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RECUPERO 5ASU Si individui la funzione dell’esperienza e in particolare della scienza nella maturazione dello spirito critico degli alunni. “Nell’insegnamento il richiamo all’esperienza diretta dei fatti ha giocato un ruolo polemico di una certa rilevanza contro la pseudo-scienza tutta cartacea. Di qui veniva l’istanza di ravvivare l’insegnamento scientifico da un lato mediante richiami alla storia della scienza e degli scienziati e dall’altro mediante la esecuzione diretta in aula di alcuni esperimenti “classici”, invitando gli alunni ad osservare, annotare, misurare, manipolare e a mettere a fuoco gli aspetti ricorrenti, isolando alcune variabili significative. Allo scopo si dovevano dotare le scuole di laboratori e predisporre schede-guida di esperimenti pilota. A sostegno di questa pratica didattica stava la convinzione che i ragazzi potessero pervenire alla formulazione di leggi scientifiche a partire dai fatti osservati, e quindi in maniera induttiva. Per decenni questa è stata la parola d’ordine, almeno fino a quando la critica epistemologica più matura (per es. di K.R. POPPER) ha dimostrato la fallacia di tante pretese induzioni e ha richiamato allo spirito genuino del metodo sperimentale, che procede piuttosto per ipotesi e messa alla prova di esse. Queste critiche non fanno venire meno l’opportunità di cimentare gli alunni con le prove di laboratorio: ma danno ad esse tutt’altro senso di quello di una induzione “cumulativa” da fatti ripetuti. M. LAENG, Didattica delle scienze, in “Enciclopedia Pedagogica”, Brescia, La Scuola, 1994 Affronta, attraverso l’esemplificazione proposta da J. H. Block, il tema di una didattica calibrata sulle capacità di apprendimento dei singoli alunni. Si evidenzi la funzione della programmazione nei percorsi di istruzione. Nella tipica situazione educativa, di un gruppo composto da trenta studenti con un solo insegnante, era improbabile che la qualità dell’istruzione fosse ottimale per tutti. L’unica funzione dei correttivi

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RECUPERO 5ASU

Si individui la funzione dell’esperienza e in particolare della scienza nella maturazione dello spirito critico degli alunni.

“Nell’insegnamento il richiamo all’esperienza diretta dei fatti ha giocato un ruolo polemico di una certa rilevanza contro la pseudo-scienza tutta cartacea. Di qui veniva l’istanza di ravvivare l’insegnamento scientifico da un lato mediante richiami alla storia della scienza e degli scienziati e dall’altro mediante la esecuzione diretta in aula di alcuni esperimenti “classici”, invitando gli alunni ad osservare, annotare, misurare, manipolare e a mettere a fuoco gli aspetti ricorrenti, isolando alcune variabili significative. Allo scopo si dovevano dotare le scuole di laboratori e predisporre schede-guida di esperimenti pilota. A sostegno di questa pratica didattica stava la convinzione che i ragazzi potessero pervenire alla formulazione di leggi scientifiche a partire dai fatti osservati, e quindi in maniera induttiva. Per decenni questa è stata la parola d’ordine, almeno fino a quando la critica epistemologica più matura (per es. di K.R. POPPER) ha dimostrato la fallacia di tante pretese induzioni e ha richiamato allo spirito genuino del metodo sperimentale, che procede piuttosto per ipotesi e messa alla prova di esse. Queste critiche non fanno venire meno l’opportunità di cimentare gli alunni con le prove di laboratorio: ma danno ad esse tutt’altro senso di quello di una induzione “cumulativa” da fatti ripetuti.

M. LAENG, Didattica delle scienze, in “Enciclopedia Pedagogica”, Brescia, La Scuola, 1994

Affronta, attraverso l’esemplificazione proposta da J. H. Block, il tema di una didattica calibrata sulle capacità di apprendimento dei singoli alunni. Si evidenzi la funzione della programmazione nei percorsi di istruzione.

Nella tipica situazione educativa, di un gruppo composto da trenta studenti con un solo insegnante, era improbabile che la qualità dell’istruzione fosse ottimale per tutti. L’unica funzione dei correttivi era di fornire ad ognuno i suggerimenti educativi e/o la partecipazione attiva e la pratica e/o la quantità e il tipo di rinforzi di cui aveva bisogno per completare l’apprendimento dell’unità. A questi scopi furono usati i seguenti correttivi: sessione di studio a piccoli gruppi, assistenza individualizzata, materiali di apprendimento alternativi (libri di testo supplementari, libri di lavoro, istruzione programmata, metodi audiovisivi, giochi educativi) e ripetizioni dell’insegnamento. Le sessioni a piccoli gruppi e l’assistenza individualizzata, per esempio, aggiungevano all’apprendimento di ogni studente un’importante componente personale-sociale che non rientrava nella classica istruzione a gruppi numerosi. I libri di lavoro e l’istruzione programmata fornivano allo studente líaddestramento che poteva risultargli necessario.

J. H. BLOCK, Introduzione al mastery learning. Teoria e pratica in Mastery learning (procedimenti di educazione individualizzata), a cura di J. H. BLOCK, Loescher, Torino, 1985

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Partendo dal passo proposto e basandoti sulle tue conoscenze ed esperienze, illustra il rapporto tra i processi formativi e l’ambiente.

L’educazione ai beni ambientali e culturali utilizza le testimonianze della natura e dell’uomo presenti in un dato territorio come risorsa di conoscenza e come fine dell’azione educativa.

Essa parte dal presupposto che i processi formativi nascono e si sviluppano attraverso il rapporto conoscitivo con l’ambiente: i saperi di cui ciascuno dispone sono infatti la rappresentazione cognitiva e non cognitiva della realtà; tale rappresentazione viene utilizzata per esplorare i diversi ambienti con i quali si entra in contatto, per regolamentare la propria relazione con essi e per introdurvi cambiamenti in termini sia di produzione materiale che di produzione ideale della cultura. La difficoltà di leggere e di interpretare le testimonianze della natura e dell’antropizzazione presenti nei luoghi di vita personali, ma anche di altri gruppi umani costituisce una forma di analfabetismo diffuso, che tocca all’educazione contribuire a superare.

P. OREFICE, in Glossario dell’Educazione degli adulti in Europa, a c. di P. Federighi, Firenze, 2000

Si sviluppi il rapporto tra saperi e democrazia come sfida del XXI secolo

«Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica mondiale che è iniziata nel 2008. In quel caso, almeno, tutti si sono resi conto della crisi in atto e molti governanti nel mondo si sono dati freneticamente da fare per cercare delle soluzioni: non trovarne avrebbe comportato gravi conseguenze per i governi, come in certi casi è avvenuto. Mi riferisco invece a una crisi che passa inosservata, che lavora in silenzio, come un cancro, una crisi destinata ad essere, in prospettiva, ben più dannosa per il futuro della democrazia: la crisi mondiale dell’istruzione. Sono in corso radicali cambiamenti riguardo a ciò che le società democratiche insegnano ai loro giovani, e su tali cambiamenti non si riflette abbastanza. Le nazioni sono sempre più attratte dall’idea del profitto; esse e i loro sistemi scolastici stanno accantonando, in maniera del tutto scriteriata, quei saperi che sono indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza si protrarrà, i paesi di tutto il mondo ben presto produrranno generazioni di docili macchine anziché cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da sé, criticare la tradizione e comprendere il significato delle sofferenze e delle esigenze delle altre persone.»

Martha C. NUSSBAUM, Non per profitto, il Mulino, Bologna 2011

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Evidenzia in quale misura l’ambiente fisico in cui si realizza un’attività educativa può influire sui suoi risultati e significati. Quale importanza deve essere assegnata all’esperienza concreta (il “libro della vita dei bambini”)

“La temuta aula-cella, che aveva sempre ospitato la classe meno numerosa, è quest’anno la nostra

realtà… Misura 4,70 per 5. Pensavo a quante aule simili a questa ci sono ancora nel mondo per farci

vivere i bambini nell’età che più di ogni altra ha bisogno di spazio, di verde, di sole e di moto. …

Eccomi dunque in mezzo all’aula. A mali estremi, estremi rimedi: fuori la cattedra, che non serve a

nulla, sparita la lavagna girevole, ora ci stavano due file di tavolini con un sufficiente passaggio al

centro. La pedana diventerà il nostro teatrino…quel metro quadrato scarso di spazio sociale su cui i

bambini potranno cantare, giocare, narrare le loro esperienze ai compagni, dipingere è il pezzo più

importante dell’arredamento…Prima di uscire ho dato un colpo d’occhio all’aula: se uscirà il sole, mi

son detto, andremo in campagna ad aprire contemporaneamente due libri di avventure: quello

della vita dei bambini, che è tutta da sentire, e quello della natura” (Mario Lodi, Il paese sbagliato,

Einaudi Torino 1970 pp.15-17).