Disturbo dell'umore
-
Upload
depressione-bipolare -
Category
Documents
-
view
214 -
download
2
description
Transcript of Disturbo dell'umore
Manuale dei disturbi dell’umore. Dalla diagnosi al trattamento, DSM-5
(Giusti, Pacifico, Fiume, 2014)
- Introduzione 13 - Capitolo 1. Epidemiologia dei disturbi dell’umore 17
1.1 Criteri e valutazione dei disturbi dell’umore
a. Sviluppo dei criteri diagnostici 1.2 La validità nella valutazione dei disturbi dell’umore 1.3 Epidemiologia dei disturbi dell’umore a. Depressione maggiore e Distimia b. Disturbo Bipolare 1.4 Conclusioni
- Capitolo 2. La classificazione dei disturbi dell’umore 39
2.1 Sistemi attuali di classificazione 2.2 Disturbi dell’umore, Schizofrenia e disturbi schizoaffettivi 2.3 Disturbi dell’umore e Disturbi d’ansia 2.4 Normali variazioni del tono dell’umore 2.5 Forme e sottotipi dei disturbi dell’umore
a. Distinzione unipolare-bipolare b. Bipolare II e spettro bipolare c. Distinzione Psicotico/Nevrotico e Endogeno/Reattivo
• Depressione psicotica • Depressione Endogena (o Melanconia) • Depressione Nevrotica e Reattiva • Depressione atipica • Depressione cronica e ricorrente • Altre specifiche tipologie del DSM-IV TR • Tipologie non presenti nel DSM • Disturbi dell’umore sottosoglia
2.6 Riflessioni conclusive: entità separate o poli di un continuum?
- Capitolo 3. Le cause del fenomeno depressivo 61
3.1 Fattori biologici 3.1.1 Ipotesi Genetica 3.1.2 Ipotesi monoaminergica
3.1.3 Modello neuroendocrino 3.1.4 Fattore neurotrofico di derivazione cerebrale 3.1.5 Ritmi Biologici 3.2 Fattori psicologici 3.2.1 I modelli di rinforzo
3.2.2 Il modello di Ferster 3.2.3 Il behavioral reinforcement model 3.2.4 Il modello comportamentale 3.2.5 Il modello di Rehm: auto-gestione
3.3. I modelli dello stress 3.3.1 Il modello di Seligman o dell’impotenza acquisita 3.3.2 Il modello attribuzionale 3.3.3 Il modello dell’hopeleness 3.4 I modelli di deficit dei processi cognitivi 3.4.1 Il modello del deficit interpersonale e del problem solving 3.4.2 Il modello della perseverazione autoregolatoria 3.4.3 Il modello della ruminazione 3.4.4 Il modello di Ellis 3.4.5 Il modello di Beck 3.4.6 Il modello dell’attaccamento 3.4.7 Il modello dell’organizzazione cognitiva depressa 3.4.8 Il modello della Compassion focused therapy 3.4.9 Il modello dell’Emotions focused therapy 3.4.10 Il modello della mindfulness 3.5 Modelli psicodinamici
3.6 Piscoterapia interpersonale 3.7 Commenti conclusivi
- Capitolo 4. La classificazione dei disturbi d’ansia 79
4.1 Gli aspetti adattivi dell’ansia e della paura 4.2 Ansia normale o patologica 4.3 La sintomatologia ansiosa 4.4 Un modello dell’ansia 4.5 Classificazione dell’ansia 4.6 Diagnosticare disturbi d’ansia 4.7 I principali disturbi d’ansia a. Disturbo d’ansia generalizzato b. Disturbo di panico c. Disturbo d’ansia sociale d. Mutismo selettivo e. Fobia specifica f. Disturbo di ansia da separazione g. Agorafobia h. Disturbo d’ansia indotto da sostanze o farmaci
i. Disturbo d’ansia indotto da una condizione medica generale 4.8 Conclusioni
- Capitolo 5. La valutazione del disagio: le scale di valutazione 97
5.1 Le caratteristiche delle scale di valutazione dei disturbi dell’umore 5.2 Panoramica delle scale di valutazione dei disturbi dell’umore in uso a. Schede diagnostiche
b. Strumenti Dimensionali c. Scale somministrate dal clinico d. Scale autoriportate
5.3 Conclusione
- Capitolo 6. Il ruolo dei farmaci nel trattamento dei disturbi dell’umore 123 6.1 I neurolettici 6.1.1 I neurolettici tradizionali 6.1.2 Gli antipsicotici atipici 6.2 Gli antidepressivi 6.2.1 I Triciclici (TCA) 6.2.2 Antidepressivi atipici 6.2.3 Inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (SSRI) 6.2.4 Inibitori del re-uptake serotoninergico e noradrenergico (SNRI) 6.2.5 Inibitori del re-uptake noradrenergico (NARI) 6.2.6 Inibitori del re-uptake noradrenergico e dopaminergico (NDRI) 6.3 Le benzodiazepine (BZD) 6.4 Gli stabilizzatori dell’umore
6.4.1 I Sali di litio 6.4.2 Gli antiepilettici
6.5 Riflessioni: depressione e psicofarmaci 6.6 Disturbo bipolare e farmaci 6.7 Bipolare per sempre? 6.8 Conclusioni
- Capitolo 7. Psicoterapia e Farmacoterapia per i disturbi dell’umore 143
7.1 I disturbi d’ansia: piano di trattamento combinato 7.2 I disturbi depressivi: piano di trattamento combinato 7.3 Terapia combinata dei disturbi psicotici e del disturbo bipolare 7.4 Terapia combinata della schizofrenia 7.5 Terapia combinata del disturbo bipolare 7.6 La valutazione della necessità dei farmaci 7.7 La triade clinica: lo psicoterapeuta, il cliente e lo psichiatra
- Capitolo 8. Il modello Integrato al trattamento dei disturbi dell’umore 151 8.1 L’approccio pluralistico integrato 8.2 Lo sviluppo delle psicoterapie brevi 8.3 Le evidenze scientifiche nel trattamento dei disturbi dell’umore 8.4 Il modello integrato di trattamento breve per i disturbi dell’umore
Conclusioni
Appendice 1: Strumenti per la gestione dell’ansia 191
Appendice 2: Scale di valutazione 199
Appendice 3: Criteri di valutazione diagnostica del DSM-5 315
Bibliografia 355
A Te che desideri un abbraccio e vedi il mondo sempre più lontano, A Te che mi guardi con gli occhi della rabbia e hai solo paura, A Te che ti vergogni di chiedere perché senti che la coppia è una folla, A Te che nell’immobilismo mostri la tua forza, A Te che hai scelto il dolore per salvare l’altro, Io sono qui, ti fisso, vedo il tuo respiro, A Te che la forza nasce dalla fragilità, A Te che la vita non sempre è ok, A te che la paura di non essere all’altezza è una sorella da tenere per mano, Per Te e con Te…la mia mano Marco
A tutti coloro che mi hanno offerto
il piacere di apprezzare le mie profondità
Marco
A Te che sei sempre stata tutto e il suo contrario.
Ti porto sempre con me.
Giada
Introduzione
I Disturbi dell’umore possono essere definiti come il male del secolo, con una diffusione così
impressionante da dover necessariamente considerarli, almeno in alcune forme, come un’esperienza
intimamente umana e non sempre classificabile come malattia, quanto piuttosto come disfunzione
esistenziale. Questa commistione tra oggettivo e soggettivo rappresenta l’unicità e la specificità
della Psicopatologia, scienza in continuo equilibrio tra due poli epistemologicamente (e
ideologicamente) separati: le scienze della natura (Naturwissenschaften) e le scienze dello spirito
(Geisteswissenschaf-ten), tra lo spiegare (Erklären) ed il comprendere (Verstehen), tra gli ordini
causale e motivazionale (Fiume, 2013). Questa sua doppia “anima”, determina che in
Psicopatologia anche i concetti definiti con maggior precisione si riferiscono comunque a fenomeni
che non sono esattamente e completamente definibili e quantificabili, dall’altra l’immensa ricchezza
di riconoscere in ciascuna condizione di malessere l’unicità del vissuto, dei fattori predisponenti e
talvota anche di quelli precipitanti. Così come nel concetto di personalità si intersecano fattori
genetici di tipo temperamentale con la propria individualità esperenziale, anche nella lettura clinica
dei disturbi dell’umore appare indispensabile considerare una multicausalità del fenomeno che
determina una complessità importante nell’identificazione delle cause e costringe ricercatori e
clinici a considerare i diversi fattori genetici, biologici, psicologici e sociali. I disturbi dell’umore
vedono contemporaneamente manifestazioni depressive e maniacali per periodi di tempo prolungati.
La commistione di sintomi di opposta polarità si esprime nella tinta del tono affettivo, nel corso e
nel con-tenuto del pensiero, nell’attivazione o nel rallentamento motorio. Aspetti caratteristici quali
perplessità, labilità emotiva, eccitabilità, tensione, ansia ed agitazione, irritabilità, disforia, ostilità
possono associarsi di volta in volta a manifestazioni meno costanti quali confusione, impulsività e
sintomi psicotici, con contenuti ideativi e percettivi di opposta coloritura affettiva. La soggettività
con la quale si presenta rende difficili gli inquadramenti nosografici e unico il trattamento che di
volta in volta lascia il clinico a contatto con realtà molte diverse tra loro. L’osservazione, l’ascolto,
la raccolta della storia clinica e personale, la conoscenza e il coinvolgimento dei familiari sono
elementi essenziali per poter comprendere in tutta la sua complessità il disagio che si ha di fronte e
per poter fornire corrette indicazioni terapeutiche. Nello stesso tempo la competenza e l’esperienza
professionale sono variabili determinanti nella gestione e nella lettura di uno spettro umorale assai
multiforme. La capacità di individuare un disagio esistenziale, la sua gravità, la necessità di un
supporto farmacologico, il rischio di condotte anticonservative necessitano di un equilibrio e di una
direttività relazionale che non lascia spazio ad errori o a sentimenti di paura. Nell’esperienza clinica
si riscontra sovente l’incapacità e la superficialità di chi “standardizza” le persone, accelerando fasi
maniacali o sotterrando fasi deflessive, togliendo ogni speranza alla persona e rendendola schiavo
di una farmacoterapia che la ricerca indica di supporto e non risolutiva. La ricerca è concorde
nell’identificare l’integrazione tra farmacoterapia e psicoterapia, la modalità trattamentale più
completa, capace sia di sostenere il senso di inadeguatezza e gestione umorale che di ascoltare il
dolore, dando un’identità personale a chi si è perso in un dolore profondo assolutamente nuovo e
perlopiù sconosciuto. L’anima non è chimica e pertanto necessita di vivere in altri spazi che non
nelle sinapsi neuronali. In questo modo viene a prodursi una grande varietà di quadri clinici che
possono assumere forme più disparate, peraltro assai mutevoli. Nei principali sistemi diagnostici
internazionali (DSM, ICD), mentre l’episodio maniacale e quello depressivo sono definiti mediante
una serie di criteri operativi, lo Stato misto viene caratterizzato genericamente dalla simultanea
presenza di aspetti sindromici depressivi e maniacali. La mancanza di criteri diagnostici validi e
specifici per lo Stato Misto ha reso più difficile lo studio dei rap-porti fra queste condizioni e le
altre polarità degli episodi affettivi, soprattutto quando la mania si presenta con umore disforico o la
depressione si caratterizza per l’agitazione psicomotoria. La discussione sull’autonomia dello Stato
Misto come terza polarità dei disturbi dell’umore riveste implicazioni importanti sul piano
terapeutico. Questi quadri psicopatologici possono non rispondere bene ai trattamenti convenzionali
per la mania; inoltre, la contemporanea presenza di sintomi depressivi e maniacali sembra costituire
un terreno predisponente per la comparsa di manifestazioni etero- ed autoaggressive. Allo stesso
tempo anche il trattamento psicoterapico impone al clinico una maggiore attenzione alle fluttuazioni
del tono dell’umore, talvolta sostenendo e talvolta contenendo il proprio paziente, lavorando
direttamente sulla strutturazione di strategie comportamentali da attuare all’insorgere della
sintomatologia specifica. L’approccio terapeutico deve dunque essere il più possibile complesso e
restituire a chi chiede aiuto un’idea multidimensionale del disturbo attuale e delle possibilità di
cura. Recentemente diversi autori hanno proposto di guardare ai disturbi dell’umore in modo
dimensionale piuttosto che categoriale. L’approccio dimensionale guarda ad una caratteristica come
ad un continuum lungo un asse su cui si situano sfumando tutti i gradi di quella variabile. In questo
modo avremo gradi e tipi di vissuti depressivi e ansiosi. Rinunciando alla pretesa di universalità e
sistematicità ci sembra che le esperienze ansioso-depressive pur nella loro similitudine
sintomatologica appartengano a dimensioni soggettive necessarie da riconoscere per chi come lo
psicoterapeuta vive di letture relazionali. Il disturbo dell’umore considerato come una dimensione
dell’esperienza umana può dunque andare da lieve abbassamento dell’umore fino agli abissi più
profondi. In accordo con Francesetti e Gecele (2011) se da un lato abbiamo la necessità di
decostruire gli oggetti nosografici per restituire questi disagi alla vita comune, d’altra parte siamo
fermamente critici rispetto al dilagare della moda depressiva che vuole vedere una grande
confusione tra disagi esistenziali e disturbi connotato da rilevanza organico/biologiche. Quando
leggiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che entro il 2020 il disturbo dell’umore
sarà la seconda causa di disabilità al mondo con 121 milioni di persone depresse sorgono in modo
spontaneo domande utili alla comprensione del fenomeno. I disturbi mentali, quando reali,
necessitano di diagnosi tempestive e terapie efficaci: non recedono da soli e diventano più difficili
da curare se si prolungano indisturbati nel tempo. L’inflazione diagnostica ha portato ad una
crescita esplosiva nell’uso dei farmaci psicotropi; questo fenomeno ha prodotto enormi profitti che
hanno dato all’industria farmaceutica i mezzi ed il pretesto per gonfiare la bolla diagnostica in un
enorme pallone in continua espansione (Frances, 2013). Di conseguenza, i numeri risultano
estremamente gonfiati. Sintomi psichiatrici lievi vengono distribuiti ad ampio raggio sulla
popolazione generale: chiunque sperimenta tristezza o ansia viene inquadrato nel fenomeno dei
disturbi dell’umore. Se l’esigenza delle case farmaceutiche è quella di considerare il farmaco con
unica possibilità di cura, per noi clinici alle prese con quotidiane manifestazioni di sofferenza
appare un’opera di onestà intellettuale quella di approfondire il fenomeno facendo riferimento
talvolta più a quanto soggettivamente percepiamo che a quanto ci viene propinato con una parvenza
di oggettività. Questo significa riconoscere il progresso della scienza, saperlo integrare e nello
stesso tempo riconoscere che gli attuali sistemi diagnostici favoriscono la patologizzazione di
esperienze normali, nelle quali la tristezza e la fatica di vivere legate alla situazione esistenziali
vengono diagnosticate come depressioni in modo del tutto fuori luogo. Il disagio sano frutto del
contatto con situazioni limite dell’esistenza genera tristezza e costringe la persona a confrontarsi
con la paura. La depressione reattiva ad eventi drammatici rappresenta un’infelicità dell’esistenza
che fa crescere l’essere umano e che lo mette a pieno contatto con tutto se stesso. Questo viaggio
che i terapeuti aiutano a compiere traghettando la persona nella coltre di dolore è necessario per
impedire che la negazione della tristezza si tramuti in una concreta depressione “patologica”.
Troppo spesso ci si trova ad incontrare persone che da anni abusano dei farmaci mal somministrati
e che hanno completamente addormentato la sede delle pulsioni, quell’es necessario per vivere tutto
lo spettro emotivo dell’esistenza. Il vissuto umorale può nascere o essere alimentato nella sua
componente caratteriale da un ritiro dell’intenzionalità di raggiungere l’altro: è la rinuncia ad
aggredire che precede il deprimersi. La mancata estroflessione dell’energia determina quella
retroflessione causa del movimento depressivo. E allora l’incapacità costante di manifestare la
propria energia ci fa “ballare” dentro in un ritmo ansioso, incapaci di trovare la “manopola
dell’autoregolazione espressiva, e così ogni volta che proviamo a dire o fare qualcosa risultiamo
poco equilibrati e in automatico autogiudicanti. Il lavoro terapeutico con le persone con un disturbo
dell’umore è centrato sulla riscoperta della capacità espressiva, di nuove modalità per incontrare se
stessi nelle proprie ambivalenze e nei propri conflitti interni. L’approccio fenomenologico
esistenziale con la parola è lo strumento per la realizzazione di una relazione terapeutica necessaria
per creare contenimento e le modalità espressive hanno la funzionalità di incontrare la propria
energia, consapevolizzare come la utilizziamo e modificare i nostri copioni interni, affrontando la
nostra paura più grande…quella di non farcela. In questo il corpo rappresenta una via maestra, i
suoi micromovimenti, le sue espressività e la sua conoscenza ci porta a con-tatto con noi stessi e
con un mondo dove la manipolazione e le falsità trovano poco spazio di movimento. In questo
manuale è possibile trovare indicazioni di tutto quanto sopra menzionato sottolineando il grande
sforzo intellettuale per integrare con moderazione una prospettiva psichiatrica e una psicoterapica,
per raggiungere un modello efficace di trattamento.
Di grande intersse applicativo sono i molteplici strumenti di misura in allegato.