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DDIIRRIITTTTOO SSCCOOLLAASSTTIICCOO
PROF.SSA CATERINA GATTO
Sommario
I LEZIONE LA SCUOLA DALL’UNITÀ D'ITALIA ALLA RIFORMA MORATTI ........... 1
1.1 LA LEGGE CASATI ................................................................................... 1
1.2 DALLA LEGGE CASATI ALLA RIFORMA GENTILE .......................... 4
1.3 LA FORMAZIONE DEI MAESTRI ........................................................... 9
1.4 LA RIFORMA GENTILE ........................................................................ 12
1.5 LA SCUOLA NELLA COSTITUZIONE ................................................. 17
1.6 LA SCUOLA NELL'ITALIA REPUBBLICANA .................................... 21
1.7 LA SCUOLA NEGLI ANNI NOVANTA ................................................ 24
1.7 L'AUTONOMIA SCOLSTICA ................................................................. 27
1.8 LA RIFORMA BERLINGUER ................................................................. 32
1.9 LA RIFORMA MORATTI ....................................................................... 38
II LEZIONE LA SCUOLA OGGI .............................................................................. 42
2.1 PREMESSA ............................................................................................... 42
2.2 LA SCUOLA DELL’INFANZIA .............................................................. 44
2.3 LA SCUOLA PRIMARIA ......................................................................... 46
2.4 LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO ................................ 48
2.5 LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO .......................... 50
2.5.1 IL RIORDINO DEI LICEI ..................................................................... 51
2.5.2 I NUOVI ISTITUTI TECNICI ............................................................... 56
2.5.3 GLI ISITUTI PROFESSIOINALI .......................................................... 60
2.6 DISPOSIZIONI COMUNI ........................................................................ 62
2.6.1 GLI ALUNNI PORTATORI DI DISABILITA’ .................................... 62
2.6.2 GLI ALUNNI CON DISTURBI SPECIFICI
DELL’APPRENDIMENTO (DSA) .................................................................. 66
2.6.3 GLI ALUNNI STRANIERI .................................................................... 69
2.6.4 GLI ALUNNI OSPEDALIZZATI E L’ISTRUZIONE A DOMICILIO .. 71
2.7 UN NUOVO MODELLO DI SCUOLA: LA “SCUOLA SENZA ZAINO”
........................................................................................................................... 77
III LEZIONE IL PERSONALE DOCENTE ................................................................. 81
3.1 L’ACCESSO ALL’INSEGNAMENTO .................................................... 81
3.2 L’ASSUNZIONE: CONTRATTO E PERIODO DI PROVA ................... 89
3.3 PRINCIPALI DIRITTI DEL PERSONALE DOCENTE ........................ 96
3.3.1 IL DIRITTO ALLA FUNZIONE E ALLO STIPENDIO ..................... 96
3.3.2 LE LIBERTÀ SINDACALI ................................................................... 97
3.3.3 LE FERIE ............................................................................................. 102
3.3.4 I PERMESSI RETRIBUITI .................................................................. 103
3.3.5 LE ASSENZE PER MALATTIE ......................................................... 105
3.3.6 I PERMESSI BREVI ............................................................................ 108
3.3.7 L’ASPETTATIVA ................................................................................ 109
3.4 DOVERI DEI DOCENTI ........................................................................ 113
3.4.1 L’ORARIO DI SERVIZIO ................................................................... 113
3.4.2 IL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE ....................... 115
3.4.3 LE LEZIONI PRIVATE ....................................................................... 116
3.4.4 IL DIVIETO DI CUMULO D’IMPIEGHI, ALTRE
INCOMPATIBILITÀ ...................................................................................... 117
IV LEZIONE L’ORGANIZZAZIONE DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE .................... 121
4.1 L’ORGANIZZAZIONE CENTRALE .................................................... 121
4.1.1 IL MINISTERO .................................................................................... 121
4.2 L’ORGANIZZAZIONE PERIFERICA .................................................. 132
4.2.1 L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE .......................................... 132
4.2.2 L’ UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE ..................................... 134
4.3 IL DIRIGENTE SCOLASTICO .............................................................. 138
4.3.1 COME SI DIVENTA DIRIGENTE ..................................................... 144
V LEZIONE E RESPONSABILITÀ DEI DOCENTI E DEL DIRIGENTE SCOLASTICO . 146
5.1 LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEL DOCENTE ............... 146
5.1.1 LA SOSPENSIONE CAUTELARE ..................................................... 154
5.2 IL TRASFERIMENTO DEI DOCENTI PER INCOMPATIBILITÀ
AMBIENTALE ............................................................................................... 156
5.3 LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEL DIRIGENTE
SCOLASTICO ................................................................................................. 159
5.4 RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE DEI DOCENTI E DEL
RIRIGENTE SCOLASTICO ........................................................................... 167
5.4.1 LA RESPONSABILITA’ CIVILE ...................................................... 167
5.4.2 LA RESPONSABILITA’ PENALE ..................................................... 174
5.4.3 LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL DIRIGENTE ...................... 175
APPENDICE .......................................................................................................... 177
a LA LEGGE 104/1992: ................................................................................ 177
a.1 PREMESSA ............................................................................................. 177
a.2 DIRITTO ALL’EDUCAZIONE E ALL’ISTRUZIONE (ART.12). ....... 178
a.3 L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (ART. 13 ) rinvio ......................... 179
b PROVE D'ESAME NEI CONCORSI PUBBLICI E PER
L'ABILITAZIONE ALLE PROFESSIONI (ART.20) .................................... 180
b.1 PRECEDENZA NELL’ASSEGNAZIONE DI SEDE (ART.21) ............ 180
b.2 I PERMESSI RETRIBUITI (ART.33 ) .................................................. 183
b.3 I TRASFERIMENTI (ART. 33 COMMA 5) .......................................... 193
1
I LEZIONE La Scuola dall’unità d'Italia alla riforma
Moratti
1.1 LA LEGGE CASATI1
La legge Casati, così chiamata dal nome dell’allora Ministro
dell’Istruzione pubblica, Gabrio Casati, rappresenta il primo intervento
dall’Unità d’Italia che cercò di ovviare all'analfabetismo diffuso in Italia
nell'ottocento.
Varata il 13 novembre 1859 nel Regno di Sardegna con Regio decreto
Legislativo n.3.725 e recepita integralmente nel 1861 dal neo-nato Stato italiano,
rimane in vigore fino alla riforma Gentile del 1923. Costituita da in 380 articoli,
scopo della legge è quello di riorganizzare in maniera organica il sistema
scolastico ponendo alla base di questo riassetto alcuni principi fondamentali
quali:
1 Casati Gabrio. - Uomo politico (Milano 1798 - ivi 1873), podestà di Milano dal 1837, favorì la preparazione delle Cinque giornate (18-22 marzo 1848) e, dopo la cacciata degli Austriaci, assunse la presidenza del governo provvisorio e si adoperò per la fusione della Lombardia al Piemonte. A fusione avvenuta, nominato da Carlo Alberto presidente del Consiglio, fu costretto a dimettersi dalla conclusione dell'armistizio Salasco, da lui riprovato (15 ag. 1848). Rimasto esule in Piemonte, fu nominato senatore nel 1853 e sostenne la politica di Cavour. Ministro della Pubblica Istruzione nel 1859, fissò, con la legge che porta il suo nome, le direttive della politica scolastica italiana per mezzo secolo. Fu, infine, presidente del Senato (1865-72)
2
- il principio della gratuità e dell’obbligatorietà dell’istruzione elementare,
prevedendo pene per i trasgressori (non specificando però quali siano queste
pene);
- l’affermazione dell’uguaglianza dei due sessi di fronte alla necessità
dell’educazione;
- la rivendicazione esclusiva alle scuole pubbliche della facoltà di
concedere diplomi e licenze;
- norme precise per l’abilitazione all’insegnamento2.
Con l’entrata in vigore la scuola elementare viene divisa in due cicli
biennali, di cui il primo obbligatorio e gratuito.
Dopo le elementari il percorso formativo prevede due alternative, un
ginnasio quinquennale che trova il suo naturale compimento in un liceo di tre
anni e un’istruzione tecnica cioè o una scuola tecnica o un istituto tecnico. La
scuola tecnica viene gestita dai comuni e l’ istituto tecnico, anch’esso di tre
anni, di competenza statale.
Tra la scuola tecnica e quella umanistica, Casati favorisce la seconda,
scopo della prima è quello di far si che chi la frequenti sia in grado di eseguire i
compiti propri delle attività che va a svolgere, la seconda invece frequentata da
coloro che in futuro hanno intenzione di svolgere incarichi di responsabilità.
2 Genovesi Giovanni, Storia della Scuola in Italia dal settecento a oggi, Bari, Laterza, 2004.
3
A tal proposito l’art. 286 recita: che “Queste scuole [tecniche] e questi
istituti [tecnici] dovranno mantenersi separati dai ginnasi e dai licei. In ogni
caso la direzione immediata degli stabilimenti tecnici istituiti da questa legge
non potrà mai essere affidata alla stessa persona cui è affidata quella de’
precisati istituti di istruzione secondaria”.
Accanto al ginnasio la Legge Casati istituisce le scuole cosiddette
“normali” per la formazione dei maestri.
Con la Legge Casati3 aumenta il numero delle facoltà universitarie in
quanto accanto alla facoltà teologica, giuridica e medica viene aggiunta la
facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali, con annessa scuola di
applicazione di ingegneria, e la facoltà di filosofia e lettere. L’accesso
all’università è, comunque, di fatto riservato agli studenti che provengono dal
liceo con la sola eccezione della facoltà di scienze fisiche, matematiche e
naturali che possono accogliere anche i diplomati dell’indirizzo fisico-
matematico dell’istituto tecnico.
Scopo della riforma, oltre quello principale di superare l’imperante
analfabetismo, è quello di permettere che lo Stato intervenga nella formazione
scolastica, gestita prima quasi esclusivamente dalla chiesa, in linea con la
laicizzazione dell’istruzione adottata dai Paesi Europei, e di favorire il processo
3 F. Boiardi, La riforma della scuola di Gabrio Casati in Il parlamento italiano, Milano, Nuova CEI Informatica, 1988,
4
di italianizzazione formando un ceto medio, cioè come disse D’Azeglio “quella
gran classe che rimane tra il popolo e coloro che stanno alla testa del paese”.
Nonostante gli importanti obbiettivi perseguiti dalla Legge Casati, tanti
soni i limiti in essa contenuti che ne impediscono il raggiungimento, infatti pur
rendendo obbligatoria la scuola primaria non vengono previste delle sanzioni4
ed il fatto che queste vengano gestite di comuni rappresenta un ulteriore limite in
quanto incapaci di sostenere le spese necessarie per l’attività didattica. Inoltre,
la scarsa sensibilità da parte delle popolazioni meridionali verso il problema
culturale e la difficoltà di comunicazione nonché la mancanza di personale
insegnante, impediscono di fatto alla Legge Casati un’applicazione
generalizzata su tutto il territorio nazionale.
1.2 DALLA LEGGE CASATI ALLA RIFORMA GENTILE5
Successivamente alla legge Casati e prima delle importanti riforme operate
dalla Legge Gentile, è opportuno ricordare alcuni interventi diretti a migliorare il
sistema scolastico.
La Legge Coppino porta il nome del ministro che la emanò, cioè Michele
Coppino6.
4 Enciclopedia Treccani www.treccani.it 5 Giorgio Canestri “120 anni di storia della scuola” LOESCHER, 1983
5
Tale legge, emanata il 15 luglio 1877, integra la legge Casati indicando le
sanzioni previste in caso di trasgressione delle norme in tema di obbligatorietà
scolastica e portando a cinque le classi della scuola elementare.
E’ alla base del programma di riforme operate della Sinistra del tempo il
cui obiettivo era quello di integrare le masse popolari mediante l’obbligo
scolastico, riconoscendo pertanto un ruolo di particolare importanza alla
primaria
Nella stessa relazione sul disegno di legge, il ministro Coppino considera
la scuola “ l’unico mezzo di elevare gli uomini alla pari con le istituzioni liberali
e di mettere nel modo di pensare e nell’animo di tutti il fondamento di riforme,
che altrimenti non penetrano nei costumi”, opinione che porta lo stesso ministro
a non applicare alcuna tassa scolastica lasciando gratuita la frequenza della
scuola elementare.
Viene abolito l’insegnamento religioso, sostituito dallo studio delle
“prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino” , cioè dall’insegnamento
dei diritti e dei doveri del cittadino, con l’intento di far prevalere l’educazione
civile.
6 Coppino Michele. - Uomo politico e letterato italiano (Alba 1822 - ivi 1901); prof. di eloquenza nell'università di Torino, di cui fu anche rettore, deputato dal 1861, fu quattro volte ministro della Pubblica Istruzione nel periodo dal 1867 al 1888. Fu autore di rilevanti leggi scolastiche, tra cui quella del 15 luglio 1877, che sancì per la prima volta in Italia l'obbligo dell'istruzione elementare gratuita.
6
Per quanto riguarda l’obbligatorietà scolastica, viene stabilito l’obbligo
soltanto per il solo corso elementare inferiore ed il compimento dell’obbligo
scolastico deve essere integrato per un anno dalla frequenza obbligatoria di
scuole serali e festive, con il compito di “continuare ed ampliare l’istruzione
ricevuta dal fanciullo nel corso inferiore, in conformità con i programmi
vigenti”.
La legge Coppino si caratterizza per forti limiti in quanto non riesce a
garantire l’istruzione alla popolazione che vive lontano dalla scuola, in questi
casi concede l’esenzione dall’obbligo e la promessa di nominare altri insegnanti
per recarsi presso le singole abitazione non viene mantenuta.
Con questo provvedimento inoltre si approvano interventi per la
costruzione di nuovi locali scolastici al fine di poter accogliere tutti gli alunni
della scuola dell’obbligo e nel 1878 viene approvato il disegno di legge “
Disposizioni per agevolare ai comuni la costruzione di edifici scolastici
necessari per l’adempimento della legge del 21 luglio 1877”.
A dieci anni dalla Coppino, un regolamento del 1888 (Programmi Gabelli
27), permette la costituzione di Patronati scolastici con il fine di aiutare i
fanciulli meno abbienti che frequentano la scuola con abiti, libri e materiale
vario,offerto dal comune, dalle istituzioni e dei cittadini.
7
Altro provvedimento del tempo è la Legge n° 407 dell’8 luglio 1904, detta
“legge Orlando7”, che prolunga l'obbligo scolastico a 12 anni, con quattro anni
di scuola elementare seguito dal biennio di scuola media oppure da quello del
corso popolare ed istituisce le scuole serali e festive per gli analfabeti, la
refezione e l'assistenza scolastica per i più poveri (a carico dei Comuni), la
Direzione Generale dell'istruzione elementare ed aumenta lo stipendio dei
maestri. Alle cinque classi elementari esistenti ne aggiunge una sesta: le prime
quattro costituiscono il corso elementare vero e proprio che da accesso alle due
classi rimanenti, denominate corso popolare, o direttamente alle scuole
secondarie per coloro che intendono proseguire gli studi . L’attività riformatrice
di questi anni non si limita al campo dell’istruzione primaria, ma intervie anche
sulla struttura amministrativa della pubblica istruzione.
La legge numero 487 del 4 giugno 1911, detta legge Credaro, dal nome
del ministro Luigi Credaro8, opera una revisione generale della struttura della
7 Orlando Vittorio Emanuele. - Giurista e uomo politico italiano (Palermo 1860 - Roma 1952). È considerato il fondatore della scuola italiana di diritto pubblico, che ritiene questo come scienza giuridica, in contrasto con la scuola francese di carattere filosofico-politico. Fu presidente del Consiglio dei ministri. E Ministro dell’Istruzione dal 1903 al 1905. Con l'avvento del fascismo passò all'opposizione; ritiratosi dalla vita politica si dedicò interamente agli studi e alla professione forense. Nella politica, nella scienza, nell'università, nel foro, O. è stato una delle figure dominanti della vita italiana nel primo ventennio del secolo XX. 8 Credaro Luigi. - Pedagogista e uomo politico (Sondrio 1860 - Roma 1939). Prof. univ. dal 1890 a Pavia, poi (1901) a Roma, fu deputato al Parlamento dal 1895 al 1919, quindi senatore. Socio nazionale dei Lincei (1914). Fondatore dell'Unione magistrale nazionale, fu ministro della Pubblica Istruzione dal 1910 al 1914 e fece approvare importanti leggi per la scuola elementare e per la scuola media. Nel dopoguerra fu commissario straordinario, poi commissario generale civile per il Trentino. Fondò nel 1907 e diresse sino alla morte la Rivista pedagogica. Tra i suoi scritti: Il problema della libertà di volere nella filosofia dei Greci (1892), Lo scetticismo degli
8
scuola elementare, sottraendola in parte ai comuni, i quali non riescono a
fronteggiare le spese per il mantenimento delle scuole elementari9. Le scuole
elementari dei capoluoghi di provincia e di circondario vengono lasciate alla
gestione comunale, mentre le altre scuole rimangono gestite
dall'amministrazione scolastica provinciale, organo elettivo, presieduto dal
provveditore agli studi. L'amministrazione, già oggetto di riforma da parte della
legge Coppino, si costituisce da un Consiglio scolastico, dalla Deputazione
scolastica e dalla Delegazione governativa. Il Consiglio, organo direttivo, è
presieduto dal provveditore e composto di 15 membri, scelti tra il ministero, la
provincia, i comuni e i maestri; la deputazione, organo esecutivo, presieduta dal
provveditore è composto da 6 membri, scelti in seno al consiglio; la delegazione
governativa, organo finanziario, presieduto dal Prefetto, è costituita da 5 membri
di cui alcuni rappresentanti del ministero della P. I. e del Tesoro. Viene istituito
anche l'Ufficio Scolastico, alle dipendenze del provveditore e i Circoli di
Direzione Didattica, con a capo un direttore, nominato per concorso e chiamato
vice - ispettore. Nei comuni autonomi istituisce invece i direttori comunali,
sotto il controllo degli ispettori scolastici governativi, che diventarono 400. Le
scuole elementari sono controllate da dieci ispettori centrali, che vigilano
sull'andamento didattico della scuola e coordinano il servizio di vigilanza degli
ispettori scolastici.
Accademici (2 voll., 1889-93), La pedagogia di Herbart (1900). Diresse con A. Martinazzoli il Dizionario illustrato di pedagogia (3 voll., 1892-1903) 9 www.didatticamelia.it
9
Alla nomina degli insegnanti si provvede per concorso per titoli, banditi
dal consiglio scolastico provinciale; gli insegnanti sono iscritti in un ruolo
provinciale, diviso nelle categorie urbana e rurale. Nel ruolo provinciale sono
iscritti solo gli insegnanti delle scuole amministrate dal Consiglio Scolastico
Provinciale.
1.3 LA FORMAZIONE DEI MAESTRI
In merito alla formazione dei maestri, la legge Casati prevede l’istituzione
di “scuole normali” triennali comprensive di tirocinio. Le scuole normali,
separate per sesso come le classi di alunni a cui sono destinate gli insegnanti,
prevedono diversificati curricula studiorum visto che per le studentesse è
prevista la materia dei lavori donneschi, mentre i ragazzi seguono un corso
generale sui diritti e doveri dei cittadini. Dopo solo due anni di corso si consegue
la patente per l’insegnamento nel corso inferiore delle scuole elementari, al
completamento dei tre anni quella per l’insegnamento nel corso superiore. Per
l’ammissione alle scuole normali è richiesto il superamento di un esame ed un
limite d’età, per cui le ragazze possono accedervi a quindici anni, un anno prima
rispetto ai ragazzi.
Nonostante l’istituzione delle scuole normali, il regolamento del 1861
stabilisce che chiunque aspiri all’insegnamento può presentarsi all’esame per la
10
patente ovunque e comunque si fosse preparato e, pertanto, l’accesso
all’insegnamento diviene di estrema facilità.
Tale situazione presto rappresenta un problema considerato l’importante
compito a cui sono chiamati gli insegnanti, e, di conseguenza, vengono
potenziate le scuole normali ed i loro programmi, si indicono conferenze
pedagogiche e vengono fondate riviste professionali.
Nel 1883, inoltre, viene istituito un corso preparatorio intermedio per le
ragazze, prima di due, poi di tre anni, tra le classi elementari e le scuole
normali, e nel 1886 questo corso diventa “scuola complementare”, riservata
sempre alle sole ragazze e demandata alle iniziative delle singole città.
Matilde Serao, in un racconto del 1886, descrive la povertà delle scuole
normali, la formazione generica che viene in esse fornita, lo squallore dei locali,
la scarsa motivazione e la povertà delle alunne. Anche numerosi documenti
ufficiali degli anni ’80 riferiscono di una qualità scadente delle scuole, degli
alunni e delle alunne, e, tuttavia, il numero di studentesse e di patentate in
queste scuole aumentò inesorabilmente al punto che a quindici anni dalla legge
Casati il numero delle maestre supera già quello dei maestri.
Lo Stato unitario, pertanto favorisce l’accesso delle donne
all’insegnamento operando comunque una forte disparità con i colleghi dell’altro
sesso in quanto le maestre costano circa un terzo in meno rispetto ai colleghi
maschi.
11
Lo stipendio è determinato considerato anche altri fattori, ad esempio chi
insegna in città è pagato meglio di chi lavora in comuni rurali, poiché si ritiene
che l’insegnamento ad un alunno di città sia più impegnativo e da compensare in
misura superiore rispetto all’insegnamento rivolto ad un allievo di campagna, e
coloro che insegnano in una scuola femminile ricevono un terzo in meno dei
colleghi, poiché l’educazione delle bambine è valutata meno vantaggiosa e meno
degna di considerazione di quella dei bambini poiché, inoltre, il sistema prevede
una rigida distinzione tra i sessi e stabilisce che le maestre devono insegnare alle
bambine ed i maestri ai bambini.
Questa disparità induce le maestre ad impegnarsi in campagne per la
parificazione degli stipendi e la legge Nasi del 1903 sullo stato giuridico degli
insegnanti stabilisce l’equiparazione degli stipendi a parità di compiti, ma non il
pagamento di uguali stipendi indipendentemente dal sesso degli allievi.
Nel 1911, con la legge Credaro, vengono previsti consistenti aumenti di
stipendi e tracciato un iter per la specializzazione degli insegnanti; la legge è,
però, importante perché con essa le scuole elementari vengono avocate allo
Stato, garantendo i maestri riguardo alle nomine, sottraendoli all’arbitrio delle
amministrazioni.
La legge dichiara, infine, le donne eleggibili a tutte le cariche previste
nell’ambito dell’istruzione, ivi compresi i posti dell’Ispettorato Centrale.
12
1.4 LA RIFORMA GENTILE 10
Mussolini, salito al potere nel 1922, ritiene necessaria un riforma del
sistema scolastico che vada ad integrare e modificare in precedenti interventi e
affida l’incarico di ministro della pubblica istruzione a Giovanni Gentile11, uno
dei più importanti filosofi italiani dell’epoca, oltre che studioso di problemi della
scuola e dell’educazione. Gentile procede in grande fretta ad approvare una
serie di leggi che danno vita ad una riforma complessiva del sistema scolastico
italiano, passata alla storia come la “riforma Gentile”.
La necessità di una riforma è dovuta al fatto che Mussolini era ben
consapevole del ruolo fondamentale della scuola per un movimento politico che
volesse ottenere e mantenere il consenso tra la popolazione, ben sapendo che
intervenire in fretta su un tema così sentito come l’istruzione avrebbe aumentato
il prestigio del suo governo.
10 “Le riforme nella scuola italiana dal 1859 al 2003”a cura di Elena Bertonelli e Giaime Rodano con la consulenza di Giorgio Chiosso e Giuseppe Tognon 11 Gentile Giovanni. - Filosofo e storico della filosofia (Castelvetrano 1875 - Firenze 1944). Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja; professore nelle università di Palermo (1906-13), Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con B. Croce per un ventennio nella redazione della Critica e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e direttore del Giornale critico della filosofia italiana; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922 - luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Fu nominato da B. Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP.
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Gentile riforma tutti i gradi della scuola subordinano comunque le materie
scientifiche a quelle umanistiche e certamente le idee fasciste influenzano i
contenuti della riforma.
Infatti, per l’accesso alla professione di insegnante vengono favoriti i
maschi per la loro prestanza e forza fisica e i candidati che si presentano agli
esami devono caratterizzarsi per una disciplina quasi militare. Sono apportate
profonde innovazioni alla scuola elementare, i programmi delle cinque classi
elementari, ispirati all'ideologia dell'idealismo e polemici con lo spirito
positivista - scientifico, si richiamano al concetto di "patria - nazione" secondo i
principi di uno stato etico in sostituzione del concetto di patria liberale-
risorgimentale. Invero, dei due cicli della scuola elementare soltanto il primo,
che giunge fino alla classe terza, può dirsi completo, alcuni comuni rimangono
privi della quarta e della quinta elementare. Viene reintrodotto l’insegnamento
della religione cattolica riconoscendogli un ruolo indispensabile per la crescita
morale degli alunni e le discipline di studio previste da questi programmi sono
gli insegnamenti artistici, comprendenti canto, disegno e bella scrittura, lettura
espressiva e recitazione, aritmetica, nozioni varie, igiene nella prima, seconda e
terza, geografia dalla terza, storia dalla terza, scienze fisiche e naturali dalla
quarta, nozioni di diritto ed economia in quinta, inoltre si insegnano lavori
donneschi, occupazioni intellettuali -ricreative.
Le cinque classi della scuola elementare vengono integrate con " i corsi
integrativi di avviamento professionale", cioè le classi sesta, settima ed ottava.
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Con la legge del 1 gennaio 1928 n. 8 e successive aggiunte e modificazioni, i
corsi integrativi vengono inglobati nella " scuola secondaria di avviamento
professionale" staccati dalla scuola primaria,
Per gli anni successivi gli alunni possono scegliere tra quattro possibilità:
il ginnasio, quinquennale, che da l’accesso al liceo classico o al liceo scientifico;
l’istituto tecnico triennale, seguito da quattro anni di istituto tecnico superiore;
l’istituto magistrale di sette anni, destinato alle future maestre; la scuola
complementare, al termine della quale non è possibile iscriversi ad alcun altra
scuola. Tale sistema riprende molti aspetti della vecchia legge Casati anche per
quanto riguarda l’accesso alle università stabilendo che solo i diplomati del liceo
classico possono frequentare tutte le facoltà,infatti il ginnasio-liceo classico, con
la sua formazione centrata sulle materie letterarie, è considerata “la scuola
superiore principale, rispetto alla quale tutte le altre non erano che inferiori e
parziali imitazioni” e per chi frequenta il liceo classico è previsto un esame di
ammissione al ginnasio, un esame alla fine del secondo anno, un altro alla fine
del quinto e, infine, un esame di maturità alla fine del liceo (tenuto su tutte le
materie dell’ultimo anno da docenti esterni alla scuola). Gentile propone una
scuola estremamente severa, che consente l’accesso ai livelli superiori
dell’istruzione solo a un ristretto numero di giovani.
Un’importante innovazione apportata dalla riforma Gentile è la creazione
di scuole speciali per handicappati. Il regio decreto 3126/1923 stabilisce che i
ciechi e gli ipovedenti devono frequentare le scuole elementari e talvolta le
15
medie, in istituti specializzati che forniscano personale specializzato, sussidi
didattici specifici e la possibilità di confrontarsi continuamente con altri ragazzi
affetti dalla stessa minorazione12.
La riforma Gentile interviene anche sull’amministrazione scolastica
sopprimendo gli ispettori generali, regionali e provinciali, sostituendo i 73
provveditori con 19 provveditori regionali e reclutando i direttori per concorso.
Successivamente alla riforma del 1923, con la legge numero 5 del 7
gennaio 1929 viene introdotto, a partire dall'anno scolastico 1930-31, il libro
unico.
Se con la riforma Gentile il contenuto dei libri di testo è sottoposto ad una
revisione che riguarda non solo il livello scientifico, ma anche quello politico,
con l'adozione del testo unico ogni possibilità di scelta didattica sul libro di testo
viene negata.
Il libro unico, inoltre, è in gran parte dedicato alla propaganda fascista, che
si esprime attraverso un'enfasi particolare su alcuni momenti storici (in
particolare la storia del fascismo, e di quella che veniva chiamata la "rivoluzione
fascista" e della prima guerra mondiale), su alcune figure eccezionali, in
particolare Mussolini.
Viene riservata una parte del libro all'educazione religiosa, conformemente
alle direttive prese a partire dal concordato.
12 Baldeschi, 2004
16
Con il tempo il libro unico, pertanto, diviene uno strumento per diffondere
l’ideologia fascista.
Il libro unico è il libro di testo prescritto per le prime due classi della
scuola elementare, mentre per le altre tre classi vi sono testi differenziati, che
però vengono comunque compilati da una commissione nominata dal Ministero
della Pubblica Istruzione, composta da intellettuali scelti dal Ministero. La legge
di istituzione del libro unico prevede che esso sia rinnovato ogni tre anni e che
venga edito dalla "Libreria dello Stato" e distribuito nelle scuole tramite i
provveditorati agli studi presenti nelle varie province.
Nelle scuole secondarie non viene introdotto il libro unico, anche se i libri
sono sottoposti a controllo politico e i programmi di insegnamento sono allineati
alle esigenze politiche del regime.
La legge del 1934, anch'essa d'ispirazione idealistica, non muta
l'ordinamento didattico e mantiene l'insegnamento religioso (reintrodotto dai
programmi del 1923), secondo la tradizione cattolica, sancita come sappiamo dal
Concordato del 1929.
La scuola di questo periodo è a sevizio della politica, e, come già detto,
improntata al modello militaresco volendo rendere gli insegnanti fedeli servitori
dello stato, favorendo le organizzazioni giovanili fasciste formate dagli studenti,
che dovevano continuare, affiancare ed integrare l'opera della scuola, secondo la
parola d'ordine "credere, obbedire,combattere".
17
1.5 LA SCUOLA NELLA COSTITUZIONE13
La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello
Stato italiano. E’ approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e
promulgata dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, il 27 dicembre
1947. Viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298,
edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entra in vigore il 1º gennaio
194814.
Un ruolo fondamentale alla formazione scolastica viene riconosciuto dalla
Costituzione
L’art. 9 recita “. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la
ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e
artistico della Nazione.
Questo articolo introduce tra i Principi fondamentali lo sviluppo della
cultura e della ricerca scientifica e tecnica e la tutela e la salvaguardia del
patrimonio storico, artistico, ed ambientale. Si tratta di un articolo assolutamente
originale in quanto non trova riscontro in altre costituzioni.
13 Sergio Lariccia www.comunedibologna.it
14 T. Martines “Diritto Costituzionale” 2000
18
Nei primi anni della Costituzione questo articolo viene considerato in
modo puramente statico- conservativo, ma col trascorrere del tempo si è passati
ad una concezione della tutela dei beni culturali orientata verso il loro sviluppo e
la loro valorizzazione, attribuendo ad essi un ruolo di strumento di crescita della
società. La promozione e la tutela viene affidata non solo allo Stato ma anche a
Regioni, Province, Comuni ed altri enti autonomi. Infatti i compiti di
promozione culturale indicati nell’art. 9, si devono conciliare con quanto
previsto all’art. 33 Cost., che afferma “l’arte e la scienza sono libere e libero è il
loro insegnamento”.
L’ art. 33 stabilisce che “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è
l’insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali
per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione,
senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che
chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un
trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E’ prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di
scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio
professionale.
19
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di
darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”.
L’art.33 garantisce pertanto la libertà di insegnamento, con una
disposizione che considera tale libertà in stretta connessione con la libertà
dell'arte e della scienza in netta contrapposizione dunque, con il ruolo che nelle
riforme precedenti veniva lasciato alla scienza, subordinata alle materie
umanistiche.
La libertà di insegnamento la si intende sia con riferimento al profilo
metodologico e contenutistico (c.d. autonomia didattica); sia con riferimento
all’ambito organizzativo e strutturale.
Relativamente al concetto di libertà di insegnamento in dottrina vi sono
due diverse concezioni, una parte degli autori ritiene ch la Carta costituzionale
abbia inteso garantire una forma di libertà totalmente libera e assolutamente
svincolata anche dall’unico limite esplicito posto dalla Costituzione alla libertà
di manifestazione del pensiero: quello del buon costume.
La dottrina dominante, invece, è di parere contrario e ritiene che
l’insegnamento, in qualunque ambito venga esercitato, incontri quali limiti alla
sua libera esplicazione il rispetto del buon costume, dell’ordine pubblico, della
pubblica incolumità.
Il secondo comma dell’art. 33 Cost., afferma che "la Repubblica detta le
norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e
gradi". Allo Stato quindi compete, in via generale, la predisposizione dei mezzi
20
di istruzione e la creazione delle norme generali in materia. Tuttavia l’istruzione
non è riservata, quanto alla sua gestione, soltanto allo Stato: tanto è vero che
l’articolo 33, comma 3, afferma che "enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato".
Da ciò discende evidentemente il principio costituzionale della libertà di
manifestazione del pensiero, e della libertà di iniziative dirette a realizzare la
diffusione dello stesso, anche mediante l’insegnamento.
Il 3º comma dell’art.33 della Costituzione è stato al centro di un lungo
dibattito dottrinale e giurisprudenziale al fine di stabilire quale sia l’ambito del
non-intervento statale: l’interpretazione dominante ritiene che il dettato
costituzionale non escluderebbe che lo Stato possa intervenire finanziando
scuole o istituti in difficoltà (ciò anzi potrebbe giovare al mantenimento di un
pluralismo della cultura), ovvero scuole private in luoghi in cui non esistono
scuole statali.
L’art. 34 sancisce la libertà di istruzione, nel senso che al dovere statale
di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte
il diritto dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico, diritto
sancito dall’art. 34, 1º comma Cost. che recita: "La scuola è aperta a tutti" ed è
compito della Repubblica, infatti, garantire l’estensione erga omnes dell’offerta
di istruzione nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni
e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così
l’eguaglianza dei "punti di partenza" voluta dall’art. 3, comma 2, Cost.
21
L’Assemblea Costituente stabilì: "Uno dei punti al quale l’Italia deve tenere è
che nella sua Costituzione, come in nessun’altra, sia accentuato l’impegno di
aprire ai capaci e meritevoli, anche se poveri, i gradi più alti dell’istruzione.
Alla realizzazione di questo impegno occorreranno grandi stanziamenti; ma non
si deve esitare; si tratta di una delle forme più significative per riconoscere,
anche qui, un diritto della persona, per utilizzare a vantaggio della società forze
che resterebbero latenti e perdute, di attuare una vera e integrale democrazia”.
Un altro articolo contenuto nella Carta Costituzionale che va approfondito
è al’art.38 secondo cui gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e
all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato.
1.6 LA SCUOLA NELL'ITALIA REPUBBLICANA
I principi sanciti dalla Costituzione sono poi integrati ed attuati nel periodo
successivo attraverso una serie di riforme.
Il principio costituzionale dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione
impartita per almeno otto anni (ovvero dal 6º al 14º anno d’età) trova attuazione
nella L. 31-12-1962, n. 1859, istitutiva della scuola media unica, che dispose:
"l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita
22
gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni ed è scuola
secondaria di 1º grado".
Con l’istituzione della scuola secondaria, unitaria, obbligatoria e gratuita
sono soppresse le preesistenti scuole inferiori e cioè i primi tre anni di ginnasio, i
primi quattro degli istituti magistrali e tecnici, le scuole secondarie di
avviamento professionale, i corsi inferiori delle scuole d’arte e dei conservatori
di musica, le classi post-elementari previste dall’art. 172 del T.U. 577/1928 e nel
1969 viene poi abolito l’esame di ammissione dalla V ginnasio alla I liceo
classico.
Successivamente, la L. 18-3-1968, n. 444 istituisce la scuola materna
statale al fine di accogliere i bambini nell’età prescolastica dai tre ai sei anni
proponendosi di favorire l’educazione e lo sviluppo della personalità infantile,
di assistere e di preparare alla scuola dell’obbligo, integrando l’opera della
famiglia.
Il 1968, anno dei movimenti studenteschi, porta ad una serie di riforme.
La legge 24-9-1971, n. 820 istituisce la scuola "a tempo pieno", riduce il
numero massimo di alunni per ciascuna classe a 25 ed avvia la sperimentazione
di attività integrative che affiancano le materie curricolari richiedendo un
impegno scolastico temporale più lungo e il coinvolgimento di tutti i docenti in
lavori integrati e pluridisciplinari.
La legge 30 luglio 1973, n. 477 delega il Governo ad emanare norme sul
riordinamento dell’organizzazione della scuola e sullo stato giuridico del
23
personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola dello Stato, con
un termine di nove mesi dall’entrata in vigore della legge stessa. Ciò avvenne
con una serie di decreti delegati
I decreti delegati nn. 416, 417, 418, 419, 420 emanati con D.P.R. 31
maggio 1974 e integralmente confluiti nel Testo unico delle leggi sulla scuola
(D.Lgs. 297/94), contengono norme giuridiche riguardanti:
- istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola di ogni
ordine e grado;
- stato giuridico del personale della scuola statale;
- corresponsione di un compenso per lavoro straordinario al personale
scolastico;
- sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e
professionale;
- stato giuridico del personale non insegnante statale delle scuole.
I decreti delegati impostano in modo nuovo la professionalità dei docenti,
definiscono il loro ruolo e creano nuovi organismi di gestione a livello nazionale
(Consiglio Nazionale della P.I., I.R.S.S.A.E., distretti scolastici).
Con la L. 517/77 un altro principio costituzionale, quello dell’uguaglianza
sostanziale, viene esteso al sistema scolastico, attraverso l’inserimento degli
alunni handicappati accanto agli alunni normodotati attraverso attività di
sostegno ad hoc, predisposte e realizzate da insegnanti specializzati il cui
24
ingresso nella scuola rompe l’impostazione didattica individualistica tradizionale
per consentire "l’apertura delle classi" e la "collegialità dell’insegnamento".
1.7 LA SCUOLA NEGLI ANNI NOVANTA
Gli anni 90 si caratterizzano per le radicali riforme che coinvolgono il
sistema scolastico.
La riforma della scuola elementare avviene con la legge 148/90 con cui
scompare la figura secolare del maestro di classe e si afferma il principio della
centralità e della collegialità docente nella scuola primaria con la istituzione del
"modulo organizzativo" di tre docenti su due classi o di quattro docenti su tre
classi. Nella nuova scuola elementare viene introdotto l’insegnamento delle
lingua straniera per assicurarne la continuità con la scuola media in cui
l’insegnamento della lingua straniera era già obbligatorio. Si prevede un
insegnante di sostegno ogni 4 alunni portatori di handicap. Parte rilevante
dell’operazione è la programmazione degli insegnanti da farsi durante le due ore
eccedenti le 22 ore di didattica frontale. Nell’attività didattica degli insegnanti
rientra anche l’assistenza educativa alla mensa.
Nei primi due anni della scuola elementare viene mantenuta una maggiore
presenza temporale di un singolo insegnante in ognuna delle classi. L’orario
scolastico è di 27 ore settimanali che diventano 30 con l’introduzione della
25
lingua straniera e la scuola elementare parificata ha l’obbligo di adottare per i
programmi e gli orari, l'ordinamento delle scuole elementari statali.
Con la Legge delega n. 121 del 1991, modificata con la L. 126 DEL 1993
il Parlamento Italiano autorizza il Governo ad emanare un Testo Unico che
contenga tutte le norme vigenti in materia di scuola e, pertanto viene emanato il
Testo Unico n. 297/94.
Oltre al Testo unico è previsto l’obbligo dal parte di ogni p.a. di dotarsi di
una carta dei servizi scolastici.
L’obbligo della sua adozione si fa risalire alla direttiva del Presidente del
Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 con la quale si definiscono i servizi
pubblici come quelli che tendono a "garantire il godimento dei diritti della
persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e previdenza
sociale, alla istruzione e alle libertà di comunicazione, alla libertà e sicurezza
della persona, alla libertà di circolazione, e quelli di erogazione di energia
elettrica, acqua e gas", nonché all’art. 2 della L. 273/95 che prevede
l’elaborazione di carte dei servizi settoriali.
L’adozione della Carta dei servizi scolastici (DPCM 7-5-1995) impegna
seriamente ciascuna unità scolastica a garantire un servizio più orientato allo
studente e perciò qualitativamente migliore perché ancorato a precisi standard o
fattori di qualità.
Tali standard si identificano:
26
- nell’uguale possibilità di accesso e di fruizione dei servizi scolastici
secondo l’insegnamento costituzionale (art. 34, 1° comma), cui si
accompagna l’impegno in favore dell’integrazione degli alunni nella
realtà scolastica con particolare riguardo alle situazioni problematiche
(studenti lavoratori - stranieri - degenti negli ospedali - internati negli
istituti carcerari etc.);
- nell’imparzialità e regolarità dei servizi scolastici da intendersi come
obiettività ed equità nella gestione della scuola;
- nella partecipazione alle scelte scolastiche nella quale si fa rientrare il
diritto dell’utente di scegliere liberamente fra le istituzioni che erogano
il servizio scolastico e il coinvolgimento dello studente e dei genitori
nell’offerta formativa elaborata nel Progetto educativo di istituto (c.d.
contratto formativo);
- nella efficienza e trasparenza delle decisioni di politica educativa, ma
anche dei singoli servizi amministrativi (ad es. i servizi di segreteria);
- nel costante aggiornamento didattico dei docenti, punto focale della
programmazione educativa.
- Altre fonti vanno a completare il quadro normativo scolastico:
- le disposizioni in materia contrattuale succedutesi nel tempo a partire
dal D.P.R. 10-4-1987, n. 207 fino al contratto collettivo nazionale di
categoria stipulato il 4 agosto 1995;
27
- la disciplina del pubblico impiego che trova applicazione anche per il
personale della scuola (D.P.R. 10-1-1957, n. 3; D.Lgs. 3-2-1993, n. 29
e succ. modif.);
- la congerie di norme di fonte secondaria (decreti ministeriali, circolari,
regolamenti) necessariamente escluse dal Testo unico perché la delega
di cui alla L. 121/91 era riferita a disposizioni di natura legislativa;
- le norme di legge intervenute successivamente a regolare la materia
scolastica.
1.7 L'AUTONOMIA SCOLSTICA
L'art.21 della legge n.59 del 15 marzo 1997 sancisce l'autonomia didattica,
organizzativa e gestionale di ogni istituzione scolastica. La legge che istituisce
l'autonomia, la così detta "legge Bassanini15", ha previsto un "federalismo
15 Bassanini Franco. - Giurista e uomo politico italiano (n. Milano 1940). Professore ordinario di diritto regionale all'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Tra le sue opere principali: L'ostruzionismo della maggioranza (1967); L'attuazione delle regioni (1970); Problemi di diritto regionale (1970); Le regioni tra Stato e comunità locali (1976); I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali (1979, in collab. con A. Barbera). Socialista, nel 1981 uscì dal PSI e fondò la Lega dei socialisti. Dal 1983 al 1991 vicepresidente e poi presidente del gruppo della Sinistra Indipendente, nel 1992 entrò a far parte della segreteria del PDS. Già deputato per il PSI nel 1979, rieletto nelle successive legislature, prima come indipendente per le liste del PCI, poi per il PDS. Senatore dal 1996 e ministro senza portafoglio per la Funzione pubblica e gli Affari regionali dal maggio 1996 all'ottobre 1998 e, nuovamente, dal dicembre 1999 all'aprile 2000. Vicepresidente (2007), quindi presidente (2008) della Cassa depositi e prestiti (su designazione degli azionisti privati di minoranza), dal 2007 al 2009 ha fatto parte della direzione nazionale del Partito democratico.
28
possibile" senza comportare modifiche costituzionali, trasferendo poteri e
funzioni dallo Stato agli enti locali e decentrando parte delle attività
amministrative del Ministero della Pubblica Istruzione. La legge Bassanini ha
comportato un reale decentramento agli enti locali di competenze amministrative
esercitate dallo Stato. L'autonomia scolastica è regolata da un'apposita
disposizione (Regolamento), che ne definisce le diverse modalità di attuazione.
Il Regolamento introdotto con il D.P.R. 275 del 1999, oltre a dettare criteri
e modalità per l'autonomia didattica, organizzativa e gestionale, dà indicazioni
su come ciascuna istituzione scolastica deve definire il proprio Piano
dell'Offerta Formativa (POF). Il P.O.F. ,che può essere definito come la carta
d'identità culturale e progettuale di ogni istituzione scolastica, ai sensi dell'art.3
del D.P.R. 8 marzo 1999, n.275, viene predisposto da ogni scuola ed è
consegnato alle famiglie e agli alunni all'atto dell'iscrizione (dall'anno scolastico
2000\2001), "è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi
generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di
amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto", "è coerente con
gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studio determinati
a livello nazionale", "esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare,
Sono definiti con il suo nome (leggi Bassanini) i provvedimenti legislativi di riforma della pubblica amministrazione (l. 15 marzo 1997, n. 59; l. 15 maggio 1997, n. 127; l. 16 giugno 1998, n. 191; l. 8 marzo 1999, n. 50).
29
educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro
autonomia".
Copia del POF viene consegnata alle famiglie al momento dell'iscrizione
alla scuola al fine di partecipare al processo di attuazione e sviluppo
dell'autonomia assumendo le proprie responsabilità.
All'interno del Regolamento dell'autonomia scolastica vi sono norme che
regolano l'autonomia didattica (art. 4) e l'autonomia organizzativa (art. 5).
L'applicazione di queste norme è di diretta competenza della scuola che vi
dà attuazione con criteri di flessibilità, ma nel rispetto della libertà di scelta
educativa delle famiglie e, comunque, riconoscendo e valorizzando le diversità,
promuovendo le potenzialità di ciascun alunno, e adottando tutte le iniziative
utili al raggiungimento del successo formativo.
Le istituzioni scolastiche assicurano la realizzazione di iniziative di
recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale
per gli alunni.
L’autonomia didattica si sostanzia inoltre, nella possibilità riconosciuta
alle istituzioni scolastiche di curare la progettazione formativa e la ricerca
valutativa, la formazione e l'aggiornamento culturale e professionale del
personale scolastico, l'innovazione metodologica e disciplinare, la ricerca
didattica e gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici,
l'integrazione e il coordinamento tra le diverse articolazioni del sistema
scolastico.
30
Le istituzioni scolastiche possono operare singolarmente o in rete (accordi
tra più istituti). I docenti operanti in una rete di scuole possono
(facoltativamente) essere temporaneamente scambiati per favorire la diffusione
delle esperienze. La ricerca deve essere documentata (secondo procedure
definite a livello nazionale) in modo da poter essere divulgata alle istituzioni
scolastiche interessate.
Le scuole possono stipulare convenzioni tra Università, enti o associazioni
per realizzare obiettivi specifici previsti dal P.O.F.
In base all'autonomia, le istituzioni scolastiche possono modificare il
monte ore annuale delle discipline di insegnamento (le materie) per una quota
pari al 20%.
Tale quota consente alle scuole la compensazione tra discipline di
insegnamento (meno ore ad una disciplina che vengono assegnate ad un'altra
disciplina) oppure l'introduzione di una nuova disciplina di studio16.
Il paragrafo 8 dell'articolo 21 della legge 59/97 così recita:
“L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della
flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del servizio
scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture,
all'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto
territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei
16Nota prot. 721 del 22 giugno 2006 e D.M. 47 del 13 giugno 2006.
31
vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell'unitarietà del gruppo classe
e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di
ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e
temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello
nazionale, la distribuzione dell'attività didattica in non meno di cinque giorni
settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti
previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque
giorni settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione
plurisettimanale”.
Attraverso l’autonomia, quindi, viene riconosciuta alle scuole la libertà di
progettare e realizzare le loro attività didattiche. L'autonomia non implica
assenza di norme o di criteri generali; essa comporta piuttosto che tali norme o
criteri generali siano considerati come un quadro generale nel cui ambito è
possibile operare e non come regolazione restrittiva17 .
17 V. Campione - Autonomia scolastica dopo 10 anni – Fondazione G. Agnelli
32
1.8 LA RIFORMA BERLINGUER18
Per riforma Berlinguer si intende la riforma scolastica varata con la legge
10 dicembre 1997, n. 425, dal Ministro della Pubblica Istruzione del primo
governo Prodi, Luigi Berlinguer. Questa legge è stata interamente abrogata dalla
Legge 28 marzo 2003 n. 53, più famosa come riforma Moratti.
L’art. 1 comma 1 della L. 425/1997 recita. “Il sistema educativo di
istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della
persona umana, nel rispetto dei ritmi dell'età evolutiva, delle differenze e
dell'identità di ciascuno, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori, in
coerenza con le disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche
e secondo i princìpi sanciti dalla Costituzione e dalla Dichiarazione universale
dei diritti dell'uomo. La Repubblica assicura a tutti pari opportunità di
raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le conoscenze, le capacità e
le competenze, generali e di settore, coerenti con le attitudini e le scelte
personali, adeguate all'inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro
anche con riguardo alle specifiche realtà territoriali”.
18 Luigi Berlinguer. Laureato in giurisprudenza, è stato per anni docente universitario, all'Università degli studi di Siena. È stato Ministro della Pubblica Istruzione dal maggio 1996 all'aprile 2000. È cugino di Enrico e Giovanni Berlinguer ed è legato da parentela (più lontana) anche con Francesco Cossiga. Nell'aprile del 2009, all'età di 77 anni, accetta la candidatura al Parlamento Europeo per il PD come capolista per la circoscrizione Nord Est. Nel 2010 ha firmato il manifesto del Gruppo Spinelli per un'Europa federale.
33
Con la Riforma Berlinguer viene abolita la suddivisione di scuole
elementari, medie e superiori sostituendo il tutto con una struttura basata sui
“cicli”. Sono previsti sette anni di ciclo primario (o di base) per i bambini dai 6
ai 13 anni e altri cinque anni di ciclo secondario per i ragazzi dai 13 ai 18 anni.
La riforma inoltre modifica l’organizzazione complessiva portando l’obbligo
scolastico a 15 anni.
Inoltre, entra in vigore un nuovo tipo di obbligo: l’obbligo alla formazione
professionale che dura fino ai 18 anni.
Relativamente alla scuola dell’infanzia viene riconosciuto il diritto di
frequentarla ai bambini di età compresa tra i 3 ed i 7 anni, in quanto secondo
quanto indicato nell’art. 2 della Riforma “La scuola dell'infanzia, di durata
triennale, concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale
dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni,
promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e
operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative;
nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione
integrale dei bambini e delle bambine”.
Si riforma anche il ciclo primario che comprende tre bienni seguiti da un
ulteriore anno chiamato “anno d’orientamento” che rappresenta una “sintesi” tra
le scuole elementari e medie.
La scuola di base secondo il dettato della legge deve perseguire le seguenti
finalità:
34
a) acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;
b) apprendimento di nuovi mezzi espressivi;
c) potenziamento delle capacità relazionali e di orientamento nello spazio
e nel tempo;
d) educazione ai principi fondamentali della convivenza civile;
e) consolidamento dei saperi di base, anche in relazione alla evoluzione
sociale, culturale e scientifica della realtà contemporanea;
f) sviluppo delle competenze e delle capacità di scelta individuali atte a
consentire scelte fondate sulla pari dignità delle opzioni culturali
successive.
Viene modificato anche il ciclo secondario che dura cinque anni e si divide
in cinque “rami”: Umanistico; Scientifico; Tecnico; Artistico; Musicale.
Nel primo biennio come adesso, molte materie sono in comune per
permettere di far capire allo studente che tipo di indirizzo scolastico vuole
intraprendere e per chi lo desidera anche un più facile cambiamento da una
scuola ad un’altra. Al termine dei cinque anni bisogna comunque sottoporsi
all’esame di Stato per conseguire un diploma.
La L. 10-12-1997, n. 425 riforma, inoltre, l’esame conclusivo degli istituti
di istruzione secondaria superiore (cd. esame di maturità) avente come finalità
l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli
obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi.
35
La citata legge ed il successivo regolamento di attuazione (D.P.R. 23-7-
1998, n. 323) dispongono l’articolazione dell’esame di maturità su tre prove
scritte, di cui una a carattere multidisciplinare, ed una prova orale, introducono
un nuovo sistema di valutazione del rendimento calcolato in centesimi e
prevedono un ulteriore parametro valutativo rappresentato dal credito scolastico.
È infatti disposto nell’art. 6 della L. 425/97 che il consiglio di classe attribuisce
ad ogni alunno che ne sia meritevole, nello scrutinio finale di ciascuno degli
ultimi tre anni della scuola secondaria superiore, un credito per l’andamento
degli studi per un totale massimo di venti punti.
Scopo della scuola secondaria è quello di consolidare, riorganizzare ed
accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario, di sostenere
e incoraggiare le attitudini e le vocazioni degli studenti, arricchire la
formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella
progressiva assunzione di responsabilità, e di offrire loro conoscenze e capacità
adeguate all'accesso all'istruzione superiore universitaria e non universitaria
ovvero all'inserimento nel mondo del lavoro.
La riforma è stata oggetto di critiche, in quanto introduce la possibilità per
uno studente di non proseguire il proprio corso di studi purché sia comunque in
possesso di una licenza media. In realtà la riforma Berlinguer non parla di un
vero e proprio “abbandono scolastico” ma di una “scuola-lavoro”, infatti la
stesso decreto legge impone l’obbligo ad una formazione professionale fino ai
18 anni al termine dei quali bisogna comunque conseguire un diploma.
36
La riforma è entrata pienamente in vigore nell’anno scolastico 1998/99 per
essere poi abrogata e sostituita a partire dall’anno scolastico 2003/04 dalla
Legge 28 marzo 2003 n. 53 detta anche riforma Moratti.
Sempre durante il periodo in cui Berlinguer è Ministro dell’istruzione sono
emanati altri due importanti provvedimenti: il primo, nel 1999 modifica
radicalmente l'Università . Le linee guida sono di Berlinguer. Qui, come altrove,
si reclama la necessità di metterci al passo con l'Europa come numero di laureati
con l'operazione di ridurre la laurea, detta semplicemente Laurea o di primo
livello, a tre anni e di sommare a questi altri due anni per ottenere una Laurea
specialistica o di secondo livello (che Moratti chiamerà poi Laurea Magistrale).
L’altro provvedimento è la Legge 10 marzo 2000, n. 62 (in GU 21 marzo 2000,
n. 67) che ha riconosciuto nel nostro paese la “parità scolastica” tra scuole
statali e scuole private.
Nella Legge sono definite scuole paritarie, a tutti gli effetti degli
ordinamenti vigenti in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare
titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali,
comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia,
corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la
domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed
efficacia .
Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne
l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico.
37
Presupposti per il riconoscimento della parità sono:
a) un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione;
b) un piano dell’offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle
disposizioni vigenti;
c) attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci;
d) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del
tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
e) l’istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati
alla partecipazione democratica;
f) l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne
facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido
per l’iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
g) l’applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di
studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
h) l’organica costituzione di corsi completi: non può essere
riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di
istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
i) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
j) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante
che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore19.
19 M. Reguzzoni , Riforma della scuola in Italia, 2000
38
1.9 LA RIFORMA MORATTI 20
Con la Legge n. 53 del 28 marzo 2003 viene introdotta nel nostro
ordinamento la c.d. Riforma Moratti dal nome dell’allora Ministro
dell’Istruzione dell’Università e della ricerca Latizia Moratti.
I contenuti della riforma vengono racchiusi nel Piccolo dizionario della
ricerca.
La Riforma Moratti è di grande portata in quanto modifica la scuola
materna, la scuola elementare, la scuola media e la scuola superiore
intervenendo solo marginalmente sulle Università. Per quanto riguarda la scuola
materna o dell'infanzia viene confermata la durata di 3 anni, permettendo però
l’iscrizione anche ai bambini che compiono i tre anni entro il 30 di aprile
dell'anno scolastico a cui si iscrivono. La scuola materna non è obbligatoria, ma
20 Moratti Letizia (nata Brichetto Arnaboldi). – Donna politica e imprenditrice italiana (n. Milano 1949). Laureatasi all’Università degli Studi di Milano, è stata assistente di diritto comunitario presso tale ateneo (1972-73). Negli anni successivi ha ricoperto numerosi incarichi in importanti gruppi italiani e stranieri del settore della comunicazione e dei media: presidente e maggiore azionista di Syntek Capital Group, presidente e amministratore delegato della News Corp Europe (1998-99), è stata la prima donna italiana ad assumere la presidenza della RAI (1994-96). Ministro dell'Istruzione, università e ricerca nella XIV legislatura (giugno 2001 - maggio 2006), nel 2003 ha varato una sostanziale riforma del sistema scolastico. Candidata per la coalizione di centrodestra, è stata eletta nel 2006 sindaco di Milano, prima donna italiana a rivestire tale carica, ricoperta fino al 2011, anno in cui le elezioni amministrative a cui si era ricandidata sono state vinte da G. Pisapina. Nel gennaio 2012, a seguito di dissidi con il Popolo della libertà, si è dimessa dalla carica di consigliere comunale per dedicarsi esclusivamente alla gestione della comunità di San Patrignano
39
è aperta a tutti i bambini che si vogliono iscrivere e assicura una effettiva
uguaglianza delle attività educative.
La durata della scuola elementare rimane di cinque anni e viene previsto
che si possano iscrivere i bambini che hanno compiuto i sei anni di età entro il
31 agosto con la possibilità da parte del genitore, qualora ritenga che il proprio
bambino sia precoce, di iscriverlo se i sei anni li compie entro il 30 di aprile
dell'anno scolastico di frequenza
Il fine di tale previsione è quello di evitare il fenomeno delle "primine".
Con la riforma Moratti vengono introdotte altre importanti novità, in
particolare per quanto riguarda le materie di studio si introduce l'insegnamento
di una lingua straniera dell'Unione Europea fin dal primo anno; così pure l'uso
del computer diventa obbligatorio fin dalla prima elementare.
Un'altra novità importante riguarda i controlli compiuti dal ministero sugli
studi compiuti. Infatti i cinque anni della scuola elementare vengono divisi in un
primo anno, costituito dalla prima classe e da un insieme di due anni ( detto
biennio) costituiti il primo biennio dalla classe seconda e terza, ed il secondo
biennio dalla classe quarta e quinta. Tale divisione comporta che al termine di
ogni biennio vi sia oltre alla valutazione (scrutinio finale) del singolo anno anche
la valutazione complessiva del biennio. La valutazione viene affidata all'Istituto
Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione (INVALSI).
La scuola media resta di tre anni come quella attuale; si introduce la
seconda lingua straniera per tutte le classi. I primi due anni costituiscono un
40
biennio, al termine del quale vi sarà la valutazione biennale seguita dall'Istituto
Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione (INVALSI).
Mentre al termine del terzo anno vi sarà l'Esame di Stato, da cui l'alunno
avrà una indicazione per poter scegliere la scuola superiore successiva.
La scuola superiore venne distinta in due tipi: il sistema dei licei e quello
dell’ istruzione professionale
Tra i due sistemi viene garantita la possibilità di cambiare, mediante il
metodo delle "passerelle" cioè frequentando lezioni aggiuntive a cura delle due
scuole, quella di partenza e quella di arrivo, che dia allo studente la preparazione
necessaria al cambio di scuola.
A sua volta il sistema dei licei prevede: Liceo Artistico; Liceo Classico;
Liceo Economico; Liceo Linguistico; Liceo Musicale; Liceo Scientifico; Liceo
Tecnologico; Liceo delle scienze umane.
La durata dei licei è di cinque anni; i primi due anni costituiscono il primo
biennio; il terzo e il quarto anno costituiscono il secondo biennio. Segue un
quinto anno al termine del quale vi è l'Esame di Stato, necessario per accedere
all'Università degli Studi.
Il sistema della istruzione professionale prevede un percorso diverso in
base alle scelte del singolo alunno. La durata del percorso non è stabilita fin
dall'inizio, ma viene graduata nel corso degli anni.
Al termine dei primi tre anni di istruzione professionale l'alunno consegue
un diploma di qualifica. Se l'alunno non ha intenzione di proseguire gli studi
41
universitari, può frequentare un quarto anno, conseguendo la relativa qualifica
quadriennale. Qualora, invece, voglia accedere alla Università, può frequentare
un quinto anno e sostenere l'Esame di Stato che ha lo stesso valore di quello del
sistema dei licei.
Gli Esami di Stato, previsti sia per la terza media che al quinto anno della
scuola superiore si svolgono sia su prove organizzate dalla commissione di
esame, composta in prevalenza dai docenti delle singole classi, e sia su prove
predisposte e fornite dall' I.N.V.A.L.S.I.
Un'altra novità della riforma Moratti è l'alternanza scuola lavoro, prevista
per gli alunni della scuola superiore che hanno compiuto i 15 anni. Tale
alternanza prevede che il singolo alunno possa svolgere della attività lavorativa
presso aziende private o statali; tali attività formative verranno programmate
dalla scuola in cui l'alunno è iscritto e saranno valutate come conoscenze
acquisite dall'alunno al di fuori della scuola.
Con la riforma Moratti si interviene sulla formazione degli insegnanti
prevedendo che tutti gli insegnanti, sia della elementare che delle superiori,
conseguano non solo una laurea di primo livello ma anche una laurea biennale
specialistica, al termine della quale, dopo un adeguato periodo di tirocinio, cioè
insegnamento assistito, il futuro docente acquisisce la possibilità di insegnare,
cioè ottiene l’ abilitazione all'insegnamento.
42
II LEZIONE La Scuola oggi
2.1 PREMESSA
L’attuale sistema scolastico rappresenta il risultato di una serie di riforme
che nel tempo si sono succedute fino all’ultima riforma nota come “riforma
Gelmini”, dal nome del Ministro dell’Istruzione, università e ricerca Mariastella
Gelmini21, in carica fino al novembre 2011.
La riforma è costituita da una serie di atti normativi il cui scopo è quello di
riformare il sistema scolastico.
I principali provvedimenti della riforma sono:
- il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della
finanza pubblica e la perequazione tributaria), divenuto legge 6 agosto 2008, n.
133. Riguarda principalmente la finanza pubblica, ma sono presenti anche alcuni
21 Gelmini Mariastella. - Donna politica italiana (n. Leno 1973). Dopo avere svolto attività politica a livello locale e regionale per Forza Italia, è stata eletta deputato prima nel 2006 (XV legislatura) e poi nel 2008 (XVI legislatura) nelle liste del Popolo della libertà. Nel 2008 è stata nominata ministro dell’Istruzione, università e ricerca, carica che ha ricoperto fino al novembre 2011. Durante il suo mandato ha proposto riforme (più genericamente note come Riforma Gelmini) relative alle scuole primarie e secondarie e all’università che hanno suscitato un aspro dibattito nel settore.
43
provvedimenti per il mondo scolastico ed universitario (in particolare, gli articoli
15, 16, 17, 64 e 66);
- il decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137 (Disposizioni urgenti in
materia di istruzione e università), divenuto legge 30 ottobre 2008, n. 169, che
contiene una serie di modifiche inerenti al sistema della pubblica istruzione
italiano. Questo decreto, tuttavia, riguarda essenzialmente le scuole primarie (ex
elementari) e secondarie (ex medie e superiori): le principali novità in materia di
istruzione universitaria son contenute nella finanziaria triennale (legge
133/2008) e nel successivo decreto sulle università.
Gli altri provvedimenti confluiti nella riforma sono:
- il Decreto-legge 10 novembre 2008 n. 180, convertito con la legge di
conversione, 9 gennaio 2009 n. 1 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 6 del 9 gennaio 2009) (Disposizioni urgenti per il diritto allo studio,
la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e
della ricerca) ;
- la Legge n. 240/10 del 30 dicembre 2010 (Norme in materia di
organizzazione delle università, di personale accademico e
reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e
l'efficienza del sistema universitario) pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale del 14 gennaio 2011, ed entrata formalmente in vigore il 29
gennaio 2011-
44
- la legge 240/2010 che modifica radicalmente tutto il sistema
universitario.
Nel settembre 2010 è stato promulgato il decreto ministeriale n. 17 con il
quale sono stati determinati i Requisiti necessari dei corsi di studio.
2.2 LA SCUOLA DELL’INFANZIA
Fino al 2003 (riforma Moratti), la scuola dell’infanzia, meglio nota come
scuola materna, è l'istituzione prescolastica non obbligatoria, caratterizzata dal
gioco, dalla convivenza con i compagni e dalla preparazione al primo ciclo
d'istruzione cioè la scuola primaria, la cui durata media è di 3 anni ed è
strutturata in 3 sezioni a seconda dell'età : sezione dei piccoli, il primo anno,
sezione dei medi o mezzani, il secondo anno e infine sezione dei grandi il terzo
anno. La novità rappresentata dalla riforma Moratti, fu quella di rendere
possibile l’ iscrizione alla scuola d'infanzia di bambini di 2 anni e mezzo, con la
conseguenza che ciò aveva fatto nascere le c.d. classi primavera, classi -
iniziative sperimentali che si andavano ad aggiungere all'offerta educativa
proposta dai nidi e dalle scuole materne, che avevano il compito di "accogliere"
bambini dai 24 ai 36 mesi ma che dovevano rispecchiare particolari condizioni
logistiche e ricettive, nonché essere dotate di ambienti appositamente dedicati e
predisposti per bambini così piccoli.
45
Con la riforma Gelmini tutto questo è superato, nel senso che non sono più
previste per legge strutture speciali per l'accoglienza degli anticipatari ( da
intendersi i bambini nati dopo il 31 dicembre), anche se nelle diverse circolari
sulle iscrizioni l'attenzione alla qualità del servizio per gli anticipatari, a
cominciare dalle condizioni ricettive, viene esplicitamente richiamata. Ma si
parla di condizioni di funzionalità, non di strutture speciali.
In base alle norme contenute nella riforma dunque le scuole possono
comunque accogliere i bambini nati dopo il 31 dicembre ed entro il 30 aprile ma,
non essendo scuola dell’obbligo, solo se sussistono altre due condizioni:
- che sia stata data la precedenza di ammissione ai bambini nati entro il
31 dicembre;
- che vi siano posti disponibili nella scuola;
Comunque, essendo limitati i posti per i nati dopo il 31 dicembre,
l’ammissione avviene secondo criteri di precedenza definiti preventivamente da
ciascuna scuola.
Per quanto riguarda l'orario giornaliero, invece, la riforma non ha
apportato nessuna modifica. Rimane, quindi, il normale orario di 40 ore
settimanali (otto ore al giorno) senza alcuna riduzione. Con la precisazione che,
come per il passato, le famiglie possono avvalersi, se credono, di orario ridotto
alla sola frequenza delle attività del mattino ovvero, richiedere il prolungamento
46
dell'orario (fino ad un massimo di 50 ore settimanali) usufruendo dei servizi di
pre e/o post scuola.
2.3 LA SCUOLA PRIMARIA
La novità più importante della riforma Gelmini, per quanto riguarda la
scuola primaria è certamente la reintroduzione della figura del maestro unico,
che a partire dall'anno scolastico 2009/2010 ha sostituito nelle prime classi della
primaria di primo grado i tre docenti per due classi precedentemente previsti per
il modulo.
A causa della riduzione della spesa, la legge 133/2008, stabilisce che "le
istituzioni scolastiche della scuola primaria costituiscono classi affidate ad un
unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei
regolamenti si tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda
delle famiglie, di una più ampia articolazione del tempo-scuola".
Viene introdotta la valutazione numerica decimale nella scuola primaria,
accompagnata da un giudizio sul livello di maturazione raggiunto. Attualmente è
prevista la possibilità di una più ampia articolazione del tempo scuola, tenuto
conto della domanda delle famiglie e della dotazione organica assegnata alle
scuole, con le seguenti opzioni:
- 27 ore, con esclusione delle attività opzionali facoltative;
47
- 30 ore, comprensiva dell'orario opzionale facoltativo e con
l'introduzione del maestro prevalente, nei limiti dell'organico
assegnato, integrabile con le risorse disponibili presso le scuole;
- estensione pari ad un massimo di 10 ore settimanali, comprensive della
mensa (DL 59/2004).
Per quanto concerne l’insegnamento della lingua inglese è previsto un
insegnante di classe specializzato che si deve sottoporre ad una formazione
obbligatoria di 150/200 ore e i cui formatori devono essere docenti specializzati
e docenti di lingua della scuola secondaria di I grado. Oggi la scuola primaria,
con quella secondaria di primo grado, forma cinque periodi didattici:
- il monoennio che comprende la 1ª classe della scuola primaria;
- il 1º biennio che comprende la 2ª e la 3ª classe della scuola primaria;
- il 2º biennio che comprende la 4ª e 5ª classe della scuola primaria;
- il 3º biennio che comprende la 1ªe 2ª classe della scuola secondaria di
primo grado;
- il monoennio finale che comprende la 3ª classe della scuola secondaria
di primo grado.
48
2.4 LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO GRADO
La riforma Gelmini ha sviluppato due diversi piani settimanale, il primo a
tempo normale, che comprende 30 ore settimanale, e uno a tempo prolungato,
che va da un minimo di 36 ad un massimo di 40 ore settimanali.
Nel caso del tempo normale è previsto tanto nel primo che nel secondo e
terzo anno che vengano svolte 9 ore di Italiano Storia e geografia, 6 ore di
Matematica e scienze, 2 ore di Tecnologia, 3 di lingua inglese, 2 di seconda
lingua comunitaria, 2 ore di arte e immagine, 2 di attività sportive, 2 di musica, 1
di religione ed una di approfondimento delle materie letterarie. Nel caso del
tempo prolungato le ore di Italiano, storia e geografia vengono portate a 15 e
quelle di matematica a 9 e l’approfondimento è esteso ad una materia a scelta
per 2 ore settimanali.
Il triennio si conclude con un esame di Stato che permette di conseguire il
diploma di licenza media e di frequentare la scuola secondaria di secondo grado.
L'esame è diviso in prove scritte e una prova orale:
1. La prova scritta di lingua italiana consiste in un tema che può essere
espositivo (lettera o diario), argomentativo, a carattere storico o una
relazione;
49
2. la prova scritta di lingua inglese può essere una comprensione del testo
o una produzione scritta (in genere un dialogo, una lettera oppure un
testo da analizzare e di seguito un questionario);
3. la prova scritta della seconda lingua comunitaria può essere una
comprensione del testo (questionario) o la produzione scritta di una
lettera;
4. la prova di matematica si articola in quattro quesiti: geometria
analitica, geometria solida, algebra, statistica e probabilità oppure
applicazione di teorie scientifiche alla matematica;
Accanto alle sopraindicate prove gli studenti devono affrontare le
cosiddette prove nazionali INVALSI 22 che consistono in una prova di lingua
italiana, composta da due comprensioni del testo e da una prova sulla morfologia
la sintassi e la grammatica e nella prova di matematica composta da un insieme
di quesiti che riguardano algebra, geometria euclidea, geometria analitica,
relazioni e funzioni, statistica e probabilità, insiemistica e logica.
La prova nazionale proviene direttamente dal Ministero dell'Istruzione,
dell'Università e della Ricerca, ed è uguale per tutti gli esaminandi italiani.
Per quanto riguarda la parte orale, la normativa prevede un colloquio
interdisciplinare con la possibilità per il candidato di scegliere l'argomento da
cui iniziare. Gli argomenti trattati nel colloquio devono fare parte del
22 Cfr. Capitolo 1 paragrafo 8
50
programma d'esame redatto dai singoli docenti, controfirmato da due allievi ed
allegato alla documentazione.
A scelta delle sottocommissioni d'esame, che corrispondono in genere alla
componente docente dei consigli di classe, è possibile permettere ai candidati di
presentare una "tesina", ossia un percorso interdisciplinare, che può toccare più
discipline.
La valutazione finale consiste nella media tra il voto di ammissione (che
deve essere almeno 6), i voti delle singole prove scritte (espressi con valutazione
da 0 a 10), e la valutazione della prova orale. L'esame è superato se la media
degli esami scritti e dell'orale è 6. In caso di numero con virgola, si arrotonda al
voto successivo se la parte decimale corrisponde a 6 o più; altrimenti si
arrotonda per difetto al voto precedente.
2.5 LA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO
A seguito della riforma Gelmini e dei conseguenti Regolamenti di
riordino dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali, emanati dal
Presidente della Repubblica in data 15 marzo 2010 (Registrati alla Corte dei
Conti in data 1 giugno 2010), la scuola secondaria di secondo grado ha subito
delle radicali trasformazioni.
51
2.5.1 IL RIORDINO DEI LICEI
Il riordino dei licei è avvenuto attraverso la creazione di nuovi licei quale
quello delle scienze umane, sorto a seguito della conversione dell’istituto
magistrale, e attraverso degli interventi sui licei preesistenti.
A seguito della riforma, l’area liceale dell’istruzione secondaria di secondo
grado comprende sei percorsi, alcuni dei quali si articolano in indirizzi (il liceo
artistico ne ha sei, che assorbono in parte anche la domanda che si rivolgeva in
passato agli istituti d’arte), oppure prevedono un’opzione, cioè un piano di studi
diverso, rispetto a quello principale: è il caso del liceo delle scienze applicate
rispetto al liceo scientifico, e del liceo economico-sociale rispetto al liceo delle
scienze umane.
Attualmente i licei sono:
1. Liceo artistico
2. Liceo classico
3. Liceo linguistico
4. Liceo musicale e coreutico
5. Liceo scientifico
Opzione scienze applicate
6. Liceo delle scienze umane
Opzione economico-sociale
52
Per il liceo artistico è previsto un biennio comune a cui seguono sei
indirizzi:
1. arti figurative;
2. architettura e ambiente;
3. design;
4. audiovisivo e multimediale;
5. grafica;
6. scenografia.
I sei indirizzi si caratterizzano rispettivamente per la presenza dei seguenti
laboratori, nei quali lo studente sviluppa la propria capacità progettuale:
- laboratorio della figurazione, nel quale lo studente acquisisce e sviluppa la
padronanza dei linguaggi delle arti figurative;
- laboratorio di architettura, nel quale lo studente acquisisce la padronanza
di metodi di rappresentazione specifici dell’architettura e delle
problematiche urbanistiche;
- laboratorio del design, articolato nei distinti settori della produzione
artistica, nel quale lo studente acquisisce le metodologie proprie della
progettazione di oggetti;
- laboratorio audiovisivo e multimediale, nel quale lo studente acquisisce e
sviluppala padronanza dei linguaggi e delle tecniche della comunicazione
visiva, audiovisiva e multimediale;
53
- laboratorio di grafica, nel quale lo studente acquisisce la padronanza delle
metodologie proprie della grafica;
- laboratorio di scenografia, nel quale lo studente acquisisce la padronanza
delle metodologie proprie della progettazione scenografica.
Il liceo classico, a differenza delle altre scuole, subisce minori
cambiamenti, il primo biennio mantiene la denominazione di ginnasio e le
materie più importanti restano l’ italiano, latino, greco, storia e filosofia Non
subisce sostanziali variazioni di orario, salvo italiano nel biennio che si allinea
all’orario degli altri licei. La storia dell’arte raddoppia l’orario in terza e quarta
(da 1 a 2 ore) e viene attribuita maggiore importanza all’insegnamento delle
lingua straniera ora previsto anche nel triennio aggiungendo, inoltre,
l’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica nel quinto
anno; è altresì previsto il potenziamento dell’asse matematico-scientifico .
Neanche il liceo linguistico subisce particolari cambiamenti, eccetto il
fatto che l’insegnamento delle tre lingue straniere è previsto fin dal primo anno.
Le lingue che il ministero prevede, che possono essere pertanto attivate
dalle singole scuole sono la lingua inglese, francese, tedesca, spagnola, russa,
araba, cinese e giapponese. Dal primo anno del secondo biennio è previsto
l'insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica (CLIL),
compresa nell'area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli
studenti o nell'area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei
54
limiti del contingente di organico ad esse assegnato, tenuto conto delle richieste
degli studenti e delle loro famiglie.
Il liceo musicale e coreutico è introdotto dalla riforma Gelmini.
E’ costituito da due sezioni, musicale e coreutica.
Si caratterizza per un differenza fondamentale rispetto agli altri licei, in
quanto per accedervi è necessario superare una prova volta a verificare il
possesso di specifiche competenze musicali o coreutiche.
Anche nel liceo musicale e coreutico è previsto oltre all’insegnamento
delle lingue straniere, l’insegnamento, in lingua straniera, di una disciplina non
linguistica (CLIL) compresa nell’area delle attività e degli insegnamenti
obbligatori per tutti gli studenti o nell’area degli insegnamenti attivabili dalle
istituzioni scolastiche nei limiti del contingente di organico ad esse annualmente
assegnato.
Il liceo scientifico subisce invece una serie di modifiche in quanto viene
incrementato lo studio delle discipline matematiche e di quelle scientifiche ed
aggiunto all’indirizzo tradizionale l’opzione di scienze applicate. Viene
confermato l’insegnamento della lingua latina ma per gli studenti e le loro
famiglie che scelgono, in alternativa al piani di studio ordinario, l’opzione
scienze applicate, non è previsto l’insegnamento della lingua latina ma viene
rafforzato l’insegnamento delle scienze e dell’informatica.
Il liceo delle scienze umane, anche questo introdotto dalla riforma
Gelmini, sostituisce il vecchio istituto magistrale. Così come per il liceo
55
scientifico, anche nel liceo delle scienze umane è possibile optare per un
indirizzo diverso rispetto a quello tradizionale, opzione economico sociale, che
non prevede l’insegnamento delle lingua latina e dove si studiano due lingue
straniere. Nel caso dell’opzione economico sociale è rafforzato lo studio
dell’economia e del diritto.
Schema riassuntivo: il riordino dei licei
Vecchio ordinamento Novità principali
Liceo classico Indirizzi e
Sperimentazioni varie
Viene introdotto in ordinamento lo
studio della lingua inglese per l'intero
quinquennio.
Liceo scientifico Liceo scientifico
Liceo scientifico-
tecnologico (con varie
sperimentazioni)
Viene rafforzato lo studio delle
materie scientifiche. Saranno
disponibili due indirizzi:
- tradizionale
- opzione scienze applicate
Liceo linguistico Indirizzi, progetti e
sperimentazioni varie
Si studiano tre lingue straniere dal
primo anno.
Liceo artistico Liceo artistico
Istituto d'arte
A partire dal terzo anno di studi
avranno sei indirizzi tra cui si potrà
scegliere:
- arti figurative
- architettura e ambiente
- design
56
- audiovisivo e multimediale
- grafica
- scenografia
Liceo musicale e
coreutico
Liceo musicale
Liceo coreutico
Sono disponibili due indirizzi:
- musicale
- coreutico
Liceo delle scienze
umane
Liceo socio-psico-
pedagogico
Liceo delle scienze
sociali
Si studiano, tra le altre materie,
antropologia, sociologia, psicologia,
pedagogia. Saranno disponibili due
indirizzi:
- tradizionale
- opzione economico-sociale
2.5.2 I NUOVI ISTITUTI TECNICI
Il Regolamento dell’istruzione tecnica così ne definisce la nuova identità
(art. 2,comma 1):“L’identità degli istituti tecnici si caratterizza per una solida
base culturale di carattere scientifico e tecnologico in linea con le indicazioni
dell’Unione europea, costruita attraverso lo studio, l’approfondimento e
l’applicazione di linguaggi e metodologie di carattere generale e specifico ed è
espressa da un limitato numero di ampi indirizzi, correlati a settori
57
fondamentali per lo sviluppo economico e produttivo del Paese, con l’obiettivo
di far acquisire agli studenti, in relazione all’esercizio di professioni tecniche, i
saperi e le competenze necessari per un rapido inserimento nel mondo del
lavoro, per l’accesso all’università e all’istruzione e formazione tecnica
superiore”.
Con il riordino degli istituti tecnici viene ridotto sia il numero dei settori
che gli indirizzi, si passa da 10 settori e 39 indirizzi a 2 settori e 11 indirizzi di
cui 2 nel settore economico e 9 nel settore tecnologico.
Il nuovo orario settimanale è stato contenuto in 32 ore (di 60 minuti),
corrispondenti in termini effettivi alle 36-38 ore di 50 minuti della maggior parte
dei corsi del precedente ordinamento (con il vantaggio di una minore
frammentazione disciplinare). Viene aumentato il numero di ore di
insegnamento della lingua inglese e viene dato più spazio alle materie
scientifiche.
Schema riassuntivo: i nuovi istituti tecnici
Settore economico
1. Amministrazione, Finanza e Marketing (indirizzo generale)
Articolazioni:
• Relazioni internazionali per il marketing
• Sistemi informativi aziendali
58
2. Turismo
Settore tecnologico
1. Meccanica, Meccatronica ed Energia
Articolazioni:
• Meccanica e meccatronica
• Energia
2. Trasporti e Logistica
Articolazioni:
• Costruzione del mezzo
• Conduzione del mezzo
• Logistica
3. Elettronica ed Elettrotecnica
Articolazioni:
• Elettronica
• Elettrotecnica
• Automazione
4. Informatica e Telecomunicazioni
Articolazioni:
• Informatica
• Telecomunicazioni
5. Grafica e Comunicazione
6. Chimica, Materiali e Biotecnologie
59
Articolazioni:
• Chimica e materiali
• Biotecnologie ambientali
• Biotecnologie sanitarie
7. Sistema Moda
Articolazioni:
• Tessile, abbigliamento e moda
• Calzature e moda
8. Agraria, Agroalimentare e Agroindustria
Articolazioni:
• Produzioni e trasformazioni
• Gestione dell’ambiente e del territorio
• Viticoltura ed enologia
9. Costruzioni, Ambiente e Territorio (indirizzo generale)
Articolazione:
• Geotecnico
Coloro che completano gli studi presso gli istituti tecnici possono, oltre
all’inserimento nel mondo del lavoro e all’iscrizione all’università, iscriversi a
percorsi brevi di 800/1000 ore per conseguire una specializzazione tecnica
superiore (IFTS) per rispondere ai fabbisogni formativi del territorio o iscriversi
60
a percorsi biennali per conseguire un diploma di tecnico superiore nelle aree
tecnologiche più avanzate presso gli Istituti Tecnici Superiori (ITS).
2.5.3 GLI ISITUTI PROFESSIOINALI
Anche gli istituti professionali assumono un nuovo aspetto. Viene, come
per gli istituti tecnici ridotto il numero degli indirizzi, passando da 5 settori con
27 indirizzi a due macrosettori con 6 indirizzi.
Tutti gli istituti professionali hanno la durata di cinque anni e sono
suddivisi in due bienni e in un quinto anno, al termine del quale gli studenti
sostengono l’esame di Stato per il conseguimento del diploma di istruzione
professionale, utile anche ai fini della continuazione degli studi in qualunque
facoltà universitaria.
Nella “Guida alla nuova scuola secondaria di secondo grado” redatta dal
Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca si legge “I nuovi istituti
professionali costituiranno una cerniera tra il sistema di istruzione e il sistema
di formazione professionale, e saranno il più importante elemento dell’area
formativa finalizzata all’acquisizione di competenze certificate e riconosciute a
livello nazionale ed europeo, idonee a favorire una rapida transizione nel
mondo del lavoro”.
61
Dopo il completamento degli studi secondari, i diplomati presso gli istituti
professionali, oltre all’inserimento nel mondo del lavoro e all’iscrizione
all’università, possono iscriversi a percorsi brevi di 800/1000 ore per conseguire
una specializzazione tecnica superiore (IFTS) per rispondere ai fabbisogni
formativi del territorio o a percorsi biennali per conseguire un diploma di tecnico
superiore nelle aree tecnologiche più avanzate presso gli Istituti Tecnici
Superiori (ITS).
Schema riassuntivo suddivisione istituti professionali
Settore dei servizi (4 indirizzi)
1. Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale
2. Servizi socio-sanitari
3. Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
4. Servizi commerciali
Settore industria e artigianato (2 indirizzi)
1. Produzioni industriali e artigianali
2. Manutenzione e assistenza tecnica
Indirizzi, profili e quadri orari del settore servizi
il settore dei servizi comprende i seguenti quattro indirizzi:
a. Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale
b. Servizi socio-sanitari (indirizzo generale):
62
Articolazioni: “Odontotecnico” ed “Ottico”
c. Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera (indirizzo
generale):
Articolazioni: “Enogastronomia”, “Servizi di sala e di vendita” e
“Accoglienza turistica”
d. Servizi commerciali
2.6 DISPOSIZIONI COMUNI
2.6.1 GLI ALUNNI PORTATORI DI DISABILITA’
Il diritto allo studio degli alunni con disabilità si realizza, secondo la
normativa vigente, attraverso l’integrazione scolastica, che prevede l’obbligo
dello Stato di predisporre adeguate misure di sostegno, alle quali concorrono a
livello territoriale, con proprie competenze, anche gli Enti Locali e il Servizio
Sanitario Nazionale. L’obbiettivo è quello di predisporre le condizioni per la
piena partecipazione della persona con disabilità alla vita sociale fin dai primi
anni di vita, eliminando tutti i possibili ostacoli e le barriere, fisiche e culturali,
63
che possono frapporsi fra la partecipazione sociale e la vita concreta delle
persone con disabilità.
Le Legge 104/92 riconosce e tutela la partecipazione alla vita sociale delle
persone con disabilità, in particolare nei luoghi per essa fondamentali: la scuola,
durante l’infanzia e l’adolescenza (artt. 12, 13, 14, 15, 16 e 17) e il lavoro,
nell’età adulta (artt. 18, 19, 20, 21 e 22).
Il MIUR mette in atto varie misure di accompagnamento per favorire
l'integrazione: docenti di sostegno, finanziamento di progetti e attività per
l'integrazione, iniziative di formazione del personale docente di sostegno e
curriculare nonché del personale amministrativo, tecnico e ausiliare. Organi
consultivo e propositivo, a livello nazionale, in materia di integrazione scolastica
è l’ Osservatorio per l'integrazione delle persone con disabilità.
A livello territoriale altri organismi hanno il compito di proporre iniziative
per realizzare e migliorare il processo di integrazione: i GLIP (“Gruppi di
Lavoro Interistituzionali Provinciali”, formati da rappresentanti degli Enti
Locali, delle ASL e delle Associazioni dei disabili) e i GLH (“Gruppi di lavoro
per l'integrazione degli handicappati”, formati dal dirigente della scuola, dai
docenti interessati, dai genitori e dal personale sanitario). Il compito del GLH è
particolarmente significativo, in quanto ha la finalità di mettere a punto, tra
l’altro, il Piano Educativo Individualizzato, che determina il percorso formativo
dell’alunno con disabilità e garantisce un intervento adeguato allo sviluppo delle
sue potenzialità.
64
La certificazione di disabilità è il presupposto per l’attribuzione all’alunno
con disabilità delle misure di sostegno e di integrazione. Il Decreto Presidente
del Consiglio dei Ministri - 23/02/2006 n. 185 "Regolamento recante modalità e
criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap,
ai sensi dell'articolo 35, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289",
all’art. 1 individua per la certificazione dell’alunno con disabilità un “organismo
collegiale” appartenente al Servizio Sanitario Nazionale. Da sottolineare inoltre
l’art. 2 del DPCM in questione, ove si prescrive che le diagnosi funzionali siano
realizzate secondo le classificazioni internazionali dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) che, tra l’altro, devono indicare l’eventuale
particolare gravità della patologia.
La L. 104/92 individua la Diagnosi Funzione (DF), il Profilo Dinamico
Funzionale (PDF) e il Piano Educativo Individualizzato (PEI) come strumenti
necessari alla effettiva integrazione degli alunni con disabilità. Come precisato
nel DPR 24 febbraio 1994, tali documenti, redatti in collaborazione con il
Servizio Sanitario Nazionale, hanno lo scopo di riscontrare le potenzialità
funzionali dell’alunno con disabilità e sulla base di queste costruire adeguati
percorsi di autonomia, di socializzazione e di apprendimento.
L’individualizzazione del percorso educativo previsto dal PEI per l’alunno con
disabilità può incidere, a seconda della tipologia di disabilità e della sua gravità,
sui metodi di valutazione e sul valore legale del titolo di studio conseguito, in
particolare, al termine del Secondo Ciclo di istruzione. L’articolo 9 del
65
Regolamento sulla valutazione degli alunni (dpr 122/2009) prevede che, in sede
di esame conclusivo del primo ciclo di istruzione le prove sono adattate in
relazione agli obiettivi del PEI. Le prove differenziate hanno valore equivalente
a quelle ordinarie ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del
diploma di licenza. Nel caso in cui gli obiettivi previsti dal PEI non siano
riconducibili ai programmi ministeriali, il percorso formativo consente
l’acquisizione di un attestato di credito formativo valido anche per l’accesso ai
percorsi integrati di istruzione e formazione (art. 9 dpr 122/2009).
L’alunno con disabilità è assegnato alla classe comune in cui si realizza il
processo di integrazione. Pertanto la presa in carico e la responsabilità educativa
dell’alunno con disabilità spettano a tutto il Consiglio di Classe, di cui fa parte il
docente per le attività di sostegno. Non a caso, il DPR 970/1975, con cui è stata
istituita giuridicamente tale figura professionale (poi meglio caratterizzata nella
L. 517/77), lo definisce un insegnante “specialista”, dunque fornito di
formazione specifica, che, insieme ai docenti curricolari, sulla base del Piano
Educativo Individualizzato, definisce le modalità di integrazione dei singoli
alunni con disabilità, partecipandovi attivamente. L’insegnante per le attività di
sostegno viene richiesto all’Ufficio Scolastico Regionale dal dirigente scolastico
sulla base delle iscrizioni degli alunni con disabilità; la quantificazione delle ore
per ogni alunno viene individuata tenendo conto della Diagnosi Funzionale, del
Profilo Dinamico Funzionale e del conseguente Piano Educativo
Individualizzato, di cui alla Legge 104/92, e dei vincoli di legge vigenti.
66
L’art. 40 della Legge 449/1997 prevedeva l’attivazione di un posto in organico
per il sostegno ogni 138 alunni frequentanti le scuole pubbliche della Provincia.
La L. 296/2006 e la L. 244/2007 (Finanziaria 2008) hanno abrogato il predetto
criterio per la formazione dell’organico di diritto dei posti di sostegno,
individuando un nuovo parametro che, a livello nazionale, non può superare il
rapporto medio di un insegnante ogni due alunni con disabilità.
L’articolo 2 del dpr 122/2009, Regolamento per il coordinamento delle
norme sulla valutazione degli alunni, prevede che i docenti di sostegno,
contitolari della classe, partecipino alla valutazione di tutti gli alunni. Inoltre,
qualora un alunno con disabilità sia affidato a più docenti del sostegno, essi si
esprimono con un unico voto.
2.6.2 GLI ALUNNI CON DISTURBI SPECIFICI
DELL’APPRENDIMENTO (DSA)
La legge n. 170/2010 regolamenta, soprattutto in ambito scolastico, i
disturbi specifici di apprendimento (DSA) di cui soffrono molti alunni. Secondo
quanto prevede quella legge, sono considerati disturbi difficoltà specifiche di
apprendimento la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia, che si
67
manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie
neurologiche e di deficit sensoriali. Il testo della legge considera i DSA come
handicap soltanto in casi di particolare gravità, e prevede, conseguentemente,
solo in quei casi che ai ragazzi che ne sono affetti si possano applicare le tutele
(come, ad esempio, quella del docente di sostegno) previste dalla legge
104/1992 di cui abbiamo detto nel precedente paragrafo.
La dislessia è un disturbo che si manifesta con una difficoltà nell'imparare
a leggere, in particolare nella decifrazione dei segni linguistici, ovvero nella
correttezza e nella rapidità di lettura. La disgrafia è un disturbo specifico di
scrittura che si manifesta in difficoltà nella realizzazione grafica.
La disortografia è un disturbo specifico di scrittura che si manifesta in
difficoltà nei processi linguistici di transcodifica. La discalculia è un disturbo
che si manifesta con una difficoltà negli automatismi del calcolo e
dell'elaborazione dei numeri.
Per consentire agli alunni affetti da DSA di fruire nella scuola di adeguati
interventi di prevenzione e di aiuto, è necessario che la famiglia acquisisca una
idonea certificazione dal medico specialista del Servizio sanitario nazionale, da
presentare in occasione dell’iscrizione.
Il Ministero dell’istruzione, ha suggerito alle scuole 23di consentire agli
alunni con DSA di utilizzare strumenti compensativi che, a titolo di esempio, ha
così indicato: tabella dei mesi, tabella dell’alfabeto, e dei vari caratteri, tavola
23 Cfr. nota 5 ottobre 2004, prot. 4099
68
pitagorica, tabella delle misure, tabella delle formule geometriche, calcolatrice,
registratore, computer con programmi di video-scrittura con correttore
ortografico e sintesi vocale.
Con la medesima nota il Ministero, sempre a titolo di esempio, ha
suggerito alle scuole di adottare misure dispensative, indicate di seguito:
dispensa dalla lettura ad alta voce, scrittura veloce sotto dettatura, uso del
vocabolario, studio mnemonico delle tabelline, dispensa, ove necessario, dallo
studio della lingua straniera in forma scritta, programmazione di tempi più
lunghi per prove scritte e per lo studio a casa, organizzazione di interrogazioni
programmate, valutazione delle prove scritte e orali con modalità che tengano
conto del contenuto e non della forma.
La legge 170/2010 prevede l'uso di una didattica individualizzata e
personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano
conto anche di caratteristiche peculiari dei soggetti, quali il bilinguismo,
adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate.
Per l'insegnamento delle lingue straniere è consentito l'uso di strumenti
compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi
graduali di apprendimento, prevedendo, ove risulti utile, la possibilità
dell'esonero.
69
2.6.3 GLI ALUNNI STRANIERI
L’articolo 45 del DPR n. 394/1999, regolamento sull’immigrazione,
fornisce criteri relativi all’obbligo di istruzione e all’iscrizione scolastica dei
minori con cittadinanza non italiana, nonché alla loro assegnazione alle classi.
In base a tale norma, i minori stranieri, indipendentemente dalla regolarità
della loro posizione (vale, quindi, anche per figli di clandestini), hanno diritto di
accedere all’istruzione fornita dalle scuole italiane e al conseguente obbligo
delle stesse di accoglierli.
L’iscrizione può avvenire anche in corso d’anno.
Normalmente gli alunni stranieri soggetti all’obbligo di istruzione sono
iscritti d’ufficio alla classe corrispondente alla loro età anagrafica.
I collegi dei docenti possono definire, comunque, le modalità generali
dell’assegnazione dell’alunno straniero alla classe inferiore o superiore a quella
corrispondente all’età, tenendo conto dei seguenti criteri:
- ordinamento scolastico del Paese di provenienza;
- accertamento delle competenze, abilità e livelli di preparazione
possedute;
- corso di studi eventualmente seguito;
- titolo di studio eventualmente posseduto, accompagnato da traduzione
in lingua italiana, ecc..
70
Si parla spesso di “tetto”, di limite massimo di alunni stranieri per classe.
La riforma Gelmini ha disposto che, di norma, il limite massimo di stranieri per
classe deve essere del 30%, pari cioè a tre alunni stranieri su dieci iscritti (es.
una classe con 20 alunni non dovrebbe averne più di 6 con cittadinanza non
italiana).
Con apposita circolare (n.110/2007) il Ministero dell’istruzione ha
suggerito alle scuole che la modalità concreta di assegnazione alla classe di
alunni stranieri avvenga con affidamento delle verifiche e degli accertamenti
preliminari ad un gruppo di docenti, appositamente individuato dal collegio e
preposto all’accoglienza, che dia attuazione ai criteri di assegnazione e che ne
segua inizialmente l’inserimento, al fine di fornire al dirigente scolastico ogni
utile elemento per l’assegnazione alle classi. I collegi dei docenti possono
valutare altresì la possibilità che l’assegnazione definitiva alla classe sia
preceduta da una fase di alfabetizzazione strumentale e di conoscenza linguistica
in intergruppo e/o interclasse finalizzata a favorire un efficace inserimento.
L’alunno proveniente da scuole estere deve presentare alla scuola italiana
il titolo o certificato di studio originale, dal quale risultino l’esito favorevole
della classe frequentata (o dell’esame sostenuto) all’estero, le materie studiate e
le valutazioni riportate. I titoli devono essere accompagnati dalla traduzione in
lingua italiana del certificato di conformità rilasciato dall’autorità diplomatica o
consolare italiana (la firma del capo d’istituto deve essere legalizzata
dall’autorità diplomatica o consolare italiana) e dalla dichiarazione, rilasciata
71
dall’autorità diplomatica o consolare italiana circa il fatto che la scuola
frequentata (o presso cui sono stati sostenuti gli esami) è legalmente riconosciuta
e circa l’ordinamento degli studi, il numero complessivo delle classi frequentate
o, nel caso di esami, la classe estera cui questi danno accesso.
2.6.4 GLI ALUNNI OSPEDALIZZATI E L’ISTRUZIONE A
DOMICILIO
La scuola in ospedale in Italia nasce intorno agli anni ’50, quando in
alcuni reparti pediatrici – con l’ausilio di docenti di scuola primaria - furono
aperte delle sezioni di scuole speciali per fornire un sostegno didattico ai piccoli
pazienti ed evitare le difficoltà tipiche del rientro nella classe di provenienza.
Allora i ricoveri erano lunghi, e notevoli le difficoltà incontrate dal minore nel
recuperare il programma e mettersi in pari con gli altri. Da quel momento
cominciarono a moltiplicarsi le sezioni scolastiche negli ospedali pediatrici,
finalizzate non più solo a garantire agli studenti un’assistenza didattica, ma
anche a fornire il debito sostegno ai disagi emotivi e psicologici originati dalla
malattia.
La C.M. 2 dicembre 1986, n. 345 ratifica la nascita delle sezioni
scolastiche all’interno degli ospedali. Con essa e con i successivi interventi viene
sancito il carattere “normale” (fatte salve le necessità specifiche) della scuola in
72
ospedale come sezione staccata della scuola del territorio.
La successiva C.M. n. 353 del 1998 afferma poi che “organizzare la scuola in
ospedale significa riconoscere ai piccoli pazienti il diritto–dovere all’istruzione
e contribuire a prevenire la dispersione scolastica e l’abbandono”.
Successivamente innumerevoli sono stati gli interventi volti a regolare la
materia relativa la scuola in ospedale e l’istruzione domiciliare.
Tra i più importanti è il caso di ricordare la Circolare Ministeriale n. 353
del 7 agosto 1998 che regola “Il servizio scolastico nelle strutture ospedaliere”,
il Vademecum per l’istruzione domiciliare 2003, nonché gli ultimissimi
interventi quali la nota prot.n. 4439 del 16 luglio 2012: Scuola in ospedale e
istruzione domiciliare: Indicazioni operative per la progettazione dei percorsi di
scuola in ospedale e a domicilio per alunni temporaneamente malati. A.S.
2012/2013 – Esiti del seminario nazionale di Torino (29-31 maggio 2012) e la
C.M. n. 71 del 2 agosto 2012: Scuola in ospedale e istruzione domiciliare:
Assegnazione risorse finanziarie per i percorsi di scuola in ospedale e a
domicilio per alunni temporaneamente malati (ex L.440/1997, A.F. 2012) - A.S.
2012/2013
La nota 4439/2012 indica quali devono essere i criteri per il reclutamento
degli insegnanti considerato che “l’esercizio della funzione docente si esplica in
contesti ad alta intensità emotiva e in spazi condivisi con operatori di altri
servizi e istituzioni.
73
Secondo tale nota il docente “deve possedere oltre alle competenze
proprie della disciplina che insegna anche altre competenze di carattere
organizzativo, relazionale, metodologico-didattico e tecnologico. Deve, cioè
conoscere le principali regole di funzionamento del sistema ospedaliero,
all’interno del quale esplica la sua funzione e deve sapere conciliare le sue
esigenze di insegnamento con quelle degli altri soggetti che interagiscono con i
minori ricoverati; deve, sotto esperta guida, saper riflettere sulla propria
esperienza e sulle difficoltà che comporta la gestione di situazioni emotivamente
molto complesse, deve poter trovare tempo e spazio per rielaborare le
esperienze vissute alleggerendone la ricaduta; deve saper prestare attenzione e
ascolto alla relazione educativa che si instaura con ogni bambino/ragazzo
cogliendone emozioni, bisogni, tensioni e aspirazioni.
Perché la relazione educativa sia efficace, deve saper leggere e
comprendere i bisogni degli allievi, pianificare gli interventi con la massima
flessibilità possibile, deve essere pronto a modificare il piano educativo in
presenza di nuove situazioni e nuovi bisogni, deve padroneggiare metodi attivi,
centrati sulla persona, e didattiche modulari e brevi, deve continuamente
raccordarsi con la scuola e con il piano formativo della classe di provenienza.
Poiché viviamo nella società della digitalizzazione, i cui primi utilizzatori
esperti sono i nostri giovani, è anche necessario che i docenti ospedalieri
padroneggino e sappiano utilizzare le tecnologie multimediali per arricchire la
proposta formativa e documentare i percorsi, ma anche per gestire un percorso
74
educativo a distanza per coloro che fossero impossibilitati alla frequenza in
presenza (…..).
Ciò implica altresì il procedere sistematicamente a monitorare le
dotazioni organiche assegnate alle sezioni ospedaliere e le prestazioni dei
docenti per verificarne la rispondenza e la coerenza al fine di apportare, se
necessario, correttivi o integrazioni. Questa azione di verifica e sostegno del
personale docente assegnato alla scuola ospedaliera è tanto più necessaria,
qualora si verifichi una situazione di non armonia tra il personale docente e la
struttura ospedaliera nel suo complesso. E’ opinione condivisa oggi sia la
complessità dell’insegnamento in ospedale sia la delicatezza del compito, ragion
per cui l’USR, se necessario ed opportuno, deve poter disporre il rientro nelle
classi ordinarie di un docente, che si riveli non in sintonia con il contesto”.
Oggi il servizio vanta la collaborazione di docenti di ogni ordine e
grado, per fornire un sufficiente livello di conoscenze agli alunni
ospedalizzati e/o seguiti in regime di day-hospital.
Il funzionamento della scuola in ospedale richiede un rapporto
programmato e concordato con i servizi socio-sanitari per gli interventi
perequativi delle ASL e degli Enti Locali. Sono localmente concordate le
modalità di potenziamento dell'offerta formativa dei docenti sulle discipline di
indirizzo e su progetti definiti di istruzione domiciliare.
La diffusione dell'informazione, sulla scuola e sulla salute, fa inoltre registrare
75
una fase di espansione della scuola in ospedale, denotata dalla crescente richiesta
di nuove sezioni e dal sensibile aumento dei progetti di istruzione domiciliare.
Il servizio di istruzione domiciliare costituisce un ampliamento
dell'offerta formativa Scuola in Ospedale, riconoscendo ai minori malati – ove
necessario - il diritto-dovere all'istruzione anche a domicilio. Con la riduzione
dei periodi di degenza ospedaliera, seguita all'approvazione del Piano Sanitario
2002-2004, oggi, anche nei casi più gravi, si tende a rimandare a casa il bambino
o il ragazzo, continuando a seguirlo in day-hospital per tutto il periodo della
cura. In questi casi, a seguito dell’approvazione di uno specifico progetto, il
minore impossibilitato alla frequenza scolastica per almeno 30 giorni può essere
seguito direttamente a casa da uno o più docenti.
La procedura da osservare per l'attivazione dell'Istruzione Domiciliare è la
seguente:
1. i genitori presentano una richiesta alla scuola ove l’alunno è iscritto,
corredata da certificazione medica rilasciata dal medico dell’ospedale
ove l’alunno è stato ricoverato;
2. la scuola interessata elabora un progetto di offerta formativa nei
confronti dell'alunno impossibilitato alla frequenza scolastica, con
l'indicazione della sua durata, del numero dei docenti coinvolti e
dichiaratisi disponibili e delle ore di lezione previste;
3. il progetto viene approvato dal collegio dei docenti e dal consiglio
d'Istituto e inserito nel POF;
76
4. la richiesta, con allegata la certificazione sanitaria e il progetto
elaborato, viene poi inoltrata al competente Ufficio Scolastico
Regionale;
5. l'USR procede alla valutazione della documentazione presentata ai fini
dell'approvazione e della successiva assegnazione delle risorse
finanziarie;
6. a seguito del nulla osta regionale è possibile iniziare l'attività di
istruzione domiciliare.
A integrazione dei servizi di Scuola in Ospedale e Istruzione Domiciliare
si organizzano interventi di formazione a più livelli, rivolti sia al personale
docente che a quello amministrativo.
Ideati per fornire un addestramento ad hoc alle risorse coinvolte nelle
attività (per molti aspetti straordinarie) di Scuola in Ospedale, essi mirano ad
ottimizzarne la preparazione specifica rispetto alle criticità tipiche dei contesti in
questione, migliorando quindi costantemente il servizio reso all'utenza finale.
77
2.7 UN NUOVO MODELLO DI SCUOLA: LA “SCUOLA SENZA
ZAINO”
Vi sono alcune scuole in cui si è affermato un modello di insegnamento
alternativo rispetto a quello tradizionale e questo è la “scuola senza zaino”.
Attualmente le scuole “Senza Zaino” sono circa 75 e si trovano soprattutto
in Toscana, dove è nato il primo nucleo, ma anche nel resto d’Italia. Sono
raggruppate in 35 istituti scolastici e coinvolgono circa 6700 alunni e circa 650
docenti. Il movimento è nato nel 2002 e si è costituito in rete secondo la
normativa prevista dal dpr. 275 del 1999. Il modello delle scuole senza zaino
(SZ) è stato realizzato sia nelle scuole dell’infanzia, primarie sia nelle scuole
secondarie di primo grado. Le scuole senza zaino si caratterizzano perché al loro
interno non si trovano né la cattedra né i classici banchi monoposto disposti in
fila separati l’uno dell’altro, né un ambiente scarno, asettico, privo di qualsiasi
oggetto e strumento. Lo spazio è articolato in aree di lavoro: l’area tavoli, l’area
della matematica, l’area della lingua, l’area delle scienze naturali e
antropologiche, l’area delle arti. Infine abbiamo un luogo chiamato agorà dove si
svolgono gli incontri di gruppo. Quando è possibile, le aule vengono dotate di
computer e di LIM. Le aule sono sempre fornite di materiali didattici attinenti
78
alle varie discipline e inoltre una particolare cura è riservata alla pannellistica e
ai cartelloni (la comunicazione visuale).
Per quanto concerne la didattica questa è improntata su delle regole quali:
1. viene realizzata la differentiated instruction, ovvero un insegnamento
diversificato, sia a livello individuale che di gruppo, concretizzando
anche l’obbiettivo della personalizzazione. La lezione frontale ha uno
spazio limitato, pertanto l’attività didattica è molto varia e non
standardizzata come avviene di solito;
2. l’aula è divisa in aree di lavoro ed è arricchita con strumenti e
tecnologie didattiche (libri, enciclopedie, computer, schedari, giochi,
flash card ecc.) che consentono un insegnamento che si avvale di
modalità comunicative iconiche, attive, simboliche, analogiche;
3. gli alunni sono informati e stimolati a prendere decisioni anche sulle
attività didattiche, nonché invitati a organizzare seminari e conferenze
per presentare e mostrare i contenuti, i saperi e le competenze
acquisite;
4. l’insegnante svolge una pluralità di ruoli: organizza l’ambiente, spiega,
mostra e fa vedere “come si fa” (modello dell’artigiano), affianca come
un allenatore, offre strutture e sostegni, sa infine “abbandonare il
campo” in modo che gli alunni imparino a fare da soli;
5. l’insegnamento è solo in parte trasmissivo, poiché si mette l’accento in
modo speciale sul fatto che l’alunno deve saper scoprire e
79
impossessarsi delle conoscenze, porsi domande, saper ricercare, in una
parola essere responsabile delle costruzione del sapere;
6. i docenti formano una comunità di pratiche, nel senso che non conta
solo il singolo, ma anche il lavoro di gruppo, lo scambio di idee e
esperienze: si è visto che la cooperazione ha un impatto positivo
sull’apprendimento;
7. la scuola è la comunità di base formata dai docenti, dagli alunni e dai
genitori e l’istituto è inteso come rete di scuole-comunità;
8. i contenuti e gli obiettivi dell’insegnamento sono quelli previsti dai
Programmi Nazionali (Indicazioni Nazionali per il Curricolo) che SZ
intende perseguire avendo l’ambizione di raggiungere per gli alunni
migliori risultati. Negli ultimi anni sono anche stati approfonditi
diversi ambiti disciplinari con introduzione di didattiche nuove;
9. si presta una particolare attenzione alla dimensione corporea, alla
gestualità e alla prossemica come aspetto che qualifica la relazione,
così come all’uso della voce del docente e degli alunni: l’impiego di
volumi bassi e la sobrietà nell’impiego del linguaggio verbale a favore
di quelli non verbali;
10. si pone attenzione all’organizzazione della giornata scolastica evitando
l’improvvisazione e strutturando bene i ritmi, i tempi, la successione
delle attività, l’inizio e la conclusione.
80
In base alla sintesi dei punti fondamentali su cui si basa la didattica si
deduce che i valori su cui si fonda la proposta educativa sono: la responsabilità,
la comunità, l’ospitalità24.
24 “A scuola Senza Zaino” (M. Orsi, ed. Erickson, 2006)
81
III LEZIONE Il personale Docente
3.1 L’ACCESSO ALL’INSEGNAMENTO
Il D.M. 249 del 10 settembre 2010 (entrato in vigore il 15 febbraio 2011)
ha definito le nuove modalità della formazione iniziale degli insegnanti dei vari
ordini e gradi scolastici e alcuni percorsi didattici ad essa finalizzati.
Per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, il
nuovo percorso universitario prevede:
- corso di laurea magistrale a ciclo unico, di durata quinquennale,
con accesso a numero programmato e con valore abilitante.
Per gli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, i
nuovi percorsi universitari completi prevedono, per ciascuna classe di
abilitazione:
1. corsi di laurea, di durata triennale, in determinate classi ovvero con
acquisizione di crediti in determinati settori scientifico-disciplinari;
2. corsi di laurea magistrale, di durata biennale:
82
a. per la scuola secondaria di primo grado, nelle classi specifiche per
l’insegnamento definite dal D.M. 249/2010, con accesso a numero
programmato e prova di selezione iniziale, previo accertamento del
possesso del diploma e degli altri requisiti curricolari specifici ivi
previsti, da acquisire nel corso di laurea triennale;
b. per la scuola secondaria di secondo grado, nelle classi
corrispondenti a quelle di laurea specialistica previste, unitamente a
eventuali crediti necessari in determinati settori scientifico-
disciplinari, dal D.M. 22 del 5 febbraio 2005;
3. corsi di tirocinio formativo attivo (TFA), di durata annuale, attivati dalle
università in collaborazione con le istituzioni scolastiche e conclusi da un
esame con valore abilitante, con accesso riservato per coloro che avranno
conseguito il diploma di laurea magistrale nelle classi specifiche per
l’insegnamento, e con accesso a numero programmato e prova di
selezione.
Pertanto, ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, in base alla riforma
Gelmini, occorre:
- Possedere il titolo di studi richiesto;
- Aver superato il concorso per accedere ai T.F.A;
- aver seguito il T.F.A, cioè un anno di formazione che si concluderà
con un tirocinio formativo di 475 ore.
83
Ai fini della graduatoria per l’accesso è previsto, in aggiunta al risultato
delle prove il riconoscimento di un punteggio:
- per i servizi di insegnamento (almeno 360 giorni) attinenti la classe di
abilitazione o le discipline incluse nella stessa;
- per il Dottorato di ricerca attinente la classe di abilitazione o le
discipline incluse nella stessa;
- per almeno 2 anni di attività di ricerca attinenti la classe di abilitazione
o le discipline incluse nella stessa;
- per il percorso di studi;
- per il voto della tesi;
- per pubblicazioni o altri titoli accademici (almeno 60 CFU) attinenti la
classe di abilitazione o le discipline incluse nella stessa.
Il servizio di almeno 360 giorni nella scuola dà diritto ad un
riconoscimento di 19 crediti per le attività di tirocinio a scuola e le didattiche
disciplinari.
Al T.F.A. possono accedere coloro i quali entro la data di presentazione
della domanda di partecipazione al test preliminare, sono in possesso dei titoli di
ammissione alle classi di concorso di cui al decreto 30 gennaio 1998, n. 39
ovvero dei titoli di accesso alle classi di concorso di cui al decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca 9 febbraio 2005, n.22 o in possesso
di laurea magistrale che, secondo l’allegato 2 al decreto del Ministro
dell’università e della ricerca del 26 luglio 2007 e successive modifiche ed
84
integrazioni, è corrispondente ad una delle lauree specialistiche cui fa
riferimento il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
9 febbraio 2005, n.22 nonché coloro che abbiano conseguito il titolo di cui alla
lettera a) a condizione che alla data di entrata in vigore del Decreto, ovvero
nell’anno accademico 2010-2011, fossero iscritti al relativo corso di laurea
magistrale o specialistica.
Per le classi di concorso A029 e A030, è riconosciuto titolo d’accesso il
possesso del diploma rilasciato dagli istituti superiori di educazione fisica (ISEF)
già valido per l’accesso all’insegnamento di educazione fisica.
Sono esclusi coloro che sono già in possesso dell’abilitazione per la stessa
classe di concorso.
Può frequentare il TFA, sulla base dei posti disponibili, chi supera tutte le
prove della selezione iniziale, che sommate ai titoli danno un punteggio finale a
ciascun partecipante.
Le prove di accesso hanno per oggetto i programmi di cui al decreto del
Ministro della pubblica istruzione 11 agosto 1998, n. 357, integrati dai contenuti
disciplinari, oggetto di insegnamento delle relative classi di concorso, previsti:
a. dalle indicazioni nazionali, di cui al decreto legislativo 19 febbraio 2004,
n. 59 come aggiornate dal decreto del Ministro della pubblica istruzione
31 luglio 2007, “Indicazioni per il curricolo”;
b. dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 7
ottobre 2010, n. 211 concernente lo schema di regolamento recante
85
“Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento
concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi
previsti per i percorsi liceali di cui all’articolo 10, comma 3, del decreto
del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione
all’articolo 2, commi 1 e 3, del medesimo regolamento”;
c. dalla direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
15 luglio 2010, n. 57, “Linee Guida per il passaggio al nuovo
ordinamento degli istituti tecnici a norma dell’articolo 8, comma 3, del
decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 88″;
d. dalla direttiva del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca
28 luglio 2010, n. 65 “Linee Guida per il passaggio al nuovo ordinamento
degli istituti professionali a norma dell’articolo 8, comma 6, del decreto
del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87″.
La prova consiste in:
a) un test preliminare predisposto dal Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca;
b) una prova scritta predisposta da ciascuna università;
c) una prova orale.
Scopo del TEST è quello di verificare le conoscenze disciplinari relative
alle materie oggetto di insegnamento di ciascuna classe di concorso e le
competenze linguistiche di lingua italiana.
86
E’ costituito da 60 quesiti, ciascuno formulato con quattro opzioni di
risposta, fra le quali il candidato ne deve individuare l’unica esatta. Un numero
pari a 10 quesiti sono volti a verificare le competenze in lingua italiana, anche
attraverso quesiti inerenti la comprensione di uno o più testi scritti. Gli altri
quesiti sono inerenti alle discipline oggetto di insegnamento della classe di
concorso.
La risposta corretta a ogni domanda vale 0,5 punti, la risposta non data o
errata vale 0 punti. Il test ha la durata di tre ore.
Per essere ammesso alla prova scritta il candidato deve conseguire una
votazione nel test preliminare non inferiore a 21/30.
La prova scritta è valutata in trentesimi (supera la prova chi consegue un
risultato non inferiore a 21/30) ed è stabilita dalle università secondo i seguenti
criteri:
a) l’oggetto è costituito da una o più discipline ricomprese nella classe di
concorso cui il percorso di tirocinio formativo attivo si riferisce;
b) la prova verifica le conoscenze disciplinari, le capacità di analisi,
interpretazione e argomentazione, il corretto uso della lingua italiana e
non può pertanto prevedere domande a risposta chiusa;
c) nel caso di classi di concorso relative alla lingua straniera, la prova è
svolta nella lingua straniera per cui si richiede l’accesso al percorso di
tirocinio formativo attivo;
87
d) nel caso di classi di concorso che contemplano l’insegnamento della
lingua italiana, è prevista comunque una prova di analisi del testo;
e) nel caso di classi di concorso che contemplano l’insegnamento delle
lingue classiche è prevista comunque una prova di traduzione;
f) nel caso di classi di concorso relative a discipline scientifiche o
tecniche, la prova scritta può essere integrata da una prova pratica in
laboratorio. In questo caso il voto è unico ed è ottenuto dalla media
aritmetica dei voti attribuiti nella prova scritta e nella prova di
laboratorio, ciascuno dei quali deve essere comunque non inferiore a
21/30.
La prova orale, valutata in ventesimi, è superata da chi consegue un
risultato non inferiore a 15/20. La prova è svolta tenendo conto delle specificità
delle diverse classi di concorso. Nel caso di classi di concorso relative alla
lingua straniera, la prova è svolta nella lingua straniera per cui si richiede
l’accesso al percorso di tirocinio formativo attivo, nel caso di classi di
abilitazione affidate al settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica
la prova orale può essere sostituita da una prova pratica.
A seguito del superamento delle tre prove si forma la graduatoria
sommando i punteggi conseguiti dai candidati che hanno superato il test
preliminare con votazione non inferiore a 21/30, la prova scritta con votazione
non inferiore a 21/30 e la prova orale con votazione non inferiore a 15/20. A
questi si aggiunge il punteggio attribuito all’esito della valutazione dei titoli.
88
I titoli valutabili per l’accesso comprendono esami di profitto, della laurea
e voto finale, servizio svolto, titoli culturali e professionali.
In caso di parità di punteggio, prevale il candidato che abbia una maggiore
anzianità di servizio nelle istituzioni scolastiche; nel caso di ulteriore parità o nel
caso si tratti di candidati che non abbiano svolto servizio, prevale il candidato
più giovane.
La graduatoria degli ammessi ai percorsi non può essere in nessun caso
integrata con altri candidati.
E’ ammesso al tirocinio formativo attivo, un numero di candidati non
superiore al numero dei posti disponibili per l’accesso, indicato nel bando.
Nel caso in cui la graduatoria dei candidati ammessi risulti composta da un
numero di candidati inferiore al numero dei posti disponibili indicati nel bando,
non si procede ad alcuna integrazione e il corso è attivato per un numero di
studenti pari al numero degli ammessi.
Sono ammessi in soprannumero ai percorsi di tirocinio formativo attivo,
senza dover sostenere alcuna prova coloro che hanno superato l'esame di
ammissione alle Ssis, che si sono iscritti e hanno in seguito sospeso la frequenza
delle stesse, ivi compresi coloro i quali fossero risultati idonei e in posizione
utile in graduatoria ai fini di una seconda abilitazione da conseguirsi attraverso
la frequenza di un secondo biennio di specializzazione o di uno o più semestri
aggiuntivi.
Le prove sono organizzate presso gli Atenei.
89
Per insegnare la religione cattolica nelle scuole dell’infanzia, è necessaria
anche l’idoneità della Curia Vescovile della propria zona. Per prestare servizio
in eventuali scuole civiche occorre, invece, contattare l’Assessorato
all’Istruzione del comune di appartenenza. E’ comunque possibile svolgere il
servizio di pre-scuola e di post-scuola con l'intermediazione di cooperative
coordinate dal comune di appartenenza. Infine, è possibile insegnare nelle scuole
private, presentando domanda direttamente agli istituti.
3.2 L’ASSUNZIONE: CONTRATTO E PERIODO DI PROVA
Il contratto di lavoro a tempo indeterminato tra Pubblica Amministrazione
e dipendente (docente, educatore e personale amministrativo, tecnico ed
ausiliario) è di tipo privatistico e, conseguentemente, la contrattazione e la
stipula avvengono sulla base dell’accordo (Contratto Collettivo Nazionale di
Lavoro) tra l’ Aran (agenzia rappresentante la Pubblica Amministrazione) e le
organizzazioni sindacali rappresentanti i lavoratori, e non più per obblighi
derivanti da leggi. Ad esso fanno seguito i contratti regionali integrativi (Cir) e
la contrattazione decentrata.
Con la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro iniziano una serie
di diritti e di doveri indicati nel contratto collettivo nazionale e, in forma più
generale, nelle raccolte legislative, in particolare nel Testo Unico 185/2001
90
“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche”.
Per essere efficace ai fini giuridici ed economici, oltre alla firma di stipula
del contratto, si deve assumere effettivo servizio presso la sede designata in via
provvisoria entro i giorni indicati nel contratto stesso.
Se mancano questi requisiti e/o non vengono giustificati da validi e gravi
motivi, come ad esempio la malattia, si perde l’impiego.
Inoltre si deve presentare, entro un termine massimo di 30 giorni, la
documentazione valida per l’accesso al pubblico impiego. Anche la mancanza di
questi adempimenti comportano l’annullamento del contratto e la risoluzione del
contratto di lavoro.
La sede di assunzione servizio è considerata quale sistemazione
provvisoria ed è valida per il primo anno di lavoro.
Si deve quindi presentare, nel corso dell’anno quando vengono pubblicati
i bandi, l’apposita domanda di trasferimento e la sede scelta l’anno successivo
diverrà la sede definitiva di lavoro.
Per coloro che non presentassero la domanda di trasferimento la sede verrà
attribuita d’ufficio.
La domanda di trasferimento deve essere presentata alla provincia di
servizio.
Per il personale docente:
91
- non si può chiedere trasferimento in altra provincia per i primi tre anni
scolastici, compreso l’anno di prova;
- nei due anni successivi alla titolarità, dopo il primo anno provvisorio,
non si può chiedere trasferimento ad altra scuola nella provincia;
- può essere richiesta l’assegnazione provvisoria in provincia diversa da
quella di titolarità per validi motivi di famiglia o di salute;
- l’utilizzazione provvisoria può essere disposta d’ufficio per le classi di
concorso in esubero o per tipologie di posti speciali.
Quando si assume servizio, o nel primo anno di servizio, si devono
presentare una serie di documenti, alcuni obbligatori per tutti ed altri riguardanti
situazioni personali.
Documenti e requisiti per l’accesso all’impiego all’atto di assunzione del
servizio e/o con termine massimo di 30 giorni sono:
- autocertificazione (dichiarazione sostitutiva di certificazione) riportante in
un unico modello le seguenti indicazioni:
a) data e luogo di nascita;
b) cittadinanza italiana o di uno dei paesi dell’Unione Europea;
c) assenza/presenza di condanne penali;
d) godimento dei diritti politici;
e) posizione riguardo gli obblighi di leva militare;
f) possesso del titolo di studio;
g) possesso dell’abilitazione (per i docenti);
92
h) possesso di eventuale specializzazione per il sostegno;
i) non avere altri rapporti d’impiego pubblico o privato;
j) non avere incompatibilità previste dall’art. 508 del D.L.vo
297/1994 (per i docenti);
k) non avere incompatibilità previste dall’art. 58 del D.L.vo 29/1993
(per il personale Ata).
- certificato di idoneità fisica all’impiego;
- carriera e sistema previdenziale:
a) dichiarazione dei servizi prestati in precedenza;
b) domanda di computo dei servizi ai fini pensionistici, con relativa
ricongiunzione e/o riscatto di servizi prestati;
c) eventuale ricongiunzione dei servizi prestati presso aziende private
e dell’indennità di disoccupazione;
d) domanda di riconoscimento dei servizi prestati ai fini del
trattamento di fine rapporto;
e) eventuale richiesta di adesione alla previdenza integrativa o fondo
di previdenza complementare;
f) domanda di ricostruzione della carriera, dopo l’anno di formazione
per i docenti o dopo il superamento del periodo di prova per il
personale Ata.
- Adempimenti nel corso del primo anno:
a) domanda di trasferimento alla sede definitiva.
93
- Adempimenti al termine del periodo di prova:
a) verbale di superamento del periodo di prova;
b) giuramento e verbale di giuramento.
Per quanto riguarda il trattamento economico il personale neo assunto a
tempo indeterminato percepisce lo stipendio iniziale di inquadramento, come
stabilito dal Ccnl, e prevede una progressione legata all’anzianità di servizio.
Al momento della ricostruzione della carriera sarà inquadrato, ai fini
economici, nello scaglione di anzianità corrispondente ai servizi precedenti
l’assunzione a T.I. e valutati ai fini della carriera.
La retribuzione viene integrata di alcune voci continuative, previste dal
Ccnl, quali ad esempio l’indennità di amministrazione per il Direttore Generale
Servizi Amministrativi (Dsga), il compenso individuale accessorio per il
personale Ata, la retribuzione professionale per il personale docente.
Ulteriori integrazioni possono essere stabilite dal contratto integrativo
d’istituto per particolari incarichi o attività deliberate dal Consiglio d’Istituto
nell’ambito del documento Pof, il Piano dell’Offerta Formativa.
Il periodo di prova inizia con il primo giorno dell’anno scolastico, il
primo settembre, oppure, nel caso di assunzione del servizio successivamente,
dal giorno di effettiva presa del servizio.
E’ servizio valido a tutti gli effetti, sia giuridici che economici, quale
effettivo servizio a tempo indeterminato ed è, pertanto, utile al computo delle
ferie e dell’anzianità.
94
Il periodo di prova richiesto, diverso per i docenti e per il personale Ata,
deve però essere superato come“servizio effettivamente prestato” pertanto sono
escluse dal computo le assenze per malattia, astensione obbligatoria per
maternità e aspettative.
Nel caso il dipendente non riesca a cumulare i giorni di servizio
necessario, per motivati diritti, completa il periodo nell’anno seguente e
comunque entro il limite massimo dei due anni.
Il periodo di prova può essere prorogato anche per esito sfavorevole della
valutazione.
Le ferie e i giorni festivi rientrano nel calcolo dei giorni di effettivo
servizio.
Nel caso di assenza per malattia si ha diritto alla conservazione del posto
per sei mesi trascorsi i quali l’amministrazione può recedere dal contratto.
Più in particolare per i docenti:
- il periodo di prova dura un anno scolastico;
- nello stesso anno c’è l’obbligo della partecipazione alla
formazione che consiste in attività formative per almeno 40 ore
con l’assistenza di un docente “tutor”;
- devono elaborare una relazione riguardante l’attività svolta e gli
argomenti della formazione;
- devono discutere la relazione al “comitato di valutazione interno”,
presieduto dal dirigente e composto da almeno 2 docenti;
95
- devono ricevere una relazione del “comitato di valutazione” sul
superamento del periodo di prova e dell’anno di formazione;
Perché sia valido il periodo di prova e di formazione deve essere di almeno
180 giorni tra l’inizio dell’anno scolastico (1 settembre) ed il termine delle
lezioni od esami, nel conteggiare i 180 giorni sono validi, oltre ai giorni di
effettiva lezione, anche il giorno libero dall’insegnamento, riconosciuto
dall’orario scolastico di lezione ed intermedio al periodo di servizio, i giorni di
riunione del Collegio Docenti e per attività di programmazione didattica,
compresi tra l’1 settembre e l’inizio effettivo delle lezioni, le domeniche ed i
giorni festivi, i periodi di chiusura della scuola derivanti da ragioni di pubblica
utilità (es. seggio elettorale), i periodi di chiusura della scuola disposti per
ragioni sanitarie (es. profilassi), i periodi di sospensione delle lezioni a Natale e
a Pasqua previsti dal calendario scolastico, i primi 30 giorni di congedo
obbligatorio per maternità (in questo caso il periodo di prova si riduce a 150
giorni),i giorni di assenza per partecipare a corsi di formazione ed
aggiornamento indetti dall’amministrazione scolastica.
96
3.3 PRINCIPALI DIRITTI DEL PERSONALE DOCENTE
3.3.1 IL DIRITTO ALLA FUNZIONE E ALLO STIPENDIO
Tra i principali diritti del docente vi è quello alla funzione, che si
estrinseca nel diritto del docente all’assegnazione di una classe, ed in base a tale
diritto il personale docente non può essere allontanato dalla sede di servizio né
privato del posto se non nei casi espressamente previsti dalla legge
(trasferimento per servizio, sospensione, destituzione) e dalla contrattazione
collettiva.
Altro diritto è quello allo stipendio.
Lo stipendio è una prestazione periodica in denaro cui la Pubblica
Amministrazione è tenuta verso l’impiegato, come corrispettivo del servizio
prestato. Esso è costituito da una somma annua, corrisposta a rate mensili
posticipate cui si aggiungono alcune indennità.
Lo stipendio, quanto alla natura giuridica, ha senz’altro un carattere
retributivo e quindi va commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto
dall’impiegato.
Il passaggio tra una posizione stipendiale e l’altra potrà essere acquisito al
termine dei periodi previsti, sulla base dell’accertato utile assolvimento di tutti
gli obblighi inerenti alla funzione. Il servizio si intende reso utilmente qualora il
97
dipendente, nel periodo di maturazione della posizione stipendiale, non sia
incorso in sanzioni disciplinari definitive implicanti la sospensione dal servizio.
Il passaggio alla posizione stipendiale superiore potrà essere ritardato per
mancata maturazione dei requisiti richiesti, nelle fattispecie e per i periodi
seguenti:
- due anni di ritardo in caso di sospensione dal servizio per una durata
superiore a un mese per i capi di istituto e per il personale docente e in
caso di sospensione del lavoro di durata superiore a cinque giorni per il
personale A.T.A.;
- un anno di ritardo in caso di sanzione disciplinare di sospensione dal
servizio e dalla retribuzione fino a un mese per i capi di istituto e per il
personale docente e fino a cinque giorni per il personale A.T.A.
3.3.2 LE LIBERTÀ SINDACALI
Dal carattere generale del richiamo alla normativa regolatrice del lavoro
privato deriva l’importante conseguenza dell’integrale estensione a tutti i
comparti del pubblico impiego dello Statuto dei lavoratori, L. 20-5-1970, n. 300,
che costituisce, a ben vedere, la fonte dei diritti sindacali dei lavoratori.
Per il comparto scuola le libertà sindacali sono disciplinate dagli artt. 54 e
55 del D.Lgs. 29/93, dalla L. 300/70 e dalle disposizioni del contratto collettivo
98
nazionale di categoria che disapplica le disposizioni introdotte, in materia, dal
D.Lgs. 297/94 (T.U. della scuola).
Volendo tracciare un quadro riassuntivo delle più importanti libertà
sindacali può dirsi che ai pubblici dipendenti e, per quel che in questa sede ci
interessa, al personale scolastico spettano:
- l’aspettativa per motivi sindacali. Il personale della scuola che ricopre
cariche elettive in seno alle proprie organizzazioni sindacali a carattere
nazionale, ha la possibilità di essere collocato in aspettativa per motivi
sindacali;
- i permessi sindacali. Il personale che non sia collocato in aspettativa è,
a richiesta della rispettiva organizzazione, autorizzato ad assentarsi
dalla scuola per il tempo necessario per presenziare alle riunioni degli
organi collegiali o per l’espletamento della normale attività sindacale
(v. D.P.C.M. 27-10-1994, n. 770);
- il diritto di affissione. Le organizzazioni sindacali del personale della
scuola possono disporre in ogni sede di istituzione scolastica
gratuitamente di appositi spazi per l’affissione di giornali murali,
notiziari, circolari, manifesti ed altri scritti o stampati conformi alle
disposizioni sulla stampa e contenenti notizie di carattere
esclusivamente sindacale;
- il diritto di riunione e di assemblea. Il personale della scuola gode
inoltre del diritto di riunione nei locali della scuola, fuori dell’orario
99
normale delle lezioni, nonché del diritto di svolgere assemblee
sindacali in locali scolastici durante l’orario di lavoro salvo il caso in
cui in quello stesso orario debbano essere effettuati esami o scrutini
finali. Per il personale docente, in ciascuna scuola o istituto, può essere
tenuta, di norma, un’assemblea al mese e comunque non più di due;
- il diritto ad avere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro nelle
forme consentite dalla legge;
- il diritto di sciopero. Il personale della scuola ha diritto a scioperare
rientrando questa libertà in quelle concesse a tutti i lavoratori dalla
Costituzione. La questione dello sciopero del personale scolastico,
tuttavia, assume degli aspetti peculiari per la forte conflittualità degli
interessi contrapposti: da parte dell’insegnante v’è l’interesse alla
massima libertà possibile nell’esercizio del diritto di sciopero; da parte
dell’organizzazione scolastica v’è l’interesse alla massima continuità
possibile nella erogazione del servizio scolastico, come presupposto
per la continuità dell’azione educativa.
La L. 12-6-1990, n. 146, contenente norme per "garantire il funzionamento
dei servizi pubblici essenziali" afferma anche l’esigenza di garantire, in caso di
sciopero, i servizi di asili nido e scuola materna, nonché gli scrutini di fine anno.
In pratica i soggetti che promuovono lo sciopero devono prevedere che una
quota di lavoratori si astenga dall’agitazione, ciò al fine di garantire un "servizio
minimo" ed, inoltre, l’effettuazione delle prestazioni indispensabili.
100
Le disposizioni risultanti dalla contrattazione collettiva sono le seguenti:
- il personale docente non può scioperare per più di 40 ore (8 giorni per
anno scolastico) nella scuola materna ed elementare e per più di 60 ore
(12 giorni) negli altri ordini di scuola; in ogni caso l’azione di sciopero
non può durare per più di 2 giorni consecutivi, dovendosi rispettare
una pausa di 7 giorni prima dell’azione successiva;
- lo sciopero deve essere preavvertito almeno 15 gg. prima, indicando
nel preavviso se interessa l’intera giornata o alcune ore; inoltre non
potrà mai svolgersi durante gli scrutini finali ovvero posticipare la
conclusione dei lavori di valutazione trimestrali o quadrimestrali oltre
5 giorni;
- gli scioperi brevi possono svolgersi solo nella prima e nell’ultima ora.
- Spetta al capo di istituto organizzare lo svolgimento del servizio
scolastico raccogliendo le adesioni, informando tempestivamente gli
studenti e le loro famiglie, nonché approntando idonee forme
sostitutive del servizio scolastico;
- gli scioperi effettuati in concomitanza con le iscrizioni degli alunni
dovranno garantirne comunque l’efficace svolgimento e non potranno
comportare un differimento oltre il terzo giorno successivo alle date
previste come terminali delle operazioni relative alle disposizioni
ministeriali;
101
- gli scioperi proclamati e concomitanti con i giorni in cui si svolgono
gli scrutini trimestrali e quadrimestrali non finali non devono
comportare un differimento della conclusione di dette operazioni
superiore a cinque giorni;
- gli scioperi proclamati e concomitanti con gli scrutini finali non
devono differirne la conclusione nei soli casi in cui l’attività valutativa
sia propedeutica allo svolgimento degli esami conclusivi dei cicli di
istruzione. Negli altri non devono differirne la conclusione di oltre
cinque giorni;
- gli scioperi di qualsiasi genere dichiarati o in corso di effettuazione
saranno immediatamente sospesi in caso di avvenimenti eccezionali di
particolare gravità o di calamità naturale;
- le disposizioni in tema di preavviso minimo e di indicazione della
durata non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa
dell’ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi
dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori.
I Capi d’istituto, in occasione di ciascuno sciopero, individuano — sulla
base anche della comunicazione volontaria del personale in questione circa i
propri comportamenti sindacali — i nominativi del personale da includere nei
contingenti in servizio presso le medesime istituzioni scolastiche ed educative,
tenuti alle prestazioni indispensabili ed esonerati dallo sciopero stesso per
garantire la continuità delle prestazioni indispensabili.
102
I nominativi inclusi nei contingenti saranno comunicati ai singoli
interessati cinque giorni prima dell’effettuazione dello sciopero.
Il soggetto individuato ha il diritto di esprimere, entro il giorno successivo
alla ricezione della predetta comunicazione, la volontà di aderire allo sciopero
chiedendo la conseguente sostituzione, nel caso sia possibile.
In caso di adesione allo sciopero del capo d’istituto, le relative funzioni
aventi carattere di essenzialità e di urgenza saranno svolte, nell’ordine, dal
vicario, da uno dei collaboratori o dal docente più anziano d’età in servizio.
I capi d’istituto e gli organi dell’Amministrazione scolastica, ai relativi
livelli di competenza, sono tenuti a rendere pubblici i dati relativi all’adesione
allo sciopero dopo la sua effettuazione.
3.3.3 LE FERIE
La disciplina delle ferie è contenuta nel CCNL .
Il personale della scuola ha diritto a 32 giorni di ferie più 4 giorni di
festività soppresse da fruirsi nel periodo di chiusura delle istituzioni scolastiche,
ovvero durante il periodo di sospensione dell’attività didattica.
Per un periodo non superiore a sei giornate lavorative è consentita la
fruizione delle ferie durante il normale svolgimento dell’attività didattica,
limitatamente al personale docente ed educativo, a condizione che nell’ambito
dell’istituzione scolastica vi sia la possibilità di sostituzione con altro personale
103
in attività di servizio nella stessa sede e che non comporti, comunque, oneri
aggiuntivi per l’amministrazione.
Per i capi di istituto la fruizione delle ferie nel predetto periodo è
consentita per non più di 15 giorni.
Il diritto alle ferie è irrinunciabile, rispondendo all’esigenza
costituzionalmente protetta di garantire, anche nell’interesse
dell’Amministrazione, l’integrità fisica e psichica del dipendente per il logorio
conseguente alla prestazione continua del lavoro (parere Consiglio di Stato n.
338 del 19-6-1966).
3.3.4 I PERMESSI RETRIBUITI
Il dipendente della scuola con contatto a tempo indeterminato ha diritto,
sulla base della documentazione prodotta e anche con l’autocertificazione, a
permessi retribuiti per i seguenti motivi:
- partecipazione a concorsi ed esami (8 giorni all’anno);
- lutti per la perdita del coniuge, di parenti entro il secondo grado e
di affini di primo grado (3 giorni per ciascun evento luttuoso)
- gravi motivi personali o familiari debitamente documentati o
autocertificati in base alle leggi vigenti (3 giorni all’anno);
- matrimonio (15 giorni consecutivi);
104
- assistenza a persona handicappata convivente secondo le previsioni
dell’art. 33, comma 3, della L. 104/92 (3 giorni al mese);
- astensione facoltativa dal lavoro nel corso del primo anno di vita
del bambino e successivamente fino al compimento del terzo anno
di età (30 giorni all’anno).
La L. 30-12-1971, n. 1204 sulla tutela delle lavoratrici madri prevede due
forme di astensione dal lavoro, quella obbligatoria e quella facoltativa.
L’astensione obbligatoria si verifica:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
- durante i tre mesi successivi al parto.
Equiparata a tutti gli effetti all’assenza obbligatoria è la interdizione dal
lavoro della lavoratrice in gravidanza fino ai due mesi prima del parto presunto
in caso di gravi complicanze della gestazione.
In tal caso, organo competente ad accertare le condizioni anzidette è
l’Ispettorato del lavoro cui va indirizzata la domanda. Sulla base
dell’accertamento disposto dall’Ispettorato del lavoro l’organo competente
concederà l’astensione obbligatoria. Il periodo trascorso in astensione
obbligatoria è computato nell’anzianità di servizio ed è utile a tutti gli effetti.
Trascorso il periodo di astensione obbligatoria la lavoratrice madre può
assentarsi:
- entro il primo anno di vita del bambino per un periodo di sei mesi;
105
- durante le malattie del bambino di età inferiore a tre anni dietro
presentazione del certificato rilasciato dal medico di fiducia; deve
trattarsi di malattia acuta e non cronica, tenuto conto della frequenza
delle malattie del bambino durante la prima infanzia.
I periodi di astensione facoltativa sono computati nell’anzianità di
servizio, ma non sono validi agli effetti delle ferie e della 13ª mensilità.
Entro il primo anno di età del bambino, il personale femminile ha facoltà
di chiedere la riduzione dell’orario di servizio (art. 10 L. n. 1204/71). La ratio
della disposizione legislativa che ha previsto tali periodi di riposo è quella di
assicurare alla lavoratrice madre le condizioni necessarie per la prestazione di
cure indispensabili al bambino con particolare riguardo alle esigenze della
nutrizione. I periodi di riposo variano per le insegnanti di scuola materna (due
ore), di scuola elementare (una ora), di scuola secondaria (in relazione alle
esigenze della scuola).
I permessi retribuiti sono concessi a domanda da presentarsi al capo di
istituto da parte del personale docente e al Dirigente dell’Ufficio scolastico
regionale da parte dei capi di istituto.
3.3.5 LE ASSENZE PER MALATTIE
Il dipendente assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto
per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si
106
sommano, alle assenze dovute all'ultimo episodio morboso, le assenze per
malattia verificatesi nel triennio precedente.
Al lavoratore che ne faccia richiesta è concesso di assentarsi per un
ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi, senza diritto ad alcun
trattamento retributivo.
Prima di concedere, su richiesta del dipendente, l'ulteriore periodo di
assenza, l'amministrazione procede all'accertamento delle sue condizioni di
salute, per il tramite del competente organo sanitario ai sensi delle vigenti
disposizioni, al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e
permanente inidoneità fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
Superati i periodi di conservazione del posto oppure nel caso che, a seguito
dell'accertamento, il dipendente sia dichiarato permanentemente inidoneo a
svolgere qualsiasi proficuo lavoro, l'amministrazione può procedere alla
risoluzione del rapporto corrispondendo al dipendente l'indennità sostitutiva del
preavviso.
Il personale docente dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di
salute può, a domanda, essere collocato fuori ruolo e/o utilizzato in altri compiti
tenuto conto della sua preparazione culturale e professionale. Tale utilizzazione
è disposta dal Direttore regionale sulla base di criteri definiti in sede di
contrattazione integrativa nazionale.
107
I periodi di assenza per malattia, salvo il periodo di 18 mesi richiesto per la
seconda volta, non interrompono la maturazione dell'anzianità di servizio a tutti
gli effetti.
Il trattamento economico spettante al dipendente, nel caso di assenza per
malattia nel triennio è così costituito:
a) intera retribuzione fissa mensile, ivi compresa la retribuzione
professionale docenti ed il compenso individuale accessorio, con esclusione di
ogni altro compenso accessorio, comunque denominato, per i primi nove mesi di
assenza.
Nell'ambito di tale periodo per le malattie superiori a 15 gg. lavorativi o in
caso di ricovero ospedaliero e per il successivo periodo di convalescenza post-
ricovero, al dipendente compete anche ogni trattamento economico accessorio a
carattere fisso e continuativo.
b) 90% della retribuzione di cui alla lett. a) per i successivi 3 mesi di
assenza;
c) 50% della retribuzione di cui alla lett. a) per gli ulteriori 6 mesi del
periodo di conservazione del posto previsto nel comma 1.
In caso di gravi patologie, che richiedano terapie temporaneamente e/o
parzialmente invalidanti, sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per
malattia oltre ai giorni di ricovero ospedaliero o di day hospital anche quelli di
assenza dovuti alle conseguenze certificate delle terapie. Pertanto per i giorni
anzidetti di assenza spetta l'intera retribuzione.
108
Il dipendente, che durante l’assenza, per particolari motivi, dimori in luogo
diverso da quello di residenza o del domicilio dichiarato all’amministrazione
deve darne preventiva comunicazione, precisando l’indirizzo dove può essere
reperito.
Il dipendente assente per malattia, pur in presenza di espressa
autorizzazione del medico curante ad uscire, è tenuto a farsi trovare nel
domicilio comunicato all’amministrazione, in ciascun giorno, anche se
domenicale o festivo, dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19.
Qualora il dipendente debba allontanarsi, durante le fasce di reperibilità,
dall’indirizzo comunicato, per visite mediche, prestazioni o accertamenti
specialistici o per altri giustificati motivi che devono essere, a richiesta,
documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione
con l’indicazione della diversa fascia oraria di reperibilità da osservare.
3.3.6 I PERMESSI BREVI
Compatibilmente con le esigenze di servizio, ai dipendenti possono essere
concessi, per particolari esigenze personali e a domanda, brevi permessi di
durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero individuale di servizio e,
comunque, per il personale docente fino ad un massimo di due ore.
I permessi complessivamente concessi non possono eccedere per il
personale docente il rispettivo orario settimanale di insegnamento.
109
Entro i due mesi lavorativi successivi a quello della fruizione del permesso
il personale docente è tenuto a recuperare le ore non lavorate con il ricorso alle
supplenze o allo svolgimento di interventi didattici integrativi con precedenza
nella classe ove avrebbero dovuto prestare servizio.
In caso di mancato recupero l’Amministrazione provvede a trattenere una
somma pari alla retribuzione spettante al dipendente per il numero di ore non
recuperate.
3.3.7 L’ASPETTATIVA
L’aspettativa è una modificazione temporanea del rapporto di impiego e
consiste nella sospensione dell’obbligo da parte del personale di prestare
servizio e di esercitare le funzioni del proprio ufficio.
L’aspettativa per motivi di famiglia continua ad essere disciplinata dagli
artt. 69 e 70 del D.P.R. 3 gennaio 1957, n. 3 (T.U. degli impiegati civili dello
Stato).
L’aspettativa per motivi di famiglia è disposta, a seguito di presentazione
di domanda motivata e documentata all’organo competente ad emanare il
provvedimento (Dirigente scolastico per il personale docente). Su tale domanda
l’Amministrazione ha un ampio potere discrezionale. L’interessato infatti non
può vantare un diritto alla sua concessione, bensì un semplice interesse legittimo
da valutarsi da parte dell’Amministrazione, in relazione alle esigenze di servizio.
110
L’organo competente ha l’obbligo di provvedere sulla domanda (entro un mese
dal ricevimento), che va presentata con un congruo anticipo ed ha facoltà per
ragioni di servizio, da motivarsi nel provvedimento, di respingerla, di ritardarne
l’accoglimento e di ridurre la durata dell’aspettativa richiesta.
L’aspettativa concessa, può essere revocata in qualunque momento per
ragioni di servizio; i motivi della revoca debbono essere enunciati nel
provvedimento.
Durante l’aspettativa per motivi di famiglia, il rapporto di servizio deve
considerarsi sospeso. Il personale interessato non ha diritto ad alcuna
retribuzione ed il tempo trascorso in aspettativa non è computato ai fini della
progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e
del trattamento di quiescenza e di previdenza.
Il personale interessato non può allontanarsi dal servizio senza la
preventiva autorizzazione dell’organo competente, ossia senza attendere l’esito
della richiesta di concessione; in caso contrario viene considerato assente
arbitrario e per tale comportamento, può essere sottoposto a procedimento
disciplinare (Consiglio di Stato, sez. IV, 12-11-1974, n. 787).
Il periodo di aspettativa per motivi di famiglia non può eccedere la durata
di un anno. Due periodi di aspettativa per motivi di famiglia si sommano ai fini
della determinazione del periodo di durata massima (due anni e mezzo), quando
tra essi non intercorra un periodo di servizio attivo superiore ai sei mesi. Il
111
personale che cessa dalla posizione di aspettativa ha l’anzianità di ruolo che gli
spetta, dedotto il tempo trascorso in aspettativa.
Il personale docente che sia stato collocato in aspettativa per un periodo
non inferiore a 150 gg. continuativi, e rientri in servizio dopo il 30 aprile è
utilizzato nella scuola di titolarità in supplenze o per svolgimento di altri compiti
comunque connessi con il funzionamento della scuola (attività parascolastiche,
corsi di recupero o di sostegno etc.).
La norma intende tutelare il principio della continuità didattica, nei casi in
cui vi siano periodi di assenza di ragguardevole durata.
È, infatti, previsto che nel caso in cui il rientro in servizio coinvolga le
classi finali di un ciclo di studi, il periodo di assenza continuativa per aspettativa
sia ridotto a 90 gg.
Per motivi di particolare gravità, l’organo competente a concedere
l’aspettativa, può eccezionalmente consentire su domanda una proroga
dell’aspettativa di durata non superiore ai sei mesi, quando sia stato goduto il
periodo massimo fruibile.
Anche il periodo di proroga eccezionale non dà diritto ad alcuna
retribuzione, né è valido ai fini della carriera e del trattamento di quiescenza.
E’ prevista l’Aspettativa per mandato parlamentare
La disciplina di tale forma di aspettativa è contenuta nel D.Lgs. 3-2-1993,
n. 29.
112
A far data dal 31-3-1993 i pubblici dipendenti, nel nostro caso il personale
della scuola, eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo, ai Consigli
regionali sono collocati in aspettativa, d’ufficio, per tutta la durata del mandato
non potendo però, a differenza del regime previgente (L. 1148/67), cumulare
l’indennità parlamentare con il trattamento economico in godimento presso
l’amministrazione di appartenenza.
Il periodo di aspettativa, però, è valido a tutti gli altri effetti: diritto alla
conservazione del posto, anzianità di servizio, trattamento di quiescenza e
previdenza.
Inoltre per assolvere il mandato di consigliere provinciale, comunale o di
quartiere spettano al docente i permessi per i giorni di convocazione dei consigli
con intero trattamento economico (art. 4 Legge 27.12.1985 n. 816, Decreto
Legislativo 18 agosto 2000 n. 267, art. 68 Decreto Legislativo 30.3.2001 e art.
35 del CCNL del 24.7.2003), in questi casi il docente è tenuto a presentare, ogni
trimestre, a partire dall'inizio dell'anno scolastico, alla scuola in cui presta
servizio, apposita dichiarazione circa gli impegni connessi alla carica ricoperta,
da assolvere nel trimestre successivo, nonché a comunicare mensilmente alla
stessa scuola la conferma o le eventuali variazioni degli impegni già dichiarati.
Nel caso il docente presti servizio in più scuole la dichiarazione va presentata a
tutte le scuole interessate.
113
3.4 DOVERI DEI DOCENTI
Il personale della scuola ha l’obbligo di tenere un determinato
comportamento, di rispettare l’orario di servizio, di osservare i divieti e le
incompatibilità stabiliti dalla legge.
3.4.1 L’ORARIO DI SERVIZIO
Per quanto concerne l’orario di servizio del personale docente e del
personale direttivo, l’osservanza costituisce un obbligo del dipendente pubblico,
quale elemento essenziale della prestazione retribuita dalla Amministrazione di
appartenenza.
La disciplina in materia è quella del contratto collettivo.
In particolare, secondo le previsioni contrattuali, l’orario obbligatorio di
servizio per i docenti è costituito da:
- ore da destinare all’attività didattica in senso stretto, ovvero
all’insegnamento. L’attività di insegnamento per la scuola materna si
svolge in venticinque ore settimanali, nonché in ventiquattro ore
114
settimanali per la scuola elementare ed in diciotto ore settimanali per
gli istituti e scuole d’istruzione secondaria, ivi compresi i licei artistici
e gli istituti d’arte. Per il personale direttivo l’orario di lavoro è
articolato su 36 ore settimanali cui può aggiungersi un’ulteriore
disponibilità in relazione alla natura delle attività affidate alla
responsabilità del capo di istituto;
- ore riguardanti le attività funzionali alla prestazione di insegnamento.
Il comma 1 dell’art. 42 del CCNL 1994-1997 come riformulato
dall’art. 24 del CCNL 1998-2001 precisa che l’attività funzionale
all’insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione
docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. Essa comprende
tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione,
progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e
formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi
collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere
adottate dai predetti organi. Inoltre è possibile che prima dell’inizio
delle lezioni, il dirigente scolastico predisponga, sulla base delle
eventuali proposte degli organi collegiali, il piano annuale delle attività
e i conseguenti impegni del personale docente che può prevedere
attività aggiuntive.
115
3.4.2 IL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE
Per il rapporto a tempo parziale la contrattazione collettiva dispone che la
prestazione di servizio non sia inferiore al 50% delle ore di lavoro stabilite
mensilmente per il personale a tempo pieno di qualifica e profilo professionale
corrispondente. Il trattamento economico è stabilito in misura percentuale in
relazione all’orario svolto, rispetto a quello della corrispondente retribuzione
complessiva del lavoratore a tempo pieno.
Il tempo parziale può essere realizzato:
- con articolazione della prestazione di servizio ridotta in tutti i giorni
lavorativi (tempo parziale orizzontale);
- con articolazione della prestazione su alcuni giorni della settimana, del
mese, o di determinati periodi dell’anno (tempo parziale verticale).
Per un periodo pari a due anni il personale che abbia ottenuto il part-time
non può richiedere la trasformazione del proprio rapporto di lavoro in rapporto a
tempo pieno, salvo il caso in cui sussistano motivate esigenze che sono
sottoposte al vaglio dell’amministrazione scolastica e valutate anche in
considerazione della situazione organica complessiva della provincia per l’anno
scolastico in cui la richiesta è effettuata.
Il rapporto di lavoro part-time consente lo svolgimento di altra attività
lavorativa subordinata o autonoma debitamente comunicata al Capo di istituto,
116
in deroga alle disposizioni a carattere generale sull’incompatibilità, escludendo,
tuttavia, la prestazione di attività lavorativa alle dipendenze di altra pubblica
amministrazione.
3.4.3 LE LEZIONI PRIVATE
Ai sensi dell’art. 508 del D.lgs 297/94 al personale direttivo e docente non
è consentito impartire lezioni private ad alunni della propria scuola o istituto o a
quanti intendono sostenere esami nell’istituto in cui i docenti in oggetto prestano
la loro attività o dove prevedono di recarsi come esaminatori.
Nel caso in cui il personale assuma lezioni private ad alunni estranei alla
scuola o istituto ha l’obbligo di informare il Dirigente scolastico al quale deve
comunicare i nominativi degli alunni e la loro provenienza.
Non è dunque necessaria l’autorizzazione preventiva del capo d’istituto
per lo svolgimento di lezioni private. Il docente ha soltanto l’obbligo di
informazione per l’attività prestata in ambito extrascolastico.
Nessun alunno può inoltre essere giudicato dal docente dal quale abbia
ricevuto lezioni private; sono nulli gli scrutini o le prove di esame svoltisi in
contravvenzione a tale divieto.
I comportamenti in contrasto con la normativa citata sono perseguibili
sotto il profilo disciplinare e si possono sostanziare in forme di evasione fiscale
117
3.4.4 IL DIVIETO DI CUMULO D’IMPIEGHI, ALTRE
INCOMPATIBILITÀ
L’ufficio di docente e di Dirigente scolastico non è cumulabile con altro
rapporto di impiego pubblico (art. 508 D.Lgs. 297/94).
Il personale della scuola che assuma altro impiego è tenuto a darne notizia
all’Amministrazione. L’assunzione del nuovo impiego implica la cessazione di
diritto dell’impiego precedente.
È appena il caso di sottolineare che il cumulo si verifica, per costante
giurisprudenza, non già con il conferimento di un altro impiego, bensì se e
quando il secondo impiego venga assunto senza rinuncia al primo.
Il personale che contravvenga a tali divieti, viene diffidato a cessare dalla
situazione di incompatibilità; l’Amministrazione ha facoltà di sottoporlo a
procedimento disciplinare anche se ottempera alla diffida.
Trascorsi 15 giorni dalla diffida, senza che sia cessata l’incompatibilità, il
personale è dichiarato decaduto dalla nomina. Il provvedimento di decadenza
viene emanato dal direttore generale o capo del servizio centrale competente,
sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale
appartenente ai ruoli nazionali (ispettori tecnici, Dirigenti, docenti di scuola
secondaria di secondo grado); dal Dirigente dell’ufficio scolastico provinciale,
118
sentito il Consiglio scolastico provinciale, per il personale appartenente ai ruoli
provinciali (insegnanti di scuola materna, elementare, media).
Soltanto il personale docente, tuttavia, può esercitare la libera
professione, previa autorizzazione del Dirigente, sempre che la suddetta attività
non sia di pregiudizio all’assolvimento degli obblighi inerenti alla funzione
docente e sia compatibile con l’orario d’insegnamento e di servizio.
La richiesta di autorizzazione si considera accolta decorsi 30 gg. dalla sua
presentazione (D.P.R. 26-4-1992, n. 300).
L’esercizio di attività professionali, senza la prescritta autorizzazione,
costituisce incompatibilità e implica la decadenza dall’impiego.
Avverso il provvedimento del capo d’istituto, con il quale viene negata
l’autorizzazione a svolgere la libera professione è ammesso ricorso gerarchico al
Dirigente dell’Ufficio Scolastico che decide in via definitiva.
Per contro la giurisprudenza è pressocché concorde nel consentire lo
svolgimento di attività che costituiscono libera manifestazione di pensiero
(attività di giornalista o letteraria, politica, di studio etc.), delle capacità
artistiche (pittura, scultura) o di spirito solidaristico (volontariato).
Tanto premesso,le attività compatibilità con la professione di docente
sono:
- le attività svolte senza finalità di lucro presso associazioni di volontariato
o cooperative assistenziali e qualsiasi altra attività che abbia carattere
gratuito;
119
- la partecipazione a società nella veste di semplice socio, mentre la
partecipazione a società agricole a conduzione familiare e la circostanza di
rivestire cariche o di essere amministratore in società cooperative richiede
la preventiva autorizzazione, sempre che il coinvolgimento sia limitato e
non continuativo;
- gli incarichi di consulenza o di collaborazione presso altre pubbliche
amministrazioni, sempre che si tratti di attività per le quali è accertata la
compatibilità con l’attività lavorativa principale;
- la carica di amministratore di condominio quando assolta nel proprio
interesse;
- le cariche in enti nei quali le nomine siano affidate alla competenza dello
Stato.
Al suddetto quadro riepilogativo si aggiunge la previsione dell’art.58 del
D.Lgs. 29/93, come modificato dal D.Lgs. 80/98, nel quale è disposto che
qualsiasi attività a titolo oneroso e a carattere non occasionale che non rientri nei
doveri inerenti il proprio profilo professionale deve, necessariamente, essere
conferita ovvero autorizzata dall’amministrazione di appartenenza, salvo i
seguenti casi elencati nel comma 6 del citato articolo:
- collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e analoghi;
- utilizzazione economica da parte dell’autore o dell’inventore di opere di
ingegno o di invenzioni industriali;
- partecipazione a convegni e seminari;
120
- incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese
documentate;
- incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è in posizione di
aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
- incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti distaccati
presso le stesse o in aspettativa non retribuita.
Sono, al contrario incompatibili:
- tutte le attività, a prescindere dal titolo gratuito o oneroso, che siano svolte
con assiduità, continuità e durata nel tempo;
- le cariche nelle società che perseguono fini lucrativi;
- lo svolgimento della libera attività professionale tranne che per i docenti.
121
IV LEZIONE L’organizzazione della Pubblica Istruzione
4.1 L’ORGANIZZAZIONE CENTRALE
4.1.1 IL MINISTERO
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, noto anche
come MIUR, è il dicastero del Governo italiano preposto all'amministrazione
dell'istruzione, dell'università, della ricerca e dell'alta formazione artistica,
musicale e coreutica.
Il ministero è responsabile dell'istruzione nelle scuole di ogni ordine e
grado, delle scuole pubbliche e si occupa dei programmi delle scuole private.
Cura la vigilanza sulle istituzioni universitarie e sovraintende alla ricerca dello
Stato attraverso le apposite strutture.
Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca è stato
riorganizzato col DPR 20 gennaio 2009, n. 17, recante Regolamento recante
disposizioni di riorganizzazione del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca, per le strutture ministeriali e con il DPR 14 gennaio 2009, n. 16,
recante Regolamento recante la riorganizzazione degli Uffici di diretta
collaborazione presso il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della
122
Ricerca, per le strutture di staff, entrambi pubblicati in GURI n. 60 del 13 marzo
2009.
Gli Uffici di diretta collaborazione del Ministro sono:
l'Ufficio di Gabinetto;
la Segreteria del Ministro:
il Segretario particolare del Ministro;
l'Ufficio legislativo;
l'Ufficio stampa;
il Servizio di controllo interno;
la Segreteria tecnica del Ministro;
Segreterie dei Sottosegretari di Stato.
I Sottosegretari di Stato si avvalgono dell'Ufficio di Gabinetto, dell'Ufficio
Legislativo e dell'Ufficio del Consigliere diplomatico che opera presso l'Ufficio
di Gabinetto.
Il MIUR è articolato in 3 Dipartimenti:
il Dipartimento per l'Istruzione, suddiviso in 4 Direzioni
Generali:
o DG per gli Ordinamenti Scolastici e per l'Autonomia
Scolastica;
123
o DG per l'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e per i
Rapporti con i Sistemi Formativi delle Regioni;
o DG per il Personale Scolastico;
o DG per lo Studente, l'Integrazione, la Partecipazione e la
Comunicazione.
il Dipartimento per l'Università, l'Alta Formazione Artistica,
Musicale e Coreutica e per la Ricerca, suddiviso in 4 Direzioni
Generali:
o DG per l'Università, lo Studente e il Diritto allo Studio
Universitario;
o DG per l'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica;
o DG per il Coordinamento e lo Sviluppo della Ricerca;
o DG per l'Internazionalizzazione della Ricerca.
il Dipartimento per la Programmazione e la Gestione delle
Risorse Umane, Finanziarie e Strumentali, suddiviso in 4
Direzioni Generali:
o DG per le Risorse Umane del Ministero, Acquisti e Affari
Generali;
o DG per la Politica Finanziaria e per il Bilancio;
o DG per gli Studi, la Statistica e i Sistemi Informativi;
o DG per gli Affari Internazionali.
124
Le funzioni del dipartimento Istruzione possono come di seguito
sintetizzarsi:
definizione degli obiettivi formativi nei diversi gradi e tipologie di
istruzione; organizzazione generale dell'istruzione scolastica,
ordinamenti, curricula e programmi scolastici;
stato giuridico del personale scolastico;
definizione degli indirizzi per l'organizzazione dei servizi nel territorio
al fine di garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio
nazionale;
valutazione dell'efficienza dell'erogazione dei servizi nel territorio;
definizione dei criteri e parametri per l'attuazione di interventi sociali
nella scuola;
definizione di interventi a sostegno delle aree depresse per il
riequilibrio territoriale della qualità del servizio scolastico ed
educativo;
ricerca e sperimentazione delle innovazioni funzionali alle esigenze
formative;
riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito
europeo ed internazionale ed attuazione di politiche dell'educazione
comuni ai Paesi dell'Unione europea;
assetto complessivo dell'intero sistema formativo ;
125
individuazione degli obiettivi e degli standard e percorsi formativi in
materia di istruzione superiore e di formazione tecnica superiore;
consulenza e supporto all'attività delle istituzioni scolastiche
autonome;
definizione degli indirizzi in materia di scuole paritarie e di scuole e
corsi di istruzione non statale;
cura delle attività relative all'associazionismo degli studenti e dei
genitori;
promozione dello status dello studente della scuola e della sua
condizione;
competenze in materia di edilizia scolastica, riservate al Ministero, a
norma della legge 11 gennaio 1996, n. 23;
competenze riservate all'amministrazione scolastica relativamente alle
istituzioni di cui all'articolo 137, comma 2, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, cioè scuole militari e scuole istituite da soggetti
extracomunitari;
rapporti con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e con la
Conferenza unificata per le materie di propria competenza;
attività di comunicazione istituzionale nonché attività e convenzioni
editoriali e campagne di comunicazione;
126
campagne di sensibilizzazione e promozione di eventi;
coordinamento del sito web del Ministero.
A suo volta il dipartimento è costituito da uffici di livello dirigenziale
generale:
a) direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l'autonomia
scolastica;
b) direzione generale per l'istruzione e formazione tecnica superiore e
per i rapporti con i sistemi formativi delle regioni;
c) direzione generale per il personale scolastico;
d) direzione generale per lo studente, l'integrazione, la partecipazione
e la comunicazione.
Il dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse
umane, finanziarie e strumentali svolge funzioni nelle seguenti aree:
studi e programmazione ministeriale;
politica finanziaria, bilancio e monitoraggio del fabbisogno finanziario
del Ministero; definizione degli indirizzi generali in materia di gestione
delle risorse umane del Ministero, di disciplina giuridica ed economica
del relativo rapporto di lavoro, di reclutamento e formazione, di
relazioni sindacali e di contrattazione;
acquisti e affari generali; gestione e sviluppo dei sistemi informativi
del Ministero e connessione con i sistemi informativi delle università,
127
degli enti di ricerca e dei consorzi interuniversitari; elaborazioni
statistiche;
affari e relazioni internazionali dell'istruzione scolastica, universitaria e
dell'alta formazione artistica e musicale, inclusa la collaborazione con
l'Unione europea e con gli organismi internazionali.
Il dipartimento comprende i seguenti uffici di livello dirigenziale
generale:
direzione generale per le risorse umane del Ministero, acquisti e
affari generali;
direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio;
direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi;
direzione generale per gli affari internazionali.
L’art. 4 del DPR n. 17 del 2009 (così come accadeva nei precedenti
regolamenti) definisce i compiti della Conferenza permanente dei Capi dei
dipartimenti e dei Direttori generali.
Tale organo ha la funzione di coordinare tutti gli uffici di livello
dirigenziale generale, centrali e periferici e, nella fase ascendente di costruzione
della policy, formula proposte al ministro per l’emanazione di atti generali di
indirizzo.
La conferenza è presieduta, in ragione delle materie, dai capi dei
dipartimenti, che provvedono a convocarla periodicamente in adunanza plenaria,
almeno ogni sei mesi.
128
Il MIUR a livello centrale è costituito da vari organi quali:
il CUN - Consiglio Universitario Nazionale, quale organo elettivo di
rappresentanza delle istituzioni autonome universitarie e consultivo del
Ministero;
il CNP - Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, quale organismo
costituito dai Provvedimenti Delegati della scuola nel 1974 in parziale
sostituzione del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, istituito a sua
volta nel 1859;
il CNAM - Consiglio Nazionale per l'Alta Formazione Artistica e
Musicale, quale organismo costituito con DM 5 luglio 2000, che esercita le
competenze consultive in materia di alta formazione artistica e musicale, ai sensi
della legge 508/99, concernente la riforma delle Accademie e dei Conservatori;
il CNSU - Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, quale
organo consultivo di rappresentanza degli studenti universitari;
il CNPC - Consiglio Nazionale dei Presidenti delle Consulte, quale
organo consultivo di rappresentanza degli studenti delle scuole superiori;
il CEPR - Comitato di esperti per la politica della ricerca, quale organo
di consulenza per la politica della ricerca e per produrre studi sullo stato della
ricerca, nazionale e internazionale;
il CNVSU - Comitato nazionale per la valutazione del sistema
universitario, previsto dall' art. 2 della legge 19 ottobre 1999 n. 370, e costituito
129
con DM 4 aprile 2000, è subentrato all' Osservatorio per la valutazione del
sistema universitario;
il CIVR - Comitato di Indirizzo per la Valutazione della Ricerca, ha il
compito di definire i criteri generali per le attività di valutazione dei risultati
della ricerca e di promuovere la sperimentazione di nuove metodologie di
valutazione, a sostegno della qualità della ricerca scientifica nazionale, ai sensi
dell'art. 5 del D.lgs. 204/98, come modificato dal d.lgs. 381/98. Con DM 24
novembre 1999 ne ha disciplinato l' organizzazione e il funzionamento;
Gruppo di lavoro congiunto CNAM-CUN, costituito con DM 21 febbraio
2008, ha lo scopo di stabilire utili forme di reciproca e costante collaborazione
tra i due sistemi di alta formazione ricercando ogni forma di sinergia
istituzionale ed evidenziando le specificità dei due sistemi. Il Gruppo di lavoro è
formato pariteticamente da sei componenti, di cui tre indicati dal Consiglio
universitario nazionale (CUN) e tre dal Consiglio per l'alta formazione artistica e
musicale (CNAM).
Il MIUR si articola a livello periferico in diversi uffici:
gli Uffici Scolastici Regionali - USR, in numero di 18,
costituiscono autonomi centri di responsabilità amministrativa,
attuano le disposizioni dei Dipartimenti e svolgono il ruolo di
diretto supporto e consulenza alle singole scuole, articolando i
propri uffici sul territorio.
130
gli Uffici Scolastici Provinciali - USP(attualmente denominati
"Ambiti territoriali"), dipendenti dagli USR, applicano le
disposizioni degli uffici regionali e del ministero, quale presidio
intermedio rispetto alle istituzioni scolastiche. Gli USP sono in
numero di 104, diffusi pressoché su tutto il territorio nazionale.
Inoltre il Ministero si occupa della vigilanza dei seguenti enti:
l'Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica,
istituita con la Legge n. 296/2006 e subentra all'INDIRE e agli
IRRE regionali, al fine di sostenere l'autonomia delle istituzioni
scolastiche ed i processi di innovazione e di ricerca educativa,
nonché per favorirne l'interazione con il territorio. Ha sede a
Firenze, ed è articolata a livello periferico in nuclei situati presso
gli Uffici Scolastici Regionali.
l'INVALSI, quale ente di ricerca dotato di personalità giuridica di
diritto pubblico erede del Centro Europeo dell'Educazione -
CEDE istituito intorno al 1970, il cui compito è curare gli aspetti
valutativi e qualitativi del sistema scolastico, effettuando verifiche
periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e
sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni di
istruzione e di istruzione e formazione professionale.
l'Agenzia Spaziale Italiana - ASI, quale ente di ricerca in ambito
spaziale.
131
il Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR, quale ente di
ricerca a livello nazionale, articolato a livello nazionale.
l'INRIM - Istituto nazionale di ricerca metrologica.
l'INDAM - Istituto Nazionale di Alta Matematica.
l'INAF - Istituto Nazionale di Astrofisica.
l'INFN - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
l'INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
l'OGS - Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica
Sperimentale.
l'Istituto Italiano di Studi Germanici.
il Consorzio per l'Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di
Trieste.
il Museo Storico della Fisica e Centro di Studi e Ricerche
"ENRICO FERMI".
la Stazione Zoologica Anton Dohrn.
132
4.2 L’ORGANIZZAZIONE PERIFERICA
4.2.1 L’UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE
Gli uffici scolastici regionale (USR) sono uffici periferici del Ministero
dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e sono presenti in 18 capoluoghi
di regione (non c'è in Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige, dove vige una
disciplina separata). Sono stati istituiti con d.P.R. 6 novembre 2000, n. 347, e la
disciplina è attualmente contenuta nel d.P.R. 21 dicembre 2007, n. 260, e
segnatamente nell'art. 7.
Costituiscono un autonomo centro di responsabilità amministrativa, al
quale sono assegnate tutte le funzioni già spettanti agli uffici periferici
dell’amministrazione della pubblica istruzione a norma della vigente
legislazione.
L’ufficio scolastico regionale svolge le sue funzioni in raccordo con i
dipartimenti e con i servizi centrali. Esso vigila sull’attuazione degli ordinamenti
scolastici, sui livelli di efficacia dell’attività formativa e sull’osservanza degli
standard programmati; promuove la ricognizione delle esigenze formative e lo
sviluppo della relativa offerta sul territorio in collaborazione con la regione e gli
enti locali; cura l’attuazione delle politiche nazionali per gli studenti; formula al
servizio per gli affari economico-finanziari e ai dipartimenti le proprie proposte
133
per l’assegnazione delle risorse finanziarie e di personale; provvede alla
costituzione della segreteria del consiglio regionale dell’istruzione a norma
dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 giugno 1999, n.233; cura i rapporti con
l’amministrazione regionale e con gli enti locali, per quanto di competenza
statale e nel rispetto comunque dell’autonomia delle istituzioni scolastiche,
relativamente all’offerta formativa integrata, all’educazione degli adulti; esercita
la vigilanza sulle scuole e corsi di istruzione non statali e sulle scuole straniere in
Italia; fornisce assistenza e supporto alle istituzioni scolastiche e vigila sul loro
funzionamento nel rispetto dell’autonomia ad esse riconosciuta; assegna alle
istituzioni scolastiche le risorse finanziarie; assegna alle istituzioni scolastiche le
risorse di personale ed esercita tutte le competenze in materia, ivi comprese
quelle attinenti alle relazioni sindacali, non attribuite alle istituzioni scolastiche o
non riservate all’amministrazione centrale; assicura, con i modi e gli strumenti
più opportuni, la diffusione delle informazioni.
Il dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, in particolare, stipula i
contratti individuali con i dirigenti scolastici ed emette i relativi atti di incarico.
Nell’esercizio dei propri compiti il dirigente dell’ufficio regionale si avvale dei
servizi funzionali e territoriali, nonché dell’Istituto regionale di ricerca
educativa.
Presso ciascun ufficio scolastico regionale è costituito l’organo collegiale
di cui all’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Esso è così composto: il dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale, che
134
lo presiede; tre rappresentanti dello Stato, di cui due scelti dal predetto dirigente
tra il personale della scuola; due rappresentanti della regione; due rappresentanti
degli enti locali territoriali designati, rispettivamente, dalle corrispondenti
articolazioni regionali dell’Unione delle Province d’Italia (UPI) e
dell’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia (ANCI). Il predetto organo
collegiale si dota di un regolamento interno di organizzazione, sulla base degli
indirizzi concordati in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nel rispetto delle competenze definite
dalle leggi statali e regionali.
Nella regione Valle d’Aosta e nelle province autonome di Trento e di
Bolzano seguitano ad applicarsi, per quanto concerne l’organizzazione
dell’amministrazione scolastica, le disposizioni previste dai rispettivi statuti e
relative norme di attuazione o in base ad essi adottate. Nella regione siciliana
seguita ad applicarsi l’articolo 9 delle norme di attuazione adottate con decreto
del Presidente della Repubblica 14 maggio 1985, n. 246.
4.2.2 L’ UFFICIO SCOLASTICO PROVINCIALE
Gli Uffici scolastici provinciali, nati nel 2006 in sostituzione dei CSA,
hanno una serie di compiti indicati nella direttiva del MPI n. 7551 del 7
settembre 2006, che consistono in:
135
iniziative di ricognizione, monitoraggio e raccolta di dati in ordine allo
stato di attuazione delle disposizioni in materia di sicurezza e messa a
norma degli edifici scolastici, ai sensi del D. L.vo n. 626, del 19
settembre 1994, e del comma 21 dell'art. 80 della legge n. 289, del 27
dicembre 2002;
iniziative di ricognizione e monitoraggio dell'attuazione della legge n.
23, in data 11 gennaio 1996, recante disposizioni in materia di edilizia
scolastica;
attività finalizzate alla ricognizione, monitoraggio e verifica, anche
attraverso le funzioni attivate dal Sistema informativo, dei progetti
realizzati dalle istituzioni scolastiche nell'ambito della
programmazione dei fondi strutturali europei;
raccordo e interazioni con i Comuni, volti a promuovere azioni di
ricognizione, monitoraggio e verifica dell'osservanza dell'obbligo
scolastico, con particolare riferimento ai minori stranieri presenti sul
territorio nazionale, in attuazione dell'art. 47 del D.L.vo n. 286, in data
25 luglio 1998;
raccordo e interlocuzioni con le Autonomie locali e con le Aziende
Sanitarie Locali, al fine di individuare le condizioni che consentano
una migliore integrazione scolastica degli alunni diversamente abili, in
funzione dell'attuazione del D.P.C.M. n. 185, del 23 febbraio 2006;
136
assistenza, consulenza, informazione-formazione e monitoraggio
finalizzati allo sviluppo delle condizioni per la piena realizzazione
dell'autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni
scolastiche, anche attraverso la costituzione di reti di scuole;
promozione e incentivazione della partecipazione studentesca e
creazione di occasioni di confronto e aggregazioni tra le Consulte
presenti nelle istituzioni scolastiche;
ricognizione, per ogni opportuna azione di supporto, dell'offerta
formativa realizzata dalle istituzioni scolastiche, con riferimento sia
alle attività curriculari ed extra curriculari, che ai risultati raggiunti in
relazione agli obiettivi preventivati;
ricognizione e monitoraggio dello stato di assegnazione e di
utilizzazione dei finanziamenti concessi alle istituzione scolastiche
autonome.
Inoltre l'Ufficio Scolastico Provinciale:
fornisce assistenza per le procedure amministrative ed amministrativo-
contabili;
gestisce le graduatorie Provinciali;
propone al Direttore regionale l’assegnazione delle risorse umane alle
Istituzioni scolastiche;
137
ricerca collaborazioni, interlocuzioni raccordi con Enti, Soggetti ed
Organismi coinvolti ed interessati nel settore Istruzione e Formazione;
fornisce supporto alla progettazione ed alla innovazione dell’offerta
formativa curando l’integrazione con gli attori locali;
contribuisce allo sviluppo e fornisce supporto alle reti di scuole;
assicura il supporto organizzativo e la consulenza tecnico –scientifica
alla Consulta studentesca e stipula accordi quadro con gli Enti locali, la
Regione, le associazione degli studenti e degli ex studenti, dell’ utenza
e del volontariato,con le organizzazioni del mondo del lavoro e della
produzione.
Su delega del Dirigente Regionale, il Dirigente dell'U.S.P. ha la funzione
di rispondere ai quesiti formulati dalle Istituzioni scolastiche, sottoponendo
all’USR le questioni controverse che richiedono univoche interpretazioni ed
applicazioni nella Regione. Inoltre lo stesso accoglie le richieste di ferie dei
Dirigenti Scolastici (DS), si occupa della disciplina dei docenti e del personale
Amministrativo Tecnico Ausiliario (ATA) e dell’ anagrafe scolastica, emana i
provvedimenti finali in materia di “ Riconoscimento di infermità e concessione
di equo indennizzo” e di “Concessione della pensione privilegiata” al personale
Dirigente, docente, educativo ed ATA.
È delegato al controllo dei conti consuntivi delle scuole
138
4.3 IL DIRIGENTE SCOLASTICO
La L. 59/97 ed il successivo D.lgs 59 del 1998, emanato in attuazione
della delega contenuta nell’art. 21 della L59/97, hanno determinato il passaggio
dal ruolo direttivo al ruolo dirigenziale di chi è posto al vertice dell’istituto
scolastico25. Fino al 2001 la figura del capo d’Istituto era suddivisa nei ruoli di
preside per la dirigenza delle scuole secondaria di primo e secondo grado e di
direttore posto a capo delle scuole primarie, figure ora accorpate in quelle del
dirigente scolastico.
In base al D.lgs165/2001 il dirigente è “il responsabile della gestione delle
risorse finanziarie e strumentali e dei risultati di servizio”.
A seguito della legge sull’autonomia scolastica e dei successivi interventi
legislativi sono stati conferiti al dirigente scolastico poteri che prima erano
riconosciuti all’amministrazione periferica dello stato.
Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative
il Dirigente scolastico può:
- designare docenti di fiducia per lo svolgimento di specifici compiti e
farsi coadiuvare dal responsabile;
- esercitare il potere disciplinare verso i docenti ed il personale ATA;
- partecipare quale membro di diritto al consiglio dell’Istituzione;
25 L.Maiorca “Il dirigente scolastico” 2005
139
- convocare e presiedere il collegio dei docenti ed il consiglio di classe.
In materia finanziaria e patrimoniale i compiti del Dirigente26 sono:
- predispone il programma annuale;
- predispone i progetti compresi nel programma per l’attuazione del
P.O.F. ;
- dispone i prelievi del fondo di riserva;
- predispone apposito documento per consentire al consiglio di istituto di
verificare lo stato di attuazione del programma e le eventuali
modifiche;
- propone al Consiglio d’Istituto modifiche al programma;
- dispone variazioni conseguenti ad entrate finalizzate e storni
conseguenti a delibere de Consiglio d’Istituto;
- realizza il Programma Annuale;
- imputa le spese al funzionamento amministrativo e didattico generale,
ai compensi spettanti al personale, alle spese di investimento ed ai
progetti nei limiti della rispettiva dotazione finanziaria stabilita nel
Programma Annuale;
- ordina la spesa eccedente nel limite massimo del 10% della dotazione
originaria di un progetto, mediante l’utilizzo del fondo di riserva,
qualora la realizzazione dello stesso richieda l’impiego di risorse
eccedenti;
26 D.I. 44/2001
140
- provvede alla gestione provvisoria;
- comunica all’Ufficio Scolastico Regionale la mancata approvazione
del programma;
- firma gli ordini contabili (riversali e mandati) congiuntamente al
Direttore;
- assume impegni di spesa;
- può effettuare pagamenti a mezzo della carta di credito, di cui è
titolare;
- stipula la convenzione per il servizio di cassa (art. 16 c. 1);
- anticipa al Direttore il fondo minute spese e rimborsa allo stesso le
spese sostenute;
- sottopone il conto consuntivo unitamente ad una dettagliata relazione
illustrativa al Collegio dei revisori;
- trasmette all’Ufficio Scolastico regionale il conto consuntivo
approvato dal consiglio di istituto in difformità del parere espresso dal
Collegio dei revisori dei conti corredato da una dettagliata e motivata
relazione ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza;
- comunica all’Ufficio Scolastico regionale e al Collegio dei revisori la
mancata approvazione del conto consuntivo;
- adotta misure organizzative per la rilevazione e l’analisi dei costi e dei
rendimenti dell’attività amministrativa collegando le risorse umane,
finanziarie e strumentali impiegate con i risultati conseguiti;
141
- dirige l’azienda agraria o speciale annessa all’istituzione scolastica e in
circostanze particolari affida ad un docente, particolarmente
competente, la direzione dell’Azienda;
- predetermina la superficie su cui far svolgere l’attività didattica;
- presenzia al passaggio delle consegne tra Direttore uscente e Direttore
subentrante;
- attiva la procedura di ricognizione dei beni almeno ogni 5 anni e
provvede almeno ogni 10 anni al rinnovo degli inventari e alla
rivalutazione dei beni;
- adotta il provvedimento di eliminazione dei beni dall’inventario in
caso di materiale mancante per furto o per causa di forza maggiore;
- indica al Direttore i docenti responsabili della direzione dei laboratori
tecnici e scientifici;
- provvede agli adempimenti per il riconoscimento del diritto d’autore
dell’istituto scolastico sulle opere dell’ingegno prodotte nello
svolgimento delle attività scolastiche;
- propone al Consiglio di Istituto l’utilizzazione ai fini economici di
eventuali creazioni di software prodotti nello svolgimento di attività
didattica
In materia di attività negoziale il Dirigente27:
27 D.I. 44/2001
142
- svolge l’attività negoziale necessaria all’attuazione del programma
annuale nel rispetto delle delibere assunte dal Consiglio d’ Istituto;
- può delegare lo svolgimento di singole attività negoziali al Direttore o
a uno dei collaboratori individuati a norma dell’art. 25 bis, comma 5,
del Decreto Legislativo 3/2/93 n. 29;
- si avvale dell’attività istruttoria del Direttore;
- può incaricare dell’attività negoziale, qualora non esistano
nell’istituzione scolastica specifiche competenze professionali,
personale esterno /commercialisti, avvocati, notai);
- ha il potere di recedere, rinunciare e transigere nell’attività negoziale;
- provvede direttamente, senza comparazione di offerte, agli acquisti,
appalti e forniture, il cui valore complessivo sia inferiore al limite di
spesa di 2000 Euro o al limite preventivamente fissato dal Consiglio di
Istituto;
- procede alla scelta del contraente per acquisti, appalti e forniture, il cui
valore eccede 2000 Euro o il limite fissato dal Consiglio di Istituto,
previa comparazione delle offerte di almeno tre ditte direttamente
interpellate mediante lettera di invito contenente i criteri di
aggiudicazione, l’esatta indicazione delle prestazioni contrattuali, i
termini e le modalità di esecuzione e pagamento;
143
- redige una relazione sull’attività negoziale svolta alla prima riunione
successiva del Consiglio di Istituto riferendo anche sull’attuazione dei
contratti e delle convenzioni;
- nomina un singolo collaudatore o apposite commissioni interne per il
collaudo di lavori, forniture e servizi;
- rilascia un certificato che attesta la regolarità della fornitura per un
valore inferiore a 2000 Euro. Può delegare questa attività al Direttore
dei servizi generali e amministrativi o a un verificatore all’uopo
nominato;
- procede allo svincolo delle garanzie eventualmente prestate;
- assegna e revoca i beni in uso gratuito secondo i criteri fissati dal
Consiglio di Istituto;
- decide in ordine ai contratti di comodato;
- provvede ad ordinare gli interventi di manutenzione ordinaria degli
edifici scolastici delegati dall’Ente Locale;
- provvede ai contratti di locazione finanziaria;
- provvede ai contratti di gestione finalizzata delle risorse finanziarie;
- provvede in materia di appalti per lo smaltimento di rifiuti speciali;
- provvede alla vendita di materiali fuori uso e di beni non più
utilizzabili.
Inoltre il Dirigente scolastico, quale legale rappresentante nei rapporti
istituzionali, nonché con i terzi e in giudizio, è il responsabile della gestione del
144
personale e delle sicurezza personale e degli alunni nonché il titolare delle
relazioni sindacali
Per quanto riguarda le relazioni sindacali il dirigente è il responsabile
della parte pubblica e svolge e stipula la contrattazione integrativa di istituto,
formalizza la propria proposta contrattuale, concede congedi, ferie, festività,
permessi brevi, assenze per malattia, aspettative infortuni. Stipula i contratti
individuali di lavoro del personale docente ed ATA .
Il dirigente scolastico è anche responsabile dell’attuazione del piano di
offerta formativa (POF) avendo il compito di “ predisporre gli strumenti
attuativi del piano di offerta formativa ed il compito di “attivare i necessari
rapporti con gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali , culturali socilai
ed economiche operanti sul territorio”28 in questa sua funzione mette in atto
rapporti anche con e tra genitori, gli studenti, gli insegnanti e lo stesso territorio.
4.3.1 COME SI DIVENTA DIRIGENTE
Per diventare dirigente scolastico o meglio per accedere al concorso per
dirigente scolastico occorre essere in possesso della laurea a patto che la persona
che intenda fare domanda sia insegnante o educatore di ruolo nelle scuole
28 C.N.N.L. 26.05.1999
145
pubbliche da almeno cinque anni. Il concorso è svolto in sede regionale, all'atto
della domanda si chiede dove voler svolgere il suddetto concorso.
Il concorso si svolge a cadenza periodica e dopo il concorso vi è un
periodo di formazione che si conclude con un esame per assegnare i posti
vacanti. I vincitori sono assunti in ruolo, in caso di rifiuto si sarà depennati dalla
graduatoria. Il dirigente scolastico può anche ambire ad entrare negli uffici della
Pubblica Istruzione o diventare Ispettore scolastico.
Per quanto riguarda lo svolgimento del concorso questo è costituito da
una prova preselettiva, da quella scritta ed, infine, dall'orale. Per il superamento
del concorso occorre superare tutte le prove che vertono sulle seguenti materie:
ordinamento scolastico e autonomia; sistemi scolastici europei; funzione
dirigenziale; gestione riforme finanziarie; diritto amministrativo e pubblica
amministrazione ed infine lingua inglese e tecnologia.
146
V LEZIONE e responsabilità dei Docenti e del Dirigente
scolastico
5.1 LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEL DOCENTE
L’Ultimo intervento in materia disciplinare è il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n.
150 che con gli artt. 67 e ss., ha modificato il testo del D.Lgs. n. 165/2001.
I principi di riferimento dell’esercizio della funzione disciplinare da parte
della P.A.:
a) il Dipartimento della funzione pubblica definisce il codice di
comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (esso è
allegato al vigente CCNL del comparto scuola nonché a quello dei
Dirigenti scolastici), il quale viene reso pubblico nelle scuole con
l’affissione all’albo d’istituto;
b) la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti
collettivi di lavoro;
c) la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del “Codice
disciplinare”, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative
sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione nella sede di lavoro;
d) il potere sanzionatorio del dirigente scolastico è accresciuto, potendo ora
irrogare sanzioni fino alla sospensione dal servizio fino a dieci giorni;
147
e) la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione
dei provvedimenti disciplinari, in quanto la materia delle controversie
relative al procedimento e alle sanzioni disciplinari è devoluta al giudice
ordinario
Le sanzioni disciplinari previste nei confronti del docente sono:
avvertimento scritto;
censura;
sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a 10 giorni
sospensione dal servizio e dalla retribuzione superiore a 10 giorni e
fino a 1 mese;
sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un periodo di 6
mesi ed utilizzazione;
licenziamento con preavviso;
licenziamento senza preavviso.
I primi tre provvedimenti spettano al dirigente scolastico, gli altri
all’ufficio per i procedimenti disciplinari.
L’avvertimento scritto consiste in un richiamo scritto e motivato che
viene inflitto per mancanze lievi riguardanti i doveri inerenti alla funzione
docente o ai doveri di ufficio (art. 492 D.Lgs.297/94).
148
La censura è una dichiarazione di biasimo scritta e motivata inflitta in
conseguenza di mancanze non gravi riguardanti i doveri inerenti alla funzione
docente o i doveri di ufficio (art. 493 D.Lgs.297/94).
La sospensione dell’insegnamento fino ad un mese è inflitta in caso di
atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla
funzione o per gravi negligenze in servizio; nel caso di violazione del segreto
d'ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità o quando il docente
omette di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza (art. 494
D.Lgs.297/94)
La sospensione dall’insegnamento da 3 giorni e fino a tre mesi in
proporzione all’entità del risarcimento è applicata in caso di condanna della
pubblica amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione,
da parte del dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa,
stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o
individuale, da atti e provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai
codici di comportamento di cui all'articolo 54 D.Lgs.165/2001 (art. 55 sexies
comma 1 D.Lgs.165/2001)
La sospensione dall'insegnamento da oltre 1mese e fino a sei mesi, di
competenza dell’ufficio procedimenti disciplinari, è inflitta:
- nei casi previsti per la sospensione fino ad un mese qualora le
infrazioni abbiano carattere di particolare gravità;
- uso dell'impiego ai fini di interesse personale;
149
- atti in violazione dei propri doveri che pregiudichino il regolare
funzionamento della scuola e per concorso negli stessi atti;
- abuso di autorità (art. 495 D.Lgs.297/94);
La destituzione consiste nella cessazione del rapporto d’impiego.
La destituzione va irrogata:
- per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
- per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla
pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
- per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme
amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per
tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola
o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di
vigilanza;
- per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi
pubblicamente nell'esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
- per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad
affari trattati per ragioni di servizio;
- per gravi abusi di autorità. (art. 498 D.Lgs.297/94)
Il provvedimento di destituzione viene emanato a seguito di
procedimento disciplinare. Con la legge del 7 febbraio 1990 n. 19 è stata
abrogata la destituzione di diritto a seguito di condanna penale.
Il licenziamento con preavviso è previsto nel caso in cui:
150
- l’Amm.ne ha formulato una valutazione di insufficiente rendimento
riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, a causa della
reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa,
stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o
individuale, da atti e provvedimenti dell'amm.ne di appartenenza o dai
codici di comportamento;
- assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche
non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque
per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata
ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine
fissato dall'amministrazione;
- ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione
per motivate esigenze di servizio.
La sanzione del licenziamento senza preavviso si applica :
- in caso di falsa attestazione della presenza in servizio mediante
l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre
modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio
mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno
stato di malattia;
- falsità documentali o dichiarative connesse ai fini o in occasione
dell'instaurazione del rapporto di lavoro o di progressioni di carriera;
151
- reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o
minacciose o ingiuriose o moleste o comunque lesive dell'onore e della
dignità personale altrui;
- condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista
l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o l'estinzione, comunque
denominata, del rapporto di lavoro.
Per le infrazioni, la cui sanzione è di competenza del Dirigente Scolastico,
occorre la contestazione scritta degli addebiti, cui segue una precisa procedura:
a) contestazione scritta, numerata nel protocollo riservato, con la
dettagliata descrizione degli addebiti, entro 20 giorni dalla conoscenza
del fatto;
b) consegna della contestazione a mano, con contestuale firma di ricevuta
da parte del dipendente; oppure tramite posta elettronica certificata, nel
caso in cui il dipendente disponga di casella conforme; oppure tramite
fax indicato dal dipendente; oppure tramite raccomandata postale con
ricevuta di ritorno;
c) la lettera di contestazione degli addebiti si conclude con la
convocazione del dipendente per il contradditorio a sua difesa, con
preavviso di almeno 10 giorni sulla data fissata;
d) nel contradditorio a difesa il dipendente può farsi assistere da un
procuratore o rappresentante sindacale cui conferisca mandato; può
inviare una memoria scritta in luogo della presentazione; in caso di
152
grave ed oggettivo impedimento, può formulare motivata istanza di
rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa (il differimento può
essere chiesto e ottenuto solo una volta);
e) il procedimento si conclude con l’archiviazione o con l’irrogazione
della sanzione entro 60 giorni dalla contestazione.
In caso di differimento dei termini a difesa superiore a dieci giorni il
termine di 60 giorni è prorogato di un periodo corrispondente.
Si ricordi che la recidiva in mancanze già sanzionate nel biennio
precedente comporta una sanzione di maggiore gravità rispetto a quella che
sarebbe stata applicata.
Per i provvedimenti di competenza del Dirigente dell’U.S.R. (o in tutti i
casi, quando il responsabile della scuola non ha qualifica dirigenziale, cioè
quando è un docente con incarico di presidenza) il procedimento è analogo a
quello previsto per le sanzioni meno gravi, con le seguenti particolarità:
a) il responsabile della struttura (nel nostro caso il D.s.) deve trasmettere
gli atti all’ufficio per i procedimenti disciplinari dell’U.S.R. entro 5
giorni dalla notizia del fatto;
b) tutti i termini sono raddoppiati;
c) il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di
ricezione degli atti ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti
acquisito notizia dell’infrazione;
153
d) la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta
comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia
dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della
struttura in cui il dipendente lavora.
Il mancato rispetto dei termini comporta per l’amministrazione la
decadenza dall’azione disciplinare e per il dipendente la decadenza dall’esercizio
del diritto di difesa.
Il dipendente pubblico che subisce una sanzione disciplinare ha due
possibilità per ricorrere avverso di essa:
il ricorso al giudice ordinario che ha piene prerogative di valutazione
nel merito e nella forma della sanzione comminata;
il ricorso alla conciliazione non obbligatoria, che però attende i (futuri)
contratti collettivi di lavoro per poter essere istituita: essa in ogni caso
dovrà instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta
giorni dalla contestazione dell’addebito e, comunque, prima
dell’irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente
determinata, inoltre, non potrà essere di specie diversa da quella
prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la
quale si procede e non sarà soggetta ad impugnazione.
Resterà comunque escluso il ricorso alla conciliazione non obbligatoria nei
casi in cui la sanzione prevista è quella del licenziamento.
154
Il rispetto rigoroso delle procedure previste è la condizione essenziale per
la validità del procedimento e per la legittimità della sanzione: ogni difformità
procedurale può essere causa di annullamento in sede di impugnazione del
provvedimento.
In altre parole, una sanzione disciplinare, pur giusta e meritata nella
sostanza, è annullabile per vizi di forma e di procedura.
5.1.1 LA SOSPENSIONE CAUTELARE
In base alle indicazioni ricavabili dall'art. 53-ter, comma 1, del D.Lgs.
165/01, si deve ritenere non consentito il ricorso alla sospensione dal servizio o
ad altre misure cautelari prima e a prescindere dall'attivazione di un
procedimento disciplinare o dalla pendenza di un procedimento penale a carico
del docente.
Tuttavia si può procedere all’applicazione della misura cautelare della
sospensione quando ricorrono i seguenti presupposti:
a) gravità dell’infrazione commessa tale da giustificare astrattamente e
con valutazione ex ante il licenziamento del dipendente;
b) contestuale pendenza di un procedimento penale;
c) particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al
dipendente;
155
d) non sufficienza degli esiti dell’istruttoria disciplinare a motivare
l’irrogazione della sanzione.
Accanto ai presupposti vi devono essere anche esigenze cautelari che
giustifichino la sospensione dal servizio, e tali sono:
a) le esigenze cautelari connesse con un procedimento penale in corso e/o
con un procedimento disciplinare attivato oppure di imminente
attivazione;
b) il rilievo dell’interesse pubblico garantito attraverso il provvedimento
di sospensione. Si tratta di valutare, pur con l’incertezza circa l’esito
dell’accertamento penale o della vicenda, in relazione al tipo di reato e
al tipo di soggetto passivo (ad esempio, la violenza sessuale nei
confronti di alunni), il grave pregiudizio e turbamento provocato (per
gli alunni), nonché i riflessi negativi che la permanenza del docente in
servizio può causare alla serenità dell’ambiente scolastico.
L’organo competente ad applicare la sanzione è il direttore generale dell'
U.S.R.
Tuttavia tale potere spetta anche in casi di particolare urgenza al Dirigente
scolastico, il quale applicherà la sanzione con provvedimento provvisorio
motivato, da trasmettere tempestivamente al Direttore generale dell'USR per la
convalida o la revoca, atti da effettuarsi entro 10 gg. dall'adozione del medesimo
provvedimento. In caso di revoca o mancata convalida, la sospensione cautelare
diviene inefficace e il dipendente è immediatamente reintegrato in servizio con il
156
riconoscimento dell'intero trattamento economico spettante, e fatte salve le
azioni di tutela dei diritti eventualmente lesi.
Il provvedimento deve essere motivato indicando la gravità dell'infrazione
commessa, le ragioni di particolare urgenza che giustificano la sospensione
cautelare, la natura provvisoria della sospensione cautelare ed il termine entro
cui deve essere convalidata dal Direttore generale dell'USR.
La durata della sospensione è commisurata alla permanenza delle ragioni
che l'hanno resa necessaria. Tuttavia, quando sia stata adottata a causa del
procedimento penale, non può comunque superare il termine massimo di 5 anni
previsto dall'articolo 9, Legge 19/1990
5.2 IL TRASFERIMENTO DEI DOCENTI PER
INCOMPATIBILITÀ AMBIENTALE
Il trasferimento per incompatibilità ambientale del docente non ha natura
disciplinare, ma solo cautelare29. Tale provvedimento così come disciplinato da
norme pubblicistiche (art. 468 e segg. del D.lg n. 297/1994), riguarda, però, solo
gli insegnanti, sia quelli assunti a tempo indeterminato (ex ruolo) sia quelli
“precari”, ovverosia a tempo determinato (ex supplenti): l'analogo rimedio, per
trasferire in simili ipotesi il restante personale della scuola, già previsto dal
29 Cass.civ. sez. lavoro n. 11589/2003
157
citato decreto legislativo, è stato disapplicato; sicché il cosiddetto personale
A.T.A., ed il direttore s.g.a., possono essere trasferiti, ora, ai sensi e per gli
effetti dell'art. 2103 del codice civile.
Il trasferimento d'ufficio in esame è adottato attraverso la procedura
prevista per emanazione dei provvedimenti amministrativi regolata dalla Legge
n. 241/1990 (cd trasparenza amministrativa). Ciò comporta che l'insegnante ha
diritto di essere informato dell'avvio del procedimento, può produrre memorie
difensive e indicare prove a suo vantaggio. In ogni caso, il provvedimento è
adottato dal direttore dell'Ufficio regionale scolastico, o da un suo delegato (ivi
compreso il dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale : ex provveditore agli
studi), previo conforme parere del consiglio di disciplina del CNPI (Consiglio
nazionale della pubblica istruzione) di cui fanno parte anche membri- docenti.
Il trasferimento per incompatibilità ambientale consegue ad una
valutazione ampiamente discrezionale dei presupposti che portano a sconsigliare
la permanenza in una determinata sede e comunque non può essere influenzato
dalle esigenze personali e familiari del dipendente, che recedono di fronte al
superiore interesse pubblico alla tutela del buon funzionamento degli uffici e del
prestigio dell'amministrazione stessa. 30
Il potere di trasferimento per incompatibilità ambientale degli insegnanti,
previsto dal decreto legislativo n.297/1994 e dalla contrattazione collettiva,
30 Cons. St., sez. IV, 5 aprile 2005 n. 1486 e T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 14/06/2006, n.437.
158
s'inquadra nel più generale potere organizzatorio che è attribuito
all'amministrazione scolastica per garantire la regolarità e la continuità
dell'azione amministrativa, e si concreta in un provvedimento che, basandosi su
una valutazione discrezionale, deve essere congruamente motivato, al fine di
rendere possibile il sindacato del giudice a tutela degli interessi dei docenti.
Pertanto, il provvedimento in questione deve indicare, con sufficiente
chiarezza, a seguito degli accertamenti svolti, le ragioni d'incompatibilità
oggettiva che costituiscono ostacolo alla permanenza del docente nella scuola o
nella sede, tanto più che gli articoli 468 e seguenti del D.lg. N. 297/94 non
indicano i singoli casi che possono determinare l'esigenza del trasferimento,
rimettendone l'individuazione al prudente, puntuale e rigoroso accertamento per
opera dell'autorità preposta alla tutela del buon andamento del servizio e delle
relative esigenze : ovverosia, la situazione d'incompatibilità ambientale, a causa
della quale può disporsi il trasferimento d'ufficio del personale docente ad altra
scuola od istituto va accertata con riferimento alla valutazione discrezionale
della condotta del dipendente nella scuola, o nell'immediata situazione
ambientale, e del conseguente pregiudizio al prestigio ed all'efficienza della
scuola.
La competenza giurisdizionale oggi, invece, anche in caso di trasferimento
ex art. 468 D.lg n.297/1994 dell'insegnante, appartiene all'Autorità Giudiziaria
Ordinaria, ovverosia al Giudice del lavoro, atteso che tale provvedimento è
159
considerato analogo agli atti di gestione del privato datore di lavoro, contemplati
negli articoli 2103 e seguenti del codice civile.
5.3 LA RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE DEL DIRIGENTE
SCOLASTICO
Nel caso di responsabilità dei dirigenti scolastici l’organo competente ad
infliggere le sanzioni disciplinari è il Direttore Generale dell’ufficio scolastico
regionale ed, in alcuni casi, dell’ufficio procedimenti disciplinari.
Le sanzioni previste sono:
Sanzione pecuniaria da un minimo di € 150,00 ad un massimo di €
350,00 da infliggersi in caso di:
a) inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e degli obblighi di
servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza in
servizio in correlazione con le esigenze della struttura e con
l'espletamento dell'incarico affidato, ove non ricorrano le fattispecie
considerate nell'art. 55-quater, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001
(licenziamento disciplinare per falsa attestazione della presenza in
servizio o giustificazione con certificazione medica falsa o che attesta
falsamente lo stato di malattia);
b) condotta, negli ambienti di lavoro, non conforme ai principi di
correttezza verso i componenti degli organi di vertice
160
dell'amministrazione, gli altri dirigenti, i dipendenti o nei confronti
degli utenti o terzi;
c) alterchi negli ambienti di lavoro, anche con utenti o terzi;
d) violazione dell'obbligo di comunicare tempestivamente
all'amministrazione di essere stato rinviato a giudizio o di avere avuto
conoscenza che nei suoi confronti è esercitata l'azione penale;
e) violazione dell'obbligo di astenersi dal chiedere o accettare, a qualsiasi
titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con l'espletamento
delle proprie funzioni o dei compiti affidati, se non nei limiti delle
normali relazioni di cortesia e fatti salvi quelli d'uso, purché di modico
valore;
f) inosservanza degli obblighi previsti in materia di prevenzione degli
infortuni o di sicurezza del lavoro, anche se non ne sia derivato danno
o disservizio per l'amministrazione o per gli utenti;
g) violazione del segreto d'ufficio, così come disciplinato dalle norme dei
singoli ordinamenti ai sensi dell'art. 24 della legge 7 agosto 1990, n.
241, anche se non ne sia derivato danno all'amministrazione;
h) violazione dell'obbligo previsto dall'art. 55-novies del d.lgs. n.
165/2001 (identificazione del personale a contatto con il pubblico)
(Art.16 comma 4 CCNL 15/07/2010)
L'importo delle ritenute per la sanzione disciplinare è introitato dal
bilancio dell'Amministrazione.
161
Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad
massimo di 15 giorni da distinguersi in:
Sospensione fino a 10 giorni di competenza del Direttore Generale
dell’Ufficio Scolastico Regionale e Sospensione da 11 fino a 15 giorni di
competenza dell’Ufficio procedimenti disciplinari.
Suddetta sanzione si applica nel caso di rifiuto, senza giustificato motivo,
della collaborazione richiesta in un procedimento disciplinare che riguarda un
dipendente o rilascio di dichiarazioni false o reticenti. (Art.16 comma 5 CCNL
15/07/2010 che richiama l'art. 55-bis, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001)
Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad
massimo di 3 mesi e non attribuzione della retribuzione di risultato per un
importo pari al doppio di quello spettante per il periodo della sospensione.
La Sospensione fino a 10 giorni è di competenza del Direttore generale
dell’Ufficio Scolastico regionale mentre, per la sospensione da 11 gg a tre mesi
la competenza è dell’Ufficio procedimenti disciplinari ed in entrambi i casi la
sospensione è inflitta in caso di:
- Mancato esercizio o decadenza dell'azione disciplinare, dovuti
all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del
procedimento disciplinare o valutazioni sull'insussistenza dell'illecito
disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a
condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare. (Art.16
162
comma 6 CCNL 15/07/2010 che richiama l'art. 55-sexies, comma 3
deld.lgs. n. 165/2001)
- Mancata cura del controllo delle assenze, in particolare al fine di
prevenire o contrastare, nell'interesse della funzionalità dell'ufficio, le
condotte assenteistiche. Si applicano, al riguardo, le disposizioni degli
articoli 21 (responsabilità dirigenziale) e 55-sexies, comma 3 (mancato
esercizio o decadenza dell'azione disciplinare (Art.16 comma 6 CCNL
15/07/2010 che richiama l'art.55 septies, comma 6, del d.lgs. n.
165/2001)
Sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un
minimo di tre giorni ad un massimo di 3 mesi in proporzione all'entità del
risarcimento
La sospensione da 3 fino a 10 gg è di competenza del Direttore Generale
Uffici Scolastico Regionale, mentre quella da 11 giorni fino a 3 mesi può essere
inflitta solo dall’Ufficio procedimenti disciplinari.
Si procede con questa sanzione nel caso di condanna della pubblica
amministrazione al risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte
del dipendente, degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da
norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e
provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di
comportamento di cui all'articolo 54D.Lgs.165/2001 (Art.16 comma 7 CCNL
15/07/2010 che richiama l'art. 55-sexies, comma 1 del d.lgs. n. 165/2001)
163
Anche nel caso in cui si proceda alla Sospensione dal servizio con
privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni ad un massimo di 6
mesi se la sospensione è fino a 10 gg la competenza è del Direttore dell’ufficio
scolastico regionale e nel caso di sospensione da 11 giorni fino a 6 mesi dell’
Ufficio procedimenti disciplinari.
I casi previsti sono:
a) recidiva per violazioni già sanzionate con la sanzione pecuniaria o la
sospensione dal servizio con la misura massima oppure per le
violazioni che si caratterizzano per una particolare gravità;
b) minacce, ingiurie gravi, calunnie o diffamazioni verso il pubblico, altri
dirigenti o dipendenti ovvero alterchi con vie di fatto negli ambienti di
lavoro, anche con utenti;
c) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell'amministrazione salvo che
siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell'art. 1 della
legge n. 300/1970;
d) tolleranza di irregolarità in servizio, di atti di indisciplina, di contegno
scorretto o di abusi di particolare gravità da parte del personale
dipendente;
e) salvo che non ricorrano le fattispecie considerate nell'art. 55-quater,
comma 1 lett. b) del d. lgs. n. 165/2001 (assenza priva di valida
giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi,
superiore a tre nell'arco di un biennio o comunque per più di sette
164
giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del
servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato
dall'amministrazione), assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario
abbandono dello stesso; in tali ipotesi l'entità della sanzione è
determinata in relazione alla durata dell'assenza o dell'abbandono del
servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione degli
obblighi del dirigente, agli eventuali danni causati all'ente, agli utenti o
ai terzi;
f) occultamento da parte del dirigente di fatti e circostanze relativi ad
illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni
di pertinenza dell'amministrazione o ad esso affidati;
g) qualsiasi comportamento dal quale sia derivato grave danno
all'amministrazione o a terzi, salvo quanto previsto dal comma 7
(condanna dell'amministrazione al risarcimento);
h) sistematici e reiterati atti o comportamenti aggressivi, ostili e
denigratori che assumano forme di violenza morale o di persecuzione
psicologica nei confronti dei dipendenti dell'istituzione scolastica;
i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, lesivi della
dignità della persona;
j) grave e ripetuta inosservanza dell'obbligo di provvedere entro i termini
fissati per ciascun provvedimento, ai sensi di quanto previsto dell'art.
165
7,comma 2 della legge n. 69/2009 (Art.16 comma 8 CCNL
15/07/2010).
Il licenziamento disciplinare del dirigente scolastico può essere fatto con o
senza preavviso in base alla gravità delle infrazioni commesse e la competenza
ad infliggere la sanzione è dell’Ufficio procedimenti disciplinari del Dirigente.
Si procede al licenziamento con preavviso nei seguenti casi:
- assenza priva di valida giustificazione superiore a tre giorni nell'arco
di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi
dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza
ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione;
- ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall'amministrazione
per motivate esigenze di servizio (art. 55 quater comma 1 lettere b) e c)
d.lgs. 165/01;
- recidiva plurima delle mancanze sanzionate con la sospensione dal
servizio, anche se di diversa natura o recidiva nel biennio di una
mancanza sanzionata con la sospensione massima di 6 mesi.
Il licenziamento senza preavviso viene inflitto quando si verifica una
delle sotto indicate ipotesi:
- falsa attestazione della presenza in servizio;
- falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione
dell'instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di
carriera;
166
- reiterazione nell'ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o
moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell'onore e della
dignità personale altrui;
- condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista
l'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l'estinzione,
comunque denominata, del rapporto di lavoro (art. 55 quater comma 1
lett a), d), e) ed f) d.lgs. 165/01);
- commissione gravi illeciti di rilevanza penale che possano dar luogo
alla sospensione cautelare prevista dall'art.18 CCNL 15/07/2010, salvo
quanto previsto dall'art.19 comma 1 del CCNL;
- condanna anche non passata in giudicato per i delitti di peculato,
- malversazione, concussione, traffico di stupefacenti e partecipazione
ad associazioni mafiose;
- gravi delitti commessi in servizio;
- recidiva plurima di sistematici e reiterati atti o comportamenti
aggressivi, ostili e denigratori che assumano anche forme di violenza
morale o di persecuzione psicologica nei confronti di dirigenti o altri
dipendenti;
- recidiva plurima di atti, comportamenti o molestie, anche di carattere
sessuale, lesivi della dignità della persona ( art.16 comma 10 CCNL
15/07/2010).
167
Ai sensi dell'art.16 comma 1 del CCNL 15/07/2010, le sanzioni vanno
graduate in base:
a) la intenzionalità della condotta, il grado di negligenza ed imperizia, la
rilevanza della inosservanza degli obblighi e delle disposizioni violate;
b) le responsabilità connesse con l'incarico dirigenziale ricoperto, nonché
con la gravità della lesione del prestigio dell'Amministrazione o con
l'entità del danno provocato a cose o a persone, ivi compresi gli utenti;
c) l'eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, anche
connesse al comportamento tenuto complessivamente dal dirigente o al
concorso nella violazione di più persone.
5.4 RESPONSABILITA’ CIVILE E PENALE DEI DOCENTI E
DEL RIRIGENTE SCOLASTICO
5.4.1 LA RESPONSABILITA’ CIVILE
La responsabilità civile si configura quando si è responsabili di un fatto
che abbia causato danni a terzi. La legge in questo caso prevede il risarcimento
della controparte.
168
A sua volta tale forma di responsabilità può essere contrattuale o
extracontrattuale. Nel primo si è legati al soggetto danneggiato da un rapporto di
tipo contrattuale, l’art. 1218 del c.c. prevede che il debitore che non abbia
seguito perfettamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se
non prova che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della
prestazione, derivante da causa a lui non imputabile.
La responsabilità axtracontrattuale nasce da un fatto illecito dovuto a colpa
o dolo del soggetto che ha causato il danno e nei confronti di chiunque sia il
danneggiato.
Oltre all’elemento soggettivo, cioè la colpa o il dolo, è necessario che tra
l’azione e il danno vi sia un nesso da causalità, cioè che l’azione sia stata
direttamente o indirettamente la causa del danno.
Inoltre, ai fini del risarcimento è necessario che il danno sia ingiusto, cioè
che la lesione riguardi un bene, secondo la legge meritevole di tutela.
L’art.2043 c.c. prevede che “qualunque fatto doloso o colposo, che
cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che lo ha commesso a
risarcirlo”.
In passato si considerava che la pubblica amministrazione non potesse
incorrere in responsabilità extracontrattuale, ma, nel 2000 le sezioni Unite della
Cassazione31 hanno formalmente messo fine al contrasto giurisprudenziale
estendendo la disciplina della responsabilità extracontrattuale anche alla P.A.,
31 Cass. Sez. Civile sent. 500/2000
169
permettendo così al privato di agire a tutela del proprio diritto anche nei
confronti della P.A.
Il legislatore, con la L. 205 del 2000, ha ribadito il principio espresso dalla
Cassazione inserendo una norma che stabilisce il risarcimento del danno anche
da parte della P.A.
Pertanto, anche le Istituzioni scolastiche sono responsabili dei danni
arrecati a terzi ai sensi dell’art 2043.cc.
A tutela del danneggiato il codice prevede alcune ipotesi in cui oltre alla
responsabilità dell’autore del fatto si ha quello di un diverso soggetto : si parla in
tal caso di responsabilità diretta o indiretta o per fatto altrui, è il caso dell’art.
2048 del codice civile rubricato: Responsabilità dei genitori, dei precettori e dei
maestri d’arte: “Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno
cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone
soggette alla tutela che abitano con essi. La stessa disposizione si applica
all’affiliante. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono
responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti
nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Le persone indicate dai commi
precedenti sono liberate dalla loro responsabilità soltanto se provano di non aver
potuto impedire il fatto”.
Fatta la dovuta premessa tra la responsabilità contrattuale e quella
extracontrattuale è il caso di riportare alcuni esempi:
170
alunna che cade dal banco e si frattura un dito: in questo caso, non
essendoci danni arrecati a terzi, la responsabilità è di tipo contrattuale in quanto
vi è stata una violazione dell’obbligo giuridico di vigilare in base al contratto
stipulato tra l’Istituzione scolastica e la famiglia dell’alunno.
Tuttavia non sussiste alcuna forma di responsabilità se quanto verificatosi
sia dipeso da circostanze non riconducibili a colpa o dolo dell’Istituzione
scolastica o del docente.
Nel caso in cui invece un alunno colpisce e fa cadere un compagno, si
configura responsabilità extracontrattuale ex art. 2048 c.c. quale culpa in
vigilando. Anche in questo caso il docente non incorre in responsabilità se
dimostra che sono state rispettate tutte le misure organizzative e relative alla
sicurezza.
In riferimento alla responsabilità civile l’art.42 del decreto lgs. 165/01,
rubricato “responsabilità dell’amministrazione” prevede la sussistenza di
obblighi organizzativi dell’amministrazione di controllo sull’attività degli
operatori scolastici, con conseguente responsabilità in caso di incidente per
carenze imputabili alla scuola, allorchè:
non abbia eliminato le fonti di pericolo;
non abbia provveduto alla necessaria regolamentazione dell’ordinato
deflusso degli studenti all’uscita della scuola;
ovvero non abbia provveduto a far approvare un Regolamento
d’Istituto dagli organi collegiali, così come previsto dal D.lgs 297/94,
171
art. 10, lettera a). I criteri guida di tale regolamento sono contenuti
nella C.M. 105 del 16/04/75.
E’ importante quindi che ciascun istituto si dia un regolamento; l’assenza
dello stesso, in caso di incidenti, riporta la responsabilità in capo al dirigente
scolastico che non ha ottemperato a quanto previsto dalla normativa.
Altre norme regolano la responsabilità civile, fra cui la legge 312/80 all’
art. 61—Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche:“nell’ambito dell’amministrazione scolastica
periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi d’istituto preposti alle
istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità
giuridica ed autonomia a norma dell’art. 21 della Legge n. 59 del 5/03/97”
recita: “la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente,
educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed
artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali, per danni arrecati
direttamente all’amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni,
è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza. La
limitazione (…) si applica anche alla responsabilità del predetto personale
verso l’amministrazione che risarcisca il terzo (danneggiato) dei danni subiti
per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi
di dolo o colpa grave, l’amministrazione si surroga al personale medesimo nelle
responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi”. L’ultimo
comma conferma quanto pocanzi detto; cioè la responsabilità civile diretta
172
dell’amministrazione scolastica, la quale può esercitare il diritto di rivalsa nei
confronti dell’insegnante, che abbia tenuto un comportamento colposo o doloso,
nel causare il danno.
Al fine di evitare di incorrere in dette forme di responsabilità, poiché nella
scuola secondaria di primo e secondo grado gli alunni possono uscire
autonomamente, previo consenso informato, è necessario che il consenso
informato dei genitori per l’uscita da scuola del proprio figlio al termine delle
attività didattiche contenga:
- l’autorizzazione per far uscire l’alunno;
- la dichiarazione che il proprio figlio è autonomo;
- che è stato istruito a dovere sia sul percorso scuola-abitazione che sulle
norme di comportamento per garantire la propria incolumità.
Il consenso informato però non vale in caso di uscita anticipata individuale
o collettiva, in questa circostanza deve essere un adulto a prelevare il minore.
Inoltre tutte le scuole devono avere un Registro degli infortuni (d.lgs
626/94 art. 4 c. 5 lett. o) dove registrare gli incidenti avvenuti a scuola, sia
riferiti ai dipendenti che agli alunni.
Nel registro devono essere riportati:
a. la data dell’incidente;
b. i dati dell’infortunato;
c. le cause e circostanze del fatto;
d. la qualifica dell’infortunato;
173
e. la data di assenza dal lavoro o dalle attività didattiche;
f. la data del rientro in servizio o a scuola.
Tutti gli incidenti, anche i più piccoli, devono essere comunicati al
dirigente ai sensi del D.P.R. 1124/65 art. 52, il quale in caso di incidente ad un
alunno deve:
a) chiedere al docente responsabile la relazione sull’accaduto;
b) redigere un verbale da inviare anche all’assicurazione;
c) in caso di incidente grave gli organi di polizia raccolgono le
testimonianze e redigono un verbale;
d) in caso di morte gli organi di polizia sequestrano gli “atti”
dell’Istituto.
A sua volta l’amministrazione deve dimostrare di aver adottato un
regolamento interno recante norme finalizzate all’organizzazione della vita
scolastica mirato al controllo di:
ingresso;
previsione ed eliminazione di eventuali pericoli per gli alunni
durante la permanenza a scuola;
organizzazione della vigilanza.
174
5.4.2 LA RESPONSABILITA’ PENALE
La responsabilità penale si configura quando viene commessa un’azione
che la legge considera reato e conseguentemente quando la stessa legge prevede
l’erogazione di una pena quale la reclusione o multa.
Tale definizione è in via generale, tuttavia è il caso di precisare che la
responsabilità penale può configurarsi anche in caso di omissione di atti dovuti,
ed è proprio quest’ultimo tipo di reati, in forma omissiva, che più spesso
vengono commessi dal personale scolastico. Un esempio è il caso il cui l’evento
lesivo si sia verificato per non vigilanza o vigilanza in maniera non adeguata.
La responsabilità penale è personale e come tale no può essere ricondotta
alla P.A. ma solo alle persone fisiche che la costituiscono.
Le ipotesi in cui può incorrere in responsabilità penale il personale docente
sono si possono riassumere in:
A. ABUSO DI MEZZI DI CORREZIONE E PERCOSSE (Art. 571
c.p. e art. 581): “chiunque abusa dei mezzi di correzione o di
disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità o a
lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o
custodia ......è punito, se dal fatto ne deriva una malattia nel corpo
o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi”. “Chiunque
175
percuote taluno.......è punito, a querela della persona offesa, con
la reclusione fino a sei mesi...”
B. REATI COLPOSI
Nel caso in cui l’alunno produca a se ed ad altri lesioni nel
periodo sottoposto alla sorveglianza il docente può rispondere del
reato di lesioni colpose ai sensi dell’art. 590 c.p. o se dall’azione
ne sia determinata la morte anche di omicidio colposo (art.580 c.p.)
In questo caso i reati si configurano come reati colposi di
omissione. Sotto il profilo della colpa vige l'art. 43 c.p. “il reato è
colposo o contro l’intenzione quando l’evento, se preveduto, non è
voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza
o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, ordini o discipline”.
5.4.3 LA RESPONSABILITA’ PENALE DEL DIRIGENTE
Se quella del docente è una posizione di protezione quella in capo al
Dirigente è una posizione di controllo che, se non rispettata, può far scaturire
oltre a responsabilità civile anche responsabilità penale.
Un esempio di posizione di controllo è quelle del Dirigente che ha
l’obbligo di impedire che si verifichino eventi dannosi a causa della pericolosità
176
dell’ edificio scolastico. In quest’ipotesi nel caso di danni all’edificio e/o alle
persone sarà responsabile penalmente.
Responsabilità penale in capo al dirigente può verificarsi in caso di
omissione d’atti d’ufficio, reato previsto dall’art. 328 c.p. che recita “Il
pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente
rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza
ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o
l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi
vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le
ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa
fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed
il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.
Tale reato naturalmente non si perfeziona nel caso in cui operi il principio
del silenzio assenso come previsto dall’art. 25 della L. 241/1990.
177
Appendice
a LA LEGGE 104/1992:
a.1 PREMESSA
La Legge 104 del 1992 è nota come la "Legge-quadro per l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate."
Questa legge si occupa dell’assistenza, dell’integrazione sociale e dei
diritti delle persone portatori di handicap e ha lo scopo di garantire una migliore
integrazione del disabile nel contesto sociale. La stessa legge definisce portatore
di handicap “colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale
o di emarginazione”.
L’handicap assume connotazione di gravità ( art. 3, comma 3, legge
104/92) se la minorazione, singola o plurima, ha ridotto l’autonomia personale,
correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale
permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di
relazione.
I benefici che si possono ottenere tramite la Legge 104 consistono sia in
agevolazioni lavorative e permessi lavorativi a favore di coloro che assistono
178
familiari in situazioni di gravità sia in interventi direttamente a favore del
disabile.
Di seguito si riportano alcune norme della legge che riguardano anche il
sistema scolastico.
a.2 DIRITTO ALL’EDUCAZIONE E ALL’ISTRUZIONE
(ART.12).
L’art. 12 L.104 garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione dei
portatoti di handicap già dall’asilo nido garantendone l’inserimento.
Lo stesso diritto all’educazione e all’istruzione spetta alla persona
handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle
istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.
Nell’art. 12 si legge “L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo
delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella
comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.
L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da
difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità
connesse all’handicap”
Per ogni alunno la legge prevede “un piano educativo individualizzato,
alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei
genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e,
179
per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola,
con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato
secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione.
Per quanto concerne i minori handicappati soggetti all’obbligo scolastico,
temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono
comunque garantite l’educazione e l’istruzione scolastica. A tal fine il
provveditore agli studi, d’intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero
e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e
del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori
ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali
classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza,
che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata
l’impossibilità della frequenza della scuola dell’obbligo per un periodo non
inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata
dall’autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in
servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza
delle classi alle quali i minori sono iscritti
a.3 L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA (ART. 13 ) rinvio
Per quanto concerne il diritto all’integrazione scolastica sancito dall’art. 13
L.104/92 si rinvia alle argomentazione affrontate nel cap. 2 al parag. 6.1.
180
b PROVE D'ESAME NEI CONCORSI PUBBLICI E PER
L'ABILITAZIONE ALLE PROFESSIONI (ART.20)
“La persona handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici
e per l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e nei tempi
aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap.
Nella domanda di partecipazione al concorso e all'esame per l'abilitazione
alle professioni il candidato specifica l'ausilio necessario in relazione al proprio
handicap, nonché l'eventuale necessità di tempi aggiuntivi”
b.1 PRECEDENZA NELL’ASSEGNAZIONE DI SEDE (ART.21)
1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai due
terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della
tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648, assunta presso gli enti
pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo, ha diritto di scelta
prioritaria tra le sedi disponibili.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di
trasferimento a domanda.
181
L 'art. 21 della legge 104/92 prevede che la persona handicappata con
un grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte alle
categorie prima, seconda e terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto
1950, n. 648, assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad
altro titolo, ha diritto di:
- scelta prioritaria tra le sedi disponibili;
- precedenza in sede di trasferimento a domanda;
Per usufruire delle agevolazioni previste dall'art. 21 della legge 104/92
sono necessarie:
a. la certificazione di portatore di handicap anche non grave (art. 3 -
comma 1 della legge 104/92) rilasciata dalla apposita commissione
operante presso l'Azienda U.S.L. di residenza dell'interessato;
b. invalidità superiore ai 2/3 (dal 67% al 100%).
Le agevolazioni di cui all'art. 21 operano solo nell'ambito della pubblica
amministrazione in quanto si riferiscono specificamente alle persone assunte
presso gli enti pubblici come vincitrici di concorso o ad altro titolo a differenza
delle agevolazioni di cui all'art. 33 che si applicano sia al settore pubblico che
alle imprese private.
Bisogna aggiungere, inoltre, che:
- il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio
può valere soltanto nell'ambito della medesima amministrazione o ente
182
di appartenenzaz, nel caso di amministrazioni diverse può essere
utilizzato l'istituto della mobilità nella pubblica amministrazione;
- il diritto al trasferimento di sede può valere solo nel caso in cui esista il
posto vacante nella sede di destinazione richiesta;
- molte pubbliche amministrazioni, tra cui la scuola, hanno
ulteriormente precisato i criteri per fruire di tale agevolazione.
Pertanto, è sempre opportuno verificare quanto specificamente previsto
dal contratto di lavoro e dai regolamenti di categoria.
La Circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 28 del
1993 precisa che la locuzione "ove possibile", in merito al diritto di scelta della
sede di lavoro, è da intendersi nel senso che il datore di lavoro può frapporre un
rifiuto solo per motivate esigenze di organizzazione aziendale; il diritto di non
essere trasferito senza esplicito consenso ad altra sede costituisce, invece, un
diritto incondizionato, nel senso che non è soggetto a verifica di compatibilità
con le esigenze organizzative e produttive dell'impresa.
L'I.N.P.D.A.P., con la circolare n. 34 del 2000, conferma che il diritto alla
sede più vicina presuppone l'esistenza (vacanza organica) del posto in cui si
intende essere assegnati o rimanere e che lo stesso diritto viene meno nel caso in
cui cessino i presupposti (per esempio mutamento della condizione sanitaria)
con conseguente revoca del provvedimento.
La domanda per i trasferimento deve essere rivolta al datore di lavoro
allegando la certificazione di handicap e di invalidità.
183
b.2 I PERMESSI RETRIBUITI (ART.33 )
Art. 33 della legge 104/92 - testo coordinato con le modifiche
introdotte dal Collegato lavoro
1. [La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche
adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi
dell'articolo 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del
periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all'articolo 7 della legge 30
dicembre 1971, n. 1204 , a condizione che il bambino non sia ricoverato a
tempo pieno presso istituti specializzati] (questo comma è stato abrogato ed ora
è contenuto nell’art. 33 comma 1 del D.Lgs 151/2001).
2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di
lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di
astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al
compimento del terzo anno di vita del bambino .
Versione precedente del comma 3
3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino, la
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di
minore con handicap in situazione di gravità, nonché colui che assiste una
persona con handicap in situazione di gravità, parente o affine entro il
184
terzogrado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso mensile coperti da
contribuzione figurativa,fruibili anche in maniera continuativa a condizione che
la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo
pieno
Nuova versione del comma 3
3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a
tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste
persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine
entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il
coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano
compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da
patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre
giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa,
anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere
riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa
persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso
figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad
entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti
all'articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971 , si applicano le disposizioni di
cui all'ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971 ,
nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n.903 .
185
Versione precedente del comma 5
5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o
privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado
handicappato ha diritto a scegliere, ove possibile,la sede di lavoro più vicina al
proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede
Versione attuale del comma 5
Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la
sede di lavoro più vicina al proprio domicilio al domicilio della persona da
assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
(questo testo deriva dalla cancellazione delle parti abrogate e
dall’inserimento delle nuove parti derivanti dal Collegato)
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può
usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a
scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non
può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli
affidatari di persone handicappate in situazione di gravità
Comma aggiunto dal collegato lavoro all’articolo 33
7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l'accertamento
della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai
diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti
l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima
186
fruizione dei medesimi diritti. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al
presentecomma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
I permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti del settore privato e,
anche ai lavoratori delle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli Enti
locali privatizzate di seguito indicati:
alle persone in situazione di disabilità grave che lavorano come
dipendenti spettano 2 ore al giorno o 3 giorni al mese anche
frazionabili in ore;
ai genitori lavoratori dipendenti di figli in situazione di disabilità grave
con età inferiore a tre anni spetta il prolungamento dell'astensione
facoltativa o 2 ore al giorno fino al compimento dei 3 anni di vita del
bambino o 3 giorni al mese anche frazionabili in ore;
al coniuge, parenti o affini entro il 2° grado che lavorano come
dipendenti spettano 3 giorni al mese anche frazionabili in ore. Il diritto
può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado della persona in
situazione di disabilità grave soltanto qualora i genitori o il coniuge
della persona disabile abbiano compiuto i sessantacinque anni di età
oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti
o mancanti. I tre giorni di permesso mensili possono essere fruiti anche
dai parenti e dagli affini del minore di tre anni in situazione di
187
disabilità grave (33, comma 3, della legge 104/92 come modificato
dall’art.24 della legge 183/2010 - vedi circolare n. 155/2010-).
I permessi non spettano ai lavoratori a domicilio, agli addetti ai lavoro
domestici e familiari, ai lavoratori agricoli a tempo determinato occupati a
giornata, né per se stessi né in qualità di genitori o familiari, ai lavoratori
autonomi e ai lavoratori parasubordinati.
Per i permessi giornalieri utilizzati frazionandoli in ore opera un limite
orario mensile. Tale limite massimo mensile fruibile è uguale all'orario normale
di lavoro settimanale diviso il numero dei giorni lavorativi settimanali per 3.
Requisiti per chiedere i permessi retribuiti sono:
essere lavoratori dipendenti (anche se con rapporto di lavoro part
time) e assicurati per le prestazioni economiche di maternità presso
l’Inps;
la persona che chiede o per la quale si chiedono i permessi sia in
situazione di handicap grave ai sensi dell’art. 3 comma 3 della
legge 104/92, riconosciuta dall’apposita commissione della ASL
(handicap grave art. 4, comma 1 L. 104/92)
Dal 01.01.2010 le suddette commissioni sono state integrate da un medico
dell’Inps. (Circ. 162/93, punto 1 , Circ. 80/95, punto 1 ,circ. 32/2006 , circ.
131/2009);
non ricovero a tempo pieno della persona in situazione di disabilità
grave.
188
I genitori lavoratori dipendenti di figli minorenni in situazione di disabilità
grave, conviventi o non, anche adottivi o affidatari, possono fruire, in alternativa
di:
1. Prolungamento fino a tre anni di età del bambino con disabilità grave,
del periodo di astensione facoltativa dal lavoro con diritto, per tutto il periodo,
alla indennità pari al 30% della retribuzione. Si precisa che il prolungamento
può essere fruito dal termine del periodo di normale congedo parentale
teoricamente fruibile dal genitore richiedente indipendentemente dal fatto che sia
stato in precedenza utilizzato o esaurito e cioè:
per la madre: trascorsi 6 mesi del periodo di congedo di maternità;
per il padre: trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del bambino;
per il genitore solo: trascorsi 10 mesi decorrenti:
A. in caso di madre: dalla fine del congedo di maternità;
B. in caso di padre: dalla nascita del minore o dalla fruizione
dell'eventuale congedo di paternità.
In caso di adozione nazionale:
per il genitore che fruisce del congedo di maternità: trascorsi i 5
mesi del periodo di congedo di maternità (cioè trascorsi 5 mesi
dall'ingresso del bambino in famiglia) più il periodo di congedo
parentale teoricamente fruibile (6 mesi per la madre e 7 mesi per il
padre);
189
per la madre, quando è il padre ad aver fruito del congedo di
paternità/maternità: trascorsi 6 mesi dalla data di ingresso in
famiglia del bambino;
per il padre, quando è la madre ad aver fruito del congedo di
maternità: trascorsi 7 mesi dalla data di ingresso in famiglia del
bambino.
In caso di adozione internazionale:
per il genitore che fruisce del congedo di maternità: trascorsi i 5
mesi del periodo di congedo di maternità (cioè trascorsi 5 mesi
dall'ingresso del bambino in Italia) più il periodo di congedo
parentale teoricamente fruibile (6 mesi per la madre e 7 mesi per il
padre) .
per la madre, quando è il padre ad aver fruito del congedo di
paternità/maternità: trascorsi 6 mesi dalla data di ingresso in Italia
del bambino;
oer il padre, quando è la madre ad aver fruito del congedo di
maternità: trascorsi 7 mesi dalla data di ingresso in Italia del
bambino.
Inoltre i genitori possono fruire di riposi orari retribuiti fino a tre anni
di età di vita del bambino rapportati all'orario giornaliero di lavoro (2 ore di
permesso giornaliero per orario pari o superiore a 6 ore, 1 ora negli altri casi). Si
precisa che, ai sensi del comma 2 dell'art. 33 in esame, il genitore può comunque
190
chiedere di fruire del permesso di due ore giornaliere in luogo del congedo
parentale (astensione facoltativa dal lavoro) sia per i primi 6 mesi previsti dal
D.lgs. n. 151/2001 che per il periodo di prolungamento di questo (fino ai tre
anni)
Altro beneficio concesso ai genitori è quello di poter chiedere tre giorni di
permesso mensili anche frazionabili in ore (vedi combinato disposto art. 33,
comma 3, della legge n. 104/92 e art. 42, comma 2, del decreto legislativo n.
151/2001 come modificati nell’art. 24 della legge n. 183/2010).
E’ il caso di precisare che, trattandosi di istituti speciali rispondenti alle
medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, la fruizione
dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo
parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa
nell’arco del mese.
I lavoratori dipendenti, coniuge, parenti o affini della persona in situazione
della disabilità grave, entro il secondo grado (a titolo esemplificativo sono
parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni,
fratelli, sorelle, nipoti in quanto figli dei figli; sono affini di primo grado:
suocero/a, nuora, genero; sono affini di secondo grado: cognati), possono
usufruire di tre giorni di permesso mensile, anche frazionabili in ore.
I tre giorni di permesso mensili possono essere fruiti anche dai parenti e
dagli affini del minore di tre anni in situazione di disabilità grave (33, comma 3,
della legge 104/92 come modificato dall’art.24 della legge 183/2010 - vedi
191
circolare n. 155/2010-Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo
grado (a titolo esemplificativo sono parenti di terzo grado: zii, nipoti in quanto
figli di fratelli/sorelle, bisnonni, pronipoti in linea retta; sono affini di terzo
grado zii acquisiti, nipoti acquisiti) della persona con disabilità in situazione di
gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di
disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano
anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, dove con
l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza
naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve
ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile,
continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica
autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da
documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.
La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica
anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si
trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti).
Per quanto concerne le patologie invalidanti, ai fini dell’individuazione di
tali patologie si prendono a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente,
indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto
Interministeriale - Ministro per la Solidarietà Sociale, di concerto con i Ministri
della Sanità, del Lavoro e della Previdenza Sociale e per le Pari Opportunità - n.
278 del 21 luglio 2000, Regolamento recante disposizioni di attuazione
192
dell'articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e
cause particolari, che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo
per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000.
Quindi, nell’ipotesi in cui il coniuge o i genitori del soggetto in situazione
di disabilità grave siano affetti dalle patologie sopra elencate, l’assistenza potrà
essere esercitata anche da parenti o affini entro il terzo grado.
In tale caso alla domanda deve essere allegata, in busta chiusa indirizzata
al Centro Medico Legale territorialmente competente, idonea documentazione
del medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato
o del medico di medicina generale o della struttura sanitaria nel caso di ricovero
o intervento chirurgico, da cui risulti una delle patologie sopra indicate (
messaggio 17404/2011, allegato 4, nota 3).
Un lavoratore con disabilità grave che fruisce dei permessi di cui al
comma 6 della legge n. 104/1992, può essere assistito da altro soggetto
lavoratore, purché il medico di sede, in relazione alla gravità dell'handicap valuti
che il disabile abbia una effettiva necessità di essere assistito da parte del
familiare lavoratore. Per tale assistenza spettano i giorni o le ore di permesso di
cui al comma 3 della medesima legge. Al riguardo, occorre precisare che i giorni
di permesso dei due soggetti interessati devono essere fruiti nelle stesse giornate,
considerato che l'assenza dal lavoro, con la conseguente fruizione dei permessi
da parte di chi assiste, è giustificata dal fatto che deve assistere il soggetto in
situazioni di gravità, assistenza che non necessita durante le giornate in cui
193
quest'ultimo lavora. In caso di malattia, ferie, permesso non retribuito, ecc. del
lavoratore disabile si considera soddisfatto il principio sopra indicato.
Il lavoratore con disabilità grave che già beneficia dei permessi di cui al
comma 6, art. 33, legge n. 104/1992 può fruire anche di permessi per assistere
altri familiari in situazione di disabilità grave, senza necessità di acquisire alcun
parere medico legale..
b.3 I TRASFERIMENTI (ART. 33 COMMA 5)
La legge 4 novembre 2010, n. 183 (c.d. Collegato lavoro) ha apportato
diverse modifiche alle norme che disciplinano i trasferimenti ex legge 104/1992,
con sostanziali riflessi sulla prassi finora adottata.
Prima dell’entrata in vigore dalla suddetta legge il trasferimento a colui
che assisteva un portatore di handicap veniva concesso solo nel caso in cui
l’assistenza avveniva con continuità ed in via esclusiva; nella nuova versione del
comma V dell’art 33 è previsto solo che ove possibile il lavoratore può scegliere
la sede più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere
trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Pertanto non è più richiesto il requisito della continuità ed esclusività
dell’assistenza.
194
Con una recentissima sentenza il consiglio di Stato32 ha precisato che le
modifiche apportate all'art. 33 comma 5 della L. 5 febbraio 1992 n. 104 dall'art.
24 comma 1 lett. b) della L. 4 novembre 2010 n. 183 hanno rimosso ogni
riferimento al requisito della continuità e all'esclusività dell'assistenza al
familiare portatore di handicap.
Pertanto, a seguito di tali modiche, la P.A deve procedere all'accertamento
delle effettive condizioni di salute del familiare, della natura e gravità
dell'handicap e della sussistenza di eventuali insopprimibili esigenze di servizio.
Detta sentenza ha precisato che anche prima della modifica del 2010, il
requisito della continuità non postulava una costante e ininterrotta attività
assistenziale e la richiesta esclusività imponeva l'adeguata considerazione e
verifica delle concrete circostanze addotte circa l'indisponibilità di altri familiari.
Inoltre la circolare del 6 dicembre 2010 della Presidenza del Consiglio dei
Ministri ha ribadito il venir meno della continuità e dell'esclusività
dell'assistenza, così superando sul punto la circolare dell'INPS risalente al
200033.
32 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 7 marzo 2012 n. 1293 - Pres. Lignani, Est. Stelo - Albanese (Avv.ti Pellegrino e Pallara) c. Ministero dell’Interno (Avv. Stato Russo) e Capo della Polizia - Direttore Generale di Pubblica Sicurezza (n.c.) - (annulla T.A.R. Toscana, Sez. I, n. 815 del 2011. 33 Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7594; sez. IV, 9 marzo 2011, n. 1506.
195
Occorre però soffermarsi su un altro inciso contenuto nel V comma
dell’Art. 33 l. 104/92, cioè sull’affermazione che il trasferimento può avvenire
“ove possibile”.
L’orientamento dominante in giurisprudenza ritiene che la facoltà di
chiedere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio non è espressione di un
diritto soggettivo illimitato, poiché l’art.33, 5°comma, consente l’attribuzione
del beneficio “ove possibile”; ciò implica che devono sussistere le sotto indicate
condizioni:
a) vacanza del posto;
b) disponibilità del posto, cioè determinazione del datore di lavoro (nel
caso specifico “pubblica amministrazione”) di provvedere alla
copertura del posto vacante;
c) bilanciamento degli interessi contrapposti, cioè : l’interesse del
lavoratore al trasferimento nella sede richiesta, in funzione di tutela
del soggetto disabile, e le esigenze del datore di lavoro-pubblica
amministrazione, per il principio di buon andamento del servizio che
ha rilevanza costituzionale (art. 97 Cost.).
I giudici amministrativi qualificano la posizione giuridica del dipendente
che chiede l’attribuzione del beneficio non in termini di “diritto soggettivo”, ma
196
come “interesse legittimo”; si tratterebbe di una posizione di diritto soggettivo
“affievolito” dall’esercizio di potestà discrezionale dell’amministrazione 34.
34 Consiglio Stato, sez IV n. 3526 del 30.6.2005; sez.IV n. 793 del 22.2.2006; TAR Puglia, Bari, n.2344 del 21.5.2003, TAR Campania - Salerno - Sez. I del 4.5.2006, TAR Campania, VI, n.1034 del 10.1.2007, TAR Lazio, Roma, I bis, del 17.1.2007 e TAR Puglia, Lecce, III, n1209 del 23.3.2007)