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Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE
DELL ’APPRENDIMENTO CLINICO
Attività formative professionalizzanti
Anno Accademico 2014-2015
A cura di DF Manara, P Catenacci, E Galli, E Marzo, D Moranda, M Secchi, G Villa CCLI 15 settembre 2014 – Ad uso del CLI-UniSR – Vietata la riproduzione senza esplicito consenso degli autori
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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INDICE
INTRODUZIONE pag. 3
1. EDUCARE AD ASSISTERE pag. 4
1.1 L’infermiere, il paziente e l’assistenza infermieristica pag. 5
1.2 Apprendere dall’esperienza pag. 5
1.3 Competenze core della professione pag. 7
2. METODOLOGIE E STRUMENTI pag. 8
2.1 Il Sistema tutoriale a tutela dell’apprendimento clinico pag. 8
2.2 Laboratorio pag.10
2.3 Tirocinio clinico pag.13
2.4 Strumenti a supporto dell’apprendimento pag.16
3. VALUTAZIONE pag.19
3.1 La valutazione dell’apprendimento clinico pag.19
3.2 Controllo dei fattori che influenzano l’apprendimento clinico a. Valutazione degli ambienti di apprendimento (CLES+T) b. Valutazione degli Assistenti di tirocinio
pag.22
4. GUIDA PER L’APPRENDIMENTO CLINICO pag.25
5. LA VOCE DEI PROTAGONISTI pag.26
5.1 La voce degli Studenti, a cura di Irene, Barbara e Eleonora pag.26
5.2 La voce degli Assistenti di tirocinio, a cura di Sara pag.28
5.3 La voce dei Cittadini, a cura del Tribunale per i Diritti del Malato pag.29
RIFERIMENTI pag.32
ALLEGATI
1. Guida operativa per l’apprendimento clinico 2. Schede di valutazione dell’apprendimento clinico aa 2014-2015 3. Elenco dei laboratori attivati aa 2014-2015 4. Piano autoapprendimento 5. Sedi di tirocinio e convenzioni 6. Procedure per denuncia infortunio/sinistro coinvolgente terzi 7. Procedura per utilizzo dei laboratori per l’autoapprendimento 8. Modulo recupero assenze
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INTRODUZIONE
Da ormai vent’anni la formazione di base dell’infermiere avviene in università. Eppure mai in
questi anni, negli svariati Ordinamenti didattici che si sono susseguiti, abbiamo perso di vista
l’importanza della formazione sul campo, ovvero dell’insegnamento-apprendimento clinico.
Per gli studenti di oggi, come per quelli di allora, i lunghi mesi passati accanto al malato immersi in
un contesto formativo reale nel quale sperimentarsi e crescere professionalmente sono la condizione
indispensabile per l’apprendimento della professione. Ma oggi, più di allora, abbiamo la
consapevolezza che l’assistenza infermieristica è una pratica fondata su saperi differenti –
scientifici, ontologici ed etici – e che la loro acquisizione continua per tutta la vita professionale
attraverso una continua riflessione sulla pratica che deve essere essa stessa appresa. Questa
consapevolezza ad intra, è maturata anche grazie al confronto continuo ad extra con il malato
stesso, le sue esigenze e la sua domanda di salute, che nel mondo postmoderno di oggi è
sostanzialmente una domanda di ascolto e di rispetto del proprio significato di salute, nonostante la
malattia, il bisogno e la sofferenza (Benner & Wrubel, 1989).
Siamo ancora all’inizio della comprensione di ciò che possa essere davvero l’assistenza
infermieristica per la salute dell’uomo, “una pratica di cura la cui scienza è guidata dall’arte morale
e dall’etica dell’assistenza e dalla responsabilità” (Benner & Wrubel, 1989). Per il momento,
provvisoriamente, definiamo l’assistenza infermieristica saggezza pratica (phrónesis, scienza e arte,
tecnica e etica) coltivata dall’infermiere per la comprensione e la risoluzione dei bisogni di
assistenza infermieristica del paziente, in modo misurabile, efficace ed efficiente, ma anche
adeguato e rispettoso della sua alterità. Il nostro ideale conoscitivo, infatti, non è solo l’esattezza
nell’identificazione diagnostica dei problemi assistenziali, ma anche la profondità di comprensione
della situazione del paziente; il nostro ideale pratico non è unicamente l’efficacia e l’efficienza
degli interventi, ma anche da un lato il grado di partecipazione che viene consentito al paziente
nella relazione assistenziale, e dall’altro il grado di personalizzazione che l’infermiere riesce ad
ottenere nella pianificazione dell’assistenza, adeguatamente mediando il piano universale della sua
conoscenza tecnico-scientifica con il piano particolare che ha di fronte nella situazione data
(Spichiger et al., 2005; Manara, 2000; Pellegrino & Thomasma, 1993; Benner & Wrubel, 1989).
Nei prossimi decenni potremo avventurarci non solo a misurare, come già facciamo oggi, la
prevenzione degli effetti avversi della cattiva assistenza – le cadute, le trombosi venose profonde, le
infezioni, le lesioni da pressione… – ma anche i benefici attesi, come il miglioramento
dell’autocura, della qualità di vita percepita, dell’adattamento a stili di vita terapeutici, della
soddisfazione sulle cure ricevute ecc.
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Per un tale compito, il percorso di apprendimento clinico dello studente infermiere necessita di una
lunga ed accurata preparazione, e di un’accurata spiegazione, sentiti tutti i protagonisti. Da sole,
infatti, le attività formative legate all’apprendimento professionalizzante valgono più di un terzo dei
Crediti formativi universitari dell’intero corso di laurea. Obiettivo del presente documento è quindi
di illustrare, condividere e uniformare le logiche e le metodologie adottate a supporto
dell’apprendimento clinico, parte integrante e indispensabile del percorso formativo dello studente
del Corso di Laurea in Infermieristica UniSR.
1. EDUCARE AD ASSISTERE
L’assistenza infermieristica, per come la intendiamo, è una prassi curativa fondata su basi
scientifiche ed intellettualmente densa di significati: solo alcune delle basi razionali necessarie
all’assistenza possono essere espresse e oggettivamente misurate in comportamenti o competenze
attese. Da parecchi decenni è chiaro infatti che i professionisti, in qualunque ambito, non
ridiventano esperti limitandosi all’applicazione di conoscenze e principi teorici generali nella
pratica, ma avvicinandosi alla pratica esperta attraverso un graduale e progressivo percorso di
appropriazione di competenze e saperi taciti – frutto di anni di riflessione sulla propria casistica –
condivise all’interno di una comunità di pratica (Shein, 1973; Schön, 2006; Wenger, 2006; Leave &
Wenger 2006).
Queste riflessioni hanno imposto anche per la professione infermieristica la definizione di un
contesto di apprendimento dalla pratica nel quale favorire lo studente nell’acquisizione delle
competenze e metacompetenze attese al termine del triennio, che permetteranno al futuro infermiere
di crescere nella professione (Palese et al. 2008). Secondo Gaberson & Oermann (2007) il processo
di apprendimento clinico include cinque passaggi fondamentali: a) Identificazione dei risultati attesi
dall’apprendimento; b) Valutazione dei bisogni formativi iniziali; c) Pianificazione delle attività di
apprendimento clinico; d) Guida dello studente nella pratica clinica; e) Valutazione delle
competenze raggiunte e dell’apprendimento clinico.
Educare ad assistere significa allora definire da un lato le competenze che ci attendiamo che lo
studente raggiunga al termine del corso di laurea, e accanto a questo, definire le logiche, le
metodologie e gli strumenti con i quali intendiamo favorire il suo apprendimento clinico, convinti
tuttavia, che il risultato finale non sarà per nulla concluso in se stesso, ma solo l’inizio di un
percorso individuale lungo l’intera vita professionale – long life learning.
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1.1 L’infermiere, il paziente e l’assistenza infermieristica
La figura dell’infermiere in Italia è definita dal Profilo professionale (D.M. 739/1994), come
“l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo
professionale è responsabile dell’assistenza generale infermieristica. L’assistenza infermieristica
preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa”.
Per svolgere tali funzioni, l’infermiere attua un ragionamento clinico che lo porta prima ad
identificare i problemi assistenziali della persona, utilizzando anche strumenti di misurazione
validati a livello internazionale, successivamente a pianificare e gestire gli interventi infermieristici
per la loro risoluzione fondati sulle migliori prove di efficacia descritte in letteratura, ed infine a
valutarne gli esiti.
Nel suo agire a favore del paziente, nello sviluppo dell’identità professionale e nell’assunzione di
un comportamento eticamente responsabile l’infermiere è guidato dal Codice Deontologico degli
infermieri italiani (2009), la cui inosservanza è sanzionata dal Collegio professionale. Esso fornisce
indicazioni sui seguenti temi: principi etici della professione, rapporti con la persona assistita,
rapporti professionali con colleghi ed altri operatori e rapporti con le istituzioni.
La letteratura internazionale e la normativa italiana affermano che l’assistenza infermieristica è una
competenza esclusiva dell’infermiere e “comprende l’assistenza autonoma e collaborativa che viene
offerta a individui di ogni età, famiglie, gruppi e comunità, persone ammalate e sane, ed in ogni
contesto. L’assistenza infermieristica comprende la promozione della salute, la prevenzione delle
malattie, l’assistenza agli ammalati, dei disabili e delle persone in fase terminale” (ICN, 2010; L.
42/1999).
L’assistenza infermieristica è focalizzata non sulla malattia, ma sulla persona – o come diceva agli
inizi del Novecento Beatrice Walter, se la medicina cura la malattia dell’uomo, “noi infermiere ci
prendiamo cura dell’uomo malato”. Gli interventi infermieristici sono mirati a gestire i problemi a
cui la persona deve far fronte in caso di malattia e la sua finalità è quella di rendere più autonoma
possibile la persona assistita. Tuttavia l’assistenza infermieristica può essere volta sia a persone
sane che malate, con diversi scopi e considerando le diverse competenze che l’infermiere ha
acquisito durante la sua formazione, di base ed avanzata.
1.2 Apprendere dall’esperienza
La pratica assistenziale diventa esperienza e quindi apprendimento clinico solo quando è
accompagnata dalla riflessione sul proprio agire. Ma secondo l’insegnamento di John Dewey, la
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riflessione nasce da situazioni problematiche, incerte, nelle quali il novizio tende a ritrovare i
modelli teorici appresi in aula, mentre l’esperto mette a frutto la propria esperienza.
Il percorso di apprendimento clinico del Corso di Laurea in Infermieristica UniSR è di conseguenza
fortemente orientato dalle pratiche evidence-based e dalle altre conoscenze esplicite offerte dalle
scienze mediche e umanistiche, che tuttavia sono presentate agli studenti non come concetti o
modelli semplicemente da applicare, ma come modelli di riferimento dai quali iniziare una
riflessione “al letto del malato” (Collière, 2001; Leave & Wenger, 2006; Gaberson & Oermann,
2007).
Anche per la normativa italiana “l’insegnamento clinico è l’aspetto della formazione infermieristica
attraverso il quale gli studenti, facenti parte di un gruppo ed in contatto diretto con persone sia sane
che malate e/o con una collettività, apprendono a pianificare, fornire e valutare l’assistenza
infermieristica globale richiesta sulla base delle conoscenze e capacità acquisite; lo studente impara
non solo ad essere un membro del gruppo, ma anche guida del gruppo capace di organizzare
l’assistenza infermieristica globale, compresa l’educazione sanitaria per individui e piccoli gruppi
nell’istituzione sanitaria o nella collettività” (D.Lgs n. 353, 1994).
La pratica clinica si presenta sempre molto più complessa rispetto alla teoria (Benner, 2003), e il
graduale inserimento dello studente nel contesto lavorativo in affiancamento ad infermieri esperti
permette la costruzione di un “sapere pratico”, in cui vi è l’integrazione di conoscenze teoriche ed
elementi di contesto. E’ un modo di agire “situato” che ha luogo in una situazione data, ed è quindi
mediato da obiettivi, motivazioni, strumenti, aspetti relazionali (Benner et al., 2010).
Il sapere pratico che si intende perseguire è un insieme di risorse, conoscenze, esperienze, strategie,
ma anche convinzioni e valori che permettono all’infermiere di intervenire in modo valido nella
pratica. Esso permette allo studente di generare e migliorare progressivamente una serie di schemi
che orientano l’azione, ma in modo flessibile ed attento ai contesti e alle relazioni: un sapere che si
sviluppa facendo esperienza e poi riflettendo e confrontandosi con gli esperti a partire dalle proprie
esperienze (Leave & Wenger, 2006; Benner, 2010).
Come abbiamo detto, l’esperienza non produce conoscenza di per sé: essa diventa momento di
apprendimento all’interno di uno spazio e di un tempo di riflessione sull’esperienza vissuta.
L’apprendimento clinico, le sue metodologie e i suoi strumenti, costituisce un percorso che
favorisce lo studente nell’integrazione tra teoria e pratica clinica e lo guida nel ricercare i modi in
cui la teoria emerge dalla pratica clinica (Zannini, 2005).
Il metodo educativo che sostiene e stimola l’apprendimento clinico è la tutorship. Senza un valido
sistema tutoriale, infatti, l’acquisizione della riflessività come base essenziale dell’apprendimento
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clinico è compromessa e lo studente è esposto al rischio di un apprendimento per imitazione di una
pratica assistenziale acritica e a-riflessiva. Al contrario, una buona relazione tutoriale poggia sul
modello pedagogico della maieutica – in quanto è orientata a “tirar fuori” dallo studente le soluzioni
e le proposte per i problemi assistenziali incontrati – ed è centrata sul discente che ne è soggetto
attivo.
Nel nostro percorso definiamo la tutorship come una relazione di tipo educativo caratterizzata da
ridotta asimmetria relazionale tra Tutor e studente, intenzionalità e orientamento alla riflessione
sull’esperienza (Zannini, 2005). Le due principali attività formative di carattere tutoriale previste
nel percorso di apprendimento clinico del Corso di Laurea in Infermieristica UniSR sono i
laboratori ed il tirocinio clinico. Secondo White-Ewan (1994) esiste una circolarità e una
trasversalità a tutti i momenti formativi: mentre la teoria permette di formalizzare alcune
conoscenze del ciclo di apprendimento clinico, in quanto fornisce i principi e i concetti alla base del
processo, il laboratorio ha invece come scopo lo sviluppo di abilità pratiche, intellettive e
attitudinali in preparazione o in rinforzo all’esposizione dello studente all’assistenza diretta ai
pazienti nel tirocinio clinico.
Il Tutor è la figura infermieristica che accompagna lo studente in tutto il suo percorso formativo, è il
facilitatore ed il garante dell’apprendimento dello studente, affiancandolo sia durante il percorso
teorico sia nelle attività formative professionalizzanti. Come vedremo in seguito, il nostro Corso di
Laurea attiva due principali figure tutoriali: il Tutor professionale e l’Assistente di tirocinio.
1.3 Competenze core della professione
Tanto la pedagogia quanto la normativa europea ed italiana invitano ad una progettazione dei corsi
di laurea professionalizzanti orientata dalle competenze attese o competenze “core” (Decreto
Interministeriale 2 aprile 2001; Yanhua & Watson, 2011). Per competenza intendiamo in questa
sede “l’insieme di risorse interne (soggettive) ed esterne (oggettive) che un soggetto può attivare in
forma integrata per affrontare situazioni o compiti complessi che rappresentano famiglie di
situazioni/compiti professionali a cui l’operatore fa fronte in autonomia” (Maccario, 2006).
Il Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università Vita-Salute San Raffaele in stretta
collaborazione e condivisione di intenti e in un’ottica di elevata integrazione con il Servizio
infermieristico dell’Ospedale San Raffaele, assicura, al termine del percorso formativo, il
raggiungimento di un set di competenze-esito stabilite in base ai Descrittori di Dublino e alle linee
guida per la progettazione dei nuovi ordinamenti didattici dei corsi di laurea elaborate dal Ministero
dell’Università e della ricerca il 26 luglio 2007 (Palese et al,. 2008). Il documento che dichiara per
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ogni anno di corso le competenze attese è la Scheda di valutazione dell’apprendimento clinico,
presentata e discussa con gli studenti all’inizio di ogni anno. Infatti, l’apprendimento clinico di
queste competenze è continuo e progressivo, inizia al primo anno attraverso una selezione delle
competenze da un lato e dei contesti clinici ai quali esporre gli studenti dall’altro, e si completa
negli anni successivi con gradualità e attenzione ai bisogni individuali dei singoli studenti.
Nel corso dell’aa 2013-2014 il CLI-UniSR ha attivato un Gruppo di Miglioramento per la verifica
delle competenze attese e la revisione delle Schede di valutazione dell’apprendimento clinico.
L’elenco delle nuove competenze è stato elaborato a partire dal Progetto europeo Tuning for Nurses
(Venturini et al., 2012; http://www.unideusto.org/tuningeu/) ed è stato validato tramite la raccolta
del consenso di 220 Infermieri, Assistenti di tirocinio, Coordinatori infermieristici di OSR e di
alcune strutture convenzionate, e 150 studenti dei tre anni del CLI.
2. METODOLOGIE E STRUMENTI
L’approccio educativo che caratterizza la progettazione dell’apprendimento clinico del Corso di
Laurea in Infermieristica UniSR è fondato sui principi della formazione degli adulti e
dell’apprendimento dall’esperienza. Per tali motivi le metodologie, le attività formative e gli
strumenti adottati a supporto dell’apprendimento sono guidati da principi quali la partecipazione
attiva dello studente e la sua autodeterminazione, la gradualità, la sequenzialità, l’integrazione dei
saperi, l’attenzione al setting didattico e alla formatività della relazione tutoriale (Zannini, 2005;
Gamberoni et al., 2009).
2.1 Il Sistema tutoriale a tutela dell’apprendimento clinico
Il sistema tutoriale adottato dal CLI-UniSR è fondato principalmente su due figure – il Tutor
professionale e l’Assistente di tirocinio – che supportano gli organi accademici nella progettazione
e gestione delle attività formative professionalizzanti e accompagnano gli studenti lungo tutto il
percorso. La responsabilità della progettazione e dell’organizzazione dell’apprendimento clinico è
assegnata al Direttore della didattica professionale che presiede la Commissione d’esame che per
ogni anno certifica il livello di competenza raggiunto dagli studenti.
Il Tutor professionale
Il Tutor professionale è un infermiere che possiede competenze avanzate sia in ambito pedagogico
che infermieristico. Ha il mandato di collaborare con il Direttore della didattica professionale nella
progettazione e conduzione di laboratori, nell’organizzazione e gestione dei tirocini e nella
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creazione delle migliori condizioni per la realizzazione delle differenti attività formative
programmate.
Il profilo di competenza del Tutor professionale è molto articolato e prevede che sia in grado di:
• Progettare e gestire, con la supervisione del Direttore, percorsi di tirocinio coerenti con il
progetto formativo complessivo
• Facilitare i processi di apprendimento orientati allo sviluppo delle competenze professionali
• Guidare lo studente nei processi di rielaborazione dell’esperienza professionale stimolandolo ad
acquisire nuove conoscenze
• Incoraggiare lo studente ad auto-apprendere e presidiare i processi di apprendimento utilizzando
efficaci modalità didattiche nell’applicare le evidenze all’interno della pratica professionale
• Offrire sostegno allo studente in caso di difficoltà di apprendimento o di situazioni
problematiche, anche personali
• Predisporre un contesto formativo adeguato, negoziando con le sedi di tirocinio condizioni
favorevoli e attivando processi di accoglienza e integrazione degli studenti
• Organizzare e coordinare i tempi e le risorse per l’attivazione delle differenti attività formative
previste dal percorso di apprendimento teorico-pratico agendo in sintonia con le indicazioni del
Direttore del CLI affinché gli studenti affrontino le attività formative in relazione ai principi di
apprendimento di gradualità, sequenzialità, integrazione multidisciplinare e adeguato setting
educativo
L’Assistente di tirocinio
E’ l’infermiere esperto che guida e accompagna lo studente nella sede di tirocinio mentre svolge le
sue normali attività lavorative. Assume funzioni di “modello di ruolo” che guida lo studente
nell’apprendimento professionale. E’ garante della sicurezza dello studente e dei pazienti, vigila
affinché i pazienti ricevano una prestazione di qualità anche quando delegata con supervisione agli
studenti, si assicura che i pazienti siano informati e diano il loro consenso ad essere assistiti da uno
studente.
Il profilo di competenza dell’Assistente di tirocinio prevede tra l’altro che sia in grado di:
• Curare le condizioni necessarie per lo svolgimento del tirocinio clinico affinché si possano
realizzare esperienze significative per lo sviluppo delle competenze ed abilità in relazione agli
obiettivi di tirocinio clinico
• Accogliere ed inserire lo studente nell’organizzazione definendo il contratto formativo in
accordo con il Coordinatore infermieristico della U.O./Servizio
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• Presidiare il processo di apprendimento clinico dello studente a garanzia della gradualità
dell’apprendimento progettando e gestendo situazioni di apprendimento concrete e guidandolo
in comportamenti deontologici e di responsabilità
• Fornire allo studente feedback sistematici e tempestivi sulle sue performance e realizzare la
valutazione formativa dell’apprendimento utilizzando gli strumenti specifici e avvalendosi
dell’équipe e del Tutor professionale
• Gestire eventuali criticità nell’apprendimento in collaborazione con il Tutor didattico.
L’intero sistema tutoriale a supporto dell’apprendimento clinico è sottoposto ad un continuo
aggiornamento e alla valutazione degli studenti. Ogni anno, infatti, il Corso di Laurea in
Infermieristica in collaborazione con il Servizio infermieristico dell’Ospedale San Raffaele,
organizza corsi di formazione sulle funzioni tutoriali nell’apprendimento dalla pratica.
Gli Assistenti di tirocinio sono nominati annualmente dal Consiglio di Facoltà su indicazione del
Direttore della didattica professionale.
2.2 Laboratorio
Il laboratorio di apprendimento, detto anche laboratorio didattico, professionale o di competenze, è
una metodologia di apprendimento clinico. Esso rappresenta una strategia per aiutare gli studenti a
raggiungere consapevolezza e sicurezza nello svolgimento di determinate attività assistenziali e li
aiuta a comprendere i loro bisogni di apprendimento. Si tratta di un ambiente e di un tempo protetto
in cui lo studente può sperimentarsi, mettersi alla prova e sbagliare, e poi, in un secondo momento,
porre in essere una riflessione sull’accaduto che gli permetta di apprendere dall’errore stesso, in
preparazione dell’esperienza di tirocinio (Limoges, 2010).
L’utilizzo tradizionale dei laboratori è lo sviluppo delle abilità o capacità psicomotorie ed
intellettuali in preparazione al trasferimento nelle situazioni cliniche reali. Nell’ambiente protetto
del laboratorio gli studenti possono imparare e mettere in rete le differenti componenti delle
competenze attese provando diverse volte con feedback del Tutor fino a sviluppare velocità ed
accuratezza e facendo errori senza nuocere al paziente (Gamberoni et al, 2009).
Nella definizione di laboratorio, in ambito pedagogico, l’attenzione è posta al piano metodologico,
in quanto nel laboratorio si organizzano e conducono attività che, all’interno del processo di
insegnamento e apprendimento, pongono l’accento sul coinvolgimento attivo di chi apprende. La
formazione attraverso i laboratori pone in risalto la dimensione esperienziale, la dimensione
processuale, la problematizzazione, la connessione tra teoria e prassi, la riflessione sull’esperienza e
gli apprendimenti a partire dall’esperienza, la riflessione su se stessi, le capacità auto osservative, la
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comunicazione interpersonale, la dimensione non verbale, gli aspetti emotivi, affettivi, relazionali
(Mignosi, 2007). La letteratura internazionale dimostra come l’utilizzo della metodologia dei
laboratori incrementi l’acquisizione di competenze tecniche, del pensiero critico e giudizio clinico
da parte degli studenti e migliori i risultati di apprendimento (Cant & Cooper, 2010; Limoges, 2010;
Ricketts, 2010; Hofmann, 2009; Wagner et al., 2009; Moule et al., 2008).
Secondo la teoria di Kolb, l’apprendimento è maggiore quando gli studenti sono attivamente
coinvolti nel raggiungere le conoscenze attraverso la riflessione attiva, parte integrante del processo
di formazione (Howard et al., 2011). In sintesi, i laboratori hanno alcune potenzialità:
• riducono l’impatto emotivo: gli studenti possono provarsi in laboratorio su una competenza
complessa della pratica prima di agirla direttamente sul paziente,
• assicurano l’apprendimento in un ambiente protetto/simulato garantendo di fatto sicurezza ed
eticità sia verso il paziente che verso lo studente,
• supportano lo sviluppo delle conoscenze procedurali: lo studente apprende la procedura prima
che questa sia applicata nel contesto reale dove dovrà presidiare aspetti molto più complessi (ad
esempio l’interazione con l’utente),
• rinforzano la confidenza degli studenti nella propria performance,
• riducono gli effetti negativi dei tirocini brevi perché mettono lo studente nella condizione di
apprendere molti aspetti prima di confrontarsi con la realtà che offre casistica limitata o in cui
rimarranno poco tempo,
• offrono l’opportunità di realizzare la supervisione tra pari/autovalutazione: se gli studenti sono
guidati, possono imparare ad offrire e ricevere un feedback reciproco.
Al contrario, i laboratori possono risultare poca efficaci se svolti in setting poco formativi o
caratterizzati da scarso realismo, quando ad esempio le risorse a supporto sono limitate (ad esempio
manichini poco verosimili, supporti tecnologici limitati…) o il gruppo è composto da un elevato
numero di studenti, con un rapporto tra Tutor e studenti superiore a 1 a 10.
Tipologie di laboratorio
La simulazione dell’abilità è più efficace nel laboratorio di apprendimento - piuttosto che nella
realtà clinica - perché l’ambiente può essere controllato e la dimostrazione delle tecniche o di parte
di esse può essere ripetuta ogni qualvolta sia necessario. Le simulazioni possono essere dal vivo o
registrate. Con una simulazione dal vivo, gli studenti possono modificare il loro punto di vista sulla
performance, mentre se la simulazione è registrata, ogni studente può vedere la performance quando
e quante volte desidera.
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Possono essere costruite check-list di controllo delle abilità definite sulla base degli insegnamenti
affrontati in aula. Le check-list sono costruite sulla base della migliore letteratura di riferimento e
condivise con esperti del settore e possono essere usate come linee guida per la pratica e la
valutazione degli strumenti. Ogni check list deve essere testata e sperimentata sugli studenti, per
coglierne l’effettiva capacità di pesare i passaggi fondamentali della performance richiesta.
Nei laboratori le attività sono simulate su attori o su manichini. Alcuni manichini dinamici possono
simulare sintomi e caratteristiche fisiche del paziente vero, e in genere sono utilizzati per la pratica
di abilità psicomotorie. Un attore ben preparato può invece simulare un paziente dichiarando
sintomi e storia clinica, esprimere emozioni e manifestare malesseri, offrendo agli studenti
opportunità di apprendimento anche nella sfera relazionale.
Ci sono quindi molteplici tipologie di simulazioni adatte per le attività di insegnamento clinico e
sono possibili diverse combinazioni delle stesse: studi di casi pratici, presentazioni in forma
cartacea, simulazioni telematiche utilizzando i media, avvalendosi di attori per simulare pazienti.
Ogni tipo di simulazione crea uno scenario che rappresenta una situazione di vita reale. Molto simili
alle simulazioni sono i role play, dove lo studente recita un certo ruolo per imparare ad assumerlo
veramente, o esercita abilità comunicative e di leadership. Una sessione di debriefing segue la
simulazione, il role play e/o il gioco, e consiste in una discussione sulle modalità con cui è stata
vissuta l’esperienza, sui risultati di apprendimento conseguiti e su come questi siano attinenti agli
obiettivi clinici previsti per l’anno di corso.
Gli spazi ed i materiali dei laboratori sono aperti alla libera fruizione degli studenti per favorire
l’autoapprendimento e la responsabilizzazione degli studenti sui propri percorsi di crescita.
Competenze attese e laboratori
Il Decreto interministeriale del 19 febbraio 2009 prevede almeno tre CFU da dedicare ai laboratori
professionali, caratterizzati da finalità ad elevato contenuto professionalizzante e pertinente al
settore scientifico disciplinare attinente al profilo (Palese et al., 2010).
Il piano delle attività di laboratorio professionale, nella misura di almeno 1 CFU/anno, è approvato
dal Consiglio di Corso all’inizio dell’anno accademico. Per la progettazione e la realizzazione dei
laboratori professionali sono incaricati docenti appartenenti al SSD MED/45. Ogni anno
accademico, il Consiglio di Facoltà nomina, su proposta del Consiglio di Corso di Laurea, i docenti
da impegnare nelle attività didattiche previste per quel periodo. La valutazione dei Laboratori
professionali esita in un giudizio di idoneità e avviene contemporaneamente alla rispettiva
valutazione dei tirocini professionalizzanti dell’anno (Regolamento didattico CLI-UniSR).
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La scelta dei laboratori da attivare durante il triennio è in funzione delle competenze core previste
all’interno di quelle ritenute irrinunciabili. Solo una visione integrata del processo formativo
permetterà di creare le opportune sinergie che legano teoria e pratica (Gamberoni et al., 2009).
2.3 Tirocinio clinico
Il tirocinio clinico è una pratica supervisionata il cui scopo è quello di permettere allo studente di
raggiungere, mantenere e sviluppare in modo creativo competenze di alta qualità attraverso un
sostegno mirato da parte di uno o più professionisti esperti (Saiani et al., 2010; Nitko & Brookhart,
2011; Oermann & Gaberson, 2012).
Le finalità del tirocinio sono di:
• Sviluppare le competenze professionali attraverso processi di elaborazione e integrazione delle
informazioni, delle conoscenze e delle esperienze;
• Sviluppare identità e appartenenza professionale attraverso il superamento di immagini
idealizzate della professione che aiutano lo studente a confermare o meno la propria scelta;
• Socializzare anticipatamente al lavoro attraverso il contatto con contesti organizzativi e la
dimensione funzionale, gerarchica, relazionale e interprofessionale dei servizi. Questo permette
di apprezzare valori, abilità, comportamenti lavorativi.
L’attività principale degli studenti durante il tirocinio non è legata esclusivamente al fare, ma
all’apprendimento di competenze teorico-pratiche complesse; pertanto le attività progressivamente
affidate agli studenti devono avere un alto valore educativo (Leave & Wenger, 2006).
L’apprendimento in tirocinio si basa sull’attivazione di processi di responsabilizzazione dello
studente nella pratica clinica, utilizzando metodi di apprendimento auto diretto e applicando i
principi dell’apprendimento degli adulti. Il sistema tutoriale che accoglie lo studente ne garantisce
la supervisione, facilita i processi di riflessione sulla pratica svolta e la trasparenza del processo di
valutazione. Il tirocinio offre allo studente la possibilità di imparare a fare ma anche di pensare sul
fare, di approssimarsi ai problemi, di interrogarsi sui significati possibili di ciò che incontra
nell’esperienza.
Il tirocinio presuppone l’immersione dello studente in un contesto lavorativo di apprendimento, una
comunità di pratica: l’osservazione e la riflessione sulle attività svolte dai professionisti esperti, la
possibilità di sperimentarsi nelle competenze professionali core con progressiva assunzione di
responsabilità, la supervisione di un esperto che si assume l’incarico di affiancare strettamente lo
studente e attraverso i feedback lo aiuta nel processo di apprendimento.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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Un’efficace esperienza di tirocinio, per essere tale, prevede importanti interventi tutoriali a sostegno
dell’apprendimento quali sessioni tutoriali che preparano lo studente all’esperienza diretta sul
campo, la pratica attuata in prima persona con supervisione dell’Assistente di tirocinio
accompagnata da sessioni di riflessione e rielaborazione dell’esperienza e feedback costanti e si
conclude con una valutazione formativa orientata dalla Scheda di valutazione dell’apprendimento
clinico.
Il percorso di tirocinio
In funzione dell’anno di corso è offerto ad ogni studente un peculiare percorso di tirocinio, in sedi
selezionate ed accreditate. In genere, il percorso di tirocinio offre, in relazione ad ogni anno di
corso, dalle due alle quattro esperienze di tirocinio agli studenti, con un’attenzione alle esigenze
personali di ognuno (Regolamento didattico CLI-UniSR).
I principi per selezionare le sedi di tirocinio riguardano le attività cliniche da offrire
all’apprendimento dello studente in funzione delle competenze attese descritte nelle Schede di
tirocinio di ogni anno di corso. Ogni attività clinica dovrebbe quindi essere parte integrale dei
programmi di corso o educativi, ed è essenziale che Assistente di tirocinio, studente e membri
dell’équipe conoscano e condividano l’obiettivo di competenza attesa dallo studente all’intero
percorso di apprendimento. Un secondo principio per la progettazione del percorso di tirocinio sono
le caratteristiche individuali degli studenti come ad esempio il loro livello formativo, le esperienze
pregresse, l’attitudine all’apprendimento, lo stile di apprendimento, gli interessi e le abilità
consolidate o da consolidare.
Una delle più importanti responsabilità del Tutor professionale è quindi quella di selezionare le
attività cliniche in relazione alle competenze attese, appropriate al livello di conoscenza e di abilità
dello studente e sufficientemente stimolanti – sfidanti – per motivarne l’apprendimento.
Per gli studenti del secondo e terzo anno, la progettazione del percorso di tirocinio tiene inoltre in
considerazione per ogni studente una serie di variabili sia organizzative sia individuali. In
particolare, viene valutato il percorso seguito dallo studente nell’apprendimento clinico negli anni
precedenti, per garantire ad ogni studente di completare la propria esperienza nelle diverse
macroaree identificate come essenziali:
• area medica e chirurgica generale (considerati come reparti in cui consolidare competenze di
base e potenziare alcuni aspetti su cui si identificano delle fragilità)
• area critica (almeno un’esperienza tra il secondo e il terzo anno)
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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• area materno infantile (non prioritaria, si inserisce in un percorso di uno studente già ben
strutturato)
• tirocinio in sede esterna alla struttura (permette di inserirsi in realtà organizzative diverse da
quella di partenza, cogliendone le differenze e le opportunità peculiari di apprendimento)
• tirocinio in sedi estere convenzionate all’interno del programma LLP- ERASMUS
Nella definizione del percorso di tirocinio si cerca di offrire un percorso completo ma
personalizzato considerando le caratteristiche dello studente sia personali che di formazione. Viene
valutata la tipologia della sede di tirocinio ipotizzata rispetto alle caratteristiche dello studente (sia
personali che in termini di bisogno formativo), tenendo in considerazione le sue caratteristiche
organizzative e le risorse umane implicate nel processo di formazione degli studenti (il
Coordinatore di U.O, gli Assistenti di tirocinio, i componenti dell’équipe) e le caratteristiche del
clima di apprendimento (se facilitante o meno). Nella definizione delle sedi di tirocinio è inoltre
necessario considerare le caratteristiche degli studenti e come gli elementi sopra citati potrebbero
influire sul loro percorso di apprendimento, considerando gli obiettivi individuali che ogni studente
deve raggiungere, approfondire o consolidare. Un’altra considerazione essenziale riguarda la scelta
dell’Assistente di tirocinio a cui verrà affiancato lo studente: questa decisione necessita di una forte
collaborazione tra il Coordinatore infermieristico dell’Unità operativa e il Tutor professionale in
un’ottica di integrazione e coerenza con il percorso dello studente.
Nel caso di studenti che hanno mostrato determinate fragilità o criticità durante i precedenti tirocini,
è opportuno un confronto tra il Tutor che conosce gli aspetti di debolezza dello studente e il
Coordinatore che, in base alle caratteristiche dello studente, può identificare l’Assistente di tirocinio
più adatto allo scopo di perseguire gli obiettivi di apprendimento predefiniti. Lo studente fragile,
infatti, necessita di un approccio tutoriale maggiormente presidiato allo scopo di risolvere quelle
criticità che potrebbero compromettere il suo percorso di apprendimento; lo studente che ha seguito
un percorso ben strutturato, invece, grazie al sostegno tutoriale può raggiungere un livello di
eccellenza che in autonomia potrebbe non ottenere.
In particolari situazioni, su iniziativa dello studente, è possibile fare richiesta al Direttore della
didattica professionale di valutare la modifica del percorso di tirocinio offerto allo studente, sia nei
periodi fissati che nelle sedi prescelte.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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2.4 Strumenti a supporto dell’apprendimento
Gli strumenti a supporto dell’educazione tutoriale sono moltissimi (Zannini, 2005; Gamberoni et
al., 2009). Preme in questa sede descriverne i principali, con lo scopo di presentarne l’utilità e
l’efficacia in rapporto allo sviluppo delle competenze attese.
La Scheda di valutazione dell’apprendimento clinico
La Scheda di valutazione dichiara per ogni anno di corso il profilo di competenze atteso e permette
il confronto con le performance espresse dallo studente nei diversi tirocini rispetto agli standard
attesi e ai diversi livelli di preparazione dei singoli studenti. Inoltre, fornisce dati sull’insegnamento
teorico per promuovere cambiamenti e coerenza all’interno dei curriculum tra le diverse attività
formative e fornisce ulteriori dati per rivedere l’intero sistema di valutazione e per la ricerca
formativa (Gallagher, Smith & Ousey, 2012).
La Scheda di valutazione adottata dal Corso di Laurea in Infermieristica UniSR si compone di tre
parti. Nella prima parte è chiesto allo studente di esprimere i propri obiettivi di apprendimento, per
facilitare il confronto e il contratto formativo con il proprio Assistente di tirocinio. Nella seconda
parte sono elencate le competenze attese per quell’anno di corso, a volte specificate in indicatori
comportamentali; per ogni competenza, e per ogni esperienza di tirocinio, viene descritto il grado di
performance raggiunto dallo studente (su un grading che comprende i seguenti livelli: Autonomo e
Consolidato; Necessita di supporto minimo; Orientato al Fare; Dipendente e Non consolidato), ed
include uno spazio descrittivo dove per ogni esperienza possono essere aggiunte informazioni o
specifiche legate al contesto clinico o allo studente in tirocinio. Nella terza parte, infine, sono
riportati i profili di sintesi sulle diverse esperienze di apprendimento svolte durante l’anno e mira a
descrivere i punti di forza e le aree di miglioramento dello studente nei diversi contesti e periodi del
suo percorso di apprendimento. Lo studente è responsabile della propria Scheda di valutazione che
utilizza per confrontarsi e discutere con i tutor riguardo al proprio percorso di apprendimento
clinico.
La Scheda assume quindi sia un valore formativo che certificativo. E’ utilizzata con valenza
formativa quando permette allo studente e ai formatori di focalizzare l’andamento
dell’apprendimento durante l’esperienza di tirocinio o tra un’esperienza e l’altra, ad esempio nelle
valutazioni intermedie o nei colloqui annuali con i Tutor e la Direzione del CLI. E’ invece utilizzata
con valenza certificativa quando, attraverso i dati e le informazioni raccolte in essa durante l’intero
anno di corso, permette alla Commissione d’esame la valutazione sommativa dello studente (Nitko
& Brookhart, 2011; Oermann & Gaberson, 2012).
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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Contratto formativo
L’inserimento nell’Unità operativa inizia dalla identificazione e condivisione tra studente e
assistente di tirocinio delle aree di competenza già raggiunte dallo studente (anche se sempre da
approfondire e consolidare) e quelle ancora da raggiungere, sulle quali quindi concentrare gli sforzi.
L’accordo esplicito tra studente e Assistente di tirocinio impegna entrambi a raggiungere le mete
concordate scambiandosi idee, strategie, metodi e tempi di apprendimento. La metodologia seguita
nella pedagogia del contratto si fonda su quattro principi fondamentali (Gamberoni et al., 2009):
• il mutuo consenso
• l’accettazione positiva
• la negoziazione di tutti gli elementi che costituiscono l’apprendimento previsto dal contratto
• l’impegno reciproco di portare a buon fine in contratto.
Cinque sono i passaggi progressivi di costruzione del contratto formativo:
1. definizione della finalità del contratto: all’inizio dell’incontro l’Assistente di tirocinio chiarisce
allo studente il senso del colloquio;
2. analisi esplorativa della situazione: lo studente illustra all’Assistente di tirocinio un bilancio
delle competenze in suo possesso evidenziando aspetti di forza e miglioramento, per preparare
la progressione del suo apprendimento;
3. formulazione degli obiettivi del contratto: l’analisi esplorativa della situazione permette di
chiarire e definire in modo consapevole e chiaro gli obiettivi; l’obiettivo di apprendimento è
dello studente che è chiamato in prima persona a formularlo dopo aver preso coscienza della
situazione nella quale si muove, obiettivi sono quindi le competenze da acquisire e/o migliorare
e/o arricchire;
4. negoziazione d’ogni elemento dell’apprendimento previsto: consiste nello scambio di
informazioni circa gli obiettivi di apprendimento e nella proposta di idee per condividere e
concordare le strategie e le occasioni pratiche che descrivono quanto e come realizzarli;
5. esplicitazione dell’impegno reciproco: il concetto di impegno sigilla il contratto in ogni suo
elemento, studente e Assistente di tirocinio si impegnano a lavorare insieme per un obiettivo
comune.
Piano di auto-apprendimento
Il piano di autoapprendimento è uno strumento di rinforzo attivato in coerenza al contratto
formativo. E’ compilato autonomamente dallo studente che esplicita quali mete dovrà raggiungere e
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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con quali strategie, e permette di progettare un percorso di apprendimento individualizzato ed
autocondotto nel rispetto delle finalità formative istituzionali core (Zannini, 2005).
La caratteristica di questo strumento è che consente allo studente di fissare in autonomia obiettivi di
apprendimento contestualizzati alla realtà operativa nella quale si inserisce, mobilizzando
competenze già acquisite o risorse formative ad hoc. Il piano di autoapprendimento è quindi
costruito dallo studente quando si trova davanti alla necessità di focalizzare il proprio
apprendimento su una nuova abilità/azione/competenza ed ha lo scopo di responsabilizzarlo e
guidarlo nel percorso di apprendimento facendogli prendere coscienza del percorso che ha deciso di
intraprendere per il raggiungimento della competenza core prevista. Il piano di autoapprendimento è
anche uno strumento nel quale lo studente ha la possibilità di focalizzarsi sulle proprie aree di
miglioramento per analizzarne le cause e proporre strategie formative in relazione all’offerta
formativa dell’Unità operativa.
Un aspetto importante da considerare all’interno del piano di auto-apprendimento è la risorsa tempo
necessaria allo studente: infatti, non tutti gli studenti hanno gli stessi ritmi di apprendimento e
questa variabile dovrebbe essere prevista e considerata ben prima della valutazione sommativa delle
performance.
Report
Con report intendiamo ogni mandato che richieda allo studente la produzione di un elaborato
scritto. La finalità del report è da un lato quella di far esercitare lo studente al pensiero riflessivo in
un documento formale e sintetico, dall’altro di rinforzare l’acquisizione di obiettivi formativi
particolarmente complessi quali il ragionamento clinico (nel processo diagnostico o nel processo
decisionale), la progettazione di interventi di educazione al paziente o lo sviluppo del pensiero
attraverso la narrazione ed il commento di episodi critici vissuti in prima persona. Inoltre, il report
permette di allenare le capacità dello studente ad utilizzare le evidenze provenienti dalla ricerca e la
capacità di sintesi e scrittura professionale di un testo.
Come tutti gli strumenti riflessivi, il report è molto malleabile e deve adattarsi ai contesti e alla
gradualità dell’apprendimento. La tematica richiesta agli studenti nella stesura del report è definita
dalle competenze core previste per l’anno di corso, e la sua valutazione ha valore certificativo,
concorrendo alla formulazione del voto dell’Esame di tirocinio teorico-pratico.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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3. VALUTAZIONE
La valutazione è una componente essenziale di ogni apprendimento. Attraverso il processo di
valutazione si descrive il livello raggiunto dallo studente rispetto alle competenze attese, si
identificano ulteriori bisogni di apprendimento e si certifica che lo studente può progredire verso
altri risultati di apprendimento.
Un secondo versante della valutazione dell’apprendimento clinico riguarda l’analisi ed il controllo
della qualità dei contesti e delle risorse formative utilizzate per il raggiungimento degli obiettivi
attesi.
3.1 La valutazione dell’apprendimento clinico
La valutazione dell’apprendimento clinico è un processo attraverso il quale viene elaborato un
giudizio sulla performance degli studenti che apprendono nella pratica clinica. La performance può
essere accertata in un setting reale o in setting di simulazione o di laboratorio per l’apprendimento
di abilità. L’apprendimento è potenziato dalla valutazione e dal feedback perché lo studente ha la
necessità di sapere se le proprie competenze stano evolvendo verso il livello di qualità atteso.
Inoltre, attraverso la valutazione clinica ed in particolare l’enfasi su cosa è accertato e su come si
svolge, la valutazione stessa esprime e rinforza i valori istituzionali e professionali sia nei confronti
degli studenti che all’interno della comunità di formatori (Saiani et al. 2011).
La valutazione dell’apprendimento clinico è quindi un momento essenziale per tutti i protagonisti.
Per lo studente, al fine di:
• comprendere le proprie potenzialità e aree di miglioramento e per guidare l’apprendimento
successivo
• incoraggiare le abitudini di auto-riflessione e auto-valutazione
• accedere all’anno successivo
Per i formatori, al fine di:
• certificare il raggiungimento degli obiettivi curriculari secondo gli standard di competenze
attese ai diversi livelli
• classificare i livelli di preparazione dei singoli studenti per una successiva formazione o
promozione
• revisionare gli standard di competenze per gli studenti ai diversi livelli di formazione
• fornire dati sull’insegnamento clinico, teorico per promuovere cambiamenti e coerenza
all’interno dei curriculum tra le diverse attività formative
• fornire dati per rivedere il sistema di valutazione
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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• fornire dati per la ricerca formativa
Per i cittadini, al fine di:
• avere la garanzia di infermieri laureati con competenze professionali certificate.
Esistono due forme distinte di valutazione dell’apprendimento: la valutazione formativa e quella
sommativa (o certificativa). La valutazione formativa si svolge durante le esperienze di tirocinio
(con l’Assistente di tirocinio ed il Tutor referente) e lungo tutto il percorso educativo dello studente
(con i Tutor professionali e il Direttore della didattica professionale) e fornisce agli studenti i
feedback necessari per incoraggiarli e\o indirizzarli nello sviluppo delle competenze in funzione
delle aree rispetto alle quali sono necessari ulteriori apprendimenti.
Il principale strumento utilizzato per la valutazione formativa è la Scheda di valutazione
dell’apprendimento clinico la quale fornisce importanti dati e osservazioni per progettare piani
personalizzati di apprendimento e per la valutazione sommativa.
La valutazione sommativa documenta il livello di competenza raggiunta dallo studente, lo
sintetizza in un voto e prende le necessarie decisioni pedagogiche sul successo/insuccesso dello
studente. La valutazione sommativa del tirocinio viene effettuata alla fine di ogni anno di corso per
decidere se lo studente può procedere all’anno successivo. Per questo richiede la maggior obiettività
possibile, garantita dalla collegialità di una Commissione e da criteri chiari e trasparenti ai quali
corrispondono punteggi graduati e condivisi.
La valutazione sommativa prevista dal CLI-UniSR si avvale generalmente di un approccio multi
metodo (Walsh et al., 2009), considerando sia le osservazioni rilevate dagli Assistenti di tirocinio e
dai Tutor professionali durante le esperienze di tirocinio, sia valutazioni estemporanee (auto-casi,
protocolli verbali, osservazioni strutturate nei contesti clinici ecc.), o in merito ai report presentati
dagli studenti. Una componente importante della valutazione sommativa è l’Objective Structured
Clinical Examination (OSCE), o esame clinico strutturato ed obiettivo, che viene in genere valutato
dalla Commissione di esame di tirocinio del CLI-UniSR fino ad un massimo del 40% del voto
finale per il primo e secondo anno e del 30% del voto finale per il terzo anno di corso.
L’Objective Structured Clinical Examination (OSCE)
L’esame clinico strutturato ed oggettivo è un esame che permette di certificare il grado di
acquisizione delle competenze. E’ oggettivo in quanto soddisfa i criteri di validità, credibilità e
praticabilità oltre alla capacità di testare un ampio gruppo di conoscenze e abilità su un certo
numero di studenti contemporaneamente (Ross et al., 1988). Esso è definito come “un approccio
alla valutazione delle competenze cliniche in cui ogni componente è valutato in modo strutturato e
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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oggettivo” (Mitchell et al., 2009) e anche come un “costrutto psicologico che racchiude aspetti
relativi ad abilità cognitive, relazionali e psicomotorie come il pensiero critico e le capacità di
problem solving e l’integrazione di conoscenze, valori, credenze e attitudini” (Walsh et al., 2009).
La base teorica su cui si sviluppa questa metodologia è costituita dalla piramide di Miller, formata
da quattro livelli di valutazione delle competenze: knows, knows how, shows how e does. L’OSCE è
utilizzato per valutare il terzo livello (shows how) focalizzandosi sulla valutazione di specifiche
performance in contesti protetti (Mitchell et al., 2009).
L’OSCE consiste in un esame a stazioni in cui gli studenti affrontano una serie di situazioni cliniche
od organizzative. In ogni stazione lo studente riceve un mandato ed esegue una performance
specifica avvalendosi delle risorse assegnate (materiali, dispositivi medici, manichino, attori). Ogni
stazione è costruita per accertare una specifica capacità come l’accertamento, l’identificazione della
diagnosi infermieristica, la presa di decisioni, l’educazione, le abilità relazionali o la performance di
una procedura tecnica (ad es. cateterismo vescicale, gestione della trasfusione degli emocomponenti
o della farmacoterapia, rianimazione cardiopolmonare ecc.). Le abilità sono valutate attraverso una
checklist dettagliata costruita da un gruppo di esperti di formazione e di clinica in coerenza a quanto
proposto nel percorso formativo.
La costruzione e lo svolgimento dell’OSCE varia in base al numero delle stazioni e al tempo
previsto per ognuna di esse. Queste variazioni sono influenzate dalla natura delle abilità cliniche da
valutare, dal numero di Tutor e Assistenti di tirocinio disponibili e dall’impegno economico
previsto (Walsh et al., 2009).
Le aree che si possono indagare attraverso l’OSCE sono diverse, ognuna con aspetti di peculiarità
da considerare in sede di programmazione:
• Misurare l’affidabilità delle competenze in base al contesto: il processo infermieristico è
dinamico e muta in base a variabili sociali, difficilmente replicabili in contesti simulati; questo
costituisce un limite in quanto il pensiero critico che lo studente può dimostrare durante la
valutazione OSCE non riflette esattamente le competenze possedute in quanto
decontestualizzato dal contesto clinico reale e tutte le sue variabili.
• Misurare competenze oppure performance: quando l’enfasi è posta sull’interazione sociale,
come assicurare tranquillità psicologica attraverso una comunicazione efficace ed empatica, gli
studenti tendono ad alterare la performance per concentrarsi su un’interazione che dimostri la
loro competenza. Questo influisce sulla naturalezza della performance, che, nel contesto clinico,
sarebbe affrontata in modo differente.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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• Misurare il comportamento professionale: le dinamiche sottese all’assistenza infermieristica
sono complesse e costituite da differenti competenze alcune delle quali tecniche e
standardizzabili, altre che richiedono invece un approccio qualitativo, come per esempio il
processo di presa in carico, difficilmente valutabile attraverso l’OSCE. Competenze di tipo
comunicativo ed empatico non sono quindi valutabili con affidabilità attraverso questa
metodologia.
• Misurare la capacità di integrare abilità: l’attenzione che si deve porre nella costruzione degli
scenari OSCE riguarda il rischio di appiattire la performance a un mero elenco di compiti da
eseguire, tralasciando così la dimensione olistica del paziente. La soluzione consiste nella
creazione di una situazione specifica contenente anche la dimensione sociale, ipotizzando la
presenza, ad esempio, oltre che del paziente, anche del caregiver.
Secondo l’evoluzione delle competenze infermieristiche descritte da Benner (2003), lo studente di
infermieristica è comparabile al novizio: il novizio, infatti, si concentra su performance specifiche
lasciando in secondo piano gli aspetti di contesto. Da questa considerazione ne deriva che per gli
studenti del primo anno le stazioni OSCE dovrebbero essere soprattutto di tipo tecnico, volte a
garantire l’esecuzione di performance soprattutto procedurali valutandone in particolare la
sicurezza. Al contrario, le competenze misurate nel secondo e nel terzo anno dovrebbero essere via
via più complesse in termine di integrazione di abilità (analisi dei problemi clinici ed organizzativi e
delle possibili soluzioni, processo decisionale, abilità tecnico-manuali o cognitive, relazionali,
educative ecc.). Una tale interpretazione è in linea con il concetto pedagogico per il quale il livello
di assessment delle abilità deve essere coerente con il livello atteso di performance e con
l’esperienza clinica maturata dallo studente all’interno delle opportunità formative offertegli.
L’OSCE può essere utilizzato come valutazione sia formativa che sommativa, in quanto risulta
affidabile e sensibile nell’identificare eventuali lacune nella formazione degli studenti e può essere
seguito da un feedback immediato (Mitchell et al., 2009).
Un altro elemento interessante è che questa metodologia richiede una stretta collaborazione tra
Assistenti di tirocinio e sede formativa, offrendo così una preziosa opportunità per condividere in
maniera esplicita ed oggettiva i criteri di valutazione e per la promozione di una crescita reciproca
(Alinier, 2003).
3.2 Controllo dei fattori che influenzano l’apprendimento clinico
In moltissimi paesi nordamericani ed europei la comunità infermieristica accademica si sta
interrogando su come valutare i contesti e le condizioni favorenti l’apprendimento clinico degli
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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studenti. Ciò che è ormai chiaro è che la qualità dell’apprendimento clinico è contesto-dipendente
(Warne et al., 2010). In questa prospettiva, il Consiglio di Corso di Laurea in Infermieristica UniSR
ha attivato da alcuni anni una serie di sperimentazioni che mirano a fornire indicatori di qualità
rispetto ai contesti di apprendimento e delle risorse formative a disposizione del CLI.
a. Valutazione degli ambienti di apprendimento (CLES+T)
Gli ambienti di apprendimento clinico sono costituiti da una rete di fattori interagenti che
influenzano gli esiti dell’apprendimento degli studenti. Secondo Moos (1974) tali ambienti attivano
tre dimensioni: quella individuale (processi di apprendimento dello studente), quella interpersonale
(studente - tutor - team), e quella organizzativa (sede di tirocinio).
Gli ambienti formativi assumono la caratteristica di contesti organizzativi psico-sociali: producono
essi stessi apprendimento, influenzando tanto l’insegnamento quanto l’acquisizione delle
competenze. Nei contesti dove è elevata la soddisfazione degli studenti, gli esiti di apprendimento
sembrano migliori: nasce, quindi, l’esigenza di valutare l’efficacia dell’intervento formativo
attraverso risultati di performance e di soddisfazione dello studente. La soddisfazione dello studente
sulla propria esperienza di apprendimento clinico sembra essere dunque un indicatore proxy degli
esiti dell’apprendimento: dove la soddisfazione è maggiore migliore potrà essere la qualità di vita e
il clima. Di conseguenza, la valutazione della qualità dell’ambiente di tirocinio dovrebbe essere
preliminare ad ogni processo formativo ed avvenire con strumenti validati.
La Clinical Learning Environment and Supervision and Nurse Teacher (CLES+T) è una scala
creata e validata da un infermiere finlandese Mikko Saarikoski (2008) che, grazie a una serie di
studi condotti negli ultimi 25 anni, ha individuato le variabili che influenzano maggiormente
l’apprendimento clinico:
• la relazione con l’Assistente di tirocinio,
• il livello qualitativo dell’assistenza infermieristica erogata,
• la cultura tutoriale \ il clima del reparto,
• lo stile di leadership del Coordinatore infermieristico,
• la relazione con il Tutor professionale.
Laddove il contesto clinico è permeato da buone relazioni fra il personale ed i pazienti e prevale una
struttura poco gerarchica in cui il coordinatore crea i presupposti per l’accoglienza dello studente e
la valorizzazione dell’attività di tutorato clinico svolto dagli infermieri, si riscontrano i migliori
ambienti di apprendimento clinico (Tomietto et al., 2009).
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La CLES+T, attualmente, è compilata dagli studenti del Corso di Laurea di Infermieristica del San
Raffaele al termine di ogni esperienza di tirocinio. I dati raccolti sono utilizzati per riflettere sulle
relazioni tra ambienti di tirocinio e la qualità percepita dagli studenti e come monitoraggio delle
sedi di tirocinio e dei diversi fattori che influenzano l’apprendimento clinico degli studenti del CLI-
UniSR (Catenacci, 2011).
b. Valutazione degli Assistenti di tirocinio
Come abbiamo visto, l’apprendimento clinico è definito come un processo che incorpora il contesto
cognitivo e sociale e permette allo studente di acquisire conoscenze, linguaggio, strategie di
problem-solving attraverso l’immersione nella cultura del nursing. L’apprendimento, quindi, è la
risultante di come l’attività, il contesto e la cultura si combinano.
Gli Assistenti di tirocinio hanno un ruolo fondamentale in questo percorso e devono avere delle
caratteristiche essenziali per essere efficaci nella loro funzione e creare lo spazio per
l’apprendimento (Croxon et al., 2009). La letteratura dimostra che il fattore chiave di un
apprendimento efficace, all’interno di un contesto clinico, è un’adeguata supervisione dello studente
da parte dell’Assistente di tirocinio. Essa può essere definita come un monitoraggio, una guida e un
feedback continuo su questioni legate allo sviluppo personale, professionale e di formazione. Gli
Assistenti di tirocinio, inoltre, sono il modello a cui gli studenti si ispirano per creare la propria
immagine e identità professionale (Croxon et al., 2009; Johansson et al., 2010). Per questi motivi,
chi affianca lo studente necessita di continui rimandi esterni per migliorare le sue abilità: questo è
possibile attraverso l’utilizzo di strumenti di valutazione che hanno come fine ultimo il
miglioramento della capacità di supervisione (Stalmeijer et al., 2008)
La valutazione del lavoro compiuto dall’Assistente di tirocinio si rende quindi necessaria allo scopo
di fornire feedback, migliorare la soddisfazione sia degli studenti che dell’assistente stesso e
incrementare, così, la qualità della formazione universitaria. La letteratura concorda nell’indicare
nello studente stesso il soggetto più adeguato a fornire valutazioni attendibili e valide
sull’Assistente di tirocinio (Raingruber et al., 2000)
La difficoltà della valutazione del lavoro degli Assistenti di tirocinio nel contesto universitario
italiano nascono dal fatto che, nella letteratura internazionale, il ruolo svolto da questa figura si
declina nelle diverse accezioni di “clinical coach”, “clinical facilitator”, “clinical tutor”, “nurse
supervisor”, “nurse teacher” ecc., nomenclature diverse che identificano un ruolo simile e
sovrapponibile tendenzialmente a quello dell’Assistente di tirocinio, anche se non perfettamente
coincidente a causa dei diversi contesti organizzativi e formativi presenti nelle diverse realtà
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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universitarie internazionali (Raingruber et al., 2000; Stalmeijer et al., 2008; Croxon et al., 2009;
Johansson et al., 2010; Severinsson et al., 2010; Saarikoski et al., 2008; Wade et al., 2006).
Queste diverse sfumature rendono gli strumenti validati per la valutazione dei tutor clinici utilizzati
in diversi contesti internazionali non idonei e non adattabili alla realtà accademica italiana. Nella
letteratura italiana, infatti, non sono presenti strumenti che mirino a valutare il lavoro
dell’Assistente di tirocinio, nonostante l’importanza di questo aspetto, ai fini del miglioramento
della qualità della formazione, sia riconosciuto a livello internazionale.
Il Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università Vita-Salute San Raffaele è impegnato da alcuni
anni nella costruzione e sperimentazione di un questionario di valutazione degli Assistenti di
tirocinio, compilato dagli studenti, in modo anonimo, in seguito allo svolgimento dell’esperienza di
tirocinio. E’ stata testata la validità e l’affidabilità dello strumento elaborato, ottenendo così uno
strumento di valutazione degli Assistenti di tirocinio affidabile e utilizzabile all’interno della realtà
accademica dell’Università Vita-Salute San Raffaele (Marzo, 2011). La continuazione della
sperimentazione in atto permetterà di attivare un sistema di rilevazione della qualità del processo di
supervisione e di tutoraggio messo in atto dagli Assistenti di tirocinio, di identificare gli eventuali
bisogni formativi degli stessi e di migliorare, infine, l’apprendimento dalla pratica clinica dello
studente.
4. GUIDA PER L’APPRENDIMENTO
Lo studente è il primo responsabile del proprio apprendimento clinico, svolge il tirocinio come
momento di professionalizzazione, di verifica sul campo di una strumentazione concettuale e
scientifica appresa nei corsi istituzionali. In sostanza il tirocinio nelle Unità operative non è limitato
ad un momento dimostrativo o esercitativo rispetto alle nozioni apprese, ma dovrebbe provvedere
opportuni spazi di riflessione ed elaborazione personale.
All’inizio di ogni anno accademico viene presentata agli studenti una Guida operativa per
l’apprendimento clinico che descrive le procedure e le modalità di comportamento atteso dagli
studenti durante l’intero percorso e nelle diverse attività formative. In questo documento vengono
attualizzate e descritte nel dettaglio le norme del Regolamento didattico in coerenza con quanto
dichiarato nel presente documento di progettazione, compreso l’obbligo di frequenza al 100% per
tutte le attività formative inerenti l’apprendimento clinico e le modalità di gestione delle assenze e
dei necessari recuperi, oltre alla responsabilità dello studente durante le attività formative cliniche
(ritiro dei turni, comunicazioni con le sedi di tirocinio e con la Segreteria didattica, documentazione
delle presenze ecc.). In particolare:
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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• In caso di infortunio o di sinistro coinvolgente terzi lo studente deve seguire tassativamente le
indicazioni dettate dalla procedura adottata dall’Università Vita-Salute San Raffaele, consegnate
allo studente con la Guida e pubblicate in Intranet (vedi allegato).
• In caso di sciopero il tirocinio è sospeso solo in condizioni di insufficiente numero di personale
(al di sotto del contingente minimo) o su segnalazioni di criticità da parte dei responsabili delle
Unità operative. Tale assenza non dovrà essere recuperata.
• In caso di studentesse gravide, su richiesta delle stesse, la Direzione può proporre al Consiglio
di Corso un percorso di tirocinio personalizzato nel rispetto della normativa vigente.
• In caso di inadempienze rispetto alle procedure indicate. Le eventuali inadempienze da parte
di uno studente rispetto alle indicazioni procedurali e comportamentali che garantiscono la
sicurezza dei pazienti e degli operatori ed il corretto svolgimento delle attività formative sono
comunicate all’interessato e registrate dai Tutor sulla Scheda personale dello studente, insieme
alle eventuali misure sanzionatorie decise dalla Direzione, come ulteriori informazioni a
disposizione della Commissione di valutazione dell’apprendimento clinico di fine anno.
• In caso di sospensione dal tirocinio clinico. Il Regolamento didattico prevede le situazioni che
possono portare ad una sospensione. La sospensione temporanea dal tirocinio è proposta dal
Tutor professionale al Direttore della didattica professionale e dovrà essere motivata in un
colloquio e formalizzata per iscritto allo studente.
5. LA VOCE DEI PROTAGONISTI
Abbiamo chiesto ai principali protagonisti dell’apprendimento clinico di contribuire con la loro
prospettiva al completamento di questo documento di progettazione.
5.1 La voce degli Studenti, a cura di Irene, Barbara e Eleonora
All’interno del percorso della laurea in infermieristica i mesi di tirocinio sono sicuramente il
momento più atteso e prezioso per noi studenti.
In primo luogo, soprattutto per gli studenti del primo anno, questo è un momento privilegiato per
iniziare a scoprire chi è l’infermiere e di cosa si occupa, e per verificare se è questo il lavoro a cui ci
si vuole veramente dedicare nella vita.
In secondo luogo per potersi mettere alla prova: non c’è infatti occasione migliore per poter
verificare le proprie conoscenze teoriche, la loro effettiva spendibilità e il grado di competenza
tecnica e di ragionamento raggiunte.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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Infine, entrando in una rete di rapporti e relazioni consolidati, è richiesto di mettersi in discussione e
imparare a lavorare in un gruppo. Ci siamo accorte che un buon lavoro d’équipe permette, in
definitiva, una migliore assistenza. La relazione centrale infatti è quella col paziente: essa stimola a
conoscere e affrontare le proprie insicurezze e a riconoscere quelle del paziente, acquisendo un
maggior senso di responsabilità e umiltà (ad esempio, sapere quando è necessario fermarsi per
chiedere aiuto o spiegazioni).
Il periodo di tirocinio è lo strumento formativo per eccellenza: ogni situazione e ogni figura
professionale può essere fonte di apprendimento per uno studente che abbia voglia di imparare, ma
ci siamo accorte che lo strumento più incisivo nelle nostre esperienze è la figura dell’Assistente di
tirocinio. Quando l’Assistente di tirocinio è appassionato al mestiere che fa e ne ha vera esperienza,
guardare come si muove, come gestisce le situazioni nel reparto, compresi i conflitti, risulta
stimolante e costruttivo. Soltanto seguendo uno che è esperto e consapevole del proprio mestiere,
infatti, si può imparare ed essere personalmente incisivi nell’assistenza e creativi.
Inoltre, il rapporto con l’Assistente di tirocinio può facilitare il raggiungimento degli obiettivi
richiesti e stimolare a una conoscenza più approfondita e a una maggiore riflessione sulle situazioni
vissute in reparto.
Gli obiettivi da raggiungere sono numerosi e non tutti risultano chiari: a volte infatti sono molto
generici e non di univoca interpretazione. Questo può comportare dei problemi, soprattutto quando
capita che l’Assistente di tirocinio stesso non conosca la Scheda di valutazione e si trovi in
difficoltà ad esprimere un giudizio sul raggiungimento o meno della competenza. In alcuni casi ciò
è dovuto al fatto che alcuni obiettivi paiono essere troppo ampi per essere raggiunti in un tempo
così ristretto (la durata media di un periodo di tirocinio è solo di circa 5 settimane). Infine, può
succedere di riscontrare una discrepanza di intenti tra reparto ed università. Laddove l’Assistente di
tirocinio disistima gli obiettivi che l’università propone, si crea una sorta di conflitto per cui non si
valorizzano le ricchezze che il corso di laurea potrebbe fornire al reparto e viceversa, creando nello
studente confusione e insicurezza nell’apprendimento.
Oltre alla Scheda di valutazione, un altro strumento a disposizione è il piano di autoapprendimento,
nel quale lo studente decide di concentrarsi su determinati aspetti in cui si sente più carente.
Tuttavia, si tratta di uno strumento che non è sempre semplice da compilare soprattutto nei primi
giorni di tirocinio, come è richiesto, poiché non si conosce ancora bene il reparto e non è possibile
prevedere i casi clinici, il tipo di paziente, le situazioni che si dovranno affrontare. Per questo
riteniamo che per facilitare l’apprendimento possa essere più utile fissare a fine turno ciò che si è
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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visto e fatto e annotarne le motivazioni. Alla fine del tirocinio si potrebbe così riassumere e valutare
realisticamente quanto si è appreso.
In ultima analisi, il momento del tirocinio, con tutte le sue sfumature (tecnica-relazione-educazione-
difficoltà…) è sempre una provocazione a conoscere di più se stessi. È inevitabile che davanti a
tante situazioni, non sempre facili da gestire (da pazienti critici ad alcune relazioni con i Tutor…)
sorgano in noi domande sulla vita e più in particolare su di sé. Il tirocinio è sempre stata occasione
per conoscere di più chi siamo e cosa vale veramente nella vita.
5.2 La voce degli Assistenti di tirocinio, a cura di Sara
Da sempre, nel percorso di formazione infermieristica, il tirocinio riveste un ruolo chiave:
finalmente i contenuti teorici trovano piena applicazione nella pratica, finalmente lo studente può
tentare di comprendere fino in fondo cosa vuol dire esser infermiere.
Tutti, da studenti, non vedevamo l’ora di poterci “calare nelle parte”, entrar in contatto col paziente,
osservare gli infermieri e il loro modo di lavorare, per poter assorbire il più possibile e per poter
capire veramente cosa vuol dire “assistere”.
Ora, da Assistente di tirocinio, ogni volta che incontro un nuovo studente, cerco di ricordarmi tutto
questo corollario di emozioni e di aspettative che io stessa ho provato in un momento di
apprendimento così potente quale è il tirocinio, e soprattutto cerco di riflettere su quanto incisivi,
come modelli, siano stati alcuni infermieri incontrati nel mio percorso formativo.
Così facendo, mi dico che l’Assistente di tirocinio deve poter un po’ far la differenza per quello
studente, anche nei momenti più semplici o nelle piccole esperienze.
Certo, non sempre è facile e immediato poter trasmettere allo studente quello che si vorrebbe e in
modo ottimale, a volte le situazioni ci sembra non lo permettano, ma non si può lasciare il tutto al
caso. Il supporto che come Assistenti riceviamo dai Tutor del corso di laurea e la nostra competenze
cliniche ci permettono di esser più abili nell’innescare nello studente un processo di riflessione
sull’esperienza e sviluppare in lui un pensiero critico.
A volte non è così semplice, soprattutto quando ci si trova a contatto con studenti con un po’ di
difficoltà: in questi casi soprattutto dobbiamo ricordarci di non giudicare, di non esser troppo
assertivi e direttivi e nemmeno “amici”. La relazione che si instaura con lo studente, infatti, deve
essere di tipo educativo e finalizzata al raggiungimento di competenze cliniche, è fondamentale che
si basi su fiducia, rispetto e stima reciproca ed è caratterizzata da una ridotta asimmetria relazionale.
Assieme a un ambiente formativo adeguato è questa relazione che fa la differenza per la crescita
professionale dello studente, progettando e pianificando con lui l’esperienza, condividendo gli
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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obiettivi e rielaborando insieme i vari momenti. Non basta mostrare il “come si fa” o semplicemente
trasmettere conoscenze, ma, permettendo allo studente di esser libero di esprimersi e anche di
sbagliare, dobbiamo aiutarlo a esser consapevole del ragionamento clinico che sta dietro al nostro
agire, a sviluppare un suo processo decisionale, ad apprender profondamente il significato
dell’assistenza.
In questo percorso il tirocinio rappresenta sicuramente un momento di reciproca crescita
professionale: le nostre competenze cliniche, anche grazie al continuo aggiornamento, si trovano
così ad esser sempre in continua evoluzione e crescita. Queste competenze le offriamo, non solo
allo studente, ma soprattutto alla qualità dell’assistenza che realizziamo ogni giorno.
5.3 La voce dei Cittadini, a cura del Tribunale per i Diritti del Malato 1
L’attenzione alla persona, alla sua dignità e ai suoi diritti è il cuore della professione infermieristica.
Lo stesso Codice Deontologico richiama i professionisti al rispetto dei diritti fondamentali
dell’uomo, fonda la professione sul prendersi cura dell’altro, sul rispetto della vita, della salute,
della libertà e della dignità, secondo equità e giustizia.
Peraltro nei 51 articoli del Codice è possibile ripercorrere la professione e i suoi valori attraverso le
istanze che derivano in parte dai bisogni delle persone che si rapportano ai servizi sanitari e in parte
dalle questioni più generali che si stanno affrontando a diversi livelli in tema di salute, assistenza e
welfare: dal consenso informato all’accanimento terapeutico, dal rischio clinico alla comunicazione
efficace, dalla donazione degli organi al contrasto del dolore inutile, dal tema della contenzione al
rispetto della volontà espressa da un incapace.
Anche il tema della crisi del welfare e della carenza delle risorse non è escluso dall’impegno
professionale: l'infermiere - recita l’articolo 47 del Codice Deontologico - ai diversi livelli di
responsabilità, contribuisce ad orientare le politiche e lo sviluppo del sistema sanitario, al fine di
garantire il rispetto dei diritti degli assistiti, l'utilizzo equo ed appropriato delle risorse e la
valorizzazione del ruolo professionale. Un nodo centrale nel dibattito attuale sul futuro del servizio
sanitario nazionale italiano: conciliare l’universalità dell’accesso alle cure con la sostenibilità del
sistema. Questo grande impegno richiesto oggi alla professione implica una crescita di
consapevolezza e una responsabilità nell’esercizio della professione che resterebbe sulla carta se
non fosse elemento di formazione già a livello universitario e non proseguisse con l’aggiornamento
professionale.
1 Dr.ssa Francesca Moccia, settembre 2011
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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In questa sede merita una particolare attenzione il tema del rapporto umano e della relazione tra il
professionista e la persona assistita. Cittadinanzattiva, attraverso l’impegno del Tribunale per i
diritti del malato, ha fatto del tema dell’umanizzazione delle cure una bandiera, tutelando le persone
più deboli, promuovendo campagne di sensibilizzazione e istituendo sin dal 1997 il Premio Andrea
Alesini sulle buone pratiche in sanità. Mettere a proprio agio le persone, saperle ascoltare, tener
conto dell’aspetto umano non è un atto di buona volontà, né una attitudine di alcuni, ma un requisito
di professionalità e uno standard di qualità in tutti i servizi sanitari.
Eppure troppo spesso nell’esperienza quotidiana del Tribunale per i diritti del malato le persone
riferiscono di episodi di incuria, disattenzione, mancanza di ascolto e di umanizzazione nelle cure e
si evince con chiarezza dalle problematiche segnalate dalle persone assistite o dai familiari che
spesso dietro alla denuncia di un presunto errore nella pratica medica e assistenziale si nasconde
diffidenza, malcontento, a volte rabbia e amarezza per aver subito un disservizio, per non essere
stati ascoltati o per non aver ricevuto delle scuse, il tradimento della propria fiducia verso
professionisti e strutture da cui ci si aspettava altro.
In questi anni è emersa una vera e propria conflittualità in ambito sanitario, la cui causa va
rinvenuta principalmente nel gap che si è creato tra le aspettative elevate dei cittadini nei confronti
della medicina e delle terapie sempre più all’avanguardia, e l’esperienza quotidiana spesso fatta di
disservizi, carenza di informazioni, difficoltà ad ottenere una diagnosi, dimissioni precoci
dall’ospedale, o ancora lunghe attese al pronto soccorso, assistenza territoriale inadeguata, carenza
di personale per assistere a casa i propri familiari anziani o malati cronici.
Invece, una denuncia all’autorità giudiziaria si potrebbe evitare, nell’interesse di tutti i soggetti
coinvolti, dedicando il tempo giusto al dialogo con la persona assistita, a un momento di confronto
che permetta alle persone di fare delle domande, chiarire dubbi, essere supportati nelle decisioni
sulla propria salute, di dare, in altre parole, un vero consenso informato alle terapie e agli interventi.
Non sempre la carenza di personale e la riduzione del tempo da dedicare al dialogo, determinato dai
tagli ai servizi e alle risorse, che pure hanno avuto un forte impatto sulla qualità dell’assistenza,
sono la vera causa di questo fenomeno, che a volte trova le sue radici in una cultura sbagliata, che
risente del paternalismo medico di vecchio stampo e che oggi non è più accettabile.
Neppure l’avvento delle nuove tecnologie, della telemedicina, del teleconsulto, e di tutto quanto
viene racchiuso nella denominazione di sanità elettronica, potranno mai sostituire il valore della
relazione umana. Questo spiega anche il successo di nuovi fenomeni, come quello della medicina
narrativa e quello della slow medicine.
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Tutto questo trova una sintesi nella Carta Europea dei diritti del malato2, che riportiamo in sintesi e
che rappresenta una pietra miliare nella formazione di base di ogni professionista sanitario del
nostro tempo.
Carta europea dei diritti del malato3
1. Diritto a misure preventive
2. Diritto all’accesso
3. Diritto all’informazione
4. Diritto al consenso
5. Diritto alla libera scelta
6. Diritto alla privacy e alla confidenzialità
7. Diritto al rispetto del tempo dei pazienti
8. Diritto al rispetto di standard di qualità
9. Diritto alla sicurezza
10. Diritto all’innovazione
11. Diritto a evitare le sofferenze e il dolore non necessari
12. Diritto a un trattamento personalizzato
13. Diritto al reclamo
14. Diritto al risarcimento
2 Nel 2002 un gruppo di organizzazioni civiche appartenenti a 15 paesi della vecchia Europa su iniziativa di Active Citizenship Network, rete promossa da Cittadinanzattiva a partire dal 2001, ha dato vita ad una Carta europea dei diritti dei cittadini in ambito sanitario che trova il suo fondamento soprattutto nei diritti sanciti nella carta di Nizza. L’idea di fondo era quella di garantire, pur nella diversità dei sistemi sanitari, una uniformità dei diritti. La Carta europea dei diritti del malato è stata presentata a Bruxelles il 15 novembre 2002. 3 La Carta europea dei diritti del malato ha ricevuto diversi riconoscimenti dagli organismi dell’Unione Europea: il 15 e il 23 marzo 2007 due Risoluzioni del Parlamento Europeo hanno chiesto “l’adozione della Carta europea dei diritti del malato sulla base delle Carte esistenti nei diversi Paesi membri e sul lavoro portato avanti dalle organizzazioni non governative”; il 26 settembre 2007 il Comitato Europeo Economico e Sociale (CESE) ha approvato un Parere sui Diritti del malato che “riconosce e accoglie con favore la Carta europea dei diritti del malato, promossa da Active Citizenship Network nel 2002 e chiede alla Commissione Europea di riconoscere la Giornata Europea dei Diritti del Malato.
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Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica
GUIDA OPERATIVA PER L’APPRENDIMENTO CLINICO
Anno Accademico 2014-2015
A cura di DF Manara, P Catenacci, E Galli, E Marzo, D Moranda, M Secchi, G Villa CCLI 15 settembre 2014 – Ad uso del CLI-UniSR – Vietata la riproduzione senza esplicito consenso degli autori
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PRESENTAZIONE
Questa guida è parte integrante del Documento di programmazione dell’apprendimento clinico nel
quale è detto che lo studente è il primo responsabile del proprio apprendimento, frequenta i
laboratori e svolge il tirocinio come momenti professionalizzanti e di verifica sul campo di una
strumentazione concettuale e pratica appresa nei corsi istituzionali.
1. CONDUZIONE DEL TIROCINIO CLINICO
1.1 Responsabilità dello studente nel percorso di apprendimento
Lo studente mette in atto una gradualità di acquisizione di autonomia nel lavoro soprattutto quando
sono in gioco comportamenti professionali complessi, non semplicemente basati su regole e
procedure. La programmazione del tirocinio (competenze, contratto formativo, piano di
autoapprendimento, valutazione) è il frutto di una negoziazione in cui risulta decisiva la capacità di
proposta dell’Unità operativa di inserire lo studente nella comunità professionale e nel contesto
lavorativo concreto.
La sede formativa ha quindi un proprio ruolo negoziale, ma soprattutto una funzione di sfondo
durante il tirocinio e un ruolo di certificazione dell’esperienza effettuata.
Le esperienze di tirocinio devono essere progettate, valutate e documentate nel percorso dello
studente. Il Direttore della didattica professionale in collaborazione con i Tutor professionali
all’inizio dell’anno accademico progetta un percorso di tirocinio personalizzato per ogni studente
tenendo conto dell’anno di corso, delle competenze core di anno da raggiungere e delle
caratteristiche dello studente. Lo studente prende visione della programmazione annuale delle
esperienze di tirocinio durante un incontro formale coordinato dal Tutor di anno il quale illustra le
logiche di progettazione, le competenze core attese, l’organizzazione delle esperienze di tirocinio,
gli strumenti a supporto dell’apprendimento e le caratteristiche delle sedi di tirocinio.
Sono pianificate per il primo anno due esperienze di tirocinio; una terza esperienza di
consolidamento e verifica è dedicata agli studenti che necessitano di approfondimenti o recupero; al
secondo e terzo anno sono previste tre esperienze di tirocinio, di cui una al terzo anno finalizzata al
progetto di tesi (tirocinio elettivo). Inoltre, allo studente del primo anno che non abbia raggiunto un
livello atteso di performance nel tirocinio clinico viene data la possibilità di un ulteriore periodo di
recupero/consolidamento in genere programmato prima dell’inizio del nuovo anno accademico.
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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Indicazioni operative per lo svolgimento dell’esperienza di tirocinio:
� Una settimana prima dell’inizio dell’esperienza lo studente incontra, previo appuntamento, il
Coordinatore infermieristico dell’Unità operativa di destinazione e ne riceve i turni previsti per
l’esperienza di tirocinio.
� Il coordinatore e il team hanno la responsabilità di inserire gli studenti nell’ambiente clinico,
con la consapevolezza della natura stressante di questa esperienza di apprendimento. Un clima
che supporti il processo d’apprendimento nella pratica clinica dipende da una relazione positiva
tra team assistenziale e studenti.
� All’inizio dell’esperienza di tirocinio il Coordinatore infermieristico affida allo studente un
Assistente di tirocinio responsabile dell’apprendimento clinico che non necessariamente
affiancherà lo studente per tutto il periodo di tirocinio previsto. Lo studente illustra
all’Assistente di tirocinio la Scheda di valutazione dell’apprendimento clinico e insieme
definiscono il contratto formativo indispensabile alla individuazione delle strategie per il
raggiungimento delle competenze attese.
� Durante ogni esperienza di tirocinio lo studente riceve dall’Assistente di tirocinio valutazioni
formative sui suoi progressi, sia attraverso feedback, sia con la compilazione conclusiva della
Scheda di valutazione.
� Il tirocinio deve rispettare il calendario previsto dal Corso di Laurea e gli orario così come
stabiliti dai singoli Coordinatori infermieristici di Unità operativa.
� L’orario di inizio e di fine tirocinio coincide, di norma, con l’orario di inizio e di fine turno
degli Infermieri dell’Unità operativa.
� Il prolungarsi del turno dello studente nell’Unità operativa deve essere giustificata da effettive
esigenze di apprendimento.
� La riduzione occasionale di orario deve essere preventivamente comunicata e autorizzata dal
Tutor professionale.
� Lo studente ha diritto nel periodo di tirocinio a tre cambi turno da concordare preventivamente
con il Coordinatore dell’Unità operativa e comunicare alla Segreteria didattica per via
telefonica. Qualsiasi cambio turno dettato da esigenze legate all’organizzazione dell’Unità
operativa sono preventivamente autorizzate dalla direzione del CLI, ma devono essere
tempestivamente comunicate alla Segreteria didattica.
� Uno strumento a supporto del tirocinio è il piano di autoapprendimento che lo studente è
invitato a redigere già nella prima settimana di tirocinio.
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� Lo studente è munito di un libretto personale che documenta le sue presenze in tirocinio,
sottoscritte e certificate dall’Assistente di tirocinio o dal Coordinatore infermieristico di Unità
operativa. Lo studente, completato il periodo di tirocinio clinico, è tenuto a consegnare in
Segreteria didattica il libretto nello stesso giorno di fine tirocinio (in genere il venerdì) o al
massimo entro il lunedì successivo, compatibilmente con gli orari della Segreteria didattica.
1.2 Frequenza del tirocinio e sicurezza
Le attività di tirocinio sono finalizzate a far acquisire allo studente abilità specifiche di interesse
professionale. Per conseguire tali finalità formative, si possono attivare convenzioni con strutture,
sia in Italia che all’Estero, che rispondano ai requisiti di idoneità per attività, dotazione di servizi e
strutture, come previsto dal decreto 24 settembre 1997 n. 229. I 60 crediti minimi riservati al
tirocinio sono da intendersi come impegno complessivo necessario allo studente per raggiungere le
competenze professionali core. Secondo il nuovo Ordinamento didattico, nel primo anno di corso
sono previsti 15 CFU di tirocinio e 1 CFU di laboratorio, al secondo anno 20 CFU di tirocinio e 1
CFU di laboratorio, al terzo anno 25 CFU di tirocinio e 1 CFU di laboratorio.
La frequenza al tirocinio e alle attività di laboratorio è obbligatoria per il 100% delle ore
programmate per ogni anno di corso.
1.3 Assenze e recuperi
� In caso di assenza dal tirocinio lo studente deve avvisare tempestivamente l’Assistente di
tirocinio, o un infermiere dell’Unità operativa dove svolge il tirocinio, nonché la Segreteria
didattica lasciando eventualmente il messaggio nella segreteria telefonica attiva 24 ore (tel. 02-
2643.2522), specificando nome e cognome e l’Unità operativa dove svolge tirocinio (non si
accettano segnalazioni via mail).
� Lo studente che si assenta dal tirocinio per periodi brevi può recuperare le assenze previa
compilazione di apposito modulo presente in Intranet Studenti (vedi allegato) da consegnare
presso la Segreteria didattica entro e non oltre i due giorni successivi il rientro dall’assenza. Tale
modulo dovrà essere ritirato dallo studente presso la Segreteria stessa entro una settimana dalla
consegna.
� Le modalità di recupero saranno stabilite dal Direttore professionale della didattica e potranno
prevedere:
- recupero dell’assenza in un giorno di riposo (senza però superare i sei giorni consecutivi di
tirocinio)
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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- prolungamento del tirocinio al termine del percorso o anticipo del tirocinio seguente
- modalità di recupero personalizzate a discrezione della Direzione
� Non sono ammessi i recuperi di giornate isolate al di fuori del periodo dedicato al tirocinio.
L’assenza per essere ritenuta recuperata deve essere controfirmata dall’Assistente di tirocinio o
dal Coordinatore dell’Unità operativa.
� Lo studente che si assenta dal tirocinio per periodi lunghi (gravi e giustificati motivi), deve
concordare con il Direttore della didattica professionale un piano di recupero personalizzato.
� Lo studente che conclude positivamente il tirocinio di anno con un debito orario sul monte ore
previsto, può essere ammesso all’esame annuale di tirocinio se l’assenza non ha compromesso il
raggiungimento degli obiettivi di anno e può recuperare il suddetto debito entro la fine del terzo
anno.
1.4 Divise ed armadietti
� È fatto obbligo agli studenti di utilizzare per il tirocinio clinico, nei tempi e luoghi di
svolgimento dello stesso, solo ed esclusivamente la divisa adottata dal CLI-UniSR (cinque
divise per studente). Gli studenti possono accedere al servizio guardaroba per il cambio delle
divise (dal Lunedì al Venerdì dalle ore 07:00 alle ore 11:00 e dalle 13:00 alle 15:30). Lo
studente è invitato a non abbandonare le divise sporche negli spogliatoi, ma riconsegnarle
sempre al Servizio Guardaroba che provvederà a rifornire di divise pulite.
� Ogni studente usufruisce di un armadietto personale da utilizzare per indossare la divisa nei
periodi di tirocinio clinico, che verrà dato in dotazione dal Servizio GEAD. Per ragioni di
sicurezza si consiglia di non lasciare mai nell’armadietto personale oggetti di valore. Gli
armadietti sono di proprietà di Ospedale San Raffaele srl, e pertanto si invitano gli studenti
ad averne debita cura. In caso di smarrimento della chiave o di danni all’armadietto, lo
studente deve farne subito segnalazione al Servizio GEAD; in caso di rinuncia e/o
sospensione al proseguimento degli studi lo studente è tenuto alla restituzione della chiave
dell’armadietto. Qualora il tirocinio clinico fosse presso una sede esterna lo studente deve
restituire la chiave dell’armadietto al Servizio GEAD che provvederà a riconsegnarvene un
altro quando riprenderà il tirocinio clinico in sede.
� In caso di smarrimento della chiave o di danni all’armadietto, lo studente deve farne
subito segnalazione alla Sig.ra Viesi Luciana – Responsabile Servizio Gead (Ospedale
piano -2 vicino ai laboratori di ingegneria clinica)
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� In caso di rinuncia e/o sospensione al proseguimento degli studi lo studente è tenuto
alla restituzione della chiave dell’armadietto.
1.5 Infortunio o sinistri
In caso di infortunio o di sinistro coinvolgente terzi lo studente deve seguire tassativamente le
indicazioni dettate dalla procedura adottata dall’Università Vita-Salute San Raffaele, consegnate
allo studente con la Guida e pubblicate in Intranet (vedi Procedura per denuncia infortunio/sinistro
coinvolgente terzi).
1.6 Sciopero
In caso di sciopero, indetto dalle organizzazioni sindacali e coinvolgente il personale sanitario, il
tirocinio è sospeso solo in condizioni di insufficiente numero di personale (al di sotto del
contingente minimo) o su segnalazioni di criticità da parte dei responsabili delle Unità operative.
Tale assenza non dovrà essere recuperata.
1.7 Gravidanza
In caso di studentesse gravide, su richiesta delle stesse, la Direzione può proporre al Consiglio di
Corso un percorso di tirocinio personalizzato nel rispetto della normativa vigente.
1.8 Inadempienze rispetto alle procedure indicate
In caso di inadempienze da parte dello studente rispetto alle indicazioni procedurali e
comportamentali sopra indicate – le quali che garantiscono la sicurezza dei pazienti e degli
operatori ed il corretto svolgimento delle attività formative – l’inadempienza verrà registrata dai
Tutor sulla Scheda personale dello studente, insieme alle eventuali misure sanzionatorie decise dalla
Direzione. Queste informazioni saranno a disposizione della Commissione di valutazione
dell’apprendimento clinico di fine anno.
1.9 Sospensione dal tirocinio clinico
Secondo il Regolamento didattico del CLI-UniSR, le motivazioni che possono portare alla
sospensione dal tirocinio sono le seguenti:
• studente che ha effettuato errori che mettono a rischio la sicurezza del paziente o della
tecnologia usata
• studente che non rispetta le basilari e più comuni norme della relazione sociale
Documento di Programmazione dell’apprendimento clinico CLI-UniSR 2014-2015
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• studente con problemi psicofisici che possono comportare stress o danni per lui, per i malati, o
per l’equipe per la sede di tirocinio
• studente che dimostra difficoltà di integrazione con l’equipe tali da influenzare l’apprendimento
• studente che non ha i prerequisiti e che deve recuperare obiettivi formativi propedeutici ad un
tirocinio formativo e sicuro per gli utenti
• studente che frequenta il tirocinio in modo discontinuo (non rispetto dell’orario programmato, o
assenze frequenti e non giustificate ripetute in più turni all’interno di ogni esperienza e\o nel
percorso annuale di tirocinio)
La sospensione temporanea dal tirocinio è proposta dal Tutor professionale al Direttore della
didattica professionale e dovrà essere motivata in un colloquio con lo studente. La sospensione è
formalizzata con lettera del Direttore della didattica professionale allo studente.
La riammissione dello studente al tirocinio è concordata con tempi e modalità definite dal Direttore
della didattica professionale sentito il Tutor che l’ha proposta.
Qualora persistano le difficoltà che hanno portato alla sospensione temporanea del tirocinio il
Direttore della didattica professionale propone al Consiglio di Corso di Laurea in Infermieristica la
sospensione definitiva dello studente dal tirocinio tramite relazione che documenti
approfonditamente le motivazioni di tale decisione.
2. PARTECIPAZIONE AI LABORATORI\OSCE
La programmazione delle attività di laboratorio\OSCE è presentata agli studenti a inizio anno
accademico. La frequenza alle attività di laboratorio\OSCE è obbligatoria per il 100% delle ore
programmate per ogni anno di corso.
2.1 Assenze e recuperi
� In caso di assenza dai laboratori lo studente deve avvisare tempestivamente la Segreteria
didattica lasciando eventualmente il messaggio nella segreteria telefonica attiva 24 ore (tel. 02-
2643.2522), specificando nome e cognome e il laboratorio previsto per la giornata (non si
accettano segnalazioni via mail).
� Lo studente deve recuperare le assenze previa compilazione di apposito modulo presente in
Intranet Studenti da consegnare presso la Segreteria didattica entro e non oltre i due giorni
successivi il rientro dall’assenza. Tale modulo dovrà essere ritirato dallo studente presso la
Segreteria stessa entro una settimana dalla consegna.
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� Le modalità di recupero saranno stabilite dal Direttore della didattica professionale e potranno
prevedere:
- partecipazione a giornate di laboratorio\OSCE previsti per altri anni di corso
- prolungamento del tirocinio al termine del percorso o anticipo del tirocinio seguente
- modalità di recupero personalizzate
L’assenza per essere ritenuta recuperata deve essere controfirmata dal Tutor professionale.
2.2 Procedura per l’utilizzo dei laboratori per l’autoapprendimento
Attraverso la formazione nei laboratori, gli studenti, divisi in piccoli gruppi in autonomia o con
l’assistenza di Tutor esperti, hanno l’opportunità di sviluppare competenze pratiche intellettive ed
educative come preparazione all’assistenza ai pazienti.
Nei laboratori, gli studenti, attraverso simulazioni di ruolo e l’utilizzo di presidi didattici (manichini
dinamici, pezzi anatomici, ecc.) hanno l’opportunità di acquisire le competenze professionali in
clima protetto.
Sono a disposizione per le esercitazioni tre locali provvisti di ausili per: Accertamento assistenziale,
Pianificazione delle attività, Igiene, Mobilizzazione in sicurezza del paziente, Rilievo dei parametri
vitali su manichino dinamico, ecc.
LIBERO UTILIZZO DEI LABORATORI
L’Utilizzo dei laboratori è garantito dal Lunedì al Giovedì dalle 08.00 alle 16.00 e il Venerdì
dalle 08.00 alle 14.30.
Non sarà possibile come da calendario accademico, utilizzare i Laboratori:
- 7 giorni prima della programmazione degli OSCE
- 3 giorni prima della programmazione dei Laboratori
Il numero massimo di studenti consentito per locale è di 5/6 persone.
E’ possibile prenotare i laboratori rivolgendosi alla Segreteria didattica in orario di
apertura.
Gli studenti che fanno richiesta di prenotazione di Laboratorio, dovranno essere in grado di:
- segnalare il numero di partecipanti, comprensivo di data e orario di utilizzo
- indicare su che tipologia di performance si intende esercitarsi
- riordinare tassativamente gli spazi utilizzati
NB: Non si accettano prenotazioni a breve scadenza
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Si invitano gli studenti a prendere attenta visione di quanto descritto
nella Guida Operativa per l’apprendimento clinico onde evitare di
incorrere in inadempienze rispetto alle procedure indicate.
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CONTATTI
DIREZIONE DEL CORSO DI LAUREA IN INFERMIERISTICA
Presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Infermieristica
Prof. Roberto Chiesa
Direttore della didattica professionale
Dr. Duilio Manara
Tel. 02.2643.4941, E-mail: [email protected]
Tutor Professionali
� Dr.ssa Dina Moranda – Referente per i laboratori
Tel. 02.2643.2521, E-mail: [email protected]
� Dr. Marco Secchi – Coordinatore 1° anno
Tel. 02.2643.2547, E-mail: [email protected]
� Dr. Emanuele Galli – Vice Direttore della didattica professionale, Coordinatore 2°
anno
Tel. 02.2643.4940; E-mail: [email protected]
� Dr.ssa Elisabetta Marzo – Coordinatore 3° anno
Tel. 02.2643.2594; E-mail: [email protected]
� Dr. Catenacci Paolo
Tel. 02.2643.2594; E-mail: [email protected]
� Dr.ssa Giulia Villa
Tel. 02.2643.2595, E-mail: [email protected]
SEGRETERIA DIDATTICA
Sig.ra Cristina Pisani - Responsabile Segreteria didattica
Tel. 02-2643.2522; E-mail: [email protected]
La Segreteria didattica del CLI (Via Olgettina, 58) è aperta per gli studenti nei giorni:
dal Lunedì al Venerdì dalle ore 08.30 alle ore 12.00, anche durante il tirocinio teorico clinico
Tel. 02-2643.2522 (è attivo il servizio di segreteria telefonica 24 h)
Fax 02.2643.2527