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Dott. GIOVANNI TILOCCA – Geologo - N° 224 Ordine dei Geologi della Sardegna Dottore di Ricerca in Scienze della Terra CF:TLCGNN58M17B354S 07100 Sassari - Via C. Floris, 2 PI: 01819860907 Cell.: 3476841401- fax 079 – 4361649 Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Progetto preliminare Relazione Geologica Pag. 1 di 37 Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo RELAZIONE GEOLOGICA PREMESSA Il Comune di Loiri-Porto San Paolo (OT), a seguito delle conseguenze dell’alluvione del 24 Settembre 2009, ha ritenuto di elaborare uno Studio di fattibilità riguardante “Interventi di regimazione e messa in sicurezza del Rio La Toa1 (nel seguito denominato Riu Scala Mala 2 ). Con riferimento alle problematiche evidenziate da tale studio, l’Amministrazione comunale è divenuta beneficiaria di finanziamento ed è stata delegata dal Commissario Straordinario Delegato (Ordinanza n. 98/3 del 7 febbraio 2013), ai sensi del DPCM 21.01.2011, alla progettazione preliminare di interventi riguardanti la Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Allo scrivente, l’Ente delegato ha affidato l’esecuzione dei servizi geologici previsti per il progetto a norma di legge. 1. INTRODUZIONE La presente Relazione Geologica , coerentemente con quanto previsto da norme e riferimenti tecnici, si propone di definire, con specifico riferimento al contesto progettuale, i seguenti elementi (Modello Geologico): - l’assetto geologico di inquadramento; - la successione litostratigrafica locale; - i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità; - la definizione dell’origine e natura dei litotipi presenti, del loro grado di alterazione e fratturazione e della loro degradabilità; - I lineamenti geomorfologici; - gli eventuali processi morfogenici, i dissesti in atto e potenziali con la loro tendenza evolutiva ovvero il livello di pericolosità idrogeologica del settore in cui ricade l’intervento; - lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea. Dato il contesto progettuale, massima rilevanza sarà ovviamente riposta nell’illustrazione degli elementi diagnostici geomorfologici direttamente e indirettamente coinvolti con le dinamiche del corso d’acqua. Anche per tale ragione, quindi, rispetto all’intervento da progettarsi, l’indagine non si limiterà ai soli terreni direttamente interessati dall’opera ma comprenderà un’area d’indagine coincidente con una certa approssimazione con il bacino idrografico del corso d’acqua in questione (Fig. 2), delimitato dalla linea spartiacque. Nell’analisi geomorfologica si esaminerà in particolare la parte sottesa al tratto da sistemare, senza tuttavia escludere, per le ovvie connessioni, la restante porzione a valle di questa, sino alla foce. A tal fine è stato elaborato il seguente programma di indagini: - Ricerca bibliografico-documentaristica allo scopo di definire i caratteri geologici e di sismicità dell’area di indagine nonché tutti gli ulteriori elementi di natura storica utili all’anamnesi delle problematiche ed ai confronti su base cronologica.. - Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e riscontri sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti allo scopo critico e sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui versanti sottesi; 1 Riu La Toa (trad.: il Salice) è la denominazione locale attuale del Riu Scalamala 2 La preferenza della denominazione di Riu Scalamala deriva dal fatto che questa è quella riportata nelle carte topografiche IGMI del XIX sec. ed é stata utilizzata nel PSFF della RAS.

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Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Progetto preliminare Relazione Geologica Pag. 1 di 37

Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo

RELAZIONE GEOLOGICA PREMESSA Il Comune di Loiri-Porto San Paolo (OT), a seguito delle conseguenze dell’alluvione del 24 Settembre 2009, ha ritenuto di elaborare uno Studio di fattibilità riguardante “Interventi di regimazione e messa in sicurezza del Rio La Toa”1 (nel seguito denominato Riu Scala Mala2). Con riferimento alle problematiche evidenziate da tale studio, l’Amministrazione comunale è divenuta beneficiaria di finanziamento ed è stata delegata dal Commissario Straordinario Delegato (Ordinanza n. 98/3 del 7 febbraio 2013), ai sensi del DPCM 21.01.2011, alla progettazione preliminare di interventi riguardanti la Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Allo scrivente, l’Ente delegato ha affidato l’esecuzione dei servizi geologici previsti per il progetto a norma di legge.

1. INTRODUZIONE

La presente Relazione Geologica, coerentemente con quanto previsto da norme e riferimenti tecnici, si propone di definire, con specifico riferimento al contesto progettuale, i seguenti elementi (Modello Geologico):

− l’assetto geologico di inquadramento;

− la successione litostratigrafica locale;

− i caratteri geostrutturali generali, la geometria e le caratteristiche delle superfici di discontinuità;

− la definizione dell’origine e natura dei litotipi presenti, del loro grado di alterazione e fratturazione e della loro degradabilità;

− I lineamenti geomorfologici;

− gli eventuali processi morfogenici, i dissesti in atto e potenziali con la loro tendenza evolutiva ovvero il livello di pericolosità idrogeologica del settore in cui ricade l’intervento;

− lo schema della circolazione idrica superficiale e sotterranea.

Dato il contesto progettuale, massima rilevanza sarà ovviamente riposta nell’illustrazione degli elementi diagnostici geomorfologici direttamente e indirettamente coinvolti con le dinamiche del corso d’acqua. Anche per tale ragione, quindi, rispetto all’intervento da progettarsi, l’indagine non si limiterà ai soli terreni direttamente interessati dall’opera ma comprenderà un’area d’indagine coincidente con una certa approssimazione con il bacino idrografico del corso d’acqua in questione (Fig. 2), delimitato dalla linea spartiacque. Nell’analisi geomorfologica si esaminerà in particolare la parte sottesa al tratto da sistemare, senza tuttavia escludere, per le ovvie connessioni, la restante porzione a valle di questa, sino alla foce. A tal fine è stato elaborato il seguente programma di indagini:

− Ricerca bibliografico-documentaristica allo scopo di definire i caratteri geologici e di sismicità dell’area di indagine nonché tutti gli ulteriori elementi di natura storica utili all’anamnesi delle problematiche ed ai confronti su base cronologica..

− Studio geomorfologico sul terreno e in foto aerea allo scopo di raccogliere elementi diagnostici e riscontri sulle dinamiche idro-geo-morfologiche presenti allo scopo critico e sugli eventuali dissesti in atto o potenziali sui versanti sottesi;

1 Riu La Toa (trad.: il Salice) è la denominazione locale attuale del Riu Scalamala

2 La preferenza della denominazione di Riu Scalamala deriva dal fatto che questa è quella riportata nelle carte topografiche IGMI del XIX sec. ed é stata utilizzata nel

PSFF della RAS.

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− Studio geomorfologico e idro-morfologico dell’asta fluviale;

− Studio litologico sul terreno al fine di definire i caratteri litostratigrafici del sottosuolo ovvero di confermare quelli noti;

− Studio idrogeologico speditivo allo scopo di verificare la presenza o meno di acque sotterranee, interferenti.

La Relazione Geologica costituisce parte concettualmente integrante e di supporto alla Relazione Geotecnica.

2. MATERIALI E METODI Bibliografia [1] Amadesi E. & Vianello G. (1978): Nuova guida alla realizzazione di una carta di stabilità dei versanti.

Mem. Soc. Geol. It., v.19, p. 53-60. [2] Amanti M. et alii (1996): Guida al censimento dei fenomeni franosi ed alla loro archiviazione. Presidenza

del Consiglio dei Ministri – Servizio Geologico, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, Roma. [3] Atzeni A. & Spano A. (1992): Sui modelli a fondo mobile simulanti foci instabili di corsi d'acqua a regime

torrentizio. L'Energia Elettrica, n. 5. [4] Atzeni A. & Lai G. (1993): Verifica della risposta di un modello a fondo mobile di foci instabili. L'Energia

Elettrica, vol. 70, n. 6. [5] Atzeni A. & Ginesu S. (1993): Evoluzione dei litorali della Sardegna e interventi di riequilibrio. In: La

difesa de litorali in Italia- a cura di Aminti, P. e Pranzini E.. Edizioni delle Autonomie. Roma. [6] Atzeni A., Balzano A., Lai G. (1997): Environmental Assessment Through Hydrodynamics and Transport

Simulation in the S. Gilla Lagoon, Italy. Environmental Modeling and Assessment. [7] Atzeni A., De Muro S., Di Gregorio F., Piras G. (2001): Carta del rischio geoambientale delle coste della

Sardegna. Scala 1:250.000, SELCA, Firenze. [8] AA.VV. (1993): Atlante delle Spiagge della Sardegna. F° 182-Olbia. M.U.R.S.T-C.N.R._R.A.S.. [9] Charrier G. (1958): Gli scisti cristallini della Sardegna settentrionale- studio geologico e petrografico. Boll.

Serv. Geol. d’Italia, vol. 79, pag. 101-220 con 14 tavv. fuori testo. [10] Chiesurin E. & Fenti V (2002): Proposta di un nuovo metodo per la classificazione del pericolo da caduta

massi. Geologia Tecnica & Ambientale. V. 4 , pag. 5-12. [11] Dore M., Tilocca G., & Deroma M.A. (2001) - Carta inventario dei fenomeni franosi e alluvionali nella

Provincia di Sassari. XIX Giornata dell'Ambiente Riassunto per il Convegno: IL DISSESTO IDROGEOLOGICO:

INVENTARIO E PROSPETTIVE; Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 5 giugno 2001. [12] Dore M., Ghiglieri G. & Tilocca G. (2002): Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura

(NE Sardegna, Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; pag. 45-55.

[13] Eredia F. (1907): I venti in Sardegna. Rivista Marittima. [14] Gavrilovic S. (1959) : Methode de la classification des bassins torrentiels et equation nouvelles pour le

calcul des hautes eaux et du debit solide. Vadoprivreda, Belgrado. [15] Ghezzo C., Guasparri G., Malesani P., Pellizzer R.·, Sabatini G. (1979): Il feldspato potassico nelle

rocce granitiche della Sardegna - Risultanze delle prime indagini comparative. Rendiconti Soc. Ital. Mineral. e Petrologia, v. 35. Pag. 121-133.

[16] Gruppo Nazionale per la Ricerca sull’Ambiente Costiero (2006): Le spiagge della Sardegna. In: “Lo stato dei litorali italiani”-Studi Costieri, n.10, pag.45-52.

[17] I.N.Q.U.A. (1980): Compte-rendus de l’excursion table ronde sur Tyrrhenien de Sardaigne. Pubbl. Univ. Cagliari-Univ. Liege pp.112. Cagliari.

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Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Progetto preliminare Relazione Geologica Pag. 3 di 37

[18] Medici C. (2005) : Studio di compatibilità geologica e geotecnica sulla zona da sistemarsi a verde attrezzato nel Parco di Monte Ruju-Vaccileddi- Comune di Loiri-Porto San Paolo. Relazione Professionale; 30 pp, 3 Tav. All..

[19] Montaldo P. (1962) : I graniti della Gallura. Soc. Poligrafica Sarda, pp. 187. [20] Mori A. (1950): Le Saline della Sardegna. Mem. Geogr. Econ., 3, CNR-Napoli. [21] Mori A. & Spano B. (1952): I porti della Sardegna. Mem. di Geogr. Economica, 6, pp. 238. CNR-Napoli. [22] Orrù P. & Ulzega A. (1996): Coastal hazard in environmental geomorphology. Elsevier –Amsterdam, pp.

268. [23] Pecorini G. (1984) : Ambienti contesi: le formazioni a lido e gli stagni. Sardegna-l’uomo e le coste, pag.

111-122; Banco di Sardegna. [24] Pecorini G. (1984): Le isole minori, rocce modellate dal mare e dal vento. Sardegna -l’uomo e le coste.

Banco di Sardegna, pag. 123-134. [25] Pelletier J. (1951): Notes sur la morphologie de la Gallura. Rev. Geogr. Lyon, pag. 147-153. [26] Pelletier J. (1960): Le relief de la Sardaigne. Fasc. Hors Série Rev. Geogr. Lyon, pp. 484. [27] Pinna M. (1954): Il clima della Sardegna. La Goliardica-Pisa. [28] Pinna S. (1991): Caratteristiche geologico-tecniche delle coltri di disfacimento delle rocce granitiche della

Sardegna nord-orientale. Geologia Tecnica, 3, p.37-44. [29] Porqueddu A., Antonioli F., D’Oriano R., Gavini V., Trainito E. & Verrubbi V. (2011): Relative sea level

change in Olbia Gulf (Sardinia, Italy), a historically important Mediterranean Harbour. Quaternary International 232, pag. 21-30.

[30] R.A.S.-Assessorato dei LL.PP. (2003): Linee guida per l’individuazione dei criteri generali per la difesa dei litorali - Propedeutiche all’avvio dell’attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione della difesa dei litorali di cui all’art. 3, comma 1, lettera g della L. 183/89. Servizio Difesa del Suolo, pp. 49.

[31] Schmiedt G. (1965): Antichi porti d’Italia. L’Universo, 45, pag. 250-281- IGMI-Firenze. [32] Segre A. G. (1954): Il Quaternario del Golfo di Terranova Pausania (Olbia) e la sua fauna malacologica.

Boll. Serv. Geol. d’Italia, vol.76, pag. 45-73. [33] Servizio Geologico d’Italia (2001): Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia-Geologia della

Sardegna-Note illustrative della Carta Geologica della Sardegna in scala 1:200.000. I.P.Z.S. vol. 60, pp. 283.

[34] Spano B. & Pinna M. (1956): Le spiagge della Sardegna. Ricerche sulle variazioni delle spiagge italiane, pp. 254, CNR Faenza.

[35] Taylor G. & Eggleton R.A. (1988): Regolith Geology and Geomorfology. John Wiley & Sons, pag. 157-218. [36] Thuro R.A. & Scholz M. (2003): Deep weathering and alteration in granites – a product of coupled

processes. In: GeoProc 2003 International Conference on Coupled T-H-M-C Processes in Geosystems: Fundamentals, Modelling, Experiments and Applications. Royal Institute of Technology (KTH), Stockolm.

[37] Tilocca G. (2003): Resoconto sulle piene in Gallura del dicembre 1998. Il Geologo-periodico O.R.G. della Sardegna, 1/7, pag. 5-9.

[38] Tilocca G. (2003 b): Rassegna dei principali casi di arretramento su arenili e falesie costiere della provincia di Sassari (Sardegna). Acc. Naz. Lincei, 21° Giornata dell’Ambiente-Aree Costiere, 5 Giugno 2003, abs. pp.3 -Roma.

[39] Tilocca G. (2003 c): Nota Geologica, In: Viaggi per mare, viaggi per l’aldilà-vecchi e nuovi rinvenimenti olbiesi, pag. 47-49, Lyons Club Olbia.

[40] Tilocca G (2003): Progetto di Sistemazione Idraulica del Riu Gadduresu (Olbia). Relazione Geologica (inedita) - Allegati analitici.

[41] Tilocca G. (2006): Studio di Compatibilità Geologica e Geotecnica per la Realizzazione di un fabbricato adibito ad uso civile e commerciale in località Porto San Paolo. Relazione inedita, pp. 26.

[42] Tilocca G. (2007): Studio di Compatibilità Geologica e Geotecnica per la Realizzazione di tre unità residenziali e due unità commerciali in località Monte Contros. Relazione inedita, pp. 33.

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Realizzazione delle opere di arginatura e difesa spondale del Rio Scalamala nel centro abitato di Porto San Paolo. Progetto preliminare Relazione Geologica Pag. 4 di 37

[43] Tilocca G. & Dore M. (2002): Il dissesto idrogeologico nella Gallura (Sardegna NE-Italia). Riassunto: Congresso Internazionale Ambiente e Identità in Mediterraneo, Corte-Corsica pag. 253-254.

[44] Università di Sassari & Cas.Mez. (1979-1980): Atlante idrogeologico della Sardegna in scala 1:100.000. F° 182 Olbia. Progetto speciale n.25. Casilina Stampa Stabilimento Litocartografico-Roma.

[45] USACE Manuals (1995): Engineering and Coastal design. EM 1110-2-1810 -cap. 4., pp. 59. [46] Vardabasso S. (1934): Profilo geomorfologico del massiccio sardo-corso. Atti del XII° Congresso

Geografico Italiano. pp. 5 – Cagliari. [47] Vardabasso S. (1955): Il Quaternario della Sardegna. Atti del 4° Congresso INQUA, pp. 24. Roma. [48] Vardabasso S. & Vardabasso S. na (1962): La Gallura–Cenni Geologici - Cenni Geografici. Estratto dal

vol. La Gallura, pp. 23. a cura di Murineddu A.- Ed. Fossataro, Cagliari. [49] Verstappen H.Th. [ed.] (1983): Applied Geomorphology - Geomorphological Surveys for Environmental

Development. Elsevier.

[50] Waelbroeck C.,, Labeyrie L., Michel E., Duplessy J.C., McManus J.F., Lambeck K., Balbon E. &

Labracherie M. (2002): Sea-level and deep water temperature changes derived from benthic foraminifera

isotopic records. Quaternary Science Reviews, v. 21, pag. 295–305. [51] Wright L.D. (1985): River Deltas. Coastal Sedimentary Environments. 2nd ed., R.A. Davis, ed., Springer-

Verlag, New York, pag. 1-76. [52] Wright L.D. & Coleman J.M. (1973): Variations in morphology of major river deltas as functions of ocean

wave and river discharge regimes. American Association of Petroleum Geologist Bulletin, vol. 57, 2, pag. 370-398.

RICERCA FOTOGRAFICA ■ Aeronautica Militare (1954): Foto in b/n in scala 1:33.000 declassificate. ■ E.R.S.A.T. (Ente Sardo di Assistenza Tecnica in Agricoltura) (1977): Foto a colori in scala 1:10.000 ■ R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (1997-1998): Ortofoto Aima in scala 1:10.000.

■ R.A.S. Assessorato EE. LL. FF. UU. (2001-2004): Ortofoto a colori RGB in scala 1:10.000 ■

RICERCA DOCUMENTARISTICA E ALTRE FONTI TECNICHE In questo caso, lo scopo è stato quello di reperire in prima istanza quante più informazioni possibili sugli eventi critici che abbiano riguardato il territorio di Loiri-Porto San Paolo, in generale, ed il settore d’indagine e/o il torrente, in particolare. Si è pertanto fatto riferimento, specificamente a: ■ Il repertorio del P.S.F.F. relativo al Riu Scalamala del Subbacino 4-Liscia; ■ il repertorio A.V.I. (Aree Vulnerate in Italia) del C.N.R.-G.N.D.C.I. (Consiglio Nazionale delle Ricerche-

Gruppo per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche); ■ il repertorio I.F.F.I. (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia).– A.P.A.T. & RAS (2005); ■ il repertorio P.A.I. relativo al Sub Bacino 4 - Liscia; ■ la consultazione di un estratto dell’archivio dei quotidiani regionali conservato in microfilm presso la

Biblioteca Universitaria del Ministero dei Beni Culturali di Sassari, al fine di acquisire ulteriori informazioni anche su eventi minori, a partire dagli anni ’20;

■ la consultazione presso il Dipartimento d’Ingegneria del Territorio, presso la facoltà di Agraria dell’Università di Sassari, del materiale bibliografico storico, ivi giacente.

■ lo Studio sull’Idrologia Superficiale della Sardegna (SISS), elaborato dall’E.A.F. (2003), sulla base dei dati disponibili presso il Servizio Idrografico Regionale;

■ Il Manuale per la Movimentazione di Sedimenti Marini, elaborato nel 2006 da APAT e ICRAM per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

■ La Nuova Sardegna-Archivio on line; ■ La Cartografia Storica in Scala 1.25.000 dell’IGM I. (Tav. F° 182 IV SE Maladormida della Carta d’Italia

1886);

3. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

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Le specifiche fonti normative di riferimento sono le seguenti:

• D.Lgs n. 163/2006

• D.M. 14-1-2008

• NdA PAI-RAS

• D.P.R. n. 207/2010, - Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»

• Direttiva per la manutenzione degli alvei e la gestione dei sedimenti in attuazione degli artt. 13 e 15 delle n. d. a. del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico della Sardegna (PAI) (con All. 1 e All. 2).

4. LOCALIZZAZIONE Il Riu Scalamala attraversa l’abitato di Porto San Paolo, parte del comune di Loiri-Porto San Paolo in provincia di SS (ex OT).. L’area su cui è dislocato l’alveo del Riu Scalamala, ai fini del progetto, è localizzata nella sez. 444120 della CTR.. La figura sottostante sovrappone la CTR all’Ortofoto 2006.

Fig. 1 – Localizzazione area d’interesse ai fini degli interventi di progetto (da Sardegna geoportale; http://webgis.regione.sardegna.it/)

5. MODELLO GEOLOGICO

5.1 Inquadramento geologico regionale Di seguito è esposta l’analisi d’inquadramento regionale che si ritiene doverosa al fine di rendere comprensibili agli uffici istruttori le pericolosità associate a corsi d’acqua arealmente quasi irrilevanti e ordinariamente con portate estremamente basse in gran parte dell’anno. L’area in cui scorre il Riu Scalamala fa parte della Gallura, sia essa declinata come regione geologica che geomorfologica. Infatti i tratti generali dell’area gallurese costiera (“Bassa Gallura”) del tutto coerenti con quelli montani (“Alta Gallura”) e da essi dipendenti, si ripetono nel dettaglio sia dal punto di vista geologico che

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geomorfologico anche nel settore di Porto San Paolo. Tali concetto sono esposti da decenni anche in letteratura [48]. Le principali peculiarità geologiche del settore risultano essere: 1. La posizione all’interno di un Pilastro tettonico; 2. la conformazione geologica in gran parte a granitoidi ercinici; 3. l’estrema prossimità del batolite intrusivo al basamento migmatitico ercinico; 4. la sovrapposizione di direttrici strutturali a carattere regionale, parallele al sistema N60° (cfr. cosiddetta

faglia di Tavolara) su cui, quasi per intero, è impostata l’asta fluviale del Riu Scalamala ed a cui si contrappongono una serie di altre discontinuità coniugate;

5. i diversi stati di arenizzazione di una parte del sostrato granitoide associati al sistema di fratturazione; 6. la prossimità con le strutture attive e recenti del bacino tirrenico.

Di quelle geomorfologiche si tratterà più avanti. L’area interessata dall’indagine ricade quasi interamente su terreni intrusivi a composizione granitoide che fungono da sostrato ad un’aliquota minoritaria di coperture verosimilmente Oloceniche e dubitativamente Pleistoceniche, di ambiente fluviale e deltaico. Il sostrato geolitologico granitoide ricalca quello regionale, qui attribuito a Graniti secondo il F° 182 Olbia della C.G.I. in scala 1:100.000 e a Monzograniti equigranulari del complesso magmatico ercinico (28b; secondo la Carta Geologica 1:200.000, a cura di Carmignani et al.). Il F° 182 della Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000 (Servizio Geologico d’Italia, 1963) attribuisce più genericamente tale sostrato cristallino a “Graniti grigio-rosati, biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenenti scie ricche di biotite ed inclusi di varia natura” (Υ della Fig. 2). La fattispecie rocciosa è costituita, più in dettaglio, da varietà di rocce granitoidi, di olito porfiriche di colore rosa o rosastro, a tendenza acida con abbondante feldspato, quarzo. Biotite e talora muscovite subordinata, attraversati qua e là da ammassi di porfidi e filoni e da filoncelli di quarzo e pegmatitici. Si tratta nello specifico di rocce localmente molto fratturate, diaclasate e fessurate con condizioni litotecniche mutevoli che vanno da quelle dell’ammasso roccioso vero e proprio (con RQD variabili da scadente [25-30] a discreta e buona [70-80] e localmente oltre) fino a quelle dell’ammasso del tutto arenizzato per processi pervasivi di alterazione fisico-chimica fino allo stato di terra poco addensata o roccia pseudocoerente. Nel caso delle Pegmatiti, a dispetto delle discontinuità, si tratta di rocce di estrema resistenza. 5.2 Caratteri geostrutturali generali I terreni in studio sono interessati dagli effetti cinematici di:

1. la messa in posto dei graniti durante l’orogenesi ercinica 2. le ridefinizioni tettoniche di epoca terziaria e tardo-terziaria (quaternaria?).e le strutturazioni

conseguenti (di norma ringiovanimenti di precedenti strutture) Nel primo caso assumono interesse, da un lato, l’estrema prossimità del batolite intrusivo al basamento migmatitico ercinico che, come detto, condiziona la presenza e la geometria di strutture di taglio e da raffreddamento negli ammassi, così come la presenza di spezzoni isolati di sistemi filoniani. Gli effetti di cui al punto 2, sono, invece, responsabili di un chiaro ringiovanimento del rilievo. E’ evidente in tal senso il differenziale morfologico su tutta la parte meridionale della Gallura che è così prossimo ancora oggi alle strutture attive del Tirreno centrale, da risentire della sua sismicità. Ma questa giovinezza tettonica si esprime a terra in limitate piane costiere e a mare in una Piattaforma continentale piuttosto stretta e rapidamente in connessione con le strutture più profonde del Tirreno tramite canyons..

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dt: Detrito di falda, conoidi di deiezione, suoli detritici, suoli colluviali. Olocene f: Alluvioni attuali e recenti talora terrazzate e parzialmente cementate. Olocene δf: Filoni di composizione da dacitica a basaltica; litotipi lamprofirici (spessartiti, camptoniti) con termini di transizione alla serie dacite-basalto. Carbonif. Sup.- Permiano. Υ: Graniti grigio-rosati, biotitici, localmente passanti a granodioriti, in genere a grana eterogenea con prevalenza di componenti di dimensioni medio-grossolane, talora contenenti scie ricche di biotite ed inclusi di varia natura. Carbonif. Sup.- Permiano. Υi:graniti minuti a grana media, rosei o raramente grigi, a sola biotite o a due miche, spesso a tendenza aplitica, localmente un po’ porfirici, in masse a contorni per lo più sfumati ; Carbonif. Sup.- Permiano. g: Gneiss occhiadini, listati, zonati, a composizione granitica, granodioritica, e quarzo-dioritica, ad una o due miche; migmatiti prevalentemente arteritiche. Rari noduli cornubianitici per lo più a contatto con i Graniti di Gallura. Pre-cambriano ?

Lo spartiacque In tratteggio blu è stato aggiunto alla figura per l’illustrazione del bacino idrografico attuale del Riu Scalamala che ricade prevalentemente all’interno dell’unità Υ di cui alla Legenda a fianco e marginalmente a SSE in porzioni di substrato migmatitico. Si notino a Sud, nel tratto più meridionale dello spartiacque, superfici ricoperte da corpi detritici (dt).

Legenda Corridoi principali di faglie

Fig. 2: stralcio da Carta geologica d’Italia in scala 1:100.000, F° 182 –Olbia

In ambito emerso, fra le strutture tettoniche regionali deve sottolinearsi la prossimità al sistema di faglie parallele costituente la cosiddetta faglia di Tavolara (Tratteggio Sud in Fig.2) di direzione N60°. La valle del Riu Scala Mala è coincidente con una struttura parallela evidenziata anche nell’allungamento dei rilievi bordanti lo spartiacque. Essa, nel caso in specie, va a condizionare visibilmente l’andamento della dell’asta principale mentre il reticolo di I ordine (compluvi di versante), è impostato secondo diverse direzioni di taglio coniugate a mesoscala fra le quali sembra prevalere proprio l’effetto morfologico della ENE-WSW (N60°) ed in sub ordine quello della N320°. 5.3 INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO REGIONALE DELLA Gallura Il pilastro orientale del Logudoro, di natura prevalentemente cristallina e tendenzialmente impermeabile, coincide, dunque, nella sua parte settentrionale, con la Gallura. Qui le successive ridefinizioni tettoniche, posteriori alla surrezione relativa del Massiccio del Limbara (1358 m) sui bacini circostanti, hanno determinato, a partire dalle vette e in direzione N-S, un andamento del rilievo a gradinata asimmetrica, più acclive verso S (settore di Berchidda) che verso N (settore di Tempio). Pertanto, da monte a valle, si avvicendano altopiani denudati a quote ricorrenti, con dislivelli in media di circa 200 m; non di rado vi si localizzano le cosiddette Serre che stanno ad indicare situazioni con profilo montuoso accidentato, per lo più collinari ma ad elevata energia di rilievo, ovvero con differenziali clivo metrici particolarmente alti). I differenziali morfologici più accentuati si osservano verso Ovest sul bordo tettonico fra Fossa terziaria logudorese (solco vallivo a valle del lago del Coghinas) e Pilastro gallurese o fra questo ed i sub bacini periferici al Logudoro che dividono il Pilastro in prismi (es.: Corridoio - o Soglia di Monti, a seconda di quale sia la sezione di riferimento). In ogni caso, benché il profilo altimetrico decresca verso NNE, in tutta la regione gallurese, compreso il suo settore costiero, si conservano gradienti morfologici estremamente elevati, fin quasi a lambire la linea di costa.

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Le piane alluvionali costiere sono rare e di esiguo sviluppo in quanto, per ragioni strutturali (le vicine strutture del margine tirrenico, ancora attive simicamente, hanno indotto una piattaforma stretta ed incisa da canyon) e per l’evidente eredità dei movimenti glacio-eustatici (l’attuale livello marino si considera stazionante da non più di 3-4 ka), scontano la loro giovane età geologica per cui, il loro colmamento deve considerarsi un processo in corso per progradazione ed aggradazione dei sedimenti (onlap costiero). Questa configurazione, che interessa peraltro, dove più dove meno, tutta la Sardegna Orientale, deve ritenersi di estrema rilevanza idrologica, in quanto condiziona sia i deflussi liquidi in termini di portate (scarsa permeabilità, configurazione tettonicamente guidata dei bacini ed energia del rilievo), e velocità dei corsi d’acqua che scorrono su tali contesti che quelli solidi (condizione erosiva dei rilievi fino al limite quasi costiero). Riassumendo essa trova una spiegazione parziale nei seguenti fenomeni regionali: 1. il cosiddetto ringiovanimento tettonico pliocenico1, connesso con la contemporanea definizione e il

successivo approfondimento del Mar Tirreno; 2. il postulato basculamento quaternario verso NE dei prismi strutturali ( o di una parte di essi) in cui è ritenuto

essersi frammentato l’Horst orientale. Tali fenomeni hanno prodotto, su di un sostrato poco permeabile una rete idrografica principale (escludendo il Coghinas: Riu Vignola, Riu Liscia, Riu San Giovanni, Riu Padrogiano, Riu San Teodoro, Riu Budoni) ad elevata densità di drenaggio, defluente verso N ed E, caratterizzata da: □ spartiacque molto definiti su livelli altimetrici in gran parte prossimi o superiori ai 1000m

contrassegnati anche da cornici rocciose verticali; □ bacini idrografici principali a forti gradienti, in condizioni di prevalente erosione nel bilancio

geomorfologico, fin quasi alla linea di costa, □ prolungati tratti a valli incassate anche nelle reti minori, □ un settore litoraneo dominato da coste di sommersione a Rias, ovvero valli fluviali affogate dalla

risalita olocenica del livello del mare e alimentate da contributi solidi talora importanti, □ corpi alluvionali interposti fra area montana e linea di costa, attualmente reincisi.

3. Il glacio-eustatismo pleistocenico.

5.4 Assetto geo-idrologico regionale La relativa varietà degli assetti idrologici e geo-idrologici sintetizzabili testimonia di quanto segue: 1) bacini idrografici poco permeabili o impermeabili per via primaria ma resi più o meno permeabili dalla

fratturazione, fatte salvo le limitate aree costiere alluvionali ove il sostrato cristallino è localmente ricoperto da sedimenti detritici dell’Olocene ma anche del Pleistocene (“Alluvioni”) che si raccordano a esigue falde detritiche e dove subentrano anche gli effetti dell’arenizzazione sulle masse granitoidi (Monzograniti e Granodioriti essenzialmente);

2) bacini idrografici geometricamente, altimetricamente e clivometricamente condizionati dalla frammentazione tettonica;

3) bacini idrografici che si sviluppano per lo più su superfici e su alvei ad elevata pendenza, con gradienti morfologici elevati ripetuti data la configurazione a gradinata e, dunque, ad alta energia di rilievo;

4) bacini idrografici con profilo di equilibrio instabile; 5) bacini idrografici soggetti per la gran parte, laddove persistono sia le coltri arenizzate che i pur circoscritti

depositi di versante, a fenomeni di erosione a monte (ovvero fino a tratti contigui alla costa) e trasporto quasi fino al mare; eventualità questa, sia ben chiaro, non connessa ai deflussi ordinari ma che si esplica solo concomitantemente ad eventi intensi, si concentra lungo le sponde ed è funzione dell’articolazione

1 L’attuale attività geodinamica sul lato orientale del Tirreno è responsabile della sismicità residua e relativamente maggiore della Sardegna Nord-Orientale, rispetto

al resto della Sardegna (cfr. Geologia).

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litologica, del livello di alterazione del sostrato roccioso nonché delle portate sviluppabili, ovvero dell’importanza del bacino idrografico;

6) limitate aree di transizione all’ambiente marittimo-litorale, come spazi a disposizione per i processi il cui bilancio genera sedimentazione e colmamento alle foci sempre a delta (ma i delta sono sovente mascherati in quanto costretti all’interno di Rias), per sensibile caduta di pendenza, velocità ed energia cinetica. A scala locale, vi rientrano tutti i punti della rete idrografica contrassegnati da riduzione repentina del gradienti, da aumento della scabrezza e non di rado da una certa incongruità degli interventi artificiali.

5.5 Geomorfologia costiera delle coste a Rias a Sud di Olbia A Sud-Ovest di Capo Ceraso, similmente a quanto accade nel più ampio contorno della costa a Nord di Olbia, il profilo costiero permane ancora contrassegnato da una costa di sommersione a Rias sottendente bacini idrografici quasi sempre di scarsa superficie ma comunque in grado di generare tanto cordoni litorali quanto lagune o stagni retrodunali. Tale costa all’estremità orientale della esigua piana costiera si è definita sul sostrato cristallino, inciso in conseguenza del condizionamento strutturale (fattore predisponente la geometria) del ritiro eustatico pleistocenico e della successiva ultima risalita eustatica post-glaciale. Il profilo marittimo con le coste a Rias documenta di testate di valli fluviali in gran parte guidate da allineamenti strutturali, sovraescavatisi col ritiro massimo del livello marino (Last Glacial Maximum = LGM; circa 20ka) durante glaciazione wurmiana (-125m/135m dal l.m.m. attuale; Fig.5). Per quanto attiene all’evoluzione del sistema idrografico (in seguito sommerso dal mare), si ammette in sintesi che l’intera idrografia della regione sia attualmente il relitto di monte (“testata”) di una più ampia paleo-idrografia di epoca Wurmiana (70.000-13.000 y. B.P), Questa idrografia, stanti gli elementi batimetrici e paleo-batimetrici in possesso (cfr. Fig. 4), doveva necessariamente essere sottesa all’asta principale di torrenti ben più ampi e idrograficamente gerarchizzati di oggi, ovvero con foci ben più a valle dell’attuale linea di costa (si consideri che il LGM ammette una profondità a -135 m s.l.m. attuale). I fiumi di oggi nel momento di massimo approfondimento del livello marino (circa 20 ka), infatti non erano altro che testate di un’idrografia a carattere montano di affluenti di un sistema che scaricava verso NE in direzione del Tirreno centrale ad almeno una trentina di Km dalla costa odierna. L’assetto attuale è il risultato ultimo di un livello non del tutto stazionario (si noti infatti che in letteratura gli studiosi ammettono un innalzamento relativo di circa 1mm/anno negli ultimi 2000 anni) posteriore a circa 4 ka, in base alla ricostruzione di Fig. 3. Attualmente si tratta, nel complesso, di corsi d’acqua a carattere torrentizio con una rete a sviluppo da sub-dendritico ad angolare con alta densità di drenaggio e discreto rapporto di biforcazione, di solito ben gerarchizzata rispetto all’estensione, sia per ragioni geo-litologiche che morfologiche. Tali caratteristiche morfometriche sono ben individuabili e nella fascia altimetrica superiore ai 100 m s.l.m. appaiono ben più marcate che a valle dove, a partire dagli 80-100 m, la rete tende a rarefarsi, riducendo sensibilmente la densità di drenaggio, fin quasi a rettificarsi (Riu Scala Mala), per poi propendere a divagare nel tratto terminale. Si vedrà più avanti che tali tendenza riguarda anche il Riu Scala Mala. Ai vari stadi di stazionamento del ritiro wurmiano (70.000 y b.p. -13-000 y b.p.), tramite gli apporti continentali (onlap costiero), si sono generati ambienti con prodotti in ambiente sia marino (Beach rocks) che continentale (alluvioni ed eolianiti) che hanno costituito anche ai vari stadi di risalita olocenica del livello glacio-eustatico, gli stocks di volta in volta rielaborabili e rielaborati per varie generazioni di sedimenti (spiagge e dune). Buona parte dei sistemi idrografici minori sono sbarrati da cordoni litorali e confluiscono in stagni costieri. I sistemi maggiori defluiscono di solito in lagune tramite strutture focive a delta; tuttavia malgrado l’abbattimento del recapito solido ordinario e diretto all’abbondanza della rete idrografica ed al trasporto solido si deve il ripascimento naturale efficace soprattutto con gli eventi idrologici più rilevanti.

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Fig.3 - Schema Idrografico della Gallura tratto da M. Dore, G. Ghiglieri & G. Tilocca, Prime considerazioni sul dissesto idrogeologico della Gallura (NE Sardegna, Italia). Congrès international Environnement et Identité en Méditerranée, Corte-Corsica 2002 ; p. 45-55 (2002)

Fig. 4: Ricostruzione delle paleo linee di riva dall’Olocene, nelle aree costiere a Nord e a Sud del Golfo di Olbia [cfr. 29]

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Fig. 5- Stima dei Livelli Relativi di stazionamento del mare fra Pleistocene e Olocene

5.6 Geomorfologia del processo di arenizzazione Anche in relazione a tale questione appare importante inquadrare il tema dell’arenizzazione e della formazione di detriti sul sostrato granitoide. In generale, come si vedrà meglio più avanti, le condizioni di arenizzazione che si documentano nel contesto degli ammassi granitoidi appaiono non disgiunte da quelle geomorfologiche, in quanto nelle culminazioni orografiche, di norma, la roccia è nuda, assume forme a Tor prive di coltri detritiche o al più con Boulders residuali, a testimonianza sia di una maggiore integrità litotecnica (fisico-mineralogica) che di un verosimile più spinto stato di denudamento da erosione. In tali casi la roccia si presenta con una maggiore integrità in generale con RQD buoni (80) e localmente eccellenti, dal momento che si rinvengono blocchi o prismi selezionati da spaziature maggiori e risparmiati in ragione delle migliori qualità geo-meccaniche e con n. di giunti per m3 (Jv) compreso fra 5 e 6. Tali prismi si selezionano, infatti, in funzione della strutturazione tettonica e, di conseguenza, delle caratteristiche geometriche dei sistemi di fratturazione e fessurazione sulle quali l’acqua agisce sia su scala macro che microscopica, secondo lo schema concettuale col quale s’illustrerà il fenomeno dell’arenizzazione delle litologie intrusive. Se nelle culminazioni del rilievo la roccia è nuda e talora priva di vegetazione, anche come conseguenza del diboscamento, delle condizioni di pendenza e della reiterazione degli incendi estivi, lungo i versanti permangano aree contrassegnate da coltri di arenizzazione del sostrato e possono aversi accumuli residuali di blocchi derivanti da ammassi diaclasati e persino antiche frane stabilizzate naturalmente (Lato Sud Monte Contros) o talvolta in parte relitte. Queste ultime possono concentrarsi alla base di dette aree di culminazione dove solitamente sono poco rilevabili in caso di presenza boschiva oppure si rinvengono disperse per rotolamento ai piedi dei versanti. Alle coltri di arenizzazione corrispondono in ogni caso le maggiori estensioni

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di manto boschivo o a macchia che peraltro determinano condizioni di Feed back che contribuiscono a stabilizzarle. L’area d’indagine, per la gran parte dall’evidente carattere erosivo, appare non interessata da spessori di arenizzazione plurimetrici. Più spesso le fasce di arenizzazione hanno potenze molto irregolari, potendo risultare di qualche decimetro. Qualche eccezione è rilevabile sulle parti più basse dei versanti, dove le stesse possono essere ricoperte anche da esigui colluvi o dove in genere può apprezzarsi l’approfondimento del regolite. La disponibilità di acqua e di acidi organici all’interno di questo inducono per attacco chimico lo sgretolamento granulare. A Ad ogni modo, poiché le coltri arenizzate si generano a partire dalla superficie, si trovano sempre in posizione stratimetrica superiore rispetto ai loro ammassi e mai al di sotto di volumi di roccia. A meno di nette e particolari discontinuità tettoniche, appare difficile riscontrare reali soluzioni di continuità laterali o verticali3 nelle varie casistiche della degradazione (Fratturazione-Alterazione-Regolite), essendo il passaggio spaziale fra i vari fenomeni costituito da vaste aree a Corestones (masse in blocchi apparentemente più integri e distinguibili secondo geometrie prismatiche più o meno arrotondate ai vertici, che risultano contornate da sacche di arenizzazione in modo da generare una tessitura pseudoclastica), il cui risultato terminale, posteriore all’allontanamento dei sabbioni, è la formazione di innumerevoli Tor e l’accumulo residuale di Boulders (in gergo “Pietre Ballerine”). Queste ultime forme, rappresentano l’eredità ultima di un’evoluzione che ha comportato una strutturale condizione di blando dissesto geomorfologico naturale consistente nella diffusione di relitti morfologici di versante stabilizzati o meno, i quali costituiscono di solito gli elementi di maggior pregio del paesaggio geologico della Gallura sia interna che costiera. Detto fenomeno ha in definitiva nell’assetto strutturale della roccia le sue cause predisponenti per cui considerando anche il degrado termico superficiale4, deve considerarsi sia fisico che e chimico-mineralogico e diviene progressivamente più pervasivo con l’infiltrazione dell’acqua, la quale concorre ad amplificare i processi di alterazione dei termini litologici (Idrolisi; Ossido/Riduzione). Per tale ragione le coltri di arenizzazione danno luogo ad acquiferi permeabili per porosità secondaria, con circolazioni e portate solo di rado apprezzabilmente significative. Lo schema seguente dà conto del fenomeno di arenizzazione ed è illustrato soprattutto con l’intento di porre in evidenza la varietà della casistica da cui traggono e possono trarre origine i volumi solidi degli alvei ed i suoi legami con la più controversa questione della pericolosità idrogeologica naturale del territorio gallurese. GLI STADI DEL PROCESSO DI ARENIZZAZIONE DEGLI AMMASSI DI ROCCE GRANITOIDI

Di seguito si illustrano in termini schematici le varie fasi che compongono il processo di degrado fisico-chimico di un ammasso roccioso granitoide primigenio per sfruttamento del sistema dei giunti da parte dei processi atmosferici, noto come arenizzazione: I) Fasi predisponenti di Tettonizzazione che sovrimpongono alle discontinuità associate alla sequenza

di raffreddamento dei corpi magmatici, ulteriori sistemi di discontinuità strutturali variamente ma non casualmente orientati in funzione delle cinematiche;

II) L’ammasso roccioso subisce una deformazione rigida con rottura in segmenti e prismi secondo più ordini di giunti, con caratteri geometrici, di pervasività e spaziatura disomogenei ma, di norma definiti da una rete di discontinuità il cui inviluppo è sede preferenziale di inneschi dei comportamenti di cui ai successivi punti;

III) Sviluppo di progressiva permeabilità per fessurazione;

3 Ragione per cui non esiste oggi una sola carta geologica ufficiale che distingua sistematicamente le tipologie delle alterazioni delle litofacies.

4 Nell’azione di sgretolamento dell’ammasso roccioso l’attacco chimico è sollecitato dalla disponibilità idrica e dalla presenza di acidi organici mentre alla parte fisica

del processo non dovrebbe essere considerato estraneo il ruolo del congelamento in un contesto cronologico periglaciale (quanto meno nel Pleistocene superiore). Il modello schematizzato nelle pagine seguenti è, in ogni caso, fortemente influenzato dall’assetto strutturale a meso e micro-scala.

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IV) Penetrazione di acque. Contatto con acque d’infiltrazione superficiale, a partire dai livelli meno profondi;

V) Degrado ed alterazioni superficiali sulla componente dei minerali silicati per idrolisi e ossidazione; VI) Incremento della infiltrazione e della circolazione d’acqua; VII) Ulteriore approfondimento di fenomeni di alterazione per idrolisi, a partire dai costituenti basici

silicatici e da quelli feldspatici (2NaAlSi3O8), più rapidi se in ambiente morfoclimatico caldo-umido; VIII) Prosecuzione dell’alterazione e innesco di un più generale e pervasivo fenomeno di Arenizzazione

dalla superficie esterna verso l’interno (Fig. 7), con contemporanei fenomeni di ferrettizzazione per ossidazione del Fe2+ della biotite in Fe3+ e formazione di goethite;

IX) Estensione ed approfondimento dell’arenizzazione con efficacia diversa a seconda delle geometrie, della persistenza dei piani di taglio, dei tipi petrografici interessati, degli afflussi pluviometrici, della temperatura e delle sue variazioni;

X) Formazione di Corestones nel regolite (Fig. 6), a partire dai prismi fratturati in più ordini di giunti; si tratta di litofacies ad alterazione evoluta non completa o ad uno stadio intermedio che dà luogo ad un ammasso suddiviso in affioramento in prismi di dimensioni varie a sezione da romboidale a quadrangolare, con vertici arrotondati secondo una geometria a graticcio, con elementi più o meno integri separati o contornati da superfici arenizzate;

XI) Progressiva rimozione/erosione (o distacco) del sabbione di arenizzazione contornante i blocchi integri ed accumulo successivo di massi, blocchi o clasti di materiale roccioso sui bordi (Formazione di Boulders; “Pietre Ballerine” Auct.);

XII) Asportazione totale del contorno arenizzato e totale esumazione delle parti integre; XIII) Generazione di Rilievi residuali con tipiche morfologie (Tor in primo luogo; Inselberg

subordinatamente; es: Pulchiana presso Aggius; Pedres presso Olbia); XIV) Eventuale rimodellamento dei rilievi residuali, con formazione al loro piede di accumuli di frana per

crollo di blocchi ciclopici; tali frane si stabilizzano in funzione delle dimensioni dei massi, dell’acclività originaria del versante e della colonizzazione vegetale, ma porzioni di essa possono dare luogo per tempi di ritorno centenari a distacchi limitati in funzione del progressivo degrado fisico.

Resta il fatto che il prodotto finale dell’alterazione e dell’arenizzazione, più simile ad un’arenaria grossolana pseudocoerente che alla roccia cristallina originaria, dà luogo ad un mantello superficiale qua e là ferrettizzato, potente da pochi decimetri fino anche a 5-10m che, per quanto detto, può fungere da acquifero di modesta capacità ed ospitare una falda libera con portate, comunque, sempre molto limitate (tendenti ad abbassarsi o a cessare nel periodo estivo), in ogni caso sostenute dal sistema di fratturazione della massa granitica sottostante o circostante.

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Fig. 6 -Tipica sequenza di alterazione dei graniti [35]

Riassumendo, i connotati geomorfologici più importanti ai fini della discussione sulla pericolosità idrogeologica naturale sono i seguenti:

1. Basamento geolitologico poco permeabile; 2. Presenza di una fisiografia a gradinata che rende ricorrenti fino al settore costiero alti gradienti clivo

metrici; 3. Immaturità e persistente condizione “erosiva” del rilievo; 4. Scarso sviluppo delle pianure alluvionali; 5. Aste vallive fluviali impostate lungo direttrici tettoniche; 6. Presenza di un diffuso stato di alterazione delle matrici rocciose granitoidl in particolare di quelle

granodioritiche e monzogranitiche che si spinge fino all’arenizzazione in senso strtto, talora profonda, talora meno che rende suscettibile all’erosione il sostrato granitoide;

7. Diffusione di coperture detritiche, regolite e, in taluni settori, di frane di crollo antiche che assicurano disponibilità di carichi solidi ai deflussi idrici;

8. Elevata energia del rilievo. Tali condizioni, se sottovalutate, come sovente in passato, conducono ad una sostanziale replica degli equivoci che per lungo tempo hanno fatto ritenere tutta la Gallura un’area piuttosto immune da dissesti idrogeologici, da fenomeni erosivi e dalla possibilità concreta di generare trasporto solido con le reti idrografiche. Tale equivoco è stato ripetutamente contraddetto dai fatti negli ultimi 15-20 anni. L’assetto descritto rende particolarmente vulnerabile la Bassa Gallura e, in generale, tutti suoi settori con differenziali clivo metrici, alle criticità idrogeologiche ed al pericolo idraulico. Se si considera, in più, l’esposizione di alcuni bacini alle perturbazioni metereologiche da Sud, si comprende anche la ricorrenza cronologica dei fenomeni alluvionali associati a piovosità intensa. Fra questi, negli ultimi 60 anni, debbono rammentarsi in particolare quelli del 1951;1964; 1976; 1989; 1998; 2004; 2005; 2008; 2009; 2012 (in grassetto quelli sui quali si avrà modo di ritornare relativamente al Riu Scalamala).

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Fig.7 - Rappresentazione schematica del processo di arenizzazione di un ammasso granitico [36]

5.7 Sismicità L’intero territorio della Sardegna risulta essere inserito nella Zona 4 della riclassificazione sismica nazionale operata attraverso l’O.P.C.M. 3274/03 (si veda anche la Deliberazione G.R. 15/31 del 30.3.2004). In tale sfondo non sono state elaborate ulteriori suddivisioni o zonazioni da parte della R.A.S., né sono stati forniti contributi o articolazioni inerenti le palesi differenze territoriali riscontrabili nella sia pure debole pericolosità sismica. E’ noto, infatti, che il territorio Nord Orientale e Meridionale della Sardegna possano risentire, sia pure debolmente (M.C.S.= 4-5), della sismicità delle strutture tettoniche attive sia del Margine Ligure (o in generale del Mediterraneo occidentale) che di quello tirrenico occidentale e del Canale di Sardegna. Taluni degli epicentri sismici sono posizionati alcune miglia a Est e Sud Est del Golfo di Olbia, altri sono stati riscontrati nella parte settentrionale del mediterraneo centrale ad W della Corsica, altri nel Canale di Sardegna. Con riferimento a tutto il 2012, gli eventi più recentemente registrati ed avvertiti sono stati quelli del:

° 26/4/2000, con magnitudo Md = 4,8-4,1 della scala Richter all’epicentro sulla verticale delle strutture tirreniche (alcune miglia ad Est di Posada);

° 03/03/2001 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 21/04/2001 (3.5 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 10/02/2002 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 20/10/2003 (3.1 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 12/12/2004 (4.2 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 18/12/2004 (4.3 gradi Richter) con epicentro nello stesso settore;

° 15/10/2008 non classificato, più debole e avvertito nel medesimo settore geografico;

° 09/11/2010 (magnitudo Md = 3,3 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese

° 28/07/2011 (magnitudo Md = 5,2 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese

° 04/03/2012 (magnitudo Md = 4.6 gradi Richter) con epicentro nel Mediterraneo Occidentale al Largo della Corsica; avvertito nel Sassarese.

La Fig. 9 riporta la zonizzazione macrosismica assegnata alla Sardegna in conseguenza del sisma del 26/4/2000, segnalato come quello a maggior magnitudo fra i più recenti e avvertito in una vasta area della

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Gallura, soprattutto a Olbia, Loiri-Porto San Paolo, San Teodoro e Budoni. A tale riguardo, appare interessante, ai fini della presente relazione, evidenziare come nella banca dati dell’I.N.G.V. del C.N.R. risultino i seguenti riscontri, relativamente alla scossa sismica:

Olbia Generalmente avvertita. scene di panico tra i turisti che si trovavano in una piazza. Vibrazione di pavimenti; tintinnio di pentole e bicchieri; oscillazione di lampadari; porte e finestre si sono chiuse/aperte; divani e poltrone si sono spostati. La popolazione si è riversata nelle strade. Leggere crepe e filature sono segnalate nei tramezzi di alcuni edifici. Qualche pezzo di intonaco è caduto, qualche vaso rotto e una credenza rovesciata.

Posada Generalmente avvertito; molta gente ha preferito uscire in strada, i vetri delle finestre, i letti e le scrivanie hanno tremato.

(si noti che normalmente a Md=4,8 corrispondono effetti sull’epicentro pari a M.C.S. = 7-8; la localizzazione dell’epicentro a circa 25 Km dalla costa spiega, però, l’attenuazione dei fenomeni avvertiti in questo caso). Molto rilevante, a fini statistici e storici, è stato anche il sisma del 13 /11/1948 (area ipocentrale Mar di Sardegna, Io = 6.0 e MCS = 4.3), oggetto di studi speditivi da parte del G.N.D.T. (1994; Fig. 8 e Tab. 1) che hanno portato alla compilazione della successiva tabella delle intensità (Tab. 1; si ricorda che la soglia del danno è quella di Io > 5-6). Sulla base degli allegato all’ O.P.C.M. n. 3274/03 e s.m.i., poiché appartenente alla Zona 4, il territorio è classificato come sismico e risulta con accelerazione sismica orizzontale ag/g ≤ 0,05 , con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni. Il dato va tuttavia rielaborato e ricalibrato in base ad una specifica micro zonazione (cfr. DM 14 gennaio 2008: “Norme Tecniche per le costruzioni” - NTC ‘08). L’attribuzione alla Zona sismica 4 può consentire, alla luce delle NTC/2008, la conservazione delle convenzionali procedure di verifica geotecnica, in considerazione delle caratteristiche delle costruzioni in progetto.

Lat Long. Profondità (km) Data UTC e ora Magnitudo Provincia evento Località

40.956 10.216 5.67 26/04/00

13:28

4.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale

40.831 10.414 24.59 27/06/00

04:07

4.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale

40.866 10.084 11.05 03/03/01

01:54

4.2 SOTTOMARINO Tirreno centrale

41.092 10.19 33.47 21/04/01

17:31

3.5 SOTTOMARINO Tirreno centrale

40.957 10.277 10.0 10/02/02

16:21

3.1 SOTTOMARINO Tirreno centrale

41.711 9.198 8.4 20/10/03

21:23

3.1 SOTTOMARINO Corsica

40.830 10.160 10.0 12/12/04

11:52

4.2 SOTTOMARINO Tirreno centrale

40.898 10.168 10.0 18/12/04

09:12

4.3 SOTTOMARINO Tirreno centrale

Tab.1- Elaborazione su dati provenienti da: http://kharita.rm.ingv.it/Gmaps/reg/

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Fig. 8 - Localizzazione eventi sismici con effetti rilevati nella Sardegna NE (da http://kharita.rm.ingv.it/) dal 2000 in poi.

Fig.9 - intensità macrosismica regionale conseguente al sisma del 26 Aprile 2000

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5.8 Contesto geolitologico di progetto

Con le premesse esposte, il quadro litostratigrafico riassuntivo dell’area di progetto è il seguente (dal basso in alto): 1A Basamento granitoide più o meno integro in prismi isolati per ragioni strutturali e morfo-climatiche (rilievi

residuali), spesso affiorante nel fondo alveo. 1B Basamento granitoide fratturato e fessurato, passante di lato a corestones evolventi in boulders (4) (cfr. Fig. 6). 2 Basamento granitoide molto fratturato e parzialmente arenizzato (2). 3 Coltre di arenizzazione più o meno ferrettizzata a spessore variabile, da poco coerente a quasi incoerente. 5 Depositi superficiali di versante/pendio. 6 Alluvioni attuali in alveo e subattuali della fascia d’inondazione (terrazzo).

Tab.2: Riepilogo litologico con schematizzazione dall’alto in basso

Nelle Figg. 10 e 11si evidenzia la condizione geolitologica del bacino idrografico del Riu Scalamala.

5.9 Caratteri geostrutturali del bacino idrografico Le geometrie e le direzioni di taglio principali documentano la prevalenza della lineazione ENE (N60°) con immersione di piani di taglio verso NW.in subordine verso SE. Le coniugate a mesoscala sono tuttavia molteplici (vedi caratterizzazione geomeccanica), quantunque a scala del sito d’intervento prevalga Come si può rilevare, anche dalla Tab 3 sono stati messi in evidenza, fra le numerose superfici di discontinuità, almeno 5 ordini principali di famiglie di discontinuità: N320°-322°/Verticale; N155°/85° NE; N324°/85° NE ; N135°/85°

NE; N150°/80°E; N352°/85° E

N260°/NNW 72°; N080°/ 56° NNW; N070°/50° NNWN60°/50°

NW °; N50°/65°NW

N096°/80° N; N105°/ 80° N N014°/85°WNW; N020°/57° ESE; N017°/70°ESE

N358°-0° /Verticale; N000°/80° E; N002°/85°NW

Tab. 3 – Principali famiglie di discontinuità tettoniche negli ammassi del bacino (rilievi zona Monte Contros)

Quando la fratturazione è intensa, ovvero con diverse famiglie di discontinuità che s’ incrociano, la grana grossolana e l’alterazione avanzata e profonda, le morfologie si presentano meno accidentate, le pendenze si riducono, in ragione dei maggiori effetti della degradazione fisico-meccanica e chimica. In caso contrario il rilievo è pronunciato e suddiviso in prismi rocciosi con qualità meccaniche superiori. A ciò fa eccezione il solo assetto dei filoni pegmatitici che benché con discontinuità poco spaziate offrono condizioni di resistenza alla compressione molto elevate.

Unità Età Potenza

6 Depositi alluvioni attuali o subattuali Olocene 0.1-2 m

5 Detriti di versante ghiaiosi attuali o subattuali Olocene 0.2-2 m

4 Accumuli residuali in grossi massi (boulders) stabilizzati o relitti (derivanti dall’evoluzione di 1B e 3; cfr. Fig.6)

Pleistocene Varia (3-8 m)

3 Coltri di arenizzazione e di alterazione spinta (coltre eluviale)

Pleistocene su rocce del Carbonifero sup.-Permiano

0,5-2,5m

2 Complesso granitoide ercinico a granitoidi porfirici parzialmente arenizzati

Carbonifero sup.-Permiano (arenizzazione recente)

Varia (0.5-5,0 m)

1 A-Complesso granitoide ercinico a graniti porfirici integri o poco fessurati

B-Complesso granitoide ercinico a graniti molto fratturati e fessurati

Carbonifero sup.-Permiano Radicata in profondità

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Fig. 11 - Profilo litologico schematico del sostrato granitoide all’altezza della sezione Monte Contros-Monte Bagno (cfr. Fig.23)

SSE NNW

Riu Scalamala

3 Complesso granitoide ercinico del tutto arenizzato 0.50-2,50m

2 Complesso granitoide ercinico

parzialmente arenizzato 0.50-5,0m

1A Complesso

granitoide ercinico a

monzograniti porfirici

integri o poco fessurati

1 Complesso granitoide

del Carbonifero-Permiano

a prevalenti monzograniti

porfirici in ammassi

rocciosi. Con filoni

accessori Radicato in

profondità.

Olocene-Attuale

1A

1B Complesso

granitoide ercinico a

monzograniti molto

fratturati e fessurati

3

1B

6 Alluvioni ciottolose. 5 Detriti di

versante 0.50-2,00m

2

6 5

Coltre eluviale Pleistocene

Fig. 10 .– Schema litostratigrafico Riu Scalamala

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5.10 Circolazione idrica superficiale e sotterranea L’area é descrivibile dal punto di vista pluviometrico in base ai pluviometri di M.te Petrosu (96 m s.l. m.) e di Murta Maria (17 m s.l. m.), rispettivamente con 710 mm/anno e 721 mm/anno (media annuale riferita rispettivamente a 54 e 69 anni di osservazioni disponibili dal 1922 al 1992) con mesi più piovosi in ordine decrescente Dicembre, Novembre, Gennaio per Monte Petrosu e Dicembre, Novembre, Ottobre per Murta Maria e piovosità concentrata nel quadrimestre Ottobre-Gennaio (52-53 %). Le temperature attestano massimi ad Agosto o Luglio con circa 25°. Di seguito l’istogramma di sintesi relativo alle osservazioni della stazione di Monte Petrosu.

La circolazione idrica superficiale è caratterizzata, come a scala regionale (Gallura, in genere settore NE della Sardegna) da rapidità dei deflussi, connessa in modo strutturale con la fisiografia del territorio, cioè con la diffusione gradienti/differenziali morfologici relativamente forti, e sollecitata negli ultimi decenni dall’incremento degli eventi intensi su scala regionale. I fattori che agiscono direttamente sulle caratteristiche della circolazione idrica sono il volume degli afflussi nell’unità di tempo, le caratteristiche d’uso del suolo e la permeabilità dei terreni e del sostrato. L’eventuale inerzia geo-idrologica è legata infatti alle tipologie litologiche. In particolare, risultano interferenti lo stato, la distribuzione, lo spessore dell’arenizzazione e le condizioni geomeccaniche degli ammassi rocciosi, soprattutto la persistenza, la spaziatura, l’apertura, dalle quali derivano le caratteristiche di permeabilità secondaria che condizionano l’infiltrazione negli ammassi in roccia.. Quest’ultima è tuttavia funzione anche delle caratteristiche d’uso del suolo, essendo le coperture vegetali ed arbustive in grado di limitare i dilavamenti e i ruscellamenti. Su scala locale si evidenzia un certo stato di conservazione della macchia in quella parte del bacino estranea ad interventi insediativi e non interessata da incendi in tempi recenti. Per il resto (ovvero la parte più meridionale e settentrionale del bacino) la macchia è degradata, il suolo è denudato, le superfici sono bitumate e spesso non dotate di sistemi di caditoie o di raccolta.

Fig. 12: Pluviometro Monte Petrosu: medie mensili di 54 anni, più media annuale (Dati S.I.S.S.)

L’attivazione dei cantieri edilizi sui pendii (Lottizzazioni di Monte Contros, ecc.), in particolare su tratti con pendenze talora superiori al 30%, le bitumazioni della viabilità al servizio dei lotti edificati su detti versanti (che, sottraggono aree al dilavamento e inducono accelerazione su altre, soprattutto in carenza o mancanza di

0

100

200

300

400

500

600

700

800

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

mm

mesi da Gennaio (1) a Dicembre (12); media annuale (13)

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idonei ed efficienti sistemi di drenaggio e raccolta)5, hanno sempre l’effetto di concentrare i flussi idrici e, pertanto, di amplificare la naturale tendenza ai ruscellamenti, evidenziata dai tassi di biforcazione e densità di drenaggio della rete scolante sul basamento granitoide. Ulteriore testimonianza concreta di quanto detto sono i consueti riversamenti di detriti al di là dei cordoli e delle eventuali cunette, con invasioni delle sedi stradali lungo ampi tratti delle sedi viarie in concomitanza di rovesci temporaleschi. Tutto ciò, se unito alla naturale condizione predisponente rappresentata ora dalla coltre di alterazione superficiale sui litotipi granitoidi ora da detrito regolitico o di versante, giustifica una certa produzione di recapito solido a consuntivo, nella rete di drenaggio dell’area insediata. Nello specifico caso l’area d’indagine, sul lato Dx dell’area d’intervento a monte del tratto artificializzato, è contrassegnata dalla presenza di una via comunale realizzata secondo una pendenza poco inferiore a quella della testata del compluvio. Essa tende pertanto a divenire collettore di deflussi verso valle che, non essendo dotati di idoneo sistema di smaltimento, possono interagire con quelli del corso d’acqua a scapito di manufatti esistenti (cfr. Allegato 1). Per ciò che attiene la circolazione idrica sotterranea è noto che i sistemi granitoidi sono contrassegnati da una permeabilità bassa per fratturazione e medio-bassa per porosità, laddove si siano generati e sviluppate plaghe arenizzate. In base a tale ripartizione, nell’area d’indagine, possiamo distinguere due tipologie di strutture acquifere o Unità Idrogeologiche (U.I. ): 1) L’insieme costituito dalle limitate porzioni degradate in superficie, comprendenti le poco spesse coperture

regolitiche e le coltri arenizzate, dotate di medio-bassa permeabilità da porosità. 2) I granitoidi che possono fungere da acquiferi a circolazione più profonda in funzione della loro permeabilità

dovuta a fratturazione e fessurazione. In entrambi i casi si può instaurare un circuito idrico con falda libera, in genere a bassa soggiacenza (in particolare nell’U.I. n 1). In genere questi circuiti sono comunicanti in modo che l’acquifero 2 può alimentare l’acquifero 1. Le portate di solito non sono elevate (<< 1 l/sec anche in inverno), data la scarsa trasmissività dei circuiti e sono soggette alle variazioni stagionali, in quanto del tutto dipendenti dalle precipitazioni. Si noti tuttavia che il Riu Scalamala, per quanto subisca un forte abbattimento della portata, nel periodo più secco e caldo fa registrare una deflusso idrico superficiale nell’asta torrentizia. Poiché in alcuni tratti il deflusso scompare per poi ricomparire a valle, è realistico ritenere che una parte dei volumi si possa disperdere per via sotterranea nel settore alluvionale costiero e non contrassegnato da accumuli di sedimenti più o meno terrazzati. Tale condizione si determina dunque nel tratto d’intervento a monte di quello già artificializzato e nella porzione alluvionale della bassa valle. Non è stata localizzata alcuna manifestazione sorgentizia, né nel’area d’intervento, né in quella d’indagine, né nelle pertinenze. Nonostante ciò, dati i caratteri geolitologici di riferimento, non si può certo escludere la formazione di scaturigini a seguito di eventi piovosi.

5.11 Geomorfologia del bacino idrografico Le condizioni geomorfologiche generali riscontrabili entro il bacino del Riu Scalamala sono piuttosto simili a gran parte dei contesti galluresi di ambiente collinare e costiero. Esse sono quindi valide anche nello contesto d’indagine. Pertanto si rimanda ad esse per l’inquadramento.

5 Si noti quindi che, dal punto di vista idrogeologico, l’effetto delle bitumazioni deve giudicarsi duplice, poiché con l’impermeabilizzazione locale si ha la tendenza al

trasferimento delle lame d’acqua ai bordi delle opere stradali. Solo con una rete di scolo di tali acque progettata e verificata per tempi di ritorno definiti realisticamente, secondo corretti criteri di costi-benefici, e successivamente ben manutenuta, si potrebbe ammettere come non negativo l’effetto della bitumazione sul piano idrologico e geomorfologico.

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Più in dettaglio, lo spartiacque del bacino idrografico attuale del Riu Scalamala corre fra i seguenti rilievi: Monte Scalamala (271m), Monte Ruju (316m), Monte Scopaglio (296m), Monte Colombo (154m). Altri bassi rilievi, simili in tutto ai precedenti (Monte Micalotto, 163m; Monte Pinducciu, 132m, Monte Bagno, 87m), si ritrovano oggi all’interno del bacino a seguito della forzata confluenza fra Scalamala e Riu de Li Stazzi Vecchi. Esso è circoscritto su rilievi orograficamente collinari e di altitudine assai scarsa, ma pronunciati e, in base ai gradienti morfologici, piuttosto simili alle Serre (o Sarre dagli idiomi locali), anche a causa del loro carattere relitto, cioè di morfologia risultante da condizioni morfoclimatiche non attuali. Seppur modestissima per dimensioni anch’essi sono stati ridefiniti secondo evidenti elementi tettonici regionali. Questi ne condizionano oltre che il pattern idrografico, tanto le pendenze quanto la forma stessa del bacino che è spiccatamente asimmetrico in senso trasversale (cioè in rapporto alla posizione dell’asta torrentizia), a causa della particolare ristrettezza lungo tutto il settore Nord ossia in Sx. Inoltre, pur non apparendo stretta ed allungata, tale configurazione è certamente riscontrabile almeno nel sottobacino A di Fig.13 Una importante conseguenza di ciò sono le altrettanto evidenti asimmetrie clivo metriche.

Fig. 13 - Suddivisione in sottobacini del Riu Scalamala (PSFF).

La rete idrografica che s’instaura all’interno dello spartiacque, pur nella sua modestia spaziale è assai ben delineata secondo un pattern sub dendritico e sub rettangolare. Sulla base del DTM della RAS, il PSFF ha individuato i seguenti elementi morfologici:

1. Ordine gerarchico No = 4, 2. Rapporto di biforcazione RB = 3,14 3. Rapporto delle lunghezze RL = 2,65 4. Rapporto delle aree drenate (densità di drenaggio) RA = 4,09

Essi, rientrerebbero altresì, secondo il PSFF, nelle medie calcolate di grandi quantità di dati sperimentali (in genere si ha: 3<RB<5, 1,5<RL<3,5 e di 3<RA<6.

Sezione Hmin Hmax Hmedia i

[m s.m.] [m s.m.] [m s.m.] [m/m]

A 28 316 172 0,09

B 13 316 165 0,07

C 0 316 158 0,06

Tab. 4 -Altre caratteristiche morfologiche, fisiografiche e altimetriche dei sottobacini del Riu Scalamala.

Le pendenze possono essere piuttosto accentuate più all’interno, immediatamente ad Ovest dell’area d’indagine.

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5.12 La pericolosità idrogeologica del Riu Scalamala secondo il PAI

Nel territorio di Loiri-Porto San Paolo il P.A.I-R.A.S. aveva riconosciuto sia il pericolo geomorfologico che quello idraulico. Nel primo caso sono state perimetrate pericolosità geomorfologiche Hg3 e Hg2, in 3 Tavole diverse (Tav.3, Tav. 5 e Tav. 15 sub-bacino 4) presso le località di Vaccileddi, Riu Mulinu, Nibbareddu e di Monte Contros all’esterno e all’interno del bacino del Riu Scalamala. Nella Tav. 3 del PAI (Fig. 14) si evidenzia l’importanza areale di tale pericolo rispetto al bacino idrografico in esame, in particolare per quel che attiene i versanti all’interno dello spartiacque del Riu Scalamala fra lo stesso M.te Contros a Nord e M.te Micalotto a Sud. Più in dettaglio, il caso specifico di M.te Contros rileva di una paleo frana naturalmente stabilizzata e di una più vasta franosità residuale superficiale associata ai descritti processi di degrado degli ammassi granitoidi.

Fig. 14 -Stralcio ridotto Tav. 3- Sub-bacino 4 PAI (Perimetrazione Hg2 nel basino idrografico)

Nel secondo caso (parte idraulica), si ignora inspiegabilmente il Riu Scalamala5, ma si mette in evidenza uno dei più rilevanti e noti tratti critici delle reti idrografiche del territorio gallurese, corrispondente al Riu La Castagna. Da notare, in ogni caso, che considerando l’intera gamma degli eventi degli ultimi 25 anni (da Novembre 1989 compreso ad oggi) il territorio è stato oggetto di deflussi critici associati a piene e vulnerazioni almeno 5 volte (Novembre 1989; Dicembre 1998; Ottobre-Novembre 2007; Novembre 2008; Settembre 2009), delle quali almeno 3 hanno coinvolto il Riu Scalamala. La Fig.14, al di là di ogni ragionevole dubbio, mette in evidenza il rapporto geomorfologico sussistente fra versante e corso d’acqua relativamente alla possibilità da parte di quest’ultimo di caricarsi di sedimenti e smentisce l’assunto equivoco in base al quale, a sub strati granitoidi, ritenuti aprioristicamente e pregiudizialmente di scarsa degradabilità, corrisponda una limitata suscettività erosiva e un ininfluente trasporto solido. In tal senso sono da respingere totalmente le argomentazioni in merito contenute in progetti

55

L’area era già all’epoca inquadrabile come tratto critico ed era stata segnalata come tale dallo scrivente a causa dell’alluvione del 1989. D’altro canto essa risulta

persino evidenziata nell’Atlante idraulico del sub-bacino dall’apposita cornice contrassegnante le tavole ma non è presentata né nella perimetrazione né nella scheda d’intervento, quindi non è entrata a far parte del PAI. E’ possibile dunque che si sia trattato di una dimenticanza..

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precedenti6, i quali pur partendo da detti concetti pregiudiziali paradossalmente finiscono per sopravvalutare il potenziale erosivo del bacino senza associare alcun volume solido alle portate idrauliche di progetto. Si noti peraltro che il trasporto solido annuo all’epoca era valutato per estrapolazione e ponderazione speditiva con criterio litologico, sulla base da dati ENEL che interessavano il bacino del Flumendosa a Bau Mela. In tal modo al Riu Scalamala veniva assegnato un trasporto solido annuo medio di circa 200 mc/anno, che per intenderci è circa l’85% e circa il 130% superiore a quella del Riu San Teodoro (108 mc/a) e del Riu Budoni (87mc/a) rispettivamente, secondo le valutazioni del PSFF. Dato questo che dimostra come esso sia piuttosto contraddittorio con le premesse teoriche ferma restando, si badi, l’estrema difficoltà che si ha progettualmente in tale campo, senza l’ausilio della ricerca scientifica e di misure o valutazioni volumetriche della movimentazione naturale, quanto meno a seguito di eventi intensi. 5.13 La pericolosità idraulica del Riu Scalamala secondo il PSFF

Il recente Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF) della RAS ha considerato il Riu Scalamala corso d’acqua principale. Esso è stato, dunque, studiato dal punto di vista idrologico, idraulico e geomorfologico (non è stato studiato il trasporto solido, a causa del suo sostanziale stato di artificializzazione, in rapporto al tratto da analizzare) ed è stata fornita la cartografia delle fasce di pericolosità. Lo studio alla base dell’analisi idraulica si è fondato in una suddivisione in sottobacini secondo lo schema seguente. Di essi, quello più importante ai fini del presente elaborato e del progetto è A. Dalla Tab. 4 della Relazione Monografica del PSFF si ricava che l’ampiezza considerata dell’intero bacino idrografico (A) è pari a 6,6 kmq, la lunghezza (L) dell’asta principale 5Km e la sua pendenza media (I) è del 6%. Nella tabella seguente i dati sono ripartiti secondo le singole superfici sottese alle sezioni di chiusura indicate7.

Tab. 5 – Superficie totale e superfici parziali

Con riferimento alla legenda sottostante (le fasce A e B sono delimitate con criteri idraulici secondo i tempi di ritorno indicati alla numerazione mentre C è la Fascia delimitata con criteri geomorfologici), le fasce di pericolosità sono state delimitate nel modo illustrato in Fig. 16

Fig. 15 - Legenda dell’Atlante Cartografico delle fasce fluviali del PSFF

6 Progetto di Sistemazione idraulica del Rio “La Toa” a protezione dell’abitato di Porto San Paolo (1991), a firma dell’ing. M.G. Docche. 7 Si noti che nel progetto di Sistemazione idraulica del Rio “La Toa” a protezione dell’abitato di Porto San Paolo (1991), è riferito che “il corso d’acqua sottende

un bacino idrologico di 3,862 Kmq “ e che “l’asta principale ha una lunghezza massima di circa 4500m”. La consistente differenza nella lunghezza (0,5 Km) non è spiegabile mentre quella sulla superficie idrografica potrebbe derivare dall’esclusione del bacino del Riu de Li Stazzi Vecchi (o Riu Frigni), cioè della superficie C della Fig. 13. Rimarrebbe tuttavia uno scarto di 0,138 Kmq fra i due dati (circa 14 Ha).

Sezione A

[km2] I

[m/m] L

[Km]

A 3,5 0,09 3,3

B 4,0 0,07 4,4

C 6,6 0,06 5,0

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Fig. 16 – Stralcio ridotto cartografia del Progetto di Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (codice Elaborato:

4_13_SA001_2_1_0)

Le conclusioni della Relazione Monografica PSFF non pervengono ad individuare particolari criticità, salvo il coinvolgimento nella fascia C di una porzione di circa 6 ha dell’abitato di Porto San Paolo. Va tuttavia considerato che la copertura topografica a disposizione del PSFF appare abbondantemente obsoleta nella parte costiera a valle della S.S. 125 e, dunque nello stato attuale, l’estensione della criticità rispetto al tessuto abitativo deve considerarsi superiore. La stessa relazione mette inoltre in evidenza (pur non definendola esplicitamente come criticità) la presenza di un tubo (fognario) sostenuto da una piletta centrale che attraversa il tratto canalizzato a circa 30 m a monte del ponte della S.S. 125. In effetti tale manufatto è da considerarsi incongruo sul piano idrogeologico, poiché può determinare un ostacolo all’eventuale deflusso di materiale flottante ed innescare ostruzioni, in caso di piena.

5.14 Geomorfologia dell’asta fluviale TRATTO A MONTE DELLA S.S. 125

L’analisi dell’asta pone in evidenza che, se si esclude il solo tratto sorgentizio di I ordine ai piedi del M.te Ruju (315,88m; CTR), essa è collocata all’interno di una stretta valle rettilinea, d’impostazione tettonica con direzione WSW-ENE (la più evidente a scala regionale) a quote orograficamente collinari (a partire da circa 160m s.l.m.). Tale origine conferisce all’asta un particolare assetto sub-rettilineo, geomorfologicamente tale da poter condizionare la dinamica dell’idrogramma di piena durante gli eventi idrologici intensi (cfr. Verstappen, 1983). A partire da monte, le condizioni dell’alveo e delle sponde sono da ritenersi abbastanza naturali (fatti salvi ipotizzabili spostamenti di volumi sedimentari con mezzi meccanici, come urgente conseguenza degli eventi alluvionali 2009) fino a circa 20 m s.l.m., cioè fino all’imbocco del tratto artificiale canalizzato e rivestito.

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Fig. 17 - Ortofoto Google (06/08/2010). E’ evidenziato il surplus insediativo mancante nella cartografia PSFF

Fig. 18 – Manufatto in posizione critica (tratto da Rel. Monografica PSFF)

Tale segmento all’interno del centro abitato di Porto San Paolo, non occupa un ambito vero e proprio di piana alluvionale costiera, se non a partire da quote inferiori ai 15m s.l.m, tuttavia l’attuale lieve sinuosità, parrebbe una condizione idro-morfologica non originaria, in base a confronti diacronici. Da ciò consegue che si è in presenza di un alveo defluente quasi totalmente su di un’Unità Fisiografica Collinare e soltanto nell’ultimo tratto, pari a circa 1,5 Km di sviluppo, su di un’Unità Fisiografica Alluvionale-Costiera che meglio sarebbe definire, nello specifico, Deltizia. Tale condizione, di per sé rilevante ai fini dell’anamnesi idrologica e geomorfologica, non è sufficiente, tuttavia a giustificare la pericolosità del torrente. Occorre infatti sottolineare l’importanza in primo luogo dell’elemento geometrico che più si evidenzia allo stato di fatto, ovvero, come accennato, l’assetto sub-rettilineo dell’asta, unitamente, in secondo luogo, alla sua collocazione ai piedi di rilievi orograficamente collinari ma clivometricamente montani, dove si genera un particolare gradiente di pendenza. Come detto nei capitoli che discutevano dell’inquadramento regionale, tale assetto è coerente con l’appartenenza della regione alla fisiografia di tipo “gallurese”.

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Ad essa va sommata la persistente tendenza al denudamento erosivo che è geomorfologicamente incoraggiata dalla presenza di rilievi collinari tettonicamente recenti, a cui si associano larghe superfici arenizzate e detritiche. Per tale ragione, quantunque, in proporzioni limitate, vista la scarsa consistenza areale del bacino, non deve meravigliare la relativa abbondanza di sedimenti connessi al torrente Scalamala, né la presenza di una condizione palesemente deltaica alla foce, con propensione del sistema idrico a divagare sui volumi solidi aggradanti e progradanti . E’ bene quindi rimarcare, anche in questa sede, per le implicazioni che il tema riveste con le scelte progettuali, l’importanza dell’apporto solido potenziale del sistema idrico del torrente Scalamala sia ai fini della generazione di effetti più rilevanti di quelli modellizzabili idraulicamente che alla conservazione degli equilibri costieri locali. A tale riguardo chi scrive non ritiene affatto che gli eventi critici che si sono manifestati negli ultimi trent’anni a Porto San Paolo costituiscano l’effetto di una più generale recrudescenza meteo-climatica. Più semplicemente, essi sono la rappresentazione di una oggettiva e naturale condizione idro-geo-morfologica locale in concomitanza di eventi pluviometrici i cui dati definiti outliner rispetto alle serie di quelli disponibili, vengono troppo frettolosamente strumentalizzati come indicatori di particolari variazioni climatiche per assecondare interpretazioni degli eventi tanto catastrofiste quanto, di fatto, totalmente assolutorie rispetto alla gestione dei territori. Ai fini di una più attenta valutazione andrebbero semmai riconsiderate le scelte insediative degli ultimi decenni come cause predisponenti l’incremento di pericolo e di vulnerabilità. Dato l’assetto geometrico del bacino, l’alveo allo stato attuale è interessato soltanto in Dx idrografica da veri e propri affluenti, con una certa articolazione idrografica. Il principale di essi è il Riu di Lu Colbu che s’innesta nel sottobacino A, a poco meno di 1Km dal tratto d’alveo d’interesse ai fini del progetto. Sempre in Dx ma a valle del suddetto tratto, è presente il Riu de Li Stazzi Vecchi (o Riu Frigni) che, come vedremo meglio più avanti, non è un affluente naturale. Per il resto il Riu Scalamala riceve sia in Dx che in Sx il contributo di soli compluvi di I ordine, alcuni dei quali compromessi, deviati o in parte cancellati dall’urbanizzazione (condizione questa che afferisce ad altra fattispecie di pericolosità idrogeologica). PERTINENZE DELL’ASTA

L’area di alimentazione più a monte (orientativamente oltre i 100 m s.l.m) rispetto allo spartiacque (M.te Scalamala; Monte ….; M.te Ruju etc.) è in gran parte rocciosa con saltuarie coperture detritiche, talora concentrate come colate di pietrame in compluvi e con massi o blocchi residuali disseminati. A Monte Contros, come visto in precedenza, è localizzata un’antica frana di blocchi ciclopici, stabilizzata e in parte relitta (da cui trae origine un locale Hg2 del PAI-RAS). Il fondo dell’alveo e le sponde risentono di questo complessivo stato erosivo dei versanti, almeno fino alla stretta di Monte Contros-Monte Bagno, in quanto il primo, pur presentandosi spesso in roccia sana affiorante, contiene accumuli intermittenti di sedimenti in funzione della caduta locale di pendenza, mentre le seconde sono ritagliate su coperture detritiche colluviali e sul regolite del sostrato roccioso, oppure su locali accumuli alluvionali. Con riferimento all’Appendice al Manuale tecnico – operativo per la valutazione ed il monitoraggio dello stato morfologico dei corsi d’acqua - Versione 1 dell’ISPRA (2011), viene data di seguito un a rapida caratterizzazione idro-geo-morfologica dell’alveo. Nell’area d’indagine a cavallo fra Unità Fisiografica Collinare e Alluvionale, il torrente è descritto sul piano morfologico da un alveo a canale singolo, confinato sino alla stretta di Monte Contros-Monte Bagno. Poco a

monte della suddetta stretta valliva, il torrente riduce la sua pendenza e in Dx interrompe lo stato di confinamento

passando a quello di semiconfinato. Si tratta in realtà dell’effetto di un “salto”, in quanto poco più a valle il tronco vallivo si restringe ed il fondo riprende ad essere roccioso, con alluvioni sciolte sul fondo discontinue e di preferenza ai bordi della sezione. Tale condizione perdura per alcune centinaia di metri ma muta radicalmente a circa 100 m a monte della canalizzazione. In tale tratto si manifesta una sensibile crescita della tendenza deposizionale (o, se si preferisce, una caduta della capacità di carico conseguente alla riduzione della pendenza). I sedimenti per lo più ciottolosi e ghiaiosi vanno ad ostruire l’alveo stesso, costringendo il deflusso ordinario delle portate formative e a piene rive a piegare verso Sx. Da qui in poi il corso d’acqua non è più confinato ed ha tendenza (nelle sole piene) ad assetto transizionale a barre alternate. In ambito confinato così

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come in quello semiconfinato, l’alveo ordinario si manifesta comunque a canale singolo sino al l’inizio del tratto canalizzato e rettificato. Sempre in ambito confinato, il fondo è per lo più roccioso in contesto collinare con avvicendamenti di tratti a Step-Pool o addirittura a rapide (Cascade). A scala di tratto il profilo é tendenzialmente a gradinata nel tratto confinato, mentre nella parte rimanente a monte della canalizzazione si può parlare di una tendenza all’assetto Riffle-Poll. Va comunque considerato che l’incremento di sezione apportato con la sistemazione a profilo trapezio, quantunque sia stata abbattuta la scabrezza col rivestimento in cemento, ha ulteriormente abbattuto la velocità sviluppabile a parità di portata e, dunque, ha indotto, la tendenza locale al sovralluvionamento, al passaggio fra le due configurazioni. Ciò è dimostrato dalle condizione idro-geo-morfologica che si riscontra a monte dell’imbocco del canale rivestito, per almeno un tratto di 200 m. Ciò, d’altro canto, è riscontrato anche dal fatto che nel fondo del tratto artificializzato del Riu Scalamala, i sedimenti reperibili sono estremamente rari e in genere sabbiosi ma non ciottolosi. E’ dunque evidente che l’effetto indesiderato dell’intervento del 1991 sia quello di accentuare la tendenza naturale verso del fenomeno della deposizione, in altre parole il sovralluvionamento. Infatti in sostanza i rilievi mettono in evidenza che allo stato attuale tutta la deposizione grossolana di taglia ciottolosa, si scarica prima dell’inizio del tratto in canale oltre il quale è recapitata la sola frazione sabbiosa o ghiaiosa fine (cfr. Allegato 1). CONSIDERAZIONI GRANULOMETRICHE E SUL TRASPORTO SOLIDO

Lo studio preliminare non può contare su analisi granulometriche di laboratorio. In ogni caso, tuttavia, le osservazioni ricavabili sul terreno sono ben impiegabili ai fini della presente trattazione. Esse infatti:

• Hanno consentito di asseverare ipotesi realistiche sul campo delle velocità massime che la corrente può sviluppare.

• Sono di supporto (con altre osservazioni sul campo) alla valutazione numerica del coefficiente di scabrezza di Manning da introdurre nello studio idraulico.

I sedimenti mobili contenuti all’interno dell’alveo a monte del tratto canalizzato, sono per lo più ciottolosi con un campo dimensionale visibilmente variabile ma con larghissima diffusione modale dai 5 cm ai 25 cm. Più rara la presenza di ciottolame di diametro superiore ma sono comunque reperibili blocchi con dimensione massima di 50 cm. Non si tratta di depositi corazzati. La frazione ghiaiosa è presente ma appare nettamente subordinata insieme con quella sabbiosa. Essa invece si presenta come matrice dei cumuli che si rinvengono addensati e terrazzati (in particolare in Dx). Tali frazioni sono ad ogni modo sempre ben riconoscibili per il colore rossastro-rosastro strettamente dipendente dai sostrati arenizzati. La diversità litotecnica ai lati della sponda Dx attesta il divario cronologico della loro formazione. Le aree esterne del terrazzamento rispetto all’alveo, essendo più addensate, sono più antiche, per quanto pur sempre ritenibili oloceniche; quelle più interne sono sciolte e benché spesse circa 2 m, sono attuali (epoca storica) ed attestano di mobilità del fondo con gli eventi intensi. VALUTAZIONE DELLA SCABREZZA

Nel tratto a monte della canalizzazione trapezia in cemento abbiamo:

• Sponde vegetate con vegetazione arbustiva/cespugli e vegetazione arborea più rada

• Fondo in roccia spesso affiorante al centro ad intermittenza con 10cm /20 cm in ciottolame grossolano e ghiaia + sabbia.

Nel tratto di maggiore accumulo sedimentario la sponda Dx è totalmente caratterizzata da ciottolame grossolano (moda prevalente ϕ = 5cm-25cm), per 2m di spessore naturale (al netto di rimaneggiamento artificiale)

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Confrontando coi dati proposti in letteratura, il coefficiente di scabrezza di Manning n [s/m1/3] in prima istanza può essere assunto, con riferimento a alla condizione Alvei di montagna - larghezza a piene rive <30m - fondo su ciottoli e ghiaia, nel seguente campo di valori:

n = 0,035-0,050 s/m1/3

Passando, tuttavia, al calcolo in base all’espressione di Chow V. T. (1959), n = (n0+ n1+ n2 + n3 + n4 ) * m5

occorre considerare anche ulteriori osservazioni sull’alveo ; pertanto, più precisamente si ha (tra parentesi le valutazioni numeriche):

Parametri Condizione Coeff

Materiale d’alveo Ciottoli e sabbie n0 0,028

Forma della sezione moderatamente irregolare

n1 0,010

Grado uniformità longitudinale con saltuarie strettoie

n2 0,005

Effetto delle ostruzioni apprezzabile n3 0,020

Presenza di vegetazione media n4 0,010

Coefficiente n 0,073

Grado di sinuosità scarso m5 1 Tab. 6 – Calcolo del Coefficiente di scabrezza

Si suggerisce, pertanto, il seguente valore del parametro n = (n0+ n1+ n2 + n3 + n4 ) * m5 n= (0,028 +0,010 +0,005 + 0,020 +0,010) * 1 =

n = 0,073 s/m1/3

TRATTO CANALIZZATO E CEMENTIFICATO

Tutto il tratto artificializzato è rivestito in cemento per circa 650m; da monte a valle è suddivisibile in 3 segmenti con 2 geometrie distinte:

- 1° tratto, a monte del ponte sulla S.S. 125 a profilo trapezio

- 2° tratto, sia a monte del ponte sulla S.S. 125 che poco a valle di questo, a profilo rettangolare (attraversato dal ponte sulla S.S. 125)

- 3° tratto, a valle del ponte sulla S.S. 125, a profilo trapezio. Le sezioni trasversali del 1° e del 2° tratto sono complessivamente sgombere di sedimenti; in particolare non è presente ciottolame né in forma di accumuli né di ciottoli isolati. Si rinvengono discontinui e sottili (3-4 cm) strati di sabbie medio-grossolane con esigua frazione ghiaiosa mentre sia il fondo che i lati manifestano sottili coperture di alghe e vegetazione erbacea. Sono invece diffusi invece i rifiuti (ivi compresi rottami di tubazioni). Fondo e sponde artificiali sono in discreto stato di conservazione salvo isolate carie del cemento di copertura delle sponde, individuate in Dx circa 20m a monte del ponte di via Pertini. Del 3° tratto si discute nella sezione riguardante l’asta fluviale a valle della S.S. 125. VALUTAZIONE DELLA SCABREZZA

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In base alla condizione Canali in calcestruzzo, considerando lo stato di dissesto di una percentuale importante

del fondo, si può ricorrere al campo di valori n = 0,020-0,025 s/m1/3.

TRATTO A VALLE DELLA SS125 (da Ponte sulla SS125 a foce)

Attualmente a valle della struttura di attraversamento sulla S.S,1258 il corso d’acqua piega repentinamente di circa 70° in direzione SE con un tratto cementificato di circa 100 m, dapprima per pochi metri, a sezione rettangolare, successivamente a sezione trapezoidale. Ancora a valle riprende senza rivestimento, più o meno secondo la direzione parallela all’asta di monte, sino alla foce. La sezione, in parte artificiale (per le ragioni esposte più avanti) ed in parte naturale, è alta circa 2,5 m dal fondo in Sx e complessivamente è più stretta di circa il 50% rispetto a quella artificiale. Quantunque la tendenza allo sviluppo della sinuosità in ambito di breve piana alluvionale sia da considerarsi normale, nello specifico contesto, la geometria immediatamente a valle della S.S. 125 è apparsa non del tutto congrua; per di più, si riscontra in situ sul lato Sx la presenza di conglomerati visibilmente rimaneggiati (a giacitura caotica). Per tale ragione si è provveduto a reperire la cartografia Storica IGMI in scala 1.25000 (Tav. F° 182 IV SE Maladormida della Carta d’Italia), per operare un opportuno confronto diacronico fra l’assetto ivi illustrato e la condizione odierna. La cartografia storica conferma i dubbi di partenza e sorprendentemente rivela che:

� il Riu Scalamala ed il Riu de Li Stazzi Vecchi (Riu Frigni), attuale apparente suo affluente in Dx, disponevano di foci ben separate con tratti terminali altrettanto distinti (il PSFF non pone in evidenza questo aspetto);

� attualmente la foce del Riu Scalamala coincide con la foce del Riu de Li Stazzi Vecchi; Se ne deduce che:

1. gran parte del tratto a valle della S.S.125 dell’attuale alveo del Riu Scalamala, in verità coincide con l’alveo del Riu de Li Stazzi Vecchi;

2. Il Riu Scalamala è affluente artificiale di Sx del Riu del Li Stazzi Vecchi; 3. Il Riu Scalamala è un torrente largamente artificializzato anche in tempi precedenti le sistemazioni del

1991. Non deve meravigliare la particolare abbondanza di sedimenti sabbiosi e ghiaiosi alla foce poiché, in ogni caso, si è in presenza di un particolare, per quanto limitato, sistema deltaico. Questo aspetto, che non pare essere mai stato preso in considerazione, al contrario, andrebbe seriamente valutato d’ora in avanti anche in termini di manutenzione idrografica ordinaria ed ai fini della gestione del litorale sottendente la foce. In base alle foto Ortorettificate 1954 (Fig. 20) e 1977 (Fig. 21) si può documentare inoltre che la foce del Riu Scalamala tendeva a divagare, in particolare verso Est.

8 Si noti che, dalle testimonianze raccolte, l’evento del Novembre 1989 aveva manifestato la massima rischiosità della dinamica alluvionale subito a valle del ponte,

sia in Dx che in Sx.

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Fig. 19 - Spartiacque del bacino idrografico del Riu Scalamala: in rosso il bacino originario; in azzurro la parte complementare del bacino del Riu de Li Stazzi vecchi (Riu Frigni). La chiusura dello spartiacque alla foce, data la presenza di una configurazione ad aggetto deltaico è solo indicativa, in quanto è evidente che entrambe le foci potessero traslare in funzione delle portate degli eventi di piena. Tale possibilità, sussiste a maggior ragione nell’attuale assetto.

E’ dunque evidente che per ragioni che si ignorano ma dettate da esigenze del tutto artificiali, il corso d’acqua

del Riu Scalamala nel suo tratto prefocivo a valle della SS125 abbia subito una deviazione netta verso Est. La

sua vecchia foce corrisponderebbe oggi all’area indicata sulla CTR come Vecchio Semaforo/Vecchio Faro,

in cui sulla carta storica si evidenziano stagni costieri. Tale area è oggi parzialmente edificata.

Ulteriori confronti con Ortofoto rettificate del 1943, 1954, 1977 (cfr: http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/) documentano che:

• la deviazione è stata operata in tempi precedenti l’immagine aerea del 1943.

• a tale contesto corrisponde la realizzazione di un frazionamento fondiario

• sono ancora evidenti all’epoca le tracce dell’alveo abbandonato sia nell’immagine 1954 che in quella 1977.

• L’area in Sx a valle del ponte non può non aver subito rimaneggiamenti topografici miranti al sollevamento parziale delle quote.

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Fig. 20 - Stralcio ingrandito IGMI storico (Tav. F° 182 IV SE Maladormida della Carta d’Italia 1886) La freccia inserita sintetizza la deviazione artificiale dell’alveo del Riu Scalamala

L’assetto che è stato assegnato al corso d’acqua a valle della SS 125 da oltre mezzo secolo ha costituito senza dubbio una condizione d’incremento di pericolosità rispetto alle condizioni di deflusso originarie. Ciò in quanto, quantunque si supponga sollevata parte della sponda Sx, a valle di una condizione di per sé critica per la presenza del ponte, è stato attribuito all’alveo un artificiale raggio di curvatura non in equilibrio con l’assetto naturale. Tale aspetto confligge, inoltre, a maggior ragione con l’evoluzione assai più recente dell’insediamento in Sx. Nell’ipotesi teorica di sole portate liquide molto elevate, la repentina deviazione in Dx a valle del ponte, produce un evidente ostacolo al deflusso della corrente che solo in parte, ad avviso di chi scrive, è compensato dall’abbattimento della scabrezza della canalizzazione in cemento. L’attuale parziale distruzione del fondo alla ripresa della sezione trapezia, con ammaloramento della parte a valle (deformazione della sagoma con superficie convessa) per uno sviluppo complessivo di circa 80 m, ne costituiscono evidenza chiara (si noti che tali effetti sono descritti anche in letteratura sulle correnti veloci). Parrebbe dunque che l’assetto canalizzato e rettificato assegnato al corso d’acqua negli interventi posteriori (1991) all’evento del Novembre 1989, per quanto prudenziale per le portate, non abbia preso in considerazione questi elementi, limitandosi all’ampliamento della sezione e all’abbattimento della scabrezza. Peraltro attualmente a valle del tratto canalizzato si possono documentare ulteriori elementi di criticità quali:

• Cattiva manutenzione dell’alveo, sia artificiale che naturale;

• Varie ostruzioni di origine artificiale (materiali di risulta)

• Incremento dell’edificato sulle fasce di esondazione. Prima di defluire in foce nella baia di Porto San Paolo, il torrente incide una scarpata di terrazzo marino di

circa 5m di altezza.

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Fig. 21 - Immagine ortorettificata 1954 (da: http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/). La numerazione esprime il senso cronologico dell’evoluzione dei rami idrografici sul delta

Fig. 22 - Immagine Ortorettificata 1977 (da http://www.sardegnageoportale.it/webgis/fotoaeree/)

Un ulteriore confronto del tratto compreso fra Monte Contros e l’attraversamento della S.S.125 suggerisce

parziali spostamenti laterali dell’asta sulle rive, in corrispondenza, oggi, dei luoghi allagati in Sx idrografica.

1

2

3

1b

1b + 3 1

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Fig. 23 – Evidenziato su carta storica l’attuale tratto d’interesse ai fini del progetto. Si noti il sostanziale assetto rettilineo a valle del ponte sulla S.S.125. La freccia indica la posizione dello schema in Fig. 11.

A valle del ponte, in corrispondenza del termine della sezione rettangolare, il fondo si presenta dapprima rimosso poi dissestato e con vistose deformazioni convesse per un tratto di circa 80 m fino oltre il manufatto di scarico in Dx (costituente opera di immissione non controllata ai sensi del PSFF). Le pertinenze di tale tratto sono in genere occupate da abitazioni o dagli spazi a queste funzionali. Sulla sponda Dx subito a valle della S.S. 125 si segnala per uno sviluppo di circa 20 m una superficie ricavata artificialmente per versamento di circa 1,5m in altezza di terre sciolte deposte fin sopra la protezione spondale in cemento. Tale sovralzo morfologico sulla sponda in cemento non costituisce presidio di tipo idraulico; semmai la posizione è tale da rendere le terre che lo costituiscono, immediatamente esposte ad erosione al passaggio di qualunque corrente veloce e di qualunque ruscellamento. Si tratta dunque di potenziali volumi solidi a disposizione del deflusso che, dunque, a parità di portata liquida, in caso di piene aumenterebbero la pericolosità idraulica del tratto locale, ma che rischiano comunque di riversarsi in alveo. Si tratta in sostanza di una condizione che concorre sia pur di poco, ad incrementare lo scenario di pericolo idraulico.

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Fig. 24 - Stralcio Tav SA 001 dell’ Atlante Cartografico delle Fasce Fluviali del PSFF (Subbacino 4 Liscia).

5.15 Cenni litotecnici L’area su cui è previsto l’intervento è interessata nel suo complesso da 6 dei 7 termini geolitologici (unità litotecniche) individuati in precedenza (cfr. Tab. 2): 1A, 1B , 2, 3, 5, 6 (il termine 4 è assente). Gli interventi, poiché interessano esclusivamente l’asta torrentizia, rive comprese, coinvolgeranno in particolare: l’unità 1A, reperito per una cinquantina di metri in affioramento, all’interno dell’alveo (zona Rimessaggio, ovvero tratto più a monte d’intervento; cfr. Allegato 1 e Allegato 2) e l’unità 6 presente sulle sponde, in particolare in Dx. In luogo di 1A saranno reperiti i termini geolitologici 2 o 3 nel substrato roccioso degli interventi eseguibili a valle del ponte sulla S.S. 125. In fase di escavo è possibile il reperimento localizzato delle unità 2 o 3, anche nelle parti più lontane dall’alveo nel tratto d’intervento a monte dell’imbocco della canalizzazione. Dal punto di vista litotecnico, le correlazioni qualitative individuabili sono le seguenti.

Sigla

1 1A Rocce coerenti

1B Rocce coerenti

2 Rocce da coerenti a semicoerenti

3 Rocce semicoerenti

5 Terre da poco addensate a sciolte (Rocce incoerenti)

6 Terre da poco addensate a sciolte (Rocce incoerenti)

Tab. 7- Correlazioni litotecniche qualitative

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6 RIEPILOGO E CONCLUSIONI L’assetto che il corso d’acqua ha raggiunto coll’intervento del 1991 che per lungo tempo ha di fatto presidiato il torrente all’interno del centro abitato, è stato posto in discussione dagli eventi del 2008 e del 2009. L’area peraltro non fu sottoposta alla perimetrazione PAI-RAS del 2000 (2005) ma è stata di recente assoggettata alla perimetrazione del PSFF, la cui approvazione rende efficaci le misure di salvaguardia del PAI ovvero le sue Norme Tecniche di Attuazione. Lo studio geologico, ha posto in evidenza il modello geologico del bacino e dell’area d’intervento. Quest’ultima, a partire dal p.c. è contrassegnata da:

• Sedimenti ciottolosi sciolti o poco addensati dell’Olocene, passanti di lato a detriti di versante di analoga età;

• Granitoidi (monzograniti e/o filoni) in ammassi per lo più rocciosi del Carbonifero sup.- Permiano. In particolare le sponde del Riu Scalamala nel suo tratto naturale a monte dell’attuale canalizzazione rivestita, sono contrassegnate da terreni essenzialmente detritici mentre il fondo risulta essere (da monte a valle) talora roccioso (Stretta di Monte Contros-Monte Bagno), talaltra con sedimenti intermittenti e, infine, totalmente caratterizzato da sedimenti a partire da circa 200 m dall’imbocco del tratto rivestito. A valle della canalizzazione l’alveo e le sponde riscontrano dapprima terre rimaneggiate, poggianti su coltri alluvionali

originarie e su roccia, poi soprattutto alluvioni poggianti su rialzi in ammassi rocciosi. Non sono rari in superficie e sulla

sponda Dx materiali di risulta e rifiuti da demolizione.

Lo studio geomorfologico è stato orientato alla comprensione delle dinamiche torrentizie con riguardo agli aspetti predisponenti la pericolosità idraulica sia a scala di bacino idrografico che, più in dettaglio, di singoli elementi locali. - E’ stato illustrato il processo di degradazione dei granitoidi che, contrariamente a quanto si riteneva in

passato (cfr. Progetto 1991), predispone alla presenza di una significativa componente detritica nel trasporto di fondo durante gli eventi di piena.

- Sono stati effettuati specifici sopralluoghi nei quali l’asta fluviale è stata rilevata al fine di:

• ricostruire le dinamiche alluvionali più recenti

• risalire alle potenziali dinamiche attese nelle attuali condizioni

• accertare le criticità geomorfologiche

• elaborare opportune proposte di mitigazione valutandone l’efficacia di specifiche soluzioni. Ai fini dell’analisi diagnostica relativa al progetto sul Riu Scalamala si sono distinti in tal modo:

• Un tratto artificiale sagomato su due sezioni differenti ripartite su tre suddivisioni (trapezia, rettangolare e nuovamente trapezia) e rivestito, disposto per circa 650 m a cavallo della S.S. 125 in area alluvionale costiera. Tale configurazione opera una rettificazione del tratto a monte del ponte sulla S.S. 125; ne consegue una diminuzione della scabrezza con un aumento di velocità rispetto alla precedente configurazione che, tuttavia, in parte è contrastato dall’incremento della sezione.

• Un tratto critico naturale di circa 250 m a monte del canale, che segna il passaggio da un assetto montano o quasi montano ad uno di piana alluvionale costiera, nel quale l’alveo subisce l’influenza della mobilità del fondo e dell’erodibilità delle sponde articolate su depositi ciottolosi sciolti. Nel punto più distante dal canale l’alveo è soggetto ad ostruzioni alluvionali relativamente potenti (2.00m) in Dx.

• Un tratto immediatamente a monte in cui si manifestano restrizioni della sezione larga da 2 a 3 m per rialzi del fondo roccioso (assetto a Step-Pool e Cascade, secondo la terminologia ISPRA) ;

• Un tratto seminaturale a valle della canalizzazione dislocato in area costiera deltizia, nel quale in passato una consistente opera di regimazione ha deviato l’originario corso in quello del Riu de Li Stazzi Vecchi (Riu Frigni). In tal modo, il Riu Scalamala è divenuto affluente del Riu de Li Stazzi

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Vecchi, in quanto dalla confluenza in poi il tratto seguito è quello del Riu de Li stazzi Vecchi. Tale non banale implicazione deriva dal confronto con cartografie IGMI basate su rilievi del XIX secolo.

In sintesi, si è accertato che: □ il tratto canalizzato è dissestato a valle del ponte sulla S.S. 125 nel tratto a sezione trapezia; □ Il dissesto consiste nella deformazione del rivestimento del fondo con formazione di una convessità

strutturale, sia longitudinale che trasversale (con flusso di magra indirizzato in Dx); □ A monte del ponte sulla S.S.125 il canale è piuttosto integro, salvo una piccola breccia in Dx, posizionata

una trentina di metri a monte del ponte di via Pertini nel setto di rivestimento. □ Una condotta fognaria collocata trasversalmente alla corrente entro la sezione costituisce condizione di

criticità. Ad essa verrebbe fatta risalire parte delle responsabilità dell’ultima esondazione del torrente, in quanto in sua corrispondenza si sarebbe verificata l’ostruzione da parte di materiali flottati dalla corrente.

□ L’incremento della sezione all’imbocco del tratto artificiale induce perdita di capacità di carico, in un’area di per sé con chiari segni di aggradazione (sovralluvionamento) naturale.

□ Il rivestimento sul fondo della canalizzazione, fungendo in parte da briglia, opera una selezione granulometrica ostacolando il transito del materiale più grossolano.

□ Poco oltre la sezione corrispondente al Rimessaggio, il deflusso idrico al livello corrispondente alla portata a piene rive piega a Sx ma col superamento di tale livello la corrente di piena genera un ramo che si fa largo lateralmente, più o meno al passaggio fra sostrato roccioso e copertura alluvionale, andando ad inciderlo.

□ Tale deflusso secondario molto concentrato è responsabile della demolizione il 24 Settembre 2009 del manufatto adibito allo scolo di acque bianche in Dx; nel contempo tale dinamica evidenzia la difficoltà dei flussi di piena ad innestarsi nella canalizzazione;

□ Parte dell’esondazione del 24 Settembre 2004 è defluita oltre la sponda Dx. Alla luce delle osservazioni, ai fini della mitigazione della pericolosità attuale, si ritiene di dover trarre le seguenti conclusioni operative, in ordine di priorità:

I. Delocalizzazione della tubazione collocata trasversalmente in alveo alcune decine di metri a monte del ponte sulla S.S. 125;

II. Manutenzione straordinaria del fondo dell’alveo artificiale e rivestito, a valle del ponte sulla S.S. 125 laddove il rivestimento del fondo risulta distrutto o deformato in modo convesso, per uno sviluppo di 80 m;

III. Protezione delle sponde in massi ciclopici in Sx all’altezza della sezione del Rimessaggio per circa 100 m;

IV. Manutenzione straordinaria della riva Dx con sottrazione ci circa 800-900 mc di ciottolame per uno sviluppo di circa 70 m allo scopo di migliorare il deflusso a piene rive riducendo l’ostruzione attualmente comportante la deviazione in Sx e l’apertura di un canale laterale in Dx al di sopra del livello con portata a piene rive;

V. Eventuale protezione in Dx in massi ciclopici anche al fine di regolarizzare la sezione di raccordo in Dx col canale rivestito;

VI. Abbattimento delle masse rocciose costituenti rialzi del fondo per circa 40 m dalla sezione all’altezza del Rimessaggio verso monte

Dott. Geol. Giovanni TILOCCA

Lì, 6/09/2013