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Dottor Roberto Pagnanelli

ATTACCHIDI PANICO

Che cosa sono,come affrontarli, come curarli

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Indice

Ringraziamenti 7Prefazione 9Introduzione 11

Incidenza dell’ansia e dell’attacco di panicoI sintomi dell’ansia e dell’attacco di panicoI criteri diagnostici per l’attacco di panico

Il caso di Luca 20L’attacco di panico dal punto di vista della psichiatria 26Che cosa succede durante l’attacco di panico 49

La farmacologia e l’attacco di panicoUn’ottima ricetta medica farmacologica

L’attacco di panico dal punto di vista della medicina alternativa 59L’omeopatia e l’attacco di panicoUn’ottima ricetta medica omeopaticaLa fitoterapia e l’attacco di panicoUn’ottima ricetta medica fitoterapicaI rimedi di Bach e l’attacco di panicoUn’ottima ricetta con fiori di Bach

Il temperamento del paziente con l’attacco di panico 86Il panico dal punto di vista della psicologia 96L’approccio psicoterapico all’attacco di panico 101

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L’ipotesi in psicoterapia; una lotta fra i due emisferi cerebrali: affettività o raziocinio?

L’elemento inconscio 112Pierino e il gendarmeUn caso clinico

Esercizi per la mente: 122Primo esercizioSecondo esercizioTerzo esercizioQuarto esercizioQuinto esercizioSesto esercizioSettimo esercizioOttavo esercizio

Le dieci regole auree del panico 150Una storia medioevale 152

Aspettatemi!Il panico in pillole 167Nota sul’autore 179Bibliografia 181

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Introduzione

dere lo spunto da una sola seduta(quella scorsa appunto) per riassu-mere le principali caratteristiche delDAP e il mio personalissimo mododi considerare questa sindrome.

Una sindrome è definita come uninsieme di segni e sintomi.

Freud stesso definiva l’“osses-sione” o “nevrosi ossessiva” come“una pazza malattia, la più pazzache la più sbrigliata fantasia psi-chiatrica potesse inventare”.

Ebbene, credo che la sindromeda attacchi di panico che Freudforse non conosceva ancora, ab-bia o stia superando, quanto a“fantasia”, quella descritta dal gran-de “Maestro” viennese.

Una pazza malattia ci fa venire inmente la forza di un cavallo selvag-gio, nero, sudato ma forte, sveglio,

L’attacco di panico, o sindrome daattacchi di panico, noto fra gli ope-ratori del settore, gli psichiatri e ipazienti come DAP (sigla che staper “Disturbo da Attacchi di Pani-co”) è una delle patologie psichiatri-che emergenti della fine del millennioscorso e, sicuramente, una dellepiù importanti dell’attuale.

La crisi di panico colpisce so-prattutto i giovani. È a loro chededico questa monografia.

In realtà la decisione di scriverequalcosa sul DAP non è stata ra-gionata. Anzi, stavo scrivendo unlibro sulle immagini quando ho in-contrato un paziente (tre giorni fa)che mi ha suggerito, con il suomodo di fare, con la sua personali-tà, con i suoi sintomi e il suo mododi affrontarli, con le sue paure, lesue speranze e certezze, di pren-

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capace, “nervoso” che vuole libe-rarsi da un’oppressione, da quellache lui stesso reputa un’ingiustizia.

Lo fa con forza, con la rapiditàcon la quale un cavallo disarcionail suo cavaliere.

Il fantino-paziente che, fino aquel momento, credeva di teneresaldamente fra le mani le redinidell’animale e quelle della propriavita, deve ora riconsiderare tutti isuoi obiettivi.

Fino a quel momento, per Luca,sembravano non esserci paure,non esserci timori.

Ma da quel momento in poi lavita di Luca cambia… In peggiocertamente, ma (e questa è la miaconvinzione) anche in meglio, sesaprà ascoltare e ascoltarsi, se sa-prà capire davvero cosa vuole edove e come vuole andare e pro-cedere nella propria vita, nell’esi-stenza familiare, lavorativa e socialein generale.

Incidenza dell’ansia e dell’attacco di panico

Daremo per prima cosa un’occhia-ta all’incidenza di queste due ma-nifestazioni, forti del detto popo-lare che “mal comune” possa rap-presentare almeno un parziale“mezzo gaudio” per chi soffre dipanico.

State tranquilli, non siete soli.Siete in buona compagnia più diquanto possiate immaginare.

L’ansia e il panico sono, infatti,due delle patologie emergenti delnostro secolo. Colpiscono preva-lentemente, secondo le attuali sta-tistiche, individui di sesso femmi-nile (in rapporto di 2:1 rispetto ai

maschi).Si considera che negli Stati Uni-

ti siano cinquanta milioni i pazien-ti che soffrono di disturbi d’ansia edi panico e che le benzodiazepine(la principale categoria dei farmaciansiolitici, n.d.r.) siano di gran lun-ga la categoria di farmaci più utiliz-zata al mondo. Stando alle attualistatistiche, almeno una persona sutre, nei paesi industrializzati, ha fat-to uso, almeno una volta, di psico-farmaci.

Secondo il Ministero della Salu-te in Italia il panico colpisce alme-no sette milioni di persone fra cui

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due milioni di uomini e cinque didonne.

“Siamo nel panico!” grida RizaPsicosomatica (febbraio 2002) alluden-do all’alta percentuale di personeche soffre di questa patologia.

L’attacco di panico diventa così,forse, una delle principali, se nonaddirittura la prevalente, fra le pa-tologie psichiatriche del nostrotempo. Si considera infatti che frail 5 e l’8% dei pazienti che si rivol-gono al Pronto Soccorso soffra diattacchi di panico (Katon, J ClinPsychiatry 1986). Si tratta di è unacifra non da poco!

Pensateci bene. Fra tutti coloroche ricorrono al Pronto Soccorsoper diverse cause, dagli incidentistradali, alle ferite, alle emorragie,alle infezioni, agli infarti, agli acci-denti cerebrovascolari, ecc., bencinque o otto pazienti su cento sof-frono “semplicemente” di panico.

In pratica colpisce tutti, indistin-tamente: operai, professionisti,

casalinghe, studentesse.L’età è quella giovanile, con pic-

co massimo d’incidenza fra i ventie i trent’ anni (Shader R, Manuale diterapia psichiatrica, Menarini).

È una malattia dalle pesanti im-plicazioni lavorative e dai risvoltisociali a volte drammatici.

È una delle principali cause diassenteismo che conduce moltospesso a problemi lavorativi e so-ciali (Klerman et al. JAMA, 1991), adivorzi e separazioni (Markowitz etal. Arch Gen Psychiatry, 1989) e per-sino al suicidio (Weissman et al. NEngl J Med, 1989).

Dal canto suo l’ansia (con tuttele sue manifestazioni, dal panico allefobie, dalle paure alle ossessioni,dalle angosce alle somatizzazioni) èla causa più frequente di ospedaliz-zazione e di ricorso al proprio me-dico di famiglia sia in Europa chenegli Stati Uniti. Se non esistesseroi disturbi d’ansia i medici avrebberodi gran lunga meno lavoro.

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I sintomi dell’ansia e dell’attacco di panico

ve) e che appena hanno smesso dipreoccuparsi per qualcosa trovanosubito qualcos’altro per cui farlo,quasi avessero la necessità di es-sere “costantemente preoccupatiper qualsiasi cosa” e altre che lofanno solo in determinate situazio-ni. In quest’ultimo caso la reazio-ne diventa di “sfondo” (Intergrundre-aktion).

Sentiamo direttamente dallavoce di Kurt Schneider la descrizio-ne questo tipo di avvenimento:

“Se si riceve una lettera che ar-reca un certo fastidio, può rimane-re per tutto il giorno una certa ten-sione. Magari per quel giorno nonci si pensa più, ma può avvenire chesi reagisca a qualcosa in modo in-solito, con veemenza e irritabilità,sullo sfondo della reazione prece-dente”.

Non si può parlare in questocaso di patologia, perché è quelloche succede a tutti. La personaansiosa è quella che reagisce come

Avete mai visto un cerbiatto spau-rito che fugga inseguito da unamuta di cani? Chi sperimenta l’at-tacco di panico deve provare, piùo meno, le stesse sensazioni.

Come si manifestano l’ansia e ilpanico?

Seguitemi nella mia biblioteca.Cerchiamo un volume di psichia-tria e apriamolo.

Per ansia si intende quella larva-ta e più o meno intensa sensazio-ne di tensione e malessere che fada “fondo” (Untergrund), come di-ceva Kurt Schneider nel suo Manua-le di Psicopatologia Clinica, alla vitapsichica di ogni persona.*

L’intensità del disturbo varia daindividuo a individuo. Qualcunomanifesta l’ansia solo in determi-nate situazioni (come ad esempiodurante il periodo mestruale), qual-cun altro è, più o meno, sempreansioso. Vi sono persone che sipreoccupano “per tutto e per tut-ti” (figli, marito, situazioni lavorati-

*Il termine ansia che deriva dal vocabolo greco Ανχω (ànho) = io stringo e si rifà alsenso di “stretta” al collo o al torace che quasi tutti i pazienti, indistintamente,avvertono e che accompagna tutti gli altri sintomi, dalle vertigini alle palpitazioni,dalla cefalea ai tremori.

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se avesse sempre qualcosa di cuipreoccuparsi. È sempre sotto l’effet-to di una larvata “tensione”, comese avesse paura di qualcosa.

Questa tensione la porta a rea-gire, come vedremo in seguito,come se “fosse costantemente inpericolo”. È in stato di allerta, inallarme. Ogni piccolo rumore la fasobbalzare. La vita, per lei, può es-sere davvero un tormento. E nonsolo per lei ma anche, e soprattut-to, per i suoi familiari…

Restate seduti accanto a me an-cora per un attimo e cominciamo,insieme, a conoscere il panico.

Kurt Schneider inserisce il pani-co fra le “reazioni abnormi a unavvenimento”. Queste reazioni sidiscostano dalla norma “per la loroinsolita intensità, per l’inadegua-tezza rispetto al motivo o per l’ab-normità della durata o per il com-portamento abnorme del pazien-te”, sostiene l’Autore. Chi soffre dipanico sa bene che non fugge difronte a un evento bellico o di stra-ordinaria portata: un ascensore dif-ficilmente ha ucciso qualcuno. Ilpaziente sa benissimo che le suereazioni rispetto all’avvenimentosono a dir poco “esagerate”, manon può fare a meno di provarle.

Chiediamoci ora cos’è il panicoe andiamo a cercare la risposta alnostro interessante quesito.

Richard Shader (Manuale di tera-pia psichiatrica, 1996, Menarini) ce lodescrive e ci aiuta ad avere un pri-mo contatto con questa sindrome:

“L’aspetto clinico fondamentale,consiste in un attacco improvvisoe spontaneo di panico; si tratta diun periodo, generalmente delladurata di cinque-trenta minuti, diintensa paura e di preoccupazioneche non si verificano in associazio-ne a una specifica situazione an-siogena. Generalmente si verifica-no in situazioni nelle quali i pazientisi sentono limitati nella propria li-bertà di movimento e privi di pos-sibilità di aiuto.

“Il senso di terrore che si provadurante un attacco di panico puòessere così forte che i pazienti ap-paiono disorientati, hanno pauradi soffocare, di impazzire, di mo-rire. Questo terrore può esserecosì estremo da condurre a diver-si comportamenti di fuga. Inoltre,per riuscire a contenere le paure,le vittime dell’attacco di panicopossono fare abuso di alcool e dipsicofarmaci.

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“Questi attacchi di panico inte-ressano un terzo dei pazienti duran-te il sonno, quando i livelli di CO2

sono aumentati, o in condizioni distress (lavorativo, familiare ecc.).

“I pazienti con disturbo da at-tacchi di panico a volte, possonoessere afflitti anche da agorafobia(non necessariamente, però), unostato caratterizzato dalla paura diessere esposti in situazioni dallequali non possono fuggire o in cuinon è disponibile un aiuto al mo-mento di un eventuale attacco”.*

Approfondiamo un po’ il discorsosul panico e vediamo cosa diconoi migliori trattati esistenti sull’argo-mento: l’ICD – 10 e il DSM-IV.

La definizione tratta dall’ICD-10(la decima revisione della classifi-cazione internazionale delle sindro-mi e dei disturbi psichici e compor-tamentali) redatta dall’O.M.S. (l’Or-ganizzazione Mondiale della Sani-tà) ci è parsa sufficientemente chia-ra tanto da fare al caso nostro:

“La caratteristica essenziale dellasindrome da attacchi di panico

è rappresentata da ricorrenti attac-chi d’intensa ansia (panico) chenon sono limitati ad alcuna parti-colare situazione o gruppo di cir-costanze e che sono quindi impre-vedibili.

“I sintomi predominanti varianoda individuo a individuo, ma sonocomuni l’improvvisa insorgenza del-le palpitazioni, il dolore toracico, lasensazione di soffocamento, capo-giri e sentimento d’irrealtà (deper-sonalizzazione e derealizzazione).

“Vi è quasi invariabilmente unapaura secondaria di morire, di per-dere il controllo e di impazzire.

“I singoli attacchi di panico du-rano, in genere, alcuni minuti, ben-chè talvolta possano essere di mag-gior durata. La loro frequenza e ildecorso possono essere variabili.

“Nel corso di un attacco di pani-co i pazienti vivono un crescendodi paura e di sintomi vegetativi chedeterminano una fuga, in genereprecipitosa, dal luogo in cui essi sitrovano, qualunque esso sia. Se ciòsi verifica in una situazione specifi-ca, come in autobus e fra la folla, ilpaziente può tendere, successiva-

* il termine agorafobia deriva dal greco αγορα (piazza) e ϕοβος (paura); significaletteralmente “paura delle piazze” e, per analogia, degli spazi aperti.

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mente, a evitare i luoghi pubblici.“Un attacco di panico è spesso

seguito da una paura persistente diavere un altro attacco”.

È vero: i pazienti più gravi (comedescrivono i trattati di psichiatria)stanno in casa e limitano i viaggi oescono di casa solo per recarsi inluoghi familiari, accompagnati dapersone conosciute.

L’ansia provata dagli stessi puòimpedire loro di uscire di casa peracquistare il cibo o per altre neces-sità quotidiane. Il paziente non vaneppure dal proprio medico, senon accompagnato.

Gli attacchi di panico possono

essere riprodotti nei pazienti me-diante somministrazione di diver-se sostanze, quali il lattato di so-dio per via endovenosa o la caf-feina per via orale o il biossido dicarbonio (CO2) per inalazione.Pertanto, attenti al caffè!!!

I sintomi principali sono raccol-ti nella seguente tabella, tratta dalDiagnostic and Statistical Manual ofMental Disorders, (quarta edizione).Questo manuale statistico-diagno-stico è il volume più consultato da-gli psichiatri di tutto il mondo perle diagnosi delle più importanti ma-lattie e dei più frequenti disturbimentali.

Criteri diagnostici per l’attacco di panico

La caratteristica essenziale del DAPè il cosiddetto attacco di panico,un periodo di notevole paura, di-sforia e disagio psichico, della du-rata di cinque-trenta minuti. Que-sti attacchi di panico devono es-sere ricorrenti e almeno alcuni de-vono verificarsi spontaneamente(cioè imprevisti e imprevedibili),mentre altri possono essere situa-zionali (cioè provocati da qualco-sa). Essi non devono essere dovuti

ad abuso di farmaci o a condizionimediche.

“Almeno uno degli attacchi deveessere stato seguito, per almenoun mese, da uno stato d’ansia an-ticipatoria, relativa alla paura di ul-teriori attacchi e di preoccupazio-ne sulle loro possibili conseguen-ze, con paura di impazzire, o deveavere causato comportamenti di-sturbanti (fuga da determinate si-tuazioni)”.

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CRITERI DIAGNOSTICI PER L’ATTACCO DI PANICO

Gli attacchi di panico, per essere definiti tali,devono presentare almeno quattro dei tredicisintomi seguenti:

1. Palpitazioni e tachicardia2. Sudorazione3. Tremore, scosse4. Nausea, disturbi addominali5. Torpore, parestesie6. Brividi, vampate di calore7. Vertigini, svenimento, instabilità8. Dolore o fastidio al petto9. Sensazione di asfissia

10. Brevità del respiro, paura di soffocare11. Derealizzazione, depersonalizzazione12. Paura di morire (per es. per un attacco cardiaco)13. Paura di perdere il controllo, di “impazzire”.

Modificata dal DSM-IV, American Psychiatric Association, 1995

Sono quasi tutti sintomi ben com-prensibili anche ai neofiti della ma-teria. Una breve spiegazione può ri-guardare la derealizzazione e la de-personalizzazione, due termini chei colleghi psichiatri conoscono mol-to bene.

Per derealizzazione si intende (dallatino de = mancanza e res = cosa)il sentimento, la sensazione che le

cose, gli oggetti, le situazioni nonsiano più reali, che tutto accadacome in un sogno, che ogni cosaappaia meno familiare e con carat-teristiche differenti dalle consuete,da quelle conosciute da sempre.

Il paziente potrebbe ad esem-pio pensare, per qualche motivo,che quella non sia più la sua casa,almeno per come la percepiva fino

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a quel momento; che le personeintorno, pur essendo suoi familia-ri, non siano più “realmente” lestesse.

Lo stesso avviene per la deper-sonalizzazione. In questo caso ilsentimento di estraneità è riferitoa se stessi, alla propria persona.

“In quei momenti non sono piùio”, potrebbe affermare il pazien-te. “Mi sento strano, non mi sentopiù me stesso. Non so come fare,è come se fossi un altro”.

Certo, in quei momenti non deveessere facile agire, soprattutto sesi è convinti di essere “un’altra per-sona”. “Come posso reagire se non

sono più io?”, potrebbe chiedersiil paziente.

Non deve essere facile vivere ilpanico. Chi soffre di panico staproprio male. Quando si rivolge almedico è perchè non sa davverocosa fare. A volte si imbarazza esi vergogna di se stesso persinonel raccontare le sue difficoltà difronte a problemi tanto piccoli(per gli altri), come attraversareuna strada per andare a far la spe-sa. Il pudore gli è rimasto ma, no-nostante tutto, prima o poi il suomalessere lo spinge fino alla por-ta del medico o dello psicologo difiducia.