; Venchiarutti, La responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestrid’arte, cit., 403 ss., che evidenzia come il minore ormai prossimo alla maggiore età sia con-siderato responsabile al pari di un adulto, quello nella fascia tra i 12 e i 16 anni venga consi-derato responsabile o meno caso per caso, mentre si tende ad escludere un controllo sullacolpevolezza per il minore, pur capace, ancora in tenera età

453 v. Ferrante, cit., 289 ss.. E’ peraltro possibile la rivalsa di un genitore nei confrontidell’altro, dato che il danneggiato ben può citare solo uno dei genitori. Cocchi, cit., 1981 s.,peraltro, (discutibilmente) ritiene che il danneggiato possa rivolgersi a sua scelta ad un genitorepiuttosto che all’altro, a prescindere dall’effettiva responsabilità, rilevando poi l’assenza diculpa in vigilando o in educando esclusivamente nei rapporti interni fra i genitori, e quindisolo ove un genitore eserciti l’azione di regresso nei confronti dell’altro

454 cfr., però, Dogliotti, cit., 510, secondo cui “[n]on pare tuttavia che possa affermarsi,in tal caso, una responsabilità solidale; ammissibile peraltro appare l’azione di regresso degliinsegnanti (o maestri d’arte) nei confronti dei genitori o viceversa”

455 Il riferimento, in questo caso, all’art. 2049, in cui il proprietario della scuola-guidaè committente rispetto all’istruttore, è chiaramente diverso dal riferimento alla medesimanorma nel caso in cui sia il minore a svolgere attività lavorativa: in quest’ultimo caso, la giu-risprudenza della Suprema Corte (su cui v. Campione, ultimo cit., 663 e Ferrante, cit., 67 s.)sostiene che ben può esservi la responsabilità del committente senza che vi sia la responsabilitàdei genitori, essendo la responsabilità del datore di lavoro del tutto scollegata dalla colpa ebasata esclusivamente sul collegamento fra l’illecito e le mansioni svolte dal dipendente. Anzi,nella giurisprudenza di merito (su cui v. Cocchi, cit., 1997) si arriva addirittura a ritenere chela responsabilità dei genitori ex art. 2048 e quella del datore di lavoro ex art. 2049 siano fraloro incompatibili, nel senso che, “a cospetto del dovere di vigilanza del padrone e del com-mittente, viene a cessare l’obbligo del genitore di vigilare sul figlio minore non emancipato,essendo ovvio che l’attuazione di quest’ultimo dovere importerebbe un’intollerabile ingerenzadel genitore nel potere fondamentale di direzione dell’azienda che spetta al padrone ed alcommittente”. Cfr. altresì Zaccaria, cit., 1688

456 v. Ferrante, cit., 444 s.. E’ chiaro, comunque, che nella nozione di veicolo di cui al-l’art. 2054 non possa rientrare l’automobilina per bambini (v. Ferrante, cit., 445 s.)

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Nel caso dell’allievo di scuola-guida, la dottrina457 tende a differenziarel’allievo alle prime lezioni di guida (e del suo genitore) che, dovendo ancoraassumere le necessarie cognizioni tecnico-pratiche, non potrà considerarsi re-sponsabile, gravando tutta la responsabilità sull’istruttore458 (e quindi, ex artt.2049 o 2054, sul proprietario della scuola guida, v. supra), da colui che affrontil’esame di guida, in relazione al quale, addirittura, potrà del tutto escludersila responsabilità dell’istruttore, in quanto egli dovrebbe astenersi da un’attivitàche non è ancora in condizione di poter svolgere.

11. Casi particolari: la responsabilità dei genitori per le sanzioni ammi-nistrative

Un’ipotesi speciale di responsabilità dei genitori è poi data dalla l. 24 no-vembre 1981, n. 689, “Modifiche al sistema penale”, che, all’art. 2, prevedeche “non può essere assoggettato a sanzione amministrativa, chi al momentoin cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i diciotto anni o non aveva,in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere,salvo che lo stato di incapacità non derivi da sua colpa o sia stato da lui pre-ordinato” (1° comma). “Fuori dei casi previsti dall'ultima parte del precedentecomma, della violazione risponde chi era tenuto alla sorveglianza dell’inca-pace, salvo che provi di non aver potuto impedire il fatto” (2° comma).

457 v. Ferrante, cit., 446 ss.458 E’ chiaro che, nel caso dell’istruttore di scuola guida, l’attività di vigilanza gli sarà

stata delegata ex contractu. Viceversa, nel caso dell’istruttore ex art. 122 del codice dellastrada, l’attività di vigilanza risulterà accettata de facto. In quest’ultimo caso, ad ogni modo,in genere il problema non si porrà nemmeno, venendo a coincidere l’istruttore con il genitorestesso (v. Ferrante, cit., 449 s.)

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E’ evidente l’analogia tra le formule utilizzate negli artt. 2047 e 2048 e lanorma in oggetto. La differenza riguarda piuttosto le finalità: gli artt. 2047 e2048, infatti, mirano a permettere al danneggiato di agire (anche, nel casodell’art. 2048, o esclusivamente, nel caso dell’art. 2047) nei confronti di unsoggetto maggiormente solvibile rispetto al minore; viceversa, l’art. 2 dellalegga 689/1981 persegue una finalità preventiva, punendo i soggetti chiamatia rispondere, e ciò risulta, tra l’altro, dalla mancata previsione di un’azionedi regresso nei confronti dell’autore dell’illecito stesso459.

459 Facci, ultimo cit., 333; Ferrante, cit., 52 ss.; Montecchiari, ultimo cit., 278; Patti,cit., 283. Per quanto riguarda, poi, l’illecito penale commesso dai figli, è da notare che la di-sciplina in materia di processo minorile (d.P.R. 448/1988, cui ha fatto seguito il d.lgs.279/1989) prevede che i genitori debbano essere informati sull’inizio e sullo svolgimento delprocedimento penale a carico dei figli e debbano presentarsi all’udienza preliminare, colla-borando poi attivamente per il progetto di recupero sui figli stessi (v. Montecchiari, cit., 294).Per quanto riguarda, infine, caso in cui il minore, nel corso del giudizio, raggiunga la maggioreetà, il processo va interrotto nei confronti di tutte la parti; tuttavia, la costituzione in giudiziodel minore divenuto maggiorenne in corso di causa, se effettuata prima che il difensore delrappresentante legale del minore dichiari la perdita della capacità di stare in giudizio di que-st’ultimo, impedisce l’interruzione (Chindemi, cit., 2155 ss.)

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PARTE TERZA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI PER GLIINADEMPIMENTI CONTRATTUALI DEI FIGLI

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INTRODUZIONE

Se il legislatore ha, come si è detto, espressamente regolato la responsabi-lità dei genitori (e dei sorveglianti) per l’illecito extracontrattuale dei figli, nullaha previsto a proposito della responsabilità dei genitori per l’inadempimento diun’obbligazione contratta dal minore o dall’incapace. Anche la dottrina sul temaè quanto mai limitata, mancando del tutto, a quanto risulta a chi scrive, operemonografiche, ed esistendo soltanto o contributi specifici all’interno di operecollettanee460 o singoli e sparuti paragrafi in libri che affrontano temi più gene-rali, come quello della responsabilità in famiglia461.

Tali contributi, pur così quantitativamente limitati, affrontano un problemaquanto mai interessante, dalla cui analisi, in un lavoro come questo che pretendedi affrontare in maniera completa la tematica della responsabilità genitoriale,non ci si può esimere, prima di fornire un quadro della materia dal punto di vistadei sistemi giuridici sudamericani e di giungere alle conclusioni.

1. Responsabilità genitoriale in applicazione delle regole generali

Prima di esaminare i casi in cui sia eventualmente possibile ravvisare unaresponsabilità dei genitori in quanto tali, bisogna considerare alcune ipotesi incui una loro responsabilità è ravvisabile a prescindere dal legame di parentela.La prima ipotesi è quello del genitore che si avvalga del figlio minore, sia questia lui legato o meno da un rapporto di lavoro, per l’adempimento della propriaobbligazione. In tal caso, non vi sono dubbi sull’applicabilità dell’art. 1228, chenon distingue certo in base al grado di parentela fra i soggetti, nel caso in cui ilfiglio stesso adotti un comportamento doloso o colposo462.

460 B. Vacca, Responsabilità contrattuale dei genitori per gli inadempimenti contrattualidei figli, in P. Cendon (a cura di), Trattato della responsabilità civile e penale in famiglia, Vo-lume II, CEDAM, Padova 2004, 1363 ss.

461 Oberto, ultimo cit., 118 ss.462 Vacca, cit., 1365

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La seconda ipotesi è quella del minore che concluda un contratto ingene-rando nella controparte la convinzione che egli agisca in rappresentanza deigenitori, con o senza spendita del loro nome, in mancanza di un’espressa au-torizzazione. Ricorrendone i presupposti (apparente esistenza del potere dirappresentanza, colpa del rappresentato, assenza di colpa del terzo), il terzocontraente potrà avvalersi del principio di tutela dell’apparenza di diritto,agendo per l’adempimento contro i genitori, anche qui, non come tali, macome soggetti rappresentati dal figlio463.

2. Inadempimento contrattuale dei figli minori e incapaci

Passiamo ora alle ipotesi in cui i genitori rispondono dell’inadempimentodei figli minori o incapaci proprio in quanto genitori. Premesso che non esistononorme specifiche ed esplicite in materia464, l’art. 322 c.c., com’è noto, prevedel’annullabilità, su istanza del minore o del genitore (ma non della controparte),del contratto concluso o dal minore senza la debita assistenza del genitore o,nei casi di cui all’art. 320 c.c., senza l’autorizzazione del giudice tutelare o deltribunale. Dunque, il terzo creditore che voglia far valere l’inadempimento deldebitore dovrebbe agire secondo i criteri generali di cui all’art. 1218 c.c.465.

Ma quid juris per il caso, assolutamente non improbabile, in cui il minorenon disponga di redditi o patrimonio propri su cui il creditore possa far valerele proprie pretese?

L’unica soluzione avanzata in dottrina466 è quella di far derivare una re-sponsabilità dei genitori proprio dall’art. 322. Si sostiene, infatti, che i genitoriche non esercitino l’azione di annullamento prestino acquiescenza al rapportoobbligatorio, derivando da ciò una loro corresponsabilità.

463 Vacca, cit., 1371 s.464 v. Vacca, cit., 1364465 cfr. D. Poletti, L’inadempimento e la responsabilità, in Breccia – Bruscuglia – Bu-

snelli – Giardina – Giusti – Loi – Navarretta – Paladini – Poletti – Zana, Diritto Privato –Parte Prima, cit., 461 ss.

466 Vacca, cit., 1367

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Ma la stessa dottrina467 che propone tale possibilità non tace gli aspetti pro-blematici della stessa. Infatti, dall’art. 1426 c.c., il quale afferma che “la sem-plice dichiarazione”, fatta dal minore, “di essere maggiorenne non è di ostacoloall’impugnazione del contratto”468, può desumersi chiaramente un onere, perchi intenda stipulare un contratto, di verificare l’età della controparte.

Di conseguenza, appare difficile sostenere che colui il quale decida dinon adempiere a tale onere, anziché soggiacere alle eventuali conseguenzepregiudizievoli di ciò, possa farle ricadere su altri soggetti, estranei alla con-trattazione (i genitori). E soprattutto, in base all’art. 1442 c.c., i genitori, anchequalora non abbiano fatto valere l’azione di annullamento nel termine quin-quennale di prescrizione, potrebbero comunque resistere all’azione intentatacontro di loro con un’eccezione in tal senso, non essendo questa, invece, sot-toposta a termini di prescrizione469.

Potrebbe sostenersi invece l’applicabilità degli artt. 2047 e 2048 c.c., in-tendendo i concetti di “illecito” e di “danno” con riferimento non solo all’illecitoaquiliano, ma anche all’inadempimento contrattuale. E, in effetti, risalente giu-risprudenza470 ha ritenuto responsabili ex art. 2048 i genitori di un minore (mu-nito di patente) che aveva preso in locazione una vettura, in quanto “l’attivitàdel minore, consistente nell’uso dell’altrui autoveicolo, rientra nella sfera deldovere di sorveglianza del genitore”. Seguendo questa tesi, non vi sarebbe tantol’estensione del rapporto sul lato passivo anche ai genitori, ma il riconoscimentodell’esistenza di una situazione di responsabilità per fatto altrui471.

467 Vacca, cit., 1367 s.468 cfr. E. Navarretta, Attività giuridica, in Breccia – Bruscuglia – Busnelli – Giardina

– Giusti – Loi – Navarretta – Paladini – Poletti – Zana, ultimo cit., 337 s.469 cfr. Navarretta, cit., 337. Oberto, ultimo cit., 120 s. evidenzia però che la sanzione,

per il terzo contraente con il minore, già esiste, ed è data dall’invalidità di protezione, per cuinon sembra corretto sanzionarlo ulteriormente, addossandogli il rischio di inadempimento diun rapporto che il minore e il suo genitore hanno ritenuto conveniente, non proponendol’azione di annullamento, ma arrogandosi il diritto di non adempiere. Insomma, secondo taledottrina, escludere una responsabilità dei genitori finirebbe per configurare un’ingiustificabilederoga al principio pacta sunt servanda. Ma tale contro-obiezione non sembra reggere: infatti,si finirebbe per vanificare la possibilità di presentare l’eccezione di annullabilità dovuta allaminore età che, opportuna o meno, è espressamente sancita dal legislatore

470 v. Oberto, ultimo cit., 121471 Oberto, ultimo cit., 121

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Nel caso in cui, invece, il minore abbia occultato con raggiri la sua minoreetà, effettivamente sembra che la posizione del terzo contraente sia da tutelare.Tuttavia, in tal caso, dato che l’art. 1426 esclude l’annullabilità del contratto,non può certo ravvisarsi una responsabilità precontrattuale del minore per in-validità del contratto stesso472, e dunque, evidentemente, nemmeno una re-sponsabilità precontrattuale dei genitori.

In compenso, anche in questo caso, parte della dottrina473 ritiene che po-trebbero essere applicati gli artt. 2047 e 2048 nel caso in cui il minore risultasseinadempiente rispetto all’obbligazione contratta. In realtà, però, a giudizio dichi scrive, non sarà applicabile l’art. 2047, ma solo l’art. 2048: il fatto stessoche il minore ponga in essere dei raggiri tali da indurre in errore un adulto do-vrebbe essere indicativo della sua capacità di intendere e di volere474.

3. Inadempimento contrattuale dei figli maggiorenni non economica-mente indipendenti

Per quanto riguarda, poi, il caso del contratto concluso dal figlio maggio-renne convivente coi genitori e non economicamente indipendente, esso è per-fettamente valido e, nel caso del suo inadempimento, non può essere ravvisatain alcun modo una responsabilità legale dei genitori, in quanto l’obbligo dimantenimento (che, come si è visto, si può estendere ben al di là della mag-giore età) non può essere esteso fino a tal punto. Nemmeno gli artt. 2047 e2048 saranno invocabili, dato che, come si è visto, è assolutamente da esclu-dere una loro applicabilità ai figli maggiorenni conviventi coi genitori475.L’unica soluzione, dunque, per il terzo contraente sarà quella di richiedere aquesti ultimi specifiche garanzie476.

472 v. Vacca, cit., 1368 s.473 Oberto, cit., 122474 cfr. D. Palmieri, La responsabilità precontrattuale nella giurisprudenza, Giuffré,

Milano 1999, 171475 Oberto, cit., 123476 v. Vacca, cit., 1369 s.

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In assenza di tali garanzie, sarà eventualmente il genitore a volersi spon-taneamente accollare le conseguenze economiche dell’inadempimento del fi-glio, e in tal caso la prestazione eseguita sarà considerata adempimento diun’obbligazione naturale e, come tale, irripetibile ex art. 2034 c.c.477.

477 v. Vacca, cit., 1370 s.

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PARTE QUARTA

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN AMERICA MERIDIONALE

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PREMESSA

Come già accennato, nella Parte IV di questo lavoro si tenterà un esamedella problematica in questione dal punto di vista dei principali ordinamentisudamericani.

L’America Meridionale vede coesistere, da una parte, una certa dinamicitànella creazione di nuovi codici civili, sui quali il modello italiano del 1942 haavuto grande influenza, e, dall’altra, la perdurante vigenza di codici risalentiall’Ottocento, nei quali continua a vivere l’esperienza del Code Napoléon.Infatti, se in Paesi come il Perù e il Brasile i nuovi codici sono entrati in vigore,rispettivamente, nel 1984 e nel 2003, buona parte dei Paesi del continente è,da questo punto di vista, ferma a più di un secolo fa: in particolare, il codicecivile cileno (il cd. Código de Bello), modello di riferimento per molti Paesilatinoamericani, risale a 1857, quello uruguayano al 1868, quello argentino al1869478 e quello colombiano al 1887.

Se questa distinzione, dal punto di vista della responsabilità dei genitoriverso i figli (e, più in generale, della responsabilità endofamiliare), assumeun’importanza piuttosto ridotta, dal momento che, fra gli stessi Paesi di anticacodificazione, alcuni (in primis, l’Argentina) hanno dimostrato una particolareattenzione per il problema, mentre altri (come la Colombia) non sembranoessere molto avanzati da questo punto di vista, essa è invece fondamentale peril secondo profilo di responsabilità dei genitori che stiamo analizzando, ossiala responsabilità verso i terzi.

Infatti, è chiaro che, mentre i Paesi in cui sono tuttora in vigore i codiciottocenteschi presentano, in subjecta materia, una certa vicinanza (ma nonpriva di elementi di originalità) con il Code Napoléon, le nuove codificazionirecepiscono la tendenza all’oggettivazione di tale responsabilità. Ecco che al-lora, se già, parlando della giurisprudenza sulla responsabilità dei genitoriverso i terzi nel diritto interno, si è voluto tracciare una strada dalla culpa alla

478 Anche se nel 2012 è stato presentato un Anteproyecto de Código Civil y Comercial

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responsabilità oggettiva, e ritorno, nelle prossime pagine si vuole riproporre,in una dimensione comparatistica e su più larga scala, lo stesso schema, tra-sferito sul piano delle modifiche legislative. Nella Sezione I, infatti, il temaoggetto della presente indagine verrà esaminato dal punto di vista di alcuniordinamenti nei quali sono tuttora in vigore, pur ovviamente con alcune mo-difiche, i codici ottocenteschi (Cile, Uruguay, Argentina e Colombia), mentrenella Sezione II e nella Sezione III il problema della responsabilità genitorialeverrà affrontato dal punto di vista di alcuni dei codici più recenti (rispettiva-mente, del Perù e del Brasile), che propongono un modello oggettivo, salvovedere come in dottrina la portata innovativa di tale modello venga ridimen-sionata, con ciò avvicinando i vari sistemi e confermando, ancora una volta,l’intrinseca ambiguità della disciplina in materia479.

479 Ulteriore conferma di tale tendenza dottrinale e giurisprudenziale al ritorno verso laresponsabilità per colpa quando il testo normativo propone un modello di responsabilità ogget-tiva è data dai Fundamentos all’Anteproyecto de Código Civil y Comercial argentino del 2012,in cui si sente la necessità di precisare che, “[s]i la responsabilidad paterna es objetiva, seríacontradictorio que puedan probar los progenitores que aun habiendo colocado la máxima di-ligencia el hecho haya ocurrido, ya que precisamente la vigilancia es lo que debe primar. Esdecir, los padres no pueden liberarse con la prueba de la falta de culpa, sino con la ruptura delnexo causal: la prueba del hecho del damnificado, del tercero o el caso fortuito”.

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SEZIONE I

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN CILE, URUGUAY,ARGENTINA E COLOMBIA

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1. Una conferma sul rapporto fra potestà e doveri genitoriali e la diffe-renziazione dei rimedi tradizionali

Nella Parte I di questo lavoro, si è sottolineato come potestà e doveri ge-nitoriali si trovino non necessariamente in relazione fra loro (sebbene i rimeditradizionali alla violazione dei doveri genitoriali siano proprio quelli legatialla potestà). Il Código de Bello (in ciò seguito dal codice civile colombiano)ci dà una conferma di ciò, in quanto, discostandosi dalla tradizione romanisticae dalla maggior parte dei codici moderni, colloca in titoli distinti, con ciò evi-denziandone la reciproca indipendenza480, la cd. “autoridad paterna”, cioèl’insieme dei diritti e dei doveri personali (di cura, mantenimento, educazionee correzione) fra genitori e figli (“Titulo IX” del “Libro I”) e la potestà (“Ti-tulo X”), che è invece definita come “el conjunto de derechos y deberes quecorresponden al padre o a la madre sobre los bienes de sus hijos no emanci-pados” (art. 243 c.c. cileno)481.

480 cfr., nella dottrina colombiana, J. Parra Benítez, Derecho de familia, Temis, Bogotá2008, 474 e Idem, Manual de derecho civil – Personas, familia y derecho de menores, IV ed.,Temis, Bogotá 2002, 494

481 cfr. M. G. Monroy Cabra, Derecho de familia, infancia y adolescencia, XII ed., Li-brería Ediciones del Profesional, Bogotá 2009, 191. Nel diritto colombiano, la potestà vienedefinita come insieme di diritti, ma, come sottolinea R. Suárez Franco, Introducción al derechocivil, Temis, Bogotá 2008, 248, essa “ha evolucionado hasta convertirse en una institución“deber” radicada en la cabeza del padre y de la madre o de uno de ellos en beneficio delhijo, aunque sin desconocer ciertos derechos a los padres”

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Fra i codici da esso derivati, quello uruguayano e quello argentino, nellaversione attuale, si discostano dal modello, riconducendo alla potestà non solol’amministrazione sui beni dei figli, ma anche i rapporti personali fra questiultimi e i genitori482. Tale situazione si riflette sul piano delle sanzioni. I codicicivili cileno e colombiano, infatti, da una parte prevedono, nel caso in cui ildovere di correzione si risolva in un pericolo per la salute e lo sviluppo per-sonale del figlio, la possibilità, per il giudice, di adottare le misure opportune(art. 234, 2° comma, c.c. cileno e art. 265 c.c. colombiano), nonché, nel casodi abbandono del figlio o di incapacità morale, la cessazione dei diritti geni-toriali (artt. 238-239 c.c. cileno e artt. 266-267 c.c. colombiano)483; dall’altra,però, specificano che, in tali casi, termina anche la patria potestà (art. 310, 1°comma, c.c. colombiano e, implicitamente, art. 271, 1° comma, c.c. cileno).

482 Rispettivamente, essi definiscono la potestà come “el conjunto de derechos y debe-res que la ley atribuye a los padres en la persona y en los bienes de sus hijos menores deedad” (art. 252 c.c. uruguayano) e “el conjunto de deberes y derechos que corresponden alos padres sobre las personas y bienes de los hijos, para su protección y formación integral,desde la concepción de éstos y mientras sean menores de edad y no se hayan emancipado”(art. 264 c.c. argentino). Cfr., per l’Argentina, G. A. Bossert – E. A. Zannoni, Manual de de-recho de familia, VI ed., I ristampa, Buenos Aires 2005, 555 ss.. Sul significato della potestàe sul rapporto fra questa e i poteri di intervento dello Stato a difesa dei minori, nella dottrinaargentina (R. N. Rey – A. J. Rinessi, Responsabilidad civil por abandono, in Revista de De-recho de Daños, 2001, 2 [Daños en las relaciones de familia], 120 si precisa che “la CorteSuprema de Justicia de la Nación ha sostenido que el patronato del Estado sobre los menoreses siempre suppletorio, para afianzar y no para suplantar los vínculos que impone la naturaldependencia de los hijos respecto a sus padres. En cambio esiste otras opiniones que amplíanconsiderablemente las facultades del Estado en esta materia, afirmando que la potestad delEstado es eminente en el sentido de formar adecuadamente a los menores mediante su pro-tección, señalandose que debe cumplirse complimentando a la patria potestad, tutela o guardaque se ejerza respecto de cada uno de ellos o supliéndola cuando no existiere o fuere obstáculoinsuperabile para lograr esa adecuada formación”. L’Anteproyecto de Código Civil y Co-mercial del 2012 utilizza, al posto di “potestad”, la più moderna espressione “responsabilidadparental” (sulle ragioni di tale scelta, v. i Fundamentos dell’Anteproyecto alle pagg. 107 s.)

483 Bisogna però precisare che l’art. 271 c.c. cileno e l’art. 315 c.c. colombiano preve-dono, in tali casi, l’emancipazione del figlio, qualora l’esercizio della potestà non spetti adun’altra persona

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Prevedono poi, come rimedio al dolo o alla colpa grave nell’amministra-zione dei beni dei figli, una sentenza che obbliga il genitore inadempiente adabbandonare tale amministrazione (art. 257, 1° comma, c.c. cileno e art. 299 c.c.colombiano484). Invece, nei codici civili uruguayano ed argentino, il rimedio, adesempio, per l’attribuzione di una falsa paternità, l’inadempimento ai doveri ge-nitoriali, l’abbandono485, ai maltrattamenti o all’avvio alla mendicità del minore,sarà dato, semplicemente, dalla perdita, dalla limitazione o dalla sospensionedella potestà (artt. 285-286 c.c. uruguayano e 307 c.c. argentino486).

2. Altri rimedi per la violazione dei diritti dei figli

Accanto ai rimedi tradizionali, nei Paesi qui esaminati varie leggi speci-fiche contro la violenza in famiglia487 e i ccdd. “Códigos de la Infancia y laAdolescencia”488 ne hanno introdotti altri più efficaci, con lo scopo di assicu-rare il pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona489 e, in alcuni casi,prevedendo un vero e proprio risarcimento del danno o una sanzione pecu-niaria analoga a quella dell’art. 709-ter, 2° comma, n. 4), c.p.c. italiano.

484 cfr. I. A. Gómez, Elementos de derecho civil – General y Personas – Reformas yleyes complementarias – Jurisprudencia y doctrina actualizada – Tomo I, I ed., EdicionesDoctrina y Ley, Bogotá 2001, 346 s.

485 A proposito della nozione di abbandono vi è chi sostiene che non vi è abbandono“si el incumplimiento de los deberes se hace a sabiendas de que otro habrà de satisfacerlos”(tesi oggettiva) e chi, invece, “hace referencia al abandono unilateral, sin atender a que ob-jectivamente el menor pueda quedar bajo amparo de otras personas o instituciones” (tesisoggettiva), cfr., nella dottrina argentina, Rey – Rinessi, cit., 127

486 l’art. 301 c.c. argentino, poi, prevede un rimedio specifico, la perdita dell’ammini-strazione dei beni dei figli, per il caso di cattiva amministrazione da parte dei genitori (cfr.Bossert – Zannoni, cit., 585 ss.). Sul tema della perdita della potestà nel diritto argentino, con-fronta altresì Rey – Rinessi, cit., 119

487 in Uruguay, la Ley 17514/2002 (sulla violenza in famiglia in tale Paese, cfr. altresìM. C. Millán – M. Lazo Guadalupe – M. S. Impagliazzo – N. B. Cerviño – J. R. Furtado Ben-tancor, Violencia familiar. Un problema social encarado desde distintas disciplinas, in Revistauruguaya de derecho de familia, 8 (1993), 187 ss.) e, a Buenos Aires, la Ley 446/1998 (su cuiv. Bossert – Zannoni, cit., 624 ss.)

488 in Colombia, la Ley 1098/2006489 cfr. anche, nella dottrina colombiana, Parra Benítez, ultimo cit., 203

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In particolare, in Colombia, l’art. 4 della Ley 294/1996, come modificatodall’art.1, Ley 575/2000, stabilisce che qualsiasi persona vittima di un dannofisico o psichico, o di qualsiasi forma di aggressione, possa denunciare il fattoal Comisario de Familia, il quale adotterà una delle misure di cui all’art. 5, frale quali è previsto l’obbligo di pagamento delle spese mediche, psicologichee psichiche richieste dalla vittima490.

Inoltre, l’art. 89 della Ley 446/1998 ha previsto la possibilità, in caso dirischio o violenza familiare e di minaccia o violazione dei diritti fondamentalidei familiari, di adottare misure cautelari, il cui inadempimento sarà sanzionatocon una multa fino a dieci salari minimi a favore dell’Instituto Colombianode Bienestar Familiar491.

3. L’applicazione delle regole generali della responsabilità aquiliana al-l’interno della famiglia: i casi uruguayano e argentino

Nonostante ciò, già da un rapido esame della bibliografia in materia,emerge chiaramente come in Colombia la tematica della responsabilità endo-familiare sia praticamente inesistente, e lo stesso dicasi per il Cile.

Essa, viceversa, è stata sviluppata dalla giurisprudenza e, soprattutto, dalladottrina degli altri due Paesi sopra menzionati492 già a partire da una risalentesentenza, in Uruguay, del Tribunal de Apelaciones en lo Civil de SegundoTurno del 6 marzo 1989, che aveva riconosciuto il risarcimento del danno da

490 sul tema, Parra Benítez, ultimo cit., 228 ss.; Parra Benítez, Derecho de familia, cit., 80 s.491 Misure cautelari erano previste, altresì, dall’art. 454 del Proyecto de Código Civil del 1998492 prevedendo il risarcimento del danno nei casi di grave violazione dei doveri familiari

(cfr., nella dottrina argentina, J. Mosset Iturraspe, Los factores subjectivos de atribución dela responsabilidad en las relaciones familiares, in Revista de Derecho de Daños, 2001, 2[Daños en las relaciones de familia,] 11 s. e E. A. Sambrizzi, El reclamo a los padres de unaindemnización por enfermedades graves transmitidas genéticamente a los hijos, in La Ley,2006, F, 1249 ss., e in NL - Revista jurídica del Perú, 85 [2008], 316 s.)

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adulterio493 (anche se il progetto del codice civile argentino del 1998, cheesplicitamente, come si è detto nella Premessa, ammetteva il risarcimento deldanno nel diritto di famiglia494, è stato abbandonato495), per cui le prossimepagine saranno dedicate ad una rapida rassegna dei casi in cui è stato la re-sponsabilità aquiliana dei genitori nei confronti dei figli.

493 Tale sentenza, però, all’epoca, rimase isolata. Cfr., ad esempio, Juzgado Letrado deFamilia de 30° Turno, Ficha: D/91/90, Sentencia n. 88, in Revista uruguaya de derecho defamilia, 7 (1992), 47 ss., con nota di C. G. Mendieta, in cui si era negato il risarcimento ad unmarito tradito e al figlio, sulla base del fatto che, sebbene il primo avesse dimostrato la perditadi ben sette chilogrammi di peso, “no se alega siquiera, que haya sido necesario requerir delos servicios de médico o specialista alguno para sí mismo o su hijo […], no existe una solamención sobre una disminución en el rendimento laboral del actor, por ejemplo o la pérdidade consideración social, el daño a su vida de relación y parece entonces claro que debe exi-girse una prueba más categória para dar cabida a una reclamación como la impetrada” e,per quanto riguardava “la vida del niño que se ha visto afectada como curre en toda separa-ción lo ha sido lo menos posible sobre todo teniendo en cuenta que surge de autos y de losacordonados C/39/90, que ya desde hacía tiempo venía siendo atendido por personal domé-stico y por su padre. Siendo imposible atento a su corta etad que se viera afectado por eladulterio en sí (del que no puede tener conciencia cabal), sino por la separación, la cual esun derecho de ambos padres”

494 cfr. Medina, cit., 604. Inoltre, l’art. 1590 prevedeva delle “condenaciones pecunia-rias” sul modello delle “astreintes”

495 L’Anteproyecto de Código Civil y Comercial del 2012, invece, non prevede nulla diesplicito a proposito della responsabilità endofamiliare, ma soltanto a proposito della respon-sabilità esofamiliare (art. 1737). Tuttavia, i Fundamentos dell’Anteproyecto, precisando le ra-gioni che hanno indotto ad eliminare le causali soggettive del divorzio, afferma: “Los dañosque pueden ser indemnizados a través del sistema general de la responsabilidad civil sonaquellos que no tienen su causa en el vínculo matrimonial en sí mismo ni en los deberes quede él emanan, sino en la condición de persona. Se separa, así, lo relativo al vínculo matri-monial del derecho de daños” (pag. 77)

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3.1. La responsabilità per mancato adempimento degli obblighi genito-riali, per abbandono e per violenza familiare

Come si è visto a proposito del diritto italiano, il mancato adempimentodegli obblighi genitoriali può dar luogo al risarcimento dei danni. La dottrinaargentina conferma questa impostazione, anche se, mentre nel nostro ordina-mento la prova del danno, in questi casi, viene spesso considerata in re ipsa,o comunque facilmente dimostrabile con presunzioni, nel Paese sudamericanosi sottolinea la necessità di una prova particolarmente precisa. Così, in caso dimancato adempimento all’obbligo di mantenimento, è necessario dimostrareche, a causa della mancanza dell’apporto economico da parte dei genitori, ilminore è stato costretto a subire privazioni496, che danno luogo sia a danno pa-trimoniale che morale497.

In caso di abbandono, poi, cioè di omissione dell’assistenza fisica e morale,la giurisprudenza498 sottolinea che non vi è diritto al risarcimento laddove man-chi la prova di un danno alla vita sociale, o comunque la prova di mortificazionie mancanze. Nel caso di violenza familiare, invece, verrà risarcito il danno fisicoe psichico quando, ad esempio, essa provochi un timore irresistibile499.

496 C. A. Ghersi, Daños derivados del derecho de familia, in C. Weingarten, Manualde derecho de daños, La Ley, Buenos Aires 2010, 314

497 Ghersi, cit., 314498 cfr. Ghersi, cit., 316 s.499 Ghersi, cit., 318 s.

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3.2. La responsabilità per mancato riconoscimento del figlio

Un altro caso in cui può sorgere la responsabilità del genitore è quellodel mancato riconoscimento del figlio500.

Il punto di partenza è verificare se esiste un qualche dovere giuridico ariconoscere il figlio501. E’ vero che il riconoscimento è un atto personalissimoe volontario e, in quanto tale, non obbligatorio. Ma il minore ha un vero e pro-prio diritto, riconosciuto, fra l’altro, nei documenti internazionali in materiae, per quanto riguarda l’Argentina, nella Costituzione502 e nell’art. 254 c.c.503,a conoscere la propria origine biologica504.

Dunque, negare volontariamente di riconoscere una filiazione costituisce,senza dubbio, una condotta antigiuridica, a patto, ovviamente, come si è visto peril diritto italiano, che la mancanza di riconoscimento sia dolosa o colposa (cioè ilgenitore sappia, o abbia comunque un ragionevole dubbio, di essere tale)505.

500 cfr. anche, nella dottrina argentina, I. Hooft, Responsabilidad de los progenitorespor daños prenatales causados por accidentes, in in Revista de Derecho de Daños, 2001, 2(Daños en las relaciones de familia), 217. Legittimato all’azione sarà il figlio minore, rap-presentato dalla madre o dal tutore (Medina, cit., 163 ss.), o il figlio maggiorenne (Medina,cit., 165 e 184). La giurisprudenza, è divisa sul fatto che la madre, danneggiata indiretta, abbiao meno legittimazione per chiedere il risarcimento del danno morale, anche se certa dottrinasi è espressa in senso contrario, in nome della massima tutela dei diritti della personalità (Me-dina, cit., 167 ss. e 179 ss.). Non vi sono dubbi, invece, che essa possa chiedere il danno pa-trimoniale, quello psicologico e quello morale quale erede del figlio (Medina, cit., 170 ss.)

501 Si ritiene, invece, che non possa sorgere una responsabilità della madre per non averiniziato un’azione di accertamento giudiziale della paternità (Medina, cit., 156 ss.) e nemmenoche da ciò possa derivare una limitazione dei danni a carico del padre (Medina cit., 181 s.).Contra, v. Ghersi, cit., 312

502 cfr. Medina, cit., 177503 cfr. Ghersi, cit., 309504 cfr., nella dottrina uruguayana, E. Salaberry, Responsabilidad civil del padre por el

no reconocimiento voluntario del hijo natural, in Revista uruguaya de derecho de familia, 8(1993), 195 ss.

505 cfr., nella dottrina argentina, Medina, cit., 150 s.; nella dottrina uruguayana, Sala-berry, cit., 195 ss.,. Ovviamente viene escluso il risarcimento del danno laddove il genitore,per ragioni che oggi appaiono però difficilmente realizzabili in concreto, sia impossibilitatoa riconoscere il figlio (Medina, cit., 155 s.). Contrariamente a quanto avviene in Italia e inFrancia, in Argentina (Medina, cit., 161) si ritiene che nel caso in cui un marito abbia consa-pevolmente riconosciuto un figlio non suo non vi sia una responsabilità, eccetto “en el casode hijos de desaparecidos, en los cuales la filiación no sólo es ficticia sino que además en-cierra un delito”

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Vi sarà dunque, in tal caso, una violazione di un diritto della personalità,come quello all’identità personale506 e quello di essere riconosciuti come figlidi colui da cui si è stati concepiti507. Il danno, quindi, una volta dimostrato ilnesso di causalità con il mancato riconoscimento508, sarà così sia morale509,derivante dalla violazione del diritto all’uso del nome510 e alla collocazione inuna famiglia determinata511 (e ciò indipendentemente dall’inadempimento omeno al dovere di mantenimento materiale), ed eventualmente patrimoniale,derivante dalle carenze materiali prodotte dalla mancanza del padre512. Chiaramente, esso deve trovarsi in una relazione di causalità con il mancatoriconoscimento513.

506 cfr., nella dottrina argentina, Ghersi, cit., 311507 Ghersi, cit., 309508 cfr., nella dottrina argentina, Medina, cit., 154509 cfr., nella dottrina argentina, Ghersi, cit., 311; nella dottrina uruguayana, Salaberry,

cit., 195 ss.510 Ghersi, cit., 310511 Parte della dottrina sostiene che, nel caso dei figli “sin discernimiento”, essi non

possano sentire dolore o afflizione e, quindi, non possano subire un danno morale; altra partedella dottrina e la giurisprudenza, invece, giustamente sostengono che l’incapace è titolare didiritti non patrimoniali, la cui violazione deve essere riparata (Medina, cit., 165 ss.)

512 cfr., nella dottrina argentina, Medina, cit., 151 ss.; nella dottrina uruguayana, Sala-berry, cit., 195 ss.. E’ da notare che, contrariamente a quanto avviene per la violazione deidoveri genitoriali, in questo caso si ritiene che il danno morale sia in re ipsa, mentre quellomateriale può essere provato con ogni mezzo. Cfr., nella dottrina uruguayana, C. M. Berlan-gieri, El menor maltratado como sujeto de la acción de responsabilidad, in Revista uruguayade derecho de familia, 6 (1991), 121; nella dottrina argentina, Medina, cit., 172 ss. e 179 eGhersi, cit., 310; nella giurisprudenza argentina, Cámara de Apelaciones en lo Civil y Co-mercial de 2° Nominacion de Santiago del Estero, 09/10/2009, in La Ley NOA, 2010, 278 ss.,che precisa altresì che l’ “indemnización” ha natura risarcitoria e non punitiva, e TribunalColegiado de Familia nro. 4 de Rosario, 19/05/2005, cit., in La Ley, 2000, B, 837 ss. e in LaLey Litoral, 1999, 442 ss.

513 Medina, cit., 154

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3.3. La responsabilità dei genitori in caso di separazione e divorzio

Altri casi in cui è stato riconosciuto il diritto del figlio al risarcimento deldanno si possono verificare in occasione della separazione o del divorzio deigenitori. Infatti, l’art. 263 c.c. uruguayano, laddove prevede che “los hijos nopueden demandar a sus padres sino por sus intereses propios y previa licenciadel Juez, quien, al otorgarla, proveerá al hijo de curador ad litem”, è stato in-terpretato proprio nel senso di ricomprendere, nell’espressione “sus interesespropios”, anche il risarcimento del danno, specie in relazione a quelle patologiepsichiche gravi dovute proprio a tali eventi della vita familiare514.

In relazione, poi, ai rapporti fra genitori e figli dopo la separazione, l’art.264, 2° comma, c.c. argentino assicura, al genitore non affidatario, il diritto “detener adecuada comunicación con el hijo y de supervisar su educación”, attra-verso il diritto di visita515 (l’art. 178 c.c. uruguayano, invece, prevede solamenteil diritto a “vigilar su educación”). Come accade nel diritto italiano, si ritienecosì che il genitore ostacolato (con dolo o colpa) nei suoi rapporti con il figlio,e il figlio ostacolato nei rapporti col genitore, abbia diritto al risarcimento deldanno (in re ipsa)516, risarcimento che, peraltro, viene ad avere non solo l’abi-tuale funzione risarcitoria, ma anche preventiva e sanzionatoria517.

514 Berlangieri, cit., 113 ss., il quale ritiene che la violazione del diritto-dovere di visitasia da considerarsi un vero e proprio “abuso” e, come tale, rientrare nelle condotte per lequali l’art. 41, 2° comma, Cost. impone che “la ley dispondrá las medidas necesarias paraque la infancia y juventud sean protegidas”; C. García Mendieta, La responsabilidad extra-contractual en caso de divorcio, in Revista uruguaya de derecho de familia, 6 (1991), 159 ss.

515 cfr. Medina, cit., 591 s.516 Medina, cit., 601 ss.517 Medina, cit., 603 s.

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3.4. La responsabilità per mancato riconoscimento del figlio nato da fe-condazione eterologa e per danno genetico

Concludiamo questa rapida rassegna dei casi di responsabilità civile deigenitori verso i figli in Argentina e Uruguay con alcune problematiche più re-centi. La prima è quella del marito che abbia prestato il consenso all’insemina-zione eterologa e poi abbia omesso di riconoscere il figlio, oppure della moglieche si sia sottoposta a fecondazione assistita senza il consenso del marito (op-pure senza avere un partner o, ancora, in caso di fecondazione post-mortem).Pur in assenza di una regolamentazione specifica, si ritiene che anche in tal casovi sia il diritto al risarcimento del danno tanto per il coniuge quanto per il figlio,che si vedrà privato del rapporto di filiazione con uno dei genitori518. Per quantoriguarda, poi, il risarcimento del danno genetico, le posizioni divergono trafavorevoli, perlomeno nel caso in cui i genitori fossero a conoscenza dellapossibilità di trasmettere la malattia ai figli519, e contrari520 .

Ma vi è poi la tesi di F.A.M. Ferrer, il quale lascia intendere che il risar-cimento del danno non è dovuto nel caso, come quello esaminato dal Tribunaledi Piacenza nel 1950, in cui i genitori abbiano generato un figlio nella consa-pevolezza della possibilità di trasmettergli malattie genetiche attraverso unnormale rapporto sessuale, ed è invece dovuto nel caso di una malattia geneticatrasmessa attraverso la fecondazione assistita, “porque la procreación en estecaso no se produjo naturalmente en el ámbito de intimidad y libertad sexualde la pareja, sino a través de un procedimento técnico llevado a cabo por unequipo de profesionales”521.

518 Per il primo dei due casi esaminati, cfr., nella dottrina argentina, Medina, cit., 497s.; per il secondo, cfr. F. A. M. Ferrer, Responsabilidad por daños en la procreación modica-mente asistida, in Revista de Derecho de Daños, 2001, 2 (Daños en las relaciones de familia),209 ss.

519 cfr., nella dottrina argentina, cfr. Hooft, cit., 236 ss., che riconosce il concepito, atutti gli effetti, come “persona” e G. M. Villaverde, Daños congénitos. Responsabilidad civilde los padres, in La Ley, 2000, E, 1295 ss..

520 cfr., nella dottrina argentina, Sambrizzi, cit., in La Ley, 2006, F, 1249 ss., e in NL -Revista jurídica del Perú, 85 (2008), 317 ss., che ritiene che il riconoscimento di una simileforma di responsabilità finirebbe per rendere, paradossalmente, illeciti… i rapporti sessualifra coniugi portatori di malattie genetiche e porterebbe alla giustificazione della sterilizzazionedi massa di migliaia di persone

521 Ferrer, cit., 206 s.

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4. La responsabilità per il fatto del minore incapace: gli artt. 2319 c.c.cileno, 2346 c.c. colombiano e 1320 c.c. uruguayano

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità verso terzi, andremo ad esa-minare dapprima la disciplina prevista nei codici civili cileno, colombiano euruguayano, e successivamente quella del codice argentino.

Mentre il nostro ordinamento lascia alla prudenza del giudice la determi-nazione della capacità o meno del minore, gli artt. 2319, 1° comma, c.c. ci-leno, l’art. 2346 c.c. colombiano e l’art. 1320 c.c. uruguayano fissano il primoa sette e il secondo e il terzo a dieci anni l’età al di sotto della quale si è con-siderati civilmente irresponsabili, prevedendo poi il solo art. 2319, 1° comma,c.c. cileno la possibilità, per il giudice, di determinare l’assenza di “discerni-miento”. In questi casi, sono responsabili “las personas a cuyo cargo estén,si pudiere imputárseles negligencia”522.E’ evidente la differenza tra la formulaqui utilizzata e quella presente nel nostro codice: se in entrambi i casi la re-sponsabilità per il sorvegliante deriverà da una colpa nell’adempimento delsuo obbligo di vigilanza, tale colpa, che in Italia viene presunta, in Cile, Co-lombia e Uruguay andrà provata dal danneggiato523.

522 nella dottrina colombiana, J. Martínez Rave – C. Martínez Tamayo, Responsabilidadcivil extracontractual, XI ed., Temis, Bogotá 2003, 104 sostengono che il civilmente respon-sabile risponde in presenza, semplicemente, di un fatto dannoso, a prescindere dal fatto chesia anche illecito. Sulla stessa linea, A. Torres Acosta, La responsabilidad civil por el hechoajeno, in Revista de Derecho Privado, 5 (2000), 126, secondo la quale non è necessaria laprova della colpa del minore. Tale posizione non appare condivisibile, ed infatti autori comeJ. Tamayo Jaramillo, Tratado de Responsabilidad Civil – Tomo I, II ed., V ristampa (2010),Legis, Bogotá – México D.F. – Buenos Aires – Caracas – Lima – Santiago 2007, 683 ss. pro-pongono una soluzione analoga a quella che abbiamo visto a proposito dell’art. 2047 c.c. ita-liano

523 cfr., nella dottrina colombiana, Torres Acosta, cit., 125

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5. La responsabilità per il fatto delle persone “que estuvieren a su cuidado”: gli artt. 2320 c.c. cileno, 2347 c.c. colombiano e 1324 c.c. uruguayano

Per quanto riguarda, poi, il caso del minore capace, agli artt. 2320 c.c.cileno, 2347 c.c. colombiano e 1324 c.c.uruguayano, contrariamente al pre-cedente dell’art. 1384 del Code Napoléon, consacrano un principio generaledi responsabilità per il fatto della persona che si tenga “a su cuidado”524.

Infatti, l’elenco dei soggetti responsabili (genitori525 conviventi, tutori,curatori, direttori di scuole e maestri d’arte526) viene considerato unanime-mente esemplificativo e non tassativo527, per cui saranno considerate respon-

524 cfr., nella dottrina cilena, E. Barros Bourie, Tratado de la responsabilidad extra-contractual, Editorial Jurídica de Chile, Santiago de Chile 2010, 173 e R. Veas Pizarro, De laresponsabilidad extracontractual indirecta, Metropolitana Ediciones, Santiago de Chile 1999,359 e, nella dottrina colombiana, L. F. Bohórquez Botero – J. I. Bohórquez Botero, Diccio-nario Jurídico Colombiano – Tomo II – M-Z, VIII ed., Editora Jurídica Nacional, Bogotá2009, 2303

525 compresi i genitori naturali e adottivi, e ciò non soltanto perché essi hanno gli stessidoveri dei genitori legittimi, ma anche perché i codici cileno e colombiano parlano della“madre” e non, come il Code Napoléon, della “mère après le décès du mari” (cfr., per il di-ritto cileno, Veas Pizarro, cit., 351 ss. e, per il diritto colombiano, Martínez Rave – MartínezTamayo, cit., 106 s. e Tamayo Jaramillo, cit., 713 s.). E’ da notare, però, che la responsabilitàdella madre, nel codice cileno, è alternativa, e non cumulativa, a quella del padre (Veas Pizarro,cit., 349). La norma, invece, in tutta evidenza non si applica al nuovo marito della madre oalla nuova moglie del padre, perché i figli del partner, evidentemente, non sono i propri (cfr.,nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 356 s.)

526 Si ritiene che non sia possibile un cumulo di responsabilità per difetto di vigilanzasul minore fra i genitori e gli altri soggetti di cui agli artt. 2320 c.c. cileno, 2347 c.c. colom-biano e 1324 c.c. uruguayano, in quanto, mentre il minore si trova a scuola o al lavoro, sarà“bajo el cuidado” non dei genitori, ma degli altri soggetti elencati dalle norme (cfr., nelladottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 693 ss. e 734 s.). Nella dottrina cilena, Veas Pi-zarro, cit., 372, invece, distingue il caso in cui il minore, pur lavoratore, si trovi sotto la vigi-lanza dei genitori, nel qual caso solo questi ultimi saranno responsabili, dal caso in cui, invece,si trovi sotto la vigilanza del datore del lavoro, nel qual caso sarà responsabile solo quest’ul-timo e non i genitori

527 cfr., per il diritto cileno, Barros Bourie, cit., 174; P. Rodriguez Grez, Responsabilidadextracontractual, Editorial Jurídica de Chile 2009, 213; Veas Pizarro, cit., 239 e, per il dirittocolombiano, R. Emiliani Román, Curso Razonado de las Obligaciones – Tomo II – Segunday Tercera Parte – Fuentes involuntarias, y efectos, modalidades y extinción de las obligacio-nes, Universidad Sergio Arboleda, Bogotá 2001, 472 s.; Martínez Rave – Martínez Tamayo,cit., 102 s.; Tamayo Jaramillo, cit., 670 ss.; A. Tamayo Lombana, Manual de obligaciones -La responsabilidad civil. Fuente de obligaciones, Temis, Bogotá 1998, 99; Torres Acosta, cit.,124; O. Velásquez Posada, Responsabilidad civil extracontractual, Universidad de La Sabana– Temis, Bogotá 2009, 495 s.

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sabili anche quelle persone che, in base a un’obbligazione legale o contrat-tuale528, abbiano cura del minore529 (mentre deve ritenersi che la presunzionede qua non operi nei confronti di chi si occupi del minore a prescindere da unobbligo giuridico in tal senso, ad esempio per semplice spirito di caritá530), “sicon la autoridad y el cuidado que su respectiva calidad les confiere y pre-scribe531, no hubieren podido impedir el hecho”.

In questi casi, contrariamente a quanto si è visto in relazione agli artt.2319 c.c. cileno, 2346 c.c. colombiano e 1320 c.c. uruguayano, e analoga-mente, invece, al modello napoleonico, vi sarà a carico dei soggetti in que-stione una presunzione di colpa juris tantum532, per cui spetterà a loro stessiprovarne l’assenza533.

528 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 329 ss. e, nella dottrina colombiana, Ve-lásquez Posada, cit., 498 ss.

529 Per quanto riguarda il genitore del soggetto maggiorenne incapace legale, egli saràresponsabile “de acuerdo con el artículo 2347 del Código Civil, pero no ya por su calidad depadre, sino por la calidad de respresentante legal que de todas formas le impone la obligaciónde cuidar de su hijo incapaz” (Tamayo Jaramillo, cit., 718)

530 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 670 ss.531 E’ da notare che, mentre nel nostro codice vi sono articoli differenti a seconda del

soggetto materiale del fatto dannoso, nei codici cileno e colombiano vi è un’unica norma, percui è l’espressione “con la autoridad y el cuidado que su respectiva calidad les confiere yprescribe” a far sì che la responsabilità di ciascuno dei soggetti civilmente responsabili variia seconda di quella che è l’autorità e la custodia che devono esercitare sul sottoposto (cfr. Ve-lásquez Posada, cit., 500)

532 cfr., per il diritto cileno, Veas Pizarro, cit., 261 e 294; per il diritto colombiano, indottrina, Martínez Rave – Martínez Tamayo, cit., 105 e Torres Acosta, cit., 125 e, in giuri-sprudenza, Tribunal Superior de Medellín, Sentencia 31 mayo 1975, in D. Preciado Agudelo,Indemnización de prejuicios – Jurisprudencia de la Corte Suprema de Justicia y del Consejode Estado – Responsabilidad Civil Contractual, Extracontractual y Delictual – Tomo II, IIIed., Librería Ediciones del Profesional, Bogotá 2004; per il diritto uruguayano, G. OrdoquiCastilla, Responsabilidad civil de los padres por los daños causados por sus hijos menores,in Revista uruguaya de derecho de familia, 7 [1992], 142. E’ da notare che la presunzione exart. 2347 c.c. colombiano non opera nel caso in cui il soggetto non sia propriamente terzo,ma controparte contrattuale del genitore: così, nel caso in cui il genitore abbia un obbligo con-trattuale di trasportare un’altra persona e incarichi il figlio di guidare il veicolo, varranno leregole della responsabilità contrattuale (Tamayo Jaramillo, cit., 734)

533 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 172 s., 266 e 292 ss.

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Si osservi che, così come nel codice napoleonico e nel diritto italiano, nelcaso dei genitori essi risponderanno solo ove siano conviventi con il figlio (che,nella disciplina del codice uruguayano, inoltre, non deve essere emancipato).La dottrina più antica ha interpretato letteralmente tale requisito, ma in seguitoall’evoluzione sociale si è fatta strada un’interpretazione estensiva, per cui igenitori continuano ad essere responsabili per i figli laddove continuino adavere, di fatto, la possibilità di vigilarli534.

In particolare, per quanto riguarda il caso della separazione di fatto fragenitori e figli, se essa ha un motivo legittimo535, la presunzione ex artt. 2320c.c. cileno, 2347 c.c. colombiano e 1324 c.c. uruguayano senza dubbio nonopera, ma si ritiene536 che essa non operi nemmeno in caso di motivo illegit-timo. Secondo la migliore dottrina, comunque, l’autorizzazione al minore, daparte del genitore, a vivere fuori dalla casa familiare è sufficiente per far venirmeno la presunzione de qua, non essendo necessario l’affidamento dellostesso ad altri soggetti, che sostituiscano i genitori quali responsabili537.

In ogni caso, il genitore può comunque essere considerato responsabilesecondo la regola generale della responsabilità extracontrattuale di cui agliartt. 2314 c.c. cileno538, 2341 c.c. colombiano e 1319 c.c. uruguayano, oppure,per carenze educative, ex artt. 2321 c.c. cileno e 2348 c.c. colombiano (nonesiste, invece, una norma analoga nel codice civile uruguayano). Per quantoriguarda, poi, la prova liberatoria, secondo l’art. 2320, ultimo comma, c.c. ci-leno e l’art. 2347, ultimo comma, c.c. colombiano essa consiste nella dimo-strazione di non aver potuto impedire il fatto (formula analoga a quellapresente nel nostro codice civile), mentre secondo l’art.1324, ultimo comma,c.c. uruguayano, è necessario che i genitori dimostrino di aver impiegato “toda

534 cfr., nella dottrina cilena, Barros Bourie, cit., 174 e Veas Pizarro, cit., 364 e, nelladottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 724 ss. e Velásquez Posada, cit., 498

535 ad esempio, per ragioni di studio, lavoro, servizio militare o vacanze presso parentidel minore, così come per ragioni di lavoro o di salute del genitore (cfr., nella dottrina cilena,Veas Pizarro, cit., 365 s.)

536 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 727 ss.; Torres Acosta, cit., 126537 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 368 s.538 Veas Pizarro, cit., 369, secondo cui, pur in presenza di un motivo legittimo per la

fine della coabitazione, permane comunque la responsabilità dei genitori “en la medida queno tubiere hecho efectivo ese poco de autoridad que podian ejercer” (pag. 365)

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la diligencia de un buen padre de familia para prevenir el daño” (art. 1324,6° comma). Ma in tutti e tre i casi, comunque, nonostante la diversità dellalettera normativa, essa si realizza nella prova positiva di aver adottato, nel casoconcreto539, in relazione all’ambiente, alle condizioni sociali e al grado di ma-turità del minore540, la diligenza e l’attenzione adeguate per evitare la produ-zione del danno, che possono anche consistere, semplicemente, nelladimostrazione di aver proibito al minore di svolgere una certa attività ma chequesti, disobbediendo, l’abbia poi svolta541. Inoltre, i genitori potranno andareesenti da responsabilità qualora dimostrino che la mancanza di vigilanza sia do-vuta all’impossibilità materiale o economica di trovare un sostituto quando sonoassenti, ad esempio per motivi di lavoro542 o, comunque, ai margini di libertàche ragionevolmente i genitori possono (e debbono) lasciare ai figli543.

Giova sottolineare che nella responsabilità del sorvegliante di cui agli artt.2319 c.c. cileno, 2346 c.c. colombiano e 1320 c.c. uruguayano manca il fattoillecito dell’incapace, quindi l’illecito viene commesso esclusivamente dal sor-

539 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 377 e, nella giurisprudenza colombiana,Corte Suprema de Justicia, Sala de Casación Civil y Agraria, Sentencia 22 mayo 2000, chegiustamente ha affermato: “La labor de quien deba acreditar la observancia de ese deber ju-rídico concreto de vigilancia no consiste en demostrar ser un “buen padre de familia”, sinoen haber cumplido ese deber en el momento en que el evento dañoso acaece”, e ha precisatoche, sebbene l’evoluzione dei costumi sociali faccia sì che non si possa (e non si debba) ri-chiedere una vigilanza “permanente” sul figlio da parte del genitore, questi dovrà comunquerispondere dell’illecito commesso dal figlio qualora gli conceda l’esercizio di attività perico-lose (come la guida di un veicolo, per la quale, in particolare, il genitore sarà oggettivamenteresponsabile ex art. 261 del Código Nacional de Transito)

540 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 382541 cfr., nella dottrina colombiana, Bohórquez Botero – Bohórquez Botero, cit., 2302;

Tamayo Jaramillo, cit., 697 ss. e 736 s.. Più rigida la dottrina cilena (Veas Pizarro, cit., 381),secondo cui i genitori non potranno andare esenti da responsabilità semplicemente impartendoun ordine o un divieto al figlio, specialmente se era prevedibile che il figlio avrebbe disobbe-dito all’ordine ricevuto

542 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 737. Più rigida, anche qui,l’interpretazione della dottrina cilena (Veas Pizarro, cit., 376 e 380), secondo cui un padreche non può esercitare una concreta vigilanza sul figlio per ragioni di lavoro o di malattiadovrà, se prudente, adottare le precauzioni convenienti perché il figlio sia adeguatamente vi-gilando e, non facendolo, evidentemente non ha fatto tutto il possibile per evitare il danno

543 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 382 e, nella dottrina colombiana, TamayoJaramillo, cit., 737 s.. Nella giurisprudenza colombiana, Tribunal Superior del Distrito Judi-cial de Cundinamarca, Sala Civil, Familia y Agraria, Sentencia 14 noviembre 2008, inedita,precisa che “no se quiere decir que el padre debe estar pendiente de cada movimiento de suhijo, ya que esto seria imposible, pero si se debe exigir al padre que este atento a las activi-dades que realiza el menor, hasta el punto de corregirlo o recordarle la prudencia con que sedebe practicar la actividad”

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vegliante stesso con la sua negligenza544, e solo questi sarà tenuto al risarci-mento545; viceversa, nel caso di cui agli artt. 2320 c.c. cileno, 2348 c.c. colom-biano e 1324 c.c. uruguayano, chi commette l’illecito è capace e ne rispondeverso il danneggiato in solido546 con un’altra persona, che avrà possibilità di ri-valsa (totale) su di lui (artt. 2325 c.c. cileno, 2352 c.c. colombiano e 1326 c.c.uruguayano)547, a patto che il fatto illecito non sia stato commesso per un suoordine548, rivalsa che invece non è possibile nel caso in cui l’autore materialedel danno sia un incapace549.

Qualora la persona direttamente responsabile abbia risarcito il danno, puòrivalersi sul civilmente responsabile a patto che ne dimostri la colpa, e nei li-miti delle rispettive colpe550. Analogamente, la rivalsa del civilmente respon-sabile potrà essere non più totale, ma parziale, qualora il soggetto direttamenteresponsabile dimostri la colpa del civilmente responsabile551.

Com’è ovvio, la persona direttamente responsabile non potrà, né per ri-valersi sul civilmente responsabile né per opporsi alla rivalsa di quest’ultimosu di lui, beneficiare della presunzione di colpa di cui alle norme sopra esa-minate, che chiaramente opera esclusivamente a favore dei terzi danneggiati552.

544 cfr. anche, nella dottrina colombiana, Tamayo Lombana, cit., 97; Velásquez Posada,cit., 494

545 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 705546 Tamayo Jaramillo, cit., 704 s.. Dalla capacità del minore deriva la necessità che si

dimostri la sua colpa, salvo il caso di esercizio di un’attività pericolosa (cfr., nella dottrina ci-lena, Veas Pizarro, cit., 370 e, nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 669 ss. e Tor-res Acosta, cit., 126). Cfr. anche, nella dottrina colombiana, per il caso di giochi e attivitàsportiva, Tamayo Jaramillo, cit., 731 ss.

547 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 173 s., 270 e 317 s. e, nella dottrina co-lombiana, Martínez Rave – Martínez Tamayo, cit., 105

548 il che accade non quando il civilmente responsabile abbia dato l’ordine di causareil danno, ma quando il civilmente responsabile ordini al direttamente responsabile di com-portarsi colposamente (cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 707 s.)

549 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 315 s.550 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 706 ss.551 Tamayo Jaramillo, cit., 706 s.552 cfr., nella dottrina colombiana, Velásquez Posada, cit., 506

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6. La responsabilità dei genitori per “mala educación” e “hábitos vi-ciosos” dei figli: gli artt. 2321 c.c. cileno e 2348 c.c. colombiano

Come eccezione all’esimente prevista dall’art. 2320, 5° comma, c.c. ci-leno553 e 2327, 4° comma abrogato, c.c. colombiano, nei codici civili cileno ecolombiano (ma non in quello uruguayano) vi sono delle norme specifiche (ri-spettivamente, l’art. 2321 e l’art. 2328) che prevedono una responsabilità delgenitore554 (indipendemente dal fatto che sia convivente o meno555) qualora ilfatto illecito derivi “de mala educación o de hábitos viciosos que les han de-jado adquirir”.

Appare curioso che, a fronte di una dottrina secondo cui il caso di speciecostituisce una presunzione di responsabilità juris et de jure556 (in ogni caso,per una colpa nell’educazione dei figli557) e di altra dottrina secondo cui i ge-nitori possano andare esenti da responsabilità dimostrando di aver ben educatoi figli558 (e in tal caso saremmo in presenza di una presunzione juris tantum),

553 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 297554 e non degli altri soggetti di cui agli articoli precedenti (cfr., nella dottrina cilena,

Veas Pizarro, cit., 297). Tuttavia, nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 715 so-stiene la tesi della responsabilità dei soggetti, diversi dai genitori, che abbiano assunto l’ob-bligo di educazione del minore: ma si tratta di un’opinione che va contro lo stesso datonormativo e che, perciò, non appare condivisibile

555 cfr., nella dottrina colombiana, Emiliani Román, cit., 483; Martínez Rave – MartínezTamayo, cit., 110; Tamayo Lombana, cit., 107

556 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 296 e 384 ss., che tuttavia sottolinea lascarsa applicazione della norma, al punto che nemmeno la condanna penale del minore costi-tuisce di per sé prova della cattiva educazione; nella dottrina colombiana, Martínez Rave –Martínez Tamayo, cit., 111 e Tamayo Lombana, cit., 100 s. e 107

557 Tra l’altro, in tal caso, qualora il danneggiato sia uno dei soggetti di cui agli artt.2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano diverso dai genitori, opererà la responsabilità dei ge-nitori stessi ex artt. 2321 c.c. cileno e 2348 c.c. colombiano, mentre di regola le norme in que-stione non operano se il danneggiato è lo stesso minore o uno dei soggetti di cui agli artt.2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano (cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 323 ss.).Invece, nella dottrina colombiana, Torres Acosta, cit., 125 richiama quella dottrina che, in talcaso siamo di fronte a “un caso de responsabilidad objetiva con fondamento en el riesgocreado, en donde sólo es possible exonerarse de responsabilidad rompiendo el vínculo mate-rial en virtud de una causa extraña”

558 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 740. Rodriguez Grez, cit.,222 sostiene che la cattiva educazione di cui si parla deve essere conosciuta, pubblica ed evi-dente, con la conseguenza che i genitori saranno responsabili solo nei casi di cattiva educa-zione e comportamenti estramemente gravi

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vi è chi sostiene che, invece, non vi è, in tal caso, alcuna presunzione di re-sponsabilità, ma che la colpa dei genitori nell’educazione vada provata, anchese, spesso, sarà in re ipsa559. Si tratta, evidentemente, posizioni non concilia-bili: o c’è una presunzione juris et de jure, o juris tantum, o è necessario pro-vare la responsabilità560.

7. La responsabilità dei genitori nel codice civile argentino

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità genitoriale nel codice civileargentino, non esiste (contrariamente ai codici cileno e colombiano) una normaautonoma relativa alle carenze educative, ma soltanto l’art. 1114, 1° comma,come riformato dalla Ley 23264, che prevede una responsabilità solidale dei ge-nitori561 per il danno causato562 a terzi563 dai figli minori conviventi564, senzaesclusione della responsabilità di questi ultimi ove maggiori di dieci anni565

559 cfr., nella dottrina colombiana, Emiliani Román, cit., 483 s. e Torres Acosta, cit.,125. Inoltre, Tamayo Jaramillo, cit., 715 s. ritiene che lo stesso abbandono del figlio da partedel genitore sia di per sé prova della cattiva educazione

560 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 740. Normalmente si ritienepossibile il cumulo della responsabilità dei genitori ex artt. 2321 c.c. cileno e 2348 c.c. co-lombiano con quella di altri soggetti ex artt. 2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano (cfr.,nella dottrina cilena, Barros Bourie, cit., 174 e, nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo,cit., 694 s., 735 e 741). Nella dottrina cilena, invece, Veas Pizarro, cit., 373, sotiene che, nelcaso in cui il fatto derivi dalla cattiva educazione, ad essere responsabili saranno soltanto igenitori. In Uruguay, in assenza di una norma specifica relativa alle carenze educative, la que-stione del cumulo di responsabilità è discussa (Ordoqui Castilla, cit., 142)

561 E’ prevista, altresì, la responsabilità dei tutori e curatori (2° comma), e dei proprietaridi stabilimenti educativi privati o statali (art. 1117, 1° comma)

562 Secondo Medina, cit., 262, non sarebbe necessario provare la colpa del minore nem-meno nel caso in cui questi sia maggiore di dieci anni

563 La norma non è utilizzabile per il danno causato dal minore a sé stesso (N. Baroffio– C. García Santas, Responsabilidad de los padres por los daños producidos por sus hijos, inRevista de Derecho de Daños, 2001, 2 [Daños en las relaciones de familia], 254; J. FernándezMadero, Derecho de Daños – Nuevos Aspectos Doctrinarios y Jurisprudenciales, La Ley, Bue-nos Aires 2002, 535 s.; Medina, cit., 262 s., che però cita giurisprudenza in senso contrario)

564 cfr. Baroffio – García Santas, cit., 252 s.565 E’ chiaro che, in tal caso, come accade nel già esaminato diritto cileno e in quello

colombiano, non si pone il problema esistente nel nostro ordinamento in relazione al fatto che

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(con possibilità, in tal caso, per il genitore di rivalersi sul minore566, ex art. 1123c.c.). Dunque, perché vi sia la presunzione di responsabilità, è necessaria l’esi-stenza di una condizione minima perché i genitori possano esercitare la vigi-lanza sui figli567, cioè la convivenza568. Tuttavia la dottrina argentina ritiene chepermanga la presunzione di responsabilità in caso di abbandono o, comunque,di assenza di un motivo legittimo per la cessazione della convivenza stessa569.

Addirittura, secondo alcuni non basterebbe il motivo legittimo, ma sa-rebbe necessario che il minore venga affidato ad un’altra persona, in modoche il terzo abbia la possibilità di rivalersi su un altro soggetto, diverso dai ge-nitori570. Per quanto riguarda la possibilità, per i genitori, di esonerarsi da re-sponsabilità quando il minore sia materialmente affidato ad altri, nel codiceargentino esiste una norma specifica (l’art. 1115) che esclude la loro respon-

la mancanza di discernimento vada presunta o meno, dato che vi è una presunzione juris etde jure di non imputabilità del minore di 10 anni (cfr. Baroffio – García Santas, cit., 260).Tuttavia, l’art. 1658, 1° comma, del Proyecto de Código Civil del 1998 escludeva tale pre-sunzione, e affermava che “[e]l padre y la madre responden concurrentemente por el dañocausado por sus hijos menores no emancipados que habitan con ellos, sin perjuicio de la re-sponsabilidad personal de los hijos que tienen discernimiento”, mentre l’art. 1754 dell’An-teproyecto de Código Civil y Comercial del 2012 non precisa alcunché a proposito dellacapacità di discernimento dei figli

566 Fernández Madero, cit., 540. Il minore di dieci anni, infatti, non è imputabile (art.921 c.c. argentino) e può essere chiamato a contribuire al risarcimento solo nei limiti del suoarricchimento (art. 907, che prevede, tra l’altro, al 2° comma, introdotto dalla Ley 17711, unadisciplina analoga al nostro art. 2047, 2° comma, secondo cui “[l]os jueces podrán tambiéndisponer un resarcimiento a favor de la víctima del daño, fundados en razones de equidad,teniendo en cuenta la importancia del patrimonio del autor del hecho y la situación personalde la víctima”), cfr. G. A. Borda, Manual de Obligaciones, XII ed. (actualizada por A. Borda),LexisNexis – Abeledo-Perrot, Buenos Aires 2006, 461. G. Vásquez, Daños derivados de losmenores y responsabilidad de los padres, in Weingarten, cit., 335 ritiene invece che la rivalsasia possible solo in caso di danno commesso colposamente (quasi-delitto), e la esclude nonsolo nel caso in cui i genitori siano stati complici dell’illecito commesso dal minore, ma anchenel caso in cui esso sia stato commesso con dolo (delitto). Il terzo potrà indistintamente ri-volgersi al minore e/o a uno o a entrambi i genitori (4° Cámara en lo Civil, Sentencia n°28538, 30 de marzo del 2005, in http://vlex.com/vid/recurso-n-cuarta-camara-civil-262306046)

567 Medina, cit., 259 s.568 A. A. Alterini – O. J. Ameal – R. M. López Cabana, Derecho de Obligaciones Civiles

y Comerciales, IV ed., Abeledo-Perrot, Buenos Aires 2008, 798569 Borda, cit., 458 s.570 Borda, cit., 459

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sabilità571 nel caso in cui il minore si trovi a scuola, sotto la vigilanza e l’au-torità permanente572 di un’altra persona, mentre, nel caso in cui l’affidamentosia solo temporaneo, il cumulo di responsabilità è ben possibile, ad esempiofra i genitori e la baby-sitter573, o l’impresa organizzatrice di un viaggio cui ilminore abbia partecipato574.

A proposito, poi, della prova liberatoria, essa è analoga a quella che ab-biamo esaminato a proposito degli artt. 2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano:si prevede, infatti, che i genitori andranno esenti da responsabilità qualora di-mostrino che è stato impossibile, per loro, impedire il fatto dannoso (art. 1116),e siamo di fronte, in tutta evidenza, ad una presunzione juris tantum575, anchese, di fatto, la tendenza giurisprudenziale è particolarmente severa nei confrontidei genitori576.

Ma non sarà sufficiente dimostrare che il fatto è avvenuto in loro assenza:bisognerà infatti che risulti che essi hanno tenuto una vigilanza attiva sui figli,consistente nell’adozione di tutti i mezzi e di tutte le attenzioni che richiedono iminori in relazione alla loro età, allo stato fisico e mentale, all’educazione rice-vuta, all’ambiente sociale577, con una valutazione da effettuarsi in base al singolocaso concreto578, senza peraltro che ciò implichi, come già si visto, una presenzafisica permanente a fianco del minore, che sarebbe impossibile nella pratica579.

571 in giurisprudenza, Cámara Nacional de Apelaciones en lo Civil, Sala K, 27/08/1998,in Derecho y justicia, 2000, 1, 446, e in La Ley, 1999, F, 98, con nota di A. F. Sagarna

572 Il requisito della permanenza è necessario e particolarmente importante, (FernándezMadero, cit., 538) e, in sua assenza, la responsabilità genitoriale permane (G. Vásquez, Dañosderivados de los menores y responsabilidad de los padres, in C. Weingarten, Manual de de-recho de daños, La Ley, Buenos Aires 2010, 334)

573 Fernández Madero, cit., 538574 Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Junin, 21/05/2009, in La Ley

Buenos Aires, 2009, 799 ss.575 Alterini – Ameal – López Cabana, cit., 796; Fernández Madero, cit., 528; Medina,

cit., 274576 Borda, cit., 460577 Medina, cit., 254578 Fernández Madero, cit., 537

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8. Sistema del Código de Bello (e dei codici da esso derivati) e sistemaitaliano a confronto, tra colpa e funzione di garanzia

E’ dunque evidente che il sistema di responsabilità per fatto (materiale)altrui delineato dal codice civile argentino è analogo a quello italiano, mentrequello delineato dai codici civili cileno, colombiano e uruguayano è diversodal nostro nel caso del danno commesso dall’incapace, in quanto sarà il dan-neggiato a dover provare la colpa del sorvegliante (artt. 2319 c.c. cileno, 2346c.c. colombiano e 1320 c.c. uruguayano), ed è invece molto simile a quellocreato dalla nostra giurisprudenza per i minori capaci: infatti, tutori, curatori,direttori di collegi e scuole (e non gli insegnanti, come nel nostro art. 2048) emaestri d’arte risponderanno esclusivamente per culpa in vigilando (artt. 2320c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano)580, mentre i genitori potranno essere vigi-lando (artt. 2320, 2° comma, c.c. cileno e 2348 c.c. colombiano)581, sebbene,contrariamente a quanto avviene nel Code Napoléon e nel nostro codice, nelcodice cileno e in quello colombiano siano previste due norme distinte per idue tipi di colpe582.

Viceversa, il sistema argentino è molto più simile al nostro sia in relazioneal caso del minore incapace quanto in quello di minore capace, in quanto lapresunzione di responsabilità juris tantum di cui all’art. 1114 opera in entrambii casi, e si tratta di una presunzione di culpa in vigilando583 e, secondo la mi-

579 Alterini – Ameal – López Cabana, cit., 799; Vásquez, cit., 333580 Per quanto riguarda il codice civile uruguayano, l’art. 1324, 4° comma, parlando di

persone “bajo su vigilancia” in relazione ai direttori di collegi e maestri d’arte, implicitamenteafferma una loro responsabilità esclusivamente per culpa in vigilando e non già in educando

581 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 340 s. e, nella dottrina colombiana, Bo-hórquez Botero – Bohórquez Botero, cit., 2301

582 Tamayo Jaramillo, cit., 711 s.583 A. Borda – D. M. Borda – G. J. Borda, Manual de derecho privado, La Ley, Buenos

Aires 2009, 298; Borda, cit., 457

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gliore dottrina584, anche per culpa in educando585. Ma, analogamente a quantoaccade in Italia, vi è una tendenza all’oggettivazione della responsabilità. Così,certa dottrina cilena586, uruguayana587 e argentina588 e la Corte Suprema de Ju-sticia colombiana589 hanno sposato una tesi eclettica, secondo cui la respon-sabilità in questione è diretta, in quanto esige la colpa del civilmenteresponsabile, ma assume, al contempo, una funzione di garanzia verso i terzi.

In Argentina, addirittura, se già de jure condito la giurisprudenza590 hatalvolta ritenuto che i genitori rispondano, in caso di “minori difficili”, a pre-scindere dalla dimostrazione di aver correttamente adempiuto al dovere di vi-

584 Fernández Madero, cit., 529; Medina, cit., 252 ss.585 Per la tesi della responsabilità per culpa in vigilando e/o in educando, cfr. anche, in

giurisprudenza, Cámara de Apelaciones en lo Civil, Comercial, Laboral y de Mineria de Ge-neral Pico, 21/10/2005, in La Ley Patagonia, 2006, 91 ss.; Cámara 1° de Apelaciones en loCivil, Comercial, Minas, de Paz y Tributario de San Rafael, 14/10/2005, in La Ley Gran Cuyo,2006, 206 ss., con nota di J. F. Freire Aurich, e in Responsabilidad civil y seguros, 2006, VII,177 ss., con nota di J. F. Freire Aurich; Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de 1°Nominacion de Cordoba, 04/07/2006, in La Ley Cordoba, 2006, 1234 ss., con nota di E. LópezHerrera; Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Corrientes, Sala IV, 05/07/2006,in La Ley Litoral, 2006, 1463 ss.; Cámara 1° de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Mardel Plata, Sala II, 22/12/2008, in Responsabilidad civil y seguros, 2009, IX, 83 ss.; Cámarade Apelaciones en lo Civil y Comercial de Nechochea, 19/05/2005, in Derecho y justicia,2005, 2 ss., in La Ley, 13/12/2005, 6 ss., con nota di M. M. Córdoba, in La Ley, 2005, E, 270ss., con nota di M. M. Córdoba, in La Ley Buenos Aires, 2005, 1177 ss., con nota di M. Her-salis, E. O. Magri e J. Jalil, in Responsabilidad civil y seguros, 2006, VII, 140 ss., con nota diM. Hersalis, E. O. Magri e J. Jalil; Cámara 1° de Apelaciones en lo Civil y Comercial de SanIsidro, Sala II, 22/08/2006, in La Ley Buenos Aires, 2006, 1299 ss., con nota di M. Hersalise J. Jalil, e in Derecho y justicia, 2006, 1002 ss., con nota di M. Hersalis e J. Jalil; Cámara deApelaciones en lo Civil y Comercial de 2° Nominacion de Santiago del Estero, 08/05/2006,in La Ley NOA, 2006, 1190 ss.; Cámara Nacional de Apelaciones en lo Civil, Sala B,21/06/2006, in Derecho y justicia, 06/09/2006, 37, che giustamente esclude la responsabilitàdei genitori in un caso in cui il comportamento colpevole era non del figlio, ma del proprietariodi un negozio; Superior Tribunal de Justicia de La Pampa, Sala A, 31/05/2005, in Derecho yjusticia, 03/05/2006, 26 ss., con nota di A. Dalmacio Andrada, in La Ley Patagonia, 2005,1272 ss., in La Ley Patagonia, 2006, 48 ss., con nota di A. Dalmacio Andrada, e in Respon-sabilidad civil y seguros, 2006, VII, 166 ss., con nota di A. Dalmacio Andrada). Sul tema,Baroffio – García Santas, cit., 255 ss.

586 Barros Bourie, cit., 173587 Ordoqui Castilla, cit., 140588 Baroffio – García Santas, cit., 246 ss.589 v. Velásquez Posada, cit., 507 s.. Nella dottrina colombiana, Martínez Rave – Mar-

tínez Tamayo, cit., 103 sostiene addirittura che la posizione di chi vede nelle norme in que-stione una responsabilità per propria culpa in vigilando è superata, trattandosi invece di unaresponsabilità in virtù di una posizione di garanzia

590 v. Medina, cit., 255. Cfr. anche Vásquez, cit., 329

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gilanza, con ciò muovendosi decisamente verso l’oggettivazione della respon-sabilità, il Proyecto de Código Civil del 1998 e, soprattutto, l’Anteproyecto deCódigo Civil y Comercial del 2012 vanno ancora più avanti591: il primo, infatti, precisa che “el progenitor no se libera aunque el menor no con-viva con él, si ello deriva de una causa que le es atribuible” (art.1658, 2°comma), mentre il secondo afferma chiaramente che “la responsabilidad de lospadres es objectiva” (art. 1755, 1° comma).

9. Il fondamento della responsabilità genitoriale nel Código de Bello e neicodici da esso derivati

Resta da risolvere il problema del fondamento della responsabilità genito-riale. Secondo la dottrina cilena592, esso è dato dalla autorità paterna e non dallapatria potestà (come nel sistema francese), e ciò per due ragioni. In primo luogo,perché essa grava, in difetto del padre, anche sulla madre che, prima dellariforma del 1925, non aveva la potestà; in secondo luogo, perché, come si èvisto, nel codice civile cileno la potestà si relaziona solo ai beni del figlio e nonalla sua persona.

La dottrina e la giurisprudenza colombiane, invece, si dividono sul tema:da una parte vi è chi593 sostiene che la responsabilità in questione è relazionataalla potestà, traendo conferma di ciò dal fatto che il Decreto 2820/1974, modi-ficando l’art. 2347 nella forma attuale, che prevede la responsabilità del padree della madre, ha stabilito anche che la potestà venga esercitata congiuntamentedal padre e dalla madre; dall’altra, invece, vi sono coloro594 che negano la rela-

591 cfr., con riferimento al primo, Medina, cit., 295592 Veas Pizarro, cit., 341 s.593 Martínez Rave – Martínez Tamayo, cit., 107; Tamayo Lombana, cit., 102. Cfr., in

giurisprudenza, Corte Suprema de Justícia, Sentencia 10 mayo 1962 (massima), in H. A. Tor-rado, Código de familia – Legislación, jurisprudencia, doctrina y normas complementarias– Comentado – Concordado – Derecho sostantivo y procedimientos, Ediciones Librería delProfesional, Bogotá 2000, 257

594 in dottrina, Emiliani Román, cit., 481; Tamayo Jaramillo, cit., 712; in giurisprudenza,Tribunal Superior del Distrito Judicial de Cundinamarca, Sala Civil, Familia y Agraria, Sen-tencia 14 noviembre 2008, cit.

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zione fra potestà e responsabilità de qua, collegandola invece, analogamente aquanto fa la dottrina cilena, all’“autoridad parental”595. In Uruguay e in Argen-tina, invece, non esistendo la distinzione fra autorità parentale e potestà, è inquest’ultima che viene ravvisato il fondamento della responsabilità in que-stione596, sebbene non manchino posizioni che richiamano invece la solidarietàfamiliare e la “colpa sociale”597.

Da queste considerazioni deriva, chiaramente, una diversa soluzione alproblema della responsabilità genitoriale per il fatto commesso dal minoreemancipato e per quello commesso dal minore che eserciti un’impresa, unaprofessione o un impiego pubblico. Infatti, se si collega la responsabilità allapotestà, il genitore non sarà responsabile (ed è questo il caso uruguayano eargentino598); invece, se la si collega all’autorità paterna, la soluzione è diversanei due casi. Per quanto riguarda il caso del minore emancipato, essa dipende,evidentemente dal fatto che si ritenga o meno che l’emancipazione faccia ces-sare, oltre alla potestà, anche l’autorità paterna.

595 Una posizione particolare è poi quella di Torres Acosta, La responsabilidad civilpor el hecho ajeno, cit., 125, secondo cui il fondamento della responsabilità è da ricercarsi,per quanto riguarda gli artt. 2346 e 2347, nell’autorità parentale, e, per quanto riguarda l’art.2348, nella potestà, che implica il diritto-dovere di educazione

596 cfr., nella dottrina uruguayana, Ordoqui Castilla, cit., 133; nella dottrina argentina,Medina, cit., 251 s.; Vásquez, cit., 327 ss.

597 Le menziona lo stesso Ordoqui Castilla, cit., 133 (“[e]l fondamento de la respon-sabilidad […] dejó de ser moral, individualista y pasó a ser jurídico”, e pertanto “[l]a so-ciedad está interesada en que no se transgreda el orden jurídico y que se resarzan los dañosque se le causen a sus integrantes”)

598 per quanto riguarda i minori emancipati, cfr., nella dottrina argentina, Alterini –Ameal – López Cabana, cit., 797; Borda, cit., 458; Fernández Madero, cit., 529 s., che sotto-linea però come la responsabilità in esame sia legati non ai diritti, ma ai doveri derivanti dallapotestà; Medina, cit., 257 s.; Vásquez, cit., 332, che precisa però che l’inabilitazione e la di-chiarazione di demenza del genitore, che fanno venir meno la potestà, così come la sospen-sione della stessa, non facciano per questo venir meno la responsabilità; per quanto riguardai minori esercenti una professione, un’impresa o un incarico pubblico, nel codice civile uru-guayano l’art. 262 afferma che “[l]os empleados públicos menores de edad son consideradoscomo mayores en lo concerniente a sus empleos”, con ciò implicitamente confermando latesi della non responsabilità dei genitori; nella dottrina argentina, cfr. Medina, cit., 281 s.; Vá-squez, cit., 330. Inoltre, l’art. 1659 del Proyecto de Código Civil del 1998 e l’art. 1755, 3°comma, dell’Anteproyecto de Código Civil y Comercial del 2012 escludono esplicitamentela responsabilità dei genitori per il fatto commesso dai figli nell’esercizio della professione,oltre che, comunque per l’inadempimento contrattuale degli stessi (cfr. anche, con riferimentoal primo, Alterini – Ameal – López Cabana, cit., 799).

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Di regola, l’emancipazione non fa cessare anche l’autorità paterna (e, inparticolare, il dovere di “cuidado” del figlio), e dunque nemmeno la respon-sabilità genitoriale de qua, salvo il caso in cui essa sia dovuta al matrimoniodel minore599. Tuttavia il giudice, pronunciando sull’emancipazione, potrà,senza riferirsi esplicitamente all’autorità paterna, sottrarre a uno o a entrambii genitori i doveri di vigilanza e di custodia del figlio emancipato, e anche intal caso, dunque, oltre a quello del nuovo matrimonio, cesserà la responsabilitàdel genitore ex artt. 2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombiano, salva comunquela possibilità per il danneggiato di dimostrare che il danno è imputabile allacattiva educazione ricevuta dai genitori600.

Per quanto riguarda, invece, il caso del minore che eserciti una profes-sione, un’impresa o un impiego pubblico, alcuni601, in virtù del collegamentofra la responsabilità de qua e l’autorità parentale, desumono che il genitorecontinui ad essere responsabile. Altri602, invece, ritengono che l’art. 251 c.c.cileno e l’art. 294 c.c. colombiano, nonostante siano ubicati fra le norme rela-tive alla potestà, abbiano una diretta ingerenza sulle norme relative all’au-torità paterna, e per questo affermano che, nonostante il fondamento dellaresponsabilità parentale sia, anche secondo loro, nell’autorità paterna, in questocaso particolare si deve ritenere che il genitore non sia responsabile, in quantoil minore deve considerarsi come se fosse maggiorenne.

Dalla diversa soluzione adottata in relazione al fondamento della respon-sabilità genitoriale non sembrano, invece, derivare conseguenze rilevanti nelcaso in cui a commettere l’illecito sia il figlio di una coppia separata o divor-ziata. In ogni caso, infatti, sarà responsabile essenzialmente il genitore a cui ilminore viene affidato.

599 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 362600 cfr., nella dottrina colombiana, Tamayo Jaramillo, cit., 718 ss.601 Tamayo Jaramillo, cit., 722 ss., che, in ogni caso, esclude la responsabilità dei ge-

nitori per l’inadempimento contrattuale dei figli602 Veas Pizarro, cit., 373 ss.

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Infatti, qualora si ricolleghi la responsabilità alla potestà, sarà chiaramenteil genitore affidatario ad esercitare quest’ultima e, con essa, a farsi carico dellaresponsabilità603, salvo il caso in cui il minore si trovi temporaneamente conl’altro genitore per l’esercizio del diritto-dovere di visita (soluzione, peraltro,esplicitamente prevista dall’art. 1114, 1° comma, c.c. argentino).

Ma, anche qualora la si ricolleghi all’autorità paterna, come fa la dottrinacilena e parte di quella colombiana, in caso di affidamento esclusivo nei con-fronti del genitore non affidatario cesserà l’obbligo di vigilanza da essa deri-vante, per cui la responsabilità ex art. 2320 c.c. cileno e 2347 c.c. colombianosarà solo a carico del genitore affidatario, salvo, anche qui, il diritto-dovere divisita604. Ma ciò vale, appunto, per quanto riguarda l’obbligo di vigilanza. In-fatti, l’obbligo educativo continuerà a permanere a carico di entrambi, e dun-que a carico di entrambi sarà la responsabilità ex artt. 2321 c.c. cileno e 2348c.c. colombiano605.

603 Ovviamente saranno responsabili entrambi i genitori nel caso di affidamento condiviso604 cfr., nella dottrina cilena, Veas Pizarro, cit., 357 ss. e, nella dottrina colombiana, Ta-

mayo Jaramillo, cit., 716 s.. In ogni caso, qualora la responsabilità sia collegata all’autoritàpaterna, essa viene meno laddove il genitore, anche per propria colpa, sia spogliato della stessae, qualora ad esserne spogliati o ad essere impossibilitati ad esercitarla siano entrambi i geni-tori, essa sarà trasmessa alla persona alle cui cure il minore venga affidato (Tamayo Jaramillo,cit., 714 s.)

605 Tamayo Jaramillo, cit., 716. Vale la pena di accennare al fatto che, contrariamenteal nostro ordinamento, in cui non è prevista alcuna norma relativa alla responsabilità dei ge-nitori per il contratto concluso dai figli, non è così in alcuni degli ordinamenti sudamericanisopra esaminati. Per quanto riguarda la Colombia, l’art. 301 c.c. prevede infatti che “los ne-gocios del hijo de familia no autorizados por quien ejerce la patria potestad o por el curadoradjunto, le obligarán exclusivamente en su peculio profesional o industrial”,mentre, secondol’art. 302 “los actos o contratos que el hijo de familia celebre fuera de su peculio profesionalo industrial y que sean autorizados o ratificados por quien ejerce la patria potestad, obligandirectamente a quien dio la autorización y subsidiariamente al hijo hasta la concurrencia delbeneficio que éste hubiere reportado de dichos negocios”. In Argentina, invece, l’art. 283 c.c.afferma: “Se presume que los menores adultos, si ejercieren algún empleo, profesión o in-dustria, están autorizados por sus padres para todos los actos y contratos concernientes alempleo, profesión o industria [...]. Las obligaciones que de estos actos nacieren, recaeránúnicamente sobre los bienes cuya administración y usufructo o sólo el usufructo, no tuvierenlos padres”

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SEZIONE II

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN PERÙ

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1. Genitori e minori nel diritto peruviano

Il legislatore peruviano ha, da diversi decenni, dimostrato una particolareattenzione verso i minori606 e, più in generale, verso i soggetti socialmente piùdeboli, che sono spesso vittime di violenza607. Tuttavia, mentre in Italia, a par-tire dall’impostazione costituzionale, i minori vengono considerati soprattuttoall’interno della “cellula” sociale in cui vivono, la famiglia, e solo a livello diinterpretazione dottrinale e giurisprudenziale si è messo in evidenza che l’edu-cazione impartita ai figli deve essere finalizzata non solo alla realizzazionedelle aspirazioni di questi ultimi, ma anche al loro inserimento, come soggettiattivi, nella società, in Perù (analogamente a quanto avviene in molti Paesi su-damericani e, in Europa, come si è detto nella Premessa, nella Carta di Nizza)già la Costituzione dimostra una particolare attenzione ai rapporti tra il minoree la società, senza la “mediazione” della famiglia: l’art. 4 Cost. peruviana af-ferma infatti che “La comunidad y el Estado protegen especialmente al niño608y al adolescente”, e il “Código de los Niños y Adolescentes” (Ley n° 27337,modificato dalla Ley n° 28330, dalla Ley n° 29269 e dal Decreto Legislativon° 990), insieme con la “Ley de protección frente a la violencia familial” (Leyn° 26260, modificata dalla Ley n° 27306 e dalla Ley n° 27982609), confermanoquesta impostazione di fondo, secondo la quale è in primo luogo lo Stato-co-munità a doversi far carico di sradicare la violenza dalla società e, quindi, dallafamiglia610. Insomma, nel diritto peruviano non ci si sofferma tanto su ciò che

606 Il “Código de los Niños y Adolescentes” (Ley n° 27337), all’art. 32, parla di “políticade promoción, protección y atención al niño y adolescente”

607 Sui danni prodotti dalla violenza in famiglia, cfr. Ramos Ríos, cit., 61 ss.608 Non dimentichiamo che, alla luce delle convenzioni internazionali in materia, per

“niño” deve intendersi non solo il nato, ma anche il concepito (V. Pérez Vargas, El aportepersonalista del codigo civil peruano, in AA. VV., Diez años. Codigo civil peruano. Balancey perspectivas, Universidad de Lima, 1995, 33 s.)

609 cfr., ex multis, P. Mejía Salas – M. Ureta Guerra, Tenencia y regime de visitas. Doc-trina – Legislación – Modelos – Jurisprudencia, LEJ, Lima 2005, 109 ss.; V. Montoya Peraldo,Violencia sexual, in Collegio de Abogados de Lima, cit., 159 ss.; M. I. Sokolich Alva, El mal-trato psicológico como forma de violencia familiar, in Revista jurídica del Perù, 43 (2003),171 ss.; Ead., Reflexiones a diez años de vigencia de la Ley de Protección Frente a la violenciafamiliar, , in Revista jurídica del Perù, 53 (2003), 269

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i genitori possono fare per i figli, ma su ciò che lo Stato può fare per bambinie adolescenti, titolari di tutti i diritti e garanzie previste dalla Costituzione peri cittadini611, e i genitori sono visti soprattutto come educatori che li “guidano”nell’esercizio dei loro diritti soggettivi (pensiamo, a titolo esemplificativo,all’art. 11 del Código succitato, che afferma: “Se respetará el derecho de lospadres, o de sus responsables, de guiar al niño y al adolescente en el ejerciciode este derecho de acuerdo a su edad y madurez”)612.

2. Inadempimento dei doveri genitoriali e violenza in famiglia in Perù:introduzione

Ancora negli anni 90’ del secolo scorso, così, parte della dottrina peru-viana613 riteneva che l’assetto giuridico allora esistente nel Paese andino fosse,pur con limiti e difetti, comunque sufficiente per assicurare un’adeguata tutelaper le vittime delle violenze endofamiliari614, e si richiamava, oltre che allanormativa internazionale615:

610 Pensiamo, ad esempio, alla creazione di alloggi, prevista dalla succitata “Ley deprotección frente a la violencia familial”, da destinare alle vittime di violenze. Cfr. anche J.M. Umeres Altamirano, Violencia familiar: doctrina, plenos jurisdiccionales, legislación, mo-delos, jurisprudencia, LEJ, Lima 2006, 25 ss.. Non bisogna poi dimenticare la forte improntapersonalista del codice civile peruviano (Pérez Vargas, cit., 33). La stessa impostazione sitrova nella “Convenzione sui diritti del fanciullo” del 1989 (R. N. Rey – A. J. Rinessi, Re-sponsabilidad civil por abandono, in Revista de Derecho de Daños, 2001, 2 [Daños en lasrelaciones de familia], 106 ss.). Cfr. anche, in giurisprudenza, Cas. n° 4664-2010-Puno, daSPIJ

611 Guzmán Belzú, cit., 135 s.612 Sul ruolo e sulle tipologie di famiglia nel diritto, nella società e nella storia del Perù,

cfr. anche González Ortega, cit., 1 ss.613 L. Flores Nano, Protección jurídica frente a la violencia familiar, in A. Facio – L.

Flores – V. Bermúdez – R. Villanueva, Violencia contra la mujer: reflexiones desde el derecho,Movimiento Manuela Ramos, Lima 1996, 31

614 Per un’analisi, anche sociologica, della situazione della famiglia in Perù, cfr., exmultis, E. Bernales Ballesteros – G. Fernández-Maldonado Castro, La familia y la violenciasocial en el Peru, in F. de Trazegnies Granda, La familia en el derecho peruano: libro home-naje al Dr. Héctor Cornejo Chavez, PUCP, Lima 1990, 101 ss., e Umeres Altamirano, cit.,passim. Ciò che emerge da tali contributi è che in Perù si guarda alla violenza in famiglia nontanto dal punto di vista della punizione del singolo colpevole, ma da quello della realizzazionedi interventi sociali idonei a prevenirla

615 cfr. anche Umeres Altamirano, cit., 37 ss.

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- all’art. 2, 1° comma, Cost., che assicura i diritti fondamentali della per-sona e, in particolare, “a su integridad moral, psiquica y fisica y a su libre de-sarrollo y benestar”;

- all’art. 333 c.c., che prevede la violenza, fisica o psicologica, come causadi separazione;

- all’art. 677, 2° comma, c.p.c., secondo il quale, “si durante la tramita-cion del proceso se producen actos de violencia física, presión psicológica,intimidación o persecución al cónyuge, concubino, hijos o cualquier inte-grante del núcleo familiar, el Juez debe adoptar las medidas necesarias parael cese inmediato de los actos lesivos […]”;

- al succitato “Código de los Niños y Adolescentes” e, in particolare, al-l’art. 201, che prevede che il giudice adotti “las medidas necesarias”, inclusol’allontanamento dalla casa familiare, “para el cese inmediato de actos queproduzcan violencia física, presión psicológica, intimidación o persecuciónal niño o adolescente”, e all’art. 256, che prevede la dichiarazione giudizialedello stato di abbandono quando un minore “es objeto de maltratos por quieteestán obligados a protegerlo o permitieren que otros lo hagan”;

- alla succitata “Ley de Protección contra la Violencia Familiar”, cheprevede, per la vittima di violenza616, la possibilità di sporgere denuncia allaPolicía Nacional, alla Fiscalía Provincial de Familia o, ancora, di rivolgersial Juez Especializado de Familia617, il quale dovrà dapprima adottare i prov-vedimenti adeguati per la protezione della vittima, ivi compresi la sospensionetemporanea della coabitazione, l’allontanamento dell’aggressore dalla casa fa-miliare618, il divieto di avvicinarsi alla vittima619, la sospensione temporaneadelle visite620 e ogni altro provvedimento conveniente621 (come, ad esempio,

616 Anche psicologica, cfr. Sokolich Alva, ultimo cit., passim; Ead., El maltrato psico-lógico como forma de violencia familiar, cit., passim

617 cfr. anche Ramos Ríos, cit., 94 ss.618 v. Ramos Ríos, cit., 170 ss.619 v. Ramos Ríos, cit., 176 ss.620 v. Ramos Ríos, cit., 178 ss.621 cfr. Ramos Ríos, cit., 181 ss.

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le misure cautelari), e fatta salva la possibilità di giungere ad una conciliazione,e solo nel caso in cui ciò non sia sufficiente si rientrerà nella fattispecie deldelitto di violenza e resistenza di cui all’art. 368 c.p. peruviano622.

A questi vanno aggiunti i rimedi in tema di potestà. Se nel diritto italianoessi vanno dalla decadenza della stessa, o gli altri rimedi ritenuti necessari dalgiudice, all’allontanamento del figlio, del genitore o del convivente dalla casafamiliare, nel codice civile peruviano si assiste a una maggiore rigidità sia dellecause che dei rimedi. Si distingue, infatti, tra “pérdida” (art. 462), “privación”(art. 463) e “limitación” (art. 464) della potestà, a seconda della gravità del-l’inadempimento ai doveri genitoriali623: rispettivamente molto grave (“por con-dena a pena que la produzca o por abandonar al hijo durante seis meses

622 Flores Nano, cit., 45 s.. La legge, dunque, non è punitiva, o perlomeno non è solopunitiva, dato che, evidentemente, si tenta una riconciliazione, “con algunas caracteristicasterapéuticas” (cfr. Flores Nano, cit., 45; Ramos Ríos, cit., 183). Son diverse, e numerose, delresto, le pronunce giurisprudenziali (Exp. n° 98-0145-11JF, in Umeres Altamirano, cit., 169s.; Exp. n° 98-17-13JF, in Umeres Altamirano, cit., 174) che prevedono la partecipazione, siadelle vittime che degli aggressori, a programmi di recupero fisico e psicologico, in conformità,per i primi, all’art. 38 del “Código de los niños y adolescentes”

623 L’art. 235 c.c. peruviano afferma che “[l]os padres están obligados a proveer al so-stenimiento, protección, educación y formación de sus hijos menores, según su situación ypossibilidades. Todos los hijos tienen iguales derechos”. L’art. 287 c.c. peruviano reitera taleaffermazione (H. G. Palacio Pimentel, Manual de derecho civil – Tomo I, IV ed., Huallaga,Lima 2004, 305), prevedendo che “[l]os cónyuges se obligan mutuamente por el hecho delmatrimonio a alimentar y educar sus hijos”. E’ evidente l’analogia fra i doveri enunciati dagliartt. 147, 315-bis c.c. italiano e 30 Cost. italiana e quelli di cui sopra: si tratta, infatti, deglistessi doveri, fatta eccezione per il dovere di protezione, che però, pur non menzionato espli-citamente dal nostro codice civile, è comunque annoverato fra i cc.dd. “doveri impliciti”. Viè inoltre un’altrettanto evidente analogia, per quanto riguarda l’entità e le modalità dell’adem-pimento di tali doveri, fra l’espressione utilizzata nel nostro codice (“in proporzione alle ri-spettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”) e quella delcodice peruviano (“según su situación y possibilidades”), nonché nel riferimento a tutti i figli,sia legittimi che naturali. Per quanto riguarda, poi, il fondamento di tali doveri, si è visto comenel diritto italiano la correlazione fra doveri genitoriali e potestà, pur solitamente esistente,non sia tuttavia indispensabile, nascendo i doveri genitoriali dal semplice fatto della procrea-zione. Tale soluzione sembra da confermarsi anche per il diritto peruviano. E’ vero sì, infatti,che l’art. 418 c.c. peruviano prevede che “[p]or la patria potestad los padres tiene nel debery el derecho de cuidar de la persona y bienes de sus hijos menores” e l’art. 423 c.c. peruviano,analogamente all’art. 75 del Codigo de los Niños y Adolescentes, precisa poi, al di là dei poteridi amministrazione dei beni dei figli minori, che “[s]on deberes y derechos de los padres queejercen la patria potestad”, fra l’altro, il mantenimento, l’educazione, la correzione e, più ingenerale, garantirne lo sviluppo integrale. Tuttavia l’art. 470 c.c. peruviano prevede che “[l]apérdida, privación, limitación o suspensión de la patria potestad no alteran los deberes delos padres con los hijos”. Cfr. altresì González Ortega, cit., 348 ss. e Mejía Salas – UretaGuerra, cit., 41 ss.

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continuos o cuando la duracion sumada del abandono exceda de este plazo”),grave (“por dar órdenes, consejos, ejemplos corruptos o dedicar a la mendici-dad a sus hijos”, “por tratarlos con dureza excesiva” o “por negarse a pre-starles alimentos”) o lieve. A queste sanzioni si aggiunge poi la “suspensión”624.

Vi è una maggiore genericità, invece, per il rimedio dell’allontanamentodalla casa familiare (peraltro, dei figli, e non del genitore), che può avveniresolo “por causas graves” (art. 465), senza ulteriori specificazioni. Viceversa,il “Código de los Niños y Adolescentes” di fatto non distingue fra estinzionee perdita della potestà, in quanto, dopo che l’art. 75 ha elencato i casi di so-spensione della stessa, il successivo art. 77 precisa poi i casi della sua estin-zione o perdita625.

3. Inadempimento dei doveri genitoriali e violenza in famiglia in Perù(segue): “indemnización” e Lex Aquilia

E’ evidente, però, che, dal “nostro” punto di vista, gli strumenti menzio-nati nel precedente paragrafo non appaiono sufficienti. Basti pensare che, inrealtà, nemmeno il ricorso agli strumenti del diritto di famiglia appare garan-tito: infatti, almeno in passato, la giurisprudenza peruviana626 richiedeva, per-ché vi fosse il divorzio per colpa, che la violenza non fosse episodica, mareiterata, con la conseguenza che una donna picchiata dal marito doveva aspet-tare che la violenza si ripetesse per poi denunciarlo alla polizia, mentre, neirapporti coi figli, le condotte autoritarie e il castigo fisico rappresentavano ilmetodo educativo più diffuso627.

624 La sospensione della potestà, però, non è necessariamente una sanzione, potendo ri-guardare situazioni che non hanno a che vedere con la colpa del padre (P. Mejía Salas, Suspen-sion, perdida, privación de la patria potestad, in Collegio de Abogados de Lima, cit., 26)

625 Sul tema delle sanzioni legate alla potestà, v. Mejía Salas, cit., 25 ss.. Cfr. altresì M.T. Cornejo Fava, La patria potestad, in Collegio de Abogados de Lima, cit., 75 ss.

626 v. R. Villanueva Flores, Notas sobre interpretacion juridica: a proposito de la ley26260 y la violencia familiar, in Facio – Flores – Bermúdez – Villanueva, cit., 104

627 Bernales Ballesteros – Fernández-Maldonado Castro, cit., 112

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La stessa dottrina628 si rendeva conto che ciò significava, senza alcun dub-bio, anteporre ai diritti fondamentali della persona la forza del vincolo matri-moniale e della patria potestà, e riteneva così che, parlando di violenza,psicologica e fisica, non potesse non farsi riferimento anche a singoli ed isolatiepisodi, se non a costo, appunto, di porre in secondo piano i diritti umani.

Ciò nonostante, negli ultimi anni, il Perù non ha potuto non risentire deldesiderio della dottrina sudamericana629 di proteggere le vittime delle aggres-sioni endofamiliari630, offrendo loro non solo, come si è visto, un’adeguata tu-tela a livello sociale (perlomeno nelle dichiarazioni di principio), ma anche lapossibilità di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale subito (e, inparticolare, quello morale631), per lo meno nei casi di violazioni gravi632.

Così, pochi ma accorti autori633, anche in Perù, hanno tentato di superarela tesi secondo cui lo spirito della famiglia sarebbe ribelle ad ogni regola eteroimposta e, quindi, non consentirebbe l’applicazione indiscriminata delle normegenerali sulla responsabilità civile634, e si sono resi conto che l’appartenenzadi aggressore e vittima al medesimo nucleo familiare non deve essere causadi una specie di immunità, che giustifichi le aggressioni ai diritti fondamentali

628 Villanueva Flores, cit., 104629 cfr., ex multis, Mosset Iturraspe, cit., 7 ss.630 v. González Ortega, cit., 180. Viceversa, fino a pochi anni fa, i giudici apparivano

poco propensi a riconoscere i danni endofamiliari. Una statistica condotta da M. GonzálezOrtega nel 2007 su 200 limeños (100 uomini e 100 donne) coinvolti in processi di divorzio cimostra che solo il 5% delle donne (e nessuno fra gli uomini) aveva ottenuto un’adeguato ri-sarcimento per i danni morali sofferti in occasione del divorzio (González Ortega, cit., 424).Sugli ultimi sviluppi della responsabilità civile nell’ambito dei processi di separazione e di-vorzio in Perù, cfr. infra

631 González Ortega, cit., 187632 González Ortega, cit., 233. Ciò, ovviamente, a patto sempre che la vittima dimostri

tutti gli elementi costitutivi della responsabilità: in particolare, si ritiene necessaria la provadel danno, non potendoci nemmeno essere (e ciò contrariamente a quanto si è visto nellanostra giurisprudenza) una mera presunzione dello stesso (V. Cervantes S., Análisis jurídicodescriptivo de la violencia familiar y el daño a la persona en el derecho civil peruano, in Re-vista de investigación en psicología, 2010, 1, 131 s.). Tuttavia, cfr. infra, per gli ultimi sviluppigiurisprudenziali

633 In particolare, González Ortega, cit., passim; A. F. Plácido Vilcachagua, Manual dederecho de familia. Un nuevo enfoque de estudio de derecho de familia, II ed., Gaceta Juridica,Lima 2002, 381 ss.

634 a patto, ovviamente, che sussistano i requisiti “classici” della responsabilità civile(v. González Ortega, cit., Introducción e 184 s.; Plácido Vilcachagua, cit., 382)

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del familiare, ma, al contrario, deve essere considerata un’aggravante, e ciònell’interesse stesso dell’unità del nucleo familiare, nel quale la consapevo-lezza dell’impunità porterebbe ad una reiterazione della condotta lesiva e, conessa, accelererebbe il processo di disgregazione della famiglia stessa635.

Ciò, comunque, non senza tener conto delle peculiarità di questo tipo diresponsabilità, che certo non può ignorare che l’applicazione indiscriminatadelle regole risarcitorie generali potrebbe anch’essa avere conseguenze nega-tive sull’unità del nucleo familiare636.

Dunque, rispetto all’impostazione che abbiamo in Italia, vi è, per lo menoa livello teorico, una non trascurabile differenza: alla possibilità di un contrastofra i “diritti della persona” e i “diritti della famiglia” si risponde non con laprevalenza dei primi, ma con una loro “attenuazione”, per cui l’applicazionedelle regole generali della responsabilità civile deve tenere conto della pecu-liarità della relazione e gli interessi del gruppo familiare637, col risultato chela violazione, per dar luogo all’applicazione delle regole generali della respon-sabilità civile, deve essere grave638.

A livello pratico, peraltro, le due impostazioni non sono così diverse,dato che anche nel nostro ordinamento si sostiene non certo un’attenuazionedei diritti della persona nella famiglia, ma piuttosto l’esistenza di un doveredi reciproca “comprensione” fra i membri di questa, con la conseguente ne-gazione del risarcimento nel caso di violazioni di scarsa rilevanza. Per contro,le condotte illecite all’interno della famiglia rischiano di avere ben più nume-rose vittime rispetto al destinatario diretto dell’aggressione: tutti gli altrifamiliari, infatti, risentiranno negativamente di tale situazione e ben potranno,dunque, chiedere il risarcimento del danno639.

635 González Ortega, cit., Introducción636 González Ortega, cit., Introducción637 González Ortega, cit., 186638 v. infra639 Plácido Vilcachagua, cit., 390. La dottrina lamenta, comunque, la tendenza del diritto

peruviano a non considerare adeguatamente il danno psicologico, ivi compreso quello deri-vante dalla violenza familiare (Cervantes, cit., 138)

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A livello normativo, tale orientamento trova supporto in alcune normedell’ordinamento peruviano che esplicitamente prevedono il risarcimento deidanni prodotti fra componenti della stessa famiglia: oltre all’ipotesi di cui all’art.240 c.c., per l’inadempimento della promessa di matrimonio, possiamo far rife-rimento a quella dell’art. 351, in tema di divorzio640 o, ancora, all’art. 326, ri-guardante la rottura della convivenza more uxorio. L’art. 414, poi, prevede ilrisarcimento del danno morale (anche se la dottrina ritiene sia risarcibile ancheil cd. “daño al proyecto de vida”), fra l’altro, nel caso di mancato riconoscimentodel figlio naturale641, che però è diretto alla madre, e non al figlio.

E soprattutto l’art. 21, lett. c), della “Ley de Protección contra la ViolenciaFamiliar” prevede finalmente la possibilità di chiedere il risarcimento del danno(oltre che, lett. d), il riconoscimento di una “pensión de alimentos”), e questarappresenta, almeno nei casi di violenza, un’importante conquista che, ricor-

640 Peraltro, la norma riconosce il solo danno morale, anche se vi sono state, nell’ultimoquindicennio, numerose proposte di legge per il riconoscimento anche dei danni patrimoniali(v. González Ortega, cit., 227 ss. e 427 s.). Sulla catalogazione dei tipi di danno in Perù, laprevalente dottrina (v. J. Espinoza Espinoza, Derecho de la responsabilidad civil, VI ed., Ro-dhas, Lima 2011, 247 ss.; González Ortega, cit., 165 ss.; L. L. León Hilario, La responsabi-lidad civil. Líneas fundamentales y nuevas perspectivas, Normas Legales, Trujillo 2004, 181ss., anche se questi parla di “funcionalidad del “daño moral” e inutilidad del “daño a la per-sona””; L. Taboada Córdova, Elementos de la responsabilidad civil, Grijley, Lima 2003, 59ss.) opera una distinzione fra “daño patrimonial”, a sua volta distinguibile in “daño emer-gente” e “lucro cesante”, e “daño extrapatrimonial”, a sua volta distinguibile in “daño a lapersona” (cioè la lesione ai diritti esistenziali e non patrimoniali della persona) e il “dañomoral”, il quale, da ultimo, si divide in “daño moral subjectivo” (il dolore sofferto diretta-mente dalla vittima dell’illecito) e “daño moral afectivo” (inteso come lesione alla relazioneaffettiva con persone, animali o beni), cui può aggiungersi, poi, come si è visto, il “daño alproyecto de vida” (da intendersi come “el daño que compromete el ejercicio de la libertad ysu exteriorización fenoménica, por lo que lesione, destruye, hace imposible, total o parzial-mente, la realización de nuestro proyecto de vida”, v. Cervantes, cit., 130 s., e che non neces-sariamente coincide con il “daño al proyecto de vida matrimonial”, v. H. V. Caballero Pinto,La indemnización en los procesos de divorcio por separación de hecho. ¿Está en función deldaño al proyecto de vida matrimonial o es necesario que se acredite la existencia de dañosfísicos o psicológicos?, in Díalogo con la jurisprudencia, 138 (2010), 173), da taluni ricom-preso nel “daño a la persona” (Cervantes, cit., 130). Sulla responsabilità extracontrattuale inPerù, cfr. F. de Trazegnies Granda, La responsabilidad extracontractual (arts. 1969-1988),VII ed., II reimpr., PUCP, Lima 2005. Cfr. altresì J. Mosset Iturraspe, El daño a la personaen el codigo civil peruano, in AA. VV., Diez años. Codigo civil peruano, cit., 211 ss.; F. VidalRamírez, La responsabilidad civil, in J. L. de los Mozos – C. A. Soto Coaguila (dir.), Institu-ciones de Derecho Privado – 4 – Responsabilidad Civil. Derecho de Daños. Teoría generalde la responsabilidad civil, Juridica Grijley, Lima 2006, 203 ss.

641 Plácido Vilcachagua, cit., 394

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diamo, riguarda non soltanto i rapporti fra coniugi, ma anche, fra l’altro, i rapportifra genitori e figli642. La stessa Ley, e con essa la giurisprudenza643, riconoscepoi oggi una nozione più ampia di violenza, intendendola come “cualquier ac-ción u omisión que cause daño fisico o psicológico, maltrato sin lesión, inclusivela amenaza o coacción grave, asì como la violencia sexual” che abbia luogo trafamiliari.

Così, se in passato la giurisprudenza tendeva a negare il risarcimento conmotivazioni più o meno condivisibili, che andavano dalla mancanza di una do-manda esplicita del ricorrente644 alla mancanza di prova del nesso di causalità645,e dalla mancanza di prova che il coniuge fosse l’autore del danno646 all’insolitamotivazione per cui, essendo stato dimostrato che gli episodi di violenza eranonati da “apprezzamenti” rivolti dal marito alla moglie, era impossibile un inter-vento risolutore del giudice, dato che questi non poteva certo impedire ad unuomo di rivolgere “apprezzamenti” ad una donna647, la giurisprudenza più recentesembra essere più vicina all’esigenza di tutela delle vittime, arrivando addiritturaad affermare che ogni separazione o divorzio provoca un danno al coniuge piùdebole, risarcibile a prescindere dall’esistenza di un’esplicita domanda in talsenso648, e riconoscendo il danno psicologico che la separazione provoca nonsolo al coniuge abbandonato, ma anche, e soprattutto, ai figli minori649.

642 In dottrina (Ramos Ríos, cit., 191 s.) si è peraltro evidenziato come, nei casi di ag-gressioni endofamiliari, il risarcimento qui previsto e fissato discrezionalmente dal giudiceassuma una funzione non di risarcimento in senso stretto ma di “compensación, ya que graciasa él puede la víctima del perjuicio, según sus gustos y temperamento, procurarse sensacionesagradables que vendrán a compensar las dolorosas o desagradables sensaciones sufridaspor los maltratos familiares”

643 Exp. n° 98-17-13JF, in Umeres Altamirano, cit., 174. Similmente, Exp. n° 99-5320,in Umeres Altamirano, cit., 176 s.. Cfr. anche Ramos Ríos, cit., 49

644 Cas. n° 2449-2006-Cusco, in Diálogo con la jurisprudencia, 101 (2007), 116 e Cas.n° 4223-2007-Lima, da SPIJ

645 Cas. n° 283-2008-Ica, Lima, da SPIJ, e Cas. n° 4921-2008-Lima, in Diálogo con lajurisprudencia, 137 (2010), 170 ss., con nota di H. V. Caballero Pinto

646 Cas.n° 562-07-Arequipa, da SPIJ647 Cas. n° 5293-2007-Lima, da SPIJ648 Cas. n° 302-2007-Moquegua, in Jus – Jurisprudencia, 2008, 11, 125 ss., con com-

mento di V. Chávez de la Peña; Cas. n° 4097-2008-Tacna, da SPIJ; Cas. n° 96-2009-Junín,in Diálogo con la jurisprudencia, 139 (2010), 182 ss.; Cas. n° 1914-2009-Lima Norte, in Diá-logo con la jurisprudencia, 152 (2011), 133 ss., che afferma che il fatto che il coniuge chedomanda il risarcimento del danno abbia un lavoro non incide in alcun modo sulla quantifi-cazione del danno morale o personale causato dall’abbandono dell’altro coniuge. Cfr. altresìCas. n° 1080-07-Puno, da SPIJ

649 Cas. n° 3181-2009-Lima, da SPIJ

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Ma è sulla natura dell’“indemnización” di cui parlano le norme, e che ri-guarda le conseguenze pregiudiziali subite tanto dal coniuge quanto dai figli,che è importante segnalare una recente sentenza650, la quale, oltre ad aver con-fermato il principio, già in precedenza emerso nella giurisprudenza, per cui neiprocessi di famiglia si deve prescindere da un’applicazione troppo rigida delleregole di procedura civile651, ha stabilito, con valore vincolante, che nei processidi separazione e divorzio “la indemnización o la adjudicación de bienes tienela naturaleza de una obligación legal, cuya finalidad es corregir un evidentedesequilibrio económico e indemnizar el daño a la persona, resultante de la se-paración de hecho o del divorcio en sí; su fundamento no es la responsabilidadcivil contractual o extracontractual sino la equidad y la solidaridad familiar”,ciò valendo sia con riferimento al coniuge sia con riferimento ai figli.

Ora, a mio giudizio, tale soluzione solo apparentemente sembra essere diminore tutela per il coniuge che subisce la separazione e per i figli rispetto al-l’affermazione di un principio di responsabilità aquiliana. Infatti, come sotto-linea la stessa Corte che ha emesso la sentenza, a parte i vantaggi di ordineprocessuale sopra menzionati, “para establecer la indemnización no se re-quiere la concurrencia de todos los presupuestos de la responsabilidad civilcomún, particularmente no es necesario establecer factor de atribución alguno,como es el caso del dolo o la culpa en sentido estricto, ni la conducta antijurí-dica como requisito de procedencia de esta indemnización”, ma basta, sempli-cemente, dimostrare la sussistenza del nesso di causalità fra la separazione (o ildivorzio) e il danno. Ora, esaminato a livello generale il tema della responsabilitàtra coniugi e, soprattutto, tra genitori e figli in Perù, è opportuno soffermarsi sudue tipi di danno, oggetto di particolare attenzione nella dottrina peruviana:quello derivante dalla lesione del “derecho-deber de comunicación” e il cd.danno genetico.

650 Cas. n° 4664-2010-Puno, cit.. Il tema era infatti piuttosto discusso in dottrina, cfr. L.G. Alfaro Valverde, El ser y el deber ser de la denominada “Indemnización en caso de perjui-cio”, derivada de la causal de separación de hecho. Algunas notas en torno al esclrecimientode su auténtica naturalezza jurídica, in Diálogo con la jurisprudencia, 123 (2008), 147 ss.

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4. Il danno derivante dalla lesione del “derecho-deber de comunicación”

Dopo la separazione e il divorzio, anche in Perù, l’assegnazione dei figliad un genitore non deve impedire il mantenimento della comunicazione conil non affidatario (art. 422 c.c.), né tantomeno può giustificare l’esercizio diun’influenza sul figlio tale da porlo in una posizione di ostilità verso l’altrogenitore652: come si è visto nella Parte I di questo lavoro, è infatti fondamentaleche i figli mantengano, nei limiti consentiti dal nuovo assetto familiare, rap-porti equilibrati e regolari con entrambi i genitori653. A tale proposito, la dot-trina peruviana parla di un vero e proprio, anche se implicito, “derecho-deberde comunicación”654.

Così, nel caso in cui un genitore ostacoli l’altro nel mantenimento di talerapporto, l’art. 89 del “Código de los Niños y Adolescentes” consente a coluiche viene ostacolato di ricorrere al giudice, il quale, ex art. 91, potrà fra l’altromodificare il regime di visita.

651 “En los procesos de familia, como en los de alimentos, divorcio, filiación, violenciafamiliar, entre otros, el Juez tiene facultades tuitivas y, en consecuencia, se debe flexibilizaralgunos principios y normas procesales como los de iniciativa de parte, congruencia, forma-lidad, eventualidad, preclusión, acumulación de pretensiones, en atención a la naturaleza delos conflictos que debe solucionar, derivados de las relaciones familiares y personales, ofre-ciendo protección a la parte perjudicada, ello de conformidad con lo dispuesto en los artículos4 y 43 de la Constitución Política del Estado que reconoce, respectivamente, la protecciónespecial a: el niño, la madre, el anciano, la familia y el matrimonio, así como la fórmula po-lítica del Estado democrático y social de Derecho”. Nel testo della sentenza si precisa altresìche il giudice, qualora, nel corso dell’istruttoria, siano emerse prove in tal senso, può disporred’ufficio il risarcimento a favore di uno dei coniugi

652 Palacio Pimentel, cit., 357. Cfr. anche, sulla s.a.p. (sindrome di alienazione paren-tale), González Ortega, cit., 334

653 cfr. González Ortega, cit., 315 ss.. Per quanto riguarda l’esercizio della potestà, ana-logamente a quanto avveniva in Italia prima della legge sull’affidamento condiviso, il codicecivile peruviano prevede che la potestà venga esercitata, in caso di separazione, dal solo ge-nitore non affidatario. Tuttavia, in seguito alla riforma operata nel 2009 dalla “Ley de la te-nencia compartida” (n° 29269), che ha recepito le istanze in tal senso provenienti dalladottrina (González Ortega, cit., 367 ss.), il “Código de los niños y adolescentes” prevedeoggi, all’art. 81, la possibilità, per il giudice, di disporre la “tenencia compartida”. La ten-denza ad assicurare un rapporto stabile con entrambi i genitori è comunque presente in tuttal’America Meridionale: pensiamo, ad esempio, all’Argentina, in cui impedire il contatto tra ifigli minori e i genitori non conviventi è addirittura un reato penale (González Ortega, cit.,395 s.)

654 González Ortega, cit., 359. Cfr. anche Mejía Salas – Ureta Guerra, cit., 45 s.

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A tale rimedio la dottrina più avveduta655 ha aggiunto quello aquiliano, apatto, come di consueto, che sussistano tutti gli elementi costitutivi dell’illecitoextracontrattuale.

Così, una volta appurata l’esistenza, nell’ordinamento, del “derecho-deber de comunicación”, perché sorga un diritto al risarcimento del danno,non è sufficiente l’inadempimento del diritto-dovere di visita, ma è necessarioche ciò sia dovuto a dolo o colpa grave di uno dei genitori, non bastando lacolpa lieve656, e che possa essere ravvisabile un relazione di causalità (ade-guata) tra la violazione di tale diritto-dovere e il danno657.

Per quanto riguarda il tipo di danno risarcibile, dato per presupposto cheesso può venire causato tanto al figlio quanto all’altro genitore658, possiamodistinguere un danno morale, derivante dalla mancanza di comunicazione,così come il danno psicologico, derivante dalla mancanza di contatto personalee dal progressivo deterioramento della relazione parentale659.

5. “Danno genetico” e diritto peruviano

Altro tipo di danno oggetto di una particolare attenzione da parte di certadottrina peruviana è il cd. “danno genetico”, che rappresenta un caso emble-matico per esaminare quella tendenza, certo non solo peruviana, ad un pro-gressivo passaggio, nella responsabilità civile, dal sistema tradizionale, basatosulla colpa, ad un sistema basato sul rischio, a prescindere dall’elemento sog-

655 González Ortega, cit., 359 s.656 González Ortega, cit., 361 s.657 Peraltro, alla luce di Cas. n° 4664-2010-Puno, cit., anche in tal caso il fondamento

del diritto al risarcimento del danno potrebbe essere ravvisato nei principi generali di solida-rietà familiare, e quindi potrebbe riconoscersi il risarcimento in presenza del nesso di causalitàfra condotta e danno e a prescindere dalla sussistenza dell’elemento psicologico

658 González Ortega, cit., 362659 González Ortega, cit., 362. La stessa dottrina (González Ortega, cit., 429) auspica

la creazione di tabelle che quantifichino il danno risarcibile

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gettivo. Infatti, se il codice del 1984, senza dubbio, ha mantenuto il principiogenerale della colpa, è altresì vero che, all’art. 1970, ha introdotto la respon-sabilità per rischio660, che negli ultimi anni, appunto, ha conosciuto una forzaespansiva straordinaria, dando vita a nuove ipotesi di responsabilità civile e anuovi danni risarcibili661.

Per quanto riguarda il danno genetico, è evidente che, per essere risarci-bile, non deve necessariamente essere previsto specificamente in una norma,bastando le norme generiche di cui agli artt. 1969 e 1970 c.c. peruviano. Siè già visto, nella prima parte di questo lavoro, come tale tipo di danno, cui ab-biamo fatto riferimento con l’espressione “responsabilità da concepimento”,derivante da un supposto “diritto a nascere sani”, possa ben essere causato daigenitori con l’atto stesso del concepimento662: ci si rifà, a questo proposito, alceleberrimo e già menzionato precedente del Tribunale di Piacenza del 1950,citato dalla stessa dottrina peruviana663, dottrina che peraltro espone sia la tesifavorevole al danno genetico sia quella contraria.

Tuttavia, questa stessa dottrina664 preferisce non ricorrere allo schemadella responsabilità per rischio665, ritenendo invece che i genitori debbano es-sere considerati responsabili solo quando conoscano o abbiano potuto cono-scere la possibilità di causare un danno genetico666.

660 Vidal Ramírez, cit., 208 ss.661 Taboada Córdova, cit., 113 ss.. In materia di bioetica, un altro problema, già esami-

nato, con riferimento al diritto italiano, nella Parte I di questo lavoro, concerne il trattamentomedico del minore. Su di esso, cfr., per una prospettiva comparatistica, O. Díaz Muñoz, Laobjeción de conciencia del menor en los tratamientos medicos, in Derecho PUC, 2003, 859ss., che sottolinea, fra l’altro, come il fatto che, nel caso in cui i genitori neghino il consensoad un trattamento indispensabile per il minore, vi sia il consenso “sostitutivo” del giudice, di-mostra che la potestà, oggi, lungi dall’essere un potere assoluto sui figli, deve cedere il passodi fronte ai diritti fondamentali di questi ultimi

662 Vi è poi un danno genetico derivante dall’uso delle tecniche di riproduzione assistita,ma in tal caso emergono, più che altro, i profili di responsabilità del personale sanitario, chenon ci interessano in questa sede (Taboada Córdova, cit., 119)

663 Taboada Córdova, cit., 120 s.664 Taboada Córdova, cit., 123 s.665 Sostiene, invece, l’applicazione di un criterio generale di responsabilità per rischio

nella famiglia, e non solo con riferimento al danno genetico, J. Mosset Iturraspe, Los factoressubjectivos de atribución de la responsabilidad en las relaciones familiares, cit., 12 s.

666 Anche qui, valgano le considerazioni già svolte in nota sulla potenziale portataespansiva di Cas. n° 4664-2010-Puno, cit.

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6. La responsabilità dei genitori verso i terzi per fatto dei figli: codicecivile italiano e peruviano a confronto

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità dei genitori nei confrontidei terzi per fatto dei figli, nel codice civile peruviano, ci sono tre norme so-stanzialmente corrispondenti ai nostri artt. 2047 e 2048 c.c.667: si tratta degliartt. 1975-1976-1977, che riguardano, rispettivamente, la responsabilità degli“incapaces con discernimento”, quella degli “incapaces sin discernimiento”e l’“indemnización equitativa”. Appare opportuno, innanzitutto, procedere allalettura di tali norme. L’art. 1975 afferma: “La persona sujeta a incapacidadde ejercicios queda obligada por el daño que ocasione, siempre que haya ac-tuado con discernimento. El representante legal de la persona incapacitadaes solidariamente responsable”. L’art. 1976 prosegue poi dicendo: “No hayresponsabilidad por el dano causado por persona incapàz que haya actuado,sin discernimiento, en cuyo caso responde su representante legal”668.

Infine, l’art. 1977 precisa: “Si la víctima no ha podido obtener reparaciónen el supuesto anterior, puede el juez, en vista de la situación economica delas parte, considerar una indemnización equitativa a cargo del autor directo”.

Già da un rapido esame, emerge che l’art. 1975 c.c. peruviano è analogoall’art. 2048 c.c. italiano669, l’art. 1976 c.c. peruviano all’art. 2047, 1° comma,c.c. italiano e l’art.1977 c.c. peruviano all’art. 2047, 2° comma, c.c. italiano.

667 cfr., in particolare, Espinoza Espinoza, cit., 398. E’ nota, del resto, l’influenza delcodice civile italiano del 1942 sul codice civile peruviano del 1984, specie in materia di re-sponsabilità extracontrattuale (J. Espinoza Espinoza, La Influencia de la Experiencia JurídicaItaliana en el Código Civil Peruano en Materia de Responsabilidad Civil, in Advocatus, 8(2003), 219 s.)

668 La dottrina peruviana discute poi sull’esistenza o meno di una responsabilità del-l’incapace “sin discernimiento” nel caso in cui vi sia la violazione di norme di responsabilitàoggettiva (sostiene la tesi della non responsabilità, ritenendo che, se da una parte il fattoreoggettivo prescinde dall’intenzionalità dell’agente, tuttavia “no se debe olvidar que un priusfrente a todo el sistema de responsabilidad civile es el de la capacidad del agente dañino”,Espinoza Espinoza, ultimo cit., 223 s.)

669 Più precisamente, l’art. 1975 c.c. peruviano vigente ha origine dall’art. 1139 del co-dice del 1936, a sua volta identico alla corrispondente norma del progetto italo-francese (J.León Barandiaran, Tratado de derecho civil peruano, Tomo IV, Walter Gutierrez, Lima 1992,381), ed è ripetuto nell’art. 458 c.c. peruviano vigente con riferimento al minore d’età (“elmenor capaz de discernimiento responde del daño causado por sus actos ilícitos”)

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In particolare, si può notare la differenziazione fra incapaci “con discerni-mento” e “sin discernimento”, che richiama il nostro discrimine fra capaci eincapaci d’intendere e di volere670, che, come si è visto, non corrisponde alladistinzione fra capaci ed incapaci legali671, e nemmeno a quella fra imputabilie non imputabili prevista dal codice penale, e ciò vale anche per il diritto pe-ruviano672. Per quanto riguarda l’onere della prova, la migliore dottrina peru-viana673 ritiene, analogamente a quanto afferma la nostra dottrina maggioritaria(e al contrario della nostra giurisprudenza), che vi sia una presunzione di man-canza di discernimiento, cioè di incapacità, del minore o dell’interdetto.

Può altresì essere messa in evidenza la differenziazione fra il risarci-mento di cui agli artt. 1975-1976 e l’ “indemnización equitativa” di cui all’art.1977674, anch’essa, come l’indennizzo di cui all’art. 2047, 2° comma, c.c. ita-liano, subordinata alla dimostrazione dell’impossibilità di ottenere un risarci-mento dal rappresentante legale e ad una valutazione, da parte del giudice,delle condizioni economiche delle parti675. Tuttavia, mentre la nostra dottrinaafferma che l’indennizzo di cui all’art. 2047, 2° comma, c.c. italiano può essereinferiore o anche uguale al risarcimento che sarebbe spettato ove l’agente fossestato capace, la dottrina peruviana676 ritiene invece che l’indennizzo debba es-sere in ogni caso inferiore al risarcimento. Viceversa, nessuna differenza pare

670 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 221671 cfr. León Barandiaran, cit., 381 s.672 in quanto l’imputabilità penale, per il diritto peruviano, è dai 18 anni (cfr. Espinoza

Espinoza, ultimo cit., 221 s.)673 León Barandiaran, cit., 383. Cfr. però anche V. Guevara Pezo, Responsabilidad civil

de los adolescentes, in R. M. Reusche Lari (ed.), La adolescencia: desafio y decisiones,UNIFE, Lima 1999, 475, secondo il quale gli adolescenti, cioè i minori di età compresa fra i12 e i 18 anni, sono, quasi sempre, “provistos de discernimientos”, specie nelle classi socialipiù umili

674 Cfr. León Hilario, Incapacidad de discernimiento e indemnización equitativa, cit., 116675 analogamente all’art. 907 c.c. argentino. Peraltro, l’art. 1140 del codice peruviano

previgente faceva riferimento solo, e più genericamente, alla “situación de las partes”, conciò indicando, secondo il parere della migliore dottrina (León Barandiaran, cit., 385), a suavolta richiamantesi agli Autori tedeschi, in primis le condizioni economiche, ma non soltanto,potendo il giudice far riferimento anche, ad esempio, al grado di sviluppo mentale dell’agente,alle modalità del fatto e alle condizioni sociali delle parti

676 León Barandiaran, cit., 386

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ravvisarsi fra il rapporto di solidarietà passiva, con possibilità di rivalsa delprimo sul secondo677, esistente fra rappresentante e “incapaz con discerni-mento” di cui all’art. 1975 c.c. peruviano e quella prevista dall’art. 2048 c.c.italiano.

Una differenza di non poco momento è data, invece, dai soggetti respon-sabili. Mentre il nostro codice all’art. 2047 fa riferimento al sorvegliante e al-l’art. 2048 a genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, il codice peruvianoparla, sia nell’art. 1975 che nell’art. 1976, solo di “representante legal”, cheevidentemente non coincide necessariamente con il sorvegliante678 né tanto-meno con i precettori e i maestri d’arte. Dunque, il rapporto fra soggetto re-sponsabile e minore (o maggiore d’età interdetto o comunque incapace) puòessere solo la patria potestà, la tutela o la curatela679, mentre nel nostro codice,evidentemente, i soggetti di cui agli artt. 2047 e 2048 non sono necessaria-mente i rappresentanti legali680.

Tuttavia, in dottrina681 si ritiene che gli artt. 1975 e 1976 c.c. peruvianovadano interpretati estensivamente, per cui, nel caso in cui l’autore del dannomanchi di rappresentanti legali, deve rispondere per lui “quien lo tiene bajosu cuidado”682, come, ad esempio, il fratello maggiore, lo zio, la conviventedel padre morto, che diventa, così, una sorta di rappresentante di fatto. Si trattadi un’interpretazione estensiva simile a quella che la dottrina italiana, con ri-ferimento all’art. 2048 c.c., ha fatto a proposito della nozione di genitore.

La mancanza di una norma sulla responsabilità del sorvegliante analogaal nostro art. 2047683 o di precettori e maestri d’arte analoga al nostro art.2048, 2° comma, porta poi il sistema giuridico peruviano a ravvisare una re-sponsabilità di tali soggetti per altra via. Così, se il minore si trova con unababy-sitter, il genitore sarà comunque responsabile verso i terzi in quanto la

677 León Barandiaran, cit., 404678 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 227679 cfr. Espinoza Espinoza, Derecho de la responsabilidad civil, cit., 397 s.680 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 402681 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 399 s.682 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 399683 cfr. Espinoza Espinoza, ultimo cit., 402

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baby-sitter costituisce la sua longa manus, e non vi è interruzione del nessocausale, mentre la baby-sitter sarà responsabile, ex contractu¸ nei rapporti in-terni col genitore684 (e non, dunque, come da noi, anche verso i terzi). Analo-gamente, se il minore si trova nel suo collegio e cagiona un danno ad un terzo,vi sarà una responsabilità, oggettiva della struttura ex art. 1981 c.c. (“respon-sabilidad por daño del subordinado”), oppure, se il minore causa un dannoad un compagno di scuola, potrà invocarsi la responsabilità contrattuale ex art.1325 c.c.685. La solidarietà passiva di genitori e maestri nei confronti del terzodanneggiato, che, come si è visto, sussiste indubbiamente nel nostro art. 2048c.c., viene “recuperata” pure nel diritto peruviano con il ricorso all’art. 1983c.c., che prevede la responsabilità solidale fra i corresponsabili del danno686.

7. La natura della responsabilità ex artt. 1975-1976-1977 c.c. peruviano

Si pone, a questo punto il problema di stabilire la natura di questa respon-sabilità, e per farlo, anche qui, è necessario ripercorrere la storia delle normein questione. Il codice peruviano del 1852, infatti, all’art. 2194 prevedeva unaresponsabilità del padre, e, in mancanza, della madre, per i danni causati daifigli e la possibilità di esimersi da tale responsabilità per fatto altrui ove sifosse dimostrato di non aver potuto impedire il fatto dannoso, per cui si trat-tava, in tutta evidenza, di una presunzione di colpa juris tantum687.

Il codice del 1936, poi, dopo il disposto dell’art. 1142, secondo il quale “elpadre, en su defecto, la madre, y el tutor o curador son responsables por el dañoque causen sus hijos menores o personas sujetas a su guarda”, prevedeva, al-l’art.1143, la possibilità, per il giudice, di diminuire equitativamente il risarci-

684 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 404685 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 404686 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 404687 León Barandiaran, cit., 391 s.. Cfr. anche Espinoza Espinoza, ultimo cit., 400 s.

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mento ove tali soggetti dimostrassero di non aver potuto impedire il fatto dan-noso688. In ciò vi era un’importante novità: i soggetti di cui all’art. 1142 non po-tevano andare totalmente esenti da responsabilità, ma potevano soltanto ottenerela diminuzione del risarcimento. Peraltro, curiosamente, accanto alla loro re-sponsabilità, il codice peruviano del 1936 prevedeva (analogamente al codiceattuale) la possibilità di chiedere il risarcimento anche all’incapace, che venivacosì gravato da una responsabilità oggettiva, responsabilità che andava, così, a“sommarsi” con quella dei soggetti di cui all’art. 1142689.

In ciò, la migliore dottrina peruviana690, richiamandosi alla Relazione alcodice, ravvisava la dimostrazione che il riferimento alla culpa in vigilando691,o perlomeno alla sola culpa in vigilando, fosse soltanto una fictio juris, e inrealtà l’art. 1143 fosse un ibrido: alla base di esso, così, vi era, da una parte, ilprincipio del rischio, che impediva un’esenzione totale dalla responsabilità,dall’altra il principio della colpa, legato ad una particolare relazione causaletra fatto e risultato. Il risultato era una norma, per così dire, “intermedia, teó-ricamente inadmisible”692, per cui poteva sì, trattandosi di una presunzionejuris tantum¸ dimostrarsi la mancanza di colpa dei soggetti sopra indicati, mala conseguenza di tale dimostrazione non era, come sarebbe stato logico, l’eli-minazione dell’obbligazione risarcitoria, ma la sua riduzione693 .

688 E’ da notare, però, come la prova liberatoria, nel codice del 1936, analogamente alnostro attuale codice e, solo per fare un esempio, sempre in America Meridionale, nel già esami-nato codice argentino (artt. 1116-1117), e diversamente dal codice peruviano del 1852, fosse con-cessa solo a genitori, tutori e curatori, e non ai padroni e committenti (cfr. León Barandiaran, cit.,392 s.)

689 León Barandiaran, cit., 393690 León Barandiaran, cit., 392 ss.691 Più precisamente, con riferimento ai soggetti di cui all’art. 1143 c.c. peruviano del 1936,

si parlava di guardador, ma comunque si precisava che la dimostrazione della mancanza di colpadoveva riguardare tanto la vigilanza quanto l’educazione (León Barandiaran, cit., 95)

692 León Barandiaran, cit., 394693 León Barandiaran, cit., 394. E’ evidente l’analogia fra questa critica alla norma del co-

dice peruviano e quella, già esaminata, alla norma del nostro codice, sviluppata da FrancescaGiardina ne La condizione giuridica del minore: in entrambi i casi, viene messo in evidenza chefar incontrare, in un unico articolo, i principi della responsabilità oggettiva e della responsabilitàper colpa non può che dar vita ad un monstrum giuridico, un ibrido che inevitabilmente generaserie difficoltà nell’applicazione giurisprudenziale. E’ da notare, poi, che la dottrina peruvianadell’epoca, per limitare gli effetti incoerenti dell’impostazione codicistica, finiva per negare laresponsabilità indiretta del curatore nei casi in cui la perdita della capacità legale fosse dovuta acasi diversi dalla mancanza di raziocinio (pensiamo, ad esempio, ai prodighi). Tale soluzione nonè stata seguita dal legislatore peruviano del 1984 che, invece, ha inteso rendere responsabile ilrappresentante legale di qualsiasi tipo di incapace, per quanto vi siano autori (Espinoza Espinoza,ultimo cit., 401 ss., v. infra) che sostengono la necessità di mantenere tale distinzione

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In giurisprudenza694, poi, nella vigenza del codice del 1936, si era passatida una fase iniziale in cui veniva effettivamente ammesso l’esonero dalla re-sponsabilità ove il fatto fosse stato “obra de la fatalidad”, ad una fase succes-siva in cui, invece, si era passati a riconoscere una responsabilità oggettiva.

Tale tendenza giurisprudenziale ha trovato un riflesso nell’attuale codiceperuviano, che non prevede alcuna prova liberatoria: dunque, verificati i re-quisiti previsti dalla legge, “automáticamente el representante legal se con-vierte en responsable indirecto por los hechos del incapaz a su cargo”695.

Così, mentre nel codice previgente si parlava di culpa in vigilando (o, piùcorrettamente, di un ibrido fra imputazione per colpa e responsabilità ogget-tiva), nel codice attuale il fondamento della responsabilità ex art.1975 è unfattore oggettivo, totalmente estraneo alla nozione di colpa del rappresentante,che non può in alcun modo liberarsi dalla responsabilità invocando l’assenzadella stessa696.

Per quanto riguarda, invece, l’art. 1976, parte della dottrina697, quella stessasecondo cui l’art. 1975 sarebbe un esempio di responsabilità oggettiva, lo con-sidera un esempio di responsabilità per fatto proprio del rappresentante legale,mentre altra parte (maggioritaria)698 considera indiretta tanto la responsabilitàdi cui all’art. 1975 quanto quella di cui all’art. 1976 c.c., ritenendo che il rap-

694 Sull’excursus storico, v. Espinoza Espinoza, ultimo cit., 397 s., in nota695 Toboada Córdova, Elementos de la responsabilidad civil, Grijley, Lima 2003, 109696 C. D. Cortez Pérez, La responsabilidad civil subsidiaria en el Derecho peruano, in

Actualidad jurídica, 212 (2011), 79; Toboada Córdova, cit., 109 s.. Continua però a parlaredi culpa in vigilando e di responsabilità diretta, almeno con riferimento all’art. 1976, GuevaraPezo, cit., 476

697 Toboada Córdova, cit., 110698 J. A. Beltrán Pacheco, Artículo 1975. Responsabilidad de incapaces con discerni-

mento, in AA. VV., Código civil comentado. Comentan 209 especialistas en las diversas ma-terias del derecho civil – Tomo X – Responsabilidad Extracontractual. Prescripción yCaducidad – Registros Públicos – Derecho Internacional Privato – Título Final, III ed., Ga-ceta Juridica, Miraflores 2010, 127, che peraltro precisa che, per quanto riguarda l’elementosoggettivo nell’incapace, potrà ben trattarsi, eventualmente, anche dell’esercizio di un’attivitàpericolosa e, quindi, di un’ipotesi di responsabilità oggettiva, e Id., Artículo 1976. Responsa-bilidad del representante de incapaces con discernimento, in AA. VV. Código civil comentado,cit., 128, in cui, diversamente da quanto ritenuto dalla giurisprudenza italiana, si afferma chel’art. 1976 impone al rappresentante anche l’obbligo di evitare che il minore danneggi séstesso; González Ortega, cit., 162 s., che parla di responsabilità oggettiva, in quanto il rap-presentante non può esimersi da responsabilità invocando l’assenza di colpa; León Barandia-ran, cit., 390 ss.; H. G. Palacio Pimentel, Manual de derecho civil – Tomo II, IV ed., Huallaga,Lima 2004, 795

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presentante venga gravato dell’obbligo di risarcire il danno causato dall’inca-pace poiché è colui che si trova nella posizione migliore per prevenirlo699, equindi afferma che il guardador possa rivalersi per l’intero sull’”incapaz condiscernimento”, e considera oggettiva la responsabilità di cui all’art. 1977 c.c.peruviano700, trattandosi di un esempio di responsabilità senza colpa. Tuttavia,merita una particolare attenzione la tesi di un Autore estremamente attento, eaperto al confronto con altri ordinamenti, e soprattutto con quello italiano, J.Espinoza, il quale ritiene di doversi discostare dalle posizioni sopra menzionate,e considera la responsabilità di cui agli artt. 1975 e 1976 c.c. peruviano comeesempi di responsabilità diretta ed oggettiva701.

Secondo questo Autore, il codice del 1984, nell’art. 1975, persevererebbenell’errore commesso dall’art. 1139 del codice del 1936, che parlava, generica-mente, di incapaci, senza distinguere il caso in cui l’incapace legale fosse taleper mancanza delle sue facoltà mentali da tutti quelli in cui “el discernimentono ha sido la causa para la declaración de incapacidad”702, come accade, adesempio, per il prodigo. Ecco che allora, a suo giudizio, si impone un’interpre-tazione restrittiva di tale norma, analogamente a quanto già aveva fatto la dot-trina nella vigenza del codice del 1936703, in modo che si configuri una

699 Beltrán Pacheco, ultimo cit., 128700 León Barandiaran, cit., 384 e 393; Palacio Pimentel, ultimo cit., 796. Cfr. altresì J.

A. Beltrán Pacheco, Artículo 1977. Indemnización equitativa del daño causado por incapaz,in AA. VV. Código civil comentado, cit., 129 ss.. León Hilario, ultimo cit., 136 ss., invece,aderisce alla tesi, già vista con riferimento all’art. 2047, 2° comma, c.c. italiano, dell’“espul-sione” della figura dall’area della responsabilità civile, e ciò in base alla differenza termino-logica fra “indemnización equitativa” e “resarcimiento”, e, richiamandosi al Corsaro, sostieneche il fondamento di tale indennizzo non è dato dal fatto che è stato prodotto un danno, madal fatto ulteriore “de que las condiciones económicas de las partes son distintas entre sí”,cosicché, più che di un’ipotesi di responsabilità civile, appare corretto parlare, come sostieneMonateri, di un principio di social security a favore del terzo

701 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 396. Si è visto, nella Parte I di questo lavoro, innota, come vi siano divergenze in dottrina a proposito dell’identità o meno fra responsabilitàper fatto altrui, responsabilità indiretta e responsabilità oggettiva: evidentemente, EspinozaEspinoza può essere annoverato fra coloro che ritengono che non vi sia coincidenza fra il con-cetto di responsabilità indiretta e quello di responsabilità oggettiva

702 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 402. Cfr. altresì Espinoza Espinoza, La Influenciade la Experiencia Jurídica Italiana en el Código Civil Peruano en Materia de ResponsabilidadCivil, cit., 226 s.

703 v. Espinoza Espinoza, ultimo cit., 227

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responsabilità del rappresentante per danni causati dall’incapace “con discer-nimento” solo nel caso in cui questi si trovi “bajo su cuidado personal”704, e ciònon per una colpa, ma perché egli è colui che, “obiettivamente”, si trova nellaposizione migliore per evitare il danno (analogo discorso deve farsi per l’art.1976). In caso contrario, si finirebbe (come, appunto, in assenza di un’interpre-tazione che ne restringa la portata, fanno gli artt. 1975 e 1976) per parificare laposizione dei genitori, che correttamente devono rispondere dei danni causatidai figli, per le ragioni di cui sopra, a quella di altri soggetti, come il curatoredel prodigo, i quali, essendo spesso avvocati o altri funzionari e avendo un com-pito, essenzialmente, di conservazione del patrimonio dell’incapace, effettiva-mente è irragionevole che debbano farsi carico di una simile responsabilità, nontrovandosi, essi, nella posizione migliore per evitare il danno705.

704 Espinoza Espinoza, ultimo cit., 288; Id., Derecho de la responsabilidad civil, cit., 403705 v. Espinoza Espinoza, ultimo cit., 403; Id., La Influencia de la Experiencia Jurídica

Italiana en el Código Civil Peruano en Materia de Responsabilidad Civil, cit., 228

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SEZIONE III

LA RESPONSABILITÀ DEI GENITORI IN BRASILE

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1. Responsabilità endofamiliare e novità normative in Brasile

Dopo aver esaminato la materia dal punto di vista degli ordinamenti cileno,uruguayano, argentino, colombiano e peruviano, passiamo ora all’analisi dellastessa dal punto di vista del “gigante” del Sudamerica, il Brasile.

Per quanto riguarda la responsabilità dei genitori nei confronti dei figli706,anche qui si è avuta un’evoluzione (soprattutto in dottrina e, ultimamente, dopoun percorso travagliato, anche in giurisprudenza707) nel senso di riconoscere unatutela di tipo aquiliano all’interno della famiglia708, basata sull’affermazionedella piena giuridicità dei doveri familiari709 e finalizzata a rendere effettivianche fra le mura domestiche i diritti fondamentali della persona costituzional-mente garantiti. Tale evoluzione è stata resa possibile non solo, come in Italia,quasi esclusivamente dal nuovo atteggiamento delle corti di legittimità e di me-rito, ma anche da fondamentali modifiche normative710: pensiamo alla promul-

706 Sulla responsabilità civile in famiglia, cfr., in generale, v. C. Chaves de Farias – N.Rosenvald, Direito das famílias, II ed., Lumen Juris, Rio de Janeiro 2010, 87 ss.; P. L. NettoLôbo, Famílias Contemporâneas e as Dimensões da Responsabilidade, in Cunha Pereira, Fa-mília e responsabilidade: teoria e prática do direito de família, IBDFAM: Magister, Belo Ho-rizonte – Porto Alegre 2010, 11 ss.; S. de Salvo Venosa, Direito civil. Responsabilidade civil,XI ed., Atlas, São Paulo 2011, 318 ss.; Ê. Santarelli Zuliani, Direito de Família e responsa-bilidade civil, in Revista do Advogado, 112 (2011), 30 ss.; R. B. Tavares da Silva, Afetividadee responsabilidade nas relaçoes de família, in Revista do advogado, 91 (2007), 112 ss.. Sultema dell’abuso del diritto in famiglia, e sull’importanza della fiducia tra familiari, sia nellerelazioni patrimoniali che in quelle personali, cfr. C. Chaves de Farias, Variações do Abusodo Direito nas Relações de Família: o Venire Contra Factum Proprium, a Supressio/Surrectio,o Duty to Mitigate the Loss e a Violação Positiva do Contrato, in Cunha Pereira, cit., 199 ss.

707 che, invece, fino a poco tempo fa, era più restia sul punto (Carvalho Ribeiro, cit.,37). Il punto d’approdo dell’evoluzione giurisprudenziale è, per il momento, Superior Tribunalde Justiça, Recurso Especial n. 1159242 – SP (2009.0193701-9), Terceira Turma (DJ10.05.2012), 24 de avril 2012, sentenza la quale chiaramente afferma che “não existem re-strições legais à aplicação das regras relativas à responsabilidade civil e o consequente deverde indenizar/compensar, no Direito de Família”

708 cfr. Calmon Nogueira da Gama, Parte Geral, cit., 37709 Carvalho Ribeiro, cit., 33710 cui si aggiungono, ovviamente, le convenzioni internazionali in materia ratificate dal

Brasile, su cui v. C. M. da Silva Pereira – T. da Silva Pereira (revista e atualizada por), Institui-ções de direito civil. Volume V. Direito de família, XIX ed., Forense, Rio de Janeiro 2011, 47

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gazione della Costituzione Federale del 1988711 e del Codice Civile del 2002712,i quali pongono entrambi al centro la persona, nonché, analogamente ad altriPaesi dell’America Meridionale, all’“Estatuto da Criança e do Adolescente”(Lei n. 8069/90)713. E’interessante notare che, anche qui, come si era visto conriferimento al “Código de los Niños y Adolescentes” peruviano, la visione èquella di diritti del minore che devono essere rispettati e garantiti “prioritaria-mente, não só pela família, pela sociedade, como também pelo Estato (art. 4°e parágrafo único), sob pena de responderem pelos danos causados”714: è la cd.dottrina della “protezione integrale” del minore, in cui famiglia, Stato e societàconcorrono ad assicurargli l’effettività dei suoi diritti715.

711 che, fra l’altro, ha stabilito l’uguaglianza tra figli legittimi e naturali (cfr. L. E. Fachin,Direito de família. Elementos críticos à luz do novo Código Civil brasileiro, II ed., Renovar,Rio de Janeiro – São Paulo 2003, 224, in R. Pereira Lira [coord.], Curso de direito civil), pas-saggio fondamentale per il riconoscimento della responsabilità genitoriale: in passato, essendoil genitore del figlio illegittimo del tutto “libero”, da un punto di vista giuridico, era anche deltutto irresponsabile (Netto Lôbo, cit., 20). Sulla rilettura del diritto civile alla luce del dirittocostituzionale, cfr. W. Louzada Bernardo, Dano moral por abandono afetivo: uma nova espéciede dano indenizável?, in G. Tepedino – L. E. Fachin (org.), Diálogos sobre Direito Civil. VolumeII, Renovar, Rio de Janeiro 2008, 476 s.. Cfr. altresì Salvo Venosa, cit., 318 s.

712 cfr. W. de Barros Monteiro – A. C. de Barros Monteiro França Pinto, Curso de direitocivil 1. Parte geral, XLII ed., III ristampa (2010), Saraiva, São Paulo 2009, 342; Barros Mon-teiro – Tavares da Silva, Direito de família, cit., 33 ss.

713 L’Estatuto, all’art. 2, stabilisce che è “criança” la persona di età inferiore ai 12 anni,e adolescente quella di età compresa fra 12 e 18 anni (cfr. W. Paes de Lira, Direito da Criançae do Adolescente à Convivência Familiar e uma Perspectiva de Efetividade no Direito Bra-sileiro, in Cunha Pereira, cit., 525). E’ importante osservare, altresì, come la medesima leggepreveda, all’art. 208, una vera e propria azione di responsabilità civile nel caso in cui il minoresia stato pregiudicato dalla mancata offerta o dall’offerta irregolare di una serie di servizi sco-lastici, sanitari e sociali, autorizzando il giudice, all’art. 213, a proporre una multa giornaliera,riconducibile al modello delle astreintes, al reo, a prescindere da una richiesta di parte in talsenso (cfr. M. H. Diniz, Curso de Direito Civil Brasileiro. 5. Direito de Familia, XXVI ed.,Saraiva, São Paulo 2011, 740 ss.; Id., Curso de Direito Civil Brasileiro. 7. ResponsabilidadeCivil, XXV ed., Saraiva, São Paulo 2011, 654 ss.). Oltre a ciò, all’art. 228 prevede delle san-zioni penali per gli atti commessi contro bambini e adolescenti (cfr. Diniz, Direito de Familia,cit., 742 ss.), mentre gli artt. 245 ss. prevedono alcune ipotesi di responsabilità amministrativa(cfr. Diniz, ultimo cit., 748 ss.). Cfr. altresì Dantas Vilela, cit., 470

714 Diniz, ultimo cit., 713. Cfr. anche Netto Lôbo, cit., 20 e Paes de Lira, cit., 527715 v. T. M. Macena de Lima, Responsabilidade civil dos pais por negligência na edu-

cação e formação escolar dos filhos: o dever dos pais de indenizar o filho prejudicado, in R.da Cunha Pereira (coord.), Afeto, ética, família e o novo código civil brasileiro: anais do IVCongresso Brasileiro de Direito de Família, IBDFAM: Del Rey, Belo Horizonte 2004, 622s.; Paes de Lira, cit., 527. Cfr. altresì M. B. Dias, Manual de Direito das Famílias, V ed., IIristampa, Revista dos Tribunais, São Paulo 2009, 383

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In tale ottica, dunque, i doveri genitoriali tradizionali, come quello di edu-cazione, diventano un mezzo per l’attuazione di quei diritti del minore garantitidai suddetti testi normativi716. Ciò è avvenuto parallelamente ad un’evoluzionedel “pátrio poder” trasformatosi in un “poder familiar” che è diventato così undiritto-dovere717 (analogamente, del resto, alla potestà in Italia), anch’esso fi-nalizzato a far godere il figlio di tutti quei diritti fondamentali garantitigli dallaCostituzione718: il figlio non è più un soggetto passivo ma, anzi, soggetto attivodi una relazione col genitore basata su un principio di uguaglianza719.

716 Macena de Lima, cit., 624. E’ evidente, dunque, come al minore debbano essere ri-conosciuti, anche all’interno della famiglia, i diritti fondamentali, come quello alla riservatezza(pure in ambito sessuale), che può essere messo da parte solo in presenza di un principio su-periore, come quello del best interest del minore (M. L. Delgado, Direito da Personalidadenas Relações de Família, in R. da Cunha Pereira, Família e Dignidade Humana. Anais do VCongresso Brasileiro de Direito de Família, IBDFAM: IOB Thomson, Belo Horizonte – SãoPaulo 2006, 722 ss.), e dunque sia applicabile l’art. 12 c.c. brasiliano, che prevede la risarci-bilità del danno derivante dalla loro violazione (Delgado, cit., 733 ss., che peraltro precisache il danno morale non è il pretium doloris, data l’impossibilità di misurare quest’ultimo,ma “simplesmente o dano decorrente de violação a direito da personalidade, pouco impor-tando os aspectos subjetivos da vítima”)

717 Diniz, ultimo cit., 588 s.; Fachin, cit., 244; C. Fiuza, Direito civil. Curso completo,XV ed., Del Rey, Belo Horizonte 2011, 1077; S. Rodrigues, Direito civil. Direito de família,XXVIII ed., IV ristampa (2007), Saraiva, São Paulo 2004, 355. Peraltro, la trasformazionedel “pátrio poder” in “poder familiar”, intesa come passaggio dalla potestà come autoritàalla potestà come diritto-dovere, è stata graduale, ed era praticamente già realizzata quandofu consacrata dalla mutazione dell’espressione linguistica utilizzata (Silva Pereira – Silva Pe-reira, cit., 449). Bisogna inoltre osservare come la potestà spetti ad entrambi i genitori anchedopo la separazione, per cui continueranno, anche in tal caso, ad esercitarla congiuntamente(M. A. Zaratin Lotufo, Volume 5. Direito de Família, Revista dos Tribunais, São Paulo 2002,255, in E. A. Cambler, Curso avançado de direito civil). Cfr. altresì S. Skaf, Responsabilidadecivil decorrente de abandono afetivo paterno – filial, in http://www.mp.mg.gov.br/portal/pu-blic/interno/repositorio/id/19798, 2 ss. e S. Soares da Rocha Xaubet, Responsabilidade civile poder familiar no direito brasileiro: uma discussão à luz da legislação e doutrina, inhttp://siaibib01.univali.br/pdf/Susana%20Soares%20da%20Rocha%20Xaubet.pdf, 44 ss.

718 La dottrina (Diniz, ultimo cit., 600) parla del “poder familiar” come di un munuspubblico, da esercitarsi, appunto, nell’interesse dei minori e sotto il controllo dello Stato, e atale opera di controllo sono riconducibili quelle norme che prevedono, ad esempio, la sospen-sione dello stesso, quando il suo esercizio si verifichi in pregiudizio del figlio. Cfr. anche R.Dantas Vilela, Algumas reflexões sobre responsabilidade civil e nascimento indesejado, in G.Tepedino – L. E. Fachin (org.), Diálogos sobre Direito Civil. Volume II, Renovar, Rio de Ja-neiro 2008, 471; Macena de Lima, cit., 625; P. L. Netto Lôbo, Direito civil. Famílias, II ed.,Saraiva, São Paulo 2009, 273; A. Wald – P. M. P. Corrêa da Fonseca, Direito Civil. Direito deFamília. 5, XVII ed., Saraiva, São Paulo 2009, 330

719 Fachin, cit., 244. Cfr. anche G. Câmara Groeninga, Guarda Compartilhada – Re-sponsabilidade Solidária, in R. da Cunha Pereira (coord.), Família e Solidariedade. Teoria ePrática do Direito de Família, IBDFAM: Lumen Juris, Rio de Janeiro 2008, 167 ss., sul temadella responsabilità solidale fra genitori, nel caso di affidamento condiviso, nell’eserciziodella potestà

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2. Il diritto all’amore: la genitorialità da realtà biologica a realtà socio-affettiva

In maniera ancora più forte di quanto avvenuto da noi, così, la dottrina è ar-rivata a parlare di un diritto all’amore, che è diventato perciò la nuova pietra mi-liare dei rapporti fra genitori e figli720: il dovere di assicurare un sostegno morale,psicologico e affettivo a questi ultimi assume così un’importanza ben maggioredei doveri dei genitori di carattere materiale. Esso è, in primo luogo, volto al finedi assicurare il pieno sviluppo del bambino in quanto persona umana, con tuttala sua dignità, ma anche, in secondo luogo, posto nell’interesse non solo dei figli,ma dei genitori stessi, in un rapporto di arricchimento reciproco, dovuto all’amorefra i soggetti coinvolti721. Insomma, la filiazione, da rapporto essenzialmente bio-logico, diventa un rapporto in cui l’aspetto biologico procede di pari passo conquello socioaffettivo, costituendo un elemento non più sufficiente, da solo, a fon-dare un rapporto di paternità722 o, addirittura, nella sua essenza, un rapporto co-stituito esclusivamente dall’affetto, ci sia o meno un vincolo biologico fra isoggetti723. Si tratta di una visione chiaramente ispirata alla valorizzazione dellapersona umana e della sua dignità, in un quadro di solidarietà familiare724.

720 v. Chaves de Farias – Rosenvald, cit., 84 s.; Fachin, cit., 17 s.721 v. Fachin, cit., 263 s., che sottolinea anche come l’art. 229 della Costituzione del 1988

abbia una “dupla face, pois os pais têm o dever de assistir, criar e educar os filhos menores, eestes têm o dever de ajudar e amparar os pais” (Fachin, cit., 265)

722 v. Fachin, cit., 18 ss.. Cfr. anche Netto Lôbo, Famílias Contemporâneas e as Dimen-sões da Responsabilidade, cit., 23 e F. Santos Albuquerque, A Reconfiguração da PresunçãoPater Ist Est, in Cunha Pereira, Família e responsabilidade, cit., 259 ss.

723 v. Fachin, cit., 21 ss.; Netto Lôbo, Direito civil. Famílias, cit., 14. M. da Silva Pereira– T. da Silva Pereira (revista e atualizada por), Instituições de direito civil. Volume V. Direito defamília, XIX ed., Forense, Rio de Janeiro 2011, 45 s.. Esempio tipico di tale tipo di filiazione,che prescinde dall’elemento biologico, è l’adozione (Calmon Nogueira da Gama, Família, cit.,346; Fachin, cit., 26; Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 46). Addirittura, si arriva ad affermareche “a plena possibilidade de atestar a verdade biologíca, em percentuais elevados de confir-mação da paternidade pela via do exame em DNA, traduz consigo mesma um paradoxo: a ver-dade biologíca pode não expressar a verdadeira paternidade” (Fachin, cit., 255 s.)

724 v. Fachin, cit., 20. Cfr. anche L. Gomes Braz Andrekowisk, Dano moral nas ações defiliação, in Revista de direito privado, 25 (2006), 182; Netto Lôbo, Famílias Contemporânease as Dimensões da Responsabilidade, cit., 37 ss.; Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 300 s.. E’appena il caso di accennare al fatto che, ovviamente, la responsabilità tra familiari si estendeanche al caso di soggetti conviventi non legati da vincoli di sangue (ad esempio, il nuovo partnerdel genitore separato, come in Tribunal de Justiça do Rio Grande do Sul, Apelação Cível n°70024176422, in Revista de jurisprudência. Estado do Rio Grande do Sul. Tribunal de Justiça,272 (2009), 224)

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3. Il danno da abbandono affettivo, fra dottrina e giurisprudenza

In tale ottica, non appare così difficile capire come la violazione dei dirittidella persona comporti un danno ingiusto725, suscettibile di risarcimento (ovesiano presenti il nesso causale e l’elemento psicologico)726: in particolare, conriferimento al rapporto genitori-figli, la dottrina prevalente727 ritiene ormai ri-sarcibile il danno subito dal minore a seguito dell’inadempimento dei doverigenitoriali, come quello di educazione728, o del cd. “abbandono affettivo” daparte del padre (che, cioè, si sia disinteressato del figlio, non tanto sotto il pro-filo economico, omettendo di versare gli alimenti, ma soprattutto sotto il pro-filo personale, non adempiendo al dovere di visita e frequentazione729), con il

725 Del resto, l’“abandono afetivo”, insieme ad omissioni e maltrattamenti, inevitabil-mente si riflette e impedisce il corretto sviluppo psicologico del minore, con conseguenze nelcomportamento di quest’ultimo e nel suo rendimento scolastico (Silva Pereira – Silva Pereira,cit., 302). Sul tema dei diritti della personalità nelle relazioni familiari, cfr. Delgado, cit., 679ss.

726 M. C. Bodin Moraes, Danos morais e relações de família, in Cunha Pereira, Afeto,Ética, Família e o Novo Código Civil, cit., 407 s.; Gomes Braz Andrekowisk, cit., 186; Lôbo,Direito civil. Famílias, cit., 287 s.. Tutto ciò senza esclusione, ovviamente, dei rimedi propridel diritto di famiglia, come, ad esempio, la sospensione della potestà nel caso di abuso o diinadempimento dei doveri genitoriali (art. 1637 c.c. brasiliano, cfr. Diniz, ultimo cit., 600 s.), ola decadenza della stessa nel caso di castighi smoderati, abbandono materiale e/o morale e diatti contrari alla morale e al buon costume (art. 1638, cfr. Diniz, ultimo cit., 602 ss.). Cfr. anchegli art. 129 e 130 del già citato “Estatuto da Criança e do Adolescente” (v. Diniz, ultimo cit.,732 s.)

727 v. Louzada Bernardo, cit., 483; Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 301. Invece, in Cha-ves de Farias – Rosenvald, cit., 89 ss. si ritiene non risarcibile la violazione in sé dei doveri fa-miliari, pena la patrimonializzazione delle relazioni di famiglia

728 cfr. Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 95.975.0/9-00, in Revista deJurisprudência, 42 (2003), 333 ss.

729 Dias, cit., 415, che parla di “paternidade responsável”; Macena de Lima, cit., 630.Cfr. altresì C. R. Gonçalves, Direito civil brasileiro.Volume VI. Direito de família, V ed., Saraiva,São Paulo 2008, 268; Netto Lôbo, ultimo cit., 286. Paes de Lira, cit., 528 precisa che il termine“visita”, nel diritto brasiliano, deve essere inteso come “convivenza”, che assurge a vero e pro-prio diritto fondamentale ai sensi dell’art. 227 Cost. brasiliana, soffermandosi poi (pp. 538 ss.)sui documenti, internazionali e brasiliani, in cui si afferma tale diritto come, appunto, dirittoumano fondamentale (cfr. altresì Netto Lôbo, ultimo cit., 175). Non dimentichiamo, poi, che ildiritto brasiliano, analogamente al diritto italiano, dà una particolare importanza al diritto delminore a frequentare (anche dopo la separazione dei genitori) i nonni (cfr. Netto Lôbo, FamíliasContemporâneas e as Dimensões da Responsabilidade, cit., 23) e gli altri parenti, come gli zii(Gonçalves, cit., 270). Cfr. altresì A. Dantas de Oliveira Junior, A incidência do art. 186 do có-digo civil brasileiro no abandono afetivo dos pais. È possivel?, inhttp://www.mp.mg.gov.br/portal/public/interno/repositorio/id/19798, 5 ss., Skaf, cit., 8 ss.,e Soares da Rocha Xaubet, cit., 59 ss., che si soffermano anche sulle conseguenze psicologichedell’abbandono affettivo

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conseguente danno morale derivante dalla privazione del diritto del minoreall’assistenza affettiva, morale e psichica730, e ciò proprio in base al valorepreminente della dignità umana731, base assiologia della Costituzione Federaledel 1988732, il che si verifica, soprattutto, a seguito della separazione o del di-vorzio dei genitori733.

Come ormai è chiaro, anche in tal caso la risarcibilità del danno dipenderàdalla possibilità (come si è visto anche nella giurisprudenza italiana, non sem-pre agevole) di riconoscere tutti gli elementi richiesti dalle regole generalidella responsabilità civile, cioè danno, nesso di causalità ed elemento psico-logico734. Per quanto riguarda il danno, è lo stesso riconoscimento dell’egua-glianza tra famiglie tradizionali e famiglie monoparentali a costituire unadifficoltà a riconoscerne l’esistenza. In pratica, esso non potrà venire automa-ticamente riconosciuto per il fatto che il figlio è cresciuto con uno solo deigenitori: sarà il giudice a dover valutare, caso per caso735.

730 assistenza che, evidentemente, deve provenire da entrambi i genitori anche dopo laseparazione: per tale ragione, lo stesso codice civile del 2002, a seguito della Lei n.11698/2008, prevede espressamente, agli artt. 1583 e 1584, l’affidamento condiviso dei figli(“guarda compartilhada”, cfr., ex multis, Barros Monteiro – Tavares da Silva, Direito de fa-mília, cit., 391 ss.), incontrando il pieno favore della dottrina (cfr. D. Duarte Bruno, A GuardaCompartilhada na Prática e as responsabilidades dos Pais, in Cunha Pereira, Família e re-sponsabilidade, cit., 222 ss.)

731 Si parla, appunto, di “indenização por abandono afetivo” (v. Silva Pereira – SilvaPereira, cit., 302). Cfr. altresì Paes de Lira, cit., 550; Salvo Venosa, cit., 320. Addirittura, Ma-cena de Lima, cit., 629 s. ritiene risarcibile il danno al figlio nato dal primo matrimonio qualoraabbia ricevuto un’educazione peggiore rispetto al figlio nato dal secondo matrimonio, mentreGonçalves, cit., 270 sottolinea che è contrario alla dignità delle relazioni familiari anche l’at-teggiamento del genitore che ostacoli la relazione del figlio con l’altro genitore al fine di in-durre quest’ultimo ad adempiere all’obbligazione alimentare (comportamento, questo, chepuò integrare gli estremi della cd. “alienazione parentale”, cfr. infra)

732 v. Louzada Bernardo, cit., 481733 Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 298. Cfr. anche R. M. Filho, O direito/Dever de Visitas,

Convivência Familiar e Multas Cominatórias, in Cunha Pereira, Família e Dignidade Humana,cit., 811. Cfr. altresì Barros Monteiro – Tavares da Silva, Direito de família, cit., 397 e 405 s.

734 Louzada Bernardo, cit., 487; Santarelli Zuliani, cit., 39, il quale (pp. 37 s.) sostieneche la condotta “poderá ganar status de ilicitude” quando è ripetuta e si accompagna ad unasofferenza del minore, costretto, ad esempio, ad estenuanti ed inutili attese

735 Louzada Bernardo, cit., 489

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Per quanto riguarda, poi, l’onere della prova, potrà essere utile la consu-lenza di uno psicologo, che valuti le conseguenze dell’assenza di un genitorenella formazione della personalità del figlio736.

Sul nesso di causalità, in effetti, può osservarsi che le stesse condizionidi partenza, possono portare a percorsi di vita dei figli completamente diversi.Lo stesso “abbandono affettivo” potrà creare gravi traumi psicologici a un fi-glio e, viceversa, rendere ancora più forte la personalità dell’altro737.

Tuttavia, in ogni caso, sarà la perizia psicologica a valutare l’esistenzanel nesso causale. Per quanto riguarda, infine, l’elemento psicologico, non sipuò negare che non sia possibile individuare un modello di “genitore medio”cui fare riferimento738. Tuttavia, non sembra un’impresa così difficile distin-guere un genitore che abbia fornito al figlio un livello almeno sufficiente diamore e assistenza (morale, psichica ed economica) da uno che non l’abbiafatto, e ritenere così che quest’ultimo sia incorso in un comportamento negli-gente, o comunque colposo.

736 contra, Louzada Bernardo, cit., 490, che critica tale ricorso allo psicologo, ritenutoun “retrocesso de decada na dogmática do dano moral”, in ragione della soggettività dellavalutazione che questi potrà fare e, soprattutto, perché alcuni soggetti, come quelli affetti dasindrome di down o da paralisi celebrale, non potranno intendere l’abbandono come tale e,dunque, non avendo subito un danno in tal senso, non avranno diritto al risarcimento. In realtà,è proprio la visione di Louzada Bernardo a costituire una regressione. Come si può affermareche un minore affetto da sindrome di down non possa percepire, anche se forse in maniera di-versa da un altro, il fatto che un genitore si disinteressi di lui e scompaia dalla sua vita? Unsoggetto affetto da paralisi celebrale non avrà comunque diritto all’assistenza da parte del ge-nitore, diritto che non avrebbe senso di esistere se tale assistenza non avesse delle conseguenzepositive se non altro per la cura della sua persona, con il conseguente danno nel caso in cui visia l’inadempimento di tale dovere? Dunque, non è necessario, come fa Louzada Bernardo(p. 491), affermare che c’è consenso sul fatto che il non comprendere l’offesa non impediscedi subire il danno morale: il soggetto con sindrome di down certo percepisce l’“offesa”, cosìcome il soggetto con paralisi celebrale non si può dire che non riceva alcun danno per il fattodi essere lasciato alle cure solo dell’altro genitore. Parimenti, non sembrano rilevanti le con-siderazioni critiche sul ricorso allo psicologo, per cui si afferma (p. 492) che questi potrebberilevare l’assenza di un’effettiva “comunione di vita” anche nel caso di genitori non separati,o addirittura un’inefficacia della pur di per sé soddisfacente educazione impartita (pensiamoal figlio che si sia messo “sulla cattiva strada”, nonostante l’impegno dei genitori), con con-seguente risarcimento del danno: nel primo caso, infatti, non vi sono ragioni per negare talerisarcimento (altrimenti, resterebbero meno tutelati, paradossalmente, i figli di genitori con-viventi rispetto a quelli di genitori separati), mentre nel secondo l’impossibilità di concedereun risarcimento deriva, pianamente, dall’assenza di colpa

737 Louzada Bernardo, cit., 493 s.738 Louzada Bernardo, cit., 495

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Ad ogni modo, se la dottrina prevalente, pur con alcuni distinguo, pro-pende per il riconoscimento del danno da abbandono affettivo, la giurispru-denza in materia è ancora, per così dire, “em fase de formação”739. Così, se inalcune sentenze740 sembra affermarsi un dovere di amare i figli, e quindi di ri-sarcirli in caso di inadempimento, ve ne sono molte altre che ne negano la co-ercibilità (o addirittura l’esistenza741) e, dunque, la risarcibilità del danno incaso di inadempimento742. Fino a non molto tempo fa, infatti, il leading casein materia743 era dato da una decisione del Superior Tribunal de Justiça744, che,in riforma della sentenza del Tribunal de Justiça de Minas Gerais, aveva ne-gato il risarcimento del danno da abbandono affettivo, accogliendo la tesi dichi non vedeva, in esso, non solo la possibilità di spingere il genitore ad amareil figlio745, ma alcun possibile risultato positivo (anzi, temendo che ciò avrebbepotuto compromettere ulteriormente il rapporto parentale)746.

739 Louzada Bernardo, cit., 483740 per i dettagli, cfr. Louzada Bernardo, cit., 484741 Afferma infatti la relatrice designata, M. da Cunha, in Tribunal de Justiça de São

Paulo, Apelação Cível n° 545.352.4-5, in Revista dos Tribunais, 887 (2009), 243: “O pai ape-lado fez tudo que por força de lei foi obrigado a fazer: reconheceu o filho e pagou a pensãoalimentícia a que foi condenado. Não estava obrigado a amá-lo e não o amou”

742 cfr. Louzada Bernardo, cit., 485, oltre alle sentenze citate infra743 Louzada Bernardo, cit., 486744 Recurso Especial n°757.411 – MG (2005.0085464-3), in Jurisprudência Mineira,

175 (2005), 438 ss., in Lex – Jurisprudência do Superior Tribunal de Justiça e Tribunais Re-gionais Federais, 207 (2006), 188 ss. e in Revista dos Tribunais, 849 (2006), 228 ss.. Cfr. al-tresì, in dottrina, Netto Lôbo, Direito civil. Famílias, cit., 287; Silva Pereira – Silva Pereira,cit., 302; Skaf, cit., 17 ss.. La sentenza del Superior Tribunal de Justiça era stata a sua voltaimpugnata davanti al Supremo Tribunal Federal, il quale, però, con l’Emb. Decl.no RecursoExtraordinário 567.164-0 Minas Gerais, aveva dichiarato “inviável” il ricorso, negando dun-que la riforma del provvedimento impugnato, poiché quest’ultimo riguardava l’interpretazionedi una norma infracostituzionale e, dunque, costituiva una (eventuale) violazione solo indirettadel dettato costituzionale

745 Ma in dottrina (Barros Monteiro – Tavares da Silva, Direito de família, cit., 406) siprecisa che il fondamento della responsabilità civile, in casi come questo, non è certo la man-canza d’amora per il figlio, ma l’inadempimento del dovere di tenere il figlio in propria com-pagnia, con la violazione del diretto dello stesso a essere visitato dal genitore. Per delleconsiderazioni, anche filosofiche, sull’impossibilità di “ordinare” a qualcuno di amare, cfr.Netto Lôbo, Famílias Contemporâneas e as Dimensões da Responsabilidade, cit., 19

746 Nel dibattito successivo, come riportato da Ê. Santarelli Zuliani, nella sua “decla-ração de voto vencido” in Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 545.352.4-5,cit., 247, si è precisato che, “todavia, se o abandono ultrapassar os limites do disinteresse ecausar lesões no direito da personalidade do filho, por atos concretos de humilhações, di-scriminações, ofensas, manifestações injuriosas e que ridicularizam o ser humano já inferio-rizado pela rejeição, caberá, sim, dano moral”

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Non erano mancate, poi, nelle varie opinions espresse dai giudici, le (vetuste) considerazioni in merito all’autonomia del diritto di famiglia. Nella stessa sentenza, tuttavia, rilevante l’opinione minoritaria del ministroR. de Barros Monteiro Filho, che invece riteneva cumulabili i rimedi del dirittodi famiglia con la responsabilità aquiliana. Così come era rilevante, a testimo-niare il fermento dottrinario e giurisprudenziale sulla materia, il fatto che lecorti che, nei vari gradi, avevano giudicato la questione, si erano espresse inmaniera differente747.

Altre sentenze recenti748, poi, si erano mantenute sulle posizioni espresse,nell’arresto citato, dal Superior Tribunal de Justiça, negando così la tutelaaquiliana in base alla considerazione che l’amore non può nascere se non spon-taneamente (e che dunque non spetta ad un giudice “imporlo”), per cui l’unicorisultato ottenibile in sede giudiziaria sarebbe, al limite, il sorgere di compor-tamenti artificiali ed ipocriti che nulla hanno a che vedere con il vero affettoche i genitori dovrebbero nutrire per i figli, con il rischio, oltretutto, di unamonetarizzazione delle relazioni familiari749.

Tuttavia, nell’aprile 2012, è intervenuta una nuova (e criticata750) deci-sione del Superior Tribunal de Justiça751, che invece ha finalmente ricono-sciuto il danno da “abbandono affettivo”, sulla base del principio secondo cui“amar é facultade, cuidar é dever”752, per usare le parole della relatrice, N.Andrighi. In particolare, la Suprema Corte ha ritenuto che esista, nell’ordina-mento brasiliano, un dovere (implicito) di prendersi cura dei figli, il cui ina-dempimento, costituendo un illecito, fonda la pretesa risarcitoria per il dannomorale da abbandono psicologico.

747 cfr. Louzada Bernardo, cit., 486748 Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 545.352.4-5, cit., 241 ss.; Tri-

bunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 990.10.038606-9, in Revista dos Tribunais,905 (2011), 249 ss.

749 Ma, sul punto, è efficace ciò che afferma Dias, cit., 416: “Não se trata de impor umvalor ao amor, mas reconhecer que o afeto è um bem muito valioso!”

750 E. Brum, È possível obrigar un pai a ser pai?751 Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n°1159242, cit.752 Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n°1159242, cit., 11. Più precisa-

mente, “o cuidado é fundamental para a formação do menor e do adolescente; ganha o debatecontornos mais técnicos, pois não se discute mais a mensuração do intangível – o amor –mas, sim, a verificação do cumprimento, descumprimento, ou parcial cumprimento, de umaobrigação legal: cuidar” (pag. 10)

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A prescindere dalla considerazioni dei giudici, comunque, sembra con-divisibile l’opinione prevalente in dottrina, che ritiene preferibili altri rimedirispetto a quello aquiliano (che, ad ogni modo, non deve essere escluso, siapure come ultima ratio753), che siano maggiormente rispettosi della dignitàumana754, non per ragioni di autonomia dei vari settori del diritto, e nemmenorassegnandosi a sostenere che, siccome l’amore non può essere imposto, nonpuò esserci nessun rimedio.

Tali rimedi ben possono essere costituiti da un provvedimento del giudiceche, disponendo l’obbligo di convivenza (con le modalità, ovviamente, deri-vanti dalla separazione dei genitori), precisi anche quali strumenti lo Statometta a disposizione per renderla effettiva (ad esempio, l’aiuto psicologico diprofessionisti)755.

Del resto, l’art. 213 dell’“Estatuto da Criaça e do Adolescente” prevedeproprio che, “na ação que tenha por objeto o cumprimento de obrigação defazer ou não fazer, o juiz concederà a tutela específica da obrigação ou de-terminará providências que assegurem o resultado prático equivalente ao doadimplemento”, come, ad esempio, l’applicazione di una multa giornaliera,anche d’ufficio756, sul modello delle astreintes francesi.

O ancora, si possono utilizzare alcuni rimedi generali previsti nel codicedi procedura civile con una funzione dissuasiva: per esempio, potrà essere ap-plicato l’art. 461, che prevede anch’esso la possibilità di imporre una multagiornaliera, come rimedio accessorio, al fine di scoraggiare dall’inadempi-mento, oppure l’art. 273, riguardante le misure cautelari anticipatorie757.

753 Del resto, è pur sempre meglio che un genitore si occupi del figlio sotto la minacciadel pagamento di un risarcimento, piuttosto che se ne disinteressi (Dias, cit., 417)

754 Delgado, cit., 735. Cfr. anche C. Fiuza, Para uma Releitura da Teoria Geral da Re-sponsabilidade e do Ilícito, in Id., Curso Avançado de Direito Civil, II ed., Forense, Rio deJaneiro 2009, 568, secondo cui “[a] prevenção está muito mais ligada à dignidade humanado que a reparação, mais inculada ao lado material, de ressarcimento patrimonial”

755 Paes de Lira, cit., 550756 De Barros Monteiro – Tavares da Silva, Direito de família, cit., 397 s. e 407757 Chaves de Farias – Rosenvald, cit., 87; Filho, cit., 814 ss.; Santarelli Zuliani, cit.,

38. Sul tema, in generale, cfr. altresì Carvalho Ribeiro, cit., 34 s. e 57, dove si precisa: “Nãose pretende, na defesa da aplicabilidade da responsabilidade civil aos vínculos familiares,indenizar o amor, mas que sejam reparados os danos decorrentes dos atos ilícitos originadosdentro de uma relação de família. Do mesmo modo que o incumprimento das obrigações nasdiversas relações jurídicas geram responsabilidade, nas familiares não è diferente”. L’entitàdel risarcimento, precisa l’autore (p. 58), non dovrà essere “nem tão grande que se converta

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4. Alienazione parentale e responsabilità civile: la Lei n° 12138/2010

Nel caso di separazione e divorzio, oltre all’inadempimento dei doveri ge-nitoriali, è molto frequente anche il fenomeno della cd. “alienazione parentale”che, come si è detto, si ha quando un genitore instilla nel figlio un sentimentodi odio e di rifiuto nei confronti dell’altro genitore, talvolta addirittura spingen-dolo a credere all’esistenza di episodio di violenza in realtà mai avvenuti758.

In Brasile, la Lei n° 12318/2010 ha previsto precise misure volte a con-trastare tale fenomeno. Il giudice, oggi, può così (art. 6), riconosciuta la suasussistenza, ammonire il genitore “alienante”, ampliare il regime di convi-venza a favore del genitore “alienato”, modificando altresì l’affidamento deifigli759 ed eventualmente sospendendo l’autorità genitoriale, e, soprattutto,può comminare una multa al genitore “alienante”760, misura che molto ricordail pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all’art.709-ter,1° comma, n. 4, del nostro codice civile761.

em fonte de enriquecimento sem causa, nem tão pequeno que se torne inexpresivo”. Comegià si poteva intuire dall’esame delle più recenti evoluzioni normative in Italia, dove il prin-cipio generale del rifiuto dei danni punitivi nel nostro ordinamento si scontra con i primi timidipassi della giurisprudenza nel riconoscimento della natura punitiva del risarcimento di cui al-l’art. 709-ter c.p.c. italiano, è il diritto di famiglia il settore che più spinge verso una revisionedella funzione meramente compensatoria del risarcimento (cfr. Louzada Bernardo, cit., 482).Si accorge di ciò, pur ritenendo tale conseguenza (cioè il riconoscimento di punitive damagesfinalizzati a dissuadere dall’inadempimento dei doveri familiari) del tutto indesiderabile, Lou-zada Bernardo, cit., 497, che però, una volta rilevato (giustamente) come la responsabilità ci-vile non costituisca il mezzo migliore per migliorare le relazioni genitori-figli, non forniscealcun rimedio alternativo, salvo quello della mediazione familiare. Appare però evidente comenegare un qualsiasi ristoro ad un figlio che si veda privato di un diritto fondamentale comequello all’assistenza morale, psichica, e anche economica, da parte di un genitore, appaiacome una negazione del suo stesso diritto: il genitore che vorrà disinteressarsi del figlio, standoalla tesi di Louzada Bernardo, sostanzialmente potrà farlo, dato che non subirà, da ciò, alcunaconseguenza

758 Sul tema, cfr. Barros Monteiro – Tavares da Silva, Direito de família, cit., 407 ss.;Dias, cit., 418 ss.; Fiuza, Direito civil, cit., 1079 ss.; E. de Oliveira, Alienação Parental, inCunha Pereira, Família e responsabilidade, cit., 231 ss., che però non è aggiornato alla suc-citata Lei n° 12318/2010, ma solo al relativo Projeto de Lei n° 4058/2008; M. A. Pisano Motta,A Síndrome da Alienação Parental. Aspectos interdisciplinares na teoria e na prática, in Re-vista do Advogado, 112 (2011), 104 ss.

759 Secondo Pisano Motta, cit., 117 ss., un efficace rimedio con la sindrome di aliena-zione parentale è dato proprio dall’affidamento condiviso dei figli

760 cfr. Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 1080761 Santarelli Zuliani, cit., 38 ritiene possible il risarcimento del danno al genitore che si

è visto ostacolato nel rapporti con il figlio. Parte della dottrina (v. Skaf, cit., 14) ritiene poi cheil comportamento del genitore ostacolante sia inquadrabile nello schema dell’abuso del diritto

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5. Azioni di filiazione e responsabilità

Quanto si è detto a proposito dell’importanza dell’elemento socioaffettivonei rapporti parentali, non esclude, però, il diritto del figlio a conoscere la pro-pria origine biologica. Per quanto riguarda, in particolare, il caso del figlionon riconosciuto, giova premettere che l’azione in materia è imprescrittibile,per cui la dottrina762 è giunta ad affermare che il figlio ha un vero e propriodiritto di cambiare, in ogni momento, la paternità socioaffettiva già stabilita.In Brasile763 si comincia ad ammettere la possibilità di riconoscere la respon-sabilità aquiliana, con il risarcimento dei danni morali, nel caso in cui un padresi rifiuti di riconoscere il figlio e questo provochi a quest’ultimo carenze af-fettive, sofferenze o veri e propri traumi764.

La dottrina e la giurisprudenza765 precisano, però, che tale responsabilitànon sorge immediatamente, con il semplice rifiuto del riconoscimento: se cosìfosse, infatti, chiunque, per andare esente da responsabilità, sarebbe costrettoa riconoscere qualsiasi paternità che gli fosse attribuita, anche quando nutrissepiù che legittimi dubbi su di essa. Tale responsabilità, invece, sorge solo nelmomento in cui l’atteggiamento del presunto padre sia colpevolmente dilato-

762 v. Gomes Braz Andrekowisk, cit., 187763 v. Gomes Braz Andrekowisk, cit., 188 ss.764 sul tema, cfr. C. Lagrasta, Dano moral no direito de família, in Revista do advogado,

91 (2007), 28 s.. Interessante poi quanto afferma Carvalho Neto, cit., 529 ss., che parla dellaresponsabilità dello Stato nel caso in cui l’azione di dichiarazione giudiziale di paternità siarigettata per mancanza di prove, ad esempio perché male istruita (a parte ovviamente il casoin cui sia stata proprio la madre a non fornire gli elementi di prova minimi e necessari) e, an-cora, della responsabilità della madre quando agisca per la dichiarazione giudiziale di paternitàdel proprio figlio contro un soggetto che sa non essere il padre (in tal caso, ovviamente, loStato non è responsabile, perché l’atto è dipendente da un fatto del terzo). Tale tendenza al ri-conoscimento della responsabilità da mancato riconoscimento del figlio non potrà che trovarenuova forza a seguito degli ultimi, e già esaminati, sviluppi giurisprudenziali in materia di re-sponsabilità endofamiliare

765 v., in dottrina, Gomes Braz Andrekowisk, cit., 188 ss.; Carvalho Ribeiro, cit., 53ss.; Tribunal de Justiça do Rio Grande do Norte, Apelação Cívil n° 2007.002886-5, in Revistade Jurisprudência, 866 (2007), 322 ss., che giustamente non considera responsabile, per man-canza di colpa, un genitore che, sorpreso dalla scoperta di un presunto figlio nato da una suabreve relazione sentimentale di oltre vent’anni prima, giustamente aveva richiesto di verificaretale paternità attraverso un test genetico

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rio, ad esempio quando, utilizzando dei sotterfugi processuali per dissimularela realtà biologica, rifiuti di riconoscere una paternità di cui egli abbia la cer-tezza o, comunque, ometta di verificare una paternità sulla quale egli abbia unragionevole dubbio, a prescindere dall’eventuale ritardo con cui la madre delminore abbia esperito l’azione giudiziale.

Ma la giurisprudenza766 considera responsabile, con conseguente con-danna al risarcimento del danno, anche colui che riconosce un figlio che sanon essere il proprio e poi, dopo la rottura della relazione con la madre, pro-pone azione di disconoscimento di paternità. Tale ipotesi, se non è un vero eproprio abuso del diritto, per lo meno costituisce un’“imprudência na condu-ção dos atos da vida do homem médio”767.

Non constano, invece, sentenze in cui venga riconosciuto il risarcimentoad un uomo per la violazione del suo diritto ad “esser padre” (ad esempio, perchéla donna gli ha tenuto nascosta la gravidanza o ha abortito)768, anche se in dot-trina769 si ritiene comunque che il padre, avendo il diritto di passare del tempocon il figlio, possa ottenere il risarcimento del danno morale qualora tale diritto,attraverso, appunto, l’occultamento della gravidanza da parte della madre o at-traverso l’aborto, venga violato770. Tale diritto al risarcimento spetta altresì alfiglio, che, parallelamente, ha diritto a passare del tempo col padre771.

766 v. Gomes Braz Andrekowisk, cit., 193 s.767 Gomes Braz Andrekowisk, cit., 193. Si parla invece di abuso del diritto in Santos

Albuquerque, cit., 265768 v. Gomes Braz Andrekowisk, cit., 194769 Carvalho Neto, cit., 532770 In Chaves de Farias – Rosenvald, cit., 95 si riconducono tali ipotesi allo schema del

danno da perdita di chances (di esser padre, appunto)771 cfr., altresì, l’art. 243 c.p. brasiliano

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6. Diritti del nascituro e responsabilità dei genitori

Si è già visto, nell’esame sia del diritto italiano che del diritto peruviano,come sia talvolta riconoscibile una responsabilità dei genitori verso il figlio nonancora nato, in tal modo affermando una qualche forma di soggettività giuridicadel prodotto del concepimento. La dottrina brasiliana si spinge addirittura oltre,precisando che l’embrione (o il nascituro), durante la vita intrauterina (o in vitro)ha una personalità giuridica formale, per cui è già titolare dei diritti della persona-lità772 costituzionalmente garantiti, ed ha una personalità giuridica (anche) mate-riale dopo la nascita, potendo così acquisire, finalmente, pure i diritti di tipopatrimoniale773. Da tale impostazione,particolarmente rispettosa del diritto allavita, deriva così il divieto dell’aborto non solo in tutti i casi in cui esso dipenda damotivi ideologici o socioeconomici, ma anche nei casi in cui sia legato a ragionidi salute, fisica o mentale, nonché nei casi in cui il concepimento sia avvenuto alfine di poter ottenere, dall’embrione, delle cellule per la cura di malattie774. Al dilà del caso dell’aborto, è stata comunque riconosciuta una responsabilità dei geni-tori che, in ragione delle loro credenze religiosa, avevano rifiutato una trasfusionedi sangue al feto775 (e, più in generale, in caso di rifiuto della gestante di assumeremedicinali o sottomettersi a interventi chirurgici finalizzati alla salute e all’integritàfisica del nascituro776), nonché nei casi in cui la gestante abbia fatto uso di tabacco,alcool e sostanze tossiche777 e quando vi sia stata la trasmissione di malattie778.

772 Il nascituro ha così diritto a una paternità certa, all’identità genetica, all’indenniz-zazione per la morte di suo padre, agli alimenti, all’immagine, all’onore (v. Diniz, Responsa-bilidade Civil, cit., 228 ss.). Del resto, a quale specie appartiene il nascituro se non alla specieumana? Cfr., su tale affermazione, diffusamente, Delgado, cit., 707 ss., che specifica, altresìl’esistenza di un vero e proprio “diritto alla vita” o “diritto a nascere”

773 Diniz, ultimo cit., 220, che in realtà precisa poi, a pag. 230, che il nascituro ha dirittoa ricevere beni per donazione (art. 542 c.c. brasiliano) o per successione ereditaria (artt. 1798-1799 c.c. brasiliano)

774 Diniz, ultimo cit., 221775 v. Diniz, ultimo cit., 225776 Diniz, ultimo cit., 227777 Peraltro, in ragione del rispetto assoluto per la vita e per l’integrità psicofisica del

nascituro da parte del diritto brasiliano, sarà ravvisabile una responsabilità della gestante anchenel caso in cui l’uso di tali sostanze sia dipeso da esigenze terapeutiche (Diniz, ultimo cit.,226 s.). Anche l’uso di abortivi che, fallendo nell’opera di eliminazione del feto, gli abbianocausato comunque delle lesioni, è fonte di responsabilità, così come il caso in cui la gestanteabbia subito, per sua colpa, un incidente, con conseguenze sul nascituro (cfr. Diniz, ultimocit., 228)

778 Diniz, ultimo cit., 225 parla di “[t]ransmissão de doenças, como AIDS ou sífilis,

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7. La responsabilità dei genitori per fatto dei figli nel diritto brasiliano:dalla colpa presunta alla responsabilità oggettiva per fatto altrui

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità dei genitori nei confronti deiterzi, se in Italia essa è ancora regolata dal codice civile del 1942, in Brasile, aseguito dell’approvazione del nuovo codice civile nel 2002, è stata invece pro-fondamente rivisitata.

Il Codice Civile del 1916, agli artt. 1521 e 1522 elencava i casi di respon-sabilità per fatto del terzo, prevedendo, all’art. 1523, che le persone indicate intali articoli fossero responsabili “provando-se que elas concorreram para o danopor culpa, ou negligência de sua parte”. Si è detto “per fatto del terzo”, essendoil terzo ad aver compiuto materialmente l’atto, ma, da un punto di vista teorico,si trattava di una responsabilità per fatto proprio, in quanto riconducibile, ap-punto, ad una colpa o negligenza da parte del soggetto giuridicamente responsa-bile779. E’ chiaro, però, che tale norma, nel suo dettato letterale, era di scarsoeffetto pratico, dato che lasciava comunque alla vittima l’onere della prova780.

por exemplo, pelos pais através da concepção” in maniera evidentemente poco appropriata,dal momento che, come si è visto sia con riferimento al diritto italiano che a quello peruviano,un conto sono le malattie genetiche, quelle trasmesse, cioè, attraverso e per il fatto stesso delconcepimento, per le quali appare preferibile la tesi della non responsabilità dei genitori (perle ragioni sopra esaminate), un altro conto riguarda quelle malattie, come appunto l’AIDS,che molto facilmente verranno trasmesse dalla madre al figlio ma che non “appartengono” alnascituro (contrariamente, appunto, alle malattie genetiche) fin dal momento in cui questi èstato concepito. Bisogna poi almeno accennare al fatto che nel diritto brasiliano si riconosceanche ai genitori, nei confronti della ditta produttrice, il diritto al risarcimento del danno danascita indesiderata, quando cioè, ad esempio, dal difetto, e della conseguente rottura, del pre-servativo sia derivata una gravidanza (sul tema, cfr. Dantas Vilela, cit., 455 ss.)

779 S. Rodrigues, Direito civil. Responsabilidade civil. Volume IV, XX edizione, IV ri-stampa (2007), São Paulo 2003, 63

780 cfr., ex multis, Rodrigues, ultimo cit., 57 ss.

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Per questo, in dottrina e in giurisprudenza781, erano state formulate delleipotesi, che finivano per costituire la regola, in cui, al di là del dato testualedell’art. 1523, vi era una presunzione di colpa, juris tantum, per violazione,appunto, del dovere di vigilanza, collegato alla potestà: così, essi potevanoappunto liberarsi dalla responsabilità dimostrando di aver correttamente adem-piuto a tale dovere782.

Comunque tale schema, come in Italia, già generava alcuni problemi,tanto che, più che di responsabilità per colpa presunta, parte della dottrina par-lava di una responsabilità che stava “no meio do caminho entre a culpa pre-sumida e a responsabilização objetiva”783, per cui già nella vigenza del codice

781 v. Barros Monteiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2°parte, cit., 581 s.; G. Tepedino – H. H. Barboza – M. C. Bodin de Moraes, Código Civil Inter-pretado. Conforme a Constituição da República. Volume II, Renovar, Rio de Janeiro – SãoPaulo – Recife, 2006, 828 s. e 835. Cfr. altresì Diniz, ultimo cit., 549 s.; Id., Curso de DireitoCivil Brasileiro. 3. Teoria das Obrigações Contratuais e Extracontratuais, XXIV ed., Saraiva,São Paulo 2008, 836 s.); Salvo Venosa, cit., 87; Rodrigues, ultimo cit., 60 ss.; C. M. da SilvaPereira – R. Fichtner (atualizador), Instituições de direito civil. Volume III. Contratos, XI ed.,Forense, Rio de Janeiro 2004, 557; Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 828. In giuri-sprudenza, ad esempio, era stata ritenuta la responsabilità dei genitori di un figlio che, privo dipatente, aveva causato un incidente, o di un figlio che aveva commesso un reato (Diniz, ultimocit., 837; Diniz, Responsabilidade Civil, cit., 553). Per un caso di responsabilità dei genitori (inbase alle norme del codice civile del 1916) per l’incidente causato dal figlio minore munito dipatente, cfr. Primeiro Tribunal de Alçada Civil de São Paulo, Apelaçoes, 01/12/2004 in Lex –Jurisprudência dos Tribunais de Alçada Civil de São Paulo, 212 (2005), 294 ss.

782 Barros Monteiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2° parte,cit., 582; Diniz, ultimo cit., 553; R. Marrone de Castro Sampaio, Direito Civil. ResponsabilidadeCivil. Volume 4, IV ed., Atlas, São Paulo 2007 , 39. Fra l’altro, era stata ritenuta sussistente laresponsabilità dei genitori che non avevano impedito il consumo di alcolici da parte dei minori(Diniz, ultimo cit., 553). Ad ogni modo, bisogna rilevare che l’art. 1523 del c.c. brasiliano del1916 fu abrogato dal Codice dei Minori del 1927 (che già eliminava i requisiti della “compan-hia” e della “guarda”, pur lasciando la possibilità di dimostrare l’assenza di colpa), il quale, asua volta, fu abrogato dal Codice dei Minori del 1979, ma che, però, “nem por isso restabeleceuo art. 1.523, ante o disposto na Lei de Introdução ao Código Civil, art. 2°, § 3°”. In tal modo“a responsabilidade do pai pelo ato ilícito do filho menor já era objetiva, por não mais esistia presunção de culpa estabelecida no Código de Menores, visto que a revogação desse Códigoveio ampliar sua responsabilidade ao retirar-lhe a possibilidade de se exonerar daquela re-sponsabilidade provando que não houve culpa ou negligência de sua parte” (Diniz, ultimo cit.,554; cfr. altresì Rodrigues, ultimo cit., 69). Peraltro, continuava a venir applicata la Súmula 341del Supremo Tribunal Federal che, interpretando l’art. 1523 c.c. brasiliano del 1916, sostenevache la responsabilità dei genitori fosse semplicemente presunta

783 v. F. Tartuce, A Responsabilidade Civil dos Pais pelos Filho e o Bullying, in CunhaPereira, ultimo cit., 284. Cfr. altresì Rodrigues, ultimo cit., 63 s., secondo il quale già nellavigenza del codice del 1916 l’effettivo fondamento di tale responsabilità era il rischio, legatoal semplice fatto di aver messo al mondo dei figli

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del 1916 molti tribunali erano poco inclini ad accettare la dimostrazione del-l’assenza di colpa784, e non mancavano autori che sostenevano, de jure con-dendo, la tesi della responsabilità per rischio785, già recepita nel progetto dicodice civile del 1975786.

Il legislatore del nuovo codice, invece, sembrerebbe (in apparenza) aversgombrato il campo da ogni equivoco sulla questione. Infatti, se l’art. 932 pre-vede una responsabilità dei genitori per i figli minori787 “que estiverem sobsua autoridade e em sua companhia”788 (nonché, al 2° comma, dei tutori e cu-ratori per le persone sottoposte, appunto, a tutela e curatela “que se acharemnas mesmas condições”789, e, al 4° comma, per “os donos de hotéis, hospedaris,casas ou estabelecimentos onde se alberque por dinheiro790, mesmo para fins

784 Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 829; Marrone de Castro Sampaio, cit.,39. Cfr. anche Salvo Venosa, cit., 87, secondo cui “a novel lei salta do campo da responsa-bilidade presumida, como passara a entender a jurisprudência a respeito do antico Código,para o campo da responsabilidade objetiva, o que, na prática, já era fartamente admitidopela jurisprudência”

785 v. Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 829 e 836. Cfr. altresì Salvo Venosa,cit., 88, secondo il quale la responsabilità prevista dal nuovo codice “muito se aproxima dateoria do risco”

786 Rodrigues, ultimo cit., 62787 Senza peraltro la distinzione fatta dal codice previgente fra minori relativamente o

assolutamente incapaci (cfr. Marrone de Castro Sampaio, cit., 40). In dottrina, si ritiene che igenitori non siano responsabili per l’illecito commesso dal minore emancipato, perché questiè civilmente capace, mentre la giurisprudenza (discutibilmente) è di contrario avviso, rite-nendo che dell’emancipazione beneficia solo il minore, ma l’atto è inefficace con riguardo aiterzi (v. Marrone de Castro Sampaio, cit., 40 s.)

788 Parte della dottrina, però, è di contrario avviso, ritenendo che i genitori siano sempreresponsabili solidali per gli atti del figlio, a prescindere “da autoridade e da companhia” (v.Tartuce, cit., 283), ma si tratta di una tesi che, evidentemente, è in contrasto con la letteradella norma

789 cfr. Diniz, Teoria das Obrigações Contratuais e Extracontratuais, cit., 838; Rodri-gues, ultimo cit., 70, secondo il quale la responsabilità di tali soggetti non deve essere valutatacon lo stesso rigore rispetto a quella dei genitori, in quanto tutela e curatela rappresentano unmunus pubblico, per cui il soggetto che le presta compie un servizio per la società e, quindi,non è giusto che venga gravato da oneri eccessivi. Tale soluzione, per quanto giustificabilesotto un profilo morale, non trova alcuna base nella lettera della norma

790 Al contrario, nel codice del 1916 non si specificava alcunché, con la conseguenzache, in dottrina, era discusso se, per il sorgere della responsabilità, fosse necessario il requisitodell’onerosità (v. Marrone de Castro Sampaio, cit., 46)

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de educação, pelos seus hóspedes, moradores, e educandos”791), l’art. 933 co-stituisce la vera innovazione rispetto al precedente schema basato sulla colpapresunta792, finendo per costituire, nel panorama del diritto comparato, uno deisistemi di responsabilità più ampia793, finalizzato ad assicurare la massima tutelaalla vittima dell’evento dannoso794: l’espressione utilizzata dalla norma, infatti,secondo il parere prevalente della dottrina795, sarebbe una chiara dimostrazioneche siamo, qui, in presenza di un’ipotesi di responsabilità oggettiva per fattoaltrui796, senza possibilità di andarne esenti qualora si dimostri l’assenza dicolpa (“ainda que não haja culpa de sua parte”)797. La questione è solo appa-

791 Per quanto riguarda l’evento accaduto nella scuola pubblica, vi sarà una responsa-bilità oggettiva dello Stato, come consacrata dall’art. 37, 6° comma, della Costituzione Fede-rale e dalla Lei n. 8078/1990 (cfr. Barros Monteiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direitodas obrigações. 2° parte, cit., 586 e Tartuce, cit., 289 s.), o una responsabilità in base al “Có-digo de Defesa del Consumidor” (peraltro applicabile, questo, anche alle scuole private), es-sendo l’alunno un consumatore dei servizi dell’istituto di educazione (v. Barros Monteiro –Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2° parte, cit., 586; G. Stolze Gagliano– R. Pamplona Filho, Novo curso de direito civil, Volume III – Responsabilidade civil, II ed.,Saraiva, São Paulo 2004, 181; Salvo Venosa, cit., 105; Tartuce, cit., 298). Tutto ciò, ovvia-mente, senza esclusione della responsabilità personale per atto proprio dell’insegnante e deglialtri soggetti (Marrone de Castro Sampaio, cit., 46). La norma, comunque, non va applicataalle università, poiché si presume che i loro studenti siano maggiorenni o, comunque, minoripuberi che non necessitano di vigilanza (Marrone de Castro Sampaio, cit., 46; Stolze Gagliano– Pamplona Filho, cit., 182; contra, Salvo Venosa, cit., 109)

792 Tartuce, cit., 284793 v. Tartuce, cit., 284794 Rodrigues, ultimo cit., 64795 v. Costa Loures – Loures Dolabela Guimarães, cit., 405; Diniz, ultimo cit., 837;

Diniz, Responsabilidade Civil, cit., 550 ss.; Netto Lôbo, ultimo cit. 17; Silva Pereira – SilvaPereira, cit., 450; Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 820 e 836. Cfr. anche Fiuza,Para uma Releitura da Teoria Geral da Responsabilidade e do Ilícito, cit., 567 e 829. F. UlhoaCoelho, Curso de direito civil, volume 2, II ed., Saraiva, São Paulo 2005, 371 ss. parla di re-sponsabilità oggettiva puramente formale quando si ha una responsabilità prevista in una spe-cifica disposizione di legge, e non dipendente dal fatto che il soggetto gravato da essa possasocializzare i costi dell’attività generatrice del danno. Tuttavia, come vedremo, esaminati tuttii presupposti della responsabilità di genitori, tutori e curatori, esclude che essa abbia naturaoggettiva

796 nella dottrina brasiliana (Diniz, ultimo cit., 549; Id., Teoria das Obrigações Con-tratuais e Extracontratuais, cit., 836; Ulhoa Coelho, cit., 372) si parla poi, più in generale, di“responsabilidade complexa” nei casi in cui la responsabilità non sia per fatto proprio

797 Barros Monteiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2° parte,cit., 582; Diniz, ultimo cit., 837; Diniz, Responsabilidade Civil, cit., 550 ss.). Cfr. altresì Cal-mon Nogueira da Gama, Parte Geral, cit., 192; Costa Loures – Loures Dolabela Guimarães,cit., 405; Fiuza, Direito civil, cit., 797 s.; Marrone de Castro Sampaio, cit., 42, 45 e 69 s.;

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rentemente semplice. In primo luogo, taluna giurisprudenza798, individuando(correttamente) il parallelismo fra gli artt.1518 e 1521 del codice previgentee gli artt. 942 e 932 del codice del 2002, sostiene (discutibilmente) che il fon-damento della responsabilità genitoriale sta nella presunzione juris tantum diculpa in vigilando (mentre, come si è visto, in realtà il nuovo codice è inno-vativo a tale proposito, regolando una responsabilità che, in linea di massima,può essere ricondotta al tipo obiettivo). Inoltre, la stessa dottrina sopra ricor-data, che sembra così decisa nell’affermare la natura indiretta ed oggettivadella responsabilità nella norma in esame, si perde, però, in considerazioni lequali rivelano che il carattere della responsabilità dei genitori per fatto dei figlirimane ambiguo nonostante l’approvazione del nuovo codice799.

Così, si afferma che la responsabilità ex artt. 932-933 deriva dai poteri edai doveri connessi al “poder familiar”, e in particolare dal potere di“guarda”800, oppure si sostiene che vi è una presunzione non più juris tantumma juris et de jure di colpa801, arrivando addirittura a riprendere il concetto di

Netto Lôbo, ultimo cit., 17; Salvo Venosa, cit., 84 ss., che precisa che si tratta di responsabilitàper rischio; Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 450; Stolze Gagliano – Pamplona Filho, cit.,166; Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 829; A. Wald, Curso de Direito Civil Bra-sileiro. Obrigações e Contratos, XVII ed., Saraiva, São Paulo 2006, 719). Si tratta dell’acco-glimento del principio del rischio (A. Wald, Direito Civil. Introdução e Parte Geral. 1, XIed., Saraiva, São Paulo 2009, 275)

798 cfr. Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n° 777327 – RS (2005.0140670-7), in http://www.stj.jus.br/SCON/SearchBRS?b=ACOR&livre=@docn=’000377046 , che, nelcaso di specie, esclude la responsabilità del padre, ma solo perché il fatto che la madre avesseacquistato, pochi giorni prima del fatto, un revolver, utilizzato poi dal figlio per commetterel’illecito, costituiva senza dubbio una circostanza eccezionale

799 Gli unici Autori che non lasciano veramente spazio ad alcun dubbio sulla naturadella responsabilità in questione, parlando chiaramente di responsabilità per rischio ed affer-mando che il fondamento di tale responsabilità è, oggi, garantire il risarcimento alla vittima,sono Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 829 s.

800 Diniz, ultimo cit., 551; Gonçalves, cit., 375. In realtà, tale considerazione non sembracondivisibile, dato che, come si è visto, la nuova norma non parla più di “poder familiar” madi “autoridade”. Il legislatore non usa a caso i termini: se avesse voluto parlare di “poder fa-miliar”, l’avrebbe fatto

801 Diniz, Teoria das Obrigações Contratuais e Extracontratuais, cit., 837. Barros Mon-teiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2° parte, cit., 582, parla,come si è detto, di responsabilità oggettiva, ma sostiene che i genitori e gli altri soggetti sopraelencati siano chiamati a rispondere “com presunção absoluta da culpa in vigilando ou ineligendo”

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culpa in vigilando nel caso di fatto dannoso commesso da un minore di setteanni802. Ma, come giustamente osserva R. Lotufo803, una cosa sono le ipotesiin cui è richiesta la colpa, una cosa quelle in cui c’è una presunzione di colpa,e un’altra cosa ancora i casi di responsabilità oggettiva. E l’art. 932, a suo dire,sarebbe comunque un’ipotesi di responsabilità per colpa, in quanto gli Autoriche parlano di responsabilità oggettiva dimenticano che tale norma nonesclude alcuni casi in cui il genitore può andare esente da responsabilità, inprimis quando si dimostri che il fatto deriva da colpa esclusiva della vittima.Dunque, possiamo concludere, se la dimostrazione della colpa del genitore (edegli altri soggetti di cui all’art. 932) non sarà necessaria, sarà comunque ri-chiesta la dimostrazione della colpa del minore, per cui, in ogni caso, anchequalora si voglia sostenere che, dopo la riforma, la responsabilità genitorialeè di tipo oggettivo, si tratta comunque, a parere della migliore dottrina brasi-liana804, di una “responsabilità civile oggettiva impura”.

Inoltre, con la nuova norma, genitori, tutori, curatori e soggetti di cui al4° comma dell’art. 932 potranno andare esenti da responsabilità qualora nonricorrano le altre condizioni, quelle espressamente richieste dalla stessa805, cioèi figli non si trovino in loro “companhia” e sotto la loro “autoridade”: pen-siamo, ad esempio, al caso in cui il figlio non conviva coi genitori (o con unodi loro) in assenza di colpa da parte di questi ultimi, ad esempio perché si trovain un collegio (nel qual caso la responsabilità ricade su chi ha il dovere di vi-gilanza806) oppure perché, a seguito di separazione giudiziale o di divorzio, èstato affidato a un genitore, o comunque il fatto si è verificato mentre il figlioè in compagnia di uno solo dei genitori (nel qual caso l’altro genitore andràappunto esente da responsabilità)807.

802 P. A. Begalli (citato da Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 451. C. Fiuza, Por umanova teoria do ilícito civil, in Ciência juridica, 144 (2008), 108, più genericamente, non af-ferma che non vi è una colpa (in vigilando), ma che non importa se vi sia o meno una colpa.Per non parlare poi di R. Senise Lisboa, Manual de direito civil. Vol. I. Teoria geral do direitocivil, III ed., Revista dos Tribunais, São Paulo 2004, 610, che continuano a parlare di culpain vigilando e di presunzione di colpa

803 Volume 1. Parte Geral, II ed., Revista dos Tribunais, São Paulo 2003, 292, in E. A.Cambler, Curso avançado de direito civil

804 Tartuce, cit., 285805 Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 823806 Diniz, ultimo cit., 837; Diniz, Responsabilidade Civil, cit., 551; Fiuza, ultimo cit., 107807 v., ad esempio, Gonçalves, cit., 375; Marrone de Castro Sampaio, cit., 41; Silva

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Ma la portata delle eccezioni è, forse, ben più vasta di quanto non possaapparire: mentre in Italia il concetto di convivenza di cui parla l’art. 2048 c.c.è inteso in senso lato, in Brasile il requisito della “companhia” è invece intesoin senso stretto, ritenendosi che un’interpretazione diversa, responsabilizzandoil genitore anche quando il minore non si trova con lui, finirebbe per costituireun’intollerabile violazione del dettato legislativo: così, secondo parte delladottrina808, non vi sarà responsabilità se il genitore non si trovava nello stessolocale in cui si è verificato l’evento dannoso. Inoltre, si è detto, non vi saràresponsabilità genitoriale qualora il minore non si trovi “sob a autoridade”del genitore. Ma se il termine “autoridade” va inteso (ed è logico farlo, datoche il legislatore non usa i termini a caso) in senso diverso dall’espressione“poder familiar”, allora ecco che, mentre tutti i figli minori sono sottoposti al“poder familiar”, solo in certe situazioni essi si trovano “sob a autoridade”dei genitori809. Si parlerà così di autorità (paterna o materna) quando i figli,di norma, obbediscono agli ordini dei genitori: ma, siccome nella moderna so-cietà essi sono sempre più indotti a sviluppare opinioni autonome, ecco che il

Pereira – Fichtner, cit., 557; Tartuce, cit., 282 s.. Bisogna però rilevare che Superior Tribunalde Justiça, Recurso Especial n° 1074937 – MA (2008.0159400-7), superando, di fatto, la let-tera della norma, ha ritenuto che “a mera separação dos pais não isenta o cônjuge, com oqual os filhos não residem, da responsabilidade em relação ao atos praticados pelos menores,pois permanece o dever de criação e orientação, especialmente se o poder familiar é exercidoconjuntamente”

808 Ulhoa Coelho, cit., 374809 Ulhoa Coelho, cit., 374. Cfr. anche Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit.,

830, secondo cui, invece, il nuovo codice, sostituendo al termina “poder”, l’espressione “sobsua autoridade” e superando il collegamento con la potestà, allarga la responsabilità dei ge-nitori, mantenendola anche per coloro che, “embora não detentores da guarda, têm os filhossob sua autoridade parental”. Di parere diverso sono invece Netto Lôbo, Direito civil. Fa-mílias, cit., 288, il quale afferma che l’“autoridade” spetta necessariamente a chi è titolaredel “poder familiar”, e Salvo Venosa, cit., 90, che ritiene non superato il legame con la potestà.Egli sostiene che il fatto che si parli di “autoridade” permette chiarire il significato dellanorma e di escludere la necessità di una prossimità fisica fra genitori e figli: ma, in realtà,usare un termine diverso (“autoridade”, appunto) rispetto a quello utilizzato nel resto del co-dice sembra un’inutile complicazione, a meno che non si voglia seguire l’opinione di quellasopracitata dottrina secondo cui alla diversità di termini corrisponde una diversità di significati,che non è data certo dalla specificazione della non necessità della vicinanza fisica (anzi, è as-solutamente evidente che il “poder”, inteso come “patrio poder”, permanga anche nel mo-mento in cui il figlio è fisicamente lontano dal genitore). E comunque, la teoria di SalvoVenosa sembra ignorare completamente il termine “companhia”, questo sì senza dubbio le-gato ad una prossimità fisica tra genitore e figlio

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genitore potrà liberarsi da responsabilità dimostrando che il figlio, pur essendoin sua compagnia, non era sottomesso alla sua autorità810. In conclusione, i ge-nitori saranno responsabili per il fatto dannoso dei figli solo se questi si tro-vavano in loro compagnia e non avevano l’abitudine di disattendere agli ordinidei genitori811. Insomma, secondo la succitata dottrina, il regime “oggettivo”brasiliano viene così ad essere meno gravoso, per i genitori, del sistema“ibrido” italiano812.

8. La responsabilità dell’incapace legale: l’art. 928 c.c. brasiliano

Per quanto riguarda, poi, la responsabilità personale degli incapaci, nellavigenza del Codice del 1916, essi erano considerati irresponsabili, dato chel’art. 1521 prevedeva che per i loro atti fossero responsabili in via esclusivagenitori, tutori e curatori: di conseguenza, poteva capitare il caso di un sog-getto, danneggiato da un minore con un ingente patrimonio, che però rimanevasenza alcuna forma di compensazione813. Solo per i soggetti di età compresafra i 16 e i 21 anni era prevista una responsabilità, comunque solidale con ge-nitori e tutori814.

Oggi, invece, il regime della responsabilità dei minori, siano essi assolu-tamente o solo relativamente incapaci, è stato unificato815 ed è prevista unaforma di responsabilità del minore. Infatti, nel caso in cui il danneggiato abbiaottenuto il risarcimento da uno dei soggetti di cui all’art. 932 c.c. brasiliano,il minore può ben essere chiamato a rispondere del danno causato816, ma non

810 Ulhoa Coelho, cit., 374 s.811 Ulhoa Coelho, cit., 375812 Come si è accennato, in nota, nella Parte II di questo lavoro, le norme relative alla

responsabilità genitoriale possono essere applicate anche con riferimento a fenomeni relati-vamente nuovi, come il cd. “bullismo”, quella pratica, purtroppo sempre più diffusa fra i mi-nori, di ogni classe sociale (sia pure con modalità diverse), caratterizzata da atti di violenza,umiliazione e/o intimidazione nei confronti dei soggetti più deboli

813 v. Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 820814 Salvo Venosa, cit., 92; Stolze Gagliano – Pamplona Filho, cit., 169 s.815 Stolze Gagliano – Pamplona Filho, cit., 169 s.816 Barros Monteiro – Dabus Maluf – Tavares da Silva, Direito das obrigações. 2° parte,

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dai genitori (o, comunque, dagli ascendenti), che non hanno diritto di regressosu di lui817 in ragione del principio di solidarietà familiare (art. 934 c.c. brasi-liano del 2002)818. Il nuovo art. 928, chiaramente influenzato dal § 829 BGB edall’art. 2047 c.c. italiano819, prevede dunque che: “O incapaz820 responde pelosprejuízos que causar, se as pessoas por ele responsáveis não tiverem obrigaçãode fazê-lo821 ou não dispuserem de meios suficientes […]. A indenização pre-

cit., 587; Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 822 e 837817 Ma alcuni estendono il divieto di regresso a tutti i casi in cui l’autore del fatto dan-

noso sia un incapace (v. Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., che cita ma critica taliAutori)

818 cfr. Diniz, ultimo cit., 555 s.; Silva Pereira – Silva Pereira, cit., 451; Tartuce, cit.,285; Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 837, che menziona anche le critiche allanorma fatte da chi (Carvalho Santos) la ritiene ingiusta nei casi in cui i genitori siano poverie i figli ricchi. Merita di essere menzionata l’opinione di Salvo Venosa, cit., 89, secondo ilquale la ratio dell’esclusione della possibilità di regresso dei genitori sarebbe data dal fattoche “essa responsabilidade pentence ao rol dos deveres do pátrio poder ou poder familiar.Nesse caso, a obrigação fica restrita ao plano moral e constitui, sem dúvida, obrigação na-tural, desde sua origem romana, com todas as características desta”

819 Costa Loures – Loures Dolabela Guimarães, cit., 403; Tartuce, cit., 287. Nonostanteciò, la dottrina ritiene che la norma costituisca un esempio di responsabilità soggettiva (UlhoaCoelho, cit., 375): nessun Autore sostiene, come invece accade in Italia, e in parte della dot-trina peruviana, che si tratti di una norma, per così dire, “estranea” al sistema della responsa-bilità civile. E’ però significativa l’opinione di A. Wald, Curso de Direito Civil Brasileiro.Obrigações e Contratos, XVII ed., Saraiva, São Paulo 2006, 700, che afferma: “no direitoanterior, o alienado não era considerado responsável, por ser inimputável, o que ainda pre-valece no direito penal. O novo Código Civil, entretanto, segue a tendência moderna, queconsiste na prevalência de reparar o dano injusto. Nesse sentido é o art. 928”

820 Il termine “incapaz” viene qui utilizzato in senso generico, riferendosi sia all’inca-pacità assoluta che a quella relativa, così come definite agli artt. 3 (“São absolutamente inca-pazes de exercer pessoalmente os atos da vida civil: I – os menores de dezesseis anos; II – osque, por enfermidade ou deficiência mental, não vivere o necessário discernimento para aprática desses atos; III – os que, ainda por causa transitória, não puderem esprimi sua von-tade”) e 4 c.c. brasiliano (“São incapazes, relativamente a certos atos, ou à maneira de osexercer: I – os maiores de dezesseis e os menores de dezoito anos; II – os ébrios habituais,os viciados em tóxicos, e os que, por deficiência mental, tenham o discernimento reduzido;III – os excepcionais, sem desenvolvimento mental completo; IV – os pródigos”, cfr. CostaLoures – Loures Dolabela Guimarães, cit., 403)

821 Dato che, nel codice brasiliano del 2002, genitori, tutori e curatori sono responsabilia prescindere dalla colpa, secondo Costa Loures – Loures Dolabela Guimarães, cit., 404 l’espres-sione “se as pessoas por ele responsáveis não vivere obrigação de fazê-lo” è da intendersi nelsenso che non disponsano di beni sufficienti per assicurare il risarcimento. Secondo la più con-divisibile opinione di Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 820, invece, si tratterebbedel caso in cui il minore non si trova “sob a autoridade parental e companhia” e, dunque, ilgenitore non è responsabile: del resto, se condividiamo la già citata tesi di Ulhoa Coelho, se-condo cui il termine “companhia” sarebbe da intendersi in senso stretto, non saranno poi cosìinfrequenti le ipotesi in cui non sia ravvisabile una responsabilità dei genitori

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vista neste artigo, que deverá ser eqüitativa, não terá lugar se privar do ne-cessário o incapaz ou as pessoas que dele dipende”, per cui vi è una responsa-bilità sussidiaria (mitigata) ed equitativa822.

Esso estende dunque quell’indennizzo a carico dell’adolescente già previ-sto dall’art. 116 dell’”Estatuto da Criança e do Adolescente” a qualsiasi inca-pace, maggiorenne o minore, bambino o adolescente823.

Bisogna però osservare che, nel caso dell’art. 116 dell’Estatuto, l’adole-scente è il debitore principale (in solido coi genitori824), in quanto si tratta diuna misura non già ispirata ad esigenze equitative ma, piuttosto, volta ad unafinalità rieducativa825, mentre la responsabilità prevista dall’art. 928 c.c. bra-siliano è, come si diceva, essenzialmente sussidiaria. In ogni caso, l’indennizzonon sarà dovuto nel caso in cui ciò privi il minore dei mezzi minimi necessariper vivere, e ciò anche nel rispetto dei fondamentale valore costituzionale delladignità umana826.

Ma, secondo la dottrina, tale norma, insieme con il principio costituzio-nale, ha una vocazione espansiva, per cui non dovrà essere riferita solo al mi-nore, ma anche, nel nostro caso, al padre, al tutore o al curatore: al punto chesi dovrà addirittura ricorrere all’indennizzazione da parte del minore non solonel caso in cui siano già stati esperiti tutti i rimedi possibili nei confronti deiresponsabili ex art. 932, ma anche nel caso in cui chiedere loro tutto il risarci-mento li priverebbe dei mezzi necessari per condurre una vita dignitosa827.

822 Diniz, Teoria das Obrigações Contratuais e Extracontratuais, cit., 837 s.; Fiuza,ultimo cit., 108

823 Tartuce, cit., 287. Oltre al risarcimento, l’art. 116 dell’Estatuto prevede che il giudicepossa condannare il minore alla restituzione della cosa o a una compensazione del pregiudiziocausato (cfr. Diniz, Direito de Familia, cit., 730)

824 cfr. Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 830 s.825 V. Gomes de Oliveira Filho, Código civil anotado, LTR, São Paulo 2007, 174; Te-

pedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 820 s.. E’, quella prevista nell’Estatuto, una verae propria ipotesi di responsabilità solidale, mentre quella codicistica è un’ipotesi non già diresponsabilità solidale, ma sostitutiva dei genitori (Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes,cit., 857), con la possibilità, sussidiaria, che, ricorrendo le condizioni sopra viste, il minoresia chiamato ad un indennizzo

826 Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 821827 Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 822

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In tal modo, il nuovo codice brasiliano si inserisce in una tendenza a ri-conoscere una responsabilità (non personale ma) patrimoniale degli incapaci,responsabilità che dunque si aggiunge sia a quella dei genitori sia a quella dieventuali terzi corresponsabili (pensiamo al caso del minore che commetta uncrimine con un’arma imprestatagli, appunto, da un terzo)828.

9. La solidarietà fra i soggetti di cui all’art. 932 c.c. brasiliano

Per concludere questa Sezione III dedicata al diritto brasiliano, esami-niamo il problema della solidarietà fra i soggetti elencati dall’art. 932 c.c.Se in Italia, dove, come si è visto, non vi è solidarietà fra genitori e insegnantinel caso del minore incapace, non vi sono più dubbi sulla possibilità che ge-nitori e insegnanti rispondano solidalmente per il danno cagionato dal minorecapace durante l’orario scolastico829, in Brasile, parte della dottrina830 sostieneche ben possa esserci solidarietà, in tutti i casi di danno cagionato da minori,fra i soggetti di cui ai diversi commi dell’art. 932, e dunque, ad esempio, frail genitore “que têm autoridade e companhia” e la scuola, mentre la giurispru-denza831 e altra parte della dottrina832 sembrano essere orientate in direzioneopposta. I sostenitori della prima tesi ritengono che l’art. 942, che prevedeappunto la solidarietà passiva nelle ipotesi indicate all’art. 932, vada applicatonon solo fra i soggetti citati nel medesimo comma, ma anche fra soggetti men-zionati in commi differenti: la ratio della norma sarebbe quella di non rendereesenti da responsabilità proprio quei soggetti (i genitori) cui, ai sensi della Co-stituzione Federale, compete, in primo luogo, l’educazione e la formazionedei figli833. I sostenitori della seconda tesi, invece, escludono la responsabilità

828 Diniz, Teoria das Obrigações Contratuais e Extracontratuais, cit., 838. Si tratta,comunque, di un caso differente rispetto all’ipotesi di solidarietà fra genitori e figli emancipatiai sensi dell’art. 5, parágrafo único, inc. I, c.c. brasiliano

829 salva, secondo alcuni, come si è visto, l’eventuale possibilità di regresso degli inse-gnanti sui genitori

830 Tartuce, cit., 285 ss.831 v. la selezione di casi giurisprudenziali offerta dal medesimo Tartuce, A cit., 291 ss.832 v. Tepedino – Barboza – Bodin de Moraes, cit., 834833 cfr. Tartuce, cit., 286

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oggettiva, e ogni possibilità di regresso della scuola nei confronti dei genitori,in base alla considerazione che del fatto commesso nei locali scolastici deve ri-spondere esclusivamente la scuola, solidariamente con l’insegnante preposto834.E sembra proprio quest’ultima la soluzione preferibile, solo che si tenga in de-bito conto la nozione piuttosto ristretta di “companhia”, per cui il minore chesi trovi a scuola (o, anche, sul luogo di lavoro) non è in compagnia dei genitori,e dunque manca uno dei requisiti necessari perché possa sussistere la loro re-sponsabilità835: tuttavia è comunque possibile prevedere la possibilità di re-gresso in via contrattuale836.

834 Tartuce, cit., 292835 Marrone de Castro Sampaio, cit., 41836 Marrone de Castro Sampaio, cit., 46

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PARTE QUINTA

CONCLUSIONI

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1. Le “sabbie mobili” della responsabilità dei genitori per l'illecito delfiglio minore

I due tipi di responsabilità analizzati in questo lavoro (la responsabilitàdei genitori verso i figli e quella verso i terzi) rappresentano luoghi privilegiatid’incontro fra istituti ed esigenze diverse: i doveri genitoriali, la potestà e laresponsabilità; la tutela della famiglia e quella della persona; la protezione delterzo e la necessaria composizione con il principio della colpa.

Il punto di bilanciamento fra queste esigenze, lo si è visto, è mutato nelcorso dei decenni, comportando una particolare mobilità del rapporto fra i variistituti coinvolti. Mobilità che, peraltro, era insita, ab origine, nella responsa-bilità dei genitori, dei precettori e degli artigiani ex art. 1384 del Code Napo-léon (e in quella, su di essa modellata, ex art. 1153 c.c. italiano del 1865, cheaggiungeva la responsabilità dei tutori837) che, come si è visto, aveva la propriabase nell’esercizio della potestà838 (o quella “prosecuzione” dell’autorità pa-rentale che veniva riconosciuta in capo agli altri soggetti menzionati nellanorma), inserendosi però in un sistema generale basato sulla colpa, per cui talisoggetti erano responsabili salva la prova di non aver potuto impedire il fatto.In tal modo, nasceva un sistema ibrido, “in cui la fonte della responsabilitàera la colpa altrui, ma anche, e al tempo stesso, necessariamente la colpa pro-pria”839: insomma, da una parte vi era l’idea che certi soggetti dovessero ri-spondere per il fatto di altri, in virtù dell’autorità su di essi esercitata, dall’altra,però, essi venivano esonerati dalla responsabilità nel caso in cui fosse dimo-strata l’assenza di colpa.

837 cfr. comunque L. Corsaro, Funzione e ragioni della responsabilità del genitore peril fatto illecito del figlio minore, in B. Carpino (a cura di), Raccolta di scritti in memoria diAngelo Lener, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1989, 405, secondo il quale “l’art. 2048del nostro Codice non p[uò] essere ora inteso come la semplice trasposizione nella legge vi-gente né dell’art. 1384 Code Napoléon, né dell’art. 1153 del codice civile 1865; ma […] esso,anche alla luce degli art. 3 e 30 della Costituzione nonché delle recenti disposizioni in materiadi famiglia, è portatore di una disciplina nuova e diversa, in quanto frutto della combinazionedi queste disposizioni”

838 Cfr. anche Ferrante, cit., 480 ss.839 L. Corsaro, Responsabilità per fatto altrui, in AA. VV., Digesto delle Discipline

Privatistiche – Sezione Civile, vol. XVII, I ed., ristampa (2004), UTET, Torino 1998 , 386

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Peraltro, tali ipotesi venivano collocate nello stesso articolo insieme conla responsabilità dei padroni e dei committenti, che però era, in realtà, affattodiversa, non prevedendo alcuna prova liberatoria. Mancava, invece, una normache prevedesse una responsabilità del sorvegliante, ritenendosi troppo perico-loso “accettare l’idea di una generale responsabilità per fatto altrui in connes-sione ad una propria posizione di autorità sopra altri”840.

Il codice del 1942 ha, giustamente, rifiutato di mettere insieme le così di-verse ipotesi di cui agli artt. 1384 Code Napoléon e 1153 c.c. italiano del1865841, ma, al contempo, ha posto problemi nuovi. Infatti, se nel codice pre-cedente non vi era alcun dubbio sulla connessione necessaria fra responsabilitàex art. 1153 ed esercizio della potestà, il nuovo codice, almeno fino alla ri-forma del 1975, ha scisso dall’esercizio della patria potestà la responsabilitàex art. 2048, ponendola a carico non solo del padre, ma anche della madre,che però, non esercitando, di norma, la potestà842, si è ritrovata ad avere unaresponsabilità per l’illecito del minore senza, però, avere i mezzi per control-larlo. Affermare che padre e madre erano corresponsabili in quanto, ex art.316 c.c., contitolari della potestà843 era una soluzione soltanto parziale al pro-blema, poiché non si vede come la madre, che era “titolare” ma che non poteva“esercitare” (di regola) in concreto la potestà, potesse essere assimilata alpadre, che invece, “esercitando” la potestà, aveva in effetti mezzi di controllosul figlio non disponibili per la madre. Con la riforma del 1975, com’è noto,anche alla madre è stato attribuito l’esercizio della potestà, ma ciò non risolvei problemi. Infatti, in primo luogo, non si vede come delle modifiche inerential diritto di famiglia possano modificare il fondamento di una norma preesi-stente, quale l’art. 2048. In secondo luogo, è la stessa nozione di potestà, intesacome autorità dei genitori sui figli, a non essere più al passo con i tempi844,dato che il “genitore modello” non sarà più quello che controlla il figlio per

840 Corsaro, ultimo cit., 386841 Corsaro, ultimo cit., 387842 Ferrante, cit., 485843 v. Ferrante, cit., 485 s.844 cfr. Ferrante, cit., 487

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evitare che commetta illeciti, ma quello che ne accompagna la crescita, con-cedendogli spazi sempre più ampi di libertà man mano che il livello di ma-turità raggiunto glielo consenta.

In questo senso, utilizzare il criterio tradizionale (e sempre più spesso in-valso nella giurisprudenza più recente) di culpa in vigilando e in educando,cioè, in sostanza, collegare la responsabilità ex art. 2048 all’inadempimentodei doveri genitoriali, può essere visto come una soluzione al problema: il ge-nitore non viene punito in quanto, in virtù dell’autorità che ha sul figlio, è ilsoggetto più adatto a fungere da garante, ma piuttosto per l’inadempimento aisuoi doveri, non necessariamente collegati all’esercizio della potestà ma deri-vanti dallo stesso fatto di essere, appunto, genitore845.

845 Giova sottolineare come siano i doveri genitoriali ad essere collegati allo status (di-chiarato o meno) di genitore, il che è cosa diversa dall’affermare che è la responsabilità ex art.2048 c.c. ad essere direttamente dipendente dallo status di genitore (il che ne farebbe una sortadi responsabilità oggettiva). Contra, Ferrante, cit., 493 ss., secondo il quale il collegamento frale art. 147 c.c. e art. 2048 c.c. è escluso in quanto “l’obbligo di mantenimento, educazione eistruzione dei figli ai sensi dell’art. 147 c.c. si riferisce a qualsiasi figlio sia maggiore di età ominorenne, emancipato o non emancipato che sia”. Ma tale conclusione è errata in quanto ne èerrato l’assunto di partenza. E’ vero, infatti, che l’obbligo di mantenimento permane spessoanche nei confronti del figlio maggiorenne, ma non è ad esso che si fa riferimento quando, par-lando di responsabilità verso terzi, si citano, genericamente, i doveri di cui all’art. 147 c.c.,quanto piuttosto al dovere di educazione e a quello, implicito, di cura e di vigilanza sui figli,che unanimemente si ritiene cessino al raggiungimento della maggiore età. Nemmeno appareconvincente l’obiezione secondo cui “la differenza fondamentale che non permette associareautomaticamente i due articoli è che l’obbligazione derivante dall’art. 147 è un’obbligazionederivante dal matrimonio, mentre la presunzione iuris tantum sancita ex art. 2048 tiene un itercompletamente differente ed è relazionata allo status non di coniuge bensì a quello di genitore”:infatti, i genitori hanno, nei confronti dei figli naturali, esattamente gli stessi doveri previsti neiconfronti dei figli legittimi, al limite potendosene trovare il fondamento nell’art. 30 Cost. anzichénell’art. 147 c.c., ma senza che questo infici la validità del collegamento tra art. 2048 c.c. e do-veri genitoriali (peraltro, è lo stesso Autore, alcune pagine dopo, ad effettuare il collegamentocon l’art. 30 Cost.). Infine, non appare convincente nemmeno la terza obiezione, secondo cui ilcollegamento fra le due norme non sarebbe possibile in quanto “l’obbligo di mantenere ed edu-care i figli disposto dall’art. 147 è sempre stato interpretato in maniera “amplia”, “sociale” e“morale”. Invece l’origine di questo articolo ha avuto un’accezione prevalentemente patrimo-niale, riferendosi preminemente alle spese […] che si relazionano all’educazione ed istruzione”.Infatti, se ciò poteva essere vero nel codice del 1865, ciò non lo è più nel codice fascista del1942, essendo nell’educazione compresi i “principi della morale” e del “sentimento nazionalefascista”, né tantomeno nella Costituzione repubblicana (come, peraltro, lo stesso Autore sembrarendersi conto). Per non parlare, poi, delle considerazioni che l’Autore fa a proposito delle dif-ferenze fra istruzione in istituti pubblici e privati, che sembrano quasi implicare che un genitorein buone condizioni patrimoniali sarà tenuto ad inviare il figlio in una scuola privata, dove questisarà meglio seguito e non sarà vittima di episodi di bullismo, che invece “la fanno da padrone”nelle scuole pubbliche

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Questa tesi trova conferma nella dottrina maggioritaria e nella giurispru-denza concernente l’applicabilità della responsabilità ex art. 2048 del genitorenon affidatario nel sistema precedente alle l. 54/2006, che, come si è visto, haritenuto che, sebbene il genitore non affidatario non eserciti la potestà, è co-munque da ritenersi responsabile dell’illecito del figlio minore in virtù e neilimiti del suo diritto-dovere di partecipazione all’educazione del figlio, ovveronei limiti della coabitazione, intesa come “consuetudine di vita comune”.

A maggior ragione, poi, dopo la l. 54/2006, nei casi di affidamento con-diviso potranno essere considerati responsabili, per l’illecito del figlio, en-trambi i genitori, avendo essi un ruolo sostanzialmente paritario nella suaeducazione. Tuttavia, si potrà ravvisare una responsabilità esclusiva (o comun-que prevalente) nel caso in cui l’illecito commesso dal minore sia ricollegabilenon tanto a carenze educative, ma a un difetto di vigilanza, nel qual caso ap-pare difficile riconoscere una responsabilità del genitore con cui il minore nonsi trovava al momento del fatto.

Sulla stessa linea (quella di vedere la responsabilità genitoriale per il fattodannoso commesso dal minore come derivante non da una funzione di garan-zia connessa con la potestà ma dall’inadempimento dei determinati doveri) sicolloca la responsabilità del sorvegliante, introdotta ex novo dall’art. 2047 c.c.italiano del 1942, che, in quanto culpa in vigilando, è chiaramente collegata,nell’opinione tradizionale, all’inadempimento di un dovere del sorvegliantestesso.

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2. L’art. 2049 a confronto con gli artt. 2047 e 2048: funzione di garanziaper fatto del terzo versus responsabilità per fatto proprio

Del resto, appare evidente che vi è una differenza importante fra l’art. 2049,che, nel regolare la responsabilità di padroni e committenti, non prevede alcunaprova liberatoria, e gli artt. 2047 e 2048, che invece tale prova liberatoria la pre-vedono846. Ecco che allora, se in tutti e tre i casi potrà parlarsi di “responsabilitàper fatto altrui”, nel senso che il fatto è commesso materialmente da altri, nelcaso di cui all’art. 2049 si tratterà effettivamente di una “responsabilità per ga-ranzia per il fatto altrui”, mentre, nei casi di cui agli artt. 2047 e 2048, si tratteràdi una “responsabilità per fatto proprio”847 (per culpa in educando e/o in vigi-lando) che, nel caso dell’art. 2048, concorrerà con il fatto proprio del minore.La differenziazione, nell’attuale sistema codicistico, è del resto assai agevole,dato che, rifiutando l’uso della generica espressione “fatto delle persone dellequali si debba rispondere” di cui all’art. 1153 c.c. del 1865, esso dimostra dinon voler assimilare in una categoria unitaria fattispecie così diverse848.Infatti, nel caso di padroni e committenti, essi non cooperano alla realizzazionedell’illecito, ma ne creano semplicemente l’occasione; viceversa, nel caso digenitori, precettori e maestri d’arte, essi cooperano all’illecito attraverso la colpanell’educazione e/o nella vigilanza dei figli849.

Questo dimostra che il fondamento di tale responsabilità, nel sistema ita-liano (e in quelli ad esso analoghi, come quello del codice argentino attualmentein vigore), non è dato da una posizione di garanzia nei confronti dei terzi850 (purpotendosi ravvisare, di fatto, una concorrente funzione di garanzia), ma da uninadempimento a dei doveri. In caso contrario, infatti, se l’elemento della colpa

846 Il regime maggiormente favorevole per i genitori, analogamente a quello previstonell’ordinamento francese, viene giustificato affermando che il datore di lavoro trae profittodall’attività dei sottoposti, mentre la sorveglianza sui minori è generalmente esercitata nellostesso interesse di questi ultimi (Patti, cit., 240)

847 Corsaro, ultimo cit., 388848 Corsaro, ultimo cit., 388849 Corsaro, ultimo cit., 389850 Una funzione essenzialmente di garanzia può invece essere ravvisata nell’art. 2047,

2° comma, c.c. (L. Corsaro, Funzione e ragioni della responsabilità del genitore per il fattoillecito del figlio minore, cit., 392)

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non fosse rilevante, non potrebbe essere ammessa alcuna prova liberatoria.Nemmeno si può sostenere che il fondamento sia dato e dalla colpa e dalla po-sizione di garanzia, concorrenti fra loro in un sistema ibrido, come peraltro so-stiene certa dottrina cilena, uruguayana e argentina, nonché la Corte Supremade Justicia colombiana: in tal caso, infatti, il risultato non potrebbe essere certoquello di consentire una esenzione totale da responsabilità, ma un’esenzioneparziale, come accadeva nella vigenza del codice civile peruviano del 1936 che,all’art. 1143, concedeva sì ai soggetti di cui all’art. 1142 la dimostrazione dinon aver potuto impedire il fatto dannoso, ma la conseguenza non era la libera-zione dall’obbligo risarcitorio, ma la sua riduzione.

Di conseguenza, quella dottrina e quella giurisprudenza che escludono lastessa possibilità di una prova liberatoria ed affermano la natura oggettiva dellaresponsabilità in questione non fanno altro che distorcere il dato normativo851,che è ben diverso da quello dei nuovi codici peruviano e brasiliano, o dell’An-teproyecto de Código Civil y Comercial argentino del 2012, in cui, invece, ladisciplina è stata trasformata in oggettiva852 (pur permanendo, nei primi duePaesi, il dibattito sul fatto che si tratti di responsabilità diretta o indiretta853) e,con ciò, anche il fondamento della responsabilità, che lì diventa la posizione digaranzia dei genitori, e non più la loro colpa.

Dall’esame comparato dell’ordinamento italiano e di quelli sudamericaniemerge, comunque, che la responsabilità genitoriale sconta un contrasto di fondofra principio culpabilistico e funzione di garanzia per cui, da un lato, vi è chi,come parte della dottrina e della giurisprudenza italiana, tende a tramutare untesto normativo in cui la base della responsabilità è data dalla colpa in una re-sponsabilità oggettiva di fatto e, dall’altro, chi, come certa dottrina brasiliana,finisce per svuotare di significato un testo normativo che delinea chiaramenteuna responsabilità oggettiva, così da renderlo, per gli obbligati, meno gravosodi un sistema basato sulla colpa.

851 Corsaro, Responsabilità per fatto altrui, cit., 389852 o meglio, in oggettiva ibrida in quanto si richieda la colpa dell’autore materiale del-

l’illecito, cioè il minore853 L’Anteproyecto argentino del 2012, invece, collocando la norma sulla responsabilità

dei genitori per fatto materiale dei figli nella sezione intitolata “Responsabilidad por hechode terceros”, in contrapposizione alla senzione precedente, intitolata “Responsabilidad di-recta”, prende una chiara posizione sul problema

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3. Conseguenze della scelta fra responsabilità oggettiva e soggettiva

Nonostante ciò, la soluzione secondo la quale la responsabilità ex artt.2047 e 2048 è per fatto proprio da inadempimento dei doveri genitoriali apparecomunque preferibile. Ciò permette, innanzitutto, di giustificare la situazionevigente fra il 1942 e il 1975 quando la madre non aveva la potestà sul figlioma era ugualmente responsabile nel caso di illecito di quest’ultimo. Inoltre,fornisce una giustificazione alla diversità di disciplina tra il fatto dannoso com-messo dal minore incapace e quello commesso dal minore capace.

Pensiamo al codice civile peruviano vigente: il responsabile è il rappre-sentante legale in entrambi i casi sopra menzionati. Analogamente, nel codicecivile brasiliano del 2002, non vi è una differenziazione dei soggetti respon-sabilità a seconda del grado di capacità del minore. La differenziazione, in en-trambi i casi, è data solo dal concorso di responsabilità del minore, ma ciòdipende semplicemente dal fatto che la persona capace è responsabile deldanno cagionato, mentre l’incapace no.

Invece, nel nostro codice civile, la differenziazione non è solo sottoquest’ultimo profilo, ma anche sotto quello dei soggetti. Cosa che non avrebbealcun senso, se il fondamento della responsabilità, nelle norme in questione,fosse la funzione di garanzia. In tal caso, infatti, non si spiegherebbe perchéproprio per il fatto commesso dai soggetti maggiormente imprevedibili, gli in-capaci, oltretutto nemmeno responsabili in proprio, dovrebbe essere previstoun solo garante, chi esercita la sorveglianza, mentre per il fatto dei minori ca-paci, che sono comunque responsabili personalmente, debba, rectius possa,sussistere una sorta di “doppia garanzia”, quella dei genitori e dei precettori.

Un sistema assolutamente inspiegabile, a meno che, appunto, non si vo-glia ritenere che il fondamento della responsabilità sia comunque dato dallacolpa. Infatti, l’incapace non può, in ragione della tenera età (o, nel caso diincapace maggiorenne, per via del proprio deficit), avere già assimilato l’edu-cazione impartitagli: di conseguenza, non si può ravvisare alcuna colpa deisoggetti deputati ad educarlo, essenzialmente i genitori, se egli cagiona undanno in ragione di ciò.

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L’unico responsabile sarà dunque colui che esercita la sorveglianza: spettaa lui, infatti, che sia egli genitore o meno, controllare che il minore, non com-pos sui, non cagioni pregiudizi a terzi. Viceversa, il minore capace già deveaver assimilato le fondamentali regole dell’educazione ma, al contempo, ne-cessita di un’educazione ulteriore: ciò giustifica la previsione di una respon-sabilità genitoriale per culpa in educando e una concorrente responsabilità dichi esercita la vigilanza, in modo da supplire all’inevitabile incompletezzadell’educazione854.

4. Responsabilità ex artt. 2047 e 2048 ed evoluzione della potestà

Ciò appare oltretutto conforme alla giurisprudenza sull’adempimento deldovere di educazione nei confronti dei figli: essa, infatti, chiaramente delineail limite nella maggiore età (contrariamente, ad esempio, al dovere di mante-nimento), così come l’art. 2048 fissa in essa855 il limite oltre il quale i genitorinon saranno chiamati a rispondere nei confronti dei terzi. Inoltre, non si di-mentichi che parte della giurisprudenza, come si è visto, ritiene che i genitorinon debbano solo educare i figli, ma anche “verificare” il corretto apprendi-mento dell’educazione stessa, e in tal modo anche quelle sentenze che sostengono che è la stessa commissione dell’illecito (nel caso in cui sia parti-colarmente grave) a rivelare, in re ipsa, le carenze educative finiscono perpoter essere ricondotte, comunque, in un sistema basato sulla colpa e piuttostouniforme tra la responsabilità endofamiliare e quella verso terzi856.

854 Per non parlare, poi, del sistema delineato dai codici civili cileno, uruguayano e co-lombiano, in cui, addirittura, non solo manca la “doppia garanzia” per il minore incapace, maaddirittura non vi è nessuna presunzione di responsabilità

855 salvo il caso di emancipazione, ma è chiaro che non si potrà configurare un doveredi educazione e/o vigilanza nei confronti del minore emancipato

856 cfr. altresì Corsaro, Funzione e ragioni della responsabilità del genitore per il fattoillecito del figlio minore, cit., 399

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Ciò a patto che sia pur sempre possibile, come sembra fare la più recente giu-risprudenza (pena la trasformazione, contra litteram legis, della responsabilitàex artt. 2047-2048 in oggettiva), sostenere che un certo comportamento costi-tuisce indice della cattiva educazione impartita, ma ammettere comunque laprova contraria, a carico, ovviamente, dei genitori857.

Tale soluzione appare anche conforme all’evoluzione dei rapporti internialla famiglia, in cui si è passati da una potestà intesa come autorità dei genitorisui figli ad un dialogo dinamico, caratterizzato dallo scambio reciproco e, so-prattutto, dal rispetto dello sviluppo personale e dell’autonomia del minore.Conseguentemente, non si potrà considerare responsabile un genitore che lascitalvolta senza vigilanza il cd. “grand enfant”, in quanto il comportamento con-trario finirebbe per essere inutilmente oppressivo e, quindi, genererebbe unaresponsabilità non già nei confronti del terzo, ma del figlio stesso858.

E’ la soluzione che è stata accolta in Germania, dove la legge sulla Neu-regelung des Rechts der elterlichen Sorge già nel 1979 ha modificato i §§ 1626e 1631 BGB, riconoscendo al minore il diritto di scelte autonome man manoche sviluppa la sua personalità, con la conseguenza che, come giustamente hariconosciuto il Bundesgerichtshof, non può certo considerarsi una colpa delgenitore (e, dunque, porre a suo carico una responsabilità) se il figlio, ormaiadolescente, frequenta da solo, ad esempio, un locale pubblico e, in tale oc-casione, commette un illecito859.

857 cfr. Cass. 26200/2011, cit., in cui la sentenza della Corte d’Appello di Bologna, cheaveva escluso la responsabilità dei genitori, viene cassata con rinvio, argomentando fra l’altroche “la sentenza [impugnata] non offre alcuna indicazione di una prova liberatoria fornita orichiesta dagli attuali resistenti”

858 cfr. Rescigno, cit., 409. Anche nell’ordinamento tedesco si sottolinea la freie En-tfaltung della personalità del minore, negando la responsabilità del genitore per il fatto com-messo dal figlio ormai prossimo alla maggiore età (Patti, cit., 244 s.). Inoltre, non bisognadimenticare che lo stesso minore, specie se adolescente, deve avere voce in capitolo sullescelte che lo riguardano, con la conseguenza che nemmeno sarà ravvisabile una carenza edu-cativa per quelle scelte attuate dal genitore in conformità alla personalità del minore (cfr. Cor-saro, ultimo cit., 404)

859 v. Patti,, cit., 246 s.

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5. Il genitore fra l’“incudine” della responsabilità verso il figlio e il “martello” della responsabilità verso i terzi

Possiamo così affermare che dalla nascita del figlio nascono determinatidoveri a carico dei genitori, in virtù del loro stesso status genitoriale (dichiaratoo meno). L’eventuale inadempimento a tali doveri genera una responsabilità,in primis, nei confronti del figlio e, in secundis, nei confronti dei terzi nel casoin cui esso si risolva in un comportamento dannoso dei minori, e in tal caso iterzi beneficiano di una presunzione di colpa, che dipende proprio dal fattoche è la stessa commissione del fatto dannoso da parte del minore a costituireindice sintomatico di una carenza educativa dei genitori o di una carenza disorveglianza da parte loro o di chi ne “prosegue” l’autorità, senza che questo,però, escluda la possibilità, per i genitori, di dimostrare il contrario860.

Appare chiaro, comunque, che è possibile tracciare un parallelo fra i duetipi di responsabilità analizzati in questo lavoro: infatti, come si è visto, da unaparte la responsabilità verso i figli sorge a seguito non di singoli e trascurabiliepisodi, ma a causa di comportamenti gravi e, in genere, prolungati nel tempo;analogamente, la culpa in educando da cui deriva la responsabilità verso i terzi,per sua natura, non può derivare da una singola, lieve manchevolezza da partedei genitori, ma è frutto di errori educativi perduranti negli anni.

Non bisogna infatti confondere la facilità con cui un genitore può esserechiamato a rispondere per il fatto del figlio con l’affermazione per cui il livellodi diligenza richiesto per andare esenti da responsabilità ex art. 2048 sia mag-giore rispetto a quello necessario per non incorrere in responsabilità verso i figli:

860 cfr., da ultimo, Cass. 26200/2011, cit., 448 ss., in cui, se da una parte si afferma che“l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su di un minore puòessere ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, cheben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancatoadempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c.”, dall’altra si precisache la prova liberatoria non è stata né fornita né richiesta dai genitori, con ciò implicando chela cd. “prova in re ipsa” non coincide certo con una presunzione juris et de jure ma, confor-memente al dato normativo, con una presunzione juris tantum

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piuttosto, sarà la presunzione juris tantum di cui all’art. 2048 a far sì che lo stessogenitore possa essere considerato “diligente” verso i figli e “negligente” nel casoin cui questi ultimi commettano un illecito. Sarà invece nel dovere di vigilanzache il genitore (o il genitore-sorvegliante) potrà essere chiamato a rispondere invirtù di un singolo episodio, in cui la sua mancanza sia stata anche lieve.

Insomma, se da una parte la disciplina degli artt. 2047 e 2048 è certo natain un contesto in cui la potestà era intesa in senso diverso e l’idea di una re-sponsabilità endofamiliare era ancora lontana, il fatto che, comunque, essa,già prima che avvenissero i profondi mutamenti sociali degli ultimi decenni,ponesse una responsabilità anche a carico di un soggetto, la madre, che di re-gola non era titolare della potestà dovrebbe essere indicativo del fatto che ladisciplina attuale, ove correttamente interpretata (cioè nel senso sopra preci-sato) dalla giurisprudenza, ben potrebbe evitare un contrasto fra il livello e lemodalità di adempimento dei doveri dei genitori nei confronti dei figli e ilcontrollo che su questi ultimi i genitori dovrebbero esercitare per andare esentida responsabilità nei confronti dei terzi.

6. Svantaggi della responsabilità oggettiva

Insomma, non sembra necessario né opportuno seguire la tendenza versola responsabilità oggettiva che pervade la tradizione giuridica occidentale, conriferimento, nel civil law, sia ai già esaminati sistemi sudamericani (pensiamoagli esempi dei nuovi codici civili del Perù e del Brasile e all’Anteproyecto deCódigo Civil y Comercial argentino del 2012) sia ad alcuni ordinamenti euro-pei (pensiamo all’Avant-Projèt Catala in Francia, che rappresenta il momen-taneo punto d’arrivo di un percorso iniziato con una sentenza della Cassazionedel 1976861), e, nella tradizione anglosassone, agli statutes di diversi Stati nor-

861 v. Patti, cit., 299 ss.. In tale occasione la Suprema Corte d’oltralpe aveva condannatoi genitori di un minore che, cercando di calciare un pallone, inavvertitamente aveva sollevatouna zolla di terra che era finita negli occhi di un compagno

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damericani che, pur in assenza di una regola generale di common law che in-dichi il responsabile di un illecito del minore nel genitore862, prevedono unaresponsabilità oggettiva di quest’ultimo, in genere con un ammontare massimodi risarcimento863 e con la finalità non tanto (o, comunque, solo indirettamente)di garantire il terzo danneggiato, ma di prevenire la delinquenza giovanile864.

Premesso che parlare di responsabilità oggettiva “pura” significherebberendere responsabili i genitori anche nei casi in cui manchi la colpa del minore,per cui apparirebbe comunque più opportuna una soluzione analoga a quelladi cui all’art. 2049 c.c., in ogni caso una simile soluzione finirebbe per far pre-cipitare intere famiglie in tragedie economiche “assolutamente immeritate”865.

Forse la soluzione potrebbe essere data dalla stipulazione, da parte deigenitori, di un’assicurazione per i danni provocati dai figli minori (come ormaiaccade sempre più spesso in altri Paesi, in primis Francia e in Germania), main tal caso, al vantaggio dato dalla full compensation, si contrapporrebbe losvantaggio di una scarso effetto deterrente866. D’altra parte, gli stessi Principlesof European Tort Law utilizzano, con riferimento alla responsabilità dei mi-nori, lo schema della responsabilità presunta867.

862 non si deve infatti confondere la responsabilità civile del genitore con la “parentalresponsibility”, che corrisponde sostanzialmente alla “potestà” dei sistemi di civil law, v. A.Ferrante, Illecito del figlio minore: nuove prospettive, in Danno resp., 2009, 591

863 cfr. Ferrante, ultimo cit., 592 ss. e Patti, cit., 234 ss.864 v. Ferrante, ultimo cit., 588. Analogamente, nel sistema inglese esistono compensa-

tion orders e sanzioni, anche non pecuniarie, che hanno lo scopo di obbligare il genitore adeducare il minore, non tanto come dovere nei confronti di quest’ultimo quanto invece nei con-fronti della società (Ferrante, ultimo cit., 589)

865 Patti, cit., 302866 v. Chiarella, cit., 986; Patti, cit., 328. Contra, Ferrante, ultimo cit., 601, che ritiene

invece che l’effetto di deterrenza sarebbe comunque assicurato dalla consapevolezza, per igenitori, che la polizza, oltre a prevedere dei massimali, spesso non comprende determinatesituazioni, come lo stato di ubriachezza. E’ chiaro, dunque, che la predispozione di un limitemassimo al risarcimento da parte dei genitori, come fanno diversi Stati americani (v. Ferrante,ultimo cit., 596) sarebbe una soluzione ancora più inadeguata, dato che si finirebbe non soloper ridurre drasticamente la tutela del terzo danneggiato, dato che, proprio nei casi più gravi,questi dovrebbe rivolgersi al minore, in genere insolvente, ma si eliminerebbe l’effetto di de-terrenza dato dalla consapevolezza, per i genitori, della possibilità che l’assicurazione noncopra l’intero danno

867 v. Chiarella, cit., 986; Ferrante, ultimo cit., 586 e 599 s.

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7. “Arché” comune ed “eleganza” di sistema della responsabilità geni-toriale: fra tradizione ed innovazione

Ecco che allora, alla luce delle considerazioni svolte in questo lavoro e,in particolare, nelle sue Conclusioni, emerge come un’applicazione accortadella normativa attualmente vigente (e quindi un sapiente uso della prova li-beratoria) possa costituire la migliore soluzione per contemperare l’interessedel danneggiante e l’esigenza di tutelare il danneggiato868, e al contempo per-metta una soluzione, per così dire, strutturalmente “elegante” al problema difondo, quello della ricerca di un’“arché” comune ai vari tipi di responsabilitàgenitoriale. Un uso accorto della discrezionalità giudiziale, nella valutazionesia della capacità del minore sia della prova liberatoria, dovrebbe rendere nonnecessaria una soluzione (ritenuta invece “interessante” da certa dottrina869)come quella proposta dallo Study Group of European Civil Law che, ripren-dendo in parte lo schema olandese e quello tedesco, sancisce una presunzionejuris tantum di responsabilità a carico dei genitori dell’infraquattordicenne,mentre, con riferimento all’ultraquattordicenne, esclude la responsabilità nelcaso del minore che prima dell’illecito non ha mai dato segni di irrequietezza,mentre mantiene la presunzione juris tantum a carico dei genitori del sog-getto propenso a commettere illeciti, presunzione superabile provando la man-canza di culpa in vigilando.

Sembra opportuno, quindi, il passaggio dalla visione secondo la quale laresponsabilità del genitore nasce “per non aver egli correttamente usato deipoteri a lui spettanti relativamente alla persona del figlio”870, con una funzioneessenzialmente di garanzia, ad una visione in cui la responsabilità dipende dalmancato adempimento dei doveri, di educazione, vigilanza e, più in generale,

868 v. Chiarella, cit., 985 s.869 Ferrante, ultimo cit., 600870 Corsaro, ultimo cit., 389

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di cura del minore871: del resto, come si è visto, la stessa potestà dovrebbe es-sere oggi intesa come meramente funzionale all’adempimento dei doveri chei genitori hanno nei confronti dei figli e modellata sull’evoluzione della loropersonalità. E le norme vigenti, così come interpretate dalla dottrina maggio-ritaria e da parte della giurisprudenza, sembrerebbero essere adeguate rispettoa quello che è oggi il rapporto tra genitori e figli e, conseguentemente, rispettoall’effettivo potere di controllo che i primi hanno sui secondi. Senza dimenti-care che, in ogni caso, a non escludere, contra tenorem legis, una responsa-bilità dei genitori per il fatto del grand enfant vi sarebbe la consapevolezzache questi, se da un lato non può certo subire un oppressivo controllo da partedei genitori, certo dovrebbe avere ormai un bagaglio educativo tale da renderenon più necessario tale controllo: ove commetta un illecito, ciò costituirà unindizio di una culpa in educando dei genitori, o comunque di una culpa in vi-gilando per avergli dato uno spazio di libertà maggiore rispetto a quello chel’educazione fino a quel momento appresa avrebbe consentito, ma resterebbecomunque ai genitori la possibilità della prova di “non aver potuto impedireil fatto”, ad esempio dimostrando che il minore non aveva precedentementedato alcun segno di irrequietezza e che, quindi, la commissione dell’illecitonon era prevedibile. Insomma, si tratta di una nuova applicazione di quel prin-cipio di proporzionalità inversa fra dovere di educazione e dovere di vigilanzache si è visto nella Parte II di questo lavoro.

In tal modo, dovrebbe essere assicurato il raggiungimento del migliorpunto di equilibrio tra i valori in gioco: principio culpabilistico, tutela del terzoe rispetto della personalità del minore. E, al contempo, non vi sarebbero puntidi contrasto, ma, anzi, sarebbe possibile la ricostruzione di un quadro armonicoche comprenda sia la responsabilità dei genitori verso i figli, sia quella versoi terzi, amalgamandole, nell’opera creativa dei giudici e nell’assoluto rispettodella littera legis, senza bisogno di interventi legislativi, con principi comunie ponendo soluzioni ed istituti tradizionali (e, ma solo apparentemente, vetusti)del diritto civile al passo con i cambiamenti sociali.

871 cfr., in dottrina, lo stesso Corsaro, ultimo cit., 398 e, in giurisprudenza, ex multis,Cass. 26200/2011, cit., 448 ss.. Assolutamente non condivisibile appare poi la posizione di chiipotizza, in caso di separazione o divorzio, per un genitore, una responsabilità presunta ex art.2048 e, per l’altro, una responsabilità derivante dal combinato disposto degli artt. 2043 e 147c.c. (Ferrante, La responsabilità civile dell’insegnante, del genitore e del tutore, cit., 527 ss.)

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DOTTRINA FRANCESE

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GIURISPRUDENZA ITALIANA

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e App. Roma, sez. III, 6 febbraio 2007, n. 567, in Guida dir., 2007, 14,57, massima di S. Galdierie Cass. civ., sez. I, 10 luglio 1996, n. 6302, in Guida dir., 1996, 37, 71,massima di M. Pisellie Cass. civ., sez. I, 3 marzo 1997, n. 1851, in Guida dir., 1997, 15, 57,massima di M. Pisellie Cass. civ., sez. I, 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. dir., 2001, 159, connota di M. Dogliotti; in Fam. dir., 2001, 189, con nota di M. Bona; in Foro it.,2001, I, 187, con nota di A. D’Addae Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2005, n. 9801, in Corr. giur., 2005, 921,con nota di G. De Marzo; in Danno resp. 2006, 37, con nota di F. Giazzi; inDir. giust., 2006, 22, 12, con nota di G. Dosi; in Fam. dir., 365, con nota diM. Sesta e G. Facci; in Fam., 875, con nota di C. Caricato; in Giur. it., 2006,691, con nota di A. Fraccon e E. Carbone; in Giust. civ., 2006, 98, con nota diA. Morace Pinelli; in Resp. civ. prev., 2005, 670, su cui v. G. Faccie Cass. civ., sez. I, 30 giugno-30 settembre 2010, n. 20509, in Guida dir.,2010, 41, 32, con commento di M. Fiorinie Cass. civ., sez. I, 23 febbraio-22 ottobre 2010, n. 21718, in Dir. fam. pers.,con nota di I. Zingales; in Fam. dir., 2011, 769, con nota di L. Bassora; in Foro it.,2011, 2821, con nota di G. De Marzo; in Guida dir., 2011, 2, 61, con nota di M.Fiorini; in http://www.altalex.com/index.php?idnot=50870&idstr=20, con nota diM. Buffoni, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=12276e Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2010, n. 22909, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=51058, con nota di M. Rinaldi, inhttp://www.altalex.com/index.php?idstr=24&idnot=51023e Cass. civ., sez. I, 22 novembre 2010, n. 23590, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=51149&idstr=20, con nota di R. Staiano,in http://www.altalex.com/index.php?idnot=12449e Cass. civ., sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=17893, con nota di A. Ferretti, inhttp://www.altalex.com/index.php?idu=123525&cmd5=75c4ad3a8a86c2d94a1e268510d2080d&idnot=17894e Cass. civ., sez. II, 12 marzo 2007, n. 6685, in Fam. dir., 2007, 745, sintesia cura di A. Batà – A. Spirito; in Fam. min., 2007, 5, 44, con commento di A. Grag-nani

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e Cass. civ., sez. III, 1° giugno 1994, n. 5366, in Foro it., 1995, I, 1285, connota di S. Di Paolae Cass. civ., sez. III, 22 dicembre 1995, n. 13062, in Guida dir., 1996, 14,70, massima di M. Finocchiaroe Cass. civ., sez. III, 18 aprile 1996, n. 3888, in Guida dir., 1996, 23, 74,massima di M. Pisellie Cass. civ., sez. III, 19 giugno 1997, n. 5485, in Guida dir., 1997, 28,64, massima di M. Pisellie Cass. civ., sez. III, 23 gennaio-11 agosto 1997, n. 7459, in Guida dir.,1997, 35, 32, con commento di G. Giacalonee Cass. civ., sez. III, 9 ottobre 1997, n. 9815, in Guida dir., 1997, 44, 76,massime di A. Finocchiaroe Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1998, n. 6331, in Foro it., 1999, I, 1574,con nota di F. Di Ciommoe Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2000, n. 12501 e Cass. civ., sez. III, 7agosto 2000, n. 10357, in Danno resp., 2001, 257, con commento di F. DiCiommoe Cass. civ., sez. III, 28 marzo 2001, n. 4481, in Danno resp., 2001, 498,con commento di V. Carbonee Cass. civ., sez. III, 18 aprile 2001, n. 5668, in Foro it., 2001, I, 3099,con nota di F. Di Ciommoe Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2001, n. 7270, in Danno resp., 2001,1211, sintesi a cura di A. Batà – A. Spiritoe Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2001, n. 8740, in Foro it., 2001, I, 3098,con nota di F. Di Ciommoe Cass. civ., sez. III, 19 febbraio 2002, n. 2380, in Foro it., 2002, I, 2438,con nota di F. Ronconie Cass. civ., sez. III, 14 ottobre 2003, n. 15321, e Cass. civ., sez. III, 11novembre 2003, n. 16947, in Foro it., 2004, I, 426, con nota di F. Di Ciommoe Cass. civ., sez. III, 29 luglio 2004, n. 14488, in Nuova giur. civ. comm.,2005, 418, con nota di E. Palmerinie Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2005, n. 20322, in Fam. dir., 2006, 135,con nota di G. Faccie Cass. civ., sez. III, 20 aprile 2007, n. 9509, in Danno resp., 1007, 1025,con nota di S. Taccini

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Page 307: Doveri Genitoriali eBook

e Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2008, n. 7050, in Fam. dir., 2009, 359,con nota di G. Valente; in Foro it, 2008, 2883, con nota di R. Menzella; inGiust. civ., 2010, I, 193; nota di C. Camilotto inhttp://www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1065e Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2008, n. 8308, in Guida dir., 2008, 25, 69, massima diM. Pisellie Cass. civ., sez. III, 20 giugno 2008, in Giur. it., 2009, 864, con nota diC. R. Spinae Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2008 – 22 aprile 2009, n. 9556, in Dannoresp., 2010, 167, con nota di P. Pardolesi e M. Dimattia; in Guida dir., 2009,23, 54, con commento di P. Pirruccio e in Nuova giur. civ. comm., 2009, I,1136, con nota di F. Espositoe Cass. civ., sez. III, 19 maggio-28 agosto 2009, n. 18804 in Dir. fam.pers., 2010, 654 e in Guida dir., 2009, 38, 24, con commento di Fiori e Cass. civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5067, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=10888, con nota di A. Cataluna, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=10983e Cass. civ., sez. III, 1 marzo – 26 aprile 2010, n. 9906, in Resp. civ.prev., 2010, 2288, con nota di C. Menga e inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=11047&idstr=20, con nota di G. Be-llini, http://www.altalex.com/index.php?idnot=11011e Cass. civ., sez. III, 19 novembre 2010, n. 23464, in Foro it., 2011, I,1447, con nota di M. Caputie Cass. civ., sez. III, 6 dicembre 2011, n. 26200, in Foro it., 2012, I, 448Cass. civ., sez. VI, 26 luglio 2010, n. 17504, in Guida dir., 2010, 49-50, 50,massima di M. Piselli e C. Cost., 26 settembre 1998, n. 347, in http://www.associazionedeicos-tituzionalisti.it/cronache/giurisprudenza_costituzionale/procreazione_assis-tita/Sen_cc_347_98.pdfe Giudice di Pace Cerignola, 6 aprile 2010, n. 1947, in http://www.al-talex.com/index.php?idnot=11552, con nota di G. Allamprese, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=50342e Giudice di Pace Torino, sez. IV, 29 febbraio 2000, in Danno resp. 2001,200, sintesi a cura di P. L. Carbone

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e Trib. Bari, sez. III civ., 31 marzo 2006, in Danno resp., 2006, 1020,sintesi a cura di P. L. Carbonee Trib. Bari, 24 aprile 2009, n. 1667, in Fam. dir., 2009, 1163, con notadi R. Campionee Trib. Bari, sez. I, 30 marzo 2010, in Guida dir., 2010, 23, 70e Trib. Bologna, decr., 19 giugno 2007, in Fam. dir., 2008, 1159, connota di C. Cilibertoe Trib. Firenze, ord., 11 febbraio 2008, in Fam. dir., 2009, 167, con notadi L. Pascuccie Trib. Lecce, sez. Maglie, 03 settembre 2008, in Fam. pers. succ., 2009,785e Trib. Messina, 28 novembre 2001, in Foro it., 2002, I, 602, con notadi F. Di Ciommoe Trib. Messina, sez. 1, 31 agosto 2009, in Danno resp., 2010, 506, connota di D. Amram e in Fam. dir., 2010, 150, con nota di A. Arcerie Trib. Messina, 11 settembre 2009, con nota di M. Corbi, inhttp://www.overlex.com/leggisentenza.asp?id=1287e Trib. Milano, 10 febbraio 1999, in Fam. dir., 2001, 185, con nota diM. Bonae Trib. Milano, 27 giugno 2008, n. 8465, in Guida dir., 2008, 41, 59,massima di P. Mastrantonioe Trib. Milano, 21 aprile 2009, n. 5223, in Fam. dir., 2009, 1165, connota di R. Campionee Trib. Milano, sez. X civ., 16 dicembre 2009, in Resp. civ. prev., 2010,1600, con nota di G. Mastrangelo e inhttp://www.osservatoriopenale.it/index.php?option=com_content&view=arti-cle&id=517:responsabilita-dei-genitori-per-i-danni-da-reato-dei-figli&catid=31:minor&Itemid=30e Trib. Monza, sez. IV civ., 5 novembre 2004, in Danno resp., 2005,851, con nota di G. Ramaccioni; in Fam. dir., 2005, 79, con nota di G. DeMarzo; in Fam., 2006, 584, con nota di A. Cordiano; in Resp. civ. prev., 2005,171, con nota di G. Faccie Trib. Monza, sez. IV civ., 19 febbraio 2010, inhttp://www.altalex.com/index.php?idnot=11183

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e Trib. Napoli, sez. I civ., decr., 30 aprile 2008, in Fam. dir., 2008, 1024,con nota di G. Faccie Trib. Napoli, sez. II civ., 18 giugno 2010, n. 7109, in Guida dir., 2010,40, 20, con commenti di F. Martini e F. Bilottae Trib. Padova, 3 ottobre 2008, in Fam. dir., 2009, 609, con nota di F.Farolfie Trib. Palermo, sez. III, 19 maggio 2010, n. 2665, inwww.altalex.com/index.php?idnot=50325e Trib. Pavia, sez. I, 23 ottobre 2009, in Fam. dir., 2010, 149, con notadi A. Arcerie Trib. Pisa, ord., 19 dicembre 2007, in Fam. dir., 2009, 43, con nota diE. Vulloe Trib. Pisa, decr., 24 gennaio 2008, in Fam. dir., 2009, 180, con nota diF. Longoe Trib. Reggio Emilia, decr., 27 marzo 2008, in Fam. dir., 2008, 1023,con nota di G. Faccie Trib. Roma, sez. I civ., 13 settembre 2011, inhttp://www.altalex.com/index.php?idu=123525&cmd5=75c4ad3a8a86c2d94a1e268510d2080d&idnot=54280, con nota di C. Crucianie Trib. Roma, sez. I civ., 14-27 ottobre 2011, in Guida dir., 2012, 5, in-serto 2, II, con nota di G. Dosie Trib. Salerno, sez. I, 22 dicembre 2009, in Fam. dir., 2010, 924, connota di E. Vulloe Trib. Torino, 9 giugno 2008, in Foro it., 2009, I, 931e Trib. Trani, 27 settembre 2007, n. 959, in Giur. mer., 2008, 2496, connota di V. Amendolagine; in Fam. dir, 2008, 564, con nota di R. Russoe Trib. Venezia, sez. III, 30 giugno 2004, in Danno resp., 2005, 548, connota di R. De Stefanis; in Fam. dir., 2005, 297, con nota di G. Facci; in Giur.it., 2005, 1630, con nota di P. Porrecae Trib. Venezia, 18 aprile 2006, in Danno resp., 2007, 576, con nota diR. De Stefanise Trib. Vicenza, 15 aprile 2010, in Fam. dir., 2010, 705, con nota di F.Tommaseoe Trib. Min. Ancona, 3 ottobre 2008, in Dir. fam. pers., 2009, 265e Trib. Min. Milano, decr., 14 marzo 2011, in Dir. fam. pers., 2011, 1294,con nota di G. Buffone

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GIURISPRUDENZA ARGENTINA

e Cámara 1° de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Mar del Plata,Sala II, 22 de deciembre del 2008, in Responsabilidad civil y seguros, 2009,IX, 83e Cámara 1° de Apelaciones en lo Civil y Comercial de San Isidro, SalaII, 22 de agosto del 2006, in La Ley Buenos Aires, 2006, 1299, con nota di M.Hersalis e J. Jalil, e in Derecho y justicia, 2006, 1002, con nota di M. Hersalise J. Jalile Cámara 1° de Apelaciones en lo Civil, Comercial, Minas, de Paz yTributario de San Rafael, 14 de octobre del 2005, in La Ley Gran Cuyo, 2006,206, con nota di J. F. Freire Aurich, e in Responsabilidad civil y seguros, 2006,VII, 177, con nota di J. F. Freire Auriche Cámara 4° en lo Civil, Sentencia n° 28538, 30 de marzo del 2005, inhttp://vlex.com/vid/recurso-n-cuarta-camara-civil-262306046e Cámara de Apelaciones en lo Civil, Comercial, Laboral y de Mineriade General Pico, 21 de octobre del 2005, in La Ley Patagonia, 2006, 91e Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de 1° Nominacion deCordoba, 4 de julio del 2006, in La Ley Cordoba, 2006, 1234, con nota di E.López Herrerae Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Corrientes, SalaIV, 5 de julio del 2006, in La Ley Litoral, 2006, 1463e Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Junin, 21 de mayodel 2009, in La Ley Buenos Aires, 2009, 799e Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de Nechochea, 19 demayo del 2005, in Derecho y justicia, 2005, 2, in La Ley, 13/12/2005, 6, connota di M. M. Córdoba, in La Ley, 2005, E, 270, con nota di M. M. Córdoba,in La Ley Buenos Aires, 2005, 1177, con nota di M. Hersalis, E. O. Magri e J.Jalil, in Responsabilidad civil y seguros, 2006, VII, 140, con nota di M. Her-salis, E. O. Magri e J. Jalile Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de 1° Nominacion deSantiago del Estero, 9 de octobre del 2009, in La Ley NOA, 2010, 278e Cámara de Apelaciones en lo Civil y Comercial de 2° Nominacion deSantiago del Estero, 8 de mayo del 2006, in La Ley NOA, 2006, 1190e Cámara Nacional de Apelaciones en lo Civil, Sala B, 21 de junio del2006, in Derecho y justicia, 06/09/2006, 37

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e Cámara Nacional de Apelaciones en lo Civil, Sala I, 20 de deciembredel 2001, in http://vlex.com/vid/recurso-nacional-apelaciones-civil-n-l-20-35106423e Cámara Nacional de Apelaciones en lo Civil, Sala K, 27 de agosto de1998, in Derecho y justicia, 2000, 1, 446 ss., e in La Ley, 1999, F, 98 ss., connota di A. F. Sagarnae Superior Tribunal de Justicia de La Pampa, Sala A, 31 de mayo del2005, in Derecho y justicia, 03/05/2006, 26, con nota di A. Dalmacio Andrada,in La Ley Patagonia, 2005, 1272, in La Ley Patagonia, 2006, 48, con nota diA. Dalmacio Andrada, e in Responsabilidad civil y seguros, 2006, VII, 166,con nota di A. Dalmacio Andradae Tribunal Colegiado de Familia nro. 4 de Rosario, 19 de mayo del2005, in La Ley, 2000, B, 837 e in La Ley Litoral, 1999, 442, con nota di N.Solari

GIURISPRUDENZA BRASILIANA

e Primeiro Tribunal de Alçada Civil de São Paulo, Apelação n° 920-575-6, Quinta Câmara, 1° de dezembro de 2004, in Lex – Jurisprudência dosTribunais de Alçada Civil de São Paulo, 212 (2005), 294e Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n° 757411 – MG(2005.0085464-3), Quarta Turma (DJ 27.03.2006), 29 de novembro de 2005,in Jurisprudência Mineira, 175 (2005), 438, in Lex – Jurisprudência do Su-perior Tribunal de Justiça e Tribunais Regionais Federais, 207 (2006), 188 ein Revista dos Tribunais, 849 (2006), 228e Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n° 777327 – RS(2005.0140670-7), Terceira Turma (DJ 01.12.2009), 17 de novembre de 2009,in http://www.stj.jus.br/SCON/SearchBRS?b=ACOR&livre=@docn=’000377046’e Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n° 1074937 – MA(2008.0159400-7), Quarta Turma (DJ 19.10.2009), 1° de outubro 2009, inhttp://www.stj.jus.br/SCON/SearchBRS?b=ACOR&livre=@docn=’000372083’e Superior Tribunal de Justiça, Recurso Especial n° 1159242 – SP(2009.0193701-9), Terceira Turma (DJ 10.05.2012), 24 de avril 2012, inhttps://ww2.stj.jus.br/revistaeletronica/Abre_Documento.asp?sSeq=1067604&sReg=200901937019&sData=20120510&formato=PDF

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e Supremo Tribunal Federal, Emb. Decl.no Recurso Extraordinário567.164-0 Minas Gerais, Segunda Turma, 18 de agosto de 2009, inhttp://redir.stf.jus.br/paginadorpub/paginador.jsp?docTP=AC&docID=602396e Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 95.975.0/9-00,Câmara Especial, 21 de outubro de 2002, in Revista de Jurisprudência, 42(2003), 333e Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 545.352.4-5, 4°Câmara de Direito Privado, 21 de maio de 2009, in Revista dos Tribunais,887 (2009), 241e Tribunal de Justiça de São Paulo, Apelação Cível n° 990.10.038606-9, 4° Câmara de Direito Privado, 11 de novembro de 2010, in Revista dos Tri-bunais, 905 (2011), 249e Tribunal de Justiça do Rio Grande do Norte, Apelação Cívil n°2007.002886-5, Segredo de Justiça, 3° Câmara, 2 de agosto de 2007, in Re-vista de Jurisprudência, 866 (2007), 322e Tribunal de Justiça do Rio Grande do Sul, Apelação Cível n°70024176422, 6° Câmara Cível, Santa Cruz do Sul, 11 de setembro de 2008,in Revista de jurisprudência. Estado do Rio Grande do Sul. Tribunal de Jus-tiça, 272 (2009), 224

GIURISPRUDENZA COLOMBIANA

e Corte Suprema de Justicia, Sala de Casación Civil y Agraria, Senten-cia 22 mayo 2000, Proceso S-059-2000 (6264), in http://200.74.129.85/Ju-risprudencia/FileReferenceServletCSJ?file=4770&ext=html&filter=nulle Tribunal Superior del Distrito Judicial de Cundinamarca, Sala Civil,Familia y Agraria, Sentencia 14 noviembre 2008, ineditae Tribunal Superior de Medellín, Sentencia 31 mayo 1975, in D. Pre-ciado Agudelo, Indemnización de prejuicios – Jurisprudencia de la Corte Su-prema de Justicia y del Consejo de Estado – Responsabilidad CivilContractual, Extracontractual y Delictual – Tomo II, III ed., Librería Edicio-nes del Profesional, Bogotá 2004

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GIURISPRUDENZA FRANCESE

e Cour de Cassation, Assemblée plénière, 17 novembre 2000, in Nuova giur.civ. comm., 2001, 209, con nota di E. Palmerini e postilla di F. D. Busnelli

GIURISPRUDENZA PERUVIANA

e Cas. n° 2449-2006-Cusco, Lima, 22 de agosto del 2006, in Diálogocon la jurisprudencia, 101 (2007), 116e Cas. n° 562-2007-Arequipa, Lima, 10 de octubre del 2007, da SPIJe Cas. n° 1080-2007-Puno, Lima, 12 de julio del 2007, da SPIJe Cas. n° 302-2007-Moquegua, Sala Civil Transitoria de la Corte Su-prema de Justicia de la República, Lima, 29 de agosto del 2007, in Jus – Ju-risprudencia, 2008, 11, 125, con commento di V. Chávez de la Peñae Cas. n° 4223-2007-Lima, Lima, 6 de marzo del 2008, da SPIJe Cas. n° 5293-2007-Lima, Lima, 5 de junio del 2008, da SPIJe Cas. n° 283-2008-Ica, Lima, 12 de marzo del 2008, da SPIJe Cas. n° 4097-2008-Tacna, Lima, 30 de octubre del 2008, da SPIJe Cas. n° 4921-2008-Lima, Lima, 14 de mayo del 2009, Sala Civil Tran-sitoria de la Corte Suprema de Justicia de la República, in Diálogo con la ju-risprudencia, 137 (2010), 170, con nota di H. V. Caballero Pintoe Cas. N° 96-2009-Junín, Lima, 25 de agosto del 2009, Sala Civil Tran-sitoria de la Corte Suprema de Justicia de la República, in Diálogo con la ju-risprudencia, 139 (2010), 182 ss.e Cas. n° 1914-2009-Lima Norte, Lima, 24 de marzo del 2010, Sala CivilTransitoria de la Corte Suprema de Justicia de la República, in Diálogo conla jurisprudencia, 152 (2011), 133e Cas. n° 3181-2009-Lima, Lima, 26 de enero del 2010, da SPIJe Cas. n° 3181-2009-Lima, Lima, 26 de enero del 2010, Sala Civil Per-manente de la Corte Suprema de Justicia de la República, da SPIJe Cas. n° 4664-2010-Puno, Lima, 18 de marzo del 2011, Corte Supremade Justicia de la República, Tercer Pleno Casatorio Civil, da SPIJe Exp. n° 98-0145-11JF, Lima, 19 de noviembre del 1998, in J. M. Ume-res Altamirano, Violencia familiar. Doctrina – Plenos jurisdiccionales – Le-gislación – Modelos - Jurisprudencia, LEJ, Lima 2006, 169

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e Exp. n° 98-17-13JF, Lima, 25 de enero del 1999, in J. M. Umeres Al-tamirano, Violencia familiar. Doctrina – Plenos jurisdiccionales – Legislación– Modelos - Jurisprudencia, LEJ, Lima 2006, 174e Exp. n° 99-5320, Lima, 24 de mayo del 2000, in J. M. Umeres Altami-rano, Violencia familiar. Doctrina – Plenos jurisdiccionales – Legislación –Modelos - Jurisprudencia, LEJ, Lima 2006, 176

GIURISPRUDENZA URUGUAYANA

e Juzgado Letrado de Familia de 30° Turno, Montevideo, 8 de mayo de1991, Ficha: D/91/90, Sentencia n° 88, in Revista uruguaya de derecho de fa-milia, 7 (1992), 47, con nota di C. G. Mendieta

LEGISLAZIONE (PER I CODICI STORICI E PER I PROGETTI DI CODICI)

e Anteproyecto de Código Civil y Comercial de la Nación – Articulado y Legislación complementaria – 2012, inhttp://dl.dropbox.com/u/56482239/Codigo%20Civil%20-%20An-teproyecto%20-%20Articulado.pdfe Anteproyecto de Código Civil y Comercial de la Nación – Fundamentos– 2012, in http://dl.dropbox.com/u/56482239/C%C3%B3digo%20Civil%20-%20Anteproyecto%20-%20Fundamentos.pdfe Code civil des Français. Édition originale et seule officielle, Imprime-rie de la République, Paris 1804 (XII)e Codice Civile del Regno d’Italia col richiamo degli articoli dei cessaticodici italiani e posto in confronto col Codice Napoleone, Lauriel, Palermo 1866e Código civil – Lei n° 3.071, de 1° de janeiro de 1916, inhttp://www.mpdft.gov.br/portal/pdf/unidades/procuradoria_geral/nicceap/legis_armas/Legislacao_completa/Codigo_Civil.pdfe Código civil de 1936 – Ley n° 8305, in http://www.notarioslaliber-tad.org/Jurisprudencia/Normas_Historicas/Codigo_civil_de_1936.pdfe Código civil del Perú, Imprenta del Gobierno por Eusebio Aranda,Lima 1852 Proyecto de Código Civil Argentino 1998, inhttp://campus.usal.es/~derepriv/refccarg/proyecto/

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