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© Copyright riservato www.dirittoambiente.com - Consentita la riproduzione integrale in fotocopia e libera circolazione senza fine di lucro con logo e fonte inalterata E’ vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n° 248) www.dirittoambiente. net Responsabilità penale e diritto ambientale REATO DI DISCARICA ABUSIVA E RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO DEL TERRENO. DALLA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE ALCUNI IMPORTANTI CHIARIMENTI. A cura dell’Avv. Valentina Stefutti Sulle pagine del nostro sito, e nel corso degli eventi seminariali organizzati da Diritto all’ambiente, abbiamo sovente trattato della problematica connessa alla eventuale responsabilità del proprietario di un terreno in cui siano stati conferiti rifiuti da parte di un diverso soggetto. Come ben noto ai nostri Lettori, secondo quanto disposto dall’art.192 del D.gls. 152/06, la mera qualità di proprietario di un’area su cui altri abbiano abbandonato dei rifiuti, non costituisce condizione sufficiente per affermarne la penale responsabilità per il reato di discarica abusiva, né per obbligare tale soggetto a rimuoverli. Sul punto, il Consiglio di Stato, in numerose sentenze (cfr. da ultimo CdS n.333/12) ha stabilito che la Pubblica Amministrazione sia sempre tenuta, dopo aver espletato adeguata istruttoria, a fornire adeguata prova in ordine all’imputabilità della condotta illecita al proprietario. Da parte sua, la Suprema Corte di Cassazione, ha più volte affermato che la semplice inerzia conseguente all’abbandono da parte di terzi, o anche la consapevolezza di tale condotta da altri posta in essere, non siano idonee a configurare il reato di abbandono poichè una condotta omissiva può dare luogo a ipotesi di responsabilità solo nel caso in cui ricorrano gli estremi dell’art. 40 c.p., comma 2, vale a dire che sussista l’obbligo giuridico di impedire l’evento da parte del titolare, che versi nella cd. posizione di garanzia.

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E’ vietato il plagio e la copiatura integrale o parziale di testi e disegni a firma degli autori - a qualunque fine - senza citare la fonte - La pirateria editoriale è reato (legge 18/08/2000 n° 248)

 

 

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 Responsabilità  penale  e  diritto  ambientale  

 REATO  DI  DISCARICA  ABUSIVA  E  RESPONSABILITÀ  DEL  PROPRIETARIO  DEL  TERRENO.  

DALLA  SUPREMA  CORTE  DI  CASSAZIONE  ALCUNI  IMPORTANTI  CHIARIMENTI.      A  cura  dell’Avv.  Valentina  Stefutti    Sulle  pagine  del  nostro  sito,  e  nel  corso  degli  eventi  seminariali  organizzati  da  Diritto  

all’ambiente,   abbiamo   sovente   trattato   della   problematica   connessa   alla   eventuale  responsabilità  del  proprietario  di  un  terreno  in  cui  siano  stati  conferiti  rifiuti  da  parte  di  un  diverso  soggetto.  

 Come   ben   noto   ai   nostri   Lettori,   secondo   quanto   disposto   dall’art.192   del   D.gls.  

152/06,  la  mera  qualità  di  proprietario  di  un’area  su  cui  altri  abbiano  abbandonato  dei  rifiuti,  non  costituisce  condizione  sufficiente  per  affermarne   la  penale  responsabilità  per   il  reato  di  discarica  abusiva,  né  per  obbligare  tale  soggetto  a  rimuoverli.  

 Sul  punto,  il  Consiglio  di  Stato,  in  numerose  sentenze  (cfr.  da  ultimo  CdS  n.333/12)  ha  

stabilito   che   la   Pubblica   Amministrazione   sia   sempre   tenuta,   dopo   aver   espletato   adeguata  istruttoria,   a   fornire   adeguata   prova   in   ordine   all’imputabilità   della   condotta   illecita   al  proprietario.    

 Da  parte  sua,   la  Suprema  Corte  di  Cassazione,  ha  più  volte  affermato  che   la   semplice  

inerzia   conseguente   all’abbandono   da   parte   di   terzi,   o   anche   la   consapevolezza   di   tale  condotta  da  altri  posta  in  essere,  non  siano  idonee  a  configurare  il  reato  di  abbandono  poichè  una  condotta  omissiva  può  dare  luogo  a  ipotesi  di  responsabilità  solo  nel  caso  in  cui  ricorrano  gli  estremi  dell’art.  40  c.p.,   comma  2,  vale  a  dire  che  sussista   l’obbligo  giuridico  di   impedire  l’evento  da  parte  del  titolare,  che  versi  nella  cd.  posizione  di  garanzia.  

   

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Da   ultimo,   nella   recente   sentenza   n.   50634   del   3   dicembre   2014   (che   riportiamo   in  calce),   la   Suprema   Corte   di   Cassazione   è   tornata   a   riferire   sul   punto,   affermando   come   il  principio  che  esclude  la  configurabilità  in  forma  omissiva  del  reato  di  gestione  o  realizzazione  di  discarica  abusiva  nei  confronti  del  proprietario  di  un  terreno  per  violazione  degli  obblighi  di   controllo,     non   possa   mai     trovare   applicazione   nel   caso   in   cui   non   si   tratti   di   rifiuti  depositati   da   terzi   all'insaputa   del   proprietario   bensì   di   detriti   scaricati   con   la   piena  consapevolezza  ed  anzi  con  l'espresso  consenso  del  titolare.  

In  tal  caso,  si  sarebbe  al  cospetto    di  una  vera  e  propria  condotta  di  compartecipazione  agevolatrice  che  giustifica  pienamente  la  responsabilità  del  proprietario.  

 Nella  precitata    sentenza,  la  Corte  di  Cassazione  ha  altresì  esplicitato  che    non  potrebbe  

mai   richiamarsi   la   giurisprudenza   di   legittimità   che   esclude   la   responsabilità   in   forma  omissiva  del  reato  di  gestione  o  realizzazione  di  discarica  abusiva  del  proprietario  del  fondo  per  violazione  degli  obblighi  di  controllo    (cfr.  tra  le  altre  Cass.  Pen.  49327/11),  allorquando  non  si  tratti  di  rifiuti  di  terzi  depositati  all’insaputa  del  proprietario,  ma  di  rifiuti  scaricati  con  la  piena  consapevolezza  e  anzi  con  l’espresso  consenso  del  titolare.  

 In  tal  caso,  si  è  infatti  al  cospetto  di  una  vera  e  propria  condotta  agevolatrice,  da  parte  

del  proprietario,  che  ben  ne  giustifica  l’accertamento  di  responsabilità.                                                                                                                                                                                                                            Valentina  Stefutti        Pubblicato  il  6  gennaio  2015        

Riportiamo  in  calce  la  motivazione  integrale  della  sentenza  in  commento  

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE PENALE

UDIENZA PUBBLICA DEL 04/11/2014

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. CLAUDIA SQUASSONI Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO Dott. LORENZO ORILIA Dott. ALDO ACETO Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

SENTENZA - Presidente - N. 3079/2014

- Consigliere - REGISTRO GENERALE

- Rel. Consigliere - N. 12982/2014

- Consigliere -

- Consigliere -

sul ricorso proposto da:

DE PONTE SALVATORE N. IL 12/06/1964

avverso la sentenza n. 608/2007 TRIB.SEZ.DIST. di MARCIANISE, del 18/04/2012

visti gli atti, la sentenza e il ricorso udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/11/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ,<AAZ 6,e2,04 , che ha concluso per

"2-e•e-e2c,"

t2e4

Udito, per la parte civile, l'Avv

Udit i difensor Avv.

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sez. distaccata Marcianise, con

sentenza 18.4.2012 depositata il 22.8.2012 ha ritenuto De Ponte Salvatore

responsabile del reato di cui all'art. 256 D. Lvo n. 152/2006 per avere, quale titolare

di un fondo in Portico di Caserta, effettuato una attività di discarica di rifiuti speciali

non pericolosi (materiali di risulta e scarti di lavorazione edile) in assenza della

prescritta autorizzazione.

2 Contro questa decisione il difensore ha proposto appello, poi trasmesso a

questa Suprema Corte (trattandosi di impugnazione contro sentenza di condanna a

pena pecuniaria). L'imputato si duole della mancata assoluzione con formula piena o

quanto meno ai sensi dell'art. 530 comma 2 cpp. Osserva in particolare che i detriti -

derivanti dalla demolizione di un fabbricato - furono depositati dal titolare

dell'impresa che stava realizzando il muro di recinzione nel fondo di sua proprietà e

quindi proveniva da altro cantiere, come dichiarato proprio dal teste Dalizzo. Ha

contestato l'affermazione secondo cui egli rivestirebbe una posizione di garanzia

quale proprietario del fondo. Osservando che al più essa potrebbe riguardare solo il

deposito dei materiali derivanti dalla attività da lui commissionata (realizzazione del

muro di cinta) ma non il materiale di risulta proveniente da una diversa demolizione

ed utilizzato impropriamente dall'esecutore dei lavori.

Si duole poi della misura della pena chiedendo l'applicazione nel minimo col

beneficio della sospensione condizionale.

3. Con successivo atto del 23.11.2012 l'imputato ha proposto personalmente

ricorso per cassazione denunziando inosservanza della legge penale in relazione alla

mancanza di un espresso obbligo di impedire la realizzazione o il mantenimento

dell'evento lesivo ovvero la mancanza o manifesta illogicità della motivazione in

relazione alla ritenuta responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L'impugnazione di sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, e come

tale inappellabile (art. 593 comma 3 cpp), va senz'altro qualificata come ricorso per

cassazione per il principio del favor impugnationis e di conservazione degli atti

processuali (art. 568 cpp). Nel caso di specie, quindi, l'impugnazione proposta dal

difensore contro la sentenza del Tribunale - erroneamente diretta alla Corte

d'Appello - è stata trasmessa correttamente in Cassazione dalla Corte napoletana.

L'impugnazione è comunque inammissibile perché proposta per motivi diversi da

quelli consentiti dalla legge (art. 606 ultimo comma cpp): essa si risolve invero in

una censura tipicamente in fatto laddove sollecita una diversa ricostruzione della

vicenda sulla scorta delle dichiarazioni del teste Dalizzo (titolare dell'impresa

esecutrice).

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2. Quanto al tema della posizione di garanzia del proprietario del fondo, la Corte è

ben consapevole del principio affermato da Sez. 3, Sentenza n. 49327 del 12/11/2013

Ud. dep. 09/12/2013 Rv. 257294 che esclude la configurabilità in forma omissiva del

reato di gestione o realizzazione di discarica abusiva nei confronti del proprietario di un

terreno per violazione degli obblighi di controllo, ma ritiene che esso non possa trovare

applicazione nel caso di specie, in cui non si tratta di rifiuti depositati da terzi

all'insaputa del proprietario (come nel caso esaminato con la citata sentenza), ma di

detriti scaricati con la piena consapevolezza ed anzi con l'espresso consenso del

titolare, come emerge dalla sentenza impugnata che riporta la dichiarazione dello

stesso Dalizzo ("stavamo facendo l'abbattimento di un palazzo ed ho chiesto che

portassero un poco di questo materiale sul posto proprio per evitare che i camion

scendessero sul terreno"): in sostanza, si è in presenza di una vera e propria condotta

di compartecipazione agevolatrice che giustifica la responsabilità del proprietario (cfr.

Sez. 3, Sentenza n. 2477 del 09/10/2007 Ud. dep. 17/01/2008 Rv. 238541): fuori

luogo quindi si rivela il richiamo alla giurisprudenza - peraltro ben nota al Collegio -

che esclude la posizione di garanzia da parte del committente con riferimento

all'attività di smaltimento di rifiuti da parte dell'appaltatore e che viene richiamata nel

ricorso per cassazione proposto direttamente dal De Ponte, precisandosi, anzi che la

stessa giurisprudenza, fa "salva l'ipotesi di un diretto concorso nella commissione del

reato" (cfr. Sez. 3 sentenza n. 25041/2011).

Per le suddette considerazioni va dichiarato altresì inammissibile per manifesta

infondatezza il ricorso depositato personalmente dall'imputato, che è incentrato su tale

tema.

4. Inammissibile - perché priva di specificità - è infine anche la censura sul

trattamento sanzionatorio, che si risolve in una richiesta di riduzione della pena per

l'avvenuto ripristino ambientale e la quantità e natura dei materiali rinvenuti, laddove

il giudice di merito aveva comunque concesso le attenuanti generiche.

Quanto alla sospensione condizionale della pena, la mancanza di espressa

richiesta in sede di conclusioni (come si evince dall'epigrafe della sentenza impugnata)

esonerava il giudice dall'obbligo di pronunciarsi.

L'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido

rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le

cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3, Sentenza n. 42839

del 08/10/2009 Ud. dep. 10/11/2009; cass. Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004

Ud. dep. 22/04/2004; sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 cc. dep. 21/12/2000).

Il tema della prescrizione non può essere affrontato.

Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di

inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente

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al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della

sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibil‘ í ricorsa e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 4.11.2014.

Il c ns. est. Il Presidente

DEPOSITATA N CANCELLER'iA.

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