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ATTUALITA’ - CULTURA - ECOLOGIA - ECONOMIA - POLITICA - SPORT - TURISMO Direzione, redazione e amministrazione: Via degli Orti 15 - 89861 Tropea (VV) - Tel (0963) 61967 - Fax (0963) 666259 Febbraio 2008 - anno I n° 1 Edizione mensile - direttore responsabile Vittoria Saccà direttore editoriale Salvatore Libertino - Euro 1,00 “Un anno fa... Federica pagina 18 Il Patriarca di Tropea Albino Lorenzo pagina 5 Don Francesco Mottola, dichiarato Venerabile pagina 3

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ATTUALITA’ - CULTURA - ECOLOGIA - ECONOMIA - POLITICA - SPORT - TURISMODirezione, redazione e amministrazione: Via degli Orti 15 - 89861 Tropea (VV) - Tel (0963) 61967 - Fax (0963) 666259

Febbraio 2008 - anno I n° 1 Edizione mensile - direttore responsabile Vittoria Saccà direttore editoriale Salvatore Libertino - Euro 1,00

“Un anno fa...

Federica pagina 18

Il Patriarca di Tropea

Albino Lorenzopagina 5

Don

Francesco Mottola,

dichiarato Venerabilepagina 3

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La vita è un’avventura. Una bella avventura da vivere giorno per giorno cer-cando, ognuno di noi, il bello e il buono che su questa terra indubbiamente c’è,anche nella nostra terra di Calabria. Ed è stata questa comune visione della vitaad indurci a pensare ad un nuovo giornale che parli principalmente delle tantepositività che esistono intorno a noi. La nostra è terra speciale, dove le bellezze naturali sono infinite, dove c’è gentespeciale e dove esiste un patrimonio storico e culturale di immenso valore. Nonabbiamo nulla da invidiare a nessuno sotto questo aspetto, semmai altri do-vrebbero essere gelosi di noi. Ed è su quanto di bello e di buono possediamoche intendiamo rivolgere la nostra attenzione, per presentarli a chi ha della Ca-labria un immaginario diverso, senza trascurare, per quanto possibile, di of-frire il nostro contributo al miglioramento di ciò che non va come dovrebbeandare. Passato, presente e futuro, sono i nostri campi. Il passato per ricordare a tuttinoi la storia scritta dai nostri avi, il presente per riflettere su ciò che stiamo fa-cendo, il futuro per programmarlo meglio possibile. Un progetto sicuramenteambizioso, ma siamo del parere che bisogna puntare l’obbiettivo più in altopossibile se si vuole raggiungere una qualsiasi meta che ci renda soddisfazione. Il nostro Tropeaedintorni, ha l’intenzione di partire dal suo cuore pulsante divita, per raggiungere dintorni molto più allargati, che fuoriescano dalle muracittadine per raggiungere l’intera Calabria ed anche oltre. Come quando buttando un sasso nel mare si creano cerchi concentrici in gradodi raggiungere persino il mare aperto! Sogno impossibile; forse sì. Ma le avventure si nutrono anche di sogni. E isogni sono il motore della vita stessa. Seguiteci in questa nuova avventura, eaccarezzate insieme a noi il sogno di poter dare vita ad un giornale che sia belloda guardare, buono da leggere, interessante e degno di essere conservato tra glioggetti più amati.

Vittoria Saccà

Sommario2

direttore Vittoria Saccà

direttore editoriale Salvatore Libertino

caporedattore Lino Daniele

amministratore Simonetta Del Prete

Redattori:Francesco Barritta, Franca Maccarone,

Francesco Marmorato,

Caterina Pandullo, Enzo Taccone

Hanno collaborato a questo numero:Beatrice Lento, Bruno Gallo, Francesco Loiacono, Eleonora Longo,

Marzia Mancuso, Filippo Mobrici,

Antonio Piserà, Michele Tarantino, Franco Vallone

Fotografia e grafica: Salvatore Libertino

Responsabile per la pubblicità: Gaetano Del Duce Tel. 329 4251857

La collaborazione a Tropeadintorni.it è da intendersi a titolo gratuito ed a scopo divulgativo. Gli autori si assumeranno ogni responsabilità sul contenuto dei propri

lavori. La redazione si riserva il diritto di accettare ogni elaborato

Direzione, redazione e amministrazione: Via degli Orti 1589861 Tropea (VV) - Tel (0963) 61967 - Fax (0963) 666259

E-Mail [email protected] Salvatore Libertino

Stampa: Tipografia Grillo Zambrone - [email protected] Registrazione al tribunale di Vibo Valentia al n° 5 del 06-12- 2007

anno I n° 1 chiuso in redazione il 09 Gennaio 2008

Istituito il gruppo

comunale volontari

Antonio Piserà ( pagina 6)

Istituito il comitato

per l’ordine pubblico

Franca Maccarone (pagina 4)

Don Francesco Mottola

uomo plasmato da Dio

Vittoria Saccà ( pagina 3)

La pagnottella

Generosa

Vittoria Saccà (pagina 17)

Intitolata ad Albino Lorenzo

la Biblioteca Comunale

Vittoria Saccà ( pagina 5)

Editoriale

Una vita

lunga un secolo

Lino Daniele ( pagina 12)

Spilinga

Enzo Taccone ( pagina 12)

Meraviglie di Calabria

Tropea “la perla del Tirreno”

Caterina Pandullo (pagine 8-9)

Grandi passi verso

la civiltà

Marzia Mancuso (pagina 6)

Il libro di padre

Maffeo Pretto

Franco Vallone (pagina 11)

Pianeta

scuola

Beatrice Lento (pagina 13)

Un “Tropeano doc”

Pasqualino Pandullo

Lino Daniele (pagina 16)

Il Teatro

La Pace

Francesco Barritta (pagina 15)

Ricordando

Kika

Vittoria Saccà (pagina 18)

Intervista a

Rocco Cantafio

Quo vadis,

matematica?

Bruno Gallo (pagina 14)

Padre

Vito Michele di Netta

Francesco Loiacono (pagina 10)

Il premio di poesia

di Rombiolo

Enzo Taccone ( pagina 13)

Territorio

ed ambiente

Filippo Mobrici (pagina 7)

Donne e

pari opportunità

Eleonora Longo (pagina 4)

Nel ricordo

di Lello

Francesco Marmorato (pagina 19)

AS Tropea,

Centro lascia

Anno I n° 1febbraio 2008

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Attualità 3

Tropea - La strada verso la santità è davvero diffi-cile e lunga. Ma il nostro don Francesco Mottola lasta percorrendo con quella stessa tenacia che già hasegnato la sua vita terrena. Nel mese di dicembre,Sua Santità Benedetto XVI ha firmato il decretocon il quale don Mottola, già Servo di Dio, è statodichiarato Venerabile. Un altro scalino verso la Bea-tificazione è stato dunque superato. Con esultanza, i tropeani hanno accolto la notizia esi è riaccesa la speranza che presto si possano com-piere gli altri due passi, ovvero quello verso la Bea-tificazione e poi quello verso la Santità. Dopo annidi trepidante attesa, qualcosa di nuovo finalmente siè compiuto. Don Francesco Mottola, per la città diTropea e per la Calabria tutta, è stato un sacerdotedalla grande umanità e dalla grande forza, special-mente perché ha vissuto in un tempo difficile pertutta la regione, ovvero quando la fame e la miseria,e lo stato di abbandono per una buona parte di es-seri umani, era veramente enorme. La sua sensibi-lità non poteva non vedere e non sentire. Cosìrivolse tutta la sua vita sacerdotale a tendere le mania coloro che a lui si rivolgevano per poter trovarerefrigerio e lasciando che a lui si appoggiassero,perché lo sentivano come fosse l’ultima spiaggia.Per tutti i “tuguri” di Calabria egli portò una lucedi speranza, per tutti i bambini, che chiamò “i nujudu mundu” perché abbandonati al loro destino, aprìle porte di una nuova vita da assaporare e da amare.Per gli stessi suoi fratelli, elargì insegnamenti, spe-ranza e desiderio di camminare lungo la strada delsacerdozio divenendo faro di luce per chiunque. Unuomo dall’animo forte e tenace, era don FrancescoMottola, consapevole che bisognava lottare per co-struire un mondo nuovo alla gente chiamata nes-suno. E così fece. Egli nacque il 3 gennaio del 1901,all’inizio di un secolo che avrebbe visto ben dueguerre mondiali, in una casa sulla rupe a ridosso delmare; ancora piccolo, dimostrò di avere grande sen-sibilità verso i suoi simili perché, anche se vivaceed esuberante, sapeva amare intensamente i suoicompagni di gioco. A soli dieci anni, conobbe ilvero volto del dolore quando perse la madre. Poientrò nel Seminario della cittadina come alunno diquarta elementare, continuò gli studi nel Seminario

teologico “Pio X”di Catanzaro perpoi ritornare aTropea dove fu or-dinato sacerdote il5 aprile dell’anno1924 ai piedi dellaMadonna di Ro-mania che amòsempre intensa-mente. Fu inse-gnante di materieletterarie nel Se-minario di Tropeadove divenne Ret-tore nel 1929(1929-1942), Pe-nitenziere dellaCattedrale, assi-stente di AzioneCattolica e dellaS.Vincenzo.

Dedicò la sua vita ad alleviare le sofferenze dei po-veri, dei malati, dei disabili, affinché potessero ria-vere il loro riscatto sociale e riacquistarela loro dignità umana. Per loro, tra infi-nite difficoltà, riuscì a fondare le casedella Carità. La prima nacque nel 1936,quella da lui tanto amata e che chiamò“La casa d’oro” perché, diceva, “era ri-vestita di carità, una casa grande, la casadi tutti” che avrebbe raccolto “tutti i ri-fiuti dell’umanità”; poi una a Limbadi, aVibo Valentia, a Roma, a Corello e fu lavolta del “Villaggio Don Mottola” per ac-cogliere gli anziani. Non trascurò la rie-ducazione psico-motoria dei disabili,l’assistenza a domicilio delle famiglie bi-sognose, le case-famiglia e le mense deipoveri. Accanto a lui, ad aiutarlo in que-sto immane lavoro, vi è stata per anni ladolce Irma Scrugli, angelo silenzioso alsuo fianco. E poi le Oblate, donne laicheche erano entrate a far parte “dell’istitutosecolare dei sacerdoti oblati del SacroCuore, delle oblate e degli oblati laici”che don Mottola fondò e che ancora oggiprestano la loro opera a favore dei biso-gnosi. Ed erano, come amava definirli,“le Carmelitane e i Certosini della strada”perché era proprio sulla strada che biso-gnava andare per offrire l’aiuto necessa-rio. A tale proposito, è stato belloraccogliere i ricordi della signorina MariaLo Cane, oggi volata in cielo, quando ri-percorreva nella sua memoria le loroazioni a favore di tanta povera gente cheviveva abbandonata nei “tuguri”. Insiemealla signorina Irma, lei, appena diciasset-tenne, aiutava i poveri a riacquistare fi-ducia e amore per la vita, secondo ledirettive e gli insegnamenti di don Mottola. La Cenerentola dei popoli, così come il Venerabilechiamava la Calabria, aveva bisogno di riscoprire ivalori più importanti dell’esistenza umana, perchéla miseria dilagante aveva determinato una grande

crisi anche in questo, così fondò il “Seminario dicultura” e nel 1933 la rivista “Parva favilla”. (Fupoi il vicario episcopale don Domenico Pantano,suo fervente seguace, a continuare la pubblicazionedella rivista, almeno fino al 2005, anno in cui lostesso morì.) Le azioni di don Mottola rivolte al bene dei suoi si-mili, varcarono le mura della città e ben presto fudefinito un sacerdote dotto e santo e a lui ricorrevachiunque avesse bisogno di aiuto, anche solo peruna parola di conforto. E continuò ad essere punto di riferimento per tuttianche quando, all’età di 41 anni, rimase paralizzatonella parte destra del corpo e perse l’uso della pa-rola, sopportando le difficoltà fisiche e le sofferenzecon amore. Lasciò più di 7.000 lettere e l’operaomnia. Morì il 29 giugno del 1969.A trent’anni dalla sua morte, nel 1999, nel mese diaprile, fu organizzato un seminario di tre giorni cheha portato nella cittadina tutti i sacerdoti di Cala-bria. Il 2001, per il centenario della sua nascita, in-vece, fu dichiarato “anno mottoliano” e furonoorganizzate molte manifestazioni alla sua memoria. Il Venerabile don Francesco Mottola, nella città di

Tropea, è una figura molto amata. Ora, con occhioal futuro, si aspetta con serena devozione il mo-mento in cui si potrà onorare il suo tenero e dolcesorriso sugli altari di tutte le chiese.

Vittoria Saccà

Sulla strada della Beatificazione

Dichiarato Venerabile don Francesco MottolaIl popolo tropeano esulta per l’avvenimento

Don Francesco Mottola

Don Francesco Mottola

Anno I n° 1febbraio 2008

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Attualità4

I Comuni fanno rete

Istituito il comitato per l’ordine e la sicurezzaLa città si protegge dagli attacchi malavitosi

Tropea - La risposta alla criminalità comincerà daisindaci della “costa degli dei”. Un territorio vessatodai continui attacchi che la malavita, e non solo, daanni riservano ai cittadini della provincia, dove adessere maggiormente presi di mira sono i comunidella fascia che va da Nico-tera a Pizzo. Magistratura eforze dell’ordine, negli annihanno cercato in tutti i modidi contrastare l’attacco allasocietà e certamente nonsono mancati i buoni risultaticon l’arresto di numerose co-sche locali (sono in fase diarrivo i processi a caricodella malavita). Ma certa-mente da soli non potevanobastare. Ed allora ecco scen-dere in campo, al loro fianco,i sindaci della fascia costieravibonese, a cominciare dalsindaco di Tropea AntonioEuticchio. A coordinare i la-vori, il prefetto di Vibo Va-lentia Vincenzo Greco che,nella sala del Museo Dioce-sano, ha tenuto a battesimo la firma del protocollo diintesa tra la prefettura e i comuni di Tropea, Briatico,Drapia, Filandari, Joppolo, Limbadi, Nicotera, Par-ghelia, Pizzo, Ricadi,Rombiolo, San Calo-gero, Spilinga, Zacca-nopoli, Zambrone,Zungri. E sono i comunistessi, infatti, a ricono-scere che “esiste unadomanda di sicurezza,da parte dei cittadini,che si indirizza semprepiù verso gli ammini-stratori locali e che per-tanto i comuni, con ilsostegno delle istitu-zioni, debbono farsi in-terpreti e garanti di taleesigenza sociale”. E ilneo comitato di indi-rizzo che vede, questavolta, collaborare attiva-mente i rappresentantidelle amministrazionicon le forze dell’ordine,vuole infatti costituire“una risposta strategica–asserisce il sindaco diTropea- , in quest’operadi risanamento della so-cietà. E solo - continuaEuticchio- facendo retepossiamo pensare di de-bellare questa malapianta”. Una richiesta, quelladell’istituzione del co-mitato per l’ordine e lasicurezza, di cui si era

fatto portavoce proprio Euticchio, quando, poco piùdi un anno fa, Tropea e il suo territorio erano diven-tati bersaglio di continui attentati da parte della cri-minalità. Colpi di fucile sparati contro lesaracinesche dei negozi, taniche di benzina e proiet-

tili lasciati davanti alle porte di ingresso degli eser-cizi commerciali e altri messaggi inquietantisusseguitisi a ritmo serrato nell’arco di pochi giorni,

in una catena quasi ininterrotta di intimidazioni, ave-vano spinto il primo cittadino tropeano a chiedereprotezione e sicurezza per il territorio da lui ammi-nistrato ed il prefetto Greco aveva rassicurato am-ministratori e cittadini sulla presenza dello Stato,

convocando come primo attoil comitato provinciale perl’ordine e la sicurezza. E ora,con questa firma, la costitu-zione del comitato di indi-rizzo per la sicurezza e lalegalità diventa una realtà at-tiva per combattere e cercaredi debellare quella crimina-lità che vorrebbe imporre lapropria legge e il proprio do-minio mettendo a segno,giorno dopo giorno, azioniintimidatorie. La sede del co-mitato, nella sua composi-zione, è il comune di Tropeae vi partecipano, oltre ai sin-daci, i rappresentanti dellaminoranza consiliare, gli as-sessori alle politiche sociali ei comandanti delle rispettive

polizie municipali. Il comitato di indirizzo, le cui at-tività comunque faranno riferimento alle determina-zioni del Comitato provinciale per l’ordine e la

sicurezza pubblica,avrà a suo carico molticompiti, a cominciaredalla consulenza e indi-rizzi per l’attività dicontrollo del territorio,al sostegno e verificadelle attività delle am-ministrazioni locali,nell’ottica di garantireil rispetto della legalità,alla costituzione di unosservatorio sulla sicu-rezza, il cui compitodovrà essere quello dipredisporre, periodica-mente, report per quar-tieri e frazioni.L’osservatorio, con ca-denza periodica, avràanche l’onere di ap-prontare “una letteraalla città sullo statodella sicurezza” atti-vando così collabora-zione tra i cittadini,l’amministrazione co-munale e le forze del-l’ordine. Una segreteriatecnica di supporto e lastazione unica appal-tante completeranno ilquadro delle azioniconcrete che il comitatoattuerà sul versantedella prevenzione.Franca Maccarone

Il Prefetto Vincenzo Greco ed il Sindaco di Tropera durante la firma

La questione delle pari opportunità investe argo-mentazioni estremamente importanti e ampie nel-l’ambito della società moderna.Per pari opportunità si vuole intendere quella serie diprocessi che consentono a tutti di partecipare alla vitasociale, giuridica, politica ed economica del paese,senza distinzione di sesso o di estrazione sociale.Le pari opportunità costituiscono quindi il risultatodelle battaglie morali, politiche, filosofiche e socialicondotte dalla donna, che si sono estrinsecate in ma-niera diversa nelle varie fasi storiche, adeguandosiagli eventi, superando seri ostacoli, ponendosi in unaposizione di grande cooperazione con il sesso“forte”.La donna ha sempre avuto la capacità di influire suglieventi sociali, in particolare nelle zone rurali ed inquelle del Sud Italia.Come dimenticare il grande ruolo sociale avuto dalledonne meridionali dopo l’annessione al Regno Sa-baudo, con la conseguente sottrazione di manod’opera maschile alle campagne; oppure l’impor-tanza avuta dalle “mamme” italiane durante le dueguerre mondiali, nell’assistenza ai soldati sbandati,indipendentemente dalla divisa indossata; per nonparlare dell’aiuto fornito ai movimenti partigiani, arischio della propria vita, con la presa di coscienzadel ruolo fondamentale che la donna avrebbe con-quistato da lì a pochi anni. Il movimento femmini-sta, di matrice illuminista, però non poteva non

nascere nelle città, tra le donne operaie, assumendoin un primo momento un atteggiamento antagonistacon l’uomo, durato fino agli anni ’70, che poi si è af-fievolito con la conquista di norme giuridiche e dirittiche la equiparano all’uomo.Questo implica un grande cambiamento dell’assettosociale, che si deve adeguare alle esigenze delladonna lavoratrice, manager, capo di un nucleo fami-liare di cui si sente pienamente responsabile. Solo così si potrà raggiungere quella uguaglianza so-stanziale, intesa come uguaglianza nella diversità,dettata dal concetto di uguaglianza formale illumini-stico che mirava soltanto ad una uguaglianza sulpiano strettamente giuridico e legislativo.Uguaglianza intesa non più come imitazione del-l’uomo, ma rivendicazione dell’identità femminile,arrivando a una parità di diritti che mette in evidenzale potenzialità femminili in relazione a tutte le attivitàpolitiche, giuridiche, culturali e sociali.La donna sempre più riveste cariche di prestigio, rag-giunge obiettivi culturali in percentuale più alta ri-spetto all’uomo, perché spesso più intelligente, piùmetodica, ma anche più sensibile alle problematichesociali; ma non vuole perdere la sua femminilità, nonvuole rinunciare a ciò che è nella sua natura, e quindiè posta spesso di fronte ad una scelta che la limita nelraggiungimento di carriere più alte, quali quelle diri-genziali, quasi sempre ricoperte da uomini.Spesso è l’istinto materno che prevale e che pur-troppo mortifica le ambizioni legittime di una donnache deve, anche attraverso un maggiore impegno po-litico, pesare di più con le sue proposte nella societàdel futuro, in cui le leggi a favore delle donne devonoessere applicate realmente.

Eleonora Longo

Una scommessa per il futuro

Donne e pari opportunitàLa donna è spesso più intelligente, più metodica,

più sensibile alle problematiche sociali

Anno I n° 1febbraio 2008

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Anno I n° 1febbraio 2008Attualità 5

Tropea - Non si poteva scegliere figura migliore cuiintitolare la biblioteca comunale. Il nome di Albino Lo-renzo la illuminerà e ricorderà a tutti le meravigliedella sua arte.

Albino Lorenzo, artista ineguagliabile nella storia del-l’arte tropeana, ha lasciato delle orme incancellabilidurante il suo cammino sulla terra. Nato a Tropea il 19 gennaio del 1922, ha appreso iprimi elementi di disegno da suo padre Saverio. Fu su-

bito amore per quel movimento della mano che la-sciava sulla carta segni che parlavano alla suaimmaginazione. Dal disegno alla pittura il passo fubreve. Intanto frequentò l’istituto magistrale di Palmifino a 18 anni, poi fu assunto all'Ufficio delle impostedella sua città natale. Ma non abbandonò mai il mondodell’arte, infatti insegnò disegno presso il seminariovescovile dal 1957 al 1960 e dal 1992 fu docente dipittura presso l'Accademia "Fidia" di Vibo Valentia.Sposò Luigia Capua, che gli fu sempre fedele compa-gna e che gli diede ben 18 figli. Dall’età di 35 anni, ilmaestro Lorenzo dedicò la maggior parte del suotempo alla pittura e alla ricerca di tutte quelle emozioniche l’arte vera sa regalare. “L’arte – diceva infatti -rinnova e unisce i popoli della terra. Come la musica,non conosce barriere e si eleva oltre ogni confine”.Egli ricercava proprio questo, l’elevazione dell’artealle sfere più alte. Ben aveva visto il Venerabile donFrancesco Mottola che il 26 agosto del 1967 scrivevache tutta l’opera di Albino Lorenzo “è il finito che siinnalza all’infinito”.

Il grande Maestro, ha tratto la più elevata ispirazionedalla sua terra e dalla sua gente, dando vita, anche, adun nuovo modo di concepire l’arte che doveva essereviva e doveva comunicare le suggestioni dell’anima edel cuore. Sulla masonite, le sue pennellate davano forma, e quasivita, alla gente di Calabria, assorta in mille pensieri,sempre in movimento verso mete lontane, avvolta inun gioco di luci e ombre. Aspetti di vita che sono comeun vero libro di storia che racconta con le immaginisecoli e secoli di vita vissuta nel silenzio sotto il cielocalabrese. “Vista nella sua terra – scriveva anche Maurizio Cal-

vesi – l’arte di Lorenzo appare come una voce che sca-turisce spontanea e necessaria da questoassolato prodigio della natura, e daquesto felice progetto abitativo del-l’uomo, che è il grembo verde o roc-cioso di Tropea”.L’iniziativa d’intitolare ad AlbinoLorenzo la biblioteca comunale è daattribuire al Rotary Club, oggi pre-sieduto da Luigi Condina, che hainoltrato la proposta all’amministra-zione comunale al tempo in cui eraguidata dal commissario AnnunziatoVardè. Oggi, sotto la guida del sindaco AntonioEuticchio, concluso l’iter burocratico, Amministra-zione e Consulta delle Associazioni hanno scelto il 27dicembre come data per la solenne cerimonia, giornodel ricordo in occasione del secondo anniversario della

morte del grandeMaestro. Alla presenza dellasignora LuigiaCapua, moglie di Lo-renzo, di familiari ecittadini, Euticchioha espresso la suaemozione ed ha ri-cordato la figura diLorenzo, uomo mitee laborioso, che conla sua arte ha portatoin alto il nome dellacittà. Anche MicheleAccorinti, assessoreal turismo e ai beni

culturali, ha dimostrato la sua soddisfazione per l’inti-tolazione della biblioteca ad un artista che ha fatto del-l’arte il suo più alto impegno nella vita. Il presidentedel Rotary club, Condina, ha parlato della vita di Lo-renzo sottolineando il suo impegno nel campo sociale;promotore della nascita del club insieme a Folco Spo-leti, Aldo Franzoni e al compianto Salvatore Mazzara,Lorenzo ha portato onore e vanto alla città e al Rotary.Il critico d’arte Remo Alessandro Piperno, presentealla cerimonia, ha elogiato l’amministrazione per l’ini-ziativa e ha sottolineato che finalmente è stata “resagiustizia all’arte” perché le opere del maestro Lorenzoparlano della gente di Calabria per tutto il mondo. Pa-role di compiacimento sono state espresse da DinaRuffa, assessore alle pari opportunità, mentre il pittoreGiuseppe Vitetta, che con Lorenzo ha percorso a voltela strada dell’arte, ha evidenziato che “Luce, movi-mento e forma sono i tre valori fondamentali del pittoreAlbino Lorenzo. Le sue tele sublimano l’attesa di uncanto, di un rumore di fiume, di un angolo di naturarubata al mondo di paesaggi e di personaggi del Pro-

fondo Sud”.Per l’occasione, Mario Lorenzo, il figlio maggiore delMaestro, ha concesso la posa in biblioteca del quadrodal quale, nel 1996, in Svizzera fu ricavato un franco-bollo ora depositato nei musei postali e, visibilmentecommosso, ha ringraziato tutti a nome della famiglia.Il club La Fenice, presieduta da Marcella Romano, haanche voluto omaggiare “l’ultimo patriarca di Tropea”con l’allestimento di una mostra di quadri alla qualehanno preso parte molti artisti del vibonese, tra cui,Salvatore Buttafuoco, Agostino Caracciolo, VincenzoCerto, Enza Cricelli, Francesco Cuturello, Kim Da-phin, Francesco Davola, Antonio De Benedetto, Anto-nio Fortebraccio, Celestina

F o r -tuna, Ernesto Giroldini,Franco Laganà, Giuliana Mirabello, Tanina Mu-scia, Marcella Romano, Saccà, Antonio Tambuscio,Giuseppe Vitetta.La cerimonia si è conclusa con la scoperta del nomeavvenuta per mano della moglie di Lorenzo, accom-pagnata dal sindaco Euticchio e dal presidente Con-dina. Sono state ore emozionanti, durante le quali ilMaestro Lorenzo ha unito tutti per mezzo della stu-penda arte che ha lasciato. Sebbene non se ne sia maivantato, Albino Lorenzo ha collezionato un’infinità dipremi e di riconoscimenti in ogni angolo del mondo.Uomo semplice e schivo, sapeva accogliere chiunquecol sorriso sulle labbra. Parlare con lui era sempre unapprendere qualcosa di nuovo da scrivere nelle paginedi una filosofia di vita che va al di là degli affanni quo-tidiani. E si vuole sottolineare la sua grande Fede inDio. Quando gli si rivolgevano complimenti per le

emozioni che sapeva suscitare con le sue opere e gli sidiceva “benedette le vostre mani”, rispondeva: “Non èmerito mio. Ma di Colui che ha scelto di servirsi dime!” Grazie, Maestro. Per sempre Grazie!

Vittoria Saccà

Nella ricorrenza del secondo anniversario della sua morteIntitolata ad Albino Lorenzo la Biblioteca ComunaleLa sua memoria servirà alla crescita culturale e civile della città

Vittoria Saccà, Michele Accorinti, Antonio Euticchio, Luigi Condina, Marcella Romano

Antonio Euticchio, Luigia Capua, Luigi Condina

Luigia Capua

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Anno I n° 1febbraio 2008 Attualità6

104 voti a favore, 54 contro e 29 astensioni: questol’esito di una votazione storica, quella che il 18 di-cembre 2007, all’assemblea generale delle NazioniUnite, ha sancito la moratoria contro la pena dimorte.La risoluzione da poco approvata ha alle spalle ben13 anni di impegno italiano e rappresenta perciòmotivo di orgoglio per il paese nonché un grandesegno di evoluzione e civiltà.È un invito, rivolto a tutti gli stati membri, a so-spendere tutte le condanne e un divieto di pronun-ciarne di nuove, in vista del dibattito per lapossibile completa abolizione della pena capitale.Il testo racchiude in sé tutte quelle che sono le con-vinzioni di coloro che da sempre si battono perl’abolizione della pena di morte, prima fra tuttel’inutilità di una tale sentenza: qualsiasi condanna,volta a punire un comportamento ritenuto sba-gliato, deve avere insito uno scopo educativo e di

correzione, ma qual è il valore educativo della sen-tenza capitale ? Non è forse una pratica fine a sestessa? Vale loscopo, per quantoassai contestabile,di esempio per chiresta, ma si perdecompletamente ilvalore educativoper l’individuo!Inoltre come si puòpunire un criminecompiendo un altrocrimine? Assolutamente assurdo, ad esempio, pu-nire un assassino con un ulteriore assassinio.Nonostante la logicità e l’ovvietà di queste con-clusioni sono attualmente 51 nel mondo i Paesi cheapplicano per legge la pena di morte, 11 dei qualidemocrazie liberali, e 27 quelli in cui è stata appli-

cata nel corso dell’anno passato.Certo questo è un passo molto importante verso ilpieno riconoscimento del diritto alla vita, qualun-que ne sia il proprietario, ma c’è ancora della stradada fare e soprattutto da domandarsi perché mai inquei 51 paesi prima citati, come in altri in cui lapena di morte non è legge ma viene ugualmenteapplicata, l’uomo non riesca proprio a capacitarsidei suoi limiti; eppure è lo stesso uomo fondatoredelle grandi democrazie, l’uomo che sostiene la li-bertà per sé e per gli altri ! Come può l’uomo, fallace in quanto tale, ritenersicapace di giudicare un suo simile ? Non c’è governo, regime o tribunale che possaavere il diritto di togliere la vita a qualcuno sullabase di ciò che esso ritiene giusto o sbagliato.Oggi condanniamo le folli mattanze dei regimi na-zista e fascista, ma come possiamo ignorare tutte leuccisioni oggi perpetrate in nome di questa o quellalegge? Ritengo che la vita vada difesa e rispettatain quanto diritto fondamentale dell’essere umanoe che nessuno stato possa definirsi democratico ecivile senza riconoscere questo diritto a ciascunodei suoi cittadini.

Marzia MancusoLiceo Scientifico “G. Berto”- Vibo Valentia

La parola agli studenti

Grandi passi verso la civiltàSancita la moratoria contro la pena di morte

La Protezione Civile èquell'insieme di attività,programmi ed iniziativetesi a garantire alla col-lettività un’organizza-zione rapida edefficiente che, in caso dicalamità naturale, possaevitare o almeno ridurreal minimo le conse-

guenze dannose alle persone e alle cose. Fino a qual-che anno fa il concetto di Protezione Civile si legavastrettamente alle attività di soccorso successive al-l'evento calamitoso. Dopo il terremoto dell'Irpinia del1980 si capì che nessun soccorso sarebbe stato davveroefficace senza una adeguata e approfondita attività diricerca, di prevenzione e di programmazione di mezzie risorse umane da impiegare nelle varie ipotesi diemergenza, allo scopo di rendere più agevoli e tempe-stive le operazioni di soccorso. Questo nuovo concettodi Protezione Civile, non più solo soccorso ma, princi-

palmente, prevenzione, è stato recepito dalla legge n.225 del 24/02/1992 con la quale è stato istituito il "Ser-vizio Nazionale della Protezione Civile", il cui articolo1 recita testualmente: "E’ istituito il servizio nazionaledella Protezione Civile al fine di tutelare l'integrità dellavita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni de-rivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventicalamitosi". Si tratta di una legge molto importante per-chè definisce con precisione gli ambiti di competenzadei principali organi tenuti ad operare nella ProtezioneCivile nelle varie fasi in cui si articola la complessaazione delle Amministrazioni e degli Enti coinvolti neldelicato settore. Disponibilità di risorse e di mezzi, in-formatizzazione e gestione dei dati, sono elementi fon-

damentali e imprescindibili per un serio discorso sullaProtezione Civile, la quale implica prioritariamente lostudio delle tematiche connesse alle varie emergenzecon strumenti appropriati e valutazioni approfondite. Ilsistema di Protezione Civile si plasma sul principio disussidiarietà, laddove struttura ed intervento sono or-ganizzati, per ambiti di prossimità, sulla base di re-sponsabilità di ordine crescente per competenza e perrilevanza territoriale e calamitosa degli eventi. Il vo-lontariato di protezione civile, con la sua azione sul ter-

ritorio, si inserisce nel solco delineato dal principio disussidiarietà, nella sua declinazione orizzontale, svol-gendo un ruolo prezioso nel soccorso alla popolazionein caso di emergenza, ma soprattutto in tempo di “pace”

mediante le azioni di prevenzione e monitoraggio. Pro-prio per la rilevanza ed il contributo reso dalle associa-zioni, la legislazione nazionale, nel recente passato, hariconosciuto l’importanza del volontariato di protezionecivile, incoraggiandone e sostenendone la cultura e losviluppo organizzativo. La consapevolezza ormai ge-neralizzata che il volontariato di protezione civile rap-presenta una importante risorsa per il sistema diprotezione civile e locale, ha già da tempo richiamatol’attenzione delle Istituzioni e, non da ultimo, anche ilnostro Comune ha un forte interesse verso questo set-tore che vuole concretizzare in azioni di sostegno. Que-sto ha portato, anche nella città di Tropea, la formazionedel Gruppo Comunale Volontari di Protezione Civile.

Al GCVPC hanno aderito ben 54 persone: 22 donne e32 uomini; l’enorme partecipazione sta ad indicare ilforte senso civico da parte degli aderenti, ma anchel’enorme sensibilità che in questo settore, soprattuttodopo gli eventi disastrosi che hanno colpito la nostraprovincia lo scorso 3 luglio. Il 16 dicembre u.s. si è te-nuto il primo incontro dei volontari, presso la biblio-teca comunale, che è servito per iniziare adamalgamare il gruppo e ad illustrare ai volontari gli ob-biettivi e i prossimi appuntamenti. Gli obbiettivi prin-

cipali, che il gruppo si pone sono: La formazione dibase dei volontari, durante il quale i volontari appren-deranno le nozioni base di protezione civile e primosoccorso e comportamentali durante gli eventi calami-

tosi. La specializzazione del gruppo in piùsettori: gestione informatica delle attivitàdi PC, radiocomunicazioni, logistica, ri-schio idrogeologico, antincendio; monito-raggio e prevenzione su tutto il territoriocomunale. Fondamentale per svolgere almeglio le attività di protezione civile sa-ranno la collaborazione con gli altri entidel territorio del circondario ed enti sovracomunali. Con i cambiamenti climaticidegli ultimi anni, diviene sempre più ne-cessario che i territori devono sapere at-trezzarsi e organizzarsi autonomamenteper essere pronti a fare fronte con la mas-

sima efficienza non solo ad eventi quali calamità natu-rali ma anche ad emergenze sanitarie o sociali. Nelleprossime settimane, sarà allestita la sala operativa co-munale dove saranno ubicate le attrezzature necessarieper l’operatività, mentre nel mese di febbraio partirà ilcorso base per la formazione dei volontari. Concludofacendo appello agli enti preposti affinché sostenganoquesta valida iniziativa utile per il territorio; ringrazioi volontari che hanno aderito, dai quali ho coltol’enorme entusiasmo per questa iniziativa, e dico loro diessere orgogliosi di indossare la Divisa della ProtezioneCivile e porsi al Servizio della Comunità.

Antonio PiseràCoordinatore Comunale del GCVPC

Protezione Civile

Istituito il gruppo comunale volontariHanno aderito 54 cittadini: 22 donne e 32 uomini

Il gruppo comunale volontari protezione civile

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Anno I N° 1febbraio 2008Ecologia 7

"Sviluppo economico e preservazione ambientale"

Territorio ed ambiente"Lo sviluppo deve essere sostenibile e deve venire incontro ai bisogni delle attuali generazioni"

Nei secoli scorsi, praticamente fino allaseconda guerra mondiale, il sistema an-tropico, che usa energia di secondo li-vello quale quella elettrica o quellachimica, ed il sistema naturale, che uti-lizza direttamente l’energia solare,

evolvevano con tempi simili rendendopossibile un reciproco continuo adatta-mento senza eccessivi squilibri. Dopola seconda guerra tale equilibrio è sal-tato a causa di una fortissima accelera-zione nell’utilizzo delle varie risorsenaturali (foreste, fiumi, spiagge, giaci-menti petroliferi, falde acquifere…)con conseguenze nefaste sul rapportouomo-natura e di cui oramai anchel’uomo di strada sta prendendone co-scienza. Secondo una formula elaboratada uno studioso americano, per un ra-gionevole equilibrio uomo-natura sa-rebbero necessari 18.000 mq disuperficie per ogni abitante; con taleparametro, oggi, per gli abitanti attualici vorrebbe quasi un pianeta e mezzo.Se poi tutti gli abitanti del mondo do-vessero avere un tenore di vita rappor-tabile a quello degli americani del nordsarebbero necessari cinque pia-

neti!.......Un esempio significativo ditale squilibrio si ha riflettendo sul fattoche dagli anni cinquanta in poi si è co-struito circa dieci volte in più di quantosi sia costruito nei duemila anni prece-denti… E’ necessario pertanto assimi-lare il concetto che lo sviluppo, cui tuttiaspiriamo, deve essere sostenibile e perpoterlo essere deve venire incontro aibisogni delle attuali generazioni senzacompromettere la capacità di quelle fu-ture di soddisfare i propri. Senza con-tare che allo sviluppo ed al benessereeconomico non fa riscontro una equi-valente qualità di vita: si pensi ai nu-merosi casi di suicidio riscontrabilinelle società cosiddette più evolute incui una organizzazione sociale in cittàalienanti rende infelici. Ed in effetti allaqualità della vita è necessario associarela qualità dell’ambiente che è uno deiparametri essenziali per un efficace li-vello di sviluppo economico. C’èquindi interdipendenza tra l’obiettivodello sviluppo economico e quellodella preservazione ambientale. L’am-biente naturale è costituito da quell’in-sieme di risorse sia pure finite ma chesono rigenerabili in base ai cicli natu-rali di tipo chimico e biologico. Tali ri-sorse possono essere mantenute neltempo solo se il tasso di sfruttamentoresta nei limiti della capacità di rigene-razione.Ma la parola sviluppo implica di per séqualcosa che cresce nel tempo mentrealla sostenibilità viene associato il man-tenimento delle risorse ambientali.Come quindi risolvere questa contrad-dizione? Semplicemente immaginandoed attuando processi tecnologici chepossano determinare processi produt-tivi a minore “consumo”. Il caos del tu-rismo è da manuale. Un turismo chedistrugge l’ambiente distrugge la basestessa della propria esistenza futura. Lapolitica del territorio è stata brutale,squilibrata e predatoria; sotto il falsoombrello del cosiddetto miracolo eco-nomico in Italia, negli ultimi 30 anni, ilcemento ha “divorato” circa due mi-lioni di ettari di campagne e boschi.Emblematico è poi il caso della nostraProvincia. E’ la provincia italiana con

il più alto numero di villaggi turisticiper chilometro di costa; a livello regio-nale ha inoltre la maggiore densità diposti letto per chilometro quadrato as-sorbendo, con il 10% della costa cala-brese, il 24% dei flussi turisticiregionali. A questi elementi apparente-mente positivi fanno però riscontro al-cune fragilità che debbono fareriflettere sul modello di sviluppo fin quiutilizzato. E queste sono: -un enormedivario tra la zona costiera ed il restodel territorio (nelle aree montane sonoinsediati 50 abitanti per mq; a Tropea1900!); -una sensibile ripresa dell’emi-grazione con, negli ultimi anni, la mag-giore perdita di popolazione di tutta laCalabria; -la percentuale degli occupatitra le più basse d’Italia; -occupa il 3°posto nella graduatoria delle provinceitaliane nella graduatoria dell’intensitàdel ricorso al lavoro irregolare. E’ ne-cessario quindi procedere ad una piani-ficazione urbanistica non più intesacome meccanismo di scelta di aree daedificare ma finalizzata ad una impo-stazione interdisciplinare con quellaterritoriale ed ambientale. Con essasarà opportuno prevedere nuovi con-sumi di territorio solo quando non ci sa-ranno alternative derivanti dallasostituzione dei tessuti insediativi esi-stenti o della loro riqualificazione. Macon tutta la buona volontà di questomondo lo stato delle cose non lasciaben sperare. Sugli oltre quattrocento

comuni calabresi solo pochissimi, a seimesi dalla data in cui cesseranno diavere efficacia i vecchi piani regolatori,si sono attivati per elaborare i nuovipiani strutturali da impostare secondo icriteri della sostenibilità. Dopo tale dataed a fronte di una facilmente immagi-nabile inerzia dei comuni scatterà il di-vieto di qualunque intervento; e si sache quando i vincoli sono eccessivi

scatta il meccanismo dell’abusivi-smo…..Quando smetteremo di conce-pire la politica ambientale comesemplice riparazione dei danni ed atte-nuazione degli effetti?

Filippo Mobrici(Consigliere dell’Ordine provincialedegli Ingegneri di Vibo Valentia, vicepresidente della Federazione regionaledegli Ingegneri)

Capo Vaticano (Veduta aerea)

Tropea (Veduta aerea)

Filippo Mobrici

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anno I n° 1frbbraio 2008 Meraviglie8

Scegliere un argomento che riguardi la “perla del Tirreno” per inau-gurare l’uscita di questa pubblicazione mensile che si propone diampliare l’offerta giornalistica già presente, arricchendola di con-tenuti culturali oltre che di testimonianze che esaltano le positivitàdel nostro territorio, è piuttosto difficile perché diversi temi meri-tano visibilità e attenzione da parte dei lettori, ma uno s’imponequasi come scelta obbligata, rappresentando l’emblema non solodella nostra città ma dell’intera Calabria nel mondo: la famosa IsolaBella col suo celebre santuario. La recente frana avvenuta nella ma-rina del Convento, di cui tanto hanno parlato i media, ha generatoun giustificato allarme nella cittadina non solo per motivi di sicu-rezza ma anche per la ricaduta negativa sul turismo che è la vocepiù importante dell’economia tropeana. E’ risaputo infatti che larupe rappresenta una delle maggiori attrattive che invogliano il tu-rista a scegliere Tropea come meta delle proprie vacanze e la frana

pertanto, evidenziando il grave dissesto idrogeologico del nostro ter-ritorio, ha rimarcato la necessità di avviare interventi urgenti, miratia consolidare in modo definitivo non solo l’intera rupe ma anche loscoglio su cui sorge il santuario che ormai da quasi due anni, sempreper motivi di sicurezza, non è più fruibile ai visitatori. E quanto i vi-sitatori siano ammaliati dalla meravigliosa Isola Bella e dal san-tuario benedettino, da cui si può ammirare il panoramad’impareggiabile bellezza del cristallino mare tropeano con sullosfondo lo Stromboli circondato dalle altre isole Eolie, lo testimoniail sondaggio on line inserito nel sito di uno dei più diffusi quotidianiregionali che quest’estate le ha assegnato il primo posto tra i luoghipiù belli della Calabria. Il gioiello più prezioso della “perla del Tir-reno”, che fin dai tempi più antichi è stato meta di pellegrinaggio didevoti ed infermi provenienti da paesi vicini e lontani per implorareuna miracolosa guarigione, è diventato, con l’espandersi del turismo,

Tropea “la pDal santuario b

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anno I n° 1febbraio 2008Di Calabria 9

gradoni prima, e da ripidi scalini verso la cima, è circondata da unpiazzale da cui, come si è detto, si ammirano i colori cangiantidel limpido fondo marino e lo stupendo colorato panorama delleisole siciliane. Alle sue spalle c’è una zona pianeggiante adibitaad orto con numerose piante selvatiche, tra cui spiccano i lunghisteli dei fiori a pennacchio delle agavi. L’ interno si presenta aforma di basilica a tre piccole navate e si possono notare anchepilastri, capitelli ed archi, riferibili ad un primitivo tempio me-dioevale. Sono presenti resti di tombe del 1300 mentre una iscri-zione in caratteri gotici indica che la chiesa fu consacratanell’anno1397 a S. Maria dell’Isola di Tropea. Sull’altare vi è ilgruppo della Sacra Famiglia che ogni anno a ferragosto viene por-tata in processione sulle acque. Attualmente le tre statue, della Ma-donna, del Bambino e di S. Giuseppe, sono state spostate nellachiesa del Rosario. Obiettivo perseguito dalle amministrazioni pas-sate e anche da quella attuale ottenere che lo scoglio dell’Isola colSantuario siano riconosciuti patrimonio dell’umanità sotto la pro-tezione dell’Unesco. Tale riconoscimento oggi sarebbe importan-tissimo perché permetterebbe di accedere ad importantifinanziamenti per la sua messa in sicurezza, considerato che il mi-lione di euro che i nostri politici sono riusciti ad ottenere dal go-verno per la rupe rappresentano per l’entità dell’opera da realizzaresolo “noccioline”, per ripetere la definizione di un consigliere del-l’opposizione.

Caterina Pandullo

inquadratura privilegiata, per l’unicità del suo panorama, di pittori efotografi, oltre che suggestivo scenario di riprese televisive e cine-matografiche. Le origini del santuario di stile gotico, dedicato allaSacra Famiglia, si perdono nella notte dei tempi, infatti non esi-stono documenti scritti che forniscano indicazioni sulla data di co-struzione. Il riferimento più antico è un’incisione dell’anno 1066 chesi trova sulla porta di bronzo di Montecassino che indica come pos-sedimento delle Badia di Montecassino “S. Maria de Tropea cumomnibus pertinentiis suis”. Dove sorge il santuario quindi c’era inorigine una delle quattro celle che S. Basile nel 370 d.C. istituì inCalabria e da un rescritto di Papa Urbano II risulta che tale cella ba-siliana fu assegnata alla Badia di Montecassino, alla quale l’Isolaancora oggi appartiene. La chiesa, a cui si accede attraverso unarampa (ai cui fianchi nel passato i pescatori hanno scavato dei pic-coli locali per custodire gli attrezzi della pesca) formata da larghi

L’Isola Bella col suo celebre santuario

erla del Tirreno”nedettino, si può ammirare il panorama d’impareggiabile bellezza del cristallino

mare tropeano con sullo sfondo lo Stromboli

Santuario benedettino

L’Isola Bella

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anno I n° 1febbraio 2008 Cultura10

L'altare di S. Alfonso nella Chiesa del Gesù, costituito interamente datarsie marmoree è un caso inedito per la Calabria ed in particolare nellazona di Tropea.Sicuramente esisteva nel nostro passato una scuola di scalpellini che la-voravano il granito dei portali ma non vi è traccia di laboratori per la la-vorazione delle tarsie marmoree.Era invece possibile che i pannelli dell'altare fossero stati realizzati da ar-tigiani siciliani che avrebbero potuto attingere materiali nelle cave del-l'isola.

La Storia della Chiesa del Gesù

La Chiesa del Gesù sorge sui resti di un'antica chiesa bizantina, la Chiesadi San Nicola, detta la cattolica, costruita dall'imperatore romano d'orienteGiustiniano (527-575) ed è stata sede della prima cattedrale di Tropea finoal XII secolo. In questa chiesa nacque la devozione alla Madonna di Ro-mania la cui icona è venerata nell'attuale cattedrale. La costruzione potéessere realizzata grazie ai lasciti di due nobili patrizi tropeani, Marcello eClaudio Tavulli, che donarono i loro beni ai PP. Gesuiti di Napoli con lacondizione di aprire un collegio in Tropea.I padri Gesuiti, arrivati a Tropea nel 1594, eressero un collegio adiacentea questa chiesa e quindi provvidero all'abbattimento della stessa, ormaifatiscente, per costruirvi l'attuale chiesa del Gesù a croce greca e con cu-pola a botte sulle braccia.La chiesa fu completata nel 1676 e progressivamente arricchita di prege-voli opere d'arte tra le quali spicca il capolavoro della Natività del Gri-maldi, pittore tropeano del primo settecento che nel presepe riporta inbasso, a sinistra, il suo autoritratto.Nel 1767 i PP. Gesuiti furono costretti a lasciare Tropea per ordine del go-vernatore della città, il collegio fu chiuso e la chiesa fu affidata alla Con-grega dei Nobili di San Nicola dei Bianchi.Nel 1789, per volontà di Ferdinando IV di Borbone, furono fondate in Ca-labria alcune case religiose, tra cui quella di Tropea che venne posta sottola direzione dei PP. Redentoristi chiamati nel linguaggio comune Padri

Liguorini, dal nome del fon-datore S. Alfonso di Li-guori.I padri presero alloggio nelconvento dell'Annunziata,ma con un decreto reale del27 maggio 1802, ebberocome residenza l'ex collegiodei Gesuiti. La congrega deiNobili, dal 1767 al 1802, siera occupata della manuten-zione dell'edificio ma nonpotendo affrontare tutte lespese aveva abbandonato lachiesa all'incuria del tempo.I padri Redentoristi volleroriportare il tempio all'anticosplendore. Dal 1811 al1867, il Ven. P. Vito Mi-chele di Netta fu il promo-tore del rinnovamento dellaChiesa del Gesù.Patrocinò la costruzione diun altare nella cappella di S.Alfonso, utilizzando marmi

acquistati a Messina dove era approdato, spinto dal vento mentre ritor-nava con altri Padri dalle missioni tenute nei paesi dell'estrema Calabria.Per caso vide in un magazzino un'enorme massa di marmi. Li comprò, litrasportò a Tropea e chiamò valenti artisti i quali composero l'attuale al-

tare della cappella del Santo Patriarca Liguorino "che è una bellezza aguardarlo".Il 17 settembre 1867, i padri furono costretti ad abbandonare la chiesa edil collegio, che il fondo per il culto assegnò al municipio il quale, dopo 3anni (il 3/2/1870), mise i beni alla pubblica asta.Il Nobile D. Orazio Toraldo, con il versamento di £ 1787, li acquistò conl'intento di restituirli alla chiesa in tempi migliori. Nel 1927 i Padri Re-dentoristi tornarono a Tropea dopo un fallito tentativo di demolire laChiesa da parte di un potente "Gnuri" tropeano che, con il pretesto di co-struire un belvedere per i concittadini, intendeva in realtà ottenere una mi-gliore vista del mare dalle finestre del suo palazzo.L'altare di S. Alfonso, quasi sicuramente fu realizzato nel 1841 come ci se-gnala il Teo-l o g oPaladini.All’internodella chiesa,esiste anchel'altare di S.Gerardo Ma-iella che pre-senta solo laparte supe-riore all'al-tare con latecnica di tar-sie marmo-ree, mentretutto il restoappare realiz-zato con imi-t a z i o n epittorica dis u p e r f i c im a r m o r e ee/o stucchi.Le tarsie dimarmo uti-lizzate sonoin gran parte,fatta ecce-zione per ilBianco diCarrara, pro-venienti dallaSicilia e dadiverse eregeologiche:Nero di Taormina, Giallo di Castonovo, Libeccio antico, Grigio di Taor-mina, Verde Alpi, Smaltino, Rosso San Marco, Verde Calabria e Diaspro.A guardare con attenzione l'altare di S. Gerardo Maiella si scopre l'im-perfezione dei pannelli che rappresentano una fontana ma posizionati inorizzontale piuttosto che in verticale e addirittura, per un effetto ottico,voluto, si vede una maschera raffigurante un demone. Dall'indagine storica effettuata con l'aiuto del coordinatore Prof. MaurizioTriscari dell'Università degli studi di Messina per la laurea in Scienze na-turali nell'anno accademico 2000-2001, si arriva alla conclusione che unpezzo di Messina è presente nell'altare di S. Alfonso. I marmi sono stati ac-quistati "ad un buon prezzo" dal Padre Venerabile Vito Michele Di Netta.Questi marmi, forse, fanno parte di una Chiesa Messinese andata distruttadal terremoto del 1783.

Francesco Loiacono

Altare di S. Alfonso

Altari costituiti in tarsie marmoree, caso inedito per la Calabria

Un pezzo di Messina nella Chiesa del Gesù, rinnovata da Padre V.M. di Netta

Per un effetto ottico, qualcuno intravede persino una maschera raffigurante un demone

Maschera raffigurante un demone

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Anno I n° 1febbraio 2008Cultura 11

Padre Maffeo Pretto dopo essersi interessato peranni di religiosità e pietà popolare, di fenomeni mi-gratori, di lavoro e imprenditoria nella società meri-dionale, di rapporti sociali amicali, quasi a sorpresa,esce con questo saggio storico sul paese che lo ospitaormai da decenni. Il volume, dal titolo “Il Feudo diBriatico dal IX secolo al 1806” è un vero e proprioscavo nella memoria più interessante del paese diBriatico inquadrato in un contesto più ampio, nel-l’ambito del comprensorio vibonese. Ma come nascequesto interesse così profondo per questi luoghi inpadre Pretto? Siamo alla fine degli anni settanta,Padre Maffeo, prete missionario scalabriniano ve-neto, con vari gruppi di ragazzi e giovani del com-prensorio di Briatico e Favelloni di Cessaniti, imparaa conoscere questo lembo di Calabria, analizza e stu-dia profondamente il territorio del vibonese, vieneaccompagnato tra contrade, ruderi, campagne e sitiarcheologici appena graffiati. Sono terreni raschiatisuperficialmente dalle zappe e dagli aratri dei conta-dini che vedono uscire fuori incomprensibili segnid’altre vite passate. “Straci” li chiamano loro, sonococci, pietre apparentemente insignificanti, pezzi diceramica, monete piccolissime di bronzo, vasetti, maanche ossa umane, alcune volte teschi e scheletri in-teri. Loro, i contadini, superstiziosi e timorosi, pen-sano a vecchi cimiteri, ad antichi saraceni, a soldatie cavalieri uccisi in modo cruento, ma anche ad an-tichi tesori nascosti e vincolati da fantasmi e rossifolletti. Padre Maffeo nel suo girovagare con i suoi

ragazzi rispetta sempre quanto incontrato per lestrade del suo percorso e per questo diventa un veroe proprio punto di riferimento del sapere popolare,del racconto orale, grande estimatore delle potenzia-lità che ognuno possiede. Questo suo spontaneo

modo difare creaun filorosso tralui e lag e n t eche in-contra. P a d r eMaffeoc h i e d econ cu-riosità ela gente

pian piano si apre, risponde e apre a padre Maffeo leporte di casa, mostrando le immagini, anche quellepiù personali, della propria famiglia, le lettere di emi-grati lontani, gli scarabattoli con le icone della pro-pria devozione, i santini della religiosità utilizzati a

protezione personale, le fotodei parenti riposte nelle ve-trine, al riparo dalla polvere,tra bomboniere e bicchierinida rosolio o quelle più vecchiee ingiallite conservate nei baulio nei cassetti. Un vero e pro-prio gran tour, una ricerca di-rettamente sul campo dellavita, del quotidiano. Da quipartono ricerche particolari,mai superficiali, sempre ricchedi sorprese e scoperte inedite.Padre Maffeo, in compagniadei suoi ragazzi, prende con-tatti con la gente, in particolarecon quella più umile e sponta-nea, contadini, pastori e pesca-

tori, impara e si appropria dei termini dei loro dialettipiù stretti e arcaici, dialoga continuamente, comu-nica con loro e con i loro ricordi, apprende tradizioni,usanze, costumi, segreti. Nomi, luoghi, cose, me-morie si configurano sempre di più in una vera sto-ria del territorio. Padre Maffeo Pretto da pretemissionario veneto diventa un originale calabrove-neto. Pretto continua poi il lavoro di ricerca nellaricca biblioteca del Centro Studi Scalabrini da luistesso fondata e costituita, cerca elementi di con-fronto bibliografico, analizza testi antichi, mano-scritti, testimonianze da fonti documentali in archivie altre biblioteche. Un vero e proprio scavo non invasivo ma conosci-tivo nella memoria di Briatico, delle sue frazioni edi tutto il comprensorio. La prima fase della ricerca,già nei primi anni ottanta, nel 1983 si concretizza con“Briatico - Memoria di un paese della Calabria aduecento anni dal terremoto del 1783”, una grandemostra di documenti, reperti, materiali e immagini,

che viene allestita, con la preziosa collaborazionedello storico locale Domenico La Torre, presso lasala convegni dell’Anap Ciso di Briatico. In questamostra tutto un patrimonio culturale esce fuori pro-rompente da archivi privati di nobili e da cassetti im-polverati di gente comune. Foto d’epoca, pergamene,lettere autografe di personaggi storici importanti, uncannone, pietre dell’aria, manoscritti di archivi ec-clesiastici, frammenti di reperti archeologici di tuttele epoche, di embrici, cocci di vasi e anfore, ossi-diane lipariche e selci raccolte e recuperate sulcampo dai soci della locale sede dell’Archeoclubd’Italia. La mostra ha un successo enorme, permette, a bria-ticesi e non, di guardarsi dietro, nel tempo, e dentrola propria identità. La gente di Briatico percepisceche possiede una propria storia che va oltre il loroimmaginario collettivo che arriva ad una indefinitaepoca dei saraceni. La collaborazione con i giovanicontinua, le ricerche su libri e antichi documentid’archivio sono sempre più approfondite, si confi-gura una storia, una cronologia che parte dalla prei-storia, dal paleolitico e dal neolitico, per passare alperiodo greco e romano e medievale. Il territorio diBriatico mostra la sua stratigrafia che nasconde, inogni sua parte, i tesori della propria memoria. A Padre Maffeo arrivano segnalazioni da molte cam-pagne del circondario,s’identificano e sischedano chiesette ru-rali, mura di conventi emonasteri, angusti an-fratti ipogei, tassellipolicromi di mosaicoromano, necropoli emille altre tracce ar-cheologiche di tutte leepoche storiche. Bria-tico con il suo anticosito di Briatico Vec-chio, con la torre d’av-vistamento a difesadella costa, con lo scoglio d’Ulisse, peschiera dellaGalera a Sant’Irene e con il Mulino della Rocchettaalla marina ha una memoria del territorio ben più an-tica che scende nella storia più profonda. Questoprimo volume traccia un approfondito percorso diquasi mille anni, un escursus storico che parte daiprimi documenti ritrovati del IX secolo, scritti ingreco, che citano la città di Briatico, fino alla finedella società feudale nel 1806.Dopo aver letto questo volume sarà utile fare un girodel territorio circostante, in particolare attorno aBriatico Vecchia, salendo per la strada che conducea San Cono per poi scendere a Potenzoni, San Co-stantino, San Leo e, come in una sorta di sindrome diStendhal, si riusciranno a vedere altre cose, “si ani-meranno vicende profonde della realtà psichica e siriattiverà la vitalità della sfera simbolica personale.E il viaggio diventa pure, nelle sue soste tanto attesenella città antica sognata, un'occasione di cono-scenza di sé”. Si vivranno e si vedranno le antichedescrizioni della città con il castello, i conventi, lestrade di selciato e le tante povere case affumicate, ela vita nella diruta Briatico Vecchia riprenderà a scor-rere grazie al recupero della memoria di queste millepagine, di questi mille anni.

Franco Vallone

Il recupero della memoria in mille anni di storia

In uscita il nuovo libro di Padre Maffeo Pretto “Il Feudo di Briatico dal IX secolo al 1806”

Briatico - Castello della Marina

Maffeo Pretto

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Anno I n° 1febbraio 2008 Cultura e Società12

Il 28 Novembre 2007 per nonna Rosa o zia Rosa,come la chiamano tutti, è stata una giornata indi-menticabile, di quelle che rimangono nella storiadella propria famiglia. I nove figli, i numerosi ni-poti ed i pronipoti hanno festeggiato il suo cente-nario. La storica giornata è incominciata con unafesticciola in contrada Schiavello dove abita. Ma diessa non parleremo, dato il suo carattere privato;

parleremo invece della festa paesana iniziata alleore quindici, ora in cui è nata, nel 1907, nellaChiesa parrocchiale di Sant’Anna. La Messa cele-brata dal Parroco Don Carmelo Furchì e da altri sa-cerdoti dei paesi vicini è stata ascoltata con moltapartecipazione da parte dell’intera comunità, rac-colta attorno alla zia Rosa. Dopo la celebrazionedella Messa, ripresa dalle telecamere del TG3 Ca-

labria, il taglio della torta nellapiazza principale di Santa Dome-nica con la presenza del SindacoDomenico Laria e di tutta l’Ammi-nistrazione che ha sponsorizzatol’evento. La serata in piazza si èconclusa con i fuochi di artificio,come il giorno della Santa Patrona.Infine la festa si è conclusa con lacena al Villaggio Stromboli offertadal figlio Antonio che ne è il pro-prietario. Un evento eccezionale acui ha partecipato tutta la comunitàlocale e di cui si è occupato il TG3Calabria e la Vita in Diretta. Manonna Rosa lo meritava? La rispo-sta è si. Non parleremo della suavita operosa; ci vorrebbe un libroper raccontarla ma di due episodiche servono per mettere a fuoco lasua personalità di grande mamma.Era l’agosto del 1943: il terribilemese dei bombardamenti nella no-

stra zona.M a m m aRosa in-sieme alm a r i t oscavò in unsentiero vi-cino almare unagrotta edivi sistemòi sette figlidi cui il piùpiccolo eradi un anno.Ella peròcontinuò alavorare, la mattina, dopo aver munto una mucca,portava una cannata di latte ai figli che l’aspetta-vano gioiosamente. A mezzogiorno portava ilpranzo e la sera la cena. Quando i bombardamentifinirono, ovvero quando le campane della Chiesaannunciarono la pace, riportò i figli a casa e ripresela vita normale. Più tardi nel quarantasei un altroepisodio di mamma intelligente. Volle a tutti i costiche il figlio Antonio continuasse gli studi, nono-stante che a Santa Domenica non ci fosse la ScuolaMedia e che lo studio fosse considerato privilegio dipochi. I sacrifici furono compensati. Il figlio, graziea lei, conseguì il diploma di Geometra ed oggi è uncoraggioso operatore turistico famoso nel profondonord, ad Udine dove trascorre alcuni mesi all’annoper pubblicizzare la Costa degli dei e il suo paese,Santa Domenica. Ecco perché Nonna Rosa meritala festa collettiva di un’intera comunità.Lunga vita ed auguri da parte del nostro giornale.

Lino Daniele

28 Novembre 1907 – 28 Novembre 2007

Una vita lunga un secoloUn evento speciale per una donna eccezionale

Zia Rosa

Spilinga si trova a circa 10 chilometri da Tropea, vi-cino all’altopiano del Poro, ricco di sapori locali (iformaggi, la ricotta, i fagioli…) e ritrovamenti prei-storici (Torre Galli), e vicinissimo alle spiagge in-cantevoli di Capo Vaticano tra le quali la più bella èquella di Grotticelle, paragonabile ad una spiaggiadelle isole caraibiche.E’ famosa per la ‘Nduja che è un tipico salume pre-parato con carne di maiale e peperoncino piccantecalabrese. Gli abitanti sono circa 1.600 ed ha una su-

perficie di 18,60 chilometri quadrati. L’origine delsuo nome deriva dal greco “Spelunga” grotta o “Spe-linka”, Caverna. Grotte, abitate da eremiti o dagliabitanti per ripararsi durante le scorrerie dei saraceni,che ancora oggi sono visitabili ma la più famosa èquella di origine basiliana e detta della “Madonnadelle Fonti” oggi usata come santuario. Spilinga èstata un casale di Tropea sino al 1807 e quindi ha su-bito l’influsso bizantino, normanno e arabo rimasti,ancora oggi. negli usi e costumi degli abitanti. Si rac-conta che alcuni abitanti di Spilinga si spinsero sinoal costone opposto, oltre la fiumara di Brattirò (ValleRuffa), per fondare Caria. Troviamo infatti una

grotta, detta di “Santu Liu”, abitata da un eremita, ar-tista che affrescò le pareti con una pregevole croci-fissione. (Qualche vandalo ha tentato di asportare gliaffreschi). L’eremita, secondo la tradizione locale,comunicava con un altro eremita che si trovava inun’altra grotta situata appunto sotto Spilinga. Molteinfatti sono le grotte della zona dove gli eremiti si ri-fugiarono per pregare e staccarsi dal resto del mondo.Nella parte sud troviamo le grotte del Favo e delleFate nelle quali sono stati rinvenuti reperti dell’etàneolitica a conferma di quanto sia antica l’origine diSpilinga. Nella Chiesa parrocchiale dedicata a SanGiovanni Battista è stato parroco Don Carmine Cor-tese di Tropea. Un prete scomodo per le idee di li-bertà e progressiste al punto che fu esiliato a Spilingadove rimase sino alla fine creando un amore così in-tenso con i parrocchiani che non volevano lasciarloritornare a Tropea neanche da morto. Scrisse con unaccanimento inaudito. Due libri del prete soldato,(era cappellano militare), “i diari di guerra e di pri-gionia” sono documenti storici perché gli eventi fu-rono vissuti in prima persona.Come la cipolla di Tropea è conosciuta e apprezzata,così è per la “’nduja”, il prodotto tipico di Spilinga.L’origine è antichissima e dovrebbe essere stata in-trodotta dagli spagnoli nel 1.500. Il nome deriva dalfrancese “andouille” ed infatti ricorda un insaccatofrancese. Il peperoncino non è solo un conservante eviene macinato con il grasso e le carni meno pregiate

del maiale, (quelle di prima scelta dovevano essereconsegnate dai contadini ai proprietari).Il sapore della ‘nduja dipende molto dall’alimenta-zione del maiale e dal sapiente dosaggio delle variecomponenti. La sagra della ‘nduja viene propostaogni anno durante il periodo estivo riscuotendo unnotevole successo tra i turisti.A conferma di quanto sia famoso nel mondo questo

insaccato si segnala che un ristorante nominato“’Nduja” si trova persino negli Stati Uniti d’Ame-rica: Redmond, ridente paesino , a due passi dalmare, nell’area di Seattle (USA) nello stato di Wa-shingthon..

Enzo Taccone

Spilingafamosa per la ‘Nduja un tipico salume

preparato con carne di maiale e peperoncino piccante calabrese

La ‘Nduja

Spilinga vista da Caria

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Anno I n° 1febbraio 2008Cultura 13

Tropea - Ho accolto con piacere l’in-vito rivoltomi dal direttore, VittoriaSaccà, di portare avanti una rifles-sione sulla scuola dalle pagine diquesto mensile che ambisce a dilatarei dintorni di Tropea in una dimen-sione ampia, scherzosamente ego-centrica, di finestra sul mondo. Lapiacevolezza del compito nasce dalmio sentirmi totalmente persona discuola operando in essa con passionedall’età di 18 anni. Ho vissuto l’espe-rienza scolastica da variegate pro-spettive e questo mi offre la capacitàempatica per capire i punti di vista dicoloro che popolano il “pianetascuola”. E’ un’umanità variegata econtraddittoria che dà vita, non dirado, a istanze contrapposte. Delresto non è forse questa la comples-sità tipica del nostro tempo e comepotrebbe la medesima non connotarela scuola specchio della storia? Eccoperché i tormenti della nostra era tro-vano spazio nell’Istituzione Scola-stica facendone una palestra di vita,efficace anche se dura e a volte logo-rante per chi in essa ha compiti edu-cativi. Più volte ho dichiarato, conprofonda convinzione, che la nostraè la più bella professione del mondoma che la si può svolgere senza soc-combere solo se la si ama con tutte leproprie forze. Le gratificazioni piùintense provengono dagli studentipurchè si possegga la sensibilità psi-cologica, che nasce anche dalla com-

petenza, di comprendere i bisogni ti-pici di ogni tappa evolutiva. Così adesempio diviene indispensabile porrein conto la trasgressività e l’estremi-smo propri degli adolescenti altri-menti sarebbe impossibile far loro daguida e da riferimento. Come avretedi già intuito la dimensione formativanon può non trovare cittadinanzanella scuola perché nessun apprendi-mento può realizzarsi se non scatta ilcircolo virtuoso di una relazionalitàpositiva che riduce, fino all’annulla-mento, la sensazione frustrante di fal-limento negli allievi ed incrementa,viceversa, in loro l’autostima e lapercezione di successo. Tanti feno-meni dolorosi che negli ultimi tempihanno afflitto la scuola, mi riferiscoal bullismo, al vandalismo ma anchealla caduta di qualità quale trasparedai sondaggi dell’OCSE, affondanole loro radici in un malessere psico-logico che trova alimento nell’ariditàdel terreno umano di riferimento. En-trano in causa la scuola ma anche lafamiglia e la società. Troppo spesso idisvalori imperanti ci spingono versomete che non appagano essendo deltutto esteriori. Il denaro, il potere, lacarriera, l’apparenza intessono latrama del bisogno ossessivo di pro-iettarsi nel futuro dimenticandol’oggi: quella quotidianità fatta dicura amorevole della prole, di impe-gno coscienzioso nel lavoro, di re-sponsabilità nello svolgimento dei

compiti, di spirito di servizio edanche di rispetto del proprio esserepersona.Duro e difficile il compito del do-cente ma arduo e complesso anchequello del genitore. Sarebbe bello chetra scuola e famiglia si stringesse unsodalizio forte e profondo ma a voltele psicodinamiche giocano bruttischerzi. Come non comprendere leansie protettive di un genitore che co-glie costantemente nel mondo che locirconda inquietanti segnali di peri-colo che allertano lo spirito di tutela?E d’altra parte come non accoglierel’istanza emancipatoria portata avantidalla scuola che mira a far conqui-stare la libertà responsabile? La viada percorrere è quella del dialogo for-nendoci di alcuni indispensabili sus-sidi utili al viaggio. Mi riferisco allacompetenza della mente ma anchealla sensibilità del cuore ed ancor dipiù all’umiltà dell’atteggiamento eallo spirito di servizio, senza trascu-rare la forza di volontà e il coraggiodi osare.Bella e sempre degna di essere vis-suta la vita e come non aprirsi allagioia e all’entusiasmo di fronte allagioventù che popola la scuola? A tuttigli operatori scolastici mi rivolgo conla fede che nasce dalla coerenza alpersonale impegno nella causa del-l’educazione, tappa fondamentale etraguardo di ogni percorso culturale.Dalla famiglia auspico fiducia nella

consapevolezza di doverla meritare.Alla società guardo perplessa perchédiviene importante e urgente pro-muovere il rinnovamento della classedirigente. Il degrado che affligge laCalabria ma non solo, considerato ilpanorama nazionale e mondiale noncerto edificante, impone una decisapresa di posizione per un cambia-mento culturale, in senso antropolo-gico, che dica basta al qualunquismoimperante ma anche, cosa ancor piùgrave, all’illegalità diffusa e allamancanza di eticità. La Scuola, purbistrattata e umiliata, ma cosa im-porta data la premessa inerente la no-stra società, ha un compitoimportante da svolgere, nel percorsodi riscatto e sono certa che la partesana, che in essa è preponderante riu-scirà a giocare una carta importantenella partita della salvezza della ci-viltà.

Beatrice Lento

Beatrice Lento

Rombiolo - Il premio di poesia dialettale or-ganizzato dall’Associazione culturale “DonCristoforo Mazza” di Pernocari (VV), ègiunto alla IX edizione.Con il patrocinio dell’Amministrazione Pro-vinciale di Vibo Valentia, la Banca BBC diSan Calogero e l’Amministrazione Comu-nale di Rombiolo il 15 Dicembre 2007, 17poeti hanno declamato le proprie opere dopol’introduzione del Dottor Giuseppe NavarraPresidente dell’Associazione e dei saluti delSindaco di Rombiolo Avv. Mario Ferraro,componente della giuria e del Dottor Giu-seppe Barbuto Consigliere provinciale diVibo Valentia. Ha condotto e coordinato la serata il DottorPino Grillo.Molto apprezzata l’esibizione di un inter-mezzo offerto da un gruppo musicale che

con la direzione del MaestroFrancesco Pata al pianoforte,la mezzo soprano Maria Con-cetta Galante e la sopranoFrancesca La Rosa hanno can-tato alcuni pezzi dedicati aGiuseppe Garibaldi. La conduttrice è stataDolores Mazzeo che ha recitato con moltogarbo alcune poesie. Il vincitore è risultatoMazzitello Pasquale con la composizione“M’arricordu”, seguono nell’ordine Gia-cobbe Carmela con “Dassati mu cantu” eBartucca Tonino con “Vienimi nzonnu” chehanno ricevuto ceramiche artistiche. A tutti ipartecipanti è stata consegnata una perga-mena come attestato di partecipazione alConcorso regionale.Un rinfresco offerto dall’Associazione a tuttii convenuti ha chiuso la serata in un clima di

cordialità e di festa e forse qualche sorrisodei partecipanti al concorso nascondeva ladelusione di non aver vinto ma come dicevabene Coubertin “l’importante è parteci-pare...”.Per quanto riguarda il livello delle operepresentate un poeta ha dichiarato di essereandato “in apnea” per le fotografie del pas-sato, le emozioni, il ricordo delle tradizioniche la nostra lingua ha saputo evocare.Un folto ed attento pubblico ha seguito conattenzione, interesse e soddisfazione lo svol-gimento di una manifestazione ben riuscita.

Enzo Taccone

Il premio di poesia di Rombiolo è giunto alla IX edizione

17 poeti di poesia in vernacoloL’Associazione culturale “Don Mazza” di Pernocari ha organizzato con esperienza e professionalità

Componenti della giuria

Riflessioni di Beatrice Lento (dirigente dell’Istituto di Istruzione di Tropea)

Pianeta scuolaUmanità variegata e contraddittoria che dà vita, non di rado, a istanze contrapposte

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La Scuola Italiana, per quel che ri-guarda l’istruzione matematica escientifica sta attraversando unapreoccupante crisi che l’attuale Mi-nistro della Pubblica Istruzione,Giuseppe Fioroni, ha avuto l’accor-tezza di denunciare. Meglio tardiche mai! L’ignoranza del 60% degli studentiemersa sulla domanda posta di re-cente: “perché viene la notte”, con-ferma la condizione di“indifferenza” che caratterizza lapseudocultura omologante della ci-viltà dei consumi. Ma l’allarmedella crisi nasce dai dati fornitidalla ricerca PISA (Programme forInternational Student Assessment)promossa periodicamente dal-l’OCSE (Programme for Interna-tional Student Assessment) sullecompetenze dei quindicenni neiPaesi dell’Organizzazione. Per quelche riguarda la matematica, l’Italiasi colloca al 38° posto, gli allievi,infatti, mancano di competenze mi-nime e non sono in grado di risol-vere problemi elementari. Peggio dinoi se la passano: Portogallo, Tur-chia, Grecia e Messico, mentre aiprimi posti ci sono Hong Kong eFinlandia.L’allarme lanciato da Fioroni devefar riflettere seriamente i gover-nanti presenti e futuri perché ne va

di mezzo la vita del Paese Italia. Aldi là della critica che si deve muo-vere all’ “ homo oeconomicus” delterzo millennio, che diviene semprepiù oggetto tra gli altri oggetti dallesbiadite sembianze umane, bisognapur prendere atto che il futuro diqualsiasi paese è legato anche allecapacità di fare della scienza, dellamatematica e della tecnologia ne-cessarie per lo sviluppo economico.Dunque, occorre capire, confron-tandoci con gli altri paesi delmondo, quali sono le nostre cono-scenze e competenze e come dob-biamo utilizzare le risorse umaneche la scuola deve adeguatamenteusare per affrontare la difficile sfidaproveniente dalla globalizzazione.E’ allora sensato porsi l’interroga-tivo “ dove va la matematica (?)”,l’antica regina delle scienze. Il ministro della Pubblica IstruzioneFioroni per superare l’emergenzaformativa, credendo che sia oppor-tuno fare studiare di più gli allievi,vuole reintrodurre gli esami di ri-parazione a settembre e, da medicoquale è, pensa ad una scuola effi-ciente come ad un ospedale che dàcertamente garanzie se è dotato distrutture idonee, di validi medici emoderne attrezzature. In tale ottica,dunque, gli allievi paragonabili adei “pazienti”, se ben curati da

bravi docenti non tarderebbero avedere la guarigione. Ma le ini-ziative di cui sopra ed altre ancora,per quanto valide, sono da conside-rarsi delle “soluzioni tampone”.Perché il problema della scuola ita-liana è molto più complesso e sicorrela sicuramente alla pseudo-so-cietà del benessere. I giovani ab-bracciano modelli culturali devianticon la conseguente crescita del nu-mero di soggetti “starati” dal puntodi vista istintivo-sentimentale. Il di-lagare delle istintopatie includeanche: docenti, politici, medici, ar-chitetti, avvocati, ingegneri, gentecomune e così via. La scuola devefare i conti col contesto socio-psi-cologico e culturale nel quale siamoimmersi ancor prima di operarescelte che rischiano di risultare im-produttive. Da qui nasce l’esigenzada parte del Superiore Ministerodella P.I. di proporre una più solertepedagogia delle pulsioni che prov-veda a disattivare le turbe di fre-quenza che scorrono tra reticolocognitivo e istintivo-sentimentalenon solo degli studenti ma, ahimè,anche di molti docenti.Come possiamo parlare, quindi, diapprendimento di concetti matema-tici da parte degli allievi che pre-sentano starature emotive?Possiamo parlare, in tal caso, di si-curo insuccesso del risultato for-mativo ed istruttivo, così come laLogopedagogia (autori Gil Gallo eBruno Gallo- Corso Editore Fer-rara) sostiene e dimostra.Per restare nel tema oggetto di trat-tazione del seguente articolo, chiscrive (docente di matematica dilungo corso) avverte l’esigenza dichiarire due cose della massima im-portanza: a)- le proposizioni dellamatematica sono rigorosamente lo-giche e ciascuna presenta un suogrado di difficoltà di comprensione.A tal proposito si racconta che reTolomeo, volendo imparare la geo-metria in tempi rapidi, chiese adEuclide con quale mezzo si sarebbepotuto fare. Euclide pare abbia ri-sposto: “in matematica non esi-stono vie regie”, volendosignificare che il grado di difficoltàche esiste per la comprensione diun dato problema non lo si può inalcun modo abbassare, anche se sitratta di un re. In definitiva, la ma-

tematica costringe alla riflessione;b)- La bravura del docente di mate-matica, per quel che riguardal’aspetto istruttivo, è condizionenecessaria ma non sufficiente. In-fatti, non è per nulla scontato che ilpur bravo docente possegga dotisufficienti per far comprendere iconcetti matematici.Per quanto detto nei punti a) ; b),occorre una vera riforma per l’inse-gnamento delle discipline scientifi-che e della matematica inparticolare. Riforma che non è statamai fatta. La maggior parte dellepersone laureate in discipline uma-nistiche dichiarano, da sempre, dinon aver capito nulla di matema-tica, durante il loro corso di studi.Eppure parliamo di professionisticolti ed intelligenti. Ciò vuol direche i docenti di matematica, ingran parte, non sono esperti nel-l’arte della comunicazione e nonriescono a stabilire, il più dellevolte, le difficoltà di natura psico-logica e/o logica che ostacolano ilprocesso di comprensione da partedegli studenti. Si può tranquilla-mente dire che la matematica, cheè fatta di proposizioni, non è unabestia nera ma che, piuttosto, sianobestie i docenti ai quali le famiglieaffidano i loro figlioli. Il SuperioreMinistero della P.I. non può fare piùfinta di non sapere. E lo sannoanche i Sindacati che hanno soste-nuto sempre dure lotte per tutelareil posto di lavoro ad una vasta ple-tora di somari. Sarebbe ora dismantellare un sistema scolasticoche non può reggere e preparareadeguatamente una classe di gio-vani laureati ancor prima che dellaalta tradizione della scuola mate-matica italiana non vi rimanga trac-cia.

Bruno Gallo

Anno I n° 1febbraio 2008 Cultura14

Bruno Gallo

La crisi della Scuola Italiana nell’istruzione matematica e scientifica

Quo Vadis, Matematica?L’allarme lanciato da Fioroni deve far riflettere seriamente i governanti presenti e futuri

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Anno I n° 1febbraio 2008Cultura 15

chilometro da Tropea. Mille posti a se-dere – queste le stime della capienzaufficiale – di cui centoventi distribuitisu tre piani laterali di palchetti e quasinovecento disposti in platea e galleria,che costituisce di fatto la prosecuzionenaturale della platea. Un palcoscenicocon una superficie di duecentocin-quanta metri quadri circa corredato diattrezzature moderne e sofisticate. Ser-vizio bar interno, guardaroba, saled’attesa, ampio foyer. Sono questi i nu-meri del teatro tecnologicamente piùavanzato del Meridione. E si trova sulnostro territorio. La struttura è stata

progettata per essere adibita anchea cinema o centro congressi, ed

è proprio per quest’ultimomotivo che è stata scelta

dall’Accademia degliAffaticati di Pasqua-

lino Pandullo perospitare il primopremio letterarioCittà di Tropea.Questa grandeopera realizzatadal gruppoVecchio, il tea-tro La Pace ap-punto, con tuttele attività che

attorno ad essoruotano, rappre-

senta quindi unagrande opportunità di

rivalsa culturale per l’in-tero territorio del vibonese.

Dopo tre grandi stagioni di spet-tacoli e rappresentazioni che hannoraccolto molto successo, il teatro siproietta nel 2008 con nuovo slancio,affidando nuovamente la direzione ar-tistica al regista e attore DomenicoPantano, che ricopre già questo impor-tante ruolo presso il Centro TeatraleMeridionale di Gioiosa.

Francesco Barritta

Il teatro è una delle più grandi con-quiste dell’umanità. Il grande fascinoche una rappresentazione teatrale di li-vello riesce ad emanare, infatti, risiedein una perfetta sintesi di tecnica ed arte,resa possibile attraverso la millenariastoria stessa del teatro. Sia nella Grecia antica che nel-l’antica Cina, il teatro rappre-sentava innanzitutto unluogo di culto o co-munque sorgeva neipressi di edifici re-ligiosi o templi, inGrecia, in parti-colare, era stret-tamente legatoal culto di Dio-niso. Al teatrogreco, che era disolito costruitosfruttando il de-clivio naturale diuna collina e pre-sentava una gradi-nata con una semplicestruttura a semicerchiocon al centro uno spazio,detto orchestra, in cui agivail coro, i romani preferirono unteatro con una scena più impor-tante, a discapito dell’orchestra.

Spettò proprio ai romani dividere insettori la gradinata secondo il censodegli spettatori. Anche con il supera-mento del Mondo antico, il teatro ri-mase legato, in occidente, ai luoghi diculto – basti pensare alle sacre rappre-

senta-zioni che sisvolgevano inprevalenza sul sagratodelle chiese – mentre levili rappresentazioni pro-fane, di contro, non ave-vano un luogo ad esseinteramente deputato e

quindi si tenevano su carrio piattaforme mobili. In Ita-

lia, infatti, il primo edificioteatrale permanente risale al

1580, e fu il TeatroOlimpico progettatoa Vicenza dal Palla-dio. A parte la comme-dia all’improvviso,meglio nota comecommedia dell’arteitaliana (che tra l’al-tro affonda le sue ra-

dici nella commedia farsesca romana),alcuni pensano che la vera rivoluzionedel teatro moderno debba essere con-nessa alla grande figura di WilliamShakespeare. Rimarrebbero delusi co-storo alla lettura di alcuni versi ovidianidelle metamorfosi, in cui la storia dei

due giovani amanti babilonesiPiramo e Tisbe anti-

cipa di circaq u i n d i c i

secoli

gli stessipatimenti causati dall’amore negatodalle famiglie e la stessa dolce passionesfociata in tragedia dei veronesi shake-speariani Romeo e Giulietta. La verità è che lo spirito del teatro è in-sito da sempre negli animi più sensibilidel genere umano e la capacità di ap-prezzarne il frutto è insita in ognuno dinoi. Se dunque il bisogno di accostarcial bello degli spettacoli, la voglia di la-sciarci trascinare dalle emozioni deldramma o semplicemente l’idea didivertirsi con una geniale comme-dia riaffiorano soventi in molti,spesso questo moto dello spiritonon può essere assecondato acausa della carenza di strutture. Per fortuna, anche la nostra pro-vincia dispone da più di un paio dianni di una prestigiosa struttura tea-trale. Si tratta del “Teatro La Pace” sitoin Sant’Angelo di Drapia, a solo un

Teatro

Il Direttore Artistico del Teatro

“La Pace” Domenico Pantano

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Anno I n° 1febbraio 2008 Calabresità

Cinquant’anni (quasi), da venti in Rai, giornalista,Pasqualino Pandullo è un “tropeano doc” con unaforte predisposizione per l’impegno culturale. Perquesto, ha accettato di presiedere una Associazionededicata a questo compito: ha scelto di chiamarla“Accademia degli affaticati”, come un’antichissimaistituzione tropeana, ed è già conosciuta in mezzaItalia. “L’attenzione al fattore umano è la pre-condi-zione dello sviluppo”, è la frase diventata per lui unasorta di scommessa. Una prova lampante, il “Premioletterario nazionale Città di Tropea” che sotto la suadirezione e con la sua conduzione, l’estate scorsa, haavuto un debutto vincente e che tra marzo e giugno2008 vivrà la seconda edizione. Stavolta, pare, tuttaambientata nel centro storico di Tropea.

Pasqualino Pandullo, da dove incominciamo?

Da Tropea, naturalmente.

Cos’è per Lei Tropea?

La città dove sono nato e dove sono cresciuto. Laterra delle mie radici. Il “marchio di fabbrica” chemi accompagna dovunque. Il posto che, malgrado iperiodi trascorsi altrove per studio o lavoro, non homai lasciato. La mia rosa e la mia spina. Il quartierepiù bello della “città Calabria” in cui vivo.

Dal suo osservatorio televisivo come la vede?

Per lungo tempo, come il luogo da cui partivano le ri-chieste dei servizi più assurdi per il TGR della Rai.Adesso per fortuna c’è più maturità, siamo cresciuti.E di Tropea si parla comunque molto spesso lostesso. Scherzo… Bé, la mia “tropeanità” non miaiuta molto a rispondere. Certo, vedo un potenzialein gran parte inesploso.

Le manca qualcosa per essere autentica capitale

del turismo?

La consapevolezza di dover lavorare, d’impegnarsi afondo per diventarlo. La voglia di abbandonare laconvinzione che è tutto dovuto, che siamo l’ombe-lico del mondo. Credo manchi soprattutto una pro-gettualità alta. E la capacità di rapportarsi all’esterno.

E’ possibile prolungare la stagione turistica?

Si, in parte si è già visto. Se c’è un luogo in Calabriache possa dimostrare il prolungamento della stagioneturistica, quel luogo è Tropea. La dolcezza del clima,la bellezza del mare e l’amenitàdei paesaggi, possono richia-mare utenze nuove. Ad esempio,quelle legate al turismo congres-suale, ancora oggi inesistente permancanza di strutture. Ma è tri-stissimo annotare che il centrocittadino non dispone nemmenodi un cinema o di un teatro… néd’inverno, né d’estate. Ne ap-profitto per rilanciare a politici eimprenditori l’appello partito sindalla prima uscita dell’Accade-mia degli affaticati: un tempoavevamo il mitico cinema Eli-seo, fate qualcosa!

Tropea per quanto riguarda le

vie di comunicazione è quasi

isolata. Secondo Lei è necessa-

ria una metropolitana di super-

ficie?

Può darsi. Il problema è che la classe politica, chedovrebbe pensare a questo e a tanto altro, oggi ap-pare disorientata. Il quadro nazionale (questa infinitatransizione, verso cosa lo vedremo) non aiuta molto,bisogna ammettere, chi s’è presa addosso la crocedella responsabilità politica. E per giunta i campa-nilismi, la logica degli orticelli, le frammentazioni,qui restano sempre quelli di un tempo, mentre tuttoattorno cambia.

L’immagine. Oggi l’immagine è degna di una ca-

pitale di livello internazionale.

E’ così da tempo. Ma senza la sostanza, l’immaginenon serve a niente. Prima o poi, crollano entrambe,evidentemente. Eppure Tropea è la città di PasqualeGalluppi, di Raf Vallone, di quel don Francesco Mot-

tola la cui recente beatificazione, dopo una lunga at-tesa, costringerà finalmente le nostre coscienze a unnuovo sussulto.

Il Premio letterario serve a rilanciarla a livello eu-

ropeo?

Il “Premio Tropea” nasce dal desiderio d’incontrarescrittori, giornalisti, intellettuali e dialogare con loro,tranquillamente, in uno dei luoghi più belli d’Italia,dove ogni estate arriva gente da tutto il mondo. Ilsuccesso della prima edizione dimostra che si è par-titi col piede giusto. Ma il Premio Tropea non è némio, né tuo: è lo spazio congeniale ad una comunitàche sta esprimendo grande vivacità di fermenti cul-turali e vuole confrontarsi e competere. Il nostro Pre-mio letterario è quindi di tutti i tropeani, e mi fapiacere che questo concetto stia cominciando a pas-sare. Di più: è di tutti i calabresi. Con l’aiuto di tutti,andremo avanti, fino a proporci a platee ben piùestese.

Lino Daniele

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Pasqualino Pandullo

Un “Tropeano doc”

Pasqualino PandulloUn giornalista con una forte predisposizione per l’impegno culturale

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Anno I N° 1frbbraio 2008Favola 17

La pagnottella Rosellina, tutte le mattine si stupiva del miracolodel Pane. Pensava:”Che meraviglia! Ogni volta il signor Peppe la-scia un po’ di lievito da parte e così può dare vita ad altre pagnot-telle come me e tutti noi possiamo aiutare grandi e piccini a starebene e a non avere fame”.Felice di essere importante, cercava di farsi spazio tra le compagneche stavano insieme a lei nella grande cesta del negozio e di met-tersi in bella vista perché voleva essere afferrata per prima dal si-gnor Peppe.

“E nonspingere!” silamentavano alcunedelle sue amiche. “Cosa credi di vincere se ar-rivi per prima!” dicevano altre e intanto le davano gomitate per ri-cacciarla giù verso il fondo. Rosellina non si avviliva e con cautela, cercando di arrecare il mi-nimo fastidio alle sue compagne, ritornava in cima. “Eccoti qua di nuovo! – disse rassegnata la pagnotta più grossa –Hai fretta di finire mordicchiata e gettata in mezzo alla spazzatura!” “Spazzatura! - ripeté con gran sorpresa Rosellina – in mezzo allaspazzatura! Noi!... Il pane..”“Noi, noi! Il pane! – continuò l’amica – Purtroppo, mia cara, i tempidi oggi sono diversi! I bambini non ci amano più, preferiscono altraroba!”“Ti sbagli – ribatté Rosellina – ci sono persone che ci amano e …forse … proprio perché non hanno neanche una delle nostre bri-ciole muoiono!”“Altrove! Qui proprio no!” le risposero in coro le amiche.Quante volte, la generosa Rosellina aveva immaginato di renderefelici i bambini con la sua fragranza e il suo gusto inimitabile daquando era nata. Tutti i bambini del mondo! “Ed io che sognavo –diceva nella sua mente – di trasformarmi in una pagnotta grande,grande, talmente grande per poter mandare via la fame da ogni an-golo della terra, così da rendere tutti felici! Oh, me misera!”La mano del signor Peppe interruppe i suoi pensieri. Si sentì solle-vata dalla cesta e senza passare per la bilancia, si ritrovò avvolta

nella carta marrone chiaro e poi in mano ad un signore.“Tieni – sentì dire al negoziante – portala ai tuoi figlioli”.Finì dentro la grande tasca di una giacca logora da dove si potevaaffacciare per guardare all’esterno. Già fuori dal negozio, sbirciavail mondo da un angolo della carta marroncino che si era piegataverso il basso. Quanta gente frettolosa la sfiorava! E quanti negoziapparivano alla sua vista. Ce ne erano alcuni che la allietavano.“Ehi, guarda – cercava di suggerire al suo nuovo padrone – un ne-gozio di salumi. Fermiamoci là. Non sai quanto sono più appeti-tosa con il prosciutto, o con la mortadella…” Niente. Il signorecamminava di fretta.“Formaggi! Fermiamoci ai formaggi!” Neanche a sgolarsi. Conpasso spedito il signore procedeva verso una meta che Rosellinaignorava. E ogni tanto si sentiva accarezzare dalla sua mano ches’infilava nella tasca e la sfiorava con delicatezza. Che gioia quellecarezze! Rosellina chiudeva gli occhi e se le gustava tutte pensandoche se fosse stata una gattina, avrebbe fatto le fuse. Cammina, cam-mina, passarono in mezzo al traffico delle macchine, sui marcia-piedi, per i sottopassaggi, incontrando gente di ogni tipo e senzascambiare parola con alcuno. “Quanta fretta! - pensava ogni tanto- Quanta fretta questo mio signore!”Poi arrivarono quasi fuori dalla città. Qui le case non erano più bellecome quelle che aveva osservato prima. Erano di legno, basse, conle lamiere sui tetti.Ma non fece in tempo a guardare tutto perché fu distratta dalle vocidi alcuni bambini che venivano incontro a loro. “Ciao Papà!” “Ben tornato papà!” “Cosa ci hai portato papà!” e i trebimbi saltellavano intorno all’uomo, aggrappandosi ora per legambe, ora per il braccio. Rosellina avrebbe voluto guardare tuttala scena e si sporgeva più in fuori che poteva, ma il signore, deli-catamente, con la mano la ricacciò fino in fondo alla tasca ed orapoteva solo sentire.“Oggi, vi ho portato una cosa che vi piacerà tanto!” disse l’uomo.E così finalmente la mano prese Rosellina, le tolse la carta intornoe lei venne fuori con tutto il suo speciale profumo e la sua bellezza.“Il pane!” urlarono i bambini. “La pagnottella!” “Evviva, il pane!”Quelle grida di festa emozionarono Rosellina che si sentì la piùamata del mondo. Poi la mamma dei bimbi la bagnò con un filod’olio e fece cadere su dello zucchero! Venne divisa in tante partie poggiata al centro della tavola. Com’era felice la nostra generosapagnottella! Aspettava con ansia che le manine dei bimbi la pren-dessero per saziare la loro fame. E Rosellina sapeva che si stavaper realizzare il sogno, quello di rendere felici i bambini. Certo nonerano tutti i bambini del mondo, ma erano bambini che la sapevanoapprezzare e gustare con l’olio e lo zucchero come facevano i no-stri nonni.

La pagnottella generosaLa pagnottella generosaVittoria Saccà

Dedicata ai bambiniDedicata ai bambini

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Il diritto alla Salute, si dice, è un dirittoche appartiene a tutti gli esseri umani.Ma non qui, in Calabria, a quantopare! L’anno 2007 si porta nel suo dia-rio una pagina scritta con il dolore dichi, purtroppo, ha perso una parte di sestesso nelle sale operatorie. Non si puòmorire in giovane età a causa di inter-venti chirurgici che, in genere, ven-gono definiti “banali”. Eppure è

successo. Tristi storie della nostra terra che nonsi devono dimenticare! Al 26 gennaiodel 2008, per la giovane FedericaMonteleone, sono trascorsi 365 giornidurante i quali non ha più lasciatoorme sulla sua strada; cammino inter-rotto bruscamente un anno fa.Federica, Kika per gli amici, abitava aVibo Marina, primogenita di Pino eMaria Sorrentino, genitori affettuosi epremurosi che la seguivano e l’accom-pagnavano lungo la strada della vita.Frequentava il secondo anno al liceoscientifico “G. Berto” di Vibo Valen-tia. Alunna modello, dicevano i pro-fessori, impegnata nello studio di tuttele discipline. Aveva tanti sogni nel cas-setto. Immaginava il suo futuro dibrava giornalista e così prendeva le-zioni già nella sua scuola partecipandoattivamente alla stesura di articoli peril giornale d’istituto. Sognava ancheun futuro di ballerina. Aveva le idee

chiare! Diceva infatti: “Le ballerinepossono stare sulla scena forse fino ai

trent’anni, poco più,poco meno. E poi? Poibisogna fare qualchealtra cosa. Io mi dedi-cherò al giornalismo!”Ma il tempo non le èstato concesso perché itanti sogni sono svanitisul fare dei suoi sedicianni. Sera del 18 gennaio2007, si esercitò nelladanza, come faceva dal-l’età di quattro anni. Mail giorno seguente, il 19,dei forti dolori addomi-nali convinsero i suoi fa-miliari di portarlaall’ospedale di Vibo Va-lentia. Alle 11 circa erastato deciso dai medicidi operarla di appendi-cite con urgenza. Ap-pena in tempo perscambiare qualche pa-rola e qualche sorrisocon la sua mamma chela vide andar via sdra-iata sul lettino. E quellifurono gli ultimi istantiche mamma Maria hastampato indelebilmentenei suoi ricordi, perchéFederica, per un blak-out elettrico, avvenutoin sala operatoria, andòin coma. Fu trasferita al-l’Annunziata di Cosenzae in quel corridoio dalquale si accedeva al re-parto rianimazione, fu-

rono momenti di ansia, di trepidazionee di speranza che la giovane si ripren-

desse al più presto. La notizia del suostato di coma fu ripresa da tutti i mezzid’informazione ed entrò in tutte le cased’Italia.

Ma Federica non riaprì più i suoi occhial sole e il 26 gennaio, proprio quandoi suoi compagni di classe arrivavanodavanti ai cancelli dell’ospedale co-sentino con il desiderio di abbrac-ciarla, lei morì. Fu dolore, rabbia,sbigottimento per tutti. E al di là delleinchieste per ricercare i motivi diquanto poteva essere successo all’in-terno di quella sala operatoria, s’in-trecciarono promesse che ViboValentia avrebbe avuto una sanità mi-gliore, con un ospedale che avrebbeportato il nome di Federica Monte-leone, e quindi con tante speranze chela morte della giovane ragazza, cheavrebbe compiuto i suoi 16 anni il 7febbraio, sarebbe servita almeno aqualcosa!Ma poco o niente, si dice, sia statofatto almeno fino al 5 dicembre. A di-stanza di undici mesi dalla morte diFederica, una nuova e terribile notiziaha sconvolto ancora una volta il vibo-nese. Nello stesso ospedale, in quelgiorno quando le luci del Natale già il-luminavano strade e negozi, morìun’altra sedicenne durante un inter-vento di traectomia. Eva Ruscio, rico-verata da tre giorni per un ascessotonsillare, non ha più fatto ritorno acasa. Come un vento freddo, la nuovastoria ha riaperto le ferite non ancorarimarginate e il nuovo dolore si è in-trecciato con quello di prima. L’immaginario collettivo battezzò ilJazzolino “L’ospedale della morte”perché è inaccettabile la morte a sedicianni per interventi chirurgici di talefattura. Così, oggi, Federica ed Eva sono ac-comunate nello stesso tragico destinocon il quale si sono imbattute nellostesso luogo. Sedicenni entrambe. Fe-derica ha aperto l’anno 2007, Eva lo

ha chiuso! Unanno maledettoper l’ospedaleIazzolino, mapiù maledettoper coloro cheora piangono laloro morte.Mamma Maria emamma Gio-vanna, sonostate battezzatedai giornali“mamme corag-gio” perché, no-nostante ildesiderio di starein silenzio per

sfogare il loro dolore lontane dasguardi, affrontano il mondo conl’unico intento di lottare perché final-mente la sanità in Calabria non faccia

paura. Strano ma vero! Si ha vera-mente paura di solcare la soglia del-l’ospedale di Vibo Valentia. Si è tantodetto e scritto che bisognava porre fineai viaggi della speranza, ma sono statesolo parole, perché ancora oggi chi hala possibilità se ne va lontano. E chinon ce l’ha? Per chi non ce l’ha, rimane una sanitàadesso piegata in due, sbandata dopoquanto è successo, che piange insieme

ai vibonesi sui drammi avvenuti. Se lamorte di Kika non è stata abbastanzaper convincere chi di dovere che anchei Calabresi hanno gli stessi diritti allasalute degli altri italiani, c’è stata lamorte di Eva a metterlo di nuovo inevidenza, ed anche quella del piccoloFlavio Scutellà. Non lo dimentichiamoquesto bambino appena dodicenne, diScido, in provincia di Reggio Calabria,che dopo una caduta accidentale, conconseguenti dolori lancinanti alla testa,non ha trovato ancore di salvezza danessuna parte; e dopo tre giorni dicoma, morì il 30 ottobre. Storia altret-tanto sconvolgente la sua, che rientranel quadro desolante di una sanità ca-labrese che fa acqua da tutte le parti.

Vittoria Saccà

Anno I n° 1febbraio 2008 Per non dimenticare18

Diritto alla Salute? Un anno fa moriva Federica Monteleone

Ricordando KikaLa giovane si sottoponeva ad un intervento chirurgico di appendicectomia all’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia

Federica Monteleone

Eva Ruscio

Flavio Scutellà

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Anno I n° 1febbraio 2008Sport 19

Lello Pontorieri, con le sue passioni, i suoi tanti interessi, i sogni nel cassetto e quel visosemplice da bravo ragazzo, è scomparso due anni fa a seguito di un tragico incidentestradale. Sembra di vederlo mentre corre dietro ad un pallone con la maglia del Tropea,in quelle partite che avevano tutt’altro sapore. Non è poi così difficile immaginare, perchi non lo ha mai conosciuto, questa come tante altre cose che facevano parte della suavita. Basta guardare una sua foto e poi riflettere un attimo sul senso della nostra esi-stenza. Fa male ribadirlo ma Lello non c’è più. Non lo vedremo mai più tra di noi a ri-dere e scherzare, a vivere, a sognare. Gli amici di Lello insieme all’ASCOT

(Associazione Commercianti) nella persona di Francesco Cortese, e grazie alla fattivacollaborazione dell’Amministrazione comunale, hanno pensato bene di riproporre, peril secondo anno consecutivo, il torneo natalizio di calcio intitolato alla sua memoria.

L’intera cittadi-nanza ha presoparte al Memorialin quelli che sonostati giorni di festae di ricordo del caroamico. Il torneo ha preso il via il 25/12 ed è terminato nella finalissima del 31/12 vintadal team “Punto Luce”. Alla premiazione ha preso parte anche il Presidente della Pro-vincia Gaetano Ottavio Bruni che ha ricordato il compianto Lello con tanto affetto. AlMemorial hanno partecipato otto squadre di-vise in due gironi: 1) Amici di Lello 2) Beau-tiful – De Lorenzo Ugo e C. 3) Gelati Tonino-Romano Arti grafiche 4) Tachipirina teamNero Giardini 5) Stella del Sud- Sud impianti6) Real Gesuiti Bar Centrale 7) Punto Luce8) Jolly tende. Il calcio ha ancora una voltaunito un’intera cittadina. Grande è stata lapartecipazione della gente che si è ritrovataallo stadio del “Sole” in una settimana in-tensa, piena di entusiasmo e ricordo. Tuttoquesto in memoria di Lello Pontorieri, un ra-gazzo che vive ancora nei cuori della gente diTropea.

Francesco Marmorato

Una festa per l’intera cittadinanza

Nel ricordo di Lello “Punto luce” si aggiudica la finale del II Memorial Lello Pontorieri

Francesco Cortese, il Presidente della

Provincia Gaetano Bruni e Valeria Valente

Prima classificata “Punto Luce”

ASC Tropea, Nesci subentra a Centro

Vasinton: «Serve l’aiuto di tutti»

Il presidente dell’ASC Tropea, DomenicoCentro, dopo un lungo periodo di velenicon la Lega ha rassegnato le dimissioni. Alsuo posto è subentrato il VicepresidenteVincenzo Nesci. Dopo questa bufera so-cietaria che si è abbattuta sulla squadra tir-renica, sembra ormai essere tornato ilsereno. La Provincia e il Comune di Tro-pea hanno promesso alla squadra bianco-nera rispettivamente tremila e duemila euroaffinchè la società possa terminare digni-tosamente il campionato. L’Assessoreall’Urbanistica Pasquale Vasinton, che si èfatto carico di questo problema, ha volutorilasciare una dichiarazione che suonacome un invito alla cittadinanza a farsiavanti in un momento così difficile per lesorti del calcio tropeano.«Ci siamo interessati a questo problemama purtroppo non possiamo gestirlo diret-tamente come Amministrazione. Tropea hasempre tenuto alta la sua presenza neicampionati dilettantistici calabresi. Non ègiusto che questo patrimonio venga perso.In futuro faremo di tutto per trovare per-sone che hanno passione e forza econo-mica per portare avanti questa realtàsocialmente rilevante. Dal punto di vistapolitico il nostro impegno sarà quello dimuoverci per ottenere ulteriori finanzia-menti con Provincia e Regione. Ma è ne-cessario soprattutto l’aiuto concreto ditutti i tropeani. E’ importante che, per il fu-turo del calcio tropeano, si discuta insiemea quella gente che porta nel cuore la ma-glia di questa squadra, per trovare così lagiusta soluzione e riportare serenità a tuttol’ambiente sportivo».

F. M.

Plurilaureato, fisico atletico e sguardo fiero. Non è raro tro-vare il presidente del Coni, Rocco Cantafio, in tenuta atle-tica a fare jogging lungo i viali alberati e ad essere così daesempio ai più giovani. Ma per lui lo sport è qualcosa di piùche mero esercizio fisico. Lo sport è un contenitore di valoripositivi.Lo sport della Provincia secondo il presidente del Coni.

La provincia di Vibo Valentia non ha ricchezze, e per faresport occorrono investimenti, non servono solo gli Enti lo-cali con i loro minimi investimenti per lo sviluppo dell’im-piantistica sportiva. La provincia in fatto di costruzioni diimpianti si è impegnata molto, ma non basta, e comunque lestrutture esistenti non devono essere concesse per manife-stazioni non sportive, come ad esempio un veglione nel pa-lazzetto dello sport di Vibo.Cosa Occorre?

Ridisegnare i territori provinciali, sarebbe ora per dare equocapitale ad ogni Provincia. Cioè?

È inutile fare nuove Province (come Locri, Castrovillari,Rossano), quando invece sarebbe più giusto andare a pro-porre nuovi territori. Ad esempio Vibo Valentia ha circa due-centomila abitanti con 50 Comuni, Reggio e Cosenza circasette-ottocentomila abitanti con 150-200 Comuni: non èpossibile continuare con un tale sistema sportivo perché nelbilancio contano le maggiori rappresentative. Vuol dire che se Vibo Valentia presenta più atleti ha più

possibilità di essere rappresentata a livello nazionale,

anche con più contributi?

Certamente. Un conto è avere dai tre ai dieci atleti e unconto è averne trenta o quaranta. L’immagine stessa dellaProvincia ne risulterebbe esaltata.Dunque il discorso appare molto complesso, ma sul

piano dello sport puramente praticato cosa ci dice?

È tutto collegato agli impianti. La Provincia di Vibo simuove intorno al Calcio, alla Pallavolo - rappresentata daCallipo - e da timidi fans del Basket. Piccole sollecitazioniarrivano anche da altre federazioni, mi riferisco al Tennis,alle Bocce, al Tiro al volo. Ma dove sono tutte le altre Fe-derazioni? Lo sport, non dimentichiamolo, è rappresentato

da oltre 40 Federazioni Olimpioniche. Sa che una buonapolitica dello Sport si tradurrebbe in una crescita culturale,e, come vede, ridisegnare i territori provinciali e dare piùimpulso allo Sport attraverso nuove discipline, quindinuova linfa, significherebbe promuovere la crescita spor-tiva. Ma il Coni in sostanza cosa fa?

Il Coni ha fatto e dato tanto in questi anni, a livello pro-vinciale ed inter-provinciale. L’immagine dello sport è stataportata in alto nonostante diverse peripezie. Il Coni non hacontributi da erogare per varie vicende finanziarie. Dal ‘97-98 però svolge alcuni servizi di qualità nel registro delle so-cietà sportive. Vengono poi curate delle manifestazioni dialto livello, come la corsa olimpica. Su questo punto mifermo, perchè altrimenti il discorso ricadrebbe sulla man-canza di uno stadio interamente progettato per l’atletica leg-gera. Comunque, a parte le manifestazioni, ci impegnamo afornire i giusti riconoscimenti agli atleti iscritti alle varieFederazioni che si sono distinti nella loro disciplina durantel’anno trascorso, non ultima la giornata del primo dicembrescorso. Riguardo ai pro-

getti cosa ci dice?

Ci sono i progettiambientali, con glisport a contattocon la natura,come magari lapesca, gli appunta-menti annualidella festa dellosport che ricorronola prima domenica di giugno, e poi la consulenza per lo svi-luppo dell’impiantistica sportiva presso i Comuni e la Pro-vincia. E ancora, l’apertura dello sportello del creditosportivo oppure i giochi in cartella ed i giochi della gio-ventù, dato che ritengo che questi ultimi debbano essere pre-rogativa del Coni e non dell’Usp. Questo perché gli atletidei giochi sportivi studenteschi appartengono alle società equindi il Coni S.p.a deve erogare contributi solo alle società,ma da questo punto di vista il mio appello vive nel deserto.Si dovrebbe ritornare a circa venti anni fa, quando quei gio-chi venivano organizzati dal Coni assieme ai Comuni.

Fra. Mar.

Seconda classificata “ Beautiful – De Lorenzo Ugo e C.”

Il futuro dello sport ViboneseIntervista al presidente del Coni Rocco Cantafio

Rocco Cantafio

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