~Disagio -...

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Corriere della Sera Martedì 17 Ottobre 2017 CULTURA 43 nomiche del periodo, con la straordinaria cre- scita dei mercati e del commercio interregiona- le e internazionale, e da matrimoni e alleanze diplomatiche dell’aristocrazia». «Cristianità» è il termine con cui «gli uomini dotti del XII e XIII secolo designarono il mondo dei cristiani latini dell’Europa occidentale». La Chiesa cattolica romana era il «pilastro centrale» della comunità di fede del cristianesi- mo latino. Le sue élites intellettuali si erano for- mate intorno a una lingua internazionale (il la- tino, in contrapposizione con il greco) e con un percorso di studi (incentrato sulla filosofia e la logica di Aristotele) e indirizzo (la scolastica) comuni. Gli inviati papali condividevano con i consiglieri dei principi «uguali concezioni teo- cratiche e burocratiche circa l’origine del potere e il modo in cui doveva essere esercitato e legit- timato». Le Crociate rappresentarono il proget- to più ambizioso della cristianità occidentale. All’epoca il battesimo era considerato un «rito di iniziazione universale». Quelli che non erano cristiani battezzati (gli ebrei, i musulmani) «co- stituivano, nel Medioevo centrale, una presen- za significativa ai margini della cristianità occi- dentale, tollerata proprio perché non erano parte della comunità di fede». Ma quando «i re- gni cristiani spinsero le frontiere del cristiane- simo latino verso il Sud in Spagna e nell’Italia meridionale segnati dalla presenza araba, la lo- ro rilevanza come rappresentanti di forze stra- niere non appartenenti alla cristianità sembrò aumentare». La cristianità era, secondo il libro di Green- grass, una «costruzione ipersensibile» che si sentiva spesso minacciata. A dire il vero «i suoi nemici più pericolosi non erano i non cristia- ni». La sua gerarchia di potere era «vulnerabile soprattutto agli attacchi di una diversa e varie- gata categoria di persone»: coloro che «erano legati a particolari realtà locali, per le quali le aspirazioni universalistiche della cristianità si- gnificavano poco o niente». S parsi in tutta l’area dell’Europa occidenta- le, al di là e contro i meccanismi dell’ordi- ne universale del Sacro Romano Impero (esteso in tutta l’Europa centrale, e il cui titolo segnalava la pretesa di essere in continuità con l’Impero romano e di dar vita ad una forma temporale di signoria universale) nonché della Chiesa, c’erano migliaia di villaggi e parrocchie i cui abitanti erano quasi sempre gravati dal pe- so di obblighi verso i loro signori feudali che li «rendevano servi». Queste comunità erano af- fiancate da città che avevano tratto grande be- neficio dalle trasformazioni economiche del Medioevo centrale. E ciò non faceva che au- mentare «i sospetti nei confronti delle ambi- zioni cosmopolite e la burocrazia dell’ordine internazionale». Quanto più «il senso di centro e periferia al- l’interno della cristianità» andò accrescendosi, tanto più a livello locale le persone divennero «insofferenti» a causa del tempo che dovevano perdere per ottenere «i permessi dall’alto». Molti ce l’avevano con le tasse che dovevano pa- gare per sostenere la Chiesa universale e «non si fidavano granché del tanto strombazzato progetto sovranazionale delle Crociate». A par- tire dal XII secolo, questi sentimenti «comin- ciarono a straboccare in contestazione o in ere- sia (che costituì un grave problema epidemico) e in forma anche più minacciosa nella mente di quelli che più avevano a cuore gli ideali propo- sti dalla cristianità». La fiducia in questi ideali fu ancora più intac- cata dalla Peste Nera del Trecento e dalla crisi economica che ne seguì. La servitù e le presta- zioni feudali divennero oggetto di contestazio- ne allorché qua e là si levarono persone ad af- fermare che quanto esse rivendicavano non erano altro che «diritti di cui avevano goduto in passato». Fu qui che la credibilità della Chiesa a livello locale entrò in discussione. Lo scisma avignonese (1378-1417) fece il resto: «L’esisten- za di due linee di Papi divise i cristiani fra quelli fedeli a Roma e quelli che sostenevano il Papa di Avignone, stigmatizzato dai suoi nemici co- me burattino nelle mani di una disgregante monarchia francese». Fu qui che la cristianità iniziò ad andare in frantumi e a poco a poco nacque l’Europa. M a cosa era la cristianità? Ci sono, rispon- de Greengrass «molti miti a proposito del Medioevo». La maggior parte di essi ebbe origine tra XVI e inizio XVII secolo, quan- do per la prima volta cominciò a profilarsi l’idea di un «Evo di mezzo». La cristianità non era fra questi miti. Anzi, al contrario, «essa era una mi- to creato dal Medioevo riguardo se stesso». L’idea di cristianità «descriveva il progetto (e il connesso apparato intellettuale e istituzionale) che univa il cristianesimo occidentale». Il peri- odo successivo alla Riforma protestante «co- nobbe la progressiva e infine totale disintegra- zione di quel progetto, e del mito che gli stava dietro». Nel 1650, al termine di questo tragitto, la cristianità si ritrovò «ormai devastata ed este- nuata, ridotta in pezzi». L’Europa, «che somi- glia sempre di più a ciò che un tempo era stata la cristianità quale allora veniva concepita», non costituì più un progetto, ma «una semplice proiezione geografica, una mappa su cui pote- vano essere tracciate le sue divisioni, un modo per rappresentare la sua frammentazione poli- tica, economica e sociale». E che cosa significò tutto questo per la Chiesa? Secondo lo storico tedesco, Heinz Schilling, la Chiesa romana dovrebbe ringraziare Martin Lutero per due ragioni che Adriano Prosperi ha riassunto così: «Perché senza di lui non si sa- rebbe liberata dalla mondanità del papato rina- scimentale, e poi perché fu grazie a lui che, in un mondo in rapido allontanamento dalle di- mensioni e dalla cultura del Medioevo, la fede tornò in auge come nei secoli antichi». Un concetto che si trova già, per le linee es- senziali, nei Discorsi sopra la prima deca di Ti- to Livio di Niccolò Machiavelli, a parere del quale era stata la «rinnovazione», come ritorno ai fondamenti originari, che aveva mantenuto in vita quella religione che per gli italiani non esisteva nemmeno più per colpa dei «costumi rei» della corte papale. E che Prosperi fa suo concludendo il Lutero con queste parole: «Si può dire che la tesi di Schilling è abbastanza condivisibile: Roma può ringraziare Lutero, an- zi lo sta già facendo». A dire il vero, Papa Fran- cesco lo ha già fatto. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA Disagio Si ribellarono all’Impero e al pontefice le piccole comunità locali, per le quali le aspirazioni universalistiche significavano ben poco Turbolenze Nel 1644 il diplomatico svedese Johan Salvius osservava: «Sentiamo di rivolte dei popoli contro i loro sovrani ovunque nel mondo» Violenza Soldati saccheggiatori, un’opera dell’artista fiammingo Sebastiaen Vrancx (1573- 1647). I conflitti aperti con la Riforma protestante crearono in tutta Europa un clima di violenza, alimentato da eserciti dediti al saccheggio. La fase più terribile coincise con la guerra dei Trent’anni (1618-1648) Sfida tra liceali sulla natura del bello: è l’«X factor» della filosofia di Paolo Foschini Milano Alla Cattolica (e in streaming in tutta Italia) le «Romanae Disputationes». In gara 3.500 studenti, a marzo la finale nelle forme della dialettica medievale C ome «X Factor», però su Ari- stotele. O su Agostino, o He- gel, o sul senso della vita o della bellezza. Perfino con dei vin- citori finali, però senza vinti. Era iniziata 5 anni fa con 700 iscritti alla prima edizione, adesso sono tremilacinquecento. Tutti studen- ti delle superiori. Da tutta Italia. Come un reality ma senza tv, pura realtà: se la filosofia è raccontata con passione attira i ragazzi come il rock. Altro che bamboccioni: ri- cominciano venerdì all’Università Cattolica di Milano le «Romanae Disputationes». Ore 15, aula ma- gna più streaming dalla Sicilia a Bolzano. Tutto esaurito. Come si diceva è un concorso. Parte venerdì e funziona in questo modo: una serie di lezioni di livel- lo universitario ma riservate a stu- denti delle superiori, che riuniti in squadre e seguiti dagli stessi docenti dovranno preparare entro febbraio un testo di trentamila battute oppure un video sul tema proposto. Che quest’anno è «La natura del bello». Finale in marzo a Roma. Dove si svolgerà una ulte- riore gara conclusiva nella forma dialettica medioevale dell’ Age Contra, disputa fra due tesi oppo- ste che in questa edizione sarà guidata da Adelino Cattani, do- cente dell’unico corso universita- rio di Teoria dell’argomentazione esistente in Italia. Ma come era cominciato tutto questo? Le videolezioni per questa edi- zione in verità sono già iniziate su YouTube, seguite dagli iscritti con l’assiduità di una serie tv. Settanta docenti per gli studenti di 118 scuole. I primi senza guadagnare un euro, i secondi senza aspettar- si alcun voto. Tutti nel tempo libe- ro. Solo perché gli piace. La lezione inaugurale di vener- dì però sarà dal vivo e a tenerla sa- rà Elio Franzini, docente di esteti- ca alla Statale di Milano. Con la Cattolica a sostenere l’iniziativa sono l’Istituto Toniolo, Camplus, Loescher editrice, Laterza, la Ci- neteca Diesse e l’Università di Bo- logna, quella di Padova, le Fonda- zioni De Gasperi e Rui. E quest’an- no per la prima volta le «Romanae Disputationes» sono entrate nel registro delle eccellenze degli stu- denti italiani tenuto dal Ministe- ro. «Naturalmente il tema della bellezza — dice Franzini — attra- versa la nostra storia fin dalle ori- gini. Oggi più che mai è alle sue origini che ritorna: dove l’idea di Bello lega insieme la dimensione estetica e quella etica. Una stessa parola per dire bello ma anche buono, giusto». Il tutto esaurito di cui sopra era per dire. Ma in realtà non è un limite: iscrizioni aperte fino al 16 dicembre. «Ho sempre pensato — dice Ferrari — che la bellezza dello studiare si misura dal tempo libe- ro che gli puoi dedicare, ragazzo o adulto che tu sia. Se arrivi a quello — sorride — hai vinto». © RIPRODUZIONE RISERVATA Docente Marco Ferrari, 36 anni, insegna Storia e Filosofia al Liceo Malpighi di Bologna: con altri docenti aveva fondato una «Bottega di Filosofia» L’inventore è Marco Ferrari, 36 anni, professore di storia e filoso- fia al liceo Malpighi di Bologna. «Con alcuni colleghi romani — racconta — qualche anno fa pen- sammo che sarebbe stato fanta- stico coinvolgere i nostri allievi in qualcosa che trasmettesse loro la bellezza dello studio universita- rio. Avevamo già dato vita alla Bot- tega di Filosofia, facevamo già dei corsi di formazione per docenti... Avevamo fondato l’associazione Tokalon che riunisce studiosi di ogni ordine e grado per promuo- vere la didattica di eccellenza. Per i ragazzi ci venne in mente la for- mula del concorso. Siamo partiti. La realtà ci ha superato, come spesso succede: dalla prima edi- zione è stato un crescendo». È morto domenica a 77 anni lo scrittore maliano Yambo Ouologuem, primo africano ad aver ricevuto il prestigioso premio letterario francese Renaudot. Ouologuem, nato nel 1940 quando il Mali era una colonia conosciuta come Sudan francese, si è spento all’ospedale di Sévaré, come ha annunciato ieri la sua famiglia. Dopo aver compiuto i primi studi a Bamako, lo scrittore prosegue il suo percorso in Francia, dove si laurea in Lettere e filosofia. La fama arriva nel 1968 con Le devoir de violence (con cui si aggiudica lo stesso anno il Renaudot), opera che affronta il tema della schiavitù e della colonizzazione africana, sostenendo l’esistenza di questo fenomeno come anteriore all’arrivo degli europei, che lo hanno poi amplificato in modo drammatico. Tradotto di diverse lingue, il libro fu accusato di plagio e negli anni Settanta ritirato dalla vendita dalla casa editrice francese Seuil. Del 1969 è invece Lettre à la France nègre, requisitoria contro i cliché razzisti in Francia. Appartenente alla prima generazione di romanzieri e poeti africani moderni che hanno fatto conoscere l’Africa al mondo letterario contemporaneo, si è battuto per il mito della «negritudine». Un «nazionalista» dalla «penna potente», secondo il critico maliano Babalaye Keïta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vinse in Francia il premio Renaudot Addio a Yambo Ouologuem Dal Mali narrò gli schiavi nell’Africa pre-coloniale Il maliano Yambo Ouologuem aveva 77 anni di Jessica Chia

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Corriere della Sera Martedì 17 Ottobre 2017 CULTURA 43

nomiche del periodo, con la straordinaria cre-scita dei mercati e del commercio interregiona-le e internazionale, e da matrimoni e alleanzediplomatiche dell’aristocrazia». «Cristianità» èil termine con cui «gli uomini dotti del XII e XIIIsecolo designarono il mondo dei cristiani latinidell’Europa occidentale».

La Chiesa cattolica romana era il «pilastrocentrale» della comunità di fede del cristianesi-mo latino. Le sue élites intellettuali si erano for-mate intorno a una lingua internazionale (il la-tino, in contrapposizione con il greco) e con unpercorso di studi (incentrato sulla filosofia e lalogica di Aristotele) e indirizzo (la scolastica)comuni. Gli inviati papali condividevano con iconsiglieri dei principi «uguali concezioni teo-cratiche e burocratiche circa l’origine del poteree il modo in cui doveva essere esercitato e legit-timato». Le Crociate rappresentarono il proget-to più ambizioso della cristianità occidentale. All’epoca il battesimo era considerato un «ritodi iniziazione universale». Quelli che non eranocristiani battezzati (gli ebrei, i musulmani) «co-stituivano, nel Medioevo centrale, una presen-za significativa ai margini della cristianità occi-dentale, tollerata proprio perché non erano parte della comunità di fede». Ma quando «i re-gni cristiani spinsero le frontiere del cristiane-simo latino verso il Sud in Spagna e nell’Italiameridionale segnati dalla presenza araba, la lo-ro rilevanza come rappresentanti di forze stra-niere non appartenenti alla cristianità sembròaumentare».

La cristianità era, secondo il libro di Green-grass, una «costruzione ipersensibile» che si

sentiva spesso minacciata. A dire il vero «i suoinemici più pericolosi non erano i non cristia-ni». La sua gerarchia di potere era «vulnerabilesoprattutto agli attacchi di una diversa e varie-gata categoria di persone»: coloro che «eranolegati a particolari realtà locali, per le quali leaspirazioni universalistiche della cristianità si-gnificavano poco o niente».

S parsi in tutta l’area dell’Europa occidenta-le, al di là e contro i meccanismi dell’ordi-ne universale del Sacro Romano Impero

(esteso in tutta l’Europa centrale, e il cui titolosegnalava la pretesa di essere in continuità conl’Impero romano e di dar vita ad una forma temporale di signoria universale) nonché dellaChiesa, c’erano migliaia di villaggi e parrocchiei cui abitanti erano quasi sempre gravati dal pe-so di obblighi verso i loro signori feudali che li«rendevano servi». Queste comunità erano af-fiancate da città che avevano tratto grande be-neficio dalle trasformazioni economiche delMedioevo centrale. E ciò non faceva che au-mentare «i sospetti nei confronti delle ambi-zioni cosmopolite e la burocrazia dell’ordineinternazionale».

Quanto più «il senso di centro e periferia al-l’interno della cristianità» andò accrescendosi,tanto più a livello locale le persone divennero«insofferenti» a causa del tempo che dovevanoperdere per ottenere «i permessi dall’alto».Molti ce l’avevano con le tasse che dovevano pa-gare per sostenere la Chiesa universale e «nonsi fidavano granché del tanto strombazzatoprogetto sovranazionale delle Crociate». A par-

tire dal XII secolo, questi sentimenti «comin-ciarono a straboccare in contestazione o in ere-sia (che costituì un grave problema epidemico)e in forma anche più minacciosa nella mente diquelli che più avevano a cuore gli ideali propo-sti dalla cristianità».

La fiducia in questi ideali fu ancora più intac-cata dalla Peste Nera del Trecento e dalla crisieconomica che ne seguì. La servitù e le presta-zioni feudali divennero oggetto di contestazio-ne allorché qua e là si levarono persone ad af-fermare che quanto esse rivendicavano nonerano altro che «diritti di cui avevano goduto inpassato». Fu qui che la credibilità della Chiesa alivello locale entrò in discussione. Lo scismaavignonese (1378-1417) fece il resto: «L’esisten-za di due linee di Papi divise i cristiani fra quellifedeli a Roma e quelli che sostenevano il Papadi Avignone, stigmatizzato dai suoi nemici co-me burattino nelle mani di una disgregantemonarchia francese». Fu qui che la cristianitàiniziò ad andare in frantumi e a poco a poconacque l’Europa.

M a cosa era la cristianità? Ci sono, rispon-de Greengrass «molti miti a propositodel Medioevo». La maggior parte di essi

ebbe origine tra XVI e inizio XVII secolo, quan-do per la prima volta cominciò a profilarsi l’ideadi un «Evo di mezzo». La cristianità non era fraquesti miti. Anzi, al contrario, «essa era una mi-to creato dal Medioevo riguardo se stesso».L’idea di cristianità «descriveva il progetto (e ilconnesso apparato intellettuale e istituzionale)che univa il cristianesimo occidentale». Il peri-odo successivo alla Riforma protestante «co-nobbe la progressiva e infine totale disintegra-zione di quel progetto, e del mito che gli stavadietro». Nel 1650, al termine di questo tragitto,la cristianità si ritrovò «ormai devastata ed este-nuata, ridotta in pezzi». L’Europa, «che somi-glia sempre di più a ciò che un tempo era statala cristianità quale allora veniva concepita»,non costituì più un progetto, ma «una sempliceproiezione geografica, una mappa su cui pote-vano essere tracciate le sue divisioni, un modoper rappresentare la sua frammentazione poli-tica, economica e sociale». E che cosa significòtutto questo per la Chiesa?

Secondo lo storico tedesco, Heinz Schilling,la Chiesa romana dovrebbe ringraziare MartinLutero per due ragioni che Adriano Prosperi hariassunto così: «Perché senza di lui non si sa-rebbe liberata dalla mondanità del papato rina-scimentale, e poi perché fu grazie a lui che, inun mondo in rapido allontanamento dalle di-mensioni e dalla cultura del Medioevo, la fedetornò in auge come nei secoli antichi».

Un concetto che si trova già, per le linee es-senziali, nei Discorsi sopra la prima deca di Ti-to Livio di Niccolò Machiavelli, a parere delquale era stata la «rinnovazione», come ritornoai fondamenti originari, che aveva mantenutoin vita quella religione che per gli italiani nonesisteva nemmeno più per colpa dei «costumirei» della corte papale. E che Prosperi fa suoconcludendo il Lutero con queste parole: «Sipuò dire che la tesi di Schilling è abbastanzacondivisibile: Roma può ringraziare Lutero, an-zi lo sta già facendo». A dire il vero, Papa Fran-cesco lo ha già fatto.

[email protected]© RIPRODUZIONE RISERVATA

DisagioSi ribellarono all’Impero e al pontefice le piccole comunità locali,per le quali le aspirazioni universalistiche significavano ben poco

TurbolenzeNel 1644 il diplomatico svedese Johan Salvius osservava: «Sentiamodi rivolte dei popoli contro i loro sovrani ovunque nel mondo»

ViolenzaSoldati saccheggiatori, un’opera dell’artista fiammingo Sebastiaen Vrancx (1573-1647). I conflittiaperti con la Riforma protestante crearono in tutta Europa un clima di violenza, alimentato da eserciti dediti al saccheggio. La fase più terribile coincise con la guerra dei Trent’anni (1618-1648)

Sfida tra liceali sulla natura del bello: è l’«X factor» della filosofiadi Paolo Foschini

Milano Alla Cattolica (e in streaming in tutta Italia) le «Romanae Disputationes». In gara 3.500 studenti, a marzo la finale nelle forme della dialettica medievale

C ome «X Factor», però su Ari-stotele. O su Agostino, o He-gel, o sul senso della vita o

della bellezza. Perfino con dei vin-citori finali, però senza vinti. Erainiziata 5 anni fa con 700 iscritti alla prima edizione, adesso sonotremilacinquecento. Tutti studen-ti delle superiori. Da tutta Italia.Come un reality ma senza tv, purarealtà: se la filosofia è raccontata con passione attira i ragazzi comeil rock. Altro che bamboccioni: ri-cominciano venerdì all’UniversitàCattolica di Milano le «RomanaeDisputationes». Ore 15, aula ma-gna più streaming dalla Sicilia aBolzano. Tutto esaurito.

Come si diceva è un concorso.Parte venerdì e funziona in questomodo: una serie di lezioni di livel-lo universitario ma riservate a stu-denti delle superiori, che riunitiin squadre e seguiti dagli stessi docenti dovranno preparare entrofebbraio un testo di trentamilabattute oppure un video sul temaproposto. Che quest’anno è «Lanatura del bello». Finale in marzoa Roma. Dove si svolgerà una ulte-riore gara conclusiva nella formadialettica medioevale dell’AgeContra, disputa fra due tesi oppo-ste che in questa edizione saràguidata da Adelino Cattani, do-cente dell’unico corso universita-rio di Teoria dell’argomentazioneesistente in Italia. Ma come eracominciato tutto questo?

Le videolezioni per questa edi-zione in verità sono già iniziate suYouTube, seguite dagli iscritti conl’assiduità di una serie tv. Settantadocenti per gli studenti di 118scuole. I primi senza guadagnareun euro, i secondi senza aspettar-si alcun voto. Tutti nel tempo libe-ro. Solo perché gli piace.

La lezione inaugurale di vener-dì però sarà dal vivo e a tenerla sa-rà Elio Franzini, docente di esteti-ca alla Statale di Milano. Con laCattolica a sostenere l’iniziativasono l’Istituto Toniolo, Camplus,Loescher editrice, Laterza, la Ci-neteca Diesse e l’Università di Bo-logna, quella di Padova, le Fonda-zioni De Gasperi e Rui. E quest’an-no per la prima volta le «RomanaeDisputationes» sono entrate nel

registro delle eccellenze degli stu-denti italiani tenuto dal Ministe-ro. «Naturalmente il tema dellabellezza — dice Franzini — attra-versa la nostra storia fin dalle ori-gini. Oggi più che mai è alle sueorigini che ritorna: dove l’idea diBello lega insieme la dimensioneestetica e quella etica. Una stessaparola per dire bello ma anchebuono, giusto». Il tutto esaurito dicui sopra era per dire. Ma in realtànon è un limite: iscrizioni apertefino al 16 dicembre.

«Ho sempre pensato — diceFerrari — che la bellezza dellostudiare si misura dal tempo libe-ro che gli puoi dedicare, ragazzo oadulto che tu sia. Se arrivi a quello— sorride — hai vinto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Docente

Marco Ferrari, 36 anni, insegna Storia e Filosofia al Liceo Malpighi di Bologna: con altri docenti aveva fondato una «Bottega di Filosofia»

L’inventore è Marco Ferrari, 36anni, professore di storia e filoso-fia al liceo Malpighi di Bologna.«Con alcuni colleghi romani —racconta — qualche anno fa pen-sammo che sarebbe stato fanta-stico coinvolgere i nostri allievi inqualcosa che trasmettesse loro labellezza dello studio universita-rio. Avevamo già dato vita alla Bot-tega di Filosofia, facevamo già deicorsi di formazione per docenti...Avevamo fondato l’associazioneTokalon che riunisce studiosi diogni ordine e grado per promuo-vere la didattica di eccellenza. Peri ragazzi ci venne in mente la for-mula del concorso. Siamo partiti.La realtà ci ha superato, comespesso succede: dalla prima edi-zione è stato un crescendo».

È morto domenica a 77 anni lo scrittore maliano Yambo Ouologuem, primo africano ad aver ricevuto il prestigioso premio letterario francese Renaudot. Ouologuem, nato nel 1940 quando il Mali era una colonia conosciuta come Sudan francese, si è spento all’ospedale di Sévaré, come ha annunciato ieri la sua famiglia. Dopo aver compiuto i primi studi a Bamako, lo scrittore prosegue il suo percorso in Francia, dove si laurea in

Lettere e filosofia. La fama arriva nel 1968 con Le devoir de violence (con cui si aggiudica lo stesso anno il Renaudot), opera che affronta il tema della schiavitù e della colonizzazione africana, sostenendo l’esistenza di questo fenomeno come anteriore all’arrivo degli europei, che lo hanno poi amplificato in modo drammatico. Tradotto di diverse lingue, il libro fu accusato di plagio e negli anni Settanta ritirato dalla

vendita dalla casa editrice francese Seuil. Del 1969 è invece Lettre à la France nègre, requisitoria contro i cliché razzisti in Francia. Appartenente alla prima generazione di romanzieri e poeti africani moderni che hanno fatto conoscere l’Africa al mondo letterario contemporaneo, si è battuto per il mito della «negritudine». Un «nazionalista» dalla «penna potente», secondo il critico maliano Babalaye Keïta. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vinse in Francia il premio Renaudot

Addio a Yambo OuologuemDal Mali narrò gli schiavinell’Africa pre-coloniale

Il maliano YamboOuologuem aveva 77 anni

di Jessica Chia