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1/7 Area Vasta per il Governo del Territorio – 30.06.2014 L’AREA VASTA PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO 1. Premessa L’Odissea dell’urbanistica regionale, ovvero la tela di Penelope . La regina di Itaca tesseva di giorno la tela che di notte disfaceva, nella speranza del ritorno di Ulisse. La Regione ormai da 20 anni (l’Odissea si svolge nell’arco di un decennio) “tesse” ad ogni legislatura un Piano ter- ritoriale regionale e/o una nuova legge urbanistica, che viene regolarmen- te “disfatta” nella legislatura successiva per ripartire da zero. Non si è fi- nora capito chi sia, in questo caso, l’Ulisse atteso con tanta pazienza. An- che nella presente legislatura il rito parrebbe ripetersi e tutto ciò sta di- ventando imbarazzante, oltre che insostenibile. Nel frattempo (in questi 20 anni) molte cose sono cambiate e ad oggi il territorio non è più gestibile con strumenti regionali vecchi di 35 anni, né con piani urbanistici locali che hanno sempre meno significato essendo riferiti al territorio del singolo Comune. L’INU ritiene che affrontare i problemi territoriali di oggi con strumenti di pianificazione che siano riferiti ad ambiti adeguati (chiamiamoli pure “città effettiva”, sistemi territoriali locali, area vasta,…) non sia più né un un vezzo accademico, né il tormentone di sempre, ma sia un’esigenza molto seria, che va attentamente presa in considerazione. Questo problema è comune ed in evoluzione in tutte le regioni italiane, che cercano una via per ridisegnare il governo del proprio territorio, an- che alla luce delle nuove leggi sulla materia che stanno maturando a li- vello statale. Il FVG può (ancora) utilizzare uno spazio di manovra più ampio rispetto alle realtà regionali ordinarie, che gli deriva dalla condizione di Regione a statuto speciale. Questa possibilità è stata usata in passato spesso in maniera convincente, in particolare anche nell’ambito della competenza urbanistica, in cui (non va dimenticato) la Regione ha potestà primaria. Questa opportunità va oggi spesa con coraggio, dimostrando come si possa riempire questo spazio con un salto di qualità, con un progetto di Regione avanzato, già preparato a raccogliere la sfida del “dopo crisi”. E’ un’azione “dovuta” da parte della Regione, per legittimare la propria specialità, ma anche per rispondere ad una domanda di cambiamento molto forte che viene dal paese, come pure dai cittadini del FVG. E’ quindi tanto più necessario che la Pubblica Amministrazione dia risposte convincenti, dimostri coraggio. Se questo “clima di attesa” è percepibile in relazione a tutti gli aspetti della vita pubblica, un’attenzione importante è riservata alla nuova orga- nizzazione del territorio regionale: le Province stanno inesorabilmente scivolando verso il loro progressivo superamento; non è pensabile inven- Sede e Segreteria: presso Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Udine via Paolo Canciani n. 19, 33100 UDINE www.inu.it

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L’AREA VASTA PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO

1. Premessa L’Odissea dell’urbanistica regionale, ovvero la tela di Penelope. La regina di Itaca tesseva di giorno la tela che di notte disfaceva, nella speranza del ritorno di Ulisse. La Regione ormai da 20 anni (l’Odissea si svolge nell’arco di un decennio) “tesse” ad ogni legislatura un Piano ter-ritoriale regionale e/o una nuova legge urbanistica, che viene regolarmen-te “disfatta” nella legislatura successiva per ripartire da zero. Non si è fi-nora capito chi sia, in questo caso, l’Ulisse atteso con tanta pazienza. An-che nella presente legislatura il rito parrebbe ripetersi e tutto ciò sta di-ventando imbarazzante, oltre che insostenibile. Nel frattempo (in questi 20 anni) molte cose sono cambiate e ad oggi il territorio non è più gestibile con strumenti regionali vecchi di 35 anni, né con piani urbanistici locali che hanno sempre meno significato essendo riferiti al territorio del singolo Comune. L’INU ritiene che affrontare i problemi territoriali di oggi con strumenti di pianificazione che siano riferiti ad ambiti adeguati (chiamiamoli pure “città effettiva”, sistemi territoriali locali, area vasta,…) non sia più né un un vezzo accademico, né il tormentone di sempre, ma sia un’esigenza molto seria, che va attentamente presa in considerazione. Questo problema è comune ed in evoluzione in tutte le regioni italiane, che cercano una via per ridisegnare il governo del proprio territorio, an-che alla luce delle nuove leggi sulla materia che stanno maturando a li-vello statale. Il FVG può (ancora) utilizzare uno spazio di manovra più ampio rispetto alle realtà regionali ordinarie, che gli deriva dalla condizione di Regione a statuto speciale. Questa possibilità è stata usata in passato spesso in maniera convincente, in particolare anche nell’ambito della competenza urbanistica, in cui (non va dimenticato) la Regione ha potestà primaria. Questa opportunità va oggi spesa con coraggio, dimostrando come si possa riempire questo spazio con un salto di qualità, con un progetto di Regione avanzato, già preparato a raccogliere la sfida del “dopo crisi”. E’ un’azione “dovuta” da parte della Regione, per legittimare la propria specialità, ma anche per rispondere ad una domanda di cambiamento molto forte che viene dal paese, come pure dai cittadini del FVG. E’ quindi tanto più necessario che la Pubblica Amministrazione dia risposte convincenti, dimostri coraggio. Se questo “clima di attesa” è percepibile in relazione a tutti gli aspetti della vita pubblica, un’attenzione importante è riservata alla nuova orga-nizzazione del territorio regionale: le Province stanno inesorabilmente scivolando verso il loro progressivo superamento; non è pensabile inven-

Sede e Segreteria:

presso Ordine degli Architetti,

Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori

della provincia di Udine

via Paolo Canciani n. 19,

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tare livelli sostitutivi (nuovi) di governo del territorio; i Comuni così co-me sono, risultano per la gran parte inadeguati a fronteggiare scelte terri-toriali che li sopravanzano; la Regione deve quanto prima prendersi la re-sponsabilità di disegnare e guidare il processo di cambiamento. Non c’è dubbio che lo snodo da cui partire sia la riforma degli enti locali, che ne riorganizzi i livelli ed il rapporto tra di loro e con la Regione. In questo senso l’INU segue con molta attenzione lo sviluppo dell’elaborazione del nuovo disegno di governance. Anche perché ritiene che a questo vada agganciato, contestualmente ed in sintonia, un disegno coerente di sistema di pianificazione. Il dibattito in atto sul nuovo model-lo di governo locale deve insomma coinvolgere, da subito, anche il cam-po della pianificazione territoriale ed urbanistica, che invece in questa fa-se parrebbe rimanere fuori dai ragionamenti sulla riorganizzazione della regione. Dal seminario promosso dall’INU regionale proprio su questi temi, svol-tosi lo scorso 17 di aprile ad Udine, sono venute molte utili informazioni e sollecitazioni, che hanno permesso di svolgere un’approfondita rifles-sione sul sistema di pianificazione nel suo complesso. Nel ricco confronto che si è sviluppato durante l’arco del seminario, è emersa la generale richiesta di un’organizzazione più efficiente del go-verno del territorio, espressa con convinzione non solo dai rappresentanti istituzionali, che a vario titolo hanno portato la loro esperienza in mate-ria, ma anche da soggetti in apparenza non così direttamente coinvolti nell’amministrazione locale, come ad esempio l’Associazione degli indu-striali. Significativo è stato inoltre constatare che questo problema è certamente comune a molte Regioni (nel seminario erano rappresentate il Piemonte, l’Emilia - Romagna e la Provincia Autonoma di Trento), ma che non esi-ste un modello ottimale pronto per essere utilizzato da parte di tutte: o-gnuna deve partire dalla propria storia e dalle proprie specificità per “co-struirsi addosso” il sistema di pianificazione più adeguato. 2. La proposta dell’INU In questa complessa fase di transizione, che si auspica verso il “nuovo”, l’INU ritiene di dover proporre al dibattito regionale il suo punto di vista sull’organizzazione del governo del territorio, con particolare attenzione allo snodo chiave, costituito da quella che chiameremo, per mera con-venzione, Area Vasta. Al netto di quelle che saranno le scelte regionali sull’organizzazione de-gli enti locali, dal punto di vista della pianificazione territoriale si metto-no in evidenza alcuni punti chiave da cui partire:

- la riforma del sistema di governo del territorio regionale non deve portare alla creazione di nuovi livelli di pianificazione. L’ipotesi che si sta ormai configurando, imperniata su due livelli (Regione e

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Comuni), deve portare ad un modello in cui questi due soggetti co-prano tutte le necessità poste dalla pianificazione territoriale.

- La definizione del nuovo sistema di pianificazione, deve essere co-stantemente permeata da un obiettivo di semplificazione, nel senso dell’alleggerimento degli aspetti formali delle procedure, così da rendere più incisivi e più trasparenti i processi decisionali.

- I livelli di pianificazione debbono essere presidiati da soggetti in possesso di autorevolezza e di piene competenze.

- L’autorevolezza va costruita/conquistata, anche attraverso il coin-volgimento dei diversi soggetti presenti sul territorio.

E’ convinzione dell’INU che il Friuli Venezia Giulia necessiti di una e-nergica ripresa dell’azione di pianificazione regionale che superi final-mente il valoroso PURG, cui non si può chiedere oltre di esercitare il ruolo di quadro di riferimento per la gestione del territorio. Ed è necessariamente la Regione a doversi assumere questo compito, di cui qui non si entra nel merito né della forma, né dei contenuti, ma di cui si indicano sommariamente gli obiettivi:

- una proposta strategica e cooperativa di collocazione nella macro area europea di riferimento;

- un progetto di sviluppo sostenibile del proprio territorio, dove nel termine “sostenibile” si vuole comprendere sia l’attenzione alla tu-tela e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale, sia la consapevole definizione dei limiti quantitativi dell’uso del territo-rio, sia la valutazione economica della fattibilità del progetto di svi-luppo;

- un’opera di semplificazione e razionalizzazione dei propri strumenti di programmazione settoriale (spesso frammentati e lontani dalle esigenze del territorio);

- un modello organizzativo di pianificazione territoriale, che defini-sca ruoli, competenze e strumenti per esercitarla ai vari livelli.

Si svilupperà qui di seguito più in dettaglio quest’ultimo aspetto, quello cioè che, assieme alla riforma degli enti locali, può ridisegnare il funzio-namento amministrativo e la gestione territoriale della regione. E, come già affermato all’inizio di questo documento, ad avviso dell’INU lo snodo chiave per costruire un nuovo modello di pianificazione del ter-ritorio, è costituito dalla cosiddetta Area Vasta (d’ora in poi AV). Nella realtà del FVG, in cui le Province non sono mai state investite di compiti di pianificazione territoriale, i due livelli su cui quest’ultima si è finora appoggiata sono stati i Comuni e la Regione. L’AV ha il compito di superare l’inadeguatezza dei primi e di favorire un confronto più effi-cace e produttivo con la seconda. Per ottenere questo risultato è necessario che gli ambiti presi in conside-razione per la definizione delle AAVV siano da un lato sufficientemente grandi e articolati (comprensivi cioè delle componenti territoriali in gra-

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do di produrre progetti di territorio integrati) con al loro interno polarità ben riconoscibili (rafforzamento del sistema policentrico regionale), dall’altro devono essere ben percepiti e condivisi dai Comuni che ne fan-no parte. In linea di massima l’intera regione potrebbe essere suddivisa in 12/15 ambiti di AV in possesso della massa critica in grado di sviluppare le potenzialità di un territorio. Se questa deve rappresentare una delle strategie chiave per lo sviluppo territoriale della Regione, deve essere la Regione stessa a disegnare il si-stema di AAVV, a motivarlo disciplinarmente e politicamente, ad acqui-sirne la condivisione da parte dei soggetti locali, a seguirne il progressivo processo di attuazione. Si ritiene inoltre che tutto ciò debba essere contenuto in un Piano territo-riale regionale, di cui si è già in precedenza perorata la causa. L’AV nella concezione che qui si sta illustrando, deve poter attuare il proprio disegno di sviluppo (sostenibile) attraverso un Piano strutturale di AV (senza quindi carattere cogente rispetto all’uso del suolo), che vie-ne poi attuato dai singoli comuni sul proprio territorio attraverso un Pia-no operativo (spesso indicato come “Piano del Sindaco”), quello sì con implicazioni dirette sulla proprietà dei suoli. Il Piano strutturale di AV:

- è elaborato dai Comuni, associati nei modi che la legislazione re-gionale riterrà di regolamentare;

- ne viene verificata (con la Regione) la coerenza con il disegno e i contenuti espressi dal Piano territoriale regionale;

- è infine attuato dagli stessi Comuni compresi nell’AV sia per i con-tenuti strutturali, sia per quelli operativi.

Così delineato, questo potrebbe essere il modello ideale su cui investire negli anni futuri, ma c’è un problema.

Da una parte c’è una Regione che, attraverso il proprio piano, deve dimo-strare autorevolezza e capacità decisionale ed operativa nel perseguire l’obiettivo, anche attraverso atti legislativi “fondanti”, dall’altra vi è una miriade di Comuni, anche molto piccoli, che sono restii, se non contrari, a cedere sovranità e identità rappresentativa (vedi l’estrema difficoltà ad ottenere le fusioni di Comuni). E’ impressione dell’INU che, se il disegno ottimale espresso nel Piano territoriale regionale sia comunque l’obiettivo da raggiungere, il suo suc-cesso sia molto legato alla capacità della Regione di perseguirlo con con-tinuità e tenacia (ben oltre le congiunture dei cambi di maggioranza), ac-cettando l’idea di procedere per passaggi successivi, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, siano essi incentivanti o cogenti. E allora, che fare? Fermo restando l’obiettivo finale, l’INU ritiene che sia necessario preve-dere un percorso che permetta di raggiungerlo nel tempo (quanto più breve possibile).

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E’ difficile infatti che, all’indomani dell’entrata in vigore di una legge che disegna un nuovo modello di organizzazione del governo del territo-rio fortemente innovativo, questo si attui sic et simpliciter: è più facile invece che si sollevino forze contrarie alla sua applicazione, con il rischio di creare una situazione d’impasse (“superata” poi dalla Giunta successi-va con la revoca della legge….). Appare quindi importante individuare un percorso capace di accompa-gnare il sistema da quello attuale a quello finale ritenuto ottimale. A tal proposito, l’INU ritiene di proporre un’ipotesi di lavoro. Da una parte il disegno del nuovo sistema di pianificazione regionale do-vrà essere chiaramente espresso dalla Regione nel Piano territoriale re-gionale, passando anche attraverso una fase di consultazione aperta e non formale: quello è e rimane l’obiettivo strategico della Regione. Dall’altra i Comuni verranno chiamati ad attuarlo in forma associata at-traverso Piani strutturali che comprendano l’intera AV prevista nel Piano regionale. Nella prevedibile difficoltà di attuare da subito questo disegno, si potrà procedere attraverso l’attuazione di sub-ambiti della singola AV, con altrettanti Piani strutturali attuati da associazioni di comuni istituite secondo le modalità che saranno indicate in legge. Quest’ultime non potranno essere né occasionali, né frutto di alleanze dettate solo da affinità congiunturali, ma dovranno invece comunque co-stituire delle entità territoriali compiute e coerenti con l’assetto policen-trico della regione, in grado di produrre progetti integrati di gestione e sviluppo del proprio territorio: adeguate in sostanza ai contenuti di una pianificazione strutturale. Si ritiene che da una parte la Regione debba svolgere un ruolo rilevante nella definizione degli eventuali sub - ambiti e che dall’altra la loro costi-tuzione, da parte dei Comuni, debba essere obbligatoria. Il percorso così delineato presenta però un punto di debolezza: se, per de-finizione, l’AV indicata nel Piano territoriale regionale risulta adeguata a svolgere un ruolo territoriale compiuto, la sua transitoria suddivisione in sub - ambiti apre al rischio di una pianificazione strutturale per parti, che possono risultare disomogenee e perfino contraddittorie tra di loro (tempi di attuazione, visioni, linguaggi diversi), al punto da mettere in crisi l’obiettivo strategico della Regione. Si impone quindi un’azione di coordinamento e di verifica di coerenza costante col quadro di riferimento più generale e per questo compito è difficile pensare ad altri soggetti che non sia la Regione stessa, in quanto presidio della corretta attuazione del Piano territoriale regionale. Tutto ciò però non può prefigurare la riedizione di un ruolo di controllo della Regione, ma il rapporto Regione - Comuni (associati) deve trovare il modo di svilupparsi con metodi di collaborazione e di confronto incisi-vi e costanti nel tempo. L’Area Vasta, anche e soprattutto nella configurazione “transitoria” che si sta qui immaginando, potrebbe/dovrebbe diventare uno spazio di mes-sa in comune dei rispettivi quadri conoscitivi, nonché di confronto tra

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competenze e, usando un termine forse obsoleto ma qui significativo, di copianificazione. Lo sforzo per avviare un’attività del genere si annuncia impegnativo e ri-chiede anche importanti adattamenti delle strutture operative sia del livel-lo locale, come pure di quello regionale. Per il secondo, in particolare, sarebbe necessario assicurare un’efficace presenza “sul campo”, prevedendo forme adeguate di accompagnamento e di supporto all’attuazione della riforma. A dir la verità la stessa Regione ha garantito in passato la propria incisiva presenza sul territorio, cosa che ha permesso di conseguire degli ottimi risultati. Basta pensare a come è stata gestita la fase della ricostruzione nel dopo - terremoto oppure, in maniera formalmente diversa, ma simile nella so-stanza, la fase di attuazione del PURG negli anni successivi alla sua en-trata in vigore. Se in quelle circostanze si sono addirittura create, in alcuni casi, strutture regionali periferiche per raggiungere gli obiettivi desiderati, oggi si ritie-ne che possano essere utilizzate altre forme organizzative, razionalizzan-do innanzitutto quello che c’è, avvalendosi delle nuove tecnologie (im-portanza della banda larga) e usando con intelligenza lo strumento del Comparto unico. 3. Conclusioni Se obiettivo dichiarato del presente documento è stato l’approfondimento del tema dell’AV, non può certo sfuggire che questo rappresenta un tas-sello, seppur ad avviso dell’INU di assoluto rilievo, che si regge solo se è parte di un disegno coerente del sistema di pianificazione nel suo com-plesso. Gli sforzi dedicati alla pianificazione per AAVV risulterebbero infatti i-nutili se non venissero accompagnati da una legge di riforma del governo del territorio, che superasse questa lunga fase di confusa transizione, pro-prio ora che si sta rivedendo l’assetto istituzionale del sistema - regione. Una legge che, insieme ai nuovi principi generali (sostenibilità ambienta-le e riduzione progressiva del consumo di suolo; partecipazione del pub-blico alle scelte territoriali; valorizzazione dei processi di copianificazio-ne; messa a punto di strumenti operativi quali la perequazione territoria-le; ecc.), definisca con chiarezza ruoli e competenze dei due soggetti del-la pianificazione (Comuni e Regione) e con altrettanta chiarezza contenu-ti e modalità di attuazione dei tre tipi di piano (regionale, strutturale di AV ed operativo comunale) di cui si ritiene indispensabile che il sistema di pianificazione regionale si doti. Su questi temi, qui solo elencati, l’INU regionale intende proseguire il proprio impegno al dibattito ed elaborazione disciplinare, nonché di con-fronto con gli attori interessati .

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Si conclude il documento con l’auspicio che, al di là delle modalità con cui si vorrà affrontare la riforma del sistema di governo del territorio da parte della Regione, si dia concretamente inizio ad un percorso di rinno-vamento, senza alcun timore di aprire il campo alla sperimentazione fa-cendo tesoro e valorizzando le esperienze locali già in corso.