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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa direttore Ugo Canonici Creatività e Innovazione Usare bene il telefono Marketing esperienziale Benvenuta la spiaggia 2.0 Formazione Lo sviluppo della Rete di Vendita DM & Comunicazione Organo d’informazione del Club C3 Marketing Comunicazione d mc & Poste Italiane S.p.A. Sped in a.p. - d.l. 353/2003 conv. l. 46/2004. art1.c.1 - LO/MI - Trimestrale nº.1 del 2013

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Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

direttore Ugo Canonici

Creativitàe Innovazione

Usare beneil telefono

Marketingesperienziale

Benvenuta la spiaggia 2.0

FormazioneLo sviluppo

della Rete di Vendita

DM & ComunicazioneOrgano d’informazionedel Club C3

Marketing

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nº.1 del 2013

EDITORIALE

5 La domanda di riserva di Ugo Canonici

MARKETING

16 Benvenuta la spiaggia 2.0 di Pier Giorgio Cozzi22 Un tormento diffuso di Axel Lo Guzzo 28 Lo sviluppo delle Reti di Vendita di Mario Silvano 30 Crowdsourcing e Reti Sociali di Carlo Cremona

LA NOTA

6 Dove è finito il know how di Guido Montacchini

COMUNICAZIONE CON I CANi

33 Non tirare! di Davide Canonici

COMUNICAZIONE

8 Nuvolette alla riscossa di Grazia De Benedetti12 Quanto fa bene un “grazie” di Ugo Perugini18 Usare bene il telefono di Barbara Coralli20 Parliamo ancora di privacy di Marco Maglio24 Il cinema e i suoi spazi di Roberto Villa26 Terre di Siena di Luigi Pagnotta

CREATIVITÀ E INNOVAZIONE

14 Marketing esperienziale di Sarah Canonici

RUBRICHE

34 Comunicazione & Benessere36 Club dell’Osso

SommarioAnno 26 - no 1 del 2013

I partner di questo numero:

8

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pag. 11pag. 39

pag. 40

pag. 2

PENSIERO LIBERO

38 Politica, comunicazione, carisma di Alessandro Lucchini

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I temi trattati

Direct Marketinguna strategia di marketing che utilizza la comunicazione, con strumenti interattivi, verso un pubblico mirato per ottenere risposte misurabili

Marketing tutte le attività che vengono svolte per giungere alla vendita dei prodotti/servizi offerti (dalla ricerca, alle indagini di mercato, alla post vendita)

Comunicazione d’Impresa utilizza in modo integrato gli strumenti della comunicazione per far conoscere al mercato l’offerta e determinarne il posizionamento

Le uscite di dm&c

• n.1 marzo • n.2 giugno • n.3 settembre • n.4 dicembre

Seguendo il passo dei tempi è nato dmcmagazine.it , il sito che si pone

come punto di riferimento per tutti coloro che operano nel campo del marketing

e della comunicazione di impresa. Una “agorà” nella quale ritrovarsi quotidianamente

per essere aggiornati sulle ultime novità, per essere informati sulle linee e le tendenze.

La rivista dm&c, leader dal 1987, prosegue la sua opera di divulgazione

della cultura del settore, appoggiandosi maggiormente sugli strumenti che la tecnologia mette a disposizione.

Continua ad essere stampata, in un numero limitato di copie, e viene distribuita, nella sua versione digitale, con una news letter

ad oltre 20.000 nominativi selezionati.Coloro che desiderano ricevere gratuitamente dm&c nella versione digitale possono inviare la propria mail a [email protected]

o andarla a consultare sul sito www.dmcmagazine.it

dmc&Direct Marketing Marketing Comunicazione d’impresa

www.dmcmagaz ine . i t

Certi comportamenti li hai acquisiti dentro di te. Diventano degli automa-tismi. Dei riflessi condizionati.

Tra questi c’è, per noi italiani, domandare, quando ci si incontra, “come va?”.Ti viene naturale: “Ciao, come va?”.Una volta a questa domanda si rispondeva con un altro automatismo “Bene, grazie”. E la cosa finiva lì. Anzi andava avanti con una conversazione che entrava negli argomenti di cui volevamo metter a parte il nostro interlocutore.Adesso è tutto cambiato (anche questo è cambiato!).Se ti fai sfuggire un “come va” vieni subissato da una sequela di lamentazioni.Tutte ben note, condivise, comprensibili. Sembra che chi ti sta di fronte non aspettasse altro per dare la stura ad una sofferenza che gli sta dentro e che ha un bisogno smisurato di riversare su qualcuno.E’ comprensibile. Visto il clima, visto l’infierire delle comunicazioni (accidenti sembra che tutti siano alla ricerca forsennata di raccontarti situazioni dispe-rate), visti gli obiettivi problemi che una volta non c’erano ed ora ci sono.Ma, e non per fare l’incosciente ottimista, bisogna uscirne. Ed il modo è uno solo. Andare alla ricerca del bicchiere mezzo pieno. Anche il marketing e la comunicazione sono stati messi in centrifuga e stra-pazzati alla grande. Ed è successo quello che classicamente si verifica in tutti gli stravolgimenti: si cercano le soluzioni meno opportune, le vie che sembrano le più facili e che si spera risolvano. Si comincia a bistrattare il prezzo, magari si chiude un occhio sulla qualità, si mistificano i valori. Ci si riempie la bocca di parole (etica in primis) che non trovano più corrispondenza nella realtà. Si instaura un periodo che va così. E la cosa non aiuta.Ma poi quelli più attenti, quelli più preparati, quelli che capiscono si danno una mossa. E pretendono si il cambiamento ma non a spese dei risultati.Sanno che quello che devono realizzare vuole i giusti valori. E, nel riconoscere la centralità del cliente e l’importanza della gestione del dato che guida l’output intelligente chiedono delle cose diverse da prima ma, se possibile, con contenuti ancora più professionali. E questa è la svolta positiva. Il buono chiama il meglio. I compromessi sono cacciati all’angolo, i valori ritornano ad avere il loro giusto … valore.E forse così comincia il contagio. Marketing e comunicazione si avviano al cambiamento che il mercato richiede ma ci arrivano avendo capito cosa cam-biare e ciò a cui non si può e non si deve abdicare.E’ un processo, come si diceva, contagioso. Ma solo attraverso questo mecca-nismo si può sperare di riconquistare una situazione generale nella quale non sia più “rischioso” chiedere “Come va?”. Anche perché l’alternativa e impegnarsi a trovare la domanda di riserva. no11 - 2013 - dm&c 5

La domanda di riserva Ugo Canonici

[email protected]

Editoriale

Facciamo un esperimento: prendia-mo un autorevole quotidiano e leg-giamo i titoli ed articoli riguardanti i dibattiti e le discussioni sulle ricette per uscire dalla attuale crisi econo-mica proposte dai più autorevoli eco-nomisti, industriali, politici. L’esperimento può essere ripetuto con qualsiasi giornale o rivista di at-tualità.

Fare sistema

“Bisogna fare sistema” è stato a lun-go il tormentone, “aumentare la pro-duttività” è ora lo slogan, più che condivisibile, degli industriali, “pre-servare i diritti” è la altrettanto con-divisibile risposta dei sindacati, non mancano i dettami della chiesa “in-tervenire presto” e le innumerevoli dichiarazioni dei politici “ripartiamo dalla politica”, “serve una nuova leg-ge elettorale”.Le ricette appaiono semplici: “occor-re valorizzare il patrimonio turistico culturale”, “puntare sulle nuove tec-nologie”, “promuovere il made in Italy”, “incoraggiare le start up”.Ora mi sento più sollevato. Siamo in buone mani.

C’è un gran fermento, tantissime idee, molte soluzioni. La classe dirigente attuale sa esatta-mente cosa si deve fare. Rileggo meglio, mi sto appassionan-do. Inizia ad insinuarsi un dubbio. Tutti sanno esattamente cosa fare ma ho come l’impressione che le propo-ste siano un po’ più sfuggenti sotto l’aspetto del come farlo. Mi viene allora spontaneo rivolgere la domanda ai soloni: sapete come fare? Nessuno mi risponde.Provo allora in inglese, la lingua uni-versale: do you know how?

Una domanda sinistra

Un brivido mi corre lungo la schie-na; la domanda in inglese suona an-cora più sinistra. Mi si materializza davanti agli occhi il termine know-how, entrato oramai a pieno titolo anche nella nostra lin-gua. Prendo il dizionario della lingua ita-liana. Know-how: s.m. inv., Capacità pratica e conoscenza teorica necessa-rie per l’impiego di una tecnologia, di macchinari, di impianti 2 estens. Abilità professionale specifica.

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Guido Montacchini

Anche durante il Rinascimento gli allievi affian-cavano i maestri e apprendevano i segreti del me-stiere in un virtuoso percorso di crescita continua

Le aziende oggi devono reinventare ciò che sapevano fare benissimo

Dove è finito il know how?

La Nota

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Cavolo… (s.m., Pianta erbacea del-le Crocifere - Brassica oleracea- con fiori gialli riuniti in grappoli e foglie lobate), allora siamo messi peggio! Da una parte del mondo, quelli che definiamo, con un po’ di puzza sot-to il naso, i paesi emergenti hanno adottato strategie e politiche mirate ad attrarre investimenti tecnologici stranieri, che insieme a lavoro porta-vano soprattutto conoscenze e com-petenze.

Formazione ed esperienza

Quello che non potevano insegnare i padri, i nonni, i capomastri, i propri colleghi più anziani perché non esi-steva in quei paesi una consolidata cultura industriale lo portavano gli investitori occidentali, con forma-zione specifica, esperienza, condivi-sione, affiancamento. Molti investitori locali hanno ri-cercato “partnership tecnologiche” con industrie affermate della parte “avanzata” del mondo; loro ci met-tevano i soldi, i soci “sviluppati” il know how. Gli operai, gli impiegati e i dirigenti delle neo-nate aziende locali hanno trascorso lunghissimi periodi di trai-ning on the job presso i partner oc-cidentali per capire, per provare, per imparare in poco tempo quella che era stata l’esperienza sviluppata in decenni di attività specifica, costrui-ta nel tempo, con fatica, investimen-

ti, con errori anche, partendo e mi-gliorando quanto appreso da coloro che erano venuti prima, che a loro volta avevano fatto da maestri alle successive generazioni. Contestualmente in occidente si è incominciato a ridurre i costi.

La conoscenza: un patrimonio

E’ così che tante aziende si sono af-frettatamente riorganizzate, senza gestire in modo oculato il proprio prezioso patrimonio: la conoscenza. Durante il Rinascimento gli allievi affiancavano i maestri, i “garzoni” di bottega apprendevano con faticoso lavoro i segreti del mestiere e, con il privilegio di partire con un inevita-bile vantaggio, superavano i maestri stessi; partivano dall’esperienza e dalla competenza dei maestri per ag-giungere la loro, in un virtuoso per-corso di crescita e di miglioramento continuo. Molte aziende oggi si sono invece ri-trovate nella paradossale situazione di doversi reinventare da principio quello che prima sapevano fare be-nissimo, con la conseguente perdita di tempo, qualità e soprattutto di vantaggio competitivo.Leonardo da Vinci andò a bottega dal Verrocchio, del resto, e se voles-simo attribuirne una lettura più con-temporanea potremmo parlare di “training on the job”, “mentoring”, “Knowledge management”.

n. 1 - 2013 - dm&c 7

In Italia il fumetto, vittima di pre-giudizi, occupa un ruolo marginale, specie in pubblicità, eppure la sua immediatezza e versatilità dovrebbe-ro favorirne l’uso sui vari media in un periodo che vede rifiorire forme di sintesi visiva, specie per quei dati che sono lunghi da elencare. Sono in auge infatti le infografiche, che, con il nuovo nome, hanno adottato degli stilemi grafici tipici della comunicazione web (lo svilup-po in verticale dello scrolling), ac-compagnati da illustrazioni più belle e accattivanti delle solite torte e co-lonnine, benché non sempre corre-late ai dati.

Ampio spazio nel multimediale

Con le sfumature espressive adattabi-li secondo le esigenze d’una comuni-cazione che si sposta verso digitale e multimediale, anche il fumetto può giocare le sue carte, come advertising su iPhone, iPad o android, attivato da un qr code o simili. È uno spot più

veloce e leggero di un’animazione, sia per realizzarlo che per fruirne, e la parola scritta facilita link e rimandi multimediali, oltre alla possibilità di sfruttare giochi visivi legati solo a lei e alla sua facoltà di suggestionare di più la memoria del semplice ascolto. In Facebook i linkate sono immagini e rimbalzano con facilità. Un nome per tutti, il disegnatore pubblicitario Makkox, che sfrutta bene i nuovi mezzi con strisce e vi-gnette satiriche. Nei nuovi media anche il disegno animato funziona meglio di altri messaggi. Eclatante è il successo di Simon’s cat, nato dalla passione per i gatti di Simon Tofield e diventato un feno-meno mondiale, tanto da approdare alla pubblicità. Ma anche la nostra Pimpa, creata da Altan per i piccoli, va forte ovunque,

Grazia De Benedetti

Nella pubblicità odierna il fumetto potrebbe svolgere il ruolo importante che gli viene riconosciuto all’este-ro. E anche in Italia qualcuno comincia a crederci

Nuvolette alla riscossa

Comunicazione

dm&c - n 1 - 20138

-

Uno strumento immediato e versatile

Pubblicità di un evento tenutosi a Vigevano

tanto da essere testimonial dei carto-ni animati italiani. La rete favorisce le grandi potenziali-tà di strisce & Co, gli “AdverComics”, come già li chiamano, ma c’è ancora molta disinformazione da combatte-re e lavoro da fare.

I successi del fumetto

Diverso il discorso per la pubblicità stampata. Qui domina l’immagine singola, la fotografia, il cui realismo pare uno strumento promozionale irrinuncia-bile. Il disegno è relegato a esigenze specifiche: far leva sul fattore “sim-patia” o promuovere soggetti astrat-ti.Il fumetto però sta scalando successi in ambiti diversi dall’advertisng. La graphic novel annovera opere di livello letterario, da Maus di Spiegel-man, vincitore anche di un premio Pulitzer, a Persepolis di Marjane Sa-trapi.

Ma già prima, vari autori italiani, da Buzzati a Hugo Pratt, ne avevano mostrato il valore. In paesi di cultu-ra più aperta, alla graphic novel si riconosce dignità letteraria, tanto da ammetterla ai premi: dopo il Costa Awards, presto anche il Booker Prize, il più prestigioso premio letterario britannico. In Italia per la prima vol-ta nel 2012, due titoli sono stati in lizza, come miglior libro dell’anno, a Radiotre. Per informare si sta affermando il graphic journalism, il reportage gior-nalistico, ma anche per la storia e la satira. Da noi per i giovani, a strisce le bio-grafie di personaggi famosi, da Bob Marley a Pasolini, grazie all’editrice Becco Giallo. E sulla Rai, nel 2013, una nuova trasmissione TV, “Fumettology”: 10 puntate per 10 personaggi dei fumet-ti, e si prevedono altre due serie...Sono gli inizi, ma in crescita.

Tovagliette a strisce

L’affermarsi della striscia in contesti diversi e più ampi potrebbe scardina-re i pregiudizi che l’avvolgono come advertisement. -La ricchezza del fumetto è grande. -dice Luigi Bona, direttore di WOW Spazio fumetto di Milano. -Se usato bene, è ideale per avere respiro nel raccontare e col suo appeal bastano 2 o 3 vignette. E’ ottimo per promuo-vere il turismo. Piccole, ma efficaci idee fiorisco-no anche in Italia-. Recente l’uso di stampare le strisce sulle tovagliet-te di carta da pizzeria, invece degli elementi decorativi o commerciali. Mangiare in un locale e leggere una breve storia sotto il piatto è un’idea

Mostra internazionale dei Cartoonists a Rapallo

Tovaglietta che reclamizza l’isola d’Ischia

n. 1 - 2013 - dm&c 9

azzeccata, con molti possi-bili sviluppi. Nel 2006 due giovani han-no illustrato sulle tovagliet-te le storie di Capitan Nova-ra per promuovere la città: la striscia ha avuto grande diffusione, guadagnandosi un premio della Camera di Commercio, è stata ricerca-ta dai collezionisti e l’idea si è moltiplicata con altri personaggi per altre locali-tà. Ad Ischia è stata declina-ta su varie epoche e generi di narrativa: fantasy, noir, fiaba, horror, da un gruppo di giovani cartoonist della Scuola Italiana di Comix di Mario Punzo. Ogni fumetto, incorniciato

da brand e loghi, si chiude col classi-co “continua”, per possibili sequel: nella fiaba, Biancaneve e il Principe azzurro cercano di salvare il matri-monio con una vacanza!

Possibilità da cogliere

Oltre alle tovagliette, la guida turisti-ca è più facile e divertente. Inoltre, il design, che con il packa-ging contribuisce all’immagine del prodotto, recuperando altri attributi del fumetto, può rendere la guida più attraente, senza inficiarne la chiarez-za. Gardaland, il parco divertimenti, si è pubblicizzato con una striscia, protagonisti una famiglia e un dino-sauro, Prezzemolo: l’album ha avuto un buon successo di vendita e Prez-zemolo è diventato il logo del parco. L’Abruzzo è il battistrada di una gui-da a strisce sulla regione, con storie illustrate da autori che lavorano per Bonelli e edita in varie lingue. Le guide sono diffuse in Francia, dove il fumetto promuove ogni tipo di prodotti, anche di prestigio. Il gigante Moncler ha celebrato i 60 anni dell’azienda, mettendo on line, l’autunno scorso, un fumetto in 6 puntate di cui era protagonista Mon-Duck, il papero/simbolo che cam-

peggia nei capi dell’azienda. Anche la Citroen si è raccontata con le strisce.

Sprazzi intelligenti

In Italia per ora sprazzi intelligenti e circoscritti, spesso ancora per il tar-get infantile, come la Storia dei Puffi, per la Festa del Giornalino dedicata ai personaggi, al Castello Sforzesco di Milano. L’album, che esaltava le bel-lezze del castello, malgrado il grande successo, non ebbe seguito. Stessa sorte per i fumetti in occa-sione d’una fiera all’Autodromo di Monza, uno sulla città e uno sul suo parco. -Era un’ottima idea per creare un meccanismo di comunicazione che svelasse la Brianza, che nessuno conosce. -commenta Luigi Bona. -I fascicoli, rivolti ai ragazzi e piaciuti a tutti, erano andati a ruba! Ma l’o-perazione non è proseguita: non si coprivano neanche le spese. Dovreb-bero essere campagne nazionali. Le strisce sono perfette per raccontare e informare: si può illustrare una loca-lità con Martin Mystère, raccontan-done storie e misteri. Il problema è che chi dovrebbe servirsene non lo fa. Bisogna saper scegliere la storia e usarla con consapevolezza e capacità, ma molte agenzie non lo sanno fare o il cliente stesso dubita del mezzo. Così i nostri bravi autori sono richie-sti all’estero, ma in Italia non riesco-no a lavorare. Uno come Bozzetto dovrebbe avere più spazio e alla Statale di Milano hanno eliminato l’unica cattedra di animazione del paese, dove insegna-va GianAlberto Bendazzi, uno dei massimi esperti mondiali. Il fumetto continua ad essere impor-tante. E’ l’unico che regge nel merca-to editoriale e ha un futuro davanti. Ma sono ancora in pochi a crederci e non è sfruttato per quel che può ren-dere-. Come in altri ambiti, noi ita-liani stiamo perdendo le conoscenze di cui siamo ricchi. E’ ora di riappropriarsene con intelli-genza. Le possibilità ci sono.

Comunicazione

dm&c - n 1 - 201310

Scomparso l’amato e rimpianto Carosel-lo, la pubblicità TV è un succedersi di spot brevi e veloci, col testimonial di tur-no o affollati di immagini. I personaggi dei fumetti allora molto usati e non solo per dolciumi e giocattoli, sono quasi del tutto scomparsi. In Carosello, numerosi autori crearono con l’animazione storie gustose, dei veri e propri serial molto se-guiti, i cui protagonisti furono i beniami-ni di bambini e adulti, diventando spes-so simbolo, logo perfino, del prodotto. I lunghi spot di Carosello oggi sarebbero troppo costosi, ma quei siparietti indica-no una strada tuttora valida: il pubblico, non solo i più piccoli, continua ad ap-prezzare le storie illustrate. Di recente la TV ha deciso di far rivivere la formula di Carosello (più breve).Una mostra sui 20 anni di Carosel-lo si tiene a Milano, a WOW-spazio fumetto.

Carosello forever

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Vi racconto un episodio autentico che mi ha confessato un amico. La persona in questione lavorava come funzionario in una banca da poco tempo. Era soddisfatto ed en-tusiasta ma non aveva mai potuto avere la conferma da parte dei suoi superiori che stesse facendo un buon lavoro. E’ vero, nessuno si lamentava di lui. E l’attività procedeva regolarmente. Ma nessuno glielo aveva mai detto esplicitamente. Oltretutto, in certi casi, al mio amico, che è piuttosto intraprendente, piaceva introdurre piccole modifiche, miglioramenti nella prassi quotidiana dell’attività amministrativa che condivideva con i propri collaboratori, i quali apprez-zavano e si adeguavano volentieri.

Silenzio assordante

Ma da parte dei capi, continuava questo silenzio assordante. Né lui riteneva opportuno avere un collo-quio con i superiori su questi temi, anche per non apparire troppo insi-curo e poco autonomo. A un certo punto, il mio amico si

chiese se stava facendo la cosa giusta, visto che qualche collega, meno at-tivo di lui, gli aveva fatto capire che tutta quella solerzia era praticamente inutile. E lui, forse, avrebbe perduto l’entu-siasmo che lo aveva fin lì contrad-distinto, se non fosse capitato un episodio che, invece, gli ridiede la carica necessaria. Il Vice Presidente della sua banca, un giorno, lo incrociò in un corridoio e, dopo averlo salutato cordialmente, gli disse: “Non abbiamo frequenti occasioni di parlarci in modo infor-male. Ma c’è una cosa che volevo dirle da tempo. Desidero ringraziarla per il lavoro che fa, per la spirito creativo che mette in ogni sua attività, per l’apporto innovativo che fornisce al suo ufficio.” Bastarono queste poche e semplici parole per ridare fiducia ed entusia-smo al mio amico che da quel mo-mento continuò il suo lavoro con impegno e serietà e, in breve tempo, fu in grado di raggiungere grandi successi professionali in quella ban-ca.

Ugo Perugini

Esprimere gratitudine da parte dei manager è spesso la chiave di volta per rafforzare e miglio-rare il rapporto con i propri collaboratori

Alcuni suggerimenti per non sbagliare

Quanto fa bene un “grazie”!

Comunicazione

dm&c - no1 - 201312

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Un piccolo episodio come tanti ma significativo che conferma come la capacità di esprimere gratitudine da parte dei manager sia spesso la chia-ve di volta per migliorare e rafforzare il rapporto con i propri collaboratori. In sostanza, cosa significa dire “gra-zie”? Significa che ci siamo resi conto di quello che fanno gli altri, della loro capacità, della loro buona volontà. Significa che il lavoro che fanno ci interessa molto e ad esso siamo in grado di dare la giusta valutazione.

Un clima positivo

Un “grazie”, ricordiamolo, non im-pegna più di tanto ma ha il merito di rafforzare la fiducia che gli altri ri-pongono in noi, stimola l’amor pro-prio della persona a cui l’abbiamo rivolto, rinsalda il suo senso di re-sponsabilità, favorisce una maggiore attenzione nei confronti dell’inno-vazione, dell’autonomia, e, di conse-guenza, aiuta a migliorare la produt-tività dell’azienda e a sviluppare un clima positivo nell’ambito lavorati-vo. Non dite che è poco!Ma anche per dimostrare gratitudi-ne, occorre seguire alcune regole che consentono di trarre da questo com-portamento tutti i vantaggi possibi-li. Elenchiamo qui di seguito alcuni suggerimenti a cui attenersi.1. Ringraziare deve essere collegato a un feedback. Il feedback, come noto, è un sistema per verificare, attraver-so precise domande, se le indicazio-ni dell’azienda vengono seguite in modo corretto e opportuno. Quando lo facciamo, e ci rendiamo conto che le cose funzionano nel verso giusto, ecco il momento più opportuno per dimostrare gratitudi-ne. 2. Il ringraziamento deve sempre es-sere sincero e specifico. Un “grazie” detto in modo generico non solo ha poco effetto ma rischia di apparire un atteggiamento ipocrita. Quando si ringrazia bisogna essere credibili ed efficaci. E individuare

con precisione qual è il motivo per il quale siamo disposti ad essere grati. 3. Ringraziare, per alcuni manager particolarmente attenti e sensibili, è un’attività che viene addirittura pro-grammata. Essi conoscono le caratte-ristiche di tutti i propri collaboratori, i risultati conseguiti, le loro qualità specifiche. E, di tanto in tanto, cer-cano di sottolineare l’apporto che ognuno contribuisce a fornire. E’ importante far capire che il manager segue sempre e apprezza ove necessa-rio il lavoro svolto.4. Ma come ringraziare? Privatamen-te o pubblicamente? Questo dipende naturalmente dalle circostanze. In certi casi, può essere utile farlo di persona, in modo però che il ringraziamento non sia colto come un atteggiamento formale. E’ preferibile dedicare al collabora-tore qualche minuto, mostrarsi sin-ceramente grato. In altri casi, il rin-graziamento può essere pubblico, quando le persone coinvolte sono una squadra e non è opportuno fare delle personalizzazioni. 5. Si può ringraziare tramite mail? Naturalmente la cosa è fattibile an-che se spesso una mail ha un peso specifico piuttosto modesto. Se si vuole che il nostro senso di gra-titudine arrivi a colpire nel segno, è preferibile scrivere una breve nota a mano, con qualche commento che non sia banale o scontato ma ben in-dividuato e personale. L’effetto di solito è garantito!

Mai mischiare

Occorre, però, stare molto attenti: se si ringrazia è meglio evitare - an-che se talvolta la tentazione è forte - di approfittare dell’opportunità per sottolineare certi limiti o difetti del collaboratore. Si otterrebbe comples-sivamente un effetto “nullo”. Meglio tenere separate la valutazione positiva da quella negativa. Ci saranno altre occasioni per sof-fermarsi sui possibili miglioramenti nell’attività del collaboratore. no1 - 2013 - dm&c 13

Cosa vuol dire essere innovativi oggi? Sono andata a leggermi la definizio-ne su Wikipedia: “Innovazione è la dimensione applicativa di un’inven-zione o di una scoperta. L’innovazio-ne riguarda un processo che garanti-sce risultati maggiori.”

L’immaginazione al potere

Ma a mio avviso essere innovativi oggi vuole esprimere un concetto molto più ampio. Vuol dire avere un approccio e un atteggiamento differente, lasciare che l’immaginazione abbia il so-pravvento.Per avere una conferma di esperien-za reale ho incontrato chi ha fatto della creatività e innovazione la pro-pria missione. Monica Menghini, è Executive Vice President Industry, Marketing and Corporate Communications di Das-sault Systemes, “The 3DEXPERIEN-CE Company” (3DS). 3DS è leader a livello mondiale nel software di progettazione 3D, nelle soluzioni di 3D Digital Mockup e nella gestione

del ciclo di vita del prodotto.

I suoi applicativi di design e gestio-ne dei processi e quelli esperienziali basati sul 3D avanzato e sulla realtà virtuale sono applicabili su aziende e organizzazioni di tutte le dimensio-ni e integrati sotto la grande piatta-forma chiamata 3DEXPERIENCE.

Innovatori e consumatori

Questa piattaforma rivoluziona il modo in cui “gli innovatori innova-no con i consumatori”, collegando fra loro progettisti, ingegneri, re-sponsabili marketing e consumatori

Sarah Canonici *

Dassault Systemes ha realizzato una piattaforma software che permette di “toccare con mano”, at-traverso una esperienza virtuale, i nuovi prodotti

Senza limiti di immaginazione

Marketing esperienziale

Creatività & Innovazione

dm&c - no 1 - 201314

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* Sarah CanoniciDirettore Operativo di Cleis Comunicazione, promozione, servizi per l’impresa; una so-cietà che lavora con partico-lare attenzione alla creativi-tà e all’innovazione. [email protected]

Monica Menghini

finali, all’interno di una nuova “so-cial enterprise”.

Come riuscite ad instaurare un rapporto con i vostri interlocu-tori?Per parlare con i nostri interlocutori oggi non bisogna essere solo inno-vativi, nel creare dei prodotti nuo-vi, ma soprattutto, dare vita ad una esperienza. Il valore aggiunto oggi è rendere protagonista il consumatore e fargli vivere subito delle emozioni che lo portano poi all’acquisto del prodot-to.Creare una storia dove il consumato-re diventa attore. L’azienda insieme a 3DS può co-struire e quasi “toccare con mano” quella che sarà la realizzazione futu-ra del prodotto che sta studiando, personalizzato a seconda delle sue esigenze e peculiarità.Il nuovo modo di fare comunicazio-ne e business oggi è far riflettere e dare dei consigli che portino ad una esperienza coinvolgente. L’informatica oggi può e deve esse-re di supporto per dare vita a questo nuovo approccio.

Con quali metodologie tradu-cete in realtà questa “ esperien-za”?Dassault Systemes ha realizzato la piattaforma 3DExperience che na-sce proprio come una “piattaforma organica” con tante applicazioni che si combinano tra loro come un

“lego” a seconda di quelle che sono le esigenze dell’inter-locutore. Costruire, attraver-so una esperienza virtuale che aiuta l ’ immaginazione con evidenze sen-soriali a collocare tutti i prodotti nel-la vita quotidiana. Un modo semplice di comunicare e di utilizzare tecnolo-

gie intelligenti creando applicazioni di social innovation e collaborazio-ne alla portata di tutti.

Ci può fare un esempio concre-to?Faccio due esempi.Il primo nel campo medico. Stiamo realizzando importanti progetti a sostegno della ricerca medica in col-laborazione con ospedali e centri di ricerca per le simulazioni delle fasi di diagnosi e decorsi delle patologie. Con una simulazione 3D, partendo dalla rilevazione di una patologia siamo in grado di simulare l’even-tuale progressione e renderla così manifesta ai medici. Ma i campi di applicazione sono i più diversi, un altro esempio è l’e-sperienza immersiva di Paris 3D, un viaggio nel tempo attraverso la sto-ria della crescita e dello sviluppo del-la città di Parigi.

Migliorare la vita

Questi sono indubbiamente me-todi innovativi che basandosi su esperienze molto vicine alla realtà ti permettono di migliorare la vita. E’ quindi un invito a far sì che la tecnologia immersiva applicata allo sviluppo scientifico, ai grandi pro-blemi delle risorse ambientali, alla diffusione della cultura e delle in-formazioni, della moda, e anche del turismo … possa essere sperimentata senza limiti di immaginazione! no1 - 2013 - dm&c 15

Si, lo so. Siamo in anticipo. Però su certe cose è meglio portarsi avanti…Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia stesso mare è stato il tor-mentone canoro di molte estati fa. La spiaggia citata nella canzonetta, metafora della vacanza estiva final-mente liberatoria dalle inibizioni di tutto l’anno, era ovviamente quella della Riviera romagnola, ombrelloni piadine e liscio e struscio. Questo prima. Adesso il cambiamen-to è arrivato anche lì: la multime-dialità ha fatto il suo ingresso, con-fermando come l’intraprendenza, il marketing e la comunicazione siano gli strumenti indispensabili per l’im-prenditore privato e quello pubblico.

La spiaggia intelligente

Il fatto: è arrivata, anche in Italia, la “spiaggia intelligente”. A Bellaria Igea Marina ha esordito la tecnospiaggia con tecnologia Plc (PowerLine Communication) che,

grazie alle onde convogliate, si serve della rete elettrica per la trasmissione dei dati. Nella fattispecie: ombrelloni con cel-le fotovoltaiche gestiti da remoto dal bagnino dotato di telecomando, let-tini dotati di wi-fi per consentire ai bagnanti clienti di navigare sul web con smartphone e tablet, totem in-terattivi che consentono a chi vuo-le andare in spiaggia senza portarsi il pc di inviare immagini e cartoline elettroniche e, a tutti, di ricevere in tempo reale informazioni su meteo, eventi in programma e altre infor-mazioni di pubblica utilità.Tutto ciò grazie a un progetto nato dalla collaborazione tra due aziende (www.umpi.it e www.telecomitalia.it) impegnate a fare business trasfor-mando il settore balneare in un am-biente sicuro e multimediale.

Una risorsa turistica

Questa innovazione, la connessione wi-fi, una rivoluzione copernicana

Pier Giorgio Cozzi

Multimedialità: una risorsa promozionale a dispo-sizione anche dei gestori degli stabilimenti balnea-ri e amministratori pubblici. Pensiamoci in tempo

Non aspettiamo l’arrivo dell’estate per attrezzarci ...

Benvenuta la spiaggia 2.0

Marketing

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per i gestori degli stabilimenti dei ba-gni che in Italia sono circa 12.000, dovrebbe aggiungere valore all’offer-ta del turismo balneare, come del re-sto già accade per il settore ricettivo-alberghiero (quando è gratuito per gli ospiti, e non a pagamento come troppo spesso accade anche in alber-ghi pluristellati di catena e di pro-prietà). Il ragionamento è semplice: tablet e (sopra tutto) smartphone sono or-mai accessorio insostituibile e sem-pre presente della maggior parte della popolazione di tutte le fasce d’età reddito e classe sociale; i social network costituiscono il flusso mag-giore - per quantità di messaggi e di contenuti – degli attuali canali di comunicazione; il costo d’acquisto degli strumenti (telefono, tablet ecc.) e di gestione della messaggistica è a carico del cliente e non del gestore dello stabilimento balneare. Quale strumento migliore dunque per promuovere a costo zero il pro-prio ‘bagno’ di quello che consente alla simpatica famigliola di inviare via e-mail le foto immagini e com-menti - della propria felice vacan-za (“ehi, guardate qui dove siamo e come ci divertiamo, voi che state ancora in ufficio!) in tempo reale ad amici parenti e conoscenti. Quale passaparola (word mouth mar-keting, nel linguaggio degli esperti), può vantare una così penetrante ef-ficacia nel turismo di massa, a spese degli stessi consumatori?

Come ti vedono i turisti

A proposito di foto on-line e delle potenzialità degli strumenti tecnolo-gici per la promozione turistica, sen-tite che cosa scriveva Giulio David su GHnet.it nel suo Come ti vedono i turisti: dati e informazioni: “Sono passati vari anni da quando un pri-mo esperimento tentò di trasformare i dati provenienti dal social network Flickr, in informazioni. Si trattava di uno studio condotto per verificare la corrispondenza tag/

luoghi dei turisti sulla riviera ligure in occasione della nascita del Siste-ma turistico locale savonese. Sullo stesso tema poi, la provincia di Firenze, commissionò una ricerca al Mit Lab (Sensible City Lab) di Boston al fine di individuare il comporta-mento dei turisti nella città, i flussi all’interno della stessa e di fornire un quadro generale del movimento dei viaggiatori in tutta la penisola. Una ricerca che sembrava precorrere i tempi ma che, in Italia, ha avuto scarso seguito.

Migliorare una destinazione

Nell’era dei social network sono or-mai note le potenzialità che, ai fini della promozione, sono insite in questi strumenti, ma il loro impiego può andare ben oltre. Utilizzando gli scatti fotografici è possibile sapere cosa visitano i turi-sti, in quale momento della giornata, da quale parte della città arrivano e dove si dirigono: queste informazio-ni consentono alle DMO e alle auto-rità competenti di intervenire anche sui sistemi di mobilità e in generale su tutti quei servizi che concorrono al miglioramento qualitativo di una destinazione”.Il fatto che la spiaggia multimedia-le sia stata guardata con attenzione in Romagna, inoltre, è la conferma ulteriore che questa regione è tra le poche italiane che, turisticamente parlando, si adopera ‘tradizional-mente’ per innovare la sua offerta, adattandola al target e al mercato.Speriamo che la spiaggia 2.0 funga d’esempio: gran parte dell’Italia si af-faccia sul mare e le nostre spiagge, in gran maggioranza, costituiscono la destinazione estiva del mercato do-mestico del turismo di vacanza. Teniamone conto. no 1 - 2013 - dm&c 17

Molto spesso le cose che sembrano le più semplici si rivelano essere le più complicate. Credo che tutti però siamo coscienti del fatto che comunicare bene non è facile, come potrebbe sembrare. A prescindere dal mezzo. E il telefono non sfugge a questa re-gola.Sappiamo che c’è spesso differenza tra ciò che si vuole trasmettere, ciò che si crede di dire, che si sa dire, che si dice realmente e, dall’altra parte, cosa il ricevente comprende, cosa percepisce, accetta e ricorda.

Convinzioni errate Spesso siamo convinti di avere una grande familiarità con il telefono, ma si deve sapere che, quando lo usiamo come strumento di comunicazione professionale, dobbiamo applicare un tipo di approccio sostanzialmen-te diverso dall’utilizzo quotidiano personale.Ricordiamo che il telefono offre molti vantaggi ma, come per tutte le cose, ci sono anche alcuni limiti. Tra i vantaggi: contatto diretto ed

immediato, tempestività, rapporto personalizzato, scambio di informa-zioni e interattività. Tra gli svantaggi: il telefono non lascia tracce; non possiamo dispor-re di supporti per la presentazione, né possiamo cercare aiuto nella co-municazione non verbale - nostra e dell’interlocutore - quindi niente feed-back visivo per capire le sue re-azioni e il suo livello di attenzione e comprensione del messaggio; è più facile che il nostro interlocutore su-bisca distrazioni e disturbi a nostra insaputa; il rifiuto è più facile, al te-lefono.

Prepararsi bene

Quindi è indispensabile preparare bene la comunicazione, mettendo in evidenza la propria personalità. E poi cercare di usare bene la voce, e soprattutto usare bene le parole. Mostrare un atteggiamento positivo, saper ascoltare.Completano un atteggiamento po-sitivo: sicurezza, fiducia in se stessi, determinazione e concentrazione.Insomma, il contatto va preparato.

Barbara Coralli

Non è facile, ma è possibile

Usare bene il telefono

Comunicazione

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Il successo di una comunicazione telefonica è il risultato di una accurata pianificazione e di una efficace realizzazione. L’insuccesso? Piccoli errori

Parte terza

Barbara CoralliManaging Director e Senior Partner di Studio Telemaco – MilanoOpera da oltre 20 anni nel settore della comunicazione d’impresa.Esperta di Comunicazione PNL per i testi DM, web marketing e script di marketing telefonico.Nel 1988 fonda Telemaco Strategie S.r.l., società pre-valentemente incentrata sul marketing telefonico B2B per azioni di alto profilo Nel 1993 fonda Studio Te-lemaco, più focalizzata su consulenza e formazione per il Customer Care

[email protected]

Un valido supporto è lo schema della chia-mata-tipo e qualche frase ben costruita da spendere al momento giusto. E poi è op-portuno te-nere conto di alcuni aspetti fon-damental i . Velocemen-te: il mes-saggio deve essere chiaro e comprensibile a chiunque, evitan-do terminologie strettamente “tecni-che” e inoltre bisogna che sia appro-priato e non banale. Dobbiamo sapere molto bene a chi vogliamo trasmettere questo messag-gio, che cosa vogliamo trasmettere realmente, che immagine vogliamo che rimanga, qual è l’obiettivo del contatto, quali sono i vantaggi per l’interlocutore. Evitare una sterile presentazione del prodotto: quello che diciamo deve essere interessante per chi ci sta ascoltando.

Perseguire un obiettivo

Nel corso della telefonata bisogna perseguire l’obiettivo di “scoprire” le informazioni che ci occorrono, pre-parando magari una lista, ordinata secondo un percorso logico.Il piatto forte sarà infine l’argomen-tazione. Focalizzare le argomentazioni-chiave e cercare di utilizzarle al momento giusto, adattandole in funzione di quanto appreso nella fase di “scoper-ta”.Prevediamo il maggior numero pos-sibile di obiezioni e domande del nostro interlocutore e prepariamo

risposte ade-guate ed argomenta-zioni con-vincenti.A r r i v a n d o infine alla conclusione, ricordiamoci che va prepa-rata secondo l ’ob ie t t ivo che era stato fissato all’i-nizio, pre-vedendo un paio di alter-native, e una formula che consenta di

mantenere il contatto e poterlo svi-luppare in seguito anche se al mo-mento non ci sono prospettive inte-ressanti. Prepariamo anche una frase di commiato cordiale ma non banale e neppure sbrigativa (che non sembri ”adesso che ho ottenuto quello che volevo non mi interessi più”).

Annotare tutto

La “storia” del contatto , cioè quello che è successo nel corso della con-versazione, è molto utile: annotare informazioni, osservazioni, numero di chiamate, consente a noi, o ai collaboratori/colleghi di poterlo svi-luppare in seguito senza perdita di tempo o di informazioni.In sintesi: il successo di una comu-nicazione telefonica è il risultato di un’accurata pianificazione e di un’ef-ficace realizzazione, mentre l’insuc-cesso è determinato da una serie di piccoli errori.E visto che abbiamo parlato di obie-zioni, eccone una che potrebbe ve-nire in mente: “bello, ma irrealizza-bile”. La risposta? Tutto quello che è scrit-to ha una lunga storia di conferme e risultati positivi alle spalle.Non è facile, ma è possibile. no 11- 2013 - dm&c 19

Il decalogo della telefonata doc- Siate positivi, affermativi e parlate con sicurezza- Siate cortesi, sorridenti, empatici e professionali- Create un rapporto personalizzato- Parlate al momento giusto, senza incalzare ma senza esitare- Durante la conversazione, prendete appunti e date messaggi di ascolto e interesse - Al momento giusto, riformulate, soprattutto se non siete certi di aver compreso tutto perfettamente- Quando formulate la proposta, siate chiari ed as-sertivi- Al primo segnale positivo, concludete con determi-nazione ed entusiasmo- Non siate mai polemici e non vivete le obiezioni come un attacco personale- Accomiatatevi in modo cordiale ma non cerimo-nioso né sbrigativo

Parliamo ancora di normativa sulla privacy. Lo scorso anno la Commissione eu-ropea ha presentato la proposta di revisione della normativa comunita-ria sulla protezione dei dati personali risalente al 1995: si punta a rafforza-re i diritti degli utenti in materia di privacy online e a uniformare le 27 diverse legislazioni dei Paesi membri dell’Unione.

Nuove regole

La riforma è affidata a un Regola-mento, immediatamente applicabile in tutti gli Stati membri, che istitu-isce un quadro normativo generale per la protezione dei dati personali. In virtù delle nuove regole, ogni cittadino dovrà essere informato in modo semplice e chiaro circa le pro-cedure con cui i propri dati saranno gestiti da qualsiasi azienda con sede legale in Europa, a prescindere da dove si trovino i server. La maggior trasparenza imporrà ai gestori di indicare il tipo di dati di cui si è in possesso, gli scopi per cui verranno usati, la possibilità che vengano ceduti a terzi e per quanto tempo verranno conservati nei data-base.Ogni utente dovrà, altresì, fornire un

consenso esplicito all’impiego dei propri dati personali da parte delle aziende: il consenso non potrà, per-tanto, essere presunto. Inoltre, ogni cittadino avrà pieno ac-cesso alle informazioni sul suo conto e potrà decidere in ogni momento di cancellarle o trasferirle altrove.

Diritto all’oblio

Viene così formalizzato quel “diritto all’oblio” di cui in ambito privacy si parla da tempo. Non si potrà, però, richiedere la ri-mozione delle proprie informazioni personali dai database delle testate giornalistiche. La riforma elaborata dalla Commis-sione, prevede, inoltre, la modifica dell’obbligo di notificare tutti i trat-tamenti alle Autorità per la protezio-ne dei dati personali. Tale passaggio verrà sostituito con l’introduzione di un onere di rendi-contazione per chi effettua il tratta-mento. Ad esempio, imprese e organizza-zioni dovranno “autodenunciare” quanto prima (normalmente entro 24 ore) alle Authority nazionali di controllo i casi di grave violazione della normativa privacy in cui doves-sero incorrere.

Marco Maglio

Verso una nuova privacy europea: la proposta di re-golamento comunitario sulla data protection pre-vede molte novità. Ma se ne dovrà ancora discutere

Anche se il percorso è piuttosto lungo

Parliamo ancora di privacy

Comunicazione

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Si statuisce, inoltre, la creazione di un meccanismo per il quale le impre-se si dovranno relazionare solo con l’Autorità nazionale di protezione dei dati nel Paese dell’Unione Euro-pea nel quale hanno la propria sede principale.

Tra un Paese e un altro

Analogamente, sarà possibile rivol-gersi all’Autorità del proprio Paese anche se i dati sono tratti da un’im-presa avente sede fuori dall’Europa. Per il cittadino europeo sarà più faci-le accedere ai propri dati personali e sarà agevolato anche il loro trasferi-mento da un fornitore di servizi a un altro (c.d. diritto alla portabilità dei dati), il che comporterà un migliora-mento della concorrenza tra i servizi. Le norme UE si applicheranno anche ai dati personali trattati all’estero da imprese che sono attive sul mercato

unico e offrono servizi ai cittadini dell’Unione. Le autorità nazionali indipendenti di protezione dei dati avranno maggio-ri poteri in modo da applicare me-glio le norme UE nei rispettivi Paesi. Potranno, ad esempio, comminare, alle imprese che violano il diritto dell’Unione, sanzioni pecuniarie di importo elevatissimo. Dal canto suo, la Direttiva, nello spe-cifico, applicherà i principi generali e le norme di protezione dei dati alla cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale: le sue disposizioni disciplineranno anche i trasferimen-ti di dati sia nazionali che transfron-talieri. Le autorità nazionali indipendenti di protezione dei dati avranno maggio-ri poteri sanzionatori, potendo arri-vare a comminare, alle imprese che violano il diritto dell’Unione, san-zioni pecuniarie fino a 1 milione di

euro o pari persino al 2% del fatturato mondiale annuo.

Un iter complesso

La discussione sulla Privacy ha ancora davanti a sé un iter lungo in Europa.Le proposte devono passare al Parlamento Europeo e al Consiglio dei Ministri per la discussione e, una volta adot-tate, entreranno in vigore dopo la loro approvazione de-finitiva. C’è ancora tempo quindi per prepararsi alla nuova privacy, ma è meglio iniziare a pensar-ci. Il Futuro arriva in fretta e spesso diventa Passato senza che nemmeno ci accorgiamo che è stato Presente.

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[email protected]

Avvocato in Milano e fondatore di Lucerna Iuris, il primo Network

Giuridico Europeo formato da legali di tutti i paesi dell’Unione Eu-

ropea esperti di questioni di marketing e di comunicazione.

Insegna Diritto dei consumi e del marketing e Diritto della sicu-

rezza Alimentare nelle Università di Milano e Parma. Dopo esse-

re stato Consigliere Delegato di AIDIM (Associazione Italiana del

Marketing Diretto ed Interattivo) per le relazioni istituzionali, le

pubbliche relazioni e gli affari legali, dal 2004 presiede il Giurì per

l’Autodisciplina nella comunicazione commerciale diretta e interat-

tiva e nellevendite a distanza. E’ membro del Consiglio Direttivo di

FEDMA (Federazione Europea del Direct Marketing) in rappresentanza dell’Italia.

E’ un tormento ormai diffuso in tutte le aziende quello della scarsa liquidi-tà causata dall’immobilizzazione dei crediti che alla fine si trasformano in sofferenze. La stessa azienda spesso distoglie personale interno con l’intento di concentrare tutta l’attenzione pos-sibile per recuperare i propri crediti. Il più delle volte però, il risultato non è quello atteso, e gli imprendi-tori scoraggiati finiscono con l’ab-bandonare di fatto l’ipotesi di un re-cupero, perché al mancato guadagno derivante dai crediti non incassati e alla perdita degli interessi moratori, si aggiungono le spese sostenute.

Nodo centrale

Riscuotere i propri insoluti è diven-tato un nodo centrale nella vita di ogni azienda, sia essa coinvolta nella commercializzazione di prodotti, sia in quella di servizi.E tutto ciò assume maggiore rilevan-za con riferimento alla situazione at-tuale, caratterizzata da una crescente difficoltà nella gestione economica aziendale, che è condizionata ulte-

riormente dalle enormi difficoltà fi-nanziarie del momento. Negli ultimi anni, lo scenario di chi opera nel settore del recupero crediti è andato modificandosi notevolmen-te, influenzato, anche, dal cambia-mento dell’intero scenario aziendale oltre che da quello delle persone di riferimento nelle aziende debitrici. Tutto ciò ha richiesto agli addetti al lavoro una naturale evoluzione del proprio ruolo con il bisogno da parte del recuperatore di acquisire un livel-lo d’educazione superiore.

Instaurare un dialogo

Oggi, quindi, chi si trova impegnato nel recupero dei crediti, può essere facilmente paragonato a una sorta di consulente tra le parti, in quanto, deve essere in grado di instaurare un dialogo tra gli attori interessati che possa portare al raggiungimento di un accordo, vantaggioso non sol-tanto per il creditore ma anche per il debitore.Debitore che spesso è costretto a ri-tardare il pagamento semplicemente perché vittima a sua volta di ritardi

Axel Lo Guzzo

Il recupero crediti è una risorsa strategica che si integra sempre di più con i processi commerciali e di marke-ting di una azienda attenta alle relazioni con i clienti

Una oculata gestione può diventare un vantaggio competitivo per tutte le Pmi

Un tormento diffuso

Marketing

dm&c - no 1 - 201322

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altrui, oppure perché realmente im-possibilitato a saldare il debito con-tratto in quanto stretto dalla morsa della crisi.

Analisi del rischio

In questo panorama economico-sociale, particolare importanza assu-me il limitare il più possibile i rischi d’insolvenza, ed eventuali problemi di carattere finanziario attraverso l’attuazione di efficaci politiche in-terne d’analisi del rischio, con una costante e precisa osservazione dei propri clienti nel tempo.Monitorare il rischio di credito insie-me a un presidio della qualità di sol-vibilità, si pone come un passaggio obbligato per ottenere un proprio vantaggio competitivo, che per le imprese di piccole e medie dimen-sioni, rappresenta un elemento dif-ferenziante e di estrema importanza.Il processo d’analisi e d’identificazio-ne del livello di fiducia deve prende-re in considerazione adeguatamente i maggiori costi futuri cui l’azienda potrebbe andare incontro nell’attivi-tà di erogazione del credito; causato da eventuali pagamenti tardivi, o anche parziali o addirittura del tutto inesistenti. Il verificarsi di tali comportamenti da parte della clientela può generare danni per l’impresa molto superiori alla semplice perdita del credito poi-ché possono portare anche all’estin-zione della relazione con il cliente con un riflesso negativo sull’intera immagine aziendale.

Mix di relazioni

In tal senso, quindi, il processo di recupero crediti si integra sempre di più con i processi commerciali e di marketing dell’azienda, sovrappo-nendosi e compenetrandosi con le attività di gestione clienti, in un mix di relazioni, tipico della realtà italia-na, in cui i solleciti di pagamento s’intersecano con eventuali succes-sive modifiche sulla fornitura, cambi

di condizioni contrattuali, mancate o ritardate consegne, reclami, esca-lation amministrative commerciali e legali.Basilare è quindi salvaguardare la re-lazione con il cliente, dimostrando appunto in tali contesti, la propria professionalità come azienda attra-verso una gestione a carattere nego-ziale della situazione. Fattori quali la rischiosità e la profit-tabilità si possono dunque conside-rare come le due facce di una stessa medaglia che rendono possibile, un’allocazione ottimale delle risor-se/sforzi del marketing, laddove vi siano le maggiori potenzialità in un ambiente a rischio accettabile.

Merito creditizio

La creazione, di una scheda per ogni cliente, contenente la misurazione del “merito creditizio” e del valore del cliente basato su giudizi d’affida-mento nel tempo, fornisce l’azienda di uno strumento valutativo del ri-schio molto importante. E con l’aiuto della tecnologia, è pos-sibile generare, in automatico, se-gnali di allarme quando un cliente o un intero segmento del portafoglio clienti si approssima a superare de-terminate soglie di accettazione del rischio.Con la diversificazione del portafo-glio basata su una valutazione dei crediti/clienti, inoltre, si è in grado di porre in essere azioni pro-attive da parte del marketing, ove vi siano le maggiori opportunità di crescita in ambienti a basso rischio d’insolvibi-lità. no1 - 2013 - dm&c 23

Quando i fratelli Auguste Marie Lou-is Nicolas Lumière inventarono il Cinema non poterono certamente immaginare che un “film” avreb-be potuto essere riprodotto sullo schermo di 3 pollici di un qualsiasi “smartphone”. Riprodotto si, guar-dato anche, visto no.Il Cinema, Kinéma, è un autentico sistema linguistico che pone una se-rie di regole per la visione del film; un grande schermo, comode poltro-ne, religioso silenzio, in un ambien-te dedicato che, non a caso, porta il nome del “Sistema”: Cinema.Nessun amante della musica con-certistica può pensare di ascoltare Mahler, ed un’ orchestra di 120 ele-menti, attraverso l’ altoparlante o le cuffiette di uno smartphone!Sia nel Cinema sia nella Grande Mu-sica si pone il rispetto di una “litur-gia”, una liturgia laica, che invita i celebranti a riunirsi nel posto depu-tato, la sala del Cinema o la sala da Concerto, od il teatro dell’ Opera, evvia.Al di fuori di questa modalità il “si-stema cinema” cambia e si passa alla semplice visione di un film, cioè di

un prodotto del processo cinemato-grafico, che risulta diverso di volta in volta, cioè in funzione del mezzo tecnico che ne consente la fruizione.In altri termini, sarebbe come legge-re “I promessi sposi” nel riassunto di “Selezione del Reader’s Digest”, dove risulterebbe comprensibile, forse, il racconto, ma certamente a scapito di quella che è la ricchezza linguistica ed espressiva dell’ autore, cioè il fatto propriamente letterario.Già la visione di un film in ambien-te famigliare, anche su un grande schermo di 50/60” ad alta defini-zione, porrebbe i problemi che tutti conoscono, che vanno dalla illumi-nazione e al silenzio dell’ ambiente, dalle interruzioni per le telefonate a quelle per il caffè. Tutt’altra cosa che il contesto “liturgico” della sala di un autentico Cinema.

Il Cinema “in tasca”

Nel 1978 è esploso il fenomeno del-la telefonia “Cellulare” e, mentre i tecnologi futurologi vaticinavano la “Tv sul cellulare”, la stampa tecni-ca enfatizzava la comunicazione del

Roberto Villa

Un importante veicolo della comunicazione è sta-to ed è il cinema. Il continuo progresso della tecno-logia ce lo fa fruire oggi con modalità innovative

Per apprezzare un film è necessaria una “liturgia”

Il cinemae i suoi spazi

Comunicazione

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marketing di molti produttori che presentavano telefonini con piccoli schermi, di bassa qualità e di pochi colori, ma “prossimamente televi-sivi”. Di fatto, i tv tascabili da 2”, doviziosamente presenti sul merca-to, stavano per cambiare e diventare qualcosa che non era conosciuto, un nuovo mezzo audiovisivo dedicato alla telefonia mobile.Intanto nel 1980, da due grandi presenze nel mondo del video, Bro-adcast e Consumer, che facevano da capofila per gruppi di grandi mar-chi alleati, venivano presentati due prodotti di grande rilevanza; la pri-ma fotocamera Digitale, la Mavica (Magnetic Video Camera che era in grado di registrare immagini su un floppy da 2”), da parte della Sony ed il Laser-Disc, di 30cm e due ore di re-gistrazione, da parte della Pioneer.Contemporaneamente altri eventi tecnologici importanti mettevano dei punti di riferimento; uno era quello che superava per le prestazio-ni, la presenza dei computer “giocat-tolo”, dai molti marchi presenti sul mercato, si trattava del “PC”, cioè Il Personal Computer dell’ IBM, il gi-gante dell’ informatica professiona-le, l’ altro il CD, il Compact Disc, che trasformava l’ audio, da frusciante ascolto dei dischi in vinile, al silen-zio assoluto dell’ Alta Fedeltà Digita-le. L’ ibridazione dei prodotti rivolti ai mercati dell’ audiovisivo e della te-lefonia, dell’ informatica e della fo-tografia, ha dato luogo ad “oggetti”, spesso indefinibili, ma portatori di un nuovo modo di fruire ogni for-ma di conoscenza, cioè la cultura nel senso antropologico del termine, fino allora relegata a biblioteche, a pinacoteche, a cineteche e cosivvia.L’ enciclopedia diventava “multime-diale” e ci faceva vedere la famosa corsa delle bighe, di “Ben Hur”, in un rettangolo di 4x2cm, mentre le poesie di Garcia Lorca potevano es-sere ascoltate nella dizione di Arnol-do Foà. Poco tempo dopo anche i film, di-

gitalizzati, fini-vano sul disco e venivano ripro-dotti sullo scher-mo del TV, il più grande era 32”, mentre quello dei PC più evolu-ti, era solitamen-te di 14”.

Quel Film sullo schermo

Il film poteva es-sere “visto” con il Tv in cucina, durante le attività domestiche o sul PC, in un riquadro dello schermo, durante il comune lavoro d’ ufficio.Appare molto chiaro che ogniqual-volta una realizzazione audiovisiva, il nostro film per esempio, cambi la modalità di fruizione, sia per il di-verso contesto sia per il diverso ca-nale, cambia anche la qualità della sua “comunicazione”, e quasi mai in modo migliorativo.Se è vero che questo cambiamento del “messaggio” è inconsciamen-te subito dal fruitore, all’ epoca del Laser Disc, alcune aziende offrivano delle scelte di “cambiamento del si-gnificato” della narrazione, di tipo “conscio”, cioè intenzionale, era possibile cambiare l’ iter della sto-ria dall’ inizio al finale. Inventando ogni volta una storia differente.Proprio come alcuni esperimenti let-terari degli anni ‘60 in cui il romanzo era costituito da pagine mobili, que-ste potevano essere cambiate nell’ ordine indifferentemente poiché una “leggibilità”, ed un “senso”, era-no comunque assicurati in qualsiasi combinazione.Né il racconto video su laser disc reinventabile, né il romanzo dalla narrativa riscrivibile, hanno avuto successo.A cambiare il senso di quello che dob-biamo vedere e quello che dobbiamo leggere ci pensano già i produttori di contenuti per “Mass Media”. no 1- 2013 - dm&c 25

Grandi numeri, piccoli numeri, qua-lunque sia la dimensione dell’even-to, per Terre di Siena Meeting non c’è differenza perché ogni evento viene comunque seguito con la massima cura. A questo si aggiunge il valore di un bacino culturale, paesaggistico e sto-rico che arricchisce il patrimonio

di strutture presenti in tutto il ter-ritorio; come a Chianciano Terme e nell’intera Val di Chiana, dove que-sti eventi sono ormai una tradizione consolidata.E qui non esistono solo luoghi di ap-puntamento classici, come palazzetti e centri congressi, che vengono nor-

malmente utilizzati per questo gene-re di incontri, ma anche di location molto particolari – come teatri, am-bienti di grande charme, pievi e sale, alcune ospitate in antichi complessi – in grado di trasmettere emozioni e calde sensazioni che renderanno leggeri anche i più impegnativi mo-menti di lavoro.

Servizi personalizzati

Tutto il territorio provinciale è ot-timamente dotato per accogliere grandi convegni, congressi di ogni livello, piccoli incontri, momenti di formazione, educational, godendo di una estrema personalizzazione dei

Luigi Pagnotta

Al centro dell’Italia, i luoghi più belli per meeting e congressi sono anche i luoghi più belli in ogni senso. E rendono leggeri anche i momenti più impegnativi

Attenzione alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia delle identità culturali

Terre di Siena

Comunicazione

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Piazza Grande di Montepulciano

servizi e di un’accoglienza attenta in grado di esprimere una qualità coe-rente con lo spirito e la natura delle Terre di Siena. Infatti, non stiamo parlando sola-mente di un’offerta in termini di strutture e di professionalità, poiché da tempo molti operatori turistici si sono impegnati in una condivisione responsabile di un progetto che pone particolare attenzione alla tutela dell’ambiente e alle identità culturali di questi luoghi, come l’arte, la buo-na tavola e il vivere in armonia con la natura.

Area a emissioni zero

E’ questo il progetto Carbon Free che la Provincia di Siena ha attivato con lo scopo di arrivare, nel 2015, ad es-sere la prima area vasta ad emissioni zero. Il significato di questo progetto è concreto e pienamente attuabile, vi-sto che tante delle strutture utilizzate per meeting e congressi, come anche quelle “ricettive” e di ristorazione, hanno già aderito a progetti-satellite di qualità con l’impegno di attivarsi per risparmiare energia e utilizzare

prodotti veramente a km 0. Incontrarsi nelle Terre di Siena sarà anche piacevole, oltre che utile, perché questi sono luoghi famosi in tutto il mondo per l’alta qualità della vita determinata dalle eccel-lenze agroalimentari, dalle antiche tradizioni, ancora vissute dalla po-polazione, dalla presenza di terme che fanno di questa provincia la “più termale d’Italia”: tutte cose che ga-rantiscono relax e benessere, facendo di questo un territorio non ripetibile altrove.

Patrimoni dell’Umanità

D’altra parte non è un caso che in provincia di Siena l’Unesco abbia individuato ed eletto “Pa-trimonio dell’Umanità” ben quattro luoghi: Pienza, San Gi-mignano, Siena e la Val d’Orcia.Quattro gioielli, tra i tanti, che rendono unico questo territo-rio, tanto da permettere di dire: “Terre di Siena Meeting, i luo-ghi degli incontri”.www.meeting.terresiena.it www.congressi.vivichiancianoter-me.it

Val d’Orcia

La figura del venditore è sempre stata fondamentale nell’economia orga-nizzativa di una azienda. Buoni venditori hanno fatto la for-tuna delle imprese presso cui lavora-vano.Per questi motivi è sempre stata pre-stata la giusta attenzione al manteni-mento e allo sviluppo della Rete di vendita.Ma come per tutte le cose anche in questo settore stiamo assistendo a dei cambiamenti.Se è vero che i “fondamentali” non cambiano è altrettanto vero che si stanno trasformando ed evolvendo i modi di rapportarsi tra il manage-ment e la Forza vendita.

I fondamentali

Tra le cose che devono essere ogget-to delle stesse attenzioni di un tem-po c’è il fatto che ci si deve dedicare alla preparazione e definizione degli obiettivi (risultati da ottenere).Le caratteristiche peculiari sono in-dicate da queste 5 lettere: S-M-A-R-T:1) S pecifici 2) M isurabili3) A ttuabili4) R ilevanti5) T empificatiMa, dopo aver definito gli obiettivi

di vendita, molto ci resta da fare.

Una grossa responsabilità

La responsabilità per lo sviluppo del-la Rete di Vendita e dei venditori è af-fidata, appunto, al Responsabile del-le Vendite (Sales Manager) che nella guida dei Venditori può diventare un Coach. Non è un percorso immediato e di automatica realizzazione: non basta dire “aeroplano”, “volare” per diven-tare pilota.È indispensabile seguire un iter spe-cifico, gestito da un esperto profes-sionale in Coaching.Uno studio dell’International Per-sonnel Management Association dimostra che, se la formazione mi-gliora la produttività in media del 22%, con il Coaching si può arrivare all’88%. (Financial Time).

Dal “telling” all’ “asking”

Si tratta in sintesi di cambiare ap-proccio e stile di management, non più basandosi sul telling (io ti spiego che cosa è meglio che tu faccia), ma sull’asking (io ti faccio delle doman-de e insieme con te individuo qual è la strategia più efficace per raggiun-gere l’obiettivo).

Mario Silvano *

I venditori sono il punto di forza di qualsiasi azienda. E quindi vanno gestiti e preparati con estrema e continua attenzione. Soprattutto oggi

Elemento irrinunciabile è la formazione

Lo sviluppo della Rete di vendita

Marketing

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dm&c - no 11 - 201328

* Presidente di Silvano Con-sulting, società di formazio-ne, consulenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su marketing e vendita.

Per fare un e s e m p i o c o n c r e t o , di fronte ad un vendito-re che dice di voler sce-gliere una certa strate-gia d’azio-

ne, il sales - se non è d’accordo con quella scelta - invece di dirgli che cosa deve fare, può chiedergli quali sono le soluzioni alternative e arriva-re a considerare con il collaboratore quella più adeguata.

Il Coaching

Il coaching è la grande novità nel campo della formazione.Il Coaching è un metodo innovativo di formazione che consiste nell’ac-compagnamento di un individuo (coachee) o un gruppo (team) da par-te di uno specialista del cambiamen-to denominato coach. È una relazione di collaborazione, partnership, finalizzata al raggiungi-mento di obiettivi concreti e misura-bili, relazionali o professionali.Il coaching è anche l’evoluzione na-turale, nel campo della formazione, verso stili manageriali basati sulla le-adership. Nel sistema tradizionale, infatti, il manager, anche nelle vendite, incen-trava l’attività della propria squadra su se stesso. Ispirare e guidare

Questo tipo di direttore parla molto. Impartisce ordini. Fa dimostrazioni. Dà suggerimenti. E infine controlla il lavoro dei propri collaboratori. Un ruolo molto attivo, che spesso però toglie spazio ed iniziativa alla squadra.Nel nuovo modello cosiddetto “co-aching”, adottato da molte imprese, il ruolo del manager consiste soprat-tutto nell’ispirare e guidare le perso-

ne. Un ampio spazio è perciò lasciato all’iniziativa dei collaboratori.Il manager-coach, quindi, parla un po’ meno e in compenso ascolta molto di più. Continua a fare dimo-strazioni e dare suggerimenti. Oltre a controllare, contribuisce a far riflettere i propri collaboratori, in modo che si autocontrollino.

Mario Silvano “Coaching per il team di vendita”, edito daIl Sole 24 Ore.

Obiettivi per la formazione

Tra le tante ragioni, non solo tec-nologiche, che hanno contribuito a determinare lo straordinario succes-so della Rete, ve ne sono due sicura-mente preminenti. La prima consiste nella capacità di aggregare i suoi utenti - singole per-sone o interi gruppi sociali - attorno a nuove intuizioni, a diverse ipotesi del “possibile”. La seconda discende dal fatto di con-sentire la messa a punto, sovente re-alizzata in modo diretto dagli utenti stessi, di applicazioni e servizi in gra-do di rendere tali aggregazioni attua-bili. Il tutto spesso favorito dalla pre-senza di persone o di organizzazioni capaci non solo di intuire, talvolta con notevole anticipo, gli sviluppi inaspettati che l’utilizzo della Rete potrebbe mettere in luce, ma anche di seguirli nelle loro successive evo-luzioni.Qualcosa di simile è accaduto anche nel caso “crowdsourcing”. Il termine è infatti stato usato per la prima vol-ta in un articolo, ormai considerato storico, pubblicato nel giugno 2006 dal giornalista Jeff Howe sulla rivista Wired - testata di riferimento a livel-

lo mondiale per quanto riguarda le nuove tecnologie - dal titolo “The Rise of Crowdsourcing”.

Collaborazione di massa

In breve, si ha “crowdsourcing” (da “crowd”, folla, e “outsourcing”, esternalizzazione) quando lo svol-gimento di particolari attività viene affidato a insiemi di persone non organizzate in strutture preesistenti. Ma, ancor più in generale, il termine viene ormai usato per definire la ten-denza a utilizzare la collaborazione di massa, i cui processi di associazio-ne e di coordinamento sono sempre più favoriti da strumenti - siti specia-lizzati, reti sociali - disponibili sulla Rete.Ai suoi inizi il crowdsourcing si basa-va sull’impegno di volontari disposti a collaborare gratuitamente, contri-buendo con il loro tempo e il loro lavoro al raggiungimento di obiettivi condivisi. Esempi ormai famosi di questa for-ma di volontariato sono le comuni-tà “Open Source” (impegnate ormai in decine di migliaia di progetti di

Carlo Cremona

Far collaborare, su una particolare attività, insiemi di persone non organizzate in strutture preesistentiè un grosso vantaggio reso possibile dalla Rete

ABC Internet

Crowdsourcing e reti sociali

Marketing

dm&c - no 1 - 201330

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sviluppo di applicazioni softwa-re liberamente disponibili), “Open Content” (dove ad essere disponi-bili sono invece contenuti editoriali di vario genere: testi, immagini, vi-deo e musica), oltre a “Wikipedia”, l’universalmente nota enciclopedia on-line.

Forme di interazione

Oggi, invece, il crowdsourcing rap-presenta per le aziende una forma di “Open Enterprise” basata sulla coo-perazione tra le loro risorse interne e quelle esterne e, per i freelance, l’op-portunità di offrire i propri servizi attraverso forme di interazione rese possibili da infrastrutture tecnologi-che e da strumenti di comunicazione capaci di estendere le loro capacità collaborative.Ciononostante, sia questo termine, crowdsourcing, sia i suoi particolari modelli di funzionamento sono stati e sono ancora oggetto di controver-sia. Il fatto è che in molte imprese, dove il concetto di specializzazione con-tinua ad essere considerato fonda-mentale, i suoi principi, anche se convalidati da decenni di ricerche di sociologia economica, vengono tut-tora considerati sconcertanti novità. E questo in particolare nelle azien-de italiane dove fino a non molto tempo fa, i cambiamenti a strutture, processi e culture d’impresa richie-sti dall’adozione di questi metodi di collaborazione (che potrebbero inve-ce consentire notevoli benefici), non erano neppure presi in considerazio-ne.

La forza dei legami deboli

Secondo Jeff Howe, la potenzialità del crowdsourcing è dovuta al fatto che, basandosi su proposte rivolte in modo indifferenziato a più perso-ne, migliora la possibilità di trovare quelle più adatte a svolgere le attività richieste. Tuttavia questa è solo una parte della

filosofia del crowdsourcing. In realtà c’è dell’altro, anzi l’aspetto più importante era già stato messo in luce da Mark Granovetter - sociologo americano - in un suo famoso sag-gio pubblicato nel 1973 e intitolato “The strength of weak ties” ovvero “La forza dei legami deboli”. Saggio che è stato in seguito ripreso dallo stesso autore nel 1983 col titolo “The strenght of weak ties: a network theory revisited” dando origine a quello che è considerato il Manifesto della Nuova Sociologia Economica.La tesi di Granovetter è che le rela-zioni tra le persone tendono a inte-grarsi in reti sociali dove si creano meccanismi di scambio diversi da quelli presi in considerazione dall’e-conomica classica. In particolare, chi è inserito in reti di “legami deboli”, basati cioè su cono-scenze non particolarmente strette, ha possibilità di accesso a maggiori in-formazioni, e quindi anche a interessanti opportunità di lavoro, ri-spetto a chi investe so-c i a l m e n t e soltanto nei “legami for-ti”, quelli cioè esistenti tra familiari, parenti e amici intimi.

Il capitale sociale

Una corrente d’idee, quelle proposte dalla Nuova Sociologia Economica di Granovetter, che ha avuto molta fortuna e, malgrado sia stata spesso criticata dalle teorie classiche del-la sociologia del lavoro, ha trovato applicazioni e verifiche in numerosi settori: da essa derivano ad esem-pio gli studi sul “capitale sociale” (ovvero sull’insieme delle relazioni interpersonali, formali e informali, no 1 - 2013 - dm&c 31

indispensabili per il buon funziona-mento delle società complesse e alta-mente organizzate), sull’”economia informale” (quella cioè riguardante tutte le transazioni di beni e servizi che sfuggono alla definizione di PIL) e sui distretti industriali.In definitiva, per Granovetter è mag-giore la probabilità di trovare un po-sto di lavoro sfruttando le reti sociali fatte di legami deboli, piuttosto che quelle fatte di legami forti. I legami deboli facilitano infatti scambi di informazioni provenienti da gruppi diversi di persone, i qua-li, essendo più eterogenei, possono aprire facilmente nuove prospettive. I flussi informativi generati dai lega-mi forti hanno maggiori probabilità di essere simili e quindi meno utili da questo punto di vista.E anche se le persone sembrano più propense a “consumare” e a condivi-dere le informazioni provenienti dai contatti stretti, la stragrande maggio-ranza delle informazioni proviene in realtà dai contatti derivanti da lega-mi deboli. Da cui l’importanza dei social net-work come potenti mezzi per la condivisione di nuove idee, tenuto conto che la maggior parte delle in-formazioni che vengono consumate su Facebook o su Twitter, proviene da persone con prospettive, idee, e interessi diversi.

Sei gradi di separazione

Queste teorie sono state indiretta-mente verificate anche da un altro sociologo americano, Stanley Mil-gram, il quale era interessato dalla struttura delle reti di relazioni inter-personali che collegano i membri di una comunità. Milgram, convinto che anche in una vasta rete sociale ogni membro è connesso a uno qualsiasi degli altri da una breve catena di conoscenze intermedie, volle verificare quanti contatti erano effettivamente richie-sti per collegare due persone scelte a caso, usando come comunità di rife-

rimento, gli interi Stati Uniti.Ebbene, dalle sue ricerche risultò che il numero medio di collegamenti in-termedi necessari era di circa sei, da cui ha avuto origine l’espressione “Sei gradi di separazione”, resa cele-bre dal film omonimo. Un risultato quasi incredibile poiché Stanley Milgram ci ha fatto scoprire che l’intera umanità, costituita da sette miliardi di individui, per quan-to possa apparire grande, è in realtà molto piccola, se bastano solo sei passaggi di conoscenza per arrivare a conoscere chiunque altro nell’intero mondo.La ricerca originale di Milgram ven-ne condotta nel 1967. Nel 2006 è stata ripetuta usando il Web come riferimento, e anche questa volta la separazione media risultò essere di poco superiore ai sei gradi.

Il social network dei cervelli

Il crowdsourcing, che può essere vi-sto come un modello per la soluzione di problemi aziendali di vario tipo, possiede una struttura così flessibile da permettergli di essere impiegato anche come strumento di scambio di attività creative. Per quanto riguarda il nostro Paese, gli scienziati, i ricercatori, gli inno-vatori italiani che vivono all’estero - anche se non ritornassero più in Pa-tria - non si dovrebbero considerare perduti, in quanto la conoscenza che essi producono nei Paesi che li ospi-tano può dare lo stesso contributo che ebbero le rimesse degli emigranti del secolo scorso. E poiché la conoscenza, oggi, è la vera ricchezza, il fatto di renderla ac-cessibile in rete attraverso i suoi por-tatori, può produrre innovazione e progettualità. Basta per questo usare bene Internet, creando dei network specializzati che consentano loro di collaborare anche alla crescita eco-nomica dell’Italia. Un progetto di crowdsourcing che, se funzionerà, potrebbe rivelarsi ri-voluzionario.

Marketing

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La buona conduzione al guinzaglio è alla base di una piacevole conviven-za ma, se non avviata quando il cane è ancora un cucciolo malleabile e privo di esperienze personali, diven-ta una pratica difficile da adottare, con il rischio di perdere le speranze di successo.Gli interventi correttivi possono essere adottati a qualsiasi età, natu-ralmente i tempi sono relativi ai so-liti fattori; metodo, continuità degli interventi e disponibilità del cane a cambiare abitudini. Per ragioni pratiche e per evitare incomprensioni, è necessario stabi-lire dove il cane deve stare durante la conduzione; e non continuare a cambiare tra destra e sinistra.

Le cause principali: scarsa educazione da cucciolo; me-todi educativi inadatti o applicati in modo approssimato; conduttore di struttura fisica inadatta a condurre il cane; il cane vuol tornare a casa; il cane vuole raggiungere un luogo spe-cifico perché attratto piacevolmente; il cane è particolarmente stimolato da presenze animali o umane.

Cosa fare: è necessario avere una buona edu-cazione di base, educare il cane alla condotta al guinzaglio, se già non lo sa fare, insegnargli molto bene il “torna”, sostare più a lungo nei luo-ghi di suo gradimento, favorire la so-cializzazione.

Interventi correttivi: non lasciargli mai scegliere il per-corso della passeggiata, se possibi-le, cambiare spesso percorso, anche dopo averlo deciso, se possibile cam-biare spesso luogo dove giocare, con-trollare bene la condotta al guinza-glio

Un possibile esercizio:recati in un luogo privo di stimoli, siano essi positivi o negativi, meglio se al mattino presto, quando è mol-to attivo, se tira fermati e fai imme-diatamente una inversione di marcia avviandoti senza rallentamenti nella direzione opposta, non guardarlo e non parlargli. Se ti supera tirando nuovamente, ri-peti l’inversione cambiando ancora direzione, continua ad invertire il senso di marcia fino a quando il cane sconcertato, rimane a fianco a te, fal-lo sedere e riprendi la marcia, tieniti pronto a ricominciare non appena si rimette a tirare. Se noti una certa resistenza, interrompi l’esercizio solo per tornare a casa, riprenderai doma-ni. Inizialmente potrebbe accettare di non tirare per qualche metro ma, se intuisci che sta per tirare, prima dai un piccolo strattone, ripeto pic-colo, di guinzaglio al fine di rallen-tarlo, se non risponde, esegui una inversione di marcia. Anche quando la conduzione avrà raggiunto un accettabile risultato, sarà sempre meglio ricordargli l’eser-cizio insegnato.

Davide Canonici

Non tirare!

Comunicazione con i Cani

La passeggiata con il cane deve essere un momento piacevole e utile per entrambi. Non è un risultato cui si arriva naturalmente, ma con una attenta educazione

Sembra facile andare a spasso ...

no 1 - 2013 - dm&c 33

Onore, reputazione, onorabilità, sono parole dal sapore d’altri tempi eppure sempre attuali poiché, seppur comunicate in modo diverso, con-corrono a formare il valore percepito di una persona e della sua attività. Una buona reputazione costruita ma-gari in decenni di lavoro può venir distrutta in pochi minuti da parole sparate dalla bocca come pallottole.L’ordinamento giuridico prevede una serie di strumenti a difesa dei di-ritti della personalità dei quali fanno parte reputazione e onorabilità, le sanzioni variano a seconda della gra-vità dell’offesa. L’art. 595 del codice penale sanziona chi commette reato di diffamazione e offende l’altrui re-putazione in modo verbale o scritto specie se a mezzo stampa o pubbli-citario.

Lo diceva Shakespeare

Shakespeare in Otello III diceva: “ Il buon nome, mio caro signore, sia per l’uomo che per la donna è il gioiello immediato delle loro anime. Se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi, è qualcosa e non è nulla, erano miei,

ora son suoi, come già furono di mille altri. Ma chi mi truffa il buon nome, mi porta via qualcosa e non arricchisce lui e fa di me un misera-bile”. Tra onore e valore la differenza è profonda e merita una riflessione: un’offesa all’onore colpisce la vita sociale, è legato alle relazioni ester-ne, ma una persona che abbia svilup-pato una buona relazione con la pro-pria interiorità può essere attaccata nell’onore ma conservare intatto il proprio valore. Ed è vero anche il contrario. E’ un’al-chimia rara che il valore interiore di una persona coincida con il ricono-scimento sociale ed economico e quando succede possiamo definirlo un vero successo.

L’opinione degli altri

Quello che pensa tizio o dice caio sul nostro conto influenza l’immagine che gli altri hanno di noi, condizio-na le relazioni e di conseguenza l’agi-re degli altri nei nostri confronti ma dare troppa importanza all’opinione altrui ci rende vulnerabili e mette a

Antonella Lucato

Una buona reputazione, costruita magari in de-cenni di lavoro, può venir distrutta in pochi mi-nuti da parole sparate dalla bocca come pallottole

Non è bene dare troppa importanza all’opinione altrui

L’Onore e il Valore

Comunicazione & Benessere

dm&c - no 11 - 201334

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rischio il benessere psicofisico, poi-ché quasi mai l’opinione degli altri corrisponde al nostro vero valore ma solo a quello sociale e apparente che raramente coincide con quello au-tentico. Conoscere il passato ci permette di comprendere e governare meglio il presente: storicamente l’onore era in mano, anzi, sulla punta della lingua di chiunque, dipendeva da ciò che un qualsiasi altro diceva e poteva andare perduto non appena a chic-chessia fosse passato per la testa di oltraggiarlo. Il disonore era un colpo mortale che doveva essere lavato col sangue. Un tempo, contro offese e ingiurie ci si appellava al duello, si usavano forza e la destrezza fisica invece della ragione e riguardo al giusto e l’ingiu-sto non decideva ciò che ciascuno aveva fatto, ma, secondo il principio del point d’honneur, ciò che aveva subito.

Un gioiello

Questo pezzo di Diderot sull’onore è un gioiello da collezione: “Due uomini d’onore, uno dei quali si chiamava Desglands, fanno la corte alla stessa donna. Un giorno le sie-dono di fronte a tavola, l’uno accan-to all’altro, Desglands si dà da fare per attirare su di sé l’attenzione del-la donna, ma lei non sembra udirlo mentre il suo sguardo si posa sul suo rivale. Allora la mano di Desglands, che proprio in quel momento strin-ge un uovo fresco, per effetto della gelosia si contrae facendo esplode-re l’uovo, il cui contenuto schizza in faccia all’altro e, non appena la mano di questi accenna a muoversi, Desglands l’afferra, sussurrandogli all’orecchio: “Monsieur, è come se l’avessi ricevuto”. Ne segue il duello: il giorno successivo, Deslands com-pare con una larga benda nera roton-da sulla guancia destra, l’avversario viene ferito in modo grave, ma non

mortale, dopo che l’avversario si è ristabilito, segue un secondo duello: Desglands ha di nuovo la meglio, la cosa si ripete cinque o sei volte e ogni volta riduce la benda finché l’altro ci lascia la pelle”. L’onore era dunque più importante del valore che attri-buiva a se stesso e alla propria vita.I tempi son cambiati ma oggi come ieri, quando ci si sente feriti nell’o-nore si scatenano emozioni forti. E le emozioni quando sono inconsce e non gestite, sconfinano in reazioni rabbiose distruttive verso se stessi o verso gli altri.

Ascoltare la voce interiore

Saggio è chi cammina per la sua stra-da e governa la sua barca ascoltan-do la voce dentro, che gli indica la rotta senza prestare troppa attenzio-ne al blaterare dei poveri di spirito. Un tale, un giorno assestò un calcio a Socrate perché non gradiva il suo moraleggiare, stimolato a chiederne il castigo, rispose di non poterlo fare poiché i calci dell’ asino non erano mai stati chiamati in giudizio e l’a-dirarsi contro costoro è come metter mano alla spada contro le mosche. L’offesa, come il vento, fa il suo giro, e, prima o poi, torna a posarsi sul capo di chi l’ha in-ferta.Per dirla alla Vincen-zo Monti: “Bisogna tener alta la fronte e passare con dignità attraverso le ingiurie de’ tristi”. La giurisprudenza prevede sanzioni a tutela dell’onore ma è sul valore di sé che si fonda una personalità sana e forte che sappia governare venti ed eventi, attacchi e crisi fluttuando tra le tempeste della vita, mantenendo saldo il timone. no 1 - 2013 - dm&c 35

Scrittrice, autrice, giornalista. Ha pubblicato saggi, racconti, aforismi e poesie.Gli studi universitari, una lunga carriera nella comunicazione, l’approdo alla scrittura con i suoi diversi linguaggi espressivi fan-no dell’autrice un’alchimista della parola.I suoi articoli, pubblicati in diverse testate nazionali ed interna-zionali da l’Accento di Socrate ad Alpes, da Il Sole d’Italia a dm&c trattano temi di comunicazione, filosofia, psicologia, crescita per-sonale, arte e letteratura.

Antonella Lucato

Parole Pallottole, Difender-si dalla violenza delle paro-le è il nuovo saggio-raccon-to, di Antonella Lucato. www.edizioni-psiconline.it

Ed è quello che hanno fatto alcuni imprenditori piacentini,

creando il Piacenza Location Bureau, un progetto per il futuro della meeting industry lombarda, nonché una “ una vetrina di fondamentale importanza per le location piacentine” – afferma Ilaria Rossetti, responsabile del progetto insieme a Fabio Russo. Ed è per Piacenza e la sua provincia un’occasione unica per farsi conoscere e per emergere come realtà adatta a un turismo d’affari di qualità. “Conosciamo le nostre enormi potenzialità ma da anni stiamo “perdendo tempo” – prosegue Rossetti – E’ arrivato il momento che anche fuori dalle nostre mura e dai nostri confini provinciali si inizi a parlare di Piacenza come una meta ideale per convegni, congressi ed eventi aziendali in generale. Il Club dell’Osso, sempre attento alle novità della Meeting Industry ed alle iniziative, ahimè sempre più private, ha accettato l’invito ad una visita rapida ma molto ben articolata e densa di contenuti.

Un tour interessante

Iniziamo la nostra visita dal Castello di Gropparello, situato nell’ omonimo paese, su una rocca che domina la Val Vezzeno. Risale al XIV secolo e rappresenta uno splendido esempio di castello medioevale perfettamente conservato. Una ottima location per eventi di medio taglio, e per serate in costume. Come tutti i castelli, ha le sue leggende ed i suoi misteri. Naturalmente, si parla anche di un fantasma.

Pochi minuti e giungiamo a La Volta del Vescovo, facilmente raggiungibile dall’autostrada. Un armonioso complesso costituito da una villa del ‘700, da un’originale corte emiliana sulla quale si affacciano fabbricati dell’antica fattoria e porticati, il tutto circondato da un vasto parco con alberi secolari. Il Salone degli Archi, che può accogliere fino a 350 persone, con il suo caratteristico soffitto a volta, costituisce un elegante spazio per ogni evento. Ristorazione ottima, offre piatti della tradizione piacentina.Subito dopo percorriamo, le dolci colline del piacentino nella Val Tidone per arrivare al borgo di Torre Fornello, una importante azienda vitivinicola conosciuta per i suoi vini a livello internazionale. Il borgo risale al 1400-1600 ed è composto da villa padronale, cantine storiche e di lavorazione, vecchie scuderie, la taverna, ed una stupenda terrazza panoramica sulle valli piacentine. Terminiamo il nostro tour visitando il Castello di Grazzano Visconti risalente al 1395. Ubicato nella prima campagna piacentina all’interno dell’omonimo borgo, realizzato nei primi del ‘900 dal Duca Giuseppe Visconti di Modrone. Circondato da un elegante parco di cui fa parte uno splendido giardino all’italiana. Il castello dispone di due ampi saloni e un cortile interno che hanno mantenuto intatto il loro fascino. Come tutti i Castelli anche quello di Grazzano Visconti ha ovviamente il suo fantasma...

Tiriamo su le maniche

Club dell’Osso

dm&c - n . 1 - 201336

[email protected]

Demetrio Minutilli

Il Piacenza Location Bureau nasce dall’iniziativa di alcuni operatori della Meeting Industry locale che hanno deciso di far conoscere l’ampia offerta per un turismo di qualità

dmcFondato nel 1987

dm & comunicazione

Rivista di Direct Marketing, Marketing e Comunicazione d’ImpresaAutorizzazione tribunale n° 300 del 19/04/1991Anno 26 - n° 1 del 2013 Direzione, Redazione, Grafica, Amministrazione:Via Spallanzani 10 - Porta Venezia - 20129 Milano tel. +39.02.74.22.22.1 - fax +39.02.74.22.22.23e-mail: [email protected] [email protected] - www.dmcmagazine.it

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Bruno CalcheraMembro delegato del Tavolo del Terzo Settore della Regione Lombardia. Già Direttore U.O. della Comunicazione Istituzio-nale della Regione Lombardia. Giornalista. Direttore Marke-ting in case editrici. Consulente alla Comunicazione in Enti pubblici e privati. Impegnato in attività del Terzo Settore da più di 30 anni.

Marzia CuronePartner di “Relata”, Agenzia di Marketing e di Comunicazione di Relazione. Presidente del settore Direct Marketing di Asso-comunicazione, Coordinatore del Comitato Interassociativo Marketing Diretto.

Alberto ContriAttualmente presidente della Fondazione Pubblicità Progresso e DG della Lombardia Film Commission. E’ stato Vice Chai-rman di McCann Erickson World Group Italia, consigliere della Rai, AD di Rainet, Presidente AssAP. E’ docente di Comu-nicazione Sociale alla IULM. E’ Grand’Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Alessandro LucchiniGiornalista e copywriter, è autore di libri sulla comunicazione professionale. Tiene corsi di business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano.

Bruno Patrito SilvaFondatore e presidente di Direct Channel - con oltre 30 anni di esperienza, maturata prima nell’ambito di prestigiose azien-de leader dell’I.T. e trasformata successivamente in attività im-prenditoriale.

Mario SilvanoPresidente di Silvano Consulting, società di formazione, consu-lenza, marketing operativo, sviluppo quadri commerciali.Dal 1961 tiene corsi in Italia e all’estero. Autore di libri su mar-keting e vendita.

Roberto ValliniGià direttore della Comunicazione di AEM Milano, e vice Presi-dente della FERPI. Giornalista, è stato Portavoce del Presidente della Lombardia Roberto Formigoni, ha pubblicato il libro “Per una Lombardia federale”. E’ Direttore Editoriale e di informa-zione di Telereporter, Odeon Tv e Telecampione.

Michele FaldiDirettore dell’Alta Formazione e delle Alte Scuole dell’Univer-sità Cattolica del S. Cuore. Ha lavorato presso centri culturali ed istituti di ricerca e formazione in Italia e all’estero. Da sem-pre si è occupato di Higher Education.

Maurizio NichettiArchitetto, attore, sceneggiatore, regista di cinema, televisione e cartoni animati. Debutta nella regia cinematografica con RATATAPLAN a cui faranno seguito una decina di lungometraggi. Attivo anche nel teatro di prosa, nel teatro lirico e nel cinema d’animazione.

Chiara GrosselliGià responsabile del Marketing e delle Comunicazioni per l’IBM in Italia, delle Relazioni Esterne e della Fondazione IBM Italia. Collabora con diverse associazioni per sostenere l’imprenditoria femminile. Ha vinto il Premio “Marisa Bellisario”.

Tel 0185.598342 - www.ligurgraf.it - [email protected]

Chi sono i 20.000 lettori di dm&c(da un’indagine del Gennaio 2013)

A QUALI AZIENDE APPARTENGONO QUALE FUNZIONE HANNO IN AZIENDA

Utenti di comunicazione 67,4% Titolari, presidenti, 19,1%amministratori

Direzione pubblicità, 29,1%responsabili Rel. Est.

Agenzie di comunicazione 25,1% e meeting planners

Commerciali, marketing 51,8%

Associazioni professionali, 7,5%Pubblica Amministrazione

Cara lettrice, caro lettore, queste righe escono il 28 febbraio 2013.

Non posso garantire che avranno ancora un’attualità nel momento in cui le leggerai. Ma un senso, quello penso di sì. Grazie.Carisma, dal lat. eccles. charisma, gr. kàrisma, der. di karis, “grazia”. 1. La grazia come dono di Dio. Nel linguaggio teologico è la semplice grazia santificante infusa a tutti i credenti col battesimo, o un dono soprannaturale concesso a una persona a vantaggio della comunità. 2. Nelle scienze sociali è il complesso delle facoltà e dei poteri straordinari che una persona ha e che le vengono riconosciuti da un gruppo, consentendole di assumere un ruolo direttivo. 3. estens. Capacità di esercitare un forte ascendente sugli altri, grazie a doti intellettuali o fascino personale, e di assumere la funzione di guida.Fin qui, è il Treccani.Da qui in poi, c’è la nostra percezione. In famiglia, nella scuola, nello sport, in ufficio, tra amici, per strada. Lo sappiamo che cos’è il carisma. L’abbiamo provato di sicuro sulla nostra pelle. Forse qualche volta l’abbiamo anche agìto. Di certo l’abbiamo scelto o subìto.Però non abbiamo voglia di studiarlo. In genere accettiamo il fatto che c’è, o non c’è. Le ultime elezioni ne sono una dimostrazione. Berlusconi ce l’ha, Bersani non ce l’ha. Grillo ce l’ha, Renzi ce l’ha, Maroni ce l’ha, e così via. «Non sa parlare al cuore della gente» (“alla pancia”, sì, dicono proprio “alla pancia”).Ma è sufficiente farli sgolare? farli ridere? Panem et circenses: siamo ancora lì? A me la comunicazione, se è quella roba lì, non piace per niente. Penso che la politica non sia un teatro:

dire al popolo quello che vuol sentirsi dire, cercare l’applauso, la risata. Quello è cabaret. «Franco! ohhh Franco!!!» Voglio credere ancora che la politica sia un’altra cosa. Voglio credere in una comunicazione di valori, di idee, di inclusione anziché di esclusione, di vantaggi per tutti. La comunicazione è una scatola: dentro dev’esserci qualcosa di buono, altrimenti il buon comunicatore è una nefandezza. Hitler, Mussolini, Mao e altre centinaia di dittatori hanno cominciato come “buoni comunicatori”. Continuo a credere che la comunicazione in politica, in democrazia, tanto più nell’era social, con la possibilità di far partecipare milioni di persone, sia un’altra cosa.E allora analizziamolo, il carisma. Distinguiamo la forma dalla sostanza. Controlliamolo, il “buon comunicatore”, perché altrimenti ci fanno passare qualunque cosa. C’è sempre un simpaticone che ci seduce, ci addormenta il cervello, e poi ci ruba il cuore. Ma così muore la ragione. Così muore la democrazia. Se pensiamo a un leader, è utile comprenderlo prima come persona. Chiederci se lo faremmo sedere a tavola con noi. Se gli affideremmo i nostri figli. Poi valutarlo come esperto: prenderci il tempo per verificare se quello che ha detto l’ha poi fatto, se ciò che promette è realizzabile o è fantasia. E se non sappiamo rispondere, studiare ancora, approfondire, partecipare.Possiamo imparare molto dalle orribili elezioni del 24-25 febbraio. In teoria abbiamo cinque anni (forse qualcosa meno?) per prepararci. Per crescere nella coscienza democratica. Per smettere di lamentarci. E per ricordarlo, poi quello che impariamo, per conservarlo, per usarlo nella vita. Il nostro futuro comincia lì.

Riflessioni in margine alle elezioni di febbraio

Politica,comunicazione, carisma

Pensiero Libero

dm&c - n. 1 - 201338

di Alessandro Lucchini*

*Alessandro Lucchini, giornali-sta e copywriter, Autore di libri sulla comunicazione profes-sionale. Tiene corsi business/web writing per aziende ed enti pubblici e insegna all’università Iulm di Milano. www.palestradellascrittura.it [email protected]