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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE “MONS. ARNOLDO ONISTO” DI VICENZA DON LORENZO MILANI: LA PAROLA FA EGUALI L educazione dei ragazzi e del popolo di Barbiana dal dicembre del 1954 al luglio 1966. Laurea Magistrale in Scienze Religiose Dottorando:Massimo CINGERLE Relatori: prof. Don Simone ZONATO Prof. Francesco MONTEMAGGIORE Vicenza, 2014-2015 1

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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE

“MONS. ARNOLDO ONISTO” DI VICENZA

DON LORENZO MILANI:LA PAROLA FA EGUALI

L’educazione dei ragazzi e del popolo di Barbianadal dicembre del 1954 al luglio 1966.

Laurea Magistrale in Scienze Religiose

Dottorando:Massimo CINGERLE

Relatori: prof. Don Simone ZONATO

Prof. Francesco MONTEMAGGIORE

Vicenza, 2014-2015

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INTRODUZIONE

Con questa tesi cercherò di evidenziare un modo di fare scuola sicuramente inusuale, ma tuttoraattuale e valido e che da don Lorenzo Milani non fu mai inteso come un metodo educativo, bensì unpercorso didattico per approfondire ogni argomento in maniera curata fino a che non fosse tuttochiaro per tutti.Per la tesi in questione, ho consultato vari testi scritti da lui, dai suoi alunni o da altri studiosi.1) Nel primo capitolo della tesi ho scritto soprattutto della sua infanzia, degli anni giovanili e dellaformazione di don Lorenzo Milani che lo ha portato a rinunciare a tutti i suoi “privilegi” perintraprendere la via del sacerdozio dedicandosi all’educazione di chi non aveva cultura nella scuolaserale di S. Donato Calenzano e poi a Sant’Andrea di Barbiana.2) Nel secondo capitolo ho trattato il percorso didattico di don Lorenzo Milani nella scuola diBarbiana in cui non c’era un metodo educativo vero e proprio, bensì un’educazione teorica e pratica,che teneva conto del livello di ogni singolo alunno.La didattica del priore di Barbiana è stata molto varia e spaziava dalle lingue straniereall’astronomia, dall’apprendimento della lingua italiana ai lavori manuali. La pittura per don Lorenzo è stata l’ispirazione che lo ha portato verso la vocazione nella ricerca diun assoluto oltre gli schemi. Un altro punto essenziale del suo insegnamento è stata la scritturacollettiva, ovvero un testo scritto nelle sue varie parti da ogni alunno, fino ad ottenere un collageben strutturato e completo. La Costituzione Italiana è stata per don Lorenzo Milani elemento determinante sia per i diritti e siaper i doveri del popolo di Barbiana che imparò a mettere in pratica alcuni articoli per ottenere deirisultati. Il percorso didattico a Barbiana dimostra di essere moderno ed attuale anche per la scuola di oggi,perché le lezioni venivano pensate in base alle esigenze di ogni singolo alunno; certe lezionipotevano anche avere inizio in base alle domande che i ragazzi ponevano, poiché non dovevanorestare punti oscuri o dubbi.Il libro “Lettera a una professoressa” fu scritto da don Lorenzo Milani che però fece credere chefosse opera dei suoi alunni.A Barbiana ho avuto modo di incontrare di persona Michele Gesualdi, ex alunno, il quale mi hadetto chiaramente che il libro in questione riporta le testimonianze, i pensieri, le domande, leesperienze e i timori degli alunni, ma fu redatto interamente da don Lorenzo Milani che fece questoper dare voce a dei ragazzi sconosciuti alla società, che rappresentavano una parte importante diquelle persone provenienti da famiglie semplici e povere.3) Nel terzo capitolo vengono trattate interviste e testimonianze che ho fatto personalmente agli ex-alunni e a una volontaria della “Fondazione Don Lorenzo Milani”.La prima testimonianza che ho ascoltato è stata quella di Michele Gesualdi che risale a luglio del2013 proprio all’interno della scuola di Barbiana. In seguito ho intervistato Menzi Calderai Annalisa, volontaria e collaboratrice della “FondazioneDon Lorenzo Milani” nella canonica di Barbiana nel luglio 2013.Inoltre altri ex-alunni di don Lorenzo Milani che ho intervistato sono: Aldo Buzzolini nel settembre2013 a Firenze, Giancarlo Carotti nel novembre 2013 a Firenze e Agostino Burberi nel gennaio2014 a Milano.

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Sono riuscito a contattare direttamente le persone sopra menzionate grazie alle informazionigentilmente fornitemi dalla “Fondazione Don Lorenzo Milani” di Firenze.A tutti sono state poste le stesse domande per confrontare direttamente esperienze diverse e ricordi.Parlando con ognuno di loro si ha il ritratto più privato ed inedito di don Lorenzo Milani che spessochi scrive di lui senza averlo frequentato, non può conoscere.4) Il quarto e ultimo capitolo riguarda le conclusioni che vertono sulla figura di don Milani comepersona, educatore e sacerdote prima a San Donato Calenzano e dopo a Barbiana.Al termine di questo studio su don Lorenzo Milani ho voluto fare emergere cinque aspettiimportanti della scuola di Barbiana:

• Il rapporto con la pittura che sarà uno degli elementi che porterà don Lorenzo prima allavocazione e poi al sacerdozio.

• La decisione della Diocesi Fiorentina di inviare don Lorenzo Milani a Barbiana.• La lettera ai cappellani militari per dissuaderli a prestare servizio nell’esercito.• Il fare scuola di don Lorenzo Milani che ancora oggi dimostra di essere incredibilmente

moderno e originale, il suo segreto pedagogico fondato sull’impegno costante e il grandesacrificio dimostrato dagli alunni per frequentare la scuola ogni giorno dell’anno conl’obiettivo di un futuro migliore.

• Il vero autore del libro “Lettera a una professoressa” fu don Lorenzo Milani e non i suoialunni e nel testo si polemizza molto sul fallimento del sistema scolastico dell’epoca e sugliistituti magistrali incapaci di formare docenti veramente preparati.

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CAPITOLO PRIMO

ASPETTI GENERALI

1.1. L’infanzia

Don Lorenzo Milani nacque il 27 maggio 1923 a Firenze. Era il secondogenito del dott. AlbanoMilani e di Alice Weiss e con i suoi fratelli Adriano ed Elena, trascorse la sua infanzia in una casasituata in Viale Principe Eugenio 9, a Firenze.La famiglia Milani possedeva una lussuosa abitazione in città, la tenuta “La Gigliola” aMontespertoli, composta da una villa e da ventiquattro poderi. D’estate si rifugiavano nella villa “Il Ginepro” di Castiglioncello, ed erano vicini di spiaggia e diombrellone della famiglia Spadolini, il cui figlio Giovanni Spadolini diventò Presidente del Senatodella Repubblica Italiana. La famiglia Milani era circondata da numerose persone di servizio: una cuoca, una cameriera, unservitore, un autista e l’istitutrice tedesca. I figli avevano un’insegnante privata e misero piede inuna scuola solo nel momento in cui dovevano superare gli esami d’ammissione al ginnasio. Lorenzo fin da piccolo aveva un carattere particolare, non sopportava le ingiustizie e lesopraffazioni.1 Il periodo storico in cui si trovò a vivere Lorenzo fu durante il fascismo nel quale si intensificaronoi soprusi nei confronti di chiunque fosse contrario al regime.La situazione economica della famiglia Milani, era una delle migliori del tempo; con varipossedimenti, uno dei quali era nella terra del Chianti. Negli anni ’20 a Firenze si contavano quindici autovetture, due delle quali erano della famigliaMilani. Possedevano migliaia di volumi stampati, opere d’arte d’ogni tempo e una cultura tipicadall’alta borghesia intellettuale mitteleuropea con radici ebraiche.2 Molti appartenenti alla famiglia Milani furono persone che aveva studiato e approfondito lacultura.3 Nell’archivio di Barbiana fu ritrovato un brano scritto da don Lorenzo con il titolo di “Università epecore” che esprimeva il suo pensiero e il suo sentimento.4

1 “…Forse per questo che Lorenzo non aveva molti amici, preferiva stare con me, con mio fratello Paolo e consuo fratello Adriano, ha raccontato la cugina Laura Comparetti”. Mario Lancisi, Don Milani La vita, prefazione di LuigiCiotti, Edizione Piemme, Milano 1974, p. 21.

2 Nel salotto a piano terra si trovava una statua greca, oggi esposta al museo di via Colonna a Firenze; il cosìdetto “APOLLO MILANI”. Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani dalla parte dell’ultimo, Edizione Libri Milano,1974 p. 14.

3 Eadem, p. 15.4 “…Loro hanno frequentato tutte le scuole e si sono riempiti la casa di libri e la mente di potenza dialettica e

pratica enorme senza aver mai bisogno di guadagnarsi il pane perché il pane lo guadagnava Adolfo e i suoi bambini…”.Eadem, p. 15.

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Le impressioni di don Lorenzo espresse sul mondo borghese e contadino, furono che egli sapevaguardare il mondo con una visuale senza farsi condizionare dal suo contesto ambientale d’origine.Il bisnonno Domenico Camparetti aggiunse il suo cognome a quello di Lorenzo facendolo diventareil suo l’erede.5

La cultura fu una delle cose su cui Lorenzo puntò di più, già dal periodo di S. Donato, si sforzò dicolmare quel dislivello intellettuale tra le classi.Una forte differenza ci fu però tra il bisnonno e Lorenzo, poiché Domenico Comparetti eraagnostico, come si può leggere in alcuni suoi scritti, ma nonostante tutto trasmise sani principimorali e tradizionali alla sua famiglia.6 Egli fu anche docente di letteratura greca e fu uno dei filologi più famosi dell’Ottocento, sapienteconoscitore di ben diciannove lingue tra le quali il finnico e fu anche nominato senatore nel Regnod’Italia. Morì il 20 gennaio 1927.Il nonno paterno Luigi Adriano Milani non si avvicinò mai alla religione, fu professore diarcheologia e diresse il Museo Etrusco Archeologico Fiorentino, mentre la nonna fu una bravissimascrittrice di poesie che vennero pubblicate dopo la sua morte.Nell’anno 1913 la nonna del priore di Barbiana morì e l’anno seguente morì anche suo nonno elasciò ad Albano, padre di Lorenzo, un grosso patrimonio che dovette amministrare.Il padre di Lorenzo si laureò in chimica, ma era anche cultore di studi umanistici e conoscitore disei lingue. La madre di Lorenzo, Alice nativa di Trieste era cugina di Edoardo Weiss, allievo di Freud e amicodello scrittore irlandese James Joyce autore di “Ulisse”. La famiglia Weiss fu anche amica dello scrittore Italo Svevo. Queste ascendenze familiari spiegano l’amore per la cultura, per la parola e per le lingue apprese daLorenzo.Egli conosceva sette lingue: greco antico, ebraico, latino, spagnolo, tedesco, francese e inglese.I genitori di Lorenzo erano agnostici e si sposarono con rito civile nel 1919 e non battezzarono ifigli.7 Questo fino a quando nel 1933, per evitare le persecuzioni razziali, furono costretti a sposarsiin chiesa.

5 Domenico Comparetti, non avendo nessun erede maschio, lascia la volontà che gli eredi prendano il suocognome; il nome completo di Lorenzo sarà infatti “Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti”, Neera Fallaci, Vitadel prete Lorenzo Milani dalla parte dellultimo, Edizione Libri Milano, 1974 p. 16.

6 Eadem, p. 18.7 I genitori di Lorenzo si sposarono in chiesa nel 1933, perché entravano in vigore le leggi razziali; nei registri

parrocchiali la data del matrimonio fu anticipata a quella del matrimonio civile per evitargli ripercussioni non meritate,grazie anche alla stima di cui godeva la famiglia Comparetti. Eadem p. 20.

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1.2. Gli anni giovanili del privilegio

Don Lorenzo prendendo d’esempio San Francesco d’Assisi, scelse di convertirsi ad un’esistenzasemplice ed essenziale lasciandosi alle spalle tutti i privilegi e gli agi di una famiglia benestante perdedicarsi al prossimo seguendo la parola di Gesù Cristo. La sua conversione improvvisa e misteriosa nel mondo della fede è stata il frutto di una maturazionelenta e progressiva, vale a dire che Lorenzo fin da ragazzo si distinse per una certa irrequietezza neiconfronti del proprio mondo borghese e per una spiccata sensibilità verso i poveri e i più deboli.8

Una fonte importante su Lorenzo quando era un ragazzo è tratta dagli studi di Fabrizio Borghini,che raccontò le testimonianze dei giovani che avevano frequentato villa “Gigliola” a Montespertoli,dove Lorenzo trascorse la sua adolescenza e tornò sia da seminarista che da prete e sperimentòanche un progetto del doposcuola.Il ricordo di Lorenzo è quello di un ragazzo in una condizione di disagio con il suo mondo diappartenenza e già proiettato verso la scelta dei poveri, che caratterizzerà la sua esperienza dapresbitero. Un ricordo particolare della conversione di Lorenzo è data da Franco Bini, che abitava apoche decine di metri dalla villa dei Milani. Franco Bini raccontava che spesso vedeva il“signorino” Lorenzo, come veniva chiamato dalle persone di Montespertoli, di fronte al cavalletto adipingere.9

Adele Corradi per anni fu insegnante alla scuola di Barbiana e raccontò che già da studente Lorenzoprovava sensi di colpa per la sua condizione agiata. Un esempio, fu quando l ’autista di famiglia loaccompagnava a scuola, Lorenzo voleva scendere perché si vergognava a farsi vedere daicompagni. Egli aveva una certa sensibilità nei confronti dei poveri ed un evidente disagio per lapropria condizione di privilegiato. Lorenzo si distingueva da giovane anche per la sua intelligenza, per la sua bellezza, l’ostinazione ela timidezza ed era molto sportivo. Egli fu molto fragile di bronchi, molto emotivo, non riusciva asopportare le scene di violenza e aveva la fobia del sangue.10

Nella sua vita si distingueva per importanti caratteristiche: una forte religiosità ed impegno costanti,alla ricerca della verità, per un supremo rispetto per la coscienza, per il dovere verso se stessi e glialtri. Egli dimostrava una coerenza fra pensiero, parola ed azione. Disprezzava lo spreco dei benimateriali. Era un uomo di forte personalità e una volta fatta una scelta non tornava mai indietro.

8 Mario Lancisi, Don Milani La vita, prefazione di Luigi Ciotti, Edizione Piemme, Milano 1974, p. 23.9 “...Ho assistito alla scelta drastica di Lorenzo di lasciare il benessere per la povertà proprio nella biblioteca

della “Gigliola”, quando disse alla mamma Alice: “Io vado a stare con i poveri”, racconta Bini. Lorenzo Milani, Glianni del privilegio, Edizione Jaca Book, Milano 2004, p. 24.

10 “Io sono un profeta e un eroe ma fino alle estrazioni dentarie escluse, dirà di sé una volta divenuto prete”. Lancisi, Don Milani La vita, prefazione di Luigi Ciotti, op.cit., p. 26.

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Lorenzo manifestava la volontà di trasmettere conoscenza e valori, a tutti coloro che ne erano privie in modo particolare ai giovani.11

Nella primavera del 1943 terminò lo studio da pittore e da Milano riprese la strada per Firenze.Alcuni mesi dopo si presentò alla chiesa di San Michele Visdomini e si rivolse a don RaffaeleBensi, punto di riferimento per molti giovani. Per Lorenzo fu l’inizio di un dialogo fitto edincalzante attraverso lo stile del neofita che si svolgeva in modo tutto nuovo. Egli sentì la chiamataalla conversione al Cristianesimo il 6 luglio 1943. Così il 12 luglio 1943, ovvero sei giorni dopo, Lorenzo Milani ricevette la cresima dall ’arcivescovodi Firenze, il vicentino cardinale Elia Dalla Costa.12

Appena entrato in seminario, Lorenzo scriveva lunghe lettere ad una ragazza di nome Carla Sborgie a lei annunciò la decisione di diventare prete. Un anno prima dell’ordinazione sacerdotale Lorenzo rivide questa ragazza a casa di amici comunie si accorse della sua delusione di lei poiché ella provava un interesse di carattere affettivo nei suoiconfronti.13

Quello che motivò in gran parte la vocazione fu la pittura insegnatagli dal maestro Staude che perònon lo vedeva bene nel ruolo di futuro sacerdote.14

11 Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbina, Socrate & Don Lorenzo, EdizioneCentro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani & Scuola di Barbina, M.C.V.fecit IX Kalendis Novembris MMVIIIa.D.,Vicchio (FI) 2008, p. 36.

12 Maurizio Di Giacomo, Don Milani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 21.

13 Umberto De Vanna, Don Milani un profeta con gli scarponi da montagna, Edizioni Paoline, Milano 1992, p. 21.

14 “E tutta colpa tua. Perché tu mi hai parlato di cercare sempre l ’essenziale, di eliminare i dettagli e disemplificare. A me non bastava fare questo su un pezzo di carta. Non mi bastava cercare questi rapporti tra i colori. Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone del mondo. E ho preso un’altra strada”. Idem, p. 22.

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1.3. L’ordinazione e il sacerdozio di don Lorenzo Milani

Lorenzo Milani nel settembre del 1943, con l’aiuto di don Bensi, realizzò il suo desiderio di entrarein seminario a Firenze. La cosa fu accettata dalla sua famiglia che nonostante non fosse d’accordo,non lo ostacolò.15

Infatti Alice Weiss Milani la mamma di Lorenzo non era favorevole che suo figlio diventassesacerdote in quanto la sua missione lo avrebbe portato di certo lontano da lei e probabilmente comeogni madre sperava per lui un futuro diverso.16 L’ingresso di Lorenzo nel seminario “Il Castello”, avvenne il 9 novembre 1943. Con il passare dei mesi freddi, la mancanza di cibo in seminario, i bombardamenti della secondaguerra mondiale e le difficoltà, Lorenzo non allarmò la sua famiglia. Mamma Alice inviava periodicamente numerosi viveri da casa. Lorenzo nonostante questiproblemi, tranquillizzava la sua famiglia scrivendo delle lettere alla mamma in cui raccontava dicome si trovasse bene in seminario.17

Dal 31 gennaio del 1944 Lecceto (Firenze) fu la nuova sede estiva del seminario, preferita dalcardinale Elia Dalla Costa in quanto garantiva maggiore sicurezza ai seminaristi. In seguito nel marzo del 1944 le condizioni in seminario migliorarono ulteriormente perché daLecceto (FI) i seminaristi furono rimandati a Firenze e Lorenzo lo scrisse in una lettera inviata allamamma.18

Don Lorenzo inviò dopo otto giorni un’altra lettera a sua madre in cui sosteneva che donare lapropria libertà al Signore è una scelta libera e responsabile che un uomo fa perché veramentemotivato.19

La torsura di don Lorenzo avvenne il 3 aprile 1944, ma nessuno della sua famiglia si presentò.20

Lorenzo dispiaciuto di questo, scrisse alla madre una lettera in cui si rammaricava del fatto chealmeno lei non fosse stata presente.21

15 Maurizio Di Giacomo, Don Milani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 22.

16 “Va sottolineato il fatto che Elena Polacco, sorella minore di Lorenzo Milani, in una testimonianza confermòl’esistenza di queste tensioni”. Fabrizio Braccini – Roberta Taddei, La scuola laica del prete don Milani, EditoreArmando Armando, Roma 1999 p. 22

17 “Si mangia ogni giorno meglio. Certe minestre piene che piacerebbero al babbo e carne continuamente”.Giuseppe Battelli, Alla mamma, lettere dal 1943 al 1967, Edizione Marietti I ROMBI, Genova 1990, p. 12.

18 “Qui (a Firenze n.d.r.) in confronto al Lecceto si fa una vita principesca. Qui tutto è pulito e grande e poisiamo pochissimi e senza quella marmaglia di ragazzi mal vestiti e mal ordinati…”. Maurizio Di Giacomo, Don Milanitra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 25.

19 “Cara mamma, mi dispiace che tu senta il peso della mia mancanza di libertà. Ma non ci pensare perché ionon ne sento punto. Quando uno liberamente regala la sua libertà è più libero di uno che è costretto a tenersela. Chi regala la sua libertà si libera dal peso di portarla”. Lorenzo Milani, Lettere alla mamma, a cura di Giuseppe Battelli,Casa Edizione Marietti S.p.A., Genova 1997, p. 22.

20 Pier Paolo Pasolini, Don Lorenzo Milani: «Lettere alla mamma» (o meglio:«Lettere di un prete cattolico allamadre ebrea»), in ID., scritti garzanti, Edizione Garzanti, Milano 1975, pp.123-127.

21 “…peccato che tu non ci fossi sabato e Elena è peccato che tu non possa vivere sempre qui con noi inseminario perché si fa una vita tanto bella che ringiovaniresti di 40 anni…”. Di Giacomo, Don Milani tra solitudine eVangelo 1923 – 1967, op. cit., p. 26.

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L’ordinazione di don Lorenzo Milani avvenne domenica 13 luglio 1947 e fu celebrata dal CardinaleElia Dalla Costa e in seguito celebrò la sua prima messa a Santa Maria del Fiore a Firenze.Il 14 luglio don Lorenzo celebrò la sua seconda messa in San Michele Visdomini nella chiesettaretta da don Bensi.Dopo pochi giorni, il 20 agosto don Lorenzo fu nominato in via provvisoria cappellano aMontespertoli.Il 3 ottobre 1947 egli fu assegnato presso la parrocchia di San Donato Calenzano a metà strada traPrato e Firenze, da don Pugi e la mamma di don Lorenzo, Alice Weiss Milani Comparetti scrisseuna lettera alla figlia Elena confermando la partenza di Lorenzo.22

Il trasferimento a San Donato Calenzano avvenne dopo una lunga riflessione tra don Bensi e donBartoletti per individuare una sede definitiva così da collocarvi don Lorenzo come cappellano. Mons. Mario Tirapani, vicario generale della diocesi fiorentina, espose i suoi dubbi in merito aquesto nuovo prete, viste anche le sue origini non cristiane.23

Il 9 ottobre 1947 don Lorenzo arrivò a S. Donato Calenzano in una fredda giornata di pioggia e fuaccolto dalla comunità in maniera festosa con le campane che suonavano. Egli seppe inserirsi tra la gente e insegnò religione nelle scuole statali riuscendo a farsì che ognilezione non durasse più di mezz’ora.24

Il paese di Calenzano era a 15 km da Firenze. La sua economia era basata sull ’agricoltura e piccoleattività manifatturiere. Dopo sette anni, il 12 settembre 1954 don Pugi morì e la comunità di S. Donato si divise in duegruppi, quelli che volevano che don Lorenzo Milani restasse, altri che chiedevano alla Curiafiorentina l’allontanamento di don Lorenzo da S. Donato Calenzano perché aveva idee troppoinnovative e quindi distanti dal classico comportamento del prete di provincia. Il Cardinale Dalla Costa della diocesi fiorentina pensava che fosse don Lorenzo a creare questaspaccatura nella comunità, mentre egli sosteneva che già all’inizio ci fosse questa divisione tra ifedeli.Trascorsi alcuni mesi, il 17 novembre 1954 don Lorenzo Milani ricevette una lettera da mons.Tirapani che gli confermò la nomina di don Santacatterina pievano di Legri al suo posto e lo invitòa presentarsi dal Cardinale Dalla Costa che gli comunicò in quale parrocchia fosse stato assegnatolui. Don Lorenzo non si aspettava questo trasferimento, ma senza fare nessuna polemica si dimostròobbediente alla Chiesa.25

22 “Stamattina è partito Lorenzo contento e stanchissimo. Ieri ha confessato duecento bambini per la cresima diqui, poi è andato a Celiano e ha ricevuto 7200 lire a dimostrazione dei suoi molti debiti. A notte ha fatto tre valigioni dilibri e poi è partito. Il suo parroco ha avuto molti contatti con don Bensi, don Bartoletti e il proposto di qui e ti puoiimmaginare che questi tre hanno preparato bene il terreno e lo aspettano a S. Donato con ansia e con gioia. Il parroco haaccettato per il suo cappellano 40.000 lire e Lorenzo crede che con queste vivrà da signore. Speriamo che tutti questisuoi entusiasmi non abbiano troppo presto una doccia fredda”. Massimo Toschi, Don Lorenzo Milani e la sua chiesa.Documenti e studi. Edizioni Polistampa, Firenze 1994, p. 63.

23 “…Abbiamo tra gli altri sacerdoti novelli anche un tipo che nessuno vuole (Lorenzo Milani n.d.r.): unavocazione adulta. Un ragazzo di una famiglia mezza ebrea, recuperato da don Bensi e che già in seminario ha fatto unpò confondere. Se tu te la senti di prenderlo e di provare!...”. Tito Centi, Incontri e scontri con don Lorenzo Milani,Edizione Civiltà, Brescia 1977, p.13.

24 “Abbiamo diritto a fare 20 ore per classe, ma io furbamente per consiglio di un mio amico ho chiesto di faremezz’ore, così i ragazzi son più attenti e invece di 20 son 40 giorni cioè tutto l ’anno”. Maurizio Di Giacomo, DonMilani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 36.

25 “Lorenzo è andato dal cardinale che è cascato dalle nuvole. Gli ha chiesto per la centesima volta se eradisposto ad accettare qualsiasi parrocchia. Lo ha lodato per la sua docilità e lo ha congedato così. Veramente penosasituazione”. Idem, p. 82.

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La sera del 24 novembre 1954, il Cardinale Dalla Costa andò a Legri e incontrò don Santacatterinae gli disse come si era svolto l’incontro tra lui e don Lorenzo Milani.26

Don Lorenzo fu trasferito a Sant’Andrea di Barbiana, ma egli già a San Donato Calenzano avevacominciato evangelizzare le persone usando metodi considerati poco ortodossi come per esempiofare l’omelia in chiesa scendendo dal pulpito o appendendo alla navata una carta geografica dellaPalestina, spiegando la parola del Vangelo con un linguaggio comprensibile a tutti, illustrando glieventi con esempi legati alle esperienze quotidiane delle gente. Successivamente istituì una scuola serale che provvide ad accogliere le persone senza distinzione dietà, ceto sociale, credo, fede o politica, tutte innovazioni che causarono numerose polemiche, tantoche il suo vescovo della diocesi di Firenze si vide costretto a trasferirlo a Sant’Andrea di Barbiana, afare da priore in una comunità poco numerosa fra i monti. Questa decisione da parte del vescovo non smorzò le critiche e dubbi su don Lorenzo, ma egliobbedì, pur sapendo di venir “esiliato” a Barbiana.27

Don Lorenzo scrisse alla mamma di aver accettato il suo nuovo incarico dicendole che non eraimportante quanto grande fosse il luogo o quanto numerosa la comunità, ma ciò che contava era ilbene che si faceva alle persone.28

26 “Ho lasciato don Milani poco fa. Credevo proprio di essere costretto a ricorrere alla celere (polizia n.d.r.) perindurlo a trasferirsi a Barbiana. Grazie a Dio, alla fine ha ceduto. Mi ha promesso di recarvisi nella mattinata dellavigilia dell’Immacolata … Eccomi ancora una volta qui da lei per supplicarla ancora una volta di ubbidire al suovescovo, per scongiurarla di andare a S. Donato nel pomeriggio dello stesso giorno non appena se ne sarà andato donMilani... che andassi a S. Donato: Dio mi avrebbe benedetto e mi avrebbe fatto sentire gli effetti della sua benedizione.Vi andassi per almeno due mesi, se poi non fosse stato possibile rimanervi, mi avrebbe assegnato un ’altraparrocchia…”. Domenico Marini, Trame sinistre all’ombra dell’altare, Editrice Civiltà Brescia, finito di stampare dallaGarzanti editore, Milano 1983, pp. 162-163.

27 “Accetta il confino senza nessun segno di ribellione, pur cosciente di essere esiliato per aver cercato la veritàe la giustizia, fedele al Vangelo e alla Chiesa”, Fondazione don Lorenzo Milani, L’obbedienza nella Chiesa, LibreriaEditrice Fiorentina, Firenze 2011, pp. 12-13.

28 “La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza del luogo, in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose. E neanche la possibilità di fare del bene si misura dal numero dei parrocchiani.”. Idem, pp. 12-13.

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1.4. La scuola serale di don Lorenzo a S. Donato Calenzano

Don Lorenzo sviluppò l’esperienza di una scuola serale aconfessionale popolare per i poveri a SanDonato Calenzano, aperta a tutti giovani con diverse ideologie e che li orientasse ad una vitamigliore. Egli teneva a cuore la cultura, vista la difficile situazione sociale a causa di uncambiamento in cui le persone lasciavano le abitazioni e il lavoro nei campi per iniziare una nuovaesperienza nelle fabbriche vicino a San Donato. Come uomo ed educatore voleva che i suoi ragazzi, come gli operai, imparassero a conoscere edifendere i loro diritti, cosa che poteva accadere solo attraverso la cultura, solo per coloro cheandavano a scuola. Don Lorenzo nella sua scuola istituì tre corsi differenziati per livelli: il primoper analfabeti totali, il secondo per chi possedeva la terza elementare, il terzo per chi possedeva lalicenza elementare.Quando iniziò la scuola, i giovani non sembravano esserne interessati, in modo particolare i ragazzidei paesi vicini che pensavano più a divertirsi che a studiare, mentre don Lorenzo cercava dispronarli.29

Diversi giovani erano diffidenti e pensavano che iscrivendosi a scuola si fosse parlato di politica odella Chiesa Cattolica, mentre don Lorenzo cercava di convincere i suoi ragazzi sul fatto che lostudio fosse una grande possibilità per avere una cultura nella vita e quindi un futuro migliore.30

I doveri dei genitori furono di vario genere e comprendevano tutti gli aspetti della vita del ragazzo edel futuro dell’uomo. Un genitore non poteva più permettersi che suo figlio imparasse un lavoromanuale e sperare di assicuragli qualcosa per il suo futuro, le cose erano cambiate a Calenzano,bisognava saper vivere in tante altre circostanze trasmettendo altre competenze come consultareorari, come prendere un treno e come solleticare un pagamento. Se un genitore lasciava nel mondoil suo ragazzo senza l’istruzione adeguata era come aver lasciato in cielo un passerotto senza ali.31 A San Donato la ricreazione fu proibita: pallone, attrezzi da ping pong e giochi vari, un giornofurono posti in un pozzo vicino alla chiesa.32

In questa scuola serale don Lorenzo realizzò il disegno profondo del suo sacerdozio: stare dallaparte dei poveri e farli diventare cittadini alla pari come tutti gli altri, riuscire a orientarli allacomprensione della parola per dare agli operai e ai contadini la lingua, ma soprattutto gli interessidegni di un uomo.33

Don Lorenzo faceva scuola soffermandosi sulle parole, selezionandole e facendo comprendere aisuoi ragazzi che queste parole avevano una nascita, uno sviluppo, una trasformazione e unadeformazione.

29 “Siete proprio come vi vogliono i padroni, servi, chiusi, e sottomessi. Se il padrone conosce 1000 parole e tene conosci solo 100 sarai destinato ad essere sempre servo”. Don Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, LibreriaEditrice Fiorentina, Firenze 1958, p. 129.

30“Ragazzi vi prometto davanti a Dio che la scuola la faccio per darvi l’istruzione, e vi dirò sempre la verità diogni cosa, sia che faccia comodo, sia che faccia disonore alla mia ditta”. Idem, p. 269.

31 Don Lorenzo Milani, La Parola fa eguali - il segreto della Scuola di Barbina, a cura di Michele Gesualdi,Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005, p. 13.

32 Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, il segreto di don Lorenzo Milani, sacerdote e maestro, EditoreMarsilio, Venezia 2008, p. 65.

33 “La scuola mi è sacra come un ottavo Sacramento”, Idem, p. 63.

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Egli sosteneva che la parola fosse la chiave che apriva ogni porta nella vita. L’acquisire una cultura borghese da parte dei poveri, determinò una condizione di crescita socialenei confronti di altri poveri che non possedevano la cultura.34

La borghesia di S. Donato vide travolgere i suoi privilegi e decise di farsi ascoltare dalla Curia diFirenze perché don Lorenzo aveva istituito dei progetti educativi, culturali e religiosi, masoprattutto aveva dato spazio ai poveri. A seguito dell’intervento di Monsignor Tirapani, ostile a donLorenzo fin dai tempi del seminario, fu mandato dalla curia come priore in esilio a Barbiana conl’accusa di aver diviso il popolo di S. Donato, ma don Lorenzo aveva già trovato diviso il popolo evoleva solo unirlo.35

Don Lorenzo Milani lasciò con dispiacere i suoi ragazzi il 6 dicembre 1954 con un provvedimentoimmediato da parte della Curia di Firenze.Tante persone a Calenzano vollero dire qualcosa per fare tornare indietro il vescovo dalla suadecisione. Il popolo di S. Donato raccolsero numerose firme, ma don Lorenzo spense ogni iniziativae ubbidì. Egli accettò senza nessuna protesta, essendo cosciente di essere stato esiliato a Barbiana perchéaveva cercato la verità e la giustizia, ma restando fedele al vangelo e alla Chiesa.36

34 Francesco Milanese, Don Milani quel priore seppellito a Barbiana, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze1987, p. 124.

35 Nel libro don Milani traccia un panorama storico dell’ambiente in cui iniziò il proprio apostolato. Nelladescrizione della contesa secolare c’è una punta di polemica, carica di ironia. Siccome l’avevano cacciato a Barbianacon l’accusa di aver diviso il popolo di S. Donato voleva dimostrare che a Calenzano le divisioni erano sempre esistite espesso per motivi poco seri. La contesa di chi aveva la precedenza nelle processioni del Corpus Domini del resto haancora oggi risonanze in certi vecchietti, tratto da Don Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, Libreria EditriceFiorentina, Firenze 1958, pp. 113-115.

36 Don Lorenzo Milani, L’obbedienza nella Chiesa, LEF, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2001, pp. 12-13.

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1.5. I primi anni di don Lorenzo Milani a Sant’Andrea di Barbiana

Don Lorenzo divenne nel 1954 priore di Sant’Andrea di Barbiana. Arrivò lunedì 6 dicembre in unagiornata di pioggia e di vento in una comunità che si trovava a ridosso del gruppo montuoso delMugello ad una settantina di chilometri da Firenze. Il paese comprendeva un agglomerato di tre,quattro casupole attorno a una chiesetta sperduta in mezzo alle montagne dell’Appennino toscano.37 Barbiana era desolata perché mancava la strada che serviva come collegamento per accedere allachiesa, alla canonica e non c’erano luce elettrica e gas. Don Lorenzo arrivò assieme alla perpetua Eda Pelegatti e sua madre Giulia Lastrucci, davanti allachiesa di Sant’Andrea. La prima cosa che fece fu quella di entrarvi per pregare e piangere. Fu un impatto duro anche per Eda Pelegatti che non riusciva ad ambientarsi nonostante passasse iltempo in quel luogo che sembrava quasi dimenticato da tutti.38

Don Lorenzo cercò di vedere il lato positivo di questa sua nuova esperienza a Barbiana pensandoche lo avrebbe maturato come persona e come sacerdote.39

Nei primi giorni a Barbiana, don Lorenzo pensò a come istituire una scuola con i pochi allievi chevi sarebbero potuti andare. Dopo qualche settimana in classe si trovarono quattro alunni a cui siaggiunsero anche due bambini.Don Lorenzo iniziò a praticare il suo magistero con difficoltà nel comunicare con i suoiparrocchiani nella comunità di Barbiana. Si trattava di gente umile, senza una cultura classica esemianalfabeta. I contadini e gli operai erano completamente abbandonati nella loro condizione reale di non saperleggere e non saper scrivere.40

Don Lorenzo pensò che bisognava restituire la parola a questi emarginati, aprire loro l’accesso allacomprensione, alla conoscenza e al sapere. 41

Egli fece scuola ai poveri perché potessero riscattarsi raggiungendo la parità sociale, la padronanzadella lingua per comprendere la parola del Vangelo, la filosofia, la teologia e la cultura in generale.42

37 Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana, Socrate & Don Lorenzo, EdizioneCentro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani & Scuola di Barbina, M.C.V.fecit IX Kalendis Novembris MMVIIIa.D., Vicchio (FI) 2008, p. 18.

38 Eda Pelegatti che, anche negli anni successivi, ripeterà: “Ma hai visto dove ci hanno buttato? Hai visto doveci siamo ritrovati?”. Maurizio Di Giacomo, Don Milani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l.,Roma 2001, p. 86.

39 Don Lorenzo Milani esprimerà il suo pensiero: “La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza delluogo in cui si è svolta ma da tutt’altre cose. E neanche la possibilità di fare il bene si misura sul numero deiparrocchiani”. Umberto De Vanna, Don Milani un profeta con gli scarponi da montagna, Edizioni Paoline, Milano1992, p. 4.

40 “Don Milani: La situazione reale è che le masse operaie e contadine sono completamente abbandonate,incapaci di leggere e scrivere e quindi io mi interesserò sempre prima di chi non sa leggere che di chi sa leggere, di chisa leggere male che di chi sa leggere bene e via di seguito”. Fondazione don Lorenzo Milani, L’obbedienza nellaChiesa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2011, p. 91.

41 Alessandro Mazzarelli, L’incontro con don Lorenzo Milani, Il riscatto, Edizioni Dehoniane, Napoli 1980,pp.173-194.

42 Antonino Bencivilli, Don Milani Esperienza educativa, lingua, cultura e politica, Armando Editore, Roma2004, p. 44.

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A Barbiana nacque molto presto la scuola diurna e serale per 365 giorni l’anno.43 Don Lorenzo una sera insegnò come fare una pianta topografica, un’altra parlava di politica o direligione e un’altra di grammatica.Egli era pieno di rispetto per quei giovani che dopo una giornata di lavoro, ogni sera dovevano farechilometri con la neve, attraversando una strada che non era asfaltata e con ponti barcollanti.44

Nella prima settimana, don Lorenzo andò negli uffici del Comune di Vicchio (FI) e disseall’impiegata che voleva comprare un pezzo di terra nel cimitero di Barbiana per esservi seppellito. L’impiegata del Comune rispose che non serviva perché essendo priore della chiesa di Sant’Andreaa Barbiana gli spettava di diritto. Egli insistette dicendo che voleva assolutamente acquistare quelpezzo di terra, ma l’impiegata imbarazzata rispose che non si poteva.Trascorsi altri ventidue giorni e dopo il Natale del 1954, don Lorenzo subì diverse pressioni dallamamma e dagli amici di Firenze per questa sua tappa a Barbiana ed egli chiarì in modo netto chequella era diventata la sua missione e lo scrisse in una lettera alla mamma Alice.45 Da tempo don Lorenzo aveva iniziato un manoscritto intitolato Esperienze Pastorali. In piena estate del 22 agosto 1955, egli scrisse una lettera all’amico Gian Paolo Meucci spiegandoche il suo manoscritto non ricevette il consenso da parte di don Enrico Bartoletti e dai nuovi parrociper la diocesi di Firenze. Il manoscritto fu redatto in modo concentrato, pratico da consultare e il suo contenuto raccontava leesperienze pastorali di un parroco fiorentino contemporaneo. Solo successivamente esso verràpubblicato e diventerà una delle opere principali di don Lorenzo Milani, nonostante l’avversità daparte della Curia fiorentina.In questo periodo, nella comunità di Barbiana dove viveva don Lorenzo, si presentò unameravigliosa novità. Don Palombo portò, in periodi diversi, due fratelli orfani Michele eFrancuccio, i quali avevano un terzo fratello di nome Guerino. All’inizio don Lorenzo non aveva nessuna difficoltà con Michele a Barbiana, ma dopo qualchetempo, egli lo rimandò a don Palombo a Prato accompagnato da un signore di nome Quintilio. Il giorno dopo don Lorenzo telefonò a don Palombo chiedendo se Michele se la sentiva di tornare aBarbiana, ma il bambino ascoltando quella telefonata, fece intendere con un gesto negativo dellatesta che non voleva ritornare.

43 “La scuola non può che essere aconfessionale, non può essere fatta che da un cattolico e non può essere fattache per amore (cioè non nello Stato). In altre parole la scuola come io la vorrei non esisterà mai altro che in qualcheminuscola parrocchietta di montagna o nel piccolo di una famiglia dove il babbo e la mamma fanno scuola ai bambini”. Fabrizio Braccini – Roberta Taddei, La scuola laica del prete Don Milani, Armando Editore, Roma 1999, p. 39.

44 Umberto De Vanna, Don Milani un profeta con gli scarponi da montagna, Edizioni Paoline, Milano 1992, p. 69.

45 “Barbiana 28.12.1954. “Cara Mamma, ho ricevuto la tua lettera in cui mi chiedi di non impegnarmi a star qui.Se parli di un impegno esterno certo che lo prendo perché non ce n’è neanche il modo o l’occasione. Non posso peròcredere che tu desideri che io mi metta nello stato d’animo del passante o del villeggiante… Non c ’è poi motivo diparlare del domani. Non ti basta l’affanno di ogni giorno? E neanche c’è motivo di considerarmi tarpato se sono quassù.La grandezza di una vita non si misura dalla grandezza del luogo in cui s ’è svolta, ma da tutt’altre cose. E neanche lepossibilità di fare del bene si misurano sul numero dei parrocchiani. Sai bene che ormai non ho più bisogno di andare acercare nessuno, sono loro che mi cercano e non ho mai un minuto libero”. Maurizio Di Giacomo, Don Milani trasolitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, pp. 87-88.

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Non appena don Palombo comunicò a don Lorenzo quella decisione, egli scoppiò a piangere daldispiacere, sentendosi in colpa nei confronti del bambino che aveva respinto.Il tempo ristabilì il rapporto tra il don Lorenzo e Michele, l’altro fratello Francuccio raccontò che idue fratelli erano considerati i “grandi”.46

1.6. Verso la fine: 26 giugno 1967

Don Lorenzo si espresse in maniera molto dura contro il servizio di leva obbligatorio poiché eraimportante che ognuno in coscienza sua decidesse se aderire al servizio di leva militare oppure fareuna scelta alternativa rendendosi utile per il paese in ambito sociale.Egli per questo fu accusato dai politici dell’epoca, dai cappellani militari e dall’opinione pubblicaper aver fatto pubblicare documenti che denunciavano la questione dei cappellani militari. Don Lorenzo sottolineava il fatto che non fosse giusto che dei religiosi cattolici fossero al serviziodei contingenti militari come cappellani e presenti durante le varie spedizioni militari.Il 23 gennaio 1967 l’avvocato Adolfo Gatti difensore di don Lorenzo Milani sulla questione deicappellani militari, fu pregato di presentare un certificato medico preparato dal prof. Di Guglielmo,direttore della clinica di semeiotica dell’università di Firenze, chiedendo un rinvio della sentenza. La corte del tribunale accolse la richiesta e rinviò il processo al 21 giugno 1967 in quantomancavano alcuni giudici e i loro supplenti non se la sentivano di decretare una condanna in unacausa così importante. 47

Don Lorenzo scrisse una lettera al suo alunno Franco Gesualdi informandolo che il processo erastato rinviato per la mancanza dei giudici e che i media riportavano la notizia rendendo la cosapubblica.48

Lui comprese che la sua malattia si faceva sempre più grave e prima di partire per Firenze decise dibruciare numerosi documenti e lettere delle tante persone che conosceva poiché non doveva restaretraccia di segreti e confidenze di questi.Nell’aprile del 1967, don Lorenzo scese in via Masaccio a Firenze per trascorrere gli ultimi giornidella sua vita e fu accompagnato da Eda Pelegatti, la quale si trasferì lì per aiutare Alice la mammadi don Lorenzo.

46 “Ma seguiamo, come uno dei “figli” adottivi di don Lorenzo, Francuccio, descriveva Barbiana e la sua scuola.“Io e mio fratello [Michele] si stava in casa, fissi. Gli altri ragazzi abitavano nei casolari intorno, sia che fossero delposto sia che fossero a pensione presso qualche famiglia perché erano venuti da fuori per frequentare la scuola [questiultimi ragazzi si aggregarono a Barbiana quando ormai i primi sei erano considerati “grandi” e il nome della scuola siera diffuso un pò ovunque in Italia]”. Don Milani si alzava alle sei del mattino, verso le sette svegliava Francuccio eMichele e poi diceva messa. Verso le otto arrivavano gli altri ragazzi”. Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, il segretodi don Lorenzo Milani, sacerdote e maestro, Editore Marsilio, Venezia 2008, p. 136.

47 Marco Moraccini, Don Lorenzo nei mass media, catalogo bibliografico, 1950-1957, Edizioni Jaca Book,Milano 1999, p. 56.

48 “Il processo è stato rinviato perché mancavano di alcuni giudici e i supplenti non se la sentivano disentenziare una causa così impegnativa. Allora hanno pregato Gatti di chiedere il rinvio per la mia salute. E’ un pò buffoche io chieda il rinvio ora mentre lo scorso anno avevo autorizzato a procedere… La RAI ha detto che il processo èstato rinviato per la grave malattia che ha colpito don Milani. Così ieri è stata una processione di visite a vedere comestavo”. Maurizio Di Giacomo, Don Milani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 287.

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Agli inizi di maggio don Milani chiese a Franco Gesualdi di ritornare dalla Libia perché la suasalute era peggiorata. Egli iniziò a disidratarsi e la presenza del diabete mellito gli impediva diparlare e cominciò a scrivere una serie di biglietti per comunicare con le persone, ma la grafia sifaceva sempre più incerta. Don Lorenzo chiese al fratello Adriano di cercare di accelerare la suafine, ma ricevette un deciso no, spiegando l’importanza della cura.49

Carla Sborgi, amica di don Lorenzo, durante l’ultimo periodo della malattia andò qualche volta afargli visita. 50

Un giorno, dopo la partenza di Carla, don Lorenzo affermò di averle fatto del male riferendosi aquando decise di entrare in seminario pur comprendendo i sentimenti di profondo affetto che leiaveva nei suoi confronti.51

In quei giorni don Lorenzo stava morendo, il suo grande amico il professor Severio Monista, ilquale andò per un anno a Barbiana a insegnare ai ragazzi, prese la medaglia d’oro per le scienze, learti e la cultura di fronte alle autorità cittadine di Firenze e dopo la cerimonia il cardinale Florit siintrattenne con lui e questi gli presentò i figli. La preoccupazione delle persone e dello stesso cardinale, era che il professore avesse scelto diandare in Africa abbandonando la carriera universitaria, su consiglio di don Lorenzo. Il cardinale rispose ad una domanda fatta da uno dei presenti su cosa pensasse su don Lorenzo edegli espresse il suo pensiero sul priore, ebbe una pausa nel silenzio di tutti i presenti e poi raccontòil modo di essere di don Lorenzo.52

Nella mattinata del 24 giugno 1967 don Lorenzo mentre si trovava a casa della mamma a Firenze esentiva che la morte si avvicinava, disse a chi gli era vicino che in quella stanza stava avvenendo unmiracolo.53 Dopo due giorni nella tarda mattinata del lunedì 26 giugno 1967, Lorenzo prima di morire notò diavere delle chiazze sul corpo e chiamò suo fratello Adriano perché sentiva che la morte eraarrivata.54 Il testamento scritto da don Lorenzo Milani fu ricco di provocazione, ma poi si illuminò ditenerezza nei confronti di Eda, Michele, Francuccio e le altre persone più vicine a lui.55

I funerali furono celebrati a Sant’Andrea di Barbiana, il mercoledì 28 giugno 1967, in una giornatadi sole. All’esequie erano presenti 200 persone, in gran parte dal Mugello, ma anche da altre cittàd’Italia. La messa fu celebrata da don Cesare Mazzoni e mons. Giovanni Bianchi benedisse la bara.

49 “Rifiutare la cura a chi ne ha bisogno è come sparargli in testa”. Idem, p. 293.50 Rolando Perri, Presenza femminili nella vita di Don Milani, Società Editrice Fiorentina, Firenze 2009, p. 23.51 “E' l’unica persona al mondo a cui ho fatto del male”. Umberto De Vanna, Don Milani un profeta con gli

scarponi da montagna, Edizioni Paoline, Milano 1992, p. 22.52 “Una guida radicale” e “Signum cui contraddicetur”. Gregorio Monista, Don Lorenzo Milani Amico e

maestro, con inediti della Scuola di Barbiana, Colpo di fulmine Edizioni, Verona 1997, p. 20.53 “Un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza. Un cammello che entra nella cruna dell’ago”. Maurizio

Di Giacomo, Don Milani tra solitudine e Vangelo 1923 – 1967, Edizione Borla s.r.l., Roma 2001, p. 298.54 “Adriano, quanto ho ancora? Lorenzo poco! Gli rispose. Chiamami la mamma, aggiunse. Mamma ho pochi

minuti di vita, non piangere! Girò la testa e morì…”. Giovanni Catti, Don Milani e la pace, Edizione Gruppo Abele,Torino 1990, p. 97.

55 “Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non ho punti debiti verso di voi, ma solo crediti. Verso l’Edainvece ho solo debiti e nessun credito. Traetene le conseguenze sia sul piano affettivo che su quello economico. Un abbraccio affettuoso, vostro Lorenzo. Caro Michele, caro Francuccio, cari ragazzi, non è vero che non ho debitiverso di voi. L’ho scritto per dar forza al discorso! Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stiaattento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto. Un abbraccio, vostro Lorenzo”. Don Lorenzo Milani,L’obbedienza non è più una virtù e gli altri scritti pubblici”, a cura di Carlo Galeotti, Edizione Stampa Alternativa,Viterbo 1994, p. 150.

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CAPITOLO SECONDO

LA SCUOLA A BARBIANA

2.1. I ragazzi di montagna

Don Lorenzo Milani istituì una scuola alternativa, senza cattedra, per avere una relazione personalealla pari con i ragazzi, senza voti per non fare differenze, senza registro perché non era una scuolapubblica e senza crocifisso per mantenere una scuola laica.Gli stessi alunni della scuola di Barbiana si domandavano se l’insegnamento della musica fosse utilenella vita di tutti i giorni e mettevano in discussione il passare da una disciplina ad un’altra, poichépensavano che fosse una perdita di tempo.Don Lorenzo fu pronto a ricordare che potevano andare in un’altra scuola, perché nessuno era ingrado di prevedere il futuro e imparare la lingua italiana era utile per studiare le altre discipline.56

Per quanto una persona potesse studiare e imparare, la cultura era un campo così vasto che nessunuomo avrebbe potuto apprenderlo per intero, quindi ci sarebbe sempre stato qualcosa di nuovo daimparare.57

La scuola aveva il compito di risvegliare nei giovani operai e contadini la voglia di conoscere e distudiare con passione qualcosa di veramente utile all’uomo e alla sua esistenza.58 Gli alunni che presentavano maggiori difficoltà erano seguiti con un occhio di riguardo, quasifossero i preferiti; questo per non farli sentire in disparte o diversi dagli altri.59

56 “Allora, stando a quel che si racconta, don Lorenzo rispose dicendo: “Chi non si fida di me e della miascuola, si levi dai piedi. Non ho alcun interesse a farvi una scuola piuttosto che un’altra. Nessuno di noi conosce ilfuturo, chi può indovinare che cosa gli occorrerà nella vita? Impara l ’arte e mettila da parte! Qualunque cosa facciamova bene, perché a voi occorre solo la lingua e la lingua è fatta dalle parole di tutte le materie diverse messe insieme. Sevi insegnassi solo a disegnare sareste delle bestie che disegnano e non servirebbe né a voi né a nessuno. Ciascuno di voideve diventare uomo che disegna”. Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, il segreto di don Lorenzo Milani, sacerdote emaestro, Editore Marsilio, Venezia 2008, p. 61.

57 “La cultura vera, quella che ancora non ha posseduto nessun uomo, è fatta di due cose: appartenere alla massae possedere la parola. Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo d ’espressione. Ai ricchitoglie la conoscenza delle cose”. Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze1967, p. 21.

58 Don Lorenzo Milani., Esperienze Pastorali, LEF, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1958, p. 237.59 “La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare. Però chi era senza basi,

lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuolafosse tutta solo per lui. Finché non aveva capito, gli altri non andavano avanti”. Scuola di Barbiana, Lettera a unaprofessoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 5.

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Don Lorenzo ebbe delle soddisfazioni importanti: la prima fu quella di cambiare finalmente ilprogramma scolastico.60 La seconda che Sandro, un alunno della scuola di Barbiana, riuscì a tornaread amare lo studio dopo la brutta esperienza nella scuola pubblica.61

Il priore sottolineò il fatto che alla fine di ogni percorso scolastico, i ragazzi che frequentavano lascuola pubblica, erano degli arrivisti a 12 anni con il fine di raggiungere esclusivamente il diplomae conseguentemente guadagnare uno stipendio, ma alla fine venivano privati delle cose belle chestudiavano.62

La scuola statale per migliorare la sua qualità aveva bisogno di un aumento d’orario per creare la“scuola a pieno tempo”, mettendola in mano a persone motivate e con idee.63

Don Milani eliminò la ricreazione nella scuola di Barbiana considerandola come strumentopastorale incompatibile con la missione di parroco, al suo posto elaborò una nuova proposta rivoltaa tutti, cristiani o non cristiani: la scuola come strumento da frequentare in qualsiasi momento percombattere le difficoltà sempre più evidenti della società di quel epoca.64

La domenica non era vacanza e ogni alunno era consapevole che andare a lavorare fosse peggiorispetto alla scuola.65

Lo studio non era sacrificio, bensì una “grazia” che andava pagata cara, più cara del costo dellavoro nei campi, altrimenti la scuola avrebbe formato alunni pretenziosi e viziati.66

60 “Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione. Una perfezione che è assurda perché il ragazzosente le stesse cose fino alla noia e intanto cresce. Le cose restano le stesse, ma cambia lui. Gli diventano puerili tra lemani. Per esempio in prima gli avreste riletto per la seconda o terza volta la Piccola Fiammiferaia e la neve che fioccafiocca fiocca. Invece in seconda e terza leggete roba scritta per adulti. Gianni non sapeva mettere l ’acca al verbo avere.Ma nel mondo dei grandi sapeva tante cose. Del lavoro, delle famiglie, della vita del paese”. Scuola di Barbiana,Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 8.

61 “Sandro in poco tempo s’appassionò a tutto. La mattina seguiva il programma di terza. Intanto prendeva notadelle cose che non sapeva e la sera frugava nei libri di seconda e prima. A giugno il “cretino” si presentò alla licenza evi toccò passarlo.”. Idem, p. 9.

62 “Anche il fine dei vostri ragazzi è un mistero. Forse non esiste, forse è volgare. Giorno per giorno studianoper il registro, per la pagella, per il diploma. E intanto si distraggono dalle cose belle che studiano. Lingue, storia,scienze, tutto diventa voto e null’altro. Dietro a quei fogli di carta c’è solo l’interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno di voi lo dice. Ma stringi stringi il succo è quello”. Idem, p. 11.

63 “Coll’orario che fate a scuola è guerra ai poveri. Se lo Stato non può imporvi aumenti d ’orario non può farescuola. E’ una conclusione grave. Finora si diceva che la scuola statale è un progresso rispetto alla privata. Ora bisognerà ripensarci e rimettere la scuola in mano d’altri. Di gente che abbia un motivo ideale per farla e farla anoi”. Idem, p. 20.

64 “Nell’anno 1951-52 non ci fu vera scuola perché stetti malato. Quando ripresi la scuola nel 1952-53 avevoormai superato ogni interiore esitazione: la scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione era la rovina dellaclasse operaia. Con le buone o con le cattive bisognava dunque che tutti i giovani operai capissero questo contrasto e sischierassero dalla parte giusta”. Don Lorenzo Milani, la ricreazione, Librerie editrice fiorentina, Firenze 2007, p. 18.65 “La scuola sarà sempre meglio della merda”. Antonino Bencivilli, Don Milani Esperienza educativa, lingua, culturae politica, Armando Editore, Roma 2004, p. 53.

66 Lorenzo Milani, Perché mi hai chiamato?, Lettere ai sacerdoti, appunti giovanili e ultime parole, a cura diMichele Gesualdi, Edizioni San Paolo s.r.l., Milano 2013, p. 39.

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La vera povertà era quella culturale non di certo quella materiale e la conoscenza appresa a scuolaavrebbe colmato il dislivello tra i ceti sociali.67

A Barbiana non si parlava un buon italiano e il linguaggio usato dai suoi abitanti era molto scarno,ridotto all’essenziale ed essi non sarebbero stati in grado di sostenere conversazioni che andavanooltre i discorsi di ordinaria utilità.68 Don Lorenzo affezionandosi ad ognuno di loro, pensava che tutto quello che gli stava a cuore,stesse a cuore a loro. Non voleva adeguarsi alla loro lingua di basso livello. Erano loro che dovevano raggiungere una modalità linguistica più ricca e corretta attraverso lostudio della grammatica.69

Lo scopo della scuola del priore era farsi intendere e comprendere dagli altri.70

Questo obiettivo veniva chiamato “fine immediato della lingua” poiché la conoscenza della linguanella scuola era importantissima, perché educava per la vita. Ciò permetteva di essere aperti al mondo.71

A Barbiana i programmi erano adeguati all’alunno, i registri non dovevano esistere, né dovevanoesserci i voti e le pagelle, perché poteva capitare che il maestro badasse più ai registri, ai voti che afare il proprio dovere, assumendo l’atteggiamento di controllore e trascurando le esigenze degliallievi. Un punto su cui insisteva don Lorenzo era che la scuola non doveva selezionare, perché lo studioera un diritto derivato dalla Costituzione e per un principio sociale di uguaglianza.Il voto non era un misuratore esatto dell’intelligenza degli alunni. Esso ha sempre trasmesso terrore negli allievi specialmente ai più piccoli e ha disturbato la psichedei fanciulli al punto da indurli al suicidio nei casi estremi. La pagella era stata considerata da don Lorenzo come una piaga che faceva arrabbiare gli alunni. La scuola non doveva bocciare perché era un dovere dello Stato somministrare a tutti la cultura finoa una certa età.Essa non doveva consentire le ripetizioni oltre l’orario scolastico, così avrebbe favorito solo i ricchi,ma doveva favorire il tempo pieno con la collaborazione delle famiglie e dei docenti.72

La scuola di Barbiana aveva come obiettivo non tanto di colmare l’abisso d'ignoranza, quantol’abisso di differenza culturale con il fine di togliere all’odio di classe parte della sua ragioned’essere.73

Don Lorenzo non era favorevole a far studiare alcune materie che invece all’esame venivanodomandate come la poesia, la storia della letteratura italiana e il latino perché pensava che questediscipline non dovessero far parte della cultura base di un figlio del popolo. 74

Egli curava molto l’astronomia che fu la disciplina preferita del priore e assieme ai suoi ragazzicostruì l’astrolabio.75

67 Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 96.68 Bencivilli, Don Milani Esperienza educativa, lingua, cultura e politica, op. cit., pp. 81. 86.69 Idem, p. 91. 70 “Tutti i cittadini sono eguali senza distinzioni di lingua. L’ha detto la Costituzione pensando a lui”.

Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 19.71 Domenico Cannatà, La Scuola di Barbina, Calabrografiche s.r.l., Gioia Tauro 1981, p. 53.72 Idem, pp. 68. 80.73 Lorenzo Milani, I CARE ancora, lettere, progetti, appunti e carte varie inedite e/o restaurate, a cura di

Giorgio Pecorini, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2001, p. 229.74 Rosella Finazzi Sartor, Don Lorenzo Milani: povertà evangelica e rigorismo morale nella ricerca di un

messaggio educativo, Ricerca educativa e conflittuale sociale, Edizione Morelli, Verona 1983, pp. 161-208.75 “L’astrolabio costruito interamente dai ragazzi nella loro officina che scherzosamente definiva: “Officina

astrofisica di Barbiana”. Fondazione don Lorenzo Milani, Scuola di Barbiana il percorso didattico, Ed. Fondazione donLorenzo Milani, Firenze 2008, p. 63.

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Insegnava molto bene la lingua italiana, le lingue straniere organizzando viaggi studio all’estero peri suoi alunni, così come la grammatica, la sintassi, la geometria, la fisica e la matematica. I ragazzi di Barbiana all’esame non avendo studiato determinate materie si trovavano in difficoltà,perché conoscevano delle materie molto bene, mentre altre no.76

La scuola era selettiva e in gran parte frequentata dalla classe dei borghesi che con il loroatteggiamento facevano allontanare dalla scuola i figli dei poveri. I figli dei ricchi borghesi odiavano anche loro la scuola, ma erano ammessi alle classi successivecon numerose ripetizioni. Questa situazione sociale determinò la conseguenza che i ragazzi avevanosolo l’obiettivo individuale di raggiungere il diploma.77

Don Milani sosteneva che per superare il problema bisognasse agire con onestà intellettuale doveogni scuola puntasse ad educare gli alunni, istruendoli a pensare con la propria testa nel mondo incui vivevano.78

Don Lorenzo era invitato a scrivere per gli altri educatori del tempo un insegnamento che precisassei programmi, le materie e la tecnica didattica.79

Il processo educativo doveva essere comunitario, in modo che ogni persona o alunno era nellostesso tempo discepolo e maestro dell’altro verso un comune obiettivo. 80

L’educatore secondo don Lorenzo era sempre in tensione tra passato e futuro, ma con un occhiosempre al futuro indagando le coscienze dei suoi ragazzi.81

76 Fabrizio Borghini, Lorenzo Milani gli anni del privilegio, Editore Il Grandevetro/Jaca Book, Pisa 2004, p. 45.77 Lorenzo Milani, I CARE ancora, lettere, progetti, appunti e carte varie inedite e/o restaurate, a cura di

Giorgio Pecorini, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2001, p. 106.78 Giorgio Pecorini, Lorenzo Milani, I CARE ancora, lettere, progetti, appunti e carte varie inedite e/o

restaurate. Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2001, p. 89.79 “Bisogna ardere dall’ansia di elevare il povero a un livello superiore. Non dico a un livello pari a quello

dell’attuale classe dirigente. Ma superiore: più da uomo, più spirituale, più cristiano, più tutto. Quel che preme, a donMilani, è il modo in cui gli allievi vengono fuori dalle mani del maestro”. Idem, p. 90.

80 Marcello Farina, «Don Lorenzo: uomo di Dio, uomo di scuola», in Il Margine rivista (1997) [6], p.181 Ernesto Balducci, L’insegnamento di don Lorenzo Milani, a cura di Mario Gennari, Editori Laterza, Bari

1995, p. 70.

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IMMAGINE N.1 (La scuola di Barbiana).

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2.2 La scuola a Barbiana.

Nella scuola a Barbiana non erano concessi svaghi inutili; né calcio, né palloni e altri tipi di attività.Durante l’inverno quando c’era la neve gli alunni sciavano o andavano in slitta per un’ora dopo averpranzato. Nel periodo estivo durante le giornate calde, imparavano a nuotare in una piccola piscina,costruita accanto alla canonica. Don Lorenzo riteneva che lo sci e il nuoto fossero materiescolastiche. Questi due sport erano utili per la vita perché facevano passare la paura a questi allievi montanari.La scuola era unica nel suo genere; perché non c’era cattedra, né lavagna, né banchi. Erano presenti soltanto grandi tavoli di legno attorno ai quali si faceva lezione e si pranzava.Quando gli allievi più grandi imparavano qualcosa lo insegnavano ai più piccoli e così diventavanoanche maestri nella scuola. Don Lorenzo faceva conoscere una parola dalle sue origini fino a trasformarla in un mondo dinotizie, spiegandone tutte le sfumature dei suoi significati, come si trovavano in altre lingue e laprovenienza da altri vocaboli.82

Egli usava tantissimo il giornale che non serviva solo per far conoscere le notizie nel mondo ma adinsegnare, a pensare, a ragionare e a formare una coscienza critica.Il priore diceva che il giornale aveva il fine di informare e non quella di influenzare le persone inuna data direzione. Il livello culturale dei giornali era mediocre, ma paradossalmente troppo alto peril popolo di Barbiana.83

Don Lorenzo impegnava i suoi allievi in formidabili ricerche statistiche.84

Egli possedeva una personalità forte a tal punto da animare così i suoi ragazzi, perché riteneva cheamare i suoi fanciulli e la sua gente volesse testimoniare prima di tutto levarsi dalla condizione diinferiorità in cui si trovavano.85

I ragazzi riuscivano a superare le difficoltà della vita e frequentare la scuola, nonostante i genitorinon fossero in grado di trasmettere un’adeguata educazione a causa del loro dislivello culturale.86

L’educazione a Barbiana si distinse per l’obiettivo che si pose il priore di promuovere in modoparticolare l’istruzione.87

La scuola era aperta a tutti come una struttura pubblica e intesa come privata perché non ricevevafondi economici o sovvenzioni statali o comunali.88

82 Fabrizio Braccini – Roberta Taddei, La scuola laica del prete Don Milani, Armando Editore, Roma 1999, p. 37.

83 Don Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1958, p. 175.84 Umberto De Vanna, Don Milani un profeta con gli scarponi da montagna, Edizioni Paoline, Milano 1992,

p. 71.85 “Chi non farà scuola animato da grande amore, non faccia scuola”. Idem, p. 72.86 Don Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1958, p. 219.87 “Ragazzi io vi prometto davanti a Dio che questa scuola la faccio per darvi soltanto l’istruzione e che vi dirò

sempre la verità d’ogni cosa, sia che faccia comodo alla mia ditta, sia che le faccia disonore”. Idem, p. 269.88 “Voi dite d’aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati

nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. E’ più facile che i dispettosi siate voi”. Scuola di Barbiana,Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 15.

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Fu una scuola aperta a nuovi insegnamenti e don Lorenzo svolgeva un azione pedagogica attraversol’amore del prossimo, perché la parola stessa fu importante quando le persone erano vicine edimostravano un bisogno reciproco.89

Egli trasmetteva anche l’amore per la verità mediante l’autocritica di se stessi, della propriacoscienza analizzando gli eventi della vita in modo oggettivo, affrontando la vita senza timore dirisolvere i problemi personali e collettivi con determinazione. La scuola di Barbiana era di stile socratico poiché ogni alunno poteva mettere in discussione ciò cheimparava; essa seppe entusiasmare i ragazzi facendo loro amare il sapere inteso come bene comunee non bene di pochi privilegiati.90

Don Lorenzo creò un’officina meccanica presso la canonica affidandosi alla competenza di espertisaldatori, i quali prima spiegarono il metodo della saldatura e successivamente insegnarono airagazzi come si utilizzava la saldatrice, spiegando loro come non fare errori.91

Don Lorenzo trasmise ai suoi alunni un pensiero che andasse in profondità delle cose, vale a direquello che cercare il sapere fosse anche metterlo al servizio del prossimo.92

I ragazzi frequentavano la scuola per dodici ore al giorno, festivi compresi, senza mai lamentarsipoiché conoscevano molto bene la durezza del lavoro del contadino di montagna e a questopreferivano di gran lunga studiare.93

Gli amici di don Lorenzo si domandavano come egli fosse riuscito ad impostare una scuola in modocosì originale da diventare famosa in tutta Italia e gli chiesero se fosse possibile scrivere un testo incui si spiegava il suo programma e le materie tecniche e didattiche.94

89 “Una scuola aperta a nuove metodologie, quali: “1- la Scrittura Collettiva, 2- il servizio integrato di ciascunallievo più versato in una materia, all’insegnamento della stessa a favore dei compagni meno dotati (tuttoraggio), 3- l’insegnamento di tutte le discipline e delle arti, grazie al disinteressato coinvolgimento di artigiani, professionisti,agricoltori, scienziati che erano inviati, a turno, a spiegare metodi e segreti delle loro attività e del loro ingegno, 4- l’utilizzo degli strumenti didattici più moderni e avanzati che don Lorenzo riusciva a procurarsi con mille mezzi, 5- la lettura costante e quotidiana della stampa e delle notizie nazionali ed internazionali, 6- l ’esperienza di lavoroall’estero, per impratichirsi della lingua e per conoscere nuove realtà”. Centro e Formazione e Ricerca Don LorenzoMilani e scuola di Barbiana, Socrate & Don Lorenzo, Edizione Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani escuola di Barbiana, Firenze 2008, p.21.

90 “Ogni uomo libero dovrebbe essere il “Sovrano di se stesso”. Lorenzo desiderava veder diventare ogni suoalunno un vero e proprio “Cittadino Sovrano”, idem, p.21.

91 “In questo settore sembra proprio sia stato questo il metodo del priore: “Tu fai saldare loro e poi gli fai vederedove hanno fatto male la saldatura e loro imparano. In questo modo se ne rendono conto meglio, perché per impararebisogna sbagliare e capire dove si sbaglia e perché”. Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, il segreto di don LorenzoMilani, sacerdote e maestro, Editore Marsilio, Venezia 2008, p. 135.

92 Gianfranco Riccioni, La Stampa e Don Milani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1974, p. 238.93 “Ognuno vede ch’io non ci ho merito alcuno e che il segreto di Barbiana non è esportabile né a Milano né a

Firenze. Non vi resta dunque che spararvi”. Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini&Castoldi, Milano1996, p. 84.

94 “Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, solo di comebisogna essere per poter far scuola”. Idem, p. 85.

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Secondo don Lorenzo, l’insegnante doveva essere un profeta, scrutando i segni dei tempi,indovinando negli occhi dei ragazzi le cose belle che erano importanti per il futuro.95 La scuola era fondamentale per i ragazzi che la frequentavano e l’insegnante trasmetteva ad essitutto quello in cui credeva, amava e sperava e mentre i ragazzi crescevano aggiungevano le loronuove conoscenze acquisendo cultura.96 Don Lorenzo sosteneva che ogni educatore dovesse sentire l’ansia di elevare il povero a un livellosuperiore e i viaggi che lui faceva fare ai suoi alunni all’estero, non erano solo finalizzatiall’apprendimento delle lingue, ma erano la rivincita da ragazzi di montagna ad adolescenti in gradodi girare il mondo.97

Don Lorenzo negli ultimi tempi con una serie di indagini statistiche documentò che la scuolapubblica italiana era pagata in modo particolare dai poveri, senza che riuscissero a frequentarlacome i figli degli laureati. Allora pensò un rimedio a queste ingiustizie presenti nelle scuole e inmodo particolare per Barbiana propose una soluzione pratica e concreta: la prima era quella di nonbocciare, la seconda ai ragazzi che sembravano avere delle difficoltà pedagogiche, consigliò unascuola a tempo pieno, la terza agli alunni che non si impegnavano propose uno scopo specifico,mentre la quarta fu l’istituzione di un sindacato dei genitori per controllare le proposte scolastiche.98

A questo punto, si potrebbero esaminare alcuni punti della proposta educativa di don Milani esottolineandone le ragioni che a volte si presentano non in linea con il pensiero del priore. Don Lorenzo invitò a lasciare le università in quanto non le riteneva strutture veramente adeguateper un insegnamento utile nella vita. Esse insegnavano, a suo parere, tante materie inutili, quandoinvece nella sua scuola i ragazzi dovevano imparare a cavarsela in ogni situazione.Questo fa capire quanto lontana fosse la sua idea di insegnamento nei confronti della scuolatradizionale. Don Milani diceva ai suoi alunni che il classico figlio di papà, Pierino non avevaniente di importante da dire e consigliava di escludere i ricchi come Pierino dalla scuola.Questo sembrava veramente non educativo attraverso un atteggiamento negativo nei confronti diquesti gruppi sociali. Il priore pensava veramente all’esclusione dei ricchi dalla scuola. Egli propose una maggiore specializzazione proponendo una scuola di servizio sociale cheabilitasse a fare tutte le professioni con gli stessi studi. Conseguentemente non era possibileobbligare gli alunni a frequentare i medesimi studi quando ognuno aveva un ruolo diverso nellasocietà. Un passaggio della pedagogia di don Lorenzo che è rilevante commentare è l'assoluta condanna algioco. Egli non consentiva categoricamente che nella scuola di Barbiana si concedesse spazio al gioco. La scuola era composta da ragazzi che oltre allo studio erano contadini e non avevano la forzafisica di giocare nei momenti di libertà scolastica. Ogni ragazzo aveva bisogno del tempo pergiocare e non c’era pedagogista o psicologo che non sottolineasse l’utilità didattica del gioco.L’autoritarismo era ciò che caratterizzava don Lorenzo nel suo magistero e nella sua scuolaconcepita, con uno stile che non tollerava eccezioni. Gli esperti invitati da don Lorenzo a tenere delle conferenze nella scuola di Barbiana erano pregatidi riportare fatti e aneddoti realmente accaduti e dovevano rivolgersi ai ragazzi con rispetto ecorrettezza altrimenti se ne potevano anche andare.

95 Mario Lancisi, Don Milani la vita, prefazione di Luigi Ciotti, Edizione Piemme, Milano 1974, p. 11.96 Idem, p. 161.97 Idem, p. 169.98 Fabrizio Braccini – Roberta Taddei, La scuola laica del prete Don Dilani, Armando Editore, Roma 1999,

pp. 92-93.

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2.3. Dalla pittura al Santo Scolaro.

Lorenzo Milani trascorse un periodo della sua vita cercando di superare quella lotta interiore perdare una svolta al suo animo, anche causato dal suo modo di fare autoritario, irrequieto e contrario aqualsiasi forma di sottomissione. Lasciata la scuola ebbe il desiderio di intraprendere la pittura e igenitori cercarono un maestro che lo potesse accompagnare in quel percorso artistico. Fu il pittore tedesco Hans-Joachim Staude che abitava a Firenze e si distingueva per essere un uomodi elevata statura morale. Staude aveva l’idea d’insegnare a Lorenzo Milani la conoscenza delleleggi pittoriche, indispensabili per realizzare i dipinti. Lorenzo Milani comprese le regolefondamentali della pittura, ma non era in grado di vedere artisticamente perché un vero pittore erain grado di realizzare un dipinto, se notava ciò che lo motivava e non realizzandolo simile al quellodel suo maestro. Egli fu vincolato a rispettare le regole della pittura e fu abile a comprendere iconcetti teorici che regolarizzavano l’arte del visibile. Questo era indispensabile per realizzaredipinti seguendo i canoni e non facendo di testa sua. Importanti erano i rapporti di interdipendenzanell’osservare la natura e ciò che l’arte figurativa regolava attraverso le relazioni fra le forme e fra icolori. Durante l’estate del 1941 Lorenzo si impegnò moltissimo seguendo il maestro Staude primanello studio di via Campora a Firenze, dove iniziò a disegnare immagini prima per le stradeall’aperto e poi fino ad Arolo di Leggiuno sul lago Maggiore. Nell’estate del 25 agosto 1941 Lorenzo sottoscrisse la domanda di iscrizione agli esami perl’ammissione al primo corso di pittura all’Accademia di Brera. Nell’autunno del 4 ottobre 1941 superò gli esami di ammissione e versò la prima rata perfrequentare il primo corso di pittura e iniziò a frequentare le lezioni all’Accademia di Breda.99 Lorenzo Milani era considerato da Staude un ragazzo di grande intelligenza e iniziò a consigliargliche doveva fare una scelta di tutto ciò che era realmente importante, gli narrò della semplificazione,gli parlò dell’unità degli elementi. Egli sviluppò una delle sue prime opere attraverso l’uso di oggettidi diverse forme nell’opera “Natura morta e i tre vasi”.Il pittore Staude fu l’unico a lasciare una testimonianza su Lorenzo Milani nel momento in cuiiniziò a disegnare e dipingere con i suoi insegnamenti, seguendo i consigli, approfondendo i temi ededicandosi ad una pittura essenziale.100 Lorenzo Milani consegnò a Michele Gesualdi prima di morire, una quarantina di dipinti, tuttirealizzati a matita. Ventiquattro furono disegni di carattere anatomico, ma soprattutto del volto.L’altro gruppo di sedici disegni mostrano quando egli iniziò lo studio della figura umana. Lorenzo produsse ritratti in primo piano, ma in altri non riuscì a realizzarli in modo preciso e questofu nella sua pittura una costante. Anche al Santo Scolaro non riuscì a fare il viso e trovò e pensò dicoprirgli il volto con un libro.

99 Fondazione Don Lorenzo Milani, Don Lorenzo Milani e la pittura, dalle opere giovanili al Santo Scolaro,Edizione Masso delle Fate, Firenze 2013, p. 9.

100 “Mai avevo trovato tanta veemenza in uno scolaro. Mentre fuori era il più bel maggio del mondo, si chiusein questo studio polveroso che prendeva luce dal nord. E rimase lì, per cinque o sei ore, a disegnare un manichino dilegno che gli avevo dato come soggetto. La sera, tornando nello studio, trovai che aveva coperto di disegni un mucchiodi fogli”, idem, p. 22.

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Una delle lezioni di pittura a Barbiana iniziò durante un caldo pomeriggio d ’agosto nel piazzale dighiaia, vicino a un cipresso secolare. I ragazzi tutti in canottiera si impegnavano a dipingere con pennelli, colori posizionati su unatavolozza di compensato e ognuno attorno al proprio cavalletto costruito in officina con legni ecanne. Con la preparazione dei colori prodotti con uova, terra in polvere, colla di vinavil, mescolati con lespatole. Il piazzale della scuola sembrava veramente un’accademia di belle arti. Don Lorenzo non stabiliva calendari o scadenze precise, ma se un giorno c’erano dei coloriparticolari e al priore piacevano, li faceva sempre notare ai suoi ragazzi, sottolineando ilcambiamento del verde prato che sale verso il monte Giovi, oppure osservando come i gerani dellaperpetua Eda si erano fatti rossi, invitando i ragazzi a godersi dello spettacolo gratuito dellanatura.101

Tutto iniziò nel voler rappresentare in un dipinto un arcobaleno, come a voler condividere qualcosadi bello. Don Lorenzo chiamò i suoi ragazzi e spiegò i sette colori dell’iride con precisione,chiamandoli per nome ed insegnando a prendere le giuste misure del soggetto e a riproporzionarlesul foglio. Egli non disegnava e non posò mai un pennello su un foglio durante le sue lezioni. A scuola non si sentiva l’atmosfera delle imposizioni, ma tutto era interesse, approfondimento eriscontro dal vero. Lo studio partiva sempre dall’origine di un evento improvviso e vissuto comel’arcobaleno che realizzarono durante una lezione di pittura. Gli alunni di Barbiana seguivano tutti una struttura precisa e sapevano che un pittore doveva sempreosservare la natura e riportare la sua essenza nei dipinti.102

Era una scuola che educava ad uno spirito critico, i ragazzi imparavano a farsi un giudizio personalee non si fermavano alle classiche nozioni scolastiche, ma erano invitati costantemente a osservarecon attenzione tutto. Gli alunni avevano difficoltà a realizzare i volti inespressivi e statici, altri di gioia o di sofferenza,ma erano in grado di evidenziare l’intimità e il sentimento del soggetto ritratto. Per don Lorenzo la pittura non riuscì mai a soddisfare il suo innato bisogno di comunicare allagente il suo essere e le sue idee.103

Il disegno divenne uno strumento didattico con cui egli cercava di spiegare meglio certi concetti inmodo che tutto fosse più comprensibile in maniera diretta: si avvaleva di piccoli disegni o schizzi.Egli considerava tutto ciò che apprendeva non di sua esclusiva utilità, ma anche per i ragazzi così datrasmettere loro continuamente l’insegnamento durante le sue lezioni quotidiane.104

Sempre in riferimento alla pittura è importante menzionare il mosaico del Santo Scolaro che donLorenzo fece realizzare ai suoi alunni per sostituire la statua del Sacro Cuore di Gesù benedicenteche gli alunni trovavano cupa e austera, era il tipico arredo religioso di poco valore, in gessocromatico, realizzato verso l’inizio del Novecento Il Santo Scolaro prese quindi il posto della statua all’interno della Chiesa di Sant’Andrea a Barbiana,edificio del XVI secolo era costituita da una navata unica comprensiva di abside di piccoledimensioni, in grado di contenere a malapena l’altare maggiore.

101 Fondazione Don Lorenzo Milani, Don Lorenzo Milani e la pittura, dalle opere giovanili al Santo Scolaro,Edizione Masso delle Fate, Firenze 2013, p. 31.

102 Idem, p. 33.103 “Si vedeva che stava volentieri in mezzo ai giovani, dirà Staude, e che c’era in lui questo desiderio di vivere

in comunità. Secondo me, era predestinato a finire in un convento o in un esercito. Insomma era un uomo che dovevastare tra gli altri uomini”. Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani dalla parte dell’ultimo, Edizione Libri Milano,Milano 1974, p. 64.

104 “Il sapere serve solo per darlo. Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo”, Scuoladi Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 110.

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L’edificio religioso fu consacrato nel 1568 con il patronato della famiglia dei Bizzeri, cedutovent’anni dopo alla mensa vescovile di Firenze. In una delle pareti laterali, esattamente quellasinistra è tutt’oggi incastonato un interessante affresco raffigurante una madonna con bambino,attribuibile alla scuola di Giotto con un iscrizione marmorea (IAM AD IOTTO). La nicchia di destra, era occupata da un’imponente statua ad altezza uomo con la raffigurazione ilSacro Cuore di Gesù benedicente. In riferimento all’opera del Santo Scolaro, il soggetto raffigurato reggeva un libro che glinascondeva il volto.Don Lorenzo disegnava immagini prive di volto, senza occhi, orecchie, naso e bocca, perché ciò erapensato da lui, da un lato espresso con le immagini che non evidenziava quella forza che è nellinguaggio e che si potenziava con la parola, mentre dall’altra un volto privo di elementi serviva perevidenziare la spiritualità del soggetto. Don Lorenzo metteva in relazione la pratica artistica, analitica del corpo umano con quelladell’investigatore, dello scienziato attraverso un atteggiamento coerente in cui egli ripropose imetodi didattici a Barbiana durante le sue lezioni a scuola. Nell’anno 1961 don Lorenzo accompagnò i primi sei ragazzi della scuola di Barbiana in Germania.Egli con loro imparò a fare i mosaici di vetro in una scuola a Monaco, la tecnica era quella in cuiveniva messo un disegno sotto una lastra di vetro e sopra si incollavano con una colla trasparentepiccoli pezzi di vetro corrispondente e al colore del disegno fino a realizzare tutta la figura. Don Lorenzo tornato a Barbiana consapevole di aver imparato con i suoi ragazzi un’arte povera esemplice, ma dai risultati sorprendenti, iniziò a decorare tutte le finestre della chiesa e dellasacrestia con immagini sacre. Il lavoro più appassionato fu la decorazione della vetrata della nicchiache si trovava in uno dei due altari della chiesa di Barbiana.105

Michele Gesualdi prima recuperò dei fogli di carta da pacchi della grandezza della vetrata chechiudeva la nicchia e poi su quel foglio don Lorenzo disegnò e dipinse con cura il monaco scolaro. Il giorno dopo uno dei ragazzi di Barbiana recuperò da una vetreria di Firenze molti scarti di vetro efurono divisi per colore e preparati su una lastra di vetro trasparente. Il lavoro si svolgeva dal basso verso l’alto nella sua essenzialità e si realizzava nell’ora di pranzo oalla sera dopo l’orario di scuola. I primi disegni rappresentavano un monaco che leggeva il libro aviso scoperto, ma con i vetri non riuscivano a raffigurare la giusta espressione del volto. 106

Alla fine l’opera fu realizzata con un mosaico che rappresentava un fraticello in saio di tipofrancescano. Ai piedi furono posti i sandali in cuoio a due strisce, il rosario e la croce.107

Questa opera fu iniziata nell’estate del 1961 e fu conclusa i primi mesi del 1962.

105 Don Lorenzo Milani, La Parola fa eguali - il segreto della Scuola di Barbina, a cura di Michele Gesualdi,Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005, p. 66.

106 Giancarlo Zizola, Lorenzo Milani, Le rose e le ortiche, Edizione La Locusta, Vicenza 1988, pp. 121-134.107 Fondazione Don Lorenzo Milani, Don Lorenzo Milani e la pittura, dalle opere giovanili al Santo Scolaro,

Edizione Masso delle Fate, Firenze 2013, p.114.

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IMMAGINE N.2 (Il Santo Scolaro).

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2.4 Il ponte di Luciano.

Un giorno una donna magra e non molto alta, bussò alla porta del priore e disse che lei nonapparteneva al popolo di Barbiana. Questa donna diceva di abitare al di là del monte e aveva unbambino che si chiamava Luciano (Lucianino) e chiese a don Lorenzo se poteva frequentare lascuola a Barbiana per non diventare povero ed ignorante come suo padre, visto che loro nonsapevano né leggere, né scrivere. Luciano iniziò a frequentare la scuola del priore. La scuola iniziava alle ore 8.00 e terminava alleore 20.00. La differenza per Luciano era evidente, lui abitava al di là dei monti e faceva un’ora emezza alla mattina e un’ora e mezza alla sera per raggiungere la scuola e tornare a casa,completamente solo in mezzo al bosco. Quando in autunno iniziava ad imbrunire alle ore 17.00 o d’inverno che iniziava a diventare scurogià alle ore 15.00, o quando nevicava o faceva freddo, le difficoltà per un ragazzino erano tante perarrivare a scuola. La mamma gli aveva comprato una lampada a carbone che conservava in unfagottino e gli preparava sempre qualcosa da mangiare. Luciano i pericoli li conosceva perché eramontanaro e riusciva a schivare tutti gli ostacoli, ma il problema principale non era il bosco ma fuun piccolo ruscello che doveva attraversare. I ragazzi di Barbiana avevano segato il tronco di una piccola quercia per creare un ponte di legnoche andava da sponda a sponda e veniva fermata a monte con due chiodi.Luciano passava tutti i giorni su questo ponte e poi saliva l’ultimo pezzo che divideva il ruscello conBarbiana di circa cinquecento metri, per raggiungere la scuola.108

Un giorno di febbraio cadde tanta pioggia, Luciano passò e il tronco si alzò e scivolò nell’acqua.Egli rischiò di morire perché l’acqua lo stava risucchiando ma forse con l’aiuto dello Spirito Santo,riuscì ad afferrare un ramo e si salvò. Luciano infreddolito e impaurito riuscì ad arrivare a Barbianain un momento che la scuola era già iniziata. Egli era viola e in molte parti del corpo era ghiacciato.I ragazzi di Barbiana lo videro e lo avvicinarono alla stufa, mentre Eda Pelegatti la perpetua di donLorenzo, andò in camera a prendere dei panni puliti e poi cercò di riscaldarlo. Luciano si riprese e raccontò la brutta avventura che aveva subito. Don Lorenzo ascoltava i ragazzie il racconto di Luciano. Egli stava giocando con un pezzo di foglio e come raccontava MicheleGesualdi, quando il priore giocava con un pezzo di carta, era un momento in cui don Lorenzoiniziava ad arrabbiarsi. Egli disse che non era giusto che a Vicchio (FI), i bambini avessero lamensa, il pulmino e il suo Lucianino non avesse un ponte.109

Don Lorenzo li invitò a scioperare perché Lucianino potesse avere un ponte. Egli fece loro studiare per un anno tutta la Costituzione Italiana in modo da insegnare loro diritti edoveri di ogni cittadino.Don Lorenzo chiamò a Barbiana degli esperti magistrati ed avvocati che andarono a scuola perspiegare le particolarità e le modalità per organizzare uno sciopero. Dopo un anno di progetto educativo, i sei alunni erano pronti per andare a protestare al comune diVicchio (FI), per convincere il sindaco a costruire un ponte per Luciano.

108 Michele Gesualdi, Il ponte di Luciano a Barbiana, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2008, p. 7.109 “Non è mica giusto che i ragazzi di Vicchio abbiano il pulmino sotto casa per andare a scuola, le aule

riscaldate e la refezione, mentre il mio bambino nemmeno un ponticello per venire a scuola senza rischiare di caderenell’acqua. Ragazzi prepariamoci, andremo a Vicchio a manifestare di fronte al Comune per chiedere al sindaco dicostruire il ponte per Luciano”. Idem, pp. 8-9.

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I sindacalisti che erano venuti a Barbiana avevano raccomandato ai ragazzi di non manifestare piùdi tre alla volta, perché se stavano in quattro i carabinieri si presentavano e li allontanavano. I ragazzi tiravano fuori i cartelli e appena si presentavano le forze dell’ordine, essi li arrotolavanoimprovvisamente e rispondevano ai carabinieri che loro andavano da un’altra parte, perché se nosarebbero stati messi in prigione. Essi erano preparatissimi, avevano studiato tanto e scritto undiscorso. Il priore non andò con loro poiché essi dovevano svolgere questo compito da soli, in manieraindipendente, come se fossero già degli adulti.Quando i ragazzi arrivarono a Vicchio, iniziarono a manifestare con i cartelloni e a un certo puntoarrivò il sindaco, il quale era un uomo robusto e fece notare loro che stavano facendo una grandeconfusione per un semplice lavoro per fare un piccolo ponte.110

Egli promise che avrebbe inviato qualcuno del comune a Barbiana per progettare la passerella.. Il priore nonostante tutto quello che aveva insegnato sulla Costituzione, sul sindacato, sulle leggi,aveva centrato il suo obiettivo con i ragazzi. Essi sapevano tutta la Costituzione Italiana. Dopo due giorni di pioggia a Barbiana arrivarono due persone inviate dal Comune per ricostruire ilponte. I ragazzi portarono questi signori giù al fosso per vedere come organizzare il lavoro, presero lemisure e parlarono fra di loro. Essi confermarono che il ponte si poteva fare, ma il problemaconsisteva nel trasportare fino a Barbiana il materiale che comprendeva due tabelloni e uncorrimano di ferro. Uno degli alunni di nome Giancarlo disse che il suo padre poteva trasportare il materiale. Dopo due giorni fecero una gettata di cemento e conclusero la costruzione del ponte.111 Alla sera tutti accompagnarono Luciano per vedere che finalmente il ponte era stato costruito. Luciano prima di attraversare il ponte, sul cemento ancora fresco, con un dito lasciò scritto dueparole: “A me”.112

Questo in riferimento a tutti i “Lucianini” che fanno un’ora e mezza di strada per andare a scuola eun’ora e mezza per tornare a casa alla sera. Ottenendo il ponte gli alunni diventarono cittadini considerati di seria A e non di serie B.

110 Emilio Buttarini, Lorenzo Milani, La Pace Giusta, Casa Editrice Mazziana, Verona 1993, pp.115-136.111 Michele Gesualdi, Il ponte di Luciano a Barbiana, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2008, p. 13.112 Michele Gesualdi, idem, p. 10.

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IMMAGINE N.3 (Il ponte di Luciano).

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2.5. Don Lorenzo nella scrittura collettiva.

Don Lorenzo comprese già da subito il silenzio, la chiusura, la timidezza e l’incapacità di usare illinguaggio da parte dei suoi ragazzi. La capacità della scrittura collettiva fu una espressione di tuttie bene descritta in una lettera del 16 marzo 1966, indirizzata alla professoressa Dina Lovato in cuidon Lorenzo definì il fine ultimo dell’arte dello scrivere.113

Essa si insegnava come ogni altra arte con il supporto di don Lorenzo e la capacità dei suoi ragazzidella scuola di Barbiana. Per dimostrare questa grande capacità artistica, i ragazzi scrissero un libro.Essi erano organizzati collettivamente, lavoravano tutti attorno ad un tavolo e ognuno diceva la sua,scrivendo le varie ingiustizie che aveva ricevuto nella scuola pubblica.114

La regola fondamentale era che ognuno avesse qualcosa di molto importante da dire a tutti ma erarilevante sapere a chi si scriveva.115 Ogni ragazzo scriveva per conto proprio gli argomenti in un taccuino, quando gli veniva un idea lainseriva nel libro. Ogni idea veniva messo su un foglio separato e scritto da una sola parte. Alla fine di un periodo, tutti i fogli venivano messi sopra ad un grande tavolo.

113 “Barbiana, 16-3-1966. Cara signora, da qualche mese in qua la posta che riceviamo è tanta che facciamoappena in tempo a leggerla. Io poi sono malato e da molto tempo non prendo in mano la penna.Un ragazzo o due a turno sbrigano tutta la corrispondenza, mi sottopongono solo le lettere che giudicano più private.Così accade che rispondo a lei. Mi ricordo che nel '58 quando uscì il mio libro Esperienze Pastorali (non ne ho scrittoaltri, quello sull’obiezione della Locusta è una pubblicazione illegale. Ho diffidato l ’editore dal seguitare a vederla maquell’onesto farabutto non se n’è dato per inteso) mi scrisse e poi venne a trovarmi un anziano signor Lovatovegetariano e veronese, se non sbaglio leggermente zoppo. Era un uomo simpaticissimo e i ragazzi più grandi serbanoancora il ricordo di alcune sue curiose motivazioni del vegetarianesimo. Cos’è di lei? Me lo saluti e gli dia una copiadell’edizione che le accludo e che è l’unica che approviamo. Rispondo ora a lei. Grazie della sua lettera. Spero divederla un giorno quassù. Sto disfacendo la scuola. Ho mandato i più grandi a lavorare. Non prendo più ragazzi nuovi.Ho ancora una decina di ragazzi a cui faccio scuola qui in camera. Allora la mia attività pedagogica consiste solo inqualche urlaccio per tenerli buoni. Ho una leucemia e non voglio morire stupidamente sulle breccia con ragazziimmaturi mezzo educati e mezzo no. Così sto organizzando da un anno un ragionevole e riposante tramonto. Mi godo ifiglioli riusciti e i loro bambini. Ricevo con commozione i prodighi che tornano. Tengo lontano i prodighi che nontornano. Insomma vivo come un nonno amato e mi godo questa vita. Abbiamo scritto la lettera ai giudici come un ’operad’arte. Purtroppo nelle centinaia di lettere che ci arrivano dall’Italia e dall’estero ci accorgiamo che pochissimi se nesono accorti.Tutti pensano che abbiamo delle bellissime idee. Pochi, forse due o tre persone in tutto, si sono accorti che per schiarirele idee così a noi stessi e agli altri bisogna mettersi a lavorare tutti insieme per mesi su poche pagine.Allora tutti sapranno scrivere come noi e non ci sarà più bisogno di rivolgersi a noi con venerazione come se fossimotoccati dalla grazia. Chiunque se vuole può avere la grazia di misurare le parole, riordinarle, eliminare le ripetizioni, lecontraddizioni, le cose inutili, scegliere il vocabolo più vero, più logico, più efficace, rifiutare ogni considerazione ditutto, di interesse, di educazione borghese, di convenienze, chieder consiglio a molta gente (sull ’efficacia non sullaconvenienza). Alla fine la cosa diventa chiara per chi la scrive e per chi la legge. La lettera ai giudici è stato un dono cheabbiamo ricevuto e abbiamo fatto. Prima di scriverla né io né i ragazzi sapevamo quelle cose.Le intuivamo né più né meno di quello che lei ha detto di sé stessa “Ero arrivata a capire da sola molte delle cose...”. Mi scusi, mi son distratto, le stavo dando una lezione dell’arte dello scrivere che lei non m’aveva chiesto. Ma è che l’artedello scrivere è la religione. Il desiderio d’esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l ’amore. E iltentativo di esprimere le verità che solo s’intuiscono le fa trovare a noi e agli altri. Per cui esser maestro, esseresacerdote, essere cristiano, essere artista ed essere amante ed essere amato sono in pratica la stessa cosa. Un salutoaffettuoso ai suoi ragazzi. Suo Lorenzo Milani – parroco di Barbiana Vicchio Mugello”.Gregorio Monista, Don Lorenzo Milani. Amico e maestro, Editrice colpo di Fulmine Edizioni, Verona1997, p. 78

114 Remo Fornaca, Nuove esperienze educative (Milani, Zeno, Dolci, Movimento cooperativi e alternativi):motivi di confronto e di ricerca, in ID., La Pedagogia Contemporanea, Edizione Sansoni, Firenze 1982, pp. 321-336.

115 Lorenzo Milani, I CARE ancora, Inediti, lettere, appunti e carte varie, a cura di Giorgio Pecorini, EdizioneEditrice Missionaria Italiana, Bologna 2001, p. 306.

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I ragazzi eliminavano i fogli scritti con le stesse idee. I fogli simili in grandi gruppi, diventavanocapitoli. Ogni capitolo formava i paragrafi ed a quest’ultimi veniva dato un nome. Con i nomi dei paragrafi, si discuteva l’ordine logico fino a che nasceva uno schema econseguentemente con gli schemi si riordinavano tutti i paragrafi. A quel punto si realizzava il testo indipendentemente dalla sua forma. Ogni ragazzo aveva tra le mani il testo e tutti ragionavano insieme cosa mantenere o cosa cambiare. Iniziava la gara a chi scopriva parole da levare, aggettivi di troppo, le ripetizioni, le parole difficili,le frasi troppo lunghe e più concetti in una frase sola.I ragazzi chiamavano degli estranei che non erano stati troppo a scuola e leggevano ad alta voce. La cosa importante era che comprendessero il testo realizzato.116

Il maestro doveva essere in grado di determinare i tempi di coordinamento, decidere quando unafrase era considerata terminata e indicare quando iniziare la frase successiva.117

La sua posizione diventava delicata quando c’era la fase di riordino del senso logico del testo edeliminando i vuoti di pensiero. Il maestro con una relazione vera con i ragazzi, riusciva a stimolarlinel vero senso della parola e facendo emergere le idee.118 Questo promosse la consapevolezza che la scrittura collettiva era una vera educazione, dove iragazzi non venivano riempiti come delle anfore vuote ma erano protagonisti della loro crescita. 119

Il protagonismo educativo era inteso nel senso che il ragazzo fosse posto al centro della scuola e lesue capacità educative fossero sviluppate. Il grande senso della scuola di Barbiana, si caratterizzavaa doppio senso, vale a dire da una parte un atteggiamento autoritario in funzione di ricevere glistrumenti della lingua, dall’altro di auto-educazione in senso comunitario, proiettato ad elaborarecollettivamente il pensiero ed interpretare la realtà.120

La scrittura collettiva continuò nel tempo a suscitare un grande interesse tra insegnanti ed educatori.La teoria e la pratica della scrittura collettiva ideata da don Lorenzo Milani diventò un viaggioattraverso l’arte dello scrivere, concretizzata come espressione di pratiche pedagogiche, artistiche emorali.

116 Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 26.117 Francuccio Gesualdi – Josè Luis Corzo Toral, Don Milani nella scrittura collettiva, Edizione Gruppo Abele,

Torino 1992, p. 18118 Tullio De Mauro, Minima linguistica, Edizione Mulino, Bologna (settembre-ottobre 1970), pp. 380-388.119 Boarelli, Bravo, Carsetti, Conte, Grulli, Lucchesini, Massi, Monti, Negrin, Panvini, Villa, Votello, «Barbiana

oltre le mode», in Gli asini, educazione e intervento sociale (2014) [21], p.1.120 Idem, p. 19.

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2.6. La verità sul libro “Lettera a una professoressa”.

Il libro lettera a una professoressa nasce in un contesto di figli di contadini che per secoli furonoesclusi dalla cultura. Don Lorenzo Milani ebbe la costanza di riportarli a un livello in cui poteronoriscattarsi ed essere alla pari con figli di avvocati e dottori. Essi acquisirono una cultura di base persostenere gli eventi culturali che si presentavano nella loro vita. Importante era che imparasserodiscipline che servissero a diventare avvocati, insegnanti, operai, contadini e sindacalisti. Don Lorenzo non era favorevole a insegnare certe discipline come la poesia o la storia dellaletteratura, perché erano materie che non preparavano culturalmente un figlio del popolo. I ragazzi di Barbiana agli esami privati dello Stato si trovavano male perché sapevano benissimo lalingua, la grammatica, la sintassi, la geometria, la fisica e la matematica, mentre per altre non leavevano studiate, per esempio come il latino. Le materie che non furono trattare direttamente dadon Lorenzo, fu chiamata Marisa D’Ippolito insegnante di letteratura alla Scuola Media di Vicchio(FI), la quale salì a Barbiana per colmare le lacune in certe materie non insegnate.Lettera a una professoressa nasce proprio da questo colmare le discipline e trattando le materiesecondo i programmi ministeriali. La professoressa D’Ippolito era nella commissioni d’esame ecercava di fare di tutto per difendere i ragazzi di Barbiana. I docenti della commissione facevanopresente che il programma ministeriale doveva essere conosciuto, applicato e alcuni ragazzi diBarbiana furono respinti. Gli allievi di Barbiana non furono ammessi perché incapaci ma per esserestati educati a contenuti diversi rispetto a quelli della scuola pubblica.121

Don Lorenzo cominciò la sua azione di cambiamento, mettendo in discussione la propria cultura e ilmodo di vivere borghese della persone.122

Da questa mutamento nasce la denuncia in riferimento al classismo della scuola pubblica attraversola scrittura di un libro “Lettera a una professoressa” da parte dei ragazzi e il loro priore, donLorenzo Milani di Barbiana. Gli otto autori della lettera sono stati: Enrico, 17 anni; Carla, 15 anni;Guido, 16 anni; Olga, 14 anni; Giancarlo, 15 anni; Luciano, 19 anni; Edoardo, 16 anni; Francuccio,17 anni.

A questa discussione intervennero anche l’ex-allievo della scuola di Barbiana, Michele Gesualdi e laprofessoressa Adele Corradi, che fu insegnante alla Scuola Media Statale del Mugello a Firenze.I protagonisti del libro sono Gianni e Pierino: icone della divisione in classi della società di cui lascuola era espressione; il primo figlio del povero, mentre il secondo il figlio del ricco. In realtà Gianni si chiamava Mauro, il quale andò a Barbiana dopo essere stato bocciato più voltenella scuola pubblica. Pierino invece era Andrea Milani Comparetti, figlio del medico Adriano,fratello di don Lorenzo.123

Il libro non fu scritto per gli insegnanti, ma per tutte le persone e le famiglie interessate a rifletteresu un possibile cambiamento educativo.124

121 Antonino Drago, Verso una teoria pedagogica dell’educazione alla pace. Le esperienze di don Milani e C.Freinet, Edizioni Dedalo, Bari 1990, pp. 13-20.

122 Fabrizio Borghini, Lorenzo Milani - Gli anni del privilegio, Editore Jaca Book SpA, Milano 2004, p. 45.123 “Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta. Invece la

lingua che parla e scrive Gianni è quella del suo babbo. Quando Gianni era piccolo chiamava la radio lalla. E il babboserio: “Non si dice lalla, si dice radio”. Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio”. Mario Lancisi,Don Milani la vita, Edizioni Piemme, Firenze 1997, p. 159.

124 “Per esempio ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. La politica deve essere un grembo fecondo di relazioni”. Monsignor L. Adami, La cura delle relazioni in Don L. Milani, Edizioni Mag Verona, Verona 2010, p.6.

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La lettera è stata suddivisa in due parti: la prima parte denuncia il fallimento della scuoladell’obbligo, che in un anno bocciava un sesto dei suoi allievi e un tredicesimo perse i suoi allieviper strada; la seconda denuncia il fallimento degli istituti magistrali, incapaci di formare i buoniinsegnanti per migliorare la qualità della scuola dell’obbligo.125

Alla composizione del libro “lettera a una professoressa” sono stati attribuiti dai critici, numerosieffetti devastanti sulla scuola italiana, quali la non qualificazione agli studi, l’accrescimento delladifferenza culturale tra ricchi e poveri, il passaggio dei ricchi dalle scuole di Stato a quelle private,l’esodo degli insegnanti migliori, l’abolizione del voto e del registro. 126 La lettera è sempre rimasta attuale le finalità pedagogiche e morali attribuite alla scuola di Barbiana,caratterizzandosi per il suo fine onesto, grande e la sua dedizione.127

La lettera a una professoressa fu scritta con stile affascinante, con chiarezza e con passione in unperiodo in cui si parlava molto di riforma della scuola. Chi leggeva la lettera non dubitava che illibro fosse opera individuale di don Milani e non collettiva. Molti pensavano che attribuirla a ungruppo fosse una finzione o una trovata. Il libro “Lettera a una professoressa” a molti pareva fossestato effettivamente scritto dagli alunni della scuola, riportando le loro testimonianze e le loroidee.128

Durante la testimonianza che mi ha lasciato Michele Gesualdi a riguardo del libro, si è capito che ineffetti il vero autore del manoscritto fu don Lorenzo Milani anche se la cosa non è mai stata resaufficiale. Don Lorenzo infatti ci tenne che i suoi alunni avessero il merito del lavoro svolto poichélui si preoccupò di mettere per iscritto le verità dei ragazzi.Quindi don Lorenzo Milani fu l’autore unico della lettera e alcuni lo sospettavano, tanto è vero chesi legge attentamente il libro si può intuire il suo testamento spirituale. Per esempio quando dice: “mi fai quasi compassione, lascia la ricchezza e dedicati ai poveri”, siscopre la figura di don Lorenzo Milani, infatti egli lasciò tutto ciò che aveva e fece credere questosolo per generosità ed amore nei confronti dei suoi ragazzi.

125 Lorenzo Milani, I CARE ancora, inediti, lettere, appunti e carte varie, a cura di Giorgio Pecorini, EdizioneEditrice Missionaria Italiana, Bologna 2001, p.299.

126 Antonino Drago, I controscuola, Edizioni Dedalo, Bari 1974, pp. 24-28.127 Mario Lancisi, Don Milani la vita, Edizioni Piemme, Firenze 1997, p.160.128 Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1974, p.184.

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2.7. L’itinerario didattico a Barbiana.

Nel luglio del 2013 sono andato di persona nella scuola di Barbiana per partecipare ad un itinerariodidattico di due giorni organizzato da Michele Gesualdi ex-alunno e presidente della “FondazioneDon Lorenzo Milani” e i suoi collaboratori Giancarlo Carotti e Menzi Calderai Annalisa. Arrivato a Barbiana (FI) in mattinata ho incontrato Michele Gesualdi che stava aspettando fuoridalla scuola le persone che dovevano assistere al percorso didattico.Il primo giorno abbiamo ascoltato la testimonianza di Michele Gesualdi che ci ha parlato di comefacesse scuola don Lorenzo Milani, mentre il secondo giorno abbiamo prima ascoltato latestimonianza di Menzi Calderai Annalisa collaboratrice della Fondazione nella scuola del priore epoi assieme ad altri gruppi di ragazzi della scuola secondaria di primo grado di Torino siamo statiaccompagnati dalla signora Annalisa a visitare la chiesa, il cimitero, la piscina e il percorso dellaCostituzione Italiana.La scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani iniziò con l’arrivo dei suoi primi tre alunni: MicheleGesualdi, Giancarlo Carotti e Agostino Burberi. Essa non si basava su un metodo ben preciso, ma teneva conto dell’esigenze e del profilo di ognisuo alunno. Importante era che insegnasse a livello pratico e teorico cose essenziali nel lavoro, nellavita e in qualsiasi altra situazione. Questo la differenziava molto dalla scuola tradizionale che tendeva a favorire solo gli studenti piùdotati a livello intellettuale o economico. Don Lorenzo insegnava quello che sapeva e cercava di trasmetterlo ai ragazzi. Egli aveva grandi aspettative per i suoi alunni e quando loro per esempio gli domandavano comefosse fatto il cielo, egli dedicava un’intera lezione all’argomento così che loro non avessero dubbi.Oppure quando parlavano della nascita della Repubbliche e allora diventava una lezione di storia ee di educazione civica. Durante la visita si è poi parlato della “Fondazione Don Lorenzo Milani” che riuscì a recuperare idipinti da lui fatti visto che all’inizio si dedicò alla pittura nel periodo in cui studiò arte a Milano. Una delle domande che si ponevano i ragazzi nella scuola era da dove venisse la vita e da chi fossedata la morte.Egli si poneva molte domande e aveva piacere che anche i suoi alunni lo facessero dimostrandoprofondità e voglia di imparare. Per esempio quando un ragazzo, dopo un temporale, fece notare labellezza dei colori dell’arcobaleno don Lorenzo tenne una lezione sui colori e sull’abilità che avevaun bravo pittore nel riportarli sulla tela.Quindi fece costruire a tutti i suoi ragazzi dei cavalletti e fece loro dipingere un paesaggio con iltemporale e un arcobaleno.Chi saliva a Barbiana si accorgeva che non c’era niente, a parte una chiesa e una canonica era unpaesino di montagna desolato che non offriva quasi nulla. Il salotto di don Lorenzo Milani è rimasto come allora, l’unica differenza è che a Barbiana oggi c’èla strada. Al tempo di don Lorenzo la strada non esisteva e l’unica strada che si poteva accedere perarrivare a Barbiana è l’attuale sentiero della Costituzione, vale a dire un sentiero che si trova inmezzo al bosco, l’ultimo chilometro e mezzo dove salì il priore. Don Lorenzo Milani a Barbiana fuparroco, ma fu il parroco di una prioria. Questo perché nella gerarchia della chiesa c’era laparrocchia che era grande e quindi era presente un parroco. Poi c’era la prioria che era sempre delparroco, vale a dire il priore della parrocchia. Quindi è per questo motivo che don Lorenzo Milani sichiamava priore.

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Prima di arrivare a Barbiana, don Lorenzo si trovava nella comunità di S.Donato a Calenzano (FI) efaceva l’aiuto cappellano a don Pugi che aveva chiesto un aiuto al Cardinale, perché Calenzano daqualche anno era diventata più numerosa, questo perché dalla campagna e dalla montagnaincominciavano a scendere le persone per andare a lavorare nelle fabbriche. Erano gli anni del dopoguerra e si ricominciava la costruzione dell’Italia distrutta dai bombardamenti.A Calenzano iniziarono a nascere queste piccole fabbriche, in cui il lavoro veniva sfruttato con lamanodopera maschile e femminile. Don Lorenzo Milani fondò una scuola popolare per adulti, per insegnare agli abitanti e aiparrocchiani che non avevano solo il dovere di lavorare, ma il diritto di avere il salario, le ferie e ildiritto alla mutua. Questa scuola popolare era aperta a tutti, cioè a quelli con ogni idea diversa dicarattere politico. Per questo motivo che don Lorenzo dava noia ai proprietari delle aziende e aiparroci delle parrocchie vicine, perché accettava ogni persona indipendentemente dal loro contestoculturale e politico. Nel novembre del 1954 morì il parroco don Pugi e tutti pensarono che donLorenzo Milani diventasse parroco, ma sorprendentemente lo mandarono a Barbiana. Il Cardinale non chiamò don Lorenzo per comunicare il trasferimento, ma convocò don Bensi cheera la guida spirituale di don Lorenzo. L’incontro di don Lorenzo con don Bensi, sacerdote delladiocesi fiorentina, il quale fu la sua guida spirituale e accompagnò don Lorenzo fino alla morte.Tutto partì dall’innamoramento delle pitture sacre per don Lorenzo e con lo stessa modalità fu ilrapporto con don Bensi, creandosi una relazione tra padre e figlio. Lo stesso don Bensi comunicheràa don Lorenzo che sarà parroco di Barbiana (FI). Lui ubbidì a questo trasferimento e come sempredon Lorenzo si dimostro fedele alle richieste della Chiesa fiorentina. Per don Lorenzo era importante confessare ed accedere al sacramento della penitenza ericonciliazione, dare l’eucarestia e partecipare al sacramento dell’eucarestia. Don Lorenzo fu innamorato della figura di Gesù attraverso il vangelo, lui voleva mettersi al serviziodegli ultimi, facendosi lui fra i poveri il più povero. Egli non andò subito a Barbiana, ma prima sidiresse a Calenzano perché doveva avvisare due persone fondamentali per affrontare questa nuovaesperienza a Barbiana. Una fu Eda Pelagatti, mentre l’altra fu Giulia Pelegatti, la mamma di Eda. Le due donne furono le persone che si occupavano della cura della Chiesa di Calenzano e dellacanonica. Esse erano molto affezionate a don Lorenzo. Egli disse a queste due donne che luiobbediva alla Chiesa fiorentina, mentre loro avevano la facoltà di scelta. Le due donne senza esitazione si fecero portare a Barbiana da un parrocchiano. Esse scoprirono che a Barbiana non c’era una strada, non c’era l’energia elettrica, non c’era l’acquama soprattutto c’erano solo cinquanta parrocchiani, sparsi sul monte Giovi. Questo monte era molto arido e chi seminava raccoglieva veramente poco.Don Lorenzo arrivò il 7 dicembre del 1954 a Barbiana, in una giornata bruttissima in cui pioveva,era un uomo trasformato rispetto a Calenzano. Egli in seguito diventò a tutti gli effetti unBarbianese. Don Lorenzo capì subito che il popolo di contadini-montanari erano tutti a mezzadria, vale a direcontadini che coltivavano la terra che non era di loro proprietà. Questi contadini raccoglievano ilraccolto, ma non lo tenevano tutto per sé, perché il cinquanta per cento veniva portato alproprietario che si trovava in città. Il proprietario lasciava solo il cinquanta per cento al contadino che magari aveva una famiglia didodici persone. La mezzadria era ancora di più del mezzo raccolto portato via, perché la mezzadriadiceva che se il padrone non gli andava più bene il contadino, in poche ore doveva lasciare la casa.

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Don Lorenzo una volta arrivato a Barbiana trovò una grandissima povertà e nonostante tutto, aprì ilsuo salotto buono che era una delle stanze della canonica dove faceva anche scuola ai suoi ragazzi. Egli andò per due anni a insegnare religione al dopo scuola in una pluriclasse in cui c’erano bambinidi prima, seconda, terza, quarta e quinta elementare a Padolivo. A quel tempo arrivava una maestrada Firenze che era pagata dallo Stato. Questa maestra non sempre era presente, vuoi perché pioveva,un’altra perché nevicava, un’altra perché il treno non partiva, si comprese che il diritto allo studioera veramente limitato nei confronti dei ragazzi che andavano a scuola. Don Lorenzo Milani fino al 1956 aprì la sua casa ai suoi parrocchiani, fondò una scuola diavviamento professionale industriale nel salotto buono di Barbiana. Una scuola dove non c’erano i tavoli, fatta per sei piccoli montanari e dove sapevano molto benelavorare il legno. Questi ragazzi si fecero i tavoli, le panche, le sedie che sono tutt ’oggi gli stessi, cose costruite daloro. Don Lorenzo creò una scuola in cui si imparava facendo, ma anche in modo particolare unacomunità di vita e fu una scuola in cui si faceva lezione dalle ore 8.00 di mattino alle ore 20.00 disera per 365 giorni all’anno. I ragazzi con don Lorenzo dedicavano molte ore alla grammatica attraverso la lettura del giornale. Il giornale arrivava anche dopo due o tre giorni. A Barbiana non si studiavano solo le materiedidattiche; storia, geografia o italiano, si studiava di tutto. Una delle domande che meravigliavano i ragazzi era cosa c’era sopra il cielo, tutte le stelle come simuovevano, dove erano posizionati i pianeti. Durante una lezione con il priore, essi crearono unostrumento unico nel mondo che era diventato uno dei simboli della scuola di Barbiana che sichiamava astrolabio. Fu costruito dai ragazzi ed era uno strumento precisissimo in una scuola a tuttotondo, in cui si studiavano anche le lingue con il metodo dei dischi. A quel tempo c’era un disconero a 45 giri e veniva ascoltato con il mangiadischi. Mettevano un disco dentro e c ’era una puntinache girava nei solchi e veniva fuori la voce. Così a Barbiana studiarono le lingue, questo perché erasterile solo la teoria e don Lorenzo mandò i suoi alunni in Germania, in Inghilterra per perfezionarela lingua. Un ragazzino che non era mai uscito dal contesto di Barbiana e che prese il treno e sidiresse in Germania per perfezionare la lingua. I libri che si trovano nella canonica sono arrivatidopo, essi prima non c’erano e sono ancora presenti nella scuola. All’interno della scuola erano presenti dei grafici con dei puntini rossi che rappresentavano ciò cheaccadeva in parlamento. Questi grafici comportavano mesi e mesi di studio e attraversol’enciclopedia, i ragazzi effettuavano delle ricerche scendendo a Vicchio (FI).I ragazzi costruirono una macchina fotografica con un tubo, misero una lente e poi non sapevanocome fare lo scatto, cioè l’apri e il chiudi. Presero un bambino lo misero sulla sedia e gli dissero aprie chiudi, poi misero della carta e fotografarono un l’eclissi solare. Oggi si pensa all’intelligenza di questi ragazzi, essi andarono a fondo per avere una cultura e peressere cittadini di serie A. Lo Stato si ricordava di loro solo una volta, quando arrivava la cartolinaper fare il militare. Don Lorenzo insegnò ai suoi ragazzi ad andare a lavorare nel mondo, tenendoconto dei loro diritti e dei loro doveri. Fondare la scuola e occuparsi dei suoi alunni era per don Lorenzo una missione che lui svolgevaogni giorno con amore nei confronti dei ragazzi avendo cura di loro per farli crescere e maturare almeglio. Infatti nei suoi scritti li chiama spesso affettuosamente “i miei bambini”.

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Tutti i suoi studenti di allora sono uomini ancora in vita e realizzati e che hanno istituito unafondazione che porta il nome di “Don Lorenzo Milani” per riconoscenza nei suoi confronti e perricordare quanto da lui fatto. Michele Gesualdi presidente, Giancarlo Carotti e Agostino Burberi.Gli altri alunni del priore non parteciparono alla creazione della fondazione ma contribuirono amodo loro. Nei mesi estivi don Lorenzo non faceva studiare solo all’interno delle scuola, ma anche fuori.Le aule estive si trovavano fuori dalla canonica e don Lorenzo e i ragazzi portavano fuori i tavoliper svolgere le lezioni all’aperto. Le aule estive erano sotto il pergolato e oggi a Barbiana è tuttocome allora. Il priore era sempre da un lato del tavolo, mentre i ragazzi erano davanti a lui con duelibri. A quel tempo nessuno aveva il libro per conto proprio, spesso un libro veniva utilizzato per seiragazzi. Essa era una comunità di vita e a scuola ci restavano per 365 giorni all’anno. I genitori che non potevano andare a lavorare nei campi a causa del maltempo, si fermavano ascuola e ascoltavano la lezione. Don Lorenzo si accorse che i ragazzi di Barbiana avevano pauradell’acqua. Egli fece costruire dai suoi ragazzi la piscina e chiamò un suo amico istruttore di nuoto inglese,perché insegnasse loro a nuotare. La piscina non fu più agibile dalla morte di don Lorenzo eperiodicamente viene effettuata una manutenzione. Un gruppo di scout aveva trovato sul monteGiove la fonte e l’aveva canalizzata con un tubo, facendo arrivare l’acqua fino alla piscina. Qualche anno fa Michele Gesualdi e dei ragazzi in visita a Barbiana ritrovarono la fonte, maovviamente non c’era tanta acqua. La piscina di Barbiana fu un altro simbolo della scuola di donLorenzo. Quando a Barbiana cadeva la neve, i ragazzi prima studiavano e poi costruirono gli sci inofficina. L’attività non era uno svago ma era una materia didattica, vale a dire tutto ciò che dovevano saperenella vita. Nel 1962 gli studenti approfondirono lo studio di quanti ragazzi venivano bocciati negli ordiniinferiori e poi via via alla scuola superiore di secondo grado fino all’università. Essi produssero un grafico dettagliato circa gli ordini della scuola e si chiesero chi pagasse lascuola. Crearono un albero di chi pagava le tasse, i ricchi che non pagavano le tasse e i poveri cheguadagnavano uno stipendio, pagavano le tasse. I poveri si pagavano la scuola ma venivanobocciati, i ricchi invece no. Don Lorenzo trovava i materiali per la scuola, perché apparteneva a unafamiglia ricca, altri riusciva a recuperarli chiedendo alle fabbriche. Quando arrivava un esperto perpresentare una disciplina, i ragazzi studiavano e preparavano delle domande una settimana prima. Un giorno Giorgio Pecorini che lavorava per l’Europeo, chiese a don Lorenzo di venire a Barbianaper fare un’intervista sul libro “Il geloso”. In questa intervista c’era un passo sull’obbedienza allaChiesa e l’intervistatore domandò a don Milani perché avesse istituito quella scuola.Don Lorenzo spiegò che non aveva fatto nulla di straordinario, perché lui arrivò in questaparrocchia e aveva scoperto che le persone erano ignoranti. Queste persone per essere evangelizzateavevano bisogno di una cultura e don Lorenzo aveva insegnato loro a leggere, a scrivere, a parlare,ad ascoltare ed avere una cultura. Qualsiasi sacerdote poteva fare così e spiegò che lui aveva fattocome Gesù che era andato in Palestina e aveva predicato. Lui era un prete che voleva evangelizzaree per fare il suo lavoro, la gente doveva pensare con la propria testa e non che tutti si realizzasseronello stesso modo. Importante era avere una propria idea, sbagliata o giusta ma portarla avanti senzatimore. Molti dei ragazzi di Barbiana diventarono sindacalisti e stipularono i contratti nellemaggiori fabbriche.

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L’esperienza di Barbiana nel suo genere fu unica e riguardava il contesto sociale di allora, perchémai un bambino sarebbe andato a piedi a scuola da Barbiana a Vicchio.I ragazzi si preparavano e andavano a fare gli esami da privatisti a Firenze. Don Lorenzo incontrò il suo primo alunno Agostino Burberi a Barbiana e un pò alla volta il priore sifece conoscere dalle persone della zona. La gente lo difendeva a spada tratta, erano guai per chi metteva in difficoltà il priore. Durante gli esami da privatisti, alcuni ragazzi furono bocciati e da qui iniziarono le contestazionicon la creazione della “Lettera a una professoressa”. Nacque la scrittura collettiva con i racconti dei ragazzi bocciati alla scuola pubblica e dei docentiche avevano trattato ingiustamente i ragazzi. Don Lorenzo iniziò a raccogliere tutti questi dati, chiedendo ai ragazzi cosa avessero subito erealizzarono dei lavori attraverso la sua regia. Don Lorenzo Milani scrisse solo due libri: il primo “Esperienze Pastorali” che fu ritirato dalSant’Uffizio nel 1958 e l’altro fu “Una lettera a una professoressa” che fu pubblicato nel maggio del1967 e don Lorenzo morirà nel giugno del 1967. La scrittura collettiva nacque su questi tavoli, perché ogni ragazzo che saliva a Barbiana raccontavae poi scriveva cosa aveva subito nella scuola pubblica. L’orientamento di don Lorenzo trasformò gliscritti, perché egli aveva una capacità enorme della parola e nello scrivere. Lettera a una professoressa fu un capolavoro che dal 1968 fece smuovere tante coscienze. Michele Gesualdi, alunno di don Lorenzo diceva che il priore non attribuiva i voti ai suoi bambini.Don Lorenzo faceva solo disegni perché lui era un pittore. Un giorno Michele consegnò il titolo diun tema a don Lorenzo, il quale disegnò sul foglio un cane, il disegno significava che il tema eracome un cane, vale a dire che il testo era scritto male. Il tema lo faceva rifare e gli alunni eranod’accordo con don Lorenzo. Il rapporto con la Chiesa Fiorentina di quel tempo e in particolare con il Vescovo Florit fucomplesso. Don Lorenzo incontrò e scrisse tante volte al vescovo ma ogni volta le relazioni erano accese. Egli accusava il Vescovo Florit di una grande mancanza che era quella di non salire mai a Barbianaa vedere cosa facevano i suoi ragazzi e a visitare la scuola. Il problema di questa relazione conflittuale era che don Lorenzo fu mandato a Barbiana, perché eraun prete non desiderato e Michele Gesualdi lo confermò in più occasioni. Don Lorenzo accettò questa scelta del vescovo, fece la sua vita e guidò la scuola, la parrocchia e lepersone, facendo il suo dovere. Egli non andò mai a fare gli esercizi spirituali e non andò mai dalvescovo. Il vescovo andò a Vicchio (FI), un paesino che si trova sotto Barbiana ma non salì aBarbiana. Una delle poche volte che il vescovo andò a trovare don Lorenzo fu in ospedale, quandoegli non stava bene e anche in quella occasione ci fu lo scontro verbale. Il problema di don Lorenzocon il vescovo fu che faceva domande che andavano in profondità e tante domande non le dovevafare. Don Lorenzo ebbe un rapporto con la mamma quasi viscerale, ogni settimana scriveva e scendeva aFirenze dalla mamma. Fu un amore immenso tra don Lorenzo e la sua mamma, mentre del padrenon parlava mai. La chiesa fiorentina domandò a don Rossi di salire a Barbiana a fare il servizio e dire messa. Dopo pochi giorni la curia fiorentina chiamò don Rossi e gli disse di non salire a Barbiana perchévolevano mandare don Lorenzo Milani. Don Rossi sbalordito dalla notizia, disse che don Lorenzoera un bravissimo sacerdote. La curia fiorentina rispose che don Lorenzo Milani era destinato aBarbiana.

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Don Bensi che fu il suo padre spirituale e la mamma di don Lorenzo, lo invitarono a nonaffezionarsi a Barbiana ma don Lorenzo disse che se gli volevano bene, dovevano rispettare il suodesiderio di rimanere lì. L’officina in cui don Lorenzo insegnava ai suoi ragazzi si trovava sotto la stanza del buon salottodove il priore faceva scuola e vi si accedeva scendendo per una scala.All’interno dell’officina c’era la foto di Beppi, il signore che insegnò ai ragazzi a disegnare ecostruire gli scii. Un’altra foto collocata su un muro raffigura don Milani che insegna con due libriai suoi sei bambini in un aula estiva. All’interno dell’officina si trova la sega che servì per tagliare ilponte di Luciano. Per costruire i tavoli e le sedie, i ragazzi avevano studiato la matematica e poiavevano messo in pratica quanto imparato. Per esempio Michele Gesualdi era bravissimo con la matematica, perché diceva che la vita è tuttauna matematica. A quel tempo, quando dovevano costruire una cosa, loro sapevano già a cosaservisse per costruire qualcosa, come 30 kg di ghiaia, 30 kg di cemento e un po’ di calce. Se qualcuno chiedeva spiegazioni, loro rispondevano di non preoccuparsi perché per costruire unacerta cosa servivano quei materiali. Loro sapevano tutto, dalla matematica, al progetto eall’organizzazione. Bisognava studiare la teoria, insegnava ai suoi ragazzi, se non si studiava non sipoteva sapere ed era necessario andare a fondo delle cose. All’esterno della scuola è tutt’oggi èpresente un percorso istituito dalla Fondazione don Lorenzo Milani sui 44 articoli dellaCostituzione Italiana, sui diritti del lavoro con dei meravigliosi disegni prodotti da diversi bambini. Questo percorso si trova nell’ultimo chilometro e mezzo della salita prima di arrivare alla scuola didon Lorenzo Milani. La grande capacità dei suoi ragazzi era nel creare le cose.

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CAPITOLO TERZO

INTERVISTE E TESTIMONIANZE DI QUATTRO ALUNNI DELLA SCUOLA DI BARBIANA E DI UNA

COLLABORATRICE DELLA “FONDAZIONE DON LORENZO MILANI”

3.1. Menzi Calderai Annalisa. (Intervista)

1) Come cominciò don Lorenzo ad avvicinare i giovani a Barbiana?

I giovani c’erano perché don Lorenzo iniziò ad accogliere e conoscere le famiglie. Scoprì che a scuola non andavano e allora decise di inventare questa scuola.

2) Quale fu il suo approccio educativo, rispetto agli altri preti?

L’approccio educativo, se così si può chiamare, per don Lorenzo fu quello di iniziare a dare agliultimi una cultura, perché solo con la padronanza della lingua e la cultura si iniziò anche a educare.

3) Ho sentito e letto che l’attività principale della scuola era la conferenza del venerdì, in modoparticolare a S. Donato Calenzano. Come era preparata? Quali argomenti affrontava?

Era don Lorenzo che faceva le conferenze perché durante le settimane venivano i professori e gliamici, mentre al venerdì faceva la conferenza, questo è confermato nelle lettere tra don Lorenzo e ilsuo padre spirituale don Bensi a S. Donato Calenzano. Questo non accadeva a Barbiana. La scuola di S. Donato era la scuola delle 158 ore ed era serale per adulti. In questa scuola venivano coinvolte tutte le persone di diverse idee, partiti e lì andavano veramentei comunisti e democristiani. Il popolo di Calenzano aveva conosciuto molto bene questo donLorenzo Milani e gli volevano molto bene e ci tenevano molto a lui perché faceva del bene, anchese don Lorenzo era una persona burbera a volte. A quel tempo don Lorenzo parlava con i magistratie gli avvocati, ma era lui che faceva le conferenze. Questa scuola era sovvenzionata dallo StatoItaliano, per dare la possibilità ad un organo di fare una scuola per lavoratori che potessero accedereal diploma.

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4) La scuola di Barbiana oltre agli operai e ai cittadini, era aperta anche ad altra gente delpopolo?

La scuola era aperta solo ai ragazzi ed era frequentata da sei piccoli montanari. Poi è vero che quando c’era il brutto tempo i genitori, se non avevano nulla da fare entravano ascuola ed ascoltavano la lezione. Fino all’anno 1961 sono sempre rimasti in sei. Questi erano Michele Gesualdi, Giancarlo Carotti, Agostino Burberi, Luciano (Lucianino), AldoBuzzolini e l’altro Giancarlo Tagliaferri.

5) La riforma della scuola è uno dei grandi problemi aperti del nostro paese.Ritiene che l’esperienza di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi, abbia ancora qualche messaggioda trasmettere, oppure sia ormai datata e largamente superata?

Non è assolutamente superata e secondo me lui era un profeta. Il problema che il messaggio collocarlo nella scuola pubblica è complicato. Nella scuola si dice che si impara facendo, ma quale professore ha le materie didattiche e può fare? A scuola non hanno i soldi per comprare i computer, oppure possiedono i computer, ma i docenti non sono capaci di usarli.

6) Quale è stata la reazione della gente del posto all’apertura della scuola a Barbiana a riguardoai suoi metodi educativi?

Le persone di Barbiana andarono subito a scuola da don Lorenzo, perché avevano capito che eral’unico che poteva trasmettere l’educazione ai loro figli. Erano consapevoli che mai avrebberomandato i loro figlioli a Vicchio ( FI). Nella scuola di Barbiana i ragazzi facevano le dodici ore come i loro genitori e per loro andare ascuola era meglio che andare a lavorare nella stalla a pulire la merda. E’ vero che la forza lavoroveniva meno, però don Lorenzo faceva si che ogni bambino avesse una cultura, ma comunque cirimaneva per dodici ore. Non ci doveva essere nessun svago, solo che la scuola era migliore cherimanere in stalla a pulire la merda. Oggi nella scuola c’è il quarto d’ora di ricreazione, mentre lorolo svago se lo creavano. Per i ragazzi di Barbiana andare in officina era sempre materia didattica,ma per loro diventava uno svago.

7) Qual era lo stato d’animo dei primi alunni entrati nella scuola di Barbiana.Erano rassegnati ad avere un futuro già deciso o si aspettavano qualcosa di nuovo che accadesse?

Michele Gesualdi dice sempre che loro erano ragazzi intelligenti e don Lorenzo fece emergerequesti ragazzi. Per Giancarlo ed Agostino dicono che è stata una fortuna incontrare il priore che gliha potuto dare un’esistenza migliore.

8) Come era fondamentalmente la scuola e la sua educazione di don Lorenzo Milani nella scuola diBarbiana?

Il segreto nella scuola di Barbiana era che tutti i ragazzi imparavano facendo.

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9) Quali erano le competenze (saper fare) che raggiungeva singolarmente ogni alunno?

I ragazzi non imparavano solo la teoria, ma svolgevano in modo particolare la pratica e anche se ilmaestro non sapeva fare, lui la studiava prima, durante la notte per insegnarla il giorno dopo. Era una scuola sempre in avvenire, vale a dire in susseguirsi e in esplorazione. Tutti loro imparavano e poi facevano, questo era il modo di educare. Essi erano molto curiosi e il loro sapere non rimaneva solo a se stessi, ma andava oltre. C’era chi partiva dalle elementari e chi arrivava, i ragazzi non si sono fermati al grafico. Quando arrivarono in fondo, chi iniziava e chi arrivava dai maschi alle femmine, chi rimanevabocciato e chi doveva ripetere. Alla fine questa scuola chi la finanziava? Nessuno, perché loro andavano sempre oltre.

10) Don Milani scoprendo l’importanza dell’arte attraverso la pittura di Staude, riuscì acomprendere la sua vocazione sacerdotale. Quale era il suo percorso didattico artistico durante ilaboratori con i ragazzi a Barbiana?

Tutto nasce da un temporale e poi ci fu l’arcobaleno. I ragazzi dissero a don Lorenzo di guardare ibellissimi colori dell’arcobaleno e così è nata la lezione di pittura.

11) Quali furono gli elementi educativi trasmessi agli alunni a seguito delle grandi questioni inriferimento alla libertà di coscienza e al tema dei cappellani militari?

Ci fu un convegno per queste due questioni nel 1965, in modo particolare per i cappellani militari.Arrivò un documento dopo alcuni giorni e i ragazzi guardarono il priore, perché lui aveva insegnatoa fare delle scelte e a prendere posizione su delle tematiche. Questi giovani che presero una decisione così forte di non fare una violenza, di non fare il militare,di fare obiezione a quelli vestiti come loro, li misero alla gogna. Don Lorenzo rispose ai cappellani militari con una lettera lunghissima, dove indicava tutte le guerreinutili che avevano fatto. Fu una scrittura dove mosse tante coscienze. E’ nato tutto su quei tavoli di lavoro e il libro “L’obbedienza non è più una virtù” che ha scaturito ungrande insegnamento.

12) Quale era il rapporto di don Lorenzo con la stampa di quel tempo?

Don Lorenzo faceva leggere il quotidiano a tutti. Ci fu un giornalista un certo Pecorini dell ’Europeoche intervistò don Lorenzo e tra i due l’approccio non fu dei migliori, ma poi diventarono amici. Ci sono tante lettere tra don Lorenzo e Pecorini.

13) Rispetto al nostro tempo, si può cogliere l’aspetto educativo trasmesso da don Lorenzo airagazzi di Barbiana?

Si certamente, un aspetto educativo basato sull’amore per i suoi bambini.

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14) Il libro di don Lorenzo Milani e i suoi alunni “Lettera a una professoressa” è stata l ’analisi e ilrapporto di una scuola statale pubblica che andava rivista? Se si in che modo?

Si per gli episodi che subirono i ragazzi e da questo nacque la scrittura collettiva. Venivano raccontati tanti episodi che accadevano nella scuola pubblica. Tutte le professoresse cheavevano bocciato tanti alunni o che non erano capaci di studiare. Alla fine è stata una dichiarazionecontro una professoressa ipotetica. Bisognava ricordare sempre che la regia era di don Lorenzoattraverso la scrittura collettiva. I pensieri sono dei ragazzi, ma quello che venne messo insieme eradi don Lorenzo. Non erano i figlioli che si mettevano a scrivere il libro. Potevano scrivere una frase e buttavano via tanti fogli, egli era uno che aveva una grossa facoltànella scrittura. Però leggeva, riscriveva e sistemava, ma il pensiero era dei ragazzi.

15) Don Lorenzo riteneva fondamentale che la conoscenza della Bibbia, della Costituzione e dellalettura dei quotidiani erano elementi educativi per ogni alunno/a a Barbiana. Oggi, ritiene che nella scuola statale siano insegnati, oppure c’è bisogno di pensare nuovi progettieducativi o inserirli nelle indicazioni (programmazioni) dei docenti in ogni ordine e grado dellascuola pubblica?

Oggi bisognerebbe insistere il tema della Costituzione, questo perché non in tutte le scuole latrattano, vedi il liceo scientifico, ragioneria, il liceo classico la studiano al primo anno comeeducazione civica. Se la danno da studiare per casa non lo fanno, perché sono presi da milleimpegni pomeridiani. Nelle scuole bisognerebbe che tornassero i bellissimi laboratori.

16) Lei pensa che don Lorenzo sia riuscito a educare culturalmente il popolo di Barbiana comepensava lui? Con quale modalità?

Io penso di si, non solo i suoi ragazzi, ma anche il suo popolo. Lui attraverso la sua parola ha cercato di trasmettere una cultura e di evangelizzare il suo popolo.Lui diceva sempre che era inutile predicare il Vangelo e la Bibbia alle persone che sono ignoranti.Gli raccontava solo un ricordo, trasmettendo una cultura, spiegando loro le cose e facendole riviverenel modo giusto. Questa era la sua missione.

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3.2. Carotti Giancarlo. (Intervista)

1) Come cominciò don Lorenzo ad avvicinare i giovani a Barbiana?

Appena arrivato don Lorenzo fece il giro della Parrocchia per farsi conoscere e nelle case dovetrovava giovani che tutto il giorno lavoravano nei campi propose un doposcuola alla sera stileCalenzano che durò per 6 mesi circa, anche perché alcuni avevano già deciso di lasciare lacampagna per trasferirsi dove la terra rendeva di più per coloro che erano intenzionati a continuare afare i contadini, mentre per altri cambiare radicalmente e trovare lavoro come operai. Nelle casedove trovava bambini, illustrò ai genitori quello che lui aveva intenzione di fare a Barbiana, comereimpostare nuovamente Barbiana. Quando arrivò don Lorenzo noi bambini più grandi avevamonove anni e stavamo facendo la quinta elementare vicino a Barbiana, nel pomeriggio iniziammo giàad andare da don Lorenzo, facevamo i compiti e iniziavamo a studiare anche altre cose. Finito la scuola elementare a giugno del 1955 e agli inizi del 1956 partì la scuola di Barbiana.

2) Quale fu il suo approccio educativo, rispetto agli altri preti?

Il prete per il popolo era quello dall’altra parte, la Chiesa aveva delle proprietà, boschi, poderi concontadini ecc., e le famiglie capirono subito che don Lorenzo era un prete diverso da tutti gli altri,difatti don Lorenzo la prima cosa che fece aprire, la casa al popolo e alla gente. L’approccio educativo, se così si può chiamare, per don Lorenzo fu quello di iniziare a dare agliultimi cultura, perché solo con la padronanza della lingua e la cultura si inizia anche a educare.

3) Ho sentito e letto che l’attività principale della scuola era la conferenza del venerdì, in modoparticolare a S. Donato Calenzano. Come era preparata? Quali argomenti affrontava?

La conferenza del venerdì don Lorenzo la fece solo a Calenzano, leggendo i quotidiani, invitandovari personaggi e facendo discutere i giovani del doposcuola. Qualsiasi argomento venivaaffrontato, cercando di dare una visuale più ampia possibile.

4) La scuola di Barbiana oltre agli operai e ai cittadini, era aperta anche ad altra gente delpopolo?

La scuola di Barbiana era frequentata da ragazzi figli di ultimi, d’altra parte era la scelta ben precisache don Lorenzo aveva fatto.

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5) La riforma della scuola è uno dei grandi problemi aperti del nostro paese.Ritiene che l’esperienza di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi, abbia ancora qualche messaggioda trasmettere, oppure sia ormai datata e largamente superata?

Purtroppo la scuola pubblica è una mezza tragedia da come è volutamente strutturata, molte coseche venivano fatte a Barbiana certamente si potrebbero inserire nella scuola pubblica, 1) impararefacendo e costruendo manualmente, 2) fino alla scuola dell’obbligo non i programmi specifici mainsegnare più cose possibili, dare una cultura più ampia possibile e don Lorenzo diceva; impararepiù cose possibili anche meno bene, 3) riuscire ad insegnare in modo divertente, perché se i ragazzisoprattutto alle medie non vanno volentieri a scuola, un pò di ragione ce l’anno, perché una scuolaimpostata tutta sul programmino diventa noiosissima. Se la scuola pubblica continuerà ad esseregestita così, quello che don Milani diceva, sarà sempre molto attuale.

6) Quale è stata la reazione della gente del posto all’apertura della scuola a Barbiana a riguardoai suoi metodi educativi?

Dal momento che i genitori accettarono all’inizio quello che don Lorenzo propose loro e questo perloro voleva dire dover lavorare ancora di più perché a quel punto dovevano fare anche quell’aiutoche noi davamo in casa, iniziarono da subito ad affezionarsi a don Lorenzo e a far parte dellacomunità Barbianese voluta da don Lorenzo. Quello che faceva don Lorenzo era ben fatto,addirittura ci dicevano: se torni a casa e dici che il Priore ti ha dato uno scappellotto io te ne rendodue.

7) Qual era lo stato d’animo dei primi alunni entrati nella scuola di Barbiana.Erano rassegnati ad avere un futuro già deciso o si aspettavano qualcosa di nuovo che accadesse?

Io sono uno dei primi sei, il nostro destino sarebbe stato già deciso se non fosse arrivato donLorenzo e cioè quello di rimanere semianalfabeti come i nostri genitori e continuare a lavorare neicampi con i nostri genitori per dodici ore al giorno, sicché la scuola di Barbiana per noi fu da subitouna cosa diversa che veramente ci poteva dare un futuro diverso.

8) Come era fondamentalmente la scuola e la sua educazione di don Lorenzo Milani nella scuola diBarbiana?

La scuola di Barbiana è sempre stata una scuola a 360°, essere educati ad essere poi buoni cittadini era automatico, faceva parte del metodo d’insegnamento.

9) Quali erano le competenze (saper fare) che raggiungeva singolarmente ogni alunno?

Cercare di imparare più cose possibili e sapersela cavare in quasi tutte le cose.

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10) Don Milani scoprendo l’importanza dell’arte attraverso la pittura di Staude, riuscì acomprendere la sua vocazione sacerdotale. Quale era il suo percorso didattico artistico durante ilaboratori con i ragazzi a Barbiana?

La decisione finito il Liceo di mettersi a disegnare e a dipingere non fu solo perché gli piaceval’arte, ma quel periodo gli sarebbe servito anche per decidere veramente la strada da intraprendere, enei confronti nostri, l’aver fatto il pittore gli servì per insegnarci una materia in più.

11) Quali furono gli elementi educativi trasmessi agli alunni a seguito delle grandi questioni inriferimento alla libertà di coscienza e al tema dei cappellani militari?

Tutto quello che veniva fatto a Barbiana erano lezioni delle varie materie, dell’educazione e deiconsigli di vita. L’obbiezione di coscienza era un argomento molto affrontato, discusso anche conpersonaggi invitati specificatamente. La risposta ai cappellani militari, scritta da don Lorenzo e poidiscussa tutti insieme, alla fine era un’altra lezione che ci aveva fatto di lingua, educativa e di vita.

12) Quale era il rapporto di don Lorenzo con la stampa di quel tempo?

A Barbiana venivano tanti giornalisti di tutte le testate, i giornalisti disposti ad ascoltare, discutereed insegnare qualcosa a noi erano ben accettati, mentre i soliti arroganti, intellettuali non dispostivenivano cacciati.

13) Rispetto al nostro tempo, si può cogliere l’aspetto educativo trasmesso da don Lorenzo airagazzi di Barbiana?

Certamente, oltre ai genitori lo dovrebbe fare la scuola, ma non quella voluta dal potere comeabbiamo oggi...purtroppo.

14) Il libro di don Lorenzo Milani e i suoi alunni “Lettera a una professoressa” è stata l ’analisi e ilrapporto di una scuola statale pubblica che andava rivista? Se si in che modo?

In poche parole: la scuola non deve essere un ospedale che cura i sani e manda a casa i malati, mapurtroppo la scuola pubblica è così.

15) Don Lorenzo riteneva fondamentale che la conoscenza della Bibbia, della Costituzione e dellalettura dei quotidiani erano elementi educativi per ogni alunno/a a Barbiana. Oggi, ritiene che nella scuola statale siano insegnati, oppure c’è bisogno di pensare nuovi progettieducativi o inserirli nelle indicazioni (programmazioni) dei docenti in ogni ordine e grado dellascuola pubblica?

I tre testi fondamentali della scuola di Barbiana erano: il Vangelo, la Costituzione Italiana, iquotidiani per noi erano libri di testo perché ogni giorno arrivavano notizie fresche da poteraffrontare, dibattere e studiare. La cosa impressionante è che in molte scuole medie la Costituzionenon sanno nemmeno cosa è e i quotidiani, certi Presidi non li fanno entrare perché hanno paura chel’insegnante dia la sua versione politica, siamo nel 2013. A Barbiana queste cose le facevamo 60anni fa, di questo passo quello che don Lorenzo diceva, sarà sempre attuale.

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16) Lei pensa che don Lorenzo sia riuscito a educare culturalmente il popolo di Barbiana comepensava lui? Con quale modalità?

Don Lorenzo non ha mai pensato di educare culturalmente tutto il popolo, ma i figli del popolo,creare persone diverse dagli ultimi, umiliati e sottomessi, non per nulla la lingua, la cultura, laparola per lui erano fondamentali.

17) Mi potrebbe raccontare, quali furono le ragioni per cui diventò un allievo del priore diBarbiana e quali furono gli aspetti che fin dall’inizio più la colpirono del suo modo di fare scuola?

Avendo i genitori condiviso la proposta di don Lorenzo iniziale, era logico che finito la scuolaelementare avremmo continuato con don Lorenzo, anche perché le nostre famiglie non avrebberoavuto la possibilità economica per mandarci a studiare da altre parti. Il metodo che ci colpì più ditutto, forse fu per noi imparare facendo, costruendo manualmente, poi questo metodo di una culturaa 360° e la lettura completa dei quotidiani.

18) Potrebbe raccontare brevemente una giornata tipica trascorsa a Barbiana e qualche episodioche le sembra emblematico di quell’esperienza?

Tutte le giornate erano tipiche a Barbiana non essendoci programmi specifici da seguire, si variavadal costruire qualcosa in laboratorio, con l’affrontare qualsiasi materia in modo totalmente diversodalla scuola pubblica non avendo limiti di tempo.

19) Come è stata per lei la convivenza per tante ore al giorno e per quasi tutti i giorni dell’annocon una persona dal carattere forte e determinato come don Lorenzo Milani?

La cosa più importante è sempre stata che il metodo di insegnamento di don Lorenzo riusciva a fardiventare una scuola difficilissima, pesantissima alla fine delle 12 ore divertente, questo esempio èquello che manca nella scuola pubblica. Don Lorenzo era severissimo, pretendeva sempre ilmassimo, alzava sempre la difficoltà delle lezioni, ma nello stesso tempo riusciva ad esseredolcissimo con tutti compreso le famiglie ed è per questo che le famiglie iniziarono subito adaffezionarsi al Priore.

20) Sig. Giancarlo, mi potrebbe raccontare qualche episodio particolare che le riguarda da vicinoe relativo all’esperienza di quegli anni che le sembra interessante narrarci ?

A questa domanda che me la fanno tutti io non rispondo mai, perché stando 12 ore al giorno per 365giorni l’anno con don Lorenzo, tutto era diventato normale.

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3.3 Buzzolini Aldo. (Intervista)

1) Come cominciò don Lorenzo ad avvicinare i giovani a Barbiana?

Se legge l’ultima parte della pagina 48 del mio libro, vedrà che i giovanotti barbianesi insieme aquelli di San Donato a Calenzano, essi trasportarono su per la treggiaia da Fornello a Barbiana tuttoil necessario per il trasloco. Naturalmente parlavano e chiedevano che tipo di prete fosse il priore ela notizia che questo prete aveva una scuola serale a San Donato Calenzano.Questo fece sperare ai barbianesi che ne aprisse una anche per loro. Vedi anche la pagina 171, la lettera 118 del 15 dicembre 1954, è riferita alla mamma e le lettere dal1943 al 1967 dell’edizione Marietti dove scrive: "Stasera c’era già la casa piena di giovanotti. Per ora li ho messi al lavoro per riordinare la casa, ma aspettano ansiosamente la scuola". La lettera 122 a pagina 178 scrive: “A San Donato non m’ero mai divertito come qui a far scuola. Tutto è nuovo, tutto è accetto e tutto appassiona. Basta una trovata per sera e stanno lì occupati edappassionati fino alle ore 23 o a mezzanotte. Per esempio una sera ho procurato i moduli di contocorrente e un’altra i vaglia”. Tenga presente che a Padulivo c’era la scuola statale pluriclasse. Una stanza della mia casa. La scuola serale come avrà capito era rivolta ai giovanotti più grandi,allora avevo 7 anni. I nomi e relative età li trovi in Esperienze Pastorali Edizioni Lef da pagina 310 a pagina 314comprese.

2) Quale fu il suo approccio educativo, rispetto agli altri preti?

Un esempio lo trova nel mio libro a pagina 50 (il primo incontro).

3) Ho sentito e letto che l’attività principale della scuola era la conferenza del venerdì, in modoparticolare a San Donato Calenzano. Come era preparata? Quali argomenti affrontava?

Premesso che don Lorenzo ha operato per sette anni nella parrocchia di San Donato a Calenzanoprima di essere trasferito a Barbiana.A San Donato ha scritto gran parte dell’unico libro da lui firmato “Esperienze Pastorali” ed haistituito e gestito la “Scuola Popolare di San Donato” serale per giovani operai e contadini dellaquale parla diffusamente nel libro “Esperienze Pastorali”.Le conferenze del venerdì, tenute da esperti di materie e le più varie ritenute da don Lorenzo utiliper prepararci alla vita, venivano preparate da lui stesso nelle ultime ore della serata del mercoledìprecedente.Erano aperte a tutti, ma chi aveva una preparazione scolastica superiore a quella elementare nondoveva intervenire nelle discussioni.

4) La scuola di Barbiana oltre agli operai e ai cittadini, era aperta anche ad altra gente delpopolo?

A Barbiana c’erano soltanto contadini e due soli operai agricoli: mio babbo e Giannino."Lo scasso" a pagina 33 del mio libro, lo facevano loro due. Nel pomeriggio a volte andavo con il mio babbo, tanto per passare il tempo e ho retto anch’io illungo scalpello sul quale a turno tiravano le mazzate.

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5) La riforma della scuola è uno dei grandi problemi aperti del nostro paese.Ritiene che l’esperienza di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi, abbia ancora qualche messaggioda trasmettere, oppure sia ormai datata e largamente superata?

Più che di riformare la scuola, per noi e tantissimi altri ragazzi dell’Italia di allora si trattava diacquisire gli strumenti necessari per essere appunto inclusi nel mondo che stava cambiando versoun’Italia in cammino per l’industrializzazione. Per me e per i ragazzi di montagna si trattava di "fare il salto del fosso" ossia raggiungere la paritàcon quelli di città o di paese.Iniziammo un lungo cammino e la scuola di Barbiana ci dava gli strumenti necessari allo scopo.Oggi cosa deve fornire la scuola non è ancora chiaro, perché se l’andare a scuola significa soltantoprepararsi al lavoro, visto che la delocalizzazione ha portato una deindustrializzazione dell’Italia, sicomprende bene in questa chiave di lettura che non serve andare a scuola!?

6) Quale è stata la reazione della gente del posto all’apertura della scuola a Barbiana a riguardoai suoi metodi educativi?

Se leggerà le pagine 76-77 del mio libro: "se torni a casa e dici che ti ha dato un nocchino, io te nedo due, capito? A pagina 75 sempre del mio libro: “me lo disse mio babbo”.

7) Qual era lo stato d’animo dei primi alunni entrati nella scuola di Barbiana.Erano rassegnati ad avere un futuro già deciso o si aspettavano qualcosa di nuovo che accadesse?

Il mio stato d’animo si capisce nel libro che ho scritto: “Barbiana e l’inclusione”.

8) Come era fondamentalmente la scuola e la sua educazione di don Lorenzo Milani nella scuola diBarbiana?

E’ difficile dare una risposta completa e precisa.

9) Quali erano le competenze (saper fare) che raggiungeva singolarmente ogni alunno?

In campagna, dovendoci arrangiare sempre con quello che avevamo, le competenze nostre nel"fare" erano già affinate, ma con la scuola di avviamento, imparammo a lavorare il legno e saldare ilferro. Se va a Barbiana, vedrà dei tavoli e delle sedie con il telaio di ferro. E’ opera nostra. Non vedrà però la cosa più importante che fu quella di impadronirsi del mezzo dicomunicazione che è la parola, la lingua e più lingue.

10) Don Milani scoprendo l’importanza dell’arte attraverso la pittura di Staude, riuscì acomprendere la sua vocazione sacerdotale. Quale era il suo percorso didattico artistico durante ilaboratori con i ragazzi a Barbiana?

Un esempio lo trovi nel "santo scolaro" o nel rosone della chiesa.

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11) Quali furono gli elementi educativi trasmessi agli alunni a seguito delle grandi questioni inriferimento alla libertà di coscienza e al tema dei cappellani militari?

Si ricordi che l’obbedienza non era più una virtù. Nel libro delle edizioni Lef, c’è scritto tutto inriferimento a questa domanda..

12) Quale era il rapporto di don Lorenzo con la stampa di quel tempo?

Difficile e conflittuale, ma se vuole trovare maggiori chiarimenti dovrebbe approfondire e leggere:Don Lorenzo Milani, Un destino di carta, Edizioni Il Mulino.

13) Rispetto al nostro tempo, si può cogliere l’aspetto educativo trasmesso da don Lorenzo airagazzi di Barbiana?

E’ difficile risponderle a questa domanda per fare un confronto tra l’educazione di don Lorenzo el’educazione dei ragazzi di oggi.

14) Il libro di don Lorenzo Milani e i suoi alunni “Lettera a una professoressa” è stata l ’analisi e ilrapporto di una scuola statale pubblica che andava rivista? Se si in che modo?

Lettera a una professoressa è stata una vendetta.I dati statistici trovati ed elaborati dicono che l’abbandono scolastico è il vero problema della scuoladi allora. Forse oggi è ancora peggio?La scuola deve essere al servizio dello sviluppo della persona. Solo quando deve dare "il pezzo dicarta" può bocciare. Purtroppo è stata scelta un’altra strada. Il 18 politico è stata la strada più comoda che l’istituzione con la scuola ha imboccato per nonimpegnarsi.

15) Don Lorenzo riteneva fondamentale che la conoscenza della Bibbia, della Costituzione e dellalettura dei quotidiani erano elementi educativi per ogni alunno/a a Barbiana. Oggi, ritiene chenella scuola statale siano insegnati, oppure c’è bisogno di pensare nuovi progetti educativi oinserirli nelle indicazioni (programmazioni) dei docenti in ogni ordine e grado della scuolapubblica?

Non possiamo certamente noi italiani dire che il nostro paese non sia stato plasmato da coloro chehanno costruito le chiese, o dire che si poteva esistere come Stato senza la Costituzione.La "lettura del giornale" a Barbiana era sempre la scintilla di partenza per approfondire i più svariatiargomenti, senza seguire un "programma" scolastico. Soltanto verso la fine di Gennaio di ogni anno iniziavamo un percorso di preparazione agli esamicome privatisti.

16) Lei pensa che don Lorenzo sia riuscito a educare culturalmente il popolo di Barbiana comepensava lui? Con quale modalità?

A questa domanda non sono in grado di rispondere. Solo il Signore può dirlo.

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17) Mi potrebbe raccontare, quali furono le ragioni per cui diventò un allievo del priore diBarbiana e quali furono gli aspetti che fin dall’inizio più la colpirono del suo modo di fare scuola?

Sono nato a Padulivo e sempre a Padulivo c’era la scuola pluriclasse che le ho già detto prima. Lei dovrebbe leggere sempre il mio libro e troverà forse qualche cosa.

18) Potrebbe raccontare brevemente una giornata tipica trascorsa a Barbiana e qualche episodioche le sembra emblematico di quell’esperienza?

A Barbiana c’erano soltanto contadini e due soli operai agricoli: mio babbo e Giannino."Lo scasso" a pagina 33 del mio libro lo facevano loro due. Nel pomeriggio a volte andavo con il mio babbo, tanto per passare il tempo ed ho retto anch’io illungo scalpello sul quale a turno tiravano le mazzate.

19) Come è stata per lei la convivenza per tante ore al giorno e per quasi tutti i giorni dell’annocon una persona dal carattere forte e determinato come don Lorenzo Milani?

Fino al 1962 tutto bene, nessun problema, ma poi volli approfondire le materie tecniche e dopo averbisticciato col Priore e dato l’esame di terza media (latino compreso), mi iscrissi all’ITI L. da Vincidiplomandomi nel 1968 in telecomunicazioni.

(Troverà tutto nel libro: “Barbiana o dell’inclusione”).

20) Sig. Aldo, mi potrebbe raccontare qualche episodio particolare che le riguarda da vicino erelativo all’esperienza di quegli anni che le sembra interessante narrarci?

Episodi particolari non ne ho da raccontare. Ho vissuto un lungo e bel periodo della mia vita inmodo del tutto particolare vivendo sul monte Giovi nel popolo di Barbiana, dove grazie nonsoltanto al mio carattere, ma anche alla fatica dei miei genitori, del Priore e di tante altre personeche ci hanno voluto bene.

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3.4 Burberi Agostino (Intervista)

1) Come cominciò don Lorenzo ad avvicinare i giovani a Barbiana?

Il giorno dopo il suo arrivo 8/12/1954 visitando le case del popolo, insieme al parroco che se nestava andando, annunciò ai nostri genitori che dal giorno dopo avrebbe iniziato a fare il dopo scuolaai propri figli che frequentavano le elementari.

2) Quale fu il suo approccio educativo, rispetto agli altri preti?

L’apertura al popolo della canonica, lo faceva il chierichetto al parroco che se ne stava andando, ma mai ero entrato nella casa del prete. La cosa sorprendente fu togliere il distacco tra il prete e il popolo.

3) Ho sentito e letto che l’attività principale della scuola era la conferenza del venerdì, in modoparticolare a S. Donato Calenzano. Come era preparata? Quali argomenti affrontava?

Ovviamente io non ho vissuto quella esperienza nata sotto la promessa: “Vi insegnerò a ricercare laverità che non rinunceremmo a dichiarare anche se fosse contro la ditta”.

4) La scuola di Barbiana oltre agli operai e ai cittadini, era aperta anche ad altra gente delpopolo?

No, anche perché il popolo era fatto solo di contadini e operai.

5) La riforma della scuola è uno dei grandi problemi aperti del nostro paese. Ritiene chel’esperienza di don Lorenzo Milani e dei suoi ragazzi, abbia ancora qualche messaggio datrasmettere, oppure sia ormai datata e largamente superata?

Prima di tutto sarebbe interessante capire quando la lettera a una professoressa abbia inciso sulleriforme della scuola. Sicuramente sul tema dell’inclusione ha lasciato il segno. In un convegnorecente, un professore universitario, membro più volte della commissione parlamentare, sostenevauna serie di provvedimenti presi rifacendosi alla scuola di Barbiana. Non so quanto sia vero,sicuramente bisogna tener conto del periodo storico diverso, ma alcuni concetti basilari, credo sianoancora di grande attualità.

6) Quale è stata la reazione della gente del posto all’apertura della scuola a Barbiana a riguardoai suoi metodi educativi?

La cosa che i nostri genitori vedevano con grande favore era che quel prete aveva proposto loro difare una scuola superiore ai propri figli, gratuita che avrebbe permesso di avere un pezzo di carta (il diploma) da spendere nel mondo lavorativo e che permetteva ai propri figli di uscire da un statodi inferiorità. I metodi rigidi non erano tanto differenti dalla vita che facevano normalmente.

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7) Qual era lo stato d’animo dei primi alunni entrati nella scuola di Barbiana. Erano rassegnati adavere un futuro già deciso o si aspettavano qualcosa di nuovo che accadesse?

Erano privilegiati rispetto ai fratelli che erano ancora dietro alle bestie e nei campi, assaporavano ilpiacere del sapere e l’incontro con un mondo diverso. Il maestro e tutti coloro che venivano atrovarlo, diventavano strumento per il sapere.

8) Come era fondamentalmente la scuola e l’educazione di don Lorenzo Milani nella scuola diBarbiana?

Era l’unica, quindi senza confronto.

9) Quali erano le competenze (saper fare) che raggiungeva singolarmente ogni alunno?

Se va a Barbiana, vedrà dei tavoli e delle sedie con il telaio di ferro. E’ opera nostra.La cosa più importante fu quella di impadronirsi del mezzo di comunicazione che è la parola, lalingua e più lingue.

10) Don Milani scoprendo l’importanza dell’arte attraversa la pittura di Staude, riuscì acomprendere la sua vocazione sacerdotale. Quale era il suo percorso didattico artistico durante ilaboratori con i ragazzi a Barbiana?

Prima di tutto bisogna stabilire quanto sia vero che sia stato questo il veicolo che lo ha portato allascelta. La pittura era una “materia” della scuola ma non ha mai avuto una particolare rilevanza,sicuramente si capiva che lui era particolarmente preparato, ma come in tutto il resto.

11) Quali furono gli elementi educativi trasmessi agli alunni a seguito delle grandi questioni inriferimento alla libertà di coscienza e al tema dei cappellani militari?

Ghandi la sua vita e i suoi scritti sono stati sempre al centro della scuola, così come il vangelo, a mepiace dire che i pilastri fondamentali sono stati il Vangelo, la Costituzione e Ghandi.

12) Quale era il rapporto di don Lorenzo con la stampa di quel tempo?

Ha cercato di servirsene come megafono delle proprie idee e in parte c’è riuscito.

13) Rispetto al nostro tempo, si può cogliere l’aspetto educativo trasmesso da don Lorenzo airagazzi di Barbiana?

Penso di si e molti educatori nella scuola, nella Chiesa e nelle associazioni educative si rifanno aquel pensiero.

14) Il libro di don Lorenzo Milani e i suoi alunni “Lettera a una professoressa” è stata l ’analisi e ilrapporto di una scuola statale pubblica che andava rivista? Se si in che modo?

Nei valori, nella trasformazione da luogo alla selezione, luogo di riscatto, luogo del conoscere,luogo della consapevolezza e della dignità civile.

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15) Don Lorenzo riteneva fondamentale che la conoscenza della Bibbia, della Costituzione e dellalettura dei quotidiani erano elementi educativi per ogni alunno/a a Barbiana. Oggi, ritiene chenella scuola statale siano insegnati, oppure c’è bisogno di pensare nuovi progetti educativi oinserirli nelle indicazioni (programmazioni) dei docenti in ogni ordine e grado della scuolapubblica?

Spesso noto che non si affrontano problemi di attualità, che spesso si ha paura (da parte degliinsegnanti) di chiedere impegno nella ricerca e negli approfondimenti come se tutto fosse lasciato amezz’aria. Devo anche dire per correttezza che incontro insegnanti seri e interessati ai loro scolari.

16) Lei pensa che don Lorenzo sia riuscito a educare culturalmente il popolo di Barbiana comepensava lui? Con quale modalità?

Il popolo tutto è eccessivo pensarlo, non dimentichiamo che la cultura media dei nostri genitori erala terza elementare e vedevano in don Lorenzo colui che gratuitamente avrebbe fatto avere undiploma ai propri figli. Poi sicuramente alcuni lo hanno capito.

17) Mi potrebbe raccontare, quali furono le ragioni per cui diventò un allievo del priore diBarbiana e quali furono gli aspetti che fin dall’inizio più la colpirono del suo modo di fare scuola?

La mia non fu una scelta a Barbiana, non c’era un’altra scuola e fu l’alternativa nei campi.

18) Potrebbe raccontare brevemente una giornata tipica trascorsa a Barbiana e qualche episodioche le sembra emblematico di quell’esperienza?

Dalle ore 8.00 del mattino alle ore 19.00 di sera con una pausa per il pranzo, per tutti i giornidell'anno, ma ore che passavano perché erano intense ed interessanti: Ovviamente lui era unmaestro interessante pieno di cultura e idee.

19) Come è stata per lei la convivenza per tante ore al giorno e per quasi tutti i giorni dell’annocon una persona dal carattere forte e determinato come don Lorenzo Milani?

Come ho detto prima.

20) Sig. Agostino, mi potrebbe raccontare qualche episodio particolare che le riguarda da vicino erelativo all’esperienza di quegli anni che le sembra interessante narrarci?

Episodi particolari non ne ho da raccontare.

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3.5 Michele Gesualdi (Testimonianza)

A Barbiana non c’era niente e dopo la morte di don Lorenzo Milani improvvisamente volevanotrasformarla in un luogo religioso, culturale e turistico. Il mondo è proprio buffo da un paese in cuinon c’era nulla, diventò un luogo corteggiato dalle istituzioni per trasformarlo in un qualcosa chedon Lorenzo Milani non avrebbe voluto. Al tempo le case non erano fatte in modo robusto e sisgretolavano facilmente. Si riparavano i tetti con le tegole o con gli indici. Quindi le case dei contadini iniziarono a crollare e allora certi si trasferirono in città, altri siimboccarono le mani e cercarono di restaurare le case in base alle proprie possibilità economiche.La chiesa nel tempo cresceva e chi sapeva seguirla si salvava altri non ci riuscivano. Nel libro esperienze pastorali collaborarono mille volte di più i ragazzi di S. Donato Calenzanorispetto ai ragazzi di Barbiana. In questo libro don Lorenzo continuò a ringraziare le persone comeChicco Barbanesi e altri che collaborarono a realizzare il libro, ma non c’è ancora il cambiamentodell'uomo che fa del bene ai poveri. Don Lorenzo si spoglio in tutto, anche prima di morire. Egli diede tutto e venne spogliato di tuttoanche della parola. Don Lorenzo soffrì molto durante la sua malattia e a quel tempo non c’erano deifarmaci contro il dolore. Il male quando vince e in questo caso nella persona di don Lorenzo Milani,vince, tortura e sopprime. Egli uscì orgoglioso in un’altra parte. Il male vinse il fisico e i suoi ragazzi rimasero con don Lorenzo fino alla fine. Se don Lorenzo Milani fosse ancora vivo, avrebbe novanta anni. Lui morì nel 1967 e avevaquarantaquattro anni, sono passati quarantasei anni e si nota che l’età della morte ha superato l’etàdella vita. Socrate è morto tanti secoli fa e non aveva scritto nulla e disse cose che gli altri nonraccontarono. Chi dice cose che gli altri non dicono e con il proprio pensiero si avvicina alla veritàperché reggono con il passare del tempo. Don Milani era uno come Socrate, il cui pensiero restasempre attuale. Da quando nacque don Lorenzo sono passati novanta anni e quaranta sei anni daquando è morto, continua ancora ad avvicinare tanta gente qui a Barbiana. All’esterno della scuola è presente il percorso della Costituzione Italiana, fu la prima strada cheportava a Barbiana. Don Lorenzo arrivò con un camioncino che trasportava i suoi oggetti e il camionista gli disse che lastrada finiva e la chiesa si trovava nel bosco e che era costretto a lasciare le sue cose in mezzo allastrada, a quel punto continuò a piedi fino a Barbiana. La cosa curiosa è che dopo dieci minuti che camminava, arrivò all’improvviso un temporale.Nei “Promessi Sposi” la tempesta è simbolica e rappresenta l’ingiustizia nei confronti di Renzo, cosìin altre storie è metafora di ingiustizia o punizione. Per don Lorenzo Milani essa rappresentò la fine di una fase per iniziarne un ’altra, come se volessespazzar via tutto quello che era stato prima; difatti il suo arrivo in quel paesino sperduto gli avrebberichiesto una grande forza d’animo e volontà di azione per cambiare le cose.Quando alla mattina andarono a prendere le cose di don Lorenzo con le teggie, vale a dire dei carritirati dai buoi senza le ruote, le valigie si erano scollate e aprendosi avevano fatto uscire tutto ilcontenuto, mentre alcuni mobili erano stati tutti rovinati dall’acqua. Barbiana era un luogo profondamente arretrato, si pensi che non c’erano neanche le ruote.I carri invece di avere le ruote erano come una specie di slitta o come un carro a traino. Alla fine Don Lorenzo rimase senza niente e questo simbolicamente significava per lui un nuovoinizio, spogliato di ciò che aveva prima.

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La strada per Barbiana tutt’oggi è molto faticosa da percorrere, perché l’ultima tratto in salita non èmai stato asfaltato. Lì la vita era molto faticosa e non ci si poteva arrendere.Per un prete solo, tutto diventa difficile ma don Lorenzo si integrò con gli abitanti. Egli fu mandato a Barbiana per essere annientato moralmente. Si può annientare una persona in più modi, uccidendola, giudicandola senza appello o cercando diannientare la sua volontà. Così cercarono di fare con lui.Si può annullare mandando in un posto isolato, quasi come fosse un esilio.Soprattutto chi con le parole ha portato avanti un pensiero che a molti non piaceva.La parola fa innamorare, se bene usata, fa odiare se male usata, fa arrabbiare, fa ridere, fa gioire.Quindi chi possiede la parola è un uomo libero nella vita. Chi possiede la parola ha una libera scelta. Provando ad immaginare uno come don Lorenzo Milaniarmato della parola, senza di essa cosa sarebbe. Per esempio Ghandi era armato della parola e dell’esempio, non di armi o pistole. Lui ha fatto una rivoluzione nel mondo, vale a dire che liberò l’India dal dominio Inglese. Don Lorenzo per non arrendersi, si inventò una scuola a Barbiana. Che differenza c’è tra inventare efare? Inventare è una cosa che non è realizzata, mentre il fare è qualcosa che già esiste. Perché don Lorenzo inventò una scuola? Perché arrivato a Barbiana iniziò a girare per le case etrovò famiglie di soli contadini. Però c’era una categoria che era gli ultimi degli ultimi, perché c’erail razzismo più forte nei confronti dei barbianesi. Essi erano isolati, puzzavano di pecora, nonsapevano niente. Il razzismo vero è l’odio tra le persone povere, perché un ricco signore dellaSvezia, messo a confronto con un ricco signore dell’Africa, sono alla pari. I cittadini odiano i contadini, i contadini odiano i mezzadri e così via, il razzismo e l’odio è tra ipoveri, non tra i ricchi. Il razzismo deve essere sconfitto e i barbianesi erano gli ultimi della scala. Don Milani trovò sei ragazzi che facevano la quarta elementare in una pluriclasse. Ogni ragazzo aveva una ricchezza e se il suo maestro riusciva a farla emergere. Don Lorenzo disse ai ragazzi che se fossero andati a scuola da lui, avrebbe insegnato loro acamminare nel mondo in modo diverso dagli altri. Questo significava che il mondo era sbagliato,perché ci sono i disperati e i goderecci, i ricchi e i poveri, i colti e gli incolti, gli emarginati e gliinseriti e normalmente chi ne porta il peso chi non possiede la cultura. Chi si trovava in questa situazione non doveva disperarsi ma doveva studiare, rimboccarsi lemaniche e cambiare. Don Lorenzo a Barbiana offrì ai sei ragazzi di studiare per cambiare un mondosbagliato. Ci sono professori, universitari e non, che cercano di studiare la pedagogia di donLorenzo Milani. Queste persone non lo capiscono, perché sono convinte di sapere, salgono in cattedra e parlano didon Lorenzo Milani, senza mai averlo conosciuto veramente.La verità fu che questo prete ci offrì di venire a scuola, ci disse che se si stava a casa bisognavapulire le vacche. Le vacche possedevano un tettuccio e facevano le feci tutti i giorni, anche perNatale, anche per Pasqua, anche per l’ultimo dell’anno e chi puliva? I bambini, perché i grandi facevano altre cose. I bambini a cinque anni erano già utili a lavorare installa e questi bambini non facevano i capricci, lavoravano sodo.

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Don Lorenzo offrì di venire a scuola e ragionavamo dicendo: a casa si stava con la puzza delle fecidelle mucche, mentre se si andava a scuola si rimaneva più puliti e si imparava anche qualche cosa. I ragazzi fecero un calcolo velocissimo e si domandarono: “E’ meglio la scuola o la merda?”. Essi arrivarono a una conclusione che era meglio la scuola. Quindi il primo pilastro come ragionamento che i ragazzi a Barbiana fecero che la scuola era megliodella merda.Il secondo punto era che il prete poteva magiare la colazione, il pranzo e la cena, perché lui eraconsiderato il nemico, il padrone rispetto alle persone che vivevano a Barbiana. Le mamme, i padri e le persone capirono cosa era bene per i ragazzi, ossia mandarli a scuola pernon essere emarginati. Quindi le mamme capirono l’importanza nel mandare i loro bambini allascuola di Barbiana. Poi il terzo punto fu che don Lorenzo Milani offrì un programma che soddisfavai bisogni dei ragazzi e si dimostrava utile per loro. Don Lorenzo Milani promosse un programma per i più deboli e sono passati tanti anni dalla suamorte ma esso è ancora attuale. Gli alunni di don Lorenzo Milani furono: Agostino Burberi che era un ragazzo intelligente ma lento,e da grande intraprese la carriere di sindacalista. Aldo Buzzolini diventò un tecnico delle macchineda caffè, Giancarlo Carotti diventò sindacalista, Giancarlo Tagliaferri fece il geometra, MicheleGesualdi fece il maestro, il sindacalista, poi diventò il presidente della provincia di Firenze e ilpresidente della Fondazione Don Lorenzo Milani. Tutti i tavoli in legno, le panche, le sedie in ferro che ci sono nella scuola di Barbiana, sono staticostruiti dai ragazzi. Diversi anni fa arrivò un gruppo di persone a visitare Barbiana. Queste persone erano della sovraintendenza e delle Belle Arti e posero delle questioni. Essi dissero che siccome Barbiana era famosa nel mondo, tutto quello che c’era doveva essereclassificato. La chiesa chiama tutti i profeti ma se andiamo a vedere quale destino avevano i profeti nelle singolestorie di vita e secondo i tempi, si nota che alcuni andavano in prigione, subivano la persecuzione,altri andavano in croce e altri venivano fucilati. Socrate ha bevuto la cicuta per determinare la verità. Molti profeti della loro epoca non sono staticompresi dai loro contemporanei e quindi hanno dovuto incontrare la morte. Tutti quelli che nella vita dicono e cammino davanti agli altri, incontrano la morte. Questo era il segno inconfondibile degli uomini del futuro, ossia le persone che non sono comprese.Nell’officina a Barbiana si costruivano anche gli scii. Si andava nel bosco e si prendeva un tronco, lo si tagliava in quattro, lo si portava a livello, poiveniva piegato con un filo di ferro, veniva messo in forno ed ecco fabbricati gli scii. All’interno dell’officina c’è una foto di don Lorenzo Milani che faceva scuola ai suoi ragazziall’aperto. L’arredamento per fare scuola all’aperto era costituito da un unico tavolo in cui donLorenzo era seduto frontalmente e i suoi sei ragazzi erano seduti tutti attorno a lui. Un particolare importante era che c’erano solo due libri mentre don Lorenzo insegnava. Quindi per fare le cose belle nella vita non ci vogliono i grandi mezzi. Un esempio è stato quando don Lorenzo ci inviò in Germania, dove imparammo la lingua tedesca ecome si faceva la tecnica del mosaico. Noi realizzammo in chiesa a Barbiana un monachello.Prendemmo una base bianca, sopra appoggiammo il disegno e noi ragazzi incollammo i vetricolorati, secondo un ordine deciso in precedenza.

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Quando fu messo il mosaico in chiesa, don Lorenzo disse: “Lo chiameremo Santo Scolaro”. Fu l’unico prete al mondo che con l’aiuto dei suoi ragazzi, mise vicino all’altare un Santo dedicatoagli scolari. Non furono realizzate opere artistiche nel mondo, simile al monachello, questa accaddesolo a Barbiana. La nostra giornata classica a scuola non esisteva, capitava una novità e don Lorenzo in base aibisogni dei suoi ragazzi, soddisfava la loro esigenza educativa. L’unica cosa che si faceva era che gli ultimi due mesi, don Lorenzo ci insegnava i programmi perprepararci a superare gli esami da privatisti. La scuola a Barbiana era dalle ore 8.00 di mattina fino alle ore 20.00 di sera. Ci si fermava mezz’ora per mangiare a pranzo, compreso i sabati, le domeniche e le feste. Questo perché tutto era legato alla vita delle famiglie, perché i padri lavoravano dalle ore 7.00 dimattina alle ore 19.00 di sera. La scuola era in funzione alle esigenze delle famiglie.

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CONCLUSIONI

In questa tesi ho scelto di trattare la figura di don Lorenzo Milani per due motivi in particolare: ilprimo è perché la scuola di Barbiana è un modello pedagogico ancora attuale e che si puòconfrontare con la scuola di oggi; il secondo motivo è che don Lorenzo Milani si è dimostrato unprofeta dell’educazione e dell’evangelizzazione poiché è stato in grado di leggere i segni dei tempi. La bellezza di una vita vissuta in pienezza come l’ha vissuta lui, ha avuto inizio nel momento in cuisi è spogliato per vivere in maniera semplice ed essenziale aiutando gli ultimi. La povertà intellettuale che don Lorenzo cercò sempre di contrastare era la scarsa padronanza dellalingua e delle parole, della cultura e dell’essere poiché chi non ha acquisito una adeguata istruzioneera da considerarsi il vero povero ed era condannato a non riscattare la propria vita.Mi soffermerò su cinque aspetti importanti della scuola di Barbiana e della figura pedagogica edevangelica di don Lorenzo Milani:

1) Il rapporto tra pittura, conversione e sacerdozio di don Lorenzo Milani.

Affermo il fatto che la pittura sia il motivo principale della conversione e consacrazione di LorenzoMilani al Sacramento dell’Ordine Sacro.Lo scrittore Francesco Milanese sottolineò nel suo libro che la pittura, fu determinante per elevarel’aspetto vocazionale di don Lorenzo che cercò di superare attraverso la bellezza dei rapporti tra icolori i limiti dei codici della pittura e riportando tutto ciò tra sé e le persone del mondo.Umberto De Vanna nel suo libro dal titolo: “Don Milani un profeta con gli scarponi da montagna”,sottolineò il fatto che il maestro di pittura Staude comprese il limite nel percorso artistico diLorenzo Milani che determinò la volontà di intraprendere la strada vocazionale. Il testo sottolinea l’accusa di Lorenzo Milani al suo maestro Staude, dicendo: “E’ tutta colpa tua.Perché tu mi hai invitato a cercare sempre l’essenziale, di eliminare i dettagli e di semplificare. A me non bastava fare questo su un pezzo di carta. Non mi bastava cercare questi rapporti tra icolori. Ho voluto cercarli tra la mia vita e le persone del mondo. E ho preso un’altra strada”.Nel libro di Neera Fallaci: “Vita del prete Lorenzo Milani dalla parte dell’ultimo”, lo stesso Staudecomprenderà che don Lorenzo era destinato a un fine religioso, dicendo: “Si vedeva che stavavolentieri in mezzo ai giovani e che c’era in lui questo desiderio di vivere in comunità. Secondo me, era predestinato a finire in un convento o in un esercito. Insomma era un uomo chedoveva stare tra gli altri uomini”.Nella visita didattica a Barbiana fu detto che tutto partì dall’innamoramento delle pitture sacre perdon Lorenzo e con la stessa modalità fu il rapporto con don Bensi, il suo padre spirituale, creandosiuna relazione tra padre e figlio. L’intervista a Burberi Agostino è stata sorprendente perché evidenzia l’incertezza che la pittura fuelemento vocazionale di don Lorenzo Milani, dicendo che prima di tutto bisogna stabilire quanto siavero che sia stato questo il veicolo che lo ha portato alla scelta vocazionale. La pittura era una “materia” della scuola ma non ha mai avuto una particolare rilevanza,sicuramente si capiva che lui era particolarmente preparato, ma come in tutto il resto.

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2) La nomina a priore di Barbiana decisa dalla Diocesi fiorentina.

Si comprende che don Lorenzo aveva trovato una comunità già divisa a Calenzano e lui cercava diunirla nel segno della verità.Nel libro “Esperienze Pastorali”, don Milani tracciò un panorama storico dell’ambiente in cui iniziòil suo apostolato. Nella descrizione della contesa secolare c’era una punta di polemica e carica diironia. Siccome l’avevano cacciato a Barbiana con l’accusa di aver diviso il popolo di S. Donato,voleva dimostrare che a Calenzano le divisioni erano sempre esistite e spesso per motivi poco seri.Le difficoltà erano evidenti anche nelle processioni del Corpus Domini, raccontate dagli anzianiattualmente vivi. Tante persone a Calenzano vollero dire qualcosa per fare tornare indietro il vescovo dalla suadecisione. Il popolo di S. Donato raccolsero numerose firme, ma don Lorenzo spense ogni iniziativae ubbidì. Egli accettò senza nessuna protesta, essendo cosciente di essere stato esiliato a Barbianaperché aveva cercato la verità e la giustizia, ma restando fedele al Vangelo e alla Chiesa.

3) La lettera ai cappellani militari e “L’obbedienza non è più una virtù”.

Don Lorenzo a seguito di questa vicenda, fu condannato da un tribunale per apologia di reato. La lettera scritta da don Lorenzo a Franco Gesualdi alunno di Barbiana, dimostrò l’assenza deigiudici al processo e non l’impossibilità da parte di don Lorenzo per malattia e successivamentedivulgata dalla stampa. Lui aveva già chiesto nel gennaio del 1967 di procedere per essere giudicatodal tribunale. Quindi don Lorenzo scrisse una lettera al suo alunno Franco Gesualdi informandoloche il processo era stato rinviato per la mancanza dei giudici e che i media riportavano la notiziarendendo la cosa pubblica e non vera secondo i fatti accaduti.Il processo fu rinviato perché mancavano alcuni giudici e i supplenti non se la sentivano disentenziare una causa così impegnativa. Allora, il tribunale chiese un certificato medico a Gatti, il quale era l’avvocato di don Lorenzo e dirinviare l’udienza per motivi di salute. Don Lorenzo aveva chiesto l’anno precedentel’autorizzazione a procedere. La RAI diffuse la notizia che il processo era stato rinviato per la gravemalattia che lo aveva colpito.

4) Il segreto pedagogico della scuola di Barbiana.

Il segreto pedagogico erano le dodici ore di lavoro e il grande sacrificio dei ragazzi. Il poter studiare non era una cosa pesante, era una grazia che andava pagata cara, più cara del costodel lavoro nei campi, altrimenti la scuola orientava e formava alunni svogliati.Essere poveri secondo don Lorenzo, voleva dire trovarsi in una condizione di inferiorità culturale.Solo la conoscenza della lingua permetteva di raggiungere un livello alla pari tra persone. A Barbiana i programmi erano adeguati all’alunno, i registri non esistevano, né dovevano esistere ivoti e pagelle, perché poteva capitare che il maestro badasse più ai giudizi che a fare il propriodovere, assumendo l’atteggiamento di controllore e trascurando gli allievi.Un punto importante per don Lorenzo era che la scuola non doveva selezionare gli alunni, perché lostudio era un diritto derivato dalla Costituzione e per un principio sociale di uguaglianza, vale a direche tutti i cittadini erano uguali. Il voto non era un misuratore esatto dell’intelligenza degli alunni.La pagella era considerata da don Lorenzo come una piaga che faceva arrabbiare gli alunni. La scuola non doveva bocciare perché era un dovere dello Stato fornire a tutti l’istruzione fino a unacerta età.

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Don Lorenzo negli ultimi tempi con una serie di indagini statistiche documentò che la scuolapubblica italiana era pagata in modo particolare dai poveri, senza che riuscissero a frequentarlacome i figli dei benestanti. Allora pensò un rimedio a queste ingiustizie presenti nelle scuole e in modo particolare perBarbiana propose una soluzione pratica e concreta: la prima era quella di non bocciare, la secondaai ragazzi che sembravano avere delle difficoltà pedagogiche, consigliò una scuola a tempo pieno,la terza agli alunni che non si impegnavano propose uno scopo specifico, mentre la quarta ful’istituzione di un sindacato dei genitori per controllare le proposte scolastiche. Gli amici di don Lorenzo domandavano come facesse a fare scuola con i ragazzi e chiedevano cheimpostasse per loro un metodo precisando i programmi, le materie e la tecnica didattica.Ognuno vedeva che lui non aveva merito alcuno e che il segreto di Barbiana non era esportabile.Una scuola aperta a nuove metodologie, quali: la scrittura collettiva, il servizio integrato di ciascunallievo più orientato ad una materia, all’insegnamento della stessa a favore dei compagni menodotati con un supporto, l’insegnamento di tutte le discipline e delle arti. Furono coinvolti gliartigiani, professionisti, agricoltori, scienziati che erano inviati a turno, a titolo gratuito per spiegarei metodi e i segreti delle loro attività. Don Lorenzo utilizzava gli strumenti didattici più moderni e avanzati che riusciva a procurarsi conmille mezzi, la lettura costante della stampa e delle notizie nazionali ed internazionali erano semprepresenti come attività nella scuola. Egli mandò i suoi alunni a fare esperienze di lavoro e studioall’estero, per impratichirsi della lingua e per conoscere nuove realtà.Invitò inoltre a lasciare le università, le cariche, i partiti per orientarsi all’insegnamento per la solalingua, si comprende una incongruenza da ciò che affermò don Lorenzo circa l’importanzaeducativa in più campi, rispetto a questo rinunciare solo per la lingua. Egli diceva ai suoi alunni cheil classico figlio di papà, Pierino, non aveva niente di importante da dire e consigliava di escludere iricchi come Pierino dalla scuola. Questo sembrava veramente non educativo attraverso unatteggiamento negativo nei confronti di questi gruppi sociali. Il priore pensava veramenteall’esclusione dei ricchi dalla scuola. Egli propose una maggiore specializzazione proponendo una scuola di servizio sociale cheabilitasse a fare tutte le professioni con gli stessi studi. Conseguentemente non era possibileobbligare gli alunni a frequentare i medesimi studi quando ognuno aveva un ruolo diverso nellasocietà. Un passaggio della pedagogia di don Lorenzo che è importante commentare fu l ’assolutacondanna al gioco. Egli non consentiva categoricamente che nella scuola di Barbiana si concedessespazio al gioco. Egli precisava che gli educatori non dovevano preoccuparsi di come bisognava fare scuola, ma solodi come bisognava essere per poter far scuola.Bisognava ardere dall’ansia di elevare il povero a un livello superiore. Non diceva a un livello pari a quello dell’attuale classe dirigente ma superiore: più da uomo, piùspirituale, più cristiano, più tutto. Quel che premeva a don Milani, era il modo in cui gli allievivenivano fuori dalle mani del maestro.Il processo educativo doveva essere comunitario, in modo che ogni persona o alunno fosse nellostesso tempo discepolo e maestro dell’altro verso un comune obiettivo. Nella scuola di Barbiana non era possibile obbligare allo studio per più di un intera giornata didodici ore i ragazzi, in particolare privarli degli svaghi necessari e dell’ora di ricreazione attraversoil gioco.

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Ogni ragazzo fisiologicamente aveva bisogno del tempo per giocare e non c’erano pedagogisti opsicologi che non sottolineassero l’utilità pedagogica didattica del gioco. L’autoritarismo era ciò che caratterizzava don Lorenzo nel suo ministero e nella sua scuolaconcepita con uno stile intollerante. Egli era il primo che allontanava coloro che non la pensavano come lui e che era importante che loascoltassero. Don Lorenzo Milani e i suoi ragazzi, cercarono di eliminare le differenze di classe causate daevidenti dislivelli culturali e socio-economici. La scuola di don Lorenzo è stata in grado di dare ladignità e rendere protagonisti i suoi alunni e abitanti, facendoli crescere, rendendoli liberi econsapevoli delle loro possibilità. Secondo il priore una scuola che era, che è e che sarà in grado di prendere posizione nei confrontidei problemi culturali e storici attraverso due strumenti quali la politica e il sindacato, difenderàsempre le ragioni degli ultimi e gli aiuterà a vivere in un mondo spesso ingiusto. Una scuola non selettiva ma esigente che impegni con equilibrio, che non sia permissiva e con unaforte motivazione culturale. Una scuola che scruti i segni dei tempi per leggere il passato e diinterpretare il presente e anticipare il futuro.Don Lorenzo disse ai ragazzi che se venivano a scuola da lui, avrebbe insegnato loro a camminarenel mondo in modo diverso.

5) La Lettera a una professoressa.

La Lettera a una professoressa nacque proprio perché don Lorenzo durante le sue attività a scuolanon insegnava tutte le discipline e non le trattava secondo i programmi ministeriali. Questa decisione che lui prese, cercò di spiegarla attraverso il testo “Lettera a una professoressa”.Un altro motivo della nascita del libro fu quando alcuni ragazzi durante gli esami da privatistifurono bocciati e da qui iniziarono le contestazioni con la creazione della “Lettera”. Nacque la scrittura collettiva con i racconti dei ragazzi bocciati alla scuola pubblica e dei docentiche avevano trattato ingiustamente i ragazzi. Don Lorenzo iniziò a raccogliere tutte le testimonianze, chiedendo loro cosa avessero subito efacendo loro scrivere aneddoti e pensieri riguardo ciò che poi lui trascrisse nel libro.I protagonisti del libro: Gianni e Pierino, i quali furono icone della divisione in classi della societàdi cui la scuola era espressione: il primo figlio del povero, mentre il secondo il figlio del ricco. In quella realtà Gianni si chiamava Mauro, il quale andò a Barbiana dopo essere stato bocciato piùvolte nella scuola pubblica. Pierino invece era Andrea Milani Comparetti, figlio del medicoAdriano, fratello di don Lorenzo.La lettera a una professoressa fu scritta in un periodo in cui si parlava di rinnovamento della scuola.Coloro che leggevano il testo pensavano che il libro fosse stato scritto dagli alunni e non avrebberomai immaginato invece che il vero autore fosse don Lorenzo Milani.Questo fu confermato anche da Michele Gesualdi, suo ex-alunno, che collaborò alla stesura dellalettera a una professoressa.

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In conclusione la scuola di Barbiana è ancora attuale e valida perché ha trasmesso un pensieropedagogico rivoluzionario nel panorama scolastico italiano ed è stata fonte di ispirazione perdocenti, legislatori, pedagogisti italiani e stranieri e per le riforme adottate nel campo nei decennisuccessivi.Dal priore di Barbiana giunge il messaggio profetico e non retorico che solo la parità culturale dàdignità all’uomo; messaggio sempre attuale perché educa al rifiuto di una vita ripetitiva e condottasenza entusiasmo, teso ad andare oltre la ricerca del benessere economico e a promuovere invece, inognuno dei suoi allievi, “il piacere di sapere”. E’ condiviso dagli alunni, il metodo cooperativo e il fondamento educativo maestro-alunno maanche il legame tra compagni, i più grandi dei quali insegnavano ai più piccoli ciò che avevanoimparato.Così don Lorenzo Milani è riuscito a sviluppare negli allievi l’autonomia, la riflessione critica, lacomunicazione, la conoscenza e le abilità.Oggi sta accadendo questo in modo diverso ma simile con i social learning Edmodo, vale a dire leclassi virtuali supportate da piattaforme di condivisione di materiali didattici e relazioni culturali tradocenti, alunni e famiglie. Il segreto di Barbiana si fonda nelle tante ore di frequenza a scuola e la buona volontà da parte deiragazzi di raggiungere una cultura che si basava sull’importanza di impadronirsi del mezzo dicomunicazione che era la parola, la lingua e le lingue, perché erano consapevoli che essa era sempremeglio di andare solo a lavorare. L’educazione aveva a Barbiana un filo conduttore che dava centralità all’allievo consideratocittadino attivo, avendo come fine ultimo l’iniziazione dei giovani alla cittadinanza, evidenziandodei principi fondamentali: “imparare a conoscere, imparare a convivere, imparare a essere eimparare a fare”. La scuola insegnava a essere educati a “essere buoni cittadini” ed i ragazzi cercavano di impararetante cose, in modo da sapersela cavare in tutte le situazioni che si presentavano nella vita.La scuola di don Lorenzo Milani ha trasmesso un modo di insegnare innovativo che da forza allascuola di oggi.Oggi si possono trovare nella scuola i segni dell’insegnamento di quei tempi e i suoi valoritramandati. Si nota che essa era una scuola autonoma poiché dotata di una sua identità, di finalità, di unprogramma basato all’esigenze di ogni alunno, organizzata in modo simile a quella di oggi. La forza della scuola di Barbiana si basava sulla cooperazione: di fatti gli alunni più grandi epreparati aiutavano il maestro nell’educazione dei più piccoli ed inesperti e come faceva il priore, sipreparavano la sera prima le lezioni e gli argomenti che si dovevano trattare a scuola.Oggi si parla di cooperative learning, metodo che può far ritornare alle radici dell ’insegnamento, incui il metodo cooperativo si basa sul lavoro di gruppo.Barbiana è stata un esempio efficace della cooperativa learning.

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Una delle caratteristiche della scuola di Barbiana fu la flessibilità, ovvero la considerazione cheogni individuo avesse le sue peculiarità e quindi che occorresse tener presente la differenza diognuno nell’apprendimento. Si cercava di elaborare una percorso centrato sull’alunno e non sui contenuti o sul maestro, tuttielementi che sono presenti nella didattica proposta dai docenti nei vari ordini e grado di scuola dioggi.Gli elementi principali di forza della scuola di Barbiana per quella di oggi sono:

• Una scuola giusta che valorizzi il talento e l’impegno degli alunni, anche quelli con grossedifficoltà.

• Una struttura dove il tempo viene speso per riflettere e studiare e in cui si richiede sacrificio,operosità, impegno e vitalità.

• E infine, una scuola creativa che pone la ricerca e l’innovazione come forza in funzioneverso il futuro, nella convinzione che possa coltivare gli interessi dei giovani di oggi.

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38) Domenico Marini, Trame sinistre all’ombra dell’altare, Editrice Civiltà Brescia, finito distampare dalla Garzanti editore, Milano 1983.

39) Alessandro Mazzarelli, L’incontro con don Lorenzo Milan, Il riscatto, Edizioni Dehoniane,Napoli 1980.

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41) Don Lorenzo Milani, Esperienze Pastorali, LEF, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1958.

42) Don Lorenzo Milani, L’obbedienza non è più una virtù, Libreria Edizione Fiorentina, Firenze1965.

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44) Lorenzo Milani, I Care ancora, Editrice Missionaria Italiana, Bologna 2001.

45) Lorenzo Milani, Gli anni del privilegio. Edizione Jaca Book, Milano 2004.

46) Lorenzo Milani, L’etica della scrittura, Edizione Feria, Madrid 2005.

47) Don Lorenzo Milani, La ricreazione, Edizione libreria editrice fiorentina, Firenze 2007.

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50) Gregorio Monista, Don Lorenzo Milani Amico e maestro, con inediti della Scuola di Barbiana,Colpo di fulmine Edizioni, Verona 1997.

51) Marco Moraccini, Don Lorenzo nei mass media, catalogo bibliografico, 1950-1957, EdizioniJaca Book, Milano 1999.

52) Mario Pancera, Lorenzo Milani, quarant’anni di storia scomoda, Edizione Paoline, Milano1987.

53) Pier Paolo Pasolini, Don Lorenzo Milani: «Lettere alla mamma» (o meglio:«Lettere di un pretecattolico alla madre ebrea»), in ID., scritti garzanti, Edizione Garzanti, Milano 1975.

54) Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Edizione Baldini e Castaldi, Milano 1996.

55) Riccioni Gianfranco, La stampa e don Milani, Libreria editrice Fiorentina, Firenze 2005.

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57) Rolando Perri, Presenza femminili nella vita di Don Milani, Società Editrice Fiorentina, Firenze2009.

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58) Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967.

59) Frediano Sessi, Il segreto di Barbiana, Edizione Marsilio, Venezia 2008.

60) Massimo Toschi, Don Lorenzo Milani e la sua chiesa. Documenti e studi. Edizioni Polistampa,Firenze 1994.

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SITI DON LORENZO MILANI

1) www.ilcircolino.it/milani

2) www.etruria.org/nonsololibri/milani

3) www.luda.it/milani

4) www.zoomedia.it/DonMilani

5) www.comune.vicchio.fi.it

6) www.donlorenzomilani.it

7) www.youtube.com

8) www.barbiana.it

9) www.cislscuola.it

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INDICE GENERALE

INTRODUZIONE.................................................................................................................2

Capitolo PrimoASPETTI GENERALI.........................................................................................................4

1.1 L’infanzia 41.2 Gli anni giovanili del privilegio.................................................................................61.3 L’ordinazione e il sacerdozio di don Lorenzo Milani.................................................81.4 La scuola serale di don Lorenzo a S. Donato Calenzano.........................................111.5 I primi anni di don Lorenzo Milani a Sant’Andrea di Barbiana...............................131.6 Verso la fine: 26 giugno 1967..................................................................................15

Capitolo SecondoLA SCUOLA A BARBIANA..............................................................................................17

2.1 I ragazzi di montagna..............................................................................................172.2 La scuola a Barbiana...............................................................................................222.3 Dalla pittura al Santo Scolaro.................................................................................252.4 Il ponte di Luciano..................................................................................................292.5 Don Lorenzo nella scrittura collettiva.....................................................................322.6 La verità sul libro “Lettera a una professoressa”....................................................342.7 Litinerario didattico a Barbiana..............................................................................36

Capitolo TerzoINTERVISTE E TESTIMONIANZE DI QUATTRO ALUNNI DELLA SCUOLADI BARBIANA E DI UNA COLLABORATRICEDELLA “FONDAZIONE DON LORENZO MILANI”.................................................42

3.1 Menzi Calderai Annalisa. (Intervista).....................................................................423.2 Carotti Giancarlo. (Intervista).....................................................................463.3 Buzzolini Aldo. (Intervista)....................................................................503.4 Burberi Agostino. (Intervista)....................................................................543.5 Gesualdi Michele. (Testimonianza)............................................................57

CONCLUSIONI..................................................................................................................61

BIBLIOGRAFIA................................................................................................................67

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