DONNE E LEADERSHIP

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PREMESSA La sintesi qui proposta intende restituire in termini molti sintetici i risultati emersi da un approfondito lavoro di ricerca sul campo, compiuto presso un campione di circa duecento donne collocate, per ruolo e funzioni, in posizioni dirigenziali nei diversi ambiti della vita economica, sociale, politica e culturale. L’iniziativa, promossa da UniCredit e realizzata dal Consorzio Aaster, si inserisce all’interno di un percorso di ricerca pluriennale, condotto con l’obiettivo di leggere le priorità e le direttrici di sviluppo del nostro Paese attraverso il punto di vista di quegli attori emergenti che, aspirando all’eccellenza nei più vari ambiti di azione, hanno interpretato in modo costruttivo i processi di trasformazione cui abbiamo assistito nell’ultimo ventennio. Appartenenza delle intervistate per settore (%) 0 5 10 15 20 25 Biotecnologie Professioni liberali Professioni del Welfare Rappresentanze degli interessi FIRE economy Management di grandi imprese Capitalismo delle reti Classe politica Nuove professioni/ ICT/ creatività Opinion leader/ cultura/ spettacolo Università/ ricerca Imprenditoria del Made in Italy 4,7 4,7 5,2 2,9 5,8 3,5 4,1 8,7 9,3 10,5 16,3 24,4 Area geografica di appartenenza delle intervistate (%) Nord Ovest Lombardia Nord Est Centro Nord Roma Sud Sicilia 12 26,3 15 12,6 16,2 13,8 3,0 ABSTRACT RICERCA DONNE & LEADERSHIP Abstract Ricerca Donne & Leadership 1 di 4

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PREMESSA

La sintesi qui proposta intende restituire in termini molti sintetici i risultati emersi da un approfondito lavoro di ricerca sul campo, compiuto presso un campione di circa duecento donne collocate, per ruolo e funzioni, in posizioni dirigenziali nei diversi ambiti della vita economica, sociale, politica e culturale.

L’iniziativa, promossa da UniCredit e realizzata dal Consorzio Aaster, si inserisce all’interno di un percorso di ricerca pluriennale, condotto con l’obiettivo di leggere le priorità e le direttrici di sviluppo del nostro Paese attraverso il punto di vista di quegli attori emergenti che, aspirando all’eccellenza nei più vari ambiti di azione, hanno interpretato in modo costruttivo i processi di trasformazione cui abbiamo assistito nell’ultimo ventennio.

Appartenenza delle intervistate per settore (%)

0 5 10 15 20 25

Biotecnologie

Professioni liberali

Professioni del Welfare

Rappresentanze degli interessi

FIRE economy

Management di grandi imprese

Capitalismo delle reti

Classe politica

Nuove professioni/ ICT/ creatività

Opinion leader/ cultura/ spettacolo

Università/ ricerca

Imprenditoria del Made in Italy

4,7

4,7

5,2

2,9

5,8

3,5

4,1

8,7

9,3

10,5

16,3

24,4

Area geogra�ca di appartenenza delle intervistate (%)

Nord OvestLombardiaNord EstCentro Nord

RomaSudSicilia

12

26,3

1512,6

16,2

13,83,0

ABSTRACT RICERCA DONNE

& LEADERSHIP

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LO SGUARDO FEMMINILE SULLE TRASFORMAZIONI DEL PAESENel complesso, le intervistate hanno letto e interpretato i cambiamenti del Paese, privilegiando un duplice sguardo:

Anche la lettura delle economie del territorio, delle reti, dei singoli contesti risente di questa particolare lettura, che tende a non separare soggettività e ruolo, percorso professionale e biografia personale, dimensioni socio-economiche e istanze culturali. Ed è proprio il “cambiamento culturale” (il cambiamento dei rapporti tra i generi, una diversa relazione tra sfera pubblica e sfera privata, la trasformazione della famiglia, ma anche un certo degrado della dimensione pubblica, annotano le intervistate) ad emergere come evidenza principale, anche se con differenze tra Nord e Sud. Accenti e toni diversi rimandano non solo agli assetti strutturali e infrastrutturali, ma anche alle diseguali opportunità di protagonismo sociale ed economico concesso alle donne che appartengono a queste due macroaree del nostro Paese.

DONNE E LEADERSHIPContestualmente al processo di “femminilizzazione” del mercato del lavoro e alla più ampia partecipazione alla vita sociale da parte delle donne si è acceso in Italia in anni recentissimi un significativo dibattito sul rapporto tra donne e leadership.

Tale dibattito verte sostanzialmente su:

Oltre ai luoghi storici di elaborazione del pensiero femminista e femminile (comitati, associazioni, circoli, gruppi informali e non, etc.), le sedi più attive di questo dibattito sono rappresentate - e le interviste svolte sul campo sembrano averlo confermato - da una molteplicità di realtà, fiorite nel corso degli anni intorno al mondo economico nelle sue manifestazioni più avanzate dal punto di vista organizzativo: le transnazionali, i grandi gruppi industriali, gli studi professionali, i protagonisti del capitalismo delle reti (banche, utilities, compagnie telefoniche, università, media, etc.).

Sono peraltro questi gli ambiti ai quali viene generalmente attribuito un ruolo fondamentale nel processo di modernizzazione del Paese, dal momento che essi occupano una posizione centrale nella commutazione tra linguaggi globali (quelli della scienza, delle tecnologie, della finanza, dell’informazione, etc.) e linguaggi locali (quelli

• uno, attento alla dimensione processuale e di interconnesione dei fenomeni e non tanto ai singoli, seppur significativi, eventi (Tangentopoli, la globalizzazione, la crisi del welfare, per citarne alcuni) e alla loro scansione temporale nell’arco degli ultimi venti anni;

• l’altro, più interessato a cogliere i nessi tra le trasformazioni del Paese e il processo di “femminilizzazione”, lento e contraddittorio, in atto nella società italiana.

• difficoltà incontrate dalle donne nell’accesso alle posizioni dirigenziali;

• modo peculiare di interpretare il ruolo di leader negli ambiti organizzativi e nei mondi professionali;

• eventuali forme del conflitto e di negoziazione che dovrebbero essere adottate per mutare i rapporti di forza di genere;

• contributo che le donne stanno fornendo e sono chiamate a fornire nella costruzione di una classe dirigente (politica, economica, sociale e culturale) adatta alle sfide della modernità.

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della tradizione produttiva, dell’amministrazione e della burocrazia pubblica, dei servizi di welfare, ma anche delle comunità locali territorializzate nei distretti e nelle piattaforme produttive).

Dal punto di vista sistemico tale funzione di raccordo tra flussi e luoghi è proprio quella che si attribuisce precipuamente al concetto di neoborghesia. Su questo terreno ci si è chiesti quale sia il ruolo delle donne, a partire dal fatto che il processo di “femminilizzazione”, cui facevamo riferimento sopra, sebbene abbia avuto origine negli anni Settanta, si è sviluppato diffusamente nella temperie dell’ultimo ventennio, quello in cui abbiamo assistito a quella infinita transizione del Paese ancora oggi in atto. Si potrebbe dire che l’ingresso e la problematica affermazione femminile e del femminile siano tra gli elementi che connotano questa transizione tutt’altro che compiuta, anche se con tratti diversi al Nord rispetto al Sud.

La sindrome da “soffitto di cristallo” è sempre più questione che diventa tema collettivo e oggetto di dibattito pubblico, che testimonia il ritardo del nostro Paese nell’attualizzare problematiche ben note in altri contesti sociali e politici. Questione che non è ulteriormente rinviabile per i destini del Paese. Ascoltando le intervistate, verrebbe da dire che gli uomini rappresentano tutti i limiti della classe dirigente tradizionale, con tutte le sue degenerazioni più recenti, mentre le donne rappresentano parte di quel capitale di innovazione che tanto fatica ad affermarsi. L’egemonia del regime di cooptazione, la prevalenza di meccanismi di reclutamento per appartenenze e lealtà personali più che per merito, lo scarso ricambio di élite, che si reggono su rendite di potere, scaturiscono da una cultura relazionale che ha come interpreti principali gli uomini, anche se, va detto, questo modo tipicamente maschile di intendere la leadership viene alimentato anche da una parte delle donne.

Le intervistate ci dicono come la separazione tra dimensione della cura e dimensione dell’operosità sia ciò che pone in tensione e, non di rado, dilania il femminile, ad oggi ancora unico collante tra le diverse sfere della vita. In merito a ciò vanno evidenziate almeno due questioni:

In tal senso, il dibattito che si rintraccia nelle interviste, da una parte, fa riferimento allo strumento delle “quote” quale dispositivo temporaneo (“male necessario”) per favorire l’accesso alle stanze del potere viste le mille resistenze, tanto implicite quanto esplicite, dimostrate quotidianamente dal mondo maschile. Dall’altra, richiama ripetutamente il tema della conciliazione tra vita e lavoro come ambito per la formulazione di una diversa organizzazione del lavoro e del welfare, senza tuttavia uscire, nella gran parte dei casi, dal recinto del welfare state novecentesco e con pochi riferimenti a istanze di welfare community o a nuove forme di mutualismo e auto-organizzazione sociale. La riflessione delle intervistate si è soffermata per lo più sulla dimensione biografica e sulla propria appartenenza al mondo economico/professionale, mentre si è arrestata prevalentemente a denunciare i limiti al livello macro, che chiama in causa i grandi sistemi istituzionali, ad esempio il welfare e la società.

• La prima rimanda alla consapevolezza e volontà delle donne, che già oggi occupano posizioni di leadership, di rendere visibile questo legame nella sfera pubblica per farne motivo di coinvolgimento della parte maschile nella ridefinizione del rapporto tra le dimensioni della cura e dell’operosità. Su questo terreno le donne intervistate, ma forse non è altro che una conferma ulteriore dello zeitgeist, sembrano per altro attribuire scarsa fiducia all’azione collettiva. Non è un caso che le tante realtà femminili presenti puntino, nella quasi totalità dei casi, a strutturare la propria azione o per abilitare le singole donne nel loro percorso di ascesa professionale, o per evidenziare il potenziale del femminile ai fini del rilancio della crescita economica, mentre scarseggiano riflessioni e iniziative orientate a coniugare economia e coesione sociale, autodeterminazione e legame sociale.

• La seconda questione, non certo disgiunta dalla prima, rimanda al tema dell’agire politico e istituzionale. La ridefinizione di genere del rapporto tra cura e operosità deve passare necessariamente attraverso un confronto politico, che porti ad una diversa regolazione dei rapporti tra le due sfere, oggi in profonda trasformazione interna e nei reciproci equilibri.

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Nelle grandi strutture di servizio (banche, assicurazioni, compagnie telefoniche, grandi gruppi editoriali, transnazionali, etc.), dove il più delle volte è presente un quadro regolativo che ne parifica le opportunità di carriera, si agita un ceto emergente di donne leader, sospese tra il non più della dicotomia paria/parvenu del potere di arendtiana memoria e nuovi stili di management che meglio si sposano con le caratteristiche o gli stereotipi di genere al femminile (capacità di ascolto e valorizzazione del team, minore uso della leva comando-controllo, diverso rapporto con il potere, conciliazione vita e lavoro, etc.).

Nel capitalismo famigliare della media impresa si assiste ad una progressiva immissione di donne in posizioni dirigenziali in corrispondenza di processi di successione imprenditoriale imperniati sul passaggio dalla figura accentratrice dei padri fondatori alla specializzazione delle funzioni manageriali e dell’azionariato diffuso.

L’afflusso della componente femminile al (quasi) vertice delle imprese del made in italy si riproduce anche nel mondo della rappresentanza degli interessi, non solo nelle sue figure di vertice ma anche a livello territoriale, specie se si guarda al

Mezzogiorno. Questo fenomeno investe anche il mondo sindacale, mentre appare più faticoso nelle rappresentanza della micro e piccola impresa, laddove la tradizione della corrispondenza tra impresa e progetto di vita maschile è più forte, mentre la nuova imprenditoria femminile terziaria incontra le medesime difficoltà di auto-rappresentazione del mondo del lavoro autonomo professionalizzato.

Nel terziario della conoscenza, così come nelle libere professioni “femminilizzazione” fa molto spesso rima con “proletarizzazione” professionale (basti pensare ai differenziali di reddito uomo-donna che oscillano qui, come in altri settori, tra il 20 e il 30%), benché per ironia sia proprio in questo segmento sociale che il desiderio di “prole” suona come una condanna per le carriere di tante donne.

Annotano le interviste, la politica molto potrebbe fare per accompagnare una transizione sociale ed economica, che tende a disarticolare tutte quelle unità di convivenza sociale di cui la pelle delle donne porta i segni più drammatici: dalla violenza domestica alla sindrome della “donna acrobata”, dalla scarsa attenzione data al lavoro di cura come ambito di nuove pratiche di welfare community alla mancata valorizzazione del talento femminile.

IL PUNTO DI VISTA DEI MONDI PROFESSIONALIIl racconto emerso dai vari mondi conferma come la questione di genere si sia scomposta seguendo le linee di frattura che attraversano la composizione sociale nel suo complesso e come le donne rappresentino oggi, nei diversi frammenti sociali, la parte che vive con maggiore intensità le contraddizioni.

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