don Bosco testimone dellamore Don Bosco… un volto da contemplare sulla scia di chi lo ha visto.
DON BOSCOspettacolo;allegati... · DON GIOVANNI BOSCO GIUSEPPE BOSCO Il Conte CAMILLO BENSO di...
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Mario Rosso
DON BOSCO Azione Storica in 5 tempi
Al molto Rev. Don GIUSEPPE BERTAINA
Sacerdote Salesiano
che mi fu prodigo di preziosi consigli quale deferente omaggio.
Torino 1935
Tipografia del Collegio Artigianelli
Via Juvara, 14
ISTITUTO INTERNAZIONALE «DON BOSCO» - Torino
Torino, 13 novembre 1934.
Egregio Signor Rosso,
Ho il piacere di significarle ancora una volta la mia completa soddisfazione, e questo anche
a nome dei Superiori dell'istituto internazionale, per il bel lavoro scritto da Lei su Don
Bosco e interpretato con tanto senso artistico dalla sua compagnia filodrammatica.
I Reverendi Chierici dell'istituto Teologico, critici inesorabili, specialmente di una
produzione del genere, date le loro conoscenze della vita del Fondatore, hanno affermato
all’unanimità che il lavoro ha superato di gran lunga la loro aspettativa.
Mettere in scena un Santo, quando è ancora una figura ben nota al pubblico talmente che
su di essa non si può procedere d'inventiva, ma bisogna rimanere stretti al fondamento
storico, non è impresa facile, Ella però vi è riuscita.
L'assicuro della più distinta stima, e nell'attesa di vederla ancora al lavoro, godo di potermi
professare di V. S. Ill.ma obbligatissimo in Don Bosco
Sac. BERTAINA GIUSEPPE,
Direttore dell' Oratorio Salesiano Crocetta.
GIUDIZI ESPRESSI DA SACERDOTI CHE HANNO ASSISTITO ALLA RECITA DEL
PRESENTE LAVORO:
ISTITUTO MISSIONARIO SALESIANO
«CONTI REBAUDENCO» - Torino - 1° gennaio 1935;
Preg. Signor Rosso,
Bene!... Bravi! Il suo lavoro non solo ha divertito, ma ha fatta del bene alle anime. Siete stati
apostoli! - D. MORETI.
ORATORIO SALESIANO S. PAOLO
Via Luserna, 16 – Torino - 14 gennaio 1935;
Egr. Sig. Rosso,
La ringrazio vivamente per la bellissima serata che ci procurò col suo “Don Bosco” nel nostro
Salone. Noi ed il pubblico fummo soddisfatti e per il lavoro e per l'interpretazione. Una cosa
che renderebbe più vivo l'ultimo quadro, faccia parlare qualcuno dei bambini. Rinnovo grazie
ed auguro che ovunque abbia a trovare l'entusiasmo di “S. Paolo”. Don CASTELLOTTI,
Direttore.
ORATORIO SALESIANO «MICHELE RUA»
Borgata Monte Rosa – Torino - 8 gennaio 1935.
Ringrazio sentitamente il Signor Mario Rosso per la splendida serata procurata al pubblico
dell'oratorio col riuscitissimo suo lavoro “Don Bosco”. L'esito fu di gran lunga superiore
all'aspettativa. Auguro di cuore al valente autore e attore e ai suoi compagni nuovi brillanti
successi. - Il Direttore: Don FRANCESCO VITALE.
PARROCCHIA DI SAN GAETANO
Regio Parco – Torino - 8 marzo 1935.
Egr. Sig. Rosso,
Nel ringraziarla per la magnifica serata regalataci colla rappresentazione del suo riuscitissimo
lavoro “Don Bosco”, tengo a dichiararle tutto il mio plauso per la bravura con cui Lei ha
tratteggiato la figura incomparabile dell'Apostolo della Gioventù. L'interpretazione fu poi
addirittura impeccabile. Augurandole nuovi meritati successi la ossequio. Teologo Domenico
Luigi Paglia - Curato
Personaggi
DON GIOVANNI BOSCO
GIUSEPPE BOSCO
Il Conte CAMILLO BENSO di CAVOUR
URBANO RATTAZZI
GIUSEPPE BUZZETTI
Teologo LUIGI GUALA
DON BOREL
BARTOLOMEO GARELLI
GIORGIO GUALANDI
Il Signor GIOVANNI
UN AGENTE di Polizia
Il SAGRESTANO
L'ANNUNCIATORE
Un gruppo di bambini dell'Oratorio.
PRIMI INTERPRETI del “Don Bosco”, rappresentato all'istituto Internazionale ((Don Bosco» di
Torino nel Novembre 1934, furono i Signori:
Quirino Fiorito (Don Bosco); Vittorino Bietto (Giuseppe Bosco); Rosso Mario (Conte
Camillo Benso di Cavour); Arrigo Amerio (Urbano Rattazzi); Michelangelo Artioli (G.
Buzzetti); Adriano Pretti (Teologo Luigi Guala); Natale Garabello (Il Sagrestano); Enrico
Bricarello (Don Borel); Roberto Antonello (Bartolomeo Garelli); A. Amerio (Giorgio
Gualandi); Felice Boido (Il Signor Giovanni); Angelo Arduini (Agente di Polizia).
PRIMO TEMPO
L'azione si svolge l'8 Dicembre 1841, in una cameretta attigua alla Sacrestia della
Chiesa di S. Francesco d'Assisi, in Torino.
SCENA I TEOLOGO GUALA e SAGRESTANO
TEOL. GUALA - (Sacerdote piuttosto attempato e affabile. Entra dalla porta centrale e
interrogherà il sagrestano intento a ripiegare alcuni camici che si trovano su di un
cassettone posto a ridosso della parete di fondo). Don Cafasso è uscito?
SAGRESTANO - Sì, Teologo Guala, è uscito da mezz' ora dopo aver celebrata la Messa.
TEOL. GUALA - Ti disse dove andava?
SAGRESTANO - Credo che sì sia recato alle carceri per le consuete visite.
TEOL. GUALA - Va bene. Che ora è?
SAGRESTANO (consultando l'orologio. Le nove e mezza, Rettore.
TEOL. GUALA - Di già!... È tardi allora... riempi le ampolline e disponi per la Messa. Fra poco
Don Bosco sarà qui per celebrarla..
SAGRESTANO - A quale Altare?
TEOL. GUALA - A quello dell'Angelo Custode.
SAGRESTANO - Vado subito. (sì allontana, ma ritorna subito sui suoi passi). Permetta prima due
parole sole.
TEOL. GUALA - Di' pure.
SAGRESTANO - Dal giorno che Don Bosco celebra in questa Chiesa, la pace se n'è andata; sempre
ragazzi sfaccendati e mocciosi tra i piedi e per tutta la giornata gridano al par di matti.
TEOL. GUALA - Che male ti cagionano essi?
SAGRESTANO - Nessuno.
TEOL. GUALA - E allora lasciali gridare; I fanciulli non sono forse le creature più care a Dio?
SAGRESTANO - Il male è che la gente qui attorno si lagna con me per gli schiamazzi continui e
minaccia di riferire la cosa alle Superiori Autorità, se non si prende ripiego.
TEOL. GUALA - Lascia che la gente mormori; l'allegria infantile se sana e gioiosa non può recare
danno a nessuno.
SACRESTANO - ... ma infastidisce...
TEOL. GUALA - Sei tu che infastidisci il prossimo con le tue ciarle inutili. Affrettati piuttosto a far
ciò che ti ho detto.
SACRESTANO - Ubbidisco Rettore!
(Fa’ per uscire, ma si incontra con Don Bosco che entra in quel momento).
SCENA II.
Il SACRESTANO e detti.
DON BOSCO (è affabilissimo, ha il sorriso bonario ma arguto, aspetto giovanile, occhi vivaci ed
intelligenti. Indossa una veste nuova da Sacerdote con mantellinetta). Dove vai con tanta
premura?
SACRESTANO - Ad approntare l'Altare per la sua Messa.
DON BOSCO - Bravo. Assicurati che vi siano fiori freschi anche all'Altare della Vergine.
SACRESTANO - Sarà fatto Don Bosco. (via).
DON BOSCO - Buon giorno, Rettore.
TEOL. GUALA - Buon giorno a Voi, Don Bosco. Novità?
DON BOSCO - Nessuna. Cioè una: stamane molto facilmente mio fratello Giuseppe verrà qui a tro-
varmi.
TEOL. GUALA - Mi rallegro con Voi per questa sua visita. L'avere una persona cara vicina,
pregare per lei mentre si celebra il più solenne degli Uffici Divini, deve recare molta
emozione al cuore, non è vero?
DON BOSCO - Certamente. Egli se ne viene a Torino da Borgo Murialdo a piedi, ed il percorso è
lungo e disagevole. Credo che si fermerà da me pochi giorni appena per non lasciar tanto
tempo sola mia madre. Antonio, il mio fratellastro, non può interessarsi troppo di lei,
avendo già una famiglia propria alla quale pensare.
TEOL. GUALA - Fortunato Voi che possedete ancora il prezioso tesoro dell'affetto materno!
DON BOSCO - Tale felicità la devo a Dio, che prego continuamente perché me la serbi a lungo.
TEOL. GUALA - Ditemi un po' Don Bosco... i vostri biricchini fanno progressi?...
DON BOSCO - Non mi posso dolere di essi.. Sono tutti ossequienti alle mie ammonizioni, benché
irrequieti e pieni di vivacità. La gioventù, questa porzione più preziosa dell'umana società e
su cui si fondono le speranze di un felice avvenire non è di per se stessa d'indole perversa.
Nei teneri cuori è facile insinuare i principii d'ordine, di buon costume, di rispetto, di
religione, perché se accade talvolta che essi siano guasti in quell'età, lo sono piuttosto per
inconsideratezza, che per malizia consumata. Questi giovani hanno veramente bisogno di
una mano benefica che sì prenda cura di loro, li coltivi alla virtù e li allontani dal vizio.
L'unica difficoltà consiste nel trovare modo di adunarli, poter loro parlare da padre, da
fratello, da amico, moralizzarli insomma. Ecco perché io, con l'aiuto di Dio, spero di
concludere qualche cosa di utile e di buono.
TEOL. GUALA - La vostra erudizione in materia di catechismo mi impressiona, bravo Don Bosco,
io mi dichiaro orgoglioso di essere il vostro superiore, perché prevedo che molto cammino,
per la via della virtù, farete nella vita.
DON BOSCO (sorridendo) - Grazie del vostro lusinghiero pronostico.
TEOL. GUALA - Don Cafasso mi ha parlato molto bene di voi, constato ora con vivo
compiacimento che non si era sbagliato nei suoi apprezzamenti.
DON Bosco - Don Cafasso mio consigliere spirituale e mio Maestro, è un modello di rettitudine e di
carità, mentre io non sono che un permaloso ed un irascibile.
TEOL. GUALA - Irascibile voi?!... Non lo si direbbe!...
DON BOSCO (sorridendo) - Ne volete una prova ?
TEOL. GULA. - Sentiamola.
DON BOSCO - Eccola. Ora mi sono ammansito un po'... ma da giovane, approfittando della mia
forza muscolare, ho lasciato andare certi ceffoni ai miei avversari di pugilato, che a
qualcuno devo aver lasciato anche il segno. Un giorno alcuni mali intenzionati presero a
disprezzare un mio amico carissimo; maggiore di me in età e statura, ma di indole timida e
pacifica. Ad un certo punto non soltanto degli insulti si accontentarono i malvagi, ma uno
di essi fattosi più prepotente ed ardito, ripetutamente schiaffeggiò l'amico mio. Il buon
Comollo, così si chiamava il mio compagno, non reagì, ma si limitò a sorridere. Intervenni
io allora, acceso d'ira mi dimenticai di me stesso ed eccitando in me non la ragione, ma la
forza brutale, non avendo a portata di mano né sedie né bastoni strinsi con le mani le spalle
di uno di quei malvagi e di lui mi servii come di un randello per colpire i miei avversari,
pronti a continuare le offese; quattro caddero stramazzoni a terra, gli altri fuggirono
spaventati chiedendo aiuto.
TEOL. GUALA - Una saggia lezione avete impartita a quei monelli!
DON BOSCO (ridendo) - E di essa se ne ricordarono per un pezzo! Come vedete, teologo Guala,
ho ben ragione di chiamarmi impulsivo.
SCENA III.
DON BOSCO e detti.
SACRESTANO (dalla porta di fondo) - Don Bosco, c'è in sacrestia un contadino che chiede di lei...
Devo farlo passare?
DON BOSCO - Ma certamente... quel contadino è mio fratello.
SACRESTANO (un po' mortificato). Scusi... non sapevo...
DON BOSCO - Vado io stesso ad incontrarlo... Con permesso, teologo... (esce).
TEOL. GUALA - Accomodatevi pure...
DON BOSCO (esce).
TEOL. GUALA (al sacrestano) - Tu vieni con me perché ho diverse cose da farti fare; innanzi
tutto devi battere il tappeto dell'altar maggiore, poi quando Don Cafasso sarà ritornato
dalle carceri, dovrai accompagnarlo nelle consuete visite agli ammalati.
SACRESTANO - Va bene, signor Rettore. (segue il sacerdote). Qui c'è sempre da fare... sempre
da fare... (esce).
SCENA IV.
DON BOSCO e il fratello GIUSEPPE
DON BOSCO (introducendo il fratello) - Vieni pure avanti caro Giuseppe e considera questo luogo
come casa tua.
GIUSEPPE (contadino dall'aspetto bonario, ma ben messo nell'abito; porta una cesta che si
presume contenga delle vivande). Grazie... grazie... Giovanni... ora dammi una sedia
perché sono piuttosto stanco. (depone la cesta).
DON BOSCO (porgendo la sedia) - Eccola. Ma perché benedetto uomo hai voluto percorrere tanta
strada a piedi?
GIUSEPPE - Ci sarebbe venuta anche la mamma a Torino con me per vederti, se non avesse le
galline da accudire. Credi, caro Giovanni, quelle galline sono una vera disperazione; se non
si sorvegliano continuamente ti beccano tutta l'insalata.
DON BOSCO - Come sta la mamma?
GIUSEPPE - Bene, e se sapessi come desidera rivederti!
DON BOSCO (sorridendo con affabilità) - Me lo immagino... perché so che mi volete tanto bene.
GIUSEPPE - E te ne abbiamo sempre voluto sai, anche quando la mamma fu costretta a mandarti a
cercar lavoro quale garzone in qualche cascinale. Ricordi, lo trovasti ai Moglia... Il nostro
fratellastro Antonio non ti voleva in casa... e tu per non vederci soffrire te ne partisti col
tuo fagotto, solo, senza saper dove... (commosso) Non ti puoi immaginare quale pena al
cuore abbiamo provato in quel giorno io e la mamma al vederti partire così...
DON BOSCO - Ma perché mi parli del passato, Giuseppe? È verso l'avvenire che dobbiamo
guardare con speranza e con fede...
GIUSEPPE - Hai ragione Giovanni, perdonami se ti ho rattristato. Ecco qui, in questa cesta ti ho
portato due dozzine di uova fresche raccolte apposta ai cascinali di Castelnuovo, un bel
cappone, e un po' di biancheria; tutta questa roba te la manda la mamma.
DON BOSCO - Grazie per le vostre premure. Ma tu quanto avrai dovuto faticare per portarmi tutto
ciò!
GIUSEPPE - Mica tanto. Un giovanotto di ventott'anni non li sente neppure queste fatiche; e poi tu
che sei mio fratello e mi assomigli, non mi puoi dar torto!
DON BOSCO (sorridendo) Tutt'altro!
GIUSEPPE - Tutti quei di Castelnuovo mi hanno incaricato di salutarti e di dirti che ti aspettano
nuovamente con impazienza. Anche Don Cinzano il tuo buon maestro ti saluta tanto.
Quando ritornerai fra noi?
DON BOSCO - Più presto di quanto tu creda.
GIUSEPPE - Bravo Giovanni. La mamma poi mi ha raccomandato tanto di dirti che tu la ricordi
nelle tue preghiere adesso che sei prete!
DON BOSCO - Non dubitare, farò tesoro di queste tue raccomandazioni. Ora però occorre che tu
mi lasci un po' solo, perché devo prepararmi alla Messa. Celebrerò all'Altare del S. Angelo
Custode, quello al quale ho celebrato il mio primo Ufficio Divino. Ci ritroveremo più tardi,
qui in questa stessa camera.
GIUSEPPE - Va bene, vado in Chiesa subito... ma e la cesta... posso lasciarla qui?
DON BOSCO - Lasciala pur qui liberamente.
GIUSEPPE - Va bene. Arrivederci Giovanni e ricordati di nostra madre pregando.
DON BOSCO - Non solo della mamma mi ricorderò,.. ma anche di te che sei tanto buono...
GIUSEPPE (esce dal fondo, accompagnato fino alla porta dal fratello).
SCENA V.
SACRESTANO, GARELLI e DON BOSCO
(Si ode dal di fuori un vocio confuso e concitato).
SACRESTANO (dal di fuori) - Fuori di qui moccioso, che facevi in Sacrestia? A suon di
scapaccioni ti insegnerò la buona creanza! Via... Via subito!
DON BOSCO (affacciandosi) - Che succede?. Perché tanto rumore?
SACRESTANO (entra, sospingendo in malo modo per un braccio un giovane poveramente vestito).
Questo pezzente vuol fare da padrone in casa altrui, capisce Reverendo!...
GARELLI (timidamente) - Non ho fatto nulla di male!
SACRESTANO - Ti sei però ficcato tra i piedi della gente per bene! A proposito, mentre sei qui,
preparati a servire la Messa a questo Sacerdote...
GARELLI - Non so servirla; non l'ho servita mai...
SACRESTANO - Come?! Non sai servire Messa alla tua età?!... Vergognati! Va via subito allora!
(lo afferra per un braccio e, percuotendolo, lo caccia fuori in malo modo).
DON BOSCO (che avrà seguito la scena in silenzio, a questo punto interviene). Mi congratulo per
la tua cortesia! Che male ti ha fatto questo giovane per trattarlo così? Vergognati!
SACRESTANO (alzando le spalle) - Se l'ho picchiato, a lei che deve importare?
DON BOSCO - M'importa sicuro! È un mio amico.
SACRESTANO - Bell'amico straccione che ha...
DON BOSCO - Tutti i perseguitati sono amici miei! Esci subito a cercarlo e riconducilo qui. Guai a
te se ritorni senza averlo trovato! Ho bisogno di lui. Intanto riferirò il tuo bel gesto al
rettore Don Guala, il quale non si complimenterà certamente con te per questa bella
prodezza.
SACRESTANO (esce, per ritornare quasi subito accompagnando il Garelli) - Eccolo, il suo
amico!...
DON BOSCO - Ora va per i fatti tuoi... Tra breve sarò in chiesa per la Messa.
SACRESTANO (esce senza quasi salutare, guardando con occhio cattivo il giovane Garelli che
sarà rimasto perplesso e titubante).
DON BOSCO (gli si accosta e lo accarezza).
SCENA VI
DON BOSCO e GARELLI
DON BOSCO - Hai già sentita la Messa, buon giovane?
GARELLI - No.
DON BOSCO - Allora vieni a sentire quella che celebrerò io... poi ti dirò una buona cosa.
GARELLI - Se le fa piacere, verrò.
DON BOSCO - Come ti chiami?
GARELLI - Bartolomeo Garelli..
DON BOSCO - Di che paese sei?
GARELLI - Di Asti.
DON BOSCO - Di Asti? Il paese della barbera... Che mestiere fai?...
GARELLI - Il garzone muratore.
DON BOSCO - Proprio il garzone?...
GARELLI - Faccio “ 'l bic”.
DON BOSCO - I tuoi genitori dove abitano?
GARELLI - I miei genitori sono morti, sono solo al mondo.
DON BOSCO - Poveretto! Quanti anni hai?
GARELLI - Sedici.
DON BOSCO - Sai leggere e scrivere?
GARELLI - No, so fare soltanto il segno della croce.
DON BOSCO - Sai cantare?
GARELLI - Sì, qualche canzone.
DON BOSCO - Sei capace di zufolare?
GARELLI - Un poco (si mette a ridere e zufola).
DON BOSCO - Bene! Hai fatto la prima comunione?
GARELLI - Sì, quando ero piccolo.
DON BOSCO - Le orazioni le dici ?
GARELLI - Le ho dimenticate.
DON BOSCO - Male Non hai nessuno che te le faccia dire?
GARELLI - Nessuno.
DON BOSCO - Vai a Messa tutte le domeniche?
GARELLI - Quasi sempre.
DON BOSCO (con benevolenza) - Bisogna andarci sempre a Messa... e frequenti il catechismo?
GARELLI - No, perché i miei compagni più piccoli lo sanno tutti ed io grande e grosso come sono
non ne so un acca; mi riderebbero dietro.
DON BOSCO - Dopo la Messa vuoi che ti faccia io un po' di catechismo a parte?
GARELLI - Sì, purché non mi trattino come il sacrestano.
DON BOSCO - Sta' pur tranquillo. Nessuno ti maltratterà più; sarai mio amico e avrai a che fare
con me solo. Quando vuoi che incominciamo?
GARELLI - Quando piace a lei!
DON BOSCO - Anche questa sera?
GARELLI - Sì.
DON BOSCO - Bene. Ora vai in Chiesa, ascolta con devozione la Messa, dopo ne riparleremo.
Stasera ritornerai qui in questa stanza, io sarò ad attenderti. Se puoi, conduci altri tuoi
compagni, almeno sei, non avrete a pentirvi di Don Bosco!
GARELLI - Farò come lei desidera! È veramente un prete buono lei!
DON BOSCO - Tutti i sacerdoti sono buoni... Ora va Garelli e arrivederci questa sera...
GARELLI (non ha parole perché la commozione lo ha vinto, afferra una mano di Don Bosco e se
l'appressa alle labbra, poi esce in fretta, evidentemente commosso).
SCENA VII.
DON BOSCO
(Si inginocchia e, con lo sguardo rivolto al Cielo, con pio fervore). Vergine Santissima, Vi
ringrazio di avermi concesso di potere da questo istante iniziare la mia opera di fedele
apostolato nel mondo, per ardente amore del Vostro Divin Figliuolo!
Sipario.
SECONDO TEMPO
Qualche mese è trascorso dagli avvenimenti del primo tempo. Esterno della casa di Don Bosco ai
Becchi (Castelnuovo), località ove Egli si è recato per un periodo di convalescenza, dopo una
grave malattia sopportata. - E' il Vespero.
SCENA I.
DON BOSCO e il fratello GIUSEPPE
DON BOSCO (E’ seduto, con un libro in mano, mentre il fratello gli sta dinnanzi intento ad
accomodare un manico di zappa) Sai, Giuseppe, ho deciso di ripartire per Torino
domattina.
GIUSEPPE - Così presto? Sei ancora debole e malaticcio Giovanni, occorre quindi che tu abbia
molta cura della tua salute, la convalescenza è lunga, potresti riammalarti.
DON BOSCO - Hai letto anche tu la lettera che mi hanno scritto i miei giovani di Torino.
GIUSEPPE - Altro che; la mamma ed io la sappiamo ormai a memoria: “O Lei ritorna fra di noi o
noi trasportiamo l'Oratorio ai Becchi”.
DON BOSCO - Precisamente, dice così. Vedete dunque con quale ansia i miei monelli mi
attendono. È mio dovere non farli aspettare...
GIUSEPPE - Quando ti metti una cosa in testa non c'è verso di spuntarla con te. Anche la mamma
ha manifestata apertamente la sua contrarietà a questa tua partenza.
DON BOSCO - Le vostre potranno anche essere osservazioni giuste, ma di fronte alla necessità di
tanta spirituale assistenza verso molte coscienze pericolanti, io sono mio malgrado
costretto a disubbidirvi. A Torino, verrà anche la mamma e mi sarà compagna nella mia
missione di bontà, mentre tu rimarrai qui ad accudire questo piccolo podere.
GIUSEPPE - Credi che nostra madre sia contenta di questa tua risoluzione?
DON BOSCO - Perché non dovrebbe esserlo? Sono certo anzi che, quando le esporrò il mio
desiderio, ella ne sarà felicissima.
GIUSEPPE - Nostra madre non ha mai osato contraddirti.
DON BOSCO - È tanto buona... A proposito ti ha detto quando sarebbe ritornata dal paese?
GIUSEPPE - No, ma credo che non tardi... È quasi sera.
DON BOSCO - Mentre l'aspettiamo, vuoi che ti legga un capitolo di questo libro? È interessante
sai)...
GIUSEPPE (sedendosi anche lui) - Leggi pure... ti ascolto.
DON BOSCO - Questo capitolo racconta un fatto accaduto a S. Pietro, che era chiamato
“Clavigero”
GIUSEPPE - Clavigero?! Dove si trova questo paese
DON BOSCO - Clavigero non è un paese. Clavigero vuol dire: quello che porta le chiavi.
GIUSEPPE - E tu chiamalo “porta-chiavi” e tutti ti capiranno...
DON BOSCO - Lo chiameremo “porta-chiavi” allora...
GIUSEPPE - Sicuro è più semplice. Clavigero è una parola.... ostrogotica;
SCENA II.
DON BOREL e detti.
DON BOREL (simpatica figura di sacerdote anziano ed intelligente. Si avanza, portandosi verso il
proscenio). Si può salutare il nostro caro Don Bosco e il buon Giuseppe?
DON BOSCO (andando gli incontro) - Chi si vede, lei Don Borel? Come mai da queste parti?
DON BOREL. - Vengo a nome di Don Cafasso e del Rettore Guala a prendere nuove della tua
salute.
DON BOSCO - Come vede, non c'è male. Sto godendomi un po' d'aria pura, scambiando quattro
chiacchiere con mio fratello.
GIUSEPPE - Lo consigli lei, Don Borel, a rimanere per qualche tempo ancora qui, a casa sua, vuol
ritornare a Torino domani; mi pare che questa sia un'imprudenza bella e buona.
DON BOSCO - Vuoi vedere, caro Giuseppe, che son capace di smentire queste tue fissazioni nel
volermi ammalato per forza, facendoti due o tre capriole nell'aia come quando ero
fanciullo?
GIUSEPPE - Non ci mancherebbe altro! Non ti bastano quelle fatte da piccolo? Un simpatico
monello eri allora.
DON BOREL (sorridendo) - Eri chiamato da tutti “saltimbanco” a quanto si racconta...
DON BOSCO - Già perché facevo un po' di tutto: la rondinella, il salto mortale, camminavo con le
mani, trangugiavo i soldi per poi andarli a ripigliare sulla punta dei nasi altrui, moltiplicavo
le uova, cambiavo l'acqua in vino, facevo risuscitare i polli tagliati a pezzi...
GIUSEPPE - ... e camminavi sulla corda, saltavi, danzavi come un vero ciarlatano!
DON BOREL - E tutto ciò lo facevi a scopo di bene, per poter infondere la pietà e la religione nei
fanciulli, che ammiravano quelle tue prodezze.
DON BOSCO - Lei stesso mi ha insegnato che per fare un po' di bene bisogna avere del coraggio;
essere pronti a fare di tutto, soffrire qualsiasi mortificazione e non mortificare mai nessuno,
perché l'amorevolezza conquista grandi e piccini.
DON BOREL - Hai ragione.
GIUSEPPE - Prevedo che avrete molte cose da dirvi ed io non voglio importunarvi, tanto più che
nella stalla ho da sbrigare qualche faccenda... Con permesso.
DON BOREL - Scambio solo quattro chiacchiere col vostro Giovanni e poi vi tolgo il disturbo.
GIUSEPPE - Ma che disturbo, è un piacere che ci ha fatto venendoci a trovare, Don Borel!
DON BOREL - Mi spiace che vostra madre non sia in casa, l'avrei veduta tanto volentieri.
DON BOSCO - Non tarderà certamente a giungere.
GIUSEPPE (rientrando) - Arrivederla, Don Borel.
DON BOREL - E che Dio vi conservi sempre la salute fiorente di ora!
GIUSEPPE (ridendo) - Speriamolo... Del resto qui in campagna non abbiamo il tempo di
ammalarci! (esce).
SCENA III.
DON BOSCO e DON BOREL
DON BOSCO (invitando Don Borel a sedersi). Quali notizie mi porta da Torino?
DON BOREL - Porto delle notizie, che forse ti potranno spiacere.
DON BOSCO - Notizie spiacevoli?
DON BOREL - Le superiori Autorità Ecclesiastiche dicono che con le tue stravaganze, con
l'abbassarti ai giuochi di tanta marmaglia, col permettere che tutti, uomini e fanciulli ti
schiamazzino d'attorno, fai torto all'abito da prete che indossi. Capirai tu stesso che queste
cose sono contrarie alle abitudini di Torino, dove il Clero è grave e riservato.
DON BOSCO - Lo so Padre, ma che vuoi farci, io la penso così e credo di essere sulla via giusta,
comportandomi come mi comporto.
DON BOREL - Caro Don Bosco, per non esporti a perder tutto, è meglio che tu cerchi di salvarne
almeno una parte, aspetta tempi migliori per mettere in pratica i tuoi progetti; manda via i
ragazzi dall'Oratorio, tientene solamente una ventina, dei più piccoli, Dio ti permetterà di
fare molto di più in un giorno non lontano.
DON BOSCO (alzandosi, col viso un po' acceso). Mi spiace mio malgrado di doverla contraddire
Don Borel, ma non posso mandarne via neanche uno di quei ragazzi; ne accoglierò anzi
degli altri! Scenderò nelle vie, nelle piazze e li inciterò a seguirmi, desidero che questo lo
si sappia da tutti. Il Signore ha incominciato la sua opera di bene e deve condurla a
termine, con tante fatiche abbiamo cercato di condurre sulla buona strada quei ragazzi ed
ora si vorrebbe ricacciarli alla perdizione?
DON BOREL - Non ti do torto; ma intanto dove li adunerai quei ragazzi al tuo ritorno a Torino; ora
che la Contessa di Barolo non può più concederti locali adatti?
DON BOSCO (con la massima naturalezza) - Nei locali dell'Oratorio.
DON BOREL - Ma quali?!
DON BOSCO - Io li vedo già quei locali. Vedo una magnifica, e grandiosa Chiesa dedicata alla
Vergine, una casa, un recinto, tutto, tutto quello che è necessario!
DON BOREL - Ma ripeto, queste belle cose dove sarebbero?
DON BOSCO - Non so... né posso precisarlo per ora, ma certamente esistono e saranno per noi!
DON BOREL (tra sé). Povero Don Bosco, gli ha dato certamente di volta il cervello! (forte:) Ma
caro Don Bosco non puoi fare l'impossibile! La stessa Provvidenza sembra chiaramente
indicarti che non vuole la continuazione di un'opera, in sé tanto buona, ma ti chiede un
sacrificio, sacrificio grande ben lo so, ma che tu certamente farai con buon animo.
DON BOSCO (scattando) - La Provvidenza? Lei lo sa quello che ha fatto la Provvidenza divina per
me? Essa mi ha mandato i ragazzi, perché io li custodissi educandoli al bene ed alla virtù,
mi ha confortato nei momenti tristi aiutandomi in ogni bisogno ed in ogni necessità. No; di
quei ragazzi io non ne rimanderò neppure uno perché sono certo che la Provvidenza mi
fornirà di tutto ciò che ancora mi abbisogna. Non mi si vuole, affittare un,locale? Ebbene
me ne fabbricherò uno io con l'aiuto della Madonna. I miei edifici diverranno immensi ed
accoglieranno tutti i giovani che vorranno entrarvi. Avrò officine di tutte le specie,
sacerdoti, chierici, capi d'arte, professori e case di educazione per la gioventù studiosa
sparse in tutto il mondo! Mi ha capito Don Borel?
DON BOREL - Come corri, caro Don Bosco... con queste tue idee avrai allora intenzione di fondare
una nuova Comunità Religiosa?
DON BOSCO - E se avessi questo progetto?
DÒN BOREL - Dovresti allora pensare all'impresa da darsi ai tuoi religiosi...
DON BOSCO - È semplice.... la virtù!
DON BOREL - Benissimo... e che tonaca vestiranno?
DON BOSCO - In maniche di camicia, come i garzoni muratori.
DON BOREL (sorridendo) - In maniche di camicia?
DON BOSCO - Ho detto forse una stranezza? Ma lei sa che andare in maniche di camicia vuol dire
essere poveri, e che una società religiosa senza povertà non dura.
DON BOREL - Ti ho capito perfettamente; ma però ora permettimi una domanda.
DON BOSCO - La faccia pure.
DON BOREL - In questo momento come ti senti?
DON BOSCO - Benissimo.
DON BOREL - Niente mal di capo?
DON BOSCO - Perché?!
DON BOREL - Ti vedo così colorito!
DON BOSCO - Non badi a questo; avrò forse alzato un po' troppo il gomito; a mia volta posso
sapere il motivo di queste sue domande?
DON BOREL (prendendogli il polso per sentirne i battiti) - Ti ho creduto febbricitante! Eppure il
tuo polso batte con ritmo regolare!
DON BOSCO - Regolarissimo, secondo me.
DON BOREL (alzandosi) - Ora si fa tardi ed occorre che io ritorni a Castelnuovo prima di sera.
DON BOSCO (ridendo) - Dica la verità, mi crede anche lei un po' matto e degno del manicomio,
vero? Stia certo che forse al manicomio dovrà andarci qualcun altro in vece mia.
DON BOREL - Tu hai sempre voglia di celiare...
DON BOSCO - Non scherzo, dico sul serio...
DON BOREL (accomiatandosi) - Caro Don Bosco, cerca di star calmo e tranquillo, senza pensare a
quanto si è detto. A Torino avremo tutto il tempo di incontrarci, parlarci e comprenderci.
DON BOSCO - Sarà difficile, Don Borel, perché io ho la testaccia dura, mi chiamo Don Bosco,
ma ho la testa di ferro! (con forza:) I miei giovani non devono essere toccati! Desidero che
ciò lei lo dica a tutti a Torino, e di questo favore, la ringrazio.
DON BOREL - Saprò capirti, Don Bosco.
DON BOSCO (baciandogli la mano) - Grazie...
DON BOREL - Arrivederci e buon animo! (esce).
SCENA IV.
DON BOSCO e poi GIORGIO GUALANDI
DON BOSCO (scuote il capo e passeggia lentamente, leggendo un libro) - Pare impossibile che il
diavolo voglia sempre mettere la sua codaccia anche nelle opere buone.
GUALANDI (entra cautamente, quasi strisciando dalla parte opposta di dove sarà uscito Don
Borel. Ha un falcetto in mano e con questo cercherà di aggredire Don Bosco, colpendolo
alle spalle). O la borsa, o la vita!
DON BOSCO (si volge e con la massima tranquillità, senza perdere neppure per un istante la
calma che gli è abituale) - Né l'una, né l'altra, caro amico! (fissando il suo interlocutore
negli occhi). Tu, proprio tu vorresti far del male a Don Bosco? Credevi di farmi paura
maneggiando. quell'arnese lì?... Deponilo subito e guardami bene negli occhi... Giorgio
Gualandi!...
GUALANDI (col massimo stupore) - Come fa a sapere il mio nome lei?
DON BOSCO - Non mi riconosci dunque più? Forse ti sembrerò un po' mutato a causa della
malattia fatta. Sì, sono Don Giovanni Bosco, il sacerdote che veniva spesse volte a trovarti
quando eri chiuso in carcere a Torino e che ti accontentava sempre in ogni onesto tuo
desiderio, ottenendo infine la grazia per la tua liberazione...
GUALANDI - Voi Don Bosco!
DON BOSCO - E tu hai osato alzare la mano per colpire il tuo amico?! È un'azione indegna quella
che hai tentato di compiere... Inginocchiati e chiedi perdono a Dio!
GUALANDI (inginocchiandosi) - Perdono!... Perdono!.., Sono un miserabile! (afferra e bacia la
mano di Don Bosco, che lo esorta ora ad alzarsi).
DON BOSCO - Su, alzati Giorgio, leggo nel tuo volto il pentimento sincero, e ti perdono. Non
pensiamo più a quanto è accaduto. Dimmi piuttosto: per quale motivo ti mettevi nel
pericolo di compiere un azione così cattiva.
GUALANDI (si siede su di una sedia e con la massima commozione, confida le sue pene al
Sacerdote che lo ascolterà attentamente ed amorevolmente). Sono uscito dal carcere da
poco tempo, con la coscienza liberata da un incubo, perché ero fermamente deciso di
mettere in pratica i saggi e buoni consigli che avete saputo infondermi. La vita mi
sembrava ora bella, avendo nel mio cuore la convinzione di redimermi con l'onestà e col
lavoro, per ridiventare un uomo utile alla mia famiglia, che tanto amavo e verso la società
che giustamente mi aveva punito. E sono ritornato alla mia casa dove credevo che i miei
genitori e mia moglie mi attendessero con spasimo e con ansia. Ah! poter riabbracciare il
mio piccolo Renzo, un frugolino di tre anni appena e che per tanto tempo era rimasto privo
dei miei baci e delle mie carezze; poter finalmente stringere al cuore la mia diletta sposa!
Potete immaginarvi l'ansia dell'attesa tormentosa, lo spasimo e la commozione che mi
saliva come in un singhiozzo dolorante dal profondo dell'animo. (commosso) E mentre
credevo di poter afferrare finalmente l'agognata felicità, ho provato invece la disillusione
più atroce. La porta che si sarebbe dovuta schiudere per accogliere un miserabile che aveva
giurato a se stesso di diventare buono, mi fu invece sbattuta in viso e fu mio padre stesso a
gridarmi: “Qui non c'è più posto per le canaglie!”. Credetti d'impazzire! Invocai, piansi,
minacciai; tutto inutile. Mi avessero almeno lasciato vedere il mio piccolo innocente, colui
che nelle mie notti tormentate mi appariva in sogno sorridendomi con la sua grazia
infantile! (pausa) L'ira incosciente di quell'uomo che, fino a pochi giorni fa avevo
chiamato “padre” mi avvilì prostrandomi in una sorda disperazione... Non avevo più né
pensieri né parole, ero folle di spasimo e di vergogna! Imprecai, maledissi la società degli
uomini, che mi scherniva nel più puro degli affetti, e giurai a me stesso di vendicarmi di
tutti e contro tutto. La prima vittima incontrata foste voi, Don Bosco... (piangendo) Ecco
perché volevo colpirvi!...
DON BOSCO (commosso) - Coraggio figlio, coraggio! La Provvidenza di Dio pensa a tutti, anche
se gli uomini sono alle volte cattivi verso i propri simili. Tu questa sera ti fermerai qui, a
casa nostra, cenerai con noi, mi parlerai delle tue pene, ed io saprò confortarti perché ho
compreso benissimo i tuoi dolori e la tua angoscia.
GUALANDI (inginocchiandosi) - Grazie, grazie, Don Bosco!
DON BOSCO - Su... su, alzati, ora asciuga le lacrime, perché desidero che mio fratello non ti veda
a piangere. Domattina, quando partirai, ti consegnerò una lettera per il tuo Parroco che ben
conosco, e penserà lui di riavvicinarti alla tua famiglia che non può averti dimenticato, e ti
procurerà, ne sono certo, anche del lavoro. (chiamando): Giuseppe!
GIUSEPPE (usccndo) - Che c'è Giovanni?
DON BOSCO - Questo mio bravo amico è venuto a trovarmi per prendere notizie della mia salute.
GIUSEPPE - Che pensiero delicato!
DON BOSCO (sorridendo) - Oh!... ha dei pensieri delicati, lui... Abbiamo chiacchierato un po' ed
ora siccome si è fatto tardi l'ho invitato a cena con noi; si fermerà anche a dormire. Mi fai il
piacere di apparecchiare per uno di più?
GIUSEPPE - Come vuoi; però ora ti consiglio di rientrare in casa perché il freddo della sera si fa
pungente e tu sei ancora tanto debole (rientra).
DON BOSCO - Veniamo subito.
GUALANDI (che non crede ancora a sé stesso) - Come potrò, Don Bosco, sdebitarmi con voi e
ricompensarvi della fiducia che avete saputo nuovamente infondermi nell'anima?
DON BOSCO - Con la preghiera, con la virtù e con il comportarti da questo momento e sempre da
uomo onesto e leale.
GUALANDI (afferra una mano di Don Bosco, la bacia con la massima commozione e
convinzione). Per quel Dio che mi ha concesso di incontrarvi e di benedirvi, ve lo giuro!
(Don Bosco gli accarezza paternamente il capo).
DON BOSCO - Su... su... andiamo a mangiare ora, andiamo a mangiare! (si dirigono lentamente
verso il fondo).
Sipario.
TERZO TEMPO
L'azione ha luogo in casa Pinardi, presso il nuovo Oratorio fondato da Don Bosco.
Modesta cameretta a terreno, semplicemente arredata. - Anno 1855.
SCENA I.
GIUSEPPE BOSCO e il Signor GIOVANNI
GIOVANNI (dopo un po' di pausa) - Vostro fratello, a quanto sembra, non è mai in casa. È la terza
volta che vengo qui, e non mi riesce trovarlo.
GIUSEPPE - Eh! caro Signor Giovanni, ben di rado possiamo averlo con noi. Anche nostra madre
si lamenta con me di queste sue continue assenze... Che vuoi farci, altri doveri lo
richiedono altrove... del resto ha sempre ragione lui. Io sono a Torino da due giorni e non
ho ancora potuto dirgli quanto dovevo... scappa sempre come una lepre!
GIOVANNI - Lo sa lei, che qui a Torino gli vogliono un gran bene e parlano dì lui come si
parlerebbe di un santo?
GIUSEPPE (ridendo) - Oh! Santo poi... è buono, lo ammetto, paziente, caritatevole fin che si vuole,
ma... e un po’ cocciuto.
GIOVANNI - Al vederlo sempre così sorridente non lo si direbbe!
GIUSEPPE - Eppure lo è. Nonostante le raccomandazioni di nostra madre, egli, per la smania di
divertire i suoi monelli, li addestra a recitare commedie e farse ed organizza nel cortile
dell'Oratorio delle vere battaglie...
GIOVANNI - Con armi da burla però...
GIUSEPPE - Ci mancherebbe altro che fossero vere... Il male è che le schiere dei combattenti,
sedotte dall'ardore della battaglia, penetrano nell'orto coltivato con tanta cura da nostra
madre e calpestano tutto senza pietà e senza riguardi. Ne sanno qualcosa i cavoli e
l'insalatina tenera ridotti in uno stato pietosissimo.
GIOVANNI - Che volete farci, quelli sono gli incerti della guerra!
GIUSEPPE - Begli incerti! Ma intanto chi ci va di mezzo è mia madre! Quella povera donna non ha
un momento di tregua per tutta la giornata: cuce, stira, rattoppa calzette per quei biricchini,
e le garantisco, ci sono certi buchi… altroché... un colino da brodo...
GIOVANNI - Ci vuole pazienza.
GIUSEPPE - Mia madre ne ha della pazienza... quando poi potrebbe concedersi un po' di meritato
riposo... ecco… arrivano dei signori abbottonati fino al collo, dignitosi e severi, tutti
vogliono parlare con mio fratello... tutti hanno bisogno dei suoi consigli... Quella povera
donna è continuamente affaccendata!
GIOVANNI - Nell'Oratorio parlano molto bene anche di mamma Margherita!
GIUSEPPE - Perché se lo merita. (rumore di passi dal di fuori). Mi par di udire i passi di mio
fratello.
GIOVANNI - Giunge proprio in tempo, così ne approfitto per domandargli un favore; è tanto buono
lui non me lo negherà.
SCENA II.
DON BOSCO e detti.
DON BOSCO (entra sorridendo. Indosso ha una lunga mantellina). Buon giorno a tutti! E la
mamma?
GIUSEPPE - È andata a visitare la Signora Lucia che e molto ammalata. Ritornerà presto credo.
Ora c'è qui il Signor Giovanni che vorrebbe chiederti un favore.
DON BOSCO - Un favore a me? Non si tratterà mica di quattrini, vero?... Perché in questo caso non
potrei favorirvi. Non ho un soldo in tasca, anzi dovevo spedire una lettera. e non ho potuto imbu-
carla perché non poteva comperarne il francobollo.
GIOVANNI - Non si tratti di quattrini, reverendo; ma di una cosa che forse la farà ridere...
DON BOSCO (faceto) - Sentiamola dunque questa richiesta ridicola.
GIOVANNI - Lei sa che le esigenze della vita sono molte e che io sono povero...
DON BOSCO - Non più di me in questo momento.
GIOVANNI - Vorrei trovare quindi il modo di vincere...
DON BOSCO - Di vincere... che cosa?
GIOVANNI - Non so se mi spiego...
DON BOSCO - Veramente non ci capisco un gran che finora...
GIOVANNI - Vorrei vincere al lotto... Tre numeretti buoni e sicuri sarebbero la mia fortuna... Lei,
che sa tante cose... me li potrebbe indicare?
DON BOSCO - Questa richiesta vostra non me l'aspettavo davvero! (dopo un attimo di esitazione):
Ebbene, vi voglio accontentare. Tre numeri buoni mi avete chiesto?
GIOVANNI - Sì, mi basta un terno... Perché se ne uscissero quattro mi darebbe di volta il cervello.
DON BOSCO - Ebbene, eccoveli: 5 - 10 - 14.
GIOVANNI - Per quale ruota devo fissarli?
DON BOSCO (ridendo) - Li fissi pure dove vuole, usciranno di certo tutti e tre.
GIOVANNI (sprofondandosi in inchini) - Grazie... Grazie tante, Don Bosco... e arrivederla. Corro
subito al botteghino a giocarli.
DON BOSCO - Non vuole, signor Giovanni, conoscere la spiegazione di questi numeri?
GIOVANNI - Non ce n'è bisogno, se non corro subito mi chiudono il botteghino!
DON BOSCO - Ma se non gliela do, come può ad essi dare una esatta spiegazione?
GIOVANNI - Allora dica pure.
DON BOSCO - Senta: il cinque significa i cinque precetti della Chiesa; il dieci, i dieci
Comandamenti della Legge di Dio; il quattordici, le quattordici Opere di Misericordia. Ora
vada pure, li giochi e farà una vincita sicura.
GIUSEPPE - E si ricordi di noi, signor Giovanni, se vince
GIOVANNI - Senza dubbio! Ora scusi il disturbo... e arrivederla! (via in fretta).
DON BOSCO - Arrivederci.
SCENA III.
DON BOSCO e il FRATELLO 4
GIUSEPPE - Anche i numeri del lotto vengono a chiederti!?
DON BOSCO - Io gli auguro che vinca, così si ricorderà anche del nostro Oratorio che abbisogna di
tutto.
GIUSEPPE - È così difficile vincere un terno.
DON BOSCO (faceto) - È facilissimo... basta scivolare.
GIUSEPPE - Ma come, Giovanni, oggi che è sabato non ti sei fatto radere la barba?
DON BOSCO - Vuoi saperlo, caro fratello, il motivo? Veramente ero deciso a farmela radere e
sono entrato dal barbiere; invece del barbiere sai chi ci trovo?
GIUSEPPE - Chi?
DON BOSCO - Una barbiera. Allora ho fatto un rapido “dietro front” e via in fretta.
GIUSEPPE - Perché?
DON BOSCO (sorridendo, con arguzia) - Perché? Ti sembro forse un uomo da lasciarmi prendere
per il naso da una donna?
GIUSEPPE - Un caro burlone sei!
DON BOSCO - Ed ora parliamo di cose serie. Sai che cosa debbo dirti? Voglio innalzare una bella
Chiesa!
GIUSEPPE - E dove prenderai i danari? La mamma mi ha detto che tutto avete speso per mantenere
i poveri ragazzi dell'Oratorio. Prima di fare una cosa simile, secondo me, devi pensarci due
volte ed intenderti col Signore.
DON BOSCO - Farò appunto così; mi rivolgerò al mio Banchiere.
GIUSEPPE - Al tuo banchiere?! Pare impossibile che tu abbia sempre voglia di scherzare!
DON BOSCO - Non scherzo, è la verità questa, il mio Banchiere del resto è il più possente di tutti i
banchieri del mondo e non fallisce mai!
GIUSEPPE - Chi è costui?
DON BOSCO (con solennità, alzando gli occhi al cielo) - Dio!
GIUSEPPE. - Hai ragione.
DON BOSCO - Ora Giuseppe se vuoi scendere un po' nell'Oratorio ad accudire quei ragazzi
nell'attesa di nostra madre mi faresti un vero favore. Io sono un po’ stanco ed ho diverse
cose da sbrigare.
GIUSEPPE. - Farò come tu desideri.
DON BOSCO - In questi giorni il colera, che ha mietuto qui a Torino circa cinquecento vite, non mi
ha concesso tregua.
GIUSEPPE - Per volontà di Dio, nessuno però del nostro Oratorio, neppure gli infermieri che hanno
curato i poveri colpiti, hanno subito il contagio.
DON BOSCO - Questo fatto ha veramente del miracoloso e dimostra chiaramente, caro Giuseppe,
che Dio non ci abbandona.
GIUSEPPE - Allora scendo nell'Oratorio. A che ora devo mandare a casa i tuoi biricchini?
DON BOSCO - Lascia, lascia, che si divertano ancora; hanno bisogno di correre, di schiamazzare,
penserò io a mandarli a casa più tardi.
GIUSEPPE - Come vuoi. (esce ma ritorna quasi subito precedendo un signore dall'aspetto
distintissimo e dignitoso). Giovanni, c'è qui un signore che chiede di parlarti.
DON BOSCO - Fallo accomodare.
GIUSEPPE - Ma è un signore... proprio signore sai!... (esce).
DON BOSCO - Entri. Entri pure. (Giuseppe introduce Urbano Rattazzi poi esce dal fondo).
SCENA IV.
DON BOSCO e URBANO RATTAZZI
DON BOSCO - S'accomodi pure, signore.
RATTAZZI - Grazie, ho il piacere di parlare a Don Giovanni Bosco?
DON BOSCO - Precisamente.
RATTAZZI (presentandosi, gli porge la mano). Permette, sono Urbano Rattazzi, Ministro degli
Interni con Cavour.
DON BOSCO (sorpreso) - Quanta degnazione Eccellenza! La ringrazio per questa sua visita,
veramente inaspettata, ma tanto gradita.
RATTAZZI - Ho visitato attentamente il suo Oratorio, ho assistito con piacere alla gioconda
riunione che in esso si svolge e le porgo le mie più vive congratulazioni!
DON BOSCO - Troppa degnazione!
RATTAZZI - Vuole dirmi quale metodo lei adopera per accattivarsi la simpatia e l'amorevolezza di
quei giovani, che so abbastanza discoli e vivaci?
DON BOSCO - Il metodo che adotto per ammansire i caratteri più violenti e renderli, quieti ed
ossequienti, è la bontà e la dolcezza.
RATTAZZI. - Certamente questo è il metodo più adatto ad educare le creature ragionevoli; ma esso
riesce efficace per tutti?
DON BOSCO - Per novanta casi su cento sì; gli altri dieci diventano poi, a poco a poco, meno
caparbi e meno permalosi e ben difficilmente debbo mandar via qualche giovane perché
indomabile e incorreggibile. Tanto in questo Oratorio, come in quello di Porta Nuova è
Vanchiglia, mi sono condotti o si presentano ragazzi di indole veramente cattiva, eppure in
capo a diverse settimane non mi sembrano più gli stessi.
RATTAZZI - Peccato che il Governo non sia in grado di adottare questo metodo nei suoi
stabilimenti di pena. Colà, per impedire i disordini occorrono centinaia di guardie ed i
detenuti diventano ogni giorno peggiori.
DON BOSCO - E perché il Governo non può? Introduca nelle carceri l'insegnamento religioso, le
pratiche di pietà, permetta al Sacerdote di intrattenersi liberamente coi detenuti per porgere
loro parole di pace e di conforto. Non sarebbe un metodo preventivo questo? Dopo qualche
tempo le guardie avrebbero meno da fare, ed il Governo restituirebbe alla famiglia ed alla
società uomini ritornati morali ed utili, onesti e ravveduti.
RATTAZZI - Non posso che approvare il suo ragionamento. Debbo annunciarle ora il motivo che
mi ha indotto a venire da lei. In nome suo, mi è stata fatta una proposta. Lei vuole far
uscire dalla “Generala” per un giorno i giovani traviati, che colà sono rinchiusi, per
condurli ad una passeggiata a Stupinigi a titolo di esperimento, è vero?
DON BOSCO - Precisamente!
RATTAZZI - Io ho accettato questa proposta e darò istruzioni al Direttore di quell'istituto perché
essa sia attuata. Farò tuttavia in modo che da lontano la seguano dei carabinieri in
borghese, per aiutarla, se le occorresse, a mantenere l'ordine ed usare anche la forza, se
qualcuno alla sera si rifiutasse di rientrare in prigione.
DON BOSCO - Io le sono riconoscentissimo per questa sua premura, ma ho bisogno di essere solo
con i miei giovani. Lei deve anzi darmi la sua parola d'onore che non manderà la forza
pubblica sulle mie tracce. Io prendo la responsabilità intera di questa mia azione e se
accadesse qualche disordine, Vostra Eccellenza potrà ordinare il mio arresto; ma vedrà che
non accadrà nulla di anormale. A Stupinigi udranno tutti la mia messa; offrirò loro una
buona colazione; li farò divertire, e alla sera li ricondurrò in prigione.
RATTAZZI - E non teme che quei begli arnesi le scappino tutti?
DON BOSCO - Si fidi di me, Eccellenza:.. O tutto o niente!
RATTAZZI (alzandosi) - Ebbene, giacché lei vuole così, si faccia a modo suo.
DON BOSCO - Sono sicuro di riferire a Vostra Eccellenza, a gita compiuta che tutto sarà andato
benissimo; perché la forza che noi abbiamo è forza morale, mentre lo Stato, in questo caso,
non potrebbe far altro che comandare e punire. Noi ci rivolgiamo al cuore della gioventù, e
la nostra è la parola di Dio.
RATTAZZI (accomiatandosi) - Parole sagge le sue, Reverendo... Arrivederla! (porge la mano a
Don Bosco, che glie la stringe).
DON BOSCO (accompagnandolo alla porta). Eccellenza la ringrazio per essersi degnato di
visitarmi.
RATTAZZI (uscendo) - Nessuna degnazione. Un sacerdote come lei, si vede sempre volentieri!
(via).
SCENA V.
DON BOSCO e poi GIUSEPPE
DON BOSCO (ritornato in scena, si siede al tavolino, esaminando le carte). Ed ora verifichiamo
un po' questi benedetti conti che non tornano.
GIUSEPPE (entra e si ferma alquanto perplesso in mezzo alla stanza). Sai che cosa mi ha detto
nostra madre che ho lasciata in cortile?
DON BOSCO - Che cosa ti ha detto?
GIUSEPPE - Dice che è stanca di questa vita e che non si sente più di far andar avanti la casa a
causa dei tuoi monelli che ogni giorno ne combinano qualcuna.
DON BOSCO - Che cosa hanno fatto oggi per irritarla tanto?
GIUSEPPE - Hanno buttata a terra tutta la biancheria, che nostra madre aveva stesa perché
asciugasse, hanno strappato delle coperte, hanno rubato gli arnesi di cucina...
DON BOSCO - Ma se erano di stagno...
GIUSEPPE - Ella vuole ritornarsene a Castelnuovo, perché dice che qui perde la testa. Rimpiange
la vita passata, quando filava tranquillamente nella nostra stalla al paese... Vuol finire là gli
ultimi giorni di vita che le rimangono.
DON BOSCO (con la massima calma). Va, Giuseppe, valla a chiamare, dille di venire subito qui, le
additerò il Crocifisso e, per il tormento patito dal nostro Redentore Divino senza che alle
sue sante labbra uscisse una sola frase di rimprovero. Ella saprà certamente capirmi...
nostra madre è tanto... tanto buona... si persuaderà, vedrai... e non si lagnerà più
(accarezzando benevolmente il capo del fratello) e sarà contenta di me.
Sipario.
QUARTO TEMPO
Piccola camera di lavoro nell'Oratorio. Anno 1860.
SCENA I.
DON BOSCO e BUZZETTI
DON BOSCO (è seduto al tavolino, intento ad esaminare alcuni documenti).
BUZZETTI (sulla quarantina, carattere faceto e gioviale. Entrando, porge della corrispondenza a
Don Bosco) Ecco la posta, signor Don Bosco.
DON BOSCO - Grazie. Sempre in faccende caro Buzzetti, eh?
BUZZETTI (sorridente) - Mica per nulla mi chiamano il “fac-totum” dell'Oratorio. Qui c'è sempre
da fare...
DON BOSCO - C'è stato qualcuno a cercare di me stamattina durante la mia assenza?
BUZZETTI - I soliti creditori... purtroppo!...
DON BOSCO - Stiano tranquilli, pagheremo tutti...
BUZZETTI - Con quali denari?
DON BOSCO - Con quelli che ci manderà la Provvidenza.
BUZZETTI. - Speriamolo.
DON BOSCO (che intanto avrà aperta e letta la prima lettera). Caro Buzzetti, sai chi mi scrive?
BUZZETTI - Chi?
DON BOSCO - Il Vescovo di Spoleto. Questo insigne prelato mi porge vive parole di lode,
dicendomi fra le altre cose che, sebbene non mi conosca di persona, non di meno la fama
del mio nome è pervenuta fino a lui. Dice di riconoscere in me uno zelo grande per la
gloria di Dio, e uno spirito di vero ecclesiastico.
BUZZETTI - E lei non si insuperbisce, signor Don Bosco, nel sentirsi fare tali panegirici?
DON BOSCO - Caro Buzzetti, sono ormai abituato a sentirmene di tutte le sorta. Tanto mi fa di
leggere una lettera piena di lodi, come un'altra piena d'insulti. Quando ricevo qualche
lettera come questa che mi loda mi prendo il piacere di metterla a confronto con qualche
altra, o di un facchino, o per esempio come quella di ieri scrittami dalla “Santa di Viù”
piena di insulti e di villanie e poi dico: Ecco come sono discordi i giudizi degli uomini.
BUZZETTI - ...e delle donne.
DON BOSCO - Ma dicano un po' quel che vogliono, io altro non sono che quello che sono davanti
a Dio.
BUZZETTI - È giusto. Mi levi una curiosità ora Signor Don Bosco...
DON BOSCO - Magari due...
BUZZETTI - Di quel bell'arnese che l'ha truffato, abusando così sfacciatamente della sua bontà non
se ne sa più nulla? Quell'uomo si meriterebbe la galera, rubare a lei tanti soldi; con la scusa
di curare gli interessi dell'Oratorio!
DON BOSCO - Caro Buzzetti, abbiamo pazienza, il Signore ci aiuterà!
BUZZETTI - Sì, sì ci aiuterà, intanto lei per raccattare qualche centinaio di franchi, lavora giorno e
notte e gli altri le rubano le migliaia in un momento. Ci vorrebbe una lezione solenne...
DON BOSCO - Lasciamo andare... gliela darà il Signore! Ora avvicinati a me, voglio farti leggere
lo schema del contratto da me stipulato in Valdocco... Prima però ti voglio. raccontare ciò
che mi è accaduto ieri.
BUZZETTI - Episodio come al solito interessante, immagino!
DON BOSCO - A te il giudicarlo, dunque, devi sapere che uscendo ieri dal Parlatorio dei carcerati,
sono entrato per sbaglio dove c'era un uomo con la moglie e la figlia. Io li salutai
cordialmente, ma essi rimasero interdetti. Sai chi era quella gente?
BUZZETTI - No.
DON BOSCO - Il boia e la sua brava famiglia.
BUZZETTI - Il boia?!... Alla larga!... Immagino... che lei se ne sarà subito andato da quella casa.
DON BOSCO - Al contrario, mi sono dichiarato stanco, e lo ero sul serio, ed ho chiesto loro una
tazza di caffè, caffè che del resto mi hanno subito servito.
BUZZETTI - Prendere il caffè nella casa di un carnefice? Ci vuole un bel coraggio!
DON BOSCO - Non è un uomo come tutti gli altri quello?
BUZZETTI - Lo escludo assolutamente! Lo chiama un uomo comune lei, quel bel signore che
impicca senza pietà i suoi simili? Alla larga da simile compagnia!
DON BOSCO - Io invece me lo son fatto amico... perché quell'uomo, che la società ingiustamente
disprezza, non è che un esecutore della giustizia umana...
BUZZETTI - Esecutore feroce però...
DON BOSCO - Sei in errore, caro Buzzetti...
BUZZETTI - Pcrché?
DON BOSCO - Perché quella persona che così abborritamente disprezzi è un buon cristiano, forse
migliore di tanti che si professano tali; ricordati che egli ogni mattina,. quando deve
compiere qualche esecuzione capitale, manda cinquc lire ad una Chiesa vicina affinchè si
celebri una messa in suffragio dell'anima. del morituro...
BUZZETTI - Cosa dice?
DON BOSCO - Dico una verità semplicissima...
BUZZETTI - Questa cosa non la sapevo davvero. Le assicuro che da oggi cambierò opinione nei
riguardi di quell'uomo.
DON BOSCO - E fai bene. Ed ora stammi a sentire
(Buzzetti si siede vicino a Don Bosco che gli leggerà a voce alta lo schema del contratto).
Ecco qui caro Buzzetti, lo schema del contratto per l'acquisto del terreno in Valdocco.
(leggendo) “Antonio Rosmini cederà all'abate Don Bosco Giovanni l'appezzamento di
terreno nelle misurazioni stabilite al prezzo. complessivo di Lire 1.558,40”.
BUZZETTI - L'ingegnere che dovrà dirigere i lavori per la costruzione della Chiesa, l'ha già
trovato?
DON BOSCO - Certamente. È l'ingegnere Antonio Spezia; gli ho già dato l'incarico di fare in vaste
proporzioni il disegno del tempio, che voglio riesca magnifico e grandioso.
BUZZETTI - A chi ha l'intenzione di dedicare la nuova Chiesa?
DON BOSCO - A Maria SS. Ausiliatrice. Io non ho un soldo, non so dove prendere i denari, ma
non importa. Se Dio vuole la si farà ugualmente; tenterò la prova e se non si farà, che la
vergogna dell'insuccesso sia tutta per Don Bosco! Sono certo però che il buon Dio, per il
quale lavoro, non mi lascerà fare questa brutta figura.
BUZZETTI - Bisognerà pur dare un acconto agli impresari e con questi tempi difficili e coi debiti
che abbiamo...
DON BOSCO (sorridendo) - Non ci pensare, l'acconto glie l'ho già dato. Il capomastro, che tu
conosci, ha già avuto i miei primi fondi.
BUZZETTI - Una bella somma, immagino...
DON BOSCO (celiando) - Altro che! Gli ho dato otto soldi, gli unici che possedevo. Veramente
quel buon uomo mi ha guardato con aria un po' incredula e diffidente, ma io l'ho subito
tranquillizzato dicendogli che avrebbe pensato la Madonna al denaro per la sua Chiesa,
servendosi di me suo cassiere. Mi ha assicurato che avrebbe incominciato al più presto gli
scavi.
BUZZETTI - Crede che ci vorrà molto tempo prima che la Chiesa sia finita?
DON BOSCO - Questo non te lo saprei dire; tutto sta nel volere della Divina Provvidenza, che non
mancherà certamente di aiutarci.
BUZZETTI - E dopo la costruzione del tempio, quali saranno le sue intenzioni?
DON BOSCO - Allora penserò alla formazione della Società votata a San Francesco di Sales e la
chiamerò Salesiana. Istituirò missioni per l'assistenza agli emigranti, Associazioni di
cooperatori e di ex allevi, fonderò scuole professionali, ospizi, collegi; cercherò di
rendermi utile in qualche modo alla gioventù. “Preghiera e lavoro” sarà il mio motto.
BUZZETTI - Non posso che ammirarla, Signor Don Bosco. Lei è molto buono; ed io faccio voti
che Dio la conservi a lungo all'affetto devoto che tutti i suoi giovani le serbano.
DON BOSCO - A dire il vero, faccio conto di non morire tanto presto, ma tuttavia occorre che mi
scelga un coadiutore perché la morte un giorno o l'altro potrebbe ghermirmi; quindi
desidero che la missione da me iniziata con tanto slancio venga ampliata e svolta con
grande amorevolezza da altri. (dopo una breve pausa).
BUZZETTI - E chi sarà il suo successore?
DON BOSCO - Sarà Michele Rua, il mio fedele collaboratore, perché ne è il più degno. (si ode in
questo momento una forte detonazione dall'esterno. Hanno sparato per colpire Don
Bosco).
BUZZETTI (scattando in piedi). Che succede, Signor Don Bosco!
DON BOSCO (che in un attimo avrà capito trattarsi di un attentato) - Non spaventarti Buzzetti
(guarda fuori). C'è fuori un uomo che fugge. È stato solamente uno scherzo un po'
sgarbato. Sta lì tu, non muoverti per il momento. Si tratta di una persona maleducata, che
non ha saputo fare neppure una burla con un po' di grazia.
BUZZETTI - La chiama burla lei? Bisogna inseguire il colpevole; farlo arrestare, punirlo per questa
sua vigliaccheria!
DON BOSCO - Non temere caro Buzzetti; penserà il buon Dio a tutto (indicando con la massima
tranquillità la sua veste bucata) Guarda qui;'mi hanno strappata la veste e guastato il muro.
Lo stesso fatto mi è accaduto circa 12 anni fa, mentre facevo catechismo ai miei ragazzi.
Del resto il Signore mi ha sempre protetto nei momenti anche più pericolosi. Tempo fa
c'era un cane che io chiamavo il grigio, a difendermi. Un giorno fui assalito da due figuri
che mi imbavagliarono gettandomi a terra; ebbene lo crederesti? intervenne il grigio,
addentò i miei assalitori e li mise in fuga. E lo vedevo venirsi ad accovacciarc ai miei piedi
quando la burrasca era passata. Non toccava cibo però... andava... veniva... contento sol-
tanto di essere accarezzato da me... da un po' di tempo quella brava bestia è scomparsa...
Ora non pensiamo più a quanto è accaduto... Veramente, se la Madonna non gli faceva
sbagliare la battuta mi avrebbe colpito davvero! (guardandosi la veste) Si vede che è un
cattivo suonatore... Povera veste mia! Mi rincresce per te, che sei l'unica.
BUZZETTI - Dubita, Don Bosco, chi possa essere colui che ha attentato alla sua vita?
DON BOSCO - Credo di sì, e se lo trovo cercherò di fargli riconoscere il proprio fallo e se mi
ubbidirà saprò perdonargli... Ora pensiamo al saldo di questa fattura perché il fornaio da
domani rifiuta di fornire il pane per i nostri giovani, se non lo paghiamo in giornata.
BUZZETTI - È un affare serio. A chi possiamo rivolgerci?
DON BOSCO - Qualcuno provvederà ad aiutarci, non dubitare. Per ora andiamo avanti a vapore.
BUZZETTI - Come sarebbe a dire?
DON BOSCO - Facendo “puf... puf... puff...” ossia debiti... sempre debiti...
SCENA II.
Il Signor GIOVANNI e detti.
GIOVANNI (dal di fuori) - Permette, Don Bosco?
DON BOSCO - Avanti... avanti...
GIOVANNI - Vengo forse ad interrompere una conversazione interessante?
DON BOSCO (ridendo) - Veramente si tratta di cosa interessantissima!
GIOVANNI. - Ripasserò più tardi allora...
DON BOSCO - No, no, restate pure, buon uomo.
GIOVANNI - Lei Reverendo, non mi conosce più, vero?
DON BOSCO - Veramente mi pare di avervi conosciuto in altra occasione, che non posso però
precisare.
GIOVANNI (comicamente). Sono quello... del terno al lotto.
DON BOSCO - Ah, ricordo; veniste da me nell'Oratorio quando era ancora vivente la mia povera
mamma, quattro anni fa, se non sbaglio, chiedendo quattro numeri buoni...
GIOVANNI - Ne avevo chiesti soltanto tre.
DON BOSCO - Precisamente; ed avete poi vinto?
GIOVANNI - Non ho vinto denaro, ma ho guadagnato in virtù, mettendo in pratica i suoi consigli.
DON BOSCO - Vuoi dire che quei tre numeri vi hanno portato ugualmente fortuna.
GIOVANNI - Verissimo.
DON BOSCO - Ora che desiderate?
GIOVANNI - Mi manda a lei un mio buon amico presso il quale sono impiegato come persona di
fiducia, con l'incarico di consegnarle questa busta (contento). Essa contiene dei denari per i
suoi poveri. Mi ha raccomandato di dirle che lo ricordasse però nelle sue preghiere.
DON BOSCO - Riferite che stia tranquillo; io non dimentico mai i miei benefattori. Ringraziatelo
anche molto a nome dei miei biricchini.
GIOVANNI - Sarà fatto, Reverendo, ora con permesso le tolgo il disturbo. (esce).
DON BOSCO (accompagnandolo all’uscio, sorridendo). Di questi disturbi prendetevene sovente...
Arrivederci e tante grazie!
SCENA III
DON BOSCO e BUZZETTI
DON BOSCO (apre la lettera ed ha un'esclamazione gioiosa) - Buzzetti, guarda ci sono trecento
lire!
BUZZETTI - Benissimo. Trecento lire è l'importo della fattura del fornaio.
DON BOSCO - Hai constatato ora la grande bontà della Provvidenza Divina? Prendi questo denaro,
corri presto dal fornaio e saldagli il nostro debito. (ridendo) Una volta pagato un debito,
possiamo più tranquillamente contrarne degli altri. Così, da domani, il pane non mancherà
più ai nostri ragazzi.
BUZZETTI - Vado subito!
DON BOSCO - Prima però, passa in camera tua, in essa troverai tre giovani, che chiusa la porta,
leggono un giornale non buono; di loro che escano subito.
BUZZETTI (uscendo in fretta) - Sarà ubbidito, Signor Don Bosco. (via).
SCENA IV.
DON BOSCO, poi un AGENTE di POLIZIA
DON BOSCO (Sedendosi). Benedetta gioventù!
AGENTE (dal di fuori) È permesso, Don Giovanni Bosco?
DON BOSCO - Oggi è la giornata delle visite. Avanti!
AGENTE (Indossa un ampio mantello nero). Scusi reverendo, se vengo a disturbarla.
DON BOSCO - Che volete, buon uomo?
AGENTE (freddamente) - Sono un agente di polizia! D'ordine del Ministro degli Interni Farini, ho
l'obbligo di procedere ad una diligente perquisizione in casa sua.
DON BOSCO - Una perquisizione in casa mia?
AGENTE - Creda, è una cosa spiacevole per, me e per Lei, ne convengo, ma deve, comprendere
che non posso fare a meno di ubbidire con scrupolo e diligenza agli ordini ricevuti.
DON BOSCO - Troppo giusto. Quale motivo?
AGENTE - Lo saprà. Intanto la prego dì non muoversi da questa stanza, inutile e vano sarebbe ogni
suo tentativo di fuga, perché, fuori di qui, altri due agenti vigilano alla porta d'uscita.
DON BOSCO - Un vero assedio, dunque? Stia pure tranquillo, egregio signore, che io per il
momento non ho nessuna intenzione di muovermi da casa mia, né tanto meno di fuggire.
AGENTE - Dichiarazione ragionevolissima la sua.
DON BOSCO - Sentiamo ora che cosa si vuole da me.
AGENTE (porgendo un foglio a Don Bosco) - Ecco il mandato. Lei è sospetto di relazioni
compromettenti coi Gesuiti, con l'Arcivescovo Franzoni e con il clero Pontificio.
DON BOSCO - I Signori che vi mandano, ed ai quali io m'inchino, hanno un concetto molto errato
di me e della mia modesta opera di educatore, allora.
AGENTE (seccato visibilmente) - Ciò non mi riguarda; permetta che io perquisisca le sue camere.
DON BOSCO - Faccia pure (porgendo all'Agente una lettera). Vuol leggere prima questa lettera? È
del Ministro Rattazzi; il quale si degna di elogiare apertamente la mia opera di modesto
educatore della gioventù. Raccomanda anzi alle mie cure un suo parente. Non le pare che
ciò sia in perfetto contrasto con l'azione inspiegabile che ora si sta svolgendo?
AGENTE (leggendo) - Una lettera del Ministro?
DON BOSCO - Autentica. (pausa). Vuole ora le carte compromettenti? (porgendo delle carte)
Eccole... Ne prenda liberamente visione.
AGENTE (dà un'occhiata al carteggio che gli viene sottoposto). Patate... carne... fagioli...
pomodori... rape, carbone... Ma queste sono semplicemente delle fatture di merce non
ancora pagata!
DON BOSCO (scherzando) - Precisamente... Se volesse pagarle lei, mi farebbe un vero favore...
AGENTE (freddamente) - A quanto sembra, lei ha tutta l'aria di prendermi in giro.
DON BOSCO - Ma le, pare che io possa prendere in giro lei, grande e grosso com'è?
AGENTE - Fuori i documenti compromettenti e meno ciarle inutili. Lei mi fa perdere la pazienza
DON BOSCO - In tale caso l'aiuterò a cercarla.
AGENTE - La prego Reverendo meno spirito; non mi costringa...
DON BOSCO - A che cosa?
AGENTE - Ad usarle violenza, se sarà necessario.
DON BOSCO - Proprio con Don Bosco, vorrebbe fare il prepotente lei?!
AGENTE - O con Don Bosco o con altri, io non faccio distinzioni!
DON BOSCO - È giusto. Gli uomini sono tutti uguali, di fronte a Dio! Faccia pure il suo dovere,
signor Agente. Io non mi ribello mai al volere di Colui che è più in alto di me.
AGENTE (apre i cassetti del tavolino, fruga tra le carte e scuote il capo).
DON BOSCO - Ha trovato qualche cosa?
AGENTE - Nulla. Era da prevedersi che lei non si sarebbe compromesso!
DON BOSCO - Non voglio toglierle questa illusione. Si vuole altro da me?
AGENTE - Null'altro. (fa per uscire).
DON BOSCO - La camera attigua a questa non la visita?
AGENTE. - No. Ritengo inutile ogni ulteriore ispezione... Lei è troppo furbo!
DON BOSCO (ridendo) - Potrebbe anche darsi!
AGENTE (uscendo) - Arrivederla, Reverendo.
DON BOSCO (piano) - Il meno possibile! (pausa).
AGENTE. - Buon giorno! (via).
SCENA V.
DON BOSCO e BUZZETTI
BUZZETTI (entrando dalla parte di dove sarà uscito l'agente). Eccomi di ritorno. Il fornaio ha
avuto il suo conto. Ho veduto uscire di qui tre uomini che parlavano tra di loro
concitatamente. Che cosa volevano?
DON BOSCO - Un piccolo malinteso è accaduto poco fa, malinteso però, che domani saprò
chiarire. Anche tu verrai con me! (con forza) Andremo direttamente dal Ministro Cavour;
gli parlerò apertamente e schiettamente da uomo a uomo, senza sottintesi, ed egli saprà
comprendere che il Sacerdote di Dio è persona sacra ed intangibile, e che la modesta opera,
frutto della Sua Volontà tenace, non può essere toccata, né tanto meno ingiuriata o derisa!
Sipario.
QUINTO TEMPO
(Questo tempo è suddiviso in due quadri).
PRIMO QUADRO
L'azione si svolge nel Gabinetto di lavoro di S. E. il Conte Camillo Benso di Cavour,
al Ministero. - Anno 186o.
SCENA I.
DON BOSCO (è seduto su di una poltrona, in attesa del Primo Ministro. Internamente si ode la
voce dell'usciere che annuncia l'entrata del Conte).
USCIERE (dall'interno) Sua Eccellenza il Primo Ministro di Stato Conte Camillo Benso di Cavour!
DON BOSCO (si alza).
CAVOUR (entra e gli porge la mano). Eccomi a lei, caro Don Bosco! Farini mi ha parlato ieri
stesso dell'incidente occorsole. Un po' di riguardo, diamine, ci voleva per lei.
Aggiusteremo le cose alla buona, vedrà! Prego, si accomodi.
DON BOSCO (sedendosi) - Grazie, Eccellenza!
CAVOUR - Lei sa che le ho sempre voluto bene e che gliene voglio ancora.
DON BOSCO - Le sono grato di questa sua benevolenza, Conte.
CAVOUR - Vuol spiegarmi il motivo che l'ha indotta a chiedermi questo colloquio? Parli pure
liberamente, io l'ascolterò con massima attenzione.
DON BOSCO (si alza) - Anzitutto lei saprà che Don Bosco è prete all'Altare, prete al
Confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani e come lo è Torino, lo è altrove; in casa del
povero come nel palazzo del Re e dei Ministri.
CAVOUR - Lo so, Reverendo.
DON BOSCO - Signor conte, quella casa di Valdocco, che lei ha visitata e beneficata tante volte,
me la vogliono ora distruggere; quei poveri ragazzi raccolti per le strade, e che lei stesso si
è tanto compiaciuto di vedere ben avviati me li vogliono ora ricacciare nell'abbandono;
quel sacerdote che vostra eccellenza ha così spesso, immeritatamente, elogiato, lo trattano
come un capo di ribelli. (atto di stupore di Cavour). Sicuro. Senza alcuna ragione fui
perquisito, angariato, disonorato; la mia istituzione che vive della carità e del buon nome,
fu screditata; peggio ancora: la morale, la religione, fu derisa dagli agenti del Governo, in
casa mia e nell'Oratorio. È possibile mai che una cosa simile sia stata approvata da lei?
CAVOUR (alzandosi) - Ma no, caro Don Bosco, si dia pace! Si persuada che nessuno le vuol male,
io le sono sempre stato amico e continuerò ad esserlo ma è necessario che le parli
francamente. Lei è vittima di certuni che abusano del suo troppo buon cuore e si è lasciato
trasportare da una politica che può portare a spiacevoli conseguenze.
DON BOSCO (insorgendo) - Politica?!... Conseguenze? Un prete non ha altra politica che quella
del Vangelo e non teme conseguenze di sorta! Tanto è vero che la sfido a provare una sola
delle accuse fattemi.
CAVOUR - Prove vuole? È lo spirito! Da qualche tempo è penetrato in lei e nella sua istituzione
uno spirito incompatibile con la politica del Governo. Io ragiono così: lei è col Papa. Ma il
Governo è contro il Papa. Dunque, Lei è contro il Governo. Di qui non si scappa.
DON BOSCO - Neppure io non scappo. Prima di tutto se sto con il Papa ed il Governo è contro il
Papa, ne viene di conseguenza che non sto contro il Governo io; ma è il Governo che sta
contro di me. In secondo luogo, sto con il Papa ed intendo starci fino alla morte! Ma ciò
non mi può impedire di essere buon cittadino, poiché la politica non è affar mio; non me ne
immischio e non faccio niente contro lo Stato. Sono venti anni che vivo a Torino, Ec-
cellenza, ho scritto, parlato, operato pubblicamente Dov'è una mia linea, una parola, un
fatto solo censurabile dall'Autorità?
CAVOUR - Ha un bel dire, caro Don Bosco, ma lei non mi darà ad intendere di partecipare alle mie
idee.
DON BOSCO - E sarei obbligato a questo? Un libero cittadino non può pensare come gli pare e
piace?
CAVOUR - Ma lei non è un uomo che sa solamente pensare senza fare!
DON BOSCO - E perché? Qualunque sia la mia opinione sulla condotta del Governo, sta di fatto,
ripeto, che né fuori, né entro casa mia, ho mai parlato cd agito in modo da dar luogo a
lagnanze giuste. Anzi, raccogliendo centinaia di ragazzi abbandonati ed avviandoli per una
buona strada, ho cooperato con le Autorità al benessere ed all'ordine pubblico. Questa è la
mia politica, io non ne ho altra. (con forza) Eccellenza, io non sono un nemico della Patria!
CAVOUR - Che dice mai?! Lei è un fior di galantuomo! Non pensi più a quanto è accaduto; darò le
necessarie istruzioni al Ministro Farini perché si rimedi per quanto è possibile al malinteso
di ieri. Viva pure tranquillo!
DON BOSCO - Grazie, Eccellenza!
CAVOUR - Però, prudenza, caro Don Bosco! Prudenza! Siamo in momenti difficili, una mosca può
sembrare un elefante.
DON BOSCO - Sta bene, conte.
CAVOUR - Ed ora facciamo così: se avrà, per l'Oratorio, qualche avviso, o consiglio da darmi, me
lo dia amichevolmente. Si ricordi che alla mia mensa c’è sempre un posto per lei. A tavola
si ha sempre campo di parlare con maggior libertà. Ne gli uffici invece c'è sempre troppa
folla e possiamo scambiarci solo qualche parola in fretta, magari di malagrazia, per poi
dividerci subito. D'accordo?
DON BOSCO - Grazie per questa sua accondiscendenza, conte.
CAVOUR - Dunque, siamo intesi... amici anche per l'avvenire e... non mi serbi rancore sopratutto!
DON BOSCO - Don Bosco ama il suo prossimo più di quanto ami la sua propria persona.
CAVOUR - Sentimenti, che le fanno onore! Arrivederla (uscendo) e si ricordi di Cavour nelle sue
preghiere, Don Bosco...
DON BOSCO (Inchinandosi leggermente) - Non dubiti, Eccellenza, pregherò che Dio l'aiuti in vita
ed in morte!
CAVOUR (stringendo la mano al sacerdote). Grazie... grazie!...
Sipario.
(Dopo una breve pausa, si presenta alla ribalta l'Annunciatore. Veste un abito nero. Pronunzierà il
seguente intermezzo a voce alta, chiara e la sua dizione dovrà essere lenta, perfetta.
Sarebbe bene, se possibile, che il seguente discorso venisse trasmesso a mezzo di un
amplificatore, a sipario chiuso).
INTERMEZZO
Spettatori!
L'azione storica, che man mano si è andata svolgendo ai Vostri sguardi, sta per concludersi. Venti
anni sono trascorsi dal giorno in cui il Primo Ministro, Conte Camillo Benso di Cavour,
ricevette in udienza l'umile, ma possente Sacerdote di Dio. Venti anni di lotte e di bat-
taglie combattute per la Fede e la Religione di Cristo, fra asperità che non conobbero né
tregua né quartiere, ma coronate da successo sempre e dovunque. L'istituzione Salesiana
incominciava per la ferrea ed indomabile volontà del suo Fondatore ad offrire i primi frutti
in Italia ed all'estero, fondando quegli Istituti che si moltiplicheranno poi all'infinito,
accogliendo tra le loro mura le schiere compatte della gioventù studiosa ed operante.
Tale miracolosa attività contribuirà grandemente a far da tutti riconoscere l'opera Salesiana come un
attivo ed amplissimo focolare di italianità in terre le più lontane ed inospitali.
Il 1° Novembre 1875, agli ordini di Don Giovanni Cagliero, erano salpati da Genova per la lontana
Patagonia, i primissimi Missionari Salesiani e le spedizioni si susseguirono poi di anno in
anno con prodigiosa regolarità, disseminandosi per ogni parte del mondo civile e primitivo.
Gennaio 1888. - Anno tristissimo, in cui la grande Famiglia Salesiana fu privata del suo fondatore.
In una piccola, disadorna cameretta di Valdocco, l'umile, ma tenace servo di Dio, l'uomo
possente, consigliere di Re, Principi, Ministri, è ormai vinto ed estenuato per la colossale
fatica che ne ha piegata la carne, ma non lo spirito. Egli comprende che la sua. laboriosa
giornata sta per finire, non se ne duole, è soltanto spiacente che la sua opera di bontà e di
amorevole sacrificio sia rimasta incompiuta.
Lentamente calano le ombre della notte eterna su quella vita che fu offerta interamente per la gloria
di Dio, e Don Bosco sorride in una serena e fiduciosa attesa del grande trapasso. Colui che
diverrà gloria universale della Chiesa, ma particolarmente gloria fulgida e viva d'Italia,
Colui che dovrà essere un giorno santificato in Vaticano e glorificato in Campidoglio, è
morente.
Spettatori!
Sta per concludersi l'azione storica presentata nella sua semplice verità... Eccovi l'ultimo quadro di
vita dell' EROICO e GRANDE SANTO PIEMONTESE.
Si apre lentamente il sipario ed ha inizio il quadro finale.
SECONDO QUADRO
Modesta e disadorna cameretta in Valdocco. - E' una fredda sera del gennaio 1888.
SCENA I.
DON BOSCO e BUZZETTI
BUZZETTI - Cerchi di stare calmo e tranquillo, signor Don Bosco.
DON BOSCO (coricato quasi su di una capace poltrona) Sono tranquillissimo, Buzzetti. Oggi poi,
mi sento un po' meglio.
BUZZETTI - Vedrà che questo miglioramento sarà progressivo ed in capo a poche settimane, potrà
completamente ristabilirsi.
DON BOSCO - Illusioni, caro Buzzetti: se trovassi un buon fabbricante di mantici, che venisse ad
accomodare i miei, mi farebbe un gran servizio. Sai che Don Rua abbia scritto a
Monsignor Cagliero e a Don Francesia, dando loro mie notizie?
BUZZETTI - Francesia è qui a Torino, verrà forse oggi stesso a trovarla, accompagnato dal
Cardinale Alimonda.
DON BOSCO - Li vedrò con piacere, mi vogliono tanto bene... Sento ormai che questa sarà forse
per me la loro ultima visita.
BUZZETTI - Che cosa dice mai, signor Don Bosco! Scacci queste malinconie... Pensare alla morte
c'è sempre tempo. Altre due volte, lei è giunto alle porte dell'eternità, ma ne è ritornato
indietro per le preghiere dei suoi figli.
DON BOSCO (con un sorriso benevolo) - Eh... caro Buzzetti, questa volta è la volta buona...
indietro... non ritorno più !... Le tante fatiche mi hanno ormai profondamente prostrato...
BUZZETTI - Lei sarà soddisfatto per la sua opera di apostolato svolta in tutto il mondo!
DON BOSCO - L'autore di tutto è. stato Dio solo! Sono tutte opere delle Sue mani ciò che ho
costruito per volontà Sua; se il Signore disporrà che io viva ancora, accetterò volentieri la
sua grazia e lavorerò ancora, ma più in fretta, perché vedo che il tempo stringe. Quando
suonerà la campana dell'eternità ci andrò così più volentieri, ma finché starò di qua non
lascerò un momento di far disegni e di compierli per quanto posso; se dovrò lasciarli a
mezzo, resterà Don Rua a portarli alla fine. Tutto sta che il Signore mi possa dire: “sono
contento di te, servo buono e fedele”. (si ode bussare dal di fuori).
DON BOSCO - Mi pare che bussino. Vuoi andare ad aprire Buzzetti?
BUZZETTI - Il medico ha vietata ogni visita. Lei ha bisogno della più assoluta tranquillità.
DON BOSCO - Il medico mi crede proprio moribondo? Un po' di fiato ce l'ho ancora... Ho piacere
di vedermi attorno le persone che conosco, specialmente in questi momenti... va a vedere
chi c'è...
BUZZETTI - Come desidera. (si porta all'uscio, lo apre poi ritorna verso Don Bosco) Ci sono fuori
dei ragazzi dell'Oratorio che insistono per essere introdotti, per vederla.
DON BOSCO (sorridendo) - Ma vengano... vengano...
BUZZETTI (Introduce un gruppo di fanciulli, uno di essi porta un mazzo di fiori). Questi piccoli
vengono a nome dei loro compagni per offrirle dei fiori e per augurarle una pronta
guarigione.
DON BOSCO (accarezzando paternamente il capo dei ragazzi) - Grazie, grazie del cortese
pensiero rivolto a colui che tanto bene vi ha sempre voluto e che tanto affetto vi serba
ancora; lasciatevi accarezzare così... avete fatto bene a venirmi a trovare... io vi sono
riconoscente per questa vostra visita gradita.
UN BAMBINO – Nell’Oratorio tutti l'aspettano e pregano per lei.
DON BOSCO - Mi aspettano... ora non posso venire perché mi mancano le forze, il mio pensiero
però è sempre in mezzo a voi. Se chiudo gli occhi un momento così mi rivedo anch’io
bambino di pochi anni come voialtri, vestito dei rozzi panni di contadinello con il mio
fagotto al braccio… su un sentiero di campagna, in una rigida mattina di febbraio,
incamminato verso il cascinale dei Moglia, là dove ho poi trovato la mia prima
occupazione di pastorello. (pausa) Prima pastore di armenti poi pastore di anime. Quanti
anni sono ormai passati da quel giorno!... Voialtri bambini siete sempre stati la parte più
cara al mio cuore. Il vostro sorriso e la vostra fede furono sempre il premio più ambito alle
mie modeste fatiche... Quando... ritornerete all'Oratorio... salutatemi i vostri compagni...
esortateli ad essere buoni e raccomandate loro sopratutto la preghiera... e pregate... anche
molto per me... (i fanciulli baciano la mano che Don Bosco loro porge e lo circondano
commossi. Don Bosco li stringe a se con atto di paterno affetto, sorreggendosi a stento).
BUZZETTI - Non si affatichi tanto col parlare, riposi, ora, Signor Don Bosco.
DON BOSCO - Sono alla fine ormai (sorridendo) eppure cammino ancora a vapore: “puf... puf...
puf”. Ho speso tutto prima della malattia, ora sono senza un soldo e i nostri ragazzi bisogna
pur sempre nutrirli. Come faremo? Prima potevo aiutarli, andando io stesso ad
elemosinare... adesso chi vuol fare la carità a Don Bosco e ai suoi, si dica di farla
senz'altro, perché Don Bosco non potrà più andare e venire...
BUZZETTI (commosso) - Si sente molto male, è vero?
DON BOSCO - Eh! sì... ma tutto passa e passerà anche questo...
BUZZETTI - Posso fare qualche cosa per sollevarla un po'?
DON BOSCO - Prega...
BUZZETTI (commosso) - Eppure ella sarà contenta al pensiero che, dopo una vita di tanti stenti, è
riuscita a stabilire la SOCIETÀ SALESIANA e fondare case in tutto il mondo, coronando
così il suo ardente sogno!
DON BOSCO (alzandosi a stento, con solennità:) Certo sono contento, perché quello che ho fatto,
l'ho fatto per il Signore; si sarebbe potuto far di più; ma la porteranno a termine i miei
successori l'opera incompiuta, e sono certo che la nostra Congregazione Salesiana, VIVRÀ
NEI SECOLI, PERCHE’ CONDOTTA DA DIO E PROTETTA DA MARIA
AUSILIATRICE!
(rimane un attimo come assorto in una celestiale visione, visibilmente commosso, mentre un raggio
luminoso di luce proiettato dall'alto avvolge la figura estatica del Sacerdote, che ha lo
sguardo rivolto al Cielo. Si udrà in lontananza elevarsi dolce e solenne un coro di voci
bianche, accompagnato da una leggerissima musica di violini. Lentamente si chiude il
velario).
FINE