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Spesso dimenticata dai più disattenti, a volte trascurata anche dagli appassionati e dagli addetti ai lavori, l'Arte del manifesto rimane strumento essenziale di comunicativa assoluta a cavallo tra il IX ed il XX secolo....bisognava meglio sviscerarla

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La storia del manifesto Il manifesto é un particolare mezzo della comunicazione visiva, caratterizzato da un supporto cartaceo di grandi dimensioni su cui vi é un apparato verbale e iconico. Oggi il manifesto non é più l'unico protagonista dei mezzi pubblicitari, perché sono veicolati da più momenti: spot televisivi, radiofonici, pagine pubblicitarie. E comunque il manifesto ha vita effimera. La sua funzione é quella di attirare immediatamente il fruitore, in particolar modo attraverso l'uso del colore. Il manifesto può avere carattere commerciale per imporre l'acquisto delle merci, o civile per imporre un comportamento alla collettività (ad esempio la pubblicità progresso o un manifesto elettorale). E' un supporto materiale su cui vi sono segni verbali e figurativi. Componente figurativa per richiamare l'attenzione e componente verbale con una funzione informativa ed argomentativa.Caratteristiche:E' autonomo, cioé non dipende da mezzi comunicativi più complessi (tipo annuncio, giornale o periodico) • La sua circolazione non dipende da altri prodotti o merci (tipo le etichette da imballaggio) • E' concepito presupponendo l'esistenza di una superficie • E' a carattere effimero, non duraturo • Quasi tutta la totalità della produzione passa attraverso la riproduzione, eccetto artefatti a copia unica.

Troviamo il manifesto già nell'antica Roma, quando le autorità facevano largo uso di comunicazioni scritte rivolte al popolo, comunicazioni che venivano incise o dipinte su tavolette, o scolpite su lapidi quando erano destinate ad avere lunga vita. Anche i precursori del giornale assumevano il carattere dell'avviso: gli Acta Diurna o Acta Urbis, istituiti da Cesare per render noti al pubblico gli atti del Senato, erano costituiti da tavolette di cera o dipinte, sulle quali si eseguivano le iscrizioni, e venivano poi esposte all'ingresso del Senato. Il manifesto si generalizzò solo nel XV secolo con l'invenzione della stampa e diventò nel '900 lo strumento principale della pubblicità. Vi si dedicarono artisti come J.Chéret, Toulouse-Lautrec, e disegnatori specializzati che portarono alla formazione della moderna arte grafica. L'avviso ufficiale nacque in Francia nel XVI secolo. Perché la Francia? La Francia e in particolar modo Parigi rappresentano intorno alla metà dell'ottocento, a livello Europeo il centro focale del modello urbano della città. E' quindi dentro la città industriale, la città delle manifatture che vanno letti i manifesti di Cheret e Lautrec: due esponenti del post-impressionismo, figure predominanti per lo sviluppo del linguaggio pubblicitario.

Jules Cheret: Padre del manifesto moderno, illustratore influenzato dalla cultura barocca e rococò. Inventore della pin-up, la figura femminile sorridente e ammiccante per promuovere un prodotto. Nacque a Parigi il 31 maggio 1838 e morì a Nizza il 23 settembre 1932. Produsse un'enorme quantità di lavori, circa 1.200 manifesti. Nel manifesto egli cercava l'effetto immediato, attraverso un motivo centrale allegro e colorito con una figura di donna per catturare l'attenzione. Con il suo stile vivace e frivolo, Cheret seppe cogliere il clima dei salotti parigini, delle canzoni e delle danze.

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I MANIFESTI CHE HANNO FATTO EPOCAArte o pubblicità?Se pensi che sia blasfemo parlare di arte quando si affronta un tema come la pubblicità, dai un'occhiata ai manifesti che hanno segnato la nostra storia.A partire dalla seconda metà dell'ottocento infatti, si incominciò ad affidare la realizzazione dei manifesti pubblicitari agli artisti più in voga, tanto che dipingerli divenne per quest'ultimi un vanto. Il risultato? Oggi, molte di quelle affiches sono considerate dei veri capolavori.

FantaisiesJules Chéret, 1876 Champagne E. Debray Pierre Bonnard Salon des cent Eugène Grasset Inaugurazione del SempioneLeopoldo Metlicovitz, 1906 CeiranoMarcello Nizzoli BoreaLeonetto Cappiello, 1923 Bitter CampariFortunato Depero Alfa Romeo Anonimo Amaro CoraAnonimo BantamBoccasile, 1940 BarbisioAnonimo BolzanoAnonimo, 1960 Bruant 1Toulouse-Lautrec Bruant 2Toulouse-Lautrec CampaniCodognato, 1952 CarmosineV. Van der Ver, 1913 CartusiaAnonimo, 1948 CerviniaMusati, 1952 Chereau1890 ColussiEMKA, 1949 ColussiEMKA Elisir del prete

Elixir De Kempenaar1880 FacisArmando Testa, 1956 FacisArmando Testa, 1960 Fémina 11902 Fémina 21902 Fémina1914 FiatG. Romano, 1927 FiatDe Chirico Formaggino MioBoccasile, 1949 GincanaAnonimo, 1959 Guzzi

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1952 Jane AvrilToulouse-Lautrec Toulouse-LautrecLaurati1925 LuluAnonimo M.lle EglantineToulouse-Lautrec, 1896 MantovaniAnonimo, 1900 Massé Pere e filsAuzolle, 1930 May MiltonToulouse-Lautrec, 1895 Metlicovitz1910 Moulin Rouge Toulouse-Lautrec Musee de l'affiche Folon, 1978 Noveltex1950 PaglieriBoccasile, 1952 Perugina 1 F. Seneca, 1963 Perugina 2 F. Seneca, 1963 Piaggio1950 Piaggio1960 PirelliArmando Testa, 1954 PirelliAnonimo 1 PirelliAnonimo 2 PirelliDudovich PirelliFreccia PirelliNanni PirelliPrampolini Punt e mesArmando Testa, 1960 RicordiCorbella, 1914 RizziAnonimo, 1952 SaphirStephano, 1960 TalmoneT. Bonfante, 1963 Victoria Hotel1900 Gustav Klimt

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Adolf Hohenstein

Adolf HohensteinNato a San Pietroburgo da Julius, ingegnere forestale, e Laura Irack, Adolf Hohenstein cresce a Vienna, dove compie gli studi.Si stabilisce a Milano intorno al 1880, lavorando come scenografo e come costumista per La Scala e per altri teatri. Incontra l'editore musicale Giulio Ricordi e nel 1889 inizia a lavorare per le Officine Grafiche Ricordi, di cui diviene in breve tempo direttore artistico curandone sia la parte grafica (suoi i manifesti per La bohème, Tosca, per la pubblicità della Campari, della Buitoni e del Corriere della Sera, insieme a innumerevoli cartoline, copertine di spartiti e libretti), sia la parte teatrale (scene e costumi per opere, tra cui Falstaff di Verdi (1893) e gran parte delle opere di Puccini, dai bozzetti di Le Villi al manifesto di Madama Butterfly (1904).Alla Ricordi ha come collega Giovanni Maria Mataloni e come allievi Leopoldo Metlicovitz e Marcello Dudovich.Nei primi anni del Novecento, dopo aver sposato la vedova Edwig Plaskuda, compie spostamenti sempre più frequenti tra l'Italia e la Germania fino al 1906, anno in cui, dopo aver vinto il concorso per il simbolo grafico e la cartolina bandito nell'ambito dell’Esposizione per il Traforo del Sempione, lascia definitivamente Milano per Düsseldorf, per poi trasferirsi a Bonn nel 1918. Gli anni tedeschi lo vedono impegnato in particolare come pittore in molte esposizioni e nella decorazione di numerosi edifici, fra cui uno dei primi in cemento armato costruito in Renania (1911).Muore a Bonn il 12 aprile 1928.

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Eugene Grasset

Eugene Grasset(1845-1917)Grasset si è mosso verso Parigi dalla sua Svizzera natale all'età di 26 dove ha provato la ceramica, il disegno della mobilia, la tappezzeria ed i monili. In 1877 si è girato verso il disegno grafico producendo tutto dalle cartoline ai francobolli. I manifesti ed i pannelli decorativi si sono transformati in rapidamente nel suo sostegno.

"Grasset ha fatto molto per introdurre il concetto e pratica dell'arte Nouveau in Francia. Infatti, Grasset 'ha portato l'arte Nouveau al manifesto: doveva transformarsi in in un veicolo in tutto il mondo dell'arte di pubblicità. In Francia, Grasset era il pioniere di un tentativo, come quello di William Morris in Inghilterra, di riconciliare l'arte e l'industria... interessata poichè era in tutte le arti applicate lui è venuto naturalmente al poster'( Weill p.32 ) che questa fetta dettagliata del exotica precisa nel testo che il grande magazzino di Clichy del posto è gli importatori di premiere di merce orientale nell'intero mondo. Ma l'abilità artistica del Grasset fa la vanteria sembrare quasi ridondante come che la nozione già è stata trasportata brillantemente nel disegno che ha passato con parecchi printings ed edizioni... "l'editore il Ed. Monnier & Cie. ha uscito con una serie di romanzi romantici per cui Grasset ha preparato questa immagine memorable che eloquently ricapitola l'età del romanticism: una donna giovane in velluto ed in merletto, profondamente assorbiti in una vita reale limitata immaginaria. Anche con lei indietro li ha accesi, i suoi yearnings chiaramente sono espressi. Grasset tratta il suo oggetto con massima discrezione, tuttavia riesce glie li ha lasciati dentro sopprime i longings. Il manifesto è stato usato per l'intera serie, con i nomi di diversi volumi cambiati giustamente nell'oro

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Giuseppe Riccobaldi del Bava

Giuseppe Riccobaldi del BavaE' del 1928 La Rampa realizzata da Giuseppe Riccobaldi del Bava, opera di raffinata stilizzazione grafica con chiare reminiscenze futuriste, ispirata alla rampa d'accesso dello stabilimento del Lingotto. Dello stesso autore è il manifesto per la Littorina Fiat Riviera - Sestrieres, progenitrice del Pendolino-Eurostar, che nel 1934 reclamizza la nuova motrice ferroviaria (d'incredibile velocità, in cinque ore collegava Sestrieres a Ventimiglia) con stile riecheggiante sia il cubismo sia il futurismo.

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Jules Cheret

jules cheretuIn Jules 1858 Chéret ha stampato il suo primo manifesto di colore in Francia. Infine è stato conosciuto come "il padre della litografia moderna", come pure "il padre del manifesto". La pubblicità è stata introdotta al mondo di colore. Chéret ha rivoluzionato lo sguardo dei manifesti, usando le illustrazioni come le caratteristiche dominanti mentre riduceva il testo ad un ruolo esplicativo secondario. I metodi del Chéret hanno provocato i manifesti commerciali visivamente affascinanti che erano comprensibili anche alla gente illetterata. Come la maggior parte dei mezzi di stampa, le arti grafiche dipendevano dall'invenzione del torchio tipografico. Ciò ha tenuto conto la fabbricazione in serie di tutti i figure e formati dei manifesti pure. La tecnica che è usata per stampare i manifesti, è denominata la litografia. Ciò sta stampando disponendo l'inchiostro su una serie di sculture della pietra o del metallo ("lithos") che sono realmente rilievi delle regioni di colore sul manifesto. L'arte della litografia è stata inventata da un Ceco chiamato Alois Senefelder in 1798 in Austria. Entro 1848, il processo era stato raffinato al punto che era possibile stampare 10.000 cesoie all'ora, tuttavia, Cheret era la prima persona per produrre i manifesti nella massa con la litografia.Mentre Senefelder ha aperto la strada al campo della litografia e certamente molti "manifesti" sono stati generati prima dell'arrivo di Cheret, è Cheret si merita di essere chiamato "il padre del manifesto". In primo luogo, i suoi contributi al processo tecnico hanno permesso il colore veloce che stampa nel volume. In secondo luogo, ha svolto un ruolo importante nella trasformazione della natura estetica del manifesto, dandogli un'identità e un'autonomia da tutti i altri campi dell'arte pittorica. Cheret è stato conosciuto per i suoi manifesti arancioni, blu e verdi luminosi popolari del corridoio di musica. Ha realizzato che un manifesto non ha dovuto mostrare il prodotto; soltanto ha dovuto produrre "una reazione di divertimento, di curiosità, dell'eccitamento o di una certa sensibilità positiva che contribuirà a fare i giusti punti, ''come Harold Hutchinson scrive" nel manifesto: Una Storia Illustrata Da 1860''(Viking). Hutchinson nota quello da Cheret 1880 era così buono al suo mestiere che un critico di arte de Parigi ha scritto, `` là era mille volte più talento nel più piccolo dei manifesti del Cheret che nella maggior parte delle immagini sulle pareti del ''del salone de Parigi.Un secolo fa, Barclay detto, "ogni parete a Parigi è stato affittato fuori per i manifesti, in

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modo da il governo ha dovuto passare un invio di fattura di limitazione di legge al ''specifico di zone.In 1881, una legge è stata approvata che ha generato il funzionario "che invia dispone" e un'intera industria è stata generata. Ogni manifesto ha richiesto un bollo di imposta indicare che una tassa era stata pagata la destra inviarla. Sulla base di metraggio quadrato, la tassa ha condotto all'approvazione dei formati standard. I advertisers hanno funzionato con gli artisti, stampatori ed aziende di invio per generare, inviare ed effettuare il manifesto sulla via. Il reign del manifesto ha cominciato si sbiad dopo 1900. Per la maggior parte degli artisti che avevano aperto la strada al campo (Cheret compreso), la mania del manifesto ha rappresentato semplicemente una fase di sviluppo per i loro talenti. Molti degli artisti del manifesto più prominenti hanno entrato in altri campi di ricerca e lavoro. Tale è il caso con Jules Cheret che, dopo avere prodotto più di 1000 manifesti nella sua carriera illustrious, si è girato verso la pittura. In 1906, la sua assenza dalla scena del manifesto di Parisienne si è rammaricata da molti. Parisiennes potrebbe essere sentito spesso che detto "perchè gli occhi dei passers-by sono offenduti da tali pubblicità spaventose? L'cOh! per i buoni vecchi giorni dei manifesti del Cheret!". In 1928, il governo del francese ha inaugurato il museo di Chéret a Nizza. In 1932, in questa stessa città, Cheret è stato sormontato con cecità ed è stato morto. Jules Cheret ha passato via all'età di 96, lasciante un'eredità nel mondo dell'arte competuto in da pochi. Oggi i suoi manifesti, le cartoline, le pitture ed altre opere d'arte sono alcuni degli articoli raccolti dal periodo.

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Leopoldo Metlicovitz

Leopoldo Metlicovitz(Trieste 1868 - Ponte Lambro/Como 1944)Pittore, cartellonista, illustratore e scenografo teatrale di origine oriundo-dalmata (il cognome originario della famiglia era Metlicovich), inizia a lavorare giovanissimo; a quattordici anni riesce a mantenersi fuori di casa viaggiando per l'Italia probabilmente grazie all'attività commerciale del padre Leopoldo, che possiede una ditta di minuteria meccanica fine a Trieste.Se della madre dell'artista si ignorano le origini e l'influenza esercitata sul figlio, il lavoro del padre può avergli aperto la strada verso una sapienza tecnica che ben presto diviene apprendistato tradotto in un percorso formativo che si snoda tra Udine e Milano. A Udine infatti impara il mestiere di aiuto-litografo e viene notato da Giulio Ricordi, che lo invita a trasferirsi a Milano.Qui, dopo un breve periodo di collaborazione con la ditta Tensi specializzata nella produzione di carte e lastre per la fotografia, nel 1892 entra definitivamente alle Officine Grafiche Ricordi in veste di direttore del reparto tecnico.Metlicovitz affinerà la tecnica litografica sulla base degli esempi di importanti cartellonisti di Casa Ricordi (Hohenstein, Mataloni e Villa), ma inizierà presto la sua attività di cartellonista autonomo nel 1896: La Sera (1892) e Distillerie Italiane (1898) sono tra i primi manifesti firmati.

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Marcello Dudovich

Marcello Dudovich(Trieste, 1878 - Milano, 1962)Marcello Dudovich, cartellonista, illustratore, decoratore e pittore nasce il 21 marzo 1878 a Trieste e si forma nel clima artistico triestino e mitteleuropeo.Dopo aver frequentato le scuole "Reali" ed essere stato introdotto dal cugino Guido Grimani negli ambienti artistici della sua città natale, si trasferisce attorno al 1898 a Milano - luogo deputato allo sviluppo dell'istruzione professionale, dell'arte applicata all'industria e quindi della moderna pubblicità - dove viene assunto alle Officine Ricordi come litografo dal conterraneo e all'epoca già affermato cartellonista Leopoldo Metlicovitz. Questi avverte l'eccezionale talento del giovane cui affida, oltre al lavoro di cromista, quello di pittore incaricandolo di eseguire dei bozzetti. Nel 1899 il litografo Edmondo Chappuis lo invita a Bologna, dove inizia a produrre cartelloni pubblicitari e, in seguito, copertine, illustrazioni e schizzi per varie riviste - tra cui "Italia Ride" (1900) - ed è tra i fondatori di "Fantasio" (1902), svelando un altro aspetto della sua poliedrica personalità artistica. Nel capoluogo emiliano conosce anche la sua futura moglie, Elisa Bucchi.Nel 1900 è premiato all'Esposizione Universale di Parigi con la medaglia d'oro e negli anni successivi collabora alle illustrazioni degli albi strenna di "Novissima" (Milano e Roma, 1901-1913) e dal 1906 a "Il Giornalino della Domenica" di Firenze. Tra gli altri periodici che recano la sua firma ricordiamo "Varietas", "Ars et Labor", "Secolo XX" (Milano, 1907-1933) e le copertine a colori de "La Lettura" e "Rapiditas".Dopo una breve parentesi genovese, nel 1905 è nuovamente a Milano presso le Officine Grafiche Ricordi ove continua la produzione di manifesti, tra i quali restano famosi quelli per i magazzini Mele si Napoli (1907-1914) e per Borsalino, premiato nel 1911.Nel 1906 vince il concorso per il manifesto celebrativo del Traforo del Sempione, che però non verrà mai dato alle stampe.Nel 1911 è chiamato a Monaco di Baviera dove sostituisce Reznicek come disegnatore nella redazione di "Simplicissimus" per illustrare la moda e la mondanità. Resta nella città bavarese - dove sposa Elisa Bucchi e nasce la figlia Adriana - fino al 1914, pur proseguendo l'attività per Ricordi e viaggiando per la Francia e l'Europa cercando spunti per le sue tavole. Questa felice stagione si interrompe con lo scoppio della prima guerra mondiale; Dudovich collabora ai fascicoli antiaustriaci "Gli Unni... e gli altri!" (1915), di G. Antona Traversi, a "Pasquino", a "Satana Beffa" (1919) e quindi a "Illustrazione Italiana" (1922).Tra il 1917 e il 1919 lavora a Torino per varie

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aziende (Fiat, Alfa Romeo, Pirelli, Carpano e Assicurazioni Generali) producendo anche molti cartelloni per il cinema.Tra il 1920 e il 1929 realizza i manifesti per "La Rinascente" di Milano, stampati dalle Officine d'Arti Grafiche Gabriele Chiattone, e nel 1922 diventa direttore artistico dell'Igap.Nel 1920 e 1922 partecipa anche alla Biennale di Venezia. Nel 1930 esegue il famoso manifesto per i copertoni Pirelli. Nel 1925 è presente a Monza alla II Biennale di Arti Decorative e a Parigi all'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne, dove espone cartelloni eseguiti per Chappuis nella sezione italiana di "Arte della via", meritando la medaglia d'oro.Dalla fine degli anni Venti prevale l'attività di illustratore dove Dudovich accoglie alcuni assunti novecentisti nella resa delle masse con un accennato chiaroscuro, pur senza abbandonare la tradizionale eleganza del suo segno grafico.Negli anni Trenta collabora a "Dea" (1933), a "Mammina" (1937), a "Le Grandi Firme" e a "Il Milione" (1938). Tra il 1931 e il 1932 realizza la decorazione a fresco della sala mensa del Ministero dell'Aeronautica a Roma. Nel 1936 e nel 1937 soggiorna in Libia, dove torna nel 1951. Nel 1945 muore la moglie, alla quale sopravvive per diciassette anni, morendo per emorragia cerebrale il 31 marzo 1962 a Milano.

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Marcello Nizzoli

Marcello Nizzoli(Boretto, 1887 – Camogli, 1969) è stato un designer, architetto, pittore e pubblicitario italiano.Dopo essersi diplomato all'Istituto d'Arte di Parma ha iniziato a farsi conoscere come pittore, unendosi al gruppo Nuove Tendenze e realizzando manifesti pubblicitari per la Campari.Negli anni trenta ha insegnato all'ISIA di Monza.Ha preso parte all'allestimento di varie mostre tra cui la Mostra della Rivoluzione Fascista (1932), la Mostra dell'Aeronautica (1934), il Salone della Vittoria alla VI Triennale di Milano del 1936.La sua fama è legata principalmente all'Olivetti dove alla fine degli anni trenta iniziò a collaborare come pubblicitario e in seguito designer, realizzando tra l'altro la famosa Lettera 22.Parallelamente lavorò come architetto realizzando numerosi edifici come quello per la ditta Olivetti. Nel 1966 ricevette dal Politecnico di Milano la Laurea Ad Honorem in architettura.

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Mario Borgoni

Mario Borgoniun maestro dell'affiche tra Liberty e Deco, tra Marche e Europa Pesaro 1869 - Napoli 1936Pittore e cartellonista. Insegnante di Ornato all'Istituto di Belle Arti di Napoli, dal 1905 collabora con lo "Stabilimento Richter & C." di Napoli, uno dei maggiori produttori italiani di manifesti, divenendone il direttore artistico. E' creatore di numerose e felicissime composizioni grafiche per pubblicità turistica, pubblicità di prodotti industriali e di servizi, pubblicità di eventi, propaganda patriottica e politica.

Sono celebri soprattutto le sue affiche per la pubblicità di località turistiche italiane ed europee (tra cui Nizza e Montecarlo). Negli anni Venti realizza una serie numerosissima di cartelloni per ENIT/FFSS (Ente Nazionale Industria Turistica e Ferrovie dello Stato) e per alberghi di gran lusso: "Ferrara - Castello Estense", "Excelsior Palace Hotel - Venice Lido", "Taormina- Teatro greco", "Amalfi", "Sorrento", "Portofino", "Stresa", "Teatro di Pompei", "Napoli", "Hotel Royal - Bordighera". Negli anni Trenta si stabilisce per sei anni a New York, ove continua l'attività, fino al suo rientro definitivo a Napoli, ove muore. Mario Borgoni fu autore di numerose e felicissime composizioni grafiche; consistente è, infatti, il corpus di suoi manifesti presente presso la Raccolta Salce del Museo Civico di Treviso. Tali opere, di cui abbiamo le riproduzioni fotografiche, versano per la maggior parte in buono stato di conservazione e ci hanno permesso di constatare l'ottima qualità della produzione dell'artista pesarese. E' risultata rilevante la varietà dei temi e, dunque, il numero dei committenti per i quali il Borgoni ideò i suoi manifesti. Le affiches da lui ideate sono state infatti realizzate per promuovere innumerevoli località turistiche, italiane ed europee, per incentivare il Prestito Nazionale di guerra e quindi di pace, per pubblicizzare numerose aziende produttrici di beni di consumo e per divulgare, infine, eventi e manifestazioni di ogni genere. I committenti più importanti, che affidarono la loro notorietà nelle mani dell'artista pesarese, furono l'ENIT (l'Ente Nazionale dell'Industria Turistica) e le Ferrovie dello Stato che diedero diffusione internazionale alle sue opere.

Le opere di Mario Borgoni Nota di Gina Tedesco, gruppo di lavoro del LABORATORIO DI STORIA E TECNICA DELLA PUBBLICITÀ Pesaro, 11 maggio 2001

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Le affiche presenti nella Raccolta Salce coprono circa un trentennio della produzione del nostro artista pesarese e appartengono al periodo in cui egli collaborò con lo stabilimento Richter & C. di Napoli, del quale divenne direttore artistico, dando un'impronta modernista, di qualità, alla produzione di manifesti di questa officina. Durante tale lasso di tempo , sono riscontrabili i cambiamenti intervenuti nello stile grafico dell'autore, che seppe rinnovare il suo linguaggio visivo attingendo alle tendenze artistiche dell'epoca, dal liberty all' art decò fino a giungere alle soglie del futurismo. Il Borgoni fu un ottimo interprete della corrente liberty, ed è infatti imputabile al periodo della diffusione di questa particolare corrente artistica la sua migliore e più prolifica produzione di manifesti.Tra gli obbiettivi del nostro laboratorio vi è stato quello di analizzare il contesto storico e artistico in cui operò il Borgoni, al fine di raffrontare le sue creazioni con le opere dei grandi maestri della comunicazione cartellonistica dell'epoca, quali il triestino Dudovich, il Mataloni, il russo Hohenstein e il Metlicocovitz. Grazie a questo raffronto siamo riusciti a constatare che, benché fosse pratica comune attingere al repertorio iconografico dei cartellonisti più famosi, il nostro artista riuscì a dare valore aggiunto ai modelli ai quali si ispirò, reinterpretando tali pattern e dando loro una nuova e personalissima veste grafica. Una ulteriore e fondamentale tappa del nostro percorso, effettuata grazie all'intervento del prof. Boccia Artieri, è stata l'analisi critica delle opere del Borgoni, analisi che ci ha consentito non solo di apprezzare la qualità del suo stile, ma anche di individuarne le matrici di riconoscimento.

Primo elemento tipico delle sue creazioni, è la presenza costante del cromatismo rosso; nei manifesti per il prestito nazionale è il rosso della bandiera italiana che evoca il sangue e il dolore dei combattenti, nelle affiche turistiche è il rosso romantico del cielo al tramonto che fa da cornice agli scorci delle città balneari, in altri manifesti ancora è semplicemente un guizzo di colore e perciò ancor più significante in quanto non necessariamente dettato dal contesto.

Un'altra costante è l'ambientazione paesaggistica, alla quale il Borgoni non rinuncia anche là dove essa non è necessariamente richiesta dalla natura pubblicitaria del messaggio. Numerosi sono infatti i manifesti creati per promuovere prodotti commerciali nei quali il prodotto pubblicizzato emerge da uno sfondo paesaggistico che spesso va a connotare il luogo di produzione del prodotto stesso.

Ulteriori elementi tipici dello stile borgoniano sono rappresentati dalla raffinatezza dei componimenti, dal grande equilibrio grafico fra testo e immagine e infine dalla resa del movimento. Tale movimento che

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nelle immagini viene raffigurato grazie a sapienti giochi di luci e ombre, a contrasti che vanno a creare efficaci effetti di tridimensionalità, nel testo, viene reso grazie alle diverse grandezze del lettering e alla differente disposizione dei blocchi che forniscono un ritmo e un percorso di lettura degli stessi.

Immancabili protagoniste dei manifesti stile liberty del Borgoni sono giovani donne, antesignane testimonial pubblicitarie, le cui fattezze mutano in funzione del contenuto trasmesso dal messaggio; possiamo dunque riscontare un modello femminile aulico, attinto all'iconografia della carta moneta, e un ideale femminile più moderno dagli inequivocabili riferimenti alla tipologia delle popolane napoletane.

Componente irrinunciabile dei manifesti borgoniani è, infine, la presenza di grovigli lineari, di arabeschi che vanno a formare una sorta di quinte, la cui funzione sembra essere quella di creare un varco fra il "mondo reale" dell'osservatore e quello rappresentato dall'affiche. Dinanzi ai manifesti del Borgoni, all'iperrealismo delle scene raffigurate, si ha sì la consapevolezza di trovarsi di fronte a un artefatto grafico con missione informativa, propagandistica e commerciale, ma al tempo stesso, il fascino di queste "sirene di carta" trascina colui che le osserva al loro interno, lo coinvolge emotivamente fino a renderlo pienamente partecipe. I personaggi presenti nelle affiche Borgoniane non occupano mai una posizione centrale, non guardano in faccia il soggetto che si pone loro dinanzi, , ma gli lasciano spazio affinché possa inserirsi nel loro mondo.

Alla luce della densità di significati e di tematiche, che a nostro avviso, emerge dalle opere del Borgoni, e data la riconoscibilità delle stesse all'interno del panorama di affiches di inizio secolo, riteniamo che tale materiale si presti perfettamente all'allestimento di una mostra che abbia come finalità quella di far conoscere e di divulgare la produzione cartellonistica di questo autore ingiustificatamente dimenticato.

Mario Borgoni

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Plinio Codognato

Plinio CodognatoVerona 1878 - Milano 1940Pittore, grafico e cartellonista. È allievo di Mosè Bianchi all'Accademia Cignaroli di Verona. Si dedica alla grafica pubblicitaria a partire dal 1904 (manifesto per la Fiera di Verona); trasferitesi a Milano nel 1919, si specializza nella reclame 'motoristica' e viene definito «il cantore della velocità» per il fascino che esercitano su di lui tutti i mezzi di trasporto e per la bravura con cui realizza circa cento cartelloni riguardanti auto, moto e motoscafi, tutti caratterizzati da colori molto vivaci uniti alla ricerca della sintesi e del senso della velocità. Il suo nome è legato principalmente alla Fiat con la quale collabora per oltre vent'anni, creando alcuni manifesti considerati dei veri capolavori in campo pubblicitario come il Fiat in pista (disegnato nel 1923 dopo le vittorie della vettura tipo 804 al Gran Premio di Francia pilotata da Felice Nazzaro ed al Gran Premio d'Italia guidata da Pietro Bordino); come il Centauro che, sovrastando il Lingotto, solleva con una mano la 509; e come il Piedistallo su cui poggia la 514. Il più noto cartellone di Codognato è senza dubbio il Balilla nel quale la figura del ragazzine fascista predomina rispetto all'immagine della vettura posta in secondo piano.(Cat., Il manifesto FIAT 1899 - 1965, a cura di A. C. Quintavalle, mostra GAM Torino, Ed. GAM, Torino 2001) Cartellonista e grafico pubblicitario. Compie i suoi studi presso l'Accademia Cignaroli di Verona, allievo di Mosè Bianchi. Nel 1905 ottiene la medaglia d'oro e il premio "Ricordi" alla I Esposizione d'Arte nella Pubblicità. Nel 1919 inizia la sua collaborazione con i maggiori stabilimenti grafici di quel periodo, in particolare con le Arti Grafiche Cohen, le Officine Ricordi, l'Agenzia Gros-Monti, l'Istituto di Arti Grafiche di Bergamo. E' stato definito "il cantore della velocità" nel manifesto pubblicitario, per il fascino esercitato su di lui dai nuovi mezzi di trasporto (auto, treni, motociclette).(Mughini G., Scudiero G., Il manifesto pubblicitario italiano, Nuova Arti Grafiche Ricordi, Milano 1997)Studiò alla scuola veronese Brenzoni, divenendo in seguito allievo del pittore Mosé Bianchi, ma abbandonando ben presto la pittura per l'illustrazione pubblicitaria, a cui si dedicò per oltre 35 anni, creando quasi 150 manifesti di

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Plinio Codognato

carattere commerciale e sportivo. Si distinse nel 1904 con un vivace cartellone per la Fiera dei cavalli di Verona (utilizzato per diversi anni) e con una serie di interessanti soggetti per le rappresentazioni teatrali all'Arena. Mostrò frequentemente una grafica umoristica che ne avvalora l'adesione ai contemporanei modelli pubblicitari di Cappiello e Mauzan (cfr. entrambi). Lavorò per molti marchi di rilevanza internazionale (Pirelli, Campari, Cinzano, ecc.), ma soprattutto fu uno dei più abili ideatori di manifesti per la Fiat nel corso degli anni Venti. In quel periodo affinò progressivamente il proprio stile, avvicinandosi a linee di vaga ispirazione futurista.(AA.VV., Catalogo Bolaffi del Manifesto Italiano, Giulio Bolaffi Editore, Torino 1995) .

Il manifesto FIAT. 1899 - 1965Il primo dei manifesti della Fiat era in realtà destinato a pubblicizzare la "Welleyes", una carrozzella con motore posteriore, ultimo prodotto dell'industria ciclistica di proprietà dei fratelli Ceirano. La pubblicità del 1899 ancora in bozzetto, ideata da Giovanni Battista Carpanetto, giunse nelle mani di Agnelli quando rilevò l'azienda Ceirano, che sarebbe poi diventata la Fiat. Il manifesto che ritrae una elegante coppia seduta sulla vettura, fu quindi utilizzato per pubblicizzare la 3,5 HP, primo veicolo prodotto dalla casa torinese. Parte da questo "Primo" il lungo percorso tra i manifesti pubblicitari Fiat, in mostra alla GAM di Torino, in un'esposizione che ripercorre ben 60 anni di attività e che propone uno sguardo complessivo sulla cartellonistica pubblicitaria dai primi del Novecento alla fine dei cinquanta, anni nei quali la pubblicità disegnata lascia il passo a nuovi mezzi di comunicazione. Tra questi manifesti si trovano vere e proprie opere d'arte di autori che fecero brevi incursioni nel mondo della comunicazione di massa, per poi tornare alla loro attività artistica, tra questi Giorgio De Chirico, che illustrò la 1400, rendendo la vettura di una bellezza superiore all'originale. Oggi il manifesto pubblicitario è oggetto di studi e considerazioni che oscillano su diverse posizioni e si interrogano sul ruolo effettivo di questi capolavori grafici, nati senza la pretesa e la dignità d'opere d'arte. Se infatti esiste un "certo ingenuo giudizio di artisticità" come sottolinea Arturo Carlo Quintavalle nel suo saggio introduttivo al catalogo, che tende a considerare arte ciò che arte non voleva essere, il manifesto pubblicitario va incluso in un proprio sistema di analisi tenendo conto del suo essere "una figura

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Plinio Codognato

di strada". Il manifesto Fiat offre un ottimo materiale di studio, la sua storia infatti si lega alle vicende socio politiche di un paese in grande evoluzione e mostra caratteristiche dissimili e multiformi. Dagli anni venti in poi, l'azienda si avvale della collaborazione dei migliori illustratori italiani. A Plinio Codognato si devono numerosi soggetti di rara efficacia tra cui l'imponente "Centauro" che sovrasta il Lingotto. Giuseppe Riccobaldi del Bava realizza tre capolavori, uno del 1928, è "La Rampa" con evidenti influenze futuriste, l'altro del 1934 è "La Littorina Fiat Riviera Sestrieres" che pubblicizza il progenitore del Pendolino.

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Renato Zavagli detto Gruau

Renato Zavagli detto GruauRené Gruau, uno dei più importanti "creatori di sogni" di questo secolo, è nato a Rimini nel 1909 da un padre riminesissimo (il conte Alessandro Zavagli) e da una madre parigina Marie Gruau). Fino all'adolescenza il suo rapporto con Rimini è stato "intermittente" ma profondo. A Rimini ha appreso i primi rudimenti della pittura e del disegno attraverso le lezioni del pittore Gino Ravaioli. La Rimini di Gruau non è la Rimini più nota dal punto iconografico, quel "borgo" tanto amato da Federico Fellini. La Rimini di Gruau è "l'altra Rimini", la città cosmopolita ed elegante raccolta attorno al Kursaal dove ogni estate nei primi decenni del secolo si riuniva la più ristretta élite dell'aristocrazia e della borghesia industriale italiana e mitteleuropea. Ed elegante e cosmopolita è lo stile di Gruau, sempre contraddistinto dalla piccola "G" stellata posta a garantire la denominazione d'origine di ciascun lavoro. Uno stile a cui i più grandi sarti di questo secolo, da Dior a Givenchy, da Chanel a Balenciaga, hanno affidato la comunicazione delle proprie opere, delle proprie idee e del proprio modo d'intendere l'eleganza consapevoli di trovare nell'amico Gruau l'artista capace di dare forma ai sogni di intere generazioni di donne e di uomini.La Francia, suo paese di adozione, più volte lo ha celebrato con grandi mostre, ora è Rimini a celebrarlo dedicandogli due sale del Museo della Città con un'esposizione permanente del suo lavoro, una produzione immensa di disegni, dipinti e grafica, 600 dei quali acquisiti dal Comune di Rimini. Lo spazioaperto il 15 dicembre 2000 vede l'esposizione di una parte del fondo acquisito dal Comune di Rimini, il quale riserva per il futuro nuovi allestimenti al fine di esporre e tematizzare l'intera opera dell'artista italo-francese.

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