Disturbo da Deficit dAttenzione\Iperattività (DDAI) Dr. A.Matteo bruscella.

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Disturbo da Deficit d’Attenzione\ Iperattività (DDAI) Dr. A .Matteo bruscella

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Disturbo da

Deficit d’Attenzione\Iperattività

(DDAI)Dr. A .Matteo bruscella

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Definizioni Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (DDAI,

nella letteratura italiana), conosciuto anche con l’acronimo inglese ADHD (Attention Deficit

Hyperactivity Disorder), è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo.

Esso include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del

bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da

raggiungere e delle richieste dell’ambiente.

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È bene precisare che il DDAI non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa

inefficace, e tanto meno non è una questione dovuta alla “cattiveria” del bambino.

Il DDAI è un vero problema, per l’individuo stesso, per la famiglia e per la scuola, e spesso rappresenta un

ostacolo nel con seguimento degli obiettivi personali. È un problema che genera sconforto e stress nei

genitori e negli insegnanti i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del

bambino.

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Esiste ancora oggi una certa difficoltà in ambito clinico nel porre la diagnosi di DDAI, che, infatti, non risulta essere molto frequente nei servizi per l’età evolutiva e/o di neuropsichiatria infantile nella realtà italiana.

I bambini, tuttavia, che presentano le caratteristiche della sindrome in assenza di altri problemi di

personalità e/o di disordini pervasivi dello sviluppo sono numerosi, generalmente poco studiati e spesso

non trattati sotto profilo terapeutico.

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In generale, i bambini con DDAI evidenziano adeguate risorse cognitive affettive, sono in grado di

comprendere in quali brutte situazioni si pongono quando falliscono nell’autocontrollo e raramente

diventano aggressivi con i coetanei e/o con gli adulti.

Le manifestazioni comportamentali relative alla disattenzione si riscontrano soprattutto in bambini

che, rispetto ai propri coetanei, presentano un’evidente difficoltà a rimanere attenti o a lavorare

su uno stesso compito per un periodo di tempo sufficientemente prolungato.

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I soggetti disattenti, nei racconti di genitori e insegnanti, non riescono a seguire le istruzioni fornite, sono disorganizzati e sbadati nello svolgimento delle

loro attività.

Hanno difficoltà, inoltre, nel mantenere la concentrazione, si fanno distrarre molto facilmente dai compagni e da rumori occasionali e raramente

riescono a completare un compito in modo ordinato. Quando sono in classe sembra che “sognino a occhi

aperti” e spesso passano da un’attività all’altra senza averne completato alcuna.

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Sono bambini che si guardano continuamente intorno durante lo svolgimento di compiti come anche durante la proiezione di programmi televisivi,

soprattutto nei momenti in cui risultano noiosi e ripetitivi.

I bambini che mostrano aspetti di iperattività-impulsività giocano in modo rumoroso, parlano

eccessivamente con scarso controllo dell’intensità della voce, interrompono persone che conversano o che stanno svolgendo delle attività, senza essere in

grado di aspettare il momento opportuno per intervenire.

I genitori e gli insegnanti li descrivono sempre in movimento e sul punto di partire, incapaci di attendere una scadenza o il proprio turno.

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DSM IV-RLa più recente descrizione del disturbo è contenuta

nel DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) dell’Associazione degli Psichiatri Americani, secondo il quale, per poter ricevere

diagnosi di DDAI, i soggetti devono presentare almeno 6 sintomi (tra quelli descritti successivamente)

per un minimo di sei mesi.

I sintomi devono comparire prima dei 7 anni di età e manifestarsi almeno in due contesti – scuola e

famiglia – e provocare una compromissione clinicamente significativa del funzionamento

scolastico e sociale.

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DisattenzioneSpesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei compiti scolastici, sul lavoro o in altre attivitàSpesso ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di giocoSpesso sembra non ascoltare quando gli si parla direttamenteSpesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici o i propri doveri (non a causa di un comportamento che si oppone alle regole sociali o per incapacità di capire le istruzioni)Spesso ha difficoltà a organizzarsi nei compiti e nelle attivitàSpesso evita di impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale prolungato (come compiti a scuola o a casa)Spesso perde gli oggetti necessari per i compiti e le attività quotidiane (per esempio giocattoli, compiti di scuola, matite, libri o strumenti)Spesso è facilmente distratto da stimoli estraneiSpesso è sbadato nelle attività quotidiane

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IperattivitàSpesso muove con irrequietezza mani o piedi e si dimena sulla sediaSpesso lascia il proprio posto in classe o in altre situazioni in cui ci si aspetta che resti sedutoSpesso scorrazza e salta dovunque in modo eccessivo e in situazioni in cui è fuori luogoSpesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquilloÈ spesso “sotto pressione” o agisce come se fosse “motorizzato”Spesso parla troppo

ImpulsivitàSpesso “spara” le risposte prima che le domande siano state completateSpesso ha difficoltà ad attendere il proprio turnoSpesso interrompe gli altri o è invadente nei loro confronti (per esempio si intromette nelle conversazioni o nei giochi)

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Sono stati condotti diversi studi per verificare la presenza di sottotipi all’interno del DDAI differenti tra di loro sia dal punto di vista cognitivo-comportamentale, che eziologico. Le tipologie incluse nella più generale categoria di DDAI sono tre e descrivono campioni di bambini molto eterogenei tra di loro, soprattutto per quel che riguarda la comorbilità, il background familiare, il decorso temporale e la risposta alla terapia farmacologica.

Se un soggetto presenta almeno 6 dei 9 sintomi che appartengono esclusivamente alla categoria disattenzione, viene posta la diagnosi di DDAI-sottotipo disattento; se presenta esclusivamente 6 dei 9 sintomi della sola categoria iperattività-impulsività, allora viene posta la diagnosi di DDAI-sottotipo iperattivo-impulsivo;se il soggetto, infine, presenta entrambe le problematiche, allora si pone diagnosi di DDAI-sottotipo combinato.

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Sottotipo a disattenzione prevalenteLe poche ricerche disponibili condotte finora sostengono che esistono bambini con solo deficit attentivo (sottotipo con disattenzione predominante), senza o con minimi tratti di iperattività.

Di solito sono bambini tranquilli, gentili, affettuosi, intelligenti ma che apparentemente sembrano non applicarsi. Tendono a essere più paurosi e ansiosi dei loro coetanei, vivono “tra le nuvole”, quasi in uno stato di letargo. I loro deficit principali riguardano la memoria e la velocità di analisi delle informazioni in entrata.

Manifestano minori problemi di aggressività e d’impulsività rispetto ai coetanei DDAI in generale e al sottotipo iperattivo-impulsivo in particolare, per questo hanno minori difficoltà relazionali. Queste caratteristiche rendono il loro comportamento meno invasivo e di conseguenza anche meno riconoscibili le loro difficoltà. Questo genere di problematiche non sembra attenuarsi particolarmente con l’età e si presenta con percentuali analoghe nei due sessi.

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Sottotipo iperattivo-impulsivoEsistono poi bambini con caratteristiche molto dissimili rispetto al sottotipo sopra delineato, bambini la cui principale difficoltà risiede non tanto nel prestare attenzione, ma piuttosto nella loro estrema vivacità e impulsività (sottotipo con iperattività-impulsività predominanti). Sono bambini descritti da genitori e insegnanti come irrequieti, perennemente in movimento, quasi fossero “sul punto di partire” per un luogo non precisato. Giocano in modo rumoroso, parlano eccessivamente e con un’intensità di voce piuttosto alta. A causa della loro impulsività, sono molto impazienti, incapaci di posticipare o semplicemente attendere la soddisfazione di qualsiasi desiderio o di concedersi tempo per svolgere al meglio le attività in cui sono impegnati. In altri termini, non riescono a controllare i propri comportamenti, gli impulsi e le emozioni, attraverso meccanismi di ponderazione e discernimento.

Queste manifestazioni tendono a ridursi con l’età e si presentano con una frequenza tre volte maggiore nei maschi rispetto alle femmine.

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Sottotipo combinatoEsiste, infine, un sottotipo definito combinato nel cui caso sono evidenti sia manifestazioni di disattenzione che di iperattività e impulsività.

Tale sottotipo presenta, pertanto, problemi di perseverazione nello svolgimento dei compiti e di inibizione dei dati irrilevanti, e inadeguata elaborazione delle informazioni contenute nella memoria di lavoro.

I bambini con DDAI sottotipo combinato e iperattivo-impulsivo si oppongono frequentemente alle richieste che vengono loro rivolte, a volte presentano aggressività e nel 30% dei casi ricevono una seconda diagnosi di disturbo della condotta o di disturbo oppositivo-provocatorio

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Sintomi secondari

I soggetti con DDAI o con altri problemi di comportamento manifestano, purtroppo, anche altri sintomi che vengono definiti secondari, in quanto si

presume derivino dall’interazione tra le caratteristiche patognomoniche del disturbo con l’ambiente sociale e con quello scolastico in cui si

trovano inseriti tali bambini.

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Molti autori hanno riscontrato che il 58% di studenti con DDAI hanno subito almeno una bocciatura durante la loro carriera scolastica. Questi

insuccessi scolastici sono attribuibili ai loro deficit cognitivi di elaborazione dell’informazione, alla loro scarsa motivazione oalla comorbilità con i disturbi dell’apprendimento scolastico che viene indicata nel 50% circa di soggetti.

Per quanto concerne gli aspetti relazionali, alcuni studiosi affermano che i genitori, gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che i bambini con DDAI o con difficoltà comportamentali presentano alcune

difficoltà in ambito sociale, in particolare nelle relazioni interpersonali.

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Lo sviluppo di tratti oppositivi e provocatori rappresenta un aspetto assai problematico del DDAI, in quanto può essere

corresponsabile di una serie di fallimenti in ambito scolastico e sociale, e può alimentare notevoli e giustificate preoccupazioni nei genitori. Sebbene non raggiungano gravità tali da richiedere una diagnosi di

disturbo della condotta o di disturbo oppositivo-provocatorio, questi tratti costituiscono i più accurati predittori di prognosi infauste: i bambini che manifestano comportamenti di DDAI e

aggressività sono più a rischio di altri nello sviluppare comportamenti devianti, nell’incorrere in problemi con la

giustizia o in comportamenti di abuso di sostanze stupefacenti.

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Fattori che influenzano la sintomatologiaIl Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività è maggiormente presente tra i maschi rispetto alle femmine, secondo un rapporto che va da 3 a 9 maschi ogni femmina, a seconda delle ricerche.

Spesso i genitori riferiscono che il figlio è passato improvvisamente dalla fase in cui camminava carponi a quella in cui correva e si arrampicava ovunque senza alcun timore e accortezza; a rendere la loro situazione

ancora più frustrante, i genitori hanno sperimentato che la disciplina e le tecniche educative efficaci con altri bambini non hanno consentito di

controllare il comportamento del figlio iperattivo. Durante gli anni della scuola dell’infanzia il bambino con DDAI rimane molto attivo e, sebbene

abbia un’intelligenza uguale o superiore a quella dei suoi coetanei, dimostra un comportamento poco maturo rispetto all’età cronologica

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A seconda della situazione, il comportamento del bambino con DDAI appare più o meno problematico: nelle situazioni di gioco libero, in cui c’è un’ampia possibilità di movimento, egli

non mostra particolari difficoltà, mentre in contesti in cui si richiede il rispetto di determinate regole il bambino viene

etichettato come problematico e difficile da gestire.

Con l’ingresso nella scuola primaria le difficoltà possono aumentare proprio a causa della presenza di una serie di

regole che devono essere rispettate e di compiti che devono essere eseguiti: gli insegnanti continuano a descrivere questi alunni come immaturi rispetto ai loro coetanei, soprattutto

dal punto di vista comportamentale.

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Sia i genitori che gli insegnanti rimangono un po’ sconcertati dall’enorme variabilità delle loro prestazioni attentive: in classe non riescono a seguire la lezione per soli cinque minuti, mentre completano con successo un videogame che dura anche mezz’ora. Ogni seria teoria che tenti di spiegare il DDAI deve tenere conto delle

fluttuazioni nelle prestazioni di questi soggetti, soprattutto per quanto riguarda il mantenimento dell’attenzione, il controllo degli impulsi, la regolazione del livello di

attività e i risultati di tipo scolastico. Barkley e Benton elencano sei fattori che potrebbero spiegare la variabilità del comportamento dei bambini con DDAI:

il momento della giornata o la fatica accumulata durante il giorno;l’incremento della complessità del compito che richiede l’applicazione di più sofisticate strategie;l’aumento dei limiti e dei vincoli che l’ambiente impone al comportamento del bambino;il livello di stimolazione all’interno del setting in cui opera il soggetto;una serie di immediate conseguenze (rinforzi o punizioni) associate al compito;la presenza di un supervisore adulto durante l’esecuzione delle attività.

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Eziologia del disturboIl precoce sorgere dei sintomi, la relativa persistenza del disturbo, l’associazione con altre problematiche di carattere evolutivo e i consistenti miglioramenti in seguito a trattamenti farmacologici sono argomentazioni convincenti a favore di ipotesi che il DDAI sia un problema di natura prevalentemente neurobiologica.

Numerose ricerche che hanno utilizzato misurazioni psicofisiologiche (EEG, attività elettrodermica, frequenza cardiaca) hanno rivelato poche differenze significative tra il gruppo di bambini con DDAI e il gruppo di controllo. Le uniche differenze riscontrate hanno dimostrato la presenza di un livello inferiore di arousal (attivazione) nel primo gruppo di soggetti rispetto ai coetanei di controllo.

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PrognosiFino all’inizio degli anni Settanta c’era, tra i clinici, la condivisa opinione che il DDAI fosse solamente un ritardo dello sviluppo psicologico del bambino, i

cui sintomi sarebbero scomparsi all’inizio dell’adolescenza.

Quest’idea è stata confutata da diversi studi longitudinali che hanno confutato gli esiti del DDAI dimostrando che solo il 20% di soggetti in età

adolescenziale ai quali era stato precedentemente diagnosticato il DDAI non manifesta più i sintomi del disturbo.

L’80% dei soggetti che continuano a presentare comportamenti iperattivi impulsivi sono più a rischio di altri di manifestare condotte antisociali, ma

non di sviluppare altri disturbi psichiatrici.

Altri fattori che possono determinare una prognosi negativa del DDAI sono: situazioni familiari difficili, depressione della madre, comportamenti

antisociali in famiglia e insorgenza precoce del disturbo (soprattutto per quanto riguarda la componente di iperattività).

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Le difficoltà dei bambiniDDAI

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Iperattività Che i bambini piccoli appaiano iperattivi è considerato normale: i livelli di attività aumentano in tutti bambini fino all’età di tre anni circa. In seguito il livello normale di attività si riduce. Si ha notizia di bambini con DDAI che si dimostrano particolarmente attivi nel grembo materno prima della nascita. Talvolta si tratta di bambini piuttosto difficili: piangono molto e non dormono bene. Altre volte viene riferito di bambini che non si dimostrano particolarmente amabili, forse in quanto poco propensi al contatto fisico. Il loro genitori possono sentirsi effettivamente molto stanchi e scoraggiati, e potrebbero persino doversi confrontare con i loro propri sintomi di DDAI. Questo precoce modello di relazioni potrebbe avere conseguenze a lunga distanza.

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ImpulsivitàUn’opinione autorevole vuole che il deficit centrale nel DDAI sia, in pratica, un’inabilità a controllare la risposta a un impulso, sia esso appropriato o inappropriato. Questo punto di vista è stato sostenuto dal professor R. Barkley, un esperto americano che si occupa di DDAI. Egli ritiene che il problema centrale di cui fanno esperienza i soggetti con DDAI sia un serio e pervasivo problema di impulsività; in particolare, tali soggetti non riescono a evitare di reagire a segnali, stimoli o eventi irrilevanti rispetto al compito che stanno svolgendo. Gordon descrive tale aspetto in modo eloquente: i loro problemi di attenzione sono solo una conseguenza dell’incapacità di trattenersi da qualunque cosa che possa scatenare il proverbiale “picco”, sia che si tratti di rumori, di idee o dei fili staccati su un maglione. La distrabilità, la disorganizzazione, i problemi con i coetanei, l’apparente inabilità nel pianificare e nell’anticipare le conseguenze delle proprie azioni, in accordo con quest’idea, dipende dal fondamentale problema di non essere in grado di aspettare.

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Difficoltà attentive e di concentrazioneSebbene i bambini con DDAI siano generalmente noti a causa della loro impulsività e iperattività, atteggiamenti questi che li “tagliano fuori” dai rapporti con i coetanei, sono le difficoltà di attenzione che possono avere conseguenze negative a lungo termine. In particolare, essi trovano estremamente difficile imparare.

I problemi di apprendimento cui si è fatto cenno riguardano non solo compiti scolastici, ma anche abilità pratiche, motorie

(come nuotare o andare in bicicletta) e, cosa molto importante, imparare a parlare (adeguato comportamento nelle

conversazioni e nelle attività di gruppo).

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Difficoltà nel fare amicizieMolti bambini con DDAI si ritrovano ad avere pochi amici che sono spesso “quelli sbagliati”. Ciò per loro costituisce una dolorosa scoperta e molti vorrebbero fare qualcosa per cambiare, se solo sapessero come e se solo ne fossero capaci. Le difficoltà spesso derivano dall’impulsività e dal deficit di attenzione a breve termine, che determinano un’incapacità ad apprendere con facilità i ruoli sociali o a capire le regole sociali. Non di rado potrebbero essere aiutati nel conseguimento del successo in campo sociale se solo gli venisse concesso l’aiuto in più: hanno bisogno di imparare ciò che ciascuno di noi ha appreso spontaneamente. I genitori e gli insegnanti spesso possono essere loro di sostegno, ma è necessario molto tatto. Potrebbero essere necessarie specifiche ed esplicite istruzioni.

I ripetuti insuccessi e i rifiuti subiti da un bambino da parte del suo gruppo di pari possono avere conseguenze devastanti sulla sua autostima e sul

comportamento successivo, per cui quest’area non può essere trascurata dei genitori o dalle figure professionali, sia nella valutazione che nel

trattamento del DDAI.

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Difficoltà di apprendimento

La capacità di apprendere del bambino DDAI può risultare gravemente compromessa dall’iperattività, dall’impulsività e dalla difficoltà di mantenere desta l’attenzione. Spesso accade che tali bambini comincino a rimanere indietro rispetto alla classe.

Una ricerca compiuta negli USA evidenzia che bambini con DDAI tendono a manifestare i seguenti problemi di apprendimento:

il 90% dei bambini con DDAI è poco produttivo nel lavoro scolastico;il 90% dei bambini con DDAI raggiunge scarsi risultati a scuola;il 20% dei bambini con DDAI ha difficoltà di lettura;il 60% dei bambini con DDAI ha serie difficoltà di scrittura;il 30% dei bambini con DDAI abbandona la scuola negli USA;il 5% dei bambini con DDAI completa un corso di diploma della durata di quattro anni in un collage o in un’università negli Usa, in rapporto al 25% circa della popolazione generale.

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Le dinamiche familiariI bambini con DDAI possono avere difficoltà a casa. È probabile che i genitori abbiano sperimentato letteralmente ogni mezzo per far sì che il loro bambino si comportasse in modo che adeguato.

Le relazioni interpersonali, anche all’interno delle famiglie più attente, sono molto tese, e si protraggono con tali modalità per molti anni. Allo stesso modo in cui il bambino con DDAI “alza la testa” a scuola, darà libero sfogo alla sua capacità distruttiva a casa, coinvolgendo sia oggetti che persone.

I bambini con DDAI generalmente hanno bisogno di dormire meno rispetto agli altri, con il risultato che chi sta a contatto con loro diventa cronicamente stanco e ai genitori rimane poco tempo per se stessi.

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Aspetti di vita familiare descritti da molti genitori sono il chiacchierare continuo, il rumore, il movimento, i battibecchi e la distruzione di oggetti.

Sembra che questi bambini non abbiano una serie completa di nessuna cosa, qualche volta neanche un giocattolo intatto.

Le famiglie spesso lamentano importanti problemi coniugali, conseguenza, almeno in parte, dei sintomi di DDAI del loro bambino.

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I rapporti difficili con i vicini – problema che affligge molte famiglie in ogni caso – può essere amplificato dalla presenza di un bambino con DDAI.

I genitori diventano esausti a causa delle frequenti chiamate da scuola provocate dal comportamento dei figli e, a volte, dalle ripetute esclusioni dalle scuole stesse.

Tutto questo può indurre a rivolgere colpe e recriminazioni verso le persone sbagliate. Non è infrequente che i genitori si sentano messi al bando dagli amici e dalle proprie famiglie, ciò perché il comportamento del loro bambino li ha portati a essere esclusi dagli avvenimenti sociali.

Possono sentirsi incompetenti o poco capaci.

Talvolta, il tentativo di attribuire le difficoltà del bambino a disturbi di carattere medico è stigmatizzato come un espediente per nascondere la propria inadeguatezza.

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Comorbilità: i disturbi neuropsichiatrici correlati al DDAITra i sintomi del DDAI e quelli di altri disturbi neuropsichiatrici dello sviluppo c’è una forte coincidenza.

Questi includono:i disturbi dello spettro autistico (autismo e sindrome di Asperger);il disturbo ossessivo-compulsivo;la sindrome di Gilles de la Tourette (molteplici tic).

Tutte queste condizioni possono mascherare un DDAI sottostante, dando luogo talvolta a una diagnosi incompleta o in accurata e determinando l’applicazione di un trattamento inadeguato.

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Valutazione

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Valutazione

Una valutazione completa comprende una visione globale e attenta dei sintomi del bambino e della sua storia medica, psichiatrica, psicologica, educativa, personale e familiare. A queste informazioni vengono aggiunte quelle provenienti da racconti, interviste, osservazione ed esame clinico. Quando lo si ritenga opportuno, potrebbe essere utile un esame e una valutazione eseguita da altri medici specialisti o da esperti dell’educazione

Tutto questo tempo è essenziale se si vuole ottenere un’accurata valutazione dei sintomi e dei bisogni del bambino.

Non esiste un unico test diagnostico che consenta di fare una diagnosi di DDAI ed è necessario distinguere tale patologia accuratamente da altri disturbi psichiatrici e psicologici.

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L’esperto si proporrà di considerare attentamente tutte le difficoltà e i sintomi che il bambino e la sua famiglia stanno vivendo.

Egli indagherà sulla natura precisa di questo tipo di difficoltà, compreso il periodo in cui sono comparse per la prima volta, la situazione nella quale si realizzano, i fattori che le esacerbano o che le alleviano e gli effetti che esse hanno sul bambino, sulla sua famiglia e sui suoi amici.

Valuterà ogni tentativo di trattamento dei sintomi e l’efficacia dimostrata su di essi.

Sarà interessato a ogni contatto che il bambino e il resto della sua famiglia hanno avuto con esperti del settore.

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L’anamnesi educativaA causa dell’impatto che il DDAI può avere sull’educazione, sull’inserimento sociale e sul futuro lavorativo di un bambino, è importante che l’esperto sia messo a conoscenza del sistema educativo adottato fino a quel momento. Sarà necessario considerare i progressi scolastici, il livello di abilità e la natura di ogni specifica difficoltà, la capacità di inserimento nel gruppo di pari, il modo di relazionarsi con gli insegnanti e con le altre persone di autorità e ogni ulteriore difficoltà incontrata per quanto concerne il comportamento e le possibili sospensioni ed esclusioni. L’esperto, ancora con il consenso dei genitori, potrà ritenere opportuno contattare la scuola del bambino per assumere notizie orali o scritte. Se necessariol’esperto e l’insegnante del bambino discuteranno l’eventualità di una valutazione effettuata da uno psicologo dell’educazione, dell’assistenza di un insegnante di sostegno Questo processo costituirà potenzialmente la base di quell’alleanza Psicoeducativa tra la scuola e i Servizi , che è determinante per l’adeguato trattamento del DDAI.

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L’anamnesi familiareUna parte molto importante della valutazione consisterà nella conoscenza del temperamento e della personalità del bambino, di quelle deglialtri membri della famiglia e della natura delle relazioni all’interno del nucleo familiare, ma anche in riferimento agli altri parenti. A questo proposito deve essere fatta una valutazione generale delle situazioni sociali dellafamiglia, con particolare riferimento a:l’ambiente abitativo (per esempio gli effetti di un sovraffollamento; vivere in un appartamento ai piani alti senza alcun posto per il bambino dove correre e spendere le proprie energie; vivere in una zona dove l’uso di droghe illecite e la violenza sono molto comuni); il lavoro dei genitori, la disoccupazione e l’organizzazione della cura del bambino;il sostegno sociale e il contatto tra i diversi membri della famiglia;l’interazione tra il bambino e gli altri membri della comunità, per esempio associazioni di ragazzi, gruppi di genitori e bambini;la presenza o l’assenza di preoccupazioni economiche e la consapevolezza da parte dei genitori di ogni aiuto, economico e sociale, che essi e il loro bambino potrebbero ottenere;qualsiasi difficoltà o pressione che la famiglia potrebbe aver vissuto e che avrebbe potuto avere un certo impatto sul bambino;se i servizi sociali sono coinvolti o no e come essi avrebbero aiutato il bambino e la sua famiglia.

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Interventi

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I gruppi di sostegno per i genitoriEsistono attualmente diversi gruppi di sostegno per i genitori, alcuni dei quali operano in modo indipendente, altri, invece, sono affiliati a uno o più dei vari gruppi nazionali.

Sul territorio vi sono molti gruppi che organizzano per i loro membri conferenze condotte da relatori di fama internazionale. Queste conoscenze possono far evitare perdite di tempo e inutili preoccupazioni ai genitori di bambini che hanno appena ricevuto una diagnosi o quelli che non riescono a ottenere un aiuto efficace.

Alcuni gruppi sono anche in grado di assistere i genitori nellarichiesta degli indennizzi economici che gli spettano, ma che sono stati loro rifiutati dal servizio sanitario nazionale per ragioni contro le quali è possibile presentare ricorso.

A livello nazionale questi gruppi sono impegnati sia in campagne di sensibilizzazione politica sui problemi legati al DDAI, come pure nell’organizzazione di conferenze e incontri aperti ai professionisti del settore e ai genitori. L’obiettivo che perseguono è accrescere la consapevolezza sul DDAI e sulle informazioni correlate, oltre che migliorare la qualità degli interventi offerti ai giovani pazienti con DDAI e alle loro famiglie.

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Terapie Farmacologiche

I trattamenti farmacologici hanno diviso, soprattutto negli anni scorsi, i clinici americani da quelli europei: i primi ne hanno sempre fatto largo uso, i secondi invece sono stati, fino a poco tempo fa, molto più prudenti.

Recentemente, in Europa, Italia esclusa, si sta verificando una riliberalizzazione nella somministrazione degli psicostimolanti a favore di bambini con DDAI; in Gran Bretagna, infatti, dopo essere state superate le restrizioni legislative e la diffidenza di genitori, si sta assistendo a un incremento dell’uso degli anfetamino-derivati, soprattutto metilfenidato (nome commerciale Ritalin), per fare fronte alle difficoltà comportamentali e cognitive dei bambini con DDAI.

Questo fenomeno sembra giustificato dai risultati scientifici apparsi in letteratura, secondo i quali circa il 70%-80% dei bambini con DDAI di scuola primaria trattati con il Ritalin, mostrano una riduzione di sintomi uguali o superiore al 50%.

Gli effetti del Ritalin sono visibili dopo un’ora dall’ingestione del farmaco, ma svaniscono dopo quattro ore, pertanto la maggior parte dei bambini trattati farmacologicamente assume una pillola al mattino e una a mezzogiorno.

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Rimangono ancora numerosi dubbi, tuttavia, circa gli effetti degli psicostimolanti sui soggetti con difficoltà di attenzione e iperattività; soprattutto crea imbarazzo e curiosità quel 20%-30% di persone che non rispondono positivamente al trattamento farmacologico: per spiegare questi dati trova sempre più credito l’ipotesi che esistano sottotipi di DDAI diversi da quelli riportati nel DSM-IV, che reagiscono in modo differente agli psicostimolanti.

Nei soggetti che non rispondono positivamente al Ritalin, è necessario analizzare se vi sia una componente depressiva o ansiogena associata al disturbo (in questo caso sarebbero indicati di farmaci antidepressivi, oggi gli inibitori delle monoamminossidasi), oppure se vi sia una componente aggressiva

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Training comportamentali

In linea di principio, ogni intervento che tenti di modificare il comportamento di questi bambini fa leva sui principi del condizionamento operante, secondo i quali è possibile ridurre gli atteggiamenti negativi di aumentare quelli positivi pianificando e producendo delle opportune conseguenze (rinforzi o punizioni) ai comportamenti del bambino. Dato che i soggetti con DDAI manifestano sia deficit che eccessi comportamentali, le terapie behavioriste tentano di ridurre comportamenti negativi e contemporaneamente di aumentare quelli positivi. Per applicare le contingenze positive e negative ai bambini con DDAI, solitamente si utilizzano sistemi a gettoni o a punti, all’interno di contesti controllati come la classe o l’ambulatorio del terapeuta. Tali programmi prevedono anche l’utilizzo, come forma di punizione, del costo della risposta, secondo cui il ragazzino perde dei punti qualora non rispetti determinate e concordate regole: i comportamenti soggetti al rinforzo solitamente riguardano l’orientamento al compito, l’esecuzione delle attività assegnate, l’uso di efficaci strategie cognitive e il controllo dei propri impulsi; i comportamenti che determinano la perdita di rinforzi riguardano generalmente le manifestazioni di oppositività, di distruttività o di impulsività.

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Trattamenti cognitivo-comportamentaliTali trattamenti propongono, oltre alla gestione delle contingenze (rinforzi e conseguenze negative), l’insegnamento di varie tecniche tra cui le autoistruzioni verbali, il problem solving e lo stress inoculation training (consapevolezza e controllo delle emozioni in situazioni stressanti). Durante le sedute di trattamento sono previsti anche dei colloqui e delle riflessioni con cui l’operatore cerca di aiutare il bambino ad acquisire uno stile attribuzionale interno, che gli consente cioè di percepire i propri ri sultati come il frutto dell’impegno e delle strategie messe in atto. La procedura delle autoistruzioni verbali richiede al bambino di acquisire un dialogo interno che lo guidi nella soluzione delle situazioni problematiche. Per questo motivo, l’operatore deve cercare di modellare lo sviluppo del dialogo interno attorno alle varie fasi del problem solving che consistono nel riconoscere il problema, generare soluzioni alternative, valutare l’efficacia di ciascuna soluzione, pianificare la procedura per risolvere il problema e verificare la qualità del risultato ottenuto.

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Con lo stress inoculation training si induce il bambino a osservare il proprio vissuto e le proprie emozioni, soprattutto in coincidenza di situazioni stressanti e fortemente emotigene, e successivamente si aiuta il soggetto a generare un menù di risposte alternative adeguate al contesto e in grado di sostituire gli atteggiamenti impulsivi e aggressivi.

Per mantenere un adeguato livello di motivazione al trattamento, il trainer propone al bambino con DDAI una serie di giochi e di

schede divertenti, alternati ad attività di tipo scolastico, durante i quali vengono insegnate le tecniche sopra descritte: in queste

situazioni, l’operatore ha anche la possibilità di fornire gratificazioni e rinforzi di applicare il costo della risposta qualora

il bambino non rispetti le regole concordate.

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Storicamente, molti approcci per lavorare con i bambini con ADHD sono stati di natura cognitivo-comportamentale ed hanno enfatizzato l’insegnamento delle abilità di autocontollo. Per esempio, una procedura, che può essere applicata per gestire il comportamento impulsivo, è chiamata “self-instruction”.

Questa procedura consiste nell’istruire gli individui ad utilizzare strategie “self-talk” attraverso una tecnica che suddivide la risoluzione

dei problemi in varie tappe (identificazione di un problema, la generazione di alternative, la scelta, la realizzazione e la valutazione di

una soluzione). L’ipotesi è che queste tecniche self-talk, inizialmente messe in pratica in

modo evidente, verranno interiorizzate e potrebbero compensare i deficit di autocontrollo (Hinshaw e Melnick 1992).

Il training specifico, per le tecniche di controllo della collera, è un’altra strategia di auto-gestione, in base alla quale ai bambini

viene insegnato come riconoscere i segnali interni (fisiologici) di aumento della collera, come sviluppare le tecniche per far

diminuire o indirizzare in altro modo la collera (allontanarsi dalla situazione), e come utilizzare queste tecniche in risposta alle

provocazioni altrui (Novaco 1979).

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ConcludendoLa combinazione di un intervento farmacologico per il bambino

e psicologico per la famiglia rappresenta la modalità di trattamento attualmente più accreditata; tale approccio sembra funzionale, anche se non risolutivo, per contrastare l’ampia ed

eterogenea combinazione di disfunzioni che manifesta un bambino con DDAI.

In particolare, il farmaco agisce direttamente sulle basi biologiche del disturbo mentre il parent training è in grado di

modificare l’ambiente in termini di protesi adatta alle caratteristiche del bambino, per poter affrontare le difficoltà e di

evidenziarne le capacità potenziali. Un intervento multifocale tipo cognitivo-comportamentale

(diretto a bambino, genitori e insegnanti) potrebbe consentire, in molti casi, una significativa remissione dei comportamenti

problematici

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Parent Training

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Il programma formativo è stato concepito sia per gruppi che per singoli genitori, spetta al clinico scegliere la modalità di applicazione più adeguata, in base a una serie di valutazioni. Gli incontri individualizzati permettono una maggiore supervisione e un rigoroso controllo della comprensione e dell’attuazione delle strategie educative: sono opportuni per madri e padri che non sono abituati ad affrontare situazioni nuove e complesse, così come per coloro che non si sentono a proprio agio a parlare apertamente delle difficoltà del proprio figlio e della propria famiglia. D’altro canto, gli incontri di gruppo si rivelano molto efficaci nell’alleviare il senso di frustrazione e di isolamento che spesso vivono i genitori di questi bambini particolari e problematici, permettendo loro di constatare che i loro problemi sono comuni ad altre famiglie, di condividere le difficoltà e i tentativi di intervento. Per quanto concerne, invece, la partecipazione agli incontri, è auspicabile la presenza di entrambi i genitori, o quanto meno che vi sia comprensione e supporto da parte del genitore assente nel cooperare alla fattiva applicazione delle proposte nell’ambiente domestico. Gli incontri vengono programmati generalmente con una cadenza non inferiore alle due settimane, poiché un intervallo di tempo superiore rischierebbe di far perdere ai genitori il senso del percorso intrapreso e per consentire l’applicazione nel contesto quotidiano di alcune considerazioni fatte in gruppo e ragionare su quali risultati si siano così ottenuti.

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Dal punto di vista metodologico, il corso formativo è caratterizzato da due momenti operativi:

informativo: consistente nel fornire informazioni corrette ai genitori relative alle caratteristiche del DDAI e delle possibili tecniche da poter utilizzare per la corretta gestione cognitiva e comportamentale del figlio nelle diverse situazioni;formativo: che si estrinseca nella modificazione del modo di pensare, comprendere e agire del genitore rispetto al comportamento del figlio.

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In Italia un percorso di parent training specifico per genitori di bambini con deficit di attenzione/iperattività è stato proposto e sperimentato dal professor Marzocchi insieme con i professori Vio e Offredi. Esso è suddiviso in nove incontri, della durata di circa due ore ognuno, nel corso dei quali si affrontano tematiche specifiche. Secondo tali autori, è indispensabile collegare ciascun tema agli altri trattati in precedenza e impostare sempre una discussione sui contenuti proposti per stimolare i genitori a esprimere il proprio parere in proposito, in modo da favorire una migliore e più personale acquisizione dei temi trattati.

La struttura degli incontri di parent training è la seguente:comprensione del problema;preparazione dei genitori al cambiamento;complessità del problema;scelte educative che favoriscono l’autoregolazione;individuare i comportamenti negativi del bambino;ampliare il proprio bagaglio di strategie;agire d’anticipo rispetto al problema e con un piano d’azione già in mente;genitore come abile solutore di problemi;bilancio del lavoro svolto.

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Il ruolo terapeutico della famigliaEssere genitori di bambini affetti da DDAI significa avere a che fare con un disturbo che, pur avendo implicazioni di tipo biologico-funzionale, si sviluppa e si manifesta in modo sostanzialmente diverso in base all’ambiente educativo e ai sistemi relazionali con cui interagisce.

Da qui l’esigenza dei genitori di imparare a gestire il figlio, attraverso tecniche comportamentali e la predisposizione di un

ambiente domestico che ne favoriscano la riflessività e l’autoregolazione.

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Il professor Russel Barkley, noto studioso di DDAI che da oltre vent’anni si è dedicato con impegno allo studio di

questo disturbo, suggerisce 10 principi guida che i genitori di un bambino con deficit di

attenzione/iperattività dovrebbero osservare nella gestione quotidiana del proprio figlio.

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1. Fornire al bambino feedback e ricompense immediate. I bambini DDAI (rispetto ai bambini normali) hanno bisogno di

continui feed-back positivi e ricompense immediate, quali complimenti, manifestazioni fisiche di affetto, regali, privilegi. Ciò che è importante è che si sottolinei in modo esplicito e preciso al

bambino ciò che ha fatto di positivo per meritarli. Allo stesso modo, quando manifesta un comportamento sbagliato, occorre fornire al bambino un feedback rapido (per bloccare eventuali

conseguenze della sua azione) e negativo, consistente nella privazione di un premio o di un privilegio di cui dispone quel

giorno.

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2. Dare al bambino feedback più frequenti. I bambini DDAI necessitano non solo di feedback rapidi ma anche frequenti. La tenacia dei genitori

dovrà essere conservata, soprattutto, quando stanno provando a cambiare in modo significativo una cattiva condotta. Durante il periodo

di lavoro, il genitore dovrà elogiare frequentemente il bambino e invogliarlo a rimanere sul compito fornendogli parole di

incoraggiamento al fine di continuare a lavorare con forza. Certo non è facile per un genitore, impegnato nelle proprie attività e responsabilità, svolgere un’attività di controllo così assidua sul bambino ma piccole e semplici strategie possono aiutarlo a ricordare l’impegno: porre dei piccoli messaggi scritti dentro casa, in luoghi dove spesso si poggia il nostro sguardo come all’angolo degli specchi dei bagni, sull’orologio

della cucina, oppure impostare il timer della cucina a vari e piccoli intervalli o usare dei dispositivi appositamente studiati posti su una

cinghietta o in una scatola che vibra a intervalli programmati.

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3.Utilizzare un alto numero di mezzi e premi. Occorre utilizzare un alto numero di mezzi e premi, proprio per soddisfare la maggior esigenza di gratificazione tipica di questi

bambini. La natura stessa del disturbo rende loro difficile apprezzare rinforzi più astratti e personali, perciò sono preferibili

incoraggiamenti esterni e materiali. Questi rinforzi, per non perdere efficacia, devono essere vari e via via più forti: da

manifestazioni di affetto, premi, dolci, fino a ricompense materiali come piccoli giocattoli o cose da collezionare.

4. Usare incentivi prima della punizione. La punizione da sola, cioè, in assenza di buone ricompense e feedback positivi, non è

molto efficace e porta a risentimento e ostilità. I genitori devono frequentemente ricordare la regola il positivo prima del negativo

partendo dal presupposto che il bambino DDAI riceve già abbastanza punizioni e umiliazioni da coloro che non

comprendono il suo disturbo.

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5.Sforzarsi di raggiungere la coerenza. È importante che i genitori cerchino di essere coerenti con il figlio, evitando di non

contraddirsi nel tempo e di scoraggiarsi troppo presto nelle situazioni difficili. Devono tentare, inoltre, di rispondere sempre allo stesso modo anche in contesti diversi, accertandosi di stare

usando entrambi gli stessi metodi e criteri. Essere imprevedibili o variare l’imposizione delle regole, di fatto, genera molta confusione nel bambino che già ha difficoltà a pensare e

pianificare i propri comportamenti e reazioni.6.Azioni piuttosto che parole. Le carenze nell’autocontrollo e nelle funzioni esecutive rendono abbastanza arduo a questi bambini concretizzare le raccomandazioni orali, per questo

risultano molto più efficaci conseguenze e feedback concreti.

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7.Prevedere le situazioni problematiche. Il genitore potrà preservarsi dall’angoscia anticipando le situazioni problematiche, considerando prima del

tempo il modo migliore per affrontarle, sviluppando un piano di azione da condividere con il figlio e quindi seguendolo passo passo.

8. Assumere la prospettiva di dover affrontare una disabilità. Di fronte alla difficoltà di gestire il comportamento del bambino, i genitori possono perdere

di vista le reali difficoltà provate dal figlio: si sentono arrabbiati, irritati, imbarazzati o frustrati quando i loro tentativi iniziali non sembrano funzionare.

Rischiano inevitabilmente di fare paragoni con i fratelli o con altri bambini. Una modalità per rimanere tranquilli in circostanze difficili consiste nel provare

a mantenere una certa distanza psicologica dai problemi del bambino, ponendosi come un estraneo che valuta la situazione per ciò che realmente

rappresenta. Questo permette di rispondere in modo più ragionevole, gentile e razionale rispetto a quanto si sarebbe fatto lasciandosi turbare dai problemi

del figlio. Naturalmente ciò è molto difficile, e, quindi, può essere utile ricordare a se stessi la disabilità del bambino ogni giorno, specialmente,

quando si sta provando ad affrontare un comportamento distruttivo.

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9.Non personalizzare il disturbo. I genitori non devono mai permettere che il loro senso di autostima e di dignità personale risultino intaccati. È importante cercare sempre di mantenere,

per quanto possibile, una certa distanza psicologica dai problemi del figlio. Mantenere la calma è un fattore essenziale, e per

questo motivo, talvolta, diventa necessario allontanarsi materialmente da quella situazione per un momento, andando in un’altra stanza per riprendere le risorse mentali e il controllo sui

propri sentimenti.10. Applicare il perdono. È importante sforzarsi di perdonare il proprio figlio per gli errori commessi nell’arco della giornata, se stessi per le possibili mancanze commesse, evitando qualsiasi

autodenigrazione e gli altri, cioè quelle persone che, non comprendendo il disturbo del bambino hanno agito in modo

offensivo verso di lui o verso i genitori stessi.

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Risulta fondamentale nell’applicazione di questi principi:

fermarsi prima di reagire a una condotta scorretta del bambino;usare questa pausa per riflettere sui principi illustrati;scegliere una risposta da fornire al bambino che sia coerente con i principi.