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Direttore ARTURO DIACONALE Venerdì 17 Giugno 2016 Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 115 - Euro 0,50 DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI delle Libertà POLITICA MELLINI A PAGINA 2 Quel demenziale sindaco-senatore GIUSTIZIA LETIZIA A PAGINA 4 Carceri: Report annuale del Forum nazionale dei giovani AMMINISTRATIVE REALE A PAGINA 3 Ballottaggio a Milano: l’ultimo “scatto” di Parisi ESTERI TOAMEH A PAGINA 5 Palestinesi: sesso a Gaza City PRIMO PIANO DIONISI A PAGINA 3 I sauditi dietro gli attacchi dell’11 settembre? Rai, il pluralismo nelle mani di Merlo M a qual è la caratteristica princi- pale ed il tratto più significativo del commentatore di “Repubblica” Francesco Merlo? Lo stile di scrittura ricercato che qualcuno, facendo rife- rimento alla sua città natale, Catania, ha catalogato come “barocchetto si- ciliano”? Oppure le sue opinioni, mai ambigue, mai cerchiobottiste, mai equivoche da caramelloso doroteo ma sempre chiare, nette e duramente, ferocemente ma apertamente da uomo orgogliosamente di parte? I disattenti e quelli che non hanno mai letto “Repubblica” lo hanno scoperto ora che è stato as- di CRISTOFARO SOLA di ARTURO DIACONALE L a grana scoppiata in casa Pd sul presunto endorsement di Mas- simo D’Alema alla candidata grillina Virginia Raggi è qualcosa di più di una semplice querelle giornalistica. Tutto è partito da un presunto scoop de “La Repubblica” secondo cui, a proposito del ballottaggio per la poltrona di sindaco di Roma e del prossimo referendum costituzionale, l’ex-capo dei post-comunisti avrebbe detto: Voterei pure Lucifero pur di mandare a casa Renzi e sono pronto a costituire comitati per il “No”. Se fosse vero si tratterebbe di un mici- diale dardo di fuoco lanciato dal “leader maximo” contro il vertice del suo partito. Peccato però che, a stretto giro, l’interessato abbia fatto Continua a pagina 2 Continua a pagina 2 D’Alema e la favola del re nudo sunto con contratto professionale (è pensionato e non può avere incari- chi gerarchici) ... Pensioni anticipate, paga sempre il cittadino Il Governo studia ancora la formula per la flessibilità pensionistica ma già si è capito che qualunque possa essere la soluzione il costo sarà comunque scaricato sulle spalle dei contribuenti e delle loro famiglie pervenire ai media una secca smen- tita. Quelle frasi non le avrebbe mai pronunciate. D’Alema ipotizza che ci sia stata una montatura ai suoi danni, orchestrata dal più illustre esponente del mondo finanziario-edi- toriale pro-renziano. Lo scopo sa- rebbe di individuare un comodo capro espiatorio sul quale fare rica- dere la responsabilità della più che probabile sconfitta elettorale del Pd domenica prossima. A chi bisogna credere? Al giornalista che riporta la notizia o al politico che la smentisce? Probabilmente a nessuno dei due e a entrambi. È francamente difficile immagi- nare che D’Alema abbia prestato il fianco ai suoi detrattori in modo tanto ingenuo, non fosse altro perché per uno che si considera un grande stratega di architetture politiche - ge- neralmente fallimentari, ma questo si tace - una simile miopia visuale sa- rebbe un insulto ad una sconfinata considerazione di sé. Però può starci il fatto che gli amici del Premier...

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Direttore ARTURO DIACONALE Venerdì 17 Giugno 2016Fondato nel 1847 - Anno XXI N. 115 - Euro 0,50

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1

DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale QUOTIDIANO LIbERALE pER LE gARANzIE, LE RIFORmE ED I DIRITTI UmANI

delle Libertà

POLITICA

MELLINI A PAGINA 2

Quel demenzialesindaco-senatore

GIUSTIZIA

LETIZIA A PAGINA 4

Carceri: Report annualedel Forum nazionale

dei giovani

AMMINISTRATIVE

REALE A PAGINA 3

Ballottaggio a Milano:l’ultimo “scatto” di Parisi

ESTERI

TOAMEH A PAGINA 5

Palestinesi: sesso a Gaza City

PRIMO PIANO

DIONISI A PAGINA 3

I sauditi dietro gli attacchi dell’11 settembre?

Rai, il pluralismo nelle mani di Merlo

Ma qual è la caratteristica princi-pale ed il tratto più significativo

del commentatore di “Repubblica”Francesco Merlo? Lo stile di scritturaricercato che qualcuno, facendo rife-rimento alla sua città natale, Catania,ha catalogato come “barocchetto si-ciliano”? Oppure le sue opinioni, maiambigue, mai cerchiobottiste, maiequivoche da caramelloso doroteoma sempre chiare, nette e duramente,ferocemente ma apertamente dauomo orgogliosamente di parte?

I disattenti e quelli che nonhanno mai letto “Repubblica” lohanno scoperto ora che è stato as-

di CRISTOFARO SOLA

di ARTURO DIACONALE La grana scoppiata in casa Pd sulpresunto endorsement di Mas-

simo D’Alema alla candidata grillinaVirginia Raggi è qualcosa di più diuna semplice querelle giornalistica.

Tutto è partito da un presuntoscoop de “La Repubblica” secondocui, a proposito del ballottaggio perla poltrona di sindaco di Roma e delprossimo referendum costituzionale,l’ex-capo dei post-comunisti avrebbedetto: Voterei pure Lucifero pur dimandare a casa Renzi e sono prontoa costituire comitati per il “No”. Sefosse vero si tratterebbe di un mici-diale dardo di fuoco lanciato dal“leader maximo” contro il verticedel suo partito. Peccato però che, astretto giro, l’interessato abbia fattoContinua a pagina 2 Continua a pagina 2

D’Alema e la favola del re nudo

sunto con contratto professionale (èpensionato e non può avere incari-chi gerarchici) ...

Pensioni anticipate, paga sempre il cittadinoIl Governo studia ancora la formula per la flessibilità pensionistica ma già si è capito che qualunque possa

essere la soluzione il costo sarà comunque scaricato sulle spalle dei contribuenti e delle loro famiglie

pervenire ai media una secca smen-tita. Quelle frasi non le avrebbe maipronunciate. D’Alema ipotizza che cisia stata una montatura ai suoidanni, orchestrata dal più illustreesponente del mondo finanziario-edi-toriale pro-renziano. Lo scopo sa-rebbe di individuare un comodo

capro espiatorio sul quale fare rica-dere la responsabilità della più cheprobabile sconfitta elettorale del Pddomenica prossima. A chi bisognacredere? Al giornalista che riporta lanotizia o al politico che la smentisce?Probabilmente a nessuno dei due e aentrambi.

È francamente difficile immagi-nare che D’Alema abbia prestato ilfianco ai suoi detrattori in modotanto ingenuo, non fosse altro perchéper uno che si considera un grandestratega di architetture politiche - ge-neralmente fallimentari, ma questo sitace - una simile miopia visuale sa-rebbe un insulto ad una sconfinataconsiderazione di sé. Però può starciil fatto che gli amici del Premier...

Vi sono nella cosiddetta riforma co-stituzionale renziana connotazioni

che è difficile definire con il linguaggioe le parole delle normali discussioni po-litiche e giuridiche. Riforma per piùversi semplicemente demenziale.

È noto che il “pregio” del contorsio-nismo logico e verbale fruttodell’”esperta” Maria Elena Boschi(“ovvia, ha fatto anche un master...”)sarebbe quello di aver abolito l’inutile“bicameralismo perfetto”, la “duplica-zione” del Parlamento con gli egualipoteri di Camera e Senato, “semplifi-cando” così il procedimento legislativo.

Ma la riforma Renzi, più che abolireil bicameralismo perfetto (cosa che sisarebbe potuta fare razionalmente esenza azzoppare il Senato) e non es-sendo essa arrivata a sopprimere la “se-conda Camera” (come era stato giàprospettato in un primo tempo nel Co-mitato dei 75, dell’Assemblea Costi-tuente), e ciò per l’incapacità el’impossibilità di cambiare tutta unaserie di altre norme costituzionali chepresuppongono l’esistenza dei due ramidel Parlamento (basti pensare all’ele-zione del Presidente della Repubblicaed a tutte le altre da effettuarsi in “se-duta comune”), ha invece voluto “de-potenziare” il Senato, mantenendolo invita solo per avvilirlo, arriverei a dire

sbeffeggiarlo, facendone un residuatomaltollerato e di impossibile (perchéquesto è, in fondo, il risultato vero della“riforma”) autentico e valido funzio-namento.

Matteo Renzi si è mosso all’attaccodel Senato più per l’astio che gli derivadall’avere, in quella sede, trovato lemaggiori difficoltà e dovuto ricorrere aipiù meschini mercanteggiamenti, piut-tosto che per una visione armonica e lo-gica del complesso apparatocostituzionale. Parlare di “astio” neiconfronti del Senato può apparire ec-cessivo, anche perché ciò implica chel’attuale presidente del Senato, un ma-gistrato “prestato” alla politica, che coni suoi poteri ha facilitato l’assalto ren-ziano senza aprire bocca sulle demen-ziali e “punitive” norme dirette asqualificare quell’organismo ed a ri-durlo ad un miserevole “Senaticchio”,può sembrare un’accusa di tradimentoe fuor di luogo in una valutazione dinorme costituzionali. Ma a dover am-mettere che non è così e che paroleancor più dure, mutuate, magari, dallascienza psichiatrica, sono necessarie pernon essere troppo benevoli, basta pen-sare alla figura, a mezza via tra lo spa-

ventapasseri e Nembo Kid che verrebbead avere il sindaco-senatore.

I sindaci-senatori, grande trovata dabar di periferia del “riformatoreRenzi”, concepiti perché “ovvia, così ri-sparmio, perché sono già pagati comesindaci”, dovrebbero dividersi tra laloro città, che li ha eletti magari in con-siderazione delle loro qualità personalie che nell’amministrazione cittadina “cimettono la faccia” (quando ce l’hanno)e rischiano anche ogni giorno di incap-pare in qualche levata d’ingegno delprimo sostituto procuratore cui il loroprofitto non sconfinfera, ed un “Sena-ticchio”, nel quale, dato anche il nu-mero assai ridotto di senatori (100) illavoro non mancherebbe affatto; nonsolo, ma che dovrebbe essere compiuto

entro termini iugulatori, ristrettissimi,con ingiunzioni a deliberare anch’esseespressioni dell’astio accumulato dal-l’ex boy scout per i grattacapi che hatrovato a Palazzo Madama.

Leggete l’articolo 10 della leggedella cosiddetta riforma, già significa-tivo per la sua aggrovigliata complica-zione e per la sua lunghezza. Lotroverete pieno di vere e proprie “inti-mazioni” al Senato, di “termini peren-tori” che denotano lo spirito dimaltolleranza che ispira quell’oscenopastrocchio. Il senatore-sindaco, ma-gari di Enna, di Pozzallo, oppure di Vi-piteno o di Lecce, convocato d’urgenzaa Roma perché c’è da “provvedere seno scadono i termini”, dovrebbe pian-tare in asso Giunta, Consiglio comu-nale, piano regolatore e controversiesindacali con i netturbini, per ubbidirealle intimazioni della “Costituzionerenziana”. Trasformatosi in NemboKid dovrebbe prendere il volo sui piani,sui monti e sui mari per essere a Romain tempo. Il tutto, dice Renzi, e lo scrivenel suo progetto, senza un soldo di in-dennità, tanto è Nembo Kid, e cometale vola senza biglietto. “Comunque,ovvia, lo paga il Comune…”. Ci sono

poi i cinque denatori nominati dal Pre-sidente della Repubblica, per menti ec-cezionali, avendo illustrato la Patrianelle “lettere, nelle scienze ecc. ecc.”. Il-lustrazione della Patria che però ha ef-fetto per anni sette, dopodiché perso illustro, non sono più senatori e neanchesenatoricchi. Essi non avrebbero unalira di “indennità”, né dal “Senatic-chio”, né dal Comune o dalla Regione.Perché “ovvia, sì, non sono pagati dalComune, ma se sono tanto illustri qual-cuno uno stipendio glielo darà”.

Così ragiona Renzi. Risultato dellapromessa “semplificazione” del pro-cesso legislativo con l’abolizione del “bi-cameralismo” perfetto: 7, (sette) diverseforme di legislazione: monocamerale,bicamerale, bicamerale condizionata,monocamerale condizionata, ecc. ecc.ecc.. Con difficoltà e controversie sullanecessità di procedere con l’uno o conl’altro sistema, con la certezza di aprireun contenzioso inestricabile per anni edanni. È mai possibile che un Tizio che siritiene l’uomo della provvidenza, l’indi-spensabile guida delle sorti del nostropovero Paese, possa maltrattare demen-zialmente le regole fondamentali dellanostra Repubblica?

altrettanto sicuramente un professionista diparte che rassicura alcuni ed inquieta e preoc-cupa altri.

Il quesito, a questo punto, è il seguente.Siamo certi che il pluralismo informativo dellaRai verrà garantito e rispettato quando il di-rettore generale-amministratore delegato An-tonio Campo dall’Orto si consulterà con ildirettore editoriale Carlo Verdelli e con il suo“affiancatore” Francesco Merlo per scegliere inuovi direttori dei tg ed i conduttori del pro-grammi informativi dei prossimi palinsesti?

ARTURO DIACONALE

...gli abbiano voluto tendere una trappola al soloscopo di appiccicargli addosso l’etichetta diuomo nero del Partito Democratico nella con-vinzione, affatto infondata, che il ruolo gli calzibenissimo per quel particolare tratto caratterialeche lo rende più antipatico che simpatico.

Tuttavia, dette o non dette quelle parole,resta il fatto che Matteo Renzi, per quanto nonlo desideri e faccia di tutto per evitarlo, sidebba preparare ad accollarsi la responsabilitàdi un valutazione molto negativa data dagliitaliani alla sua azione di governo e concretiz-zatasi nelle urne alla prima occasione utile: leelezioni amministrative. Resta poi in piedi l’al-

2 L’OPINIONE delle Libertà venerdì 17 giugno 2016Politica

segue dalla prima

...come “affiancatore” del direttore editorialeCarlo Verdelli e che, continuando a fare il com-mentatore di “Repubblica”, ha criticato BeppeGrillo e ribadito la propria avversità antropo-logica nei confronti di Silvio Berlusconi fa-cendo infuriare i grillini ed i berlusconiani.

Ma chi lo segue da tempo sa bene che Merloè un ottimo professionista che usa il proprio ri-cercato stile di scrittura per manifestare opi-nioni tanto marcate ed esplicite quanto radicalie settarie. La sua ostilità a Grillo è abbastanzarecente. Ma la sua repulsione etica, morale, po-litica e quasi razziale nei confronti di Berlu-sconi e dell’intero centrodestra (Merlo èsembrato una sorta di riedizione al rovescio delconterraneo Telesio Interlandi fondatore nel1938 de “La difesa della razza”) dura da piùdi un ventennio. Al punto da essere diventatauna componente indistinguibile della sua stessaprofessionalità.

Insomma, il giornalista che il vertice dellaRai ha scelto per “affiancare” Carlo Verdellinella direzione editoriale (inizialmente dovevaessere vicedirettore ma poi la sua condizione dipensionato lo ha trasformato in collaboratore)è sicuramente un ottimo professionista, ma è

sti, forzisti e residua varia umanità parlamen-tare potranno dirsi confuciani, seduti sullasponda del fiume ad aspettare che passi un ca-davere. Che sia quello di Renzi o di D’Alema loscopriremo presto.

CRISTOFARO SOLA

Quel demenziale sindaco-senatoredi MAURO MELLINI

tra questione che affiora da questa telenoveladi scoop veri o fasulli: il disagio della base delPd per la brusca virata centrista, imposta dalsuo attuale capo in comando. Sull’orizzonte da-lemiano non è tramontato il sogno di ricostruireuna forza totalmente radicata nei capisaldi dellacultura socialista novecentesca. All’interno delPartito Democratico D’Alema e i reduci dellastagione post Pci sono ormai emarginati e ri-dotti al silenzio dall’onda montante del blairi-smo italiano impersonato da Renzi. Ciò che essigli contestano è lo snaturamento identitariodella matrice socialista e progressista che, per ilpassato, è stata forza egemone, attrattiva e trai-nante di tutto il centrosinistra. Con l’avvento diRenzi al timone del partito e del governo, in-vece, è spuntata nel Pd un’anomala vocazionead abbracciare tematiche e proposte proprie delcentro e della destra moderata. Non si è trattatodi una banale manovra obbligata dal tatticismopreelettorale, ma di una mutazione genetica atutti gli effetti.

Ora, D’Alema può smentire quanto vuole ivirgolettati di “Repubblica” ma la sostanzanon cambia: lo scontro che si annuncia all’in-terno del Pd dopo gli esiti referendari avrà unaportata epocale e lascerà molti morti – meta-foricamente parlando – sul terreno. Tutti glialtri attori della scena istituzionale nonavranno modo di toccare palla a questo giro diboa della politica. In compenso, grillini, leghi-

Come sia possibile affermare che,dopo quindici anni di Euro e di

Patto di stabilità e crescita, l’Europa,così come è, sia la concretizzazione delsogno di libertà, giustizia, benessere esviluppo, è incredibile. Incredibile per ildisastro che viviamo, per la crisi cheimperversa, per le divisioni che aumen-tano, per le ingiustizie che esplodono.Non solo in quindici anni (Germania aparte) tutto è peggiorato, ma quel pocodi benessere che all’inizio del terzo mil-lennio sembrava acquisito si è andatoletteralmente polverizzando. È aumen-tata la burocrazia, è aumentata la di-soccupazione, è aumentata la rigiditàeconomica, è aumentata la barrieraproduttiva, la povertà relativa e la divi-sione fra Stati.

In quindici anni, insomma, è au-mentato tutto ciò che di peggio potesseaumentare e il sogno sbandierato di be-nessere, ricchezza, fratellanza, crescitae quant’altro è andato a farsi friggere.Tanto è vero che ai soloni che difen-dono ipocritamente questa Europa nonè rimasta che l’ultima demenziale scusa,

quella della paura del terrore da incul-care qualora l’orrendo castello crol-lasse. Del resto questi ipocriti guru dellafelicità e della libertà, quale dato o in-dicatore che sia potrebbero mettere sultavolo per dimostrare il successo e iltrionfo di questa Europa? Ovviamentenessuno, per questo si rifugiano nellaunica ragione che per definizione non èdimostrabile e cioè cosa sarebbe statodel nostro Continente se Euro e Pattirelativi non fossero nati. Come se nonbastasse, pur di non ammettere che

quasi tutto è statosbagliato e chesiamo finiti in unmare di guai econtraddizioni, igaranti dell’Eu-ropa, ogni voltache si avvicina unevento di giudiziosulla Ue, inizianocon un’opera diterrorismo psico-

logico a tappeto.È successo con la Francia, con l’Au-

stria, con la Grecia, succede adesso conla Brexit, tutti i signori dell’Unionecompatti a spaventare i cittadini sul ri-schio di un devastante disastro e di unacatastrofica carestia. Insomma, il più fa-cile dei trucchi che oltretutto permettealla speculazione di inzuppare il pane amani basse, attraverso quelle incursionial ribasso nelle Borse e nei mercati diquesti giorni. Siamo in buona sostanzaal festival della demenzialità e dell’ipo-

crisia che tocca il suo punto di massimatestimonianza nella ottusità del nonvoler vedere non solo gli errori, ma cheil sentiment dei popoli sta cambiando.Va da sé, infatti, che, se ovunque ilfronte degli euroscettici tende a crescerein modo prepotente, una ragione ci saràe di certo non può essere quella di unvirus della follia che ha pervaso decinee decine di milioni di persone. Maquello che veramente lascia di stucco èla pervicacia con la quale piuttosto chemettere mano a una grande correzionedelle regole che hanno condotto al di-sastro, si insista con l’arma del panico edell’angoscia. Insomma cari amici, nonsolo ci stanno imbrogliando ma spe-rano di riuscirci per poter continuare alucrare e a far lucrare solo chi diconoloro.

Del resto se un grande Paese comel’Inghilterra, dove certo non c’è difettodi libertà, informazione, giustizia, de-mocrazia, pluralismo, è arrivato, al-meno dai sondaggi, a preferire la

Brexit, un movente ci sarà. Ecco perchédiciamo che tentare di scavalcare laBrexit senza risolverne le ragioni, signi-fica solamente rimandare un appunta-mento, inevitabile, ineludibile e cioèquello di un ripensamento totale deipatti, delle regole, dei vincoli che hannostrozzato tutto e tutti (Germania aparte). Piaccia o non piaccia, il frontedei contrari a questa Europa non soloè crescente, ma ormai inarrestabile ese non fosse la Brexit prima o poi sa-rebbe da qualche altra parte, Italiacompresa. Per questo la Brexit potràessere la grande e ultima occasione diriforma profonda della Ue, di Maa-stricht, dell’Euro e dei suoi Patti,prima che tutto si sfasci sotto laspinta della insoddisfazione e dellaprotesta. La verità è che non biso-gnava arrivarci, bisognava interveniremolto tempo fa quando i sintomidegli errori erano chiari ed evidenti,non averlo fatto ha portato, inevita-bilmente, a tanto. In fondo è vero onon è vero che sbagliare è umano maperseverare è diabolico? Per chiavesse ancora dubbi la Brexit ne è laconferma.

Brexit e la fine di un ingannodi ELIDE ROSSI e ALFREDO MOSCA

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Rai, il pluralismo nelle mani di Merlo

D’Alema e la favola del re nudo

3L’OPINIONE delle Libertàvenerdì 17 giugno 2016 Primo Piano

Stefano Parisi è la rivelazione diqueste elezioni amministrative.

Lunedì scorso, alla vigilia del deli-cato intervento al cuore di Silvio Ber-lusconi presso l’ospedale San Raffaledi Milano, Parisi ha ricevuto una te-lefonata d’incoraggiamento propriodal leader di Forza Italia. Sono giornidifficili, l’intervento di Berlusconi èstato superato molto bene, ma si sa,il Cavaliere ha una grande sensibilitàed umanità e queste caratteristiche loportano a pensare spesso più aglialtri che a sé, pertanto ha voluto in-coraggiare il candidato del centrode-stra che domenica prossima dovràconquistare la fiducia di tutti i mila-nesi che non si riconoscono in Mat-teo Renzi e nella passata giuntacomunale guidata da Giuliano Pisa-pia.

Che dire di Stefano Parisi? Defi-nito da molti sostenitori e simpatiz-zanti il sindaco ideale, è una personache mostra grandi qualità. In seguitoalla conferenza stampa sulla sicu-rezza che si è tenuta presso il suo co-mitato, il 13 giugno scorso a Milano,si è recato ad altri numerosi impegnielettorali e, per la strada, tutti lo ri-conoscevano. Ho assistito personal-mente a richieste di persone e anchedi ragazzini che si fermavano a fareuna foto o un “selfie” con lui. “Il sin-daco ideale” come ha precisatoMaria, una signora che vedendolomi ha detto con entusiasmo che Pa-risi “è il primo cittadino ideale, miispira sicurezza, e Milano deve ritor-nare ad essere una città sicura”.

Stefano Parisi è riuscito in pocotempo a compiere i cosiddetti “mira-coli”: unire nella sua persona il con-

senso del centrodestra prima comecoalizione e poi con il ballottaggiopressoché alla pari con Beppe Sala.Qual è il “segreto” di Parisi? Forsegli elettori si fidano di lui perché riu-nisce diverse qualità nella stessa per-sona: è affidabile, onesto, ha spiritodi iniziativa che ha dimostrato piùvolte nella sua lunga carriera di im-prenditore e nel cuore delle istitu-zioni sia come funzionario di PalazzoChigi nel 1994 che in qualità di citymanager proprio con Gabriele Al-bertini, il sindaco più amato di Mi-lano e grande amico personale dello

stesso Parisi. I due si sono conosciutiin modo informale al Camparino,storico locale milanese, ed è subitonata una forte simpatia che si tra-sformò ben presto in collaborazione.È proprio con Albertini che Parisi hatenuto la suddetta conferenzastampa sulla sicurezza.

Con determinazione e fermezza, ilcandidato sindaco del centrodestraha precisato che “la sicurezza sarà lapriorità, perché Milano deve ritor-nare quella di un tempo: ho un’ideadi una Milano sicura e posso garan-tire che su trasparenza e legalità ci

assumiamo le responsabilità inprima persona. Io non nominerò unagiunta e poi un soggetto esterno checontrolla gli assessori: la responsabi-lità dell’azione della mia squadrasarà interamente mia. Agiremo sulleregole: più le procedure sono com-plesse e più si insinuano comporta-menti corruttivi. Le proceduresaranno semplici, lineari, per garan-tire qualità agli appalti pubblici.Opere e servizi verranno finanziaticon i contributi dei cittadini, lorosono gli ‘azionisti’ della città ed è aloro che risponderemo fornendo in-

formazioni trasparenti su regole,spese e soprattutto risultati. Tutti co-loro che abitano a Milano devonoessere orgogliosi non soltanto dellapropria città, ma del proprio quar-tiere, della propria strada; mi occu-però, con una squadra efficiente,della pulizia e del decoro di ogni an-golo di Milano in condizioni di lega-lità e sicurezza per tutti. La città devetornare a correre – ha spiegato Parisi– il mio progetto è vincere per libe-rare le risorse della città e creareposti di lavoro. Ripristinare la sicu-rezza a Milano significa consentire adonne, anziani, giovani e cittadini diogni età, di uscire in qualsiasi mo-mento e in qualsiasi zona, senzaavere paura. Ripristinare la sicurezzaa Milano significa consentire ai cit-tadini di avere un punto di riferi-mento per ogni quartiere: telecameree vigili di zona a presidio del territo-rio. Ripristinare la sicurezza – haconcluso Stefano Parisi – a Milanosignifica garantire la legalità, concontrolli e sgomberi nelle case popo-lari occupate abusivamente. Milanosarà così una città bella da vivere esicura da abitare”.

“Per trasformarla nella città delleopportunità, della libertà e della si-curezza abbiamo bisogno del tuosupporto e del tuo voto domenica 19giugno. Vogliamo cambiare Milano?Noi ci siamo!”, è l’invito comparsosulla pagina Facebook. Parisi, grandeconoscitore dei mezzi di comunica-zione e social network, ha più volteribadito che userà la tecnologia permigliorare l’efficienza in Comune.Lunedì sapremo cosa avranno decisoi milanesi, sperando che vadano avotare perché il voto è un diritto maanche un dovere.

di MARIAPIA REALE

Ballottaggio a Milano: l’ultimo “scatto” di Parisi

Quindici dei 19 terroristi di AlQaeda che attaccarono l’Ame-

rica l’11 settembre 2001, nel peg-giore attentato mai commesso sulsuolo americano, che provocò lamorte di quasi tremila persone, veni-vano dall’Arabia Saudita, come sau-dita era il loro capo indiscussoOsama bin Laden.

Da quel giorno e per i quindicianni che sono trascorsi, sono statefatte continue illazioni su un pre-sunto coinvolgimento di autoritàsaudite negli attentati, sempre smen-tite categoricamente da Riad e per-fino da Washington, che ha invecericonosciuto il ruolo determinantedella monarchia saudita nella lotta alterrorismo jihadista. Per molti espertied analisti, anche americani, Osamabin Laden aveva scelto apposta ka-mikaze sauditi per spezzare il rap-porto privilegiato tra gli Stati Uniti ela casa dei Saud, per indebolirla e ro-vesciarla.

Ma 28 pagine di un rapporto del2002, secretate dal presidente Bush,che sono custodite nelle cassefortiblindate dell’archivio segreto del Con-gresso degli Stati Uniti rivelerebberoverità inedite e getterebbero di nuovopesanti accuse sulla Monarchia sau-dita. Dopo una lunghissima querelledurata mesi, il Presidente degli StatiUniti potrebbe a breve decidere la de-classificazione delle 28 pagine che ilsuo predecessore alla Casa Bianca de-cise di tenere segrete per ragioni di si-curezza nazionale, per proteggere imetodi e le fonti di intelligence degliStati Uniti. Il rapporto è stato stilatonel 2002 dalla Commissione d’in-chiesta parlamentare congiunta sul-l’attività dei servizi segreti dopo gli

attacchi dell’11 settembre.L’ex vice presidente di quella com-

missione ed ex senatore della Flo-rida, Bob Graham, si è rivolto alla

Casa Bianca perché declassifichi erenda pubbliche al più presto le 28pagine secretate. Alcune informa-zioni contenute in quelle 28 pagine

sono già trape-late; diverse tele-fonate sarebberointercorse, ap-pena primadell’11 settembre,tra l’ambasciatasaudita e unodegli addestratoridei dirottatori. Lafamiglia del prin-cipe Bandar binSultan, all’epocaa m b a s c i a t o r esaudita a Wa-shington e amicodei Bush, avrebbetrasferito 130miladollari sul contocorrente di unaltro uomo cheavrebbe istruitogli attentatori. Edubbi sono statiespressi anche sulruolo avuto dalprincipe Turki binFaisal, alloracapo dell’intelli-gence saudita.

Molti membridel Congresso,compresa la leaderdemocratica NancyPelosi, hanno sot-toscritto una peti-zione per ladeclassificazione ela pubblicazionedelle 28 pagine. Ildossier è ormaida mesi alla Casa

Bianca. Il presidente Barack Obamasarebbe favorevole alla pubblica-zione ma starebbe aspettando la re-lazione del generale James Clapper,

direttore dell’Intelligence, che devegarantire che le informazioni, unavolta rilasciate, non compromettanola sicurezza nazionale. Dietro il ri-tardo nella decisione presidenzialeperò ci sarebbe la preoccupazionedelle possibile ricadute negative nellerelazioni di Washington con Riad,mai ad un livello così basso negli ul-timi anni. Se ne è avuta prova anchedurante la visita di Obama in Ara-bia Saudita in aprile; ad attenderel’Air Force One all’aeroporto diRiad non c’era il re Salman ma il go-vernatore della capitale saudita, Fai-sel bin Bandar. Uno sgarboprotocollare voluto che riassume lostato dei rapporti fra gli Stati Uniti ela Monarchia del Golfo. E il mini-stro degli Esteri, Adel Jubair, ha an-nunciato che se il suo paese dovesseessere accusato per gli attentatidell’11 settembre, potrebbe venderetutti i titoli del debito americano egli asset di cui dispone, per un va-lore totale di 750 miliardi di dol-lari. Gli Stati Uniti inoltreimportano dall’Arabia Saudita unmilione di barili di petrolio algiorno.

Si capisce quindi perché il diret-tore della Cia, John Brennan, ha af-fermato nei giorni scorsi inun’intervista televisiva che anche seil rapporto dovesse essere pubbli-cato, l’opinione pubblica non do-vrebbe giungere a conclusioni circail coinvolgimento del Regno sauditanegli attentati dell’11 settembre.Tutte le indagini effettuate, ha con-tinuato Brennan, non hanno evi-denziato alcuna prova che ilgoverno saudita, come istituzione,o che diplomatici sauditi, singolar-mente, abbiano sostenuto gli attac-chi. Realpolitik.

di PAOLO DIONISI

I sauditi dietro gli attacchi dell’11 settembre?

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4 L’OPINIONE delle Libertà venerdì 17 giugno 2016Giustizia

Nella giornata del 15 giugno hopartecipato come neo-compo-

nente del gruppo di lavoro “Carcere ediritti umani” del Forum nazionale deigiovani alla presentazione del Reportannuale sui diritti umani e sulla con-dizione degli istituti penitenziari ita-liani.

L’evento, svoltosi presso il Centrocongressi Roma Eventi ha visto, tra glialtri, la partecipazione del sottosegre-tario di Stato alla Giustizia, onorevoleCosimo Maria Ferri; il Capo Diparti-mento della Gioventù e del Servizio ci-vile nazionale, consigliere CalogeroMauceri; l’avvocato Giuliana Barberidella Commissione Formazione delConsiglio nazionale forense; l’avvo-cato Michele Vaira, presidente nazio-nale Aiga; l’avvocato BeniaminoMigliucci, presidente dell’Unione delleCamere Penali e i professori del Di-partimento di Giurisprudenza del-

l ’ U n i v e r s i t àRoma Tre, Anto-nella Massaro eMarco Ruotolo.L’evento è statocoordinato dal-l’avvocato LuigiIorio del PartitoSocialista e delForum nazionaledei giovani e dalla

portavoce nazionale del Forum, MariaCristina Pisani. Il moderatore è stato ilgiornalista Giampiero Marrazzo.

La Pisani ha incentrato l’attenzionesulla problematica delle condizionidelle carceri e della giustizia ribadendoche “il sistema carcerario troppospesso è interpretato solo dal punto divista punitivo e non riabilitativo e nonconsente ai giovani che vivono il pe-riodo di detenzione di intraprendere

un percorso educativo che possa por-tarli non solo a comprendere gli erroricommessi sul piano dei princìpi e deivalori, ma che possa anche insegnareloro a valorizzare le proprie potenzia-lità, le proprie competenze, l’avvio o ilproseguimento dei loro percorsi distudi o lavorativi più affini e inclinialle attitudini e aspettative di ognuno,così da poter garantire loro un futuromigliore”.

Inoltre, il Forum av-vierà numerose visitenelle carceri italiane conla realizzazione di atti-vità di formazione all’in-terno degli istituti dipena, avviando da subitoun canale di comunica-zione con le istituzionicompetenti e immagi-nando attività pilota chepossano rappresentaredelle buone prassi da at-tivare, successivamente,su tutto il territorio na-zionale. Particolare at-tenzione è stata dedicataal Report pubblicato dalForum e curato dall’av-vocato Luigi Iorio, evi-denziando le carenze chel’impianto penitenziarioitaliano riporta sottomolteplici profili. La pre-senza del sottosegretarioCosimo Maria Ferri hapermesso di evidenziarealcune problematiche inalcune strutture peniten-ziarie del territorio na-zionale, come ReggioCalabria, e le condizionidella struttura di SantaMaria Capua Vetere nelcasertano. Particolare at-

tenzione è stata posta alla problema-tica dei sordomuti nelle carceri, allafigura dell’interprete per abbattere iproblemi di comunicazione e ai mec-canismi populistici che si incontranonell’avviare una discussione sull’am-nistia e l’indulto.

(*) Consiglio direttivo di “Nessuno tocchi Caino”

e componente della Lidu

Carceri: Report annuale del Forum nazionale dei giovani di DOMENICO LETIZIA (*)

5L’OPINIONE delle Libertàvenerdì 17 giugno 2016 Esteri

Il sesso è un argomento tabù nella so-cietà palestinese conservatrice. Per-

tanto, per molti è stata una sgradevolesorpresa quando le dilaganti molestiesessuali commesse nella Striscia di Gazacontrollata da Hamas sono state por-tate all’attenzione dell’opinione pub-blica.

Un reportage incriminante, titolato“Gaza: molestie sessuali e corruzionemettono in fuga chi è in cerca di occu-pazione”, è stato pubblicato dal quoti-diano libanese Al-Akhbar, affiliato aHezbollah, a firma di Amjad Yaghi, ungiovane giornalista palestinese che hadimostrato un coraggio straordinarionello scrivere questo articolo di denun-cia. Ovviamente, ad Hamas la cosa nonè piaciuta affatto.

Yaghi ha scritto che “alcune perso-nalità pubbliche della Striscia di Gazanon rispettano più le regole dell’eticaprofessionale dopo essersi fatte sopraf-fare dagli istinti sessuali e dagli obblighiprofessionali. Queste persone sfruttanola loro posizione, soprattutto la loro au-torità decisionale, per quel che concernel’occupazione e le nomine, fornisconoservizi ed erogano fondi a progetti inconsiderazione della mancanza di sboc-chi lavorativi per le donne”.

Secondo Yaghi, l’articolo è apparsosu un quotidiano libanese perché imedia palestinesi vietano la pubblica-zione di pezzi che possono infuriarel’opinione pubblica e “ledere” le tradi-zioni e la moralità dei palestinesi. Ilgiornalista illustra con chiarezza il cir-colo vizioso: “Le vittime non hanno li-bertà di parlare delle loro esperienze edè per questo che la maggior parte delledonne che subiscono molestie sessualitace. (...) Queste donne temono di poterperdere il nuovo lavoro o che la loro re-putazione possa essere compromessa”.

Il reportage ha scoperto che almeno36 donne palestinesi che lavorano invari ambiti sono state sottoposte a mo-lestie sessuali e sfruttamento. Parlandocon Yaghi del loro problema, 25 vittime

non hanno voluto fornire informazionidettagliare sulle loro esperienze e le ri-manenti 11 hanno accettato di parlareapertamente del problema, a condizioneperò di restare anonime. Sono stati se-gnalati crimini sessuali di vario genere.Venti donne hanno riferito di aver su-bito molestie sessuali sul lavoro e adaltre dieci è stato chiesto il pagamentodi “tangenti sessuali”. Sei donne hannodetto a Yaghi di aver subito aggressionisessuali mentre erano al lavoro. Unagiornalista di 27 anni ha raccontato diessere stata invitata a un colloquio di la-voro da un funzionario palestinese chelavora a Gaza per l’Unrwa, l’Agenziadelle Nazioni Unite per il soccorso el’occupazione dei profughi palestinesi:“Quando la donna è entrata nel suo uf-

ficio, il funzionario ha cercato di avvici-narsi a lei e di toccarla, ma la donna èscappata via. (...) Il giorno dopo, l’uomoè stato più chiaro con lei: le ha offerto illavoro in cambio di prestazioni sessuali.La poverina è rimasta sconvolta e am-mutolita”. La donna ritiene che la posi-zione di prestigio ricoperta dalfunzionario che l’ha molestata gli evi-terà di essere ritenuto responsabile delsuo comportamento. Ella ha anche ac-cennato a un problema più ampio eprofondo nel mondo arabo e islamico:“La nostra società mette in dubbio l’in-tegrità di una donna che parla dionore”. C’è poi un terzo ostacolo al-l’avvio di un’azione penale control’uomo, e questo impedimento è rap-presentato dal fatto che la legge palesti-

nese prevede che i funzionari dell’Un-rwa godano dell’immunità dai procedi-menti penali. Ma a quanto pare questaimmunità non riguarda i vertici delle or-ganizzazioni finanziate da aiuti interna-zionali. Come ad esempio, il direttore diun’organizzazione umanitaria interna-zionale operante nella Striscia di Gazache presumibilmente ha offerto a unacandidata 28enne un lavoro ben retri-buito in cambio di sesso.

Gli avvocati di Gaza sembrerebberoavere già abbastanza da fare senza dovermolestare sessualmente le loro dipen-denti. Ma una praticante di 23 anni hadetto a Yaghi che il suo capo, un avvo-cato 45enne, ha fatto delle avances ses-suali a lei e ad altre tre colleghe. Un altroavvocato ha offerto a una collega 50

shekel (12 dollari) se gli avesse permessodi palpeggiarla. Secondo il reportage,anche 13 giornaliste della Striscia diGaza negli ultimi anni hanno dovuto farfronte a molestie e aggressioni sessuali.Yaghi ha rilevato che la legge fonda-mentale palestinese non affronta il pro-blema delle molestie sessuali nellasocietà palestinese. Mentre la legge fa ri-ferimento alla corruzione sui luoghi dilavoro, la molestia sessuale non è consi-derata una forma di corruzione.

Di recente, si è scritto molto sul dif-fuso aumento di abusi commessi sui mi-nori nella Striscia di Gaza controllata daHamas, dove i bambini sono esposti a uncostante lavaggio di cervello da parte deigruppi armati. La settimana scorsa, èspuntato un nuovo video che mostracome i gruppi islamici radicali della Stri-scia di Gaza istighino i bambini palesti-nesi. Nel filmato compaiono bambinivestiti da miliziani della Jihad islamicache simulano la detonazione di unabomba vicino ad un carro armato israe-liano. Il pubblico, costituito dai genitoridi questi attori in erba, esulta e applaude.In una società dove i bambini sono in-dottrinati a uccidere gli ebrei, non sor-prende affatto che le donne siano vittimedi diversi tipi di sfruttamento.

Yaghi tace sull’identità degli aggres-sori. Eppure, si tratta inequivocabil-mente di alti funzionari che lavoranonel settore privato e in quello pubblico.Le donne vittime delle molestie sessualida parte dei funzionari dell’Unrwahanno ragione: questi criminali, grazieai legami che hanno con Hamas, evi-tano la prigione e rivestono posizioniinfluenti. Dove sono ora le organizza-zioni per i diritti delle donne? Dovesono gli osservatori europei e americanidelle organizzazioni internazionali per idiritti umani che operano nella Strisciadi Gaza? Si risvegliano dal loro torporesolo quando sentono odore di carne fre-sca israeliana? Quante donne sarannoaggredite sessualmente mentre questicani da guardia dormono?

(*) Gatestone Institute

di KHALED ABU TOAMEH (*) Palestinesi: sesso a Gaza City

Nei casi di molestie sessuali dove sono gli osservatori europei e americani delle organizzazioni internazionali per i diritti umaniche operano nella Striscia di Gaza? Secondo la legge palestinese i funzionari dell'Unrwa godono dell'immunità dai procedimentipenali e questi funzionari che commettono molestie sessuali, grazie ai legami che hanno con Hamas, evitano la prigione e rivestonoposizioni influenti. Nella foto a destra: Pierre Krähenbühl, commissario generale dell'Unrwa, incontra Federica Mogherini, altorappresentante dell'Unione Europea per gli Affari esteri.

7L’OPINIONE delle Libertàvenerdì 17 giugno 2016 Cultura

Sapreste descrivere ciò che non halimite, né confine? No? Allora af-

fidatevi al film (del genere cinemato-grafico basato sulla ricostruzionedella biografia di un personaggio re-almente esistito, così detto “biopic”)di Matt Brown, “L’uomo che videl’infinito”, per l’interpretazione di Je-remy Irons (il professor G. H.Hardy) e di Dev Patel nella parte delprotagonista indiano, Srinivasa Ra-manujan, geniale matematico nato inuna regione poverissima di TamilNadu, sposato secondo le tradizionilocali con una moglie bambina (che,invece, appare come sua coetanea nel

film) e dominato da una madre-pa-drona che gli trasmette i ferrei prin-cipi di casta e i tabù inviolabili, comequello della proibizione di navigarein mare. La scelta della regia è con-divisibile e interessante nella parte incui Brown crea una corrispondenzacon “l’inferiore”, il colonizzato, e ilgotha della conoscenza scientifica diallora: l’inglesissimo ed esclusivo Tri-nity College di Cambridge dove ac-canto all’accademico Hardy (famosomatematico “puro” della Teoria deiNumeri) si affiancano altri geni dellostesso stampo, come John EdensorLittlewood - che dette un contributofondamentale nello studio dei “nu-meri primi” (quelli che, cioè, sono di-

visibili soltanto per sestessi!) - e il PremioNobel Bertrand Russell.

E quel “mediatore”neuronale (al cui vaglio,cioè, si estingue e rendepriva di senso qualunquedistinzione di razza,sesso ed età) è proprioHardy, preceduto da unopulento padrone ingleseche non si oppone allapartenza dall’India delsuo “contabile” Rama-nujan. Hardy il quale,ben al di là delle conven-zioni, “fiuta” il genio e,come si fa con la polveredi coca, lo aspira fino afarne impregnare la suamente. Perché Ramanu-jan sarà la sua “droga”,l’impeto soprannaturale che lo co-stringerà a scorgere la bellezza diDio, pur rinnegandola cento volte,peggio di S. Pietro. E ottimamenteespresso è il dramma dell’integra-zione tra il “diverso” dalla pelle oli-vastra e i bianchi sapienti di SuaMaestà il Re. L’enumerazione dellebarriere, fisiche e psicologiche, dei ri-sentimenti, dell’invidia brutale versoil genio che abita là dove non do-vrebbe, descrivono con una certaesattezza il percorso a spirale che vaa minare la salute e la resistenza fi-sica di Ramanujan, vittima di una tu-bercolosi che lo porterà alla sua fine,a soli 32 anni.

Mal chiarito (seppure abbozzato)è il formidabile contributo offerto aHenry da B. Russell (espulso dal Tri-nity durante gli anni del primo con-flitto mondiale, perché pacifista disinistra!) alla decodificazione pienadel genio dell’alieno ospite. Ma,quello che sfugge in fondo all’impetoromantico di Brown è proprio la so-stanza “magica” e misterica del geniomatematico: Ramanujan è la dimo-strazione vivente, infatti (trattandosidi un matematico autodidatta, para-gonabile al pastorello illetteratoGiotto per la stessa capacità di rivo-luzionare le arti matematiche del suotempo!) della famosa citazione diGalileo per cui: “La mathematica èl’alfabeto in cui Dio à scritto l’Uni-verso!”. Da dove viene quell’im-

mensa creatività? La “vera” Mate-matica è forma pura. Per Ramunjanle scritture formali da lui elaboratesono dono della sua dea. Null’altro.Nascono già perfettamente formatenella loro immutabilità e universa-lità. Non debbono essere dimostrate.Anatema, ovviamente, per l’am-biente di Cambridge intriso di pro-fondo razionalismo e illuminismoottocentesco. Così, la collaborazionetra Hardy e Ramanujan diviene unvero calvario, per quest’ultimo, co-stretto a piegarsi all’esigenza di im-piegare il suo pochissimo tempo divita in lunghe, faticose dimostrazionidei suoi risultati intuitivi. E se ne

pentirà amaramente, Hardy, nel suobellissimo pamphlet “Apologia di unmatematico”, in cui confessa comel’unico, vero affetto della sua vita siastato proprio il giovane Ramanujan.

Lasciamo dire a lui, quindi, ciòche il film non ha potuto (o saputo,vista la complessità del mondo delleforme matematiche astratte in cui sibagna con assoluta spontaneità ilgenio dell’indiano) come, in realtà, la“Matematica pura risulta superioreperché esplora universi inimmagina-bili ed è indipendente dalla realtà fi-sica, a differenza di quella applicata,costretta a confrontarsi con il mondofisico e ad obbedire alle sue leggi”.

di MAURIZIO BONANNI

“L’Infinito Indiano” per un film biodidascalico