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Federazione istituti di a ttività educative docete Poste Italiane S.p.a. – Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 – Roma 15 La rendicontazione sociale nella scuola VALUTARE LE COMPETENZE Giovani, figli di adulti disorientati anno IV GiuGno-LuGLio 2019

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Federazione istitutidi attività educative

docete

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Rom

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15

La rendicontazione sociale

nella scuola

VALUTARE

LE COMPETENZE

Giovani, figli di adulti disorientati

anno IVGiuGno-LuGLio 2019

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La FIDAE (Federazione Istituti di Attività Educative), costi-tuitasi a Roma nel 1945, è riconosciuta dalla ConferenzaEpiscopale Italiana e gode di personalità giuridica con DPRn. 296 del 18.05.1979.

• Rappresenta gli Istituti di Educazione e Istruzione di ogni ordine e grado, dipendenti o riconosciutidall’Autorità Ecclesiastica.• Non ha finalità di lucro. Promuove attività di formazione, aggiornamento, sperimentazione, inno-vazione e di coordinamento.• Edita il periodico DOCETE (organo ufficiale della Federazione), Quaderni FIDAE, Notiziario, CD.• Rappresenta gli Istituti federati presso le Autorità religiose e civili, nazionali ed internazionali.• È membro dell’OIEC (Office International de l’Enseignement Catholique), del CEEC (Comité Euro-péen pour l’Enseignement Catholique), del CNSC (Consiglio Nazionale Scuola Cattolica della CEI),del CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione).• È ente di formazione accreditato presso il Ministero della Pubblica Istruzione.

F IDAEF E D E R A Z I O N E I S t I t u t I D I A t t I v I t à E D u c A t I v E

dente nazionale

Virginia Kaladich

Vice Presidenti

Clara Biella

Sebastiano De Boni

segretario

Francis Contessotto

tesoriere

Andrea Forzoni

giunta

Andrea Andretto

Pietro Cattaneo

Vitangelo Denora

Mariella D’Ippolito

consiglieri

Bruna Calgaro

Francesco Macrì past-presidentMaria Paola Murru

Stefano Serafin

Presidenti regionali

ABRUZZO – MOLISE Angelica Zippo

CALABRIA M. Ausilia Chiellino (Referente)

CAMPANIA Francesco Monti

EMILIA ROMAGNA Saverio Gaggioli

FRIULI VENEZIA GIULIALorenzo Teston

LAZIO Clara Biella

LIGURIA Andrea Melis

LOMBARDIAGiorgio Zucchelli

MARCHE – UMBRIA Ines Buscain

PIEMONTE – VAL D’AOSTAPiero Cattaneo

PUGLIA – BASILICATAGiacomo Cecere

SARDEGNA Silvia Argiolas

SICILIA Vitangelo Denora

TOSCANA Carmela Prencipe

TRENTINO ALTO ADIGEMichele Canella

VENETO Maria Chiara Cavaliere

ORGANISMI DELLA FEDERAZIONE

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SOMMARIOeDItorIalevirGinia KaladiChGianni epifani

attUalItàdamiano previtali

aforIsmI

lIbrImaria luiSa rinaldi

Docete è speciale!

la rendicontazione socialenella scuola

Su segnalazionedei lettori...

la forza di un sogno

2389

specIalela ValUtazIoneDeGlI apprenDImentI

Stefania Careddu

pier CeSare rivoltella

n.C.

mariSa Ciarfella

i voti? molto più che numeri

valutare le competenze

Competenze, queste sconosciute.incontro con mario Comoglio

il “voto”che segna la persona

Giovani, figli di adulti disorientati

maggiore età e responsabilità in vigilando dei docenti

Quando basta un sorrisoa cambiare una vita

IncontrISimone Chiappetta

norme e sentenzenovella Caterina

cInemaaleSSandra de tommaSi

11

12172327

313539

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2 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

Docete è speciale!uesto numero di Docete arriva nel periodo delle vacanze estive, perquesto è più leggero. tra un’intervista da leggere, un suggerimentodi un bel film, un aforisma, le sue pagine vanno via veloci, accom-pagnando il meritato relax. ma per chi sta già guardando all’iniziodel nuovo anno scolastico, offre anche uno speciale, contenentespunti di riflessione su innovazione didattica, apprendimento evalutazione. autorevoli studiosi hanno offerto il proprio contributo,in forme diverse, per aiutarci a comprendere meglio un tema im-portante e sempre attuale: apprendimento e sua valutazione.

attraverso interviste, opinioni, esperienze e pareri, abbiamovoluto mettere in luce lo stato dell’arte in italia in merito all’inse-gnamento e acquisizione delle competenze, alla valutazioneautentica, ai voti. Si tratta di aspetti sui quali occorre interrogarsi.la scuola è un giudice o “deve dare occasioni di pensiero [...] eaiutare gli studenti a costruirsi il proprio progetto di vita”, comesostiene il professor Sacchella, supervisore di tirocinio alla facoltàdi Scienze della formazione della Cattolica di Brescia? Somministrasolo contenuti o educa davvero anche alle competenze che per-mettono di “valorizzare i talenti”, come fa osservare il docenteuniversitario rivoltella, per il quale “la scuola delle competenzenon è meno seria o meno preoccupata dell’acquisizione culturalerispetto alla scuola del contenuto”. la scuola può liquidare unprocesso complesso qual è l’apprendimento con un semplicenumero o deve evolvere verso una valutazione formativa qualestrada “da percorrere per migliorare, consolidare o potenziare irisultati raggiunti”?, come ritiene la psicologa Ciarfella per laquale il voto“ implica sul piano soggettivo un contenuto ansiogeno”ed è anche “riduttivo”, a detta della professoressa nanni, dell’iprasedi trento, “perché rappresenta un’etichetta per il ragazzo”.

a tutti buona lettura e buone vacanze!

gianni Epifani

direttore responsabiledi docete

EDITORIALE

aQ

Virginia

Kaladich

Presidente nazionaledella Fidae

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3 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

Il dpr 80/2013, sul sistema na-zionale di valutazione, all’art. 6,comma 1 lettera d, titola: “Rendi-

contazione sociale delle istituzioni scolastiche”e riporta: “Pubblicazione, diffusione dei ri-sultati raggiunti, attraverso indicatori e daticomparabili, sia in una dimensione di tra-sparenza sia in una dimensione di condivi-sione e promozione al miglioramento del ser-vizio con la comunità di appartenenza”.

Con questo passaggio la rendiconta-zione sociale1 entra ufficialmente all’in-terno della scuola e,purtroppo, lo fa attra-verso una norma. inten-diamo con questo evi-denziare che da tempole scuole “potevano” e,

LA RENDICONTAZIONE SOCIALENELLA SCUOLAEntro dicembre di quest’anno, le scuole sono chiamate ad effettuare la rendicontazione sociale, cioè a pubblicare e diffondere i risultati raggiunti. Cosa significa esattamente? Quali gli elementi di attenzione? Quale il fine?

damiano prEVitali

dirigente MiuR

ATTUALITA

b`

per la responsabilità che deriva dall’auto-nomia, “dovevano” rendere conto dei ri-sultati effettivamente raggiunti, ma fino aoggi poche scuole lo hanno fatto volonta-riamente, mentre, entro dicembre 2019,tutte si troveranno a dover rendicontare.Quanto di più errato dal punto di vista diuna rendicontazione che diviene socialeproprio nel momento in cui è intenzio-nale; quanto di più necessario dal puntodi vista di un sistema di valutazione chepuntando sull’autovalutazione interna ha

necessità di aprirsi al so-ciale.

InDIcatorI e DatI

comparabIlI

N el dpr 80 lar e n d i c o n t a -

zione si caratterizza perun secondo aspetto, perl’uso di “indicatori e daticomparabili”. Come a

Da tempo le scuole“potevano” e, per

la responsabilità che deriva dall’autonomia,

“dovevano” rendere conto dei risultati

effettivamente raggiunti,ma fino a oggi

poche scuole lo hannofatto volontariamente

1 per approfondimentivedi: moniCa loGozzo,damiano previtali, mariatereSa StanCarone, Larendicontazione sociale nellascuola. ed deagostini/tec-nodid 2019.

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4 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

ATTUALITAdire che le esperienze di rendicontazioneche tendono ad essere delle narrazioni odegli elenchi di progetti non sono signifi-cative, in quanto non assumono la respon-sabilità sociale “sia in una dimensione ditrasparenza sia in una dimensione di con-divisione e promozione al miglioramento delservizio con la comunità di appartenenza”.

determinante, per lo sviluppo di unacultura della rendicontazione, sarà l’inte-resse sempre più crescente e inevitabiledelle famiglie e delle parti sociali di cono-scere i dati fondamentalidella scuola con “indica-tori e dati comparabili”.

ma attenzione, per-ché la stessa ricerca so-ciale ha dimostrato chela sola trasparenza, intesacome accessibilità totaledelle informazioni, nonproduce necessariamentegli effetti desiderati. anzi,le politiche di esclusivatrasparenza hanno generato informazionicon scarso o irrilevante valore pubblico ehanno imposto oneri alle organizzazioni,costrette a raccogliere e pubblicare datisenza raggiungere gli obiettivi prefissati dimaggior controllo o miglioramento.

la trasparenza non va enfatizzata, manemmeno banalizzata: l’informazione inquanto dovuta non è necessariamente do-tata di senso e in quanto volontaria nonha necessariamente un valore.

ad esempio, l’informazione sui solidati derivati dalla misurazione degli ap-

prendimenti attraverso prove standardiz-zate è inopportuna e rischiosa se non ècollocata in elementi di contesto e di pro-cesso, ma parallelamente le scuole che in-tendono promuoverla volontariamente sitrovano in difficoltà, in quanto non hannoancora strumenti per una rendicontazionepubblica efficace. in definitiva, oggi, ri-schia di diventare un problema sia l’infor-mazione come atto dovuto sia l’informa-zione come atto volontario, in quanto viè un problema irrisolto e pertanto rimosso.

Ci riferiamo sia a cosa hasenso rendicontare perevidenziare la qualitàdella scuola, sia al fattoche in un servizio, conforti caratteristiche rela-zionali, vi sono dimen-sioni che non si possonorendicontare con daticomparabili. infatti lascuola lavora molto sudimensioni immateriali,

ma finisce sempre con il documentare solociò che è tangibile in quanto rilevabile,misurabile, documentabile.

la mIsUra Dell’ImmaterIale

D a tempo nella scuola ci si interrogase sia sufficiente e significativo mi-

surare la qualità attraverso standard e pa-rametri di riferimento quantitativo. datempo si è alla ricerca di strumenti perandare oltre la corrispondenza fra “misurae materia”, in cui soltanto ciò che è mate-

Le esperienze di rendicontazione che tendono a essere

delle narrazioni o degli elenchi

di progetti non sono significative, in quanto

non assumono la responsabilità sociale

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5 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

ATTUALITAriale può essere misurato e portato all’evi-denza pubblica, mentre ciò che è imma-teriale deve essere conti-nuamente accantonato elasciato ai margini del si-stema. Chiunque vive lascuola ha consapevolezzadi quanto siano determi-nanti alcune dimensioniche non sappiamo ancoracome rilevare e quantifi-care, ma la valutazione –in questa accezione po-tremmo meglio dire la misurazione – ri-guarda prioritariamente ciò che è defini-bile. eppure le persone, e in particolaregli studenti, da sempre chiedono di averesia misure giuste sia valutazioni che ri-spettino e valorizzino la propria unicità.la differenza fra misurazione e valutazionesta proprio nel fatto che la misura ha bi-sogno di standard oggettivi, la valutazionepuò permettersi di andare oltre per ac-compagnare ogni persona allo sviluppodel proprio talento con attenzione alla suaunicità. lo stesso discorso può essere ri-portato nella valutazione delle organizza-zioni complesse come la scuola. infatti,negli ultimi decenni abbiamo visto il dif-fondersi di una pluralità di indicatori coni dati della scuola comparati a livello pro-vinciale, regionale e nazionale, mentre orasempre più abbiamo la richiesta di andareoltre gli standard per avvicinarci maggior-mente al singolo contesto e alle diversescelte. in definitiva anche le organizzazionirivendicano il proprio “carattere” anzi, in

alcuni casi, rivendicano una storia, unavocazione, un carisma. tutte dimensioni

immateriali e per moltiaspetti difficilmente rile-vabili in quanto incom-parabili e intangibili2.ovvero aspetti intangibilied immateriali che nonpossiamo permetterci dilasciare fuori dal discorsosulla valutazione ma dicui, oggi purtroppo, ab-biamo una tale carenza di

analisi da non poterli tenere nella dovutaconsiderazione.

la mIsUra DeI rIsUltatI

I l dpr 80 riconduce tutto il Snv“ai fini del miglioramento della qua-

lità dell’offerta formativa e degli apprendi-menti”. l’offerta formativa e gli appren-dimenti sono il punto di riferimento e larendicontazione sociale porta a pubblicaevidenza i risultati raggiunti. lo sviluppodella normativa nel disegno generale delSnv mette al centro i risultati in terminidi esiti formativi ed educativi, per rag-giungere i quali sollecita l’attenzione versoalcuni processi, ben sapendo dell’impor-tanza delle risorse e del contesto di riferi-mento. Gli esiti formativi ed educativi

Da tempo nella scuola ci si interroga

se sia sufficiente e significativo

misurare la qualitàattraverso standard

e parametri di riferimento quantitativo

2 “Rendere manifesto il carattere generativodell’educazione alla luce di un’antropologia incen-trata sulla costituzione relazionale dell’uomo” (cfr.“la sfida educativa” a cura del Comitato per il pro-getto culturale della Cei. edizioni laterza 2009).

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degli studenti sono suddivisi in quattroaree:

1. risultati scolastici; 2. risultati nelle prove standardizzate

nazionali; 3. risultati nelle competenze chiave

europee; 4. risultati a distanza.le quattro aree a loro volta sono de-

clinate in indicatori e descrittori. per ognidescrittore sono forniti i dati per una com-parazione fra scuola, regione, nazione. insostanza, gli esiti sono ilcuore pulsante del Snv,tant’è che le priorità dimiglioramento sono daindividuare esclusiva-mente nelle aree degli esitie le stesse priorità sonoincardinate negli incarichidei dirigenti scolasticicome obiettivi da perse-guire. da ultimo le prio-rità riportano i traguardi che la scuola siimpegna a realizzare entro il triennio.

Siamo partiti dalla normativa e siamoarrivati alle priorità e ai traguardi per so-stanziare che la prima forma di rendicon-tazione è da riportare ai traguardi effetti-vamente raggiunti. È questa la responsabilitàdegli impegni assunti, tipica di qualunquerendicontazione. in questa direzione dilavoro la rendicontazione è coerente conl’Snv, dentro cui normativamente nasce,pur sapendo che non riesce ad esprimetetutta la sua potenzialità, dando contoanche dei risultati effettivamente realizzati

6 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

ATTUALITAcon l’offerta formativa e ancor meno riescea portare in evidenza i dati sulle dimensioniimmateriali in quanto difficilmente iden-tificabili, rilevabili, misurabili e compara-bili.

la rendicontazione, chiusa e con-clusa, nel dare conto dei traguardi indivi-duati nel rav e raggiunti (o non rag-giunti), rischia di essere riduttiva in quantoricondotta esclusivamente al migliora-mento dei punti di debolezza della scuola,quando tutte le scuole sono (giustamente)

interessate a mettere inevidenza i propri punti diforza e (ovviamente) tuttele famiglie sono interes-sate a scegliere la scuolaper i propri figli in rela-zione alla qualità dell’of-ferta formativa. eviden-ziamo questo passaggio inquanto il rav nasce conlo scopo di supportare la

scuola nell’autoanalisi per individuare ipropri punti di debolezza e migliorarli,mentre il ptof nasce con lo scopo diportare in evidenza i punti di forza dellaofferta formativa. È ovvio supporre chetutte le scuole siano interessate a riportarenella rendicontazione sociale i loro puntidi forza e non le loro debolezze.

da qui la scelta di una rendiconta-zione per livelli progressivi riassumibilein:

1. una base comune obbligatoria,semplice ed essenziale, collegabile ai tra-guardi;

L’offerta formativa e gli apprendimenti

sono il punto di riferimento

e la rendicontazione sociale

porta a pubblica evidenza

i risultati raggiunti

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7 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

2. un’integrazione facoltativa, oppor-tuna e consigliabile, collegabile all’offertaformativa;

3. un approfondimento possibile,complesso e impegnativo, attraverso stru-menti sofisticati e strutturati come il Bi-lancio sociale, il Bilancio di missione, ilBilancio di sostenibilità.

la renDIcontazIone socIale

L a rendicontazione nel Snv è defi-nita come “sociale”

in quanto si apre a “unadimensione di trasparenza... di condivisione e pro-mozione al miglioramentodel servizio con la comunitàdi appartenenza”. nelleprime esperienze di ren-dicontazione, simulate conle scuole, abbiamo vistocome sia difficile il pas-saggio dalla rendicontazione amministrativainterna, alla rendicontazione sociale apertaalla comunità. riportiamo in breve tretemi tipicamente sociali che le scuole ten-dono a dare per scontato ma, in realtà,sono pieni di insidie:

• la scelta dei risultati da portarein rendicontazione (è importante sce-gliere pochi e chiari risultati che portinoin evidenza la propria identità progettualepur dinnanzi ad una molteplicità di dati);

• la qualità dell’offerta nella sua or-ganicità (è importante portare in evidenzaattraverso i risultati, il valore dell’offerta

ATTUALITAformativa nella sua totalità e organicità,infatti alcuni frammenti, pur se parzialirispetto complessità dell’offerta formativapermettono comunque di scorgere il di-segno complessivo e di rilevare il valoreaggiunto della scuola);

• la scelta del lessico e l’approccioalla comunicazione (è importante sapereche la rendicontazione è per il sociale e diconseguenza bisogna fare attenzione allacomunicazione, soprattutto quanto alcunistrumenti hanno un lessico ricercato e ne-

cessitano di competenzetecniche che non pos-siamo dare per scontato).

nel momento in cuialla scuola si chiede sem-pre più di partecipare allacostruzione del sociale,formando competenze erafforzando valori, lastessa scuola deve innan-zitutto avere chiarezza

della propria missione e assumersi la re-sponsabilità di rendere conto dei risultatiottenuti. la rendicontazione è della co-munità professionale e si rivolge alla co-munità sociale, contenendo la dinamicaimperante della ricerca dell’interesse per-sonale per portare in evidenza l’interessecomune e, in modo ancor più complesso,il bene comune.

La prima forma di rendicontazione

è da riportare ai traguardi

effettivamente raggiunti. È questa

la responsabilità degli impegni assunti

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Su segnalazionedei lettori...

8 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

Lucia da Sassuolo: “Dimmi e io di-mentico; mostrami e io ricordo; coin-

volgimi e io imparo” (Benjamin franklin).

antonella da Bisceglie: “Un inse-gnante che cerca di insegnare senza ispirarenell’alunno il desiderio di imparare sta mar-tellando un ferro freddo” (horace mann).

federica da napoli: “La parte mi-gliore della mia istruzione è venuta dalla bi-blioteca pubblica... la mia quota dipartecipazione è un biglietto dell’autobus e,una volta ogni tanto, cinque centesimi algiorno per un libro di ritardo. Non hai bi-sogno di sapere molto per cominciare, se siconosce la strada per la biblioteca pubblica”(lesley Conger).

mimma da roma: “Il fare è il migliormodo d’imparare” (Giacomo leopardi).

isabella da Carpi: “Educare è come se-minare: il frutto non è garantito e non è im-mediato, ma se non si semina è certo che nonci sarà raccolto” (Carlo maria martini).

Caterina da palermo: “Chi dice che èimpossibile non dovrebbe disturbare chi cela sta facendo” (albert einstein).

luca da roma: “L’uomo contempora-neo ascolta più volentieri i testimoni che imaestri, o se ascolta i maestri lo fa perchésono dei testimoni” (paolo vi).

antonella da vercelli: “L’educazionenon è un’esperienza intellettuale ma un’espe-rienza di vita, non è solo conoscenza maanche e soprattutto relazione” (papa fran-cesco).

Cinzia da lucca: “E per favore... perfavore, non lasciamoci rubare l’amore per lascuola!” (papa francesco).

Gaetano da Bologna: “Se uno ha im-parato a imparare, – è questo il segreto, im-parare ad imparare! – questo gli rimane persempre, rimane una persona aperta alla re-altà!” (papa francesco).

francesco da udine: “Una buona testae un buon cuore sono una combinazioneformidabile. Ma quando ci aggiungi unalingua o una penna colta, allora hai davveroqualcosa di speciale” (nelson mandela).

Gianluigi da modena: “Trasformare isudditi in cittadini è miracolo che solo lascuola può compiere” (piero Calamandrei).

AFORISMI

u

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9 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

"P ace in ognicasa, ogni stra-

da, ogni villaggio,ogni paese: è questo il mio sogno. istru-zione per ogni ragazza e ogni ragazzo delmondo”. malala ha solo dieci anni quandoinizia la sua battaglia per l’istruzione fem-minile. la sua terra d’origine, la valledello Swat in pakistan, un triste giornoviene occupata dai talebani che vietanoalle bambine e alle ragazze di andare ascuola. malala non si perde d’animo econ la sua creatività inizia a raccontare lasua vita alla BBC, in lingua urdu, sottolo pseudonimo di Gol makai. tutto pro-cede bene fino al giorno in cui alcuni ta-lebani le sparano mentre sta tornando acasa da scuola. Cosa succederà alla piccolamalala? riuscirà a riprendersi, a invertirela rotta e a far valere il diritto allo studioper tutte le ragazze?

vincitrice del premio nobel per lapace nell’ottobre del 2014 e di tanti altriprestigiosi riconoscimenti, la storia dimalala cattura con la magia di un romanzodi fantasia pur essendo una storia vera.raccontata in prima persona con il supportodi patricia mcCormick, il testo viene ac-compagnato dalle delicate illustrazioni diJoanie Stone.

maria luisa rinaldi una letturaispirante, avvincentee che aiuta a crederenei sogni giusti. per-ché, riprendendo leparole di malalapronunciate nel ce-lebre discorso allenazioni unite anew York, “unbambino, un inse-gnante, una pennae un libro possonocambiare il mondo”.

malala You-safzai è nata il 12luglio 1997 a min-gora, pakistan.

dall’ottobre2017 frequenta l’università di oxford ininghilterra. Continua a battersi per l’ac-cesso universale all’istruzione attraverso lamalala fund, un’organizzazione no profitche investe in programmi gestiti dalle co-munità locali e sostiene i fautori dell’istru-zione in tutto il mondo.

TITOLO: Malala. La miabattaglia per i diritti delle ragazzeAUTORI: malalaYousafzai con patriciamcCormickEDITORE: GarzantiPAGINE: 134PREZZO: € 12.00

LIBRI

nÈ stata la più giovane vincitrice del Nobel per la Pace. Malala Yousafzai èla protagonista di una storia straordinariafatta di coraggio, determinazione e amoreper lo studio. Un sogno condiviso, un innoalla libertà e alla pace senza compromessi.

La forza di un sogno

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"U na versione con-temporanea del-

le classiche Confes-sioni di S. Agostino”.Così scrive luis an-tonio tagle, nella bel-la prefazione al testo,per descrivere l’ulti-ma fatica del fron-tman dei e Sun.“Francesco Lorenzicondivide in questepagine un vasto spettrodi informazioni perla mente ma, cosamolto più importante,motiva il lettore a de-siderare un’autenticaformazione del cuore”.attraverso la risco-perta di vizi e virtùe di un deciso com-battimento spirituale, il libro articola lastrada della felicità in 21 passi “leggeri eprofondi, intensi e pesanti, vivaci e riflessivi,talvolta duri, ma tutti sperimentati sullamia pelle”. un libro grintoso, energico,splendidamente autentico.

francesco lorenzi è un cantautore,anima della band e Sun. dopo averfondato nel 1997 con tre amici il gruppopunk rock Sun Eats Hours, nel 2009 haintrapreso, assieme agli altri membri dellaband, un intenso percorso di conversioneal cattolicesimo che ha raccontato nel be-stseller La strada del Sole.

10 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

S timolare intuito,capacità logica,

capacità deduttiva,memoria, arte deidettagli senza tra-scurare divertimentoe sana curiosità: è lamissione (riuscita!)del libro di Stewartross del 2018 (Solveit like Sherlock) tra-dotto ora in italia.

ventic inquecasi inediti per sfi-dare il famoso inve-stigatore, venticinquecasi appassionati eintricati per impararea considerare i fattida una prospettivadiversa. “Il filo con-duttore dei venticin-

que casi inediti raccolti in questo libro èproprio la celeberrima abilità di Holmes dirisolvere i crimini attraverso il ragionamentoe il sapere”. ogni piccolo lettore potrà an-ticipare Sherlock holmes e verificare afine libro la riuscita del caso: tutte le solu-zioni sono presenti, accompagnate daampie spiegazioni. Chi arriverà primonella ricerca della verità?

stewart ross è uno dei più versatilie popolari scrittori inglesi, con più di 300pubblicazioni. vive con la moglie lucyvicino Canterbury e dal 1989 si dedica atempo pieno alla scrittura.

C O N S I G L I A T OSFIDA ALL'ULTIMO

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TITOLO: Nei pannidi SherlockAUTORE: Stewart rossEDITORE: edizioni elPAGINE: 254PREZZO: € 12.50

TITOLO: I segreti dellaluce. 21 passi per la felicitàAUTORE: francesco lorenziEDITORE: rizzoliPAGINE: 362PREZZO: € 18.00

L E T T U R E S O L A R I21 PASSI PER LA FELICITà

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11 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

LA VALUTAZIONEDEGLI APPRENDIMENTI

SPECIALE

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Un altro anno scolastico si è con-cluso, con i titoli di coda dellepagelle. per qualcuno è stato un

happy end, per altri il finale è rimastoaperto. C’è chi ha festeggiato e si gode ilmeritato riposo senza pensieri e chi invecedovrà cliccare sul tasto “replay” per rivederequello che si è perso. C’è chi ha ottenutodai genitori un bel regalo e chi ha rimediatosolo una ramanzina. Già, perché i voti,quei numeri che campeggiano accanto alnome della materia, sono fonte di gioie edolori, carezze all’autostima o orecchied’asino alla pinocchio, difficili da staccare.

alberto manzi, il maestro di “non èmai troppo tardi” che tra il 1960 e il 1968insegnò a milioni di italiani a leggere escrivere grazie alla televisione trasformataper l’occasione in una grande aula scola-stica, si rifiutò di compilare le “schede divalutazione” che sostituivano la pagellaproprio perché non voleva “bollare un ra-gazzo con un giudizio, perché il ragazzocambia, è in movimento”. per quella di-

I VOTI?MOLTO PIù ChE NUMERICambiare il metodo di valutazione aiuta gli studenti ad essere più motivati e consapevoli. E permette alla scuola di essere davvero inclusiva e attenta alla persona. Parola di due insegnanti e formatori che hanno scelto di “andare controcorrente”.

stEfania carEddu

Giornalista

12 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

SPECIALE

LA VALU

TAZION

E

DEGLI

APPRENDIMENTI

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13 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

SPECIALEsobbedienza fu sospeso dall’insegnamentoe dalla paga. l’anno dopo, di fronte allepressioni del ministero della pubblicaistruzione, decise di dare una valutazioneuguale per tutti, con un timbro: “fa quelche può, quel che non può non fa”. equando il ministero manifestò la sua con-trarietà all’uso del timbro, il maestro re-plicò: “non c’è problema, posso scriverloanche a penna”.

del resto, era convinto che la rivolu-zione fosse “una perpetua sfida alle incro-

stazioni dell’abitudine, all’insolenza del-l’autorità incontestata, alla compiacenteidolizzazione di sé e dei miti imposti daimezzi di informazione” e dunque “unevento normale, un continuo rinnova-mento, un continuo riflettere e fare, di-scutere e fare”.

a un rapido sguardo, sembrerebbeche la sua profezia sia rimasta confinatanella memoria, nei fotogrammi di una fic-tion e negli annali della storia del nostropaese. eppure c’è qualcuno che crede nella

rivoluzione, nella necessità di cambiare ilpunto di vista, anche se la maggioranzacontinua a dare “i numeri”, a misurarecosa e quanto i bambini e i ragazzi hannoimparato, spesso senza tenere in debitoconto il contesto, il livello di partenza, ilpercorso fatto.

Una prospettIVa DIVersa

Chi preferisce “andare controcor-rente” è sicuramente alessandro

Sacchella, insegnante, supervisore di tiro-cinio presso la facoltà di Scienze della for-mazione dell’università Cattolica del SacroCuore di Brescia, reduce da un anno diformazione nelle scuole salesiane, dalla pri-maria alla secondaria di 2°grado, dellaCiofs lombardia.

dopo aver visto “troppi ragazzi nonmotivati alla scuola”, ha iniziato a interes-sarsi di nuove metodologie per la valuta-zione, certo del fatto che “la scuola devedare occasioni di pensiero, essere davveroattenta alla persona e aiutare gli studenti acostruirsi il loro progetto di vita”. “esserecompetente significa essere pensante”, ta-glia corto Sacchella. per questo, occorrepassare “da una valutazione formativa auna valutazione formatrice, così che glistudenti sappiano capire e usare ciò chehanno imparato, cioè colgano gli aspettisignificativi di un processo di apprendi-mento”, dice il docente per il quale la ten-denza attuale è quella di “misurare il pro-dotto piuttosto che il processo nella lineadella personalizzazione”.

Occorre passare da una valutazione formativa

a una valutazione formatrice, così che

gli studenti sappiano capire e usare ciò che

hanno imparato, cioè colgano gli aspetti

significativi di un processodi apprendimento

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14 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

SPECIALE

La scuola? “Uno degli ambienti educativiin cui si cresce per imparare a vivere, per

diventare uomini e donne adulti e maturi, capaci di camminare, di percorrere la stradadella vita”. Così l’ha definita Papa Francesco che, proprio in quest’ottica, ha incoraggiatoinsegnanti ed educatori a “cercare nuove forme di educazione non convenzionali,secondo la necessità dei luoghi, dei tempi e delle persone”. È fondamentale “andaresempre ‘di più’ e non essere tranquilli con le cose convenzionali”, ha sottolineato neldiscorso rivolto agli studenti delle scuole gestite dai Gesuiti in Italia e in Albania.Nell’educare, ha ricordato Bergoglio, “c’è un equilibrio da tenere, bilanciare bene i passi:un passo fermo sulla cornice della sicurezza, ma l’altro andando nella zona a rischio. Equando quel rischio diventa sicurezza, l’altro passo cerca un’altra zona di rischio”.Secondo il Papa, infatti, “non si può educare soltanto nella zona di sicurezza” perchéquesto significherebbe “impedire che le personalità crescano”. Ma neppure, ha ammonito,“si può educare soltanto nella zona di rischio: questo è troppo pericoloso”. Serve “un bi-lanciamento di passi”.

IN EQUILIBRIO TRA LA SICUREZZA E IL RISChIO

Quando si valuta, spiega, entrano ingioco “le conoscenze fattuali e il processodel ricordare che si traducono in un nu-mero”, mentre bisognerebbe considerare“le conoscenze concettuali, metacognitivee procedurali”. non si tratta, precisa, di“abolire i voti, che peraltro la legislazioneci obbliga a dare, e dunque le conoscenzefattuali che restano fondamentali”, ma di“uscire dalla logica del voto come misura-zione per apprezzare il processo di appren-dimento”. Secondo Sacchella, “gli inse-

eDUcare alla consapeVolezza

A ppare evidente che a giocare unruolo decisivo sono i docenti, chia-

mati a cambiare punto di vista e ad accan-tonare i sistemi tradizionali in quanto “lavalutazione per competenze richiede un’ana-lisi del contesto e di diverse dimensioniche il voto non racchiude”, rileva elisabettananni, insegnante di musica all’istitutoComprensivo rovereto e in forze all’istitutoprovinciale per la ricerca e la sperimentazione

gnanti dovrebbero avere la capacità di pro-gettare esperienze di apprendimento si-gnificative e trarre dimensioni di compe-tenze da tenere presenti nella valutazione”.ecco perché è fondamentale collegare “lafase della valutazione a quella della pro-gettazione”.

educativa (iprase) di trento, ente natonegli anni ‘90 per la ricerca, la sperimen-tazione e l’innovazione in campo educativoe scolastico. “il voto oggi – osserva – nonbasta, è riduttivo perché rappresenta un’eti-chetta per il ragazzo. Serve invece una va-lutazione a 360 gradi che comprenda

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15 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

SPECIALEdiverse dimensioni”.Spesso accade che “siavissuta come una pu-nizione, mentre la va-lutazione deve riuscirea mettere in luce, comein un diamante, quellesfaccettature che restanoin ombra”. Questo nonvuol dire “regalare ivoti, ma rendere i ra-gazzi più consapevoli”,sottolinea la docenteche già dieci anni fa,cioè “in tempi non so-spetti”, adottò il “por-tfolio dello studente”,uno strumento poi “in-serito nella riformamoratti, anche se in-terpretato solo in chiaveburocratica”. il portfo-lio, ricorda, consente“ai ragazzi di selezio-nare, al termine del tri-mestre o quadrimestre,due attività preferite edi motivarne la scelta,così da aiutarli nell’au-tovalutazione e al tem-po stesso offrire all’in-segnante elementi inpiù”. “abituare gli stu-denti a riflettere sulleesperienze significativepermette di scegliere,motivare, argomentare

e raccontare”, aggiungenanni che “a documen-tare e a studiare l’espe-rienza vissuta è allenatafin dalla prima elementare,quando una maestra mol-to innovativa, una delleprime certamente a lavo-rare sulla didattica percompetenze, ci fece ap-profondire trasversalmentel’evento dell’allunaggio”.

La sua storia – fissata inun disegno poetico firmato

dal vignettista Makkox – è diventata virale. Di lui non si co-nosce il nome. Si sa che aveva quattordici anni, era originariodel Mali ed è annegato nel Mediterraneo, mentre cercava ditrovare un futuro migliore. Nella giacca aveva cucita una pa-gella, con i voti delle materie scritte in arabo e francese. “Questicasi, quelli che conosciamo ma chissà quanti non ne cono-sciamo, né conosceremo mai, di giovanissimi che attribuisconoalla loro pagella, ai loro risultati scolastici, il valore di un pas-saporto, o anche più di un passaporto, di un accreditamentodi serietà e di impegno verso Paesi in cui speravano di potersviluppare la loro vita, la loro cultura, il loro benessere, certa-mente interroga fortemente la nostra coscienza”, ha osservatoil Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorsorivolto all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meri-dionale, nel 40° anniversario di fondazione dell’Ateneo. Se-condo Mattarella, vicende come quella dello studente maliano,ribadiscono che “lo studio costituisce insieme la spinta e lostrumento per la cultura, per l’interesse e il rispetto verso leculture diverse, verso le altrui opinioni, verso l'esperienza dialtri”. “Lo studio – ha sottolineato – costituisce la spinta e lostrumento per l’apertura, per il dialogo, per l’amicizia”.

UN PASSAPORTO PER IL FUTURO

Il Portfolio consente ai ragazzi di selezionare,al termine del trimestre

o quadrimestre, due attività preferite

e di motivarne la scelta, così da aiutarli

nell’autovalutazionee al tempo stesso

offrire all’insegnante elementi in più

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SPECIALEsapere, saper fare e saper essere

L'operazione che sta alla base delportfolio, in un oriz-

zonte di “educazione allaconsapevolezza”, ha inoltreil vantaggio di “facilitarel’orientamento”. “Se un ra-gazzo documenta e riflettesull’esperienza fatta, si co-nosce, affronta le difficoltàe cerca di superarle, accetta

i suoi limiti”, evidenzia la docente eviden-ziando che la valutazione diventa “proattivaall’orientamento”. oltre che “inclusiva”,in quanto sposta l’attenzione dal risultatodi una prova in sé e guarda al quadro ge-nerale, ai livelli di partenza e agli step rag-

16 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

giunti, senza dimenticare “la creativitàdelle soluzioni”. in altre parole, tiene contodel “sapere, saper fare e saper essere” di cui

parlava san Giovanni Bosco,patrono degli educatori e in-ventore del sistema preven-tivo.

“una didattica per com-petenze all’interno dell’isti-tuto evita le disparità e aprela strada a una valutazioneequa”, conferma nanni che

si dice convinta del fatto che “tutti i settoridell’educazione debbano riflettere su sestessi e fare la propria parte”. “Se riusciremoa ribaltare il sistema di valutazione – con-clude – avremo studenti più motivati epiù consapevoli”.

“Se si giudica un pesce dalla sua capacitàdi arrampicarsi sugli alberi, passerà la sua

vita a credere di essere stupido”. Ne era convinto Albert Einstein, tra i più grandiscienziati del XX secolo, Premio Nobel per la fisica, che ai tempi della scuola non brillavacerto per i suoi voti. Pare infatti che sulla sua pagella campeggiassero 3, 4 e 5. Anchel’astrofisica Margherita Hack, la prima donna a dirigere un Osservatorio astronomico,fu rimandata in matematica. Stanley Kubrick, il visionario regista di “2001: Odisseanello spazio”, “Shining” e di altri capolavori del cinema mondiale, pur avendo unquoziente intellettivo superiore alla norma, alle superiori risultò uno studente mediocre,e Steven Spielberg, regista di “Jurassic Park”, “ET” e “Indiana Jones”, solo per citarnealcuni, fu rifiutato due volte dalla scuola Teatro, cinema e televisioni dell’Universitàdella South California. “Non andavo bene e trovavo la fisica una materia ben pocoispirante. Ero invece più attratto dalla chimica e dalle lingue”, ha raccontato PeterHiggs, Nobel per la Fisica nel 2013, celebre per aver ipotizzato, negli anni Sessanta,l’esistenza del bosone che porta il suo nome, oggi membro della Royal Society inglese eprofessore emerito di Fisica Teorica all’Università di Edimburgo.

GENI... INCOMPRESI

Una didattica per competenze

all’interno dell’Istituto evita le disparità e apre

la strada a una valutazione equa

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17 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

competenza: Un concetto che DIVIDe

I l costrutto della competenza, rece-pito dal sistema dell’istruzione ita-

liano già a partire dal 2007 (quando,ministro fioroni, vengono pubblicati gliassi Culturali della Scuola Secondaria1),non ha mancato e non manca di suscitarediscussioni. due sono le principali que-stioni al centro del dibattito.

la prima è ben messa a fuoco dalpunto di vista di chi ritiene le competenzeil cavallo di troia di cui il mercato si servi-rebbe per entrare definitivamente nellascuola (Baldacci, 2014; 2019). È unapaura, quella nei confronti del mercato,

VALUTARE LE COMPETENZEIl concetto di competenza nella scuola suscita discussioni.C’è chi lo denigra, temendo la perdita del valore culturale nell’istruzione o l’ingerenza nella stessa dell’impresa, chi invece ne vede un’occasioneper valorizzare talenti. Intese così, le competenze aprono scenari nuovi, anche nella valutazione.

piEr cEsarE

riVoltElla

Professore universitarioe direttore scientificodel Cremit

che la scuola pubblica si porta dietro dasempre nel nostro paese e che si traducenella refrattarietà verso qualsiasi cosa possain qualche modo costituire una conces-sione all’azienda, all’economia, alla produ-zione. in questa prospettiva le competenzevengono interpretate come skills (anche ilricorso a un lessico anglofono conferma lapaura, anzi la amplifica) che il futuro la-voratore deve acquisire già sui banchi discuola. l’insegnamento diventerebbe cosìtraining, addestramento a saper fare dellecose; si perderebbe il suo valore culturale,di approfondimento. l’esito, in uscitaverso le professioni è – per chi si riconoscein questa visione critica – qualcuno che siincastri alla perfezione dentro il sistemaproduttivo, senza farsi domande, senza svi-luppare senso critico.

la seconda questione, in fondo com-plementare alla prima, si riconosce, invece,nell’analisi di chi contrappone in manierafortemente polarizzata competenze e con-tenuti. dietro a questa antitesi c’è di fatto

1 il documento è contenuto nel dm 22 /8/2007; n. 139, che reca le norme per l’assolvimentodell'obbligo di istruzione e le indica competenzechiave di cittadinanza da acquisire al termine del-l’istruzione obbligatoria (all. 2 ).

per il testo completo cfr. in internet, url:https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2007/allegati/all1_dm139new.pdf.

SPECIALE

LA VALU

TAZION

E

DEGLI

APPRENDIMENTI

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il confronto tra due ideedi scuola. la scuola dellecompetenze (sempre nel-la lettura dei suoi de-trattori) è la scuola deipedagogisti, delle fan-donie metodologiche, dichi vuole negare che ilcompito dell’acquisizioneculturale deve costare fa-tica, di chi vuol farla fa-cile, di chi ha distrutto la scuola italiana.l’attacco frontale non è solo alla pedagogia(rea di non essere scienza e di spacciarsicome tale) ma anche ai padri della scuolaattiva e democratica, don milani in testa.a questa scuola viene contrapposta lascuola dei contenuti, ovvero la scuoladella serietà, delle ore passate sui libri,della Cultura, della predella sotto lacattedra, dell’autorità2.

18 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

Bocciate, insomma,le competenze, sia dacerta critica di sinistra al-lergica a quelli che a suodire sono tentativi di in-tromissione del capitalenella scuola, sia dai rea-zionari che riduconol’insegnamento solo atrasmissione del dato el’apprendimento a su-

dore e lacrime.

faccIamo chIarezza

L e ragioni alla base dell’introduzionedel costrutto di competenza nel si-

stema dell’istruzione non sono economi-cistiche, ma pedagogiche.

Se misuro le competenze in uscita daun ciclo di istruzione, o da una classe, se-condo dei livelli univocamente descritti,mi doto di uno strumento grazie al qualefavorire la circolazione degli studenti. non

Se misuro le competenzein uscita, secondo

dei livelli univocamentedescritti, mi dotodi uno strumento

grazie al quale favorirela circolazione

degli studenti. Non solo.Mi dispongo

a valorizzarne i talenti

2 tra gli esempi più chiari di questo tipo diretorica si vedano: Scotto di luzio (2015) e Gallidella loggia (2019).

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19 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

solo. mi dispongo a valorizzarne i talentiche potrebbero non necessariamente con-sistere nell’intelligenza lin-guistica e logico-argomen-tativa che la scuola deicontenuti ha sempre esal-tato (Gardner, 1999).Spesso i nostri studentisono mancini zoppi. ilmancino zoppo è qualcu-no che non può risolverei problemi in modalitàstandard: deve trovare stra-de alternative che compensino i suoi deficit.Scrive michel Serres (2015; 99): «Noi uo-mini siamo la dissimmetria del mondo, nesiamo l’anomalia animale. Le cose sono; iviventi sono; noi esitiamo: la parola indica inostri scarti di equilibrio. Zoppichiamo; edunque, per sopravvivere, dobbiamo pensare.Continuiamo a sperare che il pensare com-penserà la nostra zoppìa». Sono convintoche quella del mancino zoppo sia un’im-magine efficace di quel che intendiamoquando parliamo di uno studente compe-tente. la scuola delle competenze nonprepara al lavoro, serve a personalizzare, acreare le condizioni perché tutti possanoavere pari opportunità di riuscita.

d’altra parte, non ha senso contrap-porre i contenuti e le competenze. unodei problemi più grossi della scuola deicontenuti – quel che l’ha sempre resa “unospedale che cura i sani” secondo la celebreimmagine di Lettera a una professoressa – èdi dare per scontate tutta una serie dicompetenze: la capacità di ascolto attivo,

SPECIALEdi selezione critica e di rielaborazione deicontenuti, di prendere appunti, di produrre

quadri di sintesi, di sot-tolineare e schematizzareuna pagina. anche se optoper la didattica più tra-smissiva che si possa im-maginare non posso nonpretendere implicitamentedai miei studenti che met-tano in campo delle com-petenze per sviluppare iloro apprendimenti. È

chiaro che anche una scuola delle compe-tenze non esisterebbe senza i contenuti:non esistono competenze vuote; esse siesercitano sempre a partire dal contenuto.ma evidentemente non si limitano a resti-tuirlo, bensì lo articolano, lo usano per ilproblem solving, lo trasferiscono da un am-bito di sapere all’altro.

I lImItI

Della ValUtazIone traDIzIonale

L a scuola dei contenuti ne ha sempreaccertato il possesso e l’applicazione

da parte dello studente. in buona sostanza,in questa scuola, valutare significa: misu-rare se i saperi sono stati acquisiti e se lostudente è in grado di trovare soluzione aproblemi che ha imparato a riconoscere.la valutazione, nella scuola dei contenuti:

1) misura2) conoscenze e abilità nel problem

solving procedurale.un paio di considerazioni...

Anche una scuola delle competenze non esisterebbe

senza i contenuti: non esistono

competenze vuote; esse si esercitano sempre a partire

dal contenuto

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20 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

SPECIALErebbe da padrone. ma se il valutare si ri-ducesse alla misurazione (come la valuta-

zione sommativa, quelladelle medie matematiche,vorrebbe) non potremmoné apprezzare, né cono-scere (hadji, 1992). l’ap-prezzamento è ciò checonsente all’insegnante dicapire quanta strada hafatto lo studente, cosa visia di positivo nella sua

anzitutto misurare è sicuramente im-portante quando si valuta, ma non è suffi-ciente. È importante mi-surare, e farlo in manierarigorosa, perché consentedi sottrarre il valutare al-l’aleatorietà: senza unamisurazione ben condottasarei schiavo delle mieprecomprensioni, prevar-rebbero simpatie e anti-patie, l’effetto alone la fa-

Se il valutare si riducesse alla

misurazione (come lavalutazione sommativa,

quella delle medie matematiche, vorrebbe)

non potremmo né apprezzare,

né conoscere

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21 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

prestazione. mentre il conoscere è quelche la prova consente di capire: naturadegli errori, fattori che possono aver incisosulla prestazione. Solo dopo aver misuratorigorosamente e, grazie a questa misura-zione, apprezzato e conosciuto, si posseg-gono tutti gli elementi che servono a for-mulare un giudizio che, quindi, è ben piùampio e comprensivo di quanto una me-dia non possa suggerire.

il problem solving procedurale consi-ste nell’imparare a riconoscere alcune tipo-logie di problemi eapplicare schemi di solu-zione noti per risolverli.È come quando a le-zione di matematica sisvolgono alla lavagnadegli esercizi-tipo e poisi assegnano di compitoaltri esercizi riconduci-bili a quelli in vista delcompito in classe. l’in-segnante che poi nellaprova inserisse un esercizio mai incontrato,facilmente si sentirebbe obiettare: «MaProf, non l’abbiamo mai fatto!». ecco il li-mite del problem solving procedurale: nonallena a far fronte all’imprevisto, non abi-tua al problem solving euristico nel quale loschema di soluzione non è già noto.

le competenze nel mIrIno

D a quanto siamo venuti dicendodovrebbe ormai essere chiaro che

la scuola delle competenze non è meno

SPECIALEseria e meno preoccupata dell’acquisizioneculturale rispetto alla scuola del contenuto:valuta solo le performances con unosguardo più largo, più comprensivo. pro-viamo in conclusione a dirne qualcosa.

anzitutto la valutazione delle com-petenze mette in situazione gli apprendi-menti. Questa è forse la caratteristicaprincipale dei compiti autentici: sono taliperché non astratti, non decontestualizzati,ma collocati dentro l’esperienza dello stu-dente, riconducibili alla vita. la differenza

principale rispetto a certeprove tradizionali, è cheil compito autentico “hasenso”, si comprendecosa richieda, è sfidante.Sono tutti aspetti chedispongono lo studenteverso la prova in manieranuova.

in secondo luogo,la valutazione delle com-petenze valuta il processo,

non soltanto il prodotto. uno dei limitidelle prove tradizionali è che in esse sivaluta solo il risultato: i passaggi e le scelteche vi hanno condotto lo studente nonsono esplicitati, o rimangono del tutto as-senti. Così diviene difficile capire se la ri-sposta sia arrivata per competenza, o percaso, per un colpo di fortuna, o perchéfrutto del lavoro di un compagno indul-gente.

ancora, la valutazione delle compe-tenze mette in prospettiva le prestazioni.Gli americani definiscono la valutazione

La scuola delle competenze non è meno

seria e meno preoccupatadell’acquisizione culturale rispetto

alla scuola del contenuto:valuta solo

le performances con uno sguardo più

largo, più comprensivo

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tradizionale un one-shot testing. l’immagineè efficace: hai un solocolpo in canna, se sbagliè andata! il “colpo soloin canna” è spesso il com-pito in classe che diffi-cilmente potrà essere re-cuperato, sono le pocheprove in un anno chedecidono del destino del-lo studente. Questo tipodi valutazione non con-sente di apprezzare i mi-glioramenti o i passi indietro, non consentedi avere il polso degli apprendimenti. adifferenza di questo tipo di valutazione, lavalutazione delle competenze chiede al-l’insegnante di collocarsi nella prospettivadella valutazione diffusa, ovvero di unavalutazione che sappia valorizzare le diversetipologie di attività e prestazione dellostudente di cui ogni giornata di scuola èpunteggiata. evidentemente, questo tipodi valutazione chiede di essere sostenutada griglie e check-list e non può cheprevedere l’uso del portfolio da parte deglistudenti.

da ultimo, la valutazione delle com-petenze è assolutamente formativa. in unarubrica per misurare le competenze nonesistono livelli di prestazione negativi. Seci si pensa è logico che sia così: la prestazionesi ricava da degli indicatori, ovvero dadelle evidenze; se non ci sono evidenze, senon si vede nulla, non sarà possibile rico-noscere livello di competenza alcuno. Que-sto fatto è di grande portata perché consente

SPECIALE

22 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

di leggere in positivo l’errore o la mancanza:una competenza che nonsia raggiunta nemmenoal suo livello iniziale, èuna competenza su cuioccorre lavorare ancora.più che mettere l’accentosu quel che non c’è, lavalutazione delle com-petenze indica con chia-rezza cosa occorra mi-gliorare.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

La valutazione delle competenze

chiede all’insegnante di collocarsi

nella prospettiva della valutazione diffusa,

ovvero di una valutazioneche sappia valorizzare

le diverse tipologie di attività e prestazione

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23 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

Incontro mario Comoglio, docentedi Scienze dell’educazione all’uni-versità pontificia Salesiana. l’idea

è quella di parlare di valutazione autentica,argomento su cui Comoglio vanta studi epubblicazioni, che ne fanno una delle piùautorevoli voci in italia.

l’iter che ho immaginato di seguireparte dalle competenze. Se ne parla tantooggi; da più parti ci si sforza di introdurlenella didattica, attraverso metodologie in-novative, ma a cosa serve sviluppare com-petenze se poi non se ne valuta l’acquisi-zione? Se vengono educate bisognerà purverificare che siano state realmente acqui-site. Gli chiedo quindi cosa pensa delcambiamento in atto, dellascuola delle competenze.

mi risponde, sorri-dendo, che credeva di doverparlare della valutazione,non delle competenze.“Quello delle competenze –afferma – è un punto di ar-

COMPETENZE, QUESTE SCONOSCIUTEIncontro con Mario ComoglioIl docente universitario spiega il ritardo e la confusione in merito a questo tema spinoso. La mancanza di conoscenza e teoria della competenza, le ambiguità tra competenze disciplinari e trasversali, la multidisciplinarietà a tutti i costi, rendono il quadrocomplesso. Cosa fare allora? Forse basterebbe semplificare.

n.c.

Redazione docete

rivo. l’attenzione alle stesse nella scuolanon è stata una scelta arrivata all’improv-viso, ma è una realtà maturata attraversomolti passaggi. il lungo cammino è ini-ziato negli anni ‘80 negli Stati uniti, dovesi avvertì forte la percezione che la scuolastesse crollando e gli studenti imparasserosempre meno. la società si sentiva espo-sta al rischio che i giovani non fosseropreparati ai cambiamenti. Si proposequindi un sistema di valutazione più au-tentico più corrispondente a un appren-dimento in linea con i cambiamenti dellasocietà. Si immaginò, quindi, una valu-tazione più efficiente che verificasse nonsolo il possesso di contenuti ma la capa-

cità di saperli usare. Solo suc-cessivamente, quando si ècominciato a vedere la posi-tività di questa scelta, constudenti più motivati e ap-prendimenti più profondi, siè iniziato a ragionare sullecompetenze”.

Una cosa sono

le competenze trasversali,

un’altra quelle disciplinari

SPECIALE

LA VALU

TAZION

E

DEGLI

APPRENDIMENTI

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C omoglio chiarisce dunque che oltreoceano si è arrivati alle compe-

tenze, dopo aver lavoratosulla valutazione auten-tica, avvertita come prio-rità in una società in evo-luzione. in europa le cosesono andate diversa-mente. “il contesto euro-peo – continua il profes-sore – è diverso da quellostatunitense. il bisognoavvertito nel vecchio con-tinente era quello di creare l’europa unita;un’europa in cui anche gli obiettivi di ap-prendimento fossero allineati, uguali intutti gli Stati membri. il concetto di com-petenze, legato al saper fare, è stato intro-dotto nella scuola sulla scia di questo inpute ha quindi preso connotazioni legate allepeculiarità storiche e culturali del contestoeuropeo”.

ed eccoci arrivati finalmente allecompetenze e al discorso che più mipreme: si prova a insegnare per far acqui-sire le competenze che però poi non si va-lutano.

“Bisogna fare attenzione – precisa –e distinguere due ambiti. una cosa sonole competenze trasversali, un’altra quelledisciplinari. Quando in europa si è affron-tato il discorso delle competenze chiave siè usata la parola competenze in modo am-biguo e questo ha creato confusione, por-tando a definire trasversali non solo lecompetenze che davvero sono tali, gli at-teggiamenti, ma anche quelle che invece

SPECIALE

24 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

sono propriamente competenze di altranatura, disciplinari appunto”.

E qui arriva unaprima complica-

zione. Come valutare l’ac-quisizione delle compe-tenze, in questo scenarioconfuso? “un conto è va-lutare le competenze di-sciplinari – spiega –, cosache da un certo punto inpoi nelle scuole italiane si

è fatta, un’altra è valutare quelle trasversali.lo spirito di iniziativa, ad esempio, comesi insegna e con quale prestazione si mi-sura?”.

a quanto pare, però, la complica-zione non è una soltanto, perché il pro-blema è legato anche alla visione compor-tamentista della competenza che noiabbiamo. “manca unitarietà di compren-sione disciplinare della competenza – con-tinua Comoglio –, che viene ricondotta aun mucchio di comportamenti, allasomma di un certo numero di abilità, lepiù svariate”. Che fare allora? “il punto –prosegue – non è valutare; valutare è sem-plice. il punto è che non si hanno chiarele abilità e le conoscenze che caratterizzanole varie competenze, per poi verificarle at-traverso prestazioni specifiche”.

C olpa anche dei libri di testo. “Gliinsegnanti – spiega – spesso si la-

sciano guidare dai libri di testo che però,nel proporre suggerimenti per la valuta-

Un conto è valutare le competenze disciplinari,

cosa che da un certopunto in poi

nelle scuole italiane si è fatta, un’altra

è valutare quelle trasversali

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25 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

zione autentica, spesso confondono le abi-lità con le competenze, contribuendo adaumentare la confusionegenerale”. Comoglio ri-corda che la competenzaè un insieme di abilità ca-ratterizzanti dell’operarein un certo ambito.“riassumere un testo –esemplifica – non è unacompetenza è un’abilità.l’abilità è costituita daoperari caratterizzantidentro un certo ambito di conoscenza.posso saper parlare ma non scrivere. Se soparlare, scrivere, riassumere ecc. ho unacompetenza. È chiaro che se non si hachiaro cosa si vuole sapere, cosa si vuoleverificare, la valutazione diventa incerta”.

Comoglio fa poi notare che a com-plicare ulteriormente lo scenario si è ag-giunta un’ulteriore ambiguità, che lui de-finisce “della trasversalità di tutto” e chespiega così: “Si è andati verso la interdi-sciplinarietà delle competenze, che peròcosì diventano difficili da valutare, perchécoinvolgono più insegnanti di materie di-verse, in cui gli studenti hanno livelli dicompetenze non omogenee. non tutte lecompetenze inoltre sono identiche. Quelletrasversali esigono metodologie specifiche,di insegnamento e valutative. le compe-tenze disciplinari si valutano facilmenteperché sono fisse, ma le altre sono diffuse.prendiamo ad esempio la competenza dicittadinanza o lo spirito di iniziativa, quila valutazione diventa complicata perché

SPECIALEnon c’è un docente solo che le insegna. Èovvio che occorre cambiare la metodolo-

gia. C’è poi un altro pro-blema: è la modifica degliindicatori ad ogni com-pito. Gli insegnanti usanoindicatori diversi per ogniverifica, ma come si fa inquesto modo a capire seuno studente è miglio-rato, quali progressi hacompiuto?”.

I l quadro, insomma, risulta essereoltre che complesso, confuso e poco

efficace, anche sul fronte della valutazione,e il giudizio che su esso viene espresso èindubbiamente molto duro, anche se Co-moglio riconosce delle attenuanti. “Biso-gna considerare che il cambio di para-digma è avvenuto troppo in fretta. peressere metabolizzati, certi passaggi richie-dono tempo, che gli insegnanti non sem-pre hanno. va poi aggiunto che circolanotroppe teorie sulle competenze, non tuttecorrette e fondate, che disorientano i do-centi, già di loro non sempre convinti

Il punto è che non si hanno chiare

le abilità e le conoscenze

che caratterizzano le varie competenze,

per poi verificarle attraverso

prestazioni specifiche

Non tutte le competenze sonoidentiche. Quelle trasversali

esigono metodologie specifiche, di insegnamento e valutative.

Le competenze disciplinarisi valutano facilmente

perché sono ‘fisse’, ma le altre sono ‘diffuse’

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26 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

della durevolezza di certe innovazioni. al-cuni pensano infatti che si tratti di unamoda e che come tale, prima o poi, pas-serà. il tempo sicuramente potrà aiutare,ma siamo comunque molto in ritardo”.

Gli chiedo se, nonostante tutto,qualcosa di positivo c’è in questo

scenario così poco incoraggiante. “di po-sitivo – risponde – c’è una maggior atten-zione a finalizzare meglio, a rendere si-gnificativo e concreto ciò che si insegna”.mi interrogo, e lo interrogo, su quantoquesto salto di qualità sia già un’acquisi-zione della maggior parte delle scuole.Chiarisce che nel primo ciclo, in partico-lare alla primaria, è così; meno al secondociclo, ma non per i professionali dove illavoro svolto dal ministero e sfociato negliassi culturali, agevola il passaggio dalla va-lutazione dei contenuti disciplinari allavalutazione delle competenze.

mi avvio verso la fine di questo inte-ressante e articolato colloquio con il pro-

SPECIALEfessor Comoglio e, in conclusione, gli do-mando se ha dei consigli da offrire allescuole e agli insegnanti. “Credo che allabase delle difficoltà rappresentate in questachiacchierata, ci sia la mancanza di cono-scenza e teoria della competenza. Biso-gnerebbe partire da lì e avere un chiaroconcetto di competenza da formare. Èvero che si tratta di un concetto moltovasto, che comprende svariati aspetti, mabasterebbe partire da quello contenutonella raccomandazione europea, che sitraduce in una combinazione di cono-scenza, abilità e atteggiamenti, e favorireuna maggiore riflessione sulla natura dellacompetenza che si valuta e che si insegnae sulla metodologia”.

la parola d’ordine è dunque sempli-ficare, chioso. “probabilmente ritornarealla semplicità di questa definizione aiu-terebbe, perché finché si metteranno in-sieme cose eterogenee sarà sempre difficile,se non impossibile, orientarsi e capirecome procedere. andrebbe bene anchefermarsi alla competenza disciplinare,senza eccedere; la interdisciplinarietà –conclude – è complicata”.

Bisogna considerare che il cambio di paradigma è avvenuto troppo in fretta.

Per essere metabolizzati, certi passaggi

richiedono tempo,che gli insegnanti

non sempre hanno. Va poi aggiunto che circolano

troppe teorie sulle competenze,non tutte corrette e fondate, che disorientano i docenti

Si tratta di un concetto molto vasto, che comprende

svariati aspetti, ma basterebbepartire da quello contenuto

nella Raccomandazione europea, che si traduce in unacombinazione di conoscenza,

abilità e atteggiamenti

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La scuola è finita e, come sempre, sono arrivati puntuali gliscrutini, gli esami, le pagelle, i voti, con il carico di ten-sioni, ansie, emozioni di docenti, alunni e famiglie. la va-

lutazione finale implica, sempre, sul piano soggettivo un contenutoansiogeno, perché quel voto o quel giudizio, che, in modo statico,sintetizza un processo dinamico in continua evoluzione può di-ventare la chiave di lettura della storia formativa della persona.

nelle interazioni umane la valutazione è un processo semprepresente: “Si può dire che la valutazione sia un processo simmetrico– afferma michele pellerey – perché ogni persona elabora giudizisull’altro, e riflessivo, perché ognuno costruisce un giudizio su disé, anche in relazione ai giudizi ricevuti dagli altri”.

le stesse dinamiche di comunicazione si attivano all’internodella scuola, ma con modalità ben precise.

accanto alla valutazione come atto formale, socialmente at-teso e dovuto, che fa riferimento al curricolo esplicito e che vedecome protagonisti gli insegnanti nell’esercizio della loro profes-sione, avviene anche una valutazione informale che fa riferimentoal curriculo implicito, attraverso gli scambi comunicativi all’internodella comunità scolastica, in cui entrano in gioco i bisogni, le spe-ranze, i desideri, le ansie, i pregiudizi, le inquietudini di ogni attorecoinvolto.

l’effetto sugli alunni di ambedue le valutazioni è così forteche, non di rado, i giudizi formali e informali ricevuti a scuola ven-

IL "VOTOChE SEGNA LA PERSONAPer essere formativa, la valutazione deve evidenziare i puntidi forza e di debolezza nel processo di apprendimento e indicare le strade da percorrere per migliorare, consolidareo potenziare i risultati raggiunti. Deve aiutare gli alunni ad autovalutarsi, ad acquistare autostima e a maturare una propria identità e un proprio giudizio.

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marisa ciarfElla

Psicologa

"

La valutazioneè un processosimmetricoperché ognipersonaelabora giudizisull’altro, e riflessivo, perché ognunocostruisceun giudiziosu di sé.

SPECIALE

LA VALU

TAZION

E

DEGLI

APPRENDIMENTI

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gono ricordati anche in età adulta. di fatto, come osserva ancorapellerey, gli effetti degli eventi valutativi condizionano non solo lescelte contingenti e durature e i rapporti personali, ma influenzanoanche la percezione di sé, la fiducia nelle proprie forze e capacità ela stima degli adulti e dei compagni.

dunque, entrambe le modalità di valutazione sono determi-nanti nel processo di costruzione della propria identità e nella for-mazione del concetto di sé.

il concetto di sé, elaborato come percezione di se stesso e ditutte le sue dimensioni fisiche, psicologiche, spirituali e sociali, co-mincia a formarsi precocemente attraverso le relazioni; si costruiscemediante processi di identificazione con le persone significative e

28 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

APPROCCI

La valutazione è una dimensione importante e delicata dell’insegna-mentoperché può agevolare o danneggiarela crescitadella persona

L’autostima è la valutazione circa le informazioni contenutenel concetto di sé; è la reazione emotiva che le persone sperimen-tano quando osservano e valutano i vari aspetti che compongonoil loro sé. È, in sintesi, il valore che ognuno dà a se stesso. Unasana autostima è correlata con il successo scolastico perché ha fi-ducia in se stessa, in virtù dei suoi punti forza; lavora per miglio-rare le proprie aree di debolezza ed è capace di reagirepositivamente in caso di fallimento e di reagire adeguatamentealle sfide e alle opportunità della vita.

ChE COSA È L'AUTOSTIMA

attraverso successi e fallimenti. il concetto di sé può essere definitocome una struttura centrale che racchiude una serie di componentiche consentono all’individuo di definirsi; per questo è centrale nellacostruzione della propria autostima.

le componentI...

Una sana autostima è correlata con il successo scolastico, per-ché la persona si valuta in modo positivo e si sente bene in

virtù dei suoi punti forza, ha fiducia in se stessa, lavora per miglio-rare le proprie aree di debolezza ed è capace di reagire positiva-mente in caso di fallimento.

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la valutazione è, dunque, una dimensione importante e de-licata dell’insegnamento perché può agevolare o danneggiare la cre-scita della persona e può determinare la riuscita o il fallimento deigiovani nella realizzazione del proprio progetto di vita.

per essere veramente formativa, la valutazione deve eviden-ziare in modo chiaro i punti di forza e i punti di debolezza nel pro-cesso di apprendimento e indicare le strade da percorrere permigliorare, consolidare o potenziare i risultati raggiunti. deve aiu-tare gli alunni ad autovalutarsi, ad acquistare una equilibrata au-tostima e fiducia in se stessi e a maturare una propria identità e unproprio giudizio per sapersi orientare e agire autonomamente nellavita, compiendo scelte responsabili e corrette.

la modalità di comunicazione deve essere chiara e incorag-giante, oggettiva e serena, e non deve mai veicolare giudizi di valoresulla persona. Come osserva Charles hadji, “l’insegnante nella va-lutazione deve concentrarsi sull’alunno, per conoscerlo meglio, peraiutarlo meglio”.

“Conoscerlo meglio” significa incontrarlo nella sua dimen-sione emotiva e spirituale; significa avere un atteggiamento empa-tico e un ascolto attivo per andare oltre i comportamenti; significapercepire le emozioni e i sentimenti che l’alunno esperisce nel-l’esercizio delle attività scolastiche e nel momento della valutazioni;significa prendersi cura delle sue ferite, per incoraggiarlo nelle diffi-coltà, per sostenerlo nella piena autorealizzazione, per farlo sentire

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APPROCCI

La comunica-zione deve essere chiara e non deve mai veicolaregiudizi di valore sulla persona

La valutazione di sé consiste in un giudizio, nonrazionale, ma intuitivo e immediato, spesso anche in-conscio del proprio io, fatto sulla base delle informazioniprovenienti dal mondo sociale che vengono incorporatenella propria esperienza personale e, quindi, a rischiodi essere interpretate, se non anche travisate. La valu-tazione di sé è alla base dell’autostima; se la valutazioneè soddisfacente in relazione all’immagine che l’indivi-duo ha di sé, nasce la stima di sé.

LA VALUTAZIONE DI Sé

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accolto e degno di valore. per “conoscerlo meglio” bisogna comu-nicare, perché non si può educare senza comunicare.

la relazione educativa tra alunno e insegnante deve essere in-contro e scambio, partecipazione e alleanza, fiducia e stima, dialogoe comprensione e, in questo clima, le emozioni non possono esseretrascurate. il viaggio della conoscenza, realizzato, insieme, daalunni e insegnanti, è intessuto di relazioni e emozioni; se educare,come indica richard Stanley peters, “non significa portare a desti-nazione, bensì viaggiare tra diversi panorami”, le emozioni da con-dividere sono relative alla scoperta dei saperi e alle sorprese e alfascino dei panorami, che donano qualità alla conoscenza e la tra-sformano in coscienza.

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APPROCCI

Lo psicoterapeuta Alberto Pellai presta la sua penna a unbambino che inizia la scuola primaria per aiutare genitori ed edu-catori ad affiancare figli e alunni nell’affrontare la scuola.

«Cari mamma e papà, io oggi comincio la scuola primariae divento ufficialmente uno scolaro [...] Io non sono i voti cheprendo e voi neppure. Quindi se qualche volta prendo benino (enon bene), se la maestra mi mette qualche visto, se addirittura ar-riva a casa l’invito a rifare qualcosa perché ho sbagliato tutto:calma e sangue freddo! Non è morto nessuno, domani il sole con-tinuerà a sorgere nel cielo. E io ho diritto a fare qualche errore.Non controllate ossessivamente i miei voti, non chiedetemi semprecosa ho preso nei compiti. Ve lo ripeto: io non sono i voti cheprendo».

IL VOTO NON È LA PERSONA (LO PUOI METTERE DOVE STA MEGLIO)

La relazioneeducativa tra alunno e insegnantedeve essereincontro e scambio, partecipazionee alleanza, fiducia e stima,dialogo e comprensione

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GIOVANI, FIGLIDI ADULTI DISORIENTATISocietà, giovani ed educazione sono i tre temi affrontati nel dialogo con don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile. Mancano figure di riferimento, mancano adulti che sappiano offrire comunità e confronto, ma i giovani non hanno perso lo slancio. Sono figli di questa cultura, sì, ma coi sogni e i desideri di sempre.

simonE chiappEtta

Giornalista

INCONTRI

w

«Viviamo una società dove l’adulto è sparito». Conquesta affermazione è iniziato l’incontro con donmichele falabretti, responsabile, nella Conferenza

episcopale italiana, del servizio nazionale per la pastorale giovanile.Con lui abbiamo parlato di cultura, dei giovani di oggi e quelli diieri, del necessario compito educativo.

«Basta pensare anche solo al mondo accademico frequentatoda tantissimi ragazzi – continua il sacerdote originario di Bergamo,spiegando l’affermazione iniziale – che manca di slanci, perchésono veramente poche le figure che sanno ispirare i giovani».

non è una affermazione a caso questa di falabretti, anzi è uninterrogativo che lui stesso si pone in prima persona, sostenutodalla relazione costante con tanti che si accostano e operano con ilsuo ufficio di coordinamento, ma anche dalle sue esperienze fortida giovane e dall’incontro con figure carismatiche come, a milano,Carlo maria martini. «mi domando spesso come “provocare” igiovani rispetto alla fede – si chiede infatti don michele – e pensoa quando ero adolescente io, in lombardia, e non posso non ri-cordare la Scuola della parola o la Cattedra dei non credenti delcardinal martini. partecipavano anche 10.000 giovani, non ognitanto, ma una volta al mese. ed è rievocando il passato che mirendo conto di come ci sia sempre più bisogno di gente che sappiaraccogliere gli altri attorno ad un tavolo di dialogo e di confrontosu temi importanti».

Viviamo in una societàin cui l’adultoè disorientatoe sono veramentepoche le figureche sanno ispirare i giovani

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In questo senso di disorientamento è difficile tracciare unidentikit del giovane, forse non è nemmeno giusto, nono-

stante in tanti traccino profili sul mondo dei nostri ragazzi. «la re-altà dei giovani è articolata e complessa, ma non lo è più di ieri,perché le istanze rimangano sempre quelle, quindi: diventaregrandi, innamorarsi, metter su casa, avere dei legami stabili, diver-tirsi come vogliono divertirsi tutti. non mi sembra che i giovanistiano chiedendo alla vita di più, troppo, o di meno, rispetto aitempi passati».

È chiaro che siano figli di questo tempo: «È vero, ancheloro risentono il flusso e l’influsso della cultura nella

quale viviamo – prosegue il sacerdote, in Cei dal2012 –. una cultura dove il consumo la fa da pa-drone, dove l’effimero vale più di ogni altra cosa,basta che aiuti ad apparire, ad emergere. forse piùdi prima i giovani, oggi, risentono del fatto che cisono degli adulti smarriti, e questo non genera e nonprovoca in loro grandi slanci. e cosa potremmo chie-dere ai nostri ragazzi a fronte di un mondo adultoche gli slanci sembra averli proprio persi? non soquali siano i maestri che oggi riescono a riempire leaule universitarie, so, però, cosa dicono i giovani deiloro insegnanti. Ci sono dei racconti da brividi. e lostesso vale per il mondo del lavoro, per la politica».

Una lancia, però, va spezzata a favore di questa realtà. «ehsì, perché con la stessa rapidità con cui si spengono i gio-

vani sanno anche riaccendersi, ma ci vorrebbe un terreno più fertileche sostenga la loro crescita. nonostante tutto, c’è da dire che igiovani lo slancio non l’hanno perso. Quelli che riesco a incrociare– sicuramente una minoranza, ma una buona rappresentanza –sono giovani che ti danno il cuore, sebbene dichiarino questo sensodi smarrimento. Continuano a essere sensibili riguardo i granditemi di sempre, che sono la ricerca del senso, i legami, ecc., maoggi, per esempio, si manifestano più sensibili degli adulti rispettoa temi nuovi, per l’ambiente, per esempio. hanno intuito che se

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INCONTRI

Foto MaRCo CaLvaRese/siR

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33 Docete n. 15 / GiuGno-LuGLio 2019

INCONTRIloro non si muovono e non cominciano a far qualcosa non se neviene fuori».

h a parlato della sua esperienza da giovane e non è passatomolto tempo da allora. Che differenze percepisce? «una

cosa di cui sento la mancanza rispetto alla mia giovinezza – rac-conta don michele, ripensando alla sua formazione – è il senso dicomunità, che era più forte, sì ma che, in realtà, non è morto. lavoglia di comunità, così come la chiamava Bauman all’inizio delmillennio, non si è mai spenta. il problema è che la comunità percome la ricordo da bambino e da adolescente – magari la sto mi-tizzando – era una tensione continua, originata, forse, anche daigrandi cambiamenti del Concilio per la Chiesa, dalla contesta-zione, magari anche dagli anni di piombo che con tutto il suodramma ruotava intorno a una idea di mondo e di società. Siamo,invece, oggi, in un mondo in cui l’individuo prevale sulla comu-nità. C’è stata una crisi delle ideologie – per carità, le ideologie nonhanno mai salvato nessuno – però quando non ci si è più ritrovatiattorno a un’idea comune, o all’idea di qualcosa che andava co-struito insieme, proprio lì sono iniziati i problemi».

P er questo, nonostante le difficoltà, siamo chiamati comecomunità educante a sostenere i giovani, ad accompagnarli,

«abbiamo il dovere di una ricerca seria, di dialogo, di confrontocon loro. faccio un esempio molto semplice: ho una nipotina cheè in seconda media e ha un insegnante bravissima di lettere cheriesce ad affascinarla. Secondo me, però, anche questa educatricesconta la fatica che gli adulti fanno a comprendere fino in fondoquesti ragazzi. e come in questo caso esistono tante punte di buonavolontà, in tanti si sforzano, ma gli sforzi non sono sostenuti, anzi,quando vengono proposti da figure singole non sono mai compresidel tutto. la scuola deve recuperare un livello di comunicazionepiù alto, più qualificato, il lavoro degli insegnanti va sostenuto, maè essenziale anche lo sforzo di un lavoro più condiviso. mi do-mando, sempre, quanto i consigli di classe, i consigli dei docenti egli stessi consigli di istituto siano davvero un luogo di dialogo econfronto!».

Con la stessa rapidità con cui si spengonoi giovani sanno ancheriaccendersi,ma ci vorrebbeun terrenopiù fertileche sostengala loro crescita

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INCONTRI

E allora tre parole, tre consigli che non solo la scuola, ma tuttigli educatori possano “utilizzare” per un “lavoro” sempre

più efficace. «Sicuramente la prima parola è Sapienza e per sapienzanon intendo né scienza infusa, né quoziente intellettivo alto, mala capacità di far depositare dentro di sé l’esperienza della vita. Solocosì la si può restituire ai giovani. la seconda parola è Serenità, per-ché non si può educare se non in un contesto positivo. la vita saràcomplessa, ma non è mai troppo difficile, non può essere un pesoda portare, in fondo è scritta dentro di noi la voglia di vivere, vaaffrontata serenamente e questo va detto e va portato, va testimo-niato ai giovani. la terza parola è Passione perché, se non mo-striamo che c’è qualcosa che ci scalda il cuore, non possiamoscaldare il cuore dell’altro».

In questo tempo, come non pensare alla fine dell’anno sco-lastico al tempo delle vacanze, sì, ma anche al periodo pre-

ferenziale in cui la scuola pianifica il nuovo anno formativo e igiovani pensano al loro futuro e alla realizzazione dei desideri piùprofondi? «l’impresa di progettare è sempre titanica – concludedon falabretti –. Bisogna però, senza paura, avere uno sguardomedio-lungo: lungo nel respiro perché i piani decennali fanno sem-pre fatica a costruirsi e mai corti, perché l’erba non cresce perchétiri i fili, ma devi dar tempo, devi saper attendere, devi concimare,fare ombra, devi innaffiare, fare quello che è necessario. e penso aiprogetti dei ragazzi sperando che imparino a trasformare le emo-zioni in desideri e i desideri in passi di vita, perché non rimanganosolo dei sogni da adolescenti, che sono, senza dubbio, una cosabellissima, ma si sgonfiano facilmente se, in qualche modo, non sirealizzano».

Educare è sinonimodi passioneperché se nonmostriamoche c’è qualcosache ci scaldail cuorenon possiamoscaldare il cuoredell’altro

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I fattI

Una studentessa dell’ultimo anno delle superiori cita in tri-bunale il ministero dell’istruzione, dell’università e della

ricerca, la scuola frequentata e l’insegnante di educazione fisicaper i danni a lei derivati da una caduta causata, mentre uscivadalla palestra, alla fine dell’ora di lezione, da spinte dei compagnidi classe.

il giudice di primo grado accoglie la domanda e condanna ilministero al risarcimento del danno, quantificandolo in €7763,16.

la Corte d’appello, adìta dal soccombente, nega invece chela responsabilità dell’appellante ex articolo 2048 cc, secondacomma, sul presupposto che la stessa riguardi solo fatti illeciticommessi da minorenni. la Corte territoriale, in sintesi, equiparale due responsabilità, quella in educando e quella in vigilando,estendendo quanto previsto expressis verbis nel primo comma

MAGGIORE ETàE RESPONSABILITà IN VIGILANDO DEI DOCENTILa responsabilità in vigilando degli insegnanti, di cui all’art.2048 del codice civile, non viene meno con il compimentodella maggiore età come invece è previsto dal primo comma del medesimo articolo per la responsabilità in educandodei genitori. È il tenore letterale della norma che lo escludema anche la ratio del comma 2, del citato articolo.

NORME E SENTENZE

snoVElla catErina

Coordinatorescientificoed editoriale di docete

La maggiore età dello studente non priva il soggetto stessodel supporto della vigilanza; ciò non toglie che la presunzione di capacità diautogestione propria della maggiore età sia sufficiente a provare che l’eventodannoso ha costituito un caso fortuito.

IN SINTESI, LA CORTE DI CASSAZIONE

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(estinzione della responsabilità dei genitori al compimento dellamaggiore età dei figli) anche al secondo.

la studentessa (ormai ex) ricorre dunque in Cassazione, de-nunciando – tra le altre cose – la falsa applicazione dell’articolo2048 cc, secondo comma, che, a differenza del suo primo comma,non menzionando “minori”, disciplina una responsabilità checoncerne anche la condotta di alunni maggiorenni. la SupremaCorte accoglie il ricorso.

NORME E SENTENZE

Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del dannocagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone sog-gette alla tutela, che abitano con essi [...]. I precettori e coloro che insegnanoun mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecitodei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.

Le persone indicate dai commi precedenti sono liberatedalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

ART. 2048 CODICE CIVILE

le raGIonI Della DecIsIone

O sserva la Corte che le fattispecie racchiuse nei primi duecommi dell’articolo in questione sono diverse. nel primo

sono espressamente menzionati i minori, per i cui danni i genitoririspondono (culpa in educando); non così nel secondo dove la re-sponsabilità dei precettori e di coloro che insegnano un mestiere(culpa in vigilando) non è correlata all’età degli allievi, restandoloro tali anche al compimento della maggiore età.

“il secondo comma – precisa la Cassazione – ha un tasso dispecificità superiore rispetto al primo comma: l’attività dell’al-lievo/apprendista si svolge in un luogo e in un tempo specifici –quelli in cui si localizza e si protrae l’obbligo di vigilanza –, ed èproprio la presenza dell’allievo/apprendista in quel luogo e inquel tempo che costituisce presupposto del fatto illecito rilevanteai fini dell’articolo 2048, secondo comma [...] laddove, nel primocomma, il luogo e il tempo in cui si verifica il fatto illecito è irri-levante, trattandosi di una responsabilità del tutto “generalista”.

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l’unico elemento in comune tra le duefattispecie risiede nel terzo comma, che indicanella prova liberatoria il limite di entrambele responsabilità. in pratica, genitori e docentidevono dimostrare di non aver potuto im-pedire il fatto cioè di aver adottato ogni mi-sura disciplinare o organizzativa idonea adadempiere al loro obbligo di vigilanza ed evi-tare l’insorgere di una situazione di pericolo,sebbene non funzionale a impedire il fattoillecito per la sua repentinità e imprevedibi-lità.

Il caso fortUIto

I nvero, osservano i giudici di legitti-mità, l’età anagrafica incide sulla pre-

sunzione di responsabilità e sull’onere pro-

Sottolinea la Corte che laparte danneggiata può contra-stare la presunzione di caso for-tuito, delineata come discendentedalla maggiore età, dimostrandoad esempio che l’autore del-l’evento dannoso è persona cheabbia già manifestato spiccatielementi di asocialità oppure per-sona notoriamente ostile/vendi-cativa per pregressi eventi neiconfronti della persona danneg-giata ecc.

UN ESEMPIO DI PREVEDIBILITàDELLA CONDOTTA DANNOSAAD OPERA DI UN ALUNNO MAGGIORENNE

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batorio dell’insegnante. È un fatto che i maggiorenni, come anchecoloro che sono prossimi al compimento dei diciotto anni, hannouna capacità di autogestione e di discernimento maggiore diquella propria dei minori. pertanto, la condotta dannosa messain atto da costoro è imprevedibile, rendendo “fortuito” il verificarsidel fatto illecito. Se dunque permane la responsabilità in vigilandoex articolo 2048, comma 2, del codice civile, la maggiore età insé o la quasi maggiore età, per il livello di “maturazione psicofisicaormai completa”, rende non prevedibile un comportamento comequello posto in essere dai compagni di classe della ricorrente.

accogliendo il ricorso, la Corte di Cassazione ha cassato lasentenza impugnata e ha rinviato al giudice di merito perché

NORME E SENTENZE

«Per superare la presunzione di responsabilità che ex art.2048 cod. civ., che grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non èsufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un in-tervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nellaproduzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, invia preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare ilsorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta seriecausale, commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allieviin relazione alle circostanze dei caso concreto, dovendo la sorveglianza dei mi-nori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in te-nera età».

CORTE DI CASSAZIONE, 9 MAGGIO 2016, N. 9337QUANDO L'EVENTO È DAVVERO IMPREVEDIBILE?

valuti “se nel concreto caso in esame ricorra, applicando il principiodi presunzione della capacità di autonomo discernimento all’etàdegli studenti coinvolti [...] il caso fortuito come fonte causaledel sinistro”.

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CINEMA

ES e non si consi-

derano i fantasy,la maggior partedei romanzi youngadult (dedicati ai ragazzi, non più e nonsolo adolescenti) fanno parte della sick lit,la letteratura del dolore, ossia storied’amore impossibili tra malati terminali.regalano speranza, è vero, ma con finaliagrodolci. Stavolta no: Il sole è anche unastella di nicola Yoon (Sperling & Kupfer)è un raro caso di poesia declinata al battitodel cuore ma senza tragedie mediche. Gliostacoli ci sono, ma diventano una parteformativa del percorso di coppia/non cop-pia dei protagonisti. Saranno loro i veriprotagonisti dell’estate al cinema, con unodegli adattamenti più attesi degli ultimitempi: la storia è rimasta per quasi unanno nella top ten dei libri più vendutinegli usa, con pubblicazione in 30 paesi.

il CaSo non eSiSte?ad occhi poco attenti sembra il clas-

sico caso di serendipità, ma non lo è. na-tasha, una giovane di origini giamaicanedallo spiccato senso pratico – per capirci

alEssandra

dE tommasinon crede alle anime gemelle, al destino oal caso – si trova alle prese con l’espulsioneforzata della famiglia e affronta ogni circo-stanza della vita come fosse un’equazione.daniel è il tipico ragazzo perfetto: di ori-gini asiatiche, si divide tra il college e il ne-gozio dei genitori, uno di quelli che credenel romanticismo più puro e idealista. inuna notte quasi incantata s’incontrano anew York e sentono di appartenersi anchese si conoscono appena. le decisioni cheprendono, le scelte che fanno, i sacrificiche affrontano: tutto sembra allontanarli.tra di loro succede di tutto, eppure in unmomento, anzi in una serie di momenti,qualcosa cambia.

Quanto vale un SorriSole commedie sono spesso infarcite di

gesti plateali, corse all’aeroporto, promesseimprobabili. Questa volta basta un sorrisoa fare la differenza, a cambiare il corso diuna vita. È il grido di speranza di cui c’èmaggiormente bisogno, un piccolo gestoquotidiano alla portata di tutti ma capacedi fare la differenza. dentro alla storia cisono i conflitti generazionali, le tensionipolitiche, le discriminazioni razziali maanche tanta tolleranza, molta compren-sione e momenti di spiazzante gratuità.

TITOLO: il sole è anche una stellaUSCITA: 8 agosto 2019REGISTA: ry russo-YoungCAST: Charles melton, Yara Shahidi

QUANDO BASTAUN SORRISOA CAMBIARE UNA VITA

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I l Re Leone versione cartoon disneycompie 25 anni e per festeggiare

l’anniversario la favola torna al cinema inversione live action. l’attesa è talmente altache nelle prime 24 ore il trailer ha rag-giunto su Youtube il numero di visualizza-zioni record di 224,6 milioni. per capirci,arriva secondo solo ad Avengers: InfinityWar, considerati tutti i film della casa ditopolino. dopo La Bella e la Bestia, Cene-rentola, Dumbo e Aladino, anche quest’ani-mazione prende vita e diventa “reale”.definire il progetto è complesso: non cisono animali veri sullo schermo, né ripresein senso proprio.

C’era una voltala trama rimane la stessa: dopo la

morte del re della giungla mufasa, il suofiglio Simba, un cucciolo di leone, è co-stretto a scappare, braccato dal perfido zioScar. allevato con timon e pumbaa, crescecircondato d’amore e pronto a lottare perle terre del Branco. Si parla di coraggio, dieredità e di famiglie poco tradizionali,quelle formate dall’amore dell’amicizia.un ritorno alle origini, insomma, per ce-lebrare i valori più genuini, autentici, vi-scerali. una delle poche storie, in realtà,che il cartone non attinge dalle fiabe, ma

Film da videotecaIL RE LEONE

che nasce con riferimenti biblici – in pri-mis mosè – e shakespeariani – come l’am-leto – per portare a misura di famiglia unracconto epico.

haKuna matatahakuna matata non ha nulla a che

vedere con il «Stai senza pensieri» di go-morriana memoria, è un modo di viverecon serenità e affrontare la vita abbrac-ciando quello che ha da offrire. e certonon si possa dire – come diceva Josemaríaescrivá – che quella di Simba sia la gioia“dell’animale sano”: questo cucciolo nascecon un grave fardello, un’ingombrante fi-gura paterna che sembra impossibile daeguagliare e una serie di conflitti fratricidi.per far ritrovare l’armonia perduta alla suaterra, però, non può starsene a guardare,intrappolato dalla paura del fallimento oinconsapevole delle proprie radici. il cer-chio della vita, come recitava la canzone diivana Spagna, racchiude il senso dell’arri-vare al mondo e del lasciarselo alle spalle.

CINEMA

TITOLO: Il Re LeoneUSCITA: 21 agosto 2019REGISTA: Jon favreauVOCI ORIGINALI: Beyoncè, Seth rogen

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1. Una presenza educativa al servizio della comunità (1982)2. La sperimentazione nelle scuole cattoliche (1983)3. Attualità e prospettive della scuola cattolica (1983)4. Scuola e comunità europea (1984)5. Libertà scolastica nella costituzione italiana (1984)6. costituzione, scuola e libertà (1985)7. Educazione cristiana e scuola cattolica (1986)8. Quale scuola per una società più libera (1987)9. Ipotesi sperimentali (1987)

10. Scuola cattolica e modelli di sviluppo (1988)11. Presenza e identità della scuola cattolica italiana (1989)12. Itinerari di programmazione educativa (1990)13. Valenze educative (1991)14. Una scuola nuova per una società nuova (1998)15. Alla ricerca della qualità (1999)16. I contenuti essenziali della formazione nella S. c. (1999)17. Scuole cattoliche in difficoltà (1999)18. L’educazione multimediale nella scuola dell’autonomia (2000)19. Qualità a confronto (2001)20. L’educazione, frontiera avanzata della scuola (2002)21. La scuola di fronte alle sfide della post-modernità (2005)22. Educare. Un compito, una responsabilità, una vocazione (2006)23. Sui sentieri dell’educazione (2008)24. Parità ed autonomia (2008)25. Protagonisti di un mondo più vero (2009)26. I.c.T. to support new ways of lifelong learning (2012)27. Il Tablet a scuola. come e perché (2014)28. Protagonisti del cambiamento (2014)29. QPA – Nuove metodologie contro l’abbandono scolastico (2015)

1. L’Utopia della pace (2004)2. L’Europa della conoscenza nell’era digitale (2005)3. La scuola nei documenti del Magistero (2007)4. I.c.T. to support new ways of lifelong learning (2012)

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