Dizona febbraio2015 stampa

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47 un quartiere in movimento... un movimento di quartiere il periodico informativo di Vanchiglia www.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected] febbraio 2015 È tornato il Di Zona. La voce di un quartie- re in movimento. E che movimento: in un anno e mezzo è successo di tutto in zona Vanchiglia… Circa due anni fa, il ComitatoQuartiere- Vanchiglia aveva promosso un’assemblea pubblica sul tema della gentrification, ovvero quel fenomeno, molto comune in Italia ed Europa, che trasforma i quartieri popolari delle zone cittadine centrali in spazi ad uso esclusivo della gentry, ovvero quelli che han- no abbastanza soldi per pagare affitti alti e spese altissime. In quella riflessione non pen- savamo ad una trasformazione di Vanchiglia nello stile della ribelle Kreuzberg berlinese o del quartiere degli artisti di Parigi. Temeva- mo invece che diventasse come i Navigli mi- lanesi o San Lorenzo a Roma. Che subisse un processo di “movidafication” sulla scia della ben nota San Salvario torinese. Vanchilglia, stretta tra due rilevanti sedi universitarie, è diventata in pochissimo tempo un quartiere di studenti, e per il target giovanile il territo- rio si sta trasformando secondo il modello del paese dei balocchi del turboconsumo. Invece che offrire loro stimoli cultu- rali e sociali (biblioteche, spazi creativi, luoghi di aggregazione pubblici…), si costruisce un circo “24- 7”, fatto di cibo, alcol, sale giochi e altri baloc- chi. Non sia mai che si aggreghino per pensare, parlare, costruire o (dio ce ne scampi e liberi!) #viaBALBOsiAMA protestare… L’effetto di questo processo è inevitabile ed è sotto gli occhi di tutti: gli af- fitti in Vanchiglia sono aumentati (e non di- minuiti per effetto della famosa crisi); sempre più cittadini e famiglie residenti, così come giovani e studenti meno danarosi, sono stati costretti ad abbandonare la zona; le botteghe vanchigliesi hanno chiuso sostituite da pub, ristoranti, take away e sale slot. E la spremi- tura dei cittadini–agrumi continua con piani urbanistici spericolati, volti a monetizzare ogni angolo, strada e fazzoletto di quartiere. Le scuole cadono a pezzi, gli ospedali si pri- vatizzano, le ludoteche chiudono per man- canza di fondi, ma fioriscono (qui invece i fondi ci sono eccome!) progetti di parcheggi e speculazioni edilizie che il comune ha avuto il coraggio di chiamare “spina della cultura”. In questo pranzo di gala non sono coinvol- ti solo gli “illuminati” politicanti torinesi, assieme ai grandi proprietari speculatori. A completare il quadretto degli arraffoni ci si è messa anche la malavita, che ha piazzato i suoi spacciatori nell’ultima area di incontro e socialità libera in Vanchiglia: le cancellate di via Balbo. Sia subito ben chiaro che non ci interessa prendercela con il pasticcere di via Santa Giulia che ha chiuso la sua deliziosa bottega per aprire un pub irlandese o con il proprietario di un appartamento che preferi- sce guadagnare più soldi affittando a studenti e invece che a una famiglia, così non abbiamo alcuna avversità verso i ragazzini venditori di sostanze, utilizzati dai mafiosi per arricchirsi. E tantomeno intendiamo giudicare chi ne ac- quista i prodotti, al pari di chi si ubriaca in un pub di zona (anche se alle volte, alle 3 di notte, avremmo il desiderio recondito di possedere un raggio disintegratore). Siamo contro le speculazioni e lo sfruttamento del nostro ter- ritorio e non fa alcuna differenza se dobbiamo schierarci contro la prepotenza di chi specula con l’avvallo di leggi inique o contro la prepo- tenza dei poteri mafiosi. Via Balbo è, e deve rimanere, pubblica e fruibile da tutte e tutti; un luogo di incontro, di gioco, di assemblea, di iniziativa. E perché questo accada non ab- biamo alcuna intenzione di delegare la difesa di questi spazi a quelle stesse istituzioni che hanno costruito le condizioni perché l’uso di quest’area (come altre) venga sottratto alle persone del quartiere; non abbiamo intenzio- ne di ridurre questa situazione ad un proble- ma di sicurezza e ordine pubblico e non sono né politicanti né polizia che invochiamo per il nostro quartiere! Il processo può arrestarsi o cambiare segno solo se le cittadine e i citta- dini del territorio saranno capaci di opporvisi costruendo alternative, liberando il territorio dalle logiche speculative di ogni genere. Solo slogan o belle parole? Per niente! Già da qual- che settimana, ogni weekend, l’area pedonale di via Balbo è teatro di iniziative, spettacoli, incontri e assemblee organizzate dal Comi- tatoQuartiereVanchiglia e dal Centro Sociale Askatasuna. Speriamo che molti si uniscano a queste iniziative, ma anche che altri si fac- ciano promotori di iniziative analoghe, per rendere l’utilizzo delle cancellate ancora più inclusivo, interessante e divertente. Promuo- veremo una raccolta firme, sulla base dei provvedimenti varati in Spagna e Portogallo, per mettere un tetto massimo alle licenze per locali notturni e per vincolare le istituzioni a garantire uno spazio pubblico libero ogni 5 licenze commerciali concesse per lo svago a pagamento. Vanchiglia non è una torta da spartire. Appartiene a chi la abita e la vive. appuntamenti

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un quartiere in movimento... un movimento di quartiere

il periodico informativo di Vanchigliawww.comitatoquartierevanchiglia.net [email protected]

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È tornato il Di Zona. La voce di un quartie-re in movimento. E che movimento: in un anno e mezzo è successo di tutto in zona Vanchiglia…Circa due anni fa, il ComitatoQuartiere-Vanchiglia aveva promosso un’assemblea pubblica sul tema della gentrification, ovvero quel fenomeno, molto comune in Italia ed Europa, che trasforma i quartieri popolari delle zone cittadine centrali in spazi ad uso esclusivo della gentry, ovvero quelli che han-no abbastanza soldi per pagare affitti alti e spese altissime. In quella riflessione non pen-savamo ad una trasformazione di Vanchiglia nello stile della ribelle Kreuzberg berlinese o del quartiere degli artisti di Parigi. Temeva-mo invece che diventasse come i Navigli mi-lanesi o San Lorenzo a Roma. Che subisse un processo di “movidafication” sulla scia della ben nota San Salvario torinese. Vanchilglia, stretta tra due rilevanti sedi universitarie, è diventata in pochissimo tempo un quartiere di studenti, e per il target giovanile il territo-rio si sta trasformando secondo il modello

del paese dei balocchi del turboconsumo. Invece che offrire loro stimoli cultu-rali e sociali (biblioteche, spazi creativi, luoghi di aggregazione pubblici…), si costruisce un circo “24-7”, fatto di cibo, alcol, sale giochi e altri baloc-chi. Non sia mai che si aggreghino per pensare, parlare, costruire o (dio ce ne scampi e liberi!)

#viaBALBOsiAMAprotestare… L’effetto di questo processo è inevitabile ed è sotto gli occhi di tutti: gli af-fitti in Vanchiglia sono aumentati (e non di-minuiti per effetto della famosa crisi); sempre più cittadini e famiglie residenti, così come giovani e studenti meno danarosi, sono stati costretti ad abbandonare la zona; le botteghe vanchigliesi hanno chiuso sostituite da pub, ristoranti, take away e sale slot. E la spremi-tura dei cittadini–agrumi continua con piani urbanistici spericolati, volti a monetizzare ogni angolo, strada e fazzoletto di quartiere. Le scuole cadono a pezzi, gli ospedali si pri-vatizzano, le ludoteche chiudono per man-canza di fondi, ma fioriscono (qui invece i fondi ci sono eccome!) progetti di parcheggi e speculazioni edilizie che il comune ha avuto il coraggio di chiamare “spina della cultura”. In questo pranzo di gala non sono coinvol-ti solo gli “illuminati” politicanti torinesi, assieme ai grandi proprietari speculatori. A completare il quadretto degli arraffoni ci si è messa anche la malavita, che ha piazzato i suoi spacciatori nell’ultima area di incontro e socialità libera in Vanchiglia: le cancellate di via Balbo. Sia subito ben chiaro che non ci interessa prendercela con il pasticcere di via Santa Giulia che ha chiuso la sua deliziosa bottega per aprire un pub irlandese o con il proprietario di un appartamento che preferi-sce guadagnare più soldi affittando a studenti e invece che a una famiglia, così non abbiamo alcuna avversità verso i ragazzini venditori di sostanze, utilizzati dai mafiosi per arricchirsi. E tantomeno intendiamo giudicare chi ne ac-quista i prodotti, al pari di chi si ubriaca in un pub di zona (anche se alle volte, alle 3 di notte, avremmo il desiderio recondito di possedere un raggio disintegratore). Siamo contro le speculazioni e lo sfruttamento del nostro ter-

ritorio e non fa alcuna differenza se dobbiamo schierarci contro la prepotenza di chi specula con l’avvallo di leggi inique o contro la prepo-tenza dei poteri mafiosi. Via Balbo è, e deve rimanere, pubblica e fruibile da tutte e tutti; un luogo di incontro, di gioco, di assemblea, di iniziativa. E perché questo accada non ab-biamo alcuna intenzione di delegare la difesa di questi spazi a quelle stesse istituzioni che hanno costruito le condizioni perché l’uso di quest’area (come altre) venga sottratto alle persone del quartiere; non abbiamo intenzio-ne di ridurre questa situazione ad un proble-ma di sicurezza e ordine pubblico e non sono né politicanti né polizia che invochiamo per il nostro quartiere! Il processo può arrestarsi o cambiare segno solo se le cittadine e i citta-dini del territorio saranno capaci di opporvisi costruendo alternative, liberando il territorio dalle logiche speculative di ogni genere. Solo slogan o belle parole? Per niente! Già da qual-che settimana, ogni weekend, l’area pedonale di via Balbo è teatro di iniziative, spettacoli, incontri e assemblee organizzate dal Comi-tatoQuartiereVanchiglia e dal Centro Sociale Askatasuna. Speriamo che molti si uniscano a queste iniziative, ma anche che altri si fac-ciano promotori di iniziative analoghe, per rendere l’utilizzo delle cancellate ancora più inclusivo, interessante e divertente. Promuo-veremo una raccolta firme, sulla base dei provvedimenti varati in Spagna e Portogallo, per mettere un tetto massimo alle licenze per locali notturni e per vincolare le istituzioni a garantire uno spazio pubblico libero ogni 5 licenze commerciali concesse per lo svago a pagamento. Vanchiglia non è una torta da spartire. Appartiene a chi la abita e la vive.

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[…] Chi ha comandato Torino si è comportato come un ner-boruto pater familias romano, il cui potere, come si sa, era as-soluto. Se trasportassimo tale energumeno nella Torino odier-na egli a fronte di un reddito di 1000 euro avrebbe contratto debiti per 500.000, in quanto voleva farsi la villa con piscina, la jacuzzi, e poi voleva sbronzarsi, il tutto a ufo, fiducioso che lui non avrebbe pagato il conto, ma i suoi nipoti. Ah ma che bello il sogno, l’ubriacatura, il miracolo. Ah, che bello anche “il cantun dei barbutun”. Avevano ragione, quei barbottoni che da buoni illuministi non credevano ai miracoli. Sarebbe di buon gusto porre delle scuse a quei poteri deboli che in questi anni hanno opposto e proposto, ma sono stati derisi. Qualcuno ricorda ancora le battute del nostro ex sin-daco? Divertentissime: fate una manifestazione in una cabina telefonica! Ha ha, che ridere! Oppure: potete trovarvi tutti in un taxi. E tutti a scompisciarsi, a tenersi la pancia. C’erano quelli che non volevano le olimpiadi perché avrebbe-ro creato una voragine nei conti del Comune e gli impianti sa-rebbero stati abbandonati. E tutti a ridere: retrogradi, selvaggi, anarchici, comunisti. Avevano ragione loro. Poi c’erano quelli che erano per le riqualificazioni urbane ma che non fossero solo colate di cemento e centri commerciali. Anche quelli con-tro il progresso, nimby, egoisti, contro lo sviluppo. Avevano ragione loro. E poi ancora le maestre dei nidi, le associazioni

È abituale che madri e padri dicano alle loro figlie adole-scenti che non possono uscire di notte da sole, che cor-rono rischi, che devono farsi accompagnare; le educano a essere dipendenti. La dipendenza che le donne assimi-lano con questi discorsi le conduce alla paura, al timore. Fin da piccole ci insegnano ad avere paura, ci ripetono il messaggio che non possiamo fare niente da sole: se vivia-mo da sole, dobbiamo avere paura, se usciamo da sole, dobbiamo avere paura, se viaggiamo da sole, dobbiamo avere paura. Ci fanno credere che, da sole, in giro per il mondo siamo in pericolo. La paura ci mantiene sotto con-trollo, passive, senza iniziativa, senza presenza negli spazi pubblici e sempre alla vista o all'ombra di un uomo che ci "protegga". Il messaggio arriva forte e chiaro: meglio che le donne stiano in casa.I rischi ci sono. Tutte le donne, prima o poi, sono state ber-saglio in strada di qualche commento o hanno subito ap-procci un po' pesanti. Impossibile pensare che si tratti di corteggiamento, ed infatti nessuno pensa veramente che ad un commentino sussurrato all'orecchio possa seguire una reazione diversa dalla fuga. Questi approcci sono un modo per rimetterci a posto, per farci desiderare di non uscire di casa. Sottintendono che, se siamo per strada da sole, siamo sicuramente delle "poco di buono". Non bisogna però lasciarsi intimidire, ma al contrario serve acquistare consapevolezza che la strada è anche nostra! Prendendo però coscienza del fatto che i rischi ci sono davvero: è possibile che ci infastidiscano o peggio, prepa-riamoci a questa eventualità.Ricordiamo però che la strada non è il posto meno sicuro. È più facile essere aggredite in casa, da un familiare, un amico o un conoscente. In questo modo la violenza re-sta segreta e nascosta dai muri, mentre la violenza subita da una donna per strada solleva l'indignazione. Se poi lo stupratore è uno straniero, si dà subito il via alla caccia razzista e xenofoba. I maschi locali innalzano la bandiera dell'eroe che vuole proteggere le donne, quando in realtà desiderano solo punire chi ha osato appropriarsi della loro proprietà. Non siamo bambole, non siamo eterne bambi-ne, non siamo proprietà di nessuno, non siamo un alibi per alimentare il razzismo. Siamo adulte, padrone del nostro destino, del nostro corpo e della nostra vita. La società ci ha insegnato che il nostro ruolo è gratificare gli uomini e non dire loro mai di no. Sforziamoci, invece, di dire un no forte e chiaro e lasciamoci alle spalle l'immagine di vittime che hanno bisogno di essere salvate dall’eroe.La donna libera dal vittimismo è forte, autonoma, se vuole aggressiva e rabbiosa, capace e intelligente. Non voglia-mo che ci salvino, possiamo salvarci da sole, basta orga-nizzarsi e rafforzare la fiducia nelle proprie capacità, impa-rare a difenderci e a non stare zitte quando sentiamo un commento maschilista o sessista.Questo non deve essere un alibi per chi, assistendo a una aggressione, se ne lava le mani: se siete testimoni non guardate dall'altra parte, non permettete abusi. Cambia-mo insieme questa società!Lo spazio urbano, le strade, sono state pensate per gli uomini. Ebbene, non siamo d’accordo: anche noi donne vogliamo riappropriarci delle strade.

ambientaliste, gli studenti, alcuni solitari giornalisti: i poteri deboli. Avevano ragione loro, avevamo ragione noi.[…] La privatizzazione dei servizi, la prossima revisione del ruolo delle fondazioni bancarie e la trasformazione del lavoro in una merce priva di dignità segneranno un punto di non ritorno. La Fiat avvierà finalmente la produzione del Suv, questo sì che è progresso, ma gli operai ci ricorderanno gli uomini non liberi di qualche secolo fa. Vivremo come i nostri bisnonni, pagheremo tutto e caro, saremo timorosi del padro-ne, schiavi in un economia di scambio verticista, più simile al medioevo che all’era recente.Unica prospettiva che abbiamo è l’unione dei poteri deboli che in questi anni hanno pensato una città diversa, tutti con un solo obiettivo: copiare quell’unità di intenti, quella visione di classe, con cui il grumo di potere torinese ha conquistato e dominato la città per venti anni. Non ci sono rivoluzioni da fare, non ci sono nuove teorie sociali, nuove ideologie, nuovi sorti progressive da conquistare. Il primo passo è considerare che coloro che hanno governato questa città sono stati una specie di Legion sacra, mentre i poteri deboli erano tali per il semplice fatto che ognuno andava per la sua strada. Vecchia storia anche questa, è agghiacciante constatare quanto l’essere umano non impari nulla, con gioia tra l’altro, dalla storia an-che recentissima.

Fahrenheit 451 (di François Truffaut, 1966) Se fossimo soli, l'immensità sarebbe davvero uno spreco – Isaac Asimov

2001: Odissea nello spazio (di Stanley Kubrick, 1968)

Nello spazio nulla si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma – Albert Einstein

Solaris (di Andrej Tarkovskij, 1972)Il sole può ancora far maturare una manciata di grappoli d’uva come se non avesse nient’altro da fare nell’universo – Galileo Galilei

Incontri ravvicinati del terzo tipo (di Steven Spielberg, 1977) L’universo è cambiamento;

la nostra vita è il risultato dei nostri pensieri – Marco Aurelio

Alien (di Ridley Scott, 1979) L'uomo appartiene alla terra. La terra non appartiene all'uomo – Toro Seduto

1997 fuga da New York (di John Carpenter, 1981)

… ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. Basta abbandonarsi alle voci

dell’Universo – Fabrizio De Andrè

Blade Runner (di Ridley Scott, 1982) Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo l’universo ho ancora dei dubbi – Albert Einstein

E.T. l'extra–terrestre (di Steven Spielberg, 1982)

Sono persuaso che la vita, così come noi la conosciamo, è il risultato diretto

dell'asimmetria dell'universo – Louis Pasteur

L'esercito delle 12 scimmie (di Terry Gilliam, 1996) Quando scopriranno il centro dell'universo, un sacco di gente sarà dispiaciuta nello scoprire che non sono loro – Bernard Baily

Gattaca, la porta dell'universo (di Andrew Niccol, 1997)

Si dice che quando una persona guarda le stelle è come se volesse ritrovare la propria dimensione dispersa nell'universo – Salvador Dalì

Metropolis (di Fritz Lang, 1927)L'universo è fatto di storie, non di atomi – Muriel Rukeyser

L'invasione degli ultracorti (di Don Siegel, 1956)

Se fossi stato presente alla creazione, avrei dato qualche utile consiglio per una migliore

organizzazione dell'universo – Alfonso X Il Saggio

Alla conquista dello spazio... verso l'infinito e forse...

ll governo Renzi apre il 2015 non rinnovando il blocco degli sfratti per le famiglie con contratto di affitto scaduto e in forte disagio economico.

Lo spoRteLLo pRendo Casa si oppone Con te aLLo sfRatto

È aperto tutti i martedi dalle 19:30 alle 21:00presso il centro sociale askatasuna,

in corso Regina Margherita 47Combatti per il diritto alla casa e contro l’utilizzo delle risorse pubbliche per i grandi eventi e le grandi opere inutili (expo, olimpiadi, taV). pretendi che il denaro pubblico venga utilizzato per affrontare le reali esigenze del paese.

Poco più di due anni fa, Maurizio Pagliassotti commentava sul DiZona gli effetti delle scelte dei politici torinesi. Purtroppo il quadro è drammaticamente attuale. Riprendiamo quindi alcuni passi dell’articolo.

CHI COMANDA TORINOLe strade sicure le fanno le donne che le attraversano