Disabilità e qualità di vita nelle strutture sociosanitarie · La presenza di limiti concettuali...

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Disabilità e qualità di vita nelle strutture sociosanitarie 2013 Ricerca di Francesca Cardini

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  • Disabilità e qualità di vita nelle strutture sociosanitarie

    2013

    Ricerca di Francesca Cardini

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    PRESENTAZIONE

    Questo lavoro muove da una attenzione alla società che ci circonda e che appare

    molto variegata non solo a livello economico, lavorativo… ma diversificata

    anche a livello di status, di capacità ed abilità personali e anche di gruppo come

    se gli esseri umani non fossero, appunto, tali. La riflessione che nasce è quella di

    reperire un metodo di indagine, il più generale ma non generico per supplire al

    malessere del nostro tempo. Occorre infatti individuare, attraverso un’attenta

    analisi, un insieme di prescrizioni relative allo svolgimento di una attività di

    operatori attenti alla formazione e allo Sviluppo delle Risorse Umane per tentare

    di risolvere in modo ottimale il problema del rapporto tra ‘’Salute’’ in senso lato

    e ‘’Qualità della Vita’’. Sono convinta che ogni ricerca, ogni progetto ha la sua

    significanza nella struttura che lo supporta e che lo adotta al fine di risultare la

    più rigorosa possibile. Un metodo consta, di solito, di prescrizioni negative o

    ‘’igieniche’’ intese ad evitare gli errori, e di prescrizioni positive o regole

    euristiche, finalizzate alla costruzione della conoscenza. La questione è dunque

    primariamente metodologica.

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    CAPITOLO I

    DISABILITÀ E QUALITÀ DI VITA

    Excursus storico sulla disabilità

    Negli ultimi decenni la tendenza a considerare il problema delle persone

    diversamente abili in una prospettiva basata sui diritti umani si è affermata a

    livello internazionale. Nel corso del '900 emergono diverse visioni della

    disabilità che si differenziano per il ruolo attribuitogli dalla comunità.

    In primis, secondo un approccio caritativo-assistenziale, la disabilità viene vista

    come la conseguenza di un danno o di una malattia che determina una reazione

    individuale di pietà. La società risponde con interventi di tipo riparatorio,

    utilizzando soluzioni istituzionali e creando luoghi segregati per accogliere

    queste persone alle quali la comunità non riconosce veri e propri diritti.

    In un secondo momento predomina un approccio medico o biologico: la

    disabilità viene vista come la conseguenza di una patologia e il paziente deve

    affidarsi completamente al medico o ad un ambiente sanitario che cercherà di

    guarirlo. Tale approccio privilegia la prevenzione e la riabilitazione, grazie alle

    quali, conosciuta la causa dell'handicap, è più agevole prevenirne la comparsa ed

    apportare appropriati strumenti farmacologici (Meazzini, 2006). Il compito della

    comunità è quello di destinare risorse allo sviluppo di attività riabilitative e al

    mantenimento di strutture e personale.

    A partire dagli anni '60 convergono diversi fattori che concorrono a sviluppare

    un approccio sociale al problema della disabilità, che viene ora intesa come una

    condizione umana che procura un elevato rischio di discriminazione sociale per

    la persona. La società è responsabile dell’eliminazione di eventuali barriere che

    impediscono la soddisfazione dei diritti dei cittadini diversamente abili che,

    come tutti gli altri, devono avere la possibilità di esercitare il proprio ruolo

    (Corsolini, 2002). Emerge l' importanza di prospettare efficienti modalità di

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    prevenzione, migliorare la qualità dei servizi e favorire l' integrazione sociale

    (Meazzini, 2006). A partire dagli anni '90 aumenta l'attenzione riguardo ad una

    politica basata sui diritti e sulla difesa della dignità umana, che diventano il

    punto centrale per la progettazione di interventi. Nel 1993 l'Assemblea Generale

    delle Nazioni Unite adotta la convenzione delle Regole standard sulle pari

    opportunità per persone con disabilità (United Nations, 1993), un approccio che

    sancisce l'universalità, l' individualità, l'interdipendenza e l’interrelazione di tutti

    i diritti umani e libertà fondamentali e la necessità di garantirne il pieno

    godimento da parte delle persone diversamente abili senza discriminazioni.

    Un termine utilizzato frequentemente e talvolta in modo superficiale è quello di

    handicap, che nel lessico comune è inteso come menomazione fisica, psichica,

    malattia o sofferenza. Tale visione è riduttiva in quanto tende a trascurare

    l' insieme dei fattori sociali e ambientali che di fatto costituiscono la principale

    fonte di ostacolo (handicap) ed è proprio l'Organizzazione Mondiale della Sanità

    (OMS) a predisporre una serie di strumenti di classificazione capaci di

    consentire una migliore osservazione e analisi delle patologie organiche,

    psichiche e comportamentali delle popolazioni allo scopo di migliorare la qualità

    delle diagnosi.

    L 'International Classification Diseases (ICD)

    Negli ultimi anni si sono registrati cambiamenti riguardo la tematica della

    valutazione e della classificazione.

    Nel 1975 l'OMS decide di affiancare all'International Classification Diseases

    (ICD; WHO, 1969) un’appendice relativa alle conseguenze delle malattie e di

    diffondere successivamente l'International Classification of Impairments,

    Disabilities and Handicaps (lCIDH; WHO, 1980).

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    La Classificazione Internazionale delle malattie include disturbi e lesioni visti in

    ottica bio-medica, pone l'attenzione sulla parola diseases, ovvero sul concetto di

    malattia, e risponde all'esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo

    per ogni sindrome, una descrizione delle principali caratteristiche cliniche e

    indicazioni diagnostiche. Si delinea come una classificazione causale,

    focalizzando l'attenzione sull'aspetto eziologico della patologia e le diagnosi

    vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la

    ricerca e l'analisi dei dati. La sequenza che caratterizza tale classificazione

    considera in modo lineare e intra-individuale le relazioni, come schematizzato di

    seguito:

    EZIOLOGIA --> PATOLOGIA --> MANIFESTAZIONE CLINICA

    L'ICD rivela svariati limiti di applicazione e ciò induce l'OMS ad elaborare un

    nuovo manuale in grado di focalizzare l'attenzione non solo sulle cause delle

    patologie ma anche sulle loro conseguenze.

    L 'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps

    (ICIDH)

    - Nel1980 l'Organizzazione Mondiale della Sanità propone la prima edizione

    dell'International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps

    (lCIDH; WHO, 1980) con la finalità di considerare attraverso un approccio, bio-

    psico-sociale le conseguenze delle malattie. Nasce come strumento destinato a

    molteplici usi: statistico per studi demografici, di ricerca per la valutazione dei

    risultati dei servizi socio-sanitari, clinico per l'assessment a fini riabilitativi ed

    educativi.

    L'OMS dichiara l' importanza di utilizzare l'ICD e ICIDH in modo

    complementare, favorendo l'analisi e la comprensione delle condizioni di salute

    dell' individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici vengono

    integrati dall'analisi dell' impatto che quella patologia può avere sull'individuo e

    sul contesto ambientale in cui è inserito.

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    L'ICIDH è caratterizzato da tre componenti fondamentali che possono essere

    schematizzate nel modo seguente:

    MALATTIA O DISTURBO --> MENOMAZIONI --> DISABILITA' -->

    HANDICAP

    -Impairment o menomazione, che l'Organizzazione Mondiale della Sanità

    (WHO, 1980) definisce come "perdite o anormalità, transitorie o permanenti

    caratterizzate dall' esistenza o dall'evenienza di anomalie, difetti o perdite a

    carico di arti, organi, tessuti o altre strutture del corpo incluso il sistema delle

    funzioni mentali. Rappresenta l’esteriorizzazione di uno stato patologico e

    riflette i disturbi a livello d'organo";

    - disabilità definita come "qualsiasi restrizione o carenza della capacità di

    svolgere un 'attività nel modo e nei limiti ritenuti normali per un essere umano;

    può essere transitoria o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o

    regressiva, una conseguenza diretta di una menomazione o una reazione

    psicologica a una menomazione fisica, sensoriale o di altro tipo";

    - l'handicap, come "condizione di svantaggio vissuta da un determinato soggetto

    in conseguenza di una menomazione o di una disabilità che limita o impedisce la

    possibilità di ricoprire il ruolo normalmente proprio a quell’individuo in

    relazione all'età, al sesso e ai fattori socioculturali"; è una condizione soggetta a

    possibili miglioramenti o peggioramenti (Soresi, 2007, pp.16-17).

    Da tale suddivisione emerge la considerazione che l'handicap non è una malattia

    ma la ripercussione che i danni provocati da un evento morboso hanno sulla vita

    di un individuo in relazione al suo contesto. Un evento di questo tipo può

    condurre a danni primari e secondari che possono dar luogo a disabilità, che si

    traduce a sua volta in handicap, anche in relazione alle barriere che il soggetto

    incontra quotidianamente. Per barriere si intendono ostacoli di tipo fisico

    (barriere architettoniche), di tipo psicologico e sociale. Le barriere psicologiche

    hanno a che fare con l' impatto che la disabilità ha sul soggetto stesso e sulle

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    persone che lo circondano. Le barriere sociali sono relative al clima culturale

    prevalente in una data epoca, allo stato socio-economico dei soggetti e possono

    condurre a esiti diversificati di situazioni di partenza simili (Zanobini et al.,

    2003).

    Un individuo non può essere considerato globalmente disabile poiché al variare

    dei contesti può manifestare abilità o disabilità e nemmeno considerato

    handicappato perché in alcuni ambiti, a causa di specifiche menomazioni e

    disabilità, sperimenta vissuti di svantaggio. Anche se le menomazioni

    continuano ad essere presenti, le disabilità compaiono solo quando è necessario

    emettere specifiche prestazioni, invece per gli handicap si attendono livelli di

    prestazione standard senza tenere in considerazione le effettive possibilità della

    persona (Soresi, 2007).

    L'International Classification of Impairments, Activities and Participation

    (ICIDH-2)

    La presenza di limiti concettuali della classificazione ICIDH ha portato l'OMS

    ad un’elaborazione dello strumento, l'International Classification of

    Impairments, Activities and Participation (ICIDH-2, WHO, 1997). Tale

    classificazione è fondata su una concezione della disabilità come fenomeno

    complesso che richiede la considerazione di molteplici aspetti, tra i quali la

    relazione tra funzioni ed attività. E’ necessario infatti che la valutazione di

    persone con disabilità non venga effettuata su parametri astratti ma su ciò che il

    soggetto concretamente è in grado di fare; il livello di partecipazione che le

    persone con disabilità vivono all' interno della società e l'importanza del ruolo

    dei fattori contestuali che favoriscono o ostacolano le persone diversamente

    abili.

    Lo strumento mantiene la sua valenza diagnostica e risulta utile per rilevare

    l' impatto complessivo di una condizione di salute a partire da una prospettiva

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    bio-psico-sociale che viene ulteriormente rinforzata e valorizzata rispetto alla

    precedente versione.

    L' ICIDH-2 è strutturato in tre dimensioni, quali le funzioni e la struttura del

    corpo (nell' ICIDH erano chiamate menomazioni); le attività che si riferiscono

    ad azioni che possono subire delle limitazioni (corrispondono alle disabilità) e la

    partecipazione che riguarda l'interazione tra le menomazioni, le attività e i fattori

    contestuali in tutte le aree della vita (handicap). Le tre dimensioni possono

    subire a loro volta l' influenza dei Fattori Ambientali fisic i, sociali o inerenti gli

    atteggiamenti e dei Fattori Personali che sono correlati alla personalità e alle

    caratteristiche individuali (Buono et al., 2003).

    L 'International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF)

    Nel 2011 l’OMS pubblica l'International Classification of Functioning,

    Disability and Health (ICF; WHO, 2001), che è stata sottoscritta da 191 paesi tra

    i quali l'Italia. Come precisato nell' introduzione dell'ICF le condizioni di salute

    quali malattie e disturbi vengono presentate e classificate principalmente

    nell'ICD-10 (Classificazione internazionale delle malattie e dei problemi sanitari

    correlati, 100 revisione, WHO, 1993) che ne fornisce una struttura

    principalmente eziologica. Quest'ultima classificazione rispetto alle precedenti

    versioni comprende oltre alle malattie e disturbi, le procedure mediche e

    disabilità. Essa non è tuttavia un manuale diagnostico approfondito ma un

    sistema per assegnare codici statistici al fine di indicare condizioni di salute.

    ICD-1O e ICF sono complementari, dove il primo fornisce una diagnosi delle

    malattie o altre condizioni di salute, il secondo la arricchisce di informazioni a

    carico del funzionamento della persona. Con la classificazione ICF le malattie,

    compresi i disturbi mentali e cognitivi, vengono poste sullo stesso piano, al

    medesimo livello delle patologie fisiche e questo indipendentemente dalle cause

    che le hanno determinate; considera ino ltre due prospettive differenti: quella del

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    funzionamento organico e delle strutture anatomiche e quella delle attività svolte

    e dei livelli di partecipazione.

    Tale classificazione, pur nascendo dall'ICIDH, non prende più in considerazione

    le conseguenze delle malattie (menomazioni, disabilità ed handicap), ma le

    componenti della salute intese come quei fattori fondamentali e costituitivi la

    salute e il benessere. Se prima veniva ipotizzata una relazione di tipo lineare tra

    lo stato di malattia, le menomazioni, le disabilità e gli handicap adesso questa

    relazione causale tra le differenti componenti non è sempre sostenibile. Le

    compromissioni che si osservano sono l'espressione di un'interazione che

    include anche variabili di tipo contestuale e permette la correlazione tra lo stato

    di salute e ambiente arrivando alla definizione di disabilità come condizione di

    salute in un ambiente sfavorevole. L'aspetto che emerge con chiarezza

    nell'evoluzione delle classificazioni OMS (ICIDH, ICDH-2, ICF) è l'abbandono

    del termine handicap e dei suoi derivati, che hanno connotazioni fortemente

    negative (handicappato) in favore di termini più aggiornati. Solo una valutazione

    positiva rappresenta il punto di partenza di qualsiasi percorso educativo pensato

    per garantire il diritto alla non-omologazione e quindi all'originalità, alla

    diversità, all'unicità di una persona.

    L'applicazione dell'ICF può avvenire attraverso due versioni, estesa e breve:

    quest'ultima, pur considerando le principali categorie della classificazione,

    propone un numero ridotto di sottoarticolazioni e si presenta come una cheek list

    più agevole. Lo strumento fornisce una struttura concettuale per la

    comprensione degli stati di funzionamento e di disabilità correlati alla salute, un

    linguaggio comune per migliorare la comunicazione sulla disabilità fra operatori

    provenienti da ambienti differenti e un sistema di classificazione e di codifica

    sistematica che permette di confrontare dati statistici derivati da discipline

    sanitarie diverse (AAMR, 2002).

    Dimensioni dell' ICF

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    L 'International Classification of Functioning, Disability and Health considera

    quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento degli individui.

    La Dimensione del corpo la quale comprende le funzioni corporee, fisiologiche

    e psicologiche, quelle che riguardano il funzionamento del cervello e il sistema

    nervoso centrale nonchè la struttura corporea che si riferisce alle parti strutturali

    o anatomiche del corpo (organi, arti e le loro componenti). Le menomazioni

    costituiscono problemi nelle funzioni o strutture corporee, come una disfunzione

    o una perdita significativa. La dimensione delle attività semplici e complesse è

    relativa all'esecuzione di un'azione da parte di un individuo e rappresenta la

    prospettiva individuale del funzionamento; le difficoltà che una persona può

    avere nella loro esecuzione vengono denominate limitazione delle attività.

    La Partecipazione riguarda il livello di coinvolgimento, di integrazione di una

    persona in una situazione di vita quotidiana e rappresenta la prospettiva sociale

    del funzionamento. I problemi che un soggetto può incontrare, nelle situazioni di

    vita, sono definiti restrizioni della partecipazione anche se dovrebbero essere

    definite come problemi di interazione risultanti da una limitata disponibilità o

    accessibilità di risorse e servizi, in rapporto alle menomazioni e alle limitazioni

    della persona, svantaggi che limitano l'adempimento dei ruoli sociali tipici di un

    individuo in relazione ad età, genere e cultura. Attività e partecipazione si

    riferiscono agli stessi domini o aree di vita, la differenza è nella prospettiva

    individuale o sociale.

    I Fattori Contestuali rappresentano il background completo della vita di una

    persona che può influenzare lo stato di funzionamento e comprendono due

    domini: fattori ambientali e personali. I primi riguardano gli ambienti fisici,

    sociali e attitudinali in cui le persone vivono e conducono la loro vita. I fattori

    personali comprendono età, razza, genere, benessere e stili di coping (AAMR,

    2002).

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    Nella tabella 1.1 sono riportate le dimensioni con le relative macrocategorie. Per

    l'accertamento delle funzioni e strutture corporee sono necessarie competenze di

    tipo sanitario e clinico, per l'analisi delle attività, dei livelli di partecipazione e

    fattori contestuali è fondamentale il ricorso a strumenti di indirizzo

    prevalentemente psico-sociale.

    Per quanto riguarda la valutazione è fondamentale considerare l'intensità dei

    problemi che le persone possono presentare ricorrendo ad una scala a sei livelli

    (0 indica assenza di difficoltà, 1 presenza di lieve difficoltà, 2 difficoltà

    moderata, 3 difficoltà abbastanza consistente, 4 grave difficoltà, 5 incapacità

    completa o danno totale) e la qualità e quantità di supporto necessario misurato

    su una scala a 5 livelli (0 non necessita di assistenza, 1 necessita di protesi, 2

    necessita di assistenza, 3 necessita di protesi e assistenza, 4 livello di assistenza

    sconosciuto o non valutato). Queste modalità di valutazione consentono

    l' individuazione di obiettivi rilevanti quale la prevenzione nei confronti della

    possibilità di incremento delle difficoltà e il mantenimento delle abilità

    acquisite. Il modello ICF sottolinea il fatto che una disabilità non può mai essere

    spiegata con la sola presenza di una compromissione primaria (limitazioni

    significative nel funzionamento intellettivo) ma dovrebbe essere compresa

    all' interno di un complesso di condizioni fisiologiche, psicologiche e sociali

    (AAMR, 2002).

    Le funzioni corporee sono classificabili in otto macrocategorie:

    1- funzioni mentali;

    2- funzioni sensoriali;

    3- funzioni della voce e della parola;

    4- funzioni dei sistemi cardiovascolare, ematologico, immunologico e

    respiratorio;

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    5-funzioni digestive, nutrizionali, metaboliche ed endocrinologiche;

    6- funzioni genito-urinarie e riproduttive;

    7- funzioni neuro-muscolo-scheletriche e correlati al movimento;

    8- funzioni della pelle e strutture correlate.

    Le strutture corporee sono raggruppate in otto macrocategorie:

    1- strutture del sistema nervoso;

    2- occhio e strutture correlate;

    3- strutture coinvolte nella voce e nella parola;

    4- strutture dei sistemi cardiovascolare, immunologico e dell’apparato

    respiratorio;

    5- strutture correlate all'apparato digerente e ai sistemi metabolici ed endocrini;

    6- strutture del sistema urogenitale e di riproduzione;

    7 - strutture correlate al movimento;

    8- pelle e strutture correlate.

    La dimensione delle attività si riferisce a:

    1-attività di apprendimento e di applicazione di conoscenze;

    2- attività comunicative;

    3- attività motorie;

    4- attività relative agli spostamenti nell'ambiente;

    5- attività relative alla cura della propria persona;

    6- attività di vita quotidiana;

    7- attività interpersonali;

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    8- attività relative allo svolgimento di compiti e prestazioni.

    La partecipazione comprende:

    1- partecipazione alle cure personali;

    2- partecipazione alla motilità;

    3- partecipazione allo scambio di informazioni;

    4- partecipazione alle relazioni sociali;

    5- partecipazione alla vita domestica e all'assistenza degli altri;

    6- partecipazione all' istruzione;

    7- partecipazione al lavoro;

    8- partecipazione alla vita economica;

    9- partecipazione alla vita sociale civile e di comunità.

    I fattori contestuali sono riuniti in sei raggruppamenti riguardanti le seguenti

    caratteristiche:

    1- della produzione, dell'economia e della tecnologia;

    2- dell'ambiente naturale e artificiale di vita;

    3- della relazione e reti sociali importanti per le persone;

    4- degli atteggiamenti e dei valori;

    5- dei servizi;

    6- dei sistemi ideologici e delle politiche in vigore.

    Tabella 1.1 Dimensioni e macrocategorie dell'ICF (Soresi, 2007, pp. 19-20).

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    L'Analisi Funzionale del Comportamento

    L'Analisi Funzionale ha lo scopo di fornire dati diversi e complementari rispetto

    a quelli prodotti dalI' osservazione diretta e sistematica, fornendo informazioni

    riguardanti la dinamica dei comportamenti, ovvero i rapporti mutevoli che li

    legano alla situazione. Attraverso tale metodologia vengono registrate le

    situazioni che precedono la comparsa dei pattern comportamentali di interesse, i

    comportamenti stessi e le conseguenze da essi prodotti. Essa viene generalmente

    identificata mediante l'acronimo ABC (antecedenti, behaviour, conseguenze).

    Gli antecedenti sono costituiti da tutte le situazioni-stimolo che sono presenti

    prima che venga manifestato il comportamento oggetto di valutazione e si

    suddividono in antecedenti interni, antecedenti esterni prossimi e antecedenti

    esterni remoti. I primi riguardano particolari vissuti dell'Io che fungono da

    stimolo scatenante per la comparsa di anomalie comportamentali. Gli

    antecedenti esterni prossimi sono relativi a tutte quelle situazioni, presenti

    attualmente, alle quali la persona risponde. Gli antecedenti esterni remoti

    comprendono le esperienze vissute nel passato che si possono ripresentare e

    fungere da stimolo condizionato per specifiche risposte comportamentali.

    Wolfensberg (1972) ha constatato che la comparsa di elementi inadeguati nella

    persona con handicap grave può essere attribuita a situazioni ecologiche precise.

    Le conseguenze sono costituite da tutti quei cambiamenti apportati all'ambiente

    dai comportamenti manifestati dalla persona. Queste modificazioni possono

    svolgere un ruolo punitivo o rinforzante (Meazzini, 2006). Tale metodologia si

    propone di individuare i pattern che si presentano con regolarità e che sono

    relativi al soggetto e alle altre persone con cui la persona interagisce.

    L'analisi funzionale è costituita dall' osservazione e dall'interpretazione

    funzionali. L'osservazione funzionale consiste nel considerare gli antecedenti e il

    contesto, mentre l' interpretazione funzionale indica l' importanza di comprendere

    la funzione che ha quel determinato comportamento. Una tale interpretazione

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    consente di capire il motivo scatenante dell'azione deviante e permette agli

    operatori di cercare di sostituire tale modalità di risposta con altre più

    appropriate.

    Per condurre una buona analisi è fondamentale scegliere i momenti in cui

    realizzarla sulla base dei dati raccolti attraverso altre modalità di osservazione

    diretta e sulle ipotesi formulate riguardo ai fattori che possono contribuire a

    mantenere il comportamento inadeguato, e replicarla più volte in modo da

    iniziare a delineare con certezza i fattori sottostanti che concorrono a stimolare e

    mantenere un determinato comportamento problematico (Soresi, 2007).

    Le Classificazioni e le Valutazioni in ambito riabilitativo

    Un sistema di classificazione deve fondarsi su fatti concreti definiti in termini

    operazionali fornendo informazioni pertinenti alla situazione clinica ed avere un

    valore predittivo. La finalità principale è quella di classificare i disturbi e non i

    soggetti, evitando il rischio di etichettare le persone e sottolineando il fatto che

    ogni individuo presenta una gamma ampia e diversificata di moduli

    comportamentali sia adattivi che disadattivi che possono migliorare o

    modificarsi attraverso interventi specifici progettati ad hoc (Rutter et al., 1980).

    Gli interventi a favore della persona handicappata dovrebbero analizzare

    l'ambiente in tutte le sue componenti per coglierne le richieste ed effettuare un

    bilancio delle reali potenzialità presenti nella persona, delle abilità presenti e dei

    punti di forza del soggetto cercando di stimolarne l'utilizzo e di evitare interventi

    eccessivamente assistenziali che potrebbero inibire il desiderio e la possibilità

    della persona di svolgere e affrontare autonomamente le attività che sarebbero in

    grado di compiere anche se con qualche difficoltà.

    Gli obiettivi abilitativi e riabilitativi da perseguire, abilità che non sono presenti

    nel repertorio della persona prima dell'intervento, devono essere descritti in

    modo operazionale definendo le prestazioni che le persone dovranno essere in

    grado di manifestare e il criterio di padronanza, inteso come la qualità e la

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    quantità di prestazione auspicata, che si ritiene necessaria per poter considerare

    efficace l'intervento realizzato.

    Gli strumenti di analisi delle disabilità sono basilari in fase di assessment per

    una prima valutazione dei punti di forza e debolezza delle persone esaminate

    (Nota et al., 2002) sia in sede di programmazione dei trattamenti per individuare

    quali attività si adattano meglio al livello di abilità di ogni persona (Reid et al.,

    2001) sia in fase di monitoraggio per controllare l'andamento dei livelli di abilità

    di una persona diversamente abile (Rondal, 2004) e sia in sede di valutazione dei

    servizi e programmi di intervento realizzati (Luckasson et al., 1992).

    Il Costrutto di Qualità di Vita (QOL)

    Negli ultimi decenni il concetto di Qualità della Vita (QOL) sta assumendo un

    ruolo centrale per la validazione degli interventi biomedici, abilitativi e

    riabilitativi che vengono realizzati, poiché lo scopo di ogni trattamento è quello

    di far sperimentare alla persona che lo riceve condizione di vita e livelli di

    soddisfazione per la propria esistenza più consistenti di quelli precedentemente

    esperiti. I tassi di mortalità e morbilità che venivano tradizionalmente

    considerati indicatori di salute, oggi sono ritenuti insoddisfacenti per descrivere

    lo stato di benessere delle persone perché prendono in considerazione le loro

    patologie piuttosto che la loro salute. L'Organizzazione Mondiale della Sanità

    (WHO, 1948) definisce la salute come "uno stato di completo benessere fisico,

    mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia o infermità "(Soresi

    2007, p.207). Vi è il passaggio dal modello biomedico a quello biopsicosociale

    dal quale emerge una visione generale dell'attività umana che include

    dimensioni biologiche, psicologiche e sociali; il benessere o malessere

    dell' individuo risiede non solo nell'organismo biologico ma anche nella qualità

    delle sue relazioni con l'ambiente e nella capacità di affrontare e risolvere i

    problemi in modo soddisfacente e flessibile all' interno del proprio contesto

    (Pietrantoni, 200l). Se le precedenti definizioni ponevano l'accento sulla salute

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    propriamente fisica, ora per salute si vuole indicare tutta la sfera dell' individuo,

    che viene considerato come entità composta di corpo e mente strettamente

    integrati fra loro. Da tale definizione si comprende come il vero concetto che

    l'OMS vuole esprimere sia quello di Qualità di Vita che va intesa come una

    stima particolarmente appropriata dello stato di benessere e salute delle persone,

    stati che non possono essere raggiunti una volta per tutte, né analizzati in termini

    dicotomici di presenza o assenza, ma valutati lungo un continuum sul quale ad

    un estremo si colloca lo stato di patologia e malessere e nell' altro quello di

    benessere. La maggioranza delle persone si situa tra questi due estremi perché il

    loro livello di benessere potrebbe essere sempre incrementabile e mai raggiunto

    in modo definitivo. La percezione del raggiungimento di una buona Qualità di

    Vita è soggettiva e individuale, dipende dalle aspettat ive di ciascuna persona e

    dal suo stato clinico di partenza (disabilità, costrizione all' immobilità, ritardo

    mentale). L'essenza di tale costrutto fa riferimento in modo rilevante alle

    persone che vivono ai margini della società e a come sia possibile produrre

    cambiamenti a livello individuale e sociale per migliorare il benessere degli

    individui e ridurne l'esclusione nel corso dell'esistenza.

    Definizioni, Modelli e Domini

    Il termine Qualità di Vita viene utilizzato sia nel linguaggio comune sia in

    quello delle scienze sociali riferendosi agli aspetti economici, sociali, culturali,

    relazionali che contribuiscono a migliorare le condizioni di vita di una persona.

    È un termine che fa pensare a standard ottimali associati a caratteristiche umane

    e valori positivi come felicità, successo, benessere, salute e realizzazione che

    hanno a che fare con gli aspetti essenziali dell'esistenza umana

    (Lindstrom,1992).

    Emerson (1985) sottolinea il legame fra la percezione individuale delle proprie

    condizioni oggettive e i bisogni, i valori e le aspettative della persona.

  • 19

    La Qualità di Vita viene riferita al grado di autonomia, di realizzazione

    personale e di integrazione sociale di una persona; un suo miglioramento è

    considerata la misura fondamentale dell'efficacia dei programmi di riabilitazione

    e sviluppo e come indicatore del grado di adattamento delle persone al loro

    ambiente di vita (Schalock et al., 1989).

    Tra le dimensioni considerate più frequentemente, parlando di tale costrutto,

    emergono il benessere psicologico e la soddisfazione personale, le relazioni

    sociali sperimentate, l'occupazione, il benessere fisico e materiale, l'

    autodeterminazione e l'autonomia, la competenza personale e l'adattamento

    comunitario, l' integrazione comunitaria, l'accettazione sociale e lo status, la

    realizzazione personale, la qualità dell' ambiente residenziale, il tempo libero, la

    normalizzazione, gli aspetti demografici, sociali e individuali, la responsabilità e

    il supporto ricevuto dai servizi (Hughes et al., 1995). La combinazione di tutti

    questi fattori e dimensioni ha dato vita a numerosi modelli di Qualità di Vita che

    risultano applicabili anche alle situazioni che sperimentano le persone con

    disabilità.

    Schalock, (1991) propone un modello multidimensionale nel quale viene

    attribuita particolare rilevanza a tre aspetti, quali le caratteristiche personali, le

    condizioni oggettive di vita e la percezione che gli altri hanno riguardo le

    persone con disabilità. In tale modello vengono inglobati sia aspetti del

    macrosistema, quali tendenze e fattori culturali e aspetti del microsistema che si

    riferiscono all'individuo e alla sua famiglia, alla tipologia e alla qualità dei

    programmi riabilitativi sperimentati. Secondo l'Autore i fattori più rilevanti che

    determinano la Qualità di Vita e che costituiscono la struttura del Quality of Life

    Questionnaire (Schalock et al., 1990) sono l'indipendenza, intesa come la

    possibilità di esercitare un controllo sul proprio ambiente ed effettuare delle

    scelte; la produttività, relativa alla possibilità di ottenere risultati positivi dal

    lavoro, l'integrazione comunitaria relativa alla partecipazione della persona ad

  • 20

    attività solitamente svolte da soggetti non disabili e la soddisfazione dei propri

    bisogni.

    Brown et al,. (1989) suggeriscono di considerare la Qualità di Vita sia a livello

    macro, analizzando il clima economico, politico e gli atteggiamenti verso le

    persone disabili caratterizzanti una comunità, che a livello micro prendendo in

    considerazione elementi come la sicurezza del vicinato, il posto di lavoro, le

    attività di tempo libero e i servizi. Prevede inoltre aspetti oggettivi e soggettivi:

    tra i primi sono compresi il reddito, le caratteristiche dell'ambiente, la salute, i

    repertori di abilità e la possibilità di incrementarle; tra i fattori soggettivi

    emergono la soddisfazione della propria vita, il benessere psicologico e la

    percezione delle proprie abilità e dei propri bisogni. La Qualità di Vita secondo

    questo modello è determinata dalla quantità di discrepanza tra i desideri e i

    bisogni appagati e non appagati e dal controllo che la persona riesce ad

    esercitare sul proprio ambiente.

    Felce e Perry (1995) ritengono che la qualità di Vita di una persona dipende

    dalle condizioni oggettive di vita di un soggetto, dal grado di soddisfazione per

    le proprie condizioni e dalla possibilità di rendere concrete aspirazioni, valori ed

    aspettative. Il tutto è compreso all' interno di una cornice più ampia caratterizzata

    dalle influenze esterne (storiche, culturali) che interagiscono con le altre

    dimensioni citate.

    Schalock (2000) individua otto domini della Qualità di Vita che accomunano i

    modelli, quali benessere emozionale, relazioni interpersonali, benessere

    materiale, sviluppo personale, benessere fisico, autodeterminazione, inclusione

    sociale e diritti. Tali domini possono essere analizzati da una molteplicità di

    indicatori come percezioni o comportamenti che riflettono la Qualità di Vita

    reale o percepita. Tale modello, definito ecologico, è sensibile ai fattori che

    influenzano la vita a vari livelli di prossimità alla persona. E' necessario quindi

    considerare in una visione integrata i sistemi complessi che influenzano lo

  • 21

    sviluppo di convinzioni, comportamenti e atteggiamenti. Tale presupposto

    deriva dal modello di Bronfenbrenner (1979) che propone una prospettiva

    ecologica nel descrivere i differenti contesti del comportamento umano.

    Secondo l'Autore i livelli che influiscono sulla Qualità di Vita di ogni persona

    sono il microsistema che include l'ambiente sociale ristretto (la famiglia, la casa,

    i coetanei, l'ambiente lavorativo) quello che incide direttamente sul soggetto; il

    mesosistema che comprende il vicinato, la comunità, i servizi e le

    organizzazioni le quali incidono sul funzionamento del microsistema; il

    macrosistema che include gli schemi sovrastrutturali di cultura, tendenze socio-

    politiche, sistemi economici e fattori connessi alla società che influenzano i

    valori.

    Il modello ecologico che prende in esame microsistema, macrosistema e

    mesosistema permette di concentrarsi sui bisogni delle persone nei loro ambienti

    di vita e di sviluppare strategie di sostegno più efficienti (Schalock e Alonso,

    2002).

    Qualità di Vita e Disabilità Intellettiva

    Nell'ambito della salute mentale il costrutto di Qualità di Vita è associato ad

    approcci che cercano di migliorare lo sviluppo personale e le condizioni di vita

    delle persone con problematiche psicologiche. E' stata studiata

    approfonditamente la tematica della Qualità di Vita per le persone con disturbi

    mentali cronici dimessi dagli ospedali psichiatrici, ricerche che hanno

    sottolineato l'impatto dei diversi tipi di variabili ambientali e personali sulla vita

    delle persone, sostenendo che più informale è l'ambiente di vita, più elevata è

    l'autonomia, il benessere soggettivo e la soddisfazione percepita dal paziente

    (Oliver et al.. 1992, 1996). L'obiettivo principale di tali ricerche è quello di

    valutare gli effetti della deistituzionalizzazione sul comportamento quotidiano,

    analizzando se le persone con disturbi mentali dimessi da istituti o ospedali

  • 22

    psichiatrici riescano a raggiungere normali condizioni di vita e una totale

    integrazione nella comunità (Jones et al., 1986; Lamb, 1993).

    La cura della salute mentale che avviene in ambito comunitario riesce

    maggiormente e a lungo termine a promuovere la Qualità di Vita in confronto al

    trattamento ospedaliero e i fattori che la influenzano riguardano principalmente

    la qualità del sostegno sociale più che le caratteristiche legate ai trattamenti

    (Roessler et al., 1999).

    Abilità sociali e integranti

    Le abilità sociali si differenziano dalla competenza sociale in quanto le prime si

    riferiscono a "comportamenti specifici che un individuo pone in essere per

    eseguire con successo compiti sociali" (iniziare una conversazione, fare un

    complimento), la competenza sociale riguarda il "giudizio sociale che figure

    importanti dell'ambiente del soggetto (genitori, insegnanti, riabilitatori)

    possono esprimere riguardo alle prestazioni che la persona ha attivato in un

    determinato contesto" (Soresi, 2007, p.182).

    In letteratura vi sono numerosi studi che evidenziano il fatto che durante l'arco

    dello sviluppo e nell'età adulta le persone con disabilità intellettiva manifestano

    scarse o inadeguate interazioni sociali con gli altri e i bambini con difficoltà

    cognitive, in confronto ad altri bambini, avviano un numero inferiore di contatti

    e partecipano di meno ad attività di gruppo (Guralnick e Groom 1987; Kopp et

    al., 1992). Scarsamente presenti sono anche le abilità sociali che facilitano neIl

    'età adulta l' inserimento lavorativo e le abilità non centrate sul compito come

    scherzare con i colleghi, chiedere informazioni sui familiari, qualità importanti

    per la formazione di amicizie, la creazione di reti di supporto sociale e

    l' incremento della soddisfazione nel lavoro (Soresi et al., 2003).

    L'analisi delle abilità sociali permette di effettuare diagnosi differenziali anche

    in presenza di adulti con storie di istituzionalizzazione (Soresi e Nota 2001c;

    Marchesini e Nota 2001).

  • 23

    Le abilità integranti consentono di attivare relazioni significative con i diversi

    ambienti di vita, permettendo agli individui con problemi mentali di acquisire i

    mezzi per usufruire dei servizi offerti dalla comunità. Per stilare una tassonomia

    delle abilità da promuovere è indispensabile effettuare una valutazione delle

    richieste che i vari eco-sistemi pongono alla persona con disabilità intellettiva in

    termini di comportamento adattivo (Ianes, 1984a); è necessario rendersi conto di

    cosa l'individuo ha bisogno per interagire in modo produttivo con il proprio

    ambiente. Tra le abilità integranti più rilevanti possiamo menzionare la

    protezione personale, la gestione del denaro, la gestione di relazioni ed

    emergenze, la gestione del tempo, la mobilità e vita in comunità, le attività

    domestiche e la cura nell'ambiente di vita (Meazzini, 2006).

    1.6.2 Sostegno sociale, integrazione nella comunità e inserimento lavorativo

    L'integrazione sociale delle persone diversamente abili non può in alcun modo

    prescindere dal contesto familiare. La condizione di disabilità fra i giovani

    comporta una loro permanenza nel nucleo d'origine che rimane il punto di

    riferimento fondamentale in queste persone. L'azione dei genitori e di persone

    vicine al contesto familiare è fondamentale nell'assicurare uno sviluppo

    cognitivo ed armonico della persona diversamente abile.

    Dayson et al.,(1992) indicano nella mancanza di sostegno sociale un importante

    fattore di rischio che può condurre all' ospedalizzazione ricorrente di persone

    con gravi disturbi mentali che necessitano di sostegni intensi e a lungo termine

    nell'ambito della comunità e di cure continuative sul piano sociale e clinico

    (Lamb,1993).

    Se sono carenti i sostegni sociali naturali è necessario fare affidamento su un

    servizio di supporto individualizzato e strutturato in grado di integrare i diversi

    bisogni in aree differenti come i trattamenti medici, il trattamento psicosociale e

    l'occupazione lavorativa (Curtis et al., 1992; Ford et al., 1992; Wright et al.,

    1989).

  • 24

    Le esperienze che sono emerse dalla promozione di progetti abitativi protetti

    comprendono l'uso di abitazioni o alloggi integrati, flessibilità nel fornire i

    servizi e possibilità di scelta per l'utente (Carling, 1993). E' fondamentale tenere

    presente la prospettiva del paziente nella programmazione della riabilitazione

    della salute mentale e nei processi decisionali; la percezione della loro Qualità di

    Vita, dell'assistenza e dei sostegni sociali che ricevono potrebbero avere un

    effetto centrale sull' adattamento e reinserimento.

    Emerson e Hatton, (1996) sostengono che i servizi residenziali nella comunità

    sono solitamente correlati a un aumento della partecipazione dei soggetti alle

    attività quotidiane, al potenziamento del comportamento adattivo, a maggiori

    opportunità di scelta e ad un livello maggiore di accettazione da parte della

    società, aspetto quest'ultimo da non sottovalutare poiché vi sono ancora

    molteplici pregiudizi e visioni distorte della comunità verso le persone

    diversamente abili, e raggiungere un livello di accettazione sempre maggiore è

    uno degli obiettivi più rilevanti per evitare di etichettare queste persone. Il

    processo di trasferimento delle persone dagli istituti alle comunità residenziali

    richiede una programmazione individualizzata se finalizzata al raggiungimento

    di cambiamenti di vita significativi. E' necessario fornire le opportunità di

    apprendimento in condizioni nuove in modo tale che la persona possa divenire

    più competente e più indipendente all' interno di un gruppo sociale più ampio

    anche se i comportamenti provocatori potrebbero aumentare a causa di un minor

    controllo ambientale (Mansell, 1994).

    Le soluzioni adottate per l'inserimento lavorativo della persona con handicap

    mentale hanno dato luogo ad esiti molti diversificati tra loro. L'inserimento tout

    court spesso finisce per trasformarsi in un'alternativa assistenziale e per

    sottoporre la persona ad una frustrazione ulteriore. Collocata in una posizione di

    lavoro che non è in grado di eseguire, la persona con handicap finisce per non

    riuscire ad effettuare il lavoro adeguatamente e sviluppare una percezione di

    auto-svalutazione. Gli impieghi lavorativi dovrebbero essere adeguati al

  • 25

    soggetto fornendo mansioni congrue alle possibilità effettive della persona in

    modo da aumentare il senso di auto-efficacia. MacCraughrin et al. (1993) hanno

    confrontato l'impiego supportato da sostegni e l' impiego protetto concludendo

    che la prima tipologia occupazionale comporta nel lungo termine un rapporto

    costo-efficacia migliore rispetto all'altro per soggetti con ritardo lieve, moderato

    e grave.

    Wehmeyer (1994), suggerisce che la percezione del locus of control correla con

    lo status professionale, le persone con disabilità cognitive mostrano nell' impiego

    competitivo un livello più alto di controllo interno rispetto ad altri soggetti non

    occupati o con occupazione protetta.

    Sinott-Osvald et al. (1991), hanno trovato che le persone con ritardo mentale

    impegnate in un lavoro coadiuvato da sostegni presentano un livello di Qualità

    di Vita più alto riguardo il controllo ambientale, la partecipazione alla comunità

    e la percezione del cambiamento personale rispetto alle persone occupate in

    lavori protetti. Lo studio svolto da EggeIton et al. (1999) indica che la Qualità di

    Vita di persone occupate in lavori integrati è migliore rispetto a quella dei

    disoccupati e non sono state rilevate differenze significative rispetto alla

    percezione della Qualità di Vita tra persone con un impiego protetto e persone

    prive di occupazione.

    Una delle strategie più efficienti per raggiungere un’integrazione effettiva della

    persona nel suo ambiente di lavoro è la promozione di sostegni naturali (Nisbet,

    1992), supporti ricevuti dalle persone sul loro posto di lavoro, ausili con una

    valenza ecologica in grado di produrre risposte altamente produttive in ambito

    occupazionale. L'effettiva integrazione e la soddisfacente esperienza lavorativa

    delle persone con menomazioni rappresentano l'indicatore più oggettivo del fatto

    che i soggetti in questione stanno conducendo una vita di qualità grazie anche

    alle terapie abilitative e riabilitative e ai supporti socio sanitari erogati.

    Altre aree rilevanti nel campo della Qualità di Vita

  • 26

    Altre aree rilevanti della Qualità di Vita riguardano l'autodeterminazione, il

    benessere soggettivo e l'autoefficacia (Schalock e Alonso 2002).

    I temi che le accomunano sono la prospettiva centrata sulla persona, il

    potenziale positivo dei soggetti, la necessità di concentrarsi sulla competenza

    personale e il benessere psicologico nell' arco dell'esistenza.

    Il costrutto di autodeterminazione è estremamente importante nelle persone con

    disabilità poiché avere la possibilità di agire in modo indipendente, prendere

    decisioni e fare scelte senza influenze esterne rende queste persone autonome e

    permette loro di gestire la propria vita incrementando l'autoefficacia e il

    controllo personale. I principi basilari dell'autodeterminazione comprendono la

    libertà, intesa come la capacità personale di programmare, scegliere e valutare

    tutti i sostegni desiderati; l'autorità che si riferisce alla capacità di controllare le

    risorse disponibili e partecipare alle decisioni relative alle cure sanitarie e la

    responsabilità che riguarda la compliance ai programmi di trattamento e

    promuovere uno stile di vita salutare. Jones et al. (1986) hanno studiato

    l'autodeterminazione in pazienti psichiatrici cronici integrati nella comunità, in

    particolare l'autonomia, l'indipendenza, il prender decisioni e l' intimità. I risultati

    mostrano che i pazienti che vivono nella società provano una maggiore

    soddisfazione riguardo tali aspetti, anche se emerge che la cura della salute,

    l' igiene personale e i bisogni basilari risultano meno problematici in pazienti

    ospedalizzati.

    La teoria dell'autodeterminazione (Ryan e Deci, 2000) ha avuto un ruolo

    fondamentale sulla ricerca nell'ambito delle condizioni socio-contestuali che

    possono favorire il processo verso uno sviluppo psicologico sano. Secondo gli

    Autori, competenza, autonomia e legame sono i tre bisogni psicologici innati

    che provocano effetti positivi sulla motivazione personale e sulla salute mentale

    della persona. Qualsiasi progetto di riabilitazione e integrazione dovrebbe

    tendere all' incremento dell'autodeterminazione anche in persone disabili con

  • 27

    conclamate difficoltà di tipo cognitivo ponendoli al centro degli interventi e

    apportando modifiche ambientali in modo da stimolarle e mantenere

    soddisfacenti livelli di autonomia. Gli ambienti familiari o quelli nei quali si

    realizzano programmi di abilitazione, riabilitazione o integrazione favoriscono il

    comportamento adattivo quando risultano privi di barriere e facilmente

    accessibili, consentono movimenti e spostamenti, sono ambienti protesici

    prevedendo supporti in grado di ridurre le capacità invalidanti delle

    menomazioni (Robertson et al. 2001).

    Gli operatori, i care-givers e il personale socio sanitario dovrebbero offrire

    opportunità alle persone, di cui si occupano, di agire attivamente stimolando

    scelte e incrementando le probabilità di successo, rinforzare anche i minimi

    traguardi e ridurre l'iperprotezione e interventi assistenziali non necessari.

    Un costrutto affine a quello di autodetenninazione è il concetto di empowerment,

    che fa riferimento alla possibilità da parte delle persone più svantaggiate di

    emanciparsi da una condizione caratterizzata da limitate opportunità. Attivare

    interventi di empowering significa non curare qualcosa che è vista come

    malattia, ma attivare risorse e competenze, accrescere nei soggetti la capacità di

    utilizzare le loro qualità positive e quanto il contesto offre a livello materiale per

    agire sulle situazioni e per modificarle. Il processo di empowerment dipende

    dalle risorse oggettivamente disponibili materiali e non da fattori di natura

    psicologica (valutare quanto una determinata situazione può essere utilizzata

    come risorsa, fare progetti relativi a se stessi). La persona deve evolversi da una

    condizione helpless (di impotenza) conquistando una condizione caratterizzata

    da hopefullness (fiducia in sé). Il sistema di valori della persona empowered

    comprende positività, fiducia nelle proprie capacità e nel supporto che potrà

    trovare in caso di difficoltà e autoefficacia intesa come il sentimento di poter

    raggiungere i propri obiettivi (Amerio, 2000).

  • 28

    Il benessere soggettivo si riferisce alla valutazione delle persone rispetto alla

    loro vita e include valutazioni di tipo affettivo e cognitivo.

    Diener (2000) ha identificato gli elementi costitutivi di tale costrutto,

    indipendenti tra loro, quali la soddisfazione per la vita, soddisfazione per ambiti

    importanti tra i quali il lavoro, le emozioni positive e bassi livelli di emozioni

    negative.

    Myers et al., (1996) hanno svolto un elevato numero di ricerche riguardanti i

    predittori del benessere soggettivo che includono una combinazione di

    caratteristiche personali e fattori socioculturali come l'appartenenza e il sostegno

    sociale.

    Le ricerche svolte dagli Autori sottolineano sostanzialmente due fattori: la

    felicità e la soddisfazione. Anche se i due concetti sono correlati è fondamentale

    precisare che la felicità rappresenta solo una componente della soddisfazione e

    riflette i vissuti positivi e negativi legati alle emozioni e ai toni d'umore. La

    soddisfazione rappresenta invece il giudizio complessivo della vita di ciascuno e

    comprende domini come la situazione lavorativa o le condizioni di salute.

    Il concetto di motivazione alla padronanza o efficacia suggerisce che ognuno ha

    un intrinseco bisogno di sentirsi competente, associato al rinforzo, alla

    padronanza nei confronti dell'ambiente.

    Bandura (1997) ha per primo individuato il tema dell'autoefficacia, intesa come

    la convinzione delle proprie capacità di realizzare le azioni necessarie per gestire

    adeguatamente le situazioni in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati. Si

    struttura in alcune dimensioni, quali l'ampiezza che riguarda il numero di

    compiti che il soggetto stima di poter gestire in situazioni problematiche, la

    forza che riguarda la resistenza a critiche e la generalità intesa come estensibilità

    o meno delle aspettative di efficacia ad altri contesti. L'Autore ritiene che

    l'essere umano possieda le capacità per modificare gli impatti relativi a

    situazioni negative, attraverso meccanismi di autoregolazione che si basano sulla

  • 29

    fiducia del soggetto di possedere capacità di pensiero e di azione e sull'equilibrio

    psico-fisico. Tali cognizioni consentono al soggetto di sviluppare pensieri

    positivi che alimentano la fiducia di poter attuare con successo il

    comportamento necessario a realizzare i risultati voluti.

    1.8 La valutazione della Qualità di Vita

    Murrel e Norris (1983) sostengono che l'analisi da effettuare per una buona

    indicazione della Qualità di Vita deve essere di tipo ecologico, corrispondere

    cioè alle caratteristiche dell'ambiente di vita del soggetto comprendendo tutto

    ciò che egli ritiene necessario per ricevere benessere, avere la possibilità di

    intrecciare relazioni interpersonali, partecipare attivamente alla vita quotidiana

    all' interno della comunità. La valutazione del costrutto è complessa e

    multidimensionale e necessita di rilevare gli aspetti oggettivi, soggettivi,

    personali e contestuali.

    Felce et al., (1995) sottolineano il ruolo che, nell'autovalutazione della Qualità di

    Vita, assumono la componente emotiva e i valori personali e che cambiamenti

    nelle condizioni di vita possono modificare il grado di soddisfazione e i valori

    delle persone.

    La Qualità di Vita delle persone è sottoposta ad un controllo omeostatico

    determinato da fattori di personalità e da fattori cognitivi (percezione di

    controllo, autostima, ottimismo) che contribuiscono a mantenere la

    soddisfazione sperimentata entro determinati livelli prevalentemente positivi.

    Tra gli strumenti di auto ed etero-valutazione che possono essere utilizzati anche

    con persone che presentano difficoltà e livelli di gravità diversi possiamo

    menzionare la Scala di valutazione della Qualità della Vita per adulti con ritardo

    mentale (Nota, Soresi e Perry, 2006) che raccoglie le etero-valutazioni di

    operatori sociosanitari riguardo alla qualità di vita delle persone che beneficiano

    degli interventi dei servizi in cui sono professionalmente inseriti. I fattori

    individuati riguardano la soddisfazione per la qualità del servizio ricevuto, la

  • 30

    possibilità di beneficiare di occasioni di integrazione sociale, la soddisfazione

    per le caratteristiche dell'ambiente.

    La check list, l’insieme degli indicatori oggettivi della Qualità della Vita (Soresi

    e Nota, 2006b), è uno strumento utile per effettuare un'analisi complessiva della

    Qualità di Vita delle persone disabili e per precisare i cambiamenti ambientali

    che dovrebbero essere effettuati.

    La Lifestyle Satisfaction Scale (Heal e Chasey-Rusch, 1985) è strutturata in 29

    item che analizzano il livello di soddisfazione per il proprio domicilio, per le

    attività di tempo libero e per i servizi disponibili.

    Il Quality of Life Questionnaire (Schalock et al., 1990) utilizza una scala di

    valutazione a tre livelli per definire il grado di benessere, soddisfazione e

    caratteristiche negative come sentimenti di solitudine o sensazioni di

    inadeguatezza. Il questionario ‘ La soddisfazione degli operatori (Soresi e Nota

    2006b)’ analizza la Qualità di Vita degli operatori considerando la loro

    gratificazione riguardo l'autodeterminazione avvertita nel corso dell'att ività

    professionale, la qualità del proprio ambiente lavorativo, le relazioni con i

    colleghi, la qualità della propria vita e la propria realizzazione.

    Conclusioni

    Una struttura riabilitativa cerca di assicurare il raggiungimento della massima

    autonomia e indipendenza possibili della persona diversamente abile, un'elevata

    integrazione nei diversi sotto sistemi ecologici come il sistema sociale e

    lavorativo al fine di ottenere la massima Qualità di Vita. Ognuna di queste

    finalità richiede il raggiungimento di un numero molto elevato di obiettivi

    cognitivi, sociali e lavorativi che cambiano a seconda dell'età della persona,

    della tipologia e gravità della menomazione. Le dimensioni sulle quali si può

    lavorare per ottenere risultati ottimali sono la qualità tecnica, che si riferisce al

    risultato dei processi riabilitativi, la qualità relazionale che comprende i

    comportamenti, gli stili relazionali e gli atteggiamenti che caratterizzano la

  • 31

    struttura, in particolare gli specialisti e operatori della riabilitazione, la qualità

    ambientale che include gli aspetti contestuali, la qualità organizzativa che

    concerne un insieme di regole che consentono l' erogazione di servizi di elevata

    qualità e la qualità economica (Meazzini, 2006).

    La presenza di una mentalità abilitativa o riabilitativa in opposizione a quella

    esclusivamente assistenziale è possibile se gli ambienti in cui viene praticata la

    riabilitazione sono stati scelti in seguito ad una scrupolosa valutazione della loro

    effettiva rispondenza nei confronti delle esigenze della persona e se la quantità e

    la qualità di training che vengono realizzati puntano sul tipo di abilità che si

    considera importante per il reinserimento della persona nel suo ambiente

    naturale di vita (Nota e Soresi, 1997).

    Un' attenzione particolare andrebbe riservata a coloro che vivono a contatto con

    le persone disabili come la famiglia, i care-givers, gli operatori che

    necessiterebbero di supporti e formazione specifiche affinché diventino

    maggiormente autonomi nell'affrontare le difficoltà che quotidianamente

    possono incontrare nella gestione della disabilità dei propri figli, amici, coniugi

    ecc .. , divenire più abili del decision making e nel problem solving. Per quanto

    riguarda la Qualità di Vita degli operatori è necessario il possesso di un'adeguata

    e specifica formazione e il costante monitoraggio della qualità degli interventi

    che realizzano affinché continuino a nutrire elevati livelli di efficacia e

    soddisfazione verso il proprio operato.

    CAPITOLO II

    DISABILITÀ INTELLETTIVA E SISTEMI DI SOSTEGNO IN

    RIFERIMENTO ALLA QUALITÀ DI VITA

    2.1 Definizione di Ritardo Mentale e Modello Teorico Multidimensionale

    L' American Association on Mental Retardation nel 2002 (AAMR, 2002)

    definisce il ritardo mentale come "una disabilità caratterizzata da limitazioni

  • 32

    significative sia del funzionamento intellettivo che del comportamento adattivo

    che si manifestano nelle abilità adattive concettuali, sociali e pratiche. Tale

    disabilità insorge prima dei 18 anni" (AAMR, 2002, p.30).

    Per chiarire questa definizione vi sono cinque assunti.

    "Le limitazioni del funzionamento devono essere considerate all ' interno del

    contesto degli ambienti comunitari tipici per età e cultura del soggetto ", non in

    ambienti isolati come le istituzioni dove le persone vengono separate in base alle

    abilità possedute.

    "Una valutazione efficace deve considerare sia le diversità culturali e

    linguistiche, sia le differenze nella comunicazione e nei fattori sensoriali, motori

    o comportamentali ", la cultura dell 'individuo o la sua etnia, la lingua parlata, la

    comunicazione non verbale e i costumi potrebbero influenzare i risultati della

    valutazione.

    "In una stessa persona le limitazioni spesso coesistono con i punti di forza ", le

    persone possono avere capacità e risorse che sono indipendenti dal loro ritardo

    mentale.

    "Un obiettivo fondamentale nella descrizione delle limitazioni è quello di

    sviluppare un profilo dei sostegni necessari ", supporti di cui necessita la

    persona per migliorare il proprio funzionamento.

    "Con un adeguato sistema individualizzato di sostegni, forniti per un certo

    periodo di tempo, il funzionamento della persona con ritardo mentale tende a

    migliorare ", una mancanza di miglioramento nel funzionamento può servire

    come base per riesaminare il profilo dei sostegni necessari (AAMR, 2002,

    pp.30-31).

    La definizione di Ritardo Mentale si fonda su un modello teorico

    multidimensionale composto da cinque dimensioni quali capacità intellettive,

    comportamento adattivo, partecipazione, interazioni e ruoli sociali, salute e

  • 33

    contesto (AAMR, 2002) e mantiene una prospettiva ecologica sugli elementi

    basilari quali la persona, gli ambienti e i sostegni volti alla comprensione della

    condizione di ritardo mentale e di funzionamento individuale. L'approccio

    multidimensionale viene schematizzato nel modo seguente.

    Figura 2.1 Modello Teorico per la Definizione di Ritardo Mentale (AAMR,

    2002 p.32). Esso implica che la disabilità di una persona debba essere

    considerata nel contesto dei fattori personali e ambientali e del bisogno di

    sostegno individualizzato, valutata nel quadro della vita comunitaria del

    soggetto, non rilevata in forma isolata.

    Come si può notare dalla figura ciascuna delle influenze multidimensionali

    esercitate sul funzionamento individuale è mediata attraverso i sostegni

    disponibili. L'intelligenza viene definita come" una facoltà mentale generale che

    comprende il ragionamento, la programmazione, il problem solving, il pensiero

    astratto, la comprensione di idee complesse, l'apprendere rapidamente e

    l'apprendere dall'esperienza" (AAMR, 2002, p.66; Gottfredson, 1997). La

    valutazione del funzionamento intellettivo che dovrebbe essere misurato

    attraverso test psicologici standardizzati somministrati individualmente da

  • 34

    professionisti è fondamentale per una diagnosi di ritardo mentale, poiché tutte le

    definizioni fanno riferimento ad un funzionamento intellettivo

    significativamente inferiore alla media che può richiedere una valutazione

    interdisciplinare.

    Nel sistema AAMR 2002, il criterio di funzionamento intellettivo è di circa due

    deviazioni standard sotto la media, considerando l'errore standard di misurazione

    per gli specifici strumenti utilizzati e i punti di forza e le limitazioni degli

    strumenti stessi. Tale valutazione dovrebbe essere integrata a quella del

    funzionamento adattivo per assicurare una migliore e più precisa diagnosi.

    "Il comportamento adattivo è l'insieme della abilità concettuali, sociali e pratiche

    che sono state apprese dalle persone per il funzionamento nella loro vita

    quotidiana" (AAMR, 2002, p.l 03).

    La seguente tabella riporta le abilità rappresentative per ciascuna delle tre aree di

    comportamento adattivo.

    Aree di abilità di

    comportamento

    Abilità rappresentative per

    ciacuna area adattivo Concettuali - Linguaggio

    -Lettura e scrittura -Concetto di denaro -Autonomia decisionale -Salute e sicurezza

    Sociali -Abilità interpersonali - Responsabilità -Autostima - Raggirabilità - Inesperienza -Capacità di seguire le regole -Rispetto delle leggi

  • 35

    -Evitare la vittimizzazione Pratiche -Attività di vita quotidiana -Attività strumentali di vita

    quotidiana -Abilità lavorative -Mantenimento della sicurezza ambientale

    Tabella 2.1 Abilità rappresentative per le aree di comportamento adattivo

    (AAMR, 2002, p.112)

    Le cause delle limitazione nelle abilità adattive comprendono la mancata

    conoscenza di come compiere le abilità (deficit di acquisizione), la mancata

    conoscenza di quando usarle (deficit di performance) e altri fattori motivazionali

    che possono influenzarne l'espressione (deficit di performance). Quando una

    persona possiede una limitata capacità intellettiva sia il deficit di acquisizione

    che quello di performance possono essere attribuiti al ritardo mentale.

    Per la formulazione della diagnosi "le limitazioni significative nel

    comportamento adattivo devono essere stabilite attraverso l'uso di misure

    standardizzate sulla popolazione generale che comprende persone con o senza

    disabilità e definite operazionalmente come una performance che si trova

    almeno due deviazioni standard sotto la media di uno dei comportamenti adattivi

    (concettuale, sociale o pratico) o di un punteggio complessivo in una misura

    standardizzata di abilità concettuali, sociali o pratiche (AAMR, 2002, p. l06).

    I soggetti con Ritardo Mentale giungono talvolta all'osservazione più per le

    compromissioni del funzionamento adattivo, che per il quoziente intellettivo

    basso. Il funzionamento adattivo permette alle persona di far fronte alle esigenze

    della vita e di adeguarsi agli standard di autonomia personale previsti per l'età, il

    retroterra socioculturale e contesto ambientale; può essere influenzato da vari

    fattori che includono l'istruzione, la motivazione, le caratteristiche di personalità,

    le prospettive sociali e professionali, i disturbi mentali e le condizioni mediche

    generali. L'adattamento comportamentale si riferisce alla capacità di conformarsi

  • 36

    alle norme sociali e alle aspettative presenti nei diversi contesti e, affinché tutto

    ciò sia possibile, è necessario che la persona mantenga relazioni sociali efficaci.

    L'adattamento sociale si riferisce alle abilità dell' individuo di sviluppare reti di

    supporto, di amicizia che concorrono ad aumentare la Qualità di Vita di queste

    persone e ad una gestione più agevole di situazioni difficili. Alcune delle abilità

    e delle competenze che sottostanno all'adattamento sociale sono la condivisione,

    la reciprocità, l'assistenza, la cooperazione, il rispetto dei diritti altrui e la

    capacità di far rispettare i propri.

    L'adattamento personale si riferisce alle abilità necessarie per riconoscere un

    proprio ruolo all' interno della comunità e per condurre una vita indipendente,

    pianificando e programmando la propria quotidianità.

    Queste diverse capacità di adattamento sono richieste in differenti ambiti e

    richiedono abilità e competenze svariate. Tutto ciò richiede alla persona la

    capacità di cogliere le differenze contestuali (capacità discriminativa) e doti di

    flessibilità cognitiva e comportamentale in quanto il successo che si può ottenere

    in un ambiente non determina necessariamente il successo in un altro.

    Gli ambienti sono specifici setting dove una persona vive, lavora e socializza e

    favoriscono la crescita, lo sviluppo e il benessere della persona. Per i soggetti

    con disabilità intellettiva il contesto è costituito da setting tipici per individui

    della loro età e risultano conformi alla diversità culturale e linguistica.

    All'interno della comunità la persona con ritardo mentale può sperimentare un

    certo grado di partecipazione che si riferisce ad un livello di coinvolgimento del

    soggetto nelle situazioni di vita quotidiana e inclusione necessaria per acquistare

    un proprio status all'interno della società.

    I ruoli sociali si riferiscono ad una serie di attività riconosciute socialmente che

    possono essere considerate normative per uno specifico gruppo di età come il

    setting lavorativo e lo stato di salute. Partecipazioni, interazioni e ruoli sociali

  • 37

    sono influenzati in modo rilevante dalle opportunità che si presentano o che

    vengono concesse alle persone.

    La salute è una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale. Per

    la maggior parte delle persone con ritardo mentale le patologie sono simili a

    quelle della popolazione generale (AAMR, 2002, p.201).

    Contrarre una malattia infettiva dipende dall'esposizione e dalle condizioni del

    sistema immunitario generale, un problema di salute è la causa più probabile di

    un'alterazione dei comportamenti usuali e attesi nella routine comportamentale.

    Per le persone che non sono in grado di comunicare in modo attendibile i propri

    disturbi devono essere effettuati esami medici con regolarità in modo da tenere

    sotto stretto controllo le varie patologie che possono essere concomitanti al

    ritardo mentale, quali malattie cardiovascolari, respiratorie, disturbi convulsivi,

    epilessia, diabete e obesità. I disturbi a carattere psichiatrico hanno una

    prevalenza maggiore in persone con ritardo mentale rispetto alla popolazione

    generale, tra i quali l'ansia, le psicosi, le depressioni, disturbi della personalità,

    abuso di sostanze e demenza. In passato si osservava una tendenza ad attribuire

    tutti i cambiamenti dell'umore e del comportamento alla diagnosi di ritardo

    mentale, fenomeno definito oscuramento diagnostico (Reiss e Szyszko, 1983)

    che priva la persona della possibilità di avere accesso ai trattamenti e di

    conseguire un buon livello di funzionamento. Al contrario può accadere che vi

    sia una sotto-stima delle menomazioni intellettive tra le persone con

    depressione, psicosi o disturbi d'ansia. È necessario che i clinici e le équipe che

    hanno in carico questi soggetti prestino attenzione a entrambi gli errori.

    Per le persone con disabilità intellettiva gli effetti della salute fisica e mentale

    sul funzionamento variano su un continuum, da molto facilitanti a molto

    limitanti. Alcuni godono di buona salute e non presentano limitazioni

    significative delle attività, il che permette loro di partecipare pienamente a ruoli

    sociali, quali lavoro, attività ricreative e svago, altre persone sono caratterizzate

  • 38

    da una varietà di compromissioni importanti della salute come epilessia o

    paralisi cerebrale che danneggiano notevolmente il funzionamento corporeo in

    aree come la mobilità o la nutrizione cose che limitano gravemente le attività

    personali e la partecipazione sociale. Per quanto riguarda l' eziologia viene

    utilizzato un approccio multifattoriale composto da quattro categorie di fattori di

    rischio: biomedico che comprende i fattori che si collegano a processi biologici

    come patologie genetiche; sociale che si riferisce alle interazioni sociali o

    familiari; comportamentale riguardante atteggiamenti che potrebbero avere un

    ruolo causale come azioni pericolose ed educativo che comprende la

    disponibilità di sostegni formativi che favoriscano lo sviluppo cognitivo e le

    abilità adattive. Prendendo in considerazione il periodo di insorgenza, i fattori di

    rischio possono instaurarsi a livello prenatale, perinatale e postnatale. Nella

    seguente tabella sono riportati i fattori di rischio per il ritardo mentale tenendo in

    considerazione sia le categorie che il periodo d'insorgenza.

    INSERIRE TABELLA PAG. 31.32

    Tabella 2.2 Fattori di rischio per il Ritardo Mentale (AAMR, 2002, p.l57)

    Possono essere individuate tre tipologie di prevenzione. La prevenzione primaria

    riguarda la prevenzione degli aspetti che possono causare il ritardo mentale, la

    prevenzione secondaria si riferisce ad azioni volte ad evitare che una condizione

    esistente provochi ritardo mentale e la prevenzione terziaria comprende gli

    interventi volti a ridurre la gravità delle compromissioni funzionali associate

    all'eziologia o per prevenire disturbi secondari associati alla diagnosi o che si

    possono manifestare più avanti nel corso della vita (Pope, 1992).

  • 39

    Il contesto descrive il complesso delle condizioni in cui le persone vivono,

    partecipano ed intrecciano relazioni. É fondamentale fornire ai soggetti con

    disabilità intellettiva le opportunità di creare situazioni adeguate alla propria

    persona per crescere e svilupparsi. La valutazione contestuale, anche se

    solitamente non viene analizzata attraverso misure standardizzate, è una

    componente necessaria per la comprensione del funzionamento della persona.

    2.2 La Classificazione in base all'intensità dei sostegni necessari

    Nel 1992 l' American Association on Mental Retardation ha proposto un nuovo

    sistema di classificazione basato sull'intensità dei sostegni necessari alle persone

    con ritardo mentale. Le necessità di sostegno in determinate aree variano tra i

    soggetti, le situazioni e le fasi della vita e vengono classificate come

    intermittenti, limitate, estensive e pervasive o generalizzate (modello ILEP)

    indipendentemente dal quoziente intellettivo della persona (Luckasson et al.,

    1992, 1996).

    I sostegni intermittenti sono caratterizzati dalla natura episodica o a breve

    termine e, quando forniti, possono avere intensità alta e bassa.

    I sostegni limitati sono caratterizzati da consistenza nel tempo, durata limitata e

    possono richiedere personale più limitato e costi inferiori rispetto ai livelli di

    supporto più intensivi.

    I sostegni estensivi sono regolari, continuativi in determinati ambienti e non

    limitati nel tempo.

    I sostegni generalizzati o pervasivi sono caratterizzati da continuità, intensità

    elevata, erogazione in ambienti diversi la cui natura è di supporto per la vita e

    richiedono un numero maggiore di operatori e un grado di intrusività più elevato

    rispetto alle altre tipologie.

  • 40

    Operare una classificazione in base all' intensità dei sostegni necessari richiede

    che vengano presi in considerazione diversi fattori quali la durata nel tempo che

    indica quanto tempo un sostegno è necessario, la frequenza che indica quanto

    spesso è necessario, le risorse richieste per il sostegno (come il personale) e il

    grado di intrusività nella vita della persona.

    2.3 I Sistemi di Classificazione ICF e AAMR a confronto

    Il costrutto di Ritardo Mentale definito dall' AAMR e dall' ICF è centrato sul

    funzionamento umano inteso come interazione persona-ambiente. Entrambi i

    sistemi sono simili nella loro concezione ecologica di funzionamento, si

    muovono verso la definizione di un modello biopsicosociale integrato (WHO,

    2001) e sono guidati da un orientamento positivo verso il miglioramento di vita

    delle persone diversamente abili.

    La definizione di Ritardo Mentale dell' AAMR è composta da tre requis iti

    (Luckasson et al., 2001), quali limitazioni corrispondenti ad una

    compromissione delle funzioni corporee dell'ICF in particolare nel dominio

    delle funzioni intellettive e le limitazioni del secondo corrispondenti alle

    componenti di attività e partecipazione.

    Il Modello Teorico Multidimensionale di Ritardo Mentale dell' AAMR

    composto dalle cinque dimensioni è compatibile con i concetti ICF. Le funzioni

    corporee possono essere utilizzate per descrivere le capacità intellettive

    dell'AAMR. Le componenti ICF di attività e partecipazione che si riferiscono

    alla performance e al coinvolgimento delle persone nelle attività di vita

    quotidiana possono essere utilizzate per integrare la dimensione del

    comportamento adattivo e della partecipazione dell'AAMR. La dimensione della

    salute può essere efficacemente analizzata dalle componenti strutturali, dallle

    funzioni corporee e dalla dimensione dei fattori contestuali ICF, può essere usata

    come una checklist per la valutazione del contesto dell'AAMR.

  • 41

    Il Modello Teorico è compatibile con il modello del Processo di Disabilità e ciò

    può avere implicazioni utili per analizzare in modo approfondito i punti di forza,

    le limitazioni e la necessità di sostegno della persona (Buntinx, 2003).

    I due modelli differiscono per il fatto che la classificazione OMS è un modello

    generale di disabilità ed è stato creato come risultato di procedure di consenso

    che coinvolgono il punto di vista internazionale professionale e degli utenti su

    disabilità e funzionamento. Il sistema AAMR è specifico per il Ritardo Mentale,

    include aspetti soggettivi del funzionamento quali la valutazione e soddisfazione

    personale, ed è maggiormente orientato verso l' inclusione di punti di vista

    empiricamente validati all' interno del modello concettuale di Ritardo Mentale.

    Entrambe le classificazioni sono necessarie in materia di disabilità intellettiva ed

    avere la possibilità di valutare il funzionamento di una persona attraverso più

    prospettive permette di confrontare e integrare informazioni che ogni strumento

    ci fornisce per avere una visione più accurata e dettagliata del funzionamento

    della persona (AAMR, 2002).

    2.4 I Sostegni

    "I sostegni sono costituiti da risorse e strategie che hanno la finalità di

    promuovere lo sviluppo, l'educazione, gli interessi e il benessere di una persona

    e ne migliorano il funzionamento" (AAMR, 2002, p.175). Alla base del concetto

    di sostegno c'è la convinzione del fatto che un'applicazione adeguata dei

    supporti può migliorare le capacità funzionali di soggetti con Ritardo Mentale e

    fornire una base naturale, efficiente e continuativa per favorire la riuscita delle

    persone e potenziare l' indipendenza, le relazioni, la partecipazione nella

    comunità e il benessere personale.

    Vigotsky (1986), Scharnorst et al., (1990) ritengono che il funzionamento di una

    persona può essere significativamente aumentato chiedendosi quali compiti è in

    grado di svolgere in confronto a quelli che potrebbe risolvere con l'aiuto di una

    persona più capace.

  • 42

    Il modello basato sui sostegni si fonda su un approccio ecologico per la

    comprensione del comportamento che dipende da una valutazione del divario tra

    capacità e abilità e tra abilità adattive della persona e competenze necessarie per

    il funzionamento efficace in un determinato ambiente. Nella seguente tabella

    vengono riportati le aree, le funzioni e gli esiti personali del sostegno.

    Aree di sostegno Funzioni del

    sostegno

    Esiti personali -Sviluppo della

    persona

    - Insegnamento - Indipendenza - Insegnamento ed -Favorire i legami

    tra le

    -Creazione di

    relazioni educazione persone -Contributi

    personali -Vita nell'ambiente Programmazione -Partecipazione

    scolastica domestico finanziaria e alla vita di

    comunità - Vita nella

    comunità

    -Assistenza sul

    lavoro

    -Benessere

    personale -Occupazione -Sostegno -Salute e sicurezza comportamentale -Comportamento -Assistenza nell'

    ambiente

    -Socializzazione domestico -Protezione e tutela

    legale

    -Accesso e utilizzo

    del

    servizi della

    comunità

    -Assistenza

    sanitaria

    Tabella 2.3 Aree, funzioni ed esiti personali del sostegno.

    Le fonti dei supporti possono essere naturali o basate sui servizi.

    I sostegni naturali sono risorse e strategie fornite dalle persone o attraverso

    attrezzature presenti in un determinato ambiente che conducono agli esiti

    personali e di performance desiderati. Sono disponibili e culturalmente

    appropriate all'ambiente, provengono dall'interno del contesto e vengono fornite

    dalla coordinazione dei servizi alla persona (Butterworth et al., 1996).

    I sostegni basati sui servizi sono risorse e strategie fornite dalle persone o per

    mezzo di attrezzature che non fanno parte dell'ambiente naturale del soggetto.

    Un programma di intervento basato sui sostegni si pone molteplici obiettivi,

    quali obiettivi costruttivi che riguardano la costruzione o l' incremento di risposte

  • 43

    non possedute precedentemente, obiettivi di implementazione che sono relativi

    ad azioni verso classi di risposte già presenti, obiettivi di modificazione

    comportamentale che comprendono le azioni rivolte verso gli ecosistemi

    ambientali e obiettivi clinici che si configurano come il risultato di attività

    dirette a prevenire il rischio di disturbi fisici e psichici a cui le persone con

    disabilità intellettiva sono esposte e curare i disturbi in comorbidità (AIRIM,

    2010).

    Tenendo presente che il funzionamento della persona attraverso sostegni

    personalizzati e adeguati tende a migliorare, l' intervento in ottica di promozione

    del comportamento positivo dovrà prevedere una progressiva riduzione dei

    supporti in funzione del raggiungimento progressivo del massimo livello di

    autonomia e autodeterminazione possibile.

    La valutazione dei risultati rappresenta la verifica di efficacia delle azioni

    intraprese. Gli esiti si possono suddividere in clinici, funzionali e personali.

    Le variabili per la valutazione degli outcomes clinici devono essere in grado di

    rappresentare l'evoluzione e l'andamento nel tempo della condizione di salute

    della persona come ad esempio parametri biologici di laboratorio, il profilo

    sintomatologico clinico e il quadro diagnostico. In considerazione del fatto che i

    deficit cognitivi e di linguaggio possono compromettere la comunicazione dei

    sintomi nelle persone con disabilità intellettive significative, viene

    raccomandato il fatto di valutare gli stessi outcomes clinici attraverso appropriati

    indicatori comportamentali che possono rappresentare adeguatamente il decorso

    nel tempo della condizione di salute della persona. Una valutazione completa

    deve comprendere inoltre l'espressione del punto di vista soggettivo della

    persona con disabilità intellettiva per quanto riguarda la percezione del proprio

    benessere psicofisico relativamente ai domini del benessere fisico ed emozionale

    di Qualità di Vita.

  • 44

    Gli outcomes funzionali devono essere oggetto di controllo esterno, di

    quantificazione ed è necessario essere in presenza di una linea di base,

    parametro che consente la capacità di considerare l'efficacia che rappresenta la

    condizione precedente all' inizio dell' intervento. Per poter raccogliere e valutare

    gli esiti, i comportamenti devono essere misurati attraverso quattro parametri

    quali frequenza, durata, intensità e latenza.

    Gli outcomes personali valutano se gli obiettivi stabiliti nel programma dei

    sostegni riguardanti i desideri e le aspettative della persona diversamente abile

    sono stati raggiunti e in che misura. Nel caso non siano stati raggiunti è

    fondamentale identificare le probabili cause del mancato raggiungimento e

    stabilire se gli esiti sono ancora raggiungibili in modo da orientare la successiva

    programmazione (AIRIM, 2010). Nel settore sanitario sta emergendo un

    consenso crescente circa la natura dei sostegni quando sono basati sulla

    comunità e centrati sulla persona migliorandone il funzionamento e la

    partecipazione, aspetti essenziali per una Qualità di Vita ottimale.

    2.5 Le abilità di autonomia nella Disabilità Intellettiva

    Le abilità di autonomia personale sono tra gli elementi che incidono

    maggiormente sul livello di Qualità di Vita della persona con disabilità

    intellettiva. L'indipendenza dall'assistenza è un prerequisito per l' indipendenza

    nella comunità e per l' integrazione sociale. Si può infatti parlare di inserimenti

    reali nella società quando l'ambiente è preparato all'accoglienza della persona

    diversamente abile e quando il soggetto è in grado di padroneggiare

    efficacemente quelle abilità funzionali necessarie per il soddisfacimento delle

    richieste ambientali. Tutto ciò sottolinea l' importanza che le abilità di autonomia

    assumono nella preparazione di un piano abilitativo o educativo.

    Le abilità di autonomia personale si possono distinguere in abilità di base e

    avanzate. Le prime sono quelle che si riferiscono al bisogno di assistenza, quali

    le abilità di autoalimentazione, di igiene personale e le abilità di controllo

  • 45

    sfinterico. Le abilità avanzate sono costituite da quelle capacità che creano i

    presupposti per il passaggio della persona alle abilità integranti e all' inserimento

    nella società, quali il prendersi cura del proprio aspetto, della propria salute e dei

    propri ambienti di vita. Saranno le condizioni di vita, gli stili comportamentali

    degli agenti educativi, le richieste e le spinte all'autonomia che giungeranno

    dall'ambiente esterno a determinare la comparsa o meno delle abilità di

    autonomia avanzate. Spesso certe situazioni familiari caratterizzate da

    iperprotezione e situazioni istituzionali basate sull' assistenzialismo impediscono

    o rallentano l'acquisizione di tali abilità.

    Sono presenti specifiche tecniche comportamentali per l' insegnamento delle

    abilità di autonomia, tra le più rilevanti emergono il modeling, lo shaping, le

    procedure di rinforzo e il prom