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DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE Numero 8 – Settembre 2015 «Ecologia integrale» L’industria estrattiva mina sempre più ambiente e salute delle comunità locali Repubblica del Congo

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DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 8 – Settembre 2015

«Ecologia integrale»L’industria estrattiva mina sempre più ambiente e salute delle comunità locali

Repubblica del Congo

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INDICE

A cura di: Francesco Soddu | Angelo Pittaluga | Fabrizio Cavalletti | Paolo Beccegato

Testi: Angelo Pittaluga

Hanno collaborato: Danilo Angelelli | Renato Marinaro

Foto: Angelo Pittaluga

Grafica e impaginazione: Danilo Angelelli

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Numero 8 | Settembre 2015

REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

L’industria estrattiva mina sempre piùambiente e salute delle comunità locali

Foto di copertina: incendi provocati nella foresta pluviale dietro Point-Noire, Repubblica del Congo (Congo-Brazzaville), giugno 2015.La foresta pluviale del Congo è un ecosistema fortemente a rischio a causa della deforestazione incontrollata, dello sfruttamentointensivo delle risorse minerarie e dell'estrazione del petrolio con metodi inquinanti e non convenzionali.

Introduzione 3

1. Il problema a livello internazionale 5

2. Il problema a livello regionale e nazionale 9

3. Le cause e le connessioni con l’Italia e con l’Europa 11

4. I dati Caritas 13

5. Testimonianze 15

6. La questione 19

7. Le esperienze e le proposte 21

Note 24

Bibliografia e sitografia 26

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«Questo mondo immenso, misterioso, magnifico, questouniverso dalle mille forze, dalle mille leggi, dalle mille bel-lezze, dalle mille profondità, è un panorama incantevole.Pare prodigalità senza misura. Assale, a questo sguardoquasi retrospettivo, il rammarico di non averlo ammiratoabbastanza questo quadro, di non aver osservatoquanto meritavano le meraviglie della natura, le ric-chezze sorprendenti del macrocosmo e del microcosmo. Perché non ho studiato abbastanza, esplorato, ammi-rato la stanza nella quale la vita si svolge? […]

Ti saluto e ti celebro all’ultimo istante, sì, con im-mensa ammirazione e, come si diceva, con gratitudine:tutto è dono; dietro la vita, dietro la natura, l’universo,sta la Sapienza; e poi, lo dirò in questo commiato lumi-noso, sta l’Amore» . Paolo VI, Pensiero alla morte 1

La questione ecologica, sollevata dai primi movimentiambientalisti negli anni Sessanta e Settanta del secoloscorso, ha assunto negli ultimi decenni un’importan-za prioritaria. Il progressivo deterioramento dell’am-biente naturale in cui viviamo, l’aumento vertiginosodell’inquinamento globale, il preoccupante fenomenodel surriscaldamento globale e le conseguenze, visibilie innegabili, di questi fattori (siccità, desertificazioni,acidità dei mari e dei suoli, disastri ambientali) ci co-stringono a prendere sul serio l’argomento.

I gravi rischi futuri espressi dalla comunità scientificainternazionale, dalle istituzioni mondiali e confermati dal-l’incremento, anno dopo anno, delle catastrofi ambien-tali, mostrano con chiarezza che il problema ambientaleè divenuto ormai «una questione vitale per la sopravvi-venza dell’uomo»2. Non possiamo più voltare la testa al-trove, fingere o convincerci che il problema non sia cosìgrave e attuale, o adagiarci sulla fittizia rassicurazione cheil progresso tecnologico risolverà tutti i problemi. La que-stione è troppo importante per essere disattesa: riguardail mondo in cui viviamo, la vita di ciascuno di noi e il fu-turo che lasceremo in eredità ai nostri figli.

Nell’ultima enciclica di Papa Francesco, intitolataLaudato Si’ – Sulla cura della casa comune, emerge unrichiamo molto forte alla necessità di una «conver-sione ecologica globale» 3, che si inserisce nel solcodella tradizione cristiana e del magistero sociale dellaChiesa 4. Se in passato è prevalsa un’interpretazionedella Bibbia secondo la quale l’uomo è chiamato a do-minare e soggiogare la natura, nella presente enciclicasi chiarisce come questa non sia una spiegazione cor-retta del messaggio cristiano. L’uomo infatti ha rice-vuto la Terra come dono da Dio e ha il dovere moraledi rispettarla e prendersene cura, di «coltivare e custo-dire il giardino del mondo» 5.

L’aspetto più innovativo dell’enciclica risiede, tutta-via, nell’aver coniugato il tema ambientale con quellodella giustizia sociale. L’esortazione al rispetto dellaterra, alla salvaguardia del Creato e alla necessità dimutare gli attuali modelli di produzione economica edi stili di vita, insostenibili per il futuro del pianeta, silegano strettamente al discorso sulla liberazione dal-l’ingiustizia, dall’oppressione e da ogni forma di vio-lenza che abita il mondo, come unica via per costruireun futuro migliore. La critica alla condotta umana chegenera distruzione e danni all’ambiente non può es-sere disgiunta dalla critica ad un sistema economicoe finanziario contrario alla dignità umana, poiché «ildegrado della natura è strettamente connesso alla cul-tura che modella la convivenza umana» 6. In sintesi:

«Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondorichiede di cambiare profondamente gli stili divita, i modelli di produzione e di consumo, lestrutture consolidate di potere che oggi reg-gono le società».

Un altro aspetto rilevante è la denuncia del para-digma teconocratico come fondamento del sistemaeconomico globale che non tiene conto dei limitidell’ambiente:

«Ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto èpossibile dalle cose attraverso l’imposizione dellamano umana, che tende ad ignorare o a dimenti-care la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per que-sto l’essere umano e le cose hanno cessato di darsiamichevolmente la mano, diventando invece deicontendenti. Da qui si passa facilmente all’idea diuna crescita infinita o illimitata, che ha tanto entu-siasmato gli economisti, i teorici della finanza edella tecnologia. Ciò suppone la menzogna circala disponibilità infinita dei beni del pianeta, checonduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite».

3REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

Introduzione

Laudato Si’, 5 7

Laudato Si’, 106 8

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Inoltre vi è un forte accento sull’esigenza di traspa-renza, legalità, tutela e coinvolgimento delle popola-zioni locali nei progetti imprenditoriali.

«La previsione dell’impatto ambientale delle ini-ziative imprenditoriali e dei progetti richiedeprocessi politici trasparenti e sottoposti al dia-logo, mentre la corruzione che nasconde il veroimpatto ambientale di un progetto in cambio difavori spesso porta ad accordi ambigui che sfug-gono al dovere di informare ed a un dibattitoapprofondito».

Il ruolo delle comunità locali è di primo piano:

«Nel dibattito devono avere un posto privile-giato gli abitanti del luogo […] Bisogna abban-donare l’idea di “interventi” sull’ambiente, perdar luogo a politiche pensate e dibattute datutte le parti interessate. La partecipazione ri-chiede che tutti siano adeguatamente informatisui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilità, enon si riduce alla decisione iniziale su un pro-getto, ma implica anche azioni di controllo omonitoraggio costante».

A tutela delle comunità il Papa afferma l’esigenzadi un principio di precauzione nello sviluppo di inizia-tive ad alto impatto ambientale.

«Se l’informazione oggettiva porta a prevedereun danno grave e irreversibile, anche se non cifosse una dimostrazione indiscutibile, qualun-que progetto dovrebbe essere fermato o modi-ficato. In questo modo si inverte l’onere dellaprova, dato che in questi casi bisogna procurareuna dimostrazione oggettiva e decisiva che l’at-tività proposta non vada a procurare danni graviall’ambiente o a quanti lo abitano».

Come fece papa Giovanni XXIII con la Pacem in ter-ris, rivolta «a tutti gli uomini di buona volontà», cosìPapa Francesco con la sua ultima enciclica intende en-trare in dialogo con tutti. La minaccia ambientale chegrava sul mondo contemporaneo, infatti, è paragona-bile al rischio di una crisi nucleare nel secolo scorso;del resto, con frequenza crescente l’esaurimento o lasignificativa riduzione di risorse naturali prioritarie,come l’acqua, stanno generando sanguinose guerrein varie parti del mondo, ed esodi migratori inarresta-bili.

«È prevedibile che il controllo dell’acqua daparte di grandi imprese mondiali si trasformi inuna delle principali fonti di conflitto di questosecolo».

Si tratta di una minaccia per l’umanità intera, che di-pende principalmente da fattori umani, di fronte allaquale è necessario essere consapevoli e assumersi laresponsabilità di una risposta radicale. Per queste ra-gioni il richiamo del Papa suona particolarmente ac-corato e urgente 9.

Non possiamo più voltare la testaaltrove, fingere o convincerci che ilproblema non sia così grave e attuale,o adagiarci sulla fittizia rassicurazioneche il progresso tecnologico risolveràtutti i problemi

La questione è troppo importanteper essere disattesa: riguarda il mondoin cui viviamo, la vita di ciascuno di noie il futuro che lasceremo in ereditàai nostri figli

Laudato Si’, 182

Laudato Si’, 183

Laudato Si’, 186

Laudato Si’, 31

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Non vi è dubbio che la questione ambientale si stiatramutando progressivamente in una “emergenza am-bientale”, una crisi le cui dimensioni stanno mettendoa repentaglio la stessa sopravvivenza della specieumana. Se tale linguaggio può apparire eccessivo, ocatastrofico, si possono citare alcuni dati oggettivi suidisastri e le catastrofi ambientali negli ultimi decenni.

Dal 1970 al 2012, secondo le stime dell’Organizza-zione meteorologica mondiale, sono stati registrati8.835 disastri, che hanno causato la morte di quasi 2milioni di persone. Il dato più significativo, tuttavia, ri-guarda la crescita progressiva e costante di tali disastri.Come riporta il grafico sottostante, negli anni Settantanel mondo si sono verificati 743 disastri, tra cui siccità,alluvioni, ondate di caldo o di freddo estremi, incendiincontrollati e tempeste; nel decennio 2001-2010 cene sono stati 3.496. Si tratta di una crescita impressio-nante in soli trent’anni 10.

Osservando l’andamento dei disastri ambientali,come registrati dall’Organizzazione meteorologicamondiale a partire dal 1970, divisi per decadi, si rilevache ogni 10 anni il numero di tali eventi è quasi rad-doppiato. Oggi questi disastri si verificano cinquevolte più spesso rispetto agli anni Settanta.

Dinanzi a questi dati allarmanti, la comunità scien-tifica internazionale si è posta la questione delle causeche stanno alterando così vistosamente gli equilibridell’ecosistema, raggiungendo una risposta pressochéunivoca: l’aumento dei disastri naturali deriva dal-l’azione umana sull’ambiente e si accompagna propor-zionalmente all’aumento dell’inquinamento a livelloglobale e all’approccio sempre più aggressivo del-l’uomo nei confronti dell’ambiente naturale, in parti-colare nel settore dell’industria estrattiva. Tra i metodiestremi (o “non convenzionali”) dell’industria modernaper l’estrazione mineraria si citano: il fracking, o frattu-razione idraulica, che consiste nella trivellazione e suc-cessiva fratturazione di uno strato roccioso contenenteidrocarburi, anche a grandi profondità; lo spianamentodelle montagne per l’estrazione del carbone a cieloaperto; lo sfruttamento delle “sabbie bituminose” perl’estrazione del petrolio, con la conseguente distru-zione di distese sconfinate di foreste vergini 12.

«Mentre i ministri dell’Ambiente e i capi di Statocontinuano a incontrarsi per discutere della riduzionedelle emissioni globali, decine di miliardi di euro ognianno vengono investiti nell’esplorazione non conven-zionale di idrocarburi e di nuove reti di oleodotti e ga-sdotti, in una lotta disperata per la preservazione diun modello di sviluppo che ha portato il pianeta allosfascio» 13. L’industria estrattiva sta colpendo dura-mente soprattutto – anche se non solo – nei paesi delSud del mondo, dove tristemente gli incidenti, le fuo-riuscite di petrolio, la deforestazione selvaggia e losfruttamento intensivo di risorse con metodi non con-venzionali fanno meno notizia.

È il caso per esempio del delta del Niger, dove l’estra-zione petrolifera continua da decenni ad avvelenarel’ecosistema locale e le popolazioni indigene, lontanodai riflettori mediatici. Il governo della Nigeria stima

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1. Il problema a livellointernazionale

Numero di disastri registrati nel mondoper decennio e per tipo di evento 11

4.000

3.000

2.000

1.000

0

743

1.534

2.386

3.496

1971-1980 1981-1990 1991-2000 2001-2010

L’industria estrattiva sta colpendoduramente soprattutto nei paesidel Sud del mondo

Alluvioni

Smottamenti

Tempeste

Siccità

Temperature estreme

Incendi

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che, nel periodo tra il 1976 e il 2001, vi siano stati 6.817versamenti accidentali di petrolio (quasi uno al giornoper 25 anni), ma gli analisti sostengono che il numeroreale possa essere anche dieci volte maggiore 14. Unostudio del 2007 del World Conservation Unit valuta chenel delta del Niger siano stati versati, negli ultimi 50anni, 1,5 milioni di tonnellate di petrolio 15.

Il gruppo intergovernativo sul cambiamento clima-tico (IPCC), il principale organismo internazionale isti-tuito dalle Nazioni Unite per lo studio dei cambiamenticlimatici, avvalendosi della collaborazione di migliaiadi scienziati ha prodotto rapporti dettagliati, in cui sidimostrano le connessioni causali tra attività antropi-che e cambiamento climatico, con conseguenti danniambientali che stanno sconvolgendo il pianeta.

«I livelli di anidride carbonica, di metano e di ossidod’azoto hanno raggiunto livelli mai registrati negli ul-timi 800 mila anni, il cui valore è stato determinatoanalizzando i campioni di atmosfera intrappolati inAntartide. Il 30% di anidride carbonica in eccessoviene assorbita dagli oceani, determinando un au-mento nella loro acidità e la conseguente distruzionedelle barriere coralline. […] L’uso di combustibili fossilia scopo energetico, l’agricoltura industrializzata, la de-forestazione tropicale, sono tutti fattori che hanno de-terminato un aumento dei gas serra nell’atmosfera,causando un maggiore trattenimento di energia. L’ef-fetto serra naturale si è, in tal modo, arricchito di unacomponente antropica che è la causa dell’attuale ri-scaldamento globale. L’aumento di gas serra antropo-genici, infatti, ha determinato un notevole incrementonelle temperature mondiali. Negli ultimi trent’anni letemperature medie sono state superiori a quelle regi-strate nei precedenti 200 anni. Ogni decade, inoltre, èstata caratterizzata da temperature più elevate ri-spetto alla decade precedente» 16.

Nel grafico che segue i differenti colori utilizzati siriferiscono ai diversi studi e banche dati che hannoanalizzato il fenomeno. Nonostante alcune differenzedi misurazione, i trend di lungo termine corrispondono.

L’aumento progressivo delle temperature apparedunque strettamente legato all’attività dell’uomo, so-prattutto nei settori industriali, e più precisamente adun modello di sviluppo che si basa principalmente sul-l’uso intensivo di combustibili fossili, al centro del si-stema energetico mondiale 18. Un sistema economicoimprontato alla massimizzazione del profitto a brevetermine, senza considerazioni etiche sulle conse-guenze per l’ambiente naturale e la salute umana, stagenerando tutte le preoccupanti conseguenze sopraanalizzate, come il surriscaldamento globale, l’acidifi-cazione degli oceani, la perdita di foreste tropicali (sipensi alla foresta Amazzonica in Sud America e alla fo-resta pluviale nel bacino del Congo in Africa, conside-rati “i polmoni del mondo”), lo scioglimento deighiacciai perenni dell’Antartide e della Groenlandia.

«Secondo i dati forniti dall’IPCC, che ammettonouna probabilità di errore pari al 10%, tra il 1971 e il2009 ogni anno si sarebbe verificata una riduzione deighiacci pari a 226 miliardi di tonnellate. A causa delloscioglimento dei ghiacci e della dilatazione termicadell’acqua, tra il 1901 e il 2010 i livelli dei mari sonoaumentati di 1,7 mm ogni anno, ciò vuol dire quasi 18centimetri in più. Questo incremento annuo del livellodei mari sale a quota 3,2 mm se si considera sola-mente il periodo 1993-2010. Secondo le stime fattedall’IPCC nel 2007, entro la fine del secolo il livello deimari potrebbe innalzarsi di 59 centimetri» 19.

Come per il grafico precedente, anche in quello sot-tostante troviamo più elementi rappresentati con diffe-renti colori. Si riferiscono ai diversi studi e banche datiche hanno analizzato il fenomeno.

Oltre al surriscaldamento globale, studi scientificiindicano altre soglie biofisiche le quali, se superate,potrebbero provocare cambiamenti ambientali intol-lerabili per il genere umano: in particolare, l’ozononella stratosfera, le modifiche di uso del suolo, la di-versità biologica, gli apporti di azoto e fosforo nellabiosfera e negli oceani, l’inquinamento chimico e ilprelievo di acqua dolce 21. Il tema dell’acqua, in parti-

Aumento globale del livello dei mari dal 1900 20 (in mm)

Anno

Mutamento delle temperature medie (in °C)nelle varie decadi a partire dal 1850 17

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colare, rappresenta una questione quanto mai allar-mante per il futuro del pianeta.

Secondo il rapporto World Water Development delleNazioni Unite, «per il 2025, 1,8 miliardi di persone ri-siederanno in nazioni o regioni con assoluta scarsitàd’acqua, mentre i 2/3 della popolazione mondiale (5,3miliardi) dovrà fronteggiare difficoltà nell’approvvi-gionamento idrico» 22. Sono già in corso sanguinosiconflitti per il controllo di territori ricchi di acqua e mi-grazioni forzate (che si manifestano sempre piùspesso in esodi di massa) causate dalla carenza diacqua; il timore è che nel futuro questi fenomeni pos-sano assumere dimensioni incontrollabili, ponendo lebasi per nuovi grandi conflitti internazionali.

Le conseguenze di tali stravolgimenti naturali, vadetto, sono accusate per il momento soprattutto neipaesi più poveri e dalle fasce più vulnerabili della po-polazione, che non hanno gli strumenti e le infrastrut-ture per difendersi da certe catastrofi ambientali etraggono i loro mezzi di sostentamento direttamentedalle risorse naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosi-

stema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali.Forse per questa ragione l’accorato appello del Papa,contenuto nell’enciclica Laudato Si’. Sulla cura dellacasa comune, ha suscitato molto entusiasmo pressogli episcopati del “Sud del mondo”, in America Latina,Asia e Africa. La Conferenza Episcopale del Sudafrica,ad esempio, ha subito rilanciato i richiami del Papa in-vitando le autorità del paese a «giocare la propriaparte, in particolare attraverso politiche di salvaguar-dia energetica. La crisi energetica del Sudafrica nonpuò essere risolta soltanto con un abbassamento deiprezzi, ma attraverso un cambio radicale di rotta chesi muova verso energie rinnovabili» 23.

In ogni caso, se i livelli di inquinamento e di con-sumo continueranno al ritmo attuale, le conseguenzepiù pesanti del cambiamento climatico avranno unimpatto devastante a tutte le latitudini del pianeta. Perquesto è quanto mai urgente essere coscienti dei ri-schi attuali e cambiare al più presto una cultura domi-nante basata sulla crescita ad oltranza, il consumo elo scarto.

Le conseguenze di tali stravolgimenti naturali sono accusate per il momento soprattuttonei paesi più poveri e dalle fasce più vulnerabili della popolazione, che non hanno glistrumenti e le infrastrutture per difendersi da certe catastrofi ambientali e traggono iloro mezzi di sostentamento direttamente dalle risorse naturali e dai cosiddetti servizidell’ecosistema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali

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La Repubblica del Congo (nota anche come Congo-Brazzaville) è uno stato dell’Africa Centrale e un’ex-co-lonia francese, che confina con Gabon, Camerun,Repubblica Centrafricana, Repubblica Democraticadel Congo e si affaccia sull’Oceano Atlantico, che inqueste zone prende il nome di Golfo di Guinea. La ca-pitale è Brazzaville; la popolazione del paese, secondole ultime stime 24, è di 4 milioni e 448 mila abitanti. Ilpresidente della Repubblica, Denis Sassou Nguesso, èin carica dal 1997, quando si impossessò del poterecon un colpo di stato; nelle ultime elezioni, contestatedall’opposizione interna e da agenzie internazionaliper la profonda mancanza di trasparenza e di garanziedemocratiche, è stato confermato con il 78% dei con-sensi. Attualmente, in vista delle elezioni presidenzialidel 2016, il presidente in carica ha proposto una mo-difica della Costituzione per eliminare il vincolo tem-porale di mandato, in modo da potersi ricandidare allaguida del paese. Secondo l’indice di sviluppo umanodelle Nazioni Unite, la Repubblica del Congo si poneal 140° posto su 187 Stati rappresentati 25; oltre il 70%degli abitanti vive al di sotto dei limiti di povertà.

A fronte di una situazione socio-economica al-quanto precaria, la Repubblica del Congo è estrema-mente ricca di risorse naturali, che vanno dal petrolioal gas, al legname, e presenta un florido settore diesportazioni internazionali. In particolare, il Congo èuno dei primi 5 paesi per la produzione di petrolio alivello africano e l’oro nero rappresenta oltre il 90%degli introiti derivanti dall’export, che si aggirano in-torno ai 5 miliardi di dollari all’anno 26.

La quasi totalità della produzione petrolifera inCongo è gestita da compagnie straniere: la compa-gnia nazionale congolese SNPC (Société Nationale desPétroles Congolaise) controlla meno del 10% delleesportazioni. Tra le principali compagnie petroliferestraniere presenti nel paese si possono citare la fran-cese Total, l’italiana ENI, le americane Exxon Mobil eChevron Taxaco e compagnie cinesi che si sono dapoco affacciate sul mercato 27. Vi sono poi imprese pri-vate, soprattutto asiatiche, impegnate in altri settoridell’estrazione mineraria e altre attività commerciali,in particolare il commercio del legname.

Ciò che più preme sottolineare in questa sede, tut-tavia, riguarda l’impatto delle industrie estrattive sul-

l’ecosistema della foresta pluviale congolese e sullepopolazioni indigene. Secondo i dati raccolti dallacommissione diocesana Giustizia e Pace di Pointe-Noire, l’estrazione petrolifera nel paese ha determi-nato negli ultimi decenni un preoccupante deterio-ramento dell’ambiente naturale, con livelli di inquina-mento elevatissimi che hanno pregiudicato i principalimezzi di sostentamento delle comunità localI. In par-ticolare si rileva: l’avvelenamento delle falde acquifere, che ha reso

totalmente improduttiva la pesca sui fiumi e con-taminato le fonti di acqua potabile. Va detto, perinciso, che i siti di estrazione petrolifera sono moltospesso situati vicino a torrenti e corsi d’acqua (dicui la foresta pluviale congolese è molto ricca), edurante la stagione delle piogge i residui petroliferisi riversano direttamente nell’acqua, con danni in-genti;

l’acidificazione dei terreni, divenuti sterili e inadattialla produzione agricola;

l’inquinamento dell’aria, con conseguenti malattierespiratorie e polmonari. Il procedimento di bru-ciare a cielo aperto il gas naturale collegato al-l’estrazione del petrolio, attraverso torce industrialidisseminate nei siti petroliferi nella foresta pluviale,in particolare, disperde nell’aria circa un miliardodi metri cubi di gas serra l’anno 28.

Si rileva poi una serie preoccupante di malattie chestanno colpendo con progressiva intensità le popola-zioni locali, come tumori, malattie agli occhi, malattierespiratorie, e un incremento vistoso dei bambini chenascono con malformazioni congenite. La maggiorparte delle vittime, tuttavia, non ha i mezzi per affron-tare analisi scientifiche sulle cause di tali disturbi, el’evidente relazione con l’attività estrattiva viene co-stantemente negata dalle compagnie coinvolte.

2. Il problema a livelloregionale e nazionale

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Gabon

Camerun

RepubblicaCentrafricana

RepubblicaDemocraticadel Congo

L’estrazione petrolifera nel paese ha determinato negli ultimi decenni un preoccupantedeterioramento dell’ambiente naturale, con livelli di inquinamento elevatissimi chehanno pregiudicato i principali mezzi di sostentamento delle comunità locali

Golfo di GuineaOceano Atlantico

Repubblicadel Congo

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Infine, oltre ai danni ambientali e sulla salute dellepersone, si riscontra un grave impatto che le compa-gnie estrattive determinano sulla vita tradizionaledelle comunità indigene. In primo luogo viene costan-temente violato il diritto alla terra, in quanto con lacomplicità del governo congolese le compagnie stra-niere acquistano la proprietà di immensi appezza-menti di terreno che tradizionalmente appartengonoalle comunità indigene. Una volta insediatesi, questecompagnie provvedono, in virtù dell’acquisita pro-prietà privata, allo sgombero delle popolazioni resi-denti dai siti dove si trova il petrolio, che vengonorecintati e protetti da guardie armate. Successiva-mente inizia la costruzione delle strade, che sventrano

letteralmente la foresta vergine per permettere il pas-saggio di grossi camion e di oleodotti sotterranei, chetrasportano il greggio fino al porto di Pointe-Noire. In-fine, quando si tratta di assumere manodopera locale,la scelta delle compagnie ricade quasi esclusivamentesu personale “urbanizzato”, assunto in altre zone delpaese, poiché le popolazioni indigene sono ritenuteinadatte o incapaci a fornire contributi lavorativi ade-guati.

Così, le comunità indigene che abitano su un suoloricchissimo di petrolio, si ritrovano depauperate edemarginate, con danni ingenti alle risorse naturalidalle quali dipende la loro sopravvivenza, senza alcunbeneficio di ritorno.

10 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Oltre ai danni ambientali e sulla salute delle persone, si riscontra un grave impatto chele compagnie estrattive determinano sulla vita tradizionale delle comunità indigene.In primo luogo viene costantemente violato il diritto alla terra

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Gli interessi europei e italiani nella Repubblica delCongo, legati all’industria estrattiva e in particolare alsettore petrolifero, sono ingenti. Le prime due com-pagnie straniere per volume d’affari presenti nel paesesono, infatti, la francese Total e l’italiana ENI. Storica-mente la Francia ha sempre avuto un ruolo di primopiano negli affari economici del Congo, in conse-guenza del passato coloniale; tuttavia, a causa deilivelli di corruzione elevatissimi e delle manifeste vio-lazioni dei diritti umani fondamentali, negli ultimi annila Francia ha iniziato a prendere le distanze dalla pro-pria ex-colonia.

Nel maggio 2009, un giudice francese ha accolto ladenuncia di Transparency International contro la pre-sidenza congolese, accusata di ricettazione, sottrazionedi fondi pubblici, riciclaggio di denaro sporco, abuso dibeni sociali e appropriazione indebita. Nel maggio2010 il direttore della commissione Giustizia e Pace diPointe-Noire è intervenuto all’Assemblea nazionalefrancese sulla situazione politica della Repubblica delCongo e gli affari poco chiari delle industrie petroliferenel paese; recentemente, lo stes-so governo francese ha volutoprendere le distanze dalle mano-vre politiche del presidente con-golese, in particolare sull’ultimaproposta di revisione costituzio-nale per eliminare il vincolo dimandato temporale.

Se il governo francese, nono-stante i grossi investimenti dicompagnie private francesi nelpaese, ha scelto un atteggia-mento istituzionale di distanza ecritica nei confronti della Repub-blica del Congo, a ragione dellegravi violazioni di diritti umanifondamentali, l’Italia non sembra essere troppo tur-bata da certe questioni e si appresta a diventare il par-tner principale del Congo a livello internazionale. Lerecenti visite di esponenti del governo italiano, gli in-contri istituzionali avuti con le autorità congolesi e condelegazioni di uomini d’affari presenti nel paese,senza un accenno ai problemi di corruzione e alle li-mitazioni democratiche che affliggono la popolazionelocale, confermano la strategia del governo italiano,che si protrae da decenni al di là degli schieramentipolitici che via via si sono succeduti.

Non si possono nascondere, peraltro, i legami pro-fondi che esistono tra ENI, la principale società ener-

getica italiana, il governo italiano e i governi dei paesidove ENI opera. Un esempio di tali relazioni, ai limitidel conflitto di interessi, si rileva nella scelta di alcunianni fa da parte di ENI Congo – unica compagnia stra-niera ad aver optato per una decisione simile – di no-minare come presidente dell’organizzazione nel paeseun esponente locale strettamente collegato con l’at-tuale presidenza della Repubblica del Congo.

Al di là delle intrecciate relazioni politiche e com-merciali tra governi e compagnie private, va sottoli-neato il comportamento delle compagnie coinvolte(e in particolare di ENI Congo) riguardo alla tuteladell’ambiente e ai diritti delle popolazioni indigene.

Come si è visto, tutte le compa-gnie petrolifere rifiutano risolu-tamente una responsabilità di-retta per i danni all’ambiente ealla salute della popolazione lo-cale. A fronte di tale fermo di-niego, la commissione Giustiziae Pace di Pointe-Noire ha com-missionato nel 2009 uno studioscientifico su campioni di suoloprelevati dalla zona petrolifera diMboukou, sede di estrazioni daparte della compagnia ENI Con-go. I risultati delle analisi hannorilevato una percentuale di aci-dità del suolo di gran lunga su-

periore alla media normale, con la conseguenza diuna totale improduttività del terreno analizzato. In ri-sposta a tali informazioni ENI ha commissionato unaltro studio sullo stesso terreno al Centre de Recher-che del governo del Congo, il quale ha confermato glistessi risultati relativi all’acidità del terreno rilevatidalle prime analisi; ciò nonostante, ENI come le altrecompagnie coinvolte nell’estrazione petrolifera e mi-neraria, non hanno mai riconosciuto la propria re-sponsabilità sui danni ambientali.

In un altro villaggio sede di estrazioni petrolifere,Dionga, alcune famiglie indigene hanno denunciatonel 2010 la morte di alcuni capi di bestiame che ave-

11REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

Gli interessi europei e italianinella Repubblica del Congo,legati all’industria estrattivae in particolare al settorepetrolifero, sono ingenti.Le prime due compagniestraniere per volume d’affaripresenti nel paese sono,infatti, la francese Totale l’italiana ENI

3. Le cause e le connessioni con l’Italia e con l’Europa

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vano brucato l’erba vicino al sito di estrazione. Ancorauna volta la commissione Giustizia e Pace ha commis-sionato un’analisi del terreno a un centro di ricerca diAbidjan, in Costa d’Avorio, il quale ha rilevato un for-te grado di acidità del suolo, che può aver causato lamorte degli animali. La compagnia ENI Congo ha nuo-vamente rifiutato, tuttavia, un’assunzione di respon-sabilità per l’accaduto, ponendo un netto diniego an-che alla compensazione delle famiglie che avevanoperso capi di bestiame.

Oltre al settore dell’estrazione petrolifera tradizio-nale, ENI ha iniziato da alcuni anni l’esplorazione dinuovi siti per lo sfruttamento delle sabbie bituminose,uno dei metodi “non convenzionali” di estrazione delgreggio dal suolo, e ha avviato investimenti per la pro-duzione di olio di palma per alimentazione e biocom-bustibili e per la costruzione di due impianti a gas nellacittà di Pointe-Noire. Tali interventi hanno incontratotuttavia numerose critiche da parte della società civile,a ragione del forte impatto ambientale che avrebberosull’ecosistema del Paese.

L’estrazione del greggio dalle cosiddette “sabbie bi-tuminose”, in particolare, ha suscitato forti preoccupa-zioni nella popolazione locale. L’accordo siglato tra ENI

e il governo congolese prevede lo sfruttamento dellesabbie bituminose in due siti, Tchikatanga e Tchika-tanga-Makola, che coprono una superficie di 1.790chilometri quadrati. Il processo di estrazione del greg-gio dalle sabbie bituminose prevede disboscamentidi tutte le zone interessate e, nei casi in cui il bitumesi trovi in profondità nel suolo, voragini che distrug-gono diversi strati di sottosuolo. Inoltre, a fronte dellerichieste insistenti della società civile e della Chiesa lo-cale sui piani di lavoro futuri, ENI continua a non for-nire risposte esaurienti, definendo le informazioni inquestione come “strettamente confidenziali”.

Tuttavia, grazie alle forti pressioni della società ci-vile e della Chiesa congolese, nel 2011 ENI si è impe-gnata a finanziare un progetto di sviluppo integrato.Alcuni direttori di ENI nel paese hanno anche mostratouna certa sensibilità ai temi della tutela ambientale edei diritti delle popolazioni indigene, ma nel com-plesso la valutazione dell’impatto del progetto in-tegrato da parte della società civile e delle comunitàcoinvolte non è stato positivo, a ragione dei ritardinell’implementazione, degli interventi incompleti e so-prattutto del rifiuto di un serio confronto con le comu-nità interessate sui bisogni primari e le reali necessità.

12 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

ENI ha iniziato da alcuni anni l’esplorazione di nuovi siti per lo sfruttamento delle sabbiebituminose, un metodo “non convenzionale” di estrazione del greggio dal suolo. Questoè uno degli interventi che hanno incontrato numerose critiche da parte della società ci-vile, a ragione del forte impatto ambientale che avrebbero sull’ecosistema del paese

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La Chiesa locale congolese è impegnata in prima lineanel monitorare e analizzare il fenomeno dell’estra-zione mineraria nel paese, con particolare attenzioneai problemi di cattiva gestione e corruzione da partedel governo, ai danni ambientali e alla salute della po-polazione locale. La diocesi di Pointe-Noire, nellaquale si concentra la quasi totalità dei siti estrattivi, haraccolto negli ultimi anni molteplici informazioni edati sulla questione, attraverso la commissione dioce-sana Giustizia e Pace, che porta avanti un importantelavoro di advocacy nei confronti delle autorità locali edi sensibilizzazione delle comunità coinvolte, e l’ufficiodella Caritas diocesana, che si occupa della presa incarico delle comunità colpite dal fenomeno estrattivo.

Uno dei lavori che ha visto impegnata la commis-sione Giustizia e Pace riguarda la mappatura del ter-ritorio congolese, realizzata al fine di mettere inevidenza le zone adibite a siti di estrazione, i villaggiabitati dalle comunità indigene e informazioni sul-l’ecosistema e le biodiversità del territorio locale.Nella carta riportata di seguito si mette in evidenzal’area sulla quale sono stati rilasciati permessi perl’estrazione mineraria e per l’estrazione di greggio dasabbie bituminose, nella quale sono presenti villaggi,luoghi abitati e zone che dovrebbero godere di spe-ciale protezione per la particolare biodiversità pre-sente 35.

Un’altra iniziativa degna di nota intrapresa dallacommissione Giustizia e Pace in collaborazione conaltri esponenti della società civile, che ci permette diricavare dati significativi sulla ricaduta delle esporta-zioni petrolifere nel paese, riguarda il programma ITIE(Iniziativa per la trasparenza delle industrie estrattive).Gli obiettivi di questa campagna consistono nel mo-

nitoraggio e controllo di tutti gli aspetti relativi al-l’estrazione mineraria, in particolare con riguardoall’impatto ambientale e al modo in cui i profitti de-rivanti dall’esportazione vengono impiegati per losviluppo del paese. Sulla base delle informazioni rac-colte, le organizzazioni esercitano quindi pressioni po-litiche nei confronti del governo del Congo affinchémigliorino i livelli di trasparenza e vengano promossepolitiche di redistribuzione della ricchezza e progettidi sviluppo a favore della popolazione.

Secondo l’ultimo rapporto, pubblicato il 31 dicem-bre 2014, il settore degli idrocarburi ha contribuito afinanziare il budget dello Stato per un valore di 2.500miliardi di franchi congolesi (FCFA), pari a circa 3,81miliardi di euro, che corrispondono al 75% delle en-trate totali del paese 36. A fronte delle entrate regi-strate, sono stati quindi analizzati gli interventiinfrastrutturali e i progetti di sviluppo previsti per ilpaese, ma i risultati del rapporto rilevano come unapercentuale bassissima dei programmi avviati sia stataportata a termine. Per quanto riguarda il settore sani-tario, ad esempio, su un campione di 252 interventiprogrammati dal governo del Congo per il triennio2011-2013, solo il 9% è stato ultimato, come illustratonel grafico che segue 37.

d

Per quanto riguarda i danni provocati all’ambiente,si possono citare gli studi del suolo che la commis-sione Giustizia e Pace ha affidato a società di analisiscientifiche esterne, già riportati nel paragrafo 3, che

4. I dati Caritas

13REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

La situazione degli interventi nel settore sanitario2011-2013 programmati dal governo del Congo

9% Ultimati

Non funzionanti7%

12% Lavori in corso

16% Lavori interrotti

Lavorinon iniziati 56%

Area in cui sono autorizzate estrazionidel greggio da sabbie bituminose,caratterizzata da foresta tropicale

Campodi estrazione petroliferadi M’Boundi dell’ENI

Bacino del fiume Kouilou,un’importante areaper la riproduzione

di molteplici specie di uccelli

Congo

Golfo di GuineaOceano Atlantico

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14 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

hanno provato la presenza di un livello di acidità alta-mente superiore alla media tollerata in presenza deisiti estrattivi 38. Gli studi effettuati hanno misurato il pHdel terreno, un valore molto importante poiché deter-mina la possibilità del suolo di far crescere specievegetali e microrganismi. I terreni adatti alla produ-zione agricola (terreni fertili) hanno un Ph prossimoalla neutralità, di valore 7.

Le conclusioni delle analisi scientifiche, fatte sucampioni di suolo in prossimità dei siti estrattivi,hanno riportato un valore del terreno da 4 a 5,86 pH,dunque un valore di acidità che impedisce la produt-tività del suolo, laddove un tempo le popolazioni lo-cali hanno sempre coltivato (secondo il criterio diclassificazione “Giardini”, i terreni con un pH inferiorea 5,5 sono considerati “fortemente acidi”).

Riguardo infine alle conseguenze dell’estrazionepetrolifera sulla salute della popolazione congolese,si possono citare i dati raccolti dalla Caritas di Pointe-Noire nell’ultimo rapporto di attività pubblicato nel2014, che riportano le statistiche dei pazienti visitatie delle patologie riscontrate presso il centro medicodi Caritas.

Il dato maggiormente significativo riguarda tutta-via il costante aumento delle persone affette da ma-lattie, soprattutto nelle aree dove sono situati i siti perl’estrazione del petrolio. Secondo quanto riportato daldirettore della Caritas di Pointe-Noire, ogni anno il cen-tro medico riceve un numero sempre maggiore di pa-zienti. Dal 2013 al 2014, ad esempio, è stato riscontratoun aumento dei beneficiari del 12%.

Molto diffusi sono i casi di bambini che nasconocon malformazioni congenite, e richiedono interventidi fisioterapia, kinesiterapia e talvolta di supporticome protesi artificiali e sostegni.

acido neutro alcalino

3 4 5 6 7 8 9 10 11

range di pH nei suolidelle regioni umide

range di pH nei suolidelle regioni aride

Acidità dei terreni 39

Principali patologie riscontrate

Poliomelite 2

Conseguenze della poliomelite 3

Sciatica 129

Conseguenze della sciatica 102

Plesso bracciale 156

Piedi torti 143

Conseguenze dei piedi torti 100

Varum valgo 598

Lombartrite 333

Paralisi facciale 350

IMC 410

Deficit motorio 348

Nevrite reumatica 376

Myosite infetta 337

Flessibilità della tibia 384

Intervento Bambini Adulti Tot. annuale

Consultazioni mediche 2.554 1.583 4.137

Trattamenti lunghi 1.526 764 2.290

Trattamenti brevi 854 639 1.484

Fisioterapia manuale 17.041 10.206 27.247

Ingessature 932 2 934

Casi sociali 102 406 508

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15REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

CAPO VILLAGGIO DI NDONGO«I problemi nel nostro villaggio sono iniziati quandohanno cominciato a estrarre il petrolio. Il problemaprincipale è l’acqua: da quando estraggono il petrolioi torrenti qui intorno sono avvelenati; lo sappiamoperché i pesci muoiono e non possiamo più bere l’ac-qua. ENI ha costruito per rimediare al danno due puntidi raccolta per l’acqua potabile, ma non è la stessacosa… Nei fiumi noi pescavamo, lavavamo i vestiti, fa-cevamo il bagno; per centinaia di anni i corsi d’acquanella foresta ci hanno sfamato e dato l’acqua per so-pravvivere, ma tutto questo oggi non è più possibile,a causa dell’inquinamento. E ovviamente a provocarloè il petrolio: soprattutto nella stagione delle pioggel’acqua porta a valle tutti i detriti dell’estrazione delpetrolio, avvelenando i nostri fiumi.

Poi ci sono i problemi di salute, sempre più frequenti:difficoltà a respirare, male agli occhi, tumori. Ci diconoche l’estrazione del petrolio non c’entra, eppure in pas-sato questi problemi non c’erano. E poi basta vederequella torcia che brucia in mezzo alla foresta, vicino alvillaggio: cosa pensi che respirino i nostri bambini?

Quelli del petrolio sono arrivati 15 anni fa e han-no occupato la terra dove abbiamo sempre vissuto,l’hanno recintata e hanno messo guardie a difenderla.Hanno costruito strade, sventrando la nostra foresta, edè iniziato un movimento continuo di grossi camion, conun rumore assordante e nuvole di polvere. E soprat-tutto, la terra intorno ai pozzi del petrolio non producepiù nulla; prima era fertile e tutto intorno al villaggioavevamo campi di manioca. Oggi non cresce niente.

Quando è iniziata l’estrazione del petrolio ci ave-vano detto che avremmo avuto grandi benefici, pro-gresso e sviluppo per tutti i nostri villaggi. Ci dicevanoche ENI è un’importante società nel mondo che avreb-be portato grandi aiuti al nostro paese. Invece ciò chevediamo oggi è morte tutto intorno a noi: la nostraterra, i nostri fiumi, i nostri alberi sono avvelenati. EdENI ci lascia solo delle briciole, come i due pozzi d’ac-qua che hanno messo qui vicino… Ma non dovevanoportarci scuole, lavoro, servizi sanitari? Anche l’elettri-cità l’hanno portata solo al loro sito, ben recintato: tuttii villaggi intorno continuano ad essere al buio.

E comunque, anche se portassero la luce, cosa nefacciamo se nei nostri villaggi è diventato impossibilevivere?».

UN ABITANTE DEL VILLAGGIO DI NDONGO«L’estrazione del petrolio vicino al nostro villaggio èiniziata nel 2000, quando la società ENI ha aperto ilsito di Mboundi. La prima cosa che ci hanno raccon-

tato è stata che la nuova compagnia avrebbe portatolavoro per tutti e noi eravamo contenti di questa no-tizia, perché il lavoro ci serve per mantenere le nostrefamiglie. Presto però ci siamo accorti che quelle pro-messe non venivano mantenute e tutto è andato pianpiano peggiorando. Nessuno di noi è stato assuntodalla ditta e oggi siamo ridotti alla miseria, che è cosapeggiore della povertà. Qualcuno di noi è stato as-sunto come guardiano, è vero, ma con salari bassis-simi, senza contratto, e se uno osa lamentarsi, il giornodopo viene lasciato a casa.

ENI ha iniziato con un sito, poi un altro, e un altro an-cora, estendendosi sempre di più intorno a noi. E manmano che loro si espandono, noi perdiamo tutte le no-stre risorse: la terra, che è sempre appartenuta alle no-stre famiglie, la foresta, i fiumi. Lo Stato sta vendendotutta la terra, che è sempre appartenuta alle nostre co-munità, a ENI e alle altre compagnie, e noi non possiamofarci niente, solo stare a guardare. Possiamo accettareche venga fatto tutto questo sulla nostra terra?

I dirigenti di ENI fanno un sacco di soldi e le loro fa-miglie vivono nel lusso in Italia, a spese della nostraterra, dove io e la mia famiglia moriamo di fame.

Gli aiuti che dicono di aver portato al paese, a noisembrano una presa in giro. Hanno comprato un’am-bulanza, va bene, ma come fa un’ambulanza a circo-lare in mezzo alla foresta? E poi anche se riuscissero aportare un malato in ospedale, le cure e le medicinesi pagano, e noi non abbiamo i soldi. Hanno costruitoun pozzo per l’acqua, ma che vantaggio ne abbiamose tutti i fiumi qui intorno sono avvelenati?

Io credo che queste politiche così ingiuste sianomolto pericolose, perché se riduci una popolazionealla miseria, e distruggi senza riguardo le sue risorse,prima o poi la gente reagisce, e si rischiano le guerre,come in Nigeria. Noi congolesi siamo tranquilli e nellanostra cultura non c’è l’idea di uccidere e vendicarsi,ma questa non è una buona ragione per approfittarsidi noi, venendo qui, occupando la nostra terra, avve-lenando la nostra foresta e il nostro futuro».

(Gli altri abitanti del villaggio, seduti sotto un albero,continuano a guardare per terra, senza alzare lo sguardo).

5. Testimonianze

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16 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

LAMBERT, UN ANZIANO DEL VILLAGGIODI BOUBISSI, VICINO AL SITO ESTRATTIVODI KOUAKOUALA«Nel nostro villaggio, ENI ha portato soltanto rovina edistruzione. Hanno fatto un pozzo per l’acqua, e in-tanto avvelenano tutti i fiumi intorno. Dicono di averportato l’elettricità, ma hanno messo solo due lam-pioni al centro della strada, mentre tutte le case sonoal buio. Poi hanno costruito un centro medico, macome si può vedere dentro al centro non ci sono me-dicine, non ci sono attrezzature e non ci sono nem-meno i letti, così l’infermiera del villaggio deve curarei malati per terra… Cosa dovremmo fare?

La verità è che i bianchi non vengono mai per aiu-tare e il petrolio è solo una nuova forma di coloniali-smo, che consiste nel portare via tutte le nostre risorseriducendoci alla miseria». (Gli altri partecipanti all’incontro bussano con le nocchedella mano sulle panche di legno. Nella cultura locale,questo gesto significa che le parole pronunciate affer-mano la verità).

UNA DONNA DEL VILLAGGIO DI BOUBISSI«La scuola è troppo lontana per i nostri figli e non c’èuna strada per raggiungerla. E noi non riusciamo piùa coltivare. Abbiamo sempre coltivato la manioca quiintorno al villaggio, ma oggi non cresce più: ci hannodetto che il petrolio non c’entra nulla con questo pro-blema, ma com’è possibile? Prima tutta la terra qui in-torno era fertile, mentre da quando hanno iniziato aestrarre il petrolio le piante muoiono. Come può nonesserci un legame?

Saremo anche analfabeti, ma non siamo stupidi, enon possono prenderci in giro con queste storie. Pergiunta negli ultimi anni stanno diventando più ag-gressivi con l’estrazione: noi sentiamo l’odore diven-tare sempre più forte, e abbiamo paura per la nostrasalute e per quella dei nostri figli».

BRICE MACKOSSO, AVVOCATO ESPERTOIN DIRITTI UMANI E DIRETTOREDELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACEDI POINTE-NOIRE«Come Commissione Giustizia e Pace della diocesi diPointe-Noire, siamo impegnati in prima linea per di-fendere i diritti delle comunità locali e la salute dellepersone dagli effetti nefasti dell’estrazione petrolifera.La nostra posizione non è di contrarietà assoluta versole compagnie estrattive, poiché ci rendiamo conto chesenza il loro contributo economico il nostro paese sa-rebbe morto. Il problema riguarda piuttosto il rispettoche queste compagnie devono avere per le normefondamentali della tutela ambientale, e la certezzache i lauti guadagni che loro ottengono dall’estra-zione del petrolio vadano anche a beneficio della po-

polazione congolese. Purtroppo, però, abbiamo consta-tato negli ultimi anni un danno all’ecosistema congo-lese che definirei catastrofico e una profonda collu-sione tra le compagnie petrolifere straniere e il sistemacorrotto del nostro governo, per cui alla fine alla po-polazione locale non arriva nulla, nemmeno le bricioledei loro miliardi.

Questa è la verità, e non ho paura di dirla ad altavoce: anni fa sono stato anche arrestato e chiuso inprigione per le posizioni prese a difesa dei diritti fon-damentali della nostra gente, ma non posso tirarmi in-dietro. Come cittadini e come cristiani il nostro dovereè quello di dire la verità e continuare a batterci per latrasparenza e il rispetto delle regole fondamentali.

Si tratta, io credo, di una questione etica. Comepossono le compagnie del petrolio spremere all’inve-rosimile le risorse di un paese per guadagnare miliardidi dollari, senza porsi la questione degli effetti sull’am-biente e sulle persone? Come posso arricchirmi in ma-niera sfrenata, a spese della popolazione locale, e nonavere rimorsi di coscienza se quella stessa popola-zione viene ridotta alla miseria, sotto i miei occhi?Umanamente, questo non può essere accettabile. Per-ciò noi cerchiamo non solo di sensibilizzare la popo-lazione locale sui diritti fondamentali, ma anche disensibilizzare le compagnie del petrolio sulle loro re-sponsabilità, sul dovere di prendersi cura della popo-lazione colpita dalle estrazioni e dedicare una partedei loro proventi allo sviluppo del paese.

Il problema è che molto spesso queste compagnierifiutano di confrontarsi con noi. Prendi ENI ad esem-pio, una compagnia italiana tra le più grandi societàche operano nel nostro paese. Si sono impegnati a con-tribuire alla diffusione dell’elettricità qui a Pointe-Noire,e hanno costruito due centrali a gas con la promessache la città avrebbe avuto un significativo migliora-mento, e invece nulla è cambiato. Continuano comeprima i black out, le interruzioni di elettricità per lungheore, e allora viene da chiedere: dove sono finiti tuttiquei soldi? Ma quando rivolgiamo queste domande, cirispondono che certe informazioni sono confidenziali:manca completamente uno spirito di trasparenza.

Anche sulla loro decisione di investire nelle sabbiebituminose, un ambito molto pericoloso per l’impattoambientale e la salute delle comunità locali, permaneun silenzio assoluto. Ci dicono che non ci sarannoprocessi di deforestazione, perché le loro operazioniriguarderanno un territorio di savana, con pochi al-beri, ma chi conosce il Congo sa che tutta la nostrasuperficie è ricoperta dalla foresta pluviale, per cuicome possono pensare di non tagliare alberi? E poinon si capisce a quale scopo sarà estratto il greggioe in quali quantità, se per l’esportazione o per uso lo-cale, quale sarà l’impatto ambientale… Siamo per-sino andati a Milano, alla sede centrale di ENI, per

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17REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

insistere su queste informazioni fondamentali, ma ciè stato risposto che non siamo autorizzati ad essereinformati.

Intanto tutta la nostra ricchezza se ne va in Italia, ea noi cosa resta?

Tutti sanno che il Congo è governato da un si-stema dittatoriale e antidemocratico, dove le libertàfondamentali e i diritti umani sono violati costante-

mente, dove la popolazione è ridotta alla miseria dauna classe politica corrotta e disonesta, ma nessunosembra preoccuparsene, pur di aumentare al mas-simo i profitti…

Trovo che questo sia profondamente ingiusto, e noinon possiamo far altro che continuare a impegnarci,con tutte le nostre forze, nel dire la verità e nel difen-dere la nostra gente».

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La situazione della Repubblica del Congo, un piccolopaese africano ridotto allo stremo dallo sfruttamentointensivo delle risorse naturali, dove la popolazionesoffre danni ambientali e alla salute e costanti viola-zioni dei propri diritti fondamentali, rispecchia in ma-niera emblematica le conseguenze di questo modelloeconomico imperante, basato su un liberismo sfre-nato che vede le regole come un ostacolo e ritienequalunque cosa comprabile col denaro.

Il comportamento delle industrie estrattive chesfuggono a vincoli e regole e rifiutano un’assunzionedi responsabilità per i danni compiuti, in particolare,contiene in sé tutti i rischi di un deterioramento am-bientale irreversibile. Violando il principio sancito nellaDichiarazione di Rio del 1992, secondo cui «laddovevi sono minacce di danni gravi o irreversibili, la man-canza di piene certezze scientifiche non potrà costi-tuire un motivo per ritardare l’adozione di misureefficaci che impediscano il degrado dell’ambiente» 40,tali compagnie proseguono senza indugi sulla stradadella distruzione ambientale, contando sul fatto chele popolazioni colpite non hanno gli strumenti per di-mostrare scientificamente i danni causati e le risorseper far valere i propri diritti.

Quando il fine ultimo che governa le azioni umaneè il raggiungimento del massimo profitto possibile,tutto diventa giustificabile: il taglio indiscriminato diuna foresta pluviale, l’avvelenamento di fiumi e corsid’acqua, la distruzione di terreni, la corruzione, la vio-lazione dei diritti umani fondamentali e la diffusionedi gravi malattie dovute all’inquinamento.

«Il principio della massimizzazione del profitto,che tende a isolarsi da qualsiasi altra considera-zione, è una distorsione concettuale dell’econo-mia: se aumenta la produzione, interessa pocoche si produca a spese delle risorse future odella salute dell’ambiente; se il taglio di una fo-resta aumenta la produzione, nessuno misura inquesto calcolo la perdita che implica desertifi-care un territorio, distruggere la biodiversità oaumentare l’inquinamento».

Tutto si accetta e si dimentica, purché gli introiti so-cietari continuino a puntare verso l’alto le loro asti-celle, cosicché gli azionisti e gli investitori rafforzino lafiducia nel futuro dell’azienda e iniettino nuovesomme di denaro, per nuove attività e nuovi progetti.Le istanze della sostenibilità ambientale, della traspa-renza e le fondamentali questioni etiche – come di-

mostrano costantemente le compagnie multinazio-nali dedite all’estrazione petrolifera e mineraria – ven-gono considerate scomode intrusioni e costante-mente eluse.

Se i movimenti ambientalisti e le numerose asso-ciazioni a difesa della natura non sono riusciti inquesti anni a far sentire i loro richiami in manierachiara, ci ha pensato la natura stessa a far sentire conforza la propria voce. L’innalzamento delle tempera-ture, l’aumento del livello dei mari, le prolungate esevere siccità in varie parti del mondo, al pari di ura-gani, terremoti e tsunami, che si manifestano confrequenza crescente e conseguenze catastroficheper le popolazioni colpite, rappresentano un mes-saggio fin troppo chiaro del futuro verso cui an-diamo incontro.

A fronte di questi gravi fenomeni, il primo passonecessario consiste nel prendere coscienza della situa-zione reale e dei legami che sussistono tra la progres-siva degenerazione ambientale e il modello econo-mico dominante, basato sul capitalismo sfrenato e ilconsumismo. La questione di fondo è la responsabilitàimprenditoriale e politica in ordine all’adozione di si-stemi produttivi in cui

«i costi economici e sociali derivanti dall’usodelle risorse ambientali comuni siano ricono-sciuti in maniera trasparente e siano pienamentesupportati da coloro che ne usufruiscono e nonda altre popolazioni o dalle generazioni future».

6. La questione

19REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

Laudato Si’, 195

Laudato Si’, 195

Il comportamento delle industrieestrattive che sfuggono a vincolie regole e rifiutano un’assunzionedi responsabilità per i danni compiuti,contiene in sé tutti i rischi di un deterioramento ambientaleirreversibile

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Il passaggio successivo, ineludibile, risiede nei mo-delli di consumo e dunque nella necessità di un cam-bio radicale degli stili di vita delle popolazioni chemaggiormente beneficiano dei beni prodotti a scapitodell’ambiente. Come afferma Papa Francesco

«la coscienza della gravità della crisi culturale edecologica deve tradursi in nuove abitudini».

La sfida non è semplice, perché il sistema econo-mico ha influenzato ed è penetrato profondamentenei modelli culturali delle società contemporanee –soprattutto nei paesi occidentali e nei paesi caratte-rizzati da una veloce crescita economica – determi-nando azioni e modi di vita ad esso funzionali. Lacultura dello scarto, del consumo di beni superflui, el’idea di una crescita ad oltranza come paradigma in-sostituibile del progresso umano, sono i presuppostinecessari del modello economico di riferimento in cuiviviamo.

«Dal momento che il mercato tende a creare unmeccanismo consumistico compulsivo per piaz-zare i suoi prodotti, le persone finiscono con l’es-sere travolte dal vortice degli acquisti e dellespese superflue. Il consumismo ossessivo è il ri-flesso soggettivo del paradigma tecno-econo-mico. […] Tale paradigma fa credere a tutti chesono liberi finché conservano una pretesa li-bertà di consumare, quando in realtà coloro chepossiedono la libertà sono quelli che fannoparte della minoranza che detiene il potere eco-nomico e finanziario».

Al contempo, cogliere la sfida di una trasforma-zione radicale delle proprie abitudini è un passo ne-cessario per invertire la rotta di un crescente sgre-tolamento dell’ambiente in cui viviamo e di una pro-gressiva dissoluzione delle relazioni umane, in unasocietà governata dall’individualismo e dalla compe-tizione. È importante che vengano fissate norme giu-ridicamente vincolanti per la salvaguardia dell’am-biente, che limitino l’emissione di sostanze inquinanti,impongano severe regole alle industrie estrattive epromuovano la sostituzione dei combustibili fossili

con energie rinnovabili. Ancora più importante, tutta-via, è una presa di coscienza dei cittadini sulla neces-sità di cambiare gli stili di vita, obiettivo che si puòrealizzare primariamente attraverso l’educazione allaresponsabilità ambientale.

I passi necessari da intraprendere partono da pic-cole scelte nella vita quotidiana, come limitare l’usodell’auto, utilizzare i mezzi pubblici per muoversi incittà, ridurre l’uso di acqua, di elettricità e il livello deirifiuti, evitare l’uso di plastica e moderare i propri con-sumi, fino ad improntare il proprio stile di vita su unmodello di sobrietà e semplicità, mettendo in discus-sione i riferimenti culturali prevalenti che invitano apossedere e consumare quanto più possibile, per es-sere felici. Inoltre è estremamente importante rendereil consumo e gli acquisti scelte responsabili e ragio-nate, documentandosi sull’origine dei prodotti e sullemodalità con le quali certe aziende e società produ-cono, a cominciare dal rispetto dell’ambiente e dei di-ritti fondamentali dei lavoratori.

Come afferma in maniera chiara l’enciclica,

«un cambiamento negli stili di vita potrebbe ar-rivare ad esercitare una sana pressione su coloroche detengono il potere politico, economico esociale. È ciò che accade quando i movimentidei consumatori riescono a far sì che si smetta diacquistare certi prodotti e così diventano efficaciper modificare il comportamento delle imprese,forzandole a considerare l’impatto ambientale ei modelli di produzione. È un fatto che, quandole abitudini sociali intaccano i profitti delle im-prese, queste si vedono spinte a produrre in unaltro modo. Questo ci ricorda la responsabilitàsociale dei consumatori. Acquistare è sempre unatto morale, oltre che economico. Per questooggi il tema del degrado ambientale chiama incausa i comportamenti di ognuno di noi».

Come propone la “Carta della Terra”, firmata all’Ajail 29 giugno del 2000, occorre rilanciare la sfida di unnuovo inizio: «Possa la nostra epoca essere ricordataper il risveglio di una nuova riverenza per la vita, perla risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’ac-celerazione della lotta per la giustizia e la pace, e perla gioiosa celebrazione della vita» 42.

20 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Laudato Si’, 205-206 41

Laudato Si’, 203

La sfida non è semplice, perché il sistema economico ha influenzato ed è penetrato pro-fondamente nei modelli culturali delle società contemporanee determinando azioni emodi di vita ad esso funzionali. La cultura dello scarto, del consumo di beni superflui, el’idea di una crescita ad oltranza come paradigma insostituibile del progresso umano,sono i presupposti necessari del modello economico di riferimento in cui viviamo

Laudato Si’, 209

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La Chiesa congolese, come si è visto, è impegnata sudiversi fronti a difesa della popolazione locale, attra-verso la commissione Giustizia e Pace e l’ufficio dellaCaritas. La Caritas di Pointe-Noire, la diocesi costieranella quale si trovano i siti estrattivi del paese, si oc-cupa principalmente dei seguenti ambiti:

sanitario; conservazione ambientale; presa in carico dei bambini di strada; progetti di sviluppo.

Il settore sanitario, in particolare, costituisce l’am-bito operativo principale, a ragione del crescente nu-mero di persone affette da malattie, che va di paripasso con l’incremento delle attività estrattive e dei li-velli di inquinamento, e a causa della mancanza di unservizio sanitario gratuito nel paese.

Tra i progetti di sviluppo si segnalano gli interventidedicati alla diffusione dell’acqua potabile, quantomai necessari in conseguenza dell’avvelenamentodelle falde acquifere causato dall’estrazione petroliferanella foresta. Lo Stato ha costruito molti pozzi per ladistribuzione di acqua alla comunità, mentre la Caritassi occupa del lavoro di formazione sulla gestione co-munitaria delle fonti d’acqua e sulla manutenzione.Inoltre Caritas Pointe-Noire ha avviato alcuni progettiper la formazione di cooperative agricole nei villaggicolpiti dall’estrazione mineraria, per l’allevamento dipolli e la coltivazione in serra di ortaggi; tali attivitàsono però fortemente penalizzate dai livelli di inqui-namento presenti nelle zone interessate.

La commissione Giustizia e Pace si concentra pre-valentemente sul lavoro di sensibilizzazione e advo-cacy. Le iniziative principali riguardano la campagnaPubliez ce que vous payez (pubblicate quello che pa-gate), che si inserisce nel programma per la promo-zione della trasparenza delle industrie estrattive. Talecampagna consiste in attività di sensibilizzazione sullasalvaguardia dell’ambiente e nel monitoraggio delleentrate statali derivanti dall’estrazione mineraria e del-l’utilizzo di queste per gli interventi strutturali e i pro-grammi di sviluppo previsti per il paese. Inoltre,insieme ad altre organizzazioni e rappresentanze dellasocietà civile, è impegnata nella costante attività dipromozione dei diritti umani e delle libertà fonda-mentali, attraverso iniziative di pressione politica neiconfronti del governo del Congo, accusato da piùparti di violazione delle libertà democratiche, e azionidi sensibilizzazione verso i governi stranieri che intrat-tengono rapporti democratici con Brazzaville.

Recentemente la Chiesa del Congo ha assunto unaposizione ufficiale contro la proposta di revisione costi-tuzionale del presidente congolese Sassou Nguessi, chemira a eliminare il limite massimo di mandato, al fine diripresentarsi alle prossime elezioni politiche del 2016.

Sulla base delle attività portate avanti dalla Chiesalocale e delle informazioni raccolte sulla situazione delCongo, sono state espresse anche chiare raccoman-dazioni nei confronti dei vari soggetti interessati 43, inparticolare:

AL GOVERNO CONGOLESE garantire una reale trasparenza sul budget dello

Stato relativamente agli introiti derivanti dall’estra-zione mineraria;

assicurare il funzionamento indipendente dell’Os-servatorio della “lotta contro la corruzione”;

esigere il rispetto delle norme ambientali da partedelle compagnie petrolifere e minerarie che ope-rano nel paese;

ratificare e rispettare la Convenzione delle NazioniUnite contro la corruzione del dicembre 2003 e laConvenzione dell’Unione Africana sulla preven-zione e la lotta contro la corruzione;

assicurare la partecipazione indipendente deimembri della società civile ai diversi processi legatialla trasparenza e al buon governo;

rispettare le disposizioni della Carta dell’UnioneAfricana sull’organizzazione di processi elettorali li-beri, pacifici e trasparenti.

AI GOVERNI EUROPEI sospendere gli aiuti internazionali nei confronti di

regimi che non prevedono libere elezioni demo-cratiche o che violano diritti umani fondamentali;

insistere sul rispetto dei diritti umani, del buon go-verno, della democrazia e della trasparenza;

assicurarsi che le compagnie multinazionali appli-chino gli stessi standard nei paesi di origine e neipaesi dove svolgono la loro attività;

insistere sul rispetto delle norme internazionali inmateria di tutela ambientale e dei diritti fondamen-

7. Le esperienze e le proposte

21REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

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Laudato Si’, 70

22 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Laudato Si’, 11

tali dei lavoratori da parte delle compagnie privatemultinazionali;

restituire ai paesi d’origine i beni sottratti in viola-zione di norme internazionali e mettere in attomeccanismi di controllo affinché i fondi messi a di-sposizione siano effettivamente utilizzati per lo svi-luppo della popolazione locale;

gli Stati membri dell’Unione Europea dovrebberoprendere esempio dalla legge Dodd-Frank, votatanegli Stati Uniti, che obbliga le compagnie multi-nazionali a pubblicare nei loro paesi le attività rea-lizzate in tutti i paesi del mondo.

ALLE ISTITUZIONI FINANZIARIEINTERNAZIONALI restringere i prestiti per progetti petroliferi in

Africa ai soli governi che presentino un serio im-pegno alla trasparenza sull’utilizzo degli introitiin favore di politiche per la riduzione della po-vertà;

esigere la trasparenza sui budget sia dagli Stati coin-volti che dalle compagnie petrolifere interessate.

ALLA SOCIETÀ CIVILE CONGOLESEE INTERNAZIONALE continuare a fare pressione sui governi del Nord, la

Banca Mondiale, il FMI, le compagnie petrolifere el’insieme degli altri attori per promuovere la traspa-renza degli investimenti petroliferi in Africa;

esigere il fermo rispetto delle norme ambientali eun giusto compenso per le famiglie colpite daidanni ambientali derivanti dall’estrazione;

sviluppare dei legami e rafforzare il network tra imilitanti del Nord e dell’Africa che perseguonoobiettivi comuni.

ALLE COMPAGNIE PETROLIFERE rispettare le norme ambientali; pubblicare, in maniera dettagliata e regolare, l’am-

montare delle imposte e degli altri pagamenti ver-sati allo Stato nel quale operano;

rispettare gli standard internazionali e applicare lestesse politiche aziendali e le stesse pratiche sia neiloro paesi di origine che nei paesi nei quali svol-gono la loro attività;

informare dettagliatamente e coinvolgere le comu-nità locali consentendo loro un adeguato monito-raggio, controllo e partecipazione nelle decisioniinerenti i progetti estrattivi in atto e lo sviluppo diprogetti in favore della popolazione.

adottare il principio di “precauzione” esortato daPapa Francesco secondo cui«se l’informazione oggettiva porta a prevedereun danno grave e irreversibile, anche se non cifosse una dimostrazione indiscutibile, qualun-que progetto dovrebbe essere fermato o modi-ficato».

A queste raccomandazioni sollevate dalla Chiesacongolese, fa eco la presa di posizione ufficiale as-sunta recentemente dalle organizzazioni cattoliche in-ternazionali, a favore di un maggiore impegno per lasalvaguardia dell’ambiente, la mitigazione del cam-biamento climatico e lo sviluppo sostenibile 44. Il do-cumento chiede espressamente un’assunzione diresponsabilità da parte dei governi e un impegno con-creto per un accordo decisivo e vincolante alla pros-sima conferenza internazionale sul clima, che si terràa Parigi a dicembre 2015.

Tra le richieste più specifiche, si sottolinea la neces-sità di creare un fondo internazionale (Green ClimateFund) per rispondere con celerità ed efficacia agli ef-fetti del cambiamento climatico sulle popolazioni piùvulnerabili e l’importanza prioritaria di promuovereun passaggio dai combustibili fossili a forme di ener-gia rinnovabile. Con riferimento all’industria estrattiva,il documento chiede una ferma regolamentazione elimiti vincolanti alle attività che causano un rilevantedanno ecologico e accelerano il cambiamento clima-tico 45.

Accanto a questi importanti richiami rivolti ai go-verni e alle autorità internazionali, si vuole richiamarel’attenzione sulla necessità che tutti gli abitanti dellaterra prendano coscienza, in prima persona, dellagrave crisi ambientale in cui versa il mondo e com-prendano l’importanza e l’urgenza di una svolta, pri-ma di tutto culturale, e di una radicale trasformazionedegli stili di vita. È necessario ricordare che

«tutto è in relazione e che la cura autentica dellanostra stessa vita e delle nostre relazioni con lanatura è inseparabile dalla fraternità, dalla giu-stizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri».

«Se noi ci sentiamo intimamente uniti a tuttociò che esiste, la sobrietà e la cura scaturirannoin maniera spontanea».

Laudato Si’, 186

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23REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

L’IMPEGNO DI CARITAS ITALIANA

Caritas Italiana partecipa a un gruppo di lavoro spe-cifico della rete internazionale delle Caritas delmondo sul tema delle estrazioni minerarie e deiconflitti. Gruppo di cui fa parte anche la commis-sione Giustizia e Pace di Pointe-Noire, principalefonte di informazione del presente dossier, forte-mente impegnata in Repubblica del Congo (Congo-Brazzaville) per la tutela degli ecosistemi e dellapopolazione vittima dei danni ambientali e socialiprovocati dalle attività estrattive.

Inoltre, Caritas Italiana sostiene in Africa numerosi pro-grammi tra cui molteplici progetti per la tutela e lapromozione del territorio e delle comunità localinonché interventi a sostegno delle popolazioni vittimedi conflitti armati e di sfruttamento correlati all’estra-zione di minerali e al depauperamento dell’ambiente.

In particolare nella vicina Repubblica Democra-tica del Congo sono stati appoggiati programmi diassistenza agli sfollati e per il recupero di bambinisoldato, vittime dei conflitti che da anni si perpe-tuano nella regione del Nord Kivu per lo sfrutta-mento delle ingenti risorse minerarie di cui laregione è ricca.

Nella stessa area in passato si è sostenuto un pro-gramma per il contrasto allo sfruttamento del lavorominorile nelle miniere di oro.

Nella regione del Corno d’Africa e del Sahel sisono appoggiati numerosi programmi per il raffor-zamento della capacità delle popolazioni di rispostaalle avversità ambientali (aridità e desertificazione)e di sviluppo sostenibile del territorio.

Per maggiori informazioni e per contribuire ai progetti di Caritas Italiana:www.caritas.it – Ufficio Africa: tel. 06 66177247, [email protected]

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NOTE

24 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

Introduzione1 Dagli scritti di Paolo VI, Pensiero alla morte,

ed. Vaticana, Roma, 1979.2 S. Giovanni Paolo II, Pace con Dio Creatore. Pace con tutto

il creato, Messaggio per la Giornata mondiale della pace1990.

3 Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato Si’. Sulla curadella casa comune, 5, 2015.

4 L’enciclica di Papa Francesco, dedicata alla salvaguardia delcreato, riprende un messaggio già contenuto in diverseprecedenti encicliche e documenti degli episcopati ditutto il mondo: dalle Americhe all’Oceania, dall’Africa delSud all’Asia fino all’Europa. In particolare, cfr. Papa Bene-detto XVI, Lettera enciclica Caritas in Veritate, 2009; PapaGiovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollicitudo Rei Socialis,1987; Papa Giovanni Paolo II, Lettera enciclica CentesimusAnnus, 1991; Papa Paolo VI, Lettera enciclica Pacem in Ter-ris, 1963; Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa delSud, Pastoral Statement on the Environmental Crisis, 5 set-tembre 1999; V Conferenza Generale dell’Episcopato Lati-noamericano e dei Caraibi, Documento di Aparecida, 29giugno 2007; Conferenza dei vescovi cattolici delle Filip-pine, Lettera pastorale What is happening to our beautifulland?, 29 gennaio 1988; Conferenza Episcopale Boliviana,Lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bo-livia El universo, don de Dios para la vida, 2012.

5 Genesi. 2,15. 6 Papa Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in Veritate,

2009.7 Cfr. anche S. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Centesimus

Annus, 38, 841, 1991. 8 Cfr. anche AA.VV., Terra viva. Il nostro suolo, i nostri beni co-

muni, il nostro futuro, 2015. «Il sistema economico domi-nante non riconosce la limitatezza delle risorse. Si fondasu una versione lineare dei processi economici, in cui le ri-sorse sono gli input e i prodotti gli output di un processodi trasformazione. Il destino di quel che viene consumato,in questo caso la terra, rimane separato dalle transazionieconomiche ed è pertanto considerato non pertinente. Inogni parte del pianeta suolo, acqua e terra vengono mer-cificati in nome dello sviluppo col solo scopo del profitto»,p. 8.

9 Cfr. E. Bianchi, “L’Undicesimo comandamento”,in La Repubblica, 19 giugno 2015.

Capitolo 110 Fonte: WMO (Organizzazione Meteorologica Mondiale),

Atlas of mortality and economic losses from weather, cli-mate and water extremes (1970–2012).

11 Cfr. Consiglio S., “Quali sono gli effetti dei cambiamenti cli-matici causati dall’uomo?”, in International Business Time,

IT edition, 2014. Fonti: WMO (Organizzazione Meteorolo-gica Mondiale), Atlas of mortality and economic losses fromweather, climate and water extremes(1970–2012) e IPCC –International Panel on Climate Change (2012). Managingthe risks of extreme events and disasters to advance climatechange adaptation, 2012, https://www.ipcc.ch/ pdf/spe-cial-reports/srex/SREX_Full_Report.pdf

12 Cfr. CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mon-diale), Insabbiati. Sabbie bituminose e unconventional oil.La nuova minaccia al clima e alla sostenibilità ambientale,settembre 2010.

13 CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale),Insabbiati. Sabbie bituminose e unconventional oil. La nuovaminaccia al clima e alla sostenibilità ambientale, cit., p. 5.

14 Cfr. National Geographic, febbraio 2007. 15 CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale),

Insabbiati. Sabbie bituminose e unconventional oil. La nuovaminaccia al clima e alla sostenibilità ambientale,cit., p. 4.

16 Cfr. Consiglio S., Quali sono gli effetti dei cambiamenti cli-matici causati dall’uomo?, 2014, cit.

17 Fonte: IPCC – International Panel on Climate Change,Climate Change 2013: The Physical Science Basis,http://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/

18 Cfr. P. Francesco, Lettera enciclica Laudato Si’. Sulla curadella casa comune, 2015, cit., 23-28.

19 Cfr. Consiglio S., Quali sono gli effetti dei cambiamenti cli-matici causati dall’uomo?, 2014, cit.

20 Fonte: IPCC – International Panel on Climate Change,Climate Change 2013: The Physical Science Basis,http://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/

21 Stockholm Resilience Centre (2009), Planetary boundariesresearch.

22 UNESCO, UN World Water Development Report, Paris, 2009.23 SACBC (South Africa Catholic Bishop Conference), Take

care of Environment, 18 giugno 2015,http://www.sacbc.org.za/

Capitolo 224 Fonte: Banca Mondiale, 2013. 25 Rapporto sullo Sviluppo Umano del 2014 compilato dal-

l'Organizzazione delle Nazioni Unite nell'ambito del Pro-gramma di Sviluppo, pubblicato il 24 luglio 2014.

26 Commissione Giustizia e Pace di Point Noire, Rapporto Ex-ploitation pétrolière et minière au Congo-Brazzaville, 2009.

27 Commissione Giustizia e Pace di Point Noire , SecoursCatholique, Dossier Le pétrole ne coule pas pour les pauvres, 2009.

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25REPUBBLICA DEL CONGO | «ECOLOGIA INTEGRALE»

28 CRBM (Campagna per la Riforma della Banca Mondiale),Insabbiati. Sabbie bituminose e unconventional oil. La nuovaminaccia al clima e alla sostenibilità ambientale, cit., p. 12.

Capitolo 329 V. https://www.africaeaffari.it/2461/rep-congo-italia-

nguesso-a-roma-firma-accordi-con-eni-e-ferrovie-dello-stato. V. anche il Fatto Quotidiano, 6 luglio 2015, «Affari nerineri. In Congo Eni si ritrova concessionaria di quattro gia-cimenti insieme a una società vicina al dittatore SassouNguesso e sospettata di riciclaggio. Dimissioni del consi-gliere Luigi Zingales dal CDA di ENI», http://www.dago-spia.com/rubrica-29/cronache/affari-neri-neri-congo-eni-si-ritrova-concessionaria-quattro-104268.htm

30 V. articolo di Enrico Casale su http://www.africarivista.it/pistelli-alleni-scelta-piena-di-interrogativi/59216/

31 Fonte: Commissione Giustizia e Pace di Point Noire. 32 Centre de Recherches Agronomiques de Loudima,

Rapport Scientifique relatif aux échantillons de solsprélevés dans les sites expérimentaux du projet Maniocde ENI Congo dans la zone pétrolifère de Mboukou, 2009.

33 Cfr. Commissione Giustizia e Pace di Point Noire, SecoursCatholique et al., Avenirs énergétiques: Les investissementsd’Eni dans les sables bitumineux et les palmiers à huile dansle Bassin du Congo, 2009.

34 Commissione Giustizia e Pace di Point Noire, Secours Ca-tholique et al., Avenirs énergétiques: Les investissementsd’Eni dans les sables bitumineux et les palmiers à huile dansle Bassin du Congo, p. 10, 2009.

Capitolo 435 Commissione Giustizia e Pace di Point Noire, Secours Ca-

tholique et al., Avenirs énergétiques: Les investissementsd’Eni dans les sables bitumineux et les palmiers à huile dansle Bassin du Congo, pp. 27-28, 2009.

36 ITIE (Initiative pour la Transparence des Industries Extractives),(2014), République du Congo. Synthèse Rapport ITIE 2013.

37 Coalition Congolaise “Publiez ce que vous payez”, (2014).Rapport de suivi des investissements publics dans le secteurde la santé. Budgets 2011, 2012, 2013.

38 V. in particolare Centre de Recherches Agronomiques deLoudima, Rapport Scientifique relatif aux échantillons de solsprélevés dans les sites expérimentaux du projet Manioc deENI Congo dans la zone pétrolifère de Mboukou, 2009.

39 P. Peddes, Ph del terreno: perché è importante,http://www.verdiincontri.com/articoli/art10005.htm

Capitolo 640 Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (14 giugno

1992), Principio 15. Tale principio è ripreso da Papa France-sco nell’enciclica Laudato Si’, dove viene riformulato come“principio di precauzione”, P. Francesco, Lettera EnciclicaLaudato Si’. Sulla cura della casa comune, 186, 2015.

41 Cfr. anche P. Benedetto XVI (2009), Lettera enciclicaCaritas in Veritate, 66: AAS 101, 699.

42 La Carta della Terra, del 29 giugno 2000, considerata dal-l’Unesco come uno dei principali riferimenti etici per l’edu-cazione alla sostenibilità, nel quadro del Decennio ONUsull’educazione allo sviluppo sostenibile.www.cartadellaterra.org.

Capitolo 743 Commissione Giustizia e Pace di Point Noire, Secours Ca-

tholique, (2009). Dossier Le pétrole ne coule pas pour lespauvres, p. 20.

44 Caritas Internationalis, CIDSE, Catholic International Orga-nisations facing up to climate change, novembre 2014.

45 Cfr. anche Caritas Internationalis. What climate changemeans for feeding the planet, p 25, 2014. Il documento uffi-ciale delle organizzazioni cattoliche internazionali per unarisposta al fenomeno del cambiamento climatico è statotradotto in un modello di lettera di advocacy da utilizzarsida parte delle organizzazioni Caritas verso i Ministeri inte-ressati dei rispettivi paesi (Model Advocacy letter to the useof Caritas organizations. Caritas recommendations for the21st Conference of the Parties to the UNFCCC).

46 Messaggio del Santo Padre al Presidente del PontificioConsiglio della Giustizia e della Pace in occasione dell’In-contro “Una giornata di riflessione – Uniti a Dio ascoltiamoun grido” (Roma, 17-19 luglio 2015),

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http://www.wmo.int/pages/prog/drr/transfer/2014.06.12-WMO1123_Atlas_120614.pdf

IPCC – International Pannel on Climate Change, Managing the risks of extreme events and disastersto advance climate change adaptation, 2012http://www.ipcc.ch/report/ar5/wg1/

Pontifical Council for Justice and Peace, The vocation of the business leader: A reflection, 30 March 2012http://www.justpax.it/eng/home_eng.html

Renewing the earth, A Pastoral Statement of the United States Catholic Conference, 14 November 1991http://www.usccb.org/issues-and-action/human-life-and-dignity/environment/renewing-the-earth.cfm

www.cartadellaterra.org

Page 28: DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE - Caritas · 2015-08-28 · 4 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE Inoltre vi è un forte accento sull’esigenza di traspa-renza,

Innalzamento costante delle temperature, depauperamento progressivodegli ecosistemi, aumento dei disastri naturali del 470% negli ultimi 30 anni,intere comunità devastate. A livello mondiale sono ancora una volta i più i poveria pagare il conto dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento.

L’avvelenamento di ambiente e persone nella Repubblica del Congo, ad operadelle compagnie petrolifere, è specchio di un modello di sviluppo globaleinsostenibile, ingiusto, violento.

Vi è una responsabilità imprenditoriale e politica, incurante dell’impatto socialee ambientale delle attività estrattive e dei sistemi produttivi. E una responsabilitàindividuale e collettiva nell’alimentare la cultura consumistica.

Occorre una profonda revisione degli stili di vita e un incisivo impegno civiconel sollecitare imprese e governi a un deciso cambio di passo.

Grecia

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 1 – Gennaio 2015

Gioventù feritaLa crisi come una guerra, il Paese a un bivio

I precedenti dossier (disponibili su www.caritas.it; shortlink alla sezione: http://bit.ly/1LhsU5G):1. GRECIA: Gioventù ferita – Gennaio 20152. SIRIA: Strage di innocenti – Marzo 20153. HAITI: Se questo è un detenuto – Aprile 20154. BANGLADESH, INDIA, SRI LANKA, THAILANDIA: Lavoro dignitoso per tutti – Maggio 20155. BOSNIA ED ERZEGOVINA: Una generazione alla ricerca di pace vera – Giugno 20156. GIBUTI: Mari e muri – Giugno 20157. IRAQ: Perseguitati – Luglio 2015

Bangladesh | India | Sri Lanka | Thailandia

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 4 – Maggio 2015

Lavoro dignitoso per tuttiDisoccupazione, sfruttamento, riduzione in schiavitù

ledono i diritti umani fondamentali

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 5 – Giugno 2015

Una generazione alla ricerca di pace vera

I giovani e le sfide per il futuro:riconciliazione, dialogo interreligioso, lavoro

Bosnia ed Erzegovina

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 6 – Giugno 2015

Mari e muriInfinite barriere mortali per i migranti

Gibuti

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 7 – Luglio 2015

PerseguitatiCristiani e minoranze nella morsa fra terrorismo e migrazioni forzate

Iraq