Diritto Finanziario - Amatucci - Ed.2013

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CAPITOLO I: LE FONTI E LEFFICACIA DELLE NORME TRIBUTARIE

1. PREMESSA: RIPARTIZIONE E UNICITA DELLE FONTI DI DIRITTO TRIBUTARIO

Le norme tributarie possono essere di diverso genere: impositive, agevolative, procedimentali, processuali, sanzionatorie e che, in base alla riserva di legge relativa prevista dallart. 23 della Costituzione, la collocazione gerarchica consente di disciplinare o intervenire in un determinato settore del sistema fiscale solo attraverso quella precisa tipologia di norma.

Art. 23 della CostituzioneNessuna prestazione personale o patrimoniale pu essere imposta se non in base alla legge.

Con gli atti non aventi forza di legge non possibile infatti ad es. istituire un tributo, mentre possibile definire aspetti procedurali (accertamento, riscossione). Inoltre spesso, attraverso norme di rinvio, operano nellordinamento tributario disposizioni di altri settori giuridici come quelle del codice civile o del codice di procedura civile o convenzionali.

A seguito della riforma del Titolo V (parte seconda) della Costituzione ed in particolare dellart. 117, la potest normativa in materia tributaria non spetta pi unicamente al legislatore nazionale che la esercita attraverso leggi ordinarie, decreti legge e decreti legislativi, ma condivisa a livello locale con le Regioni e in misura ridotta, con i Comuni e le Province dotati di sola potest regolamentare e statutaria. Inoltre lart. 117 dispone un doppio vincolo legislativo (nazionale e comunitario).

Art. 117 della CostituzioneLa potest legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonch dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione;

o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citt metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;

s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivit culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potest legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potest legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalit di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

La potest regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potest regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Citt metropolitane hanno potest regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parit degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parit di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.

Nelle materie di sua competenza la Regione pu concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

Lattivit legislativa nazionale che caratterizza la potest tributaria inoltre vincolata non pi solo dalle norme costituzionali (poste al vertice della gerarchia delle fonti), ma anche dalle norme comunitarie del Trattato UE che limitano e condizionano la sovranit fiscale degli Stati membri e che incidono profondamente sul sistema fiscale nazionale e dagli atti derivati (direttive, regolamenti e decisioni) del Consiglio e della Commisione UE. Questi ultimi, aventi forza di legge e dotati spesso di efficacia diretta, pur non potendo essere utilizzati per istituire norme tributarie, rappresentano uno strumento fondamentale per realizzare un ravvicinamento tra le legislazioni fiscali europee.

Cosa sono gli ATTI CONVENZIONALI?Hanno portata limitata e settoriale (ad es. le convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali), essendo basati fondamentalmente sulla reciprocit.

Classificazione gerarchica delle fonti di diritto tributario: gli atti convenzionali hanno portata limitata e settoriale; atti normativi nazionali, locali, comunitari ed in parte quelli internazionali;

norme costituzionali e del Trattato e gli atti aventi forza di legge (questi ultimi in materia tributaria sono rappresentati prevalentemente dai regolamenti che costituiscono atti normativi di un potere diverso da quello legislativo ed in particolare della P.A. riguardanti aspetti procedurali. I regolamenti operanti in materia tributaria sono emanati dal governo e dagli enti locali e sono subordinati alla legge; atti non aventi forza di legge (si collocano in terza fascia) le circolari (attraverso cui lamministrazione impartisce istruzione allufficio, ponendo regole di comportamento e pi delle volte sul piano interpretativo di disposizioni di legge), note, risoluzioni ministeriali e parerei resi a seguito dinterpello e raccomandazioni e pareri della Commissione UE che, pur non creando diritto e limitandosi spesso a fornire uninterpretazione di altre norme, vincolano lamministrazione finanziaria e condizionano i comportamenti dei contribuenti e, a livello comunitario (essendo atti di soft law), le politiche fiscali nazionali (in ultima fascia)Mediante questi ultimi atti lAmministrazione finanziaria informa il contribuente riguardo la propria posizione e consente a questultimo di fondare su di essi il proprio affidamento; lart. 10, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente prevede che non siano irrogate sanzioni, n richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dellAmministrazione finanziaria, sebbene successivamente modificati dalla stessa amministrazione

Domanda: cosa sono gli atti di soft law?

2. LE NORME COSTITUZIONALI

I principi fondamentali in materia tributaria sono previsti prevalentemente da norme costituzionali che rappresentano le fonti primarie della base sulla quale si fonda lintero sistema fiscale nazionale e che, insieme alle norme comunitarie del Trattato, limitano lattivit del legislatore nazionale ponendo una serie di divieti in sede di regolamentazione dei tributi.

Le norme costituzionali operanti in materia tributaria sono riconducibili essenzialmente ai principi fondamentali sanciti dagli artt. 3, 23 e 53, 75, 81 e 119, ma anche, a testimonianza di un maggiore coinvolgimento di diverse garanzie (per il progressivo ampliamento delle basi costituzionali dellordinamento tributario e per lesigenza di ulteriori principi di riferimento a garanzia degli interessi dei contribuenti derivanti da una maggiore flessibilit della riserva di legge e dal doppio vincolo legislativo dettato dallart. 117 Cost., hanno comportato un), allart. 41, per quanto riguarda la libera iniziativa economica; allart. 97, in relazione alla tutela dellaffidamento e della buona fede, operante sia nei confronti dellAmministrazione finanziaria, che del legislatore; allart. 111, in relazione al giusto processo e alla parit delle parti quali regole generali fondamentali della disciplina del contenzioso tributario.

E sulla base di alcune di tali norme costituzionali che stato emanato in forma di legge ordinaria lo Statuto dei diritti del contribuente (legge n.212/2000) che, allart. 1, si auto qualifica legge di attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. ma che, pur vincolando lattivit interpretativa e pur prevedendo la clausola di auto rafforzamento che non consente di derogare le disposizioni contenute se non espressa, non puo collocarsi a livello superiore elevandosi a rango di norma costituzionale rispetto alle altre leggi ordinarie.

3. LE NORME DEL TRATTATO UE IN MATERIE FISCALE

Il Trattato del funzionamento dellUE (TFUE) stato istituito col Trattato di Lisbona entrato in vigore dal 1 Dicembre 2009. Esso fissa principi cui si ispira lordinamento comunitario e che riguardano lo sviluppo coerente ed equilibrato delle attivit economiche nel territorio dei Paesi membri. Questi principi vincolano il legislatore nazionale allo stesso modo di norme costituzionali.

Attualmente vige il primato della norma UE rispetto a quella nazionale e il riconoscimento delleffetto della disapplicazione della norma nazionale soccombente, facendo salvi i principi inderogabili della Costituzione. Il primato della norma comunitaria su quella interna tributaria espressione di una supremazia gerarchica riconosciuta dagli Stati che hanno stipulato il Trattato dellUE.

4. LE LEGGI ORDINARIE, LE LEGGI REGIONALI E GLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE

Lart. 23 Cost., che dispone che nessuna prestazione personale o patrimoniale puo essere imposta se non in base alla legge, pone a garanzia dei contribuenti lesercizio della potest tributaria nelle mani della legge. Sono molte le ragioni che giustificano il ricorso alla legge per la definizione della base legislativa di tributi e lindividuazione di istituti di diritto tributario.Innanzitutto la posizione preminente di tale fonte rispetto alle altre e la sua subordinazione alle sole norme costituzionali, evita la soccombenza in caso di contrasto con altre fonti interiori. Inoltre la legge assicura lattuazione di principi fondamentali come la rappresentativit, il consenso al tributo e la democraticit. La natura relativa della riserva di legge, garantendo la regolamentazione non dellintera disciplina tributaria, ma dei suoi elementi essenziali assicura la devoluzione degli aspetti procedimentali alle fonti subordinate come il regolamento. Lesistenza di fonti aventi la stessa forza della legge favorisce il coinvolgimento nelle scelte di politica fiscale in diversa misura di diversi attori quali il Governo e gli enti territoriali (Regioni) dotati di atti normativi (fonti sub primarie) e di Organismi sovranazionali (Consiglio, Commissione UE) attraverso direttive, decisioni e regolamenti. I primi due (Governo e Regioni) soltanto hanno un potere istitutivo di tributi analogo a quello del legislatore nazionale che trova un unico limite nel rispetto della delega nel caso dei decreti legislativi e del potere di coordinamento nel caso di legge regionale. La legge regionale puo istituire ai sensi dellart. 119, comma 2, Cost., tributi propri su presupposti non soggetti a tassazione da parte dello Stato.

Articolo 119 della CostituzioneI Comuni, le Province, le Citt metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci, e concorrono ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea (1).

I Comuni, le Province, le Citt metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione [53 c.2] e secondo i princpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacit fiscale per abitante.

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Citt metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidariet sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Citt metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Province, le Citt metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princpi generali determinati dalla legge dello Stato.

Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio.

E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

Lorientamento giurisprudenziale maggioritario della Corte costituzionale, tuttavia, limita lautonomia tributaria regionale e locale ritenendo che i tributi locali non istituiti da leggi regionali, non sono oggetto di legislazione concorrente ma esclusiva dello Stato.

Lesame della sfera applicativa degli atti aventi forza di legge (decreti legislativi e decreti legge) tra le fonti di diritto tributario fondamentale in quanto vi un uso abnorme da parte del legislatore dello strumento della delega (il riconoscimento di questultimo principio previsto dallart. 76 Cost.).

Art. 76 della Costituzione.

L'esercizio della funzione legislativa non pu essere delegato al Governo se non con determinazione di princip e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Il decreto legislativo nellambito della suddivisione delle fonti del diritto si pone come atto avente forza di legge; pertanto attraverso esso si possono istituire tributi, nonch modificare o abrogare altre norme di legge. Tuttavia assume valore fondamentale il limite della riserva di legge e della sufficienza della legge delega che deve rappresentare la base per un ragionevole sviluppo da parte del governo.

Particolarmente delicato lutilizzo dei decreti legge consentiti ai sensi dellart. 77 Cost. in casi straordinari di eccezionale urgenza e necessit di cui vi spesso un abuso in materia tributaria. La provvisoriet e la precariet che caratterizzano la formazione durgenza e la decadenza con cessazione di efficacia retroattiva per mancata conversione dei decreti legge entro sessanta giorni sancita dallart. 77, comma 2, Cost., determinano una situazione di profonda incertezza nei confronti del contribuente.Per tale motivo ha assunto particolare rilevanza lintervento operato dal legislatore attraverso lart. 4 dello Statuto dei diritti del contribuente, con il quale si sancita linutilizzabilit del decreto legge per listituzione di nuovi tributi e per estendere lapplicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti.

a) Le norme dello Statuto dei diritti del contribuente

La legge 27 Luglio 2000, n.212 (Statuto dei diritti del contribuente) ha introdotto una serie di principi espressione di norme costituzionali, molti dei quali gi esistenti e frutto di elaborazione giurisprudenziale, finalizzati alla tutela dei cittadini nei confronti dellerario e volti ad assicurare allordinamento tributario maggiore stabilit, chiarezza e conoscenza.

Lo Statuto prevede inoltre nuovi e specifici obblighi per il legislatore e per lA.F., che contribuiscono ad una maggiore civilt giuridica del nostro sistema fiscale e del rapporto fisco-contribuente. Oltre alle norme concernenti lattivit legislativa (artt. da 1 a 4) che fissano alcune regole fondamentali per certi versi anche innovative, esistono una serie di altre norme (artt. da 5 a 12) che regolamentano il procedimento impositivo e lattivit dellamministrazione finanziaria. Uno dei maggiori problemi ai fini della operativit e del reale soddisfacimento delle garanzie previste dallo Statuto, quello dellefficacia delle norme contenute nella legge n.212/2000 che restano, in quanto leggi ordinarie, derogabili anche se solo espressamente da norme di pari rango. La clausola di auto-rafforzamento prevista dallart. 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, che sancisce la deroga espressa delle norme dello Statuto e limpossibilit di derogare attraverso leggi speciali, non sufficiente al fine del riconoscimento di rango superiore di tali disposizioni. Fondamentale risultato il contributo della giurisprudenza della Cassazione. Mentre la Corte costituzionale ha escluso il rango costituzionale delle norme dello Statuto, la Corte Suprema di Cassazione ha considerato tali norme aventi comunque portata vincolante per linterprete, rappresentando un utile parametro di riferimento ai fini interpretativi ed ha riconosciuto una superiorit assiologia dei principi espressi dallo Statuto. Ci rappresenta sicuramente un tentativo di rafforzare le norme dello Statuto, attribuendo ad esse un rango superiore rispetto alla legge ordinaria. Di notevole importanza ai fini dellefficacia temporale, la differenza operata dalla Cassazione, nella sent. N.17576/2002 tra norme ricognitive o statutarie (affidamento, chiarezza e motivazione atti) gi operanti prima dello Statuto e quelle innovative (interpello, garante, garanzia in sede di verifica ex art. 12).

b) Le direttive, le decisioni e i regolamenti comunitariAi livelli pi alti della gerarchia delle fonti del diritto tributario posto il REGOLAMENTO UE, in grado di rivolgersi a soggetti non determinati e limitati. Esso un atto self executing: non richiede alcuna attivit di recepimento da parte degli Stati membri che dovranno applicarlo in modo completo ed integrale. Il regolamento in materia tributaria limita eccessivamente la sovranit fiscale nazionale, cos viene utilizzato in casi particolari come quelli di repressione e di contrasto allevasione e alle frodi fiscali in materia di Iva (non essendo interamente trasferita la competenza in materia fiscale allUE.

Gli artt. 113 (ex art. 93) e 114 (ex art. 94) del Trattato sul Funzionamento dellUE prevedono rispettivamente larmonizzazione in materia di imposte indirette da parte dei Paesi membri e il potere di emanare disposizioni volte al ravvicinamento delle legislazioni nazionali che abbiano unincidenza diretta sullinstaurazione e funzionamento del Mercato interno. Gli ostacoli al mercato riguardano anche la materia fiscale e non vi obbligo di intervenire per armonizzare le imposte dirette, ma ci previsto per eliminare le distorsioni e discriminazioni pi importanti.

Lo strumento maggiormente idoneo per raggiungere gli obiettivi di armonizzazione o integrazione fiscale negativa degli ordinamenti nazionali, vincolando i Paesi membri al raggiungimento del risultato e rispettando allo stesso tempo la loro competenza in entrambi i casi la direttiva che pur non avendo portata generale non meno vincolante del regolamento e che si colloca tra le fonti primarie del diritto tributario essendo equiparata agli atti aventi forza di legge.Quando le direttive presentano la caratteristica di norme incondizionate e sufficientemente precise o dettagliate possono essere configurate con unefficacia diretta in grado di vincolare il legislatore nazionale tributario in caso di inottemperanza, di non corretto recepimento o ancora di interpretazione dubbia da parte di norme nazionali disciplinanti loggetto di una direttiva e che rende tali atti prevalenti in caso di conflitto.Leffetto diretto delle direttive consente di ovviare alle negligenze ed ai ritardi degli Stati membri nelladempimento puntuale e corretto degli obblighi in materia fiscale posti da esse e permette ai singoli di invocarle nei confronti dello Stato inadempiente per impedire che questultimo ne possa trarre giovamento (effetto verticale) a svantaggio dei contribuenti.

Di recente stata riconosciuta dalla giurisprudenza di Cassazione la portata vincolante anche delle decisioni della Commissione UE in materia di aiuti di stato nel settore tributario; portata vincolante discendente dallart. 108 del Trattato sul funzionamento dellUE e la loro efficacia diretta. Tali atti comunitari se definitivi, incondizionati, chiari e precisi, sono idonei a sopprimere o modificare la norma interna che prevede laiuto e, anche con specifico riguardo alla materia degli aiuti di Stato, a vincolare il giudice nazionale nellambito dei giudizi portati alla sua cognizione.

5. I REGOMANETI GOVERNATIVI E I REGOLAMENTI MINISTERIALI

Tra gli atti non aventi forza di legge che gerarchicamente rappresentano fonti secondarie in quanto si collocano immediatamente al di sotto della legge ordinaria, di quella regionale e degli atti aventi forza di legge, assumono particolare rilevanza in materia tributaria i regolamenti statali in quanto vi spesso lesigenza di demandare a fini integrativi lattivit di regolamentazione procedurale o lattuazione sul piano tecnico della disciplina legislativa ad atti amministrativi emanati dal Ministero dellEconomia e delle finanze.

I regolamenti che si distinguono in governativi e ministeriali trovano nel primo caso la loro base costituzionale nellart. 87 Cost. e sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del consiglio dei ministri e, nel secondo, si fondano sulla legge n.408/1998, art. 17.

In materia tributaria vi sempre una previsione legislativa del potere regolamentare che determina le modalit di esecuzione. Tuttavia spesso alcune norme secondarie come i regolamenti autorizzati e i decreti ministeriali, che dovrebbero limitarsi ad attuare la disciplina prevista dalla legge, non consento di stabilire dove finisce la mera attuazione e dove, invece, inizia lintegrazione della disciplina. La dottrina tributarista, pur non escludendo in ogni caso lesistenza di provvedimenti amministrativi che integrano la disciplina legale con regolamento o atto amministrativo individuale, ritiene inderogabile il rispetto di limiti fissati dalla legge.

a) I regolamenti e gli statuti degli enti locali

Lautonomia normativa tributaria degli enti locali si pone su di un piano diverso rispetto a quella delle Regioni in quanto essa si basa su norme (regolamenti e statuti) che rappresentano fonti secondarie e che non possono rientrare, a differenza delle leggi regionali, nella sfera della riserva di legge prevista dallart. 23 Cost. la competenza degli enti locali deve essere individuata e delimitata da fonti di ragno primario come la legge regionale e quella statale.

Pi in particolare il potere di emanare regolamenti in materia tributaria dei Comuni e delle Province, nel rispetto degli artt. 23 e 119 Cost., non consiste nellimporre e disciplinare autonomamente il tributo, ma nello stabilirne ed individuarne gli aspetti procedimentali (accertamento e riscossione) ed in un limitato potere agevolativo nellambito di quanto previsto dalla legge.

Lart. 52 del d.lgls. n. 446/1997 e pi idi recente lart. 12 della legge n. 42/2009, definiscono i limiti dellautonomia tributaria o meglio impositiva degli enti locali e della potest regolamentare.

La formulazione dellart. 119 Cost. che attribuisce il potere di stabilire e applicare tributi propri e la riserva di legge di cui al citato art. 23 Cost., consento un grado di autonomia impositiva agli enti locali pi ampio e valorizzato rispetto al mero potere amministrativo di accertare e riscuotere i tributi propri che permette di incidere marginalmente ed in maniera inferiore rispetto alle Regioni, entro gli spazi consentiti dalle leggi (ai sensi dellart. 12, lett. H, legge n. 42/2009, sul regime delle esenzioni e delle agevolazioni (limitandolo o ampliandolo) e su altri aspetti rilevanti come la individuazione della natura tributaria o meno di alcune prestazioni patrimoniali proprie.

6. LE CIRCOLARI MINISTERIALI E LE RISOLUZIONI

Le circolari sono atti amministrativi di indirizzo con i quali vengono impartite dallamministrazione centrale istruzioni agli uffici periferici dellAgenzia delle Entrate sul piano interpretativo allo scopo di uniformare il comportamento di questi ultimi e di orientare lattivit dei privati.

Sono contrastanti gli orientamenti dottrinali sullefficacia giuridica delle circolari ministeriali e dunque sulla possibilit di collocare tali atti interpretativi tra le fonti. La tendenza ad escludere lefficacia giuridica di tali atti si fonda sulla mancanza di vincolo da parte del legislatore, del giudice e dei contribuenti e sulla loro portata meramente interna. Se si considera la circolare quale atto in grado di valorizzare un vincolo giuridico dellinferiore gerarchico (ufficio periferico) e di assumere carattere precettivo, la portata generale dellinterpretazione resa che la contraddistingue rispetto alle risoluzioni e agli interpelli, la natura dellorgano che la emana dotato di potere impositivo, oltre al grado di affidamento del contribuente che puo generare e che la rende simile a quello di un atto normativo di indirizzo, difficile non annoverare le circolari tra le fonti del diritto tributario in quanto esse consentono allA.F. di attuare i precetti contenuti nelle norme giuridiche fornendo un utilissimo supporto e dunque rappresentano fattori del diritto concretamente applicato. Lart. 10 dello Statuto del contribuente prevede sulla base di quanto disposto dallart. 97 Cost. che la modifica di precedenti circolari determina lesimente della non irrogabilit di sanzioni e della richiesta degli interessi, nel caso in cui lorientamento sul quale ha riposto fiducia il contribuente viene successivamente modificato con effetto retroattivo. Il revirement interpretativo reso attraverso circolari non puo dunque essere retroattivo in quanto violerebbe la tutela dellaffidamento e ci evidentemente un riconoscimento da parte del legislatore della portata che tali atti assumono e delle aspettative che creano da parte dei contribuenti.

La differenza tra le note, le risoluzioni e le circolari consiste nel fatto che le prime hanno diretta efficacia nei riguardi dellufficio al quale sono dirette e possono essere risposte a quesiti posti da privati. E dunque pi difficile collocare tali atti tra le fonti essendo apparentemente privi della portata generale delle circolari, anche se come stato correttamente evidenziato dalla dottrina, una indiretta rilevanza assumono per gli altri uffici e per il fatto che costituiscono comunque dei precedenti per la A.F. Assimilabili a questi ultimi atti sono infine i pareri resi a seguito di interpello che provengono in ogni caso da istanze proposte da privati nel caso di obiettiva incertezza della norma interpretata e che, nel caso di interpello ordinario, vincolano particolarmente lAmministrazione finanziaria attraverso il silenzio assenso.

7. LEFFICACIA (ENTRATA IN VIGORE E CESSAZIONE) DELLE NORME TRIBUTARIE

Dopo un determinato periodo di tempo dalla pubblicazione sulla G.U. (15 gg.) in seguito allapprovazione parlamentare ed alla promulgazione del Presidente della Repubblica, la legge, salvo diversa disposizione, entra in vigore e produce efficacia. In linea generale, durante il periodo di vacatio legis, la legge non ancora efficace, non deve comunque essere tenuta presente dal giudice, neanche ai fini interpretativi per la sua completa estraneit allordinamento.

Lentrata in vigore di una legge in ogni caso un momento rilevante ai fini della decorrenza o inizio di efficacia delle norme legislative. Tuttavia, accade di frequente che il momento in cui una legge entra in vigore e la sua efficacia non coincidono. Sono i casi relativi solitamente a norme procedimentali o processuali in cui il momento dellentrata in vigore indica che la legge perfetta, ma i suoi effetti sono differiti o retroagiscono.

Un rafforzamento e ampliamento della vacatio legis, volto a garantire la conoscibilit delle norme tributarie stato previsto per alcune tipologie di norme dallart. 3, comma 3 dello Statuto del contribuente, che stabilisce il differimento dellefficacia temporale delle disposizioni modificative di tributi periodici nel periodo o anno dimposta successivo, ed un termine di sessanta giorni dallentrata in vigore per gli adempimenti fiscali a carico del contribuente.

Uno dei pi frequenti casi di cessazione della legge quello dellabrogazione regolato in generale dallart. 15 disp. prel. c.c., il quale prevede che essa puo avvenire attraverso legge posteriore per dichiarazione espressa del legislatore, per incompatibilit tra le nuove disposizioni e le precedenti oppure perch la nuova legge regola lintera materia gi disciplina dalla legge anteriore.

Il legislatore si serve invece generalmente della deroga (espressamente o implicitamente) quando vuole introdurre uneccezione alla disciplina dettata da una certa disposizione sia nel corpo della stessa legge, che in un momento successivo determinandone in parte di fatto la cessazione.

Al fine di garantire una maggiore certezza del diritto, talvolta in materia tributaria viene posto un divieto di deroga e di modifica se non in forma espressa (vedi ad es. la clausola di rafforzamento inserita nello Statuto del contribuente) il quale, non contemplando anche lipotesi di abrogazione, diretto a non impedire levoluzione normativa.

In altri casi, alcune vicende o situazioni giuridiche che erano contemplate da una legge abrogata sono disciplinate per un determinato periodo da apposita disciplina attraverso disposizioni transitorie (che spesso regolano il passaggio dalla legge precedente a quella successiva).

Nel caso di abrogazione lefficacia della legge cessa ex nunc e dunque, in materia tributaria, ci determina che le norme abrogate continuano ad essere applicate relativamente a presupposti verificatisi nel periodo temporale che va dalla entrata in vigore alla sua abrogazione. Labrogazione in diritto tributario infine non puo avvenire mediante referendum secondo quanto previsto dallart. 75 Cost.

a) La dichiarazione di incostituzionalit e la declaratoria di incompatibilit comunitaria

Altri casi di cessazione delle norme tributarie sono rappresentati dalla declaratoria di incostituzionalit della legge tributaria da parte della Corte costituzionale, e dellincompatibilit con il diritto comunitario sancita dalla Corte di giustizia, che provocano diversamente dallabrogazione la cessazione di efficacia ex tunc e la nascita di rilevanti problematiche di ordine temporale con conseguenze dirette sullesercizio dei diritti fondamentali da parte del contribuente.Una legge dichiarata illegittima o incompatibile con il diritto UE equivale infatti ad una legge mai esistita e pertanto gli effetti collegabili a questultima dovrebbero essere considerati mai sorti. Tali problematiche assumono particolare rilevanza in quanto si collegano strettamente alleffettivit del diritto al rimborso del tributo indebitamente versato da parte del contribuente.Lefficacia ex tunc delle sentenze di illegittimit costituzionale consente, allo stesso modo delle sentenze di incompatibilit comunitaria, ai contribuenti di esercitare il diritto al rimborso con esclusione dei casi in cui i rapporti sono esauriti, come il passaggio in giudicato di una sentenza, che produce tra le parti un effetto vincolante tale da non consentire che si rimetta in discussione una controversia, come la prescrizione che fa decadere la pretesa sostanziale di chi fa valere un proprio diritto, e la decadenza che impedisce lazione in giudizio.Il diritto al rimborso, salvo il limite dei rapporti esauriti, nasce con la decisione della Corte costituzionale ai sensi dellart. 136 Cost. quale unico organo in grado di pronunciarsi sulla illegittimit.

8. LEFFICACIA TEMPORALE DELLA NORMA TRIBUTARIA E LA RETROATTIVITA

Particolarmente complessa lidentificazione del concetto di retroattivit tributaria che assume rilevanza nel nostro ordinamento in quanto fenomeno patologico in grado di porsi in contrasto con una serie di principi generali e di norme dettagliate e di compromettere seriamente le garanzie dei contribuenti.Tale fenomeno (vera retroattivit) risulta molto frequente e spesso non viene distinto dalla giurisprudenza e prassi da altre ben diverse vicende come quelle della retrospezione, del richiamo circostanziato dei fatti o dellefficacia della legge interpretativa che possono risultare compatibili con lordinamento tributario.

La norma tributaria da considerare veramente retroattiva qualora risulta essere innovativa, ingiustificata, irragionevole, in grado di incidere sfavorevolmente e di sconvolgere o alterare situazioni consolidate o garantite, compromettendo la sicurezza giuridica o certezza del diritto. Ci puo avvenire non solo quando il legislatore introduca una nuova o maggiore imposizione riferita a fatti sorti precedentemente allentrata in vigore, ma anche nei casi disconoscimento di un diritto o di unagevolazione fiscale riconosciuta nel passato. Inoltre si tende a graduare gli effetti della retroattivit per riconoscere in parte la sua legittimit e ad operare alcune distinzioni come quella tra retroattivit propria e impropria. La prima sarebbe in grado di incidere e modificare fattispecie giuridiche gi disciplinate da precedenti leggi tributarie; la seconda si realizzerebbe, invece, allorch la legge collega la nascita di una nuova obbligazione tributaria a fatti verificatisi anteriormente allemanazione della legge stessa e non regolamentati. La difficolt di identificazione della vera retroattivit nasce dalla sua similitudine rispetto alla legge di interpretazione autentica la quale, pur presentando elementi di affinit con la norma retroattiva, non introduce alcuna novit. La legge che si definisce interpretativa volta infatti ad imporre il reale significato alla legge interpretata sin dal momento della sua entrata in vigore.

Unaltra distinzione fondamentale quella tra norma retroattiva (sostanziale) attinente alla fattispecie ed agli effetti e norma di applicazione immediata, solitamente riconosciuta che di tipo procedimentale, in quanto questultima pur operando egualmente nel passato, coinvolge unattivit amministrativa in corso di svolgimento al momento dellentrata in vigore della nuova legge.

Pur non esistendo nel nostro ordinamento norme costituzionali che sanciscano un divieto di retroattivit in materia tributaria come lart. 25 operante nel diritto penale, ma disposizioni di rango inferiore e dunque derogabili come lart. 11 disp. prel. c.c. e lart. 3 della legge n. 212/2000, per limitare il fenomeno della retroattivit delle leggi tributarie, si fatto inizialmente ricorso allattualit della capacit contributiva (art. 53 Cost.) o permanenza dellidoneit alla contribuzione del presupposto al momento dellentrata in vigore della nuova legge e della prevedibilit.

Lattualit della capacit contributiva ha senso se questultima intesa in senso oggettivo e non riconducibile agli stati soggettivi del contribuente e se dunque rapportata preventivamente al momento della scelta del presupposto operata dalla legge, che puo eccezionalmente e per un breve periodo riguardare il passato, mentre non ha alcun rilievo allorch si regge sulla mutevole situazione economica del contribuente nel tempo e si faccia discendere da essa la giustificazione di unimposizione retroattiva nella fase successiva di applicazione della nuova legge.

Pi recentemente al fine di limitare la retroattivit tributaria si fatto ricorso al principio della tutela del legittimo affidamento riconosciuto anche dal diritto comunitario. Nel nostro ordinamento tale principio, consentendo al contribuente di poter operare sulla base di una situazione giuridica precedente allinnovazione normativa senza subire il pregiudizio di successive modifiche sfavorevoli, consente di rafforzare il divieto di retroattivit e di vincolare maggiormente il legislatore.

Un limite invalicabile della norma retroattiva resta quello delle situazioni consolidate come il giudicato o la decadenza di termini procedimentali. La nostra giurisprudenza costituzionale ha chiarito in proposito (Corte cost., sent. N. 525/2000) che esiste un divieto di annullamento degli effetti del giudicato attraverso la retroattivit in materia tributaria.

Le disposizioni previste dallart. 3 dello Statuto, pur non avendo rango di norme costituzionali e pur essendo derogabili e non in grado di arginare leggi retroattive sfavorevoli, rappresentano un valido e completo supporto interpretativo in tema di efficacia nel tempo della norma tributaria. Il comma 1 dellart. 3 della legge n. 212/2000 sancisce infatti che salvo quanto previsto dallart. 1, comma 2, le leggi tributarie non hanno effetto retroattivo. In conseguenza di ci la norma afferma, per quanto riguarda i tributi periodici che le modifiche introdotte in materia tributaria si applicano a partire dal periodo dimposta successivo a quello di entrata in vigore.La norma regola fattispecie dunque mai previste precedentemente dal legislatore come il divieto di retroattivit c.d. non autentica nella seconda parte del comma 1. La disposizione dellart. 3, comma 1 pone infatti dei limiti al divieto di retroattivit, facendo salvo quanto previsto allart. 1, comma 2 dello Statuto che sancisce ladozione di leggi interpretative in materia tributaria soltanto in casi eccezionali.

9. EFFICACIA DELLA NORMA TRIBUTARIA NELLO SPAZIO

La dottrina economico-finanziaria ha elaborato nel tempo vari criteri per affrontare lipotesi della ripartizione del gettito tra Stati nel caso in cui si verifichino fattispecie di imposizione aventi rilevanza transnazionale.

Attraverso il principio della tassazione del reddito mondiale (worldwide taxation) adottato dalla maggior parte dei Paesi UE e dallUSA, si considera quale criterio impositivo di collegamento di tipo soggettivo con il territorio la residenza fiscale e si assoggetta il reddito dei propri residenti ovunque prodotto nel mondo, al fine di recuperare gettito derivante da attivit economiche e finanziarie svolte parzialmente in altro Paese. Per poter determinare la residenza ai fini fiscali necessario considerare liscrizione anagrafica della popolazione, la permanenza per maggior parte del periodo dimposta in un determinato Paese, il domicilio, la dimora abituale e, per le societ, il luogo della sede principale o degli interessi economici. Tali elementi presuntivi aventi carattere formale sono superabili dalla dimostrazione della residenza effettiva.

In base allaltro criterio della territorialit o della fonte (source taxation) si tende a realizzare lefficienza fiscale internazionale attraverso lidea che limposizione fiscale, potendo essere effettuata esclusivamente nel territorio di uno Stato a prescindere dalla provenienza di colui che produce la ricchezza, dovrebbe interferire il meno possibile sulle scelte economiche e sullallocazione dei capitali delle imprese ed essere limitata.

La dialettica tra personalit (residenza) e territorialit (fonte) si espressa ai fine delleliminazione della doppia imposizione internazionale dunque nel fondamentale quesito se il tributo dovesse essere prelevato dallo Stato nel quale il reddito aveva la propria origine o fonte attraverso rinuncia dello Stato di residenza del contribuente, o privilegiando un collegamento di tipo soggettivo, in tale ultimo Stato.

Inizialmente, quando la ricchezza veniva prodotta prevalentemente entro i confini nazionali, si sempre tentato di escludere nellordinamento internazionale il potere di uno Stato di prelevare tributi in (o attraverso) un altro Stato nel rispetto del principio di sovranit di cui il tributo espressione, di esclusivit (delloperativit della norma nel territorio dello Stato) e di non collaborazione tra Stati. Per la stessa ragione si escludeva che tale potere spettasse ad organismi sovranazionali come lUE nei confronti degli Stati membri.Con levolversi dei rapporti economici e commerciali tra gli Stati il quadro completamente mutato ed sorta lesigenza da un lato di estendere la efficacia nello spazio delle norme tributarie procedimentali e di esercitare reciprocamente attraverso esse il potere impositivo (di controllo e di riscossione) oltre i confini territoriali e dallaltro di stabilire regole comuni previste anche da norme sostanziali al fine di garantire lo stesso trattamento fiscale dei contribuenti a prescindere dalla loro residenza o dal luogo di svolgimento della propria attivit e di investimento.

In ambito comunitario ove lobiettivo principale quello di favorire lo sviluppo economico degli Stati membri e gli obblighi imposti sono limitati al perseguimento della libera concorrenza ede alleliminazione di ogni ostacolo di natura fiscale alle libert fondamentali ed ove i vincoli posti da alcune norme comunitarie come quelle sul divieto di discriminazione fiscale e di restrizione alle libert fondamentali e sugli aiuti di Stato sono piuttosto intensi ed hanno una funzione limitativa pi significativa rispetto allesercizio della potest tributaria nazionale, si resa indispensabile una limitazione attraverso norme comunitarie della sovranit fiscale nazionale che ha progressivamente determinato la mancanza della titolarit piena degli Stati membri e una maggiore predisposizione in particolare in alcuni settori come quello dellIva (ed in minore misura in quello delle imposte dirette) alla cooperazione con gli altri Stati membri UE. Ci al fine di garantire maggiormente i contribuenti da eventuali disparit di trattamento derivanti dalladozione di norme restrittive con finalit antielusiva e di salvaguardare allo stesso tempo linteresse fiscale attraverso la tutela dei crediti tributari sorti allestero.

Inoltre lespansione delle norme comunitarie antirestrittive in materia fiscale attraverso lattivit interpretativa della Corte di giustizia volte a garantire la parit di trattamento tra soggetti, beni, capitali e servizi di diversa provenienza territoriale, ha determinato la crisi della distinzione tra responsabilit fiscale illimitata del residente e limitata del non residente sulla quale si regge il sistema di tassazione su base mondiale.

CAPITOLO II: I PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO TRIBUTARIO

PARTE I: PRINCIPI COSTITUZIONALI

1. LA CAPACITA CONTRIBUTIVA

Uno dei pi importanti limiti sostanziali al potere impositivo, sul quale si fonda lintero sistema tributario nazionale rappresentato dalla capacit contributiva che essendo lespressione economica del principio di eguaglianza sostanziale previsto dallart. 3 Cost. (eguaglianza c.d verticale), costituisce la principale garanzia per il contribuente ed un forte vincolo nei confronti del legislatore e dellamministrazione finanziaria. Lobbligo di partecipazione di tutti alle spese pubbliche in ragione della propria capacit contributiva sancito dal comma 1 dellart. 53 Cost. rappresenta inoltre una proiezione in materia tributaria del principio di solidariet sancito dallart. 2 Cost. e trova un limite nella libera iniziativa economica (art. 41) che deve essere salvaguardata.Il principio di capacit contributiva va visto pertanto come una regola che si collega inscindibilmente ad altri precetti costituzionali come gli artt. 2, 3, 41 e 42 Cost. ed in tal modo in grado di giustificare il sacrificio del singolo sottoposto allattivit impositiva attraverso il fine solidaristico, economico e sociale e senza una diretta controprestazione.

Lindirizzo che ha considerato la capacit contributiva quale criterio di ripartizione delle pubbliche spese in grado di giustificare una maggiore o minore partecipazione ad esse collegandola al principio di eguaglianza sancito dallart. 3 Cost., stato spesso seguito dalla Corte costituzionale che ha valutato lidoneit generale e personale del contribuente a produrre ricchezza.Tale concezione ancora oggi condivisa da parte della dottrina, considera limposizione fiscale collegata dalla legge ad una manifestazione di capacit contributiva intesa come capacit economica appartenente al soggetto passivo dellobbligazione tributaria. Il principio di capacit contributiva secondo tale orientamento richiede infatti un riferimento allattitudine soggettiva specifica del contribuente e quindi una imposizione di tipo personale.

Partendo da tali presupposti stata elaborata la nozione di capacit contributiva che non puo ricondursi ad una mera capacit economica, bens a quella riferita a singoli determinati centri di imputazione idonea a garantire al soggetto gravato della prestazione impositiva i mezzi finanziari per assolvere la stessa. Nella valutazione della capacit contributiva personale esiste un limite fondamentale insuperabile che consiste nel tenere presente quelle risorse economiche che non rivelano attitudine alla contribuzione in quanto indispensabili al soddisfacimento dei bisogni fondamentali (minimo vitale).

Lart. 53, come stato chiarito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, risponde allesigenza di garantire che ogni prelievo tributario abbia causa giustificativa in presupposti che siano indici concretamente rilevatori di ricchezza dai quali sia deducibile lidoneit soggettiva allobbligazione dimposta, salvo il controllo di costituzionalit sotto il profilo dellarbitrariet o irrazionalit.

La Corte costituzionale ha successivamente mutato orientamento riguardo il principio cardine dellidoneit soggettiva, ritenendo che qualunque fatto che esprime potenzialit o forza economica nella sua oggettivit puo essere considerato presupposto dimposta. Tale orientamento si fonda su una concezione oggettiva e non personalistica della capacit contributiva intesa come criterio distributivo e riconducibile al principio della ragionevolezza.

La capacit contributiva deve essere innanzitutto effettiva nel senso di certa e non meramente fittizia e tale deve risultare anche il collegamento tra la prestazione imposta ed il presupposto. Ci pone un limite allattivit del legislatore di identificazione del presupposto e della base imponibile, dovendosi evitare il ricorso a mezzi o criteri di determinazione miranti a colpire entit non esistenti in concreto in quanto elaborati in termini astratti e forfettari che siano penalizzanti per i contribuenti come le presunzioni assolute.

Le presunzioni sono normalmente considerate legittime se razionalmente giustificate e fondate sulla comune esperienza (Corte cost., sent. N. 42/1980), ma non consentito trasformare tali previsioni in certezze assolute senza possibilit di prova contraria. Gli scopi delle presunzioni fiscali sono identificati nel dare certezza e semplicit al rapporto tributario consentendo una pronta e regolare riscossione dei tributi e nellevitare levasione, ma sempre nel rispetto delleffettivit della capacit contributiva.

Strettamente connesso con il requisito delleffettivit il secondo requisito della capacit contributiva rappresentato dallattualit dellimposizione fiscale che consente di limitare la retroattivit della norma tributaria. Quando la nuova legge tributaria assume ad oggetto presupposti verificatisi nel passato o modifica retroattivamente una disciplina esistente, il collegamento effettivo con la capacit contributiva puo essere interrotto dal decorso del tempo. Deve escludersi che la norma tributaria possa legittimamente assoggettare ad imposta situazioni le quali, sebbene economicamente valutabili, non sono pi attuali in quanto verificatesi in epoca remota rispetto al momento genetico dellobbligazione tributaria. Inizialmente si riteneva fosse necessario che la capacit contributiva permanesse al momento dellimposizione. Il criterio dellattualit della capacit contributiva in funzione anti retroattiva al quale ha fatto spesso ricorso la Corte costituzionale insieme a quello della prevedibilit, sono risultati tuttavia estremamente flessibili in quanto soggetti ad attivit interpretativa ed a valutazioni inevitabilmente soggettive. E stato infatti ritenuto dalla Corte cost. (sent. 20 luglio 1994, n.325), dopo aver ribadito il carattere oggettivo della capacit contributiva, che il contribuente non puo dimostrare la mancanza di attitudine ad adempiere allobbligazione tributaria attraverso la prova di non avere pi la disponibilit in concreto della somma realizzata al momento dellimposizione.

Un fatto diviene presupposto dimposta con lemanazione della legge istitutiva del tributo.

Anche le norme agevolative e quelle che perseguono fini extrafiscali devono rispettare il principio di capacit contributiva e basarsi su un presupposto in grado di esprimere una minore forza economica anche per il fatto che perseguono una finalit ed un interesse costituzionale prevalente rispetto al concorso alla spesa pubblica. Le diverse norme costituzionali che sono alla base di trattamenti fiscali agevolativi, si pongono in tali casi come norme speciali rispetto al precetto generale contenuto nellart. 53 Cost.

Intimamente connesso al principio di capacit contributiva ed a quello di eguaglianza il criterio di progressivit stabilito dal comma 2 dellart. 53 che determina un aumento del carico tributario al crescere della ricchezza prodotta in maniera pi che proporzionale ed al quale si informa il nostro sistema tributario.LEGUAGLIANZA

Il principio di capacit contributiva integra il principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge previsto dallart. 3 Cost. che, avendo portata pi generale, postula lo stesso trattamento giuridico sia impositivo che agevolativo di situazioni eguali o comparabili (eguaglianza statica) e un trattamento differenziato in situazioni diverse (eguaglianza dinamica).Il comma 2 dellart. 3 Cost., prevedendo lobbligo di rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libert e leguaglianza tra i cittadini (eguaglianza sostanziale), rappresenta un limite fondamentale nei confronti del legislatore che opera in materia tributaria, oltre a costituire un completamento dellart. 53 Cost. in grado di assicurare che il cittadino-contribuente non venga penalizzato da eventuali ostacoli di ordine economico di tipo fiscale.La Corte di Cassazione ha inoltre considerato leguaglianza sostanziale congiuntamente allart. 53 Cost. quale corollario del fenomeno dellabuso del diritto in materia tributaria, in quanto consente di contrastare operazioni elusive non espressamente previste dal legislatore e pertanto garantisce la parit di trattamento fiscale.Leguaglianza tra tutti i contribuenti - strettamente collegata allart. 53 Cost. - viene comunemente intesa come eguaglianza verticale su base economica e si differenzia dalleguaglianza orizzontale che si basa sulla territorialit o provenienza di soggetti (residenza) assoggettati ad imposta, riconducibile proprio allart. 3 Cost., comma 1 (eguaglianza tra cittadini senza distinzioni in base al sesso, la razza, ecc.) e che solitamente sancita sotto forma di principio di non discriminazione fiscale in ambito internazionale e comunitario. Tale tipo di eguaglianza che contempla anche casi di riconoscimento dello stesso trattamento fiscale favorevole tra soggetti di diversa nazionalit e dunque lestensione della portata applicativa di norme tributarie agevolative, puo trovare fondamento in altri principi costituzionali, come la libera iniziativa economica e in principi comunitari come le libert fondamentali di circolazione ed dunque riconducibile a finalit extrafiscali.Leguaglianza esige infine che la legge tributaria non detti disciplina contraddittorie tra loro e dunque che garantisca la giustizia fiscale secondo una logica distributiva attraverso la coerenza interna nella scelta del presupposto. Ci implica che venga considerata presupposto di una determinata imposta ogni fattispecie imponibile espressione di quella particolare manifestazione di ricchezza contemplata dal legislatore, evitando disparit di trattamento derivanti da ingiustificate esclusioni di categorie di reddito.

LA RISERVA DI LEGGE

Il principio di riserva di legge in materia tributaria, con la nascita del Governo parlamentare caratterizzato dalla supremazia del Parlamento della cui maggioranza il Governo diviene espressione, consente in quasi tutti gli ordinamenti tributari il soddisfacimento di una doppia esigenza: da un lato, esso volto ad affidare le scelte in campo fiscale, che comportano limitazioni di diritti, allorgano pi direttamente rappresentativo della volont popolare e, dallaltro, ad assumere la sua funzione garantista e democratica migliorando il coordinamento dei rapporti fra Parlamento ed Esecutivo. Lintervento legislativo garantisce infatti la partecipazione ai processi decisionali anche dellopposizione attraverso il c.d. consenso al tributo, la quale sarebbe esclusa se la disciplina fosse adottata esclusivamente con atto governativo.La nascita dellobbligazione tributaria come prestazione patrimoniale imposta attraverso il verificarsi di un fatto previsto dalla legge posta a garanzia dei contribuenti dallart. 23 della nostra Costituzione (nessuna prestazione personale o patrimoniale puo essere imposta se non in base alla legge) che comprende, non solo le prestazioni imposte aventi carattere tributario, ma anche quelle non aventi tale natura. Dalla genesi ed evoluzione storica del principio della riserva di legge e dalla formulazione dellart. 23 Cost. si desume la natura non assoluta bens relativa della stessa che consente la corretta individuazione e ripartizione gerarchica tra la normativa primaria e secondaria che disciplina la materia tributaria.La norma costituzionale richiede che la prestazione patrimoniale sia imposta in base alla legge e non esclusivamente ad opera della legge. Da ci si desume la possibilit di determinare con legge gli elementi essenziali del tributo (base legislativa) fissando criteri generali e principi direttivi e di demandare a fonti diverse e subordinate, promananti dallesecutivo e dagli enti locali, la regolamentazione degli elementi non essenziali e secondari come quelli procedimentali (accertamento e riscossione tributi). In proposito la Corte costituzionale spesso intervenuta per delimitare, alla luce delle disposizioni previste dallart. 23, sia le competenze in materia fiscale tra i diversi organi nellambito della propria potest tributaria, che lattivit delegata dal Parlamento al Governo al fine di evitare un eccesso di delega. Il problema della delimitazione dellattivit delegata assume particolare rilevanza in un sistema ove lutilizzo dello strumento dei decreti legislativi e dei decreti legge da parte del legislatore tributario divenuto abnorme al punto da condurre alla degenerazione della produzione legislativa di questo settore del diritto. Sebbene lutilizzo della delegazione legislativa e dei decreti legge in materia fiscale trovi il suo fondamento costituzionale nei principi della legalit, della democraticit e dellefficienza, difficilmente questi decreti vengono convertiti in legge e ci aggrava la situazione di instabilit generata dalla legislazione delegata. Tutto ci a danno del principio della certezza del diritto e della riserva di legge.Lart. 23 consente inoltre lesercizio della potest tributaria anche da parte di enti diversi dallo stato (ad es. enti locali) e deriva da una pi o meno ampia autonomia che essi possono esercitare nelle aree non riservate alla legge. Il legislatore deve comunque predeterminare i criteri di base e le linee generali di disciplina della discrezionalit amministrativa come stabilito dalla Corte costituzionale nella sent. N. 157/1996. Vi concordia nella giurisprudenza nel ritenere che la base legislativa realizzata quando la legge disciplina gli elementi essenziali che identificano la prestazione tributaria vale a dire: presupposto; soggetto passivo; base imponibile; aliquota entro limiti prestabiliti.Per quanto riguarda i primi due elementi non vi pertanto alcun dubbio che essi vadano indicati dalla legge. La identificazione del presupposto non puo prescindere dalla disputa tra i sostenitori della teoria dichiarativa, la cui concezione si basa sullefficacia costitutiva dellobbligazione tributaria che sorge al verificarsi del presupposto, e coloro (sostenitori della teoria costitutiva) che riconoscono un diverso effetto del presupposto, ritenendo che esso comporterebbe solo la nascita di situazioni giuridiche soggettive a carattere strumentale in ordine al sorgere dellobbligazione.Sia la base imponibile che laliquota sono criteri di determinazione quantitativa delle prestazioni, ma mentre la prima richiede unattivit pi complessa coinvolgendo giudizi economici di estimazione e per tale motivo riservata esclusivamente alla legge, la seconda puo essere demandata a fonti diverse per soddisfare lesigenza di dar ascolto a conoscenze tecniche specifiche o esigenze di amministrazioni locali.La competenza in materia tributaria, pur restando concorrente e spettando sia alle Regioni che allo Stato in quanto lart. 23 Cost., stabilisce ancora una riserva di legge relativa (che consente di garantire uniformit ed omogeneit dellintero sistema fiscale), a seguito della modifica dellart. 119 Cost., risulta chiaramente riferibile anche alla legge regionale e ci significa che le regioni possono istituire e stabilire tributi propri regionali determinando gli elementi fondamentali nel rispetto del principio di coordinamento del sistema tributario. Lintervento nei settori riservati alla legge deriva dunque da una pi o meno ampia autonomia sancita a livello costituzionale che gli enti territoriali in particolare possono esercitare anche nei confronti di Comuni e Province e non pi soltanto dallautorizzazione conferita dalla legge ordinaria che disciplina il singolo tributo. La sfera di autonomia tributaria di tali ultimi enti locali dotati di potere regolamentare e statutario, considerato che la Costituzione, la legge e gli atti aventi forza di legge sono fonti primarie, deve necessariamente essere fondata sulla legge (ordinaria e regionale). Sulla base di tali considerazioni non varrebbe una norma legislativa che istituisca in generale il potere regolamentare inteso come ulteriore riserva in materia tributaria.Anche la disciplina dellaccertamento e della riscossione in base allart. 23 Cost. puo essere dunque demandata ad atti non aventi forza di legge come i regolamenti e i decreti ministeriali. Lintervento in tali settori attraverso la normativa secondaria ha funzione integrativa essendo consentito disciplinare lentit della prestazione tributaria nellambito dei criteri fissati dal legislatore. Tuttavia si posto il problema di individuare il confine tra norme sul presupposto, sulla base imponibile e quelle sullaccertamento in quanto esso risulta spesso sfumato al punto tale che, con atto dellesecutivo volto alla determinazione di parametri economici di capacit contributiva, si puo incidere sul presupposto del tributo violando il precetto sancito dalla riserva di legge relativa.Sembra ormai definitivamente superato il problema della conflittualit delle norme comunitarie operanti in materia tributaria con il principio di riserva di legge atteso che tali norme, pur influenzando e condizionando fortemente lattivit del legislatore (potere legislativo statale e regionale) come risulta dallart. 117 Cost. il quale sancisce in generale il doppio vincolo costituzionale e comunitario, non consentono agli organi comunitari di istituire tributi in quanto la sovranit tributaria spetta ancora agli Stati membri che possono esercitarla sulla base dellart. 23 Cost. Tuttavia la deroga alle norme costituzionali ex art. 11 Cost., il primato del diritto comunitario, che determina la sua prevalenza anche rispetto alle disposizioni costituzionali (salvi i contro limiti), e lefficacia diretta di alcune direttive e dei regolamenti, consentono la conservazione di una sfera di riserva di legge che va assottigliandosi e comunitarizzandosi sempre pi.

AUTONOMIA FINANZIARIA DEGLI ENTI LOCALI E COORDINAMENTO DEI TRIBUTI PROPRI

Il comma 1 dellart. 119 Cost. - a seguito della riforma del Titolo V - pone sullo stesso piano Comuni, Province, Citt metropolitane e Regioni, stabilendo che essi hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa. Rispetto alla versione precedente rilevabile certamente una maggiore autonomia finanziaria e tributaria di tali enti. Limitando la lettura dellart. 119 al comma 1, si potrebbe infatti ritenere che sia stato rimosso il limite allautonomia finanziaria costituito dal rinvio alla legge nazionale presente nella precedente versione, ma evidente che esso sopravvive attraverso il richiamo del comma 2 della stessa norma costituzionale al rispetto dei principi di coordinamento che, pur riguardando unicamente il potere degli enti locali e delle Regioni di stabilire e applicare tributi ed entrate proprie, non puo che essere garantito dalla legge nazionale. Il coordinamento ai sensi dellart. 117, comma 2, Cost. spetta inoltre anche alle Regioni e riguarda il sistema tributario degli enti locali (Comuni e Province) ad esse appartenenti.Il riferimento in particolare operato nel comma 1 allautonomia di entrata oltre che a quella di spesa, appare pi ampio e comunque diverso rispetto al richiamo dei successivi commi dellart. 119 alle risorse proprie ed ai tributi propri e non puo dunque riguardare esclusivamente queste ultime entrate. La legge delega n. 42/2009 rappresenta la norma attuativa delle disposizioni contenute nellart. 119 Cost. che fissa i principi e le linee direttive in base alle quali sono stati emanati i decreti legislativi.Maggiori difficolt interpretative presenta lattuale formulazione dellart. 119, comma 2, Cost. che risulta notevolmente diversa dalla precedente ed in particolare il potere degli enti territoriali e locali di stabilire ed applicare tributi propri.Linterpretazione dellart. 119 Cost. da parte della Corte cost. ha portato a considerare per lungo tempo lattribuzione del potere di stabilire e applicare tributi locali in base al tipo di norma (legge dello Stato) con la quale questi ultimi sono stati istituiti, senza alcuna possibilit di intervento da parte dellente territoriale. In altre parole si ritiene che solo i tributi istituiti da legge regionale sarebbero da considerare propri e modificabili dagli enti locali ai sensi dellart. 119, comma 2, Cost.

La legge delega n. 42/2009 (art. 7) di attuazione dellart. 119 Cost.: ha riconosciuto finalmente alle Regioni: la possibilit di istituire autonomamente con propria legge, nel rispetto del limite della doppia imposizione, veri e propri tributi (tributi propri); il potere di intervenire marginalmente su quelli propri (derivati) istituiti da legge dello Stato (che costituiscono la maggior parte dei tributi locali); ha previsto, con riferimento a questi ultimi il doppio vincolo nazionale e comunitario che potrebbe non consentire di fatto di superare, allo stato attuale, lorientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale restrittivo esaminato.Lart. 52 del d.lgs. n. 446/1997, che definisce meglio i limiti dellautonomia tributaria degli enti locali (Comuni e Province) - esercitabile attraverso regolamenti e statuti (atti di formazione secondaria) -, rappresenta una norma cardine in grado di far ritenere rispettato il principio della riserva di legge ogni qualvolta nellatto di normazione primaria (legge statale) siano indicati i soggetti passivi, il presupposto e i criteri di determinazione del quantum della prestazione. Allo stesso modo e sulla falsariga dellart. 52, lart. 12 della legge n. 42/2009 stabilisce che gli elementi fondamentali dei tributi comunali sono fissati dalla legge statale la quale stabilisce, garantendo una adeguata flessibilit, le aliquote di riferimento per tutto il territorio nazionale.I commi 2 e 3 dellart. 119 Cost. prevedono, inoltre, che lo Stato dovrebbe assicurare agli enti territoriali insieme ai tributi propri ed al fondo perequativo, la sufficienza delle risorse rispetto ai loro fabbisogni finanziari correlati allespletamento delle funzioni pubbliche attribuite. La compartecipazione, essendo destinata allordinario fabbisogno regionale, considerata dalla nuova disposizione costituzionale e dalle legge delega n. 42/2009 (art. 2, comma 2, lett. H) relativa al gettito dei tributi collegati al territorio regionale o dellente locale. La compartecipazione delle regioni ai tributi erariali, unitamente allattribuzione del gettito di tributi regionali derivati, dovr secondo legge delega (art. 7, comma 1, lett. D) tenere conto del luogo di consumo, di quello di prestazione lavorativa e della residenza del percettore dei tributi riferiti alle persone fisiche.In base al comma 3 dellart. 119 la legge dello Stato istituisce un FONDO PEREQUATIVO, senza vincoli di destinazione (art. 117, comma 2, lett. E), volto a riequilibrare, sulla base di diversi criteri rispetto al passato, le finanze delle Regioni e degli enti locali con riguardo ai territori caratterizzati da minore capacit fiscale per abitante.

LA TUTELA DELLAFFIDAMENTO, LA BUONA FEDE E LIMPARZIALITA DELLA P.A. (CHIAREZZA, CONOSCENZA E INFORMAZIONE DEL CONTRIBUENTE)

La tutela della buona fede e del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica, corollario questultimo del principio di buona fede oggettiva, rappresenta uno dei principi fondamentali di diritto tributario ed ha assunto di recente una chiara e precisa formulazione, facendo cogliere distintamente levoluzione dei rapporti fra fisco e contribuente in vista del passaggio da una visione sostanzialmente conflittuale di detto rapporto ad un nuovo assetto informato ad un pi elevato livello di civilt giuridica basato sulla riduzione della conflittualit, sulla trasparenza, sulleconomicit dellazione amministrativa, sulla partecipazione del contribuente. Tale principio trova il suo riferimento costituzionale nellart. 97 Cost. ed disciplinato dallart. 10 della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) soltanto con riguardo alloperato dellAmministrazione finanziaria. Gli artt. 5, 6 e 7 dello stesso Statuto del contribuente, nel prevedere chiarezza, conoscenza e informazione del contribuente, garantiscono lattuazione del principio costituzionale di buona fede e del buon andamento dellattivit svolta dellA.F.In realt, occorre precisare che, gi prima dellapprovazione dello Statuto dei diritti del contribuente, lapplicabilit del principio di buona fede nel diritto tributario poteva desumersi argomentando dal dibattito dottrinale in ordine alla buona fede in diritto amministrativo, nel senso che la clausola della buona fede riguarda qualunque tipo di attivit della P.A. (indipendentemente dal regime giuridico, sia esso discrezionale sia esso vincolato) e ci proprio in considerazione del fatto che la funzione originaria di detta clausola risiedeva nellesigenza di regolare rapporti non paritari al fine di limitare la possibilit di abuso da parte di chi era in posizione dominante.Il principio dellaffidamento, quale naturale sviluppo del principio di buona fede, non riguarda soltanto lattivit discrezionale dellamministrazione, in quanto un comportamento scorretto puo ipotizzarsi anche nello svolgimento di attivit vincolate da parte del legislatore.La tutela dellaffidamento svolge dunque anche in materia tributaria unimportante funzione limitativa essendo in grado di arginare ogni tentativo da parte del legislatore e dellA.F. di arbitrariet ed volta a garante in un sistema complesso e farraginoso come quello fiscale. La coerenza e la certezza del diritto.Fondamentale in proposito lattivit giurisprudenziale volta a valutare in materia tributaria il principio dellaffidamento e la necessit di un sindacato sulla ragionevolezza relativamente alla portata retroattiva della legge tributaria anche se di interpretazione autentica o meglio fittiziamente tale. E opportuno precisare che il divieto di retroattivit della legge tributaria (sostanziale) basato sulla tutela dellaffidamento - quale logico completamento del principio dellattualit della capacit contributiva - riconducibile al principio di certezza del diritto, della libera iniziativa economica (art. 41 Cost.) e della pianificazione fiscale: linteresse del contribuente al mantenimento dello status quo va ponderato in considerazione del contrapposto interesse fiscale alla variazione legislativa con effetto retroattivo che puo determinare la neutralizzazione delleffetto sfavorevole, in questottica, pertanto, le nuovi leggi tributarie necessitano di una particolare giustificazione.La portata non assoluta della tutela dellaffidamento determina alcune situazioni di sostanziale deroga in cui in presenza di una valida giustificazione, non si determina la violazione di tale principio. Ci accade in primo luogo, in presenza di interventi interpretativi su norme oscure o confuse (posto che la norma effettivamente interpretativa esula dalla sfera di azione della tutela dellaffidamento potendo le leggi interpretative se volte ad eliminare ambiguit o contraddizioni essere la condizione essenziale per ripristinare la certezze del diritto). Inoltre va considerato il caso, peraltro piuttosto ovvio, relativo alla mancata operativit del principio del perseguimento di preminenti interessi pubblici e di prevedibilit dellintervento in termini di effetto annuncio.La violazione dellaffidamento , dunque, consentita solo nel caso in cui lirretroattivit e le esigenze di certezza del diritto siano in contrasto con altri interessi costituzionalmente protetti, con conseguente sindacato della Corte costituzionale, in base ai canoni della ragionevolezza, in ordine allesito del bilanciamento degli interessi in conflitto.Emerge, pertanto, limportanza, al fine del ricorso alla tutela dellaffidamento, della valutazione ponderata degli interessi contrapposti con conseguente giudizio sulla congruit delle giustificazioni. Lesigenza di giustificazione, pertanto, ha la finalit di far comprendere il perch della misura ad effetto retroattivo ed il fine perseguito dalla misura stessa.La tutela dellaffidamento assume particolare rilevanza in ambito europeo ed in particolare nella giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei diritti dellUomo ove non considerata un divieto assoluto. Bisogna ricordare che anche in ambito comunitario si manifestata la necessit di una applicazione ponderata del principio dellaffidamento (legitimate expectation), che condiziona il legislatore e lAmministrazione finanziaria considerando, in particolare, non solo la prevedibilit da intendere non come stato previsionale soggettivo del contribuente, ma come possibilit di conoscere preventivamente una norma - in termini di strumento di neutralizzazione della retroattivit volto ad attuare la certezza del diritto ed a garantire la programmazione dellattivit economica, ma anche rivolgendo attenzione al principio di proporzionalit dellintervento retroattivo in relazione allobiettivo che si vuole raggiungere che quasi sempre di natura economica. Laltra funzione fondamentale della tutela dellaffidamento quella svolta nei confronti dellA.F. e dei soggetti attivi dellobbligazione tributaria e che dunque incide sulla loro attivit discrezionale garantendo limparzialit.In particolare, lattivit ermeneutica ministeriale viene a costituire loggetto di fiducia del contribuente nella fase organizzativa delle proprie attivit; il contrasto tra diverse interpretazioni ministeriali o il mutamento di interpretazioni precedenti (revirement) anche con riguardo a norme procedimentali, puo determinare la tassazione di un presupposto a notevole distanza temporale con la conseguente incertezza giuridica e il grave pregiudizio dellattivit economica.In questottica, pur non potendosi negare la possibilit allAmministrazione di mutare il proprio orientamento interpretativo, preferibile ritenere che gli orientamenti interpretativi una volta manifestati non debbano variare con riferimento a fattispecie gi poste in essere se il ravvedimento interpretativo arreca danno retroattivamente ai contribuenti che ad esso si erano uniformati. Sono fatte salve disposizioni amministrative retroattive che sono emanate per sostituire una precedente interpretazione ministeriale di una legge tributaria chiaramente illegittima (ci rappresenta, come si detto, una deroga alla tutela dellaffidamento anche nel caso di divieto di retroattivit nei confronti del legislatore in riferimento a disposizioni volte a modificare norme preesistenti illegittime).In ordine alle modifiche interpretative dellA.F., nel nostro ordinamento, il comma 1 dellart. 10, legge n. 212/2000 (Statuto del diritto del contribuente) stabilisce che i rapporti fra amministrazione e contribuente sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede; la portata della norma tuttavia limitata dal disposto del comma 2 l dove si prevede che non sono irrogate sanzioni, n richiesti interessi moratori al contribuente qualora egli si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dellA.F. ancorch successivamente modificati dalla stessa amministrazione.Mentre nel comma 1 dellart. 10 concernente la tutela dellaffidamento si ha riguardo ai rapporti fra amministrazione e contribuente (reciproca collaborazione e buona fede), in riferimento sia alla fase processuale che a quella procedimentale, nel comma 2 le due ipotesi normative attengono al comportamento dellA.F. dal quale consegue lerrore del contribuente. Detto enunciato normativo, nellescludere lapplicabilit di sanzioni e interessi, sembra sostanzialmente affermare la sussistenza della pretesa tributaria. Interessante risulta lorientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione il quale, per il suo ampio e circostanziato approfondimento di alcune questioni generali in ordine ai limiti allazione dellAmministrazione finanziaria derivanti dallo Statuto dei diritti del contribuente, offre diversi spunti di riflessione. In particolare, la Suprema Corte, dopo aver affermato che il principio della tutela dellaffidamento del contribuente costituisce un elemento essenziale dello Stato di diritto gi immanente nellordinamento tributario - pertanto applicabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore alla sua entrata in vigore - ha ritenuto lart. 10 una norma immediatamente precettiva dotata di capacit espansiva esprimendosi nel senso che lamministrazione finanziaria non puo venire contra factum proprium emanando un atto impositivo in contrasto con proprie precedenti indicazioni sulle quali abbia fatto legittimo affidamento il contribuente.Di recente stato evidenziato che il rapporto di buona fede determina nellA.F. il dovere di assumere nei confronti del contribuente una condotta collaborativa nel caso ad es. di errore nella corretta identificazione dellufficio competente o di mutamento della ripartizione di competenze territoriali degli uffici.Inoltre, affinch la prestazione tributaria sia da considerare inesigibile, bisogna appurare se le obiettive circostanze di una data fattispecie indichino, o meno, la presenza di una situazione di legittimo affidamento del contribuente; si pensi a titolo esemplificativo allipotesi, in cui la stessa amministrazione contesti una violazione sostanziale al contribuente, violazione che il contribuente stesso ha provveduto a definire, molto tempo prima, conformemente alle indicazioni di cui al processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, o al caso di tributi come lIva, per i quali non ammessa la rivalsa a seguito dellaccertamento, nel momento in cui lamministrazione, molto tempo dopo, muti il proprio orientamento interpretativo formalizzato in una circolare, individuando la soggettivit passiva di una certa categoria di contribuenti (il decorso del tempo, pertanto, depone tendenzialmente a favore della individuazione di una situazione di affidamento tutelabile).Seguendo questordine di idee, dunque, al fine di non svalutare il significato del comma 1 dellart. 10, sarebbe preferibile una interpretazione dellart. 10, comma 2 volta a non escludere una responsabilit dellAmministrazione finanziaria in ogni caso di revirement ministeriale in peius di una sua precedente interpretazione con conseguente annullamento dellatto impositivo in contrasto con detta interpretazione.Dal principio di tutela dellaffidamento, buona fede, del buon andamento e dellimparzialit scaturiscono, come evidenziato infine, alcuni obblighi di informazione, conoscenza, semplificazione, chiarezza e motivazione degli atti dellA.F. previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente. Tali obblighi, se pur espressione di norme costituzionali gi esistenti, hanno trovato finalmente una precisa collocazione nellordinamento tributario e nella loro articolazione normativa, che ha previsto nuovi e specifici obblighi per lA.F., sono risultati in parte innovativi e contribuiscono ad una maggiore civilt giudica del nostro sistema fiscale e del rapporto fisco-contribuente.

PARTE II: PRINCIPI COMUNITARI

LARMONIZZAZIONE E IL COORDINAMENTO DEI SISTEMI FISCALI

Larmonizzazione legislativa in ambito comunitario viene definita come una procedura attraverso la quale possibile rendere affini gli ordinamenti giuridici nazionali o pi specificamente le discipline normative e le disposizioni regolamentari nazionali per la realizzazione di un fine comune. Il procedimento di armonizzazione consente lidentificazione di punti di partenza e la determinazione del rapporto in cui i vari gruppi di norme appartenenti a diversi ordinamenti devono trovarsi.Ci presuppone sistemi fiscali compatibili ed interventi aventi la medesima finalit di eliminare alcune diversit o asimmetrie delle normative tributarie che producono effetti restrittivi delle libert fondamentali di circolazione e distorsivi della concorrenza tra gli Stati. Tale procedimento restringe inevitabilmente la sovranit fiscale degli Stati membri condizionandola per il futuro. In ambito comunitario tale procedimento si verifica, secondo i sostenitori della teoria dellarmonizzazione coattiva, allorch i vari Paesi di comune accordo attraverso lAutorit sovranazionale preposta prevedano la modifica di una determinata norma tributaria o ladeguamento di essa in conformit ad un modello unico (c.d. INTEGRAZIONE FISCALE POSITIVA).I sostenitori dellarmonizzazione spontanea o coordinamento ritengono invece che le imposte dirette determinano effetti distorsivi marginali in quanto le forze libere del mercato portano necessariamente ed automaticamente ad un equilibrio tra gli ordinamenti senza un intervento comunitario vincolante. Tale procedimento si realizza attraverso il rispetto di divieti generali posti dal Trattato UE come quello di restrizione (INTEGRAZIONE FISCALE NEGATIVA).Domanda: qual dunque la differenza tra INTEGRAZIONE FISCALE POSITIVA e NEGATIVA?

Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali sancito dallart. 114 TFUE (ex art. 94 TUE) riguardante quelle norme che hanno una diretta incidenza sullinstaurazione e sul funzionamento del mercato interno, il principale mezzo dazione di cui dispone lUnione europea per realizzare larmonizzazione in settori come quello della fiscalit diretta e promuovere allo stesso tempo i suoi obiettivi istituzionali. Dal punto di vista giuridico comunitario il concetto di ravvicinamento assimilabile a quello di affinit delle discipline normative utilizzato nella definizione generale di armonizzazione ed certamente distinto da quello di unificazione. Tale ultimo procedimento si realizza attraverso regolamenti che non lasciano alcun margine di discrezionalit al legislatore nazionale e che non possono operare nel settore della fiscalit diretta mancando una competenza esclusiva degli organi sovranazionali competenti. Una forte spinta verso lunificazione fiscale deriva tuttavia dalla Unione monetaria e dai vincoli di bilancio posti dal diritto UE che richiedono politiche tributarie comuni.Larmonizzazione non presuppone lunicit dei mezzi e puo realizzarsi anche in materia fiscale ove la competenza non trasferita agli organi istituzionali UE (Consiglio e Commissione), qualora la norma (tributaria) rappresenti un ostacolo al funzionamento del mercato, e si realizza attraverso le direttive che rappresentano lo strumento principale per rendere affini alcune disposizioni fiscali nazionali.

Un po di storia:Larmonizzazione del settore delle imposte dirette avviata negli anni sessanta attraverso studi da parte della Commissione, sembrava fosse per realizzarsi nel 1990 con lemanazione delle direttive 90/434, 90/435 e 90/436 che istituivano regole fiscali communi neutre per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune di rafforzare la competizione tra imprese in ambito internazionale. Esse riguardavano rispettivamente il trattamento tributario neutrale delle plusvalenze risultanti da fusioni, scissioni e conferimenti di attivo, il regime fiscale delle societ madri e figlie collocate in Stati diversi e la procedura arbitrale in caso di doppia imposizione risultante da rettifiche dei prezzi di trasferimento. Tuttavia, la sfera di applicazione abbastanza limitata delle tre direttive e la non univoca interpretazione delle disposizioni in esse contenute, ha successivamente determinato non pochi problemi nellapplicazione da parte degli Stati membri. Ci ha provocato un lungo periodo di stallo che si concluso con lemanazione nel 2003 delle direttive sulla tassazione dei redditi da risparmio nn. 2003/48 e 2003/49, in attuazione della libera circolazione dei capitali che si fondano sullo scambio di informazioni tra autorit e istituti di credito e che hanno un ambito di applicazione definito riguardando il pagamento di interessi (reddito da risparmio) rispettivamente nei confronti di persone fisiche e societ di diversi Paesi UE.Attraverso tali interventi normativi stato previsto un regime comune di tassazione del risparmio in ambito UE che prevede la rinunzia al potere impositivo sugli interessi da parte dellente erogante non residente per consentire in tutti gli ordinamenti nazionali leffettiva imposizione nello Stato di residenza del beneficiario del reddito di capitale secondo la legislazione di questultimo. Per completezza va ricordato che da tempo la Commissione sta lavorando ad una direttiva che dovrebbe stabilire principi comuni in tema di tassazione delle societ attraverso la previsione di una base imponibile consolidata (CCCTB), ma che ha subito momentaneamente un arresto. Diversa la situazione per quanto riguarda larmonizzazione delle imposte indirette ed in particolare dellIva che risulta molto pi avanzata e che si fonda sullart. 113 TFUE (ex art. 93 del Trattato UE). Tale procedimento stato avviato con lemanazione della sesta direttiva introdotta il 17 Maggio 1977 ed alla quale hanno fatto seguito una serie di altre direttive. Ultimamente la direttiva 2006/112 del 28 Novembre 2006 (direttiva Iva) ha predisposto un testo unico delle norme sul sistema comune Iva, rielaborando, razionalizzando e coordinando le numerose modifiche intervenute ed ha consentito un sufficiente livello di armonizzazione dellimposta sul valore aggiunto in ambito comunitario.Nonostante tali interventi migliorativi su elementi strutturali dellimposta determinante risulta ancora lattivit interpretativa della Corte di giustizia che ha consentito di configurare un autonomo sistema Iva, garantendone attraverso lefficacia diretta della normativa comunitaria di riferimento, luniforme applicazione nei sistemi fiscali nazionali.

IL PRINCPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE

Il fenomeno della discriminazione fiscale si determina nei casi in cui il diverso trattamento di situazioni identiche o leguale disciplina di casi diversi, siano irragionevoli, arbitrari ed irrilevanti e non giustificate da differenze sostanziali ed obiettive (rule of reason). Il principio di non discriminazione in materia tributaria regolato prevalentemente da norme di diritto internazionale ed in particolare da quelle di tipo convenzionale attraverso le quali gli Stati contraenti rinunziano parzialmente allesercizio della propria sovranit fiscale, anche se trova egualmente fondamento giuridico in disposizioni nazionali.Sulla base di tale principio sono stati elaborati una serie di divieti come quello della clausola della nazione pi favorita, di restrizione fiscale alle libert fondamentali (che, come si vedr, si distingue dal divieto di discriminazione e si caratterizza per la sua maggiore ampiezza), del libero accesso al mercato che rappresentano regole fondamentali del commercio e delleconomia internazionale che condizionano e vincolano gli ordinamenti tributari nazionali. Levoluzione dellinterpretazione della Corte di giustizia delle libert fondamentali e del principio di non discriminazione previste dal Trattato UE, determina la loro sempre pi ampia sfera di applicazione in materia fiscale che riguarda situazioni non tipicamente intra-comunitarie ma quasi di diritto interno che nascono dallincompatibilit comunitaria di normative nazionali non armonizzate.E condizionato ed influenzato dal principio di non discriminazione fiscale lintero settore della sovranit nazionale in materia di imposte indirette e la sfera delle imposte dirette che riguarda direttamente o indirettamente il trattamento pi sfavorevole dei non residenti rispetto ai residenti in un paese UE.

IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE

Il fenomeno della discriminazione fiscale si determina nei casi in cui il diverso trattamento di situazioni identiche o leguale disciplina di casi diversi, siano irragionevoli, arbitrari ed irrilevanti e non giustificate da differenze sostanziali ed obiettive (rule of reason). Il principio di non discriminazione in materia tributaria regolato prevalentemente da norme di diritto internazionale ed in particolare da quelle di tipo convenzionale attraverso le quali gli Stati contraenti rinunziano parzialmente allesercizio della propria sovranit fiscale, anche se trova egualmente fondamento giuridico in disposizioni nazionali.Sulla base di tale principio sono stati elaborati una serie di divieti come quello della clausola della nazione pi favorita, di restrizione fiscale alle libert fondamentali (che, come si vedr, si distingue dal divieto di discriminazione e si caratterizza per la sua maggiore ampiezza), del libero accesso al mercato che rappresentano regole fondamentali del commercio e delleconomia internazionale che condizionano e vincolano gli ordinamenti tributari nazionali. Levoluzione dellinterpretazione della Corte di giustizia delle libert fondamentali e del principio di non discriminazione previste dal Trattato UE, determina la loro sempre pi ampia sfera di applicazione in materia fiscale che riguarda situazioni non tipicamente intra-comunitarie ma quasi di diritto interno che nascono dallincompatibilit comunitaria di normative nazionali non armonizzate.E condizionato ed influenzato dal principio di non discriminazione fiscale lintero settore della sovranit nazionale in materia di imposte indirette e la sfera delle imposte dirette che riguarda direttamente o indirettamente il trattamento pi sfavorevole dei non residenti rispetto ai residenti in un paese UE.La clausola della nazione pi favorita e i divieti di discriminazione hanno assunto valore particolare storicamente in materia di commercio internazionale, operando nei confronti delle me