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47 un quartiere in movimento... un movimento di quartiere il periodico informativo di Vanchiglia www.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected] dicembre 2010 GAME OVER Wikileaks ci ha rivelato che il presidente del consiglio è considerato, dagli ame- ricani, una macchietta, un puttaniere che si adopera solo per i suoi interessi. Lo sapevamo tutti, solo che oggi il Re è nudo. Il Re che aveva promesso il mira- colo del milione di posti di lavoro, che avrebbe fatto sparire la munnezza dalle strade, che avrebbe ricostruito la città dell’Aquila... Si era presentato non come un politico, ma come un messia, un sal- vatore della patria. Il mago di Oz. Ma più che un mago si è rivelato un pre- stigiatore, abra cadabra, taglia qua e metti là, oplà, togli la munnezza e mettila sotto il tappeto, sim sala bim, costruisci due case e poi scappa via, olè, due rubacuori in prima pagina e scompare la crisi. Roba da far impallidire Silvan o Copperfield. Un grande merito al Re nudo bisogna però riconoscerlo. Diamo a Cesare quel che è di Cesare e al Nano quel che è del Nano. Nonostante abbia dato dei terro- risti comunisti a chiunque non fosse suo amico; nonostante ab- bia comprato tutte le televisioni, i giornali, le case editrici, le fon- dazioni, i megafoni, i microfoni, le ugole, le penne del regno; no- nostante abbia ani- mato festini selvaggi contro ogni legge della biologia; no- nostante abbia fatto ricrescere i suoi capelli contro ogni legge della chimica; nonostante abbia la faccia tirata contro ogni legge della fisica; no- nostante abbia drogato il popolo italiano con spot, De Filippi, Grandi Fratelli, For- za Italia, meno male che silvio c’è..., è però riuscito in un miracolo al quale nessuno credeva. Con la solerte collaborazione dei suoi prodi Alfano, Gelmini, Bondemort (lo sapevate che il ministro Bondi è la controfigura del cattivissimo Voldermort di Harry Potter?) e la coreografia di nani e ballerine, scoreggioni e buffoni, ha ri- svegliato l’Italia dal sonno ebete nel quale era caduta da un trentennio. Ha vanifi- cato tutti gli sforzi di quel centro sinistra terrorizzato dalle lotte che, nei decenni, ha faticosamente spento qualunque tipo di mobilitazione non elettorale. È riuscito a far incazzare tutti: magistrati, avvoca- ti, medici, insegnanti, operai, studenti, artigiani, pescatori, artisti, camionisti, ferrovieri, volontari, bidelli, calciatori (e sì, anche quelli!); non hanno scioperato solo astronauti e zampognari. Ha fatto perdere il sorriso proverbiale ai cittadini napoletani; ha fatto scendere dagli alpeg- gi i riservatissimi valsusini; ha inferocito la già devastata popolazione abruzzese; ha addirittura strappato all’apatia una ge- nerazione inchiodata davanti alla tv, play- station e computer. È riuscito a portare ad una tregua i litigiosissimi ultras italiani, coalizzandoli contro il governo ed il mi- nistro Maroni; ha addirittura provocato la prima mobilitazione di migranti della storia italiana. Dobbiamo ringraziarlo. Nonno Silvio è un anziano signore malaticcio e paranoi- co, che presto si ritirerà a vita privata (o nelle patrie galare), ma... nessun dorma, perchè ci lascerà un vuoto incolmabile. Perderemo il migliore comico e buffone della nostra storia, che ci abbandona nel- le fauci di cattivissimi pecorari in cami- cie verdi, di scaltre volpi democristiane, tra centinaia di berluschini in erba, in- dustriali squali e imprenditori sciacalli. Che, da sempre, cambiano padrone senza batter ciglio. E come farà la triste e grigia burocrazia di centrosinistra senza la lot- ta all’arcinemico, unico suo programma elettorale? Intanto rassereniamoci con il NewYork Times, il maggiore giornale americano, che ha titolato sulla protesta studentesca italiana. Dopo tante umiliazioni interna- zionali, questa è l’immagine migliore del nostro paese all’estero. Quella che ci ono- ra e ci dà speranza.

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il periodico informativo di Vanchiglia

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un quartiere in movimento... un movimento di quartiere

il periodico informativo di Vanchigliawww.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected]

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e 20

10

GAME OVERWikileaks ci ha rivelato che il presidente del consiglio è considerato, dagli ame-ricani, una macchietta, un puttaniere che si adopera solo per i suoi interessi. Lo sapevamo tutti, solo che oggi il Re è nudo. Il Re che aveva promesso il mira-colo del milione di posti di lavoro, che avrebbe fatto sparire la munnezza dalle strade, che avrebbe ricostruito la città dell’Aquila... Si era presentato non come un politico, ma come un messia, un sal-vatore della patria. Il mago di Oz.Ma più che un mago si è rivelato un pre-stigiatore, abra cadabra, taglia qua e metti là, oplà, togli la munnezza e mettila sotto il tappeto, sim sala bim, costruisci due case e poi scappa via, olè, due rubacuori in prima pagina e scompare la crisi. Roba da far impallidire Silvan o Copperfield.Un grande merito al Re nudo bisogna però riconoscerlo. Diamo a Cesare quel che è di Cesare e al Nano quel che è del Nano. Nonostante abbia dato dei terro-risti comunisti a chiunque non fosse suo

amico; nonostante ab-bia comprato tutte le televisioni, i giornali, le case editrici, le fon-dazioni, i megafoni, i microfoni, le ugole, le penne del regno; no-nostante abbia ani-mato festini selvaggi contro ogni legge della biologia; no-nostante abbia fatto

ricrescere i suoi capelli contro ogni legge della chimica; nonostante abbia la faccia tirata contro ogni legge della fisica; no-nostante abbia drogato il popolo italiano con spot, De Filippi, Grandi Fratelli, For-za Italia, meno male che silvio c’è..., è però riuscito in un miracolo al quale nessuno credeva. Con la solerte collaborazione dei suoi prodi Alfano, Gelmini, Bondemort

(lo sapevate che il ministro Bondi è la controfigura del cattivissimo Voldermort di Harry Potter?) e la coreografia di nani e ballerine, scoreggioni e buffoni, ha ri-svegliato l’Italia dal sonno ebete nel quale era caduta da un trentennio. Ha vanifi-cato tutti gli sforzi di quel centro sinistra terrorizzato dalle lotte che, nei decenni, ha faticosamente spento qualunque tipo di mobilitazione non elettorale. È riuscito a far incazzare tutti: magistrati, avvoca-ti, medici, insegnanti, operai, studenti,

artigiani, pescatori, artisti, camionisti, ferrovieri, volontari, bidelli, calciatori (e sì, anche quelli!); non hanno scioperato solo astronauti e zampognari. Ha fatto perdere il sorriso proverbiale ai cittadini napoletani; ha fatto scendere dagli alpeg-gi i riservatissimi valsusini; ha inferocito la già devastata popolazione abruzzese; ha addirittura strappato all’apatia una ge-nerazione inchiodata davanti alla tv, play-station e computer. È riuscito a portare ad una tregua i litigiosissimi ultras italiani, coalizzandoli contro il governo ed il mi-nistro Maroni; ha addirittura provocato la prima mobilitazione di migranti della storia italiana. Dobbiamo ringraziarlo. Nonno Silvio è un anziano signore malaticcio e paranoi-co, che presto si ritirerà a vita privata (o nelle patrie galare), ma... nessun dorma, perchè ci lascerà un vuoto incolmabile. Perderemo il migliore comico e buffone della nostra storia, che ci abbandona nel-le fauci di cattivissimi pecorari in cami-cie verdi, di scaltre volpi democristiane, tra centinaia di berluschini in erba, in-dustriali squali e imprenditori sciacalli. Che, da sempre, cambiano padrone senza batter ciglio. E come farà la triste e grigia burocrazia di centrosinistra senza la lot-ta all’arcinemico, unico suo programma elettorale?Intanto rassereniamoci con il NewYork Times, il maggiore giornale americano, che ha titolato sulla protesta studentesca italiana. Dopo tante umiliazioni interna-zionali, questa è l’immagine migliore del nostro paese all’estero. Quella che ci ono-ra e ci dà speranza.

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ualcuno avrà visto il pa-tetico filmato diffuso su YouTube dalla ministra Gelmini che, con toni da mamma apprensi-va, invita gli studenti a non temere la riforma dell’università.

Simili parole di rassicurazione furono pro-nunciate dalla ministra e dal governo per blandire genitori e insegnanti delle scuole quando si trattò di varare la contestatissi-ma legge che avrebbe dovuto risolvere tutti i mali dell’istruzione pubblica.Un primo effetto della riforma è stato quel-lo di imporre l’accorpamento di varie scuo-le sotto un’unica direzione, stravolgendo le storie e le tradizioni educative dei vari plessi. In Vanchiglia sono state accorpate la scuola dell’infanzia Rodari, le scuole pri-marie Fontana e Muratori e la scuola me-dia Rosselli, riunite nell’istituto comprensi-vo “via Ricasoli”.Se entriamo nel dettaglio, tutte le scuole del neonato istituto comprensivo hanno accusato i colpi di una riforma che era “a favore delle scuole” solo nella propaganda del ministero.La Scuola media Rosselli è stata pesante-mente colpita dai tagli due anni fa, con la diminuzione delle ore di francese (da 3 a 2) e di quelle di lettere (da 11 a 10). Inoltre, già da tempo i genitori pagano per l’assi-stenza dei ragazzi in mensa, con un contri-buto mensile di circa 10 euro aggiunti alla retta per la refezione.La Scuola dell’infazia Rodari ha subito quest’anno una riduzione dei “bidelli” che ha ovviamente effetto sui bambini: non è più possibile offrire la frutta a metà mat-tina (allo spuntino dovranno pensare le famiglie); è molto più difficile assistere i bambini se si sporcano (alcuni “piccoli” imparano all’asilo a non fare più pipì nei pantaloni o nel letto), se stanno male o per altre necessità impreviste, alle quali non può far fronte la maestra da sola, impegna-ta con gli altri bambini.Le Scuole primarie Muratori e Fontana ini-ziano quest’anno a patire i colpi della rifor-ma: è stato infatti smantellato il tempo pie-no, che fino all’anno scorso caratterizzava le due scuole. Questo progetto didattico si basa su un tempo a scuola di 40 ore setti-manali di cui 4 di compresenza delle due insegnanti pertinenti alla classe.Attualmente le ore di compresenza sono

sempre meno e sono comunque destinate a scomparire. Non vengono rimpiazzati gli insegnanti che vanno in pensione e il numero degli insegnanti “di diritto” (cioè titolari di insegnamento nella scuola) di-minuisce nel tempo.Le conseguenze più evidenti sono l’impos-sibilità di dividere la classe in gruppi più piccoli per particolari attività (lingua stra-niera, approfondimenti, ecc...), la necessità di ricorrere al “volontariato” di alcuni inse-gnanti o dei genitori per le uscite didatti-che, l’impossibilità di seguire con la neces-saria cura i bambini con lievi difficoltà.Per effetto dell’eliminazione del tempo pie-no, dove i due insegnanti titolari svolgeva-no tutto il loro orario di lavoro sulla clas-se di riferimento, iniziano a comparire le “classi spezzatino”, con un elevato numero di insegnanti (fino a sette!).Per risparmiare, è stato cancellato il labora-torio di Italiano Lingua2, che da venti anni sosteneva l’ingresso nella scuola Fontana dei bambini che non parlano l’italiano, e insegnanti di sostegno alle classi con bam-bini con disabilità sono in genere assegnati

Effetto G e l m i n i

Q come organico “di fatto”. Sono quindi sup-plenti che non possono garantire la con-tinuità necessaria a stabilire un rapporto efficace (che è tale solo se duraturo) con un bimbo con difficoltà. Inoltre, spesso non hanno titolo specifico per il sostegno, che invece viene richiesto per gli insegnanti “di diritto”. Ovvio che così si risparmia, in quanto i supplenti non vengono pagati per il periodo estivo, ma è un risparmio sulla pelle dei più deboli: i bambini e i precari.Ultimo aspetto, ma non certo secondario, è che la contrazione dei fondi assegnati ha tagliato un quarto delle ore di pulizia nelle scuole, taglio che ovviamente si traduce in un sensibile abbassamento della qualità del servizio.

Questo è il trattamento che la coppia Gel-mini-Tremonti ha riservato alla scuola, millantando miglioramenti che erano solo nella loro fantasia. Alla luce di ciò, come può la ministra stupirsi del fatto che tutta la base dell’univeristà (studenti e ricercato-ri in prima fila) non è disposta a credere alle fandonie che dispensa su YouTube?

MENTRE IL GOVERNO IN AGONIA TENTA DI ATTACCARE PESANTEMENTE L’UNIVERSITÀ ITALIANA, VEDIAMO COSA HA PRODOTTO LA RIFORMA NELLA SCUOLA PUBBLICA, A COMINCIARE DA VANCHIGLIA

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Il comune di Torino ha annunciato il rinvio al 2011 del bando per

l’assegnazione di una casa popolare. Di nuovo le istituzioni di questa

città si mostrano incapaci di rispondere in modo adeguato

alla difficoltà delle famiglie che cercano una casa, rese ancora più

gravi dagli effetti di questa crisi economica. Il precedente bando

risale ormai a tre anni fa, quando a presentare domanda furono

in 10.000. Risultano appena 500 ogni anno gli alloggi assegnati, di

cui circa il 30% ai parteciparti al bando. Dati impietosi visto che si stima che nel bando, a questo

punto del prossimo anno, saranno in circa 15.000. Una situazione che

denuncia la carenza del patrimonio immobiliare pubblico, soprattutto

se si pensa che solo nella città di Torino ci sono 57.698 alloggi in più

rispetto al numero delle famiglie anagrafiche, e che nonostante questa disponibilità di alloggi il costo degli affitti continua a

crescere e il Comune continua a vendere i propri immobili invece di concederli a quelle famiglie in

attesa da anni, e con diritto, di una casa. I piani casa della Regione si

concentrano sull’edilizia agevolata e vanno quindi a favorire gli

interessi delle imprese costruttrici, invece di concentrare le risorse per

dare una risposta all’emergenza abitativa di questa città. In questa

situazione di crisi gli interventi messi in atto sono sporadici

contributi per il pagamento degli affitti, che contribuiscono solo a

sostenere la rendita dei proprietari ed il continuo aumento del costo

degli affitti. Dopo questo ennesimo attacco al diritto all’abitare e con

l’aggravarsi dell’emergenza abitativa nella nostra città, il progetto

Prendocasa rilancia la campagna in corso contro gli sfratti e a favore

di un potenziamento dell’offerta di alloggi in edilizia residenziale

popolare e di un ritorno all’equo canone.

I l mondo dell’istruzione e dell’uni-versità sono ormai sull’orlo del baratro: il decreto di legge Gelmi-ni, dopo diversi rinvii, ha avuto il via libera dalla Camera e passerà al vaglio del Senato. Pare che le

diffuse mobilitazioni, che hanno raggiunto l’apice il 30 novembre bloccando gran par-te dell’Italia, siano passate al meglio inos-servate o al peggio considerate dai nostri parlamentari e governanti nient’altro che espressioni estremiste di una parte facino-rosa di studenti lavativi. Quel che abbiamo avuto modo di vedere in questo periodo nella nostra città sembra invece un pano-rama decisamente diverso: dal corteo dello scorso 17 novembre vi è stato un crescendo di proteste, mobilitazioni e occupazioni. I ricercatori universitari (che si sono dichia-rati da tempo indisponibili alla distruzione dell’università pubblica) hanno presidiato il tetto di Palazzo Nuovo giorno e notte, ottenendo l’appoggio anche del Torino Film Festival che ha realizzato una proiezione di immagini del presidio sulla Mole, men-tre gli studenti universitari hanno occu-pato Palazzo Campana, Palazzo Nuovo, il Politecnico e Fisica organizzando quoti-dianamente cortei, blocchi metropolitani

capillari ma anche iniziative culturali e ricreative. Quello

a cui abbiamo assistito è stato piuttosto un crescen-do di consapevolezza del-la necessità di far valere

la propria voce davanti ad una riforma che rappresenta

la condanna a morte dell’univer-sità pubblica, del diritto allo studio. Piove sul bagnato per il diritto allo studio che rischia di subire un ulte-riore colpo di grazia da parte della Regione: il presidente Cota ha an-nunciato il taglio imminente delle

borse di studio e dei posti nelle re-sidenze dell’ Edisu. Già a partire dai primi mesi del 2011 si rischia la drastica riduzione del fondo

stanziato dalla Regione per il diritto allo studio universitario: si passerà dai 25 milioni di euro di quest’anno a 7 milioni di euro. Un taglio di questa portata si tradurrà ovviamente nella decimazione dei servizi, delle borse di studio e dei posti letto. Ma Cota ha ben pensato di tranquillizzare gli stu-denti beneficiari dell’ Edisu, insorti contro i tagli, precisando che i servizi dell’ente regionale per il diritto allo

studio universitario verranno garantiti, ma a beneficiar-

ne saranno solo gli stu-denti piemontesi. Una gran bella rassicura-zione per le migliaia

di studenti fuori sede provenienti da tutte le regioni del Paese e dall’estero, molto spesso studenti lavo-ratori che vivono nelle residenze univer-sitarie, si mantengono da soli e che gene-rano un indotto consistente a supporto del tessuto economico cittadino. Rischia-mo dunque di assistere ad un’enorme discriminazione per una delle università italiane con il più alto numero di iscritti fuori sede d’Italia (la maggior parte dei quali si sono spostati per non aver tro-vato un’offerta formativa decente nelle loro regioni di provenienza), che pagano regolarmente ogni anno una profumata tassa all’ Edisu: in questo caso che siano stranieri, piemontesi o siciliani eviden-temente non fa differenza.

Quello che ci sembra di vedere nelle mo-bilitazioni dei borsisti, degli studenti e dei docenti non sono orde di finti stu-denti, teppisti e lavativi o manipoli di ricercatori universitari estremisti e ra-dicali, sembra invece il risvegliarsi del-la coscienza critica e costruttiva, della consapevolezza della fondamentale im-portanza dell’istruzione pubblica per la formazione di liberi cittadini pensanti.

RIMANDATO IL BANDO

PER LE CASE POPOLARI

http://prendocasa-torino.noblogs.org

P R E N D O C A S A

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Durante la campagna elettorale, Roberto Cota, ora presidente della Regione Piemonte, aveva ben pensato di stringere un’alleanza con alcuni dei settori più conservatori della nostra città per racimolare i voti utili alla vittoria. Aveva sottoscritto il cosiddetto “Patto per la vita e per la famiglia”, in cui

si impegnava tra le altre cose (soldi pubblici a scuole private, tolleranza zero con i/le migranti, sostegni economici solo alle coppie eterosessuali sposate, ecc…) a finanziare e promuovere l’ingresso nei consultori e nei presidi ospedalieri di volontari di associazioni che hanno tra gli obiettivi statutari quello della “difesa della vita fin dal concepimento”. Le uniche associazioni ad avere tale dicitura nei loro statuti sono le associazioni cattoliche antiabortiste, tra cui il Movimento per la vita.

Detto… fatto! Si pensa sempre che i politici non

mantengano le loro promesse, e invece…

L’assessore alla sanità Caterina Ferrero

ha presentato

un protocollo che non solo dà la piena benedizione all’ingresso del Movimento per la vita e di altre associazioni anti-aborto nei consultori, ma di fatto limita fortemente la libertà di scelta delle donne in tema di maternità e sessualità. Ci spieghiamo meglio.I volontari di queste associazioni potranno intervenire sulle donne fin dalla prima accoglienza, anche da soli, senza la presenza di personale qualificato della struttura pubblica. Essendo volontari, seguono dei semplici corsi di formazione all’interno delle loro associazioni, ma non hanno nessuna qualifica e peggio ancora, non sono nemmeno tenuti al segreto professionale.Una donna che vuole abortire quindi dovrà recarsi in consultorio e, secondo questo nuovo protocollo, si potrà trovare davanti un volontario a cui dovrà raccontare non solo i motivi della sua scelta, ma anche spiegare come mai è rimasta incinta e che tipo di contraccezione è solita utilizzare. I volontari faranno di tutto per convincere la donna a non abortire, promettendo un sostegno economico, agendo sul senso di colpa, approfittando evidentemente di una situazione di difficoltà emotiva.Ricordiamo che sono stati i volontari del Movimento per la vita ad aggredire e urlare “Assassina” a Maria, una donna che si trovava al Sant’Anna per abortire e che ha avuto il coraggio di denunciare questa triste vicenda ai giornali locali.E ricordiamo che per statuto, il Movimento per la vita ha come obiettivo l’opposizione alla Legge 194, quella legge italiana che regola l’interruzione volontaria di gravidanza.Come possiamo pensare che dei volontari che si oppongono alla legge 194 possano fare rispettare quella stessa legge nei consultori o nei presidi ospedalieri in cui dovrebbero operare? Un pericoloso conflitto d’interesse che le donne rischiano di pagare direttamente sulla loro pelle.La presenza di questi zelanti volontari potrebbe diventare minacciosa non solo per chi vuole abortire, ma anche per tutte quelle donne (giovani e non) che si rivolgono al consultorio per la pillola del giorno dopo, per avere consigli sulla contraccezione, ecc…

Le donne devono essere libere di scegliere se abortire o se diventare mamme

Non è solo uno slogan o un auspicio: c’è una legge che regola l’interruzione volontaria di gravidanza e le donne hanno lottato duramente perché l’aborto fosse libero, gratuito e sicuro.L’aborto è sempre esistito, che ci piaccia o no. Ed esisterà sempre, con o senza una legge che lo permette e lo regolamenta.Un tempo di aborto si moriva e senza contraccezione

le donne non potevano disporre del loro corpo, della loro capacità riproduttiva e, in definitiva, della loro vita.Davvero vogliamo tornare indietro? Vogliamo permettere che ci tolgano dei diritti così faticosamente conquistati?Non lasciamo che qualcun altro decida per noi!

Per informazioni, contatti, segnalazioni:

[email protected]

Quando diventare mamme?(lo vorrebbe decidere Cota il fondamentalista...)L’INGRESSO DEI VOLONTARI DEL MOVIMENTO PER LA VITA NEI CONSULTORI FAMILIARI RAPPRESENTA UNA VIOLENZA ISTITUZIONALIZZATA SULLE DONNE E UN PERICOLOSO ATTACCO CONTRO LO STATO LAICO

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I consultori familiari sono stati istituiti nel 1975, con la Legge 405 del 29 Luglio “Istituzione dei Consultori Familiari”, a firma dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone.Il consultorio ha come scopo di intervenire a sostegno del singolo e/o della famiglia che vi faccia ricorso, è un servizio fornito dalle ASL e la sua organizzazione, gestione e copertura finanziaria competono alle Regioni. Il consultorio appartiene al Servizio Sanitario Nazionale.

ECCO, IN SINTESI, CHE COSA POSSIAMO “CHIEDERE” IN UN CONSULTORIO:

Visite mediche, ginecologiche e pediatriche j

Informazioni e consulenze per la maternità j

Assistenza durante la gravidanza e dopo il parto j

Prescrizione di contraccettivi orali (pillola) e applicazione di contraccettivi meccanici (spirale) j

Consulenza psicologica e sessuale j

Informazione per la prevenzione e per il controllo in caso di gravidanza a rischio j

Consulenza sull’interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.) j

Corsi di preparazione alla nascita j

Ogni tipo di informazione sui servizi e le strutture sociali, sanitarie e assistenziali a nostra disposizione j

Mediazione familiare e culturale j

Informazione sulle procedure per l’adozione e l’affidamento familiare j

Consulenza per la salute della donna in gravidanza sul posto di lavoro j

Prevenzione dei fenomeni di maltrattamento e abuso a danno dei minori e delle donne j

Il consultorio ha un ruolo fondamentale per quanto riguarda l’applicazione della Legge 194, che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza; infatti è al consultorio che la donna si rivolge se decide di abortire, ed è il consultorio che le rilascia, dopo gli accertamenti medici necessari e nel rispetto della sua dignità e riservatezza, il certificato indispensabile per l’interruzione.

Dopo l’approvazione della Legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita, il consultorio deve anche fornire informazioni e assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità, alle possibili soluzioni e ogni informazione anche su adozione e affidamento familiare.

Nel consultorio familiare operano diverse figure professionali dell’area sanitaria, sociale ed educativa; tutto il personale, di consulenza e di assistenza, deve essere in possesso di titoli specifici in medicina, psicologia, pedagogia ed assistenza sociale, nonché dell’abilitazione all’esercizio professionale, se prescritta.

In un consultorio si troveranno quindi un medico, specialista in ginecologia e ostetricia, uno psicologo/a, un infermiere/a, una puericultrice, un assistente sociale, un assistente sanitario, un educatore.

Secondo la legge dovrebbe esserci un consultorio ogni 20 mila abitanti, ufficialmente ce n’é uno ogni 28 mila, ma il rapporto reale è di un consultorio ogni 57 mila abitanti!

A Torino i consultori sono passati da 21 a 15 in pochi anni, i problemi più gravi riguardano in generale la carenza di personale, e quindi le lunghe liste di attesa, gli orari di apertura limitati, la presenza di barriere architettoniche e gli spazi non adeguati o non particolarmente accoglienti o non facilmente raggiungibili.

I CONSULTORI NELLA NOSTRA CITTÀ:

ASL. 1 DISTRETTO 1 CENTRO CROCETTA via s. Secondo 29 bis j

ASL. 1 DISTRETTO 2 SANTA RITA MIRAFIORI via Bellono 1 j

ASL. 1 DISTRETTO 3 SAN PAOLO CENISIA CIT TURIN POZZO STRADA BORGATA LESNA via Avigliana 33 j

ASL. 1 DISTRETTO 8 SAN SALVARIO CAVORETTO BORGO PO via Petitti 24 j

ASL. 1 DISTRETTO 9 NIZZA MILLEFONTI LINGOTTO FILADELFIA corso Corsica 55 j

ASL. 1 DISTRETTO 10 MIRAFIORI SUD via Candiolo 79 j

ASL. 2 DISTRETTO 4 PARELLA CAMPIDOGLIO SAN DONATO via Pacchiotti 4 j

ASL. 2 DISTRETTO 5 LUCENTO VALLETTE MADONNA DI CAMPAGNA BORGO VITTORIA via montale 12 j

e via Coppino 152ASL. 2 DISTRETTO 6 BARRIERA REGIO PARCO BARCA BERTOLLA REBAUDENGO FALCHERA VILLARETTO j

via Montanaro 60 e via Abeti 16ASL. 2 DISTRETTO 7 AURORA ROSSINI VALDOCCO VANCHIGLIA VANCHIGLIETTA MADONNA DEL PILONE j

lungo Dora Savona 24 e via Cavezzale 6

CONSULTORI, UNA BREVE SCHEDA:

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Erano in nove il primo giorno, nove ragazzi arrivati in Italia da diversi paesi, non sapevamo il loro nome, non conoscevamo i loro volti. Non sapevamo bene

le loro intenzioni, né il coinvolgimento che sarebbe derivato da tutto quello che, da quel “lontano” 30 ottobre ad oggi, è accaduto e continua ad accadere… Le due settimane abbondanti che i ragazzi hanno trascorso sulla gru si sono caratterizzate da un susseguirsi di immagini, emozioni, sensazioni ed eventi che hanno segnato una svolta significativa in questa particolare città. Brescia, per molti versi, sembrava essersi irrimediabilmente addormentata. L’insediamento in comune della giunta di centro destra, capitanata da un vicesindaco leghista accanito difensore dei principi padani, era stato di difficile digestione per noi “sinistroidi”, ma purtroppo a poco erano valse le più o meno timide manifestazioni che hanno seguito gli eventi più biechi del comune.Il nostro centro città ha subìto lo sradicamento delle panchine, perché ci si sedevano gli stranieri; nei nostri bellissimi e curati parchi è stato vietato mangiare o bere o sedersi a terra su una coperta, perché gli extracomunitari sono soliti bivaccare in compagnia; nei parchi i bambini non possono giocare con la palla, perché può essere pericoloso, visto che alcuni bambini non italiani giocano un gioco strano; fuori da un locale non si può bere una birra perché vieni multato, gli stranieri si sa, quando bevono diventano aggressivi…Abbiamo portato le sedie in centro e per qualche giorno ci siamo seduti, siamo andati nei parchi per qualche domenica portando il cibo, le bevande e la palla, e poi…E poi la vita va avanti e le stagioni si susseguono impedendo di restare seduti in centro e sdraiati nei parchi. Solo le ordinanze resistono a tutte le stagioni.La maggior parte di noi è rientrata a casa, a seguire le faccende quotidiane: il lavoro, i figli, gli impegni.Per altri, invece, al di là dei parchi o delle panchine, ritornare al quotidiano è precluso: no permesso di soggiorno? No lavoro!

No lavoro? No permesso di soggiorno!No lavoro e no permesso di soggiorno significano di conseguenza niente casa, niente diritti, niente identità. Non sei una persona.Alla fine di settembre le Associazioni dei Migranti e l’associazione bresciana diritti per tutti allestiscono un presidio permanente proprio di fronte alla sede della prefettura per chiedere chiarezza rispetto alle richieste di permesso di soggiorno presentate da molti “clandestini” in seguito alla “sanatoria colf e badanti del 2009. Trascorre un mese ed il presidio resta invisibile sia ai cittadini che alle istituzioni. Il 30 ottobre viene organizzata una manifestazione durante la quale il comune provvede a sgomberare in fretta il presidio rimasto deserto e i migranti salgono sulla gru del cantiere per la metropolitana, in centro città.Sembra l’unico modo per diventare visibili. La visibilità è reale e si allarga come una macchia d’olio.Per tutta la seguente settimana alcune persone stazionano sotto la gru e contrattano con le forze dell’ordine presenti la fornitura di cibo, acqua, ricariche per il

cellulare, abiti asciutti per i ragazzi sulla gru; l’oratorio della vicina parrocchia offre riparo per le persone che si alternano nei turni notturni. I ragazzi non devono e non possono restare soli. Si susseguono slogan, canti, incontri. Il traffico scorre tranquillo accanto al presidio…Noi andiamo tutte le sere al presidio spontaneo sotto la

gru, conosciamo persone e rimaniamo contagiati dall’energia che si respira. Il desiderio di giustizia e di dignità, la forza di lottare, il coraggio di affrontare le notti fredde e piovose a 35 metri d’altezza accendono in noi la voglia di essere lì a gridare “siamo tutti sulla gru! Sanatoria, sanatoria!”.I migranti diventano visibili e le istituzioni molto invisibili. Fino all’8 novembre,

quando di primissimo mattino arrivano le forze dell’ordine e sgomberano il presidio, l’oratorio, fermano molte persone e le portano in questura.

È un momento di fortissima tensione, capitanato dal vicequestore che sembra addestrato in un centro per cani da combattimento. Ordina cariche ogni tre

minuti, ringhia a chiunque guardi la gru di andare via. Siamo in pochi e sono le 9 circa, la fila di poliziotti in assetto antisommossa ci spinge lontano dalla gru fino alle cariche finali che, tra le 10 e le 11 ci costringono ad arrivare davanti alla chiesa. La gru è più lontana ma li vediamo ancora lassù: Aroun, Rachid, Jimmy, Papa, Sajad e Singh gridano che non vogliono le reti di protezione che i vigili del fuoco tentano di montare “per la loro sicurezza”. Ora hanno un nome ed un volto e una storia, sono persone di cui parlano i giornali e qualche trasmissione televisiva.Durante la giornata la voce si sparge e le persone arrivano e si moltiplicano davanti al cordone di polizia. Il centro viene tagliato in due per tutta la settimana successiva. La via resta chiusa al traffico, anche a quello pedonale. Per ripristinare l’ordine…Il presidio è permanente e non lascia mai soli i ragazzi della gru. Radio Onda D’Urto trasmette in diretta ininterrottamente. Durante la notte è possibile telefonare e portare i propri messaggi ai ragazzi che ascoltano da lassù.Sembra che Brescia si sia svegliata dal suo torpore: centinaia di persone ogni giorno sono presenti al presidio. Sono presenti famiglie con bambini, giovani, adulti, anziani, lavoratori, migranti. Nessuna bandiera, solo il proprio cuore sulla gru. Arriva Anno Zero con la diretta, i giornalisti sono sempre presenti: la visibilità è nazionale e internazionale con un presidio davanti all’ambasciata italiana a Parigi.La visibilità ha anche un prezzo e alle

Il cuore sulla gru

No lavoro e no permesso di soggiorno significano di conseguenza niente casa, niente diritti, niente identità. Non sei una persona

Sembra che Brescia si sia

svegliata dal suo torpore

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istituzioni fa paura: dieci cittadini egiziani vengono espulsi in tutta fretta.La sera in cui i ragazzi scendono piove a dirotto, sono rimasti in quattro, le lacrime si mescolano alla pioggia come la gioia al dolore e alla paura che tutto finisca.Ma se prima il cuore era sulla gru ora è la gru ad essere nel cuore: ci troviamo ogni sera al presidio non autorizzato e molte sono le iniziative in corso: abbiamo dormito a sufficienza. Grazie ai ragazzi della gru abbiamo ritrovato un luogo dove esprimere quello che abbiamo dentro e la consapevolezza che il proprio dissenso, per essere sentito, può e deve essere portato fuori dalle mura di casa.

Per qualcuno, che ci fotografa ogni sera al presidio, probabilmente siamo dei sovversivi: Rosangela, 49 anni, educatrice per le tossicodipendenze in carcere; Mario, 40 anni, educatore nelle alcoldipendenze; Letizia, 19 anni, studia arabo all’università e sotto la gru ha conosciuto un sacco di amici con i quali parlarlo; e Camilla, 5 anni, tutte le sere ci chiede: «Andiamo al presidio?»

Grazie ai ragazzi della gru abbiamo ritrovato un luogo

dove esprimere quello che abbiamo dentro e la consapevolezza

che il proprio dissenso,

per essere sentito,

può e deve essere

portato fuori dalle

mura di casa

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Il consumo critico è alla base di un modello di sviluppo alternativo a quello che ci viene suggerito quotidianamen-te dai “grandi” media e dai nostri politici e ci permette di tessere reti che servono da “paracadute” per sfuggire alle crisi sempre più frequenti in cui siamo precipitati da que-sto sistema di neo-liberismo selvaggio.

Se non ci facciamo spaventare da termini che non ci sono familia-ri, ci accorgiamo che esistono modi naturali per avvicinarci senza traumi al consumo critico.“Si è rotto, ma si può aggiustare”. “A me non serve, ma può usarlo qualcun altro”. “Non è nuovo, ma fa proprio al caso mio!”Si può così iniziare a scoprire che non sempre è necessario compe-rare oggetti nuovi e buttare nella spazzatura cose che potrebbero ancora essere utili.Anche per il cibo, si può iniziare a riflettere. Per esempio, si va al supermercato a comperare i limoni e si legge il cartellino della pro-venienza: “Argentina”. Al mercato sotto casa, qualche giorno dopo, si nota che anche lì i limoni arrivano dallo stesso posto. Ci si può domandare perché mai, in Italia, paese del sole, ad un certo punto sembra che ci siano solo limoni che hanno superato gli oceani per venire a farsi spremere da noi.Se la cosa ci suona strana, abbiamo in noi i semi per diventare consumatori critici, ovvero consumatori che, prima di comprare, si pongono domande. Ad esempio potremmo chiederci da chi e in che modo è stato prodotto quello che stiamo comperando, se è stato prodotto rispettando i diritti dei lavoratori e con sostanze e tecnologie che non danneggiano (troppo) l’ambiente. Potremmo

chiederci se non ci sia, invece, un produttore in zona ben lieto di venderci i suoi prodotti senza la necessità di sprecare energie per trasportare le stesse cose in capo al mondo.Scopriremmo poi che non siamo affatto gli unici che si interrogano prima di comprare qualcosa, ma che c’è un numero sempre crescente di perso-ne consapevoli del fatto che gli acquisti sono uno strumento potente per “disincentivare” modelli economici e produttivi non rispettosi delle per-sone e dell’ambiente. In gruppo, poi, tutto diventa più facile: ognuno si occupa di un pezzo e lo porta a tutti gli altri. In questo modo, anche con poco tempo a disposizione, non solo si riescono ad ot-tenere molte informazioni, ma si ottengono prezzi vantaggiosi per l’acquisto di prodotti che sono fatti secondo la nostra idea di produzione e distribu-zione. Ecco formato un gruppo di acquisto. Tutti i gruppi di acquisto (GAS - gruppi di acqui-sto solidale, GAC gruppi di acquisto collettivo, GAP gruppi di acquisto popolare) hanno in co-mune il fatto di essere formati da persone che cer-cano insieme le risposte alle domande che si sono poste in merito ai loro consumi, scoprendo che in questo modo si può aumentare la qualità senza che questo incida più di tanto sul portafoglio e trovan-do forme di socialità che rendono superflui alcuni acquisti (tutti i costosissimi accessori per neona-ti possono tranquillamente essere riutilizzati da molti bimbi…).In Vanchiglia è da tempo attivo il GAP del Comi-tatoQuartiereVanchiglia. È costituito da un grup-po spontaneo di persone che mirano ad ottenere

prodotti di qualità a prezzi accessibili attraverso il contatto diretto con i produttori, oltre che a costruire insieme un percorso di con-sumo consapevole.

[email protected]

Dalla crisi si esce in gruppo

Nel campo degli alimenti, una strada “di gruppo” verso un’altra economia è la cosiddetta “Agricoltura sostenuta dalla comunità” (CSA, dall’acronimo inglese). Ne esistono diverse forme, ma tutte prevedono un patto diretto tra produttore agricolo e un gruppo piuttosto ampio di persone (comunità). Il produttore si impegna a produrre secondo i criteri che vengono ritenuti indispensabili dalla comunità che lo sostiene, mentre questa ultima si impegna ad acquistare anticipatamente i prodotti del contadino, che riduce così drasticamente il rischio d’impresa (mancato guadagno per perdita di parte del raccolto per svariate cause), può lavorare con una maggior sicurezza economica e praticare prezzi più bassi alla comunità che lo sostiene. L’agricoltore offre quindi alla comunità sia garanzie sulla qualità dei prodotti, sia la possibilità di abbattere i costi per l’alimentazione. Se poi la stagione è buona i prodotti agricoli saranno in abbondanza per cui... “pancia mia fatti capanna”.

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Ogni minuto, nel silenzio e nella legalità formale delle leggi del mercato, la logica dominante del “massimo profitto possibile” soffoca

sempre di più le idee e le iniziative autogestite e collettive, che cerchino di rispettare l’uomo e l’ambiente e che si propongano come embrioni di risposta alla richiesta diffusa di una migliore qualità della vita per tutte le persone. Consapevolmente o meno, si possono compiere una serie di azioni quotidiane che finiscono per neutralizzare l’impegno che, in altri ambiti, produce cambiamento sociale. Depositare i propri risparmi presso gli istituti di credito potrebbe essere uno di questi gesti. Sarebbe auspicabile riappropriarsi della gestione dei propri risparmi, nonché della conoscenza del loro impiego, evitando che possano venire utilizzati per sostenere e aggravare l’ingiustizia sociale. Pensiamo all’indebitamento dei paesi del Sud del mondo, alla devastazione delle foreste e delle culture indigene, alla costruzione di industrie altamente inquinanti o di inutili e dannosi progetti quali le centrali nucleari, al sostegno a governi che non rispettino i più elementari diritti umani, alla produzione e alla vendita di armi, al finanziamento di progetti speculativi, alla proliferazione di un’economia virtuale e fittizia che non produce o scambia più beni o servizi, alle ristrutturazioni di aziende che licenzino lavoratori o non ne rispettino la dignità.Molte realtà locali, che lavorano invece quotidianamente per impedire queste ingiustizie, hanno avviato da anni attività produttive autogestite nel tentativo di liberarsi dai vincoli del lavoro dipendente tradizionale. Avendo necessità di un capitale iniziale per sostenersi, questi progetti si scontrano con le condizioni imposte dagli istituti di credito che, per loro stessa natura, raramente finanziano piccole imprese che non garantiscano utili immediati e che non possano accettare tempi e modalità di rientro unicamente speculativi.

NASCONO LE MAG

Per rispondere alle problematiche e ai desideri sopra accennati, nasce a Verona nel 1978 la prima MAG (Mutua Auto Gestione) sulla base della legge del 1886 relativa alle Società di Mutuo Soccorso. Le Mag si propongono di appoggiare concretamente le iniziative economiche autogestite: lo spirito mutualistico che era alla base delle vecchie società di mutuo soccorso, le prime forme di aggregazione popolare dalle quali è nato l’associazionismo operaio, sindacale e politico, ritrova oggi vigore intorno a quelle iniziative economiche autogestite che pongono al centro la qualità della vita dell’uomo e dell’ambiente e non il profitto fine a se stesso. Il fine è quindi quello di raccogliere il denaro delle persone socie per investirlo in attività mirate e coerenti con i principi della cooperativa. In questo momento, in Italia, le esperienze MAG sono attive a Verona, Milano, Torino, Reggio Emilia, Venezia.

OBIETTIVO DI FONDO

L’obiettivo di fondo è teso alla creazione di una rete di persone, gruppi, imprese, che intendano relazionarsi in modo equo e solidale, condividendo ciò che sono e ciò che hanno (denaro, tempo, competenze, informazioni,

OBIEZIONE MONETARIA E FINANZA CRITICA

prodotti, servizi), unendosi sui valori comuni, ma valorizzando al massimo le proprie diversità, lavorando insieme per il benessere della collettività promuovendo:

1. una imprenditorialità finalizzata non solo allo sviluppo dell’impresa, oggi criterio dominante, ma anche alla crescita umana di coloro che vi lavorano e dei fruitori dei prodotti che l’impresa produce; 2. l’accesso al lavoro, alla vita sociale, alla fruizione di strumenti o servizi da parte di coloro che oggi il mercato esclude; 3. la riduzione degli impatti ambientali, la tutela del territorio e la “rinnovabilità” delle risorse; 4. l’autogestione intesa come promozione di una più profonda coscienza collettiva che faccia sperimentare un modo partecipativo di organizzarsi nel lavoro e nella vita di gruppo; 5. la solidarietà tra i popoli e tra gli uomini e le donne per la costruzione di rapporti basati sulla nonviolenza, intesa come stile di vita e come metodo di organizzazione della vita sociale, economica e politica.”

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La curaDiventare adulti significa in fondo essere capaci di prendersi cura.Essere capaci del giusto rimedio, la sensata parola, l’adeguato tocco, l’oculata condotta. Ecco quindi che gli studenti universitari in lotta hanno dimostrato di saper essere adulti.Molto meno adulti sono forse stati i loro genitori, che a quanto pare sono in tutt’altre faccende affaccendati, come al solito del resto, e poco si sono visti partecipare alle discussioni sul futuro del sistema educativo del paese.“Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è mai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”, diceva Don Milani, perchè i ragazzi sono esseri speciali, e dovremmo tutti prendercene cura.Una società piatta, insicura, pericolosamente segnata dal vuoto, che ha bisogno di “tornare a desiderare” per riattivare le dinamiche sociali. È quanto evidenzia il Censis nel “44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese/2010”, presentato nella sede del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) a Roma. Forse manca proprio il desiderio di prendersi cura, e non saranno un rimpasto di governo o alcune felici apparizioni televisive a farci sentire meno soli.

Come ogni anno, non so proprio cosa regalare ai miei nipotini per il Natale.

Mi pare che abbiano già tutto e mi spiacerebbe comperare loro qualcosa che

poi non apprezzano. Mi dai un’idea?Nonna Maria

Forse il Natale degli acquisti non è il più corretto ed indicato. In effetti Natale vuol dire “nascita” e, quindi,

si festeggia quando spunta un nuovo giorno, quando viene al mondo un

bambino, quando una lotta dura scaccia situazioni cattive per far apparire

energie e speranze rinnovate. Festeggiare Natale vuol dire cambiare, rendersi

conto che si è vivi, decidere di gioire per il fatto che si ha una discendenza.

Gioirei della giornata, dopo averla preparata creando un clima di attiva

partecipazione, andando alla scoperta di tutti i “natalini” che ci circondano:

gli alberi, i piccioni, le nuvole, la neve, il calore in casa, gli abbracci, i sorrisi.

Ovviamente ciò significa uscire di casa, tutti insieme, ben coperti, con la

promessa di un buon pranzo al ritorno, con un dolce di mele, e giochi dopo,

senza televisione, in pantofole, con una musica di organetti e cornamuse

quale sottofondo. Il Natale deve essere l’occasione per ripulirsi, facendo un passo indietro verso la semplicità delle creature

che nascono nude. È anche l’occasione per far incontrare le varie generazioni

familiari, per ascoltare, da parte dei più giovani, le storie dei vecchi sui loro

natali: un ceppo che arde, insomma, e invia scintille. Anche il pranzo può essere occasione di educazione alimentare: cibo

naturale, poco manipolato, in sintonìa con l’inverno e frutti che inducano al

fantasticare: castagne, noci, cachi, arance e mandarini. Male non sarebbe, per

credenti o non, rivolgere un pensiero a chi è solo, ha fame e non può sorridere.

Allenate i bambini (e gli adulti) alla tenerezza ed alla commozione: meglio dell’aspirina, lo giuro! E buone feste...

n.b: doni simbolici, niente che sappia di denaro: una pigna, una candelina,

una scatola per i desideri decorata con collage...

Gianni Milano

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Stefano Giaccone – Questi anni1. (Kina) marmolada 31 08 08 Perchè in fondo anche questo secolo ci è contrario e questi anni stan correndo via.

Babaman – 2. Principessa Perchè in fondo chi si trova ad essere giovane oggi ha tutto il diritto di sentirsi innamorato.

Inoki – 3. Non mi avrete mai Perchè in fondo chi si trova ad essere giovane oggi ha tutto il dirirtto di sentirsi braccato.

Franco Battiato – 4. La cura Perchè per prendersi cura di qualcuno o qualcosa è necessario sapere cosa fare.

Erik Satie – Gymnopedie 15. Perchè è pur vero che si deve lottare fino in fondo, ma senza mai perdere la grazia.

Alice Coltraine – Jorney in 6. Satchidananda Perchè esistono molti percorsi per raggiungere la conoscenza, ma alcuni sono più brevi.

Pitura Freska – Na bruta banda7. Perchè anche un ATA (un bidello ) è capace di cantare e divertire se messo nelle giuste condizioni.

Fabrizio De Andrè – Canzone del maggio8. Perchè in fondo tanti sono rimasti a casa.

Luca Zingaretti – canta Vieni via con 9. me di Paolo Conte Perchè non mi perdo per niente al mondo lo spettacolo d’arte varia di un innamorato. 10. Modena City Ramblers – Bella Ciao Perchè nella memoria l’esempio, nella lotta la pratica

Tutti i suggerimenti sono ascoltabili su YouTube.Pratica il copyleft, difendi i tuoi diritti, calpesta i loro quattrini.

In questi giorni in cui si susseguono nuove lotte e numerose manifestazioni, per la

sua estrema attaualità e per la notevole importanza della sua testimonianza, mi

sento di segnalare questo libro:

MAURO ROSTAGNO PROVE TECNICHE

PER UN MONDO MIGLIORE

di N. Blunda, M. Rizzo, G. Lo BocchiaroBecco Giallo Editore

Sociologo e giornalista, Mauro Rostagno nasce a Torino nel 1942. Giovane studente presso l’Università di Trento, tra le menti più vivaci del movimento studentesco e

del Sessantotto italiano, è stato uno dei fondatori di Lotta Continua. Ha inaugurato a Milano Macondo, uno dei primi centri sociali autogestiti d’Italia, punto di

riferimento della sinistra alternativa dell’epoca. Ha fondato a Trapani Saman, comunità terapeutica laica per alcolisti e tossicodipendenti. Muore il 26 settembre

1988, a soli 46 anni, vittima di un agguato mafioso, per aver denunciato dai teleschermi dell’emittente privata locale RTC speculazioni,

sprechi e collusioni tra mafia e politica locale.

Il libro è il racconto, splendidamente disegnato, della sua vita, dei suoi pensieri e delle persone che l’hanno accompagnato nella sua militanza fino alla tragica morte.

“La storia di Mauro costringe più di altre a guardare oltre gli steccati e i luoghi

comuni. Disegna un percorso d’evoluzione fecondo che dalle proteste antisistema degli anni settanta conduce alla lotta contro la mafia

e per il risanamento delle istituzioni.” (dall’intervento di Benedetta Tobagi)

SONORIZZAZIONI SOCIALI

Crema di radicchio variegato con formaggio e noci

per 4 persone: 200 g di radicchio variegato; 200 g di mascarpone; 10 noci; 1 cucchiaino di grappa; olio di oliva q.b.; sale e pepe.

Si lava e si tagliuzza il radicchio. Lo si fa cuocere in padella con poco olio, si scola l’eventuale acqua in eccesso, si sala e si passa nel passaverdura. Si aggiungono al radicchio le noci finemente tritate, la grappa, il mascarpone, il pepe a piacere e si mescola per ottenere una crema omogenea. Si aggiusta eventualmente di sale e si seve la mousse adagiata su foglie di radicchio.

La ricetta popolare

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appuntamenti

Tutti gli appuntamenti aggiornati su www.comitatoquartierevanchiglia.net