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 Acqua a rischio petrolio! Modificare il Piano Tutela delle Acque della Regione Abruzzo per far fronte alla petrolizzazione della Regione. Acqua e petrolio: 3 milioni di galloni di olio rilasciati nelle acque dolci del lago Charles, Louisiana.(tratto dal sito www.darrp.noaa.gov) Rapporto a cura di: Augusto De Sanctis, referente acque WWF Abruzzo Novembre 2010 

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Acqua a rischio petrolio!Modificare il Piano Tutela delle Acque della RegioneAbruzzo per far fronte alla petrolizzazione dellaRegione.

Acqua e petrolio: 3 milioni di galloni di olio rilasciati nelle acque dolci del lago Charles, Louisiana.(tratto dal sito www.darrp.noaa.gov)

Rapporto a cura di: Augusto De Sanctis, referente acque WWF Abruzzo

Novembre 2010 

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IntroduzioneLa Regione Abruzzo ha adottato il Piano di Tutela delle Acque della Regione Abruzzo con Deliberadi Giunta Regionale n.614 (BURA 24 settembre 2010). Il Piano di Tutela delle Acque, sulla base diquanto previsto dall’art.121 del Decreto 152/2006 e relativi allegati, “contiene, oltre agli interventi 

volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del  presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.”Il Piano di Tutela delle Acque è un piano di settore che si occupa delle acque interne, delle acque

sotterranee (comprese tutte “le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve dariferimento per definire il limite delle acque territoriali ”) e delle acque marino-costiere. (così definite

dal D.lgs 152/2006 “le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginariadistante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendonoeventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione”).Il Piano deve esaminare analiticamente tutti gli elementi di pressione antropica e definire tutte lemisure per la protezione e conservazione delle acque.

Attualmente il Piano è nella fase di ricezione delle osservazioni (sei mesi a partire dall’adozione delPiano), di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Incidenza Ambientale sugli effettidel Piano sui Siti di Interesse Comunitario e sulle Zone di Protezione Speciale della ReteNatura2000 (anche nell’ambito di queste procedure è possibile presentare osservazioni). Dopo il

passaggio al Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione, il Piano passeràall’esame del Consiglio Regionale per la sua approvazione definitiva.

Per il Piano il problema petrolio e gas in Abruzzo non esiste!Il Piano di Tutela delle Acque nella versione adottata dalla Giunta incredibilmente non accenna inalcuna parte al tema dello sfruttamento degli idrocarburi. Non cita le concessioni petrolifere che

attualmente coprono il 51,07 % del territorio regionale (coinvolgendo il 72% dei 305 comuniabruzzesi) e le attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi (sia metano che idrocarburi liquidi) incorso di svolgimento e in progetto sia nell'entroterra sia nelle acque prospicienti la costa dellaRegione (FIG.1).

FIG.1 Concessioni in Abruzzo (fonte WWF e Legambiente 2010)

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Tale lacuna appare del tutto inaccettabile in quanto è universalmente riconosciuto il ruolo degliidrocarburi nell’inquinamento delle acque.

Il quadro conoscitivo del Piano: cosa dice del petrolioIl quadro conoscitivo del Piano è del tutto carente su questa tematica quando dovrebbe includere

almeno le informazioni circa la presenza di pozzi abbandonati, pozzi in funzione, aree distoccaggio e aree in concessione. A tal proposito, a mero titolo di esempio circa la necessità di

reperire e includere queste informazioni, si può ricordare un recente servizio del Tg3 Abruzzo incui nel territorio della Majella, versante orientale del Morrone, grandi quantità di idrocarburi si

riversavano in un torrente affluente del Fiume Pescara (tanto che una briglia era diventata di color nero pece). La presenza di idrocarburi nel Fiume Pescara è stata rilevata più volte (si vedano le

analisi per la classificazione delle acque ai fini della potabilizzazione). Ciò testimonia l'impattopotenziale sulla qualità delle acque delle strutture esistenti/abbandonate e l'enorme influenza chela pianificazione dello sfruttamento degli idrocarburi potrebbe avere sulle finalità del Piano diTutela delle Acque. Ovviamente solo un quadro conoscitivo soddisfacente su questa tematica può

permettere di prevedere e prevenire impatti negativi sulle acque superficiali, sotterranee e marino-costiere.Appare incredibile che la Regione non abbia neanche recepito lo studio di WWF e Legambientepresentato ormai un anno fa in cui si riportavano analiticamente tutti i dati georeferenziati relativi ai

pozzi presenti nella Regione Abruzzo (compresi quelli a mare) e alle concessioni rilasciate e inesame. Al 31 dicembre 2007 sono state effettuate in Abruzzo 722 perforazioni, concentrate

essenzialmente nella fascia pedemontana e collinare costiera. (FIG.2).

FIG.2 Localizzazione dei pozzi scavati in Abruzzo dagli inizi del novecento al 2007 (fonte WWF e Legambiente 2009)

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La cosa appare ancora più grave perché il tema è stato sollevato dalle associazioni duranteun’assemblea pubblica di presentazione del piano ancora in bozza avvenuta il 29 aprile 2010(punto 8 del relativo verbale), ricevendo in quella sede una semplicistica risposta (il Piano di Tuteladelle Acque in base al D.lgs 152/2006 non si occuperebbe di idrocarburi!).La cosa non corrisponde alla realtà dei fatti. I poteri assegnati alle regioni dal D.lgs 152/2006 al

fine di stabilire misure specifiche per le acque sono molto ampi. Ad esempio, l’Art. 94. Disciplinadelle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano  

prevede che siano le Regioni ad individuare limitazioni e prescrizioni anche per le attivitàproduttive nelle zone di protezione individuate. Spetta alla Regione stessa l’individuazione delle

zone di protezione (l’Art.94 comma 1 del D. lgs 152/2006 così recita “Su proposta delle Autoritàd'ambito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto cheriveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano learee di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda ”).Il D.lgs 152/2006 dispone altresì per le zone di protezione che: “Le zone di protezione devonoessere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la

 protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, siagenerali sia di settore.”Addirittura il successivo Decreto Legislativo 16 marzo 2009, n. 30 "  Attuazione della direttiva

2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento” all’Art. 7. Misure per prevenire o limitare le immissioni di inquinanti nelle acquesotterranee prevede che “…al fine di prevenire o di limitare le immissioni di inquinanti nelle acquesotterranee e di perseguire gli obiettivi di cui agli articoli 76 e 77 del decreto legislativo n.152 del 

2006, le regioni assicurano che il programma di misure stabilito conformemente all'articolo 116 del medesimo decreto legislativo comprenda:

a) tutte le misure necessarie a prevenire scarichi ed immissioni indirette nelle acquesotterranee di sostanze pericolose di cui articolo 74, comma 2, lettera ee), del decreto legislativo n.

152 del 2006. Le regioni individuano le sostanze pericolose tenendo conto, in particolare, di quelleappartenenti alle famiglie o ai gruppi di inquinanti tra quelle dell'Allegato 8, alla Parte Terza, punti da 1 a 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006;

b) tutte le misure necessarie per limitare gli scarichi e le immissioni indirette nelle acquesotterranee di sostanze non considerate pericolose di cui al citato Allegato 8 del decreto legislativon. 152 del 2006 e di altri inquinanti non pericolosi, al fine di evitare un deterioramento ed unasignificativa e duratura tendenza all'aumento della concentrazione di inquinanti nelle acque

sotterranee. Nell'individuazione delle misure si tiene conto delle migliori pratiche ambientali e dellemigliori tecniche disponibili.

In realtà il D.lgs 152/2006 demanda allo Stato solamente le autorizzazioni agli scarichi negli strati

profondi di acque derivanti da coltivazione di pozzi per l’estrazione di idrocarburi. Le Regionihanno pieni poteri nel prevedere norme, anche più restrittive, per le localizzazioni di attività

produttive, fasce di rispetto ecc. qualora possano influenzare il raggiungimento degli obiettivi diqualità obbligatori; ciò, ovviamente, attraverso un’adeguata motivazione tecnica.Di seguito offriamo una breve disamina degli impatti sulla qualità delle acque che rendeinoppugnabile questo approccio, che, peraltro, renderebbe tali norme non impugnabili da parte delGoverno nazionale davanti alla Corte Costituzionale in quanto derivanti da specifici poteri

assegnati alle regioni dalle norme nazionali.

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Acquiferi, falde e fiumi a rischio petrolioLe attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi dovrebbero essere tra quelle vietate:-nelle aree di Rispetto, di Tutela e di Protezione di cui agli art.21, 22, 23 e 24 delle NormeTecniche di Attuazione del Piano di Tutela delle Acque della Regione Abruzzo (e delle relativeLinee Guida allegate al Piano per la definizione di tali aree) che si riferiscono alla salvaguardia

delle aree importanti per la qualità delle acque destinate al consumo umano;-in tutte quelle aree in cui siano presenti acquiferi rilevanti (FIG.3), ancorché già degradati (come

prevede il già richiamato Art.7 del Decreto Legislativo 16 marzo 2009, n. 30 "  Attuazione delladirettiva 2006/118/CE, relativa alla protezione elle acque sotterranee dall'inquinamento e dal 

deterioramento .");-nelle aree limitrofe al reticolo idrografico superficiale (FIG.4).

Ciò in considerazione dei danni agli acquiferi che normalmente si riscontrano sia durante lenormali attività di sfruttamento dei giacimenti sia per incidenti di più vasta portata ed eccezionali.

FIG.3 Corpi idrici sotterranei significativi e d’interesse della Regione Abruzzo(Piano di Tutela delle Acque della Regione Abruzzo, carta 1.5) 

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FIG.4 Corpi idrici superficiali significativi e d’interesse della Regione Abruzzo(Piano di Tutela delle Acque della Regione Abruzzo, carta 1.3) 

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Contaminazione della falda e attività produttiva dell’industria petroliferaL'impatto dello sfruttamento degli idrocarburi sulla qualità dell'acqua è incontrovertibile. A talproposito è illuminante citare i dati riguardanti i casi di contaminazione dell'acqua di falda avvenutinel solo New Mexico negli Stati Uniti (elaborazione O.G.A.P. su 705 eventi di contaminazione dellefalde dal 1990 ad oggi, registrati dall'ente che si occupa dello sfruttamento petrolifero!).

FIG.5  Eventi di contaminazione in New Mexico - fonti di perdita di olio e contaminanti.

La FIG.5 mostra che larga parte degli eventi di contaminazione è connessa a oleodotti e a punti distoccaggio dei fluidi che costituiscono le maggiori cause di rilasci di inquinanti nel terreno e nelleacque. La FIG.6 evidenzia come la gran parte di questi eventi avvenga nei pressi dei pozzi.

FIG.6 New Mexico - Localizzazione dei punti di stoccaggio causa di eventi di contaminazione

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 I rilasci accidentali e/o gli incidenti che portano al rilascio di olio o sostanze contaminanti nel suolointeressano in larga misura le acque superficiali ma possono causare contaminazione delle faldefino a decine di metri di profondità (FIG.7).

FIG.7 Questo grafico dimostra come gli incidenti possono coinvolgere anche la falda profonda.

Un caso di contaminazione della falda molto studiato negli Stati Uniti è quello avvenuto a Bemidjiin Minnesota. Le due Figure seguenti, la 8 e la 9, tratte da Delin (1998) mostrano chiaramente il

percorso di contaminazione della falda a seguito dello sversamento superficiale di olio.

FIG.8 Processo di contaminazione della falda.

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FIG.9 Processi chimico-fisici che avvengono a seguito di sversamento su terreno di olio..

Le fonti di rilascio di olio e sostanze contaminanti nelle aree interneNegli Stati Uniti vengono monitorati da alcuni decenni gli sversamenti di olio nell’ambiente. Nella

banca dati dell’Environmental Protection Agency dal 1980 al 2003 sono stati registrati 51.829 casidi perdite di olio nelle aree interne del paese con una media di quasi 40 milioni di litri di olio

sversati nell’ambiente ogni anno (FIG.10). Gli sversamenti derivano in larga parte dalle strutturefisse che stoccano in qualche modo oli (strutture sottoposte a SPCC, TAB.1) quali raffinerie,strutture nei pressi di pozzi, aziende che stoccano prodotti petroliferi ecc. E’ interessante notarecome, nonostante il varo di regole più restrittive di sicurezza, le strutture di stoccaggio continuino

ad essere comunque i punti a maggior rischio di sversamento (FIG.11)

FIG.10 Andamento degli sversamenti sul territorio degli Stati Uniti (comprese acque superficiali).Tratta da Etkin 2001)

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 TAB.2 Numero di sversamenti nelle aree interne degli Stati Uniti per fonte (Etkin 2006).

FIG.11 Trend della probabilità di sversamenti per ogni fonte (Etkin 2006).

Incidenti di larga scala e acque interne: tre casi-studioPer quanto riguarda gli incidenti di grande rilevanza che possono accadere negli impianti per losfruttamento, trasporto e lavorazione degli idrocarburi illustriamo tre esempi molto significativi, unoper ciascuna di queste tre fasi della produzione e lavorazione degli idrocarburi.

Incidenti nelle fasi di produzione - TrecateNel 1994 a Trecate un pozzo è esploso causando la dispersione di circa 12.600 mc di petrolio, 1milione di mc di gas naturale e 1.000 mc di acqua di pozzo su un'area vasta 5.000 ettari edensamente coltivata e abitata. L'incidente ha comportato l'inquinamento del suolo e della falda,determinando la necessità di un'azione di bonifica su circa 1200 ettari e l’asportazione di 27.000

mc di terreno superficiale scarificato nelle aree maggiormente impattate. Qui di seguito alcuneimmagini dell'incidente di Trecate (FIG.12-15, 12,14 e 15 tratte da Arlotti D. et al. 1998).

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 FIG.12 Il pozzo AGIP di Trecate (MI) durante l’incidente.

Si noti la ricaduta a destra sui terreni circostanti.

FIG.13 Auto coperta da olio a Trecate (da www.notriv.it/public/macchina%20petrolio_p.jpg)

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 FIG.14 Aree di ricaduta dell’olio attorno al pozzo AGIP (cerchio bianco) di Trecate (MI).  

FIG.12 L’olio copre i campi attorno al pozzo AGIP di Trecate (MI)

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Incidenti nella fase di trasporto – Il fiume KalamazooNel luglio 2010 nel fiume Kalamazoo negli Stati Uniti sono stati rilasciati 1.000.000 di galloni dipetrolio a causa della rottura di un oleodotto che ha portato alla dichiarazione di emergenzanell'intero stato (il fiume Kalamazoo s’immette nel lago Michigan). Alcune decine di persone sonostate evacuate e i lavori di pulizia sono tuttora in corso ad oltre 4 mesi dallo sversamento (FIG.16 e

FIG.17).

FIG.16 Il Fiume Kalamazoo inquinato

FIG.17 Cartello di divieto per l’uso delle acque del fiume, insicure a causa dello sversamento.

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Fase dello stoccaggio -Il caso del LambroA febbraio 2010 lo sversamento nel Lambro di 2600 tonnellate di materiale oleoso dalle cisternedell’ex raffineria di Villasanta può essere stato il colpo di grazia per un fiume da decenni in unvergognoso stato di degrado, simile per alcuni versi a quello di alcuni fiumi abruzzesi. La mareanera ha bloccato il depuratore di Monza che serve 700.000 persone. E' stato dichiarato lo Stato di

Emergenza Nazionale per far fronte a questa minaccia. Qui sotto due immagini dell’incidente edelle conseguenze sulla fauna (FIG.18 e FIG.19)

FIG.18 Germano reale soccorso sul Lambro FIG. 19 Olio in acqua nel Lambro

Acque marino-costiere e rischio petrolioDopo l'incidente nel Golfo del Messico è divenuta più chiara a tutti la rilevanza del rischio di

incidenti del genere per l'Adriatico (basti pensare che la macchia principale sversata nel Golfoavrebbe coperto un'area pari a 2/3 dell'Adriatico). Alcuni hanno sostenuto che un incidente delgenere sarebbe impossibile in Adriatico a causa dei bassi fondali rispetto all'incidente nel Golfo del

Messico. In realtà:a)diverse concessioni riguardano il basso adriatico dove le profondità sono importanti (oltre 1000metri di profondità);

b)pochi ricordano che nel 1979 un altro incidente coinvolse la piattaforma Ixtoc I nel Golfo delMessico riversando circa 3 milioni di barili di petrolio in mare. Il pozzo rimase aperto per circa un

anno nonostante fosse a 50 metri di profondità (FIG.20).E’ interessante notare come ormai la maggior parte dei 9.522 sversamenti registrati in mare sia

collegata alle fasi di normale operatività e non ad incidenti. Inoltre le fasi di carico e scarico sonoquelle a maggiore rischio. L’ITOPF (FIG.21) ha dimostrato come gli sversamenti in mare sianosempre meno connessi alla fase di trasporto con petroliere e sempre più legati alle altre attivitàpetrolifere (estrazione; carico e scarico; oleodotti ecc.). 

FIG.20 L’incidente della piattaforma Ixtoc I (immagine tratta da Wikipedia) 

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 FIG.24 Cause degli sversamenti in mare di minori dimensioni <7 tonnellate (interventi ITOPF)  

Sversamenti in Mediterraneo e in Adriatico

Secondo Moretti (2008) il 30% del greggio mondiale trasportato per nave segue rottemediterranee. Circa 1/3 di questo arriva in Adriatico. Trieste è il maggiore porto petrolifero italianoper arrivi (il greggio viene immesso nell’oleodotto SIOT verso Austria e Germania). In Adriatico, vi

sono una decina di porti petroliferi, 7 terminali, 3 oleodotti, 13 raffinerie, oltre a quasi un centinaiodi piattaforme offshore (alcune attive). Il Mediterraneo è già ora il mare più contaminato al mondoda idrocarburi con una media di 38 milligrammi per metro cubo di acqua (contro i 3,8 del sistemagiapponese, i 2,2 della Corrente del Golfo, ad esempio).

FIG.25 Principali rotte e flussi di petrolio nel Mediterraneo (fonte WEBGIS ITOPF)

Il grande pubblico è a conoscenza dei rischi connessi al trasporto di idrocarburi con le navi a causa

degli incidenti che hanno coinvolto petroliere in diversi paesi mediterranei (basterà ricordare laHaven in Liguria). Il rischio di incidente è strettamente collegato sia al volume di traffico (FIG.25)sia ad alcune caratteristiche delle navi, come la velocità di crociera e le loro caratteristichestrutturali. Sversamenti di grandi dimensioni sono avvenuti anche nel basso Adriatico, comemostra la FIG.26 basata su dati dell’European Environment Agengy.Uno studio di Savini e Corso (2008) ha studiato il traffico marittimo nell’Adriatico nel periodo 2003-

2007. Gran parte delle navi censite battevano bandiera italiana. Le altre, per ordine diabbondanza, battevano la bandiera di Panama, Malta, Liberia, Grecia, Marshall Islands, BahamasIslands, Turchia, United Kingdom, Cipro, Iran, Isola di Man (per un totale di 85 bandiere diverse,alcune delle quali inserite nella “Black List” redatta dal Paris MOU nel 2005). Sempre questo studio

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ha evidenziato come nell’Adriatico passano navi con carichi pericolosi anche di medie e grandidimensioni (da 1000 a 88000 ton). Le navi che circolano in Adriatico sono risultate abbastanzavecchie in quanto per le “chemical tanker ” sono stati registrati ben 3 transiti di navi degli anni ‘70,16 degli anni ’80, 44 degli anni ’90, 41 degli anni ’00. Per le “oil tanker ” 3 sono i passaggi di navicostruite negli anni ’70, 14 negli anni ’80, 36 negli anni ’90 infine 89 negli anni 2000. Si stima che

ogni giorno nell’Adriatico centrale passano 5-6 navi che trasportano sostanze pericolose,escludendo i traghetti.

FIG.26 Principali sversamenti di petrolio in mare in Europa. (EEA 2010)

Le nuove tecnologie per localizzare gli sversamenti in mareGran parte degli sversamenti in mare coinvolge quantità di olio piccole ed è spesso collegata acomportamenti scorretti quali lo scarico illegale delle acque di sentina. Altra fonte importante diinquinamento è quella connessa alle normali attività gestionali, come abbiamo già visto per gli

sversamenti su terraferma. Infatti, molte perdite avvengono durante le varie fasi di trasporto estoccaggio degli idrocarburi, come il carico e scarico dalle navi, il trasferimento degli idrocarburidalle piattaforme ai battelli cisterna e alle bettoline. Esistono diversi sistemi per cercare di

monitorare questi fenomeni e negli ultimi anni si stanno sviluppando le tecniche di remote sensingquale l’esame delle immagini satellitari e aeree (FIG27).

Questa tecnica può essere utilizzata per studiare la variazione degli sversamenti nei diversi periodidell’anno, anche mensilmente (FIG.28)

Il Joint Research Center dell’Unione Europea (Tarchi 2006) ha pubblicato una mappa di 9299possibili sversamenti in mare localizzati attraverso lo studio di oltre 18000 immagini satellitariraccolte tra il 1999 e il 2004 (FIG.29).

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FIG.27 Esempio di sversamento da piattaforma in Adriatico individuato grazie a foto aeree e satellitari (R.E.M.P.E.C 2007)

FIG.28 Possibili sversamenti di petrolio in mare in Adriatico in un mese estivo ((R.E.M.P.E.C 2007))

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FIG.29 Possibili sversamenti di petrolio in mare in mediterraneo 1999-2004 (Tarchi 2006)

Partendo da questi dati reali, questo prestigioso istituto scientifico ha elaborato una mappa delrischio per l’intermo Mediterraneo da cui si evince come l’Adriatico centrale sia una delle aree amaggior densità di perdite di petrolio (FIG.30).

FIG.30 Mappa del rischio di sversamenti di petrolio in mare in mediterraneo 1999-2004 (Tarchi 2006)

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La tecnologia a servizio della prevenzioneIn Adriatico sono in corso diversi progetti per elaborare modelli statistici in cui una grande mole didati relativi al clima, alle correnti marine, al moto ondoso, al traffico marittimo ecc viene utilizzatacontemporaneamente per elaborare mappe della vulnerabilità, del rischio, di impatto e per implementare strategie di mitigazione in caso di effettivo sversamento. Le FIG. 31 e 32 sono

riprese da uno di questi progetti (Mosetti 2005) e mostra lo schema di lavoro e i risultati che siottengono.

FIG.31 Modalità di studio per la prevenzione del rischio inquinamento sulle coste e in mare

FIG.32 Modello previsionale che mostra il percorso probabile di una macchia d’olio sulla base di dati ambientali quali l’andamento delle correnti, le condizioni climatiche ecc.

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Questi modelli sono stati elaborati anche per i vari settori dell’Adriatico (Coppini et al. 2009,

FIG.33). Questi studi dimostrano l’esistenza di un rischio elevato di sversamenti nell’Adriaticocentrale e, quindi, una grande vulnerabilità per le acque marino-costiere abruzzesi (FIG.34).

FIG.33 Mappe relative al rischio standardizzato per i vari settori dell’Adriatico (da Coppini et al 2009)

FIG.34 Residui oleosi spiaggiati in Abruzzo nel chietino

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CAMBIARE IL PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE:LE RICHIESTE DI WWF E LEGAMBIENTE SUGLI IDROCARBURI

Gli studi citati dimostrano la totale incompatibilità tra sfruttamento degli idrocarburi e tutela degli

acquiferi, sia, ovviamente, nelle aree destinate alla salvaguardia delle acque destinate al consumoumano sia nelle aree in cui siano presenti corpi idrici sotterranei significativi e d'interesse, peraltro

già fortemente pregiudicati dal punto di vista della contaminazione. Ciò senza neanche dover richiamare l'enorme dibattito aperto negli Stati Uniti circa l'uso di particolari tecniche come

l'”hydraulic fracturing ” nello sfruttamento del metano che ha portato recentemente l'EPA ad avviareun'apposita ricerca in considerazione dei fortissimi sospetti circa l’impatto di queste modalitàestrattive sulle falde. Oltre agli aspetti collegati allo sfruttamento in terraferma, è necessarioaffrontare proattivamente il rischio di sversamento in mare.

Per questo riteniamo che il Piano di Tutela debba prevedere specifici divieti alle attività di ricerca ecoltivazione di idrocarburi, sia per quanto riguarda la tutela dei corpi idrici sotterranei sia per 

quanto riguarda la tutela dei corsi d'acqua (prevedendo consistenti buffer area attorno al reticoloidrografico superficiale) e, infine, per le acque marino costiere.

WWF e Legambiente chiedono che nel Piano di Tutela delle Acque:

a) sia aggiornato il quadro conoscitivo usando i dati relativi a concessioni e pozzi (FIG.1 e 2);

b) sia realizzato e inserito nel Piano di Tutela delle Acque uno studio sui rischi connessi allosversamento di petrolio in mare individuando le aree a maggior rischio utilizzando lericerche citate nel presente dossier;

c) siano immediatamente perimetrate le zone di tutela, salvaguardia e protezione delle acquedestinate al consumo umano in cui vietare tutte le attività produttive connesse agliidrocarburi;

d) sia vietata la realizzazione di pozzi, sia per la ricerca che per l’estrazione, e di strutturecollegate all’estrazione di idrocarburi (oleodotti; punti di stoccaggio; centri per laraffinazione e la lavorazione ecc.) nelle aree interessate da corpi idrici sotterranei

significativi e di interesse (FIG.3)

e) sia vietata la realizzazione di pozzi, sia per la ricerca che per l’estrazione, e di strutturecollegate all’estrazione di idrocarburi (oleodotti; punti di stoccaggio; centri per laraffinazione e la lavorazione ecc.) nelle aree attorno ai corpi idrici superficiali d’interesse,

individuando una fascia di rispetto di almeno 3 km attorno ad essi (FIG.4)

f) siano prescritte nel Piano di Tutela specifiche norme di comportamento e di monitoraggio(analisi in continuo, telecamere ecc) presso i punti di attracco delle navi che trasportano

idrocarburi liquidi;

g) siano previste nel PTA forme di prevenzione e previsione connesse al rischio disversamento di idrocarburi liquidi in mare.

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Il Piano di Tutela adottato è consultabile e scaricabile da sito:http://www.regione.abruzzo.it/pianoTutelaacque/

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