DIRITTO DI STAMPA 8 Collana diretta da Giuseppe Boncori ... · 2.7 Maria Montessori e la libera...

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DIRITTO DI STAMPA 8 Collana diretta da Giuseppe Boncori, Nicola Siciliani de Cumis, Maria Serena Veggetti A11 53

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DIRITTO DI STAMPA

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Collana diretta daGiuseppe Boncori, Nicola Siciliani de Cumis, Maria Serena Veggetti

A1153

Il diritto di stampa era quello che, nell’università di un tempo, veniva ameritare l’elaborato scritto di uno studente, anzitutto la tesi di laurea, di cuifosse stata dichiarata la dignità di stampa. Le spese di edizione erano, budgetpermettendo, a carico dell’istituzione accademica coinvolta. Conseguenze im-mediate: a parte la soddisfazione personale dello studente, del relatore e del cor-relatore, un vantaggio per il curricolo professionale dell’autore, eventualiopportunità di carriera accademica e possibili ricadute positive d’immagine pertutti gli interessati. Università compresa.

La dignità di stampa e, se possibile, il diritto di stampa erano quindi deter-minati dalla cura formale della trattazione, dalla relativa novità del tema di stu-dio, dall’originalità del punto di vista e magari dai risultati “scientifici” della tesi:e cioè dal “vuoto” che, in via di ipotesi, si veniva a riempire in un determinato“stato dell’arte”, e dunque dal valore metodologico, anche in termini applicativi,della materia di studio e dei suoi risultati tra didattica e ricerca. Caratteristica deldiritto di stampa, in tale logica, la discrezionalità e l’eccezionalità. La prospetti-va di contribuire, così facendo, alla formazione di élites intellettuali.

Sulla scia di questa tradizione, e sul presupposto che anche l’università dioggi, per quanto variamente riformata e aperta a un’utenza di massa, sia pursempre un luogo di ricerca, nasce questa collana Diritto di stampa. Sul presup-posto, cioè, che la pubblicità dei risultati migliori della didattica universitaria siaessa stessa parte organica e momento procedurale dello studio, dell’indagine: eche pertanto, ferme restando la responsabilità della scelta e la garanzia dellaqualità del prodotto editoriale, il diritto di stampa debba essere esteso piuttostoche ridotto. Esteso, nel segno di un elevamento del potenziale euristico e dellacapacità critica del maggior numero possibile di studenti.

Un diritto di stampa, che però comporta precisi doveri per la stampa: ildovere di una selezione “mirata” del materiale didattico e scientifico a disposi-zione; il dovere di una cura redazionale e di un aggiornamento bibliograficoulteriori; il dovere della collegialità e insieme dell’individuazione dei limiti edelle possibilità dell’indagine: limiti e possibilità di contenuto, di ipotesi, distrumenti, di obiettivi scientifici e didattici, di interdisciplinarità. Un diritto distampa, che cioè collabori francamente, in qualche modo, a una riflessione sullepeculiarità istituzionali odierne del lavoro accademico e dei suoi esiti.

Questa collana, dunque, prova a restituire l’immagine in movimento di unlaboratorio universitario di studenti e docenti. E l’idea che alcuni dei risultatipiù apprezzabili, come le tesi di laurea prescelte, possano mettersi nuovamentein discussione mediante i giudizi e gli stimoli di studiosi competenti.

Università degli Studi “La Sapienza” di Roma Facoltà di Filosofia Dipartimento di Ricerche storico–filosofiche e pedagogiche Corso di laurea in Scienze dell’educazione e della formazione Villa Mirafiori / Via C. Fea, 2 – 00161 Roma Tel. 06 8632 0520 – Fax. 06 4991 7210

Cura redazionale diGermana Recchia e Alessandro Sanzo.

Anna Matellicani

La “Sapienza” di Maria MontessoriDagli studi universitari alla docenza

1890–1919

Presentazioni di

Nicola Siciliani de Cumis, Furio Pesci e Marco Antonio D’Arcangeli

Postfazione di

Giacomo Cives

Copyright © MMVIIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133 a/b00173 Roma

(06) 93781065

ISBN 978–88–548–1365–6

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: ottobre 2007

Alla mia famiglia

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Indice Presentazioni

di Nicola Siciliani de Cumis ........................................................................... 11 di Furio Pesci ................................................................................................. 19 di Marco Antonio D’Arcangeli ....................................................................... 21 Premio “M. Jervolino” ................................................................................... 33

Avvertenza ........................................................................................................... 35 Introduzione ......................................................................................................... 37 Capitolo primo – Vita e prima formazione educativa (1870�1890) .................... 45

1.1 Premessa ................................................................................................ 45 1.2 L’infanzia .............................................................................................. 45 1.3 Contesto storico, culturale e sociale ...................................................... 48 1.4 L’adolescenza......................................................................................... 51

Capitolo secondo – Gli anni dell’Università .................................................... 53

2.1 Una scelta coraggiosa ............................................................................ 53 2.2 L’iscrizione alla Facoltà di Scienze naturali .......................................... 55 2.3 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e chirurgia ......................... 64 2.4 Laurea in Medicina e chirurgia e primi riconoscimenti scientifici ........ 66 2.5 La Scuola Magistrale Ortofrenica e l’Istituto Superiore di Magistero

femminile di Roma ................................................................................ 80 2.6 L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia ..................................................... 86 2.7 Maria Montessori e la libera docenza in Antropologia ......................... 95 2.8 Esame di libera docenza in Antropologia: 8 giugno 1904 .................... 103 2.9 L’insegnamento all’Università «La Sapienza» ...................................... 106

2.9.1 L’istituzione della Scuola Pedagogica e pubblicazione dell’Antropologia pedagogia ......................................................... 111

2.10 La realizzazione dei progetti educativi: le prime Case dei bambini ....... 117 2.11 La diffusione del pensiero e del «Metodo» Montessori fuori dall’Italia .. 120

Capitolo terzo – La scoperta del bambino in Maria Montessori .......................... 125

3.1 L’incontro con Giuseppe Ferruccio Montesano .................................... 125 3.2 La scoperta dell’infanzia degenerata ..................................................... 126 3.3 La questione dei deficienti nelle scuole e la scoperta del «Metodo» ..... 132 3.4 La «Casa dei Bambini» .......................................................................... 137 3.5 Il Metodo della Pedagogia Scientifica ................................................... 140 3.6 Il «Metodo»............................................................................................ 143

Capitolo quarto – La conferenziera ..................................................................... 147

4.1 Premessa ................................................................................................ 147 4.2 Maria Montessori e il suo impegno femminista .................................... 147 4.3 Berlino 1896 .......................................................................................... 149

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4.4 Il Primo Congresso Nazionale Pedagogico, Torino 1898...................... 150 4.5 Il Congresso di Londra .......................................................................... 155 4.6 Il Primo Congresso Nazionale delle Donne, Roma 1908 ...................... 161

Conclusione ......................................................................................................... 167 Appendice ........................................................................................................... 169 Introduzione ........................................................................................................ 171 Parte prima � Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

(1890�1904) ............................................................................... 175 I.1 Maria Montessori alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali .. 175

I.1.1 Anno Accademico 1890�91 ......................................................... 176 I.1.2 Anno Accademico 1891�92 ......................................................... 181

I.2 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e Chirurgia ........................... 184 I.2.1 Anno Accademico 1892�93 ......................................................... 186 I.2.2 Anno Accademico 1893�94 ......................................................... 192 I.2.3 Anno Accademico 1894�95 ......................................................... 197 I.2.4 Anno Accademico 1895�96 ......................................................... 207

I.3 Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria ........................................... 212 I.4 Maria Montessori alla Facoltà di Filosofia.................................................. 213

I.4.1 Anno Accademico 1902�03 ......................................................... 213 I.4.2 Anno Accademico 1903�04 ......................................................... 219

Parte seconda � Nota biografica dei docenti universitari

dei quali Maria Montessori ha frequentato i corsi (1890�1904) ..... 227 II.1 Docenti alla Facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali ........... 227 II.2 Docenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia ............................................ 232 II.3 Docenti al Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria ...................... 241 II.4 Docenti alla Facoltà di Filosofia ................................................................... 241

Parte terza � Gli studi e gli interessi accademici di Maria Montessori

negli scritti giovanili (1896�1907) .............................................. 247 III.1 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia, Contributo clinico allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagonistico (1896)......... 247 III.2 Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale (1896) ....... 249 III.3 Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (1897)................................ 250 III.4 Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo�rachidiano

dei dementi paralitici (1898) ......................................................................... 252 III.5 Il primo Congresso Pedagogico Nazionale di Torino ............................... 254 III.6 Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza (1898)............................... 255 III.7 Scuole di redenzione (1899)........................................................................... 258 III.8 Il Congresso Internazionale di Londra (1899) ............................................ 260 III.9 Riassunto delle lezioni di didattica (1899) ................................................. 261 III.10 Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto

ai metodi speciali di educazione (1902) ..................................................... 263 III.11 Antropologia pedagogica (1903) ................................................................. 270

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III.12 La teoria Lombrosiana (1903) ..................................................................... 274 III.13 Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali

dei fanciulli nelle scuole (1904) ................................................................... 276 III.14 Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale

degli scolari (1904) ........................................................................................ 281 III.15 Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio (1905) .............................. 284 III.16 L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia

pedagogica (1907) ......................................................................................... 285 Parte quarta � Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

all’Università (1890�1896 e 1900�1904) ................................... 289 Premessa ......................................................................................................... 289 IV.1 Attestato di licenza Fisico–Matematica (20 settembre 1890) ................... 290 Facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali IV.2 Modulo d’iscrizione alla Facoltà di Scienze Naturali (1891�92) ................ 292 IV.3 Botanica ............................................................................................................... 293 IV.4 Zoologia............................................................................................................... 293 IV.5 Fisica sperimentale ............................................................................................ 293 IV.6 Istologia e Fisiologia generale......................................................................... 294 IV.7 Anatomia comparata.......................................................................................... 294 IV.8 Chimica generale ed organica ......................................................................... 294 Facoltà di Medicina e Chirurgia IV.9 Anatomia umana normale ................................................................................ 295 IV.10 Patologia generale ........................................................................................... 295 IV.11 Fisiologia sperimentale................................................................................... 295 IV.12 Materia medica................................................................................................. 296 IV.13 Anatomia chirurgica e corso d’operazioni.................................................. 296 IV.14 Medicina legale ................................................................................................ 296 IV.15 Patologia speciale medica .............................................................................. 296 IV.16 Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica ................................ 297 IV.17 Clinica dermosifilopatica ............................................................................... 297 IV.18 Cinica psichiatrica ........................................................................................... 297 IV.19 Clinica oculistica.............................................................................................. 297 IV.20 Igiene sperimentale e Igiene applicata alla polizia sanitaria ................... 298 IV.21 Anatomia patologica ....................................................................................... 298 IV.22 Clinica ostetrica................................................................................................ 298 IV.23 Clinica medica.................................................................................................. 298 IV.24 Clinica chirurgica............................................................................................. 299 IV.25 Patologia e clinica pediatrica......................................................................... 299 IV.26 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia (solo frontespizio)...................... 300 IV.27 Certificato di laurea in Medicina e Chirurgia

rilasciato il 29 luglio 1896 ............................................................................. 301 IV.28 Verbale dell’esame di laurea in Medicina e Chirurgia (10 luglio 1896).... 303 Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria IV.29 Libretto d’iscrizione al Corso di perfezionamento in polizia sanitaria....... 304 IV.30 Documento riepilogativo della carriera scolastica (1890–1904) ...... 305 Facoltà di Filosofia IV.31 Modulo d’iscrizione alla Facoltà di Filosofia (1903–04) ........................ 307

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Parte quinta � Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

all’Università (1890�1896 e 1900�1904) .................................. 309 V.1 Lettera del 29 luglio 1897.................................................................................. 309 V.2 Lettera del 16 luglio 1903.................................................................................. 310 V.3 Lettera del 14 gennaio 1904 .............................................................................. 311 V.4 Lettera del 4 giugno 1904 .................................................................................. 312 V.5 Lettera del 8 giugno 1904 .................................................................................. 313 V.6 Lettera del 11 gennaio 1908 .............................................................................. 314 V.7 Lettera del 11 gennaio 1912 .............................................................................. 317 V.8 Lettera del 21 marzo 1913 ................................................................................. 318 V.9 Lettera del 4 gennaio 1919 ................................................................................ 319

Bibliogra�a .......................................................................................................... 321

Avvertenza ..................................................................................................... 321 Primo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori (scritti e compresi tra il 1896 e il 1918 incluso) ............................................ 321 Secondo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori dal 1919 in poi ............................................................................................... 324 Primo gruppo: bibliografia della letteratura generale utilizzata sulle opere della Montessori .......................................................................... 326 Secondo gruppo: bibliografia di riferimento generale utilizzata ................... 330

Fonti archivistiche ............................................................................................... 340 Indice delle tematiche ricorrenti .......................................................................... 341 Indice dei nomi .................................................................................................... 345 Referenze accademiche

Correlazione della prof.ssa Paola Trabalzini ................................................. 351 Autopresentazione della studentessa Anna Matellicani ................................. 353

Postfazione di Giacomo Cives ............................................................................ 355

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Presentazione di Nicola Siciliani de Cumis

Rispetto alla quindicina di tesi di laurea d’argomento montessoriano (del Vecchio Ordinamento e del Nuovo) di cui, negli anni, mi è accaduto di esse-re relatore nell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» e che in larga parte figurano ora registrate nella Bibliografia Internazionale Montessori1 (perché spesso vincitrici del Premio Maria Jervolino, istituito dall’Opera Na-zionale Montessori per i migliori lavori di laurea sul pensiero e sulla didatti-ca di Maria Montessori), il presente, informatissimo contributo di Anna Ma-tellicani viene a segnalarsi come il primo che, da tesi di laurea, sia riuscito a farsi libro. La prima significativa indagine, cioè, che di seguito e parallela-mente alle ricerche di un’altra mia laureata, Germana Recchia2, abbia co-minciato a porre nei giusti termini il problema dei rapporti Montessori–Università di Roma «La Sapienza».

Un’indagine, tra l’altro, intesa a non rifuggire dal tema dei rapporti uni-versitari, cronologicamente circoscritti e tuttavia non trascurabili, tra la “fre-quentante” Montessori e il professor Antonio Labriola: e, dunque, ad affron-tare il problema di qualche significativa interferenza tra la pedagogia romana dell’Otto–Novecento, tradizionalmente filosofica (hegeliana, herbartiana, da Labriola a Luigi Credaro) e le metodologie montessoriane, inizialmente te-rapeutiche, quindi a tutto campo pedagogiche (dalle esperienze con i bambi-ni frenastenici a quelle della Casa dei bambini). Tutto un ambito di attività, che resta da esplorare nella sua ampiezza e profondità.

Quali che possano essere state, infatti, le ragioni personali della già dotto-ressa in Medicina e Chirurgia Montessori ad iscriversi nella Facoltà di Filo-sofia e Lettere dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza», negli anni accademici 1902�1903 e 1903�1904, fa riflettere alquanto la circostanza o-

1 Cfr. le schede n. 2488 (Anna Maria Bianconi), n. 3980 (Giuliana Di Egidio), n. 4261

(Daria Egidi), n. 4933 (Marta Gandiglio), n. 10183 (Germana Recchia), n. 11089 (Maria Carmen Silvestri), n. 11719 (Maria Tampone), in Montessori Bibliografia Internazionale In-ternational Bibliography 1896�2000. Contiene versione su CD-ROM, a cura di C. Tornar, Istituto Superiore di Ricerca e Formazione dell’Opera Nazionale Montessori, Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2001. Si tratta però di aggiungere, nell’elenco di cui sopra, al-cuni lavori di laurea presentati al concorso o premiati successivamente al 2000 (almeno un paio: Giovanna Di Dieco e Francesca Fusiani); e alcuni altri, pur notevoli, fuori concorso o non ancora in concorso (gli elaborati scritti della laurea triennale di Donato Marchesani, Fran-cesco Ventrella, Giada Zattini, ecc.; e la tesi della laurea specialistica di Eva Gugu).

2 Cfr. quindi G. Recchia, Antonio Labriola e Maria Montessori: un incontro possibile e A. Matellicani, Dati e documenti sul rapporto tra Maria Montessori e Antonio Labriola, in An-tonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i settecento ani della “Sapien-za” (1303�203). A cento anni dalla morte di Antonio Labriola (1904�2004), a cura di N. Si-ciliani de Cumis, Roma, Aracne, 2005 (seconda ristampa 2006), pp. 217�223 e 224.

Presentazione

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biettiva dell’incontro universitario della “medichessa” con Labriola, allora professore di Filosofia teoretica. Un “teoretico”, tuttavia, da sempre sensibile alla «psicologia del bisogno», all’«etica dello stato sociale», all’«infanzia», ai «poveri», all’«ospedale», ai «fanciulli, vecchi, inabili ammalati»3: temati-che, tutte, che, com’è noto, sono al centro degli interessi dell’aspirante peda-gogista, al tempo dell’iscrizione alla Facoltà di Filosofia e lettere e dell’incontro con Labriola.

Di più, era la stessa caratterizzazione interdisciplinare e scientifico-educativa dell’“enciclopedia pedagogica” labrioliana (tra psicologia, antro-pologia, psico–fisica, etica, sociologia, metodologia, politica, filosofia, giu-ridica, amministrazione), che non avrebbe potuto non intrigare la “scientifi-ca” e “pratica” Montessori. Questo infatti, tra “teoremi” e “corollari”, il ra-gionamento sul «limite dell’attività pedagogica» e sul nesso pedagogia–scienze dell’educazione, che risulta essere alla base dell’insegnamento di Labriola, negli appunti delle lezioni, a cura di suoi allievi (ultimi anni dell’Ottocento–primi del Novecento):

Abbiamo sopra parlato di scienze, di cui la pedagogica sarebbe il derivato o

l’applicazione. Quali sono? Innanzi tutto, la psicologia, intesa nel senso lato della parola. Se l’educazione è il tentativo pratico di dare materia ed indirizzo alla natura-le evoluzione, è chiaro che la regola di ogni operazione pedagogica dipenderà dalla conoscenza delle leggi psicologiche; non solo perché la conoscenza di tali leggi, che sono tutte leggi dello sviluppo, di genesi, di formazione, ci dà anche il limite dell’attività pedagogica, ma altresì perché la formazione, pur avendo possibilità va-rie di modalità e di accomodazione, ha schemi e confini invalicabili. Come corolla-rio delle cose dette sulla psicologia, si deve indicare l’importanza speciale dell’antropologia e della psico-fisica, cioè delle discipline che hanno per oggetto il terreno sottostante all’attività psichica propriamente detta, o il terreno su cui l’attività fisica e psichica si confondono.

E prosegue: Se la psicologia, nel senso lato della parola, col corollario dell’antropologia e

della psico–fisica, ci dà la conoscenza del subbietto su cui cade l’azione educativa, questa ripete la coscienza della sua finalità dal concetto di perfettibilità umana, ossia dall’etica. Perciò restando problema di pura tecnica educativa la scelta, la prova e l’esperimento dei mezzi, la pedagogica, nel segnare ed assegnare il fine ultimo delle sue operazioni, deve presupporre una concezione assodata del fine morale della vita. E, perché la vita non è individuale soltanto, ma sociale, e non sociale per accidente o per caso, perché la società è terreno e condizione dello sviluppo individuale, così il rapporto della pedagogica con l’etica ci porta a stabilire anche il rapporto fra la pe-dagogica stessa e la sociologia. Quest’ultimo rapporto può poi specificarsi in quello della pedagogica con la politica e con l’amministrazione, quando non si tratti più del

3 Cfr. N. Siciliani de Cumis, Sulla prima pedagogia universitaria romana e don Luigi

Guanella. Illazioni ed ipotesi, in Antonio Labriola e la sua Università, cit. pp. 438 sgg.

Presentazione

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concetto puramente filosofico della pedagogica, ma si tratti, poniamo, dell’ordi-namento, pratico della scuola4.

Un incontro pertanto, quello tra la studentessa Montessori e il docente

Labriola, di cui Matellicani, nel suo accurato lavoro di ricostruzione delle varie tappe della vicenda universitaria montessoriana, fornisce ora puntual-mente la prova, stimolando ulteriori approfondimenti biografici, ma non solo biografici: a partire, per l’appunto, da quel certificato di frequenza delle le-zioni labrioliane di Filosofia teoretica, in data 10 luglio 1903, che ci riporta senza meno alla concretezza del rapporto Montessori–Labriola e alla situa-zione accademica in cui l’incontro è avvenuto.

Se e quanto, poi, i due abbiano potuto e voluto realmente comunicare tra loro; in che misura la studentessa Montessori sia riuscita effettivamente a frequentare le lezioni del professore Labriola, e a ritenerle utili per sé in quel particolare momento, indipendentemente dalla decisione, poi, di sostenere o di non sostenere l’esame, questo è un altro e ben più arduo argomento. Che rinvia anzitutto, da un lato, ai contenuti e alle modalità dell’insegnamento labrioliano, nell’ultima fase dell’attività del filosofo e pedagogista romano; e, dall’altro lato, stimola a riflettere sulle peculiari aspettative montessoriane dalla laurea in filosofia, nel senso di una sorta di palingenesi culturale in senso pedagogico — come precisa — fin nei «principi».

«Noi non abbiamo facoltà, né di scegliervi né di respingervi. Voi ci veni-te di vostro impulso»5 — diceva Labriola agli studenti riflettendo sui loro rapporti con i professori e sulle connesse scelte universitarie. Quanto all’im-pulso della dottoressa Montessori a ridivenire studentessa e ad avere, tra gli altri, Labriola tra i suoi professori, eccolo, in qualche modo spiegato da lei stessa:

volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei principi sui quali si fonda — onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università. Una gran fede m’animava: per quanto io non sapessi se avrei potuto mai sperimentare la verità della mia idea, pure lasciai ogni altra occupazione per approfondirla, quasi preparandomi a una scono-sciuta missione6.

4 Cfr. A. Labriola, in L. Dal Pane, Antonio Labriola. La vita e il pensiero, Roma, Ed. Ro-

ma, 1934�1935, pp. 380-381. 5 A. Labriola, L’Università e la libertà della scienza (1896-1897), in id., Scritti pedagogi-

ci, a cura di N. Siciliani de Cumis, Torino, Utet, 1981, p. 613. 6 M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile

nelle Case dei Bambini. Edizione critica, Istituto Superiore di Ricerca e Formazione dell’Opera Nazionale Montessori, Roma, Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000, p. 115. Cito da questa edizione: e ringrazio Paola Trabalzini, massima esperta degli scritti di Maria Montessori, per le numerose e utili indicazioni fornitemi, in funzione della redazione di que-sto mio intervento.

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Quali pensieri, parole e fatti, concernenti in un modo o nell’altro Labrio-la, possano essere stati recepiti come interessanti o respingenti dalla signori-na Montessori, questo non è agevole dire. Così come non è facile spiegare la natura del rapporto tra i principi di quella pedagogia normale, che Montes-sori invoca per sé iscrivendosi a Filosofia, e la dimensione teoretica di quella filosofia morale e pedagogia, che Labriola aveva insegnato per tanti anni e per cui era soprattutto noto tra gli educatori a Roma.

Ma ci si chiede se l’incontro Montessori–Labriola avvenga soltanto per un puro e semplice motivo di routine istituzionale, obbligata. E se l’episodio sia allora determinato più dalle circostanze, che non da una consapevole scelta.

E tuttavia rimane il problema: incontrandolo, che cosa poteva già cono-scere lei, la trentaduenne Montessori, del pensiero e dell’attività pedagogica dell’assai noto professore Labriola? che cosa, in generale, poteva avere sen-tito dire o letto di lui? cosa di particolare, allora — come studentessa che ot-tiene la «frequenza» — può avere appreso o non avere appreso da lui a le-zione, sia in tema di Psicologia delle finzioni operative (era questo l’argomento del corso labrioliano di Filosofia teoretica di quel 1902�1903), sia in tema di Storia, filosofia della storia, sociologia ecc. (tematiche proprie dell’insegnamento di Filosofia della storia): tenuto conto del fatto che La-briola, provava variamente a collegare tra di loro le pur distinte trattazioni monografiche dei suoi corsi?

Domande possibili, domande plausibili: e a maggiore ragione in quanto, se da un lato non c’è chi non veda la differenza di personalità, di tempera-mento, di cultura, di prospettiva, tra l’etico–politico–pedagogico filosofo della storia Labriola e la “utopica”, “metodologica”, “scientifica”, “attivisti-ca” dottoressa Montessori; da un altro lato, si può agevolmente supporre che proprio la già laureata in medicina e neo-iscritta in filosofia Montessori, nell’ottica del professor Labriola, interpreti perfettamente la parte della stu-dentessa ideale.

Studentessa ideale, cioè, di quel Labriola, che era generalmente noto per avere sostenuto e dibattuto pubblicamente, ancora di recente per i laureati di tutte le Facoltà, nell’Aula Magna della «Sapienza», la celebre tesi:

che la laurea in filosofia si conferisca agli studenti di qualunque Facoltà, compresa la letteraria, i quali, frequentato che abbiano entro il quadriennio di obbligo certi corsi filosofici da determinare, si espongano a sostenere una tesi scritta di argomento generale quanto all’obbiettivo ed al metodo, ma fondata sempre sopra una determi-nata cultura speciale7.

7 A. Labriola, La laurea di filosofia, in «La Tribuna» del 14 luglio 1887; ora in N. Sicilia-

ni de Cumis, Filosofia e università. Da Labriola a Vailati 1882�1902. Prefazione di E. Garin, Torino, Utet Libreria, 2005, pp. 20�21.

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Ed erano intendimenti, questi di Labriola sulle lauree in filosofia, che, fatte salve le differenze, poggiavano su domande e risposte, per così dire di senso comune; e che, sia pure polemicamente, chiamavano in causa modi di pensare diffusi e valori condivisi tra i filosofi e gli scienziati del tempo. Pro-positi di riforma e modalità di pensiero, in altri termini, che per quanto espo-sti in forma interrogativa, lasciavano poco spazio al dubbio:

Ma, facendo così, speriamo noi con fondamento, che la filosofia cessi ormai

dall’essere una mera scolastica od una opinione letteraria? e dov’è il positivismo del quale tanti si dichiarano aderenti? e quando si arriverà all’indirizzo reale e razionale, che molti, con espressione a me poco gradita, ma vera nel fondo, chiamano filosofia scientifica? Io credo fermamente, che nel giro degli studi universitarii, la filosofia abbia ad essere, non un complemento obbligatorio della storia e della filologia, ma un complemento, invece, facoltativo di qualunque cultura speciale: storica, giuridica, matematica, fisica, o che altro siasi8.

Quindi anche medica… Perché, dunque (e Montessori ne offrirà per

l’appunto testimonianza): «Alla filosofia ci si deve potere arrivare didatticamente per qualunque

via, come per qualunque via ci arrivaron sempre i veri pensatori»9. Ecco perché non è qui una semplice fantasia il supporre, che lo stesso

Labriola — rivolgendosi il 14 novembre del 1896, nell’Aula Magna della vecchia «Sapienza», ai professori e agli studenti di ogni Facoltà dell’Univer-sità e della libertà della scienza —, possa avere avuto tra il pubblico proprio la ventiseienne Montessori. Ed è altrimenti verosimile che quest’ultima, leg-gendo e rileggendo sui giornali dell’assai chiacchierata conferenza labriolia-na, nei mesi a cavallo tra il 1896 e il 1897, ne avesse ricevuto motivi di ri-flessione e stimoli per un mutamento d’indirizzo, come si diceva, in senso pedagogico–generalistico e filosofico.

Il che non significa che la “nuova” Montessori, iscrivendosi a Filosofia, non avesse le sue brave aspirazioni e predilezioni culturali e pedagogiche. Non vuol dire che le differenze specifiche tra la pedagogia labrioliana e quel-la montessoriana non siano assai più evidenti di qualche generica analogia.

Vuol dire, se mai, provare a guardare anche oltre il saputo e il risaputo di un processo formativo “in atto”. E, quindi, a far luce tanto sui pronuncia-menti dell’antropologia montessoriana, tra medicina, pedagogia e filosofia; quanto sulle dimensioni formative universitarie, «teoretiche» e «genetiche», labrioliane, del contesto.

Per cui vanno in tal senso apprezzati gli esiti della ricostruzione montes-soriana di Matellicani, che ha infatti il pregio di immettere nuova linfa vitale nel nesso costitutivo di «elementi della formazione» e «cosa formata». E, dunque, di prefigurare una sorta di nuovo “ordine genetico”, tra le «condi-

8 Ibidem. 9 Ibidem.

Presentazione

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zioni» filosofico–universitarie dell’incontro Montessori–Labriola, ovvero l’estrema pedagogia etico–teoretica labrioliana nei suoi risvolti scientifici, empirici, fisiologici, psicologici, antropologici, ecc., e i «condizionati» dell’iniziale proposta pedagogica montessoriana.

In questo senso, viene proprio da supporre che possa esserci un qualche rapporto tra ciò che il professore Labriola va facendo leggere a lezione e ciò che la studentessa Montessori si trova sincronicamente a dire, a sua volta, come docente. Tra i pensieri, che la studentessa-insegnante di Antropologia pedagogica Montessori dedica, per l’appunto, «All’Onorevole Luigi Creda-ro, professore di pedagogia dell’Università di Roma», e i pensieri del teoreti-co e filosofo della storia Labriola, c’è forse un filo sottile, magari sottilissi-mo, che può valere la pena non ignorare.

E questo, proprio nella misura in cui la filosofa–apprendista e antropolo-ga–didatta Montessori si dà pensiero del «posto che l’uomo occupa nella na-tura» e delle «sue relazioni con l’insieme delle cose» e con «tutto l’insieme sociale»; e viene riflettendo sull’«unico fine» dell’uomo, di «tutto l’uomo» da educare, dell’«organismo intero» da far crescere e progredire unitaria-mente, in forza del «parallelismo tra la stigmate morfologica e quella psichi-ca, tra la forma esterna del corpo e quella del carattere morale» (dell’«uomo nuovo»)10. E ne spiega così il motivo etico–teoretico–pedagogico:

È necessario che una sintesi […] si operi nella pedagogia scientifica tra il punto

di vista naturale, che delinea la personalità umana biologica, e il punto di vista mo-rale, che […] esplica e prepara l’uomo sociale. […] date ai biologi ciò che è dei bio-logi, e date ai filosofi ciò che è dei filosofi: ma fate che essi riuniscano armonica-mente il rispettivo lavoro. Poiché non solo la pedagogia deve attingere a ogni mo-derna branca di scienza positiva, ma pure abbracciare tutto quanto l’esperienza uma-na seppe accumulare fino dalla più alta antichità11.

Così la “morfologica” Montessori; mentre il “morfologico” Labriola si

trova a spiegare a lezione della «fisiologia», che è «al tempo stesso un’arte, ossia una tecnica dell’esperimento ed una scienza nelle conclusioni»; e a spiegare dell’importanza teoretica dell’«ambiente naturale», della «psicolo-gia», della «filosofia scientifica» e dell’«origine storico-psicologica della dottrina», della «convivenza» e della «cooperazione fra gli uomini», dei «fe-nomeni di correlazione i quali non trovano una diretta spiegazione nelle con-dizioni bio–psichiche immediate di ciascuno degli individui e nascono solo dal fatto che gl’individui sono in interdipendenza fra di loro»12. Il Labriola che, alla sua maniera — e nelle drammatiche condizioni di salute in cui si

10 M. Montessori, Antropologia pedagogica, Milano, Vallardi, 1903, pp. 3�21. 11 Ibidem. 12 A. Labriola, Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico, in id., Sag-

gi sul materialismo storico, a cura di V. Gerratana e A. Guerra, Roma, Editori Riuniti, 1977, pp. 321 sgg.

Presentazione

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trova a insegnare, per il cancro alla laringe di cui morrà a breve — spiega alla probabilmente attenta Montessori:

Tutti quelli che si occupano di psicologia, rimanendo al puro schema della psico-

logia individuale, non possono a meno di rimanere nel puramente astratto; per es. chi si mette a studiare le forme della volontà secondo l’assunto che io mi proponevo nel mio corso di Filosofia Teoretica, — e non so più quanta parte ne potrò svolgere, — deve prescindere quasi sempre dal vero e proprio contenuto delle forme volitive, perché questo contenuto è sempre sociale13.

E poco più oltre, un chiarimento ulteriore, tutto da meditare (e da colloca-

re storicamente e teoreticamente, accanto al giudizio labrioliano su Giovanni Gentile, in occasione della solenne bocciatura al concorso a cattedra per Fi-losofia teoretica, a Palermo, in quello stesso 1903)14:

Quando la psicologia non era ancora una scienza, quando gli spiritualisti d’ogni

maniera potevano sbizzarrirsi a fare dell’io l’attributo extratemporale di uno spirito soprastante ad ogni genesi, quando gli idealisti che ripetevano Fichte potevano far dell’io una trascendente autoposizione, o il problema del noi non si affacciava, o si presentava involuto nella immaginazione di un preteso spirito collettivo ed extrain-dividuale. Ma ora che noi facciamo dell’io l’esponente variabile della appercezione interna delle nostre variabili condizioni per cui oltre all’io empirico che si esprime così: ora sto dettando, non ammettiamo un io puramente possibile o trascendente, non c’è meraviglia che tale funzione di appercezione in uno e medesimo ambito di coscienza pigli il doppio esponente di io e di noi; il che non vuol dire che tutte le persone le quali adoperano questi termini non sbaglino, perché l’uso corretto di essi si può ottenere soltanto dalla elaborata scienza psicologica15.

Che era, per l’appunto, uno dei propositi intrinsecamente innovativi, pe-

dagogici, della stessa Montessori, che le presenti ricerche di Matellicani con-tribuiscono opportunamente a chiarire.

13 Ivi, p. 333. 14 Cfr. A. Labriola, in Antonio Labriola e la sua Università. Mostra documentaria per i

settecento ani della “Sapienza” (1303�203). A cento anni dalla morte di Antonio Labriola (1904�2004), pp. 380�381, i due pannelli dal titolo “L’ultimo concorso e L’anti–Gentile”, ovvero il testamento (hegeliano) diLabriola.

15 A. Labriola, Storia, filosofia della storia, sociologia e materialismo storico, cit., p. 336.

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Presentazione di Furio Pesci

Il lavoro attento e scrupoloso di Anna Matellicani ha ricevuto ampia con-siderazione già in passato da parte degli studiosi raccolti intorno all’Opera Nazionale Montessori: la tesi di laurea, dalla quale ha origine il presente vo-lume, è stata, infatti, premiata dall’Opera con il conferimento del premio “Jervolino” ed è stata acquisita nel patrimonio della biblioteca dell’Ente.

Già questo dato consente di comprendere il valore e i meriti della ricerca compiuta da Anna Matellicani, che ho avuto modo di apprezzare già prima dell’elaborazione della tesi, durante i suoi studi di storia della pedagogia. E penso di poter aggiungere che è molto bello per un docente vedere l’esito di un lavoro di ricerca nato e cresciuto nell’ambito del proprio corso di laurea ricompensato meritatamente con la pubblicazione, grazie all’impegno del promotore e curatore principale di questa collana.

In altre occasioni, e precisamente nei volumi di Giordana Szpunar e di Franca C. Floris ho avuto modo di osservare che, secondo me, e per quanto mi riguarda, mi sembra opportuno non dilungarmi in una presentazione che inevitabilmente diventerebbe una raccomandazione al lettore superflua per un lavoro la cui consistenza il lettore stesso potrà apprezzare adeguatamente.

Anna Matellicani si è impegnata in una ricerca che poteva risultare anche infruttuosa, rispetto all’insieme delle conoscenze già acquisite su Maria Montessori; invece, il suo ponderoso elaborato finale risulta molto utile per la proposta al pubblico di documenti inediti, spesso di difficile reperibilità e che, comunque, nessuno prima aveva pensato di offrire agli studiosi, sottra-endoli al silenzio e all’oscurità degli archivi. Occorre anche aggiungere che Anna Matellicani si è mossa in mezzo ad una quantità di “fondi” non sempre catalogati adeguatamente e che, peraltro, negli anni successivi alla conclu-sione del suo lavoro, sembrano essere divenuti ancor più difficili da consul-tare.

L’utilità di questa ricerca per coloro che si interessano di Maria Montes-sori è, quindi, indubbia, e sarebbe, a mio avviso, opportuno per il lettore ac-costare lo studio del libro ad altre letture montessoriane, dalle biografie “ca-noniche”, di Standing e Kramer, ai notevoli studi anche di matrice italiana sulla vita della Montessori e in particolare sul periodo giovanile, sul quale per la verità si è scritto molto, ma la cui documentazione non è stata ancora, credo, completamente scandagliata.

Al di là, comunque, del valore documentario di questa ricerca, deve esse-re sottolineato anche il tentativo originale di interpretare la complessa vicen-da biografica della Montessori in alcuni momenti cruciali: dagli studi univer-sitari (ed ancor prima, scolastici) alle collaborazioni scientifiche con gli an-

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tropologi dell’Università di Roma, tra i quali trovò i primi maestri e l’inco-raggiamento necessario per i suoi studi personali, fino al momento delicato dell’interruzione dell’attività didattica e di ricerca nell’Università e nel Ma-gistero femminile, momento, in fondo, ancora poco documentato. Gli studi di Anna Matellicani restituiscono l’immagine di una Montessori giovane e brillante, stretta anche nella morsa delle difficoltà determinate, per un verso, dall’essere una delle rarissime donne iscritte a corsi universitari in Italia, per di più in una facoltà scientifica, e, per un altro verso, dalla non facile condi-zione economica familiare (si sa che, alla fine dell’Ottocento, gli studi uni-versitari erano un privilegio di pochissimi). Dopo gli studi universitari della Montessori, la ricerca di Matellicani offre una panoramica delle prime attivi-tà scientifiche della dottoressa, al seguito di figure come Sergi e Sciamanna, e documenta le prime attività di docenza, ponendosi anche giusti interrogati-vi sull’incidenza nella sua vita di quelle esperienze e della decisione di la-sciare l’Università per dedicarsi interamente alla causa del nuovo “Metodo”.

Il lettore, quindi, troverà nell’opera di Matellicani, che arricchisce la colla-na “Diritto di stampa” di una nuova voce, un’ampia documentazione e una “narrazione” capace di iniziarlo alla lettura dei documenti, calandosi nella Roma umbertina e in una vita universitaria segnata tanto dalla presenza di grandi personalità della cultura quanto dai rituali di un’epoca piena di confor-mismi, ai quali Montessori stessa, probabilmente, trovò difficile adeguarsi.

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Presentazione

di Marco Antonio D’Arcangeli Maria Montessori e Luigi Credaro

La attenta e meticolosa ricerca di Anna Matellicani su La “Sapienza” di Maria Montessori. Dagli studi universitari alla docenza 1890�1919 presen-ta, fra i non pochi pregi e motivi di interesse, quello di stimolare una ripresa e un approfondimento della questione dei rapporti fra la “medichessa” e Lui-gi Credaro (Sondrio, 1860�Roma, 1939), storico della filosofia, pedagogista e uomo politico, ordinario presso l’Ateneo romano dal 1902 al 1935, offren-do informazioni e documentazione, fra l’altro, su due significativi episodi: Montessori studentessa di Credaro — che ne frequentò, nell’anno accademi-co 1903�04, vale a dire nel secondo dei due anni in cui fu iscritta alla Facol-tà di Filosofia e Lettere capitolina1, il corso di Pedagogia e quello, libero, di Magistero di Pedagogia; Montessori docente di Antropologia alla Scuola pe-dagogica di Roma (dal 1906�07 al 1909�10), fondata e diretta dallo stesso Credaro2.

1 La scansione delle frequenze dei corsi da parte di Maria Montessori nei due anni acca-demici in cui fu iscritta alla Facoltà di Filosofia e Lettere, effettuata da Anna Matellicani sulla base di quanto riportato dai registri delle carriere nell’Archivio Studenti dell’Università di Roma «La Sapienza» [di qui in poi, ASUR], mette in luce un elemento di un certo rilievo ri-guardo ai suoi rapporti con Credaro: in sintesi, la circostanza che l’opuscolo L’Antropologia Pedagogica, (Milano, Vallardi, 1903) fosse dedicato dalla giovane Montessori «All’onorevole Luigi Credaro Professore di Pedagogia nell’Università di Roma» (ivi, p. 3) prima che la stu-diosa marchigiana iniziasse a frequentare le lezioni del Valtellinese. L’Autrice del presente volume individua la motivazione della dedica nel fatto che Montessori «venne [...] incaricata da Credaro» di tenere la Conferenza [...] agli studenti di Filosofia nell’Università di Roma che, appunto, questo scritto riproduce: una affermazione che andrà, peraltro, precisata (v in-fra). V’è da aggiungere che in questo periodo Credaro divenne Preside della Facoltà: con ogni probabilità, però, successivamente allo svolgimento della Conferenza di cui sopra (fu eletto, infatti, il 14 novembre 1903, riportando 8 voti su 23 votanti e superando sul filo di lana Della Vedova�7 preferenze e Barzellotti�6: v. ASUR, Verbali Facoltà, Verbale dell’adunanza del 14 Novembre 1903, p. 402).

2 Nell’Archivio Studenti dell’Università di Roma «La Sapienza», qualche anno fa, chi scrive ebbe modo di consultare (usiamo il passato perché attualmente i documenti di cui si dirà risultano, purtroppo, irreperibili) i libretti delle lezioni tenute presso il Corso di Perfezio-namento per i licenziati dalle Scuole Normali da Maria Montessori negli anni accademici 1907�1908 e 1908�1909. Può rivestire forse un qualche interesse la circostanza che in ambe-due gli anni (se gli appunti tratti a suo tempo dall’Archivio non c’ingannano) la dicitura usata per la materia impartita dalla “medichessa”, sulla prima pagina dei libretti, sia Antropologia (non Antropologia pedagogica, che pure figura negli “Annuari” dell’Università romana e in altre pubblicazioni ufficiali); sarebbe di conseguenza importante verificare, dato che in en-trambi i casi il nome della disciplina e quello della docente sono manoscritti, verificare se la grafia appartenga, almeno in un’occasione, a Maria Montessori. Purtroppo, non essendo di-sponibili i libretti non è possibile effettuare questo controllo; d’altro canto, l’uso della deno-

Presentazione

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La possibilità che gli itinerari biografici e intellettuali di questi due prota-gonisti (da punti di vista e con percorsi ed esiti — anche nel senso delle “du-rate” — ovviamente ben diversi fra loro) della pedagogia italiana del Nove-cento si siano intersecati in modo significativo (magari in più punti, e sotto diversi profili, “formativi”, “politici”, ecc.), non è stata sin qui fatta oggetto di un’indagine a sé stante e sistematica (benché non siano mancati, in tempi relativamente recenti, contributi di indubbio rilievo — specie nei lavori sulla “dottoressa” marchigiana di Paola Trabalzini e Giacomo Cives)3: né avrebbe minazione suindicata potrebbe anche spiegarsi con la necessità, dal punto di vista istituziona-le, di usare la medesima intitolazione del corso libero tenuto da Montessori presso le Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali e di Medicina e chirurgia, da cui quello per la “Scuola pedagogica” veniva, con termini moderni, “mutuato”. È altresì da notare che entram-bi i libretti, all’interno, non recano trascrizione alcuna di lezioni effettuate. Sempre in merito all’insegnamento di Maria Montessori presso la “Scuola pedagogica”, si v., in ASUR, Facoltà di Lettere. Verbali di Facoltà 1905�1914 (volume ms. che in realtà contiene i verbali del Consiglio della “Scuola pedagogica” di Roma dal 24 maggio 1905 al 19 marzo 1914), Seduta del giorno 5 aprile 1906, pp. 22�23, nel quale fra l’altro si rinviene la conferma di quanto Montessori afferma nel suo Antropologia Pedagogica, Milano, Vallardi, s.d. [ma 1910], p. VIII, circa il ruolo decisivo rivestito da Sergi nel far sì che il suo «libero insegnamento uni-versitario agli studenti delle Facoltà di Scienze naturali e Medicina» fosse «assunto [...] dalla Scuola Pedagogica della Università di Roma». Questa seconda Antropologia pedagogica rac-coglie le lezioni tenute dalla Montessori nell’Università di Roma riassunte dallo «studente Franceschetti»: il medesimo, con ogni probabilità, che trascrisse gli Appunti di storia della pedagogia del 1906�07, ovverosia le lezioni di Credaro di quell’anno accademico, secondo quanto riporta il frontespizio del dattiloscritto (inedito, ma di imminente pubblicazione in edi-zione critica). Sull’esperienza delle “scuole pedagogiche” disponiamo ora di un’ampia raccol-ta di studi, di sintesi e di approfondimento delle singole realtà universitarie, negli “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, nn. 10 e 11, 2003 e 2004; per La Scuola pedagogica di Roma è da v. il puntuale saggio di Alberto Barausse (ivi, n. 10, 2003, pp. 57-115).

3 Si v. Paola Trabalzini, Maria Montessori da Il Metodo a La scoperta del bambino, Ro-ma, Aracne, 2003, pp. 59�69, sugli anni della frequenza montessoriana della Facoltà di Filo-sofia e Lettere e dell’incarico presso la “Scuola pedagogica” di Roma, e pp. 82�85, sul “caso” — l’unico che attesterebbe un “dissidio” fra i due personaggi, tutto da documentare e precisa-re, però — della Commissione ministeriale per gli asili infantili, nominata da Credaro all’epoca in cui era Ministro della P. I., le cui conclusioni pedagogicamente favorevoli all’adozione di un froebelismo «con applicazione temperate e coordinate all’indole propria del bambino italiano» (v. Relazione sommaria sui lavori della Commissione per gli asili infantili, in ACS, Fondo Credaro, busta n. 13, fasc. 11, Studi e appunti sugli Asili, p. 7), sfociate nella promulgazione del R. D. 4 gennaio 1914, Istruzioni, programmi e orari per gli asili infantili e i giardini d’infanzia, dovevano suscitare la successiva stizzita reazione degli ambienti mon-tessoriani e, sembra, sempre a detta dei seguaci della “medichessa”, un successivo parziale riconoscimento da parte dello stesso Credaro della legittimità delle loro rimostranze (ma il documento, «probabilmente una lettera», afferma Trabalzini, che racchiude questa “ammis-sione di colpa”, non è stato sin qui rinvenuto. Ivi, p. 85). E ancora è da v. Giacomo Cives, La “Rivista Pedagogica” di Credaro e Maria Montessori, in ID., Maria Montessori pedagogista complessa, Pisa, ETS, 2001, pp. 197�260, unico approfondimento sistematico sin qui svilup-pato delle posizioni assunte dal “fronte anti–idealista” della pedagogia italiana, raccolto dal Valtellinese nel periodico che promosse nel 1908 e diresse sino al 1939, nei confronti della teoria e dell’opera educativa della studiosa marchigiana (alle opinioni proprie di Credaro, al suo sobrio ma chiaro apprezzamento del Metodo della “dottoressa”, sono dedicati i paragrafi

Presentazione

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potuto e dovuto esserlo, a rigore, in questa occasione, dato che l’obiettivo di Anna Matellicani era diverso, vale a dire ricostruire nel loro complesso i rapporti intercorsi fra Montessori e la prima Università di Roma, una vicen-da densa e “affollata”, nella quale l’incontro con Credaro rappresenta soltan-to uno, e forse neanche il principale, fra gli episodi più significativi.

Tuttavia, è la stessa Montessori a suggerire che la pedagogia accademica capitolina e di conseguenza il suo “lettore” istituzionale, il Valtellinese, pos-sano aver giocato un qualche ruolo, forse anche non di secondo piano, nella Entwicklungsgeschichte del Metodo.

Fin da quando […] mi dedicai all’istruzione dei fanciulli deficienti, credetti

d’intuire che quei metodi non erano soltanto un tentativo per aiutare gli idioti, ma contenevano principi di educazione più razionale di quelli in uso: tanto che perfino una mentalità inferiore poteva divenire suscettibile di sviluppo. Questa intuizione divenne la mia idea dopo che ebbi abbandonato la scuola dei deficienti; e a poco a poco acquistai il convincimento che metodi consimili applicati ai fanciulli normali avrebbero sviluppato la loro personalità in modo sorprendente.

Fu allora che principiai un vero e profondo studio della cosiddetta pedagogia ri-paratrice e in seguito volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei principi sui quali si fonda — onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università4.

Quanto poi, in effetti, la frequenza dei corsi di Credaro possa aver corri-

sposto alle attese della ancor giovane studiosa marchigiana, è tutto da verifi-care. Per il momento, però, va ascritto ad Anna Matellicani il merito di aver rammentato ed evidenziato questo passaggio: e la presentazione del suo la-voro, proprio per valorizzarne la serietà d’impianto e il rigore procedurale, tanto nello scrupolo dell’analisi quanto nella sobrietà delle interpretazioni, reclama — perché soltanto così potrà dirsi congruente con lo spirito e la lette-ra del testo e porsi in effettiva linea di continuità, nel merito e nel metodo, con il medesimo — un rilancio della “questione Montessori–Credaro” e la congiunta proposta di un qualche nuovo elemento che possa far avanzare lo “stato dell’arte”.

A tal fine si proporranno, qui di seguito, anzitutto, l’indice del volume delle Lezioni di pedagogia tenute da Credaro nell’anno accademico 1903�1904 — quelle frequentate, per intenderci, da Maria Montessori — raccolte stenograficamente dal Dott. Vittorio Melillo5 e, di quel corso e di quel testo, propriamente non un inedito ma che non ebbe diffusione oltre l’ambito degli studenti di filosofia della «Sapienza», la prolusione dedicata

conclusivi del capitolo, Il positivo apprezzamento di Credaro per la Montessori e Il ricono-scimento della rivista per il valore mondiale della Montessori, ivi, pp. 249�252, 252�255).

4 M. Montessori, La scoperta del bambino, cit., p. 24. 5 Testo manoscritto litografato di 371 pagine (circa 900�1.000 caratteri, spazi esclusi, a

pagina) suddiviso in 47 dispense. Va precisato che in realtà il volume non ha indice; quello sopra riportato è stato ricavato dalla suddivisione in paragrafi del testo.

Presentazione

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dal Valtellinese a Erberto Spencer6. Non sarà possibile, in questa sede, pro-porre un commento, ma si darà comunque modo di comprendere a “quale pedagogia” si trovò di fronte la giovane “medichessa” — in realtà, fonda-mentalmente, per una storia della pedagogia7.

Lezioni di pedagogia dell’Onle. Prof. LUIGI CREDARO raccolte stenografica-

mente dal Dott. V. MELILLO Anno Accademico 1903�4. Roma, Tipo-litografia del Genio Civile, s. d. [ma 1904].

Prolusione. Erberto Spencer, 3 Definizione e divisione della pedagogia, 16 Storia della pedagogia, 28 Bacone da Verulamio e Renato Cartesio, 29 Cartesio e la libertà scientifica ed accademica, 47 Influenza di Cartesio sulle scuole della Francia nel secolo XVII, 68 Che cosa e come insegnavano costoro [i Giansenisti], 73 L’educazione femminile francese nel secolo XVII, 78 Fénélon, 85 [Ancora sull’educazione femminile, in Francia e altrove, dal sec. XVII al XX],

98 Origine della scuola in Germania. I. La teoria, 102 Giovanni Wolfango Ratke, 104 Giovanni Comenio, 112 [Origine della scuola in Germania.] II. La pratica, 152 Il Pietismo e il Francke, 154 Ordine e sviluppo positivo della scuola popolare germanica, 166 I filosofi che prepararono la nuova pedagogia, 172 Tommaso Hobbes (1588-1679), 173 Giovanni Locke (1632-1704), 183 Svolgimento della filosofia e della pedagogia del Locke in Francia nel sec.

XVIII, 233 G. B. Cronsaz, 234 Stefano Bonnot de Condillac, 235 Helvetius, 246 Diderot, 249

6 Ivi, pp. 3�15. Si precisa che di qui in poi, l’uso del simbolo /, nella trascrizione dei testi,

varrà ad indicare la conclusione di pagina nell’originale. 7 In ottemperanza a questa finalità — per dare modo di stabilire, anche se in via meramen-

te ipotetica, quanto tempo fosse dedicato alla trattazione dei vari argomenti del corso, nell’indice è stata riprodotta anche la numerazione delle pagine. Non è stato possibile, pur-troppo, consultare il libretto delle lezioni di Credaro di quell’anno accademico, che pure a-vrebbe rappresentato un termine indispensabile di confronto.

Presentazione

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Il naturalismo [e Jean-Jacques Rousseau], 252 [L’Emilio], 277 Il Filantropismo. Basedow, 308 [Continuatori del Basedow], 329 Influenza del naturalismo del Rousseau ed altri pedagogisti del tempo in Francia,

337 [G. B. La Salle], 340 L’istruzione elementare in Francia durante la [dalla] Rivoluzione [al secolo XX],

342

* * * Prolusione8 Erberto Spencer Nel giorno otto di dicembre moriva nelle vicinanze di Londra l’apostolo della

educazione scientifica, H. Spencer, moriva nell’età di 83 anni. Non era mai stato membro di alcuna accademia, non era mai entrato nell’insegnamento, non aveva mai partecipato alla vita pubblica. Egli aveva dedicato tutta la sua attività esclusivamente ad una altissima missione scientifica.

Se si dovessero menzionare le tre opere più utili che, in fatto di pedagogia, furo-no pubblicate nel periodo moderno, io dovrei menzionare l’Emilio di G. G. Rousse-au, la / Pedagogia di Herb[a]rt (1806) e l’Educazione fisica, intellettuale e morale di H. Spencer (1861). Il Rousseau può essere chiamato l’apostolo della pedagogia li-berale, l’Herbart dell’Educazione morale e lo Spencer dell’educazione scientifica.

Io mi propongo di analizzare a suo tempo il pensiero pedagogico dello Spencer, ma mi preme fin da oggi, a mo’ di commemorazione, ricordare quale sia stato il suo alto proposito, e di esporre con brevità, senza entrare nell’esame di essa, la dottrina in raffronto con quella dell’Herbart e del Rousseau. Fra questi ultimi vi è, a mio, av-viso, un rapporto di somiglianza, di derivazione molto maggiore di quanto si creda; e l’educazione scientifica di cui fu propugnatore lo Spencer non può essere intesa in tutto il suo significato, se non è messa in relazione con la dottrina pedagogica del Rousseau, se non è illuminata con l’opera dell’Herbart.

Tutti sanno che lo Spencer è nato nel 1820, che fu nella giovinezza un appassio-nato raccoglitore di insetti e di piante, che lavorò come ingegnere in una compagnia costruttrice delle ferrovie — (e questa pratica della vita non è senza influenza sul suo pensiero filo/sofico e pedagogico[)], che fece, in seguito, il pubblicista, collabo-rando in alcune riviste inglesi e cominciando così a fare conoscere il suo grande si-stema filosofico sintetico, intorno al quale spese tutta la sua lunga vita.

8 L’originale reca, in questo punto, la seguente nota a piè di pagina: «(1) Non sapremmo

meglio dar principio al presente Corso di lezioni dell’On. Prof. Credaro, che riferendo e po-nendo come Prolusione l’elevata conferenza di Lui tenuta ai suoi studenti in commemorazio-ne del grande filosofo inglese, Herbert Spencer. (N. d. C.)».

Presentazione

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La filosofia dello Spencer si svela in un’opera grandissima, di dieci volumi. I primi principii. I principii di biologia, i principii di sociologia, i principii di morale, ecc. sono una serie di pubblicazioni, nelle quali lo Spencer ha sempre innanzi a sé una sola idea scientifica, un contenuto unico di pensiero, che abbraccia nella dottrina della evoluzione il mondo inorganico, organico e superorganico. Il suo lavoro si svolge parallelamente a quello del Darwin nel campo delle scienze naturali, e nel campo delle scienze sociali e della vita civile parallelamente a quello del Marx. Così si andava compiendo quel pensiero che deve preparare la base di una nuova civiltà.

Non spetta a me esaminare il contenuto della filosofia dello Spencer, la sua dot-trina dell’evoluzione è materia che riguarda il professore di morale. A me però in-combe il dovere di determinare quale sia la traiettoria della sua dottrina pedagogica./

La caratteristica dello Spencer è una grande forza di pensiero, una potenza di sin-tesi veramente straordinaria, una potenza che non muove da apriorismi, da principii astratti da dottrine metafisiche, ma invece prende le mosse da una sintesi che sta so-pra dati di fatto, accertati e studiati, che riguardano il mondo naturale e quello stori-co ed umano. Egli dimostra di conoscere ad un tempo così quello che avviene nelle vie e nelle famiglie di Parigi come quello che avviene nelle pianure della Patagonia, pur vivendo sempre a Londra, aveva modo di mettersi in rapporto con tutte le parti del mondo; e riusciva così, ad organizzare intorno al principio della evoluzione tutti i dati di fatto, necessarii per determinare le leggi generali.

Qualcuno ha definito lo Spencer lo Spinoza positivista. Ogni similitudine zoppi-ca, ed anche questa zoppica. E’ certo però che essi hanno molti punti di somiglianza. Ma lo Spencer, mentre conosce tutti i fatti del nostro tempo e le scienze naturali e la biologia e la fisica e la letteratura, mentre va indagando di tutte le scienze i principii fondamentali con una sintesi unica, nello stesso tempo conosce la letteratura, la / fi-losofia, la pedagogia degli altri tempi e cita Aristotele ed Emanuele Kant e Cartesio e Leibnitz.

La caratteristica della sua pedagogia può essere questa. La educazione tradizio-nale, quella delle nostre scuole, che è fondata sopra lo studio delle lingue e della let-teratura è inefficace, l’educazione deve avere per suo fondamento primo la scienza. La scienza è capace di formare il cittadino assai più che la letteratura.

Come è dimostrata questa sua tesi? In che modo egli crede che si possa raggiun-gere la felicità? Che cosa è la felicità? Questa consiste nella vita completa, nella pie-na esplicazione di tutta l’attività umana, e nella piena esplicazione dell’attività uma-na si vengono a fondere in armonia e i sentimenti altruistici e i sentimenti personali. L’uomo, mentre cerca la felicità personale, quando la cerchi con altezza di vedute, con cognizione di causa, non viene a trovarsi in opposizione colla felicità collettiva. L’uomo si perfeziona continuamente, e si perfeziona continuamente l’umanità. Di generazione in generazione vi è un miglioramento continuo, un’elevazione dell’umanità umana, tale / che verrà un giorno i cui il dovere e gli atti morali saranno compiuti come un istinto. La perfezione non è alle nostre spalle, come si insegna nelle nostre scuole, come insegnava il Rousseau che diceva essere uomo perfetto l’uomo di natura; la perfezione ci sta innanzi in un lontano avvenire, e noi dobbiamo dirigere i nostri passi verso questo lontano avvenire. I sentimenti altruistici vengono sempre acquistando una maggiore estensione ed una maggiore intensità, passando da una generazione all’altra. Non è vero che gli uomini diventano peggiori col tempo, come alcuni sostengono; l’umanità si perfeziona continuamente, l’umanità progredi-

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sce verso un fine di bene, nel quale devono trovare piena soddisfazione e i sentimen-ti individuali e i sentimenti collettivi.

Questa evoluzione verso una felicità ultima che coincide con la perfezione della moralità divenuta istinto negli uomini, questa marcia è compendiata dallo Spencer nella dottrina dell’evoluzione che abbraccia, come abbiamo già detto, i fenomeni inorganici, organici e superorganici e i fenomeni corporali e spirituali. Nulla si sot-trae a questa legge suprema del progresso continuo ed incessante. /

Affinché l’evoluzione della moralità progredisca fruttuosamente, è necessario che si evolva l’educazione nella scuola, nella famiglia, nella società. Infatti, mentre l’opera educativa svolge la sua influenza sopra gli adolescenti che ci stanno innanzi, la sua azione si espande da questi alle famiglie, alle generazioni che nasceranno, nel-lo spazio e nel tempo; in una parola, l’educazione scientificamente eseguita è uni-versale nello spazio e nel tempo.

Si accelera così il moto della perfezione umana e l’avvento della vera moralità. E quale sarà l’educazione che produrrà la perfezione umana, che accelererà il progres-so dell’umanità? Secondo lo Spencer, quella che prepara la vita completa. Quali so-no allora gli elementi che costituiscono la vita completa?

Quando noi conosceremo questi elementi, noi potremo anche conoscere quali sono i metodi che si devono adottare nell’insegnamento, per portare l’adolescenza alla vita completa.

Analizziamo perciò sommariamente quali attività, quali funzioni, quali atti costi-tuiscono la vita / completa d’un uomo.

Innanzi tutto la costituiscono tutti gli atti che riguardano la vita fisica, la vita del corpo. Non è possibile una vita completa, quando noi possediamo un corpo malatic-cio — e lo Spencer ne parlava con cognizione di causa, perché egli era quasi sempre ammalato, e anzi a 35 anni dovette per diciotto mesi lasciare interamente lo studio e dopo non poteva occuparsi mai più di tre ore al giorno! Per 83 anni egli ebbe innanzi a sé una missione che voleva compiere, ma questa missione egli la compieva per un sentimento di profondo dovere, ma non con vivo piacere, perché egli produceva la sua grandiosa opera di filosofia in uno stato continuo di anormalità fisica.

Perciò un’educazione che trascurasse la sanità fisica sarebbe un’educazione che non porterebbe alla vita completa, non sarebbe scientifica. I genitori, che trascurano di rinvigorire l’organismo de’ loro figli, gli insegnanti che non pensano alle condi-zioni igieniche delle scuole, coloro che credono di condurre degli eruditi alla gran parata degli esami e vi conducono invece dei consunti e degli ammalati, non com-piono la loro / missione scientifica.

In secondo luogo sono elementi preparatori di una vita completa gli atti che ten-dono alla conquista dei beni materiali. E’ necessario, infatti, per mantenere la salute fisica e per svolgere la propria energia morale, il possesso dei beni materiali, della ricchezza; e necessario, pel raggiungimento di essi, sostenere una lotta cogli altri, e l’educazione deve mettere gli uomini in grado di conquistarli.

In terzo luogo, quando uno ha compiuto questi atti che mirano alla salute fisica e all’acquisto dei beni materiali necessari alla vita fisica, si sente parte d’una famiglia e deve quindi sempre mantenere la sua posizione di capo di famiglia con criterii scientifici. In quarto luogo costituiscono elementi di una vita completa gli atti che riguardano il cittadino, ed, in ultimo, gli atti riflettenti le energie dello spirito, cioè l’attività estetica.

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A ciascuno di questi cinque gruppi di attività e di funzioni corrispondono alcune determinate materie di insegnamento e l’ordine di questi gruppi indica anche l’ordine che si deve seguire nell’educazione. /

E infatti la salute fisica può essere conservata e difesa da chi conosce l’igiene e la fisiologia. Per l’acquisto poi dei beni materiali, è necessaria l’istruzione tecnica e professionale e quindi la conoscenza della fisica, della chimica, delle scienze natura-li, della matematica. Per gli atti che riguardano l’allevamento e la educazione della prole è necessario conoscere la psicologia e le leggi dello spirito. Per formare il cit-tadino, poi, lo Spencer suggerisce lo studio della storia; noi possiamo avere un con-cetto esatto della vita civile del nostro tempo, noi possiamo con coscienza compiere i nostri doveri civili, per es. quelli elettorali, se abbiamo anche un concetto esatto dell’organismo sociale, ed avremo un concetto esatto dell’organismo sociale, se lo studiamo nella sua genesi. Si potrebbe qui osservare: ma la storia s’insegna in tutte le scuole, e perciò tutti conosciamo il passato della umanità. Niente di più falso: non è la storia delle Corti, la storia aristocratica, militare, ma è la storia delle istituzioni, dei costumi, nei quali l’umanità vive ed estrinseca la sua attività che ci farà conosce-re quale è il passato dell’umanità. E’ necessaria una storia fatta cogli alti intendi-menti voluti dallo / Spencer; e questa è la Sociologia descrittiva, chi ci addita gli e-lementi economici, giuridici, morali del passato dell’umanità e ricostruisce il modo col quale questa umanità assorge, a grado a grado, verso una luce di maggiore civil-tà. In altre parole non la storia dei sudditi; ma la storia dei cittadini. Vengono in ul-timo le attività estetiche. Secondo i programmi ufficiali della maggior parte delle nazioni, uno studente che esce del liceo sa il latino e il greco, se li sa, un po’ di fisi-ca, poco, di chimica, meno ancora, di storia naturale, così e così; ma non conosce una lingua moderna. E’ un fatto che esso viaggia per tanti anni in compagnia di O-mero, di Cicerone, di Orazio, tutte bravissime persone che però non lo mettono in condizione di avere quella che si può chiamare un’educazione scientifica.

Spencer dice: bisogna rovesciare il sistema dell’educazione; ciò che si pone in principio deve essere posto in ultimo e viceversa. L’educazione deve avere per suo fondamento la scienza; le arti e le lettere verranno dopo. Egli parte da questo pre-supposto che per gustare la musica, per sentire la poesia, la pittura e la scultura, è necessario aver fatto colazione, perché / uno che è digiuno non può intendere le arti e la letteratura.

Il mondo oggi trasforma, rende intensiva la sua agricoltura con pochissima spesa e in poco tempo trasporta le sue produzioni e diffonde la ricchezza, e non certo per opera delle lettere, ma per opera della scienza; la scienza è il fattore fondamentale della società umana, della ricchezza, il vero propulsore del progresso civile e sociale.

E per mezzo suo si migliora anche la moralità, poiché gli uomini, quando man-giano bene, si vogliono pure più bene; la moralità s’eleva, in fatti, in ragione diretta dei mezzi economici che ci sono per soddisfare i primi bisogni della vita.

Prima la scienza, dunque, e solo come coronamento della educazione l’arte e la letteratura.

Tutto il sistema educativo che domina nelle nostre scuole deve essere perciò cangiato.

Alla dottrina dello Spencer obbiezioni possono farsi e se ne fanno infatti; ma il suo concetto, esposto brevemente in questo cenno che a mo’ di commemorazione del grande filosofo abbiamo oggi fatto, è / un concetto eminentemente pratico ed e-ducativo. E non è vero che la scienza è priva di poesia, essa invece di poesia è riboc-

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cante; non è vero che una goccia d’acqua analizzata perde la sua bellezza estetica; la natura anche studiata nei suoi particolari è sempre piena di poesia altamente educa-tiva.

Lo Spencer ebbe, come pedagogista, molti successi. In Francia, dove ebbe mol-tissime edizioni, fu assai diffuso. Esso però è ancora lontano dall’essere adottato dal-le leggi scolastiche delle varie nazioni civili. Quelli che dominano ancora nelle scuo-le d’Italia e di Francia, e di Germania e di Inghilterra sono sempre i filologi, cioè l’educazione del Rinascimento.

Un terzo documento che ci sembra rivestire un certo interesse per il tema

che veniamo affrontando, con particolare riguardo all’esperienza dell’inse-gnamento montessoriano alla “Scuola pedagogica” di Roma, è una lettera, probabilmente inedita, della studiosa marchigiana a Credaro, del giugno 1909, conservata nel Fondo intitolato al Valtellinese all’Archivio Centrale dello Stato di Roma. Testimonia, se non altro, dell’impegno posto dalla “medichessa” nello svolgere il suo incarico; e fa riferimento a un evento “e-pocale” non solo nell’itinerario biografico e intellettuale di Maria Montesso-ri, ma nello svolgimento della pedagogia novecentesca: la pubblicazione del-la prima edizione del Metodo.

Onorevole professore, Il Segretario Dr. Bertini Calosso9 mi scrive ch’Ella sarebbe disposta a completare

l’acquisto degl’istrumenti da me ordinati per la Scuola Pedagogica, ove li ritenga necessari. RingraziandoLa dell’offerta, mi permetto dirLe che tutti10 gli istrumenti acquistati sono colà indispensabili, che non sarebbe possibile tenere un corso / sia pure modestissimo, ove alcuno ne mancasse.

Colgo questa occasione per annunciarLe che è comparso un mio libro intitolato: il Metodo della Pedagogia Scientifica ecc. e che gradirei molto offrirLene in omag-gio una copia, presentandoglieLa personalmente ove Ella volesse dirmi quando po-trei / senza Suo troppo disturbo incontrarLa.

Intanto, ricordando che oggi ricorre il Suo Onomastico, Le porgo i miei più vivi augurî, mentre mi professo di Lei

Dev.ma

Maria Montessori 21 giugno 190911

9 Achille Bertini Calosso era il Segretario della Scuola pedagogica di Roma. 10 Sottolineatura nel testo. 11 ACS, Fondo Credaro, busta n. 10, fasc. 3, Lavori sul disegno di legge sul Tiro a segno

ed educazione fisica militare 1908. Si fa solo incidentalmente notare come al pari degli inediti labrioliani, pure dallo scrivente rinvenuti nel Fondo Credaro conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato, anche questa lettera montessoriana sia allocata in una busta e in un fasci-colo tematicamente e cronologicamente non congrui. Questo, per ribadire la necessità di una nuova sistemazione del Fondo, per la quale chi scrive vuole ribadire qui pubblicamente la propria, del tutto “volontaria”, disponibilità (le virgolette sottendono la richiesta, ad ogni buon conto disinteressata, che a quest’opera possa accompagnarsi la pubblicazione di un volume di

Presentazione

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Un quarto e ultimo elemento di riflessione si può rinvenire nel breve con-tributo di Credaro su La scuola pedagogica di Roma (1904�1923) apparso sulla “Rivista Pedagogica” a conclusione del 1935 — dunque, fra l’altro, in anni di ormai completo ostracismo da parte del regime nei confronti della “medichessa”12. Il saggio è occasionato dall’istituzione, nelle Facoltà di Ma-gistero, accanto alla Laurea in pedagogia, del Diploma di abilitazione alla vigilanza nelle scuole elementari (R.D. 25 novembre 1935, n. 2044), nel quale il Valtellinese saluta, con soddisfazione, il «ritorno nel grembo della grande madre degli studi, dell’università» dei “suoi” Corsi di perfezio-namento per i licenziati delle scuole normali13. Di seguito Credaro dedica una breve ricostruzione alle vicende politico-pedagogiche delle “scuole pe-dagogiche”, facendolo seguire dalla riproduzione di un articolo apparso sulla “Illustrazione italiana” il 21 luglio 1907, di autore ignoto, dal titolo Una nuova istituzione scolastica — nel quale si descriveva il funzionamento della “scuola” di Roma14.

Al termine dell’articolo è posta una nota, il cui stile impersonale farebbe pensare ad una provenienza redazionale ma che ci sentiremmo, al contrario, di attribuire allo stesso Credaro.

All’articolo sono aggiunte sei fotografie della vita interna della Scuola,

che la Rivista nostra non può riprodurre. In tre di esse ha risaltato la bella fi-gura di Maria Montessori, allora insegnante di antropologia alla scuola, men-tre tiene lezione e fa esercizi collo spirometro insieme cogli studenti. Alla Scuola Pedagogica di Roma Maria Montessori, per proposta del direttore Credaro, iniziò il suo insegnamento. Studioso allora del Séguin, alla ricerca di un metodo nuovo inspirato nella sua linea fondamentale dal Séguin stesso, esponeva spesso, questi suoi primi trovamenti pedagogici al Credaro, col quale amava ragionare e discutere, quasi ogni giorno15.

V’è, in verità, in questa testimonianza, qualche elemento non perfetta-

mente congruente con quanto, sin qui, si è documentato e appurato. La pro-posta di assegnare alla Montessori l’insegnamento di Antropologia nella Scuola pedagogica di Roma fu avanzata da Giuseppe Sergi nel periodo in cui era Direttore era Giuseppe Della Vedova; e il tono della lettera montessoria-na del 1909 dà l’idea di una assai maggiore “formalità” nei rapporti fra i due

indici del Fondo stesso, e magari anche di un secondo, un repertorio di documenti notevoli dello stesso Fondo, selezionati, trascritti e commentati).

12 L. Credaro, La scuola pedagogica di Roma (1904�1923), “Rivista Pedagogica”, a. XXVIII, n. 5, ottobre�dicembre 1935, pp. 553�558.

13 Ivi, p. 553. Il parallelo proposto da Credaro, peraltro, getta nuova luce sulla sua conce-zione delle finalità e della “portata” di questo istituto universitario di cui fu promotore e so-stenitore. Ma è tema, questo, che si dovrà riprendere in altra sede.

14 Cfr., in L. Credaro, La scuola pedagogica di Roma (1904�1923), cit., le pp. 555�558. 15 Ivi, p. 558, nota n. 1.

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di quanto non lasci supporre quanto riportato poco sopra. Ma Credaro, pur se non ufficialmente, è sempre stato l’effettivo “timoniere” del Corso di perfe-zionamento romano e potrebbe comunque aver sollecitato l’affidamento di cui sopra; per quanto concerne il secondo rilievo, è appena il caso di notare come le regole e gli usi vigenti nei rapporti “gerarchici” e fra i sessi, a inizio ‘900, fossero molto diverse da quelle attuali. E questa “rivendicazione” di colleganza e condivisione nei confronti di Montessori, da parte di Credaro (che la nota gli appartenga o meno, a questo proposito, non segna a nostro avviso una gran differenza), sembra, comunque, significativa e importante.

In ogni caso, c’è molta materia per lavorare ancora. Con il mio più cordiale “in bocca al lupo!” ad Anna Matellicani

Marco Antonio D’Arcangeli

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Avvertenza

Il volume che presento è dedicato ad una delle protagoniste italiane del Novecento, Maria Montessori, personaggio che ha esercitato, un importante ruolo nel campo scientifico–pedagogico, tanto da ispirare in maniera signifi-cativa il pensiero delle successive generazioni di intellettuali.

Partendo da una immagine “scontata” di una delle donne italiane più co-nosciute e celebrate, ho esplorato aspetti poco valorizzati, anzi direi mai svi-luppati sino ad ora o male intesi come quello dell’excursus universitario–accademico. Ne emerge un ritratto insolito a tratti inedito, capace di mostrare la portata inaspettata della sua opera, ma soprattutto una riflessione diversa, apparentemente semplice, ma di difficile penetrazione, che potremmo rac-chiudere nella declinazione di tre verbi: conoscere, amare e stimare.

Nel lavorare costantemente e con non poche difficoltà ho portato a com-pimento dei miei studi universitari questa tesi, dal titolo “Maria Montessori all’Università “La Sapienza” di Roma. Tra didattica e ricerca 1890�’91 1918�’19 . L’elaborato compiuto, si differisce da quello discusso al termine degli studi accademici: in primo luogo è diverso il titolo, quello attuale, La “Sapienza” di Maria Montessori. Dagli studi Universitari alla docenza 1890–1919. In secondo luogo è cambiata, in alcuni punti, l’introduzione ed il secondo capitolo, al quale è stato aggiunto un sottoparagrafo, per dare più fluidità al testo. Per quanto riguarda gli altri capitoli è stato fatto, invece, sol-tanto un lavoro di editing, per dare maggiore uniformità al lavoro scritto.

Un’altra variazione riguarda l’Appendice, nello specifico la parte quarta e quinta contenente i documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori. In queste due parti, per motivi di spazio, non sono stati inseriti molti dei documenti presenti nella tesi originale; la trascrizione dei quali, comunque, è presente nel secondo capitolo del volume (ad esclusione della tesi di laurea di Maria Montessoti, trascritta solo in parte).

Sono molte le persone cui debbo una stretta di mano. Innanzitutto, non posso dimenticare il primo, mentore di questo mio viaggio, voce costante in un dialogo ininterrotto e di grande spessore nella progettazione e realizza-zione di questo libro. Quindi, un grazie speciale a Nicola Siciliani de Cumis, professore e maestro, intendendo con tale termine qualcuno capace di inse-gnare cose che non sono scritte nei libri. Colui che ha saputo vedere, come ogni autentico educatore, un frutto in un modesto seme.

Devo molto a Furio Pesci professore della cattedra di Storia della peda-gogia, correlatore della tesi, per l’aiuto e il supporto che mi ha dato in questi anni, importante per il compimento di questo libro. Un particolare ringra-ziamento va al prof. Giacomo Cives, per aver alimentato e impreziosito la mia ricerca con il suo sapere, concedendomi l’onore di un suo intervento in

Avvertenza

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questo libro. Ringrazio il prof. Marco Antonio D’Arcangeli per il suo impor-tante sostegno fornito nella revisione del materiale su Luigi Credaro. Un pensiero personale va alla prof.ssa Paola Trabalzini per i suoi suggerimenti che tanto hanno arricchito il lavoro e per la sua nobiltà d’animo e sostegno morale dedicatomi in questi anni. Un ringraziamento particolare va al dott. Alessandro Sanzo per la paziente e costante revisione del libro, consiglian-domi modifiche utili per la stesura del volume, ed alla dott.ssa Germana Recchia per il lavoro di editing. Un affettuoso ringraziamento va a Luisa Crisci, amica preziosa, che ha saputo distinguere i particolari in modo meti-coloso e preciso.

Dal momento che la ricerca è stata condotta per lo più su fonti d’Archivio, desidero ringraziare il Signor Angelino Iona per la disponibilità nel segnalare il materiale presente presso l’Archivio Generale Studenti dell’Università degli Studi di Roma «La Sapienza».

Esprimo gratitudine, all’Opera Nazionale Montessori di Roma e tutta l’equipe che mi ha accolto mettendomi a disposizione tutto il materiale in loro possesso, con garbo e professionalità.

Infine, voglio ringraziare, Guglielmo mio marito e la mia famiglia, in par-ticolare mamma e papà, per il sostegno e la pazienza dimostrata in questi an-ni e per aver creduto in me dandomi forza e speranza, poiché, ben difficil-mente avrei potuto condurre a termine questa fatica senza il loro amore e ap-poggio incondizionato.

A. M.

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Introduzione

L’immagine che voglio dare al lettore è l’immagine “inedita” di una don-na che, prima di diventare un personaggio di fama mondiale, è stata una ra-gazza con le proprie incertezze ed insicurezze, ma anche con tanta determi-nazione nel suo intento di dare un contributo alla società.

Oggi, Maria Montessori è celebre in tutto il mondo e le sue scuole hanno avuto un’espansione eccezionale sia nel nostro Paese che all’estero. La sua figura compare su di un francobollo prima, sulla moneta da duecentolire poi, ed infine sulle banconote da millelire; questa è la prova che dopo un inizio in sordina per il suo modello di scuola, elaborato sulla base di una continua sperimentazione e verifica, ella è stata apprezzata ed addirittura imitata. Di-fatti, anche gli Ordinamenti del 1991 per la scuola dell’infanzia recepiscono molti motivi montessoriani, anche se Maria Montessori non è mai, purtrop-po, esplicitamente citata.

Eppure, inevitabilmente, l’immagine della straordinaria pedagogista ha posto in secondo piano quella della studentessa, giovane medico, psichiatra e femminista. L’esperienza del periodo giovanile della Montessori è stato l’avviamento ad un lavoro pedagogico ed educativo mai sperimentato prima, che sicuramente la portò a muoversi sempre più dalla medicina alla pedago-gia.

Nella ricerca che ho condotto, ho voluto mostrare che il passaggio dalla medicina alla pedagogia non è improvviso, ma risiede nelle esperienze pro-fessionali vissute da Montessori, nel periodo giovanile. Elementi, tuttavia, che mostrano continuità e che aiutano a comprendere meglio Montessori a-dulta.

Nel ripercorrere l’itinerario della studiosa è emerso che non ha avuto vita facile. Indubbiamente, ha ricevuto, in ogni Paese, ospitalità e sostegno; basti menzionare alcuni dei suoi interventi all’estero come al Congresso Interna-zionale di Berlino svoltosi nel 1896, quello di Londra nel 1899, quello degli Stati Uniti, ed altri che l’hanno vista sempre impegnata in prima linea in fa-vore dell’educazione, della pace, della giustizia, della parità tra i sessi.

Nella “giovane” Montessori è costante la profonda sensibilità verso la sfera sociale, che, in un “primo periodo”, si manifesta nella cognizione del legame tra scuola e società e nella necessità che la pedagogia sia posta a fondamento di un programma proteso alla liberazione dell’individuo.

Con questa ricerca ho inteso anche sottolineare che sin dalla esperienza universitaria, Montessori si è occupata di infanzia; ciò è dimostrato dal suo curriculum scolastico, dalla frequenza dei corsi in pediatria, psichiatria, igie-ne, psicologia e pedagogia.

Occupandomi della sua carriera studentesca, dei contenuti della sua didat-tica e delle prospettive pedagogiche sviluppate all’interno delle sue ricerche e dei suoi scritti “giovanili”, ho potuto spiegare il successivo approdo alla

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pedagogia, tutto ciò, non tralasciando l’ambiente storico, culturale e sociale dell’epoca.

L’intento di intraprendere una ricerca di questo tipo è nata dall’interesse di coniugare la formazione giovanile della studiosa con la sua maturità, par-tire cioè da Montessori giovane allieva sino ad arrivare a Montessori matura insegnante, per averne una visione quanto più completa ed esaustiva.

Il primum movens è stato quello di tracciare la storia formativa della ri-cercatrice sia attraverso il percorso educativo personale–accademico, evi-denziando i legami con gli scritti apparsi in quel periodo, sia attraverso un percorso storico relativo agli orientamenti educativi, ai curricula scolastici, evidenziando gli ordinamenti e l’organizzazione del sistema universitario italiano dell’epoca. Congiuntamente ho presentato una vasta documentazio-ne, utile, soprattutto a giungere a valide conclusioni ed a spingermi verso i-potesi che contribuiscono a dare una attenta e valida visione dei contenuti formativi, intellettuali e professionali di Maria Montessori.

Ho cercato, attraverso una minuziosa ed impegnativa ricerca, di reperire anche il materiale cartaceo relativo all’arco di tempo che va dal 1890 al 1904. Contemporaneamente, ho approfondito gli anni dal 1904 al 1918. Tale scelta è stata mossa dal desiderio di arricchire una biografia già ampiamente esistente, per rafforzarla nella sua validità storica e scientifica.

Mi sono avvalsa, per la parte riguardante gli anni universitari, della do-cumentazione conservata presso l’Archivio Generale Studenti dell’Univer-sità degli Studi «La Sapienza» e, per la parte riguardante Maria Montessori nella veste di docente dei documenti conservati nell’Archivio Centrale dello Stato. Queste ricerche, durate alcuni anni mi hanno permesso di arricchire la biografia montessoriana e di dare un piccolo contributo al lettore, con la spe-ranza di aver fornito una originale ed alternativa chiave di lettura.

La ricca documentazione reperita mi ha spinto a dividere la ricerca in tre parti. Una prima parte riguarda il percorso educativo ed è stata divisa in quattro capitoli. Nel primo capitolo, si esplora la prima fase di vita, storia e formazione di Maria Montessori, partendo dall’infanzia sino ad arrivare all’adolescenza, cioè al diploma ottenuto presso il Regio Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” di Roma, nel 1890.

Nel secondo capitolo, si ripercorre l’excursus universitario soffermandosi in modo particolare sul sistema universitario, sull’ambiente storico, cultura-le, politico e sociale in cui si è venuta a formare la studiosa. In questo capito-lo si tratta anche degli anni di libera docenza in Antropologia presso l’Università di Roma, e dell’insegnamento di Igiene e di Antropologia presso l’Istituto di Magistero femminile di Roma, tenuto da Maria Montessori sino al 1918.

Nell’approfondire gli anni universitari, ho ampiamente narrato l’ambiente in cui si è venuta a trovare, un ambiente ancora ostile alle donne, soprattutto alle donne “medichesse”, un ruolo ancora intessuto di pregiudizi.

Introduzione

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Infatti, la realtà universitaria è stata per la giovane Maria ben diversa, probabilmente, più di quanto si aspettasse lei stessa. Nonostante qualche sconforto e delusione è stata in grado di difendersi e andare avanti portando con sé quel bagaglio di idee che da sempre l’hanno contraddistinta.

Ha iniziato a seguire le lezioni universitarie col desiderio di studiare e apprendere insegnamenti nuovi; si trovò dinanzi a studi quali: Istologia, Fi-siologia, Psichiatria, Anatomia, Pediatria, Igiene, che tanto destavano il suo entusiasmo ed interesse. Montessori è stata allieva di personaggi illustri, a tutt’oggi ricordati per il notevole contributo scientifico apportato, come il fi-siologo Jacopo Moleschott, l’igienista Angelo Celli, lo psichiatra Clodomiro Bonfigli, il clinico Guido Baccelli, il pediatra Luigi Concetti, l’anatomo–patologo Ettore Marchiafava, ed altri.

Montessori aveva davanti un futuro ragguardevole come psichiatra, in quanto aveva scelto — come oggetto di lavoro per la propria tesi — un ar-gomento inerente la psichiatria, dal titolo di Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico.

In seguito continuò a frequentare la Regia clinica psichiatrica, e nella stessa clinica diventò assistente volontaria, iniziando a praticare la profes-sione medica presso vari Ospedali, tra cui il manicomio Santa Maria della Pietà a Roma. Ed è proprio attraverso la pratica medica che la studiosa ap-profondì gli studi sugli stati fisiologici e patologici di quei bambini “defi-cienti” ricoverati con gli adulti al manicomio romano.

Da questa esperienza, ebbe inizio per Montessori un cammino lungo e complesso, fatto di incontri e dibattiti nazionali ed internazionali per sensibi-lizzare l’opinione pubblica a prendere coscienza dell’esistenza di una realtà tanto diversa, ma così bisognosa d’aiuto. In questo percorso si appoggia ad alcuni dei suoi docenti universitari che ricoprivano oltre ad incarichi acca-demici, anche politici, quali: Clodomiro Bonfigli psichiatra e deputato, Gui-do Baccelli medico e Ministro della Pubblica Istruzione ed Angelo Celli i-gienista e deputato, tutti interessati ai problemi dell’infanzia rifiutata e ab-bandonata.

A questo periodo, appartengono le ricerche di Maria Montessori nel cam-po della psichiatria fatte insieme a Sante De Sanctis e Giuseppe Montesano, con i quali collaborò all’uscita di due scritti: Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche e Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo�rachidiano dei dementi paralitici, entrambi pubblicati nel 1897 dopo la laurea in Medicina e Chirurgia.

Montessori cominciò a prendere a cuore la questione dei bambini frena-stenici tanto da recarsi a Londra e Parigi per approfondire gli studi condotti da Séguin ed Itard, dei quali analizzò le ricerche scientifiche fatte sulle ma-lattie mentali, con l’intento di arrivare alla fondazione di appositi Istituti di accoglienza per quei bambini anormali.

La giovane Maria si rese conto che la questione dei bambini deficienti era di natura pedagogica prima ancora che medica, e che era necessario predi-

Introduzione

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sporre e organizzare in modo nuovo i maestri. Da ciò venne alla luce nel 1900 la Scuola Magistrale Ortofrenica, in cui la studiosa, accanto a Giuseppe Montesano, formò i futuri maestri.

La Scuola Magistrale nacque per iniziativa della «Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti», promossa da Clodomiro Bonfigli, ex do-cente di Maria Montessori; la stessa pedagogista fece parte della Lega sin dalla sua fondazione. Con lei nella Scuola Magistrale collaborava Montesa-no con il quale ella cooperava anche nell’Istituto medico�pedagogico, dove vennero dislocati i bambini prima ricoverati nel manicomio romano. Tra Montesano e la giovane Maria ci fu un legame molto forte iniziato proba-bilmente quando entrambi prestavano servizio presso la Clinica psichiatrica e finito dopo la nascita del figlio Mario.

Nel complesso questo capitolo affronta ed approfondisce l’insegnamento condotto da Montessori sia all’Università di Roma che all’Istituto Superiore femminile di Magistero, sottolineando il tutto, con alcuni documenti d’Archivio che avvalorano l’analisi scientifica e storica della studiosa.

Nel terzo capitolo, si percorre il “periodo maturo”, quello in cui elabora il metodo pedagogico fondato sull’osservazione, sul rispetto dell’individuo e sulla libertà ed autonomia del bambino. Ho voluto approfondire l’approccio ai bambini deficienti, l’elaborazione di quello che sarà conosciuto come “metodo montessoriano”, l’apertura della prima Casa dei bambini e la pub-blicazione della sua grande opera Il Metodo della pedagogia scientifica.

Nel quarto ed ultimo capitolo, si ripercorre l’impegno della studiosa mar-chigiana alla campagna di sensibilizzazione delle categorie sociali più deboli e bisognose di protezione. Montessori interviene attraverso conferenze e Congressi nazionali ed internazionali, denunciando sempre la necessità di migliorare la società, coinvolgendo in questo progetto di progresso civile an-che il mondo politico e accademico.

*

* *

Nell’affrontare le questioni a lei più care c’è sicuramente, come si può ri-

levare dai suoi scritti giovanili, una Montessori attiva, dinamica, laboriosa, a volte caratterizzata dall’impulsività (dall’indomito desiderio di vedere subito cambiare le cose). Un esempio arriva dalle sue prime ricerche di Antropolo-gia pedagogica, nelle quali suggerisce la divisione tra bambini “più intelli-genti” e bambini “meno intelligenti”, e lo fa non per creare una “divisione per classi”, ma per mettere in evidenza ciò che alla studiosa sta a cuore, cioè proteggere e sorreggere i più bisognosi. A tal proposito, vanno ricordati due scritti importanti: Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie in-tellettuali dei fanciulli nelle scuole e Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. L’autrice, nel presentare la separazione

Introduzione

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tra i cosiddetti “bambini più intelligenti” e “meno intelligenti”, riscontra le profonde influenze sociali che possono condizionare l’evoluzione scolastica del bambino.

Accanto al “primo periodo” ho sottolineato un “secondo periodo” (1909�1918) nel quale Montessori ha raggiunto una maturità personale, che la conduce ad individualizzare e accogliere un risultato scientifico di grandi proporzioni teoriche, ma soprattutto pratiche.

In questo “secondo periodo” la studiosa si affida ad una scrittura più ma-tura, arricchita da esempi pedagogici da lei direttamente vissuti e sperimen-tati. In Maria Montessori colpisce ora la consapevolezza con cui guarda all’esperienza sin allora compiuta; consapevolezza che la conduce a dare ri-salto alla libertà ed all’indipendenza del bambino, limitando l’importanza della figura del maestro. L’insegnante per la studiosa deve svolgere il suo ruolo di giudice con umiltà; egli deve conquistare una agilità morale fatta di calma e pazienza, aspetti che sino a quel momento non erano stati sufficien-temente considerati.

Attraverso questa ricerca si può evincere che la studiosa del “primo pe-riodo” è una persona che si prepara su basi positiviste e riformiste, e che pensa il suo metodo in base al reale contesto storico–sociale. Montessori del “secondo periodo” si adopera a far conoscere e diffondere la sua esperienza nel mondo.

*

* *

La seconda parte della ricerca è dedicata ad alcuni temi già affrontati pre-

cedentemente e che ho riproposto in Appendice, in chiave diversa, in quanto possono definirsi “inediti”.

Difatti proprio in Appendice ho ripresentato il tema — esaminando il tut-to da un punto di vista prettamente documentaristico — degli anni in cui Ma-ria Montessori frequenta l’Università. Anche in questo caso ho ritenuto op-portuno dividere la ricerca in quattro parti.

Una prima parte, dal titolo Maria Montessori all’Università «La Sapien-za», in cui ho esposto minuziosamente i corsi e gli esami che Montessori ha frequentato e sostenuto alla Facoltà di Scienze fisiche�matematiche e natura-li dell’Università di Roma, alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e per il Cor-so di perfezionamento in polizia sanitaria. Per la Facoltà di Filosofia, invece, ho esposto solo le lezioni frequentate dal 1902 al 1904, poiché non ho trova-to nessuna documentazione riguardante gli eventuali esami sostenuti o l’eventuale conseguimento della laurea in Filosofia. L’unico dato emerso ri-guardo alla Facoltà di Filosofia è stato la frequenza dei corsi di Filosofia teo-retica, Storia della filosofia, Filosofia morale, Pedagogia, Psicologia ed altre discipline, impartiti da docenti come Antonio Labriola, Luigi Credaro, Sante

Introduzione

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De Sanctis, ed altri. personaggi con i quali la pedagogista fu anche legata da rapporti professionali.

Per agevolare il lettore, ho ritenuto opportuno, in questa prima parte dell’Appendice, ripartire in anni accademici gli esami sostenuti e superati dalla “studentessa”, inserendo per ogni esame il probabile programma segui-to e i testi sui quali la “studentessa” avrebbe studiato.

La seconda parte dell’Appendice è costituita da una nota biografica dei docenti universitari con cui Montessori ha frequentato i corsi; anche in que-sto caso ho utilizzato la suddivisione dei docenti per Facoltà, e all’interno di ogni gruppo i nomi sono in ordine alfabetico.

Nella terza parte, dal titolo Gli studi e gli interessi accademici di Maria Montessori negli scritti giovanili, ho approfondito la ricerca evidenziando come negli scritti compresi tra il 1896 ed il 1907 risaltino i frutti dei suoi studi giovanili. In questo caso è stato importante ripartire gli scritti della stu-diosa in base agli anni di pubblicazione. La scelta di indagare alcuni tra gli scritti pubblicati sino al 1907, è stata conseguente a quella di occuparmi del-la “giovane Montessori”, pur restando ferma l’importanza di tutti i contributi della pedagogista sino al 1909.

Nella quarta parte, dal titolo Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori all’Università sono compresi tutti i certificati degli esami sostenuti da Montessori tra il 1890 ed il 1896, ed i registri d’iscrizione della Facoltà di Filosofia.

Nella quinta ed ultima parte, dal titolo: Documenti relativi l’excursus ac-cademico di Maria Montessori, ho inserito delle missive, molte inedite, ri-guardanti la carriera accademica che hanno visto la marchigiana, come do-cente sino al 1918.

Per la vasta documentazione reperita è stato opportuno raccogliere i do-cumenti in un secondo volume, dove oltre a catalogare la documentazione della carriera scolastica della Montessori, ho inserito una quinta parte costi-tuita da una serie di lettere relative alla libera docenza e all’insegnamento di Igiene e Antropologia all’Istituto Superiore femminile di Magistero di Ro-ma.

Alla luce della pubblicazione del testo ho ritenuto, con il professor Nicola Siciliani de Cumis, sintetizzare la documentazione, scegliendo solo alcuni dei tanti documenti raccolti che risultano più significativi e di facile com-prensione per il lettore.

In definitiva, se le motivazioni di questa ricerca sono state largamente precisate, non si può tuttavia nascondere che proprio il tipo di lavoro condot-to ha presentato delle difficoltà.

Infatti, un primo nodo problematico è stato quello della reperibilità e li-mitatezza delle fonti, nonché della loro disorganicità. Un altro nodo è stato quello della non facile interpretazione dei documenti, scritti per lo più a ma-no, e delle lacune che la stessa documentazione presenta, come la mancanza dei certificati riguardanti i programmi ed i testi d’esame.

Introduzione

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Nonostante tutto bisogna dire che gli studi e le ricerche si sono rivelati quanto mai interessanti, mi riferisco in particolare allo studio degli Annuari scolastici (1890�1910), ai testi che riguardano la storia dell’Università rela-tiva ai regolamenti ed al materiale documentario. Questo ha permesso di compiere approfondimenti ed in qualche caso ha consentito di delineare il percorso formativo di Maria Montessori in modo diverso rispetto a quanto fatto da altri autori1.

Il merito di questa ricerca è stato di riportare alla luce e trascrivere do-cumenti dimenticati e sepolti negli Archivi, che possono, a mio avviso, dare ai cultori del pensiero e dell’opera di Maria Montessori, nuovi elementi per una proficua e futura discussione.

1 Mi riferisco al libro di V. P. Babini, L. Lama, «Una donna nuova», Milano, Angeli,

2000.

Introduzione

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Capitolo primo Vita e prima formazione educativa (1870�1890)

1.1 Premessa

In questo primo capitolo l’obiettivo che mi propongo è quello di fornire

al lettore un quadro completo e succinto dell’ambiente familiare, stori-co�culturale e politico nel quale Maria Montessori è nata e cresciuta. A tale scopo nel ripercorrere l’infanzia, l’adolescenza, l’ambiente familiare di Montessori, ho utilizzato per lo più materiali tratti da studi già esistenti, trac-ciando in modo breve e attento la prima formazione educativa. Inoltre ho ri-tenuto importante ricostruire attraverso particolari esperienze, la quotidianità di una bambina, divenuta adulta e donna che non ha saputo dimenticare l’età magica, misteriosa, l’età che non ricordiamo più, in cui tutto è incredibil-mente primo. 1.2 L’infanzia

Il dramma del neonato è il totale distacco dalla madre che, finora, ha fatto tutto

per lui. Separato da lei […] egli deve ad un tratto compiere da solo tutte le funzioni della vita. Fino a questo momento era cresciuto adagiato là, dove un liquido tepido creato per lui, perché meglio potesse riposare, lo difendeva da ogni urto, da ogni squilibrio di temperatura; là ove mai non gli era giunto il minimo raggio di luce, né il più lieve rumore1.

Maria Montessori descrive così il “dramma” della nascita al momento del distacco del neonato dalla madre, sofferenza che nessuno vede nel bambino appena nato, soffermandosi solo sulla felice presenza nella famiglia di quel corpicino nuovo che «riunisce tutti in un sentimento d’amore»2. Montessori descrive la tribolazione che il neonato avverte quando viene proiettato dall’oscurità alla luce e al mondo dei suoni.

«Paragona il neonato a un pellegrino che giunge da remote distanze, e-sausto e malconcio. In nessuna altra epoca l’uomo incontra una simile occa-sione di lotta e di sofferenza; è la prima volta che l’uomo riflette in sé il Cri-sto che muore e il Cristo che ascende»3.

Questi sono temi importanti nella vita di Maria Montessori, ripresi più volte e che oggi lasciano un segno nella storia del mondo. Infatti, ella posse-

1 M. Montessori, Il bambino in famiglia, Milano, Garzanti Editore, 1991, p. 16 2 Ivi, p. 17. 3 M. Schwegman, Maria Montessori, Bologna, il Mulino, 1999, p. 14.

Capitolo primo

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deva la capacità straordinaria di “vedere” tutta la storia del bambino e di rappresentarla in una sintesi maestosa e viva.

Nata a Chiaravalle un piccolo paese della provincia di Ancona, il 31 ago-sto 1870, figlia unica di Renilde Stoppani e Alessandro Montessori, Maria, sin da piccola, ripose nei genitori un affetto senza limiti. Quell’amore che i genitori cercarono di darle sempre, teso al ritrovamento di sé e all’adatta-mento alla vita sociale.

Negli anni dell’infanzia, l’amore ricambiato ardentemente dai genitori fe-ce in modo da tendere su quell’unica figlia molti dei loro desideri incompiu-ti, aspirazioni tipiche di quella borghesia, che aveva fatto la nuova Italia.

L’ambiente in cui nacque e visse Montessori contribuì a farle maturare una “filosofia” in cui coesistevano fede religiosa e istanze moderne. Nella sua formazione intellettuale, la figura della madre ebbe un posto di rilievo. Renilde Stoppani, nata a Monsanvito il 24 aprile 1840 da una famiglia di proprietari terrieri, aveva profonde convinzioni liberali e cattoliche e in tal modo univa elementi della scienza moderna ad una profonda fede religiosa. Una presenza spirituale, per la piccola Maria, rappresentava poi lo scienziato e letterato italiano Antonio Stoppani, zio della madre di Maria, sacerdote li-berale e rosminiano, che si distinse nel corso delle cinque giornate di Milano del marzo 1848 e nella guerra del 1866 alla quale partecipò come volontario nella Croce Rossa. L’abate Stoppani aveva dedicato la sua vita al desiderio di riavvicinare lo spirito della scienza e lo spirito della religione, scrivendo sull’argomento i libri Storia della creazione secondo la ragione e la fede4 e Il dogma e le scienze positive5. Grazie a questi scritti scientifici e divulgativi, Stoppani ebbe modo di raggiungere posizioni istituzionali di prestigio come l’affidamento nel 1861 della cattedra in Paleontologia all’Università di Pa-via, per poi passare nel 1862 ad insegnare all’Istituto tecnico superiore di Milano (l’odierno Politecnico)6. Sostenitore dell’unione tra Stato e Chiesa é conosciuto per essersi distinto nell’Italia post–unitaria per le sue idee liberali e autarchiche e viene così a lasciare una traccia indimenticabile nella sua pa-rentela. Infatti, la figura dell’abate giocò un ruolo primario per la formazione della giovane pedagogista; non si parlava spesso dello zio Stoppani, ma la sua presenza veniva avvertita proprio per i suoi scritti e per la sua personalità innovativa per quell’epoca. La giovane Maria, presumibilmente, subì la sua influenza attraverso gli incontri personali e la lettura dei suoi libri. Ciò è fa-cilmente deducibile dallo stile montessoriano, scorrevole e ricco di immagi-nazione e di inventiva.

Un’altra figura importante nella crescita educativa della Montessori è il padre: Alessandro Montessori, nato a Ferrara il 2 agosto 1832 da una fami-glia bolognese. Uomo pratico e preciso, studioso di matematica e retorica,

4 A. Stoppani, Sulla Cosmogonia Mosaica, Milano, 1887. 5 Id, Il dogma e le scienze positive ossia La missione apologetica del clero nel moderno

conflitto tra la ragione e la fede, Milano, 1882. 6 C. G. Lacaita, Sviluppo e cultura, Milano, Angeli, 1984, pp. 188–195.

Vita e prima formazione educativa (1870–1890)

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intraprese la carriera statale. L’educazione ricevuta, piuttosto rigida e costi-tuita da regole militari, l’aveva profondamente plasmato e il carattere fermo e deciso già si intravedeva quando, da giovane, aveva partecipato alle prime guerre di indipendenza. Fu impiegato come funzionario al dipartimento delle finanze dello Stato Pontificio dal 1850 al 1853; poi diventò ispettore dell’industria del tabacco e del sale, prima a Comacchio e a Cervia, in segui-to a Bologna e a Faenza. Con tale carica, fu inviato nel 1865 a Chiaravalle, dove conobbe Renilde Stoppani, più giovane di otto anni, che sposò nel 1866.

Maria fu, così, educata secondo regole severe, basate sulla disciplina e sull’impegno. Anche la madre, nonostante le sue idee liberali, era una donna di forte personalità e in uno dei pochi episodi ricordati da Maria a proposito della sua infanzia, poi riportati in molte biografie, viene infatti rammentata la sua severità. A testimonianza di ciò richiamo un episodio della sua infanzia: la famiglia era da poco tornata da un viaggio. Maria disse che aveva fame, la madre rispose di aspettare un momento, ma la bambina non voleva saperne e con insistenza chiedeva qualcosa da mangiare. La mamma allora le diede qualcosa: “Se non puoi aspettare prendi questo”. Era un pezzo di pane stan-tio rimasto in casa un mese intero7.

Entrambi i genitori riponevano grandi aspettative su Maria: la madre era convinta che la figlia fosse destinata ad adempiere un’importante missione nel nuovo mondo. Difatti, si stava avvicinando un’epoca che avrebbe reso protagoniste le donne, in modo particolare nella partecipazione alla vita so-ciale.

Da sempre i genitori proiettano sui figli molti dei loro desideri irrealizza-ti, e spesso ciò è causa di profonde crisi nel bambino. Questo è appunto il ca-so dei bambini iper–sensibili che non sono capaci di distinguere le proprie fantasie, capacità e necessità da quelle proiettate su di loro dai genitori. Montessori è divenuta la portavoce della sensibilità e dell’intelligenza dei piccoli, proprio attraverso queste qualità, le sue riflessioni a riguardo porte-ranno ad una lettura montessoriana del bambino: «bambino creatore di vita, padre e costruttore di vita»8.

Montessori scriverà, una volta adulta, che i genitori piuttosto che interes-sarsi a quello che il bambino “è” vogliono sapere solo se i figli riescono a comprendere le loro regole, cioè la cultura degli adulti e in tutto ciò, afferma, “si racchiude la soddisfazione dei padri”9.

Suo padre senza alcun dubbio apparteneva proprio a questa categoria: per lui era importante, giacché badava molto all’apparenza, che sua moglie e sua figlia uscissero ben vestite e facessero sempre bella figura.

7 M. Schwegman, op. cit., p. 18. 8 A. Scocchera, Maria Montessori, Quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia,

1990, p. 70. 9 M. Schwegman, op. cit., p. 21.

Capitolo primo

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La madre pur essendo legata alle convenzioni sociali, possedeva una per-sonalità più mite (dovuta forse al fatto di essere religiosa) e propensa a pre-stare attenzione a tutto ciò che interessava la figlia.

La famiglia Montessori presentava, dunque, le caratteristiche di una fa-miglia comune dove l’affetto e l’unione erano alla base del vivere insieme, nonostante non mancassero le incompatibilità. Questa incompatibilità era le-gata per esempio alla scelta scolastica della figlia (la scelta non approvata da entrambi i genitori di frequentare una scuola superiore di indirizzo matema-tico, piuttosto che classico) e al comportamento distaccato del padre.

La giovane Maria vedeva, spesso, i suoi genitori scontrarsi e cercava fin da piccola di riconciliarli, tanto che una volta salì su una sedia e unì le mani dei genitori in litigio10. Il voler porre fine ai contrasti dei genitori aveva per Maria una ragione intrinseca: diffondere l’armonia, la gioia di vivere e la possibilità di trasformare le persone da aride a generose. L’amore, in partico-lare quello materno, favorisce lo sviluppo armonioso del corpo e dell’anima del bambino. E in questo si racchiude il sogno di tutta la vita della Montesso-ri: volere un “eroismo interiore” non “esteriore” basato sull’arricchimento dell’anima e sul desiderio di dare agli altri qualcosa di nuovo. La sua intenzione vera di diffondere la pace e porre fine ai conflitti che ve-deva attorno a sé, in modo da trasformare il pane duro in un pasto buono, perché, come era solita dire: “l’uomo non vive di solo pane”11, la “vita é gioia”12 che si raggiunge attraverso l’amore. Questo desiderio mette in evi-denza il rapporto “ambiguo” col padre, perché se da un lato essa accoglie l’aspirazione paterna di vederla maestra, dall’altro si ribella alla scelta di in-carnare quel modello femminile concepito dal genitore. 1.3 Il contesto storico, culturale e sociale

Nel 1870, anno di nascita di Montessori, in Italia si era da poco compiuta

l’Unità (17 marzo 1861) ed il nostro Paese attraversava un periodo estrema-mente importante per l’affermazione e lo sviluppo delle nuove istituzioni democratiche, rilevanti per il consolidamento della vita nazionale.

All’indomani dell’Unità, l’Italia conobbe una grande trasformazione eco-nomica provocata dall’avvento e dallo sviluppo dell’industrializzazione, che mutò le condizioni di vita e le abitudini di parte della popolazione. Il reddito nazionale aumentò come anche quello medio individuale e crebbe la produ-zione industriale. Infatti l’Italia da Paese agricolo, si trasformò in Paese agri-colo–industriale. Questo processo di sviluppo investì le regioni centro–

10 A. M. Maccheroni, Come conobbi Maria Montessori, Roma, Ed. Vita dell’Infanzia,

1956, p. 25. 11 M. Montessori, Antropologia Pedagogica, Milano, Vallardi, s.d. 1910, p. 107. 12 Ibidem.

Vita e prima formazione educativa (1870–1890)

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settentrionali della penisola, mentre le plebi meridionali erano costrette an-cora dalla miseria ad un’emigrazione sempre più massiccia13.

Insomma, il panorama economico, politico e sociale in quegli anni era in continuo cambiamento, così come quello culturale.

Tra Ottocento e Novecento, in Italia si manifestarono sul piano culturale e scientifico delle novità. Infatti, incominciò ad affermarsi un nuovo orien-tamento culturale che investì non solo la filosofia in senso stretto, ma anche la “mentalità comune”. Nacque la «Filosofia positiva» che prese il nome di Positivismo: l’uomo cessa di chiedersi il “perché” dei fenomeni e bada al “come” essi avvengono.

In Italia la filosofia del Positivismo, a differenza della Francia e dell’In-ghilterra, raggiunse particolare successo solo alla fine dell’Ottocento. Questo ritardo era dovuto non solo al lento sviluppo tecnologico–scientifico, ma an-che al fatto che l’Italia continuava a subire condizionamenti di ordine reli-gioso14.

A introdurre in Italia i temi del Positivismo contribuirono personaggi con i quali Montessori strinse rapporti. In particolarmodo ricordiamo il filosofo Roberto Ardigò e lo psichiatra Cesare Lombroso. Il primo, scontrandosi con il diffuso clima culturale idealistico–spiritualista, sostenne la necessità del metodo “positivo” e l’importanza di un riferimento costante all’esperienza concreta, perché indispensabile presupposto per ogni costruzione teorica. Lombroso, invece, partendo dalle premesse teoriche del Positivismo, fondò l’Antropologia criminale, la disciplina secondo la quale i comportamenti dei criminali sono determinati da imperfezioni e anomalie di ordine fisico.

Nella seconda metà dell’Ottocento si verificarono straordinari sviluppi in tutti i campi scientifici. Ad esempio, nel campo medico–biologico, Louis Pa-steur scoprì lo streptococco responsabile della febbre puerperale, aprendo la strada alla prevenzione delle malattie attraverso le vaccinazioni. L’aspetto più innovatore del pensiero e della cultura dell’età positivista è costituito in-dubbiamente dal darwinismo, cioè dalla teoria biologica sull’evoluzione na-turale degli esseri viventi, dello studioso inglese Charles Darwin15. La teoria evoluzionistica, infatti, suscitò fin dal suo primo apparire, un grande interes-se, ma anche numerose polemiche che erano destinate a durare nel tempo. Di fatto Darwin, affermando che tutti gli organismi viventi non sono comparsi sulla terra così come ci appaiono, ma sono il risultato di una lunghissima se-rie di trasformazioni, che è iniziata con l’origine della vita e continua ancora,

13 Ivi, pp. 240–242. 14 F. Roncoroni, Lingua, storia e società, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1992, p.

236. 15 Charles Robert Darwin, naturalista inglese (1809�1882). Seguendo la tradizione fami-

gliare intraprese gli studi in medicina, ma in seguito li abbandonò e fu indirizzato verso la car-riera ecclesiastica. Conseguita la laurea in Scienze naturali si dedicò a studi e ricerche che do-vevano condurlo all’elaborazione della sua teoria evoluzionistica, basata sulla selezione natu-rale.

Capitolo primo

50

non solo si ribellava alle idee correnti avallate dalla chiesa circa la creazione del mondo e degli esseri viventi, ma avanzava anche l’ipotesi, ritenuta scan-dalosa, che l’uomo discendesse da animali a lui inferiori nella scala evoluti-va16.

La giovane marchigiana conobbe i testi di Darwin ai tempi dell’univer-sità, quando nelle Facoltà di medicina si consolidavano man mano le nuove scienze come: biologia, embriologia, medicina sperimentale, antropologia, psicologia, medicina mentale, igiene, ecc.. Nelle aule risuonava non solo il nome di Darwin, ma anche di Lamarck, Pasteur, De Vries e Mendel, Lom-broso, Wundt e Binet. Da questo ambiente in continuo evoluzione Montesso-ri accolse positivamente tutte le prospettive scientifiche, importanti per la sua concezione pedagogica. Al contempo, essa prese le distanze da qualun-que concezione meccanicistica e materialistica della vita dello spirito, poiché non riescono a soddisfare il carattere religioso della sua anima. Se nel suo metodo emerge una contraddizione, questa sicuramente è data dal conflitto tra la sua formazione scientifica e il suo personale orientamento di pensiero. Nello stesso tempo, tuttavia, “la sua opera rientra a buon diritto nella grande corrente moderna del liberalismo pedagogico”, come scrisse in un articolo Guido Calogero in occasione della morte della Montessori17.

Il nome che spesso viene associato a quello della Montessori è J. J. Rous-seau autore dell’Émile. Entrambi trattarono il tema dell’autoeducazione, so-stenendo che l’influenza repressiva dell’adulto deforma le tendenze sponta-nee del bambino, il quale lasciato a se stesso crescerebbe certamente miglio-re.

La differenza tra i due studiosi, si mostra nel fatto che, pur perseguendo lo stesso fine, nel primo il pensiero pedagogico si sviluppò come logica con-seguenza della sua concezione filosofica: l’ambiente educativo che propone-va era basato su un’astrazione intellettualistica, sulla non concezione del tempo e su un ritorno dell’umanità ad uno stato presociale. Nella Montessori, invece, tale pensiero aveva origine dall’elaborazione dei risultati dell’espe-rienza, giungendo così ad un’impostazione speculativa della sua pedagogia.

Montessori colse quel che il pensiero idealistico richiedeva da tempo: cioè un’educazione intesa come autoeducazione, utilizzando le tecniche delle scienze sperimentali sorte dal Positivismo e dando così vita ad una corrente singolare e originale.

16 F. Roncoroni, op. cit., p. 273. 17 M. Pignatari, Maria Montessori, Roma, Comitato Italiano dell’Omep, 1967, pp. 69–70.

Vita e prima formazione educativa (1870–1890)

51

1.4 L’adolescenza

Nel 1875 la famiglia si trasferì a Roma, luogo dove la piccola Maria

crebbe e si formò, poiché suo padre fu chiamato ad occupare un posto di ri-lievo al ministero delle Finanze.

Negli anni 1876�1881, Maria Montessori cominciò a frequentare la scuo-la elementare di via di “San Nicolò da Tolentino”. Sin da piccola si dimo-strava sensibile, socievole, gioiosa ed attenta a tutto ciò che la circondava.

Nell’adolescenza, cominciò a distinguersi per il suo carattere deciso e si-curo e ciò veniva fuori in ogni occasione che le si presentava. In quel perio-do, infatti, la giovane Maria si trovava dinanzi ad una realtà in fermento, un mondo in cui era pressante l’urgenza di trasformare le strutture tradizionali, condizionate in maniera negativa da antichi pregiudizi, in modo particolare riguardo all’educazione femminile e alle attività riservate alle donne. Per lo sviluppo industriale e il progresso in genere si aprivano necessariamente nuovi orizzonti, nuove attività, nuovi studi e professioni.

In questo ambiente, la giovane Maria maturò l’idea di iscriversi alla Re-gia Scuola Tecnica. Superando l’opposizione dei genitori, soprattutto quella paterna, il quale preferiva per la figlia studi umanistici, più consoni al modello femminile.

Questa scelta coraggiosa la portò, seguita da altre donne, a rompere i le-gami con la tradizione, contribuendo così al progresso della vita civile e so-ciale del Paese.

Nel 1883, Maria entrò nella Regia Scuola Tecnica “Michelangelo Buo-narroti”, scuola da sempre dominio maschile. Compì quindi un atto corag-gioso (anche se non l’unico)18, ma la sua esperienza fu dura: «i suoi compa-gni non l’accettavano e importunavano talmente le due ragazze che, per pro-teggerle dai dispetti durante gli intervalli, venivano rinchiuse in un locale speciale»19.

In questa scuola tutto era ripetitivo, noioso, senza alcuna possibilità di svolgere attività spontanee; gli allievi dovevano imparare tutto a memoria, tutto era finalizzato a non fare emergere la propria individualità. Maria os-servava in silenzio senza mai disubbidire apertamente (infatti il suo voto più alto era il voto in condotta). In tale situazione Maria trova consolazione nel ripetere alla madre ogni sera, affranta, ciò che ha imparato a scuola e questo contribuì ancora di più a unire le due donne.

Era dunque Renilde, costretta dalle circostanze all’autoeducazione, che stimolava la figlia ad assorbire le materie nello stesso modo che Maria più tardi presenterà co-me l’unico grazie al quale si possa veramente imparare: assimilando lentamente dal-

18 Nella Regia Scuola Tenica, Montessori in realtà, non era sola, ma c’era con lei una gio-

vane ragazza che non ha lasciato traccia nella storia. Vedi, M. Schwegman, op. cit., p. 25. 19 Ibidem.

Capitolo primo

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la fertile humus della propria personalità la conoscenza ottenuta, finché ne nasca qualcosa di nuovo20.

La riconoscenza per la madre è qualcosa che Maria porterà con sé per tut-ta la vita, tant’è vero che la studiosa porterà sulla tomba materna la prima copia del suo libro Autoeducazione nelle scuole elementari21.

Dopo aver affrontato vari ostacoli, nel 1886 ottenne il diploma con la vo-tazione di 137 su 16022. Nello stesso anno decise di continuare gli studi di matematica e di scienze frequentando il Regio Istituto Tecnico Leonardo da Vinci (equivalente all’odierno Liceo Scientifico) dove, nel 1890 conseguì la licenza Fisico–matematiche23.

La giovane Maria durante questi anni di intenso studio scoprì l’interesse per la matematica, una propensione tale da ponderare l’idea di iscriversi alla Facoltà di Ingegneria. La giovane era particolarmente portata per la matema-tica, fisica, chimica, così come per l’italiano e la geografia, meno invece per le materie come lingue e disegno24.

La scuola intrapresa dalla Montessori non era da considerare una vera e propria scuola secondaria, piuttosto un istituto professionale che garantiva un minimo di cultura, ma non permetteva l’accesso a tutte le Facoltà univer-sitarie.

Si trattava quindi, di un percorso scolastico che, pur permettendo ad una famiglia piccolo�borghese�operaia di diventare autonoma e di avere un la-voro socialmente utile e riconosciuto, non facilmente permetteva l’ingresso, a chi lo volesse, di intraprendere gli studi universitari.

Come vedremo, la giovane Montessori dovrà, infatti, affrontare anche queste difficoltà.

20 Ivi, p. 26. 21 M. Montessori, L’Autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Milano, Garzanti,

1916, ripubblicato in edizione storica, Milano, 1962. 22 G. H. Fresco, La Montessori perché no? Una pedagogia per la crescita, Milano, F. An-

geli, 2000, p. 39. 23 Vedi Parte IV, All. n. 1 e 1/bis. 24 Fascicolo personale Maria Montessori contenente, oltre il certificato di licenza, anche il

libretto scolastico ottenuto presso il Regio Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci”. Posizione R.S. 170, presente nell’Archivio studenti dell’Università «La Sapienza».

53

Capitolo secondo Gli anni dell’Università

2.1 Una scelta coraggiosa

Maria Montessori, dopo aver meditato a lungo, decise a sorpresa di stu-

diare medicina. Probabilmente questa scelta, come ci racconta la sua allieva Anna Maria Maccheroni nel libro Come conobbi Maria Montessori, fu dovu-ta a quella che Montessori definì una “chiamata misteriosa”. Alla Macchero-ni, infatti, Maria diceva di non conoscere il motivo di tale cambiamento.

Fu un momento. Una sera in una via di Roma Maria vide seduta sul marciapiede una povera donna con in grembo un piccolo bambino, che aveva in mano una stri-sciolina di carta rossa. Ricordava bene questo dettaglio, ne parlava descrivendo que-sta scena nella via e diceva come in quel momento le venne la decisione di studiare medicina. Mentre raccontava questi strani fatti i suoi occhi avevano uno sguardo profondo come se volesse cercare, scavare tra cose che sono al di là delle parole. E lei stessa domandava: “perché?” Come un lieve, espressivo movimento della mano, faceva capire che strane cose accadono dentro di noi per guidarci a un fine che non conosciamo…1

Nel decidere di proseguire e intraprendere gli studi di medicina, la giova-ne Maria non mancava d’incontrare dure opposizioni ovunque. Il primo o-stacolo che si trovò di fronte fu, proprio, la difficoltà ad iscriversi a medici-na. La licenza ottenuta presso il Regio Istituto Tecnico “Leonardo da Vinci” le consentiva l’accesso universitario, ma limitatamente alla Facoltà di Scien-ze fisiche, matematiche e naturali. Infatti lo stesso art. 8 del regolamento u-niversitario recitava: «La licenza della sezione fisico–matematica dell’Isti-tuto tecnico dà adito alle Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali delle università»2.

Con la tenacia e la fermezza di sempre, Montessori scrivendo e riuscendo a fissare un appuntamento, chiese appoggio a Guido Baccelli, primario di Clinica medica dell’Università di Roma e deputato al parlamento dal 1874, che negandole l’aiuto, confermò l’impossibilità ad iscriversi alla Facoltà di Medicina. Il parere negativo del professor Baccelli era forse dovuto al fatto che conosceva bene l’ambiente accademico e le resistenze nei confronti della presenza femminile nelle Università. Si narra che in quell’occasione Maria, senza scoraggiarsi, gli rispose: «…Eccellenza, studierò medicina»3. Infatti,

1 A. M. Maccheroni, op. cit. p. 27. 2 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1890–91, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1891,

p. 170. D’ora in avanti questo sarà citato: Annuario 1890–91 con l’indicazione delle pagine. 3 A. M. Maccheroni, op. cit., p. 28.

Capitolo secondo

54

continuò a mantenere ferma la sua causa fino ad ottenere un intervento con-clusivo di Papa Leone XIII4. Vicende rese note una volta che Montessori di-venne un personaggio pubblico in un articolo apparso su «L’Illustrazione ita-liana»5.

La mentalità corrente era sfavorevole all’iscrizione di una donna all’Università ed i presidi rifiutavano di accettare studentesse; anche se il Re-golamento Bonghi, del 3 ottobre 1875, dichiarava — novità assoluta — che le donne potevano essere immatricolate qualora presentassero i documenti e titoli richiesti (art. 8)6.

Questo fu un passo importante, ma sarebbe rimasto vano senza un cam-biamento radicale, per quanto riguardava il titolo richiesto per l’accesso a tutte le università. Difatti prima del 1883 potevano accedere ad alcune Facol-tà, come medicina, solo gli uomini e coloro che avevano conseguito la licen-za liceale, ma nel 1883 il Parlamento intervenne decidendo che anche le donne potevano entrare al liceo classico.

L’ingresso delle donne all’Università venne accolto, come si può facil-mente immaginare, con disappunto dal corpo docente e dagli studenti. Sulle riserve riguardo alla presenza femminile all’Università è emblematico il di-scorso, nel 1881, di un certo dottor Rota che in uno scritto dal titolo Le stu-denti e le medichesse, letto all’Ateneo di Brescia, scriveva: la sconvenienza per la giovinetta di sedere nella facoltà medica a canto agli studenti, e come nemmeno s’addica alla donna l’ufficio di medichessa, acciò resti contenta del proprio stato, né si pretenda da lei cosa indebita o impossibile. Per uscir medi-chessa, e in certa guisa cessare di essere donna finirebbe per diventare clorotica, for-se tisica, o pazza, certo nervosa, non riuscendo ad emulare i compagni che hanno una tempra più robusta, maggior capacità e saldezza di propositi e di cuore7.

Il dottor Rota non rappresentava un’eccezione, ma un tipico modo di pen-sare generale o quasi.

L’ambiente accademico e non solo, continuava ad avere dei pregiudizi per quanto riguardava l’ingresso delle donne in alcune professioni prima di allora di competenza prettamente maschile.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento c’era un orientamento negativo nei confronti dell’istruzione superiore femminile, e quelle poche

4 Notizia riportata nel libro di R. Kramer, Maria Montessori. A. Biography, Reading Mas-

sachuset, Addison–Wesley, Publshing Company, 1988, pp. 34–35. 5 «L’Illustrazione italiana». Giornale per le famiglie del 5 marzo del 1899, nell’articolo

dal titolo: La medichessa Maria Montessori. Le sue strane vicende e le sue conferenze. Nell’articolo si narra delle passate vicende della medichessa Montessori per frequentare le lezioni di latino e greco “nascosta dietro un assito di legno, per non turbare con la sua presen-za i giovani seminaristi”. La frequenza alle lezioni fu possibile grazie all’intercessione di un religioso (non bene identificato).

6 A. Forti Messina, Il sapere e la clinica, Milano, Franco Angeli, 1998, p. 208. 7 Ivi, pp. 209–210.

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donne che coraggiosamente decidevano di continuare gli studi dovevano af-frontare non solo i divieti legislativi, ma anche e, soprattutto, i pregiudizi dell’epoca.

Montessori si trovò coinvolta in prima persona in questa situazione, com-battendo una battaglia prima all’interno della sua famiglia, in special modo con il padre, desideroso per la figlia di una carriera diversa, e poi all’interno dell’ambiente del quale sarebbe entrata a far parte. 2.2 L’iscrizione alla Facoltà di Scienze naturali

Maria Montessori non potendosi iscrivere, alla Facoltà di Medicina

dell’Università «La Sapienza», si iscrisse nell’anno 1890�91, alla Facoltà di Scienze fisiche matematiche e naturali della stessa Università.

L’anno scolastico, per le Università, durava nove mesi e mezzo, comin-ciava il 15 ottobre e terminava il 30 luglio. Le lezioni incominciavano ai primi di novembre e terminavano il 15 di giugno, anche se la durata dei corsi poteva variare. Non più tardi di venti giorni dopo l’apertura veniva letto il discorso inaugurale; quell’anno, il 1890, fu letto dal professor Angelo Mes-sedaglia, docente della Facoltà di Giurisprudenza, e si intitolava: L’economia politica in relazione con la Sociologia e quale scienza a sé8.

La giovane Maria presentò alla segreteria dell’Università prescelta la do-manda d’immatricolazione nell’anno 1890�91. In essa, oltre ai suoi dati per-sonali e a quelli dei suoi genitori, dovette includere anche alcuni documenti come la fede di nascita, il diploma originale di licenza ed altri titoli, che, se-condo il regolamento vigente o i regolamenti speciali delle Facoltà e delle Scuole, erano necessari per l’immatricolazione ai vari corsi, oltre alla quie-tanza del pagamento della tassa d’immatricolazione9.

Nel 1890, Montessori cominciò a frequentare i corsi del primo anno. Scelse e ottenne, infatti, la frequenza, per i corsi obbligatori, in Chimica ge-nerale con il professor Stanislao Cannizzaro10, Fisica sperimentale con il professor Pietro Blaserna, Zoologia ed esercizi con il professor Antonio Car-ruccio e Botanica ed esercizi con il professor Romualdo Pirotta. Per quanto riguarda invece i corsi liberi, Montessori ottenne la frequenza in Parassitolo-gia con il professor Antonio Carruccio, Fisiologia vegetale con il professor Romualdo Pirotta, Anatomia descrittiva ed esercizi con il professor France-sco Todaro, Lingua tedesca con il professor Giuseppe Schuhmann e Anato-mia microscopica ed esercizi con il professor Michele Giuliani. Al suo primo

8 Vedi, Annuario 1890–91, pp. 7–10. 9 Ivi, pp. 169�170. 10 D’ora in avanti per le notizie riguardanti i docenti universitari citati in questo libro, si

rimanda all’Appendice, Parte II, Nota biografica dei docenti universitari dei quali Maria Mon-tessori ha frequentato i corsi (1890�1904).

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anno di Università, Montessori sostenne e superò tre esami: Botanica, Zoo-logia e Fisica.

Nell’anno accademico successivo la giovane Maria frequentò tra i corsi obbligatori: Anatomia comparata ed esercizi con il professor Francesco Giu-seppe Gasco, Istologia e fisiologia generale con il professor Giuseppe Magi-ni, Tecnica microscopica, Esercizi di Fisica con il professor Pietro Blaserna e Chimica organica con il professor Stanislao Cannizzaro. Per quanto, inve-ce, riguarda i corsi liberi, Montessori frequentò: Anatomia descrittiva ed e-sercizi con il professor Francesco Todaro, Anatomia umana con Michele Giuliani, Fisiologia sperimentale con Baldovino Bocci, Embriologia con Francesco Gasco e Istologia pratica con il professor Giuseppe Magini. Alla fine dei corsi, sostenne e superò altri tre esami: Istologia e Fisiologia genera-le, Anatomia comparata e Chimica generale ed organica11.

In quegli anni universitari, la studentessa si trovava dinanzi una vita nuo-va, una importante possibilità di crescita; era dunque entusiasta, come del resto tutti i suoi coetanei che avevano deciso come lei di continuare gli studi. Ella non mancava di entusiasmo e di coraggio, e lo testimoniano alcune an-notazioni autobiografiche12.

In queste pagine fatte di appunti, la giovane Maria descrive l’inizio della sua partecipazione alle lezioni nella sala anatomica, i batticuori provati tra pudore e ribrezzo nel vedere per la prima volta un cadavere. Non bisogna dimenticare che, in quell’epoca, anche solo mostrare una caviglia era consi-derato indecente e che la studiosa aveva solo vent’anni; era dunque com-prensibile la sua reazione nell’impatto con la sala anatomica e l’intervento di un docente per aiutarla a superare le difficoltà.

Lunedì 4 maggio 1891 Settimana memorabile. Alla scuola d’Anatomia trovai un cadavere

coperto. Si vedeva un corpicino assai piccolo, in confronto al senatore Todaro. Alla fine della lezione il Senatore avvisò che avrebbe cominciato a parlare delle arterie del bacino. Era un avviso per me che avevo chiesto al prof. Giuliani d’avvisarmi: per certe lezioni delicate non sarei andata e avrei ascoltato dietro l’uscio. Il prof. Giuliani con una delicata gentilezza che mi consolò e mi commosse, mi promise aiuto — mi disse che mi avrebbe dato dei libri — mi avrebbe spiegato in particolare. Mi promise d’avvisare il

11 D’ora in avanti, per approfondire le notizie riguardanti la carriera universitaria, di Maria

Montessori, si rimanda all’Appendice, Parte I presente in questo libro. 12 Si tratta di appunti di taccuino non firmati. Libretto senza copertina, formato14,5×10,

carta a quadretti piccoli, scrittura con inchiostro nero. Questi inediti appartengono all’Archivio storico Montessori dell’Associazione “Centro Nascita Montessori”. Questi inedi-ti, insieme ad altri documenti e libri, costituiscono il Fondo Giuliana Sorge, messo a disposi-zione dagli eredi e acquistato dall’Associazione nell’ottobre del 1895. Vedi G. H. Fresco, Ma-ria Montessori: perché no? Una pedagogia per la crescita, Milano, F. Angeli, 2000, pp. 69–79.

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dei libri — mi avrebbe spiegato in particolare. Mi promise d’avvisare il To-daro. Ecco dunque l’avviso!…

Dopo la lezione, il Dott. Mingazzini fece la spiegazione sul cadavere. Ti-rò giù il lenzuolo fino alla vita — vidi una mammella troppo sviluppata pe-ressere d’un uomo… “È una giovinetta!” disse il Dottore. Di giovinette c’ero anch’io, li dietro. Tutti mi guardavano — sotto quegli sguardi, dinanzi a quell’innocente infelice mezza nuda, sentii forte emozione. Credo di non aver arrossito esageratamente. Ciò che è strano è che io vidi una mammella sola, quella che stava accanto agli studenti.

(La ragazza) era piccola ma graziosa, graziosissimo il tronco. Il colore cadaverico, visto anche a piccola distanza, con la sua uniformità, fa sem-brare più grassi. Vicinissimo, ogni illusione sparisce: la morte è spaventevo-le. Uno studente si mise a parlare di quella mammella graziosa: nessuno di-fendeva quell’infelice bambina? Già il Dottore stava sollevando con le pinze le vene d’un braccio tutto spaccato, con l’osso a nudo…Me ne andai, non potendo vedere a toccar quella mammella. L’avrei anche baciata. Pensai d’andare il giorno dopo a toccarla, ma ci pensavo per burla»13.

« Il 5 maggio. Andai all’Anatomia mezz’ora più tardi, per ascoltare all’uscio. Non si

sentiva nulla. Salii dal prof. Giuliani per chiedergli un libro illustrato. Co-minciò a spiegarmi su quel libro e sul più bello disse: “Lei qui non può ca-pire niente. Le figure servono quando si è già studiato sul cadavere”. Mi disse poi, non con quella gentilezza dell’altra volta, che s’io ho soggezione di certe cose, se non mi faccio coraggio e non dimentico d’essere una donna, non farò nulla. Che vada alle lezioni come gli altri, che stia alle spiegazioni sul cadavere.

Sentii una gran disillusione: ero dunque caduta in disgrazia? Risposi: “È quasi ridicolo stare ‘appoggiata’ agli studenti durante la spiegazione

e star seduta in mezzo alla platea dove scrivo sulle ginocchia…in tempo di lezione!”. Poi soggiunsi: “Dal momento che mi dice così, andrò a tutte le lezioni — una volta entrata dovrò pur rimanere a sentire ciò che il professo-re dice. Soffrirò molto, di più non potrò (…). Volevo evitarmi una sofferenza, ma non importa, le seguirò tutte. Forse, anzi certo, vincerò. Altrimenti, capi-sco di dar troppo incomodo”. Egli non rispose.

Dunque incomodavo, ero di peso, ero “sopportata”! mi prese una pro-fonda mestizia, ebbi le mani gelate. “Le cose alle quali accenna” disse poi il professore” sono pregiudizi della società. Con la volontà che dice di avere, se ne sappia emancipare. Lo scopo pel quale ella sente e vede certe cose, è nobile: dunque (si) imporrà a chi la circonda e non le sarà mancato di ri-spetto”. “del resto” soggiunse dopo un poco “siamo fatti tutti eguali, questo si deve mettere in mente e sopra il cadavere lei è come gli altri. Quel cada-

13 Ivi, pp. 69–70.

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vere non è più una persona — lo fu: ora diventa un soggetto, l’oggetto del nostro studio che ci serve per conoscere e soccorrere il vivo”.

Uscì, tornò con un sigaro in mano dicendo che oggi, dopo la lezione, m’avrebbe fatto la spiegazione sul cadavere. Io lo ringraziai e feci per an-darmene, egli mi trattenne: “S’accomodi. Non aspettiamo che finisca la le-zione? “. “Oggi, fece poi, misureremo il suo coraggio, toccherà il cadave-re”. Tacque. Io dissi: “Se fosse quella giovinetta d’ieri, perché no? Mi fa schifo”. “Perché è un uomo?”. “Perché mi fa schifo”. “È tutta una cosa: un cadavere è un cadavere. Oggi le metterò un grembiule perché non si sporchi e toccherà il cadavere. Ora ci pensi” e mi dette un libro d’anatomia umana con le figure, figure d’ogni genere, naturalmente. Lui, col berretto in testa, fumava leggendo. Mi sembrava una villania. “Sono caduta in disgrazia” pensavo struggendomi per la pena “se non oserò toccare il cadavere, mi manderanno via”. Toccarlo! Ma sì…in presenza di cento giovani che guar-dano pronti a beffare o ad applaudire, in mezzo a tanta vita, una bravata si fa. Ma sola!…sola col professore…!

Io tremavo. Venne un dottore; il Giuliani chiese se il cadavere d’oggi do-veva servire per gli esercizi della sera. Il dottore con un sorriso ironico dis-se quando mai con un caldo simile si erano fatti gli esercizi. “Il caldo” pen-sai “perché vanno in putrefazione — e io sola…proprio col cal-do?…Perché?”. Volli aprir bocca e dire al professore che mi trovavo indi-sposta, che andrò alle spiegazioni nell’aula, che non avrò più riguardi, né pregiudizi e mi lasciasse andare. Volevo ringraziarlo e andarmene. Ma non sono pusillanime, subito ebbi in mente: “Andrò per la mia causa soltanto, troverò quella forza che mi darebbe un pubblico”.

Venne Todaro che mi disse: “Domani può venire alla mia lezione”. Disse che cosa avrebbe fatto. Giuliani gli fece capire che saremmo andati a (…) il cadavere. “Sì, bene” fece il senatore e se ne andò. Allora Giuliani, sorri-dendo, mi disse: “Domani ci sarà una lezione simile a quella che c’è stata oggi”. “Non importa” dissi “andrò, altrimenti il prof. Todaro s’inquieta e non stima più il coraggio delle donne”. Il Giuliani sorrise, ma io nell’anima mia piangevo.

Il momento venne. “Andiamo!”. Da questo andiamo, il professor Giulia-ni si trasformò.

Lui avanti col sigaro in bocca e io dietro, in punta di piedi, camminando come un’ombra. Avevo paura di far rumore. “Entrate!” disse sgarbatamente aprendo l’uscio della sala incisoria. “Così; si entra coraggiosamente”.

Vidi su un tavolo un corpo avvolto da un lenzuolo bianco. Più giù, in una stanzina, due servi vestiti di nero, trasportavano un cadavere da un tavolo all’altro. Io li avevo veduti sempre appoggiati i cadaveri; ma in quel tra-sporto, fatto senza riguardi, la testa e le braccia spenzolavano sfiorisce (sic), deformi e negli sforzi di quei due servi, quella testa penzoloni si muo-veva dondolando — e il tronco nudo si piegava. Nulla di più orribile che ve-dere quel corpo senza vita.

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Io rabbrividii: da quel momento, mi sentii cadere in un’involontaria im-mobilità.

“Cosa c’è?” Fece ruvidamente il professore “mettetevi questo grembiu-le, perché dovete toccare i cadaveri e potreste sporcarvi”. Mi dava del voi: mi sembrò non avesse più rispetto per me — che mi trattasse male, perché non lo andassi più a incomodare nell’avvenire.

Mi levai il cappello. Egli, stando dietro, mi allacciava davanti il grem-biule. Certo mi stimava assai meno forte di quel che ero, perché credeva che in quella sala io avessi perduto il cervello al punto di non sapermi più allac-ciare un grembiule — e in vece ne avevo abbastanza per capire che lui, uo-mo, non doveva circondare il mio corpo con le sue braccia, neppure in quei momenti e dissi: “Mi allaccio da me”. Egli, lo so, aveva bandito in quel momento l’uomo e la donna. Ero per lui uno studente. Ma non così facilmen-te dimenticavo io le convenienze sociali.

Come se niente fosse, mi prese per la mano, me la strinse e sempre te-nendomi così, mi condusse dinanzi al cadavere coperto dal lenzuolo bianco. I due servi furono sempre presenti ma a distanza. Quel sentirmi prendere per mano senza il mio permesso, m’irritò. Ma quando il professore disse: “Di me non dovete avere soggezione, questa è la giovane che stava ieri nell’aula” con l’altra mano sollevò il lenzuolo…io sentii il mio pudore ribel-larsi talmente che gridai: No, professore, no!” e tentai di svincolarmi per fuggire.

Sentivo il mio pudore più forte di me, avrei perduto i sensi dinanzi a quel-la donna nuda. Ma la “bimba” era mutilata, aveva subìto la prima mutila-zione della signora di Lamballe14. “Vedete disse il professore, le hanno ta-gliato tutto: di che temete?”. Io fui così confortata che mi misi a ridere forte, d’uno riso convulso, funereo (…).

Il professore, vedendo che io stavo per guardare il viso della fanciulla, lo coprì col lenzuolo. “No, non lo guardate questo”.

Mi teneva ancora stretta per la mano. Forse era assai debole la mia in-telligenza in quel momento! Credevo di trovarmi con De Venosi (?) e mor-morai: “Perché mi tiene la mano? Mi lasci andare”. Invece di rispondermi, prese una manina della morta e la strofinò alla mia — io presi quella povera mano, l’accarezzai e dissi: “Non mi è nuovo il gelo dei morti “. Poi sollevai un pezzo di carne tagliata sul braccio e scoprii l’osso, comprimendo con le mie dita il grasso del braccio.

“Qui fece la spiegazione il Dottor Mingazzini ieri?”, chiese indicando il braccio che io toccavo. “Sì, qui”. Poi osservai il cadavere. La mia simpatia per quella fanciulla era finita. Una mammella staccata lasciava scoperta la carne annerita, con su delle uova di moscone, tutta sudicia, le gambe sec-che. Gran piedi, sudici, neri. Feci l’osservazione. Il professore disse al ser-

14 Maria Teresa di Savoia–Carignano, principessa di Lamballe, fedelissima di Maria An-

tonietta, dopo la caduta della monarchia, venne trucidata dalla folla a Parigi nel 1792.

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vo: “Lavate una gamba” quello prese una spugna e lavò. Il nero non anda-va via. Io sempre tenendo le mie dita nel grasso e nella carne di quel brac-cio, guardai il professore. “Vedete che non è sporca” fece lui “sono i lividi per l’avanzata putrefazione, sta per disfarsi. ‘Ah!’ feci io e non lasciai il braccio. Ero divenuta insensibile. Egli me lo levò dalle mani. Allora! Disse il professore ‘i musi non si debbono fare. Venite qua’”. Lo seguii nella stan-zina dell’altro cadavere.

La porticina si richiuse e i due servi restarono vicino, in piedi, immobili. Qui il viso del cadavere si vedeva ed era nudo tutto il tronco — “era coperto il più possibile per non farmi vedere tutto in una volta” così disse il profes-sore. Coperto da lì fino ai piedi. Dallo stomaco in giù era spaccato. Gli ul-timi lembi delle coste libere erano sollevati — le intestina mancavano, si ve-deva il bacino, una pozza sanguinolenta. Il professore fumava sempre, io mi tenevo a distanza.

“Date la mano a quest’uomo” disse il professore indicandomi il cadave-re. La mano era grinzosa e sudicia. Non mi mossi. “Perché è grinzosa que-sta mano?”, “Era molto vecchio”. “Ah, è stata la vecchiezza, non la morte che ha raggrinzito questa mano”.

“Anche il lavoro, era un contadino. Lo tocchi”. (Mi ridava del lei). “No, è sudicio”. “Ma non è sudicio, questo vecchio è putrefatto; sono livide della putrefazione quelli, non avete ancora imparato?”.

Mi prese la mano e la fece passare più volte su e giù su quel braccio. Io lasciavo fare ma avvicinandomi sentii un puzzo indescrivibile di fradicio, così potente che detti indietro dicendo: “Ma che puzzo insopportabile!”. “Si questo deve essere per lei una gran sofferenza, ma si deve abituare, venga qui, ora le spiegherò la lezione che ha lasciato oggi”. Egli fumava, ma io sentivo nulla. Stetti lì con quel tremendo puzzo, pazientemente per tutta la spiegazione. Solo quando mi montava il respiro, mi scostavo un momento.

Nessuna emozione sentivo per l’uomo povero morto all’ospedale, sentivo solo quel fetore che era enorme. Finita la spiegazione, un servo uscì. Io sta-vo pure per andarmene anche perché credevo che il piacere che mi faceva il professore gli pesasse. Egli mi disse: “Non vede l’ora di infilare quella por-ta?!…”. “Anzi, non ho sentito nulla”. “Sì, ma intanto guarda la porta?!…”. Io sorridevo. “Su, su, queste cose bisogna farle allegramente”. “Allegra-mente!! È già abbastanza forte. Vede, quell’uomo ha camminato, ha man-giato, ha lavorato, ha compiuto tutte le funzioni della vita. Ora eccolo qui, ha cessato di essere uomo, è un oggetto”.

Infatti è vero. Un uomo morto in putrefazione non è più uomo, non desta pietà. Tra una giovinetta e un vecchio non c’è differenza, fanno ugualmente orrore e schifo. Aveva detto bene il professore: che ragazza! Che vecchio! Un cadavere è un cadavere”. (Capii subito che intendeva ch’io lo scoprissi di più). “Che debbo fare?” “Lo guardai”. “L’ho già guardato anche trop-po, non so che cosa vuole che faccia”.

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Guardai per combinazione il bidello. Forse a un cenno del professore se ne andò via subito. Allora il professore prese un preparato in secco che rap-presentava il bacino, che era fornito di un’appendice. Mi spiegò che era un’appendice maschile. Tanto irriconoscibile che non riconobbi. “Questa è una parte del tutto, il tutto è qui” e scoprì il cadavere. Non provai né mera-viglia, né emozione. Lì ci andava di mezzo il pudore del professore. Poco dopo, ricoperto il cadavere, entrò il servo che ci offrì sapone ordinario e poi saponette profumate. Ci lavavamo due volte. Nel condurmi alla fontana il professore mi passò un braccio intorno alla vita, quasi per sostenermi o per farmi capire che non ero sola. Ma io, sospettosa, gentilmente mi divincolai senza offenderlo. C’era presente il servo.

Lavandomi chiesi al professore del quale finalmente riconoscevo la pa-terna bontà, dopo quanto tempo ci si abitua a mangiare il giorno che si è toccato un cadavere di quel genere. “Subito”, mi rispose. Io sorrisi, creden-do che mi avesse detto una spiritosità. Ma la mia meraviglia fu al colmo quando chiamò un altro servo, ordinandogli di comperare delle paste. “È bene che mangi subito, se no oggi non mangia più e la debolezza di stomaco le impedirà di mangiare anche domani”. Passammo nella grande sala inci-soria e restammo in attesa delle paste. Mi chiese se io mi dedicherei all’Ostetricia; gli risposi di sì, arrossendo tutta confusa. “Allora potrà stare nell’ospedale a suo agio perché ci sono le levatrici”.

Io lo guardai: perché quando mi si parla di medicina, mi par di sognare. Un sogno che aveva lo sciocco incubo di credermi in presenza di un De Ve-scovi e di credermi malamente sopportata. Mi ricordo che quando andò via dalla stanzina anche l’altro servo, restammo soli noi due col cadavere, gli dissi: “Perché sta chiuso l’uscio? Mi permette che l’apra?” e poi per allon-tanare il sospetto, soggiunsi “se no, moriamo asfissiati”. “Con un sorriso calmo e buono il professore mi indicò la finestra aperta : ‘Non tema’ disse tranquillamente tra due boccate di fumo ‘non c’è nessun pericolo!’”. E fece quella tale spiegazione, mentre prima aveva detto al servo: “Coprite tanto che basti, non voglio far vedere alla signora tutto in una volta”. Invece ave-va scoperto, ma soli, per non offendere il mio pudore con la presenza di un altro uomo; dunque mi trovava più coraggiosa di quel che aveva creduto.

Venne la pasta, la presi con quella mano che poco prima aveva poggiato sul grasso putrefatto di quella fanciulla: dinanzi a lei, ma sulla soglia dell’uscio che metteva nel corridoio, cominciai a mangiare. Il primo bocco-ne non andava giù. Il servo rideva. Il professore mi faceva coraggio. A un tratto sputai: “Non mi sono lavata la bocca, oh, porcheria!”. “La bocca non era sporca” fece tranquillamente sorridendo il professore “Le mani sì erano sporche — ma ce le siamo lavate bene. Nelle mani, nella bocca non ha più nulla — quello che crede d’avere è impressione e le impressioni si debbono vincere”. “Ma quell’aria venuta dal morto…”. “Di quella non ha più niente — in noi c’è un continuo scambio d’aria — se contenesse dentro sé tutta quell’aria respirata lì dentro, sarebbe morta. Mangi e vinca le impressioni“.

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Mangiai, e i bocconi andavan giù sempre meglio. Il professore lo notò lo-dandomi e mi strinse la mano dandomi un “a rivederci a domani”.

Uscii di lì contenta di me, rinforzata nei nervi — non sentii nello stomaco il puzzo, come l’altre volte che avevo veduto e sentito il cadavere. Era una impressione. Il professore, buon medico dell’anima, me l’aveva levata. Noto che mi ricordai d’aver lasciato su una boccettina e in vece di fuggirmene subito, andai a riprenderla. Dunque non ero minimamente turbata. È una forza che mi viene miracolosamente»15.

6 maggio 1891 Andai alla lezione — e in mezzo alla scolaresca, sentii nominare certe

parti dal senatore Todaro. L’emozione non fu grande, credo d’essere arros-sita, ma subito mi prese un violento mal di capo e dovetti chiudere il cala-maio, non essendo più sicura di me. Così pazientemente, aspettai dopo il professor Giuliani, per mezz’ora. Vidi con meraviglia che gli studenti anda-vano via subito, segno che non si erano fermati alle spiegazioni del dott. Mingazzini. Io intanto sentivo un gran rumore. Venne finalmente il Giuliani brontolando: “Mi spiace signorina, disse” ma hanno già incassato i morti, non posso farle la spiegazione”.

“Non importa” dissi io con vero piacere. Il bidello diceva: “Puzzavano tanto che non si poteva star sopra. Se vuole che le levi dalle casse…”. Quel rumore che avevo sentito era venuto dunque dal trasporto dei tavoli a ruote dove stanno i cadaveri e dai battiti del martello sui chiodi della cassa. Salu-tai contentissima il professore.

Avevo anche oggi da ricordarmi di qualcosa: la buona pappi (?) m’aveva serbato delle bellissime rose e me le aveva fatte trovare nell’ora della cola-zione, prima di andare all’anatomia umana. Mi sembrò di riconoscere un aiuto provvidenziale, un premio alle mie pene. Presi le carissime rose e con la oro compagnia feci la lunga e assolata strada per andare all’altra univer-sità.

Oggi è il 7 — Giovedì — festa dell’ascensione. Piove — il mio animo è tranquillo. Ho intenzione di passare la giornata studiando»16.

In questi appunti emerge il ritratto di Montessori studentessa, giovane con tante ansie e paure da affrontare giorno per giorno e con il desiderio di supe-rarle per dimostrare agli altri di poter essere in grado di affrontare tutto, con forza d’animo e volontà. In questo fu aiutata da Michele Giuliani professore di Anatomia microscopica e umana, che divenne per la giovane Maria un amico o quasi, la guida, la persona da prendere ad esempio per affrontare le lezioni e, perché no, anche la vita. Nel racconto viene fuori la studentessa spaventata, sgomentata, inquieta, impaurita nel trovarsi per la prima volta dinanzi ad un cadavere; ma ella ne seppe uscire matura “rinforzata nei nervi”

15 Ivi, pp. 70–75. 16 Ivi, pp. 75–76.

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forte, coraggiosa, cosa che le era stata insegnata da quel professore che Ma-ria giudicava “buon medico dell’anima”.

Questo documento importante avvalora le ricerche sul percorso scolastico della giovane Maria. Infatti, come ho in precedenza detto (si veda la docu-mentazione inserita in Appendice), Montessori frequentò nel 1891 le lezioni di Anatomia descrittiva ed esercizi con il professor Francesco Todaro, quelle di Anatomia microscopica ed esercizi con il professor Michele Giuliani e, nel 1892, frequentò anche le lezioni di Anatomia umana sempre con Giuliani e Anatomia descrittiva ed esercizi con Todaro. Nel 1892 sostenne anche l’esame di Anatomia comparata, che superò con la votazione di 29/3017. Quindi, tra 1890�92 frequentò, sostenne e superò ben sei esami. Tutte le Fa-coltà proponevano, in conformità delle disposizioni dell’art. 84 n. 1 del Re-golamento universitario 26 ottobre 1890 n. 7337, un proprio ordine degli studi, anche se lo studente era libero di scegliere quali corsi seguire. Infatti, l’art. 27 del suddetto Regolamento recitava:

Lo studente ciò non pertanto, sarà libero entro il regolamento della facoltà,

d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che vorrà seguire, senza tenersi al presente ordine.

Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non si sarà iscritto almeno a tre corsi obbligatori. In questa facoltà e per gli studenti che portano alle Lauree speciali, saranno equivalenti ad un corso obbligatorio le conferenze, purché almeno in nume-ro di tre per settimana e gli esercizi pratici di laboratorio.

Lo studente, iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera scolastica, avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quan-te ne occorreranno per renderli validi. Se lo studente non avrà adempiuto siffatto ob-bligo, la segreteria annullerà le iscrizioni, che egli avrà preso oltre il dovere.

Inoltre la facoltà deliberò: 1° che il numero massimo delle iscrizioni ai corsi libe-ri sia pel primo biennio di 3 e pel il secondo di 4 all’anno. — 2° […] 3° che per la Fisica sperimentale, le disposizioni del’art. 33 del Regolamento universitario s’interpretino nel senso che l’esame si dia alla fine del 1° biennio di studio, cioè a dire dopo che gli studenti nel primo anno abbiano sentito il corso orale e, nel secon-do dato opera agli esercizi pratici — 4° che gli aspiranti alla Laurea in Scienze natu-rali e gli aspiranti alla Laurea in Chimica che fanno il primo biennio di Scienze Na-turali, diano per la Chimica generale e la Chimica organica un esame unico e com-plessivo alla fine del 1° biennio18.

Nel 1892, Montessori conseguì dopo il primo biennio, la licenza in Scienze naturali. Infatti lo stesso Regolamento universitario all’art. 9 stabiliva:

Gli studenti che sono ammessi con essa alle facoltà di scienze matematiche fisi-

che e naturali, possono conseguirvi la licenza dopo due anni, e passare alle scuole di applicazione degli ingegneri.

17 Per approfondire questo argomento, vedi App. Parte I del libro. 18 Vedi, Annuario 1890–91 e 1891–92, pp. 128–129 e pp. 132–133.

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Essi non potranno però essere iscritti al secondo biennio, se non avranno supera-to un esame di letteratura italiana e di lingua latina secondo il programma e nei modi che saranno prescritti da istruzioni speciali19. 2.3 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e chirurgia

Una volta conseguita la licenza in Scienze naturali, Montessori chiese

l’iscrizione alla Facoltà di Medicina che venne finalmente approvata. Difatti il Regolamento generale universitario (27 ottobre 1891), all’art. 24 poneva delle condizioni per chi avesse l’intenzione di trasferirsi da una Facoltà ad un’altra:

I° che lo studente sia in regola con gli esami — 2° che il trasferimento sia cagio-nato dal trasloco dell’intera famiglia. Nel caso di un trasferimento domandato per mutazione forzata della famiglia, il Consiglio si è pronunciato nel senso che debba accertarsi la necessità di questo cambiamento; e, accertato questo, si dia il foglio di congedo quando anche lo studente non sia in regola cogli esami, annotando però sul congedo gli esami subiti dallo studente in modo che nella nuova Università alla qua-le viene iscritto, si conoscano esattamente le condizioni di lui20.

La richiesta di iscrizione alla Facoltà di Medicina e chirurgia venne ac-colta previa deliberazione della suddetta Facoltà il giorno 21 gennaio 1893, sanzionata dal Ministero della Pubblica Istruzione con nota 9 febbraio 1893, n. part. 232621.

Montessori venne così immatricolata, il 12 febbraio 1893, al terzo anno di corso della Facoltà da lei tanto desiderata.

Il Regolamento generale universitario, prevedeva che: «I licenziati in Scienze naturali, ai quali è concesso di iscriversi al 3° anno di medicina, non pagano tutte le tasse del 1° biennio, ma solo la differenza»22. Inoltre il Rego-lamento specificava la funzione di ciascuna tassa da pagare. Infatti l’art. 61 (R. D. n. 7337, 26 ottobre 1890), recitava a riguardo che:

Nelle tasse, bisogna, assolutamente far differenza fra la tassa d’immatricolazione e quella d’iscrizione. La prima è comune a tutti i corsi universitari che conducono alla laurea e in fondo si paga una volta tanto per aver diritto a figurare come studen-te; e per così dire una tassa di buon ingresso, e quindi ne segue che, una volta paga-ta, non deve esserlo una seconda volta, se anche lo studente lasci una Facoltà per i-scriversi ad un’altra, finché non abbia conseguito una laurea, perché prima di allora

19 Regolamento generale universitario firmato dal Ministro Boselli e approvato con R. D.

n. 7337 del 26 ottobre 1890. Vedi Annuario 1890–91, p. 170. 20 Circolare intorno al Regolamento generale universitario del 27 ottobre 1891, del Rego-

lamento universitario 26 ottobre 1890, n. 7337. Vedi Annuario 1891–92, pp. 187–188. 21 Vedi documento carriera scolastica presente nella Parte IV. 3 All. 2 della tesi. 22 Vedi Regolamento generale firmato dal Ministro Villari e approvato con R. D. n. 7337,

26 ottobre 1890. Ivi, p. 190.

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non si può dire che essa abbia realmente ottenuto il suo intento. Soltanto dovrà paga-re la differenza in più, qualora ve ne sia, pel nuovo corso a cui voglia iscriversi.

Siccome poi con il conseguimento della laurea la tassa può dirsi esaurita, s’intende che, volendo il laureato conseguire una nuova laurea, dovrà anche ottenere una nuova immatricolazione e pagare la tassa corrispondente.

Quanto alla tassa d’iscrizione, essa rappresentava è nella quale in un certo modo le antiche retribuzioni dei corsi, e quindi la loro funzione si esauriva con l’anno sco-lastico pel quale sono state pagate. Quindi uno studente che cambiasse Facoltà do-vrebbe pagare la tassa d’iscrizione richiesta nel nuovo corso a cui si era iscritto lo stesso dicasi dei laureati che prendono una nuova iscrizione per conseguire una se-conda laurea23.

Probabilmente, per la giovane Maria l’iscrizione alla Facoltà di Scienze naturali fu una scelta e non un ripensamento, una scelta meditata per aggirare l’ostacolo della mancata licenza liceale al fine di raggiungere quanto si era prefisso. Ella fu una delle prime donne ad essere ammessa in un ambiente da sempre maschile24. Per le donne del suo tempo era difficile ottenere il per-messo di studiare Medicina, ma in questo suo desiderio Maria forse fu aiuta-ta proprio dal padre che aveva delle conoscenze specialmente nell’ambiente massonico romano. Se ciò risultasse vero, significherebbe che nonostante la disapprovazione riguardo alle scelte della figlia, il padre credeva nelle capa-cità di Maria e in tutto questo dovette essere determinante anche la figura materna25.

Le difficoltà che una donna doveva affrontare nell’ambito accademico e dell’istruzione erano sia di ordine legislativo che morale: tale situazione di-venne più evidente dopo l’Unità allorché le donne presero consapevolezza del loro ruolo di soggetto protagonista negli studi, nel lavoro e nei vari con-testi sociali.

La legge Casati del 1859 non prevedeva espressamente l’esclusione delle donne dall’istruzione superiore secondaria del Ginnasio–Liceo, dell’Istituto Tecnico, dell’Università, ma per il costume vigente, le famiglie mai avrebbe-

23 Vedi R. D. n. 7337, 26 ottobre 1890. Vedi Annuario 1891–92, p. 189. 24 L’ammissione all’Università per le donne tra il 1877 ed il 1900 avviene con i seguenti

titoli di studio secondario: licenza liceale 204 licenza di istituto tecnico (sezione fisico–matematica) 11 con titoli diversi 9 totale 224 V. Ravà, Le donne laureate in Italia, in «Bollettino Ufficiale del Ministero dell’Istruzione

Pubblica», Parte non ufficiale, Roma, a. XXIX, vol. I, n. 14, 3 aprile 1902, p. 639. 25 Alessandro Montessori mentre, da una parte, continuava a criticare le scelte della figlia

dall’altra cominciava a rendersi conto del successo sociale, dovuto proprio alle scelte insolite di Maria. Un esempio del suo interesse nascosto per la figlia ci è dato dalla raccolta da lui fat-ta tra il 1892 e il 1900, di tutti gli articoli dei giornali in cui si parlava della figlia. La raccolta di Alessandro Montessori si trova nell’Archivio Montessori, non aperto al pubblico, ad Am-sterdam. (L’esistenza di questa raccolta è ricordata nel libro di R. Kramer, Maria Montessori. A. Biography, Reading Massachuset, Addison–Wesley, Publshing Company, 1988).

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ro iscritto le figlie ad una scuola maschile. Dopo l’Unità d’Italia le cose co-minciarono a cambiare: c’erano ormai le condizioni per un fecondo dibattito che sfociò nell’approvazione da parte del governo con R.D. del 3 ottobre 1875 n. 2728, di un Regolamento che sanciva espressamente l’accesso alle donne all’Università26.

La legislazione, in particolare quella dell’ordinamento degli studi medici, all’indomani dell’Unità d’Italia, non risultava uguale in tutte le università italiane, occorreva quindi uniformare le normative. Il decennio tra il 1890 ed il 1900, poi, conobbe numerosi tumulti studenteschi ed il governo, che vede-va nella scuola uno strumento politico, subiva il fascino della disciplina uni-versitaria tedesca alla quale attribuiva il merito della stabilità interna del pae-se. Evidentemente dal governo e dall’organizzazione universitaria ci si a-spettava molto, soprattutto ora che il numero degli studenti era cresciuto. In tutti i disegni di legge si può ritrovare un tema unificatore: quello della sal-vaguardia dell’aristocraticismo degli studi superiori27.

I progetti di riforma trattavano in genere temi quali: le tasse, la libertà de-gli studi, l’autonomia universitaria, il riordinamento degli esami e della di-dattica, lo stato giuridico, il reclutamento e la retribuzione dei docenti, il problema della libera docenza, il pareggiamento, la riduzione delle Universi-tà e le scuole di applicazione, la disciplina studentesca.

Anche in questi casi, come in precedenza, la commissione spesso era formata da politici puri, come ad esempio quella che elaborò il progetto Bo-selli e che vedeva la partecipazione di alcuni parlamentari, Giulio Rubini, Galli, Ginori, Favale, e docenti universitari come Luigi Luciani, professore di Fisiologia a Firenze e poi a Roma, e Giuseppe Colombo, ingegnere docen-te di meccanica e direttore del Politecnico. Per una vera riforma universitaria bisognerà aspettare la Riforma Gentile, 192328. 2.4 Laurea in Medicina e chirurgia e primi riconoscimenti scientifici

Conseguita l’iscrizione, come previsto dal regolamento universitario, la

Facoltà di Medicina e chirurgia prevedeva per i laureati in Scienze naturali, aspiranti alla laurea in Medicina, oltre l’iscrizione al terzo anno di corso, an-che l’obbligo di attendere a due corsi di Anatomia patologica e di Clinica medica e sostenere i relativi esami, e poi di assistere ai corsi di Anatomia umana, di Istologia, Anatomia topografica, con esercitazioni anatomiche, Fi-siologia, Farmacologia sperimentale e Materia medica, Patologia generale,

26 T. Tomasi, L. Bellatalla, L’Università italiana nell’età liberale (1861–1923), Napoli,

Liguori Editore, 1988, p. 168. 27 Nel decennio tra il 1890 ed il 1900, i progetti di riforma furono: Boselli (1890), Martini

(1890), Turbiglio (1891), Baccelli bis (1895), Gianturco (1897), Gallo–Luzzati (1898), Cre-mona (1898), Baccelli ter (1899), Nasi (1902). Ivi, p. 97.

28 Ivi, pp. 98–116.

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Clinica propedeutica medica, Patologia speciale medica, Patologia speciale chirurgica con Clinica oculistica e sostenere i relativi esami.

In più, la Facoltà di Medicina, prevedeva che qualora i laureati in Scienze naturali avessero frequentato come uditore il corso di Anatomia con le rela-tive esercitazioni e quello di Fisiologia, potevano ottenere l’iscrizione al quarto anno, con l’obbligo di frequentare i corsi e sostenere gli esami delle suddette materie, escluse Anatomia e Fisiologia. In ogni caso, la Facoltà non concedeva l’iscrizione al terzo e al quarto anno, se gli aspiranti non avessero sostenuto gli esami anche nelle materie di cui avevano seguito i corsi come uditori29.

Montessori aveva sempre nutrito una grande passione per la medicina, si era avvicinata ad essa perché questi studi le consentivano di dedicarsi a fon-do alla scienza dell’uomo e perché le permettevano di dedicarsi attivamente al servizio sociale. Ella vedeva nella professione di medico il “missionario”, colui che impiega le sue forze per prendersi cura dei poveri e degli ammalati. Questa passione umanitaria, costante nella sua vita, durante la commemora-zione avvenuta nel giugno del 1951 a Roma di Donna Maria Maraini Guer-rieri Gonzaga30, sua amica e collaboratrice, che aveva fatto aprire la scuola regolare per infermiere a Roma, la indusse a ricordare, che: alla medicina si aprirà un grande avvenire se si penserà a curare lo spirito dell’ammalato oltre che il suo corpo. Questo può essere di grande aiuto alla scienza medica, perché è una cura imperfetta quella che si rivolge al corpo senza curare lo spirito. È così anche per l’educazione del bambino. La maestra non può solo inse-gnare: essa deve saper vedere dentro l’anima dei bambini affidati alle sue cure; essa deve formare la personalità non solo attraverso gli insegnamenti, ma parlando alla loro anima, al loro spirito, alla loro intelligenza, con comprensione, umiltà e rispetto. Questa comprensione non può venire che da uno spirito eletto, raffinato, che sappia approfondire i problemi della umanità31.

Queste parole mettono in risalto il significato della sua missione caritate-vole ed educativa al servizio degli altri, missione che portò la studentessa ad approfondire sempre più la scienza umana e sociale.

Il desiderio di dedicarsi allo studio della medicina, le fu dato anche dal Cesare Lombroso, il quale voleva essere uno scienziato oggettivo, uno che studiava il mondo e l’essere umano attraverso l’osservazione diretta.

Montessori si sentiva già da tempo pronta a contribuire allo sviluppo so-ciale per mezzo della scienza. È questa trasformazione in senso positivistico

29 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1892–93, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1892,

p. 180. 30 Maria Maraini Guerrieri Gonzaga, amica e collaboratrice della Montessori, ad ella si

deve l’apertura della scuola regolare per infermiere a Roma, sotto il patrocinio della Regina Elena e i suoi ideali di bene e di fratellanza, ideali comuni ad altre donne.

31 M. Pignatari, op. cit., pp. 14–15.

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che la portò a conoscere una scienza nuova, una scienza tutta rivolta all’umanità non fine a sé stessa.

Montessori cominciò a frequentare i corsi obbligatori e liberi32. Questo ambiente non le risultò nuovo anche perché si trovò a seguire alcuni corsi tenuti da quegli stessi professori già conosciuti alla Facoltà di Scienze. In-contrò, infatti nuovamente, i docenti di Anatomia topografica, Francesco Todaro, Michele Giuliani, di Anatomia microscopica, suo grande conoscen-te, Giovanni Mingazzini, di Anatomia del sistema nervoso centrale, ma entra in contatto anche con materie e insegnanti nuovi, come ad esempio Mole-schott, insegnante di Fisiologia sperimentale, che Montessori stimava molto sia come docente che come uomo.

In quegli anni lo sviluppo sociale e scientifico interessava tutte le Facoltà (specialmente quella di medicina), che potevano contare sulla solerte presen-za di docenti pronti a uscire dai canoni della ricerca tradizionale, per avviarsi verso specialità mediche aperte all’approccio sperimentale. Erano anni in cui la medicina e la scienza rivendicavano un ruolo come fondamento per il mi-glioramento sociale e civile del paese.

Molti furono i docenti che risentirono del culto del positivismo e che poi influenzarono gli ambienti accademici romani: Jacob Moleschott, docente di fisiologia sperimentale, prima all’Università di Torino poi, grazie alla chia-mata di Francesco De Sanctis33, giunse nel 1879 all’Università di Roma;

32 Per le notizie riguardanti la Facoltà di Medicina e chirurgia, si rimanda all’Appendice Parte I, di questo libro.

33 De Sanctis Francesco, nato il 28 marzo 1817 a Morra Irpina (Avellino) e morto a Napo-li il 19 dicembre 1883. Scolaro a Napoli di Basilio Puoti fu nel 1848 preposto da lui in una scuola privata, nella quale iniziò la sua meravigliosa attività di critico, dove ebbe scolari del calibro di Angelo Camillo De Meis e Pasquale Villari. Il De Sanctis fu nominato segretario della commissione provvisoria per la Pubblica Istruzione, fu arrestato durante la reazione bor-bonica e chiuso per tre anni e mezzo nel Castel dell’Ovo. Esiliato nel 1853, si rifugiò prima a Torino, donde passò a Zurigo; lettore d’italiano presso il Politecnico, sino al 1859. Hegeliano convinto si formò politicamente sugli storici, i giornali e le riviste liberali francesi sia su la tradizione politica machiavellico–vichiana napoletana. Il De Sanctis si trovò fin da giovane in una posizione indipendente verso i due maestri d’azione italiani del tempo: Mazzini e Giober-ti, di cui doveva dare in età matura una valutazione critica. Orientatosi verso l’unitarismo sa-baudo, il De Sanctis, liberato il Mezzogiorno, ebbe prima il governo d’Avellino (9 settembre 1860), poi la cura della Pubblica Istruzione nella luogotenenza di Napoli e infine la carica di Ministro della Pubblica Istruzione del Regno (22 marzo 1861 5 marzo 1862). Il De Sanctis sentì il problema scolastico più come problema d’uomini, che come problema dell’istruzione, e rinnovò con scelta intelligente, l’alto personale universitario italiano. Insegnante dal 1871 all’Università di Napoli, il De Sanctis tornò altre due volte al governo come Ministro della Pubblica Istruzione (26 marzo – 14 dicembre 1878 e 25 novembre 1879 – 1 gennaio 1881); combatté l’analfabetismo e sviluppò l’istruzione elementare, mirando a fare delle plebi italia-ne un popolo libero. Quando il De Sanctis cominciò ad insegnare non tardò a staccarsi dal suo maestro Puoti, per svolgere quelle ricerche d’estetica e quelle applicazioni critiche cui lo con-duceva il suo spirito acuto e inclinato alle idee generali. Secondo il De Sanctis il critico non dovrà mai fare il processo alle idee, ai concetti, all’argomento assunto, in quanto tali, ma por-ger l’orecchio alla vita poetica, al valore espressivo onde concetti, idee e argomenti, vita mo-rale e condizioni politiche e civili si animano nell’ispirazione dello scrittore. Di qui la posi-

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Angelo Celli al quale nel 1888 venne affidata la cattedra di Igiene Sperimen-tale; Clodimiro Bonfigli, psichiatra, che diresse prima il manicomio di Ferra-ra, poi nel 1893 entrò alla Clinica psichiatrica di Roma e cominciò ad occu-parsi dell’infanzia dei bambini deficienti.

L’interesse di Montessori alle tematiche della medicina sociale già si de-lineava da tempo, quando discipline mediche come la Fisiologia, l’Antro-pologia e l’Igiene si univano per lanciare una triste denuncia: quella contro le ingiustizie sociali. Non vi è dubbio che gl’insegnamenti universitari segui-ti in quegli anni dalla giovane Maria abbiano influenzato la sua vita futura. Infatti, la studentessa superò con buoni voti specialmente gli esami relativi a quelle discipline che successivamente distingueranno il suo impegno profes-sionale. Un prova ulteriore del suo impegno scientifico venne data dall’e-same di Fisiologia sperimentale (superato con voto di 30/30) seguito con il professor Jacob Moleschott, e dai due esami di Igiene (superati con il voto di 25/30) sostenuti rispettivamente nel luglio del 1895 con i professori Angelo Celli e Luigi Pagliani.

Montessori era entusiasta nel frequentare le lezioni di Fisiologia e di I-giene anche perché andavano ben oltre il campo specialistico della disciplina e toccavano tematiche riguardanti le condizioni di vita delle classi povere. In particolare, le lezioni del professor Celli interessarono molto la giovane Ma-ria perché univano all’aspetto teorico quello pratico–applicativo e perché in esse trapelava l’interesse del docente per patologie come la malaria e la tu-bercolosi diffuse tra le classi indigenti. L’impegno negli studi sulla malaria raggiunse, infatti, importanti risultati di ordine epidemiologico e profilattico, tanto che Celli — fondatore nel 1890 della Società di igiene e medicina tro-picale e nel 1898, con la collaborazione del professor G. Fortunato e L. Franchetti, della Società per gli studi sulla malaria — diede un apporto pre-zioso alla profilassi antimalarica. Egli dimostrò che nelle zone in cui la mala-ria era endemica, accorgimenti di tipo igienico–sanitario (come la protezione delle abitazioni dalle zanzare che trasmettevano il virus e il coinvolgimento degli abitanti nella prevenzione) erano essenziali per arginare le epidemie. Questi studi costituirono la base dell’opera svolta da Celli per la redenzione dell’Agro romano e delle zone più povere di Roma34.

Il Celli si impegnò anche politicamente facendosi promotore di leggi con-tro la malaria ed a favore di un’educazione igienico–sanitaria da effettuarsi in particolar modo attraverso l’istruzione scolastica. Egli rivolse la sua atten-zione alle condizioni delle zone più degradate di Roma, occupandosi dello sviluppo dell’assistenza sanitaria e fu sensibile ai problemi dell’infanzia fon-dando a Roma, nel 1891, l’ambulatorio «Soccorso e lavoro» per i bambini poveri, il cui scopo principale era quello di insegnare ai bisognosi a servirsi zione del De Sanctis nella critica romantica in generale. Tra le opere di rilievo ricordiamo: Storia della letteratura italiana, scritta nel 1870, e la Letteratura italiana nel secolo decimo-nono, tratta dalle lezioni tenute nel 1872–73.

34 M. I. Macioti, Ernesto Nathan, Roma, Newton, 1995, pp. 30–33.

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dell’assistenza sanitaria gratuita35. In questo impegno fu sostenuto, soprattut-to dall’Associazione femminile, nella quale, oltre a sua moglie Anna Fraen-tzel, prestavano la loro opera molte donne e nobildonne romane, tra le quali Montessori che allora, ancora studentessa, si dedicò all’attività ambulatoria-le.

È probabile che gli studi universitari contribuirono a farle conoscere e in-contrare l’altra faccia della realtà quotidiana, quella fatta di miseria, ristret-tezze, di condizioni disagiate e sofferenza.

Particolarmente importanti per Montessori risultarono le lezioni di Clini-ca psichiatrica condotte dal professor Clodomiro Bonfigli, anche lui prove-niente dalle Marche come Celli e la stessa Montessori. L’anno in cui la pe-dagogista scelse di frequentare le lezioni di psichiatria, Bonfigli dedicò l’intero corso al rapporto tra educazione infantile e pazzia, ricercando tra i fattori sociali della follia la genesi delle lacune formative che influivano poi sullo sviluppo del carattere e sulla costruzione del senso morale. Montessori frequentò il corso con particolare attenzione, dal momento che scelse di lau-rearsi in quella disciplina.

Si delineava ormai con chiarezza la sua scelta scientifica professionale e umana, quella che l’avrebbe portata a condurre un’esistenza dedicata alla medicina mentale infantile e alla conoscenza e alla trasformazione della real-tà in cui l’uomo vive dibattendosi costantemente tra problemi e difficoltà. Una conferma dell’attenzione verso l’infanzia e la medicina sociale, venne anche dalla scelta del suo ultimo esame complementare: Clinica pediatrica, che sostenne con il professor Luigi Concetti36. La cattedra era stata istituita di recente nell’Ateneo romano; infatti il primo accenno a questo insegna-mento si ebbe nel 1871–72, quando l’Ostetricia acquistò il nome più naturale di Ostetricia e malattie speciali delle donne e dei bambini. Questo insegna-mento al suo esordio fu tenuto dal professor Ercole Pasquali ed era per lo più teorico, riguardando solo i neonati. In seguito, nel 1896, grazie al professor Luigi Concetti, ebbe inizio l’effettivo studio della Pediatria, insegnamento istituito da Guido Baccelli nel 1896 e inteso come studio delle patologie che colpiscono il neonato, i bambini e gli adolescenti37. Concetti fu il primo in-segnante a ricoprire questa cattedra che aiutava l’attività dell’ambulatorio pediatrico di Trastevere, sorto già da alcuni anni sotto il segno della carità di Angelo Celli e che contava nell’aiuto di alcune signore della borghesia ro-mana.

35 Ivi, p. 64. 36 L’esame di clinica pediatrica fu l’ultimo sostenuto da Montessori il giorno prima della

seduta di laurea (9 luglio 1896 con il prof. Concetti), superato con il voto di 27/30. Si veda a conferma l’App. Parte IV di questo libro.

37 L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, p. 97.

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In un articolo dal titolo: Il medico dei bambini e le signore, apparso nel 1895 sulla «Rivista delle signore», l’igienista Angelica Devito Tommasi38 ricordava come nella Clinica pediatrica e in quella di «Soccorso e lavoro», lavorassero gli «stessi giovani e generosi colleghi», ma non mancava di evi-denziare che poco o nulla avrebbero compiuto i dottori Concetti e Ruggeri senza il sostegno materiale di quelle signore. Sul finire dell’articolo la dotto-ressa Devito Tommasi nomina Montessori: «fra un anno avremo laureata in medicina Maria Montessori»39. L’accenno ci fa pensare come fosse già noto il suo e operoso il suo impegno per l’infanzia e per l’ambulatorio di Traste-vere.

L’anno in cui Montessori si iscrisse all’Università, l’Italia attraversava una fase di grande sviluppo e l’Università viveva una grande espansione; tant’è che nel ventennio dal 1880 al 1900 gli iscritti passarono da 13.387 unità a 26.761 ed in particolare la Facoltà di Medicina aveva registrato un aumento notevole degli iscritti che — nel decennio dal 1880–81 al 1890–91— erano passati da 4.000 a 6.000 inoltre, gli insegnanti nell’Ateneo roma-no dal 1870 al 1890 erano triplicati e con essi anche la popolazione scolasti-ca, che dai 400 iscritti del 1875 era passata ai 1600 nel 189040.

Questo cambiamento in tutta Italia era anche il segno di una incalzante e impellente ascesa della piccola e media borghesia, che voleva affermarsi come classe dirigente e vedeva come unica possibilità per attuare questa am-bizione l’accesso dei propri figli all’Università. La politica del tempo aveva inteso bene le aspirazioni borghesi, cercando di rinnovare e innovare tutti gli ambiti istituzionali, in particolare quello dell’istruzione dove il processo di sviluppo era lento e difficile, soprattutto per le donne. Una prova è data dal fatto che tra gli iscritti all’università risulta scarsa la presenza di giovani provenienti da ceti medio–alti, figli di professori o di uomini politici41. Per la donna italiana di una certa classe sociale, invece, risultava più facile entrare all’università che non nella scuola classica nella quale l’ammissione di certi ceti faceva temere una svalutazione della cultura. Nel 1874–75 il Ministro Bonghi concesse alle donne, che avessero ottenuto privatamente la licenza liceale, di frequentare l’Università a pieno diritto. Anzi, questo provvedi-

38 Angelica Devito Tommasi, nasce a Milano nel 1852. Dopo aver svolto gli studi medici,

si trasferì a Roma dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere. Socialista e femminista, si dedicò a far conoscere e migliorare la vita delle classi povere e scrisse la Guida della beneficenza in Roma. Questo libro avrebbe dovuto secondo lei incoraggiare le donne ad occuparsi o alquanto ad interessarsi all’opera sociale.

39 A. Devito Tommasi, Il medico dei bambini e le signore, in «Rivista per le signore», a. II, n. 14, pp. 543–547.

40 R. Finzi, L. Lama, I conti dell’Università prime indagini: 1880/1923, in G. P. Brizzi e A.Varni (a cura di), L’Università in Italia, fra età moderna e contemporanea aspetti e mo-menti, Bologna, CUEB, 1991, pp. 72–75.

41 M. Raicich, Liceo, università, professioni: un percorso difficile, in S. Soldani (a cura di), L’educazione delle donne: scuole e modelli di vita femminile nell’Italia dell’800, Milano, Angeli, 1989, p. 151.

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mento venne giudicato positivamente nel 1896 da Antonio Labriola. In tal modo la frequenza andò aumentando sempre più anche perché vennero aper-te alle donne le porte della scuola classica. L’Italia entrò, per quanto riguarda la divulgazione della cultura, in un processo di sviluppo ormai equiparato a quello europeo. All’estero come da noi, infatti, le donne preferivano studi tradizionalmente giudicati maschili, come la medicina, l’ingegneria, la giuri-sprudenza. Per le donne che intendevano intraprendere la via l’insegna-mento, c’era la possibilità di frequentare gli Istituti Superiori Femminili di Magistero, una sorta di università di serie B. Di conseguenza, mentre for-malmente la cultura ufficiale accettava le donne, di fatto si tentava o di sco-raggiarle o di dirottare i loro interessi verso scuole femminili. Un esempio viene dato da un’inchiesta dal titolo “Le donne possono essere mediches-se?..” apparso nel 1896 su «l’Illustrazione Popolare» dalla quale si evince ancora un forte pregiudizio per l’ingresso delle donne alla professione medi-ca42.

Anche se in quasi tutti i Paesi europei (ed anche in Italia) il corso di lau-rea in Medicina era il ponte che agevolava l’ingresso delle donne nelle uni-versità, indubbiamente l’esercizio della medicina incontrava, almeno a livel-lo teorico, minore difficoltà rispetto ad altre professioni, quali ad esempio l’avvocatura da cui le donne erano categoricamente escluse. Infatti si guar-dava positivamente alle donne medico, specialmente alle pediatre o gineco-loghe, ritenendo che il loro istinto materno le avrebbe predisposte a prender-si meglio cura della salute delle loro simili, le quali, a loro volta, avrebbero trovato un interlocutore più valido.

E tuttavia, altre donne furono ostacolate nella scelta della professione medica. Ricordiamo, ad esempio, la figlia del famoso antropologo Cesare Lombroso43, Gina, che non poté iscriversi alla Facoltà di Medicina perché

42 Le donne possono essere medichesse? In «L’Illustrazione Popolare». Giornale per le

famiglie, vol. XXXIII, n. 9, 1 marzo 1896, Curiosità della posta, p. 138. In tale articolo si de-nunciava il pregiudizio nei confronti delle donne medico: “Donne medichesse? […] I medici vanno così poco d’accordo fra loro, e si lamentano tanto volentieri e così bene, che non ci pa-re edificante inserire nuovi elementi di discordia. Pensi molti medici sdegnerebbero di trovarsi a contatto colle medichesse…E ne andrebbero di mezzo i malati!…Ahimè, la pianta medi-chessa alligna anche in Italia, prevedo ancor più gravi lutti nelle nostre famiglie italiane!…”.

43 Cesare Lombroso, Psichiatra e antropologo, nato a Verona il 6 novembre 1835, morto il 9 ottobre 1909. Laureatosi nel 1858 a Pavia, cominciò a farsi notare già con la sua tesi, Ricer-che sul cretinismo in Lombardia (1859). In questo anno partecipò come medico militare alla guerra contro l’Austria. Nel 1862 accettò di tenere un corso gratuito di psichiatria all’univer-sità di Pavia e nel 1865 lasciò l’esercito. Sono di quegli anni le sue prime ricerche sulla pellagra e pure in quel tempo egli cominciò a elaborare gli Studi per una geografia clinica italiana. Divenne poi medico primario del reparto malattie mentali dell’ospedale civile di Pavia (1866) e nella stessa università professore straordinario di clinica delle malattie mentali (1867), fu anche direttore del manicomio provinciale di Pesaro (1871) ed infine ordinario di medicina legale e Igiene pubblica all’università di Torino (1876). Qui fu nominato nel 1896 ordinario di psichiatria e clinica psichiatrica, e nel 1905 ordinario di antropologia criminale. Muovendosi da una concezione materialistica dell’uomo, Lombroso cercò di spiegare con le

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nessuna ragazza si era ancora iscritta, preferendo così Lettere e Filosofia (l’unica Facoltà allora frequentata da ragazze)44. Un altro esempio eccezio-nale fu quello di Anna Kuliscioff alla quale venne impedito nel 1887 di eser-citare la professione medica presso l’Ospedale Maggiore di Milano, benché un’altra donna–medico, Giuseppina Cattani, avesse conseguito a Torino la libera docenza in Patologia Generale45.

All’Università la studentessa si sentiva sola, quando passava nei corridoi gli studenti la guardavano con stizza, tanto che era costretta ad entrare nell’aula solo quando gli altri ragazzi erano seduti, in modo tale da non ac-centuare l’inquietudine46. Tutto questo era imputabile al preconcetto che una donna potesse frequentare e studiare medicina. Maria con la stessa fermezza di sempre, diceva: “Più soffiate e più vado in alto”47 e così fronteggiava la quotidianità.

Proprio con questo spirito continuò a frequentare le lezioni di anatomia, nonostante la restrizione iniziale dovuta al fatto che quando partecipò per la prima volta ad una dissezione di un cadavere, «in quella stanza semi buia, piena di teschi, scheletri e vasi di vetro con dentro diversi organi umani, Ma-ria sentì un senso di disgusto e cercò di prendere le distanze pensando ad al-tro». Man mano però:

[…] una forza invincibile mi costrinse a pensare al mio stesso cervello, che era fatto allo stesso modo, tanto da farmi trovare con i miei pensieri le mie proprie circonvo-luzioni. Mi sembrava che nel cervello mi stessero crescendo tante protuberan-ze…volevo scuotermi ma non ci riuscivo. Il sangue continuava a salire e già le orec-chie mi fischiavano talmente che non riuscivo a percepire nessun altro suono. Un dolore acuto mi pugnalava le tempie e mi sentivo la testa così pesante che dovetti appoggiarmi. Quando la lezione finì il sangue ancora mi opprimeva il cervello48.

Quando raccontò ai genitori il disgusto avvertito in quell’aula di disse-zione, entrambi le consigliarono di non seguire le lezioni di anatomia. Ma dopo un rifiuto iniziale Maria decise di continuare a frequentare le lezioni. anomalie fisiche la degenerazione morale del delinquente, che dovrebbe perciò costituire uno speciale tipo antropologico. Da questo presupposto nacque la nuova scienza dell’antropologia criminale, i cui fondamenti sono posti nella maggiore opera di Lombroso, L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alle discipline economiche, pubblicata nel 1876. Le teorie Lombrosiane ebbero risonanza nel campo del diritto penale. Le applica-zioni principali delle teorie del Lombroso si ebbero nel campo di quella che egli chiamò la profilassi e terapia del delitto. Concepito il delitto come una anormalità, il compito della so-cietà deve essere di curare il delinquente e di elevare il concetto di difesa sociale a quello di rigenerazione del reo. Tra le opere ricordiamo: Genio e follia 1864, Sulla medicina legale del cadavere 1877 e L’uomo delinquente 1876.

44 D. Dolza, Essere figlie di Lombroso. Due donne intellettuali tra ‘800 e ‘900, Milano, Angeli, 1990, p. 120.

45 T. Tomasi, L., Bellatalla, op. cit., pp. 156–159. 46 A. M. Maccheroni, op. cit., pp. 27–28. 47 Ivi, p. 29. 48 Quanto detto è tratto da: R. Kramer, op. cit., pp. 41–44.

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Ed anzi nel ritornare in quell’aula, ella si sentì più forte che mai e pagò un uomo che durante la sezione dei cadaveri le fumasse vicino in modo tale da impedirle di svenire durante la lezione. Quando ciò non fu più possibile, co-minciò a fumare lei stessa49.

Probabilmente ciò che turbava la giovane Maria non era solo il confronto con la morte, ma anche, e ancor di più, il confrontarsi con alcuni argomenti, come ad esempio quello della riproduzione umana50. Ciò dipese, quasi cer-tamente, dal fatto che la madre, pur avendola preparata a tante cose, non a-veva affrontato con lei in linea con l’educazione che le giovani ragazze del tempo ricevevano, temi riguardanti la sessualità e la corporeità. Renilde ave-va tenuto Maria nell’innocenza: una innocenza giustificata dalla madre come purezza femminile; purezza che Maria, chiamerà in futuro “falsa”, prenden-do le parti della donna, e cioè del diritto ad una corretta conoscenza del cor-po51.

Montessori, in una lettera scritta all’amica Carla, spiega le ragioni per cui riusciva a scindere l’emotività dalla medicina:

La mia celebrità deriva da questo fatto: sembro delicata e piuttosto timida, si sa che osservo i cadaveri e che li tocco,… io una ragazza sola tra tanti uomini!… Che nulla mi scuote, nulla; neanche un esame in pubblico; che parlo ad alta voce di cose difficili con tale indifferenza e sangue freddo…E così, eccomi qui: famosa! D’altro canto, mia cara non è difficile, come vedi. Io non sono famosa grazie alla mia abilità o alla mia intelligenza, ma per il mio coraggio e la mia indifferenza nei confronti di tutto. È una cosa che, se la si desidera, si può sempre ottenere, ma ci vogliono degli sforzi spaventosi52.

Qui emerge una delle caratteristiche che contraddistinguono la pedagogi-sta. Infatti, mentre esteriormente, cerca di adattarsi alle norme del positivi-smo divenendo temeraria e forte, internamente si ribella a questo modo og-gettivo di vedere l’uomo, e lo fa seguendo quell’impulso dettato dall’emo-zione, dall’amore, dalla gioia di vivere che la porterà a scoprire il suo pensie-ro pedagogico. Lo studio della medicina, non si limitava per Maria Montes-sori solo a sezionare e analizzare i cadaveri, ma era legato al desiderio di vi-ta, di amore ed è così che Maria volle vivere il suo rapporto con la medicina: mescolando amore e scienza53.

Montessori, nonostante l’isolamento a cui l’essere donna l’aveva costret-ta, continua ad impegnarsi nel suo cammino. Continua a vivere gli anni uni-versitari con coerenza, attenzione e con tanta voglia di conoscere. Lo dimo-stra il suo curriculum universitario, le scelte dei corsi da frequentare, i relati-

49 Ivi, pp. 40–45. 50 M. Schwegman, op. cit., pp. 33–34. 51 Ibidem. 52 R. Kramer, op. cit., p. 48. 53 M. Schwegman, op. cit., pp. 35–6.

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vi esami sostenuti, le borse di studio vinte ed i successivi riconoscimenti per i suoi lavori.

La Fondazione Rolli concedeva annualmente ad uno studente di medicina una borsa di studio consistente in una somma di L. 1000, che veniva assegnata tramite un concorso per esami. Per la prima volta, nell’ottobre del 1894, il premio fu dato a Montessori, nonostante il disappunto dei propri compagni del quarto anno di corso, per essere stata lei, una donna, a ricevere il premio54. Fu il suo primo riconoscimento scientifico, seguito da una serie di altre borse di studio, che permisero alla Montessori di continuare e approfondire gli studi, grazie alla sua indipendenza economica.

Quando Montessori cominciò a frequentare nel 1892–93 i corsi di medi-cina, solo una donna si era già laureata in medicina nell’Ateneo romano.

Maria Montessori già nel maggio del 1892 fu segnalata dalla stampa, co-me l’unica donna scelta tra tanti studenti maschi ad offrire, in occasione del-la seconda edizione della festa dei fiori, lo stendardo di seta alla regina Mar-gherita. I giornali nel riportare la notizia della sfilata organizzata dall’aristo-crazia romana e dagli studenti dell’Università, mettevano in evidenza la tran-quillità e la dolcezza con cui la giovane studentessa di scienze naturali e medicina (così i giornali indicano Maria Montessori) riuscì a persuadere la sovrana a ritirare il premio55.

Quell’anno avvenne il suo esordio pubblico, non solo per essere apparsa per la prima volta su un giornale, ma anche per aver colto l’attenzione di molte personalità della politica e dell’aristocrazia, con le quali Montessori non mancherà di rincontrarsi in futuro. Nel giugno del 1893 fu nuovamente messa in evidenza dalla stampa per aver presenziato, insieme ai suoi compa-gni del terzo anno di medicina, alla veglia funebre per il professor Mole-schott. I giornali non fecero che accentuare quell’unica presenza femminile, che vegliava il suo amato e stimato professore.

Maria Montessori si laureò, infine, il 10 luglio 189656; come sostengono ormai in molti, non è stata la prima donna a laurearsi in Medicina e chirur-gia, ma fu una delle prime. Nell’Ateneo romano fu infatti preceduta, nel 1890, da Edvige Benigni e nel 1894 da Marcellina Corio Viola57.

54 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1893,

pp. 220–221. 55 M. Arsina, La festa dei fiori, La Cronaca di Roma, «Folchetto», 31 maggio 1892; Ghi-

rigoro, La festa dei fiori a Villa Borghese, La cronaca di Roma. «Il Torneo» 31 maggio 1892; A villa borghese, «Il Fanfulla» 1 giugno 1892, in P. V. Babini, L. Lama, “Una donna nuova”, Milano, Angeli, 2000, p. 35.

56 Come risulta dal certificato di Laurea in Medicina e chirurgia presente nel fascicolo R.S. 212 e da me All. in App., Parte IV. 28 e 28/bis.

57 In realtà non risulta prima del 1877 che siano state conferite lauree a donne del regno. Dal 1877 al 1900 le lauree conferite a donne sono 257 e precisamente:

dal 1877 a tutto il 1880 lauree conferite 3 dal 1881 a tutto il 1884 lauree conferite 8 dal 1885 a tutto il 1888 lauree conferite 9

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Si laureò, con una tesi dal titolo: Contributo clinico allo studio delle allu-cinazioni a contenuto antagonistico, discussa alla presenza del suo relatore il professore Ezio Sciamanna, direttore della Clinica Psichiatrica dell’Univer-sità di Roma58.

Durante l’anno 1895–96 nella Clinica psichiatrica vennero esaminati vari casi di allucinazioni, che per il loro meccanismo, per la loro frequenza non-ché per la condotta degli alienati meritarono particolare attenzione. Alcuni di questi casi vennero presi in considerazione da Montessori e da Sante De Sanctis (presente presso la Clinica psichiatrica universitaria già dal 1892) a sostegno nel lavoro di tesi. Già da qualche tempo, alcuni studiosi di psichia-tria si erano interessati a quelle particolari allucinazioni, che erano state os-servate in modo particolare dalla scuola francese. I vari casi esaminati porta-rono i medici francesi Magnan e Séglas a definire quelle allucinazioni come “antagonistiche”: cioè allucinazioni di senso contrario, chiamato in francese fenomeno della double voix59.

Su questo particolare tipo di allucinazione si sapeva poco, in quanto man-cava una loro definizione precisa e uno studio dal punto di vista psicologico. Ad approfondire il tema fu Maria Montessori. Nel suo lavoro di tesi prese in esame, durante l’anno scolastico 1895–96, nove casi clinici presenti nella Clinica psichiatrica di Roma, casi in cui le allucinazioni a contenuto antago-nistico si mostravano in diverse forme. Montessori in modo sintetico riferì le storie e le vicende di tutti i casi presi in esame e cercò di dare una definizio-ne clinica delle allucinazioni antagonistiche o allucinazioni di contrasto. «Per allucinazioni antagonistiche io intendo due o più allucinazioni del me-desimo senso o di sensi diversi, che succedendosi in uno spazio limitato di tempo differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una contraddit-toria dell’altra»60.

Quanto si desume dalla tesi è presente anche in un articolo di Maria Mon-tessori e Sante De Sanctis apparso nel 1897 sul «Policlinico». In questo arti-colo, tenendo conto dei casi osservati, viene messo in evidenza il carattere distintivo di detta allucinazione. Infatti viene specificato che la denomina-

dal 1889 a tutto il 1892 lauree conferite 18 dal 1893 a tutto il 1896 lauree conferite 79 dal 1897 a tutto il 1900 lauree conferite 140 La prima donna laureata in Italia è stata Ernestina Paper che nel 1877 consegue la laurea

in medicina e chirurgia presso l’Istituto di Studi Superiori di Firenze, aprendo poi, nel 1878, uno studio medico dove cura le malattie delle donne e dei bambini. M. Raicich, op. cit., p. 156.

58 La tesi di laurea in Medicina e chirurgia di Maria Montessori viene interamente riporta-ta in fotocopia dall’originale e da me trascritta per una comprensione migliore nell’Appendice della tesi. Qui la scelta di riportare solo alcuni passi ritenuti particolarmente rilevanti in rela-zione agli studi accademici di Montessori (Vedi App. Parte III); ed il frontespizio presente-nell’App. Parte IV all. n. 26.

59 M. Montessori, S. De Sanctis, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policli-nico», a. IV, fasc. 2, febbraio 1897, p. 68.

60 Vedi estratto della tesi di laurea in Medicina e chirurgia, presente nell’App. Parte III.

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zione “allucinazioni antagonistiche” è riferita solo a quei casi studiati in cui l’opposizione o l’antitesi, rientra in due allucinazioni e non invece in quei casi in cui l’opposizione si verifica tra un’allucinazione e un’idea delirante, ovvero tra un’allucinazione e la condizione affettiva, oppure il carattere o le abitudini del malato61.

Montessori nella tesi, spiega inizialmente che cosa si intende per alluci-nazioni antagonistiche, poi riassume la letteratura relativa a quelle allucina-zioni, ed infine espone i casi clinici da lei osservati nella Clinica romana. Approfondendo il suo lavoro, mostra poi che esistono delle lacune relative a qualche varietà di allucinazioni, le quali per la loro frequenza meritano, in-vece, uno studio particolare. Nella tesi la studiosa elenca una serie di esempi di allucinazioni antagonistiche:

[…] Se ne trova un primo esempio in Pinel che riporta l’osservazione d’un ma-niaco, nel giorno, calmo ma che di notte si credeva circondato da anime e da fanta-smi: egli s’intratteneva ora con l’uno ora con l’altro dei buoni e dei cattivi angeli, e secondo il carattere delle sue visioni era buono o malvagio, e portato a degli atti di dolcezza o di una crudele barbaria […] Vi sono allucinati che si intrattengono suc-cessivamente con tre, quattro, fino a dodici o quindici interlocutori invisibili di cui affermano distinguere facilmente le differenti voci62.

Sono riportati esempi di allucinazioni verbali, visive, uditive, gustative, tattili, del senso muscolare e del genitale, tratti da studiosi come: Pinel, Bail-laryer, Leuret, Griesinger, Leglas e Magnan. Infine, conclude il suo lavoro spiegando che le allucinazioni antagonistiche non sono altro che uno dei tan-ti segni del contrasto psicopatologico, le cui cause erano da ricercare nella vita psichica normale.

Il raggiungimento della laurea significò, per la giovane Maria, la realiz-zazione di un progetto a cui si era impegnata con perseveranza e fedeltà e l’inizio del suo inserimento nella comunità medico scientifica del tempo.

Il suo impegno durante gli anni universitari condusse la giovane Montes-sori a prestare servizio in vari ospedali, il professor Sciamanna, infatti, l’anno successivo alla sua laurea in Medicina, propose di nominare la signo-rina Montessori assistente volontaria presso la Regia Clinica Psichiatrica di Roma, allora accorpata al Manicomio Santa Maria della Pietà. Dalla docu-mentazione rinvenuta, risulta difatti che il professor Sciamanna fece richiesta al Rettore dell’Università allora Giuseppe Cugnoni di inviare una lettera al Ministero della Pubblica Istruzione di Roma, datata 29 luglio 1897, nella quale si chiedeva che: «in luogo al Dott. Beniamino Nespa, che lascia volon-

61 S. De Sanctis, M. Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policli-

nico», a. IV, vol. IV, fasc. 3, febbraio 1897, pp. 118–119. 62 Ivi, pp. 117–118.

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tariamente il posto [il professor Sciamanna], propone la nomina di Assistente volontario al D. Montessori Maria»63.

Il Ministero con una lettera datata 13 agosto 1897 rispose al Rettore di-chiarando che: «Non ho motivo di oppormi a che il Prof. Sciamanna, Diret-tore della Clinica psichiatrica, si valga dell’opera del Dott. Mario Montessori in qualità assistente volontario gratuito»64. In questa lettera il Ministro chia-mò Montessori, “Mario” e non Maria, probabilmente questa fu la riprova del fatto che alla fine dell’Ottocento la professione intrapresa dalla Montessori non poteva considerarsi una via “normale” per una donna e l’appellativo con cui il Ministro si riferì, allude implicitamente a un ambiente totalmente ma-schile.

In seguito, il Rettore inviò una lettera, datata 18 agosto 1897 al Direttore della Clinica di psichiatria, nella quale si legge che: «Il Ministero della Pub-blica Istruzione in sua nota del 13 corr. […] mi dichiara di non aver motivo di opporsi a che la S. V. Ill.ma si valga dell’opera della Sig.na Dott. Maria Montessori in qualità di assistente volontaria gratuita, sotto la (…) di Lei re-sponsabilità e senza alcun impegno per parte del Ministero»65.

In quegli anni la giovane Maria, oltre a prestare servizio presso la Clinica psichiatrica romana, vinse nel 1895 un concorso come assistente all’Ospe-dale San Giovanni e nel 1896 all’Ospedale Santo Spirito di Sassia, sede quest’ultima della Clinica medica universitaria66.

In tali ambienti ella ebbe l’opportunità di entrare in contatto con alcune personalità considerevoli della cerchia medica. Il compenso alla diligenza mostrato da Montessori ebbe modo di materializzarsi nel 1896 con la pubbli-cazione di un articolo Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bron-chiale67. E l’anno successivo con altre due pubblicazioni: Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche68 e Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano dei dementi paralitici69. Entrambe le ricerche di carattere scienti-fico trattano le ultime indagini e studi su alcuni pazienti ricoverati presso la Clinica psichiatrica romana e sono il risultato del lavoro svolto nell’Istituto.

Montessori mostrava interesse e fiducia per le scienze, la biologia, l’antropologia, la medicina mentale, l’igiene, la psicologia sperimentale, in-tese come possibile via d’uscita dalla povertà, dalla malattia, dalla miseria

63 Vedi App. Parte V, del libro. 64 In questo libro ho scelto di inserire, solo alcune delle lettere presenti nella tesi, per mo-

tivi di spazio. Per un ulteriore approfondimento vedi l’appendice della tesi. 65 Vedi app. All. n. 3 della tesi. 66 Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., p. 44. 67 M. Montessori, Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in «Bollet-

tino della Società Lancisana degli Ospedali di Roma», a. XVI, fasc. I, 1896. 68 Montessori, De Sanctis, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico»,

cit., pp. 68–71 e pp. 113–124. 69 G. Montesano, M. Montessori, Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano

dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista quindicinale di Psi-cologia, Psichiatria, Neurologia», fasc. 15, 1 dicembre 1897, pp. 1–13.

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che ancora segnava la degenerazione di intere masse sociali. Infatti, in quegli anni nacquero a Roma l’Istituto di neuropsichiatria (fondato dal prof. Ezio Sciamanna) e l’Istituto di psicologia sperimentale (fondato dal prof. Sante De Sanctis), che porteranno una più aggiornata visione della malattia menta-le, in particolare di quella infantile.

L’interessamento della giovane Montessori allo studio della mente e delle patologie affini, risultava insolito specialmente per una donna. In un docu-mentato articolo del giornalista Padelletti risultava chiaro l’apprezzamento rivolto alle donne che si dedicavano attivamente agli studi medici, pur sug-gerendo loro, a conclusione del discorso, di specializzarsi in discipline più vicine alla loro natura, come pediatria e ostetricia, giacché una vita di studio e applicata ad una professione, significava sbarrare matrimonio e materni-tà70.

Non è escluso che la scelta della studiosa di conoscere e approfondire lo studio dell’infanzia affetta da handicap mentale fosse stata influenzata dalle lezioni di Bonfigli e Moleschott, nonché (come si vedrà in seguito) dall’isti-tuzione della psicologia empirica sostenuta da Antonio Labriola nelle sue le-zioni di pedagogia. L’opera di divulgazione promossa da questi docenti co-stituì per Montessori la base della scelta di intraprendere e approfondire ri-cerche sul funzionamento della mente.

Nonostante l’impegno delle donne e gli ottimi risultati ottenuti negli stu-di, ancora l’opinione comune più diffusa appariva incredula e scettica verso l’emancipazione femminile e verso l’uguaglianza tra i sessi, per la quale i tempi non sembravano ancora maturi.

La laurea ottenuta dalla Montessori faceva notizia, infatti alcuni giornali, quali il «Messaggero» e «Il Don Chisciotte», riportarono l’avvenimento, giacché in quell’anno accademico su 21.813 iscritti in tutte le università ita-liane solo 132 erano donne71. L’attenzione pubblica verso Montessori “stu-dentessa” fu concentrata sul suo sesso piuttosto che sulle sue capacità, ma dal 1894 in poi questi due elementi si legano: la stampa cominciò ad interes-sarsi e si stupì che in lei avvenenza e femminilità si unissero all’inclinazione intrepida e vigorosa necessaria per percorrere ogni tipo di professione in par-ticolar modo quella medica. La dottoressa si sentiva continuamente osservata e faceva fatica a resistere alle tentazioni del successo. Infatti sentiva il biso-gno di vestirsi elegante, di ondularsi i capelli per essere il più attraente pos-sibile, tanto che «L’Illustrazione popolare» pubblicò nell’ottobre del 1896 il ritratto di Maria Montessori per soddisfare i lettori, che desideravano decora-re i propri album con la fotografia della «vezzosa medichessa chirurga»72. La studiosa riceveva molte attenzioni maschili ed ella reagiva in modo ambiva-

70 T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., pp. 158–159. 71 G. Di Bello, A. Mannucci, A. Santoni Rugiu, Documenti e ricerche per la storia del

Magistero, Firenze, Manzuoli, 1980. 72 «Illustrazione Popolare». Giornale per le famiglie, n. 42, a. XXXIII, 18 0ttobre 1896.[la

pagina risulta illeggibile].

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lente, infatti da una parte ne era felice e lusingata, dall’altra la rendevano nervosa.

A Montessori non sembrava vero che dopo quegli anni difficili di lotta continua per sconfiggere i pregiudizi, l’attenzione dei giornalisti si spostasse intorno alla sua persona, al suo carattere, alla sua forza e intelligenza. Questo cambiamento portò suo padre a far tramontare quel atteggiamento distaccato e freddo nei confronti della figlia per le scelte prese. Il modo in cui avvenne questo mutamento fa parte della narrazione tradizionale della Montessori.

Nell’anno accademico 1895–96 Montessori doveva tenere una conferenza a tutti gli studenti, quando:

[…] la mattina del grande avvenimento Alessandro Montessori si aggirava per le strade di Roma senza l’intenzione di parteciparvi. Venne allora avvicinato da un a-mico, che lo persuase ad assistere. Quando Maria fu in procinto di parlare ebbe l’impressione, come raccontò dopo, di essere un domatore di animali feroci che en-trava nella gabbia dei leoni. Tuttavia parlò ed ebbe un successo straordinario. I te-stimoni raccontano che Alessandro rimase ad ascoltare con atteggiamento severo e freddo, e si sciolse soltanto quando i presenti si congratularono con lui, dopo aver applaudito Maria73.

Da quel momento in poi suo padre non criticò più Maria e in occasione del suo trentesimo compleanno le regalò tutti gli articoli dei suoi trionfi che aveva accuratamente raccolto in quegli anni. 2.5 La Scuola Magistrale Ortofrenica e l’Istituto Superiore di Magiste-

ro femminile di Roma

Negli anni posteriori alla laurea in Medicina e chirurgia, la studiosa fu

coinvolta in un fervore intenso, inesauribile, colmo di incontri, studi ed inte-ressi. Dopo un anno di servizio come medico interno nell’Ospedale San Giovanni e tre anni di servizio come assistente alla Clinica psichiatrica74 de-cise d’iscriversi al Corso di perfezionamento in Polizia Sanitaria. Montesso-ri, presentò la domanda il 20 gennaio 1900, frequentando nel bimestre gen-naio–febbraio ed ottenendo dopo superamento di un esame, il diploma di Uf-ficiale Sanitario il 3 marzo 190075.

Solo un anno prima si era recata a Parigi nel reparto di Bicetre, guidato da Bourneville, dove scoprì i lavori di Itard e Séguin76. Nell’inverno del 1898 si recò a Londra su incarico ministeriale per studi e ricerche concernenti le scuole per i fanciulli deficienti e tenne in Italia, nel 1899, dei Corsi di Confe-

73 M. Schwegman, op. cit., p. 39. 74 Vedi Annuario scolastico per l’anno 1897–98, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1897,

p. 120. Montessori vi compare come assistente sino al 1899. 75 Vedi app. Parte IV. 76 Per approfondimenti si rimanda al Capitolo terzo, di questo libro.

Gli anni dell’Università

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renze sulla psicologia e la pedagogia speciale per i fanciulli deficienti, anche queste per incarico ministeriale svolte nelle tre Scuole Normali di Roma. Il tema dei bambini anormali e la promozione di Istituti speciali medico–pedagogici, fu una delle questioni più significative e preziose per Montesso-ri.

In virtù di questa attenzione per l’educazione dei bambini deficienti, ebbe l’incarico dal Ministro e suo maestro Guido Baccelli di dirigere la Scuola Magistrale Ortofrenica, con l’aiuto di Giuseppe Montesano77.

Il loro impegno in questa Scuola fu strettamente legato alla realizzazione nel 1899, della «Lega Nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti», di cui era presidente Clodomiro Bonfigli allora direttore dell’Ospedale Santa Maria della Pietà di Roma. I corsi tenuti in questa Scuola non furono altro che un prosieguo delle lezioni che la stessa Montessori aveva condotto solo un anno prima nelle Scuole Normali di Roma e riguardavano la preparazione dei futuri maestri. Alla Scuola la dottoressa unì una classe “pilota” dove la-vorava direttamente con i bambini anormali, sperimentando il materiale creato da Séguin e preparandone altro.

Nonostante l’impegno assunto dalla Montessori e da Giuseppe Montesa-no all’interno della Scuola Ortofrenica, questa ancora non era riconosciuta dal Governo. Pertanto, la «Lega», riteneva necessario sensibilizzare le istitu-zioni verso quell’infanzia abbandonata attraverso l’ufficializzazione della Scuola. Il Bonfigli, allora deputato al Parlamento e presidente della “Lega”, si fece promotore di una legge sull’assistenza psichiatrica e sulla istituzione di Istituti medico–pedagogici.

Probabilmente, grazie a questo intervento, la Scuola Magistrale Ortofre-nica venne inaugurata il 7 aprile 1900 e guidata da Montesano e Montessori, la quale vi insegnava Igiene78. In seguito venne aperto, in via dei Volsci, l’Istituto medico–pedagogico, che era preordinato a ricevere i primi cinquan-ta bambini fino ad allora ricoverati nel manicomio romano. L’inaugurazione dell’Istituto avvenne il 24 aprile 1900 e ad essa presero parte anche molte donne dell’aristocrazia romana79.

In questi anni si era venuto a formare quel grande sodalizio scientifico tra Montessori, Montesano, Bonfigli e De Sanctis, del quale Giovanni Bollea, parla in questi termini: «la Scuola Psichiatrica romana: un forte “quadrumvi-rato” intellettuale — che lavorava unito per una nuova organizzazione clini-ca, assistenziale ed educativa dei bambini cosiddetti deficienti»80.

L’aspirazione della dottoressa marchigiana agli inizi del nuovo secolo era quella di istituire una nuova disciplina, quella di Igiene pedagogica, discipli-na riferita al bambino nei primi anni di vita e soprattutto alle invalidità del

77 Montessori, La scoperta del bambino, cit., p. 23. 78 M. Gutierrez, La Scuola magistrale ortofrenica, in Enciclopedia Pedagogica, diretta da

Mauro Laeng, vol. V, Brescia, La Scuola, 1992, pp. 8590–8593. 79 G. H. Fresco, op. cit., p. 41. 80 G. H. Fresco, op. cit., p. 23.

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sistema nervoso e delle facoltà mentali. Ella rimarcava la necessità che pro-prio per gli argomenti che questa nuova disciplina trattava, riguardanti per lo più madri ed educatrici, la cattedra doveva essere coperta da una donna, al fine di combattere «le ipocrisie finora imposte da un pregiudizio spesso fata-le alla salute, e dare con la voce della scienza e con l’ideale della pubblica sanità, una base di moralità alta a tutte quelle cognizioni che oggi le allieve apprendono per meno nobili vie»81.

A tal proposito, la studiosa evidenziava che bisognava fare una distinzio-ne tra igiene “comune”, cioè quella relativa alla salute pubblica del Paese e quella “nuova” igiene pedagogica utile anche ai bambini anormali. Ella ag-giunse, inoltre, che l’igiene “generale” era sì essenziale, ma inadeguata an-che per la salute pubblica, dal momento che non prendeva in considerazione molti insegnamenti che sarebbero stati preziosi se impartiti alle future ma-dri82.

Montessori chiese, con una lettera indirizzata ad un non specificato “commendatore”83, di farsi mediatore con il Ministro al fine di ottenere l’istituzione di una cattedra di Igiene pedagogica, presso l’Istituto Superiore di Magistero femminile di Roma.

Uno degli argomenti trattati era l’asserzione dell’autonomia della “peda-gogia pei deficienti” dalla pedagogia normale e dall’igiene. Il fulcro di que-sta autonomia era per la dottoressa lo studio “individuale” del bambino, che consentiva una maggiore scientificità della disciplina rispetto alle idee ed ai criteri della pedagogia tradizionale. In questa riflessione appariva chiaro, come evidenzia anche lo stesso Furio Pesci, il fine sociale del suo lavoro e della sua attività di studi e il suo desiderio di dedicarsi alla formazione cultu-rale e professionale femminile ed in special modo alle insegnanti. Quindi per Montessori insegnare nel Magistero significò dare seguito a questa sua sen-sibilità sociale a favore della istruzione elementare e femminile84.

Un altro interessante documento datato 9 ottobre 1899, scritto da Giacinta Martini al Ministro Guido Baccelli, racchiudeva un accorato appello per l’assegnazione di una cattedra di “pedagogia pei deficienti” a Montessori nella Scuola di Alto Magistero femminile. In questo documento si legge: «Io la prego adunque caldamente non solo di accordarle al più presto questa cat-tedra, ma di far sì che il lavoro della sig.na Montessori venga retribuito in

81 F. Pesci, L’istruzione superiore nei magisteri femminili dal 1878 al 1923, in «Educa-

zione e Scuola», n. 32, ottobre–dicembre 1989, p. 65. 82 Id, L’insegnamento di Maria Montessori al Magistero di Roma, in «Educazione e Scuo-

la», n. 30–31, aprile–settembre 1989, p. 108. 83 Il Commendatore, potrebbe essere Clodomiro Bonfigli, allora politicamente influente, o

Giuseppe Sergi riconosciuto dalla Montessori come autore della sua entrata nell’insegnamento superiore o infine può anche farsi il nome di Guido Baccelli

84 Pesci, L’insegnamento di Maria Montessori al Magistero di Roma, cit., pp. 108–110.

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modo da poterle dare un aiuto efficace. La sig.na è in condizioni finanziarie tutt’altro che buone»85.

Il Ministro Baccelli rispose alla signora Giacinta Martini di essere «di-spiacente di non aver ancora assolutamente il modo per accontentarla a causa di ristrettezze di bilancio»86.

Finalmente, il 4 gennaio 1900, la sezione scientifica del consiglio diretti-vo del Magistero romano fu convocata per esprimersi sulla proposta del Mi-nistro di assegnare a Montessori la cattedra di Antropologia e Igiene. La commissione esaminatrice, composta dai professori Cortesi, De Morris, Pa-gano Mattero Evangelina, Sprega Magistreli Carolina, non arrivò ad un giu-dizio finale, poiché riscontrò la probabile scarsità scientifica dei titoli presen-tati dalla candidata, affermando:

Considerando che dei diversi certificati presentati, alcuni sono anteriori al conse-guimento della laurea in Medicina e Chirurgia, e per conseguenza atti soltanto a ri-levare l’assiduità e la diligenza della sullodata Dottoressa come alunna, ma non ap-provare il vero valore come Insegnante, e gli altri non fanno che affermare l’attitudine alla professione medica e nulla più.

Considerando che dei pochi e brevi lavori a stampa non è possibile di alcuni de-cidere del merito spettante alla concorrente, perché scritti con altri […], che l’unico scritto dovuto alla sig.na Montessori […] non è un lavoro originale e ad ogni modo non in rapporto con l’insegnamento d’igiene.

Considerando che la sullodata Dottoressa non presenta certificato da cui risulti di aver fatto studi speciali nei corsi di perfezionamento ed essersi dedicata exprofesso alle discipline di cui chiede l’insegnamento, che anzi risulterebbe essersi piuttosto dedicata a studi relativi alle malattie mentali, come si rileva dalla stessa sua domanda; il Consi-glio della Sezione Scientifica all’unanimità riconosce che l’unico documento che abbia una importanza tra quelli presentati dalla sig.na Montessori non è altro che il certifica-to di aver conseguito una splendida laurea in Medicina e Chirurgia. D’altra parte non essendo possibile in questo caso d’istituire confronti con titoli di altri concorrenti stan-te che la sig.na Montessori è la sola che si presenti, il Consiglio delibera […] di sum-mettere alla decisione di Sua Eccellenza il Sig. Ministro, quale giudice competentissi-mo se la laurea in Medicina e Chirurgia sia o no titolo sufficiente per autorizzare chi non presenti alcun titolo che comprovi un’attitudine particolare all’insegnamento, ad insegnare Igiene col Antropologia in un Istituto Superiore87.

In un altro documento datato 6 Gennaio 190088, si legge:

85 Id, Pedagogia Capitolina, Parma, Ricerche Pedagogiche, 1994, p. 47. 86 Ivi, p. 48. 87 Per la mole di documentazione presente nella tesi, si è deciso di non inserire tutte le

missive relative all’excursus accademico di Maria Montessori, ma solo alcune di quelle rite-nute particolarmente rilevanti. Per ulteriori approfondimenti si veda la tesi.

88 Si tratta della copia del verbale dell’adunanza della Sezione Scientifica e del Consiglio direttivo relativi alla domanda della Sig.na Montessori, verbale nel quale veniva anche inseri-ta contemporaneamente la copia della deliberazione presa, in seguito alla domanda della Sig.na Montessoti. Vedi Parte V, della tesi.

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Il Sig. Direttore (dell’Istituto di Magistero, allora il professor Costanzo) legge una istanza della Sig.na Dottoressa Maria Montessori, trasmessagli con nota ministe-riale, e relativa al conseguimento dell’incarico dell’insegnamento dell’Igiene e dell’Antropologia, rimasto vuoto per la morte del compianto prof. Zevi.

[…] Il Consiglio Direttivo, udita la relazione della Sezione Scientifica si associa ad unanimità alle conclusioni di essa, presunto come è che nessuno è più competente del Sig. Ministro a giudicare titoli attinenti all’insegnamento dell’Igiene e dell’Antropologia, e faceste che voglia quanto più presto è possibile, provvedere all’insegnamento89.

Dalla documentazione sopra citata si evidenzia come i professori del Ma-gistero non fosseroo favorevoli all’ingresso della studiosa marchigiana in quell’ambiente, probabilmente la giovane Maria si mostrava ai loro occhi come una persona troppo giovane rispetto ad insegnanti, che non si erano di-stinti sul piano scientifico. Oltretutto, anche se l’Istituto Superiore femminile di Magistero era l’unica scuola superiore aperta alle donne e rivolta alle futu-re insegnanti, la presenza di donne educatrici era scarsissima e spesso forte-mente ostacolata. I docenti lasciarono l’ultima parola all’allora Ministro Baccelli, che si pronunciò a favore inviando a Maria Montessori una lettera, datata 17 gennaio 1900, nella quale si legge:

Volendo provvedere per l’anno scolastico 1899–1900 all’insegnamento dell’Igiene e dell’Antropologia nel R. Istituto Superiore di Magistero femminile di Roma;

Veduto il Ruolo organico dell’Istituto stesso, approvato col Regio Decreto 29 Dicembre 1898, n. 555;

Veduta la proposta della Sezione Scientifica e del Consiglio Direttivo dell’Istituto suddetto;

[…] La Dottoressa Maria Montessori è incaricata per l’anno scolastico 1899–900, dello insegnamento […] con la retribuzione di annue Lire millecinquecento (1500) a par tempo dal 16 gennaio 190090.

Ebbe, così, inizio per la giovane marchigiana il suo riconoscimento come docente capace di ottenere l’approvazione di molti studenti, vista la sua pre-parazione e comprensione.

In questi anni Montessori oltre al nuovo incarico, ottenuto presso l’Istituto Superiore femminile di Magistero, continuò a dirigere per altri due anni la Scuola Magistrale Ortofrenica. In questa Scuola la studiosa restò a formare, con l’aiuto di colleghi, i maestri di Roma impartendo loro metodi speciali (che aveva appreso a Parigi e Londra) di addestramento e di educazione dei bambi-ni deficienti. Ella stessa si mise non solo a dirigere l’attività delle educatrici dei frenastenici, ma iniziò in prima persona ad insegnare ai bambini senza mai

89 Vedi Parte V.II, All. n. 5 della tesi. 90 Ivi, All. n. 7 della tesi.

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fermarsi dalle otto del mattino alle sette di sera, e come lei stessa ricorda questi due anni di pratica furono «il primo vero titolo in fatto di pedagogia»91.

Le lezioni di quegli anni d’insegnamento nella Scuola Magistrale Orto-frenica vennero racchiuse sotto forma di dispense e poi pubblicate con il tito-lo Riassunto delle lezioni di didattica date in Roma nella Scuola magistrale ortofrenica l’anno 190092.

È in queste lezioni che Montessori rivela come la questione dei bambini anormali sia contemporaneamente medica e pedagogica. Infatti, nello scritto si legge:

Prima […] di cominciare l’educazione è necessario «preparare» il bambino a ri-ceverla, con un’altra educazione, che oggi tende ad assumere altissima importanza, che deve essere il piano sul quale edificheremo tutta l’altra educazione, e sul quale essa dovrà portare i suoi frutti. Voglio dire: l’educazione igienica, che nei fanciulli deficienti assume talvolta il significato di educazione medica.

Perciò il metodo educativo dei deficienti si chiama: medico–pedagogico93. Secondo la studiosa il bambino prima di essere educato, deve essere cura-

to e posto in situazione di vivere decorosamente sia da un punto di vista fisi-co che igienico. Montessori era convinta che al bambino deficiente, per poter raggiungere un’ottima educazione, occorreva che “l’organismo funzionasse bene”, e mostra a tal proposito una serie di suggerimenti di “educazione me-dica” da prendere in considerazione per la cura muscolare e cellulare dei bambini anormali94.

In questi anni furono molti i medici igienisti e pediatri che presero a cuo-re le problematiche igienico–sanitarie in cui vivevano le masse popolari più povere. E proprio in questo periodo l’educazione igienica risultò fondamen-tale per qualsiasi altro intervento educativo. Di conseguenza occorreva una campagna di alfabetizzazione igienico–sanitaria a cui dovevano provvedere, innanzitutto, le istituzioni attraverso programmi d’insegnamento ed ambienti sani95.

Nel 1901, Montessori presentò a Napoli, al secondo Congresso Pedagogi-co Nazionale, una relazione dal titolo Norme per una classificazione dei de-ficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione96. Qui la studiosa espose

91 Montessori, La scoperta del bambino, cit., pp. 23–24. 92 Id, Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Romano, 1900,

poi inserito nell’appendice presente in L’Autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Mi-lano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916), pp. 639–675.

93 Id, L’Autoeducazione, cit., p. 639. 94 Ivi, p. 640. 95 F. Cambi, S. Ulivieri, Storia dell’infanzia nell’Italia liberale, Firenze, La Nuova Italia,

1988, pp. 65–67. 96 M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi spe-

ciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italiano 1899–1901, Napoli, Trani, 1902, pp. 144–167 e ripubblicato col titolo Un metodo per la clas-sificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia» a. XI, n. 9, ottobre 1962, pp. 3–12.

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le idee ed i metodi di Séguin, da lei ampliati ed approfonditi, il quale aveva ben definito un sistema di educazione chiamandolo «metodo fisiologico». A riguardo, Montessori pur affermando il valore scientifico dell’opera del Sé-guin per l’educazione degl’idioti, faceva risaltare due problemi: quello scien-tifico, cioè la mancanza di sperimentazione del metodo, e quello pedagogico cioè la mancanza di un’opera adeguata di profilassi sociale97. Così, la studio-sa metteva in evidenza che il primo materiale didattico che doveva essere usato con i bambini deficienti era quello spirituale, rilevando la necessità di una buona preparazione dei maestri. Appariva chiaro che bisognava prepara-re i maestri con la «cura medesima con cui i grandi artisti drammatici si pre-parano alle scene, perché debbono conquistare anime stanche e fragili ai grandi sentimenti della vita»98.

Montessori sosteneva l’importanza del maestro nell’educazione e gli ri-conosceva un alto grado di responsabilità nella formazione del bambino e a tale scopo riteneva fondamentale che il maestro conoscesse la psicologia, la psichiatria e la pedagogia.

Il merito di Montessori è soprattutto quello di aver per prima intuito che la deficienza del bambino è un fatto sociale e la sua educazione è possibile con ambienti e materiali adeguati99. 2.6 L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia

Fin da quando […] mi dedicai all’istruzione dei fanciulli deficienti, credetti

d’intuire che quei metodi non erano soltanto un tentativo per aiutare gli idioti, ma contenevano principi di educazione più razionale di quelli in uso: tanto che perfino una mentalità inferiore poteva divenire suscettibile di sviluppo. Questa intuizione divenne la mia idea dopo che ebbi abbandonato la scuola dei deficienti; e a poco a poco acquistai il convincimento che metodi consimili applicati ai fanciulli normali avrebbero sviluppato la loro personalità in modo sorprendente.

Fu allora che principiai un vero e profondo studio della cosiddetta pedagogia ri-paratrice e in seguito volli intraprendere lo studio della pedagogia normale e dei principi sui quali si fonda — onde m’iscrissi studente di filosofia all’Università100.

Le affermazioni di Maria Montessori appaiono chiare: la sua idea era

quella di sperimentare il metodo educativo per i bambini deficienti sui bam-bini normali.

Dopo l’esperienza alla Scuola Magistrale Ortofrenica, decise di iscriversi alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma e venne immatricolata il 16 luglio 1903 al terzo anno di Filosofia101.

97 Id, Un metodo per la classificazione dei deficienti, cit., p. 3. 98 Id, La scoperta del bambino, cit., p. 28. 99 Id, L’Autoeducazione, cit. pp. 29–31. 100 Id, La scoperta del bambino, cit., p. 24. 101 Per approfondire questo argomento vedi appendice Parte I, del libro.

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Per la studiosa marchigiana neppure questa via fu facile, poiché la Facol-tà di Lettere e Filosofia stava attraversando un periodo di passaggio tra vec-chio e nuovo ordinamento, rendendo la situazione più difficile. I regolamenti universitari erano fermi al 13 novembre 1859 (legge Casati) e solo in quegli anni la Facoltà di Filosofia cominciava a definirsi, sia sotto il profilo della didattica che sotto quello dello sbocco professionale. Tale ritardo non si do-veva solo allo stato Pontificio, ma anche a leggi, come la legge Casati, che bisognava riformare radicalmente. I primi a prendere atto di questa realtà fu-rono i ministri Bonghi e Coppino. Il Bonghi propose un nuovo regolamento universitario, che venne approvato con R. D. 3 ottobre 1875, nel quale veni-vano precisate le caratteristiche e gli obiettivi delle singole Facoltà102.

L’8 ottobre del 1876 il Ministro Coppino approvò un nuovo Regolamento generale il quale sostanzialmente non risultava così diverso da quello del Ministro Bonghi. Infatti, l’art. 1º, del Regolamento Bonghi recitava che il fine della Facoltà di Lettere e Filosofia era quello di: «Promuovere la cultura letteraria e filosofica della nazione […]. Preparare al conseguimento del di-ploma di insegnamento speciale della Letteratura italiana, latina, e greca, di storia e di filosofia, nelle scuole secondarie classiche e normali, e di quello di pedagogia nelle scuole normali»103. Cambiava solo il secondo comma del Regolamento Coppino, il quale stabiliva che l’obiettivo della Facoltà fosse anche quello di «preparare al conseguimento dei diplomi speciali d’inse-gnamento»104. Altre innovazioni concernevano la durata del corso prevista in quattro anni, con conferimento di due lauree distinte, in Lettere e in Filoso-fia105.

Con l’espansione delle tipologie delle discipline, con la definizione di al-cuni sbocchi professionali e con il reclutamento di nuovi docenti, la Facoltà di Lettere e Filosofia cominciava a registrare un aumento degli iscritti. A ca-vallo tra i due secoli l’incremento delle iscrizioni superava le trecentunità106.

Montessori per l’iscrizione quasi sicuramente dovette attenersi a questi regolamenti107. Infatti, dall’art. 105 del Regolamento generale, si legge : «Colui che, già fornito di un diploma o di una laurea, desidera conseguirne un’altra, può ottenere di compiere i corsi universitari in un numero minore d’anni, secondo le disposizioni dei regolamenti speciali». Inoltre, qualora la

102 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1875–76, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,

1875, p. 85. 103 Ivi, pp. 85–86. 104 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1876–77, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,

1876, p. 59. 105 Ivi, pp. 59–60. 106 G. Monsagrati, Verso la ripresa: 1870�1900, in Storia della Facoltà di Lettere e Filo-

sofia del “La Sapienza”, L. Capo, M. R. Di Simone (a cura di), Roma, Viella, 2000, p. 415. 107 La domanda per essere immatricolato come studente doveva, secondo la Facoltà di Fi-

losofia, indicare oltre i dati personali, la Facoltà o scuola a cui lo studente voleva iscriversi e anche i titoli richiesti dai rispettivi regolamenti di Facoltà.Vedi Annuario per l’anno scolasti-co 1902–03, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1902, p. 252.

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Facoltà si pronunciasse non a favore «è ammesso il ricorso al Ministro, che decide, udita l’aggiunta del consiglio superiore»108.

Montessori il 4 gennaio 1903 inviò una lettera al Preside della Facoltà Cerruti, nella quale si legge:

La sottoscritta, iscrivendosi quest’anno come studente al III Corso di Filosofia,

domanda che per essere ammessa alla fine del IV Corso di esami di Laurea in Filo-sofia le siano considerati come sufficienti gli esami da superarsi nelle sole materie filosofiche: e che come equipollenti gli altri esami consigliati dalla facoltà, le siano considerati i seguenti titoli […].

[…] I seguenti titoli assumono importanza nel corso speciale, volendo la sott.a dedicarsi alla Pedagogia e scegliere in questa materia la tesi di Laurea109.

Il Ministro, in una lettera del 6 marzo 1903, unita alla lettera precedente, chiedeva al Consiglio Superiore per l’Istruzione Pubblica che la domanda della Montessori fosse presa in visione tenuto conto che la Facoltà di Filoso-fia «ha espresso parere favorevole, considerando come equipollenti i titoli di cui la Sig.na Montessori è provvista». Inoltre, il Ministro faceva asserire all’Onorevole Consiglio Superiore per l’Istruzione Pubblica «che la Sig.na Montessori non ha la licenza Liceale, ma è provvista soltanto di licenza dell’istituto tecnico sezione fisico–matematica, e venne iscritta al corso di medicina e chirurgia per speciale concessione»110.

Il professor Stanislao Cannizzaro, in un documento datato 11 aprile 1903, comunica al Consigliere Gandino perché riferisca alla Giunta del Consiglio Superiore di valutare la domanda d’iscrizione della dottoressa Montessori111.

Finalmente l’8 giugno 1903, il Consiglio Superiore dell’Istruzione Pub-blica, con una lettera si pronuncia in risposta a quella del 6 marzo 1903 ed enuncia che:

La Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Roma, nell’adunanza del 2 feb-braio 1903, ha espresso parere favorevole alla domanda, considerando come equipol-lenti i titoli di cui è provvista la concorrente. Ma il vero è che i titoli enumerati nell’istanza della signora Montessori sono tutti di cultura scientifica e non provano in nessun modo ch’ella possegga una speciale cultura letteraria, tale da poterla dispensare da uno studio e da un esperimento formalmente sancito dal vigente Regolamento.

S’aggiunge, che come rilevasi da una Nota Ministeriale che accompagna l’istanza, la concorrente non è provvista della licenza liceale ma di quella dell’Istituto tecnico, e fu iscritta al corso di medicina e chirurgia per una convenzio-ne speciale.

Non vedo dunque il Rettore come si possa concedere alla signorina Montessori quello che domanda e impone a V. S. che l’istanza sia respinta112.

108 Ivi, pp. 252. 109 Vedi Parte V.II, All. n. 22 della tesi. 110 Ivi, All. n. 26 della tesi. 111 Ivi, All. n. 29 della tesi. 112 Ivi, All. n. 31 della tesi.

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In ultima istanza fu interpellato a pronunciarsi il Ministro Nasi che, dopo aver vagliato i titoli presentati dalla studiosa, acconsentì all’iscrizione previa lettera datata 16 luglio 1903. In questa lettera si legge:

In conformità del voto favorevole di codesta Facoltà di Filosofia e Lettere e in

considerazione dei titoli speciali della Signorina D. Maria Montessori posseduti con-sentono in via eccezionale che essa possa essere ammessa al 3° anno di Filosofia con dispensa dall’esame di lettere italiane voluto dall’art. 21 del Regolamento speciale 13 marzo 1902113.

Montessori venne così iscritta al terzo anno di Filosofia e cominciò a fre-

quentare, senza sostenere alcun esame, i corsi di Filosofia teoretica, Storia della filosofia e Filosofia morale.

La studiosa frequentò l’insegnamento di Filosofia teoretica col professor Antonio Labriola, il quale fu con Decreto Reale del 7 luglio 1902 trasferito dalla cattedra di Filosofia morale e Pedagogia, alla cattedra di Filosofia teo-retica, presso la stessa Università di Roma ad iniziare dal 1 novembre 1902114.

Nello stesso anno, come risulta da un documento presente presso l’Archivio dell’Università «La Sapienza», la studiosa ottenne la frequenza, oltre che in Filosofia teoretica, anche in Storia della Filosofia seguita col professore Giacomo Barzellotti e Filosofia morale tenute dal professor Pietro Ragnisco115.

Senz’altro le lezioni che la studiosa scelse di seguire andavano nella dire-zione di un accrescimento di tematiche a lei già conosciute. Il Barzellotti come il Labriola, nelle loro lezioni di Storia della filosofia e Filosofia teore-tica, consideravano in particolare il ruolo della psicologia empirica e della ricerca scientifica. In quegli anni, infatti, Labriola, nelle sue lezioni “scapi-gliate ma geniali”, non solo mostrava un interesse per la psicologia speri-mentale, ma esortava gli studenti a prendere parte attiva alla discussione in aula, e non mancava di far intendere la sua percettibilità democratica e pro-gressista su temi che riguardavano l’analfabetismo e il bisogno di una scuola popolare. Inoltre, è da sottolineare l’attenzione del Labriola alla pedagogia di Herbart che aveva per lui il merito di suggerire una costruzione scientifica del sapere educativo. Herbart veniva considerato dai pedagogisti italiani, tra

113 Vedi App. Parte V All. n. 2 del presente libro. 114 Da questo documento datato 21 agosto 1902, si legge testualmente: «Copia di Decreto

Reale del 7 novembre 1902 col quale la S. V. Illustre Professore di Filosofia morale e Peda-gogia nella R. Università di Roma, è stata col suo consenso trasferito alla cattedra di Filosofia teoretica nella stessa Università conservando il grado dell’incarico e lo stipendio di £ 7000, a decorrere dal 1° novembre 1902». Vedi Fascicolo personale AS 67 presso l’Archivio studenti «La Sapienza».

115 Presente nell’App. Parte IV, All. n. 30 e 30/bis di questo libro. Cfr. Parte IV.4, All. n. 2 della tesi

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cui anche Credaro, come l’iniziatore della pedagogia positiva, disciplina au-tonoma lontana dalla filosofia116.

Nel 1904, Montessori presentò domanda al Rettore dell’Università di Roma, come si evince dal documento datato 14 gennaio 1904, per essere ammessa come studente al quarto anno di Filosofia117. La sua richiesta venne accettata come risulta dal modulo d’iscrizione per l’anno scolastico 1903–1904118.

In questo anno frequentò le lezioni di Storia della filosofia con il profes-sor Barzellotti, Letteratura italiana con il professor De Gubernatis, Filosofia teoretica con il professor Villa, Filosofia morale con il professor Ragnisco e Pedagogia con il professor Credaro.

Quest’ultimo, dopo essersi laureato in Filosofia presso l’Università di Pa-via nel 1883, per concorso vinse il posto di professore ordinario in Storia della filosofia presso lo stesso Ateneo. Nel 1902 fu chiamato a Roma per de-siderio dello stesso Antonio Labriola, trasferitosi proprio in quell’anno alla cattedra di Filosofia teoretica, per ricoprire la cattedra di Pedagogia119.

Alle lezioni di filosofia, Maria Montessori visse una condizione culturale dissomigliante da quella della Facoltà di Medicina. La cultura che la studiosa respirava ai corsi di Filosofia era più aperta alle cognizioni del sapere e non totalizzante come quella imperante della medicina.

La studiosa, negli anni in cui fu iscritta a Filosofia, oltre alle lezioni cita-te, seguì anche i corsi liberi di Psicologia con il professor Sante De Sanctis, Storia di Roma nel Medioevo con il professor Giuseppe Tomassetti, Antro-pometria con il professor Ugo Vram, e Magistero di pedagogia con il profes-sor Luigi Credaro. Nel frequentare i corsi, Montessori si venne a trovare a fianco di qualche studentessa sua allieva al Magistero femminile, che era di-venuto il passaggio più facile per accedere all’Università e quindi all’insegnamento. Le lezioni di Antropometria con il professo Vram, le ser-virono per affinare la sua preparazione tecnica. Il professor Vram, all’epoca, era membro fisso e con incarichi nella Società romana di Antropologia as-sieme al professor Moschen e a Sergi; Società di Antropologia che il 22 feb-braio 1903 accolse la studiosa come socio onorario e, allo stesso tempo, la nominò per la revisione del consuntivo per l’anno 1902120.

116 Vedi App. Parte I paragrafo I.4 del libro. 117 Ivi, Parte V All. n. 3 del presente libro. 118 Ivi, Parte IV. All. n. 31 del libro. 119 Ciò risulta da un documento datato 1 agosto 1902, nel quale si legge:«Con Decreto del

7 luglio u. s. secondo i voti di codesta facoltà di Lettere e Filosofia, il prof. Antonio Labriola è stato trasferito alla cattedra di Filosofia teoretica ed il Prof. Luigi Credaro è stato chiamato alla cattedra di Pedagogia in codesto Ateneo, conservando entrambi lo stipendio di cui sono provveduti. I provvedimenti avranno effetto dal 1° Novembre p. v. e la S. V. si compiacerà di darne notizia alla facoltà ed agli interessati. Mi riservo poi di farLe noto le ulteriori mie deci-sioni circa la cattedra di Filosofia morale. [firmata Ministro Nasi]». Questo documento è pre-sente nel fascicolo personale AS 64, presso l’Archivio studenti «La Sapienza».

120 Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., p. 151.

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In una lettera scritta di suo pugno, Montessori espresse l’ingiustizia subita dalle istituzioni universitarie riguardo alla sua domanda di professore straor-dinario, tenuta dal Ministro in sospeso sino al 1904 quando, poi, riuscì ad ot-tenere finalmente la libera docenza in Antropologia. Probabilmente, in que-gli anni, la studiosa attraversava un periodo in cui era particolarmente sensi-bile: a causa forse della nascita da pochi anni di Mario suo figlio, sofferente per la storia sentimentale definitivamente conclusa con Giuseppe Montesano e stanca di lottare per vedersi riconoscere il suo operato, mentre per altri “tutto sorride”, dice esprimendo la sua amarezza in una lettera ad una “dilet-ta signora”, una certa Donna Cristina di cui non si conosce l’identità. La let-tera si apre con una dedica “Dolce come il profumo di un segreto affetto, for-te come la luce di una speranza, salisce a voi il mio cuore!” e continua121:

«Ho sentito parlare all’Università della inaugurazione dei nuovi locali della Scuola Magistrale Ortofrenica — le ragazze parlavano di rinfreschi, di versi, di festa.

Infatti ho comperato un giornale e vi ho trovato la notizia che Le unisco-no. Anche Lei vi leggerà il trionfo dei miei nemici. A loro tutto sorride: la gioventù inneggiante e le autorità beneficenti che concedono nuovi locali, somme di denaro e protezione.

Di me, chi più si ricorda?… in quella scuola è proibito pronunciare il mio nome, nome di un nemico; in quella scuola hanno distrutto tutto quanto poteva ricordarmi, perfino fatto a pezzi o bruciato gli strumenti che io avevo fatto fabbricare per l’educazione dei bambini, con tanto entusiasmo d’amore, affinché non si dica che qualcosa di mio possa esservi ancora uti-le. E pure io misi l’anima e sangue, pel trionfo di quella istruzione: l’ho a-mata! (Si ricorda quando uscivano i bambini dal manicomio ed entravano) le ho dedicato cinque degli anni migliori della mia vita. (La lunga storia del-la mia sofferenza là dentro) Mi si erige dinanzi all’anima la lunga storia delle ingiustizie che mi hanno straziata, fantasma crudele che mi spezza il cuore! O come è amara e fredda questa mia solitudine!

Mia diletta signora! Lei ha visto com’è il mio pianto quando un’anima dolce e generosa m’invita alle confidenze. (…) E pure — quanto è raro uno sfogo per me e quanto singolare un’anima che risponda al mio dolore!

Per lo più io giro solitaria tra gente indifferente o crudele; cerco solo in me e da me la forza di riprendere nuovamente il lavoro e vincere la dispera-zione. Da professore mi sono fatta allieva, da dottore, studente […]. Dopo sette anni che ero dottore, dopo essere passata attraverso facili trionfi, dopo aver fondato due istituzioni nelle quali fui un momento regina — sì, dico, tornai umile studente in III corso di Università — entrando scolara in quelle aule, dove già alcuni miei antichi compagni di scuola vi entrano come do-centi, a tutti sconosciuta (…) Sentii più volte la vergogna che deve provare

121 G. H. Fresco, op. cit., p. 76.

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un ricco caduto nella miseria: quella gioventù animata dalle belle speranze che io pure provai tredici anni fa, quando cominciai gli studi universitari — passava accanto a me — loro compagna di scuola — vecchia a oro confron-to, oppressa dalla disillusione della vita. Sentii questa specie di umiliazione fredda, che non saprei descrivere. Io non sono uno studente come un altro: la fatica delle lezioni, la tortura degli esami speciali — si sopportano.

Da professore mi sono fatta allieva, da dottore studente, ma che cosa tri-ste lo studente che non ha più le brillanti speranze della gioventù, ma l’amarezza delle delusioni! (…) Come un morto — freddo e solo — che si sforzi di ricominciare la vita e rientri in una culla. Ho sentito più volte la vergogna che deve provare un ricco caduto nella miseria, una specie di umi-liazione fredda che non si può descrivere.

E pure — strane crudeltà del mondo! Ho veduto le persone sollevarsi in-torno a me per respingermi. Non sentivano che io seguivo un potente dove-re: il dovere di vivere e di lavorare, anche quando sembra di non poter più vivere e di non poter più lavorare. Non capivano che il mio corpo fatto gra-ve da un’oppressione compiva un dovere trascinandosi tra quei banchi di scuola. Tutti in coro ripetevano: “Cosa viene a fare questa rimestatrice? Non le basta quello che sa e quello che ha?”.

Voglio studiare antropologia — e mi fanno perdere otto mesi di tempo con false promesse infine mi impediscono di continuare lo studio […]. Fi-nalmente dopo otto mesi di incertezza, intercalati da promesse, concludono, come se niente fosse, che rifiutano assolutamente di costituire la commissio-ne. A fare una cosa simile a un uomo dottore avrebbero forse avuto paura, ma una donna…cosa importa?. E da un altro lato le stesse incertezze come studente d’Università. Non so se ancora potrò iscrivermi studente in III Cor-so di Filosofia. Il Ministro — cosa veramente scandalosa inconcepibile! — rinnega per me le leggi fatte da lui stesso: ha appena approvato un regola-mento che ammette gli studenti di scienze naturali e medicina alla facoltà di filosofia — ed io che per prima mi presento in queste condizioni, sono re-spinta. Perché? …tredici anni fa i miei esami non furono sufficienti al liceo !!! una profana che è da sette anni dottore e da quattro professore in una scuola superiore al liceo!! Sembra una favola, ma pure è la verità. E poi sia pure questo, ma nelle Scienze naturali si può andare coi soli studi di mate-matiche e il regolamento ammette il passaggio dalle Scienze alla Filosofia. Dunque in ogni modo io sono più che in regola. Il Ministro non ha dato il consenso ch’io sia studente di III Corso di Filosofia all’Università …e ha rinviato la mia domanda al Consiglio Superiore dell’Istruzione!…

[…] Il Ministero! Quello che mi dette incarichi — che mi fece fondare una scuola: e ci sono i documenti. Io sono in credito col Ministero — ho in-segnato tre anni — ho contribuito all’istruzione pubblica — ho educato i de-ficienti; ho preparato i maestri; ho portato dall’estero un metodo nuovo.

Ho speso denaro, forze e cuore. Il Ministro non mi ha dato nessun altro compenso che sancire un’ingiustizia contro di me: che non rispondermi,

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quando chiedevo giustizia alla persona del Ministro con una lettera, che rinnega le proprie leggi per respingermi, quando ho voluto fare il sovruma-no sforzo di umiliarmi e ricominciare a studiare!! Una donna …che cosa importa?…oggi le sì dà — domani le si leva; oggi le si promette, domani le si manca di parola, chiede giustizia e le si ride in faccia.

Ecco il dolore più profondo che possa provare un’anima: l’ingiustizia trionfante (Mia cara, dolce Signora! Qualche volta l’eccesso…Eccomi tutta via forte e serena…)

Tuttavia l’eccesso aspro dell’amarezza ci fa sentire dentro come un gi-gante che nasce e che si erge a lottare col mondo: allora il rivo di lacrime diventa un fiume di fuoco — e quella amarezza diviene dolce come la sereni-tà dei forti.

[…] Mia diletta signora! Sul Suo cuore versai in ogni sua piega e sfuma-tura l’anima mia — quanto soccorso mi ha dato la sua bontà soccorrevole e l’amicizia generosa con cui mi ha sostenuta!

Lei sa che oggi io devo chiedere: non per me — ma per il mio lavoro. Devo acquistare autorità nella (mia) Scuola di Magistero, diventando pro-fessore straordinario, per entrare nel Consiglio dei Professori, dal quale oggi sono esclusa per la pochezza della mia carica: e ne ho diritto, avendo già insegnato quattro anni, mentre ne basterebbero tre; e devo avere dal Ministro la somma che mi occorre per continuare i miei studi — non come favore, ma come giusto compenso a quanto feci nella Scuola dei deficienti in servizio della istruzione pubblica. Ecco la materia di cui ho bisogno per e-splicare nell’opera la mia forza. Cioè forza non mia…»122.

Montessori quasi sicuramente decise di iscriversi a Filosofia non solo per un arricchimento culturale, ma anche in prospettiva di un avanzamento acca-demico. Di ciò ne è testimonianza lo scritto del 1903 dal titolo: L’Antropo-logia Pedagogica123 dedicato all’Onorevole Luigi Credaro professore di pe-dagogia nell’Università di Roma. La studiosa venne, infatti, incaricata da Credaro di tenere una conferenza agli studenti di Filosofia sul tema dell’Antropologia Pedagogica. In quella occasione, diede sfoggio della sua preparazione scientifica esponendo agli studenti gli ultimi rinnovamenti nel-le ricerche scientifiche in campo biologico e pedagogico, sottolineando il ruolo basilare di una competenza scientifica che doveva essere fondamento della più moderna pedologia, intesa come studio complessivo della persona-lità psico–fisica dell’individuo124.

In questa conferenza, Montessori univa in un certo senso medicina e pe-dagogia, in quanto affermava che: «all’applicazione di questo studio è neces-sario costituire una clinica di Pedologia normale, e di Pedologia pediatrica,

122 G. H. Fresco, op. cit., pp. 76–79. 123 M. Montessori, L’Antropologia Pedagogica. Conferenza tenuta agli studenti di Filoso-

fia dell’Università di Roma. Milano, Vallardi, 1903, pp. 3–22. 124 Ivi, p. 5.

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per raccogliervi i soggetti. Esso è […] come fu nel vasto campo della medi-cina, la clinica medica [perché dalla medicina] si formano molti rami scienti-fici»125.

La studiosa per offrire esempi di questa redditizia collaborazione tra me-dicina e pedagogia citava Blum, Mac–Donald, Mosso, Perez ed affermava che la pedagogia aveva le sue radici nella biologia e il suo fine nella politica. Citava anche Séguin, il quale prospettava meglio di chiunque altro che l’applicazione della pedagogia speciale fosse prospettabile anche per i bam-bini normali126. Alla fine del suo intervento, poi, giunse ad affermare: «io chiamerei quella importantissima Pedologia […] Antropologia pedagogica […] che riassume il metodo di studiare l’uomo in sintetiche comparazioni a scopo ora sociologico, come per esempio l’Antropologia Sociologica, che studia i vincitori dell’esistenza, ora pedagogico come nel caso nostro»127.

All’indomani di questa conferenza, il suo nome giungeva su riviste, gior-nali, e particolare attenzione le fu data dal periodico «L’Università popola-re»128 diretto da Luigi Molinari. Questo periodico pubblicava con una certa regolarità le lezioni ed i corsi tenuti da Montessori anche e, soprattutto, dopo aver ottenuto la libera docenza in Antropologia.

Nello stesso anno, la studiosa pubblicò un altro scritto dal titolo: La teo-ria lombrosiana e l’educazione morale129. Si trattava di un discorso inaugu-rale al corso di Antropologia pedagogica del quale era stata incaricata nel 1903 quando intervenne al secondo corso di Pedagogia scientifica, tenuto dal medico Ugo Pizzoli a Crevalcore130.

Ugo Pizzoli aveva aperto nella provincia di Bologna, a Crevalcore appun-to, una Scuola estiva per maestri, che si prestabiliva finalità simili a quelle della Scuola Ortofrenica. Ugo Pizzoli programmava corsi in cui attribuiva ai maestri nozioni teorico–pratiche riguardanti lo studio sperimentale del bam-bino. Tuttavia, nel suo corso mancava la classe di tirocinio, anche se veniva-no organizzate lezioni speciali costituite da visite presso istituti all’avan-guardia nel settore medico–pedagogico131. Erano proposte in linea con il pensiero della pedagogia scientifica manifestata da Giuseppe Sergi, che as-sunse il ruolo di presidente nelle sezioni d’esame dei corsi sia di Roma che di Crevalcore. Difatti non va dimenticato che la studiosa collaborò con Sergi

125 Ivi, pp. 5–6. 126 Ivi, pp. 4–21. 127 Ivi, p. 18. 128 «L’Università popolare»periodico diretto da Luigi Molinari, principale esponente

dell’educazionismo anarchico di inizio secolo; nel periodico apparivano i sunti delle lezioni tenute al corso di pedagogia a Crevalcore della Montessori a partire dal 1 febbraio 1904, sotto il titolo di Nozioni di Antropologia. Vedi Babini, Lama, «Una donna nuova», cit., pp. 133–134.

129 M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, in «Rivista d’Italia», a. VI, vol. II, 1903, pp. 326–331.

130 V. P. Babini, La questione dei frenastenici, Milano, F. Angeli, 1996, p. 91. 131 Ivi, pp. 91–92.

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Sergi già nella Scuola Ortofrenica romana, “maestro” che assumerà per la studiosa un ruolo cospicuo nella sua formazione futura.

Montessori, nel corso tenuto a Creavalcore, spiegava alla luce della teoria lombrosiana che significato avesse la morale nell’educazione. Per Lombroso l’educazione morale veniva assunta come fondamento della pedagogia scien-tifica, il cui obiettivo si trovava nella fusione tra ambiente e individuo, per riconoscere l’insieme delle caratteristiche di entrambi e impiegare per cia-scun soggetto il metodo educativo più adeguato. La studiosa chiariva questo affermando: «L’ambiente ha la sua parte d’alta efficacia, ma non è tutto. Il pedagogista [deve] anche in primo luogo studiare l’individuo»132. La studio-sa accenna anche ad un passo della Bibbia, per far capire questo concetto, affermando che «il re Salomone dice: “il cuore si legge sul viso”»133. 2.7 Maria Montessori e la libera docenza in Antropologia

Nel 1902 la studiosa marchigiana lasciò sia la direzione che l’insegna-

mento nella Scuola Magistrale Ortofrenica. Già dal settembre dello stesso anno presentò domanda per l’ottenimento

della libera docenza in Antropologia. Il percorso non fu facile, come si ri-leva dalla documentazione raccolta e presente nell’Archivio Centrale dello Stato e l’Archivio Generale Studenti dell’Università «La Sapienza».

Il conseguimento della libera docenza avrebbe permesso alla studiosa di svolgere lezioni all’Università e di percepire uno stipendio proporzionale al numero degli iscritti, che in quel caso pagavano direttamente e personal-mente il privato docente del corso. Infatti, l’attributo di «liberi» veniva da-to ai docenti proprio dal fatto che essi non dipendevano se non da sé stessi e offrivano la loro opera dietro compenso134.

La Legge Casati tenne conto di questi insegnanti (cfr. artt. 93�104), che prima dell’Unità si autoproclamavano liberi docenti e dal 1861 tale titolo, invece, si conseguiva tramite un esame, a meno che la persona che vi aspira-va, non ricadeva sotto la clausola della «chiara fama». Infatti, l’aspirante alla libera docenza poteva appellarsi all’art. 69 della Legge Casati che concedeva la promozione agli studiosi di chiara fama, accuratamente riconosciuti da una saggistica i cui risultati dovevano avere anche il pregio di dimostrare la validità dei titoli di ricerca presentati 135.

Ed era proprio l’art. 49 della Legge Casati ad affermare che l’abilitazione alla libera docenza si poteva conseguire: «per esami, per titoli, in base all’art.69». Inoltre, chi aspirava alla libera docenza doveva rivolgere istanza

132 Montessori, La teoria Lombrosiana e l’educazione morale, cit., p. 328. 133 Ivi, p. 329. 134 T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., p. 145. 135 G. Monsagrati, Verso la ripresa: 1870–1900, in Storia della Facoltà di Lettere e Filo-

sofia de “La Sapienza”, (a cura di) L. Capo, M. R. Di Simone, Roma, Viella, 2000, p. 422.

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al Ministero, indicando: «l’insegnamento a cui intende di essere abilitato, l’istituto dove si prefigge di esercitarlo, e se intende conseguirla per esame o per titoli. All’istanza deve essere unito il certificato della laurea conseguita da almeno due anni. Deve altresì allegarsi il certificato penale in data non anteriore a due mesi. In casi particolari, di cui è giudice il consiglio superio-re, possono valere altri titoli equipollenti alla laurea»136.

L’aspirante, doveva dare prova della propria capacità dinanzi ad una commissione ministeriale, presieduta dal Preside della facoltà e composta in parti uguali da docenti della stessa facoltà e da membri da essa non coinvolti. Una volta raggiunto il titolo, se non veniva praticato per cinque anni ininter-rottamente, a meno che non esistevano legittimi impedimenti, decadeva137.

Secondo l’art. 51, la nomina della commissione spettava al Ministro su proposta della giunta del Consiglio superiore ed in casi urgenti, il Ministro poteva sostituire un commissario, anche senza il parere della giunta, udito il presidente della commissione. Inoltre, secondo l’art. 52, i membri estranei alla facoltà avevano diritto ad un’indennità di viaggio e di soggiorno a carico del candidato, che li versava anticipatamente nella cassa universitaria138.

L’esame consisteva precisamente in due prove: l’assegnazione del tema per la dissertazione scritta, di cui all’art. 98 della legge Casati, doveva aver luogo nella prima adunanza della commissione, per la validità della quale era richiesta la presenza di almeno tre dei commissari. Ogni membro della Commissione doveva proporre un tema, che doveva essere poi sorteggiato dalla candidata e approvato per iscritto ed essere inviato al Ministero il quale li rimetteva alla giunta del Consiglio superiore per l’estrazione a sorte. Il te-ma estratto a sorte veniva dal Ministero comunicato direttamente all’interessato. La commissione secondo l’art. 55 poteva concedere per la presentazione della dissertazione non meno di tre mesi, periodo che però po-teva essere dalla commissione stessa prorogato.

La seconda prova, invece constava di una discussione orale, di cui allo stesso art. 98 della Legge Casati, e non poteva durare meno di un’ora ed era pubblica. Della discussione veniva dato avviso nell’albo dell’istituto, almeno ventiquattro ore prima. Secondo l’art. 57, l’assegnazione del tema per la le-zione orale doveva essere fatta il giorno precedente alla prova, i temi estratti però erano due ed il candidato aveva la facoltà di scegliere tra questi quello che avrebbe presentato alla lezione. Lezione che era tenuta in pubblico e do-veva avere la durata di non meno di quaranta minuti e non più dei sessan-ta139.

Una volta completata la prova, la commissione era chiamata a valutare e a pronunciarsi. Infatti, ogni commissario disponeva di dieci punti che doveva

136 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1902–03, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1902, p. 234.

137 T. Tomasi, L. Bellatalla, op. cit., p. 146. 138 Vedi Annuario 1902–03, pp. 234–235. 139 Ivi, p. 235.

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attribuire in modo palese. In ultimo, secondo l’art. 59, l’aspirante, per essere giudicato idoneo doveva raggiungere almeno gli otto decimi dei punti, ed al-la commissione, inoltre, spettava una relazione contenente un giudizio com-plessivo sul valore dimostrato dall’aspirante nelle diverse prove sostenute. La relazione veniva inviata al Consiglio Superiore, il quale la restituiva al Ministro col suo giudizio in merito alla dissertazione e con le sue osserva-zioni sull’esatta applicazione della legge140.

L’aspirante una volta ottenuta la libera docenza, valida per la sola materia per la quale era stata conseguita, doveva secondo l’art. 62 esercitarla nella sola università per la quale era stata concessa, anche se il docente che ne fa-ceva richiesta poteva essere autorizzato dal Ministro ad impartire in altra U-niversità l’insegnamento al quale era stato abilitato. Inoltre, secondo l’art. 104 della legge Casati, il docente poteva decadere dalla qualità di libero do-cente su proposta del Rettore, che veniva pronunciata dal Ministro con de-creto motivato141.

Montessori, contemporaneamente all’insegnamento nell’Istituto Magiste-ro dal 1900 al 1913, intraprese le pratiche per il conseguimento della libera docenza. Come risulta dalla documentazione, una serie di malintesi e rinunce contrastarono la realizzazione della commissione d’esame che Nasi, Ministro della Pubblica Istruzione nel governo presieduto da Giuseppe Zanardelli, a-veva assegnato rapidamente il 10 ottobre 1902. In una lettera datata il 10 ot-tobre di quell’anno, emessa neppure un mese dopo la domanda presentata dalla dottoressa, si legge: «Su proposta della Giunta del Consiglio Superiore la commissione esaminatrice è composta nel seguente modo: Membri effet-tivi — Roma, Sergi Giuseppe — Roma, Grassi Gio Battista — Firenze, Gi-glioli Enrico — Pavia, Maggi Leopoldo; Membri supplenti — Roma, Magini Giuseppe — Pisa, Romiti Guglielmo»142.

Il professor Sergi fu il primo dei membri della commissione a far presen-te al Ministro, con una lettera datata 27 ottobre 1902, di «non assumere l’incarico di far parte della commissione per la libera docenza della Dott. Montessori»143. Pochi giorni dopo il rifiuto di Sergi, con un’altra lettera data-ta 29 ottobre 1902, il professor Leopoldo Maggi confermava la sua disponi-bilità con queste testuali parole «Colla massima stima mi raffermo»144.

Con una lettera datata 3 novembre 1902 il professor Gian Battista Grassi scrisse all’illustrissimo Rettore dell’Università di Roma in risposta alla lette-ra del 29 ottobre 1902145: «accetto l’incarico a far parte della commissione per l’esame di libera docenza di Antropologia della Signorina Dott. Maria Montessori».

140 Ivi, pp. 235–236. 141 Ivi, p. 236. 142 Parte V.II, All. n. 8 della tesi. 143 Ivi, All. n. 11 della tesi. 144 Ivi, All. n. 12 della tesi. 145 Ivi, All. n. 13 (b) della tesi.

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Infine, anche il professor Enrico Giglioli inviò una lettera al Rettore, da-tata 10 novembre 1902 nella quale si scusava per aver appreso in ritardo del-la lettera e affermava: «Sono dolente di non poter accettare l’onorevole inca-rico […] ma sono tanto occupato in altre faccende che debbo declinare molti incarichi»146.

Con una lettera datata 21 novembre 1902, il Ministro della Pubblica I-struzione, in risposta alla lettera inviatagli il 30 ottobre 1902, nella quale si dava notizia della impossibilità del professor Sergi di far parte della commis-sione giudicatrice147, invitava il Rettore a sostituirlo con il professor Giusep-pe Magini148. Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, con una lette-ra datata 23 novembre 1902, nominava quindi membri della commissione per l’esame di libera docenza il Preside della facoltà, il professor Sergi, Ma-gini di Roma e Leopoldo Moggi di Pavia; sollecitava poi Romiti e Magini a dare una risposta al più presto149.

In un’altra lettera del 3 dicembre 1902 Magini, chiamato a sostituire Ser-gi dichiarava di non poter accettare e pregava il ministero di voler promuo-vere una nuova commissione150.

Prima di sostituire Magini e Sergi, il Ministro aveva fatto avanzare da parte del Rettore più di una sollecitazione a desistere dalla rinunzia. Infatti, una prova ci viene fornita da una lettera (17 febbraio 1903), nella quale il Ministro chiede al Rettore «se sono state fatte premure presso i prof. Sergi e Magini perché desistano dalla loro rinunzia, e ove queste premure non siano state fatte, è d’avviso che si facciano, riservandosi a deliberare dopo l’esaurimento di queste pratiche»151. A tal riguardo la giunta del Consiglio Superiore prima di passare alla rinomina della commissione, inviò al profes-sor Sergi ed a Magini una lettera (datata 27 febbraio 1903), in cui si legge: «la Giunta del Consiglio Superiore ha deliberato di insistere presso V. S. Il-lustrissima nel desiderio che Ella sia per desistere dalla rinunzia fatta. In tale stato di cose, prego V. S. a farmi conoscere le sue risoluzioni»152.

Il professor Sergi (lettera del 28 febbraio 1903) rispondeva al Magnifico Rettore dell’Università di Roma, conservando la sua posizione e aggiungeva qualcosa in più al riguardo: che la stessa Montessori gli aveva espresso di non intendere presentarsi immediatamente agli esami e proferiva perento-riamente che:

In risposta alla lettera S. Vra, relativa alla libera docenza della Dr. Montessori, fo conoscere che io (…) la dimissione da commissario per la detta libera docenza, an-

146 Ivi, All. n. 16 della tesi. 147 Ivi, All. n. 14 della tesi. 148 Ivi, All. n. 17 della tesi. 149 Ivi, All. n. 18 della tesi. 150 Ivi, All. n. 20 della tesi. 151 Ivi, All. n. 21 della tesi. 152 Ivi, All. n. 23 della tesi.

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che perché la stessa Montessori non intenda presentarsi immediatamente agli esami come ella stessa mi ha dichiarato.

Quando il Dottore Montessori rifarà la sua domanda in un prossimo avvenire, e la on. Giunta del C. S. farà una nuova commissione e con nuovi elementi, forse io non troverò difficoltà di emettere il mandato153.

Parole che fanno sospettare che l’antropologo Sergi valutasse se non im-prudente almeno affrettata la richiesta della studiosa che, peraltro, non aveva in quel momento specifici titoli scientifici per la libera docenza in Antropo-logia. Una possibile interpretazione di tale atteggiamento potrebbe essere che si trattasse di una strategia per avvantaggiare temporalmente la studiosa nell’ampliare le sue conoscenze antropologiche. Infatti, proprio nell’anno di attesa per la composizione di una nuova commissione, Montessori avrebbe redatto e presentato due lavori di antropologia pedagogica, valendosi tra l’altro dell’attrezzatura e dell’appoggio dell’Istituto romano di antropologia diretto dallo stesso Sergi.

Tuttavia, risultano continui imprevisti e negazioni dei vari membri che dovevano comporre la commissione d’esame. Difatti anche il professor Ma-gini in una lettera del 3 marzo 1903 risponde alla lettera del 27 febbraio 1903, nella quale il Rettore lo esortava ad una replica immediata, comuni-cando: «aderendo al nuovo invito della Onorevole Giunta del Consiglio Su-periore, accetto di far parte della commissione»154.

Il professor Giuliano Romiti (lettera, datata 21 marzo 1903), risponde alla nuova sollecitazione del Rettore della Regia Università di Roma, “illustris-simo” Senatore Cerruti, e la interpreta come premura alla formazione della commissione. Scrive, infatti: «La nuova sollecitazione della S. V. voglio in-terpretare come nuova nomina; ed allora dichiaro che accetto volentieri di far parte della Commissione per la Libera Docenza in Antropologia, chiesta dal-la Sign. Montessori, ponendomi a disposizione della S. V.»155.

A questa nuova solerzia da parte del Rettore, seguì l’accettazione dei pro-fessori Romiti e Magini di far parte della commissione; così il Rettore (con una lettera datata 2 aprile 1903) ne informò il Ministro della Pubblica Istru-zione:

Il Prof. Guglielmo Romiti invitato a sostituire il prof. Enrico Signor Giglioli, com-missario nella commissione della libera docenza chiesta dalla Signorina Dr. Maria Mon-tessori, avendo appresa la rinunzia del prof. Giuseppe Sergi e l’accettazione di essa a fronte di cotesto Ministero, ha dichiarato di non poter più accettare l’incarico stesso.

Prego cotesto Ministero di voler provvedere alla innovazione della commissione156.

153 Ivi, All. n. 24 della tesi. 154 Ivi, All. n. 25 della tesi. 155 Ivi, All. n. 27 della tesi. 156 Ivi, All. n. 28 della tesi.

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Il Rettore dell’Università di Roma inviò poi al ministero della Pubblica Istruzione un’altra lettera datata 7 giugno 1903 in cui si legge:

Con una lettera dell’8 marzo in risposta alla Ministeriale 17 febbraio N. 1734, comunicai a cotesto Ministero l’esito delle rinnovate pressioni fatte ai prof.ri Magini e Sergi perché desistessero dalla rinunzia di far fronte della Commissione per l’esame di libera docenza della Signorina Dr. Maria Montessori.

Il prof. Sergi subordinò la sua probabile accettazione alla possibilità che la giunta del Consiglio Sup. nominasse una nuova Commissione con nuovi elementi.

Il Prof. Romiti dichiarò alla sua volta che per l’assenza del Prof. Sergi egli non intendeva di accettare l’incarico157.

La studiosa marchigiana intendeva dunque avvicinare alla sua opera, svolta all’Istituto di Magistero, anche quella di libera docenza presso la Fa-coltà di Scienze naturali, cosa di cui non poteva non essere a conoscenza Sergi professore di Antropologia presso la stessa Facoltà. Questo traspare nella prefazione all’opera L’Antropologia pedagogica, nella quale sono rac-colte le lezioni tenute dalla Montessori nell’Università di Roma, riassunte diligentemente dallo studente Franceschetti. In questa prefazione si legge: «Devo ringraziare il Prof. Sergi, mio Maestro, che, dopo avermi esortata a rivolgere sulla scuola i miei studi di Antropologia, mi designò come specia-lista della materia, quando il mio libero insegnamento universitario agli stu-denti delle Facoltà di Scienze naturali e Medicina venne assunto dietro suo consiglio dalla Scuola Pedagogica della Università di Roma»158.

Difatti, per iniziativa del professor Credaro, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma, era stato istituito un corso di perfeziona-mento per i licenziati delle scuole normali, soprannominato appunto «Scuola Pedagogica». Nella Scuola, di cui Credaro fu direttore, insegnarono tra l’altro Sergi, De Sanctis, Montessori e Gentile, il quale nel 1923 la soppres-se. La «Scuola Pedagogica» si basava in un corso biennale in cui i maestri potevano accedere alle lezioni universitarie, come era già avvenuto in qual-che altra Università159.

Compresa la posizione del professor Sergi, possiamo ipotizzare che Mon-tessori abbia agito con molta fiducia e ingenuità circa la sua richiesta di libe-ra docenza, mentre il Sergi aveva una maestria più misurata e riflessiva. Fi-nalmente con una lettera datata 19 luglio 1903 la Giunta del Consiglio Supe-riore e il Ministero propongono che per

157 Ivi, All. n. 30 della tesi. Lo scritto che segue non ci permette di intendere se il Retto-

re Cerruti accetta o meno le volontà summenzionate. 158 M. Montessori, Antropologia Pedagogica, Miano, Vallardi, sd (1910), p. VIII. 159 L. Bellatalla, Classici e storia della Pedagogia: una lezione di Credaro del 1903, G.

Cives, G. Genovesi, P. Russo, (a cura di) I classici della Pedagogia, Milano, Franco Angeli, 1997, pp. 114–17.

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[…] completare la Commissione per l’esame di libera docenza in Antropologia da dargli presso codesta Università alla Dot.ssa Maria Montessori, ai professori Sergi dell’Università di Roma e Giglioli dell’Istituto Superiore di Firenze si sostituiscano i Prof. Magini della Università di Roma e il Prof. Morselli dell’Università di Genova: mancando allora i due supplenti; nomina il Signor Moschen Lamberto libero docente in Antropologia a Roma, che può considerarsi come facente parte della facoltà di Scienze in quanto vi entra come rappresentante dei liberi docenti, e il Signor Min-gazzini Giovanni che è entrato nella facoltà di Scienze di Roma perché appartiene a quella di Medicina. Così la Commissione risulta completa:

Effettivi Preside della facoltà di Roma

Prof. Gio Batti Grassi Roma ” Giuseppe Magini Roma ” Leopoldo Maggi Pavia

Supplenti ” Lamberto Moschen Roma ” Giovanni Mingazzini160.

Il Rettore (con lettera datata 8 giugno 1904) informò quindi la dottoressa

di presentarsi «giovedì 9 corr. Alle ore 17.30 presso l’Istituto di anatomia comparata, dove avrà luogo la lezione di prova dell’esame di libera docenza chiesto dalla Signorina Dott. Maria Montessori»161. Nella commissione figu-ra dunque Lamberto Moschen, membro della Società antropologica romana e professore di Antropologia zoologica, insegnamento che risulta anche nel registro d’iscrizione della studiosa alla Facoltà di Filosofia, ma che non ri-sulta essere stato frequentato da lei. Per la prima volta compare il nome di Enrico Morselli. Montessori lo aveva conosciuto proprio in occasione delle tante tappe che ella organizzava per la «Lega», non solo perché ne era la ide-atrice, ma anche perché proseguiva ad esserne l’anima, tant’è che era partita da Roma per una serie di conferenze o lezioni proposte da enti diversi, alla volta di Milano, Padova, Genova, in quest’ultima città, la studiosa prese par-te alla Società di letture e conversazioni scientifiche presieduta dallo psichia-tra Enrico Morselli e visitò anche la Casa di cura per le malattie nervose di-retta sempre da Morselli162.

Il Rettore dell’Università, il 23 luglio 1903, inviò ad Enrico Morselli una lettera nella quale si legge:

Il Ministro della Pubblica Istruzione, su proposta del Consiglio Superiore, ha nominato V. S. Illus. Membro della Commissione per l’esame di libera docenza in Antropologia chiesto dalla Signorina Maria Montessori.

Di detta commissione fanno parte, il Preside della facoltà e i Sig.ri Prof.ri G. B. Grassi, Giuseppe Magini e il Prof. Leopoldo Maggi dell’Università di Pavia.

160 Vedi Parte V.II, All. n. 33 della tesi. 161 Vedi App. Parte V All. n. 5 del presente libro. 162 Babini, Lama, «Una Donna nuova», cit., pp. 75–76.

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Prego V. S. Ill.ma Di volermi insignirmi se crede di accettare tale incarico163.

Morselli (lettera datata 29 luglio 1903), risponde al Preside riferendo: «Accetto di far parte della Commissione per la libera docenza […] poiché la convocazione di essa abbia luogo dopo la vacanze estive, anzi tornati, cioè nell’ottobre e oltre […]»164.

In seguito, al Rettore giunsero altre due lettere in risposta alla sua del 19 luglio 1903: nella prima, datata 24 ottobre 1903 e inviata dal professor Giu-seppe Magini, si legge: «Per le mie attuali comparizioni mi è impossibile prendere parte alla Commissione […] Sarei grato alla S. V. Ill.ma se vorrà farmi sostituire dal prof. Moschen, supplente nominato dal Consiglio Superio-re»165. Nella seconda, datata 28 maggio 1904, il professor Giovanni Mingazzi-ni risponde di accettare con piacere di far parte della Commissione per la libe-ra docenza della dottoressa Montessori166.

Il Rettore inviò poi un’altra lettera datata 6 novembre 1903, nella quale informava la dottoressa Montessori che:

La commissione per l’esame di libera docenza da lei chiesta le ha assegnato il seguente tema per la dimostrazione scritta:

“I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, desunti dalla osservazione di al-meno cento soggetti viventi”

Termini delle disposizioni regolamentari le sono concesse questo mese di tempo per la presentazione del manoscritto167.

Fra gli argomenti proposti dalla Commissione veniva estratto quello indi-cato dal professor Lamberto Moschen, che esigeva una preparazione antro-pologica considerevole.

Crediamo che la studiosa non fu compiaciuta del tema attribuitole; anzi, rimaneva il dubbio che la commissione, prospettandole questa ricerca da svolgere sul campo, avesse avuto l’intenzione di metterla alla prova e anche di aggirare il problema del troppo pudore della popolazione femminile nei confronti del medico “uomo”.

In un secondo tempo, il Rettore fece pervenire alla Montessori un’altra lettera (datata 31 marzo 1904), nella quale si legge: «In seguito al parere fa-vorevole espresso dalla Commissione per il suo esame di libera docenza. Le rimanda la proroga a tre mesi che Ella chiese per la presentazione della dis-sertazione»168.

Leopoldo Maggi (con una lettera del 27 maggio 1904), scrive al Rettore: «rinuncio di far parte della Commissione, potendo io essere sostituito da un

163 Vedi Parte V.II, All. n. 34 della tesi. 164 Ivi, All. n. 35 della tesi. 165 Ivi, All. n. 36 della tesi. 166 Ivi, All. n. 41 della tesi. 167 Ivi, All. n. 37 della tesi. 168 Ivi, All. n. 39 della tesi.

Gli anni dell’Università

103

supplente. Perciò rimetto alla S. V. I. la tesi della suddetta Montessori, invia-tami senza nessuno allegato (…) nella tesi stessa»169.

Il Rettore Cugnoni inviò quindi ai professori Alberto Tonelli, Battista Grassi, Giovanni Mingazzini, Enrico Morselli e Lamberto Moschen, una let-tera (del 4 giugno 1904) nella quale informava: «L’esame di libera docenza della Signorina Dott. Maria Montessori, (…) [si presume che la parola sia sosterrà] mercoledì 8 corr. alle ore 8 e non alle 9 come era stato precedente-mente stabilito»170.

Di fatto, il conseguimento del titolo di libera docenza in Antropologia, la studiosa marchigiana l’avrebbe ottenuto dopo il superamento di un esame. 2.8 Esame di libera docenza in Antropologia: 8 giugno 1904

L’8 giugno 1904 alle ore otto, la commissione giudicatrice per la libera

docenza della Montessori si riuniva nell’istituto di Anatomia comparata per assistere alla dissertazione orale della ricerca svolta dalla candidata. Al pro-fessor Moschen toccò per primo la richiesta di fare un commento, poiché fu lui per primo a suggerire il titolo dell’argomentazione scritta, in rapporto alle due domande di prassi avanzate dal professor Morselli e Mingazzini. Nel re-soconto stilato dalla Commissione, si faceva riferimento alla singolarità del lavoro ed alle problematicità incontrate nello svolgimento del lavoro stesso dalla dottoressa, ma veniva manifestata qualche dubbiosità circa la parte co-struttiva della ricerca, considerata dalla Commissione poco elaborata.

Al termine del colloquio orale, la studiosa estrasse i due titoli della lezio-ne da spiegare il giorno successivo e scelse: «Craniologia e craniometria comparata dell’uomo e dei primati, con dimostrazioni». Infatti, nel tardo pomeriggio del 9 giugno 1904, la candidata sostenne la lezione sul tema ac-cordato; la commissione poi si sarebbe riunita per deliberare su tutte le prove d’esame eseguite dalla dottoressa.

Il professor Morselli prospettò una votazione globale di quaranta punti su cinquanta, che venne approvata da tutti i membri della commissione. Mon-tessori, solo con D. M. del 29 dicembre 1904, venne dichiarata idonea alla libera docenza in Antropologia171.

Dalla documentazione raccolta e visionata, sia nell’Archivio Centrale del-lo Stato sia nell’Archivio «La Sapienza», non risulta traccia alcuna della le-zione orale; l’unica notizia al riguardo sono le tesi proposte oltre a quella sorteggiata dalla Montessori.

169 Ivi, All. n. 40 della tesi. 170 Vedi App. Parte V All. n. 4, del presente volume. 171 Di questi due ultimi documenti riguardanti l’esame della dottoressa Maria Montessori

non si ha il cartaceo, ma tale documentazione è presente presso l’Archivio Centrale dello Sta-to � fondo: liberi docenti � busta n. 223. Vedi anche Annuario scolastico per l’anno 1905–06, Roma, Topografia Fratelli Pallotta, 1905, p. 61.

Capitolo secondo

104

Le tesi di lezioni proposte erano: 1) “Sui principali metodi di misurazione cranica, con dimostrazioni”; 2) “Craniologia e craniometria comparata dell’Uomo e dei primati, con dimostrazioni”; 3) “Sopra gli indici craniali e facciali e sopra il loro valore, con dimostrazioni”; 4) “Misure dello scheletro e loro importanza per lo studio delle razze, con dimostrazioni”172. Tra l’altro, mentre si preparava per la libera docenza, la dottoressa marchigiana già ave-va pubblicato nel 1903 due scritti: L’Antropologia Pedagogica e La teoria lombrosiana e l’educazione morale.

Per quanto riguarda la dissertazione scritta, invece, Montessori sorteggiò il tema dal titolo: I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio desunti dall’osservazione di almeno 100 soggetti. Questo lavoro aveva, però, la complicazione di esigere una ricerca sul campo ed un numero abbastanza al-to di soggetti, tant’è che ancora sei anni dopo la studiosa poteva sostenere che la sua inchiesta risultava «l’unico lavoro di antropologia regionale sul vivo, finora esistente»173.

Tra i titoli dei temi mostrati dalla commissione per la libera docenza, solo uno non faceva chiaro riferimento alla donna, cioè quello presentato dal pro-fessor Grassi che portava il titolo: «Il collo nello sviluppo morfologico pro-porzionale del corpo umano». Per quanto invece concerneva gli altri temi mostrati dalla commissione troviamo: il professor Leopoldo Maggi, il quale aveva prospettato «La donna come capitolo dell’Antropologia»; Morselli «Uno studio sulle acconciature delle donne nubiane e il pudore della donna nelle diverse razze», ed infine, quello sorteggiato da Montessori e presentato dal professor Moschen dal titolo «I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio desunti dall’osservazione di almeno 100 soggetti»174.

La scelta da parte della commissione di affidare ad una donna questo ar-gomento, ci induce a pensare che proprio a causa del sesso, gli uomini non avrebbero avuto successo per questo tipo di ricerca; invece, per una donna sarebbe stato relativamente più semplice svolgere delle indagini su altre donne, che si sarebbero rese cordiali e disponibili dinanzi a lei.

Il lavoro di ricerca, presentato dalla Montessori per il superamento dell’esame per la libera docenza, venne pubblicato nel 1905, cioè due anni dopo l’esame, con il titolo: I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio175. Si trattava del primo studio antropologico concernente la popolazione fem-minile del Lazio, che veniva svolto su un campione di duecento donne di età compresa tra i 20 e i 30 anni. Nell’attuazione di questa ricerca, la studiosa trovò davanti a sé non pochi problemi, che la indussero a chiedere una pro-roga di sei mesi ed a decidere poi di tracciare chiaramente nello scritto.

172 Vedi Archivio Centrale dello Stato, fondo: liberi docenti, busta n. 223. 173 Montessori, Antropologia Pedagogica, sd. (1910), cit., p. 93. 174 Vedi Archivio Centrale dello Stato, fondo: liberi docenti, busta n. 223. 175 M. Montessori, I caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, Roma, Società Romna

di Antropologia, 1905 estratto dagli «Atti della Società Romana di Antropologia», vol. XII, fasc. I, pp. 3–86.

Gli anni dell’Università

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La candidata cominciò le sue ricerche nell’Ospedale San Giovanni, dove era riuscita a mettere insieme quasi la metà dei soggetti, confidando presu-mibilmente in conoscenze di vecchia data. Proprio in quell’Ospedale, infatti, la studiosa aveva avviato il suo impegno per l’apprendimento della pratica medica, e lì trovò cortesia ed ospitalità sia nel direttore dell’Ospedale, il pro-fessor Torti, che nei suoi collaboratori tra cui il professor Mazzoni, con cui la studiosa aveva sostenuto alcuni esami alla Facoltà di Medicina. Montesso-ri durante la sua ricerca si recò presso le popolazioni del Lazio, che le rivela-rono un ambiente scoraggiante e avvilente: «Innanzi a questa gente io non ero più né una signora, né un medico […], ma strega […] spia delle carceri, fabbricatrice di cartoline illustrate — ecco ciò che a volta a volta divenivo innanzi ai loro occhi annebbiati dal pregiudizio dell’ignoranza»176.

In questo ambiente, la studiosa si trovò appunto ad elaborare il suo lavoro tra una popolazione fiera, selvaggia e nomade, con un grado di civiltà infe-riore rispetto alla popolazione industriale, e costretta ad emigrare dai monti alla città. Questa era la situazione rilevata dalla Montessori nelle campagne limitrofe alla Capitale e da sempre ignorata. Analogamente, la studiosa s’impegnava a far risaltare questa condizione reale, tant’è che nel suo scritto fa riferimento a ciò che Angelo Celli aveva riscontrato nelle popolazioni dell’Agro Romano. Infatti, la studiosa riprende una frase che il suo vecchio professore universitario di Igiene scriveva in un suo libro dal titolo Come vi-ve il campagnolo nell’Agro Romano:

Tutto questo popolo di nomadi sin dal sec. XVII scende, come uno sciame d’uccelli di passaggio, dai monti dell’Appennino, lucro aviditate illeciti, diceva il Doni nel 1667 e le ripete oggi qualcuno che neppur di vista conosce i loro nativi e alpestri paesi del Lazio…. Purtroppo non l’avidità del lucro, ma la fame e la neve li scacciano dai loro nidi177.

La studiosa riferisce che proprio alle porte di Roma si veniva a formare: «tra pastori e nomadi primitivi, un certo gregge che la civiltà cosmopolita della Capitale sembra ignorare»178. Questa situazione di “inferiorità civile” in cui versava «la popolazione del Lazio mi si rese manifesto — scrisse la dottoressa — nella lotta che dovetti sostenere per istudiare dal lato antro-pologico le sue giovani donne»179.

Lo stato sociale, in cui versava la popolazione, fece comprendere alla studiosa gli impedimenti che tale popolazione arrecava all’indagine scienti-

176 Montessori, Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, cit., p. 8. 177 Ivi, p. 7. Probabilmente Montessori lesse il libro del professor Angelo Celli durante la

frequentazione alla Facoltà di Medicina, non solo perché sostenne l’esame di Igiene con lui, ma anche perché il professor Celli fu uno dei suoi insegnanti al Corso di Perfezionamento in polizia sanitaria e con lui e la moglie, Montessori si occupò per un certo periodo di tempo del-la profilassi nelle campagne dell’Agro Romano.

178 Ibidem. 179 Ibidem.

Capitolo secondo

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fica e antropologica. Secondo la dottoressa era la scienza che doveva con-durre le popolazioni ad un cambiamento radicale, scienza considerata come strumento per il miglioramento sociale, culturale etico. Al riguardo Montes-sori scriveva: «E riflettevo spesso su quei ferri antropometrici, inventati dall’ingegno scientifico, costruiti dalla intelligenza industriale, che sembra-vano spezzarsi e riuscir vani, nell’atto pratico, per l’ignoranza del popolo! Veramente credo che la scienza non possa progredire come un’aristocratica: essa deve trascinare le masse o ad un certo punto arrestarsi»180.

Così, la studiosa si richiamava al positivismo e all’insegnamento del suo vecchio professore Moleschott, il quale credeva che le verità scientifiche a-vevano la forza e la capacità di contribuire sicuramente al progresso solo se avessero però compreso a fondo la vita quotidiana dei popoli181.

Dopo aver sottolineato le difficoltà incontrate nello svolgimento della ri-cerca, Montessori ritenne opportuno riconoscere nel Lazio due tipi diversi di donne: uno “dolicocefalo”: bruno e di statura bassa; l’altro “brachicefalo” cioè biondo e di statura alta. Da queste differenze così marcate Montessori ha prospettato uno studio futuro basato proprio su un possibile confronto tra i suoi dati raccolti e quelli riferiti a caratteri fisici di popolazioni e razze di-verse. Questo lavoro permise sicuramente alla studiosa di consolidare ed ac-crescere la sua abilità all’osservazione diretta, all’esattezza dell’indagine, all’oggettività nella trasmissione dei dati e nella loro meticolosa verifica. 2.9 L’insegnamento all’Università «La Sapienza»

Maria Montessori, dunque, si impegnò profondamente per l’abilitazione

alla libera docenza in Antropologia, che ricevette il 29 dicembre 1904. La studiosa iniziò a insegnare Antropologia nella Facoltà di Scienze fisi-

che matematiche e naturali dell’Università di Roma, insegnamento che terrà sino al 1° aprile 1929, quando il Ministro Belluzzo la dichiarerà decaduta non avendo esercitato il suo insegnamento per il quinquennio accademico 1920–25182.

Negli anni in cui insegnò Antropologia all’Università di Roma, vennero pubblicati altri due scritti: Sui caratteri antropometrici in relazione alle ge-rarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole183 e Influenza delle condizioni

180 Ivi, p. 9. 181 Vedi Annuario scolastico per l’anno 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta,

1893, pp. 127–128. 182 Cit., Archivio Centrale dello Stato, busta n. 223. 183 M. Montessori, Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei

fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2, 1904, pp. 243–300.

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di famiglia sul livello intellettuale degli scolari184. Si tratta di scritti che pos-siamo considerare complementari, poiché il primo risulta di natura antropo-logica, l’altro di natura pedagogica. Dalle ricerche su l’igiene e l’antropologia pedagogiche la professoressa aveva potuto accrescere la sua già minuziosa sensibilità sociale, verificando se fosse possibile, prendendo in esame allievi di alcune scuole elementari, rivelare una corrispondenza tra lo sviluppo intellettuale e quello volumetrico del cranio.

In questa prima ricerca, studia infatti 105 bambini normali di alcune scuole elementari di Roma, scelti tra i più intelligenti, i mediocri ed i tardivi, aventi la stessa età, sesso e razza. Una difficoltà incontrata fu la scelta dei soggetti; Montessori ritenne opportuno che i più intelligenti fossero da ricer-care nelle gerarchie scolastiche tra i mediocri, perché i maestri non avevano ancora un itinerario scientifico per valutare i loro allievi: «e i metodi peda-gogici oggi in uso conducono piuttosto a soffocare l’espansione spontanea della intelligenza svegliata»185. Questo «Poiché la nostra società non permet-te la libertà del lavoro intellettuale»186 lasciando fuori tutto un proletariato nel quale l’intelligenza può cogliersi molto sviluppata. La questione risultava assai articolata ed era necessario sottrarsi a principi indiscutibili che sarebbe-ro stati rischiosi se impiegati per legittimare le differenze sociali. A tal ri-guardo, la studiosa accondiscendeva al fatto che le cose negli studi antropo-logici classici stavano iniziando a cambiare, in quanto:

L’antropologia che si fa base delle disuguaglianze sociali di casta e di sesso sta già decadendo insieme ai dogmi tutti che sanciscono tali disuguaglianze. Invece oggi entra serena e libera nella scuola e si mette a lato della pedagogia.

[…] Quindi insieme a quelli fisiologico ed etnologico un concetto nuovo entra fra i criteri di comparazione del volume cranico; quello pedagogico dell’esercizio intellettuale metodico e progressivo187.

Dalle ricerche condotte si evinceva che, paragonando bambini stimati dai maestri «più intelligenti» e quelli considerati «meno intelligenti» della clas-se, le condizioni sociali favorevoli erano a vantaggio dei più intelligenti e che la diversità tra le due categorie era principalmente fisiologica e in rela-zione al variato stato di nutrizione e di ambiente familiare. Era, dunque, chiaro, secondo la studiosa, che le condizioni sociali avevano un potere sullo sviluppo volumetrico del cranio. Importante risultava, allo stesso tempo, l’appello della studiosa alla scuola ed ai maestri, sia per un aumento delle istituzioni educative, sia per una migliore preparazione dei maestri affinché

184 Id, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. Ricerche d’igiene e antropologia pedagogiche in rapporto all’educazione, in «Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, vol. II, n. 3–4 e 5–6, settembre–ottobre 1904, pp. 234–284.

185 Montessori, Sui caratteri antropometrici in reazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, cit., p. 296.

186 Ivi, p. 245. 187 Ibidem.

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comprendessero l’influenza che le condizioni sociali degli scolari avevano sul loro accrescimento o arretramento intellettuale.

Alle stesse conclusioni la studiosa marchigiana era pervenuta nella suc-cessiva ricerca dal titolo Influenza delle condizioni di famiglia sul livello in-tellettuale degli scolari, nella quale sottolineava ancora una volta come il benessere ed il potere sociale potevano influenzare la vita degli uomini. In questa ricerca, la studiosa sottoponeva a misurazione i bambini tra i 9 e gli 11 anni considerati dai maestri come i più intelligenti e quelli della stessa età ritenuti meno intelligenti. Le interviste presentate dalla Montessori, che non era a conoscenza di quali bambini fossero i più intelligenti e quali meno, fu-rono tre: la prima riguardava il criterio adoperato dall’insegnante nella scelta dello scolaro giudicato come migliore o peggiore; la seconda obbligava il maestro a rispondere a dei quesiti riguardanti lo studio, l’attività fisica, i gio-chi importanti secondo Montessori per evidenziare lo stato psichico dei bambini. Ed infine, la terza, per chiedere ai maestri delle condizioni di fami-glia dei bambini, importanti per indagare sullo stato biologico e sociale del soggetto.

Questa ricerca antropologica spinse la studiosa a rilevare che le cause del diverso apprendimento scolastico erano da riportarsi a due fattori: «uno si riferisce a condizioni biologiche di nascita (tra le quali, l’età dei genitori) l’altra a condizioni sociali»188. Montessori in conseguenza di ciò sosteneva che bisognava riconsiderare il «senso di giustizia» con cui venivano giudica-ti gli scolari proprio per tener conto di questi nuovi fattori. Infatti, i maestri, nel valutare gli allievi, non devono unicamente basarsi sul criterio delle con-seguenze psicologiche, ma aggiungere a tale criterio le cause biologiche e sociali.

Questi […] riscontri biologici e sociali che contribuiscono a formare vari livelli in-tellettuali tra i fanciulli, dovrebbero nella scuola educativa essere alleviati, non aggra-vati come oggi succede: — analogamente a quello che si fa per la bellezza morfologi-ca e in parte anche per la forza dei muscoli e lo stato di salute generale. Non si loda in iscuola il bimbo bello […] per opprimere di disprezzo quello brutto […]. Anzi, quasi forse un evidente principio etico, si cerca d’infiltrare nell’animo dei bambini quanto sia vano il merito personale nell’estetica del corpo — e s’incoraggia il brutto sollevan-do l’animo suo possibile conquista d’altra beltà meno transitoria e più meritevole. Come si stimola il bambino forte a compatire e ad amare e aiutare quello debole e ma-laticcio ha la disgrazia di soffrire, quasi a indicargli che nella sua forza sta insito il do-vere di sollevare i deboli e i sofferenti189.

Con questa attenta considerazione, Montessori veniva a mettere in risalto come la bellezza del corpo non dovesse essere riportata al valore individuale, essendo da esso indipendente, così come sono involontarie le condizioni bio-

188 Montessori, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari, cit., p. 282.

189 Ivi, pp. 282–283.

Gli anni dell’Università

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logiche e sociali di nascita e perciò esse non devono condizionare il giudizio, che viene dato sulla intelligenza dei bambini. Si trattava, insomma, di una questione che coinvolgeva i bambini, ma soprattutto la scuola come istitu-zione. A tal riguardo, Maria Montessori affermava:

Essa [la scuola] non dovrà permettere che siedano a lato del bambino sazio e dei bambini affamati; dei bambini ricchi di forze fisiologiche e dei bambini deboli, pro-letari delle forze umane […]. Poiché giammai non potranno sviluppare tutte le forze del bambino normale e intelligente e dirigerle con l’educazione della sua volontà at-tiva al massimo utile sociale — se dovremo di necessità usare con lui uno stesso me-todo comune ai torpidi, ai tardivi e perfino agli anormali!190.

La professoressa, in questo periodo, mostra un’attenzione particolare per l’aspetto sociale dell’educazione e per la formazione dei maestri. Questi ar-gomenti vennero ripresi ampiamente in un altro suo scritto del 1907 dal tito-lo: L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica191.

In questo scritto, dedicato al professor Enrico Morselli in occasione del XXV anno del suo insegnamento universitario, la professoressa occupandosi insieme di Antropologia pedagogica e di Etnologia sostenne che: «Se la pe-dagogia deve assumere basi scientifiche nello studio individuale dello scola-ro cioè se tende a prendere il suo fondamento nell’Antropologia, non può prescindere dai dati etnologici»192.

Lo studio antropologico di una popolazione può offrire indicazioni utili nel giudicare la degenerazione o meno di un individuo, in quanto vi sono delle malformazioni che si accostano molto a singolarità morfologiche com-prese come “stigmate degenerative”, che secondo la studiosa devono com-prendersi come caratteri di razza. «Tutte queste considerazioni d’ordine pa-tologico assumono certo la più alta importanza nell’Antropologia Pedagogi-ca, perché le predisposizioni infantili potranno sino ad un certo punto cor-reggersi con adatta igiene fisica, e con esercizi ginnastici razionali»193. Tra-mite lo studio dei caratteri etnici regionali vengono, quindi, fuori malattie a cui una determinata popolazione per configurazione e conformazione fisica e morfologica è più esposta e questo assume rilievo per l’Antropologia Peda-gogica, poiché «la scuola con i suoi errori igienici, mantenendo i fanciulli entro locali chiusi molte ore del giorno, col petto curvo sul banco, prepara largamente dei predisposti alla tubercolosi»194.

190 Ivi, p. 283. 191 M. Montessori, L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica,

in «Ricerche di Psichiatria e Nevrologia, Antropologia e Filosofia», dedicate al professor En-rico Morselli nel XXV anno del suo insegnamento universitario, Milano, Vallardi, 1907, pp. 603–619.

192 Ivi, p. 603. 193 Ivi, p. 608. 194 Ivi, p. 609.

Capitolo secondo

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Occorreva quindi una “revisione” della scuola accompagnata da una competenza del maestro, occorreva cioè una professionalità non solo nel campo dell’etnologia regionale, ma anche riguardo «al grado di civiltà, ai costumi, al linguaggio regionale»195.

Un interesse persistente in Montessori fu la sua attenzione per la profes-sionalità dei maestri; interesse che ritorna anche durante l’insegnamento di Antropologia pedagogica che le venne affidato dal Consiglio direttivo della Scuola Pedagogica di Roma, per assenso del professor Sergi, il 5 aprile 1906. Montessori detenne questo incarico dal 1906–07 al 1909–10196.

195 Ivi, p. 618. 196 Montessori, Antropologia pedagogica, (1910), cit., p. VII–IX.

Gli anni dell’Università

111

2.9.1 L’istituzione della Scuola Pedagogica e la pubblicazione dell’Antro-pologia pedagogica

Con la legge n. 689 del 24 dicembre 1904 fu istituito il «Corso di perfe-

zionamento per i licenziati delle scuole normali» chiamata «scuola pedago-gica», di cui era relatore il professor Credaro197.

Questa scuola pedagogica fu costruita, grazie a Credaro, sull’esempio del Museo di istruzione e educazione fondato da Labriola. Museo che non solo comprendeva una vasta documentazione relativa ad indagini didattiche, alla legislazione scolastica, alla storia della pedagogia, ma era anche sede di con-ferenze, illustrazioni didattiche, lezioni e corsi per i dirigenti scolastici e per insegnanti sull’ordinamento, i contenuti e i metodi dell’insegnamento prima-rio e secondario, con supporto di riferimenti applicativi e pratici198.

Il Museo, con il nome di Museo Pedagogico, verrà poi ricostruito in di-versa forma nel 1906 da Luigi Credaro, che ne sarà direttore, succedendo al Labriola dal 1902 nell’insegnamento della Pedagogia all’Università «La Sa-pienza». Il “nuovo” Museo aveva obiettivi conformi a quello precedente, ma accanto ad una matura biblioteca pedagogica ricevuta in eredità da Labriola, vi era sorto, con l’evoluzione delle nuove scienze sperimentali, un seminario psico–pedagogico diretto da Sante De Sanctis199.

Successivamente, nella stessa dimora, venne accolto il «Corso di perfe-zionamento per i licenziati delle scuole normali» chiamato abitualmente «scuola pedagogica», istituito il 19 gennaio 1905 con R. D. n. 29, presso al-cune Università italiane. L’Università di Roma fu una delle prime ad intro-durlo negli ordinamenti della Facoltà di Filosofia per le materie teoriche e per legge gli studenti potevano anche usufruire dei corsi, se ciò era approva-to dal Consiglio direttivo. Tale Corso era composto da una serie di lezioni biennali, in cui i maestri potevano seguire delle lezioni universitarie ed ac-crescere la loro preparazione. Tuttavia, le lezioni accademiche non erano molte durante l’anno ma erano integrate con molte esercitazioni scritte e ora-li, con letture, relazioni di visite a scuole, esame critico di libri, studio speri-mentale pedagogico–psicologico degli alunni. Insomma, il maestro «ridiven-

197 F. Pesci, Scuole di Magistero, istituti superiori femminili di magistero e “scuole peda-

gogiche” dal 1869 al 1922, in «Scuola e Città», a. XXXIX, 31 dicembre 1988, pp. 525–527. 198 Il Museo di istruzione e educazione nacque nel 1874 e venne affidato a Labriola nel

1877 dal Ministro Bonghi. Durante la sua esperienza al Museo al Labriola venne affidata la cattedra di Pedagogia dal Ministro Baccelli, presso l’Università romana, grazie ai materiali didattici ed alle ricerche eseguite durante la direzione del Museo. Nel 1891, il Museo venne soppresso ed il materiale dato una parte da Labriola all’Università, in quanto gli ritornò utile per la guida della cattedra di pedagogia, un’altra parte costituita da libri e riviste venne asse-gnata alla Biblioteca Nazionale di Roma. Vedi N. Siciliani De Cumis, Laboratorio Labriola. Ricerca, didattica, formazione, con presentazione di E. Garin, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 121–126.

199 Storia della Facoltà di Lettere e Filosofia de “La Sapienza”, (a cura di) L. Capo, M. R. Di Simone, op. cit., p. 472.

Capitolo secondo

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tando alunno, avrebbe dovuto continuare ad essere attivo e produttore del suo sapere […] il professore non un facitore di teorie e un parlatore ex ca-thedra, ma […] un propulsore dello studio personale»200.

Il valore di questa scuola pedagogica fu soprattutto legato alla formazione dei futuri maestri ed al carattere “universitario” dei titoli, che venivano con-seguiti. A tal riguardo, nel mondo della pedagogia italiana si aprì una pole-mica proprio intorno all’eventuale carattere universitario della scuola peda-gogica. Il Credaro fu attaccato da molti studiosi tra cui Nicola Festa e Giu-seppe Lombardo Radice, i quali lo accusarono di eccessivo accentramento di cariche accademiche e politiche201.

Nella “scuola pedagogica”, oltre a Credaro, vi insegnavano Sergi, De Sanctis e, come già detto, Montessori. In seguito al suo libero insegnamento universitario, la studiosa scrisse nel 1906 Lezioni di antropologia pedagogi-ca202. La giovane insegnava presso la Facoltà di Scienze naturali e teneva il corso di perfezionamento per i licenziati dalle scuole normali. L’ordine degli studi consigliato per il corso di perfezionamento prevedeva al primo anno: Letterature italiane, e Igiene scolastica; al secondo anno, invece: Pedagogia, Esercitazioni di pedagogia, Lettere italiane, Esercitazioni di lettere italiane, e Legislazione scolastica203.

La professoressa svolgeva le lezioni di Antropologia pedagogica il mer-coledì ed il venerdì dalle 17.00 alle 18.00 e la domenica dalle 09.00 alle 10.00 presso la Scuola n. 16204. E continuò a svolgere le sue lezioni sino al 1910, come risulta dagli Annuari scolastici consultati. La sua presenza all’Università di Roma risultò importante in quegli anni; le consentì di scri-vere molto e allo stesso tempo di arricchire col suo bagaglio culturale le menti di molti giovani studenti.

In quel momento Montessori era l’unica donna nell’Università di Roma a poter prendere la parola con competenza scientifica sulla questione dell’in-feriorità antropologica femminile, argomento su cui tanto era stato detto da parte dei colleghi medici e su cui la professoressa si sentiva in dovere inter-venire, come avrebbe affermato nella suo scritto del 1910 Antropologia pe-dagogica205. Questo scritto si apre con una dedica ai genitori: «A mia Madre Renilde Stoppani e a mio Padre Alessandro Montessori, in occasione del

200 G. Cives, La “scuola” di pedagogia della Facoltà di Lettere e Filosofia della “Sapien-

za” di Roma. Da Labriola a Credaro, in «Scuola e Città», a. XLV, n. 12, 31 dicembre 1994, p. 521.

201 Cives, La scuola pedagogica, cit., pp. 203–204. 202 M. Montessori, Lezioni di antropologia pedagogica, Regia Università di Roma, anno

1905–1906, Litogr. Sabbadini. Questo scritto importantissimo per la biografia di Montessor,i non è reperibile, anche se risulta citato in molte bibliografie. Vedi M. Grazzini, Bibliografia Montessori, Brescia, La Scuola, 1966, p. 21.

203 Vedi Annuario scolastico per l’anno 1905–06, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1905, p. 222.

204 Ivi, pp. 224–225. 205 Montessori, Antropologia pedagogica, (1910), cit., pp. VII–438.

Gli anni dell’Università

113

quarantacinquesimo anniversario del loro sereno matrimonio — dedico que-sto libro frutto dell’amore e del bene ch’essi m’hanno ispirato». Nel libro sono raccolte tutte le lezioni svolte all’Università di Roma nell’arco di quat-tro anni. Il libro comprende dieci capitoli, ognuno dei quali tratta un argo-mento preciso e compiuto: nozioni di Biologia generale e generalità biologi-che e sociali sull’uomo, considerato secondo un concetto organico puntua-lizzato in ogni singolo aspetto (cap. 1); craniologia (cap. 2), un argomento questo che studiava da anni e che fu il suo cavallo di battaglia per la libera docenza e per le lezioni al Magistero di Roma206. Scrive infatti:

Un ultimo argomento che ci interessa è la questione dei rapporti tra il volume ce-rebrale e l’intelligenza della donna. Perché loro sanno che è assai popolarizzata que-sta antica affermazione emessa in nome della scienza: che la donna è biologicamen-te, cioè totalmente, inferiore, che il volume del suo cervello è destinato da natura ad una inferiorità contro la quale nulla si può207.

Montessori affermava che la pretesa inferiorità mentale della donna era una condanna su cui pesava il pregiudizio di scienziati insigni come ad e-sempio Messedaglia, Dubois, Lapique, Zanolli, Monouvrier e Lombroso. Quest’ultimo moriva proprio quando la studiosa stava ancora lavorando all’elaborazione dello scritto208. Essa delineava in queste lezioni la storia dell’antropologia definita dal Broca come «la storia naturale dell’uomo e in-tesa quale applicazione del metodo zoologico allo studio della specie uma-na»209. Ciò che si evidenziava era che l’Antropologia, come tutte le scienze positive, è caratterizzata non dall’oggetto (cioè l’uomo), ma dal «metodo» con cui quello deve essere studiato, metodo naturalistico e descrittivo. L’Antropologia inoltre doveva estendersi anche ad altri ambiti come quello della linguistica e della preistoria in quanto l’uomo è un animale parlante e un animale sociale210.

Tuttavia, l’Antropologia non «seppe popolarizzarsi»; secondo Montessori mentre in quel mezzo secolo del Novecento si vedevano moltiplicare i rami scientifici della biologia, della istologia, della biochimica, l’Antropologia non riusciva a sottrarsi a quello stato di «scienza pura e aristocratica, cioè superflua», che le impediva di schierarsi tra le scienze primarie. La studiosa denunciava quindi il fatto che mentre la zoologia era materia obbligatoria all’Università, l’Antropologia costituiva ancora una materia facoltativa pre-sente solo in tre Università italiane.

Dal terzo capitolo in poi dell’Antropologia pedagogica, la professoressa continua a trattare l’analisi morfologica di alcuni organi, mentre dal capitolo

206 Ivi, p. 218. 207 Ibidem. 208 Ibidem. 209 Ivi, p. 1. 210 Ivi, pp. 1–2.

Capitolo secondo

114

settimo al decimo si trattiene sulla parte tecnica, metodologica, statistica e sulla biometria applicata all’antropologia. Inoltre si occupa della carta bio-grafica dello scolaro per le scuole, citando al riguardo il professor Sergi e prendendo anche in considerazione il quadro morfologico menzionato dal Séguin211.

*

* *

Maria Montessori nelle sue lezioni universitarie sosteneva che la «peda-

gogia» sarebbe stata la disciplina che avrebbe potuto adoperare le grandi scoperte scientifiche sull’età dell’uomo, sulla sua natura animale, sui primi sforzi come singolo e come individuo sociale. Ma la pedagogia, come altre discipline aveva trascurato ogni contributo dell’Antropologia e cioè la storia dell’uomo che lotta contro l’ambiente, che lavora e trasforma il creato. Anzi, «le scuole insegnano la storia delle guerre, dei disastri e delle colpe» al con-trario la storia della civiltà che «risiede nell’evoluzione del lavoro e del pen-siero, rimane pei fanciulli nelle tenebre del silenzio»212. Montessori, disap-provando, affermava che in questo modo si insegnava al bambino solo una serie di guerre e carestie spingendolo ad ignorare la redenzione dei lavoratori e la pace universale, dicendogli «la storia è maestra della vita»213.

L’attenzione della studiosa per l’Antropologia pedagogica è legata alla lezione di civiltà, giustezza e mutamento sociale ed a questo proposito scri-ve: «con l’opera educativa vorremmo prevenire le conseguenze ultime della degenerazione e della morbilità: se l’antropologia criminale ha saputo nella società moderna trasformare una pena, noi dobbiamo proporci nella scuola futura di trasformare un individuo»214. In questo scritto colpisce il richiamo della Montessori a conoscere la soggettività del bambino allo scopo di valo-rizzare la specificità e l’evoluzione dello sviluppo dello stesso. Ciò aiuta a meglio conoscere la personalità e i bisogni del bambino. Infatti, la studiosa svela, sin dai primi scritti che il bambino non è un uomo in miniatura ma presenta una sua specificità e come si trasforma il corpo così si trasforma la personalità psichica dell’uomo, e scrive: «i caratteri infantili non sono quelli dell’adulto ridotti a piccole proporzioni, ma costituiscono caratteristiche in-fantili». Ed è proprio per queste ragioni che all’antropologia pedagogica vie-ne assegnato il dovere di studiare gli anormali, perché tale conseguimento possa poi favorire i maestri a intendere l’umanità normale215.

211 Ivi, pp. 317–374. 212 Ivi, p. 3. 213 Ivi, p. 4. 214 Ivi, p. 14. 215 Ivi, pp. 13–14.

Gli anni dell’Università

115

In queste lezioni, la professoressa marchigiana affermava la generalità del maestro nell’educare l’alunno e quindi, ribadiva che nella scuola era in vigo-re il “principio di giustizia” «l’uniformità livellatrice degli scolari»216. Que-sta uniformità nell’infanzia, secondo la studiosa, non può esistere perché l’umanità è varia e contiene differenti tipi sociali ed è per questo che occorre che il maestro conosca il singolo bambino attraverso le «storie biografiche».

La storia biografica viene dalla Montessori indicata come base scientifica della pedagogia e sostituisce le pagelle ed i registri il cui fine era quello di accertare gli effetti dell’insegnamento, mentre la «carta biografica» intende scrutare le cause delle difficoltà dei bambini e certificare i risultati e l’acquisizione delle abilità. La conoscenza del singolo bambino viene acco-stata ad una nuova cultura del maestro posto sullo stesso piano del medico nell’assunzione di responsabilità per il progresso e miglioramento delle gio-vani generazioni217. La «Carta biografica» venne designata per la prima volta nel 1886 da Giuseppe Sergi, per lui era un procedimento metodico di osser-vazione diretta atta ad esaminare il corpo e lo spirito dello scolaro, e attra-verso questa «Carta» l’insegnante veniva a conoscenza dei dati fisici e men-tali di ciascun scolaro218.

Per Montessori la «Carta Biografica» racchiude due progetti educativi importanti, che hanno fatto sì che questo mezzo divenisse significativo, tanto da essere poi legittimato dai programmi per gli asili infantili del 1914219. Quindi gli obiettivi sono, da una parte, la continua ed aggiornata conoscenza del singolo bambino e dall’altra, la salvaguardia del rapporto scuola e fami-glia. «La Carta Biografica, scrive la dottoressa, sarà per ogni individuo un documento capace di guidarlo nella propria ulteriore autoeducazione»220.

Un altro campo in cui la professoressa assunse una posizione indipenden-te, rispetto a quella dei suoi maestri come Sergi e Lombroso, fu quella della “questione femminile”. Infatti, a cavallo tra i due secoli, quasi tutte le ricer-che di antropologia, biologia, medicina si interessavano della donna e della sua natura. Il Sergi asseriva che l’inferiorità della donna era biologica met-tendo in evidenza la questione dell’eredità dei caratteri del genio, i quali pos-sono trovarsi in germe nella donna, che però non costituisce il terreno adatto al loro sviluppo data la sua condizione fisiologica. Quindi la donna, per il Sergi, «può essere madre del genio senza essere mai geniale» e per la sua sessualità resta sempre un passo indietro allo sviluppo maschile221. Anche

216 Ivi, p. 12. 217 Ivi, p. 384. 218 G. Sergi, Educazione e istruzione, Milano, Trevisini, 1892, p. 112. 219 E. Catarsi, L’asilo e la scuola dell’infanzia. Storia della scuola “materna” e dei suoi

programmi dall’Ottocento ai giorni nostri, Firenze, La Nuova Italia, 1994, pp. 168–169. 220 Montessori, Antropologia pedagogica, 1910, cit., p. 391. 221 P. Trabalzini, Il Metodo della Pedagogia Scientifica di Maria Montessori: scritture,

sviluppi, edizioni, tesi di laurea in Storia della pedagogia, relatore prof. G. Cives, Università degli Studi «La Sapienza», Corso di laurea in Filosofia, Anno Accademico 1997–98, p. 34.

Capitolo secondo

116

Cesare Lombroso, che Montessori menziona nell’Antropologia pedagogica, valuta la donna come un uomo non totalmente sviluppato.

Infine, la dottoressa si sofferma sulle sue tre lezioni settimanali e sulla compilazione delle «Carte biografiche»222. Le lezioni si concludevano con delle “escursioni” per sopperire a quanto mancava a completare un Istituto Universitario di Pedagogia Scientifica e per gettare le basi per una riforma della scuola. Pertanto il fine ultimo di queste lezioni era quello di impiantare le forme di studio e gli intenti dell’Antropologia pedagogica, per differen-ziarla dall’Antropologia generale e dai rami congiunti dell’Antropologia ap-plicata: Antropologia criminale e medica. Questi ultimi due rami, infatti, ne-cessitano come studiosi solo dei medici specializzati, mentre per l’Antropo-logia pedagogica sono necessari medici specialisti, ai quali possa venire affi-data la diagnosi, la cura e l’igiene dei soggetti anormali. A tal riguardo, la studiosa diceva:

L’Antropologia pedagogica, come tutti i rami dell’Antropologia studia dal lato naturalistico l’uomo: ma a differenza dell’Antropologia generale, non si sofferma sui problemi filosofici che vi sono uniti quali, per es., l’origine dell’uomo, le teorie sul monismo o il poligenismo, le emigrazioni, le classificazioni secondo le razze: pro-blemi, come si sa di difficile soluzione, e intorno ai quali si impernia l’antropologia biologica223.

La scuola, per Montessori, è il luogo che fonda l’enorme ambiente di stu-dio ed è pertanto in essa che, attraverso l’opera dei medici unita a quella dei maestri, può applicarsi la “cultura dell’umanità” e può germogliare la specie e la civiltà umana. Nell’Antropologia pedagogica del 1910, così, la studiosa riprende ciò che aveva affermato già nella conferenza sull’Antropologia pe-dagogica del 1903.

La studiosa continuerà a mantenere sempre come riferimento l’opera del medico francese Séguin, che l’ha introdotta prima ai suoi studi rivolti ai bambini deficienti e poi ai suoi studi di antropologia rivolti ai bambini nor-mali. In questo cammino la studiosa mantiene sempre al primo posto il punto di vista “morale”, che svolge e prepara l’uomo sociale224.

Ora P. Trabalzini, Maria Montessori «Il metodo e la scoperta del bambino», Roma, Aracne, 2003.

222 Montessori, Antropologia pedagogica, 1910, cit., p. 24. Queste lezioni di Antropologia risultano dagli Annuari scolastici del 1905–06/1909–10. Una era teorica e vi si esponeva il contenuto della scienza antropologica; l’altra esponeva la tecnica del metodo, cioè metteva in risalto come si possono evidenziare i dati antropologici, come studiarli e raggrupparli per ri-cavarne delle leggi; la terza ed ultima lezione pratica e clinica insegnava a rilevare sui soggetti i dati antropologici e pian piano a indirizzare lo studio sui singoli scolari presi in esame per arrivare alla compilazione delle «Carte biografiche».

223 Ivi, pp. 27–29. 224 G. Cives, P. Trabalzini, Significato e importanza della conferenza l’Antropologia pe-

dagogica del 1903 della Montessori, in «Vita dell’Infanzia», a. XLVI, novembre 1997, pp. 8–12.

Gli anni dell’Università

117

2.10 La realizzazione dei progetti educativi: le prime Case dei bambini

La professoressa non cessò di affiancare alla libera docenza, presso la Fa-

coltà di Scienze naturali, l’insegnamento all’Istituto Superiore di Magistero Femminile. A testimoniare il suo impegno, infatti, vi sono alcune lettere tra le quali quella del direttore del Magistero, Giuseppe Aurelio Costanzo, nella quale il professore portava a conoscenza il Ministero del contributo che Montessori aveva saputo dare al suo insegnamento. Inoltre, in questa circola-re si legge:

Essa effettivamente ha, lungo l’anno 1905–06 avvalorato il suo insegnamento

con la visione diretta delle cose, facendo frequenti visite scientifiche a gabinetti d’igiene sperimentali, ad uffici di disinfezione […] ad edifici scolastici, al mattatoio, e dando sul luogo lezioni illustrative, sicché ha dovuto all’uopo spendere molte ore, oltre quelle assegnatele dall’orario della relativa disciplina225.

Il direttore chiedeva anche per Montessori, che ha saputo dare al suo in-

segnamento «maggior sviluppo», una retribuzione di £.500 proprio per l’anno 1905–06.

Nel frattempo, le idee e i progetti educativi della Montessori cominciava-no a prendere una forma concreta; infatti il 6 gennaio 1907 venne inaugurata la prima Casa dei bambini a Roma nel quartiere San Lorenzo, conosciuto come il “quartiere dei poveri”. Ebbero inizio i suoi numerosi impegni e in-contri con personaggi di un certo spessore sociale, molto rinomati e stimati e con alcuni di loro stringerà rapporti d’amicizia. Conobbe Anna Maria Mac-cheroni con la quale collaborerà alla «Società Umanitaria», con cui si stabili-scono rapporti che portarono all’apertura a Milano nel 1908 della prima Casa dei bambini.

Continua, intanto, a insegnare Antropologia agli allievi del Corso di per-fezionamento per i licenziati dalle scuole normali e con una lettera dell’11 gennaio 1908, indirizzata al Rettore dell’Università di Roma, il Consiglio Direttivo del Corso di perfezionamento chiedeva che alla Montessori fosse dato un compenso per aver svolto il corso per l’anno 1906–07. Inoltre, in questa lettera si legge:

Questo Ministero deve in proposito osservare, che a norma del’art. 9 (R. scuola 1216 ultimo comma) le nomine degli insegnanti che non appartengono con grado di ordinari o di straordinari all’Università, debbono essere fatte dal Ministero anno per anno secondo le norme del regolamento generale universitario, cioè su proposta del-le facoltà corrispondenti.

Ora nell’estratto del verbale della seduta di codesto Consiglio del 27 ottobre 1906 anche si proponeva la riconferma dell’incarico al prof. Dante Caporali, non si faceva alcuna proposta relativa all’incarico di Antropologia alla Montessori: sicché il Ministero dette corso, approvandola, solo alla unica proposta relativa al prof. Ca-

225 Vedi Parte V.II, All. n. 44 della tesi.

Capitolo secondo

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porali. A parte la suddetta considerazione, non si comprende da quale fondo si possa prelevare il compenso proposto per la Signorina Montessori da codesto Consiglio, una volta che, a norma del penultimo comma dell’art. 2 del R. D. 1 febbraio 1906 n. 30, ai professori si impartiscono corsi speciali: deve essere corrisposto un compenso commerciale secondo la disponibilità delle somme […].

Rincresce quindi a questo Ministero per le ragioni suesposte di non poter acco-gliere la proposta di compenso fatta da codesto Consiglio Direttivo per la suddetta insegnante226.

Dal 1907, com’era inevitabile, la continuità all’Istituto di Magistero ini-ziò a ridursi a causa della diffusione dei suoi esperimenti pedagogici. L’eco di queste esperienze si estese presto in tutta Italia; questo contribuì a farle incontrare alcune personalità di una certa fama, tra cui i baroni Leopoldo e Alice Franchetti.

I baroni Franchetti credevano nel progetto della studiosa marchigiana tan-to vicina alla soluzione dei problemi sociali più sentiti in quel tempo. Per Montessori inizia così l’impegno per far aprire altre Case dei bambini dopo il successo di quella romana. In questo periodo i rapporti con i baroni Fran-chetti si rafforzano e nasce un’amicizia e una collaborazione molto feconda.

Nel 1909 Montessori accolse l’invito dei baroni a trascorrere un periodo di tempo nella loro tenuta “La Montesca” a Città di Castello, perché scrives-se un libro con le sue attente considerazioni sull’educazione dei bambini. Si deve ai baroni Franchetti la pubblicazione dell’opera grandiosa Il Metodo della Pedagogia Scientifica, dedicato proprio ai Fianchetti, in cui la studiosa raccoglie e spiega le sue osservazioni e gli esperimenti condotti sui bambi-ni227.

In seguito al successo del suo «Metodo», la professoressa non ebbe modo di dare la propria disponibilità con continuità all’insegnamento nell’Istituto di Magistero, anche perché in quel periodo la madre era ammalata. In una lettera dell’11 gennaio 1912, il Direttore le chiedeva se fosse in grado di te-nere le lezioni: «La prego farmi sapere se e quando Ella crede di dar (…) quest’anno alle sue lezioni mi fu detto che Sua madre ammalata la teneva in casa e quindi crede sempre che Ella venisse da un giorno all’altro a far le-zione. Da Lei non seppi mai nulla (…) La prego a farmi sapere qualche una si presenta in seguito ch’io provveda»228.

In seguito, la dottoressa preferì non prendere servizio chiedendo una a-spettativa per cinque mesi e con una lettera al Direttore dell’Istituto di Magi-stero, datata 24 gennaio 1912, scrive:

Il sottoscritto, Dott. Prof. Maria Montessori, non intenoo, per ragioni di salute

proseguire nell’insegnamento di Antropologia e Igiene, è obbligata come ha già fatto a mezzo di domanda presentata a Sua Eccellenza il Ministro di Pubblica Istruzione,

226 Vedi App. Parte V All. n. 6 e 6/bis, 6/tris, del presente volume. 227 Vedi, più avanti, Capitolo terzo. 228 Vedi App. Parte V All. n. 7, del libro.

Gli anni dell’Università

119

a chiedere l’aspettativa per cinque mesi, cioè da 1 febbraio al 1 luglio p. v., tempo che si prevede sufficiente per il ristabilimento della sua salute.

Nel comunicare la V. S. quanto sopra, si prega avvertirla che la sua supplente nel predetto insegnamento propone il collega Prof. Carolina Magistrelli Sprega229.

Il Direttore (lettera del 25 gennaio 1912), informa quindi il Ministero

dell’aspettativa della Montessori e chiede che al più presto sia accettata la domanda in modo che le alunne non perdano molte lezioni230. Il Ministro Nasi risponde tempestivamente (7 febbraio 1912), dichiarando al Direttore che «non ha difficoltà di accogliere la domanda di aspettativa fatta dalla sig. Maria Montessori […] ma è necessario che essa trasmetta un certificato me-dico debitamente legalizzato comprovante la sua infermità»231.

Finalmente (con una lettera del 13 marzo 1912) il Ministro Nasi informa il Direttore dell’Istituto di Magistero che «la sig.ra Maria Montessori di co-desto istituto è stata collocata in aspettativa a datare dal 1 febbraio e non ol-tre il 15 ottobre 1912 con l’annuo assegno di £ 1166,66; e dalla stessa data è stata affidata la supplenza dell’insegnamento […] alla sig.na Carolina Magi-strelli Sprega, con l’assegno in ragione di £ 1500»232.

A testimonianza dei suoi sempre più crescenti impegni, vi è un decreto Ministeriale del 12 marzo 1913, nel quale si legge che Montessori «è co-mandata, per studi pedagogici, presso il Ministro dell’Istruzione Pubblica, a decorrere dal 1 marzo fino al 31 luglio 1913, conservando il grado e lo sti-pendio di cui è fornita»233. Certamente questi impegni tenevano lontana la studiosa dall’insegnamento, tanto che il Ministro Nasi con un lettera del 21 marzo 1913 informava il Direttore che visti gli obblighi ministeriali assunti dalla Montessori «è dunque chiaro che la Sig. Montessori dovrà percepire dal 16 ottobre al 31 dicembre 1912 l’assegno d’aspettativa, e dal 1 gennaio 1913 in poi lo stipendio; e che dal 16 ottobre al 31 dicembre 1912 la sig. Magistrelli dovrà essere retribuita per la supplenza fatta»234.

In seguito, il 10 aprile 1913, il Ministro invia una lettera al Direttore, nel-la quale si legge: «Con decreto in corso di registrazione, il Ministero ha affi-data la supplenza dell’insegnamento dell’igiene ed antropologia alla prof. Carolina Magistrelli Sprega, dal 1 aprile al 31 luglio 1913 con la retribuzione in ragione di annue lire 1500»235.

229 Vedi Parte V.II, All. n. 47 della tesi. 230 Vedi Parte V.II, All. n. 48 della tesi. 231 Ivi, All. n. 49 della tesi. 232 Ivi, All. n. 40 della tesi. 233 Ivi, All. n. 51 della tesi. 234 Vedi App. Parte V All. n. 8, del presente libro. 235 Vedi Parte V.II, All. n. 54 della tesi.

Capitolo secondo

120

2.11 La diffusione del pensiero e del «metodo» Montessori fuori dall’Italia

In quegli anni il nome della Montessori si propagava in Europa e negli

Stati Uniti; nel 1913 venne inaugurato a Roma il primo Corso Internazionale per la formazione degli insegnanti, per il quale si radunavano circa un centi-naio di insegnanti ed educatori di lingua e religione diversa, ma tutti conqui-stati e affascinati dalle teorie della Montessori. A questi corsi ne seguirono altri, nazionali ed internazionali, diretti sempre dalla Montessori che a causa di questi ricorrenti viaggi era costretta suo malgrado a interrompere l’insegnamento all’Istituto di Magistero di Roma.

Infatti il Ministro con una lettera datata 5 gennaio 1914 comunica al Di-rettore dell’Istituto di Magistero: «alla Sig. Maria Montessori è stato accor-dato un congedo straordinario di due mesi dal 1 dicembre 1913 al 31 gennaio 1914.

Si prega inoltre la S. V. di avvertire la sig. Montessori che allo scadere del congedo non potrà riprendere l’insegnamento, dovrà presentare regolare domanda di aspettativa»236.

In seguito Maria Montessori (lettera del 9 marzo 1914 indirizzata al Di-rettore dell’Istituto di Magistero), informa di non poter tenere per quell’anno le lezioni presso l’Istituto. Scrive, infatti:

Sono dolente di non poter tenere quest’anno le mie lezioni d’Igiene e di Antropo-

logia, come avrei desiderato, avendo uno speciale incarico dal Ministero della P. I. La prof. Diez potrebbe forse essere interpellata per sostituirmi; essa segue il mio

indirizzo nell’insegnamento e potrebbe fare una esauriente trattazione della materia. Spero che ella vorrà considerare la rinuncia a questo mio grato lavoro, come ne-

cessaria anche quest’anno, e di sacrificio da parte mia237. In una lettera del 15 marzo 1914, il Direttore Giovagnoli informa la Dire-

zione Generale per gli studi Superiori del Ministero della Pubblica Istruzione che: «la Dott. Montessori Maria, insegnante d’igiene ed Antropologia in questo istituto, mi scrive di non poter assumere quest’anno il suo insegna-mento» e che pertanto informa il Ministero «di voler dare necessarie disposi-zioni perché le allieve non abbiano a perdere altre lezioni». Alla fine del do-cumento in aggiunta a penna ed in corsivo, si legge «che già troppi ne hanno perdute»238. In quest’ultima frase è quasi chiaro che l’incoerenza dell’insegnamento non era vista di buon grado da parte dei colleghi dell’Istituto nel quale insegnava; tant’è che molte lettere furono mostrate a nome dei Consigli direttivi al Ministero allo scopo di mettere fine a queste difformità didattiche; addirittura alcuni dei suoi colleghi interpellarono l’ispettore dell’Istituto consigliando il sollevamento dall’incarico.

236 Ivi, All. n. 55 della tesi. 237 Ivi, All. n. 56 della tesi. 238 Ivi, All. n. 57 della tesi.

Gli anni dell’Università

121

Pochi giorni dopo il Ministero dell’Istruzione rispondeva al Direttore dell’Istituto di Magistero, con una lettera datata 20 marzo 1914, nella quale si legge:

Come si è già avvertito con precedente comunicazione la sig. Maria Montessori è stata comandata presso questo Ministero per studi pedagogici. Il comando le è stato conferito con decreto 10 marzo corr. a decorrere dal 16 dello stesso mese fino al 31 luglio 1914.

Per conseguenza occorrerà provvedere sollecitamente ad una supplenza nell’insegnamento dell’igiene e dell’antropologia, supplenza che sarà pagata sul ca-pitolo dei maggiori proventi delle tasse scolastiche.

Si prega pertanto la S. V. di convocare il competente Consiglio di sezione ed il Consiglio direttivo, affinché concretino una proposta in merito239.

Il 28 marzo 1914 con una lettera il Direttore trasmette al Ministro della Pubblica Istruzione, come si legge:

…gli estratti di verbali dei Consigli di Sez. scientifica e Direttivo riguardante la pro-posta d’affidare alla Dott. Magistrelli Carolina la supplenza a l’insegnamento all’Igiene e dell’Antropologia nel 2° biennio di questo Istituto, in sostituzione della Dott. Montessori Maria.

Prego l’I. V. di favorirmi con la massima cortese sollecitudine la Sua approva-zione nell’interesse delle allieve240.

Nonostante le sue continue aspettative per i molti impegni straordinari ri-guardanti i suoi successi didattici nazionali e internazionali, Montessori ven-ne riconfermata all’insegnamento d’Igiene ed Antropologia, anche per gli anni scolastici 1914–15. Ciò viene confermato da una lettera datata 21 di-cembre 1914, nella quale il Ministero informa il Direttore dell’Istituto di Magistero che Montessori appunto «è stata confermata per l’anno scolastico 1914–915, con lo stipendio di £ 3500»241.

Il 28 dicembre 1914 il Ministero invia una lettera al Direttore dell’Isti-tuto, nella quale si legge che Montessori «è stata confermata nel comando presso questo Ministero dal 1 gennaio al 31 luglio 1915»242 e si invita il Di-rettore a provvedere alla supplenza nell’insegnamento d’Igiene e Antropolo-gia.

Nel 1916 la situazione non migliora, anzi il Ministero invia al Direttore Generale dell’Istituto una lettera datata 29 marzo, nella quale si legge:

Sul decreto di comando presso l’Amministrazione centrale della Prof. Dott. Ma-ria Montessori, decreto emesso a cura di cotesta Direzione Generale, il Capo Ragio-niere ha osservato quanto segue:

239 Ivi, All. n. 58 della tesi. 240 Ivi, All. n. 59 della tesi. 241 Ivi, All. n. 60 della tesi . 242 Ivi, All. n. 61 della tesi.

Capitolo secondo

122

“L’art. 7 del D. L. 18–XI–1915 N. 16 25, se non vieta esplicitamente i comandi dall’Amministrazione provinciale alla centrale, ne limita però la durata fino al 30 giugno 1916. Sembra quindi che il comando della Montessori al Ministero debba aver termine col 30 giugno prossimo”.

Si prega la S. V. di voler far conoscere a questo Segretariato Generale per quale ragione il detto comando sia stato disposto fino al 31 luglio anziché fino al 30 giu-gno 1916, e se nulla osti a che il decreto venga rettificato, dandosi al comando stesso il termine del 30 giugno243.

In seguito, il Ministero (lettera del 19 settembre 1916) informa il Regio Commissario dell’Istituto Superiore femminile di Magistero che: con recente decreto la Sig. Maria Montessori è stata comandata presso questo mini-stero a decorrere dal 16 marzo al 31 luglio 1916 conservando il grado e lo stipendio, di cui è fornita.

In conformità della proposta già fatta da codesto Consiglio della sezione di scienze, si è contemporaneamente incaricata della supplenza nel detto insegnamento la Sig. Carolina Magistrelli Sprega, con la retribuzione di L. 1500 annue che graverà sul fondo dei maggiori proventi delle tasse244.

Dinanzi a queste azioni tentate nei suoi confronti, la dottoressa non sem-brò reagire, probabilmente perché dopo un’attività didattica incostante, il rapporto con l’Istituto era diventato freddo o probabilmente perché era sem-pre più presa dai suoi successi nazionali ed internazionali. Nonostante ciò, nell’adunanza del 11 novembre 1916, nella quale sono presenti i professori Magistrelli – Pagano e Costanzo – Preside la prof.ssa Carolina Magistrelli Sprega, il Consiglio delibera: «la Dottoressa Maria Montessori sia riconfer-mata a professore straordinario di igiene e antropologia nel 2° biennio di questo Istituto di Magistero per il corrente anno scolastico 1916–17»245.

Nell’anno 1917–18 gli impegni della Montessori aumentarono notevol-mente, proseguirono senza sosta i suoi viaggi all’estero per motivi di lavoro: nel 1917 venne infatti inaugurata ad Amsterdam la prima Casa dei bambini; ma dovette anche recarsi in America per assistere al matrimonio del figlio Mario con l’americana Helen Christie.

Intanto, con una lettera datata 13 aprile 1917 il Ministero informava il Di-rettore dell’Istituto di Magistero che:

La Corte dei Conti con deliberazione di sezione ha respinto il decreto con cui la sig. Maria Montessori veniva posta in aspettativa per motivi di famiglia e alla sig. Carolina Magistrelli Sprega veniva affidata la supplenza all’insegnamento di antro-pologia e igiene presso codesto Istituto. Motivo della negata registrazione è che, in base alla procura trasmessa dalla sig. Annina Fedeli, questa non può ritenersi auto-rizzata a presentare domanda di aspettativa per la sua rappresentata.

243 Ivi, All. n. 62 della tesi. 244 Ivi, All. n. 63 della tesi. 245 Ivi, All. n. 64 della tesi.

Gli anni dell’Università

123

Voglia pertanto la S. V. invitare d’urgenza la sig. Montessori a trasmettere una domanda di suo pugno in carta legale, per poter rimandare il decreto alla Corte pre-detta246.

Gli incarichi della Montessori all’estero aumentarono sempre più, tanto da non avere neanche il tempo di fare lei stessa la domanda per l’aspettativa e delegando in questo una sua procuratrice, Annina Fedeli. Infatti, con una lettera datata 27 luglio 1917 il Presidente della Corte dei Conti fa presente al Ministero della Pubblica Istruzione in risposta a una lettera del 7 luglio 1917 che: non avendo la Sez. II ritenuto regolare che la domanda di aspettativa fosse fatta da una procuratrice della Signora Montessori, anziché da questa personalmente.

Con nota del 7 luglio 1917 cotesto Ministero insiste per la registrazione del de-creto adducendo principalmente che la Montessori trovasi all’Estero e che durante l’anno scolastico l’insegnamento è stato impartito dalla supplente Magistrelli, la quale avrebbe perciò diritto a riscuotere il compenso.

Ma la Sezione, ripreso in esame il decreto, ha rilevato che trattasi nel caso di un unico atto comprendente due provvedimenti, dei quali quello relativo alla Montesso-ri deve ritenersi non regolare per la ragione anzidetta […].

E pertanto, allo stato delle cose, la Sezione stessa ha deliberato di non ammettere a registrazione il decreto stesso che si restituisce qui unito»247.

Montessori quindi non teneva più le sue lezioni alle allieve del Magistero, tant’è che il Consiglio della Sezione Scientifica nell’adunanza del 16 ottobre 1917, nella quale erano presenti i professori Magistrelli � Pagano e Costanzo � Preside la prof.ssa Carolina Magistrelli Sprega, esponeva: con voto unanime, dato il lodevole interessamento impartito per anni dalla professo-ressa Carolina Magistrelli–Sprega, in assenza della professoressa Maria Montessori, propone che la cattedra di Antropologia ed Igiene, venga affidata, durante l’anno scolastico 1917–18, per incarico alla medesima professoressa Carolina Magistrelli–Sprega248.

Dopo un intero anno scolastico, nel quale la professoressa marchigiana non tenne alcuna lezione, il caso fu portato dinanzi al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione che nell’adunanza del 4 gennaio 1919, decise quan-to segue:

Esaminando lo stato di servizio della Maria Montessori, esprime il parere che, giusta il combinato disposto del R. Decreto 17 dicembre 1908 n. 830 e dell’art. 37 ultimo comma del Reg. Gener. universitario, non sia più da confermare la prof.

246 Ivi, All. n. 65 della tesi. 247 Ivi, All. n. 66 della tesi. 248 Ivi, All. n. 67 della tesi.

Capitolo secondo

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Montessori nel suo ufficio di straordinario nel R. Istituto Superiore di Magistero femminile di Roma249.

La partecipazione di Montessori nell’Istituto Superiore femminile di Ma-gistero come si è potuto riscontrare dai molteplici documenti, anche se molto lunga, non è stata conforme a quel tipo di formazione elargita da sempre nel Magistero, caratterizzata da quel tipo d’insegnamento manchevole di origi-nalità e legato per lo più ad una preparazione unicamente teorica dei docenti e scarsa di elaborazione personale. Un insegnamento tanto diverso da quello che Maria Montessori andava predisponendo in quegli anni, e che l’hanno condotta alla rivelazione di un metodo didattico nuovo.

249 Vedi App. Parte V All. n. 9, del presente volume.

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Capitolo terzo La scoperta del bambino in Maria Montessori

3.1 L’incontro con Giuseppe Ferruccio Montesano

Quando nel 1895 Maria Montessori conobbe Giuseppe Ferruccio Monte-

sano frequentava la Facoltà di Medicina e chirurgia e prestava servizio vo-lontario presso diversi Ospedali ed Istituti medici romani. La giovane Maria, ancora studentessa probabilmente conobbe nel suo ruolo di medico, presso la Clinica psichiatrica, l’uomo che per alcuni anni sarebbe stato “l’energia della sua vita”.

Di Montesano si parla poco nelle biografie montessoriane, eppure fu im-portante per Montessori tanto da lasciare nella sua vita una traccia incancel-labile: un figlio.

Montesano era nato a Potenza il 4 ottobre 1868 da una famiglia ebraica; si trasferì a Roma all’età di 17 anni e si iscrisse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia ottenendo la laurea nel 1891. Studente eccellente, si distinse per aver vinto due concorsi che gli offrirono la possibilità di fare pratica medica prima di finire gli studi universitari. In seguito, ebbe modo di continuare la pratica ospedaliera e lavorò presso l’Istituto d’Igiene diretto da Angelo Celli, dove appunto incontrò Maria Montessori e insieme a lei, nel 1895, iniziò a lavorare alla Clinica psichiatrica1.

Non si sa nulla del modo in cui Maria e Giuseppe si innamorarono: forse galeotto fu l’ambiente o l’interesse comune verso temi positivistici o l’amicizia precedente della pedagogista con il fratello o cugino di Montesa-no, compagno di corso di Maria2. Entrambi erano socievoli, instancabili la-voratori e ben consapevoli di ciò che desideravano. Montesano, infatti, era molto attento agli aspetti sociali della malattia mentale, un’attenzione che si spostava in maniera sempre chiara verso una pedagogia diretta al migliora-mento delle condizioni di vita, in particolar modo quella dei bambini ritarda-ti. La stessa passione per la scienza medica e per la ricerca che animava Montessori.

La giovane Maria, quando entrò nella Clinica psichiatrica dell’Università di Roma per raccogliere materiale per la sua tesi, già pensava di rimanervi, tant’è che nel 1897, con un documento ufficiale firmato dal Rettore, venne nominata assistente volontaria presso il gabinetto di neuropatologia diretto

1 M. Schwegman, op. cit., p. 40. 2 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1895–96, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896,

p. 264. Il nome di Vincenzo Montesano risulta presente nell’elenco degli studenti iscritti alla facoltà di Medicina dal 1893–94, insieme a quello della Montessori.

Capitolo terzo

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dal professor Sciamanna; insieme a lei prestava servizio anche Montesano ed entrambi lavoravano accanto a Sante De Sanctis3.

In quegli anni la collaborazione scientifica Montessori–Montesano si concretizzò nel lavoro dal titolo: Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano dei dementi paralitici. I comuni ideali e la passione per lo studio intensificarono la relazione affettiva tra i due. Le prospettive scientifiche ed i ripetuti incontri nella Clinica romana, rafforzarono il loro legame, tant’è che risulterebbe che Giuseppe per condividere l’impegno sociale di Maria si i-scrisse nel 1897 alla società femminile “Per la donna”, nata da poco e dove era tra i pochissimi uomini membri4.

La passione che unì ancor di più Maria e Giuseppe fu l’amore per quei bambini con deficit mentali ricoverati nella Clinica psichiatrica, presso la quale entrambi prestavano servizio. Montessori, energica e generosa, prese a cuore questi bambini e decise di dedicarsi al loro recupero. Un interesse nato già prima della laurea e manifestatosi in seguito, quando il coinvolgimento fu tale da avviarla sulla strada della pedagogia.

La relazione tra Montesano e Montessori non durò molto (1895–1900), ma fu una intensa storia d’amore dalla quale nacque il 31 marzo 1898 un bambino: Mario. Il piccolo fu dapprima affidato ad una balia, presso la quale i genitori andavano a trovarlo. In molte biografie questa parte della vita della Montessori viene tracciata in maniera breve o per nulla. Questo si deve forse da un lato all’incoerenza delle notizie al riguardo, dall’altra al bisogno di non danneggiare l’immagine che i giornali delineavano di lei.

Non si sa cosa spinse la studiosa a nascondere questa gravidanza, quali gli avvenimenti, le circostanze, le incertezze, forse i timori di non riuscire a realizzare i propri desideri. La nascita di un figlio avrebbe potuto voler dire rivedere i suoi progetti, la realizzazione di ciò in cui credeva e per cui si era molto impegnata. Montessori voleva sviluppare quell’intuizione che aveva avuto quando cominciò ad osservare e studiare nella clinica i bambini ritar-dati. Per fare ciò aveva bisogno di ampliare le sue conoscenze attraverso viaggi e ricerche continue. 3.2 La scoperta dell’infanzia degenerata

Un episodio, che viene citato in molte biografie e che ci fa capire come

Montessori si accosta al mondo dei piccoli deficienti (con un interesse scien-tifico, ma soprattutto morale), viene fornito dalla Maccheroni, allieva della Montessori e autrice di un’importante biografia dal titolo: Come conobbi

3 Vedi Annuario scolastico per l’anno 1896–97, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896,

p. 54. 4 Movimento femminile e notizie, «Vita femminile», 1897, n. 4, aprile, p. 39.

La scoperta del bambino in Maria Montessori

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Maria Montessori. Nel periodo in cui prestava servizio presso la Clinica ro-mana, Maria ebbe il suo primo incontro con i piccoli minorati: […] un giorno Maria venne portata in una stanza dove stava un gruppetto di bambini deficienti. Erano affidati alle cure di una donna che li presentò come ghiotti e sudici […] perché appena finito di mangiare si gettavano per terra raccolgono le briciole di pane e le mangiano. Maria si guardò intorno e vide che in quella stanza non c’era nulla che i bambini potessero prendere in mano. […] Maria capì in un lampo di in-tuizione che i bambini avevano bisogno di fare, di stabilire un contatto col mondo. Erano imprigionati e dovevano invece essere liberi […]. Vide che nei loro occhi c’era la fiammella di intelligenza che c’è in tutti gli uomini e decise di alimentarla5.

Da allora, proprio nell’esercizio delle sue funzioni di assistente, cominciò lo studio dei bambini minorati psichicamente e iniziò per lei un percorso nuovo: non prettamente medico, ma educativo. Nell’intraprendere questa strada si trovò di nuovo sola, poiché nessuno dei suoi colleghi approvava le sue idee. Alla solitudine che l’accompagnava si affiancava la forza fisica, l’intelligenza, la determinazione e grazie a queste qualità — presenti anche nei momenti bui — iniziò a ricercare, esaminare ed approfondire questo nuovo aspetto “pedagogico”.

L’importante, per Montessori, era riconoscere a questi bambini con di-sturbi delle doti, delle qualità, che potevano riemergere solo attraverso una rieducazione, basata su una conoscenza scientifica dei loro disturbi e sull’amore e sull’affetto: caratteristiche che erano mancate sino ad allora. Montessori si rese conto della povertà d’indagine storica e sociologica sull’infanzia in generale e non di meno sull’infanzia minorata. Fu per questo che decise di indagare quella piccola e “insignificante” realtà “dimenticata”.

Nel ricercare materiale utile per i suoi studi sull’educazione dei bambini ritardati, studiò per la prima volta due libri, che lasciarono nella sua forma-zione un segno incancellabile. Il primo libro è: Traitement moral, hygiène et éducation des idiots, del medico francese Edouard Séguin6, pubblicato nel 1846. Lo studio le diede la base per costruire il metodo educativo, che la rese famosa nel mondo. Il secondo libro è quello di Jean Marc Gaspard Itard7: Des premiers développements du jeune sauvage de l’Aveyron, che le indicò l’aspetto del metodo dell’osservazione realizzata attraverso una comunica-zione narrativa. Montessori accolse come scelta espositiva la narrazione,

5 A. M. Maccheroni, op. cit., p. 31. 6 Eduard Séguin, nato nel 1812 e morto nel 1880, medico e iniziatore della pedagogia or-

tofrenica, è fautore della nascita di istituzioni speciali per minorati mentali. Egli fu allievo e collaboratore di Itard giacché entrambi ritengono che per lo sviluppo delle idee e delle sensa-zioni vi sia un’organizzazione neurologica da attivare.

7 Jean Marc Gaspard Itard, medico francese nato in Oraison, Provenza, nel 1775. È autore del primo trattato sulle malattie dell’orecchio, pubblicato nel 1821. Dopo essersi laureato in medicina collabora con Philippe Pinel grazie al quale sceglie di interessarsi alla rieducazione degli anormali. Muore a Parigi nel 1838.

Capitolo terzo

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poiché nessun altro linguaggio, simbolico o scientifico, avrebbe potuto rap-presentare una realtà che emergeva per la prima volta e della quale Montes-sori era l’inaspettata studiosa: la realtà che rivela il bambino come uno “scomparso” dinanzi al mondo dell’adulto.

Quindi per la dottoressa, “nulla” esisteva prima del bambino ed è nel bam-bino che si concentra la presenza dei caratteri psichici naturali, nei quali dove-va avere fondamento l’educazione. Da ciò è stato possibile partire per far na-scere un metodo educativo: da quel “nulla” che poteva essere soltanto narrato poiché ancora non faceva parte di quel metodo del sapere organizzato8.

Montessori, studiando e valutando le opere di Séguin e Itard, riconobbe ai due scienziati il merito di aver fatto molto per la rieducazione dei bambini minorati. Ella si rese conto che il «materiale sensoriale» creato dai due risul-tava insufficiente e fece in modo di predisporne uno più appropriato traen-done un successo clamoroso.

I metodi di Séguin e Itard si basavano sullo studio individuale dell’allievo e sull’analisi dei fenomeni fisiologici e psichici visti in relazione gli uni con gli altri. Il metodo “fisiologico”, creato da Itard e perfezionato da Séguin, suo allievo, prevedeva che il bambino passasse dall’educazione del sistema muscolare a quella del sistema nervoso e dei sensi. E quindi, dall’educazione dei sensi alle nozioni, dalle nozioni alle idee e dalle idee alla moralità.

L’importanza che la studiosa attribuiva al «materiale sensoriale», apparve come una chiave segreta, fondamentale per aprirle la porta ad una serie di esperimenti didattici (efficacissimi) per la rieducazione degli anormali. In questo, le fu molto utile la lettura di Itard e del suo più importante libro sul piccolo selvaggio dell’Aveyron,9.

Itard prestava, infatti, servizio come medico presso la scuola per sordi, fondata dall’abate Charles Michel de l’Epée nel 1755. L’abate l’Epée si era proposto di educare i sordi e aveva scoperto che avevano una propria lingua dei segni, che usavano per comunicare fra loro, mostrando, inoltre, che non erano mentalmente ritardati né incapaci di ragionare, come si era creduto si-no ad allora.

Itard credeva, come il suo discepolo Séguin, nella possibilità di educare i disabili e così prendendo in cura Victor attuò su di lui un intenso addestra-mento rieducativo riuscendo a far emergere varie capacità cognitive e sociali del bambino. Ciononostante, Victor non sviluppò mai del tutto il linguaggio al di là di poche parole10.

Le opere e l’esperienza dei due grandi medici francesi spinsero Montes-sori a prendere atto che la civilizzazione dell’individuo è “simile allo strappo

8 M. Montessori, Il segreto dell’infanzia, Garzanti, 1950, pp. 190–191. 9 Da questo libro François Truffaut, circa settant’anni dopo, prese spunto per il suo film

del 1969 dal titolo Il ragazzo selvaggio. Il film narra la storia del bambino ritrovato da alcuni cacciatori nella foresta dell’Aveyron nel 1799 quando aveva un’età stimata di undici o dodici anni. Questo bambino fu preso sotto le cure di Itard e gli fu dato il nome di Victor.

10 Ivi, p.166.

La scoperta del bambino in Maria Montessori

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del neonato dal seno materno”: si viene separati per sempre da quell’idilliaco stato naturale in cui si vorrebbe vivere. L’essere umano in questo passaggio non ha scelta e per vivere non rimane altro che cogliere i frutti della civiliz-zazione11.

Montessori ha sempre riconosciuto il debito inesauribile verso Itard e Sé-guin tanto da visitare nel 1899 ciò che restava (dopo cinquant’anni dall’uscita di Séguin dalla Francia) della scuola di Séguin, in rue Pigalle, n. 6 a Parigi.

Ne Il Metodo la studiosa, con l’aiuto dei metodi inventati da Séguin, riu-scì a capire che non era il materiale a stimolare i bambini, ma la sua voce che li chiamava «e li spingeva ad usare il materiale didattico e ad educarsi»12. Le sembrò, infatti, un miracolo che i bambini minorati, in seguito a cure loro rivolte, potessero presentarsi agli esami di licenza primaria con bambini normali e non rimanere loro inferiori nel confronto. In realtà questi bambini erano stati aiutati nello sviluppo psichico e avevano, così, potuto raggiungere determinate mete, mentre i bambini normali erano stati soffocati. Tali metodi andavano sempre più maturando man mano che si approfondivano i suoi studi, che porteranno Montessori a dar vita ad un’opera educativa positiva e creatrice di grandi valori umani.

Nell’approfondire la conoscenza dell’opera dei famosi medici francesi, Pinel, Itard e Séguin, Montessori continua a studiare ed a prestare la sua atti-vità come assistente volontaria all’Ospedale Santo Spirito di Roma. L’opera svolta fu quella di individuare tra i pazienti quelli più idonei all’attività di didattica clinica. Nel lavoro non era sola, con lei c’erano Giuseppe Montesa-no e Sante De Sanctis. Insieme facevano parte di un gruppo di lavoro che si avvaleva di scienziati rinomati, quali il professor Sciamanna, De Sanctis e Sergi, tutti attenti alla neuropatologia, alla psichiatria e alla psicologia, non-ché alle esigenze ed interessi di quella parte di società bisognosa di cure fisi-co–psichiche. L’opera di questi scienziati fu, per la dottoressa, un costante riferimento, tanto da lasciare una traccia nel suo percorso pedagogico.

Tra l’altro, in Italia la scienza medica arrivò relativamente tardi ad occu-parsi dell’infanzia. A dare impulso alla medicina fu sicuramente l’elevato tas-so di mortalità infantile accentuatosi in special modo dopo l’Unità d’Italia. Di fronte a tale situazione, la comunità scientifica cominciò ad impegnarsi atti-vamente nel campo sociale a favore dell’infanzia, dando importanza a disci-pline quali: igiene, antropologia e la nascente pediatria. Quando la cura delle condizioni igieniche iniziò a diffondersi fra le classi popolari la vita del bam-bino prese un aspetto nuovo. La società da cieca e impassibile cominciò ad a-prire gli occhi ed a rendersi conto di una situazione che di fatto andava cam-biata e che doveva portare ad una trasformazione delle scuole già esistenti e all’ingresso di principi educativi nuovi: sensibili e tolleranti, sia nelle famiglie

11 Montessori, Il Metodo, cit., pp. 109–110. 12 Ivi, pp. 30–31.

Capitolo terzo

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che nelle scuole. A tale cambiamento non vi è dubbio che la scienza ha contri-buito, anzi si può dire che essa sia stata l’anticipatrice del movimento sociale a favore dei bambini e dell’adolescenza. Tutto questo coinvolgeva medici, edu-catori, maestri e pedagogisti, inclini sempre più ad un’evoluzione di idee e di ricerche nei riguardi dell’infanzia e dell’infanzia “degenerata”. Bisognava formulare una ricerca medico–antropologica in grado di fissare la norma e da ciò individuare “l’anormale” su cui intervenire.

A muoversi in questa direzione fu il professor Sergi che già nel 1886, dall’Istituto di Antropologia dell’Università di Roma, proponeva la nascita di un’organizzazione di studiosi di antropologia in grado di raccogliere un insieme di dati riguardanti le condizioni della popolazione italiana. Sorsero, così, i primi gabinetti di antropologia, punti di ricerca e strumenti di diffu-sione di quella cultura medico–antropologica che stimolava, consigliava e presentava progetti tali da lasciare un segno sulle idee pedagogiche diffuse in quel periodo13.

L’impegno mostrato in quegli anni portò l’Italia ad un progressivo mi-glioramento, anche se rimaneva tanto ancora da fare per i cosiddetti “dege-nerati”, considerati un problema sia scientifico che politico. Ci si interrogava su come diminuire in futuro il numero dei degenerati e su quale provvedi-mento adottare per migliorare la loro esistenza nel presente. La risposta ve-niva, soprattutto, dalla pedagogia e la parola d’ordine diventava “educare”: l’educazione doveva servire come recupero dei degenerati e come strumento per rafforzare e formare negli uomini del domani una personalità individuale nuova, pronta a mutare il proprio carattere attraverso un’educazione che, i-spirata a criteri fisiologici, potesse essere prevenzione della freniatria e della devianza14.

La parola “frenastenia”, introdotta per la prima volta da Andrea Verga 15, era stata scelta come termine per ricordare che non ci si trovava di fronte ad una vera e propria malattia mentale, ma ad una fragilità delle funzioni cere-brali, considerata radicale e incurabile. Per il padre dell’alienistica italiana, la frenastenia non era, probabilmente, una malattia «se malattia c’era stata o aveva albergato nell’utero materno o era passata inosservata»16. Il frenaste-

13 V. P. Babini, La questione dei frenastenici. Alle origini della psicologia scientifica in

Italia, Milano, Angeli, 1996, p. 112 14 G. Sergi, Per l’educazione del carattere, Torini, Bartolero Editore, 1885; Cfr. G. Sergi,

Le degenerazioni umane, Milano, Dumolard, 1889. 15 V. P. Babini, M. Cotti, F. Minuz, A. Tagliavini, Tra sapere e potere. La psichiatria ita-

liana nella seconda metà dell’800, Bologna, il Mulino, 1982. La questione della freniatria viene affrontata per la prima volta dallo psichiatra Andrea Verga presidente della Società ita-liana di freniatria. Infatti proprio nel corso di un incontro della suddetta Società, lo psichiatra pose il problema della collocazione e della cura dei fanciulli frenastenici. A tal proposito lo psichiatra milanese calcò la differenza tra frenosi, vere e proprie malattie, e frenastenie: ano-malie queste considerate da Verga non di competenza della psichiatria, che in quanto clinica, avrebbe dovuto occuparsi solo di malattie.

16 Babini, La questione dei frenastenici, cit., p. 9.

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nico era, secondo Verga «di competenza del filosofo o del naturalista, piutto-sto che del medico e del clinico»17.

In Italia, intorno al 1870 (anno di nascita della psichiatria), il problema dei frenastenici veniva affrontato non solo dal punto di vista filosofico, ma anche medico, perché forse si intendeva fare riferimento all’esistenza di una tradizione scientifica nello studio e nella cura dei pazienti psichicamente mi-norati, studio che aveva avuto nei francesi Itard e Séguin i suoi massimi e-sponenti. Quindi Verga, oltre a introdurre il termine frenastenia, mise in evi-denza la questione educativa, la cura morale e la fiducia nel ruolo terapeutico delle istituzioni speciali18. I soggetti frenastenici, anche se il loro stato di in-fermità riguardava solo la struttura sensoriale o fisica, come nel caso dei cie-chi e sordomuti, si trovavano a convivere nei manicomi con veri e propri malati mentali.

Alla fine del diciannovesimo secolo per i sordomuti e i ciechi erano già attivi degli Istituti educativi, mentre per i frenastenici la difficoltà era mag-giore, proprio per via del deficit intellettivo più grave e per la mancanza di una collocazione istituzionale e legislativa19. Nel programma scientifico promosso dagli psichiatri riguardo ai frenastenici, si metteva in risalto l’urgenza di far sorgere istituti speciali per accogliere, educare e curare i bambini frenastenici.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento erano sempre più gli psichiatri, che avanzavano la necessità di una «educazione speciale» da impartire in istituti appositi, separati dai manicomi.

Séguin, reputato il precursore nella terapia e cura degli idioti, fu destinato ad entrare nella pedagogia tramite l’opera di Maria Montessori, che nel 1899 si reca a Parigi per conoscere dettagliatamente la sua attività e svolgere il ti-rocinio presso il reparto di Bourneville. Durante il soggiorno, ella copierà riga per riga quel libro, che rappresenterà la base per l’avvio delle sua peda-gogia20. L’elemento innovatore del metodo di Séguin fu quello di educare all’azione un sistema nervoso pigro, come reputava essere quello dell’idiota, che attraverso una sorta di ginnastica mentale introducesse nel sistema ner-voso centrale precisi «schemi motori» in grado di dare un contributo alla messa in azione del sistema nervoso. Secondo Séguin bisognava, dunque, dirigersi verso quella specie di strumento alterato che era il sistema nervoso

17 Ivi, p. 10. 18 Ivi, pp. 10–11. 19 Ivi, pp. 15–16. 20 Montessori spesso nei suoi libri faceva riferimento all’opera di Séguin, sia per il fatto

che si recò a Parigi per leggerlo, perché introvabile in Italia; e sia perché a livello scientifico risultava non solo un libro da copiare, ma anche e soprattutto un importante riferimento da tenere presente per la cura degli idioti. Infatti l’opera che rese celebre il francese Séguin e il suo metodo terapeutico è il Traitement moral, hygiène et éducation des enfants idiots et des autres enfants arriérés ou rétardés dans leur développement, agités des mouvements involon-taires, débiles, muets non sourds, béuies, etc…, Paris, Baillière, 1846 (tr. It. L’idiota, Roma, Armando, 1970, pp. 734).

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degli idioti per permettere un minimo esercizio della volontà, a iniziare dal quale sarebbe poi stata possibile un’educazione morale e intellettuale21. Su queste basi, egli aveva tentato l’educazione degli idioti in un istituto speciale e con un metodo fisiologico, fondamentale nel trattamento degli idioti, in parte ripreso dal predecessore Itard, ma che solo Séguin rese originale inter-pretando quella dell’idiota: «un’infermità del sistema nervoso che sottrae l’individuo all’azione regolare della volontà»22.

In Italia, un esempio di educazione diretta al miglioramento psichico fu dato dall’apertura, nel 1853, di un Asilo speciale, fondato per la cura e la rieducazione del cretinismo, ma che finì per diventare un istituto di semplice assistenza23. Dopo sporadiche proposte senza seguito, un primo esperimento è riscontrabile nell’opera del Senatore Vincenzo Tommassini, che fonda a Roma, nel 1884, un Istituto per educare gli “idioti”24. Ma l’iniziativa più im-portante, che alla fine dell’Ottocento lasciò una traccia tangibile e duratura, fu quella di Antonio Gonnelli Cioni che, da maestro di scuola elementare del Comune di Firenze, divenne insegnante in un Istituto per sordomuti dove ebbe l’opportunità di dedicarsi al problema dell’educazione dei frenastenici. Egli propone l’utilizzazione, ai fini educativi, del lavoro manuale, in partico-lare di quello agricolo e fonda nel 1889 a Chiavari, un Istituto per fanciulli frenastenici dove applica i suoi principi teorici25.

La questione della educabilità dei bambini anormali continuava però a es-sere sottovalutata dalla legislazione, soprattutto quella relativa alla scuola e bisognerà attendere il 1900 perché divenga una vera “questione sociale”. 3.3 La questione dei deficienti nelle scuole e la scoperta del «Metodo»

Il pensiero di Montessori è chiaro in tutti gli scritti di questo periodo. In-

dicativo è quello dal titolo Scuole di redenzione pubblicato nel gennaio del 1899, sull’importante rivista magistrale «Il Risveglio educativo»26.

Montessori evidenziava che la scienza aveva dimostrato non solo l’esistenza effettiva dei degenerati, ma anche che la minore potenzialità psi-chica e morale dei degenerati rendeva impraticabile l’insegnamento che era

21 Babini, La questione dei frenastenici, cit., p. 17. 22 Ibidem. 23 Questo Asilo speciale, per l’educazione e istruzione dei bambini indirizzata al miglio-

ramento psichico, era nato in seguito alla proposta di una commissione per lo studio del creti-nismo istituita dal re di Sardegna nel 1848. Questa proposta non ebbe seguito, infatti di lì a pochi anni l’Asilo passò da istituto di formazione, quale avrebbe dovuto essere, a puro ricove-ro. A. Tamburini, L’odierno movimento in Italia per la cura e l’educazione dei frenastenici, «Rivista sperimentale di freniatria», vol. XXV, 1899, p. 3.

24 E. Catarsi, La giovane Montessori, Ferrara, Corso Editore, 1995, p. 65. 25 G. Calò, Pedagogia degli anormali, Firenze, Editrice Universitaria, 1946, pp. 65–67. 26 M. Montessori, Scuole di redenzione, in «Risveglio Educativo», a. XV, 23, 7 gennaio

1899, pp. 185–187.

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rivolto a bambini normali. L’esigenza di migliorare e perfezionare le scuole cresceva sempre più, anche se in Italia, a differenza di altre nazioni civili, questa scuola non solo non esisteva, ma era ancora quasi sconosciuta.

Montessori aveva avuto parole ironiche nei confronti di coloro che incol-pavano la scuola di non essere capace di educare e accogliere questi bambini svantaggiati. Nello scritto Scuole di redenzione ricorda, infatti, che a quei fanciulli degenerati che sono i deficienti intellettuali e morali è dedicato un solo comma regolamentare che suona press’a poco così: quell’alunno che non potrà per malvolere o per insufficienza mentale seguire il corso regolare degli studi, o quello che per indisciplina disturbi incorreggibilmente la tran-quillità della classe, siano espulsi dalle scuole». Se dunque si escludono dalla scuola educativa i frutti nocevoli della società e si abbandonano nell’ambiente degenerato della loro famiglia e in quello [ …] della strada […], come la scuola potrà venire in-colpata della crescente delinquenza? E a che si prenderanno misure di rigore verso i maestri e verso l’obbligatorietà della prima istruzione per tutti […], quando poi ver-ranno educati solo i normali […]? Se la scuola educativa ha una forma di deficienza che sia uno dei fattori del crimine, è quella appunto di trascurare l’educazione dei fanciulli degenerati. Ma ciò non appartiene ai maestri27.

In questi anni, la giovane studiosa credeva sempre più in una unione tra intervento scientifico e sociale, che era alla base di ogni probabile metodo educativo nei confronti dei degenerati. Bisognava andare avanti, creare in Italia quegli Istituti speciali che all’estero erano già diffusi e dove questi bambini venivano amati e curati, favorendo il loro sviluppo. Il nostro paese, invece, sperava solo nella beneficenza e nella filantropia, attendendo che si ripetesse ovunque il miracolo della «Nave redenzione» dei garaventini28. Questi ultimi credevano nella educabilità dei bambini delinquenti, anche: «senza metodo scientifico, purché un genio affettivo se ne occupi» e aggiun-gevano con sarcasmo «sono educabili pure col metodo e senza genio, ciò che è più pratico».

Montessori riteneva che la nave di Genova era una soluzione, ma non la chiave più adeguata per affrontare un fenomeno di così grandi proporzioni. Occorreva, invece, un metodo che richiedeva un educatore specializzato, una singolare progettazione didattica e pedagogica e una eguale riforma legisla-tiva. Questi bambini deficienti dovrebbero infatti:

27 Ivi, p. 185. 28 Si credeva di educare i piccoli delinquenti seguendo la via del cuore, senza metodo

scientifico, riuscendo a estrarre da quelle anime impenetrabili dei tesori, pieni di affetto e a-more. Un esempio viene da Niccolò Garaventa, filantropo, che si impegnò di raccogliere i bambini delinquenti e i figli di prostitute nella sua “Nave redenzione” che ancorava nel porto di Genova; egli amava e proteggeva con passione paterna e li trattava con onestà. In questo modo ottenne dei risultati sorprendenti: lasciati liberi, questi garaventini, non dimenticando il bene ricevuto, continuavano a scrivere, anche dopo vari anni lettere dove raccontavano la loro vita. Catarsi, La giovane Montessori, cit., 1995, p. 125.

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[…] venire educati e sorvegliati rigorosamente come si fa all’estero, negli Istituti medico–pedagogici. Con metodi d’insegnamento adatti, che la filantropia e la psico-logia hanno suggerito, possono venire educati ed istruiti in una professione che li rendeva socialmente utili. Queste scuole speciali pei frenastenici sono un mezzo po-tente di civiltà […]. Non v’è omaggio più nobile alla dignità e al sentimento umano; non v’è ritrovato della scienza positiva più socialmente utile di questo; non v’è pru-dente misura che per la sicurezza degli stati possa uguagliare questa misericordiosa istituzione29.

Conciliare miglioramento scientifico e ricerca pedagogica, educazione morale e speciale; scommettere sull’efficacia della patologia psichica e so-ciale: erano tesi puramente montessoriane, che contraddistinguevano la stu-diosa nel panorama pedagogico e scientifico del tempo e che sono ancora oggi presenti30.

Montessori non perdeva occasione, soprattutto nelle circostanze pubbli-che, di ribadire e diffondere le sue idee a sostegno dell’educazione dei bam-bini anormali. Nel 1902, a Napoli, fu organizzato il secondo Congresso Pe-dagogico Nazionale dove la dottoressa, a differenza del primo incontro na-zionale del 1898 tenutosi a Torino, si preparò con una relazione, pubblicata negli atti del Comitato Ordinatore del Congresso, sul tema: Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione31. Quello che risultava evidente era la convinzione che ogni azione diretta a normalizzare o a mettere in movimento la vita corporea si legittimava peda-gogicamente come stimolante al risveglio dello spirito, cui spettava una parte decisiva negli stessi processi vitali dell’uomo in formazione32.

La dottoressa marchigiana rilevava in questo difficoltà scientifiche e pe-dagogiche, tutte legate principalmente alla mancanza di studi e di esperimen-ti. Una mancanza che, da un lato non permetteva di formulare scientifica-mente le basi per distinguere i «tipi» di anomalie, dall’altro offriva metodi non ancora aggiornati che si rifacevano al solo ed esclusivo testo del Séguin, divenuto ormai complementare, dopo la via tracciata dalla moderna psicolo-gia positiva. «Questo metodo, fondato su molti anni di pratica fatta da un medico alienista, — scriveva Montessori — è quanto di più scientifico ci sia oggi nella pedagogia»33. Séguin, infatti, iniziava la sua opera educativa me-scolando l’igiene alla pedagogia: «gettando maestrevolmente la prima pietra di quella igiene pedagogica che oggi ancora è così poco ben definita»34. I metodi speciali dello studioso francese distinguevano l’educazione dei defi-

29 Montessori, Scuole di redenzione, cit., p. 187. 30 A. Scocchera, Maria Montessori. Quasi un ritratto inedito, Firenze, La Nuova Italia,

1990, p. 51. 31 M. Montessori, Un metodo per la classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia»,

a. XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3–12. 32 Ivi, p. 3. 33 Ibidem. 34 Ibidem.

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cienti in due parti: la prima era quella preliminare che parte dal ricambio ma-teriale e dalle funzioni fisiologiche viscerali; la seconda era quella normaliz-zatrice, in cui il bambino doveva essere ridotto simile al bambino normale. In questa fase lo studioso si soffermava sull’educazione psico–muscolare e psico–sensoriale. Ciò veniva espresso nella sua nota formula: […] condurre il fanciullo come per la mano dalla educazione muscolare a quella del sistema nervoso e dei sensi; dall’educazione dei sensi alle idee; dalle idee alla mora-lità.

Da queste parole veniva fuori il distacco scientifico della Montessori dal suo Maestro riguardo il percorso educativo del bambino deficiente. Il Séguin credeva di giungere all’educazione morale con l’educazione intellettuale: credeva possibile cor-reggere con l’educazione intellettuale le idee, considerando sbagliata la teoria del sensismo, pur servendosi dell’educazione dei sensi, come di un mezzo per migliora-re le idee emerse dal trionfo dell’educazione intellettuale. La Montessori riteneva poco convincente che le tappe del metodo fisiologico dello studioso francese giun-gevano alla “normalizzazione” e quindi verso la moralità e l’efficienza volitiva. Egli affermava che: «dalle idee si passa alla moralità» e dimostrava che «la educazione morale è l’educazione della volontà, poiché per essere morali bisogna volerlo essere e l’ufficio dell’intelligenza è quello di illuminare la volontà35.

Séguin dimostrò in tutta la sua opera di essere “un pratico”, e non uno scienziato, che pur vincente nell’educazione intellettuale perse nell’educa-zione morale. Egli non si avvicinava neppure alle idee filosofiche del suo contemporaneo tedesco Schopenhauer, il quale affidava l’essenza della natu-ra umana e la segreta spinta della volontà «nella somma degli istinti oscuri risiedente nell’organismo»36.

Secondo la studiosa marchigiana la riscoperta della volontà è la prima qualità del percorso psichico e intellettivo del bambino deficiente, per cui la funzione dell’educazione speciale doveva essere prima di tutto la rinascita “sentimentale” dell’individuo. La classificazione dello sviluppo ideata da Séguin venne rovesciata: la volontà (in quanto scelta di bene o di male), non è il gradino ultimo sorretto dall’educazione dell’intelligenza, bensì è il gra-dino di supporto di ogni verosimile rieducazione, che è tale anche quando quella della intelligenza sia infattibile. Montessori si rendeva conto dell’esi-stenza di una componente biologica celata, ancora da rinvenire, la quale in un certo modo risultava legata a quella fisiologica37. E si distaccava dal Sé-guin, per la sua idea di mettere al primo posto l’educazione morale, la quale non portava sempre ad una norma per la classificazione educativa, ma se-condo la studiosa, a questo sopperirà il fine educativo che si conosceva già, cioè:

35 Ivi, p. 4. 36 Ibidem. 37 A. Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, Roma, Edizioni Opera

Nazionale Montessori, 1997, p. 36.

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[…] impedire che i degenerati, lasciati fin dall’infanzia nell’abbandono per l’incom-pletezza delle nostre scuole e della nostra pedagogia, crescano in mezzo ai normali, cioè in un ambiente a loro non adatto […]. Perciò il fine di questa educazione è es-senzialmente di profilassi sociale. In fondo al quale si trova un importantissimo lato economico della questione; perché qui è il vero caso di dire : ad ogni scuola che si apre si chiude una prigione: e una scuola di bambini richiede una spesa lievissima […] al confronto di quella di una prigione […]38.

L’unico modo per diminuire la spesa sociale nei confronti degli individui “educati”, secondo la studiosa, era renderli produttivi, senza però che il loro lavoro intaccasse quello dei normali. Questo si poteva ottenere mettendo in vendita, ai prezzi comuni, i lavori prodotti, ma solo quelli che avrebbero po-tuto concorrere con quelli realizzati dagli individui normali, lasciando i lavo-ri più imperfetti per usi interni all’istituto. Oppure si potevano impiegare i ragazzi con deficit nel lavoro dei campi, senza nessuna concorrenza ma solo con più benessere comune. Le esperienze montessoriane sino a quel momen-to, dimostravano che questi individui erano in grado di fruttare e di concorre-re al mantenimento dell’istituto che li ospitava. Dalle sue conoscenze il defi-ciente non era un malato che richiedeva solo l’intervento del medico, ma l’espressione di un disordine dello sviluppo, di una discordanza funzionale che inibiva la completa espressione dello spirito. Tutto questo diveniva sem-pre più materia di ricerca della pedagogia. Ciò che venne fuori fu, dunque, un nuovo concetto di educabilità e rieducabilità del deficiente visto come persona e rieducato alla luce del miglioramento scientifico e morale. L’edu-cazione morale deve essere importante nell’educazione degli anormali, a-spetto manchevole nel metodo classico del Séguin che, pur parlando di edu-cazione dei sensi e quindi delle idee, dimenticava «l’azione moralizzatrice che, pur dalle idee così formate, potrebbe farsi scaturire dalla natura, dall’arte e dalla religione»39. Ciò che, inoltre, secondo la studiosa italiana, veniva ad aggravare la situazione del degenerato era la mancanza di affetto e di tenerezza.

Montessori in questo saggio, dopo aver presentato in maniera chiara uno schema classificatorio dei bambini frenastenici, si sofferma sulle istituzioni che dovevano essere preposte alla loro educazione.

Ecco il fine della scuola dei deficienti: sottrarre all’azione dell’ambiente i piccoli degenerati, creare loro un asilo di protezione e di educazione, separandoli però in maniera che nella scuola stessa non si trovino a contatto i pervertiti coi suggestiona-li. Di qui la necessità di distinguere dei tipi da suddividere in varie scuole, non sulla

38 M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti, in «Vita dell’Infanzia», a.

XI, n. 9, settembre 1962, p. 4. 39 Ivi, p. 9.

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base scientifica ma, per ora, sulla guida di uno scopo pratico che conduca alla profi-lassi sociale40.

Secondo Montessori, il “tipo” non poteva essere dato dallo stato intellet-

tuale, ma dal carattere morale: ogni “tipo” aveva, dunque, tante sfaccettature che dipendevano dallo stato o dalle turbe dell’intelletto. In definitiva, secon-do la studiosa, i frenastenici possono essere educabili completamente o par-zialmente o ineducabili, ed in base a questa suddivisione, potevano essere inseriti in appositi Istituti. 3.4 La «Casa dei Bambini»

Maria Montessori manifesta, con sempre più interesse, la sua attenzione

particolare per la dimensione sociale dell’educazione. Con l’inizio del nuovo secolo approfondisce i suoi studi nel campo dell’Antropologia pedagogica, de-tiene la libera docenza in Antropologia all’Università di Roma, continua ad insegnare nell’Istituto Superiore femminile di Magistero e ad impegnarsi nell’opera riparatrice ed emendatrice dell’educazione. In seguito, l’opera di pratica medica, di insegnante, di educatrice, eseguita diligentemente sulla base degli studi passati e recenti in questo delicato settore, aprì alla sua attività oriz-zonti nuovi, che l’avviarono verso il più grande progetto della sua vita.

Era il 1906, quando la dottoressa — tornando da Milano dove si era reca-ta perché eletta nella giuria per l’assegnazione dei premi all’Esposizione In-ternazionale, nella sezione della Pedagogia Scientifica e Psicologia Speri-mentale — venne condotta da Edoardo Talamo, direttore generale dell’Istitu-to Romano dei Beni Stabili, il quale le espone il progetto di creare, nel quartiere San Lorenzo, una “scuola nella casa”, una specie di asili infantile nelle Case popolari appunto nel suddetto quartiere41.

Il 15 febbraio 1906 il quotidiano «La vita», dava notizia, che il giorno precedente gli azionisti dell’Istituto Romano dei Beni Stabili si erano adunati per discutere riguardo agli obiettivi e all’operosità dell’Istituto per migliorare le condizioni del quartiere San Lorenzo, dove più miseramente si era accu-mulata la popolazione operaia di Roma. Durante quest’assemblea prese la parola l’ingegner Talamo, direttore generale dell’ente, che possedeva la maggior parte degli stabili nel quartiere San Lorenzo42. Il quartiere era nato tra il 1884 e il 1888, all’epoca dell’imponente incremento edilizio, epoca in cui più si fabbricava e maggiori erano le sovvenzioni che si ricavavano dalle banche e da Istituti. Infatti, vi era una legge secondo la quale i finanziamenti pubblici ai costruttori erano dati a metro quadrato costruito, coerentemente si era giunti a edificare più del pensabile senza tener conto di alcun criterio i-

40 Ivi, p. 11. 41 G. H. Fresco, op. cit., pp. 24–25. 42 In «La vita», a. II, n. 46, 15 febbraio1906.

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gienico e sociale. Di conseguenza, i finanziamenti vennero fermati e scoppiò nel 1888–90 la ineluttabile crisi edilizia che portò all’incompleta costruzione del quartiere.

Montessori nel suo Discorso inaugurale per l’apertura della Casa dei Bambini definisce il quartiere San Lorenzo celebre, poiché: […] tutti i giornali della Capitale se ne occupano sulle cronache quasi quotidiana-mente […] non vi fu mai l’intendimento di costruire qui un quartiere popolare; non si volle fabbricare pel popolo, né questo è perciò un quartiere pel popolo. S. Lorenzo è il quartiere dei poveri: dall’operaio onesto mal retribuito e spesso disoccupato […] a colui che subisce il termine della sua condanna con la sorveglianza dopo la prigio-ne: sono tutti qui alla rinfusa43.

La studiosa denunciava il degrado, l’eccessivo affollamento fonte di promiscuità e di immoralità e di delitti. Sottolineava che per questa gente «C’è […] un problema profondo prima di quello della elevazione intellettua-le: il problema della vita […] Qui pei fanciulli che nascono bisogna mutare la frase consueta: essi non vengono alla luce, vengono alle tenebre, e cresco-no tra le tenebre e i veleni dell’agglomerato urbano»44. Nel suo discorso con-tinuava ad asserire: «Quando sono venuta la prima vota per le vie di questo quartiere, dove la gente per bene passa solo dopo morta, ho avuto l’impressione di trovarmi in una città dove fosse avvenuto un gran disastro. […] Ecco iniziarsi l’opera grandiosa e geniale dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, ispirata nei suoi criteri di alta modernità dall’ingegner Talamo…»45.

L’idea dell’ingegner Talamo era di raccogliere i piccoli figli degli inqui-lini del “casamento”, dai tre ai sette anni, alle dipendenze di una maestra che coabitasse nell’edificio stesso. La prima scuola sarebbe dovuta sorgere in un grande “casamento” popolare del quartiere San Lorenzo, contenente circa mille persone. Questa scuola speciale venne fondata il 6 gennaio 1907 e pre-se il nome di «Casa dei bambini», nome creato dalla giornalista Olga Lodi vecchia conoscente di Montessori.

La prima Casa dei bambini, in via dei Marsi 58, era stata aperta perché l’ingegner Talamo, responsabile delle nuove fabbricazioni dei «Beni Stabi-li», era scosso dal fatto che tanti piccoli bambini fossero abbandonati a sé stessi vaganti per le strade, senza che nessuno si prendesse cura di loro. Montessori pensò al materiale, che doveva essere leggero e facilmente mo-vibile dai bambini; portò oggetti che già aveva adoperato per i suoi esperi-menti educativi antecedenti e affidò i bambini alla giovane maestra Candida Nuccitelli46, la quale più che il compito d’insegnare aveva quello di osserva-

43 M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infanti-le nelle Case dei Bambini, Città di Castello, Tip. Casa ed. S. Lapi, 1909, p. 38.

44 Ivi, p. 39. 45 Ivi, p. 41. 46 Questa donna pare fosse la figlia di un custode del “casamento”, che aveva il compito

di controllare i bambini quando Montessori si assentava. Vedi G. H. Fresco, op. cit., p. 27.

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re i bambini quando la dottoressa non era presente. Segno che la studiosa dava molta importanza alle cure igieniche–sanitarie, ma anche alla presenza della maestra, che già da allora doveva “osservare” più che agire. Montessori per la prima volta, poteva avere a sua disposizione un ambiente libero da o-gni influenza dei metodi tradizionali di educazione, nel quale poter eseguire una sperimentazione nuova, nata sicuramente dall’osservazione di bambini liberi.

Intanto, il 7 aprile 1907, venne inaugurata la seconda Casa dei bambini, aperta sempre nel quartiere San Lorenzo a Roma. Alla studiosa che ne as-sunse la direzione, venne data la possibilità di sperimentare il metodo educa-tivo applicato ai bambini anormali con i bambini normali. Montessori si ri-chiamava alla «scuola di Stanz» del Pestalozzi, la quale aveva consentito di osservare «L’esistenza reale di una meravigliosa energia latente nel bambi-no»47.

Questa rivelazione ebbe per la studiosa conseguenze notevoli per la rela-zione tra educatore ed educando. In principio, per l’insufficienza di mezzi finanziari, sembrava alla studiosa quasi impossibile attuare l’esperimento, e così pensò di utilizzare lo stesso materiale usato per i bambini anormali e sperimentarne così la validità con i bambini normali. «Furono quei meravi-gliosi, poveri, semplici bambini di Roma a indicarmi la via giusta…»; a que-sta esperienza concorsero in maniera decisiva i suoi studi universitari e le sue lezioni di Antropologia all’Università. In lei andava maturando quella riforma educativa che è e sarà il fondamento della sua preparazione scientifi-ca; aveva, infatti, compreso il bisogno di dare alla riforma educativa un fon-damento insostituibile: «lo studio scientifico dell’uomo sconosciuto»48.

Al’apertura della seconda Casa dei bambini, anch’essa riservata esclusi-vamente ai piccoli non ancora nell’età della scuola, le madri mandavano vo-lentieri i loro figli in questa “Casa”, dove essi potevano apprendere mentre i genitori andavano in cerca di lavoro. Un obiettivo che si riuscì a raggiunge-re, con l’istituzione della Casa dei Bambini, fu quello di un’educazione ispi-rata ai principi razionali della pedagogia scientifica, che si fondava sullo stu-dio antropologico dell’allievo da educare e prendeva in considerazione solo la parte positiva per trasformarla.

La pedagogia scientifica doveva cercare, secondo la studiosa, di migliora-re le nuove generazioni tenendo conto sia del singolo individuo che dell’ambiente sociale e familiare. «Io credo dunque che aver potuto aprire la casa alla luce dei nuovi veri, al progresso della civiltà — cioè aver risolto il problema di poter direttamente modificare l’ambiente delle nuove genera-zioni, sia stato rendere possibile l’attuazione pratica dei principi fondamenta-li della pedagogia scientifica»49.

47 Pignatari, Maria Montessori, cit., pp. 27–28. 48 Ivi, pp. 28–29. 49 M. Montessori, Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case dei Bambini,

Città di Castello, Tip. Casa editrice S. Lapi, 1909 1909, cit., pp. 45–46.

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La Casa dei bambini, col passare del tempo, va assumendo un significato sempre più grande ed esteso. Essa dà «la vita morale e il benessere — cura, educa, e se ci fosse refezione scolastica, nutrisce i teneri figli: come sul seno di una donna generosa e soave, il lavoratore stanco trova in essa riposo e stimolo a una vita intima, e felice»50. Con questa esperienza, ebbe così inizio quel moto definito rivoluzionario del bambino che da lì a poco si diffuse in tutti i paesi del mondo. 3.5 Il Metodo della Pedagogia Scientifica

L’ambiente in cui nacquero le Case dei bambini, fu estremamente favore-vole all’educazione e i risultati furono sorprendenti. Tra le famiglie dei bam-bini del quartiere e le Case si instaurò un sodalizio di pace e di benessere si-no a quel momento ignorato. Questo era la prova che la gente dinanzi ad un ambiente diverso si trasformava; infatti i bambini che vivevano nella Casa si sentivano in paradiso, l’insegnante che non era una vera e propria maestra osservava questi fanciulli e li aiutava nei lavori domestici e dei campi. In se-guito, Montessori pensò anche di insegnare a questi piccoli a leggere e a scrivere, anche se era riluttante di fronte all’ipotesi che i bambini possano apprendere in un’età inferiore ai sei anni. Dopo molte insistenze, soprattutto da parte di molte madri che dicevano: «qui si svegliano e imparano facil-mente tante cose che se insegnaste a leggere e scrivere imparerebbero presto e risparmierebbero le grandi fatiche della scuola elementare»51, Montessori iniziò a lavorare per creare un materiale adatto allo scopo. Importanti erano infatti, il materiale, il metodo, la preparazione dei maestri, l’ambiente e la disciplina.

Nel frattempo, Montessori continuava a scrivere, furono pubblicati due articoli, il primo sul periodico «L’Educazione dei sordomuti», dal titolo Me-todo per insegnare la scrittura52, l’altro apparso sulla rivista «I Diritti della Scuola», dal titolo Come si insegna a leggere e a scrivere nelle «Case dei bambini» di Roma53.

Il 18 ottobre 1908, s’inaugura la terza Casa dei bambini, questa volta a Milano, segno del successo e dell’impegno concreto della studiosa in sempre maggiori iniziative sociali. Questa terza Casa, sul modello di quella di Ro-ma, venne aperta nel quartiere operaio dell’Umanitaria in via Solari.

50 Ivi, p. 46. 51 Id, La scoperta del bambino, cit., p. 219. 52 Id, Metodo per insegnare la scrittura, in «L’Educazione dei sordomuti», fasc. 5, mag-

gio 1908. 53 Id, Come si insegna a leggere e a scrivere nelle «Case dei bambini» di Roma, in «I Di-

ritti della scuola», n. 34, 31 maggio 1908.

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La «Società Umanitaria»54 nacque per iniziativa del filantropo Moisé Lo-ria ed aveva lo scopo di appoggiare l’innalzamento etico della classe operaia, sia attraverso l’istruzione sia attraverso le abitazioni in cui vivevano. Il pro-getto si mosse sulla stessa strada dell’Istituto Romano dei Beni Stabili e por-tò alla costruzione delle case popolari nel quartiere operaio aprendo, poi, con la collaborazione diMontessori, la Casa dei bambini.

In questa prima scuola a Milano, venne assunta come insegnante, per pubblico concorso, Anna Maria Maccheroni, fedele collaboratrice e interpre-te delle idee montessori. Inizia, la collaborazione e l’attività con «l’Umanitaria», favorita, anche, dall’organizzazione di conferenze e corsi per la formazione di maestri.

In seguito il 4 novembre 1908, venne aperta una terza Casa dei bambini a Roma, in via Famagosta ai Prati di Casteli. Con l’esperimento delle Case dei bambini, iniziò per Montessori il secondo periodo della sua vita, una fase fe-lice per l’affermazione delle sue idee. I risultati furono di proporzioni straor-dinarie tanto da attrarre l’interesse di personalità famose, come quella del ba-rone Leopoldo Franchetti55 e della moglie Alice Halgarten56. Entrambi ave-vano concretizzato, nella loro tenuta a Città di Castello, una serie di proposte designate al miglioramento dell’educazione sociale dei contadini e si deve a loro il primo corso di preparazione degli insegnanti, che si svolse nel 1909 nella Villa «La Montesca»57.

54 La «Società Umanitaria» nasce nel 1893 per volontà di un illuminato filantropo, Moisé

Loira. La «Società Umanitaria» si proponeva il compito di favorire l’elevazione morale dei lavoratori attraverso un’azione ispirata a criteri a quel tempo presente. Oltre a dare ai lavora-tori la possibilità di qualificarsi professionalmente si era occupata soprattutto di due problemi importanti: la scuola e la casa. Per quanto riguarda il problema della casa, essa fa nascere, nel 1905, delle case operaie o case popolari nell’isolato che comprendeva Via Solari e Via Loria a Milano. In seguito fa sorgere anche una casa dei bambini, una scuola simile a quella sorta a Roma qualche anno prima.

55 Leopoldo Franchetti (1847–1917), uomo politico e pubblicista, fu deputato dal 1882 al 1904 e poi senatore nel 1909; in quegli anni che appoggiò lo studio per la possibile soluzione delle questioni economiche, sociali e politiche. Egli soprattutto si occupò del problema del Mezzogiorno attuando delle inchieste, come quella che realizzò nel 1876 con Sidney Sonnino in Sicilia.

56 Alice Hallgarten (1874–1911), nasce a New York e dopo aver trascorso per un certo pe-riodo di tempo in Germania, si trasferì a Roma, dove conobbe e sposò Leopoldo Franchetti nel 1900. Architettò la scuola della «Montesca» e di Rovignano, attenta alle questioni sociali e soprattutto all’infanzia ed alle attività assistenziali nel quartiere San Lorenzo di Roma. Compì molti viaggi all’estero che le consentirono di saldare contatti con movimenti pedago-gici dell’epoca. Un suo famoso viaggio nell’ottobre del 1909 negli Stati Uniti, ci fa pensare probabilmente alla diffusione del metodo Montessori.

57 La «Montesca», scuola che nasce nel 1901, e si interessa a formare l’educazione dei contadini, dando loro mezzi atti a migliorare il lavoro nei campi. Nell’insegnamento, un certo interesse ricopre, l’osservazione diretta delle cose e lo studio dell’ambiente circostante, nel quale possono questi contadini apprendere: la botanica, l’agricoltura, il giardinaggio e così via.

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In questo periodo, così fecondo di iniziative ed attività, importanti risulta-rono i rapporti con i baroni Franchetti, i quali visto il successo avuto dalla pedagogista in quegli anni, le suggeriscono di riportare le sue eccezionali os-servazioni in un libro.

Nel 1909 infatti esce a Città di Castello Il Metodo della Pedagogia Scien-tifica applicato alle Case dei bambini, dedicato ai baroni Franchetti. Il vo-lume comprendeva tutte le conferenze e lezioni tenute dalla pedagogista in quegli anni, incluse le lezioni che vennero pubblicate nel brevissimo estratto Corso di pedagogia scientifica58, dove erano riassunte le lezioni tenute a Cit-tà di Castello come docente all’Università di Roma.

Nella prolusione al Corso, tenuto a Città di Castello, Montessori affermò che da circa vent’anni si enunciava l’esigenza di una scienza dell’educazione nuova, che prendesse in considerazione le scienze sperimentali, e solo da po-co si cominciava a parlare di Pedagogia Scientifica, e per questa Pedagogia Scientifica, ribadiva Montessori, abbiamo una guida: «il fanciullo da educa-re; e come si fa per l’antropologia e la psicologia che sono schiettamente sperimentali, anche per la pedagogia si deve osservare, studiare: poi verrà l’opera dell’educazione, che raccoglierà quei risultati e seconderà i tentativi e le speranze»59.

Montessori sottolineò che l’osservazione e il rispetto dell’anima del bam-bino s’imponeva e si doveva pensare che: «sui banchi di scuola sono acco-munati in una uguaglianza infantile, briganti, come Salomone e Musolino e gli innovatori, i conduttori del progresso come Carducci, e Marconi, e perciò il metodo repressivo usato oggi nella scuola in un modo comune è irraziona-le»60. Nel proseguire la prolusione, la studiosa evidenziava che solo la Peda-gogia scientifica, avendo un alto contenuto morale, poteva offrire un apporto pedagogico, perché capace di infondere una morale civile. Secondo la Peda-gogia scientifica, l’educazione deve voler raggiungere un obiettivo secondo nuovi valori con metodo e fermezza e per raggiungerlo è importante che il «maestro non dica soltanto: sarò un uomo nuovo, ma anche: sarò un uomo artefice»61.

Con le Case dei Bambini Montessori ebbe l’opportunità di sperimentare i metodi da lei stessa ideati ed ebbe modo di rendersi conto che i bambini normali hanno una grande analogia con i bambini anormali poiché i primi «sono da formare» ed i secondi «non sono formati». Quindi, per entrambi, la studiosa si avvalse come guida del criterio «di aiutare ragionevolmente lo sviluppo dell’individualità umana»62. La studiosa conclude la sua prolusione affermando che la Pedagogia scientifica è diversa dall’Antropologia e dalla Psicologia, poiché la prima non può essere adattamento di altre scienze, ben-

58 M. Montessori, Corso di pedagogia scientifica, Città di Castello, Società Editrice, 1909. 59 Ivi, p. 17. 60 Ivi, p. 19. 61 Ivi, p. 22. 62 Ivi, p. 24.

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sì il maestro deve divenire un naturalista: da meccanico a scienziato naturali-sta63.

In questo metodo rivoluzionario emergono, quindi, i rapporti tra il mae-stro e il bambino, poiché importante è il ruolo del maestro che deve lasciare libero il bambino di agire secondo le sue tendenze naturali, senza alcun vin-colo fissato o programmato, giacché la sua posizione deve essere quella di disporre i bambini per osservarli allo stato naturale.

La riforma educativa era, ormai, matura nella mente della pedagogista, la quale, forte della sua esperienza e preparazione scientifica, era giunta, con la pubblicazione de Il Metodo della Pedagogia Scientifica applicato alle Case dei bambini, all’apice della notorietà. 3.6 Il «Metodo»

Il grande successo, che Montessori andava riscuotendo in quegli anni era

in un certo senso il premio per tutte le ingiustizie subite agli esordi della sua carriera universitaria e poi scientifica e professionale. All’opera teorica scrit-ta da Montessori nel 1909 seguirono una serie di successi che si concretizze-ranno negli anni successivi. Al Metodo della Pedagogia Scientifica applica-to all’educazione infantile nelle Case dei Bambini (ripubblicato nel 1950, per desiderio dell’Autrice , con il nuovo titolo La scoperta del bambino) se-guirà un’altra opera del 1916, altrettanto famosa, dal titolo L’autoeducazione nelle scuole elementari64. Quest’ultimo testo rappresenterà il suo successivo impegno, quello del progetto di una riforma educativa per l’istruzione prima-ria.

Il continuo interesse per l’educazione dei bambini non si fermò nella Montessori solo ai piccoli, ma volle condurla sino all’istruzione elementare, cioè sino ai dieci anni d’età. Questo progetto rappresentò un lavoro speri-mentale di circa tre anni e in quest’opera, la studiosa venne aiutata dall’amica Donna Maria Mariani Guerrieri Gonzaga. Fu proprio Gonzaga che, nel 1911, volle mettere le prime fondamenta ad un esperimento privato del tutto libero, per cercare se con altri materiali più evoluti si fosse potuto proseguire nella via educativa iniziata con i piccoli bambini. Alla Gonzaga si unirono anche i baroni Franchetti, ed in seguito anche l’aiuto finanziario del-la Regina Madre, la quale volle che venissero preparate delle maestre capaci di diffondere in maniera certa il suo metodo65.

In quei sei anni di preparazione e lavoro, vennero organizzati una serie di corsi per le maestre, con il patrocinio della Regina Madre ed il sostegno di un gruppo di nobildonne romane. Infatti, dopo il corso del 1909 svoltosi a

63 Ivi, pp. 25–26. 64 M. Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Milano, Garzanti, 2000 (I e-

dizione 1916; I edizione Garzanti 1962). 65 Ivi, p. XXI.

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Città di Castello, vennero organizzati altri due corsi a Roma in via dei Giusti, presso l’Istituto delle Suore Francescane Missionarie, che con grande bontà d’animo gettarono le basi per la nascita di un asilo modello. Vennero costi-tuiti a Roma per opera della municipalità, nel 1911, altri corsi per le maestre, tenutisi presso la Scuola Superiore femminile “E. Fuà Fusinato”. In questi corsi, venne avviata la sperimentazione della nuova metodologia nelle classi elementari, producendo i primi materiali per la psicoaritmetica66.

Nel 1911 venne fondata a Roma, dai sostenitori del Metodo Montessori, la «Società degli Amici del Metodo Montessori», la quale ebbe sezioni an-che a Milano e a Napoli. Essa si poneva come fine quello di promuovere l’apertura di nuove scuole per i bambini da creare, soprattutto, nei quartieri poveri delle città. Questa Società ebbe sempre più ammiratori dell’alta bor-ghesia e della nobiltà, fra loro c’era Donna Maria Gonzaga, che diventerà la migliore amica di Montessori, ed Ernesto Nathan, allora sindaco di Roma e sostenitore accanito dell’opera della pedagogista, tanto da favorire l’apertura di nuove scuole e da raccomandarla ai suoi colleghi nell’ambiente politico. Probabilmente, alcuni di questi colleghi mandavano i propri figli proprio nel-la classe che la studiosa dal 1910 tenne a casa sua, per condurre degli espe-rimenti didattici con bambini tra i sei ed i nove anni67.

In questi anni, Il Metodo, veniva tradotto in varie lingue. Nel 1912 appar-ve la prima traduzione in inglese dell’opera. Alla fine dello stesso anno, Montessori fu colpita da un grave lutto, il 12 dicembre moriva la madre, Re-nilde Stoppani, mentre Montessori e le sue allieve stavano facendo i prepara-tivi per il primo Corso internazionale del Metodo montessoriano, che avreb-be dovuto debuttare nel gennaio 191368.

Nonostante tutto, il Corso internazionale ebbe inizio e vi parteciparono allieve di vari continenti, anche se la maggior parte erano americane. I parte-cipanti erano quasi tutte donne, e alcune fra loro diventeranno, poi, assistenti personali di Maria Montessori, come Helen Parkhurst69 e Adelia McAlpin Pyle70. Contemporaneamente, ebbero inizio una serie di Corsi internazionali, ai quali la studiosa offriva personalmente il suo contributo, proprio per il grande valore che attribuiva alla preparazione delle maestre.

In questo fervido moto d’interessi sociali ed educativi, acquistarono par-ticolare significato alcune società che nacquero a sostegno del metodo Mon-

66 G. H. Fresco, op. cit., p. 43. 67 R. Kramer, op. cit., pp. 268–270. 68 M. Montessori, Associazione Renilde Montessori, in «L’Idea Montessori. Organo

dell’Opera Nazionale Montessori», a. II, n. 11, 1929, p. 1. 69 Helen Parkhurst, insegnante allo State Teachers College del Wisconsin, era giunta a

Roma nel 1913 per seguire le lezioni di Antropologia del professor Sergi e partecipò al primo corso internazionale, del quale rimase entusiasta a tal punto da divenire poi assistente personale della Montessori.

70 Adelia Pyle, figlia di un milionario americano imparentato con Rockefeller, diventò as-sistente personale della Montessori, accompagnandola in molti dei suoi viaggi, facendole da interprete e traduttrice dei suoi discorsi.

La scoperta del bambino in Maria Montessori

145

tessori. Nell’inverno del 1913, la studiosa si recò su invito di Samuel McClure, nel Nord–America, per sostenere una serie di conferenze sul Me-todo. In seguito si presentò a New York, dove ebbe un benvenuto trionfante; Montessori si fermò in America per tre settimane ed ebbe modo di creare una rete sempre più fitta di donne americane disposte a diffondere il Metodo, attraverso scuole, società e altre iniziative. Proprio in quell’anno, la studiosa conobbe Margaret Wilson, figlia dell’allora presidente degli Stati Uniti, e at-traverso lei conobbe lo stesso Presidente. Nel frattempo venne fondato l’American Montessori Society, di cui era presidente Alexander Graham Bell e segretaria Margaret Wilson71.

Prima della fine del 1913, tra un viaggio e l’altro, Maria Montessori tornò a Roma, dove si ricongiunse con suo figlio Mario. L’unione con il figlio si rivelò un passo importante per la dottoressa tanto che da allora non se ne staccò più per tutta la vita. Mario all’età di quindici anni diventò una presen-za attiva e costante nella vita della madre, tanto da incoraggiarla nei momen-ti bui72.

Nel contempo, usciva la seconda edizione del Metodo della Pedagogia Scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, una pubblicazione ampliata rispetto alla prima edizione, arricchita da sperimen-tazioni maggiori. Il Metodo si diffonde anche in Germania, Giappone, in Au-stralia. Venne, poi, inaugurata la prima Casa dei bambini in Scozia, in Rus-sia e in Australia. Nel 1914, continuavano ad aprirsi nuove Case dei bambini anche a Milano ed in varie città italiane. Inoltre, venne organizzato, sempre a Roma, il secondo Corso internazionale, al quale presero parte ben 15 Paesi. Subito dopo uscì a New York un testo scritto in inglese dal titolo Dr Montes-sori’s Own Handbook, che venne tradotto in italiano solo nel 1921.

In questi anni fecondi di operosità e di iniziative, la studiosa visse il trauma della prima guerra mondiale (1915–18). Il 25 novembre 1915, Mon-tessori subì un altro lutto, la perdita del padre Alessandro Montessori. La studiosa solo qualche mese prima, aveva lasciato il padre alle cure della sua amica e collaboratrice Anna Fedeli, per partecipare con una classe all’Esposizione internazionale a San Francisco73.

Nel 1917, Montessori si recò per la prima volta in Olanda, ad Amster-dam, dove venne aperta la prima Casa dei bambini ed incontrò il biologo Hugo De Vries, che aveva osservato nelle specie animali e vegetali la pre-senza di particolari sensibilità74. Dopo la morte di entrambi i genitori, Mon-tessori non tornò in Italia, ma andò a vivere in Spagna. Il figlio, che era an-dato a vivere in America a seguito del suo matrimonio con l’americana He-len Christie, che sposò, a Los Angeles nel dicembre 1917, a soli diciassette

71 M. Schwegman, op. cit., pp. 88–91. 72 R. Kramer, op. cit., p. 185. 73 Ivi, pp. 212–213. 74 G. H. Fresco, op. cit., p. 44.

Capitolo terzo

146

anni. Dopo il divorziato, Mario raggiunse a Barcellona sua madre e dove vissero per qualche anno.

La diffusione ed il successo del Metodo portarono Maria Montessori a viaggiare per il mondo, presa da impegni nazionali ed internazionali conti-nui. E proprio mentre si stava programmando un suo viaggio in Africa, il 6 maggio 1952, Maria Montessori morì a Noordwijk aan Zee in Olanda, dove fu sepolta.

Capitolo quarto La conferenziera

4.1 Premessa

Nei capitoli fin qui trattati ho mostrato con l’aiuto di un gran numero di

documenti la carriera universitaria e l’excursus accademico che hanno con-dotto Maria Montessori alla scoperta di un nuovo metodo educativo. Ora, per completare il corpulento quadro, non posso non mancare di citare il suo im-pegno a favore delle donne e le battaglie femministe per la parità dei diritti. Questo, nell’intento di dare al lettore una visione d’insieme della vita di Ma-ria Montessori. 4.2 Maria Montessori e il suo impegno femminista

Nel 1896 Maria Montessori si era fatta notare dall’opinione pubblica per

il suo impegno femminista; proprio in quell’anno era nata a Roma grazie a Rosa Mary Amadori (redattore–capo dal 1895 della rivista «Vita femmini-le») una Associazione di donne, che si poneva come fine quello di spronare le donne a dedicarsi ai loro interessi e al contempo a suscitare in loro uno spirito di fratellanza e di solidarietà (Montessori in questa associazione com-pare come vice segretaria insieme ad Albani)1. Insomma, un’unione di donne pronte a lavorare e lottare per la pacifica convivenza fra i popoli e per l’educazione e la formazione delle generazioni future, attraverso la promo-zione di conferenze e letture aggiornate riguardanti la donna. Temi, questi, comuni all’appena creata Unione internazionale femminile per la pace, di cui l’Associazione romana voleva essere parte.

Molte donne cominciarono ad aderire all’Associazione e portarono il loro contributo di “Donne operaie”, di “Donne intellettuali”, sostenitrici del sape-re e della cultura. Nell’Associazione femminile Montessori collaborò impe-gnandosi come donna per la libertà, la giustizia e la sapienza. Ciò fu facilita-to, certamente, dalla nascita del partito socialista, che segnò l’inizio di una fase nella storia del movimento delle donne, nella quale i tratti dell’emancipazionismo (promossi da Anna Maria Mozzoni attiva su questo terreno di lotta sin dal 1864), si moderano. Il partito socialista fece subito

1 Tra le persone elette risultarono: “Presidenza: Ferrando, Müffling, Ballio; Segretaria:

Rosa–Mary Amadori; Vice segretarie: Albani, Montessori; Collaboratori: Broglio, Mauro; Bibliotecarie: Bari, Robbé; Cassiera: Virginia Nathan (moglie del futuro sindaco di Roma Er-nesto Nathan)”. Vedi Movimento femminile e notizie, in «Vita femminile», a. II, n. 4, aprile 1896, p. 32.

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Capitolo quarto

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proprie le ragioni del movimento femminista italiano, tant’è che in quegli anni a Roma nascono tre periodici femminili importanti: «Donna e lavoro», «La rassegna degli interessi femminili» e «Vita femminile», quest’ultimo comparso nel 18952.

Nella Capitale la questione femminile era riconoscibile nella sua essenza e nella sua complessità, perché vi era la sede del Parlamento e delle rappre-sentanze politiche nazionali, e, dunque, era percepibile direttamente o indi-rettamente tramite gruppi politici, specialmente quello socialista, che per primo rese accessibile i suoi Congressi alle donne3.

Con il socialismo, dunque, l’azione delle donne muta: in una prima fase l’azione emancipazionista era legata al ribellismo egualitario e libertario; successivamente, con l’accostamento di rivendicazione e lotta di classe, co-mincia il periodo proprio del femminismo4. Tuttavia, la presenza del partito socialista in Italia, la mobilitazione dei cattolici nella politica sociale, in un panorama in cui l’economia e il mercato del lavoro risultano in pieno pro-cesso di trasformazione, pongono le basi per la nascita di un vero e proprio movimento di riscatto di larghe fasce della popolazione femminile5.

Negli ultimi anni dell’Ottocento, così, la società italiana assiste al risve-glio della donna. In un suo libro Sibilla Aleramo6 afferma: «[…] come una stanchezza morale si sovrapponeva a quella fisica, lo scontento di me stessa, il rimprovero della parte migliore di me che avevo trascurata, di quel mio io profondo e sincero, così a lungo represso, mascherato […]»7. Aleramo ci fa intuire che il risvolto positivo sta nella “via di mezzo”, giacché la vera co-struzione del nuovo modello sociale sta in una partecipazione ideale alla cre-azione di un mondo, che sia diverso non solo per le donne, ma anche per gli uomini. In altre parole, secondo Aleramo, la questione femminile non chiede soluzioni unilaterali, pone bensì problemi di rapporti reciproci all’interno dell’umanità.

La questione femminile diventava un problema su cui si misuravano e si scontravano ideologie e progetti politici concreti. Infatti, il problema aveva

2 A. Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in A-

A.VV, Storia della società italiana, Milano, Teti Editore, 1981, vol. 20, pp145–161. 3 Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., p. 24. 4 S. Aleramo, La donna e il femminismo. Scritti, 1897–1910 (a cura di) B. Conti, Roma,

1978, pp. 181–182. 5 A. Buttafuoco, op. cit., pp.145–146. 6 Aleramo Sibilla, pseudonimo di Rina Faccio, nata nell’agosto del 1876, ad Alessandria.

Nel 1902 andò a vivere a Roma e cominciò a scrivere il suo primo romanzo: Una donna, che uscì nel 1906. Soltanto nel 1919 pubblicò il suo secondo libro: Il passaggio; seguì nel 1920 la prima raccolta di liriche: Momenti, e nello stesso anno il volume di prose: Andando e stando, che si ristampò raddoppiato una ventina di anni dopo. Scrisse tanti altri romanzi tradotti alcuni in altre lingue, ma la sua fortuna in Italia e in altri Paesi fu segnalata per il suo tema sul fem-minismo. Aleramo morì a Roma il 13 gennaio 1960.

7 S. Aleramo, Una donna, Roma, Feltrinelli, 2000, p. 14.

La conferenziera

149

assunto caratteristiche precise grazie a denunce aperte, scritti e movimenti associazionistici nascenti in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica.

4.3 Berlino 1896

Tra le associazioni femminili nascenti in quel periodo, quella «Per la

donna», nata a Roma nel 1895 per opera di Rosa–Mary Amadori8, fu la più ricordata anche perché molte donne che ne fecero parte divennero nel tempo personalità di spicco in vari settori della società (politica, scienza e letteratu-ra). L’Associazione romana fu l’unica in grado di tenere conferenze anche all’estero, grazie alla sua adesione all’Unione internazionale femminile per la pace. Essa nacque come reazione agli avvenimenti politici e sociali propri di quel periodo; protestò contro la impellente guerra d’Africa e contro le di-suguaglianze che in vari settori penalizzavano le donne; affrontò argomenti come il disarmo, la pace nel mondo, l’educazione femminile, le riforme so-ciali e il diritto delle donne di studiare e lavorare.

Maria Montessori entrò a far parte dell’Associazione come vice segretaria e si impegnò insieme ad altre donne con forza e audacia per combattere i tradizionali pregiudizi. Grazie al suo impegno costante e profondo a favore dei gruppi sociali ai margini della società, l’Associazione decise, nel giugno del 1896, in occasione del Congresso femminile internazionale, di inviarla a Berlino come rappresentante delle donne italiane. D’altra parte, ella era già altre volte apparsa sui giornali e si era distinta per la tenacia e la forza nell’affrontare le situazioni; così, l’Associazione non ebbe dubbi sul fatto che la dottoressa potesse ben rappresentare le donne italiane.

Il Congresso si tenne dal 20 al 26 settembre 1896 e l’attività della Mon-tessori riscosse un successo strepitoso. Molti giornali si interessarono a que-sto evento attraverso articoli a volte critici e pungenti, mettendo in evidenza la “forzata” femminilità della Montessori: «la voce, la chioma bruna, lo sguardo penetrante, i guanti portati con eleganza»; la stampa parlò di lei co-me di una miscela di cultura, italianità e grazia femminile9. Anche il «Corrie-re della Sera»” pubblicò un articolo dal titolo Congresso delle donne in cui si legge: «La comparsa della dottoressa Montessori […] fa scomparire il sarca-smo dalle labbra dei signori in frac e spuntare un sorriso di vittoria in quello delle signore; con tale delegatessa […] l’esito del Congresso non può che considerarsi assicurato»10.

Durante il suo intervento al Congresso, tenutosi presso il Rathaus di Ber-lino sotto la presidenza di Lina Morgenstern, Montessori denunciò il sovra-

8 Rosa–Mary Amadori conosciuta per il suo impegno femminista, si distinse per essersi fatta promotrice dell’Associazione femminile sorta a Roma nel 1896. Fu redattore–capo della rivista «Vita femminile» dal 1895, organo del movimento femminile italiano.

9 Babini, L. Lama, «Una donna nuova», cit., p. 50. 10 Ivi, p. 51.

Capitolo quarto

150

lavoro femminile, una giornata lavorativa poteva infatti durare 18 ore, e le mancanze di parità salariale tra donne e uomini. Il Congresso fu anche l’occasione per discutere dei diritti civili e politici delle donne nei vari Paesi, e del loro impegno sociale in difesa delle classi emarginate. In questo clima di fervore, non mancarono le proteste di un gruppo di donne socialiste che chiedevano l’abolizione del proletariato e la nascita della società socialista «come se fosse la cosa più semplice al mondo»11.

Montessori decise di incontrare una delegazione ristretta di donne sociali-ste per discutere con loro dei problemi dell’istruzione femminile in Italia, della guerra d’Africa, dell’impegno assunto dalle donne per sconfiggere il diffuso analfabetismo e di quello profuso nella battaglia per la parità salaria-le. Si trattava di temi centrali dell’emancipazionismo italiano, ai quali molte donne dedicarono la propria battaglia. Le proposte, rivoluzionarie per quei tempi, le procurarono una grande ammirazione favorita dal sua personalità affascinante.

Tornata a Roma, Montessori riprese la sua attività di assistente chirurgo all’ospedale S. Spirito, per poi accettare, nel 1897, il posto come assistente volontaria presso la Clinica psichiatrica, dove lavorò sino al 1900. 4.4 Il primo Congresso Nazionale Pedagogico, Torino 1898

Maria Montessori, grazie alle molte iniziative e progetti scientifici ri-

guardanti l’educazione dei bambini deficienti, cominciò a coinvolgere i con-temporanei in una riflessione nuova dettata anche dai sentimenti. La prima occasione venne nel 1897 quando a Torino si svolse il primo Congresso Na-zionale di Medicina. Montessori partecipò denunciando le responsabilità del-la società nei confronti della delinquenza minorile, responsabilità che la stu-diosa individuava nella mancanza di cure e assistenza12.

Solo un anno dopo, sempre nella città di Torino, Montessori ebbe l’opportunità pubblica di “mettere in piazza” il problema della degenerazio-ne e lo fece proprio in occasione del primo Congresso Pedagogico nazionale, tenutosi tra l’8 e il 15 settembre 1898. Intervenne come professionista e rap-presentante della scienza medica accusando i pedagogisti della loro chiusura riguardo la questione, ormai sociale, dei degenerati. Durante il Congresso, la dottoressa mise in evidenza lo stato in cui questi bambini degenerati erano costretti a vivere perché disconosciuti dalla società.

Sono questi poveri esseri che il Governo dovrebbe correggere ed educare in spe-ciali Istituti; sono costoro che, abbandonati nella società a loro medesimi, non pote-vano vivere del proprio lavoro cercano di mantenersi con il lavoro degli altri e di-

11 U. Sogliani, La settimana delle donne, in «L’Illustrazione italiana», 4 ottobre 1896, pp. 222–223.

12 Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 66.

La conferenziera

151

ventano delinquenti; questi fanciulli lasciando la scuola sono destinati a popolare i manicomi, i postriboli, le galere. I degenerati non sono sempre incapaci di educazio-ne; occorrono per essi metodi speciali. Usare per l’educazione di questi degenerati i metodi tradizionali è uno sprecare […] la fatica. All’estero vi sono degli Istituti me-dico–pedagogici ove […] sono sorprendenti i risultati […]. Ci sono pure le classi aggiunte ove si raccolgono quei fanciulli che senza essere completamente degenera-ti, pure disturbano e guastano le classi normali13.

La specificità del suo progetto era di credere nel recupero dei fanciulli minorati attraverso speciali metodi educativi, applicabili in speciali Istituti Medico Pedagogici, dove i bambini anormali sarebbero stati seguiti non solo dai medici, ma anche da diversi specialisti. Durante una seduta del Congres-so Pedagogico, Montessori presentò il seguente ordine del giorno:

Il Congresso Pedagogico convinto che la società civile non debba trascurare al-

cun mezzo per redimere ed educare i bimbi che, per speciali caratteri degenerativi, non possono trarre profitto dalla Scuola comune, fa voti affinché essi vengano edu-cati a parte, da maestri dotati di attitudini e cognizioni particolari, ed a tale scopo chiede che: per l’educazione dei piccoli degenerati, lo Stato provveda legislativa-mente all’istituzione di classi aggiunte presso le Scuole elementari almeno dei Co-muni più importanti e le province creino o sussidino nelle città capoluogo speciali Istituti […] per i casi più gravi e per l’educazione speciale dei maestri, vengano in-segnati in ogni Scuola normale i caratteri sintomatici della degenerazione ed i mezzi più acconci a combatterli e lo Stato istituisca un corso speciale universitario per pre-parare a questo insegnamento i professori di pedagogia delle Scuole normali […]. Aggiunge che se esso verrà approvato, unirà il voto del Congresso alla domanda che il deputato professor Bonfigli presenterà alla Camera nel prossimo autunno a propo-sito della istituzione benefica suaccennata14.

Il discorso pronunciato dalla studiosa ebbe molto successo, tant’è che la sua proposta di introdurre le classi aggiunte e di dare ai bambini minorati un’educazione speciale fu accolta da tutti i partecipanti. Essa chiedeva una scuola aperta a tutti i bambini, perché una scuola chiusa, che rifiutava i bam-bini disprezzati e trascurati dalla società, era una scuola malata che poteva procedere solo verso l’incivilizzazione. In quella occasione Montessori af-fermò pure, con insistenza, la necessità di un corpo insegnante preparato, che avesse una formazione a livello scientifico capace di seguire lo sviluppo psi-chico e morale dei bambini ritardati15.

In quegli stessi giorni moriva, assassinata per mano italiana, la regina Eli-sabetta d’Austria. Dinanzi a questo avvenimento la stampa si scagliò contro gli educatori e la cattiva educazione civica impartita dalla scuola del popolo e decise, per protesta, di non prendere parte al Congresso. Montessori ritene-

13 M. Montessori, Intervento al Congresso di Torino, in G. C. Molineri e G. C. Alessio, To-rino 8–15 settembre 1898, Torino, Stabilimenti Tipografico F. Camandona, 1899, pp. 122–123.

14 Ivi, pp. 123–124. 15 Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., pp. 26–27.

Capitolo quarto

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va la decisione dei giornalisti ipocrita, perché sino a quando l’intera umanità non avesse risolto il problema della scuola come «scuola per tutti», opposta a quella del presente, che è rivelazione di una società incurante delle grida di aiuto dei bambini, non ci sarebbe stato progresso umano e sociale.

Con il suo intervento al Congresso di Torino, Montessori manifestava il carattere riformista del suo pensiero, noncurante di allontanare da sé le sim-patie del mondo moderato italiano.

Nello stesso anno del Congresso Pedagogico di Torino, la pedagogista pubblicò un saggio dal titolo Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza16, nel quale riassumeva il suo pensiero circa la possibilità di educare i deficien-ti, così come avveniva in altri paesi europei, e lo faceva riproponendo con fermezza l’esigenza di istituire degli Istituti speciali in cui doveva esserci una forte collaborazione tra il medico e il maestro.

Si sa come alcuni infelici nascono destinati ad avere facoltà intellettuali quasi nulle, tantochè non arrivano da soli a disimpegnare le funzioni più semplici della vita: sono sudici, non distinguono gli oggetti e non ne comprendono l’uso […].Altri fanciulli giungono al disimpegno delle funzioni vitali, ma sono incapaci di appren-dere intellettualmente o moralmente, e perciò espulsi dalle scuole, finiscono […] col vagabondare nelle strade, vittime spesso del vizio e dei malvagi. Un altro genere di deficienza è l’imbecillità morale, per cui i fanciulli non giungono a comprendere i sentimenti etici17.

Montessori denunciava la mancanza, in Italia, di interventi educativi e sociali a favore dei bambini. Questi bambini con insufficienza mentale veni-vano ricoverati nei manicomi e trattati come pazzi, senza ricevere cure parti-colari, ma solo quelle necessarie alla vita vegetativa. Erano solo dei poveri infelici, quelli che la scuola di Lombroso chiamava “Delinquenti congeniti”; bambini particolarmente sfortunati nati da padri alcolisti ed epilettici, che vi-vevano in miseria e che oltre ad essere sfortunati, venivano condannati a vi-vere in uno stato reso pesante dal disprezzo della società.

Montessori dinanzi a tale situazione restava lucida e convinta della esi-genza di rispondere a precise richieste sociali.

Tutti sono persone nocevoli; ora essi non meritano né odio né collera, ma la so-cietà deve premunirsi contro di loro, mettendoli in grado di non poter nuocere e im-pedendo per quanto possibile, la loro riproduzione. Gli idioti e gli imbecilli intellet-tuali e morali sono appunto i degenerati nocevoli: i primi perché vivendo consumano una certa quantità di materie utili, ed essendo inerti non possono concorrere alla

16 M. Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Il Risveglio educati-

vo», a. XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132 e n. 18, 17 dicembre 1898, pp. 147–148; ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9.

17 Ivi, p. 4.

La conferenziera

153

produzione […]. Gli altri, facilmente portati al crimine sono la continua minaccia alla vita e ai beni degli individui produttori18.

In questo saggio, la studiosa evidenziò quanto i degenerati e i deboli del sistema nervoso avevano bisogno di protezione e di cure e come per loro fosse difficoltoso adattarsi alla società contemporanea. Il bambino debole, sosteneva, «producendo meno, ha più bisogno degli altri, e cade ben presto nella necessità di approfittare del lavoro altrui, ricorrendovi o con l’astuzia o con lo sforzo violento; e l’esempio gli apre facilmente la via alla criminali-tà»19.

Era, allora, importante costruire anche in Italia Istituti medico pedagogici sulla scia di quelli già esistenti in altre città europee, come a Parigi ed a Vitry, nati dall’opera di grandi studiosi: Bourneville e Séguin.

Bastò la scoperta di Séguin, il quale affermava che: «l’idiota non è inca-pace di apprendere, ma solo non arriva a seguire i mezzi comuni di educa-zione»20, a dare impulso alla nascita di istituti adatti alla riabilitazione intel-lettuale e morale dei bambini deficienti. Montessori sosteneva la creazione impellente, da parte dello Stato, di questi istituti speciali, che avrebbero do-vuto avere caratteristiche particolari indispensabili per l’educazione dei defi-cienti. La studiosa evidenziava che occorreva un grande impegno, che non doveva riguardare solo l’educazione dei sensi, ma anche l’educazione mora-le; specificava poi che la base su cui si fondava la grande opera di educazio-ne degli idioti doveva essere: ricercare ciò che sussiste in loro e utilizzare tutte le risorse, anche minime, per gua-dagnare il più possibile. Così può dirsi che un idiota isolato non è educabile, bensì lo è “una classe di idioti” avendo questi il processo d’imitazione molto spiccato, il qua-le fa sì che in collettività si sommino gli sforzi di tutti. […] È difficile […] nei casi più gravi, affidare l’educazione alla maestra, perché c’è bisogno continuo del medi-co clinico e dello psichiatra. È necessaria la collettività degl’idioti e perciò l’istituto; è necessario il medico ed il maestro21.

Con grande accortezza, Montessori, indicava le caratteristiche che dove-vano distinguere questi istituti, a partire dall’operato dei medici che non do-vevano amare solo la scienza, ma anche il bambino che avevano in cura; non dovevano essere solo scienziati, ma anche filantropi22. Lo scritto ci aiuta meglio a comprendere il futuro di Montessori, segnato già da una passione etico–civile per la difesa dei bambini e dei loro diritti, tanto da affermare:

18 Ivi, p. 6. 19 Ibidem. 20 Ivi, p. 4. 21 Ivi, p. 5. 22 Ivi, p. 6.

Capitolo quarto

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«ora la scienza fa iniziare un nuovo corso, e rende possibile la presenza di tutti al comune tavolo della vita»23.

Sulla base di ciò che sino a quel momento aveva visto nascere e svilup-parsi negli altri Paesi europei, Montessori insisteva sulla scelta dell’Istituto medico pedagogico, dove il bambino poteva usufruire sia di un medico, per alleviare il peso della sua deficienza, sia di un maestro che però doveva ave-re una preparazione speciale.

La studiosa parte proprio dalla necessità di istituire scuole speciali atte a realizzare interventi didattici individualizzati. Creare queste scuole, ove ac-cogliere ed educare bambini deficienti, comportava per lo Stato una forte spesa, ma la questione dei frenastenici era ritenuta da Maria Montessori que-stione sociale primaria, per cui lo Stato doveva, a suo avviso, farsene carico. Anche perché, vivendo liberamente nella società, i bambini si sarebbero av-viati facilmente alla prostituzione o al ladrocinio, rischiando di finire in qualche prigione.

Montessori proponeva poi le “classi aggiunte”, da istituire in ogni scuola elementare accanto alle classi normali e lo Stato riteneva questa via più per-corribile rispetto agli istituti medico pedagogici. Le “classi aggiunte” presen-tavano, infatti, aspetti positivi sia per i bambini sia per i maestri e se in una classe comune vi erano tre o quattro bambini che restavano indietro rispetto agli altri, il maestro non doveva ripetere la lezione solo per loro, ma poteva inviarli nella “classe aggiunta”. Il bambino, in queste classi, si trovava in un ambiente più consono alle sue forze intellettuali e morali e gli studi proposti con metodi adatti, non lo avrebbero irritato e stancato; egli, infatti : «rimane tale, ma non si esaurisce e non si scoraggia, e viene condotto per lo più verso l’educazione professionale che farà di lui un operaio laborioso e felice del suo stato»24. Solo quando i bambini delle classi aggiunte non possono essere educati nemmeno con metodi speciali, vengono condotti negli Istituti medi-co–pedagogici dove sono sorvegliati e curati continuamente, e dove devono arrivare a realizzare una loro autonomia e autosufficienza fino a divenire uti-li, attraverso varie mansioni loro assegnate, alla vita dell’Istituto che costitui-rà poi l’ambiente principale della loro vita.

Gli idioti intellettuali, secondo Montessori, erano capaci di educazione, anche se era necessario distinguere il grado di imbecillità, nei casi non gra-vissimi si poteva arrivare ad impartire addirittura un’istruzione elementare: aritmetica, storia, geografia.

Maria Montessori sperimenterà personalmente i risultati che potevano raggiungere i bambini handicappati se trattati con specifici metodi. Ne La scoperta del bambino ricorda come era riuscita a far leggere e scrivere cor-rettamente alcuni bambini deficienti del manicomio, i quali poi poterono presentarsi a un esame nelle scuole pubbliche insieme ai bambini normali e

23 Scocchera, Maria Montessori una storia per il nostro tempo, cit., p. 26. 24 Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, cit. p. 9.

La conferenziera

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superarne la prova25. Dietro a questi risultati non facili da raggiungere, c’era un lungo e graduale lavoro educativo, non sempre incoraggiante; dice infatti la pedagogista: «Ma non è forse pericolosa l’entrata nel mondo dei giovani abbandonati a sé stessi, anche quando sono normali?»26.

4.5 Il Congresso di Londra

Nelle varie conferenze tenute nelle principali città italiane, da Roma a

Milano, da Torino a Padova, da Venezia a Genova, Montessori non mancò di affiancare alla campagna di diffusione e promozione per la cura dei deficien-ti un discorso sul futuro della donna. Il suo impegno era e sarà caratterizzato sempre, non solo dalla lotta per il riconoscimento dei diritti dei bambini, ma soprattutto sino al 1910, anche da quella per il riconoscimento dei diritti del-la donna di vivere senza discriminazione giuridica, politica e di costume; di-scriminazioni che “inciviliscono ogni donna, a qualsiasi classe apparten-ga”27.

Il femminismo della Montessori, osserva Pieroni Bortolotti, si distingue-va dall’emancipazionismo, che si era sviluppato in Italia nella seconda metà dell’Ottocento e che aveva in Anna Maria Mozzoni una delle sue rappresen-tanti più autorevoli. Giacché l’adesione di Montessori al femminismo si ac-cordava con quel movimento femminista moderato, che in quegli stessi de-cenni si dibatteva all’interno della cerchia politica e culturale di indirizzo moderato28.

Certamente ciò che spingeva Montessori a parlare in pubblico e ad orga-nizzare conferenze a favore della Lega per l’educazione dell’infanzia dege-nerata e per il femminismo era, non solo la formazione e la competenza me-dica, che le consentivano di occuparsi dei bambini malati, ma anche l’immagine nuova della donna, vista pure come professionista, che ella vole-va far conoscere al mondo29. Non è un caso, dunque, se le sue due battaglie scientifiche e politiche furono dedicate all’infanzia e al movimento delle donne. Proprio in occasione della conferenza di Padova, svoltasi il 22 feb-

25 Id, La scoperta del bambino, 1999, già cit., p.29. 26 Montessori rivela la non facile riuscita della educazione dei deficienti. In principio i ri-

sultati non furono incoraggianti: chi cadeva nel vizio, chi finiva ladro e chi entrava nel mondo della prostituzione. Dinanzi a questa situazione molte donne di elevata carità, fecero nascere comitati per la guida sin da piccoli di queste creature, per portarli sulla corretta strada. Id, Mi-serie sociali e nuovi ritrovati della scienza, cit., pp. 4–5.

27 M. L. Leccese Pinna, Educazione alla libertà, Bari, Universale Laterza, 1986, p. XIII. 28 F. Pieroni Bortolotti, Appunti sulla questione femminile nella storia del PSI, in «Rivista

Storica del Socialismo»,a. VI, n. 19, maggio–agosto 1963, p. 304. 29 Nell’Ottocento per le donne era difficile trovare spazio come pubbliche oratrici e anche

come conferenziere, in quanto apparivano un temibile sintomo di disordine delle gerarchie sessuali (M. De Giorgio, Donne e professioni, in «Storia d’Italia». Annali 10: I professionisti, Torino, Einaudi, 1996, pp. 466–468.

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braio del 1899, Montessori si fece carico di una “campagna” scientifica e po-litica, che definì “Femminismo scientifico”. Intendeva, usando questo termi-ne, richiamare l’attenzione sul bisogno di ribellarsi al “monopolio scientifi-co” degli uomini, dando spazio alle donne di scienza. Giacché un passo simi-le, a suo parere, avrebbe portato non solo alla “popolarizzazione” della scienza, ma avrebbe per sempre liberato la donna da quel suo stato diffuso di subordinazione30.

Anche altre donne, in quel periodo, avevano parlato di “monopolio dell’uomo”. La socialista Anna Kuliscioff, anch’essa medico, pochi anni prima, in una conferenza del 1894 in un circolo milanese, aveva parlato con-tro il diritto esclusivo dell’uomo, nell’ambito delle professioni e delle scien-ze, trattenendosi in modo particolare sulle cosiddette “nuove professioni femminili”. Occorreva, per rendere la scienza popolare, sradicare l’esclusi-vismo maschile nel mondo della scienza e abbattere quelle tesi di subordina-zione naturale della donna e di servitù nella partecipazione alla vita sociale e politica del paese, pronunciate dagli stessi scienziati e per questo ancor di più radicate e in un certo senso legittimate a perdurare. Kuliscioff storicizza-va le cause dell’inferiorità femminile e derideva la “ostentata scientificità dei misuratori”31.

A questi giudizi sulla natura femminile della Kuliscioff e di altri colleghi, Montessori rispondeva che andavano combattuti anche dall’interno della scienza, e non per smentire le radici storiche della dipendenza della donna, ma per liberare la scienza dal pregiudizio. Erano, appunto, gli anni in cui la studiosa si faceva portavoce di un femminismo che si autodefiniva “pratico” in quanto dava importanza politica al lavoro sociale delle donne che offriva-no, non solo la prova delle loro capacità, ma la verifica delle carenze istitu-zionali nei settori dell’assistenza sanitaria e sociale, in cui le femministe “pratiche” risultavano più industriose. Questo nuovo tipo di femminismo, che in apparenza sembrava trascurare la lotta per la parità dei diritti civili e politici e dei diritti economici, privilegiava un’educazione della donna al «sentimento della sua forza»32.

Montessori aveva sottolineato sempre la scarsa partecipazione delle don-ne alla vita sociale e pubblica del Paese, anche se col nuovo progetto politico dell’emancipazionismo di inizio secolo le cose stavano cambiando e si con-sentiva alle donne di mettersi alla prova, di mostrare che erano in grado di

30 Catarsi, La giovane Montessori, cit., pp. 129–138. 31 G. A. Andriulli, Discorrendo del monopolio dell’uomo. Alla signora Anna Kuliscioff, in

«Critica sociale», a. VIII, n. 12, 1908, pp. 178–180. 32 A. Buttafuoco, Vite esemplari. Donne nuove di primo ‘900, in A. Buttafuoco, M. Zan-

can (a cura di), Svelamento. Sibila Aleramo: una biografia intellettuale, Milano, Feltrinelli, 1988, pp. 139–163.

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affrontare, e bene, la gestione di settori nodali della vita nazionale, come quello dell’assistenza sanitaria33.

Proprio in questi stessi anni di fine secolo fu organizzato a Londra l’International Council of Women che si svolse dal 26 giugno al 4 luglio del 1899.

La scelta di inviare la studiosa, quale delegata nazionale, non fu casuale, anzi voluta e decisa dal Ministro Guido Baccelli e dalla contessa Taverna, esponente di spicco nelle file del Comitato italiano delle donne. Tale parte-cipazione fu da molti duramente discussa, tanto che in alcune città italiane veniva stilato un documento di rimostranza, inviato alla stampa, nel quale si criticava la scelta del Ministro di inviare Montessori al Congresso di Londra. Si diceva che se la dottoressa aveva già partecipato al Congresso di Berlino, dove «non era stata che la rappresentante d’un gruppo di signorine dimoranti in Roma», ora a Londra avrebbe rappresentato unicamente il Ministro Bac-celli promotore del suo invio34.

Come ricorderemo, nel prendere parte nel 1897 al Congresso femminile di Berlino, Maria Montessori aveva svolto un ruolo importante, in difesa dei diritti della donna e reclamando la parità salariale tra i sessi. Il successo che aveva ottenuto allora, probabilmente influì sulla decisine del Ministro di in-viarla a Londra35.

D’altra parte, Montessori in questi anni era abituata a essere oggetto sia di contestazioni sia di approvazione; i giornali parlavano continuamente di lei contribuendo, nel bene e nel male, a darle notorietà. La decisione di inviarla al Congresso del 1899 fu anche il frutto della risonanza che il suo lavoro cominciava ad avere, in particolar modo, all’interno del mondo della scuola, tanto che un giornale, «Italia Femminile», presentava questa sua designazio-ne scrivendo: «essa difenderà al congresso la causa delle maestre elementari e specialmente delle maestre rurali che, abbandonate nella campagna, lan-guiscono nella miseria dello stomaco e dell’intelletto, in preda alle angherie ed alle seduzioni»36.

Nominata quale rappresentante per l’Italia, Montessori si recò, quindi, a Londra insieme ad Olga Lodi, delegata in qualità di spettatrice37. Le persone

33A. Buttafuoco, La filantropia come politica. Esperienze dell’emancipazionismo italiano

nel ‘900, in L. Ferrante, M. Palazzi, G. Pomata, (a cura di) Ragnatele di rapporti. Patronage e reti di relazione nella storia delle donne, Torino, Rosenberg & Sellier, 1988, p. 173.

34 Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 37. 35 A. Scocchera, Maria Montessori: una biografia intellettuale, in Opera Nazionale Mon-

tessori (a cura di), Maria Montessori: il pensiero, e l’opera, vol. I, Teramo, Giunti & Lisciani, 1993, p. 17.

36 Movimento femminile, in «Italia Femminile», a. I, n. 24, 25 giugno 1899, p. 187. 37 Olga Lodi (1857–1933), nota con lo pseudonimo di Febea, giornalista è direttrice del

periodico «La Vita» e corrispondente del «Don Chisciotte». Per di più Olga Lodi e Maria Montessori si impegneranno in difesa del diritto al voto delle donne. Tra l’altro Olga Lodi sarà l’ideatrice del nome di Casa dei Bambini attribuito all’istituzione educativa che nascerà

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che presero parte al Congresso erano «donne nuove», ben lontane dal rie-cheggiare quel tipo così poco simpatico, che gli uomini identificavano col nome di “terzo sesso”. Un’opinione, questa, che alcuni di loro, come l’antropologo Giuseppe Sergi38, avevano spesso ribadito.

Il Congresso di Londra fu così, ancora prima di cominciare, il più discus-so e criticato, ma anche il più completo per le tematiche trattate. A prendervi parte furono quelle «donne nuove», che lavoravano al progresso sociale e che contribuivano al benessere dell’umanità. Donne di diversa estrazione che provenivano da ventotto paesi del mondo, guidate da una delle più illustri donne di tutte le nazioni: la contessa lady Aberdeen, dama dell’aristocrazia britannica e viceregina del Canada. Le congressiste furono ospitate nel pa-lazzo della giovane duchessa di Sutherland39. A Londra quelle donne si tro-vavano contemporaneamente e concordemente unite da un fine comune: «fa-re agli altri quello che vorresti venisse fatto a te»40. Questo principiò piacque tanto da convincere la Chiesa e lo Stato della santità d’intenzioni delle donne del partito femminista, che fu consacrato ufficialmente dalla Chiesa Angli-cana.

Noi, donne lavoratrici di tutte le nazioni, crediamo […] che un movimento orga-nizzato di donne conserverà meglio il più alto bene della famiglia e dello Stato; e farà avanzare l’applicazione dell’aureo principio della società intera, nei suoi costu-mi e nelle sue leggi. […] Essa (la donna) vuol migliorare ciò che esiste, vuol dar vita di attività a ciò che langue, vuol far tesoro di tutto, poiché l’azione della forza è ric-chezza41.

Il fine del movimento femminista riunitosi in Congresso era quello di contribuire all’organizzazione delle donne già impegnate in attività lavorati-ve. Si trattava di operaie, educatrici, professioniste, che con il loro lavoro davano un apporto economico e culturale alla vita del Paese. Era necessario rinnovare la legislazione ed i costumi, che non erano ancora preparati ad ac-cogliere le donne lavoratrici. La donna operaia era mal pagata; la maestra

nel quartiere S. Lorenzo in Roma. (Montessori, Il metodo della pedagogia scientifica, 1909, cit., p. 36).

38 Difatti Sergi riteneva il femminismo come una “ubbia” e lo considerava al più come ar-gomento adatto a una conferenza umoristica. «Le femministe erano da lui considerate donne piangenti, nemiche della famiglia e della patria, zitelle brutte e velenose: Donne che vanno contro le stesse leggi di natura coi loro principi malsani». Di fronte a queste aspre critiche la Montessori, non si fermava, anzi non perdeva occasione, sia nelle conferenze pubbliche che nei suoi lavori scientifici, di criticare Sergi, Lombroso, ed altri uomini di scienza per la loro misoginia. Maria Montessori si trovava così a criticare quei professori con i quali si sarebbe poi trovata a lavorare come medico, negli ospedali e nelle cliniche, e come donna di scienza nel lavoro editoriale della appena nata «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuro-patologia».

39 Catarsi, la giovane Montessori, cit., pp. 133–134. 40 Ivi, p. 135. 41 Ivi, p. 130.

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che aveva quasi due terzi dell’educazione infantile nelle mani, aveva un trat-tamento economico inferiore al maestro, e le riforme tendenti alla trasforma-zione positiva della società, spesso, ignoravano la donna.

Maria Montessori intervenne al Congresso ben tre volte, apportando il suo contributo di donna insigne e qualificata. Nel suo primo intervento, Il saluto delle donne italiane, portò il benvenuto ufficiale delle italiane unita-mente a quello di un illustre cittadino di Roma Guido Baccelli, per la sesta volta Ministro della Pubblica Istruzione. E cominciò il suo discorso affer-mando:

Sebbene non ci sia ancora in Italia un fortissimo partito “femminista”, tuttavia si percepisce che l’attività della donna introdotta nel settore dell’economia e delle di-sposizioni naturali è regolarmente risvegliata. […] Non c’è quasi nessun settore di lavoro pesante a cui la donna non partecipi in grande misura. Da un punto di vista fisiologico non può certamente essere affermato che la donna si affatica meno di un uomo, mentre al contempo non ci sono leggi industriali o del lavoro per la sua prote-zione42.

Un primo intervento in cui, secondo alcuni studiosi, non sottolineò abba-stanza le concrete condizioni politiche e sociali in cui versava l’Italia, infatti la studiosa sosteneva: […] in Italia non sono tanto l’uomo o le leggi che sono contro il progresso della donna quanto la donna stessa. Infatti ci sono leggi favorevoli alla donna da cui essa non trae alcun vantaggio. Per esempio, potrebbe essere un membro degli importanti consigli di amministrazione degli istituti di carità; ma le signore si limitano a racco-gliere denaro durante le feste, affidandone l’amministrazione agli uomini43.

Per Montessori era chiaro che in Italia la donna «non è educata” alla vita sociale e rimane ancora sotto il peso del pregiudizio dei secoli»44.

Molto più maturo e svincolato dai formalismi iniziali, si mostrava il se-condo intervento dal titolo Il lavoro manuale nelle scuole elementari. La giovane marchigiana, evidenziava le avvilenti condizioni in cui si trovavano le maestre italiane. «Il numero delle maestre è in Italia quasi il doppio di quello dei maestri […], ma se bene tutte le autorità scolastiche riconoscono che le donne sono più adatte per l’educazione dei bambini e possiedono a questo riguardo qualità molto superiori a quelle degli uomini, gli stipendi delle maestre sono inferiori a quelli dei maestri»45. A decretare nel sistema

42 Il saluto delle donne italiane, in Catarsi, La giovane Montessori, cit., p. 139. 43 Ivi, p. 140. 44 Ibidem. 45 Catarsi, La giovane Montessori, cit., p.141.

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scolastico nazionale questa arbitraria differenza era stata infatti la legge Ca-sati del 1859, abrogata solo nel nuovo secolo46.

Ma l’attenzione di tutte le donne, secondo Montessori, doveva essere ri-chiamata attraverso la formazione di società femminili che dovevano avere lo scopo di studiare la situazione sociale, culturale ed economica delle donne italiane e favorire un’azione coscienziosa e poderosa sulla base di fatti reali.

Nel terzo intervento, la pedagogista richiamerà l’attenzione, facendo ap-pello alla coscienza sociale, su un problema allora non ancora risolto: L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi. Montessori, in-formava così le congressiste della condizione in cui questi ragazzi giovanis-simi lavoravano nelle miniere, sottolineando «gli orari lunghi, le posizioni disagevoli, il continuo salire e scendere le scale, i pesanti carichi da portare, la mancanza di […] luce e dell’aria ed il salario misero tendono ad allontana-re ogni gioia e la buona salute dalle loro giovani vite»47. Inoltre, in questo intervento, colse l’opportunità per informare il pubblico di una proposta di legge che stava per essere appoggiata dal Governo e che riguardava il divieto di impiegare i bambini sotto i 14 anni nelle zolfare o in altre miniere48. In questo caso, colpiva anche la mancanza di qualsiasi relazione sui progetti delle donne socialiste che già da diverso tempo reclamavano con forza una legislazione a tutela del lavoro femminile e minorile49.

Maria Montessori, una volta tornata in Italia, approfondì i temi del Con-gresso londinese, pubblicando su “l’Italia Femminile” un lungo articolo sull’argomento in cui ricordava lo “charme” di quelle serate con il dispiacere di non essere stata capace di descrivere bene ciò che aveva visto.

Vorrei avere la penna di Victor Hugo, che incanta, “nell’Homme qui rit”, quando parla dei palazzi principeschi di Londra, e della favolosa ricchezza ch’essi rivelano, per descrivere la soirées di Lady Battersea una Rotschild; della contessa di Varwick; della contessa di Aberdeen; e il brillantissimo garden party di Lady Leopold Ro-tschild, che oltre ad offrire con una cortesia perfetta le meraviglie di un parco princi-pesco e del signorile castello […], aveva messo a disposizione delle congressiste treni speciali e vetture dalle magnifiche pariglie per seicento persone50.

Oltre ai ricevimenti, che mostravano come questo nuovo movimento so-ciale fosse favorito da alcuni illustre persone, Montessori sottolineava il

46 Id, L’educazione del popolo. Momenti e figure dell’istruzione popolare nell’Italia libe-rale, Bergamo, Juvenilia, 1985, p. 99.

47 Ivi, p. 143. 48 Ibidem. 49 Le socialiste chiedevano di migliorare gli ordinamenti della già esistente Legge del

1886, rilevatasi incompleta e quasi sempre inapprezzabile e che aveva provocato alcune po-lemiche tra Anna Kuliscioff ed Anna Maria Mozzoni. Per ulteriori approfondimenti Vedi A. Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in AA.VV., L’Italia di Giolitti, Milano, Teti, 1981, pp. 165–170 e M. Casalini, La signora del socialismo italiano. Vita di Anna Kuliscioff, Roma, Editori Riuniti, 1987, pp. 96–103; 155–161.

50 Catarsi, La giovane Montessori, cit., p.134.

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benvenuto della presidentessa Lady Aberdeen, l’accoglienza della giovane duchessa Sutherland, il saluto della regina ottantenne Vittoria ed altre pre-senze imponenti. Donne unite da un grande principio civile: la solidarietà e la capacità organizzativa51. Montessori fu, dunque, lieta di aver avuto la pos-sibilità di partecipare a questo evento straordinario e non finì mai di ringra-ziare il Comitato provvisorio della Contessa Taverna e il suo Consiglio52. 4.6 Il primo Congresso Nazionale delle Donne, Roma 1908

Il coraggio e la determinazione di Maria Montessori, nel sostenere le sue

battaglie contro quelle che riteneva le ingiustizie del suo tempo — che si trattasse dell’infanzia abbandonata o dei diritti negati alle donne — si erano già evidenziate ampiamente e pubblicamente: dal Congresso Internazionale delle Donne a Berlino nel 1896, a quello di Londra nel 1899. Non era nuova dunque a eventi in grado di animare l’opinione pubblica come il Congresso Nazionale delle donne italiane che si svolgerà nel 1908 a Roma.

Sin dal 1901, anno della fondazione de «l’Unione Femminile»53, la stu-diosa, amica personale di Ersilia Majno Bronzini, fondatrice del giornale, scrisse vari articoli fra i quali quello apparso il 5 maggio 1901, dal titolo Femminismo. Così, sin dai primi numeri del mensile, si mosse a favore del Comitato contro la tratta delle bianche e dell’Asilo Mariuccia54. Asilo che nacque come progetto politico e sociale di assistenza e di difesa di ragazze minorenni abbandonate e costrette a vivere per la strada. In seguito, l’Asilo prenderà in considerazione un’altra questione sociale importante, quella dell’infanzia abbandonata. Montessori collaborò a favore delle “Mariucci-ne”, organizzando nel 1908 una conferenza il cui ricavato andò tutto a favore

51 Ivi, p. 135. 52 Ivi, p. 136. Il Consiglio, composto dalla principessa di Venosa, dalla signora Virginia

Nathan, da Donna Giacinta Martini, e dalla contessa Pasolini, inviò al Congresso riponendo in lei tanta fiducia e forza

53 «L’Unione Femminile» (Milano 1901–1905), giornale dell’omonima Associazione di inclinazione socialista e radicale, fondata nel 1899 da Ersilia Majno Bronzini. Esso era l’organo di diffusione politica e sociale del “Comitato contro la tratta delle bianche” e dell’Asilo Mariuccia di Milano. Il Comitato era stato creato in seno all’Unione Femminile nel 1901 con il fine di realizzare attività concrete di prevenzione sul piano dell’assistenza e dell’educazione delle “fanciulle pericolanti”. Oltre alla fondatrice, operavano altre donne co-me Nina Rignano Sullam, Alessandra Ravizza, Linda Malnati, Bice Cammeo, Maria Montes-sori ecc.

54 L’Asilo Mariuccia fu istituito da Ersilia Majno nel 1902 e dedicato alla memoria della figlia morta in tenera età. Questo Asilo era nato per proteggere le ragazze minorenni senza fissa dimora e costrette a prostituirsi. L’opera di questo Asilo (chiamato così non perché de-stinato a piccoli bambini, ma come luogo di accoglienza per ragazze in pericolo), col passare degli anni, diventerà attività assistenziale e sociale a favore non solo delle giovani ragazze, ma anche delle bambine, al fine di dedicarsi all’organizzazione e alla sensibilizzazione del proletariato femminile.

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dell’Asilo Mariuccia, e nello stesso anno istituì, presso «l’Unione Femmini-le» e la «Società Umanitaria», anche corsi a favore delle madri in difficol-tà55.

L’impegno della studiosa per i diritti delle donne e per attività femministe veniva da lontano, e dagli inizi del 1900 Montessori si occupò della propa-ganda e della sensibilizzazione dell’opinione pubblica per il rinnovamento dei costumi della donna, anche attraverso giornali e riviste. Il nome di Maria Montessori era, infatti, associato anche a riviste e associazioni per le donne come: «Vita Femminile»56, «L’Italia Femminile»57, «L’Alleanza»58, «L’U-nione Femminile»59, «La Vita»60, e «Pensiero e Azione»61. Montessori fu anche uno tra i personaggi principali della campagna suffragista che caratte-rizzò gli anni dal 1904 al 1908, quando l’universo femminile si confrontava sul diritto al voto. Furono questi gli anni in cui l’onorevole Roberto Mirabel-li avanzò la proposta di legge in cui includere le donne nel suffragio univer-sale62.

55 A. Buttafuoco, Le Mariuccine. Storia di un’istituzione laica: L’Asilo Mariuccia, Mila-

no, Franco Angeli, 1985, pp. 422–423. 56 «Vita Femminile» (Roma 1895–1897), rivista mensile, con il sottotitolo “Organo del

movimento femminile”; fondata nel 1895 da Giuseppe D’Aguano, giurista e sociologo di formazione positivista. La direzione della rivista era nelle mani della socialista Emilia Maria-ni, e di Rosa Mary Amadori e Linda Malnati.

57 «L’Italia Femminile» (Milano 1899–1904), giornale istituito da Emilia Mariani e per un anno diretto da Rina Faccio Pierangeli (nota con lo pseudonimo di Sibilla Aleramo). Giornale rivolto ad un pubblico femminile.

58 «L’Alleanza» (Pavia 1906–1911), giornale femminista e socialista, istituito da Carmela Baricelli, vi collaborarono Adele Albani Tondi, Giulia Cavallari, Paolina Schiff, Anna Fran-chi e la stessa Montessori.

59 «L’Unione Femminile», (Milano 1901–1905), giornale dell’omonima associazione di tendenza socialista e radicale, istituita da Ersilia Majno Bronzoni.

60 «La Vita» (Roma 1905), quotidiano istituito da Olga Lodi (nota con lo pseudonimo di Febea), si interessa di promuovere e sensibilizzare l’opinione pubblica a favore dei diritti del-le donne.

61 «Pensiero e Azione» (Milano 1904–1908) rivista femminile cattolica, anche se vi colla-borarono persone non cattoliche. Fu istituita da Adelaide Coari, pioniera del femminismo cat-tolico, ed insegnante in una piccola scuola elementare della provincia di Milano. Coari si av-vicino al femminismo quando venne scelta come segretaria di redazione del periodico «Azio-ne muliebre».

62 La proposta di legge era firmata oltre che dall’Onorevole Mirabelli, anche da: Credaro, Socci, Ferri, Comandini, Andrea Costa, Montemartini, e Prampolini. Il piano di lavoro era costituito da tre articoli; con il primo si annullava in parte la legge elettorale politica del 1895 e ad essa si aggiungeva: «Dal voto non sono escluse le donne, né gli italiani delle terre irre-dente». Il secondo articolo definiva che, pena di nullità, la scheda doveva contenere soltanto il nome ed il cognome del candidato. Infine, il terzo articolo creava una Commissione costituita da sette deputati per il coordinamento della legge elettorale. Vedi V. Babini, L. Lama, «Una donna nuova», già cit., p. 164. La legge elettorale del 25 marzo 1985 non conteneva alcuna disposizione che escludesse le donne dal voto ed appunto questa omissione fu usata dalle donne per favorire un’azione, che doveva avere lo scopo non solo dimostrativo, ma anche di supporto per una discussione parlamentare.

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La prima a reclamare l’iscrizione delle donne nelle liste elettorali fu Bea-trice Sacchi, che alla fine del 1905 si adoperò per iscriversi nelle liste di Bu-drio in provincia di Mantova, suo comune di residenza. A lei si unirono altre donne, tra cui Montessori, che già da tempo risultava impegnata a promuo-vere il diritto al voto, scrivendo su vari giornali. Ricordiamo l’uscita il 26 febbraio 1906 sul quotidiano «La Vita» di un proclama a titolo dell’associazione “Pensiero e Azione”63, nel quale si legge: «Donne sorgete! Il vostro primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto politi-co»64. In quello stesso anno, la pedagogista sottoscrisse una “petizione delle donne italiane per il voto politico amministrativo”, redatta da Anna Maria Mozzoni, insieme ad altre donne del movimento operaio, molte delle quali erano anche coinvolte in numerose proposte a salvaguardia dei minori per la prevenzione igienica della prima infanzia e per la tutela giuridica dei mino-renni65.

Riguardo alla questione della delinquenza minorile e del disgregamento della famiglia, Montessori già si era pronunciata alcuni anni prima pubbli-cando un resoconto di una sua conferenza dal titolo La via e l’orizzonte del femminismo66. La conferenza si era svolta il 18 maggio 1902 nella lussuosa aula dell’Associazione della stampa, di fronte a un pubblico in massima par-te femminile, e il resoconto della Montessori sottolineava appunto come la donna moderna per inevitabile bisogno si avviasse ad una nuova missione passando dall’ambiente domestico a quello sociale. Al momento attuale, sot-tolineava la studiosa marchigiana, la donna “nuova” risulta legata ad un’altra missione sociale:

La vittoria sociale della donna sarà una vittoria materna, destinata a migliorare, a rendere più forte la specie umana. Ella dopo essere avanzata alla conquista del lavo-ro sociale — farà un passo di più: andrà alla conquista del suo lavoro biologico, che è il vero fine del femminismo — alla conquista dei propri figli; e basta l’umanità, che riposi tra le braccia materne della madre cosciente e libera!67.

Le donne cominciano a fortificarsi confermando con dignità il loro ruolo materno e assicurandosi la responsabilità dei bambini poveri ed abbandonati, secondo un’opera di «professionalizzazione» della maternità; tuttavia, siamo ancora lontani da una considerazione sulla maternità come “libera scelta”,

63 La «Società Pensiero e Azione», istituita per promuovere una campagna attiva in difesa

delle donne attraverso conferenze e incontri. Collaborano a questa Associazione molte donne amiche della stessa della Montessori, come Giaginta Martini Marescotti e Teresa Labriola.

64 «La Vita», a. II, n. 58, 26 febbraio 1906. 65 A. Buttafuoco, Condizione delle donne e movimento di emancipazione femminile, in

AA.VV., L’Italia di Giolitti, Milano, Teti, 1981, pp. 178–179. 66 M. Montessori, La via e l’orizzonte del femminismo, in «Cyrano de Bergerac», a. II, n.

6, luglio 1902, pp. 203–206, in Catarsi, la giovane Montessori, cit., pp. 149–151. 67 Montessori, La via e l’orizzonte del femminismo, Ivi, cit., p. 151.

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sulla sorveglianza delle nascite e sul ruolo madre–lavoratrice, questioni che verranno affrontate in anni futuri.

Nonostante la sua opera incessante per il voto alle donne, Montessori non riuscì a raggiungere l’esito augurato. Il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti decretò infatti, nel maggio del 1907 l’istituzione di una commissione di uomini politici (tra i quali compaiono Napoleone Colajanni, Francesco Saverio Nitti e Pasquale Villari), incaricati di affrontare la questione. I lavori proseguirono con molta lentezza e solo il 12 dicembre del 1910 si riuscì a deliberare la non concessione del voto alle donne68.

Le cose cominciarono a cambiare quando il 25 novembre 1907 venne e-letto sindaco Ernesto Nathan. Per la prima volta repubblicani, liberali, sini-stra radicale e socialisti avevano vinto sulle forze cattoliche e moderate pro-ponendo un programma riformatore e assolutamente anticlericale. La forza democratica, liberata da questo avvenimento, ebbe voce anche nel Primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane, organizzato a Roma nel 190869.

Il Comune, che ospitava il Congresso, si interessò molto per far risaltare l’incontro femminile, sin dalla seduta inaugurale. Il meeting per tutte le con-gressiste e le persone autorevoli era fissato nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio. Il Congresso si tenne dal 23 al 30 aprile 1908 e vi presero par-te molte personalità illustri, come la Regina Elena, la quale aveva partecipato anche al Congresso di Londra, la principessa Laetitia, Sibilla Aleramo, Ma-ria Grazia De Edda, Ada Negri e Adelaide Coari, fondatrice della rivista «Pensiero e Azione». Tra i politici figuravano uomini come il Senatore An-tonio Fogazzaro, l’ex Presidente del Consiglio Sidney Sonnino, Edoardo Ta-lamo, colui che in qualità di direttore dell’Istituto Romano dei Beni Stabili aveva reso possibile l’esperimento della Casa dei bambini, ed altre autorità70. I temi in questione erano l’istruzione, l’igiene, la fondazione di una Cassa maternità, l’avviamento di una politica sociale rivolta all’assistenza della vecchiaia e dei lavoratori malati. Sul piano dei diritti politici, per di più, si considerava l’accrescimento, il progresso e la laicizzazione della scuola pri-maria, la laicità dello Stato in vari settori come l’educazione, l’assistenza pubblica e il suffragio universale.

Maria Montessori intervenne il 29 aprile, nella sezione sulla condizione morale e giuridica della donna, con una relazione dal titolo La morale ses-suale nell’educazione71. L’interessamento per il suo intervento era dovuto anche alla sua fama legata, soprattutto in quegli anni, ai buoni risultati otte-nuti nella Casa dei bambini di San Lorenzo. La dissertazione della Montes-

68 A. Buttafuoco, Apolidi. Suffragismo femminile e istituzioni politiche dall’Unità al fasci-

smo, in A. Buttafuoco (a cura di), Le donne e la Costituzione, Roma, Camera dei Deputati, 1989, pp. 14–15.

69 M. I. Macioti, Ernesto Nathan, Roma, Newton, 1995, pp. 37–42. 70 Babini, L. Lama, «Una donna nuova», cit., pp. 215–1219. 71 M. Montessori, La morale sessuale nell’educazione, in «“Vita” rivista d’azione per il

bene», a. V, n. 13–14, 31 luglio 1908, pp. 281–290.

La conferenziera

165

sori fu la prima del Congresso, che affrontava il tema della sessualità, legan-dolo anche alle questioni giuridiche della ricerca della paternità e del ricono-scimento degli illegittimi. In questo discorso la studiosa mostrava modera-zione, aspirando ad una trasformazione dei costumi sessuali e auspicando una società che garantisse pari diritti tra uomo–donna. Spiegava quindi che in questo mutamento importante era il ruolo della donna, che è portatrice na-turale non solo di amore materno, ma anche di una sessualità rispettosa dell’altro. Dopo essersi soffermata sull’importanza della cultura scientifica e medica, si domanda quale dovrà essere l’indirizzo dell’educazione sessuale e sostiene che per riformare i principi dell’educazione si deve: allontanare l’attenzione dei nuovi uomini [che si formano] dal mezzo e riconcentrar-la al fine; e fin dall’infanzia allontanarli dal pericolo di una caduta, che tolga all’anima fanciulla la visione limpida della finalità della creazione e dell’eternità […] Perché l’educazione sessuale non deve certo limitarsi ad insegnare le norme pel conseguimento dei mezzi: se no, saremo dei corruttori72.

In tale opera, proseguiva Montessori nel suo intervento, devono essere d’aiuto la madre con il suo amore materno e la scuola alla quale spetta di portare avanti con coerenza l’opera materna, poiché l’educazione può sì cor-reggere e guidare, ma mai «trasformare l’individuo creato»73.

I temi della difesa del bambino bisognoso di cure, dell’importanza della scuola e della preparazione del maestro — sui quali Montessori si era sof-fermata in tutti i suoi precedenti interventi congressuali — compaiono anche in questa relazione al Congresso romano e continueranno ad accompagnarla come principi ispiratori e fondanti della sua azione pedagogico–educativa anche dopo l’esperimento della Casa dei bambini e l’uscita de Il Metodo.

72 Ivi, pp. 284–285. 73 Ivi, p. 283.

167

Conclusione Maria Montessori è una donna straordinaria, è incredibile la quantità e la

qualità delle attività che svolse per prepararsi a trovare la sua strada. Il decennio che va dal conseguimento della Laurea in Medicina e chirur-

gia (10 luglio 1896) alla Casa dei bambini è stato il più florido, caratterizzato da ricerche, esperienze e sperimentazioni nella rieducazione dei bambini subnormali.

In questa ricerca mi sono occupata anche del secondo decennio quello che ha visto la studiosa portare la grande scoperta scientifica per il mondo (1907–1919).

Montessori è una donna e come tale non ho potuto trascurare il suo impe-gno attivo, proprio in quegli anni, a favore delle donne, dei bambini poveri e degli emarginati dalla società. Non posso non citare la sua partecipazione al Congresso internazionale femminista tenutosi a Berlino nel 1896, al famoso Congresso pedagogico di Torino (1898) ed al Congresso di Londra (1899).

Proprio in questi anni la giovane medico femminista incontra il suo desti-no, che sarà quello dell’impegno educativo. Impegno che affronta nei vari Congressi, mettendo al centro dei suoi discorsi il tema del recupero dell’e-ducazione dei bambini deficienti da una prospettiva insolita, sia per la medi-cina che per l’Antropologia pedagogica.

A differenza dei miei colleghi ebbi l’intuizione che la questione dei deficienti fosse prevalentemente pedagogica, anziché prevalentemente medica e, mentre molti parlavano nei congressi medici del metodo medico–pedagogico per la cura dei fan-ciulli frenastenici, io ne feci argomento di educazione morale…e credo di aver toc-cato una corda vibrante, poiché l’idea, passata dai medici ai maestri elementari, si diffuse in un baleno come questione viva, interessante la scuola. (M. Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 1870, p. 23).

Sulla scia di questo successo riceve dal suo professore Guido Baccelli, divenuto nel frattempo Ministro della Pubblica Istruzione, l’incarico di tene-re un Corso di conferenze sull’educazione dei bambini frenastenici. Questo stesso corso si modifica in seguito nella Scuola Ortofrenica, che dirigerà e che la vedrà come insegnante dei bambini subnormali.

Fonda un Istituto pedagogico dove accoglie tutti i bambini del manicomio di Roma, nel quale aveva già lavorato, subito dopo essersi laureata. Questi anni di pratica risultano essere il primo e vero titolo in fatto di pedagogia. Nonostante gli ottimi risultati, siamo di fronte ad una pedagogia dello stimo-lo e non ancora alla rivoluzionaria pedagogia della risposta che rap-presenterà la scoperta montessoriana.

La giovane medico, per approfondire lo studio al riguardo, si iscrive, nel 1902–1903, alla Facoltà di Filosofia presso l’Università «La Sapienza». Se-

Conclusione

168

gue, come dimostrano i documenti raccolti e inseriti nel volume, le lezioni di pedagogia, filosofia e storia della filosofia. Inoltre, consegue nel 1904 la li-bera docenza in Antropologia e nel 1905/1906 viene nominata titolare della suddetta cattedra, che manterrà sino al 1918–1919.

Grazie a questa esperienza, Montessori coglie dell’educazione, non solo lo spirito scientifico (che aveva caratterizzato la sua impostazione iniziale), ma va oltre la semplice educazione sensoriale ed intellettuale, diventa “con-tatto di anime” e si nutre di rispetto e simpatia per i bambini.

L’indagine storica, che si delinea, vuol essere un primo tentativo per fo-calizzare l’attenzione sugli anni “giovani” della studiosa per comprenderne i successivi. Per attuare questo progetto ambizioso ho preso in considerazione gli scritti giovanili di Montessori ed i documenti riguardanti la carriera uni-versitaria e accademica sino al 1918/1919. Questi costituiscono una chiave di lettura nuova ai fini di una riscrittura della storia di Maria Montessori.

Appendice

171

Introduzione

La formazione intellettuale di Maria Montessori è nata da uno spirito scienti-fico ancora "inconsapevole", il quale ha mantenuto vivo il suo desiderio di proiettare luce nuova su una realtà adombrata dalla cultura tradizionale e dogmatica. Ella è stata, come da molti viene definita, una "mente assorbente" che ha saputo capire, afferrare e valersi di tutto ciò che la cultura e la scienza le hanno saputo donare, accettando però solo quello che risultava utile al suo scopo morale di libertà, di giustizia e di umanitarismo. Tutto ciò è visibile dai suoi studi oltre che dai suoi scritti giovanili rivolti ad ascoltare i bisogni dell’umanità del tempo.

Il periodo della formazione montessoriana ha inizio con l’iscrizione all’Università, meta che non tutti potevano intraprendere e di non facile accesso, soprattutto per le donne.

Dopo aver ottenuto, nel 1890, la licenza presso il Reale Istituto Tecnico “Le-onardo da Vinci”, Montessori si iscrisse, nell’autunno dello stesso anno, alla Fa-coltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali.

La scelta di questi studi non sembra essere stata in armonia con quello che la famiglia e, soprattutto, il padre, avrebbe desiderato dalla figlia. Infatti, il padre avrebbe voluto che Maria intraprendesse la carriera di maestra, strada consueta a molte donne d’estrazione piccolo–borghese.

Dalle biografie consultate risulta, però, che questo non fosse il desiderio ul-timo di Montessori, anche se finirà, poi, con l’occuparsi per tutta la sua vita di pedagogia e della preparazione degli insegnanti.

Sembrerebbe che la passione per gli studi scientifico�matematici Maria Montessori l’avesse ereditata dal padre, dal momento che era impiegato come funzionario presso il Ministero delle Finanze e studioso di matematica e retorica, o dallo zio materno, Antonio Stoppani, uomo di scienza e di cultura frequente-mente presente nella vita della nipote attraverso la sua opera letteraria. Una fa-miglia quella di Maria in cui si respirava un’aria permeata di cultura ed interesse per le scienze positive, che probabilmente influenzò le sue scelte, soprattutto, professionali. A tal riguardo anche la madre avrebbe avuto indirettamente, ma efficacemente, influenza sulla figlia. A conferma di ciò una sua allieva del Ma-gistero, ricorda la concreta presenza della madre nella vita di Montessori: «Se-devamo una accanto all’altra dinanzi allo scrittoio dove carte e libri, grafici e schede si affastellavano: la porta dello studio doveva restare sempre aperta per-ché nell’attigua stanza da pranzo una monumentale matrona, sua madre, legge-va, o la rimirava»1.

Il momento decisivo dell’evoluzione intellettuale di Maria Montessori è rappresentato dall’aver dato vita a un metodo, a un sistema, a un’istituzione

1 P. Boni Fellini, L’italiana più famosa, in P. Boni Fellini, I segreti della fama, Roma,

Centro Editoriale dell’Osservatorio, 1955, p. 26.

Appendice

172

educativa, basato sulla conoscenza globale del bambino. Nel ripercorrere la storia di questa grande pedagogista, l’attenzione si è soffermata sul suo per-corso scolastico–accademico e formativo. La ricerca ha avuto inizio dall’analisi degli studi compiuti dalla pedagogista, per giungere, attraverso i vari documenti raccolti ad una attenta verifica del percorso scolastico, con maggior riguardo alla formazione scientifico–medico–filosofica.

Il lavoro si è sviluppato prendendo in esame tutti i documenti a disposi-zione, attinti per lo più dall’Archivio Generale Studenti dell’Università degli Studi «La Sapienza», grazie alla gentile disponibilità del responsabile, Sig. Angelino Iona, che ha dato un contributo notevole alla crescita della ricerca; ma anche dall’Archivio Centrale dello Stato.

L’approccio alle fonti non è stato del tutto facile come anche l’accesso al materiale; inoltre, la difficoltà di interpretazione di alcuni documenti origina-li, ne ha reso necessaria la trascrizione per agevolare il lettore nella com-prensione dei medesimi. Infine si è tentato di ricostruire il percorso formati-vo attraverso l’excursus scolastico ed accademico seguito dalla studiosa.

La maggiore difficoltà incontrata è stata la penuria di documenti inerenti agli esami sostenuti dalla pedagogista, i programmi seguiti ed i testi sui quali ha dovuto studiare. La ragione di tale irreperibilità è ascrivibile ad un incen-dio, verificatosi alla fine della seconda guerra mondiale, presso gli archivi dell’Università della capitale, nel quale sono andati irreversibilmente perduti molti documenti, tra cui le guide ai programmi ed alcuni registri risalenti al periodo preso in considerazione (fine Ottocento�inizio Novecento). Nella ricostruzione del core curriculum di ogni singolo esame ho preso in conside-razione sia la biografia sia la bibliografia di alcuni docenti.

Maria Montessori, proprio perché medico, si avvicinò ai problemi dell’educazione con una cultura biologica e fisiologica, e nello stesso tempo nutrì una fervida fede riguardo alle possibilità di elevazione dei bambini svantaggiati ad un livello psicofisico e sociale.

Nota metodologica

Nel lavoro che segue i nomi di cui non si è certi, perché la grafia risulta di difficile interpretazione, sono indicati tra parentesi quadre.

Gli argomenti delle domande rivolte a Maria Montessori, in seduta d’e-same, sono indicati in corsivo.

Inoltre, ho ritenuto opportuno rimandare tutte le biografie dei docenti ci-tati in una nota biografica presente a fine testo.

Nella seconda parte, Gli studi e gli interessi accademici presenti negli scritti giovanili di Maria Montessori (1896–1907), ho inserito alcune pub-blicazioni della pedagogista tra quelle apprese negli anni 1896�1907.

Introduzione

173

Nel presentare le pubblicazioni inerenti gli studi accademici della studio-sa, ho ritenuto utile per facilitarne la lettura, far precedere gli scritti da un commento introduttivo.

175

Parte prima Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

(1890–1904) I.1 Maria Montessori alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e

Naturali

Nell’anno 1890 Montessori si iscrisse alla Facoltà di Scienze fisiche, ma-

tematiche e naturali dell’Università di Roma. Tanto è vero che il 19 gennaio 1891 fu immatricolata, pagando £. 40 e £. 37,90 C., rispettivamente per la prima e la seconda rata delle tasse di iscrizione, al primo anno del corso di laurea in Scienze naturali, col numero di matricola 6801.

L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà prevedeva per il primo biennio e per gli aspiranti alla laurea in Scienze naturali2:

I° anno Chimica generale Fisica sperimentale Zoologia Botanica Esercizi di Botanica Esercizi di Zoologia Geometria analitica e proiettiva (libero). 2° anno Chimica organica Anatomia comparata Istologia e fisiologia generale Tecnica microscopica Esercizi di chimica Esercizi di fisica Esercizi di anatomia comparata Nel secondo biennio3, per gli aspiranti alla laurea in Scienze naturali, la

facoltà prevedeva: 1° e 2° anno

1 Dal registro d’iscrizione risulta che Montessori avrebbe pagato, oltre la tassa per

l’immatricolazione, anche la tassa di £. 12.90 C. per sostenere gli esami: datata 29 settembre 1891. Inoltre, c’è da segnalare, sempre nel registro d’iscrizione, un errore, poiché il primo anno scolastico non dovrebbe risultare il 1891–92 (come dal registro), ma il 1890–91. Proba-bilmente si tratta di un errore di compilazione, perché dal modulo d’iscrizione alla suddetta facoltà risulta poi 2° biennio. Vedi registro d’iscrizione (n. 1664 carriera scolastica), presente nell’Archivio studenti dell’Università «La Sapienza».

2 Annuario per l’anno scolastico 1890–91, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1890, p. 128. D’ora in avanti questo testo sarà citato nel seguente modo: Annuario 1890–91.

3 Ivi, p. 129.

Appendice – Parte prma

176

Geologia Esercizi di mineralogia, di zoologia, anatomia comparata, botanica e geologia Antropologia Esercizi di antropologia Parassitologia Embriologia comparata Fisiologia vegetale Micetologia Etnografia comparata Tassonomia e corologia dei vertebrati Analisi microscopica delle droghe

I.1.1 Anno Accademico 1890–1891

La giovane marchigiana ottenne, per l’anno scolastico 1890–91, la fre-quenza in tutti gli insegnamenti, sia obbligatori che liberi.

Infatti, Montessori nel primo anno risulta aver frequentato come studente di Scienze Naturali, i corsi obbligatori di: Chimica generale con il professor Stanislao Cannizzaro4; Fisica sperimentale con il professore Pietro Blaserna; Zoologia ed esercizi con Antonio Carruccio e Botanica ed esercizi con il professor Romualdo Pirotta; ed i corsi liberi di: Parassitologia, con il profes-sor Antonio Carruccio; Fisiologia vegetale, col professor Romualdo Pirotta; Anatomia descrittiva ed esercizi col professor Francesco Todaro; Lingua te-desca col professor Giuseppe Schuhmann ed infine Anatomia microscopica ed esercizi col professor Michele Giuliani5.

Le lezioni di Chimica generale del professor Stanislao Cannizzaro si svolgevano nell’Istituto chimico il martedì, giovedì e sabato dalle 10.30 alle 11.30. Nello stesso Istituto e dal medesimo professore venivano svolte anche le lezioni di Chimica organica ed Esercizi di chimica6.

Presso l’Istituto fisico, il professor Pietro Blaserna teneva le sue lezioni di Fisica sperimentale dal martedì al sabato dalle 08.30 alle 09.30 ed il lunedì e

4 D’ora in avanti per le notizie riguardanti i docenti universitari citati in questo scritto, si

rimanda alla nota biografica, Appendice, Parte II. 5 Non tutti gli insegnamenti liberi seguiti da Montessori, sono presenti nell’ordine degli

studi previsto dalla Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali, per gli aspiranti alla laurea in Scienze naturali. Infatti le materie di Anatomia descrittiva ed esercizi, Lingua tede-sca e Anatomia microscopica ed esercizi non risultano nell’elenco degli insegnamenti liberi previsti dalla facoltà. Vedi Annuario 1890–91, pp. 128–129.

6 Le lezioni di Chimica organica si svolgevano il mercoledì ed il venerdì dalle 10.30 alle 11.30; le lezioni di Esercizi di chimica, tenute sempre presso l’Istituto di chimica, si svolge-vano il martedì, giovedì e sabato dalle 12.30 alle 14.00. Dal registro d’iscrizione, Montessori risulta aver frequentato nell’anno 1890–91 solo Chimica generale. Ivi, pp. 130–131 e Parte IV.3, All. n. 2, del presente libro.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

177

venerdì dalle 07.00 alle 10.307. Presso l’Istituto botanico, Montessori fre-quentò il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle 09.30 alle 10.30 il corso di Botanica tenuto dal professor Romualdo Pirotta ed il giovedì, il venerdì e il sabato, dalle 14.30 alle 16.30, seguì nello stesso Istituto gli esercizi di bota-nica8.

La giovane studentessa seguì il corso Zoologia, presso la Scuola di Zoo-logia: il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 13.00 alle 14.00 e nello stesso tempo seguiva, nel Gabinetto di Zoologia gli esercizi di Zoologia che si te-nevano negli stessi giorni, ma con orari diversi: dalle 16.00 alle 17.009.

Montessori nell’anno scolastico 1890–91 affrontò e superò, come risulta dai verbali, tre esami: Botanica, Zoologia e Fisica sperimentale.

Botanica10 La studentessa sostenne e superò l’esame nel primo periodo della sessio-

ne ordinaria: il 17 giugno 1891, con la votazione di 25/30. Gli argomenti del-le domande furono: Morfologia dei membri della pianta; Radice; Amido; Composte11. La commissione d’esame era costituita da: Romualdo Pirotta, professore ordinario per Botanica e predetto per Fisiologia vegetale; Antonio Carruccio, professore ordinario per Zoologia ed insegnante libero con effetti legali per Parassitologia ed il dottor Carlo Avetta assistente per Botanica.

Il professor Romualdo Pirotta nel 1890, pubblicò su varie riviste articoli e saggi riguardanti la materia da lui insegnata. Tra le tante pubblicazioni ricor-diamo:

a) Sulla presenza in Lombardia della Commelina communis (Firenze, 1890);

b) Le specie italiane del genere Helleborus, secondo il Dott. V. Schif-fner (1890);

c) Flora, nella Guida della provincia di Roma del Dott. E. Abbate (Ro-ma, 1890);

d) Note e comunicazioni nel Bollettino della Società botanica italiana dell’anno 1889–90 (Firenze, 1890);

e) Annuario del Regio Istituto botanico di Roma (Roma, 1890). Anche il dottor Carlo Avetta allora assistente per Botanica nell’Istituto

Botanico dal 9 giugno 1890, pubblicò: a) Contribuzione allo studio della Micologia romana (1885);

7 Ibidem. Il professor Blaserna teneva presso l’Istituto fisico, oltre le lezioni di Fisica spe-

rimentale, anche gli Esercizi di fisica, sia per i matematici che per i naturalisti. Le lezioni si svolgevano: per il primo insegnamento, il martedì, giovedì, sabato e la domenica dalle 08.00 alle 10.00; mentre per il secondo insegnamento, il venerdì dalle 07.30 alle 10.30.

8 Ibidem. 9 Ibidem. 10 Vedi, Parte IV. All. n. 3. D’ora in avanti tutti gli statini degli esami sostenuti da Mon-

tessori, saranno inseriti in un’Appendice documentaria, presente nella parte IV di questo libro. 11 D’ora in avanti gli argomenti delle domande d’esame saranno dall’autore scritte in cor-

sivo per agevolarne l’identificazione.

Appendice – Parte prma

178

b) Contribuzione allo studio delle anomalie di struttura nelle radici del-le Dicotiledoni (1888);

c) Ricerche anatomo–istologiche sul fusto e sulla radice dell’Atraphaxis spinosa (1888);

d) Contribuzione all’anatomia ed istologia della radice e del fusto dell’Antigonon lepropus Hook (1888);

e) Prima, seconda, terza, quarta e quinta contribuzione alla flora dello scioa (Firenze, 1890).

Dalle argomentazioni trattate in seduta d’esame dalla Montessori non è facile raccogliere e ricostruire il programma. Tuttavia è possibile attraverso un elenco di pubblicazioni e una conoscenza meticolosa del docente giunge-re alle probabili lezioni tenute dallo stesso durante l’anno ed ai testi relati-vi12.

Per quanto riguarda l’esame di Botanica, indubbiamente, Montessori por-tò libri concernenti le piante, la loro crescita e le possibili cure per un buon sviluppo. Ricordiamo che, proprio nello stesso periodo in cui Montessori so-stenne l’esame, il professor Pirotta fondò e diresse l’Annuario del Regio Isti-tuto Botanico di Roma, inoltre promosse la costituzione del Parco nazionale d’Abruzzo, e compì ricerche di fitopatologia, di anatomia ed embriologia vegetali.

Il dottor Avetta, invece, proprio in quel periodo, si interessava all’ana-tomia e citologia; particolarmente importanti furono le sue osservazioni sulle anomalie di struttura delle radici delle Dicotiledoni. Altri lavori si riferivano, invece, a particolari citologici, ed altri davano notizia sulle piante medicinali. Un probabile testo su cui Montessori avrebbe preparato quest’esame, può es-sere: Contribuzione allo studio delle anomalie di scrittura nelle radici delle Dicotiledoni e Contribuzione all’anatomia ed istologia della radice e del fu-sto dell’Antigonon leptopus.

Zoologia Nella stessa sessione Montessori sostenne l’esame di Zoologia, 22 giugno

1891, con l’insegnante Antonio Carruccio con la votazione di 24/30. Gli ar-gomenti trattati furono: Miriapodi e Molluschi. La commissione d’esame era composta da: Antonio Carruccio, professore ordinario di Zoologia e predetto per Parassitologia; Francesco Gasco, professore ordinario di Anatomia Comparata e insegnante libero con effetti legali per Embriologia comparata, e Decio Vinciguerra anch’egli insegnante libero.

Nell’anno in cui Montessori sostenne l’esame con Carruccio professore ordinario nella summenzionata materia e favorito per Parassitologia. A lui si deve la fondazione dello Spallanzani, Giornale per le scienze biologiche

12 Per ricostruire la bibliografia del docente, ho consultato: l’Enciclopedia Universale Riz-

zoli, il Dizionario biografico degli Italiani e gli Annuari scolastici. Ciò ha reso possibile ipo-tizzare il percorso formativo e le letture accademiche di Maria Montessori.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

179

(Medicina, Chirurgia, Zoologia, Parassitologia e Anatomia), del quale fu an-che direttore.

Tra le varie pubblicazioni di Carruccio che ci potrebbero essere d’aiuto per la composizione del programma d’esame, citiamo:

a) Primi studi sulla collezione zoologica della Caracciolo e lettera al comandante Carlo de Amezaga (Roma, 1885);

b) Sull’avvelenamento per ingestione di pesci. Contribuzione allo studio dei pesci tossicofori indigeni ed esotici (Roma, 1887);

c) Fauna locale. Specie animali della provincia di Roma esistenti nella nuova collezione. Mammiferi, uccelli (Roma, 1888);

d) Quesiti pel corso libero di lezioni e di pratiche esercitazioni sulla Parassitologia: quarta edizione del programma ragionato (Roma, 1890);

e) Due lavori dimenticati del periodo classico dell’anatomia della cute, e rivendicazione a un italiano fatta dal professor Unna di Amburgo (Roma, 1890);

f) La tolleranza del fegato alle operazioni. Esperimenti del prof. Pon-fick (Roma, 1890);

g) Influenza del sonno sul ricambio materiale, ricerche del Dott. H. La-ehr;

h) Sull’attiva riduzione dell’ossiemoglobina nelle ascensioni, secondo il dottore Henocque;

i) Il veleno della vipera ed il suo antidoto, secondo il dottore Kauf-fmann (1890);

j) Sopra un avvelenamento per carne infetta, del dottor Garthner; k) Ricerche sulla durata della vita dei microbi patogeni, dei dottori

Straus e Dubarry; l) Il suolo e la campagna romana, secondo il dott. Orth (Roma, 1890); m) Sui Musei ed Istituti Zoologici di Berlino e Vienna visitati nell’agosto

e nel settembre 1890 dal prof. A. Carruccio (1890); n) Contributo allo studio dei Coleotteri della provincia di Roma; o) Fam. Cerambycidae («Bollettino del Museo Zoologico della Regia

Università di Roma» 1890); p) Rettili ed anfibi della provincia di Roma. Introduzione. Ord. Chelo-

nia. Ord. Sauri (1891). Nella commissione esaminatrice, come abbiamo detto poc’anzi, vi era

anche il dottor Decio Vinciguerra, conservatore del Gabinetto di Zoologia dell’Università di Roma e professore di Scienze naturali nella Regia Scuola tecnica «Giulio Romano» e dottore aggregato nella Regia Università di Ge-nova per Zoologia.

Tra le pubblicazioni del Vinciguerra ricordiamo: a) Pesci della provincia di Roma esistenti nella nuova collezione locale

del Museo di Zoologia della R. Università di Roma (1889);

Appendice – Parte prma

180

b) Intorno ad alcune specie di pesci raccolte dal dott. Enrico Stassano presso la costa occidentale del Sahara («Annali d’Agricoltura». Ro-ma, 1890);

c) Viaggio di L. Fea in birmania e regioni vicine. Pesci (con 5 tavole, una carta geografica e molte incisioni. «Annali del Museo civico di Genova». 1890);

d) Contribuzione alla fauna Ornitologia di Assab (1890); e) L’indirizzo e lo scopo del Museo di Storia Naturale, discorso del

prof. W. H. Flower (tradotto in collaborazione col marchese G. Do-ria). (Genova, 1890).

Dalle molteplici pubblicazioni, la studentessa potrebbe aver portato nel suo programma d’esame testi concernenti la fauna laziale e le specie esotiche raccolte nel Museo romano. Il Carruccio infatti, in quegli anni, aveva mani-festato una preferenza per gli studi sistematici, mostrando come non fosse possibile studiare collezioni botaniche e zoologiche senza conoscere i dati che venivano forniti dall’embriologia, dalla paleontologia e dall’anatomia comparata. La passione per le collezioni botaniche lo condusse a creare a Roma, proprio nel periodo in cui la giovane studentessa frequentava le sue lezioni, un Museo di zoologia. Grazie a questa iniziativa, Carruccio, ottenne non solo numerosi esemplari di uccelli e mammiferi, ma anche interessanti animali provenienti dall’Africa, dal Giappone e da altri Paesi, inviati al Mu-seo da studiosi e dal re Umberto I che donò tutto il materiale esotico della splendida collezione di Moncalieri. Sugli esemplari della collezione romana, il Carruccio pubblicò una serie di accurati studi. Montessori nelle lezioni se-guite per sostenere quest’esame potrebbe aver studiato uno o più testi, prima elencati, trattanti questi argomenti.

Fisica sperimentale Terzo ed ultimo esame che Montessori affrontò e superò nella sessione

ordinaria, fu Fisica sperimentale, il giorno 5 luglio 1891 con la votazione di 27/30, con il professore di cattedra Pietro Blaserna. Gli argomenti delle do-mande d’esame furono: Legge di Mariotte; Indice di rifrazione e Spettrosco-pia. I commissari d’esame erano: Pietro Blaserna, professore ordinario per Fisica Sperimentale, Pietro Grimaldi insegnante libero per Fisica ed un terzo docente il cui nome è illeggibile, anche se supponiamo essere quella del pro-fessor Filippo Keller.

Tra le pubblicazioni del professor Pietro Blaserna, ricordiamo: a) Un harmonium colla scala matematicamente esatta (Roma, 1890). Nella commissione esaminatrice erano presenti anche i dottori: Pietro

Grimaldi, assistente per Fisica dal 18 dicembre 1888, e Pietro Cardani, inse-gnante libero con effetti legali per Fisica dall’8 giugno 188913. L’interesse

13 Il nome del dott. Pietro Cardani non risulta nella commissione esaminatrice dell’esame

sostenuto dalla studentessa marchigiana il 5 luglio 1891. Il Cardani, risulterebbe, insegnante

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

181

maggiore del professor Blaserna, autore di numerose opere scientifiche, era soprattutto legato alle ricerche relative all’induzione elettromagnetica. An-che gli interessi del Cardani in quel periodo erano legati all’elettromagia ed in particolare alle scariche elettriche, infatti ideò un elettrometro assoluto a tubi comunicanti e lo impiegò per la misura della costante dialettrica dello zolfo. Per il complesso di questi lavori, l’Accademia dei Lincei, proprio nel 1890, gli conferì il premio ministeriale per la fisica.

I.1.2 Anno Accademico 1891–1892

Nel secondo anno di corso14, Montessori frequentò, le lezioni di: Anato-mia comparata ed esercizi con il professor Francesco Gasco; Istologia e fi-siologia generale e Tecnica microscopica con Giuseppe Magini15; Esercizi di Fisica con Pietro Blaserna e Chimica organica con il professor Stanislao Cannizzaro.

Montessori frequentò tutti i corsi obbligatori comprese le esercitazioni. Difatti le lezioni e le esercitazioni di Anatomia comparata la giovane Maria le seguì il lunedì, il martedì e il mercoledì dalle 13.00 alle 14.00 e gli eserci-zi, invece, il lunedì dalle 12.00 alle 13.00, il mercoledì dalle 09.00 alle 12.00 ed il venerdì dalle 14.00 alle 15.00; entrambi i corsi si conducevano presso il Gabinetto di Anatomia comparata.

Il corso di Istologia e fisiologia generale lo frequentò nell’Istituto fisiolo-gico, il lunedì, il martedì ed il mercoledì dalle 15.30 alle 16.30 e l’esercitazione di Tecnica microscopica, sostenuta nel suddetto Istituto, il giovedì, il venerdì ed il sabato dalle 15.00 alle 17.00; entrambe le discipline erano insegnate dal professor Moriggia. Per quanto riguarda il corso relativo a gli esercizi di Fisica, la pedagogista marchigiana le seguì col professor

libero con effetti legali per Fisica, proprio nell’anno in cui Montessori sostenne l’esame di Fisica sperimentale. Tuttavia è probabile che quel giorno fosse stato assente e sostituito da un altro dottore il cui nome dalla grafia sembrerebbe essere quello del professor Filippo Keller. Vedi Annuario 1890–91, p. 52 e verbale dell’esame presente nell’Appendice, Parte IV, del presente volume.

14 Vedi modulo d’iscrizione anno accademico 1891–92. Appendice, Parte IV, n. 2, del presente volume.

15 L’insegnante Magini Giuseppe risulta dall’Annuario 1891–92 assistente nel Gabinetto d’Istologia e Fisiologia generale dell’Università di Roma, per Istologia. Dall’orario dei corsi, invece, risulta che le lezioni di Istologia e Fisiologia generale e Tecnica microscopica erano impartite dal professor Aliprando Moriggia, straordinario per Istologia e Fisiologia generale ed incaricato per Tecnica microscopica. Quindi è probabile che Montessori abbia seguito le lezioni con il professor Moriggia (anche se dal registro d’iscrizione risulta aver ottenuto la frequenza con il professor Magini), e abbia sostenuto l’esame con il professor Magini. Vedi Annuario per l’anno scolastico 1891–92, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1891, pp. 134–135.

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Blaserna presso l’Istituto fisico, il lunedì e il venerdì dalle 07.30 alle 10.3016. Infine, il corso di Chimica organica le frequentò il lunedì ed il mercoledì dal-le 10.30 alle 11.30 ed il venerdì dalle 10.00 alle 11.3017.

La giovane Maria ottenne la frequenza anche nei corsi liberi di: Anatomia descrittiva ed esercizi, seguita col professor Todaro; Anatomia umana col professor Giuliani; Fisiologia sperimentale col professor Bocci; Embriologia col professor Gasco ed Istologia pratica col professor Magini.

Istologia e Fisiologia generale18 Montessori sostenne e superò l’esame nel primo periodo della sessione:

18 giugno 1892 con la votazione di 25/30. Montessori discusse l’esame non con il professore del corso Aliprando Moriggia, ma con Giuseppe Magini, che figura tra gli insegnanti liberi aventi effetti legali ed assistente nel Gabi-netto d’Istologia e Fisiologia generale, oltre che membro ordinario per Isto-logia dal 1 febbraio 189019. Tra i membri della commissione esaminatrice troviamo: Francesco Gasco, professore ordinario di Anatomia comparata e predetto per l’Embriologia comparata, ed il dott. Baldovino Bocci, insegnan-te libero con effetti legali per Fisiologia sperimentale dal 30 novembre 1884. La domanda d’esame concerneva il Protoplasma e sue proprietà.

Tra gli scritti del dott. Giuseppe Magini ricordiamo: a) La diversa ubicazione del carioplasma e del nucleolo nella cellula

nervosa motoria (Roma, 1890); b) Alcuni nuovi caratteri differenziali delle cellule nervose (1890); c) Alterazioni isto�patologiche dei centri nervosi prodotti da scariche

elettriche (Roma, 1890). Tra le pubblicazioni del dottor. Bocci troviamo: a) Un nuovo apparecchio il pesca–acido per le analisi dell’acido del

succo gastrico nell’uomo (Roma, 1890);

16 Nell’anno scolastico 1891–92, Montessori avrebbe frequentato gli esercizi di Fisica.

Dal registro d’iscrizione, come è stato detto, risulta che Montessori frequentò gli esercizi di Fisica. In quell’anno, come nell’anno precedente, gli esercizi di Fisica erano divisi per corsi di laurea: le lezioni per i matematici e per i naturalisti. Entrambi i corsi erano impartiti dal pro-fessor Blaserna nello stesso Istituto. Il primo corso (quello per i matematici) si effettuava il martedì, giovedì, sabato e domenica dalle 08.00 alle 10.00; il secondo risulta quello summen-zionato. Ivi, pp. 134–135.

17 Il professor Cannizzaro oltre a sostenere il corso di Chimica organica, svolgeva anche il corso di Chimica generale e gli esercizi di chimica. Montessori si suppone che abbia seguito il corso di Chimica organica, in quanto risulta dal registro d’iscrizione. Ibidem.

18 Vedi Parte IV. D’ora in avanti tutti gli statini degli esami sostenuti da Montessori, sa-ranno inseriti in un’Appendice documentaria, presente nella parte IV di questo libro.

19 Vedi Parte IV e l’Annuario 1891–92, p. 42. Difatti nel modulo delle iscrizioni, Montes-sori sembrerebbe essersi iscritta al corso di Fisiologia e Istologia generale e Tecnica micro-scopica col professor Aliprando Moriggia, ma dal verbale d’esame, risulta aver sostenuto l’esame con l’assistente Giuseppe Magini, il prof. Francesco Gasco ed un terzo professore, il cui nome è illeggibile, ma supponiamo essere dalla difficile grafia quella del prof. Baldovino Bocci.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

183

b) La dialettica del pensiero nella Scienza della vita (Prolusione del corso libero di Fisiologia sperimentale per l’anno scolastico 1892–93).

Anatomia comparata Montessori sostenne e superò l’esame il 28 giugno 1892, nel primo pe-

riodo della sessione, col professore di cattedra Francesco Gasco, riportando la votazione di 29/30. Le domande d’esame furono: Tessuto muscolare. Si-stema nervoso. Sistema digerente. La commissione esaminatrice per l’esame era costituita dal professore Francesco Gasco, ordinario per l’Anatomia comparata e predetto per l’Embriologia comparata; dal professore ordinario di Zoologia e predetto per Parassitologia Antonio Carruccio e dal dottor Ce-sare Crety.

Il professor Gasco, in quel periodo, partecipava con assiduità ai vari Con-gressi di Medicina, nei quali (nella sezione anatomica) non perse occasione per rendere pubblico il progresso di alcuni argomenti di carattere embriolo-gico.

Tra le pubblicazioni del professor Gasco ricordiamo: a) Descrizione di alcuni Echinodermi nuovi o per la prima volta trovati

nel Mediterraneo (1876); b) Catalogo ragionato dei rettili e dei vertebrati raccolti nel basso, me-

dio ed alto Egitto nel 1873�1874 (1877); c) Intorno alla storia dello sviluppo del tritone alpestre (1880�81); d) Libertà d’insegnamento e libertà di studio (1892). Il dottor Crety in quel periodo pubblicò molte delle sue ricerche riguar-

danti l’anatomia, tra le quali citiamo: a) Ricerche anatomiche ed istologiche sul genere Solenophorus (Roma,

1890); b) Contribuzione all’anatomia muscolare e nervoso del Dibothrior-

hynchus Benedeni Crety (Napoli, 1890); c) Sopra alcuni cisticerchi di una foca (Torino, 1890).

Chimica Generale ed organica La studentessa, il 3 luglio del 1892, superò l’esame di Chimica generale

ed organica20 col professor Stanislao Cannizzaro, ordinario di Chimica gene-

20 «In conformità delle disposizioni dell’art. 84 n. I del Regolamento universitario 26 ot-tobre 1890 n. 7337, la Facoltà ha proposto il presente ordine di studi. Lo studente pertanto, sarà libero entro il regolamento della Facoltà, d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che vorrà seguire, senza attenersi al presente ordine (art. 27 del citato regolamento universitario).

Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non si sarà iscritto almeno a tre corsi ob-bligatori. Lo studente iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera scola-stica, avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quante ne occorre-ranno per renderli validi. Se lo studente non avrà adempito siffatto obbligo, la segreteria an-nullerà le iscrizioni, che egli avrà preso oltre il dovere.

Inoltre la Facoltà ha deliberato: I° che il numero massimo delle iscrizioni ai corsi liberi sia nel primo biennio di 3 e per il secondo di 4 all’anno. 2° che ai laureandi in matematiche sia

Appendice – Parte prma

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rale e incaricato per Chimica organica, con la votazione di 29/30. Nella commissione esaminatrice compaiono anche Augusto Piccini, professore straordinario per Chimica applicata ed incaricato anche per Chimica analitica e insegnante libero con effetti legali per Analisi minerale ed il dott. P. Gucci.

Il professor Cannizzaro insegnò a Roma per quaranta anni e lavorò nel campo della ricerca fino verso i settanta anni. Tra le sue pubblicazioni più significative troviamo:

a) Sunto di un corso di filosofia chimica (1858); b) Intorno agli alcaloidi derivati dall’alcool benzilico (1866); c) Relazione sull’analisi di quattro acque di Torino (1880); d) Azione del pentacloruro di fosforo sull’acido santonico (in collabora-

zione con G. Carnelutti). (1880); e) Sui due acidi isomeri santonoso e isosantonoso (1881�82); f) Delle materie organiche nelle acque potabili e del giudizio della bon-

tà delle acque medesime (1882); g) Sui prodotti di decomposizione dell’acido santonoso (1883); h) Sopra un nuovo acido derivato dalla santonina (1885�86); i) Sopra alcuni derivati dell’acido fotosantonico (in collaborazione con

il dottor P. Gucci). (1892). Per l’esame di Chimica generale ed organica non è possibile risalire al

programma ed ai testi perché dal verbale d’esame non risulta alcuna doman-da21. I.2 Maria Montessori alla Facoltà di Medicina e Chirurgia

Nell’anno scolastico 1892–93, dalla documentazione, appare chiaro che

Montessori pagò le tasse: di £. 37,90 C. per la prima e la seconda rata e £. 12,90 C. per gli esami. Pur tuttavia l’anno 1892–93 fu di transizione, poiché la giovane Maria si volle trasferire dalla Facoltà di Scienze naturali a quella di Medicina e chirurgia. Ciò si evince, oltre che dalle numerose biografie scritte su di lei, in cui viene indagato il probabile motivo del passaggio da

pure fatto obbligo nel secondo biennio, qualora non intendano iscriversi che a cinque soli cor-si, di frequentare per due anni uno dei tre corsi di analisi superiore, geometria superiore, mec-canica superiore e fisica matematica. 3° che per la fisica sperimentale le disposizioni dell’art. 33 del regolamento universitario s’interpretino nel senso che l’esame si dia alla fine del primo biennio di studio, cioè a dire dopo che gli studenti nel primo anno abbiano sentito il corso ora-le e, nel secondo, dato opera agli esercizi pratici. 4° che gli aspiranti alla Laurea in Scienze naturali e gli aspiranti alla Laurea in Chimica che fanno il primo biennio di Scienze naturali, diano per Chimica generale e Chimica organica un esame unico e complessivo alla fine del primo biennio». Vedi, Annuario 1891–92, cit., p. 132.

21 Per quanto riguarda l’esame di Chimica generale ed organica, nel verbale d’esame, ri-sulta indicata la data, i professori ed il voto, ma non risultano gli argomenti delle domande. Vedi Parte IV. n. 8.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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una facoltà all’altra, anche dai documenti consultati. Tanto è vero che dal re-gistro d’iscrizione, presente nell’Archivio dell’Università di Roma (Allegato nell’Appendice documentaria), si arguisce, materialmente, la transizione: in primo luogo attraverso il pagamento del supplemento tasse e del supplemen-to soprattasse rispettivamente di £. 70 C. e di £. 8,34 C., corrisposte entram-be il giorno 11 febbraio 1893; in secondo luogo dalla data di dispensa delle tasse della prima e seconda rata, dispense datate 18 gennaio 1893 e 26 set-tembre 1893. Inoltre, il passaggio alla Facoltà di Medicina è confermato dai corsi seguiti, come studente di Medicina, anche se Montessori risulta ancora nell’elenco degli studenti iscritti alla Facoltà di Scienze naturali22.

Negli anni accademici 1892�93, 1893�94, 1894�95, 1895�96, Montes-sori si iscrisse rispettivamente al 3°�4°�5°�6° anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia, col numero di matricola 166423.

L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Medicina e chirurgia pre-vedeva24:

3° Anno Corsi obbligatori

Anatomia umana normale topografica Chimica e fisica fisiologica Fisiologia sperimentale Patologia generale Esercizi di anatomia umana normale topografica 4° Anno

Corsi obbligatori Clinica medica propedeutica Istituzioni di anatomia patologica Materia medica e tossicologia Medicina legale Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica Patologia speciale medica 5° Anno

Corsi obbligatori Anatomia chirurgica e corso d’operazioni Anatomia patologica dimostrativa Clinica chirurgica Clinica medica Clinica oculistica Igiene sperimentale

Corsi complementari

22 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1892–93, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1993, p. 220 e Parte IV.3, All. n. 2 della tesi. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1892–93).

23 Vedi Parte IV. n. 31 e 31/bis, del presente libro. 24 Vedi Annuario 1892–93, p. 176.

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Otoiatria 6° Anno

Corsi obbligatori Anatomia patologica dimostrativa Clinica chirurgica Clinica dermosifilopatica Clinica medica Clinica ostetrica Clinica psichiatrica

Corsi complementari Otoiatria

I.2.1 Anno Accademico 1892–93

Nel l’anno 1892–93, dal registro d’iscrizione, appare chiaro che Montes-sori frequentò sia i corsi obbligatori che quelli liberi. Infatti, tra i corsi obbli-gatori, ottenne la frequenza in: Anatomia topografica ed esercizi, tenuto dal professor Francesco Todaro; Anatomia microscopica ed esercizi col profes-sor Michele Giuliani; Chimica e fisica fisiologica con Giuseppe Colasanti; Patologia generale con Antonio Valenti; Materia medica con Giuseppe Cola-santi e Fisiologia sperimentale col professor Jacopo Moleschott. Nei corsi liberi, invece, ottenne la frequenza nelle seguenti materie: Embriologia, che seguì col professor Francesco Todaro; Anatomia del sistema nervoso centra-le con Giovanni Mingazzini; Chimica clinica con Giuseppe Colasanti e Zoo-logia medica col professor Pietro Mingazzini.

La giovane Maria seguì i corsi di Anatomia umana normale topografica tenuti dal professor Todaro, presso l’Istituto anatomico, il giovedì e sabato dalle 12.00 alle 15.30 e gli esercizi nella stessa materia nello stesso Istituto e con il medesimo professore il giovedì e venerdì dalle 07.00 alle 10.00. Per quanto riguarda il corso di Anatomia umana normale microscopica, tenuta presso l’Istituto anatomico dal professor Michele Giuliani, la studentessa se-guiva la lezione il giovedì e sabato dalle 12.30 alle 14.00 ed il lunedì, marte-dì e mercoledì dalle 12.30 alle 14.00. Montessori nello stesso Istituto fre-quentava gli Esercizi di Anatomia microscopica e le lezioni di Chimica e fi-sica fisiologica il venerdì dalle 14.00 alle 15.30, Esercizi e lezioni, svolti dal professor Colasanti. Il corso di Patologia generale lo seguì presso l’Istituto anatomico il giovedì e sabato dalle 12.00 alle 13.30, tenuto dal professor Va-lenti. Le lezioni di Materia medica svolte dal professor Colasanti, venivano seguite da Montessori presso l’Istituto fisiologico il lunedì, martedì e merco-ledì dalle 14.00 alle 15.0025.

25 Le lezioni di Materia medica erano impartite dal dottor Rocco Santoliquido presso la

scuola d’Igiene, mentre le lezioni del professor Colasanti si svolgevano nelle ore e giorni

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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Per quanto concerne i corsi liberi, anche qui Montessori ottenne la fre-quenza in tutti gl’insegnamenti. Infatti frequentò le lezioni di Embriologia tenute dal professor Todaro, presso l’Istituto anatomico il venerdì e sabato dalle 11.30 alle 12.3026. Le lezioni di Anatomia del sistema nervoso centrale (corso che fa parte dei corsi a titolo privato complementari), Montessori le seguiva con il dottor Giovanni Mingazzini, il lunedì e venerdì dalle 16.30 alle 18.00, presso l’Istituto anatomico. Il corso di Chimica clinica, facente parte dei corsi a titolo privato equivalenti ai corsi ufficiali, si svolgeva presso l’Istituto fisiologico il martedì dalle 15.00 alle 16.00 e la domenica dalle 10.00 alle 12.00, ed era tenuto dal professor Colasanti. Le lezioni di Zoolo-gia medica, corso facente parte di quelli a titolo privato complementari, ve-nivano impartite dal dottor Pio Mingazzini, presso l’Istituto anatomico il martedì dalle 15.00 alle 16.30 e la domenica dalle 10.00 alle 11.30.

Nel primo anno di corso27 Montessori superò quattro esami: Anatomia umana normale, che racchiudeva Anatomia umana normale descrittiva, to-pografica, microscopica ed i relativi Esercizi, insegnamento sostenuto dal professor Todaro; Patologia generale con il professor Valenti; Fisiologia spe-rimentale con il Todaro28 ed un esame del quarto anno: Materia medica29 con il professor Colasanti (Montessori frequentò tutti e quattro i corsi).

Le lezioni di Anatomia umana normale microscopica, del professor Mi-chele Giuliani, Montessori le frequentava il giovedì e il sabato dalle 12.30 alle 14.00 e quelle di Anatomia umana normale topografica, del professor Francesco Todaro, il giovedì e il sabato dalle 14.00 alle 15.30; tutte si tene-vano nell’Istituto anatomico. Anche le lezioni di Patologia generale, del pro-

summenzionati, ma il nome dell’insegnamento non figura come Materia medica, bensì come Materia medica e tossicologica, e non compare tra i corsi ufficiali, ma tra i corsi a titolo priva-to equivalenti ai corsi ufficiali. Ivi, pp. 160–163.

26 L’insegnamento di Embriologia risulta tale nel registro d’iscrizione (vedi Parte IV.3, Allegato n. 2 della tesi), mentre nell’Annuario compare Embriologia comparata insegnata dal professor Todaro e dal professor Francesco Gasco. Tale insegnamento viene tenuto presso il Gabinetto di Anatomia comparata il giovedì, venerdì e sabato dalle 12.00 alle 14.00. Inoltre l’Embriologia comparata figura non tra i semplici corsi ufficiali, ma tra i corsi a titolo privato equivalenti ai corsi ufficiali. Ivi, pp. 160–161.

27 Montessori si iscrisse alla facoltà di Medicina e chirurgia e le furono convalidati tutti gli esami che aveva sostenuto a Scienze naturali; pertanto iniziò a frequentare il terzo anno di corso di Medicina e chirurgia, nell’anno 1892–93, ma nell’elenco degli studenti della sum-menzionata facoltà, risultò solo dall’anno successivo. C’è poi da rilevare che, in quell’anno (1892–93), Montessori risultò nell’elenco degli studenti accettati agli esami di Laurea e finali. Infatti ella figura come Licenziata in Scienze naturali, insieme solo ad un’altra persona di no-me Ettore Ricci. Vedi Annuario per l’anno scolastico 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pal-lotta, 1894, p. 264. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1893–94).

28 Per l’esame di Fisiologia sperimentale dal verbale d’esame risulta aver sostenuto l’esame con il professore Francesco Todaro, il professor Colasanti e con il dottor Bocci. Vedi Parte IV n. 11. Il prof. Jacopo Moleschott, invece, risulta l’insegnante con cui Montessori fre-quentò il corso, ma non diede l’esame. Vedi Annuario 1892–93, p. 160.

29 L’insegnamento della Materia medica tossicologica, risulta infatti nell’ordine degli stu-di consigliato dalla facoltà, tra gli insegnamenti del quarto anno. Ivi, p. 158.

Appendice – Parte prma

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fessor Antonio Valenti, si svolgevano presso l’Istituto anatomico il giovedì e il sabato dalle 12.00 alle 13.30. Le lezioni di Fisiologia sperimentale, impar-tite dal professor Jacopo Moleschott erano tenute presso l’Istituto fisiologi-co, il giovedì venerdì e sabato dalle 15.30 alle 16.30. Le lezioni di Materia medica del professor Colasanti30 Montessori le frequentava presso la Scuola d’Igiene (allora in Piazza Vittorio Emanuele), tenute però dal dottor Rocco Santoliquido. Il professor Colasanti, in quell’anno, sosteneva le lezioni per Materia medica e Tossicologica, il lunedì, martedì e mercoledì dalle 14.00 alle 15.00, presso l’Istituto fisiologico. Montessori potrebbe aver seguito, quasi sicuramente, le lezioni del professor Colasanti, come risulta dal Regi-stro d’iscrizione, anche se nella commissione d’esame risulta essere presente anche il dottor Santoliquido.

Anatomia umana normale Montessori sostenne l’esame nella prima sessione ordinaria e precisamen-

te il giorno 2 giugno 1893, con i professori Francesco Todaro, ordinario per Anatomia umana normale descrittiva e topografica, Michele Giuliani, pro-fessore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e predetto per Anatomia umana normale descrittiva, e Giovanni Mingazzini, insegnante libero con effetti legali per Anatomia umana dal 27 novembre 1888. La stu-dentessa superò l’esame con la votazione di 25/30; gli argomenti delle do-mande consistettero in: Regione anteriore dell’avambraccio; struttura della lingua. Tra le pubblicazioni del professor Todaro segnaliamo:

a) Sulla gemelliparità e mostruosità doppia nei mammiferi (Roma, 1890); Le prime fasi dello sviluppo dei mammiferi (Milano, 1890);

b) Il metodo sperimentale nella scienza della vita (Roma, 1891); c) Sulla struttura, la maturazione e la fecondazione dell’ovo della Seps

chalcides (Roma, 1891); d) Sopra lo sviluppo della Seps chalcides (Roma, 1892). Tra le pubblicazioni del professor Giovanni Mingazzini, ricordiamo: a) Sul significato onto e filogenetico delle varie forme dell’apertura

pyriformis (Roma, 1890); b) Sopra un encefalo con arresto di sviluppo (Roma, 1890); c) Intorno al decorso delle fibre appartenenti al pedenculus medius ce-

rebelli ed al corpus restiforme (Torino, 1890); d) Osservazioni intorno al cervello di un idiota (1890); e) Descrizione di un cervello umano anomalo (Roma, 1893); f) Intorno a un caso di demenza paralitica combinata con afasia (Ro-

ma, 1893).

30 Dal registro d’iscrizione risulta che Montessori abbia ottenuto la frequenza per

l’insegnamento di Materia medica con il professor Giuseppe Colasanti. Tuttavia nell’elenco degli orari della facoltà di medicina, le lezioni erano svolte dal dottor Rocco Santoliquido. Ivi, pp. 162–163.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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Dalle varie pubblicazioni possiamo dedurre che Montessori, per la prepa-razione di questo esame, potrebbe aver studiato almeno tre testi pubblicati dai professori facenti parte della commissione, poiché tre erano i componenti della commissione esaminatrice e tre erano i corsi inerenti alla materia sopra citata.

Patologia generale L’esame venne sostenuto il 1 luglio 1893, con una commissione formata

da tre componenti: Antonio Valenti, professore straordinario per Patologia generale; Luigi Luciani, professore ordinario per Fisiologia umana ed incari-cato per Tecnica fisiologica e Virgilio Pensuti31. Montessori superò l’esame con la votazione di 30/30 e con una sola domanda: Natura e morfologia dei batteri.

Tra le pubblicazioni del professor Valenti troviamo: a) Lettera al Ch.mo prof. Luigi Lucchini sul programma

d’insegnamento della patologia generale per l’anno 1889–90, pub-blicata nell’Università, Rivista dell’Istruzione superiore (Bologna, 1890);

b) Etiologia e patogenesi della melanemia e della infezione malarica. Due lezioni dettate nell’Istituto anatomico e fisiologico nell’anno 1889–90 (Roma, 1890);

c) Un nuovo indicatore micrografico applicabile a qualunque micro-scopio a tavolino quadrangolare (Roma,1893).

Fisiologia sperimentale32 Montessori sostenne l’esame nel primo periodo della sessione, il 6 luglio

1893, e lo superò con la votazione di 30/30 rispondendo a domande su la

31 Dal verbale d’esame sembrerebbe risultare tra i componenti della commissione il profes-

sor Pensuti, ma non in maniera certa, data la precarietà del documento. Vedi Parte IV. n. 10. 32 Per quanto riguarda l’esame di Fisiologia sperimentale, dal registro d’iscrizione risulta

che Montessori ottenne la frequenza con il professor Jacopo Moleschott, ma dal verbale d’esame risulta aver sostenuto il suddetto esame con i professori: Colasanti, Todaro e Bocci. Bisogna tener presente che il professor Moleschott, nell’anno 1892–93, figurava anche come professore ordinario per Fisiologia umana; inoltre era professore onorario della facoltà Medi-co–chirurgica della Regia Università di Torino, sempre per Fisiologia umana, e Direttore dell’Istituto Fisiologico, situato presso l’Istituto Anatomico–fisiologica in via Depretis, 32 in Roma, affiancato dai dottori Dutto Umberto e Jacongelli Tommaso. Tra le sue opere principa-li troviamo: La circolazione della vita (1852), uscita in italiano con la traduzione di Lombro-so, nel 1869; Dei limiti della natura umana (1864); L’unità della vita (1864); Per una festa della scienza (1888); Salvatore Tommasi e la Riforma della Medicina in Italia (Roma, 1890); Untersuchungen zur Naturlehre des Menschen und der Thiere (Giessen, 1890); Seconda edi-zione pubblicata nel 1892; Ueber die Erzeugung von Händer und Füssen (Giessen, 1892). È probabile che la giovane marchigiana portò all’esame almeno un testo di Moleschott, poiché, nonostante il suo nome non compaia tra i professori dell’esame di Fisiologia sperimentale, il suo nome figura come insegnante del corso del summenzionato insegnamento, che Montesso-ri seguì nel 1892–93. Vedi Annuario 1892–93, p. 72 e Parte IV. n.11.

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Dottrina fisiologica e la Chimica respiratoria. La commissione esaminatrice era composta dai professori: Francesco Todaro, ordinario per Anatomia u-mana normale descrittiva e topografica; Giuseppe Colasanti, professore stra-ordinario per Materia medica e Farmacologia sperimentale e incaricato per Chimica e Fisica fisiologica e per Chimica clinica nell’anno 1893–94, ed il dottor Baldovino Bocci, membro corrispondente nazionale della R. Accade-mia medica di Roma ed insegnante libero con effetti legali per Fisiologia sperimentale dal 30 novembre 188433.

Tra le pubblicazioni del professor Todaro ricordiamo: a) Il metodo sperimentale nella scienza della vita (Discorso inaugurale

per la R. Università di Roma, 1891); b) Sulla struttura, la maturazione e la fecondazione dell’ovo della seps

chalcides (Roma, 1891); c) Le prime fasi dello sviluppo dei mammiferi (Milano, 1891). Tra le pubblicazioni del professor Colasanti: a) La tossicità dell’orina nel morbo di Addison (Roma, 1892); b) La formazione della pirocatechina nell’organismo, 1892; Eine neue

Anwendung der Reaction von Molisch (Giessen Moleschott’s Unter-suchungen, 1892).

Ed infine ricordiamo le pubblicazioni del dottor Bocci: a) L’Igiene della vita: la vista, l’odorato, il gusto, l’udito, il tatto (Ro-

ma, 1892). (Rivista illustrata «Natura ed arte»); b) L’organo del gusto (1892); c) Guida tecnica del medico igienista (1892); d) La dialettica del pensiero nella Scienza della vita (Prolusione del

corso libero di Fisiologia sperimentale per l’anno scolastico 1892–93);

e) Un nuovo apparecchio il pesca–acido per l’analisi dell’acido del succo gastrico nell’uomo (Roma, 1890);

f) Il pesca–acido nell’analisi quantitativa dell’acido del succo gastrico nell’uomo (1890);

g) Se la secrezione gastrica sia continua o intermittente (in collabora-zione col prof. P. Postempski. 1890);

h) Un caso di epilessia corticale nell’uomo (in collaborazione con il prof. P. Postempski. 1890);

i) Centri motori corticali (in collaborazione con il prof. P. Postempski, 1890).

Dalle pubblicazioni, non è facile risalire ai testi ed al programma che la studentessa potrebbe aver portato all’esame. Tuttavia, la giovane marchigia-na potrebbe aver studiato su un testo del professor Moleschott, poiché, come risulta dal registro d’iscrizione, la studentessa ottenne la frequenza del corso con tale professore, anche se poi sostenne l’esame con il professor Todaro. A

33 Ivi, p. 75.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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tal proposito, è possibile ipotizzare che Montessori abbia frequentato le le-zioni del professor Moleschott nell’anno 1892–93, ma che non abbia soste-nuto l’esame con il summenzionato professore, poiché il Moleschott morì il 23 maggio 1893: Montessori avrebbe superato l’esame il 6 luglio 1893.

Inoltre, potrebbe aver potato all’esame un testo del professor Moleschott, poiché le sue ricerche riguardavano la circolazione sanguigna, la respirazio-ne, l’innervazione cardiaca, l’azione della luce sugli organismi viventi e an-che argomenti biochimici. Moleschott fu uno dei rappresentanti più signifi-cativi del positivismo materialistico, nato in reazione all’idealismo; egli con-cepiva la realtà come trasformazione costante di una materia organica avente come «proprietà inseparabile» la forza inerente ad essa dall’eternità. Le sue teorie influenzarono la cultura scientifica italiana di quegli anni ed in parti-colare i giovani studenti frequentanti le lezioni.

Le sue lezioni ricche di sapiente e proficua operosità nel vasto campo del-la biologia, delle lettere e della fisiologia positiva, esercitavano un fascino particolare sulla gioventù studentesca romana. Esse risultarono preziose, so-prattutto, per la giovane Maria, che seguì minuziosamente il corso durante tutto l’anno 1893. Le sue lezioni non erano grette e sistematiche, ma segui-vano la freschezza scientifica. Infatti, a Moleschott si devono i proficui studi sull’eliminazione dell’acqua con l’aria espirata, sulla perdita dell’azoto per i tessuti cornei, sulla reazione chimica dei muscoli e del sistema nervoso in riposo ed in attività e indagini chimiche, fisiologiche ed istologiche sul san-gue, sul latte, sugli elementi anatomici dei nostri tessuti ed organi. Egli seppe variamente trattare nel campo fisico, chimico e morfologico i diversi pro-blemi della fisiologia e, come si può constatare dai suoi numerosi scritti, seppe rilevare la geniale combinazione della scienza sperimentale con l’intuito della filosofia materialistica. Il particolare fascino delle sue lezioni, sembrerebbe aver indotto Montessori a seguire con passione e assiduità fuori dal comune quelle lezioni. Una possibile ragione della sua passione, per le lezioni del professor Moleschott, potrebbe essere il fatto che egli sempre si industriò (attraverso gli scritti e le parole), a favore dei deboli, dei bisognosi ed era sempre pronto a far sentire la sua voce in difesa della libertà, dei dirit-ti del popolo e degli interessi della scienza. Le sue idee venivano spesso ri-petute nelle sue lezioni, di cui Montessori fu attenta spettatrice34.

Materia medica Montessori sostenne e superò l’esame il 31 ottobre 1893 nel secondo pe-

riodo della sessione, con la votazione di 27/30 e con una sola domanda ri-guardante l’Arsenico. La commissione esaminatrice era composta dai profes-sori: Giuseppe Colasanti, Davide Toscani e Rocco Santoliquido. Il professor Colasanti era incaricato per Chimica e Fisica fisiologica ed anche insegnante libero per Chimica clinica e professore straordinario per Materia medica e

34 Ivi, pp. 127–129.

Appendice – Parte prma

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Tossicologica e Farmacologia sperimentale; il Toscani era professore ordina-rio per Medicina legale ed il dottor Santoliquido insegnante libero per Mate-ria medica dal 13 giugno 1891.

Tra le pubblicazioni del professor Colasanti più significative e che po-trebbero ricondurci ai probabili testi studiati dalla Montessori ricordiamo:

a) La tossicità dell’eroina nel morbo di Addison (Roma, 1892); b) La formazione della pirocatechina nell’organismo (Roma, 1892); c) Ricerche batteriologiche sull’aristolo, dermatolo e idroformio (Roma,

1892–93); d) La formazione dell’allantoina nell’organismo (Roma, 1892–93). Dalle pubblicazioni potrebbero delinearsi i testi studiati dalla Montessori

per sostenere l’esame di Materia medica. L’attitudine del Colasanti alla ri-cerca sperimentale in campo chimico e fisiologico, nel periodo in cui anche gli ambienti scientifici (soprattutto quelli italiani) cominciavano ad essere animati dalle teorie e dai metodi innovativi, in particolare nel settore bio–medico, contribuì a consolidare in lui la passione per la ricerca sperimentale; in questo gli fu d’aiuto il contatto con il Moleschott ed il suo percorso scien-tifico rivolto alle posizioni del materialismo. Egli, come si evidenzia dalle molte presenze nelle commissioni d’esame, presentava una non comune va-rietà di argomenti trattati. Infatti, con i suoi studi, il Colasanti contribuì alle ricerche sull’acido urico, sul meccanismo d’azione dei purganti salini, sull’azione dei cardiocinetici, sull’intossicazione cronica da cloridrato di co-caina. Importanti furono i suoi studi sperimentali sul ruolo del pancreas nella patogenesi del diabete, quelli sul valore terapeutico del sangue e quelli sul ferro nelle feci malariche.

L’attitudine costante anche nelle sue lezioni risultava essere la ricerca farmacologica rappresentante, secondo il Colasanti, un potente ed insostitui-bile metodo biologico di indagine per la comprensione della struttura e della funzione degli esseri viventi.

I.2.2 Anno Accademico 1893–94

Dopo aver sostenuto gli esami del terzo anno, la studentessa si iscrisse al quarto anno di Medicina35. In quell’anno Montessori fu dispensata dal pa-gamento delle tasse con D. R. 11 gennaio 1894 ed anche dal pagamento della tassa sugli esami (3 luglio 1894).

La ragione per la quale fu dispensata dalle tasse, fu la ricezione del pre-mio che la Fondazione Rolli concedeva annualmente a uno studente della fa-

35 L’iscrizione risulta non solo dal registro d’iscrizione, ma anche dall’elenco degli stu-

denti della facoltà di Medicina e chirurgia. Vedi Annuario 1893–94, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1893, p. 264. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1893–94).

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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coltà di Medicina e Chirurgia dei rispettivi anni di corso36. Il premio ammon-tava a £. 1000 per ciascun vincitore e quell’anno fu premiata Maria Montes-sori, che grazie a questo premio riuscì a pagarsi gli studi universitari37. Da questo riconoscimento, la studentessa cominciò a riscuotere i primi compen-si scientifici che ridussero di molto le spese universitarie.

La giovane Maria nel 1894 frequentò i corsi obbligatori in Clinica medica e propedeutica con il professor Eugenio Rossoni; Patologia speciale medica con Virginio Pensuti; Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica con il professor Francesco Durante; Istituzioni d’anatomia patologica con il professor Ettore Marchiafava; Medicina legale con Davide Toscani e Ana-tomia chirurgica con il professor Francesco Occhini.

Tra i corsi liberi, invece, frequentò: Patologia speciale e clinica medica propedeutica con il professor Corrado Bernabei38; Oftalmoiatria e clinica o-culistica con Mariano Scellingo; Anatomia del sistema nervoso con Giovan-ni Mingazzini e Patologia medica con il professor Ottavio Leoni.

Montessori frequentò le lezioni di Clinica medica e propedeutica, presso l’Ospedale Santo Spirito svolte dal professor Eugenio Rossoni. Questo inse-gnamento era diviso in: Clinica medica e Clinica medica propedeutica. Il primo si svolgeva il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 10.30 alle 12.00; il secondo il martedì, il giovedì e il sabato dalle 11.00 alle 12.00. Per quanto concerne le lezioni di Patologia speciale medica, dal registro d’iscrizione, risulta che la studiosa abbia ottenuto la frequenza con il professor Pensuti, anche se ciò non risulta nell’elenco degli orari dei corsi della Facoltà di Me-dicina39. Il corso di Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica tenu-to dal professor Francesco Durante si svolgeva presso l’Istituto chirurgico il lunedì, il mercoledì ed il venerdì dalle ore 08.00 alle ore 09.00. Inoltre, le le-zioni di Istituzioni d’anatomia patologica si svolgevano presso l’Istituto ana-tomico ed erano tenute dal professor Ettore Marchiafava il lunedì, ed il mer-coledì dalle 10.00 alle 11.00; l’insegnamento di Medicina legale si svolgeva presso la Scuola N. 4 dell’Università ed erano svolte dal professor Davide

36 Solo un anno prima (1892–93) nell’elenco dei premiati emessi dalla Fondazione Rolli risulta Giuseppe Montesano. Il quale vinse la borsa di studio per l’ammontare di £ 900 per un anno a rate mensili. (Vedi Annuario 1892–93, pp. 222–223). Montessori risulta nell’elenco dei premiati dell’anno 1893–94. Ivi, pp. 220–221.

37 La giovane Maria grazie alla borsa di studio, e ad altre vinte in seguito, riuscì a rendersi indipendente dai genitori, almeno sul piano economico. Emotivamente, invece, l’alterco era diverso: Montessori risentiva molto dell’ambiguità del padre nei suoi riguardi. Da una parte il padre continuava a controllare le sue scelte, dall’altra iniziava a rendersi conto che sua figlia stava raggiungendo successi, grazie a quelle scelte insolite e tanto ostacolate. Questo è quanto viene fuori dalla lettura e dallo studio delle varie biografie scritte su Maria Montessori.

38 Per quanto concerne l’insegnamento libero di Patologia speciale e clinica propedeutica, tenuto dal professor Bernabei, non è certo che Montessori l’abbia frequentato dato che nel registro d’iscrizione, in corrispondenza di tale insegnamento non c’è il segno che indica la frequenza ottenuta, ma il trattino. Vedi Parte IV.3, All., n. 2 della tesi.

39 Dal verbale d’esame sembrerebbe il nome del professor Pensuti, ma non essendo chia-ramente leggibile, è incerto. Vedi Parte IV. n. 15, della tesi.

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Toscani, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 09.00 alle 10.00; Maria Mon-tessori frequentò, infine, per quell’anno accademico anche il corso obbliga-torio di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni, tenuto presso l’Ospedale Santo Spirito, dal professor Francesco Occhini, il martedì, il giovedì e il sa-bato dalle 14.30 alle 16.0040.

Dei corsi liberi Montessori frequentò nell’anno 1893–94 gl’insegnamenti di Patologia speciale e clinica medica propedeutica, impartito dal dottor Cor-rado Bernabei, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 12.00 alle 13.00, presso l’Ospedale Santo Spirito41; Oftalmoiatria e clinica oculistica, tenuto dal dot-tor Mariano Scellingo, il giovedì dalle 16.00 alle 17.00 e la domenica dalle 07.30 alle 09.30; Anatomia del sistema nervoso centrale42, svolto il lunedì e il venerdì dalle 16.30 alle 18.00, nell’Istituto anatomico, dal dottor Giovanni Mingazzini e Patologia medica43, impartito dal dottor Ottavio Leoni, il lune-dì e il mercoledì dalle 15.30 alle 17.00, presso l’Ospedale di San Giovanni.

La giovane studentessa alla fine dei corsi del quarto anno sostenne quat-tro esami: Medicina operatoria44, Medicina legale, Patologia medica e Pato-logia chirurgica.

40 Nell’orario dei corsi della Facoltà di Medicina e chirurgia, questo insegnamento viene

indicato col nome di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni, invece nel registro d’iscrizione viene riportato come Anatomia chirurgica. Vedi Annuario 1893–94, p. 180.

41 Dal registro d’iscrizione risulta presente il corso di Patologia speciale e clinica medica propedeutica tenuto dal dottor Bernabei, ma tale insegnamento non risulta frequentato da Montessori con il summenzionato insegnante; probabilmente perché nello stesso anno acca-demico lo stesso insegnamento era tenuto dal dottor Leoni. Ibidem. Vedi anche Parte IV. 3, All. n. 2 della tesi.

42 Nel registro d’iscrizione l’insegnamento di Anatomia del sistema nervoso centrale, vie-ne indicato come Anatomia del sistema nervoso, mentre nell’elenco degli orari di corso della facoltà di Medicina risulta non solo tra i corsi a titolo privato complementari, ma anche col nome di Anatomia fisiologica dei centri nervosi, insegnata sempre dal dottor Giovanni Min-gazzini. Ivi, p. 182. Vedi Parte IV.3, All. n. 2 della tesi.

43 Nel Registro d’iscrizione l’insegnamento di Patologia medica viene indicato come tale, invece nell’elenco dell’orario dei corsi della Facoltà di Medicina, risulta con la denominazio-ne di Patologia speciale e clinica medica propedeutica, insegnato dal dottor Corrado Bernabei e come Patologia speciale e clinica medica propedeutica, insegnato dal dottor Ottavio Leoni. Montessori probabilmente trovandosi dinanzi a due insegnamenti complementari scelse i corsi del dottor Leoni. Ivi, p. 180.

44 In un documento presente nel fascicolo personale di Maria Montessori posizione R.S. 212, la materia di Medicina operatoria è indicata con la denominazione di Medicina operato-ria; mentre nel registro d’iscrizione risulta col nome di Anatomia chirurgica. Ulteriormente nel verbale d’esame e dall’elenco degli orari dei corsi della facoltà di Medicina, risulta con la denominazione di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni. Le alternanze di denominazioni di questo insegnamento sono molto astruse e continue nel tempo, a cominciare dalla sua isti-tuzione che si può far risalire al 1781. In L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, pp. 40–42. Vedi Annuario 1893–94, p. 178.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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Anatomia chirurgica e corso d’operazioni (Medicina operatoria)45 Montessori sostenne e superò l’esame il 6 giugno 189446 con la votazione

di 27/30. L’argomento della domanda fu: Legatura dell’arteria omerale nel-la piegatura del gomito. La commissione esaminatrice era costituita dal pro-fessore Francesco Occhini, straordinario per Anatomia chirurgica e Corso d’operazioni; dal professor Michele Giuliani ed dal professor Gaetano Maz-zoni.

Tra le pubblicazioni più importanti del professor Occhini, ricordiamo: a) L’Uralio nel Diabete (Roma, 1892); b) Prelazione al corso di Anatomia Chirurgica e Medicina Operatoria

(Roma, 1893); c) Sulle emorragie nei neonati (Roma, 1893); d) Trattato di Medicina Operatoria ad uso dei Medici e Studenti (Mila-

no, 1893). Del professor Michele Giuliani straordinario per Anatomia umana norma-

le microscopica e per Anatomia umana normale descrittiva, ricordiamo la pubblicazione del testo: Contributo allo studio della Macrosomia (Roma, 1892).

Del terzo membro della commissione, Gaetano Mazzoni insegnante libe-ro con effetti legali per Patologia speciale dimostrativa e Propedeutica clini-ca chirurgica dal 1 maggio 1888, ricordiamo lo scritto dal titolo: L’Ittiolo in ginecologia (Roma, 1892).

Medicina legale Montessori sostenne e superò l’esame con il professore di cattedra Davi-

de Toscani il 19 giugno 1894, con la votazione di 30/30. L’argomento delle domande furono: Morte da strangolamento, differenze coll’impiccamento. Insieme al professor Toscani erano presenti Luigi Galassi professore ordina-rio per Patologia speciale medica ed un terzo professore il cui nome è illeg-gibile, anche se sembrerebbe quello del dottor Rinaldo Roseo.

Tra gli scritti più significativi del professor Galassi ricordiamo: a) Sur les lois des grandes epidémies catarrhales, la manière de les

vérifer et sur quelques graves complications thoraciques. Note adres-sée au X Congrès International de Médecine à Berlin (Roma, 1890).

45 Dall’Annuario scolastico del 1893–94, questo esame è previsto nel quinto anno, ma la

studentessa lo ha sostenuto nel giugno 1894. (Vedi Annuario 1893–94, p. 176). Inoltre l’insegnamento di Anatomia chirurgica e corso d’operazioni è indicato come tale nell’Annuario 1893–94, p. 178, mentre nel fascicolo personale R.S. 212 dell’Archivio studen-ti «La Sapienza», tale insegnamento è indicato come Medicina operatoria.

46 Dal verbale d’esame e dal registro d’iscrizione, risulta che Montessori abbia sostenuto l’esame il giorno 6 giugno 1894, invece dal documento della carriera scolastica presente nel fascicolo R.S. 212 risulta la data del 6 settembre 1894. Cfr. App. Parte IV, n. 13 e All. IV 31 e 31/bis del presente libro.

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Il terzo componente della commissione sembrerebbe dott. Rinaldo Roseo assessore comunale di Roma e insegnante libero con effetti legali per Medi-cina legale dal 11 febbraio 1885.

Patologia speciale medica (Patologia medica)47 Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1894 con la votazione

di 27/30. La domanda fu: La tubercolosi polmonare. La commissione esa-minatrice era formata da Luigi Galassi, professore ordinario per Patologia speciale medica; Eugenio Rossoni, professore straordinario per Clinica me-dica propedeutica ed incaricato per Clinica medica, ed Ottavio Leoni, inse-gnante libero con effetti legali per Patologia speciale dimostrativa e Prope-deutica clinica medica dal 13 maggio 1882.

Tra i lavori del professor Leoni ricordiamo: a) Istituto Vaccinogeno dello stato. Relazione sul servizio del primo se-

mestre del 1890 e sugli studi eseguiti intorno ai fattori dell’attività patogena del vaccino (Roma, 1890).

Patologia speciale e clinica propedeutica chirurgica (Patologia chirurgi-

ca)48 Montessori sostenne e superò l’esame il 7 novembre 1894 con la votazio-

ne di 24/30. La domanda d’esame riguardò l’Eziologia della flogosi. Il gruppo di esperti esaminatori era costituita da Francesco Durante, pro-

fessore ordinario per Clinica chirurgica ed incaricato per Patologia speciale dimostrativa e propedeutica clinica chirurgica; Francesco Occhini, professo-re straordinario per Anatomia chirurgica e Corso d’operazioni, ed Emidio Tassi, insegnante libero con effetti legali per Clinica chirurgica propedeutica dal 9 giugno 1886.

Tra gli scritti del professor Durante ricordiamo: a) Sul trattamento dei fibromiomi dell’utero (Roma, 1892); b) Sulla resezione dello stomaco (Roma, 1892); c) Casi di stenosi pilorica trattati con la piloroplastica e con la plastica

piloro–duodenale (1892); d) Innesto nervoso e struttura delle arterie (1892); e) Sopra un caso di litopedion intraperitoneale (Roma, 1893); f) Sulla sutura delle arterie, eseguita con successo nell’uomo (1893); g) La Chirurgia degli arabi (1893); h) Tubercolosi e resezione delle articolazioni (1893); i) Sull’asportazione del laringe, della trachea, dell’esofago per cancro

(Roma, 1894).

47 Questo insegnamento è indicato tale, nell’Annuario 1893–94, p. 180, mentre nel fasci-colo personale R.S. 212 è indicato come Patologia medica. Vedi Parte IV, n. 15 e IV. n. 31 e 31/bis.

48 Questo insegnamento è indicato tale nell’Annuario 1893–94, p. 178, mentre nel fascico-lo personale R.S. 212 è indicato come Patologia chirurgica. Vedi Parte IV, n. 31 e 31/bis.

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Per quanto riguarda le pubblicazioni del professor Occhini ricordiamo: a) Prelazione al corso di Anatomia Chirurgica e Medicina Operatoria

(Roma, 1893); b) Sulle emorragie dei neonati (Roma, 1893); c) Trattato di Medicina Operatoria ad uso dei Medici e Studenti (Mila-

no,1893).

I.2.3 Anno Accademico 1894–95

Nel 1894–95 Montessori si iscrisse al quinto anno di Medicina ottenendo la frequenza sia nei corsi obbligatori che liberi. Tra i corsi obbligatori la gio-vane Maria ottenne la frequenza in Clinica medica con il professor Eugenio Rossoni; Clinica chirurgica col professor Francesco Durante; Clinica oculi-stica con Francesco Businelli; Clinica dermosifilopatica con Roberto Cam-pana; Clinica psichiatrica con Clodomiro Bonfigli; Igiene sperimentale con Angelo Celli; Anatomia patologica con Ettore Marchiafava; Fisiologia uma-na con Luigi Luciani; Polizia sanitaria con Angelo Celli e Igiene applicata alla polizia sanitaria con il professor Luigi Pogliani49.

Tra i corsi liberi, Montessori, ottenne la frequenza in Clinica pediatrica con il dottor Luigi Concetti; Clinica ostetrica con il dottor Felice La Torre; Patologia medica o Patologia speciale medica dimostrativa con il dottor Vir-ginio Pensuti; Antropologia con il dottor Mingazzini50; Clinica patologica oculistica51 con il dottor Alfredo Fortunati ed Esercizi d’Igiene con il profes-sor Angelo Celli.

La studentessa frequentò le lezioni di Clinica medica con il professor Rossoni il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10.30 alle 11.30, presso l’Ospedale Santo Spirito, dove lo stesso professore teneva anche il corso di Clinica medica propedeutica, il martedì, giovedì e sabato dalle 11.00 alle 12.00. Maria Montessori frequentò inoltre le lezioni di Clinica chirurgica con il professor Durante il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 09.00 alle 10.00 ed il martedì, il giovedì e il sabato dalle 08.00 alle 09.00, le lezioni si svolgevano presso l’Istituto chirurgico; Clinica oculistica con il professor

49 L’insegnamento di Polizia sanitaria con il professor Celli venne frequentato da Montes-

sori sino alle vacanze di Pasqua, mentre l’insegnamento di Igiene applicata alla polizia sanita-ria, del professor Pogliani, venne seguito da Montessori dopo le vacanze Pasquali, sino a fine corso. Vedi Annuario per l’anno scolastico 1894–95, Roma, Edizione Fratelli Pallotta, 1895, p.172. (D’ora in avanti sarà così citato: Annuario 1894–95).

50 Montessori risulta aver ottenuto la frequenza in Antropologia, ma tale insegnamento te-nuto dal professor Mingazzini non venne mai sostenuto dalla giovane Maria. Inoltre, tale in-segnamento non risulta nell’elenco degli orari dei corsi della facoltà di Medicina dell’anno 1894–95. Vedi Annuario 1894–95, p. 204.

51 Dal registro d’iscrizione non è chiaro se la giovane Maria abbia frequentato l’insegnamento di Clinica patologica oculistica, impartita dal dottor Fortunati. Vedi Parte IV.3, All. n. 2 della tesi.

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Businelli il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.00 alle 11.00, presso l’Ospedale Santo Spirito; Clinica dermosifilopatica con il professor Campa-na il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 12.30 alle 13.30, presso l’Ospe-dale San Gallicano; Clinica psichiatrica con il professor Bonfigli, il venerdì e la domenica dalle 09.30 alle 10.30, presso il Manicomio romano. Inoltre, se-guì Igiene sperimentale con il professor Celli il lunedì, il mercoledì e il ve-nerdì dalle 14.30 alle 15.30, presso l’Istituto d’igiene; Anatomia patologica52 con i professor Marchiafava, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 13.00 alle 14.30, nell’Ospedale Santo Spirito; Fisiologia umana53 con il professor Lu-ciani il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 15.30 alle 16.30, presso l’Isti-tuto fisiologico; Polizia sanitaria e Igiene applicata alla polizia sanitaria ri-spettivamente impartite da Celli e Pogliani. Questi due corsi frequentati da Montessori nell’anno 1894–95 non compaiono nell’elenco degli orari dei corsi della Facoltà di Medicina di quell’anno, ma dell’anno successivo. A riguardo i soli corsi che compaiono sono quelli di Igiene sperimentale ed E-sercizi d’Igiene insegnati dal professor Angelo Celli. Rivolgendo lo sguardo all’elenco degli orari dei corsi della suddetta facoltà, dell’anno 1895–96 (an-no successivo), si osserva che, non solo l’ordine degli studi prevedeva il cor-so di Igiene sperimentale e Igiene sperimentale applicata alla polizia sanita-ria, ma il corso veniva diviso in due parti: una prima parte, Igiene sperimen-tale, impartita sino alle vacanze di Pasqua dal professor Celli; una seconda parte, Igiene sperimentale applicata alla polizia sanitaria, assegnata al pro-fessor Pogliani. È possibile ipotizzare che l’anno in cui Montessori frequentò e sostenne l’esame, l’insegnamento di Igiene racchiudeva tutti e due gli in-segnamenti e che solo l’anno successivo, quando fu redatta la carriera scola-stica dell’anno precedente, gli insegnamenti risultavano divisi e sostenuti da due diversi professori54.

Dei corsi liberi la giovane Maria frequentò le lezioni di Clinica pediatrica con il dottor Concetti55 il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.30 alle

52 L’insegnamento di Anatomia patologica viene denominato nell’elenco degli orari dei

corsi della facoltà con il nome completo di Anatomia patologica dimostrativa. Vedi Annuario 1894–95, p. 204 e Parte IV. 3, All. n. 2 della tesi.

53 Nel registro d’iscrizione l’insegnamento di Fisiologia umana risulta frequentato dalla Montessori, ma nell’elenco dei corsi della facoltà di Medicina è denominato come Fisiologia sperimentale, tenuto però dallo stesso professore cioè Luciani. Evidentemente tale insegna-mento è uguale. Questo insegnamento appare per la prima volta con la Bolla Leonina nel 1824 ed acquista carattere sperimentale solo dopo il 1870 in particolare con l’Olandese Mole-schott. Tale insegnamento fu coadiuvato dal Battistini insegnante di Tecnica fisiologica (1881–92), per arrivare, poi, nel 1893 a Luigi Luciani il quale seppe dare alla materia veri se-gni di rinnovamento (1893–1917). Vedi L. Stroppiana, Storia della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1985, p. 113 e Annuario 1894–95, p. 204.

54 Vedi Annuario 1894–95, p. 202 e pp. 204–209. Cfr. Annuario 1895–96, p. 172, pp. 174–179 e Parte IV.3, All., n. 2 della tesi.

55 Il primo accenno a questo insegnamento si ebbe con l’Università Regia di Roma nel 1871–72, quando l’Ostetricia acquistò il nome più espansivo di Ostetricia e malattie speciali delle donne e dei bambini. In principio era un insegnamento teorico e riguardava solo i neona-

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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11.30, presso la Clinica chirurgica; Clinica ostetrica con il dottor La Torre56, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 16.30 alle 17.30, presso l’Istituto pri-vato di via Collina, 24 (Roma); Patologia medica57 con il dottor Pensuti il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 12.00 alle 13.00, presso l’Ospedale Santo Spirito; Antropologia con il Mingazzini; Clinica patologica oculisti-ca58 con il dottor Fortunati il martedì, il giovedì e il sabato dalle 15.30 alle 17.00, presso l’Ospedale Santo Spirito, e gli Esercizi d’igiene con il profes-sor Celli il lunedì, il mercoledì e il sabato dalle 15.30 alle 16.30, presso l’Istituto d’igiene.

Montessori nello stesso anno superò ben quattro esami: Clinica dermosi-filopatica, Clinica psichiatrica, Clinica oculistica e Igiene sperimentale com-prendente anche Igiene applicata alla polizia sanitaria. Si presuppone che la giovane studentessa abbia seguito almeno tre corsi che, come risulta dal re-golamento universitario del 26 ottobre 1890 n°. 7337, era obbligatorio segui-re al fine di superare l’anno accademico59.

ti, tenuto dal professor Ercole Pasquali, titolare della cattedra ostetrica. Tuttavia, il vero studio della Pediatria ebbe inizio con il professor Luigi Concetti e nel 1896, quando il Baccelli fondò la Clinica Pediatrica, come materia d’insegnamento. Vedi L. Stroppiana, op. cit., p. 97.

L’insegnamento di Clinica pediatrica racchiudeva anche Pediatria e veniva impartito dallo stesso professore nel medesimo orario. Vedi Annuario 1894–95, p. 208.

56 La cattedra di Ostetricia venne fondata nel 1876, agli inizi nasce con il nome di Clinica ostetrica e Ginecologia e sempre sotto la direzione del professor Ercole Pasquali che tenne la cattedra sino al 1905. (L. Stroppiana, op. cit., p. 93). Il dottor La Torre Felice figurava come insegnante libero con effetti legali per l’Ostetricia e Clinica ostetrica. L’insegnamento di Cli-nica ostetrica, racchiudeva anche Ostetricia ed era assegnato dal medesimo professore nelle stesse ore e giorni. Ivi, p. 206.

57 L’antico nome di tale insegnamento era Medicina theoretica et pratica. Il primo inse-gnante risulta essere stato Pietro Luigi Valentini (1824–1846). Il nome di Patologia speciale medica viene introdotta nella Regia Università dal professor Luigi Galassi, al quale si deve la notizia di quel morbo che vent’anni dopo prese il nome dal Weil. (L. Stroppiana, op. cit., p. 156). Nell’elenco dei corsi di Medicina tale insegnamento racchiude una serie di altre materie: Patologia speciale medica, assegnata al professor Galassi e Patologia speciale medica dimo-strativa, materia che Maria Montessori risulta aver seguito. Dal Registro d’iscrizione risulta, invece, con la denominazione di Patologia medica insegnata dal dottor Pensuti. Ibidem

58 L’insegnamento di Clinica patologica oculistica venne attivato nel 1871, ma del suo in-segnamento non si hanno notizie. Solo nel 1872 questo insegnamento compare con il profes-sor Businelli al quale succede Alfredo Fortunati sino al 1909. (L. Stroppiana, op. cit., p. 87). Nell’anno 1894–95 il corso di Patologia oculare era assegnato al dottor Fortunati, Clinica ocu-listica al dottor Parisotti Oreste e per quanto concerne il corso ufficiale, cioè obbligatorio, era tenuto dal professor Businelli. Ivi, p. 204 e pp. 206, 208.

59 «La facoltà, uniformandosi al disposto dell’articolo 125 della legge 13 novembre 1859 n°. 2725 e dell’articolo 84 n. 1 del regolamento universitario 26 ottobre 1890 n°. 7337, col presente manifesto suggerisce e consiglia agli studenti dei singoli anni i corsi ai quali potreb-bero iscriversi con maggior opportunità e profitto. Lo studente, ciò sarà libero, entro il rego-lamento della facoltà, d’iscriversi in ciascun anno a quei corsi che vorrà seguire, senza tenersi al presente ordine (articolo 27 del citato regolamento). Nessun anno di corso sarà valido se lo studente non si sarà iscritto almeno a tre corsi obbligatori (articolo citato).

Lo studente iscrivendosi ai corsi obbligatori di un dato anno della sua carriera scolastica, avrà l’obbligo di riservare per gli altri anni di corso, tante iscrizioni quante ne occorreranno

Appendice – Parte prma

200

Clinica Dermosifilopatica60 Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1895 con la votazione

di 30/30. L’argomento della domanda fu: Eczema crostoso e granulo–squamoso. Ittiosi semplice. Varietà dell’esantema polimorfo. La commissio-ne esaminatrice era formata dal professor Roberto Campana, ordinario per Clinica dermosifilopatica; dal professor Antonio Valenti, straordinario per Patologia generale e dal dottor Giovanni Melle, insegnante libero con effetti legali per Dermosifilopatia e Clinica dermosifilopatica dal 27 novembre 1893.

Il professor Campana pubblicò molti scritti tra i quali ricordiamo: a) Due storie cliniche di sifilidermi di aspetto non ordinario (1877); b) Eritema polimorfo (1877); c) Eritema nodoso (con Tavole. 1878); d) Storia anatomica di un caso di lepra (1880); e) Note cliniche ed anatomiche sulla lepra (con tavole. 1881); f) Cura protettiva in alcuni morbi cutanei (1882); g) Naftalina in alcuni eczemi (1882); h) Eritema (1883); Erpete (con tavola. 1883); i) Clinica Dermosifilopatica della R. Università di Genova (1884); j) L’atrofia dermica nell’Ittiosi (1884); k) Cura della sifilide ereditaria nei bambini lattanti (1884); l) Eczema impetiginoide (1884); m) Una varietà non ancora descritta di erpete boccale (1887); n) Sulla cura della psoriasi (1887); o) Psorospermosi ittiosi forme (Genova. 1891); p) Istologia della cute apparentemente sana in un infermo di eczema

rubro squamoso (1891);

per renderli validi. Se lo studente non avrà adempito siffatto obbligo, la segreteria annullerà le iscrizioni che egli avrà preso oltre il dovere (articolo citato).

Il massimo dei corsi liberi che lo studente di questa facoltà potrà prendere è di 5 per cia-scuno anno.

Lo studente che aspira alla dispensa delle tasse scolastiche deve sostenere e superare, in conformità delle disposizioni dell’articolo 68 del citato regolamento universitario, tutti gli e-sami speciali nelle materie obbligatorie consigliate dalla facoltà per l’anno precedente.

a) L’esame di Chimica generale ed organica è complessivo alla fine del secondo anno. b) L’esame di Fisica si consiglia di darlo alla fine del primo biennio di studio, cioè a di-

re che dopo che lo studente del primo anno abbia sentito il corso orale e nel secondo dato ope-ra agli esercizi pratici.

c) Per deliberazione del Ministero della Istruzione Pubblica l’esame di Fisiologia gene-rale è riunito a quello di Fisiologia sperimentale; rimane, però, l’obbligo di sostenere l’esame speciale sulla Istologia.

d) Gli esercizi, facendo parte integrale delle materie fondamentali o complementari non devono considerarsi come singoli corsi». Ivi, p. 203.

60 Montessori sostenne questo esame nel primo periodo della sessione il 22 giugno 1895, ma dall’ordine degli studi consigliato dalla facoltà questo esame cioè Clinica dermosifilopati-ca e Clinica psichiatrica, risulta da darsi al sesto anno. Ivi, p. 202 e Parte IV. n. 17.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

201

q) Lepra. Morfologia clinica. Anatomia patologica. Parassitologia. (Ge-nova 1894);

r) Altre particolarità biologiche del bacillo leproso coltivato (Roma 1894). (Atti del Congresso medico Internazionale).

Tra le pubblicazioni del dottor Giovanni Melle ricordiamo: a) Sulla specificità infettiva e sul valore diagnostico dei bacilli tuberco-

lari di Koch. Del metodo di Weigert. (Napoli, 1884); b) I Bacilli del Rinoscleroma. Memoria letta alla R. Accademia Medi-

co–Chirurgica di Napoli nell’adunanza del 28 agosto 1887 (Napoli, 1888);

c) Studio clinico anatomo–patologico e batteriologico sull’Acne Che-loideo di Bazin. Tesi di libera docenza in Patologia e Clinica dermosi-filopatica presso la R. Università di Napoli (Milano, 1891).

d) Giovanni Melle pubblicò insieme al dottor R. Stanziale anche lo Stu-dio sulla Etiologia dell’Eritema polimorfo essudativo dal punto di vi-sta parassitario. Lavoro eseguito nel laboratorio batteriologico del prof. Cantani e nella Clinica dermosifilopatica del prof. T. De Amicis (Napoli, 1889).

Tra gli scritti del professor Valente, straordinario per Patologia generale, ricordiamo:

a) Dei processi morbosi infettivi. Eziologia, Nosologia e terapeutica (Milano, 1895).

Dalle argomentazioni esposte da Montessori in seduta d’esame, è possibi-le ipotizzare il programma ed i testi da lei studiati: Clinica dermosifilopatica. Indubbiamente, il professor Campana nelle sue lezioni affrontava lo studio di particolari problemi della dermatologia. Infatti, in quegli anni, egli fu autore di interessanti osservazioni sulla dermatite di Duhring, sul Lupus pitiriasi versicolare delle unghie e si dedicò, soprattutto, allo studio della lebbra, dando un contributo al problema della coltura del bacillo della lebbra, che, scoperto da Hansen nel 1871, rappresentava allora un avvicinamento ad in-dagini ancora da sviluppare. Secondo le domande, poste dalla commissione in seduta d’esame, Montessori potrebbe aver portato i testi del professor Campana: Eritema, Erpete, Eczema impetiginoide, e Istologia della cute ap-parentemente sana in un infermo di eczema rubro squamoso.

Clinica psichiatrica La giovane Montessori sostenne e superò l’esame con il professor Clo-

domiro Bonfigli il 27 giugno 1895 con la votazione di 27/30. L’argomento della domanda fu Sfera affettiva. Sensibilità tattile e generale. La rappresen-tanza giudicante era formata dal professore incaricato per Psichiatria e Clini-ca psichiatrica Clodomiro Bonfigli; Luigi Luciani, professore ordinario per Fisiologia umana ed incaricato per Tecnica fisiologica, e Giovanni Mingaz-zini, insegnante libero con effetti legali per Psichiatria e Clinica psichiatrica

Appendice – Parte prma

202

dal 19 maggio 1894 e direttore del laboratorio anatomico–patologico del Manicomio di Roma, per l’Anatomia umana, dal 27 novembre 1888.

Il professor Bonfigli era anche direttore emerito del Manicomio provin-ciale di Ferrara e dal 1893 direttore dell’Ospedale psichiatrico provinciale di S. Maria della Pietà di Roma, per Clinica psichiatrica.

Tra le sue opere ricordiamo: a) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Hasse (Milano, 1873); b) Osservazioni sul regolamento ministeriale sui mentecatti e sui mani-

comi (Milano, 1875); c) Sulla così detta pazzia morale (Milano, 1876); d) Ancora sulla questione della pazzia morale (Reggio Emilia, 1878); e) La Pellagra (Milano, 1880); f) Compendio di psichiatria del Kraepelin (Napoli, 1886); g) Perché in Torquato Tasso malato le allucinazioni e le idee ebbero

colore demonomaniaco (Milano, 1887); h) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Hirt (Milano, 1890); i) Trattato delle malattie del sistema nervoso di Strümpell. (Milano,

1891); j) Bollettino del Manicomio provinciale di Ferrara, contenente molti

articoli di psichiatria (Ferrara, 1874–93); k) La storia naturale del delitto (Milano, 1893); l) Lezioni cliniche di psichiatria del Meynert. (Milano, 1893); m) L’Insegnamento clinico della psichiatria. Prelazione al corso di Cli-

nica psichiatrica nella R. Università di Roma per l’anno 1893–94 (Roma, 1894);

n) Un caso di demonopatia. Considerazioni sulla patogenesi e natura di questa forma mentale (Reggio Emilia, 1894). Estratto dalla Rivista sperimentale di freniatria e medicina legale;

o) Dei fattori sociali della pazzia in rapporto con l’educazione infantile. Prelazione al corso di Clinica psichiatrica nella R. Università di Roma per l’anno 1894–95 (Roma, 1894).

Del professor Luciani, membro del Consiglio Superiore della Pubblica I-struzione ed anche professore onorario del Regio Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento a Firenze, ricordiamo alcune pubblicazioni:

a) Linee generali della fisiologia del cervelletto (Firenze, 1884); b) Le localizzazioni funzionali del cervello. Monografia premiata dal R.

Istituto Lombardo di Scienze e Lettere (Napoli, 1885); c) Il cervelletto. Nuovi studi di fisiologia normale e patologia. Con 48

figure intercalate nel testo (Firenze, 1891); d) Lo svolgimento storico della fisiologia. Prelazione al suo primo corso

di Fisiologia nella R. Università di Roma (Torino, 1894); e) De l’influence qu’exercent les mutilations cérébelleuses sur

l’excitabilité de l’écorce cérébrale et sur les réflexesspinaux. Comu-

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

203

nicazioni fatte al Congresso Internazionale di Medicina a Roma (1894).

Il terzo ed ultimo componente della commissione d’esame era il professor Giovanni Mingazzini. Tra i suoi numerosi scritti ricordiamo:

a) Sul collezionismo nelle diverse forme psicopatiche (Reggio, 1893. Rivista sperimentale di Freniatria);

b) Contributo alla craniologia degli alienati (Roma, 1893. Atti della Società romana di Antropologia);

c) Sui rapporti fra l’emicrania oftalmica etc. (Reggio 1893. Rivista spe-rimentale di Freniatria);

d) Descrizione di un cervello umano anomalo (Roma, 1893. Ricerche del Laboratorio di Anatomia umana normale);

e) Intorno a un caso di demenza paralitica combinata con afasia (Ro-ma, 1893);

f) Intorno ad un caso di psicosi transitoria postinfluenzale (Roma, 1893);

g) Ulteriori ricerche intorno alle fibrae arciformes ed al Raphe della Oblongata (Leipzing, 1893);

h) Sulle lesioni del gusto negli alienati (Torino, 1894. Archivio di psi-chiatria);

i) Sui fenomeni circumcursivi e rotatori dell’epilessia (Reggio Emilia, 1894. Rivista sperimentale di Freniatria);

j) Sui fenomeni consecutivi alle estirpazioni emicerebellari (Roma, 1894. Ricerche fatte nel laboratorio dell’Istituto di Anatomia normale di Roma);

k) Sulla così detta stato–baso–fobia (Roma, 1894); l) La morfologia degli emisferi cerebrali dell’uomo in relazione coi fe-

nomeni psichici (Torino, 1894). Il professor Bonfigli, nell’anno accademico 1894–95, in cui Montessori

scelse di frequentare l’insegnamento della Clinica psichiatrica, scelse di apri-re il corso con una lezione dal titolo Dei fattori sociali della pazzia in rap-porto con l’educazione infantile.

Dal titolo del corso e dalle domande effettuate alla studentessa all’esame è possibile dedurre i testi studiati per la preparazione dello stesso. Testi che avrebbero potuto riguardare il legame tra educazione e follia, visto che il Bonfigli, nelle sue lezioni, metteva in primo piano come fattore della pazzia la carenza di educazione e la povertà.

Dalle esperienze del professor Bonfigli si evince che fu un medico molto attento ai temi di psicopatologia, infatti fu tra i primi a chiarire la natura psi-chica dell’isterismo; inoltre fu uno tra i primi a tentare una classificazione delle malattie nervose ed a definire le psicosi pellagrose (al riguardo scrisse La pellagra, Milano 1880), ed anche le alienazioni del senso morale. Il pro-blema delle manifestazioni psicopatologiche originate nell’età infantile fu un tema caro al Bonfigli, tanto da trattarlo sia nelle sue lezioni, in particolare

Appendice – Parte prma

204

nel corso tenuto nel 1894 dal titolo Dei fattori sociali della pazzia in rappor-to con l’educazione infantile (Roma, 1894), sia nell’opera che racchiude la sua esperienza nel campo della psichiatria, L’insegnamento clinico della psi-chiatria (Roma, 1894). I problemi neuropsichiatrici connessi con una incon-grua educazione infantile furono gli argomenti di cui il Bonfigli si fece pro-motore, anche in campo politico, propugnando, tra l’altro, la legge sull’assistenza psichiatrica e la legge per la creazione degli Istituti medico–pedagogici. Il suo coerente adoperarsi per la psichiatria infantile lo indusse a fondare nel 1899 la «Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficien-ti». Il fine di questa Lega era di limitare al massimo i danni dipendenti da una insufficiente assistenza dei bambini in un’età critica per la loro forma-zione. Le lezioni di Bonfigli dovettero essere importanti dal momento che la giovane Maria non solo scelse di laurearsi in questa disciplina, ma impiegò i suoi anni di maggiore attività in campo medico all’interno del movimento della Lega fondata e diretta dal Bonfigli.

Clinica oculistica Montessori sostenne e superò con il professor Francesco Businelli, ordi-

nario per Clinica oculistica, l’esame il 30 giugno 1895 con la votazione di 27/30. L’argomento delle domande furono: Ambliopia. Congiuntiviti. Indi-cazioni della operazione di cataratta. La commissione esaminatrice era co-stituita da Francesco Businelli, Francesco Todaro e Mariano Scellingo; ri-spettivamente diedero alla Montessori il voto di : 9, 9 e 9.

Tra i professori appena nominati ricordiamo le pubblicazioni del dottor Scellingo, insegnante libero con effetti legali per Oftalmoiatria e Clinica oculistica dal 10 novembre 1885, direttore dell’Istituto oftalmico Torlonia e oculista nell’Ospizio Margherita di Savoia per i ciechi poveri. Le pubblica-zioni:

a) Asepsi, antisepsi, cocaina e luce elettrica nella chirurgia oculare (Roma. 1890);

b) Resoconto del triennio 1887–88–89 dell’Istituto Oftalmico Torlonia (Roma, 1890);

c) Resoconto del triennio 1890–91–92 delle cure e dee operazioni fatte nell’Istituto Oftalmico Torlonia (Roma, 1893);

d) Resoconto del biennio 1893–94 dell’Istituto Oftalmico Torlonia (Roma, 1895).

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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Igiene sperimentale e Igiene applicata alla polizia sanitaria61 Montessori sostenne e superò l’esame il 4 luglio 1895 con la votazione di

25/30 e con una domanda riguardante: Inquinamento delle acque per le ma-terie organiche. Mortalità infantile in Italia. Surrogati del latte e latte con-densato. La commissione esaminatrice era composta dai professori Angelo Celli, Alberto Scala e Oreste Ferraresi.

Il professor Celli, ordinario per Igiene sperimentale e insegnante libero con effetti legali per le Esercitazioni di polizia sanitaria, pubblicò molti scrit-ti tra i quali ricordiamo:

a) Annali dell’Istituto d’igiene sperimentale della R. Università di Roma (Roma, 1890);

b) Sulle febbri malariche predominanti nell’estate e nell’autunno di Roma. In collaborazione con il prof. Marchiafava (Roma, 1890);

c) Sull’acqua del tevere. Studio dal punto di vista dell’igiene. In colla-borazione con il dott. Scala (Roma, 1890);

d) Annali dell’Istituto d’Igiene sperimentale dell’Università di Roma (Roma, 1893);

e) La Scuola e l’Igiene sociale (Napoli, 1893); f) L’Igiene della Scuola. Conferenze agl’ispettori scolastici (Firenze,

1893); g) Annali dell’Istituto d’Igiene sperimentale (Roma, 1894); h) Il colera di Roma nel 1893, in confronto con le precedenti epidemie

(Roma, 1894); i) Sulla alimentazione del proletario in Italia (Roma, 1894); j) Sulla eziologia della Dissenteria (Roma, 1895); k) Sull’acqua della condotta di Torino nel primo trimestre 1894 (Pado-

va, 1895); l) Annali d’Igiene sperimentale (Roma, 1895); m) L’alcolismo in Italia (Roma, 1895); n) Latifondo e Malaria (Roma, 1895). Del professor Scala ricordiamo solo alcune pubblicazioni: a) Determinazione quantitativa dell’acido formico in presenza di acido

acetico e butirrico (Roma, 1890); b) Sui rapporti esistenti tra la vita dei Microrganismi acquatici e la

composizione delle acque (Roma, 1890); c) Sull’acqua del Tevere. Studio dal punto di vista dell’Igiene (Roma,

1890);

61 L’esame di Igiene risulta nell’elenco dei corsi della Facoltà di Medicina e chirurgia, se-

parato da Igiene applicata alla polizia sanitaria. Infatti, troviamo Igiene sperimentale insegna-to dal prof. Angelo Celli ed Esercitazioni di polizia sanitaria, insegnato sempre dal prof. Celli, ma risultante nei corsi a titolo privato complementari. Quindi, non viene fatto alcun riferimen-to all’unicità dei due insegnamenti, ed all’insegnamento di un professore diverso (prof. Pa-gliani), pur figurando uniti nel documento (vedi Parte IV) e separati nell’ordine degli studi della suddetta Facoltà. Vedi Annuario 1894–95, p. 202 e pp. 204, 208 e Parte IV. n. 20.

Appendice – Parte prma

206

d) Azione dell’acido carbonico, disciolto nelle acque potabili, su alcuni microrganismi patogeni (Roma, 1890);

e) Composizione del formaggio pecorino e trasformazioni che subisco-no i componenti di esso durante la maturazione (Roma, 1892);

f) Sul modo migliore di identificare le materie coloranti blue e violette, derivate dal catrame, e di separarle dalle loro mescolanze (Roma, 1894);

g) Relazione facile per scoprire se un vino sia stato colorato artificial-mente con sostanze vegetali estranee (Roma, 1894);

h) Su di alcune modificazioni che subiscono i grassi nell’irrancidimento (Roma, 1894).

Il terzo membro della commissione esaminatore era il Ferraresi insegnan-te libero con effetti legali per Anatomia patologica dal 26 novembre 1887 e medico primario dell’Ospedale S. Giovanni.

Dalle numerose pubblicazioni è possibile ipotizzare che Montessori abbia studiato su alcuni dei libri sopra citati. Il professor Celli ebbe una intensa at-tività didattica e portò un contributo notevole alla lotta contro la malaria. I suoi primi studi sull’infezione malarica segnarono una svolta di ordine epi-demiologico e profilattico; egli condusse studi sulla epidemia di colera a Roma, scrivendo al riguardo un testo dal titolo Il colera di Roma nel 1893 in confronto con le precedenti epidemie (Roma, 1894); inoltre guidò ricerche sulla dissenteria bacillare, che sfociarono nella descrizione dell’agente ezio-logico di questa forma di dissenteria, evidenziando la netta distinzione dalla dissenteria amebica. Di vasta risonanza furono le ricerche sulla malaria, in-fatti il Celli fu il primo a recare un contributo sperimentale al problema: egli dimostrò che nelle zone malariche si riusciva a impedire la comparsa di nuo-vi casi di malaria riparando in modo adeguato le abitazioni dalle zanzare e persuadendo le persone a non uscire all’aperto, soprattutto nelle ore notturne, periodo nel quale più intensa è l’attività degli insetti. Questi studi formarono la base del lavoro svolto dal Celli per la redenzione dell’Agro romano. Infine si rese conto che ad una lotta antimalarica, bisognava associare una adeguata profilassi medica–mentosa, fondata sull’utilizzo del chinino. Infatti ne curò le modalità di somministrazione inserendo il chinino in barrette di cioccolato per facilitarne la somministrazione nei bambini. Il Celli si impegnò anche nel campo della politica, attraverso l’elaborazione e l’approvazione di leggi volte a migliorare le condizioni di vita delle classi lavoratrici, rivolgendo un’attenzione particolare alle condizione igieniche delle zone infestate, stu-diando in particolare l’approvvigionamento idrico delle città, l’igiene indu-striale e l’alimentazione delle classi meno abbienti. Al riguardo scrisse il te-sto dal titolo Sull’acqua del Tevere. Studio dal punto di vista dell’igiene (Roma, 1890), scritto in collaborazione con il dottor Alberto Scala (presente anche nella commissione dell’esame sostenuto da Montessori), e Sulla ali-mentazione del proletario in Italia (Roma, 1894).

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

207

Il Celli si interessò anche dell’assistenza sanitaria e, sensibile ai problemi dell’infanzia, creò a Roma nel 1891 l’ambulatorio «Soccorso e lavoro» per i bambini poveri (sostenuto dall’associazione femminile in cui oltre alle mogli di medici avrebbe prestato la sua opera anche Montessori). L’attenzione alla medicina sociale e in particolare all’infanzia povera e malata, suscitava nella studentessa Montessori un interesse profondo che influenzerà (come si ve-drà) la sua vita futura.

I. 2.4 Anno Accademico 1895–96

Montessori, dopo aver superato gli esami del quinto anno, si iscrisse al sesto ed ultimo anno di corso, adempiendo al pagamento della prima e se-conda rata d’iscrizione, rispettivamente il 26 febbraio 1896 di £. 45, ed il 2 settembre 1896 di £. 99. Inoltre per sostenere l’esame, Montessori dovette pagare il 28 settembre 1896 una tassa di £. 16.67 C.

Montessori frequentò i corsi obbligatori di Clinica medica con il profes-sor Guido Baccelli; Clinica chirurgica con il professor Francesco Durante; Clinica ostetrica con Ercole Pasquali; Anatomia patologica con Ettore Min-gazzini, e Clinica pediatrica con Luigi Concetti.

Per i corsi liberi la giovane Montessori frequentò i corsi di Clinica chi-rurgica con il dottor Gaetano Mazzoni; Anatomia patologica con il dottor Oreste Ferraresi; Clinica oculistica, con il dottor Alfredo Fortunati; Clinica ostetrica con il dottor Felice La Torre e Clinica psichiatrica con il professor Giovanni Mingazzini.

Nell’anno 1895–96, Montessori seguì le lezioni di Clinica medica, presso l’Ospedale Santo Spirito, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 10.30 alle 12.00 con il professor Eugenio Rossoni62; Clinica chirurgica con il professor Francesco Durante, presso l’Istituto chirurgico, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 09.00 alle 10.00 e il martedì, il giovedì e il sabato dalle 08.00 alle 09.00; Clinica ostetrica con il professor Pasquali, presso l’Ospedale San Giovanni, il lunedì, il mercoledì e il venerdì dalle 14.30 alle 16.00; Anato-mia patologica (dimostrativa) con il professor Marchiafava, presso l’Ospedale Santo Spirito, il martedì dalle 13.00 alle 14.30, il giovedì dalle 13.30 alle 14.30 ed il sabato dalle 13.30 alle 14.00; Neuropatologia con il

62 Dal Registro d’iscrizione risulta che Montessori frequentò l’insegnamento di Clinica

medica con il professor Baccelli, ma dall’elenco dei corsi dell’anno 1895–96, emerge che a tenere le lezioni vi era il professor Rossoni. Una possibile ragione può risiedere nel fatto che il Baccelli pur essendo il professore di cattedra della summenzionata materia, in quel periodo avesse importanti impegni, soprattutto politici e che non abbia potuto sostenere le lezioni per l’intero anno, ma solo per alcuni mesi, settimane, o giorni. In sua assenza l’Università incari-cava il professor Rossoni, quale sostituto per il corso di Clinica medica. Vedi Annuario scola-stico per l’anno 1895–96, Roma, Tipografia Fratelli Pallotta, 1896, pp. 174–175 e Parte IV.3, All. n. 2 della tesi. (D’ora in avanti l’Annuario sarà così citato: Annuario 1895–96).

Appendice – Parte prma

208

professor Giovanni Mingazzini, presso l’Ospedale Santo Spirito, il giovedì e la domenica dalle 11.00 alle 12.00, ed infine quelle di Clinica pediatrica (Pe-diatria) con il dottor Concetti il martedì, il giovedì e il sabato dalle 10.30 alle 11.3063.

Per i corsi liberi, Montessori frequentò gli insegnamenti di Clinica chi-rurgica64 con il dottor Mazzoni, presso l’Ospedale San Giovanni, il martedì, il giovedì e il venerdì dalle 16.00 alle 17.00; Anatomia patologica, presso l’Istituto fisiologico, il martedì, il giovedì e il sabato dalle 12.00 alle 13.30 con il Dottor Ferraresi65; Clinica ostetrica, presso l’Istituto privato di via Collina 24 in Roma, il lunedì, mercoledì e venerdì, dalle 16.30 alle 17.30 con il dottor La Torre, ed infine Clinica psichiatrica, presso il Manicomio, il lunedì e venerdì dalle 09.00 alle 10.00 con il prof. Bonfigli.

Anatomia patologica66 Montessori sostenne e superò l’esame il 12 giugno 1896 con la votazione

di 26/30. Le domande furono: Esame degli organi toracici. Pleura. Polmoni-te destra e adenoma dello stomaco e del fegato. La commissione d’esame era costituita da Ettore Marchiafava, professore ordinario per Anatomia pa-tologica, Angelo Celli e Oreste Ferraresi, insegnante libero con effetti legali per Anatomia patologica.

Il professor Marchiafava apportò contributi fondamentali allo studio dell’Anatomia patologica. Infatti, svolse con Angeli Celli importanti ricerche sul plasmodio agente della malaria, confermando i risultati di Laveran e de-scrivendone alcuni stadi dello sviluppo. Compì anche studi sull’artrite tuber-colare, l’artrite luetica e sulla degenerazione del corpo calloso negli alcolisti.

63 Nell’elenco dei corsi della Facoltà di Medicina l’insegnamento di Pediatria e Clinica pediatrica compare non tra i corsi ufficiali (obbligatori), ma tra i corsi a titolo privato com-plementari. Vedi Annuario 1895–96, p. 178. (c’è da precisare che nel registro d’iscrizione il suddetto corso, compare tra i corsi obbligatori).

64 L’insegnamento di Clinica chirurgica, con tale denominazione, viene inserito tra i corsi obbligatori. Mentre nei corsi a titolo privato (equipollenti ai corsi ufficiali), la Clinica chirur-gica viene denominato con il nome di Patologia speciale e clinica chirurgica propedeutica. Ivi, p. 176.

65 L’insegnamento di Anatomia patologica, risulta fra i corsi a titolo privato equipollenti ai corsi ufficiali, tenuto dal dott. Ferraresi. Nell’ordine degli studi tale insegnamento del sesto anno risulta come Anatomia patologica dimostrativa, i cui corsi erano tenuti dal prof. Ettore Marchiafava. Quindi, Montessori potrebbe aver seguito il primo o il secondo corso o entram-bi. Ivi, p. 172 e pp. 174–177.

66 L’insegnamento di Anatomia patologica veniva collocato tra le discipline più importan-ti della scienza medica. Un suo preciso inquadramento negli studi risale al 1852 quando, an-che in Italia, sul modello di quanto si era già verificato in altri Paesi, quali Francia e l’Inghilterra, venne sentita la necessità di una adeguata programmazione legislativa. L’insegnamento di Anatomia ed l’Istologia patologica nacque proprio a Roma, con il profes-sor Gaetano Valeri, che ne diresse la cattedra sino al 1865. Poi furono continuate dal Baccelli, professore di Clinica medica. Tale insegnamento in seguito venne affidato al professor Ettore Marchiafava (1881–1922), che portò la Scuola romana a nuova gloria. In L. Stroppiana, op. cit., p. 43. Vedi anche Parte IV. n. 21.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

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Insieme, Marchiafava e Celli, portarono un contributo essenziale alla lotta contro la malaria. In particolare Celli si interessò dell’eziologia della menin-gite cerebrospinale della dissenteria; mentre il Marchiafava si interessò dello studio dell’agente patogeno.

Clinica ostetrica Montessori sostenne e superò l’esame il 22 giugno 1896 con la votazione

di 25/30 e con una domanda riguardante: Fenomeni della gravidanza (pre-suntivi) Del vomito incoercibile delle gravide. Provocazione del parto. Il gruppo di esperti con cui sostenne l’esame era formato da Ercole Pasquali, professore ordinario per Ostetricia e Clinica ostetrica, Francesco Businelli, professore ordinario per Clinica oculistica e un terzo membro il cui nome ri-sulta illeggibile, anche se sembrerebbe quello del professor Rossoni. I tre componenti diedero rispettivamente: 8, 9 e 8.

Il professor Pasquali, chirurgo primario degli Ospedali di Roma e mem-bro onorario della Società Ostetricia e Ginecologica di Berlino, tenne oltre Clinica ostetricia anche un corso di Ostetricia per levatrici.

Clinica medica Montessori affrontò e superò l’esame il 27 giugno 1896 con la votazione

di 27/30. Le venne fatta una sola domanda su la nefrite cronica, e la com-missione era costituita da tre professori: primo il cui nome risulta illeggibile anche se sembrerebbe quello del professor Grandi, e poi da Eugenio Rosso-ni, professore straordinario per Clinica medica propedeutica ed incaricato per Clinica medica e Virginio Pensuti, insegnante libero con effetti legali per Patologia speciale medica dal 13 novembre 1894.

Clinica chirurgica Montessori sostenne l’esame nel primo periodo della sessione, 28 giugno

1896, promossa con la votazione di 21/30. L’argomento della domanda d’esame riguardava: Cisti del digerente largo. Diagnosi differenziale fra a-denoma ed epitelioma della mammella. La commissione d’esame era costi-tuita dal professor Francesco Durante, ordinario di Clinica chirurgica, il pro-fessor Francesco Occhini, straordinario per l’Anatomia chirurgica e il Corso d’operazioni, ed il dottor Emidio Tassi, insegnante libero con effetti legali per Clinica chirurgica propedeutica dal 9 giugno 1886.

Il professor Durante, oltre ad essere ordinario per Clinica chirurgica era anche incaricato per Patologia speciale dimostrativa e propedeutica clinica chirurgica. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo:

a) Gli epiteliomi (Roma, 1875); b) Indirizzo alla diagnosi chirurgica dei tumori (Roma, 1879); c) Sul Papilloma infettante (Roma, 1894); d) Sull’asportazione del laringe, della trachea, dell’esofago per cancro

(Roma, 1894);

Appendice – Parte prma

210

e) Sulla plastica gastro–duodenale nei restringimenti estesi del piloro (Roma, 1894);

f) Una nuova specie di cisti del Pancreas (Roma, 1894); g) Trattato di patologia e terapia chirurgica generale e speciale (Roma,

1895); h) Dell’azione dello iodio nella cura della tubercolosi chirurgica (Ro-

ma, 1895); i) Trattato di patologia e terapia chirurgica e speciale (Roma,1895–

98). Del professor Occhino, straordinario per Anatomia chirurgica e Corso

d’operazioni, ricordiamo tra gli scritti più significativi: a) Trattato di medicina operatoria ad uso dei medici e studenti (Milano,

1893–94); b) La Piperazina nella Diatesi Urica (Roma, 1895); c) Un nuovo processo di Cistotomia (Roma, 1895). Il Dottor Tassi primario degli Ospedali di Roma e insegnante per la Cli-nica chirurgica propedeutica dal 9 giugno 1886 scrisse: a) Resezione di due anse intestinali del tenue (Roma, 1894); b) Craniotomia per pachimeningite emorragica (Roma, 1894); c) Tre allacciature di grosse arterie unitamente alle vene e nevrorafia

(Roma, 1894). La serie di lavori del professor Durante comprendono argomenti che ab-

bracciano vari campi di applicazione della chirurgia, infatti egli studiò la ge-nesi e la metamorfosi di un sarcoma giganto–cellulare delle ossa, la patologia e la terapia delle ghiandole linfatiche; studiò l’uretroperineorafia nei restrin-gimenti uretrali; compì interventi sul pancreas, sulla milza, sul rene e sull’utero. In un contributo del 1893 sugli esiti a distanza dell’isterectomia per via vaginale nel cancro, riferì le proprie esperienze su una casistica di 50 interventi. Il Durante ha lasciato molte osservazioni importanti sulla forma-zione dell’ano artificiale e sull’utilità dello stesso come mezzo preliminare di cura nella patologia rettocolica. Il Durante diede contributi originali anche nella chirurgia cerebrale, scoprendo, nel 1894, un nuovo procedimento ope-ratorio per l’estirpazione di un fibroma della base cranica per via faringea; diede anche contributi innovatori nella chirurgia ossea e articolare e nella su-tura dell’arteria ascellare, praticata per la prima volta dal Durante per un im-provviso intervento causato da una ferita accidentale dell’arteria occorsa du-rante una amputazione di mammella. Ideò un procedimento di asportazione della lingua con preventiva legatura dell’arteria linguale. Il Durante attraver-so ricerche sperimentali di laboratorio, poté proporre e presentare al X Con-gresso della Società italiana di chirurgia, svoltosi a Roma nel 1895, la nota cura della tubercolosi mediante iniezioni locali di soluzione iodoiodurata, che permetteva la guarigione senza le mutilazioni della pratica precedente.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

211

Patologia e Clinica pediatrica (corso libero) Montessori sostenne e superò l’esame il 9 luglio 1896 con la votazione di

27/30. L’argomento delle domande furono: Rachitismo incipiente. Catarro intestinale. La commissione era formata dal professor Luigi Concetti, Luigi Luciani e Antonio Valenti.

Il Professor Concetti, incaricato per Pediatria, era anche dal 21 maggio 1894 insegnante libero con effetti legali per Patologia e Clinica pediatrica; tra le sue pubblicazioni ricordiamo:

a) Studi clinici e ricerche sperimentali sulla Difterite (Roma, 1894); b) Della pretesa influenza dei regolamenti sanitari sulla sifilide eredita-

ria nei Brefotrofi (Roma, 1894); c) Lo stato attuale della pediatria in Italia (Roma, 1895); d) La sieroterapia nella Difterite (Roma, 1895); e) La Difterite (Milano, 1895); f) A proposito di alcune forme prolungate di difterite laringea (Roma–

Napoli, 1896); g) Sulle perdite che subisce annualmente l’Italia per il numero eccessi-

vo di morti e di malattie nell’età infantile (Milano, 1896); h) L’insegnamento della Pediatria in Roma (Resoconto statistico clinico

del biennio 1894–95 e 1895–96. Roma, 1896). Il professor Luciani, ordinario per Fisiologia umana e incaricato per Tec-

nica fisiologica, scrisse: a) Lo svolgimento storico della Fisiologia. Prelazione al suo primo cor-

so di Fisiologia nella R. Università di Roma (Roma, 1894); b) I recenti studi sulla fisiologia del cervelletto secondo il prof. David

Ferrier (Reggio Emilia, 1895); c) Sui fenomeni respiratori delle larve del bombice del gelso (Firenze,

1895); d) Alcune ricerche comparative sulle principali acque clorurate di Mon-

tecatini. In collaborazione coi dott. Dutto e Lo Monaco (Roma, 1896).

Il professor Valenti, straordinario per Patologia generale, scrisse: a) Un nuovo indicatore micrografico (Microtopografo) applicabile a

qualunque microscopia a tavolino quadrangolare (Roma, 1893); b) Dei processi morbosi infettivi. Eziologia, Nosologia e terapeutica

(Milano, 1895). Negli anni a cavallo tra i due secoli, l’insegnamento della pediatria era

agli inizi, infatti solo dal 1892 esistevano le cattedre di Padova e Napoli, po-chi erano anche gli ospedali infantili, nati per iniziativa di privati. Il profes-sor Concetti che, nell’anno accademico 1894–95 tenne presso l’Università di Roma un corso pareggiato di Clinica pediatrica inaugurato il 2 dicembre 1894, con la prolusione dal titolo Lo stato attuale della pediatria, fin dall’inizio della sua attività aveva sostenuto la necessita degli esami di labo-ratorio infatti, poteva disporre di mezzi per l’attività di laboratorio, messigli

Appendice – Parte prma

212

a disposizione da Angelo Celli (professore d’igiene nella stessa università), convinto assertore di uno stretto legame fra pedagogia e igiene. Gli argomenti cui il Concetti si dedicò furono quelli riguardanti la neuropatologia infantile, infatti fu uno dei primi a introdurre la puntura lombare a scopo diagnostico; studiò il liquido cefalo–rachidiano e il suo comportamento durante le varie forme di meningite purulenta, trattò argomenti riguardanti la stipsi abituale, l’atrofia primitiva, i fermenti del latte, i danni dell’ipoalimentazione del lattante e le malformazioni congenite del colon che determinano la stipsi cronica. Il Concetti si interessò degli aspetti sociali della pediatria, in particolare dei brefotrofi, della mortalità infantile e dei mezzi per combatterla e insieme a Celli fondò l’ambulatorio infantile «Soccorso e lavoro», con sede a Roma nel quartiere Trastevere.

Montessori dopo aver sostenuto tutti gli esami previsti dal regolamento universitario, venne ammessa a sostenere l’esame di Laurea. La commissio-ne esaminatrice, invitò la candidata alla dissertazione della tesi avente il tito-lo: Contributo clinico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagoni-stico. Le domande che il gruppo di esperti pose alla studentessa consistettero in: Applicazioni in generale della chirurgia cerebrale; Intubazione e trache-otomia (parallelo) nel crup, in rapporto alla sieroterapia. Compiuta la prova la commissione, costituita di undici professori, si pronunciò sulla presenta-zione della candidata, con i voti seguenti:

– Davide Toscani, si pronunciò con un nove – Luigi Luciani con otto – Roberto Campana con nove – Ercole Pasquali con dieci – Antonio Valenti con nove – Ezio Sciamanna con dieci – Giovanni Mingazzini con nove – Paolo Postempski con dieci – Giacomo Emilio Caratullo con dieci – Mariano Sciellingo con dieci – Alfredo Fortunati con dieci67. Il Presidente della commissione, il professor Davide Toscani, approvò

con la votazione di 104/110 e proclamò Maria Montessori Dottore in Medi-cina e chirurgia, il 10 luglio 1896.

67 Regia Università degli studi di Roma processo verbale dell’esame di Laurea in Medici-

na e chirurgia sostenuto dalla Montessori il 10 luglio 1896. Vedi Parte IV. n. 29.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

213

I.3 Corso di perfezionamento in polizia sanitaria

Nel 1900 la dottoressa Montessori si iscrisse al corso di perfezionamento

per il bimestre gennaio–febbraio 1900. Tale corso prevedeva la frequenza obbligatoria, ore di pratica in Ospedali e un esame finale.

La dottoressa frequentò gl’insegnamenti di Epistemologia, Batteriologia microscopia, Chimica, Zootecnica, Ingegneria sanitaria e Legislatura. Questi insegnamenti erano tenuti rispettivamente dai professori: Celli, Casagrande, Scala, Nasotti, Spataro e Gualdi.

Il corso aveva la durata di due mesi dopodiché bisognava affrontare un esame finale. La dottoressa marchigiana ottenne la Licenza superando il rela-tivo esame in data 3 marzo 1900 con il voto di 30/3068. I.4 Maria Montessori alla Facoltà di Filosofia

I.4.1 Anno accademico 1902–03

La giovane dottoressa venne immatricolata, previa presentazione della

Laurea in Medicina e chirurgia, in seguito a lettera Ministeriale del 16 luglio 1903 n. 7298 conforme al voto favorevole della Facoltà di Filosofia e Lettere preso nella seduta del 2 febbraio 190369. La dottoressa venne registrata al terzo anno di Filosofia della Regia Università di Roma con numero di matri-cola 143770.

La scelta di iscriversi alla Facoltà di Filosofia non fu casuale, anzi è ipo-tizzabile che la sua iscrizione fosse maturata alla luce proprio dell’impegno assunto nella Scuola Magistrale Ortofrenica, inaugurata nel marzo del 1900. Montessori venne incaricata di svolgere una decina di lezioni di Antropolo-gia, oltre che ad occuparsi della conduzione e della gestione della classe di tirocinio annessa alla Scuola Magistrale Ortofrenica. Tale incarico testimo-nia un lento, ma progressivo distacco dalla psichiatria per l’antropologia, in-segnamento a cui si dedicava anche all’Istituto Superiore di Magistero Femminile, dove dal 1899 insegnava Igiene e Antropologia. L’insegnamento al Magistero femminile, oltre ad assicurare finalmente alla dottoressa mar-chigiana uno stipendio fisso, le forniva l’opportunità di operare a favore del-la formazione, non solo scientifica, di molte giovani donne, sia attraverso l’insegnamento impartito, inerente ad argomenti quali la maternità e la ses-sualità, sia con l’esempio della sua persona, donna forte ed avvincente. Pro-

68 Vedi Parte IV All. n. 29 e 30. 69 L’iscrizione alla Facoltà di Filosofia negli anni 1902–04, risulta dal registro delle

immatricolazioni della suddetta Facoltà. Vedi Parte IV All. n. 31 e 31/bis. 70 Ibidem.

Appendice – Parte prma

214

prio nei primi anni del suo insegnamento, la professoressa valutò di iscriver-si al corso di laurea in filosofia, presso la Facoltà di Lettere.

È possibile ipotizzare che la scelta di iscriversi alla Facoltà di Filosofia fosse stata presa non solo per arricchire la propria cultura scientifica, ma an-che per rafforzare la posizione accademica in vista del raggiungimento della libera docenza all’Università di Roma.

L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Filosofia e Lettere per l’anno 1902–03 prevedeva71:

3° anno Filosofia teoretica (psicologia e logica) Filosofia morale (sociologia) Storia della filosofia Pedagogia Montessori, per l’anno accademico 1902–03, risulta aver pagato una tassa

di £. 75 il 24 luglio 1903. Inoltre, in quell’anno frequentò come studente, gli insegnamenti obbligatori quali: Filosofia teoretica con il professor Antonio Labriola; Storia della filosofia con il professor Giacomo Barzellotti e Filoso-fia morale con il professor Pietro Ragnisco.

Filosofia teoretica Per quanto riguarda il corso di Filosofia teoretica, Montessori frequentò

presso la Scuola N. 5, il lunedì, il martedì, il mercoledì e il venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 con il professor Antonio Labriola72.

Il professor Antonio Labriola, ordinario per Filosofia teoretica73 ed inca-ricato per Filosofia della storia nella Facoltà di Filosofia, era anche incarica-to per le conferenze di Filosofia teoretica nella Scuola di Magistero in Filo-sofia e Lettere74.

Tra le molte pubblicazioni citiamo: a) La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone e Aristotele

(1871); b) Della libertà morale (1873); c) Morale e religione (Napoli, 1873); d) Dell’insegnamento della storia (1876); e) In memoria del manifesto dei comunisti (1896); f) Del materialismo storico. Delucidazione preliminare (1896);

71 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1902–03, Roma, Fratelli Pallotta, 1903, pp. 152–

153. (D’ora in avanti sarà così citato: Annuario 1902–03). 72 Vedi Annuario 1902–03, pp. 156–157. 73 Il professor Antonio Labriola risulta, come si evince dal documento datato 21 agosto

1902, che da professore di Filosofia morale e Pedagogia, venne con suo consenso trasferito alla cattedra di Filosofia teoretica con decreto 7 luglio 1902. Vedi Fascicolo personale docenti Pos. AS. 67, Archivio studenti Università «La Sapienza».

74 Vedi Annuario 1902–03, p. 66.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

215

g) Discorrendo di socialismo e di filosofia (1898), che raccoglie le lette-re critiche al Sorel.

La scelta da parte della Montessori di frequentare le lezioni del professor Labriola, probabilmente, nasceva dai suoi interessi per una pedagogia non dogmatica, aperta alla storia, alla società, alla scienza tendenzialmente diret-ta allo sviluppo civile ed all’innovazione culturale. Montessori, probabil-mente, ammirava in Labriola (uomo polemico, censorio, pronto alla battuta tagliente) questa illimitata dedizione al dovere accademico. Il carattere a-spro, lo stile sarcastico del filosofo erano rinomati presso i suoi stessi con-temporanei ed ancora nei suoi libri, articoli e lettere. La giovane dottoressa era affascinata da quel suo essere stato così profusamente dibattuto.

Presumibilmente Maria Montessori conosceva già alcuni dei suoi libri e sicuramente aveva sentito parlare di quel tanto disputato discorso pronuncia-to in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1895–96 su L’Università e la libertà della scienza. Labriola, infatti, confessò nello scrit-to dal titolo Discorrendo di socialismo e filosofia del 1897, che «a dir le cose come sono, io non ebbi mai una troppo grande inclinazione […]. Fui sempre e sono, invece, appassionatissimo dell’arte dell’insegnamento orale, in tutte le sue forme; e l’attendere a codesta opera, con molta intensità, mi ha distol-to per lunghi anni, in passato, di redire per iscritto ciò che insegnando vien detto»75.

Labriola rappresentava un modello di quotidiana ed assidua operosità, sia verso i colleghi che gli studenti. Prova di ciò fu quando nel 1900–1901 fu costretto ad interrompere le sue lezioni orali a causa dell’aggravarsi di un cancro laringeo; ma nonostante tutto egli continuò a tenere le sue lezioni an-che nell’anno accademico 1902–03, con l’aiuto di appunti letti da uno scola-ro. In quell’anno svolse un corso sui rapporti fra storia, sociologia, filosofia della storia e materialismo storico; ma dopo un secondo intervento chirurgi-co alla gola, si spense il 2 febbraio 190476.

Nelle sue lezioni svolte alla Facoltà di Filosofia, Labriola spiegava il suo punto di vista riguardo la storia, la sociologia, la filosofia della storia ed il materialismo storico.

La storia intesa come parte subiecti è scienza del procedimento ed arte della narrazione. Quindi la ricerca, lo studio delle condizioni è andato, e diviene sempre più scientifico; pur non negando come fine ultimo della ricerca, la narrazione. La sociologia è tutto ciò che può essere obietto del nostro pensiero, in quanto c’è una

75 G. Cives, La «scuola» di pedagogia della Facoltà di Lettere e filosofia della «Sapien-

za» di Roma. Da Labriola a Credaro, in «Scuola e città», a. XLV, n. 12, 31 dicembre 1994, p. 516.

76 A. Labriola, Saggi sul materialismo storico, in A. Guerra (a cura di), Roma, Editori Riuniti, 2000, pp. 24–25.

Appendice – Parte prma

216

società, ed è ricerca preliminare necessaria allo storico, non solo per conoscere il ter-reno sul quale i fatti si svolgono, ma altresì per individuarne i motivi77.

Tuttavia la sociologia è complessità e concatenazioni di fatti eterogenei, che bisogna empiricamente acquisire e conoscere. Tale acquisizione costitui-sce il proprio ed il complicato compito della ricerca storica «perché nessuna astratta sociologia mi farà capire come mai, dato pure il generale processo della formazione della borghesia, solo in Francia sia accaduta tal cosa che si chiama la grande Rivoluzione»78.

La filosofia della storia, invece, si riporta ai principi che si suppongono direttivi rispetto al succedersi degli avvenimenti stessi. Ora, il materialismo storico (designato a cercare le condizioni materiali del mondo storico socia-le), nell’opera Labriola, unifica queste diverse ricerche, poiché fornisce loro una via prettamente realistica e nello stesso tempo tutte le proietta verso uno scopo supremo, che è quello di esporre la storia in modo esplicito. Così, per altra via, si arriva alla medesima conclusione, alla quale ci aveva condotto già l’analisi del materialismo storico, nel quale Labriola spaziava per com-prendere tutti i risultati dell’indagine realistica applicata allo studio dei fatti umani. Questa indagine veniva protesa anche in altre direzioni: quella dell’indirizzo politico dei socialisti. Tale ricerca implicava lo studio delle condizioni della società contemporanea e del suo progredire, alla quale l’illustre professore stabilmente teneva fisso lo sguardo79.

Nei suoi corsi tenuti dal 1897–1900, egli riprese e trattò l’argomento del-la dottrina del determinismo, che per lui era la dottrina della volontà, trattan-do la parte riguardante la psicologia della volontà insieme ad alcune applica-zioni alla critica del diritto del punire.

Per quanto riguarda i corsi di pedagogia, la sua prefazione era sempre ca-ratterizzata da due punti peculiari: il primo punto si basava sull’educazione che doveva rivolgersi sempre al futuro uomo che è nell’educando, utilizzan-do mezzi che sono atti a sviluppare in lui il pieno esercizio della libertà; il secondo punto stabiliva che tale educazione non doveva prescindere dalle differenze di classe e dal particolare sviluppo delle attitudini, poiché queste devono liberamente svilupparsi da certe inclinazioni. Egli manifestava nelle sue lezioni di avere tanta fede nell’arte «insegnativa»; la sua opera filosofica era legata alla sua opera pedagogica, in quanto alla scuola egli comunicò sempre gl’intimi travagli dell’animo suo. L’interno dialogo del filosofo di-ventava nella scuola e per la scuola il discorso, l’insegnamento del maestro.

Sembrerebbe facile supporre che nelle sue lezioni svolgesse diffusamente quei temi che, in forma più concisa, divennero oggetto delle sue opere e che agitasse il problema della libertà morale, che trattasse dei rapporti tra morale

77 L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino, Enaudi, 1975, p. 419.

78 L. Dal Pane, op.cit., pp. 418–419. 79 Ivi, pp. 419–420.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

217

e religione e che tentasse una costruzione scientifica dell’etica prendendo a guida l’Herbart e gli herbartiani, Strümpell, Hartenstein, Tepe, Thilo ed altri. Fu proprio l’influsso diretto di quei due grandi sistemi, forgianti la cosiddet-ta filosofia classica, che si venne a formare l’educazione del Labriola; questi due sistemi, cioè quello di Herbart e di Hegel, portarono al materialismo sto-rico di Karl Marx ed alla psicologia empirica che entro certi limiti divenne anche sperimentale, comparata, storica e sociale80.

Labriola fu giornalista e filosofo, moralista e studioso politico, ma soprat-tutto educatore, forza di stimolo e suggestione per quelle «scapigliate ma ge-niali lezioni»81; lezioni dettate dalla vivacità dalla polemica, come quelle a difesa della libertà accademica e del suo impegno straordinario di comunica-zione e risveglio delle coscienze, nel quale non smetteva mai di lavorare an-che attraverso conferenze magistrali, corsi ai maestri romani, incontri con insegnanti e con operai.

Montessori conobbe questo Labriola tramite i testi da lui scritti ed i gior-nali; poiché già nel corso dell’anno 1902–03 Labriola non era più lo stesso, consumato a poco a poco dalla malattia.

Storia della filosofia82 Montessori frequentò le lezioni di Storia della filosofia, presso la Scuola

N. 4, tenute dal professor Giacomo Barzellotti, il martedì, il giovedì e il sa-bato, dalle 11.00 alle 12.0083.

Il professor Barzellotti, ordinario per Storia della filosofia ed incaricato nella Scuola di Magistero in Filosofia e Lettere, per le conferenze di Didatti-ca generale, pubblicò tra l’altro:

a) La morale nella filosofia positiva (Firenze, 1871); b) La psicologia contemporanea e il problema della coscienza (1873); c) La critica della conoscenza e la metafisica di Kant (1878); d) il saggio La filosofia in Italia (1879); e) La nuova scuola del Kant e la filosofia scientifica contemporanea in

Germania (Nuova Antologia, 1880); f) L’educazione e la prima giovinezza di A. Schopenhauer (Roma,

1881); g) Le condizioni presenti della filosofia e il problema della morale (pro-

lusione al corso di filosofia morale, pubblicata in Rivista di filosofia scientifica, 1882);

h) Le basi della morale di H. Spencer (Roma, 1882); i) Filosofia delle scuole italiane (1882);

80 Ivi, p. 116. 81 N. Spano, L’Università di Roma, Roma, Casa Ed. «Mediterranea», 1935, p. 142. 82 Vedi Parte IV All. n. 31 e 31/bis. 83 Vedi Annuario 1902–03, pp. 156–157.

Appendice – Parte prma

218

j) David Lazzaretti di Arcidosso detto il Santo: i suoi seguaci e la sua leggenda (Bologna, 1885);

k) Santi, solitari e filosofi (Bologna, 1886); l) La morale come scienza e come fatto e il suo progresso nella storia

(1887); m) La filosofia nella storia della cultura (1897); n) La filosofia di H. Taine (1900); o) Alla vigilia della scadenza della triplice. I. La politica estera d’Italia.

II. La politica interna dello Stato italiano (Roma, 1902); p) Nel Centenario di N. Tommaseo (Roma, 1902); q) Gaetano Negri (Firenze, 1902); r) Per il Congresso internazionale di scienze storiche (Storia della filo-

sofia, Storia delle religioni; ha pubblicato una relazione sul tema se-guente: Di alcuni criteri direttivi dell’odierno concetto della Storia, che restano tuttora da applicarsi pienamente e rigorosamente alla Storia della Filosofia, massime di quel periodo che va dal Rinasci-mento al Kant. Roma, 1902).

Anche per l’insegnamento di Storia della filosofia non è facile risalire al programma ed ai relativi testi. Ma da un’ampia ed approfondita analisi della personalità del docente si può risalire ai suoi interessi che trascinavano alle sue lezioni molti uditori tra questi anche Montessori.

Barzellotti non ricopriva una posizione filosofica precisa, pertanto la sua posizione rimase sempre piuttosto generica. Egli ebbe interessi soprattutto psicologici, sociologici e di natura morale e religiosa, piuttosto che specula-tivi. Di tendenza neokantiana, non fu favorevole al positivismo dominante ed al neoidealismo di Croce e di Gentile, che si stava affermando. La religiosità era stata da parte sua oggetto di studio, in particolare, nello scritto dal titolo Italia mistica Italia pagana pubblicato nel 1894, in cui sosteneva l’accordo fra la teoria del trasformismo e quella della creazione. Tuttavia nel testo Da-vid Lazzaretti di Arcidosso detto il Santo: i suoi seguaci e la sua leggenda del 1885 (poi ripubblicato col titolo Monte Amiata e il suo profeta, 1909), Barzellotti già aveva studiato la psicologia religiosa, cioè la descrizione del mondo in cui si costituiscono, per proselitismo, gruppi sociali. Quest’opera contribuì insieme con le opere di studiosi come De Gubernatis, Puini, Finzi, Vignoli, all’affermazione in Italia, nel periodo 1870–1900, degli studi di sto-ria delle religioni e alla nascita di una vera e propria storiografia religiosa, che poi con Labanca, Turchi, Pettazzoni, Salvatorelli ed altri, sarà sempre più decisamente ispirata da una metodologia scientifica.

Nel testo La filosofia nella storia della cultura, pubblicato nel 1897, Bar-zellotti ribadiva la necessità, per la filosofia, di svincolarsi dal dogmatismo e di considerare peculiare la funzione critica dei principi, delle idee direttive, delle leggi e dei presupposti della umana conoscenza. Barzellotti continuò su questi temi anche quando ottenne, nel 1896, la cattedra di Filosofia della sto-ria nell’Università di Roma che conservò sino alla morte.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

219

Filosofia morale Nell’annuario per l’anno scolastico 1902–03 risulta che l’insegnamento di

Filosofia morale veniva impartito dal professor Pietro Ragnisco. Sempre nell’annuario non sono però indicate le sue lezioni, anche se dal registro d’iscrizione risulta che Montessori abbia ottenuto la frequenza in Filosofia morale84.

Tra le tante pubblicazioni del Ragnisco, ricordiamo: a) Storia critica delle categorie dai primordi della filosofia greca fino a

Hegel (Firenze, 1871); b) Documenti inediti e rari intorno alla vita e agli scritti di Nicoletto

Vernia e di Elia del Medigo (1891); c) Nicoletto Vernia: studi storici sulla filosofia padovana nel sec. XV

(1891); d) La preghiera nell’etica moderna (1895).

I.4.2 Anno Accademico 1903–04

Nell’anno 1903–04, Montessori si iscrisse ai corsi del quarto anno85. L’ordine degli studi consigliato dalla Facoltà di Filosofia e Lettere prevede-va gli insegnamenti di:

4° anno86 Letteratura latina Pedagogia Storia della filosofia Letteratura greca Storia moderna Filosofia o altra disciplina di scienze naturali Filosofia morale

Corsi complementari Filosofia della storia Montessori frequentò cinque insegnamenti obbligatori: Storia della filo-

sofia con il professor Giacomo Barzellotti; Letteratura italiana con il profes-sor Angelo De Gubernatis; Pedagogia con Luigi Credaro; Filosofia teoretica con Guido Villa; e Filosofia morale con Pietro Ragnisco.

84 Ivi, pp. 156–159. 85 Nell’anno 1903–04 la dottoressa Montessori si iscrisse ai corsi del quarto anno della fa-

coltà di Filosofia. Ciò risulta dal registro delle immatricolazioni della facoltà di Filosofia e Lettere della Regia Università di Roma e dal modulo d’iscrizione per l’anno accademico 1903–04. Vedi Parte IV All. n. 31.

86 Vedi Annuario per l’anno scolastico 1903–04, Roma, Fratelli Pallotta, 1903, pp. 176–177.

Appendice – Parte prma

220

Tra i corsi liberi frequentò: Psicologia con il professor Sante De Sanctis; Storia di Roma nel Medio–evo con Giuseppe Tomassetti; Antropometria con il professor Vram; Magistero di Pedagogia con Luigi Credaro87.

Storia della filosofia

Montessori frequentò le lezioni impartite dal professor Giacomo Barzel-lotti nella Scuola n. 4, il martedì. il giovedì e il sabato, dalle 11.00 alle 12.00.

Barzellotti insegnò dal 1881 al 1887 Filosofia morale all’Università di Pavia, per poi passare all’Università di Napoli, quale ordinario della mede-sima disciplina. Nel 1896 ottenne la cattedra di Storia della filosofia nell’U-niversità di Roma, che conservò fino alla morte.

Nel 1904 pubblicò il volume dal Rinascimento al Risorgimento (Studi di psicologia storica. Palermo, 1904) ed il saggio L’Italia e il Papato (Roma, 1904).

Letteratura italiana Maria Montessori frequentò le lezioni di Letteratura italiana presso la

Scuola n. 4, il martedì, giovedì, venerdì e sabato, dalle 14.00 alle 15.00, te-nute dal professor Angelo De Gubernatis88.

De Gubernatis, professore ordinario per Letteratura italiana, incaricato per il Sanscrito, professore emerito del Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze e fondatore e direttore del museo Indiano, pubblicò molto durante la sua carriera, tra i tanti scritti ricordiamo:

a) Su le orme di Dante, Corso di lezioni nell’Università di Roma (Ro-ma, 1901);

b) Lettere amorose di donne italiane del settecento (1901); c) Le scrittrici italiane. Conferenza. Nella Vittoria Colonna di Napoli

(1901); d) Buddha, dramma in versi, in cinque atti (Roma, 1902); e) Cronache della civiltà Elleno–Latina (Roma, 1902); f) Conferenze su Victor Hugo e Vittorio Alfieri. Nelle stesse cronache

(1902);

87 Nell’elenco degli insegnamenti complementari sopra citati non compare Antropologia

zoologica impartito dal professor Moschen pur essendo presente questo insegnamento nel re-gistro d’iscrizione. Inoltre Montessori non risulta abbia frequentato questo insegnamento. Ve-di registro in Parte IV della tesi. Inoltre nel libro di Babini e Lama risulta invece che la studio-sa abbia frequentato tale insegnamento. (Vedi V. P. Babini, L.Lama, «Una donna nuova», Milano, Angeli, 2000, p.131). Ibidem

88 Dal documento presente nel fascicolo personale della Montessori (vedi Parte IV), risul-ta che la lezione di Letteratura italiana era tenuta dal professor De Guliernatio; non vi è alcun dubbio che quel professore non esiste, almeno per quel che ci riguarda. Dall’elenco dei pro-fessori presente nell’annuario 1903–04, risulta, per l’insegnamento della Letteratura italiana, il professor Angelo De Gubernatis, indianista e letterato nato a Torino nel 1840 e ottenne la cattedra, oltre che in Letteratura italiana, anche in Sanscrito. Vedi Annuario 1903–04, pp. 178–179.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

221

g) Le genie florentin (1902); h) Le stragi amorose di Giovanni Dalle Bande Nere (1902); i) De Sacountala à Griselda (Discorso al XIII Congresso degli Orienta-

listi in Amburgo); Actes du XII Congrès des Orientalistes à Rome (1901–02).

Pedagogia Le lezioni di Pedagogia Montessori le frequentò presso la Scuola n. 16 il

martedì, il giovedì e il sabato dalle 17.00 alle 18.00, con il professor Luigi Credaro. In quell’anno il professor Credaro ordinario per Pedagogia, era an-che il Preside della Facoltà di Filosofia e Lettere.

Tra gli scritti più significativi troviamo: a) Il passato e il presente della storia della filosofia (Roma, 1890); b) Il problema della libertà di volere nella filosofia dei Greci (Milano,

1892); c) Le basi della teoria herbartiana dell’istruzione (Roma, 1895); d) Delle società comunali d’assicurazione mutua contro le malattie e

gl’infortuni del bestiame vaccino fra contadini del valtellinese (Son-drio, 1896);

e) Il greco nelle scuole secondarie d’Europa e d’America (Milano, 1897);

f) L’opera della società per la storia dell’educazione e della scuola te-desca (Pavia, 1899);

g) La libertà accademica: discorso (Pavia, 1900); h) La Pedagogia di G. F. Herbart (Roma, 1900); i) La refezione scolastica a Pavia: relazione (Pavia, 1900); j) Dizionario di Pedagogia (condirettore prof. A. Martinazzoli. Milano,

1893–1900); k) I progressi della pedagogia di G. F. Herbart (Pavia, 1901); l) La Pedagogia di G. F. Herbart (seconda edizione riveduta e modifi-

cata. Roma, 1902); m) Dalla letteratura pedagogica tedesca (Roma, 1902); n) Relazione sul secondo anno di vita della «Unione Magistrale Nazio-

nale» (Roma, 1902); o) L’insegnamento universitario della Pedagogia (Prelazione. Roma,

1903); p) Relazione sullo stato di previsione della spesa del Ministero

dell’Istruzione pubblica per l’esercizio finanziario 1903–04 (Roma, 1903);

q) Rassegna di Pedagogia (Bologna, 1904). Nei suoi scritti Credaro mette in evidenza la necessità di una «istruzione

educativa» di stampo herbartiano. Infatti, nel 1900 suscitò un certo scalpore l’ultima prolusione tenuta dal Credaro all’Università di Pavia (dove insegnò Storia della filosofia dal 1890), riguardante La libertà accademica. Questa

Appendice – Parte prma

222

prolusione piacque molto al Labriola, il quale apprezzò in Credaro l’herbartismo pedagogico. A tal riguardo il Credaro pubblicò La pedagogia di Herbart ove sosteneva che la pedagogia è scienza autonoma anche se ri-sulta legata ad altre scienze e alla filosofa, e che l’indirizzo herbartiano supe-ra, senza negarle del tutto, le nozioni pedagogiche, sia spiritualistiche che positivistiche. Per interessamento di Labriola, nel 1902 il Credaro fu chiama-to a ricoprire la cattedra di Pedagogia, prima tenuta dal Labriola stesso, pres-so la Facoltà di Filosofia e Lettere89.

Accanto all’impegno universitario, il Credaro aveva assunto anche incari-chi politici; si occupò spesso di problemi riguardanti la scuola e l’educazione.

Nel 1900 fu eletto presidente dell’Associazione della stampa scolastica ed incaricato di progettare un programma teso al miglioramento delle condizio-ni di vita dei maestri. A tal riguardo fondò a Roma, nel 1901, l’Unione Ma-gistrale Nazionale e, nel 1904, la Scuola pedagogica, che aveva annesso il Museo di istruzione e educazione precedentemente diretto, per molti anni, dallo stesso Labriola90.

Il Museo di istruzione ed educazione di Labriola verrà ricostituito col nome di Museo pedagogico, nel quale si tenevano anche seminari psico–pedagogici diretti dal neuropsichiatra Sante De Sanctis. Alla Scuola Pedago-gica con Credaro figuravano come insegnanti fra gli altri: Giuseppe Sergi, Sante De Sanctis, Maria Montessori, Giovanni Gentile. La presenza della pedagogista non solo alle lezioni del Credaro, ma anche negli ambienti so-ciali e culturali, sono la prova di un arricchimento culturale, anche in vista di un avanzamento accademico. Nel 1903 il Credaro tenne all’Università di Roma la prelazione al corso di Pedagogia, dal titolo L’insegnamento univer-sitario della pedagogia.

Questa lezione apparve interessante dal punto di vista storico e storiogra-fico, soprattutto per il periodo in cui venne elaborata; periodo in cui la posi-zione herbartiana, discussa già da tempo, era giunta in Italia con i positivisti, i quali dibatterono sulla qualità scientifica della pedagogia e quindi sulla re-lazione reciproca tra la pedagogia ed altre discipline, non ultima la filosofia, con cui sino ad allora la pedagogia stessa era stata identificata. Il dibattito investiva addirittura la legittimità o meno della presenza di una prospettiva filosofica all’interno di una teoria scientifica dell’educazione. L’herbartismo

89 Con lettera, datata 1 agosto 1902, il ministro Nasi con decreto del 7 luglio 1902, trasfe-risce il professor Labriola alla cattedra di Filosofia teoretica mentre il professor Credaro è chiamato ad assumere la cattedra di Pedagogia, sempre presso l’Ateneo romano a decorrere dal 1 novembre 1902. Vedi Fasc. Docenti: Credaro, AS n. 64, dell’Università «La Sapienza».

90 Il Museo di istruzione e educazione, con sede in Roma presso il Collegio romano, nac-que nel 1874 e affidato al Labriola nel 1877 dal ministro Bonghi, Labriola tenne la direzione sino al 1891. Il Museo offriva la documentazione per indagini comparative come quelle sull’ordinamento della scuola nei diversi paesi e appunti sull’insegnamento secondario privato in altri Stati ed inoltre era sede di conferenze, di lezioni, di corsi per dirigenti scolastici e per insegnanti primari e secondari. Vedi G. Cives, op. cit., p. 520.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

223

sosteneva la necessità di una prospettiva interdisciplinare della pedagogia che approdava, tutto sommato, ad un rapporto di equilibrio tra le componenti filosofiche, psicologiche e pedagogiche91.

Credaro univa l’insegnamento universitario della pedagogia alla esigenza di una profonda riforma nella formazione dei docenti, tema caro anche a Montessori. Tuttavia, secondo Credaro occorreva proseguire sulla strada a-perta da Herbart e arricchirla con materie di chiaro significato educativo e importanza scientifica. «Non si tratta, in altre parole, di giustapporre ad una preparazione umanistica una dose più o meno consistente di «scienze»; ma si tratta di approdare ad una visione dialettica dei rapporti tra i vari momenti della Pedagogia, di comprenderla nella sua multidisciplinarietà»92.

Nella parte conclusiva della prolusione del 1903, Credaro afferma: «che educazione e storia possono conciliarsi in un terreno non più di esercitazione culturale ed accademica, ma di viva e fertile costruzione dell’umanità che è oppure va risvegliata in ciascuno»93.

Filosofia teoretica Le lezioni di Filosofia teoretica94 le frequentò presso la Scuola n. 5, il lu-

nedì, il mercoledì e il venerdì dalle 16.00 alle 17.00 con il professor Guido Villa.

Il professor Villa incaricato per Filosofia teoretica e professore nel Regio Liceo Torquato Tasso, per la summenzionata materia dal 13 maggio 1901 è anche autore di molti scritti, tra i quali:

a) La psicologia contemporanea. Tradotta in varie lingue (1902); b) Dei caratteri e delle tendenze della filosofia contemporanea (Pavia,

1903); c) La filosofia di H. Spencer (1903). Dal Registro d’iscrizione non risulta che Montessori abbia frequentato

questa materia; anzi, la sua non frequenza, viene fatta risaltare con un “no”.

91 L. Bellatalla, Classici e storia della pedagogia: una lezione di Credaro del 1903, in G.

Cives, G. Genovesi, P. Russo, I classici della pedagogia, Milano, Franco Angeli, 1997, pp. 109–110.

92 Ivi, p. 112. 93 Ivi, p. 122. 94 Il Corso di Filosofia teoretica, non era tenuto solo dal professor Villa, ma anche dai pro-

fessori Luigi Ambrosi, Nicolò D’Alfonso, Giovanni Battista Milesi, Giuseppe Michele Ferrari e Antonio Traglia. Rispettivamente insegnanti di Filosofia teoretica dei corsi liberi, invece il professor Villa del corso ufficiale. Parrebbe, quindi, che Montessori abbia frequentato le le-zioni del Villa, infatti ciò sembrerebbe chiaro anche dal registro d’iscrizione, dove risulta chiaro dalla dichiarazione di frequenza che, la studiosa seguiva le lezioni tenute dal professor Villa. Vedi Annuario 1903–04, pp. 178–181 e Parte IV della tesi.

Appendice – Parte prma

224

Filosofia morale Il corso ufficiale di Filosofia morale era tenuto presso la Scuola n. 3 il lu-

nedì, il mercoledì e il venerdì dalle 11.00 alle 12.00, dal professor Pietro Ra-gnisco ordinario per Filosofia morale.

Dei corsi liberi Montessori frequentò le materie di Psicologia, con il pro-fessor Sante De Sanctis; Storia di Roma nel Medio–evo, con Giuseppe To-massetti; Antropometria con il professor Ugo Vram e Magistero di Pedago-gia con il professor Luigi Credaro95. Dal registro d’iscrizione, inoltre, è pre-sente l’insegnamento di Antropologia zoologica insegnata dal professor Mo-schen, ma è indicata chiaramente la mancata frequenza96.

Psicologia Le lezioni di Psicologia la dottoressa le frequentava presso il Collegio

Romano n. 26 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 10.00 alle 11.00, tenute dal professor Sante De Sanctis.

Il professor De Sanctis, libero docente con effetti legali per la Psicologia presso la Facoltà di Filosofia e Lettere, era anche socio corrispondente della Regia Accademia medica di Roma per la summenzionata materia dal 16 di-cembre 1901.

Tra le pubblicazioni più significative ricordiamo: a) L’attenzione ed i suoi disturbi (1896); b) I sogni dei delinquenti (1896); c) Emozioni e sogni (1896); d) Sopra uno speciale disturbo dell’attenzione in un degenerato (1896); e) Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (in collaborazione con

Montessori. Roma e Firenze, 1896. Atti del Congresso della Società Freniatrica italiana, tenuto nell’ottobre 1896, e Policlinico, febbraio 1897).

f) Il metodo positivo della scienza (1897); g) Lo studio dell’attenzione conativa (1897); h) Ricerche psicofisiologiche sull’attenzione nei normali e nei psicopa-

tici (1897); i) Sui contrasti psichici (1897); j) I sogni, (1899). Il professor De Sanctis fu uno dei primi studiosi di neuropsichiatria infan-

tile che impostò lo studio della psicologia su basi sperimentali. Egli fondò scuole ed asili per ragazzi minorati psichici.

95 L’insegnamento di Magistero di pedagogia tenuto dal professor Credaro non è presente

nell’Annuario, ma nel registro d’iscrizione la materia viene così definita. 96 L’insegnamento di Antropologia zoologica tenuto dal professor Moschen, risulta chiaro

dal registro d’iscrizione alla facoltà di Filosofia e Lettere, ma non è indicata, né nell’ordine degli studi della summenzionata Facoltà, né negli orari dei corsi. Vedi Annuario 1903–04, pp. 152–158.

Maria Montessori all’Università «La Sapienza»

225

Storia di Roma nel medio–evo Il suddetto corso libero si svolgeva presso la Scuola n. 3, il martedì, il

giovedì e il sabato dalle 17.00 alle 18.00, tenuto dal professor Giuseppe To-massetti.

Il professor Tomassetti, libero docente con effetti legali per la Storia di Roma nel Medio–evo, era Consigliere comunale di Roma, membro della So-cietà romana di Storia patria e socio corrispondente della Commissione Se-nese di Storia patria per la summenzionata materia dal 18 novembre 1886.

Tra le più importanti pubblicazioni ricordiamo: a) Forma Urbis (Roma, 1903); b) Archeologia geniale (1903); c) Bartolomeo Colonna (1903); d) L’impero antico e moderno; Una villa di Giulio Cesare; Storia delle

vie Labicana e Prenestina; Il Comune di Roma e Rignano Flaminio (1903);

e) I Romani alla battaglia di Lepanto (Roma, 1904); f) La poesia nella campagna romana; Una lettera inedita di Cola di

Rienzo (Roma, 1904).

Antropometria Montessori frequentò le lezioni del professor Ugo Vram, anche se nell’e-

lenco degli orari dei corsi e dall’ordine degli studi dell’anno accademico 1903–04 non risulta presente97. Tra le pubblicazioni del professor Vram ri-cordiamo:

a) Crani della craniologia (1902); b) I Berchini (1902); c) Su due grosse ossa vorminiane del palato duro (1903); d) Un caso di saldatura dell’atlante con l’occipitale in un cinocefalo

(1903).

Magistero di pedagogia98 Per il corso libero di Magistero di pedagogia, Montessori ottenne la fre-

quenza con il professor Credaro, ordinario per la Pedagogia ed incaricato presso la Scuola Magistero in Filosofia e Lettere per le conferenze della sud-detta materia. Credaro scrisse nel 1904 la Rassegna pedagogica e la Rela-

97 Dall’annuario scolastico del 1903–04 il nome del professor Vram risulta presente solo tra le pubblicazioni dell’Istituto di Antropologia. L’insegnamento di Antropometria invece, non risulta nell’elenco degli orari dei corsi non solo per quell’anno, ma anche per l’anno 1904–05 e 1905–06. Ivi, p. 117.

98 Negli elenchi prescritti dal Regolamento speciale 13 marzo 1902 (art. 16) e dal Rego-lamento generale 13 aprile 1902 (art. 85), lo studente poteva scegliere i corsi liberi e le mate-rie d’esame a compimento di quelle però già prescritte per la facoltà di Filosofia e Lettere. In detto elenco non risulta presente, oltre Antropologia zoologica, neanche il corso di Magistero di pedagogia. Ivi, pp. 154–155 e pp. 158–159. Invece risulta nel registro d’iscrizione. Vedi Parte IV.4, All. n. 1 della tesi.

Appendice – Parte prma

226

zione sullo stato di previsione della spesa del Ministero dell’Istruzione pub-blica per l’esercizio finanziario 1903–04.

227

Parte seconda Nota biografica dei docenti universitari

dei quali Maria Montessori ha frequentato i corsi (1890–1904)

II.1 Docenti alla Facoltà di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali

AVETTA CARLO (Torino, 1861–1941). Compì gli studi universitari a Roma, dove fu poi assunto come assistente

nell’Istituto Botanico per l’insegnamento della Botanica dal 9 giugno 1890. La sua produzione scientifica fu diretta in campi diversi, di cui il primo in

ordine di tempo fu la micologia. Infatti, esordì nel 1885 con un lavoro sui funghi e in generale sulle crittogame della provincia di Parma. Un’altra sua ricerca riguardò la floristica e la sistematica della scioa (Africa), la cui flora era allora sconosciuta. Un terzo gruppo di ricerche, le più importanti del pro-fessor Avetta, nelle quali ebbe modo di manifestare qualità di fine ricercato-re, riguardò l’anatomia e la citologia.

BLASERNA PIETRO (Fiumicello Veneto, 1836 – Roma, 1918). Studiò Fisica a Vienna e a Parigi, dove ebbe come maestro Regnault, e

nel 1863, ottenne una cattedra nell’Università di Palermo. Nel 1872 fu chia-mato a Roma in qualità di professore ordinario per Fisica sperimentale e di-rettore dell’Istituto di fisica dell’Università. Fu preside della Facoltà di Scienze dal 1885–86 al 1890–91, socio nazionale della Regia Accademia dei Lincei e segretario della classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Fu, inoltre, membro d’onore della R. Accademia di S. Cecilia, della Società di fisica e storia naturale di Ginevra, oltre che membro del Consiglio centrale di Meteorologia e Geodinamica, e socio corrispondente delle RR. Accade-mie di Torino, di Bologna e di Palermo.

CANNIZZARO STANISLAO (Palermo, 1826 – Roma, 1910). Nato da Mariano e da Anna Di Benedetto, ultimo di dieci figli, nel 1836

restò orfano di padre e fu iscritto al collegio–convitto «Carolino Calasan-zio», dove seguì con profitto gli studi classici, distinguendosi per la matema-tica. Si iscrisse alla Facoltà di medicina, allora unica facoltà scientifica dell’università di Palermo, dove frequentò oltre a vari corsi di medicina, an-che alcuni di letteratura e di matematica. Restò all’università sino al 1845, sostenendo alcuni esami, ma non conseguì mai la laurea. Per tre anni fre-quentò il corso del fisiologo M. Foderà, del quale divenne allievo prediletto e sotto la cui direzione eseguì alcuni esperimenti biologici. Cannizzaro si in-teressò alla chimica, spintovi dalle esigenze della fisiologia. Partecipò, a Na-poli, alla adunanza degli scienziati italiani (settembre 1845) e presentò, alla

Appendice – Parte seconda

228

sezione di zoologia, anatomia comparata e fisiologia, una comunicazione nella quale poneva alcuni quesiti: esistono differenze tra fibre nervose motri-ci volontarie e involontarie? La distinzione secondo lui esisteva, ed esisteva anche negli Invertebrati. In quella circostanza, fece la conoscenza del fisico M. Melloni, il quale considerato l’interesse di Cannizzaro per chimica, gli fece conoscere Piria.

Piria, che era il più rinomato chimico italiano e stava costituendo presso la sua cattedra di Pisa la prima scuola italiana di chimica, intuì le capacità del giovane studioso e lo assunse come preparatore straordinario per le sue lezioni di chimica inorganica e organica. Dopo la rivoluzione del 1840–45, alla quale Cannizzaro prese parte attiva come ufficiale di artiglieria a Messi-na assediata dai borboni, nell’ottobre del 1855 per interessamento del Piria, fu nominato dal ministro dell’Istruzione Pubblica G. Lanza, professore di chimica presso l’università di Genova, dove rimase sino al 1860, quando eb-be la tanto desiderata cattedra di chimica inorganica e organica nell’univer-sità della sua città natale. Di Palermo fece il centro degli studi chimici in Ita-lia, avvalendosi della collaborazione di chimici italiani e stranieri, molti dei quali lasciarono un nome illustre nella chimica: E. Paternò, G. Koerner, A. Lieben, U. Schiff. Nel 1870 decise insieme a L. Gabba, F. Selmi, P. Tassina-ri, D. Amato, E. Paternò e U. Schiff di fondare un periodico esclusivamente dedicato alla chimica: «La Gazzetta chimica italiana».

Dopo l’Unità d’Italia fu chiamato a ricoprire la cattedra di chimica all’università di Roma e contemporaneamente ebbe la nomina a senatore (1871). Cannizzaro tenne nell’ateneo romano i due corsi di chimica generale e di chimica organica e diresse la scuola pratica dal 1872 al 1909 quando ormai ottantatreenne lasciò l’insegnamento. Negli ultimi anni della sua vita ebbe molti onori: fu membro di numerose accademie e associazioni scienti-fiche nazionali ed estere. Nel 1873 l’Accademia dei Lincei lo nominò socio nazionale; fu anche socio straniero della Società Reale di Londra, e professo-re onorario di chimica generale e Direttore della Scuola di farmacia.

BOCCI BALDOVINO. Membro e corrispondente nazionale della Regia Accademia medica di

Roma per Fisiologia sperimentale dal 30 novembre 1884.

CARDANI PIETRO (Padova, 1858 – Parma, 1924). Si trasferì con la famiglia a Palermo nel 1871, dove conseguì la laurea in

fisica nel 1881. Già dal 1876 egli fu nominato assistente alla cattedra di fisi-ca della stessa Università rimanendovi sino al 1887, quando occupò per con-corso la cattedra di fisica dell’Istituto tecnico di Roma. Nel 1893 fu nomina-to professore di fisica sperimentale nell’Università di Parma, ma il periodo più interessante fu quando divenne assistente per l’insegnamento di Fisica (dal 8 giugno 1889) all’Università di Roma. Assorbito dagli impegni politici (fu infatti candidato per il Comitato elettorale liberale–monarchico nel I col-

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

229

legio di Parma, nel 1904 venne eletto deputato per la XXII legislatura ricon-fermato nel 1909), la sua attività scientifica fu modesta, e rivolta soprattutto al chiarimento di ricerche di altri sperimentatori.

CARRUCCIO ANTONIO (Cagliari, 1837 – Roma, 1923). Socio di numerose società e accademie, tra le quali la Regia Accademia

delle scienze, lettere ed arti di Modena, l’Accademia medico–fisica di Firen-ze e quella medico�chirurgica di Bologna. Fu inoltre membro ordinario resi-dente della R. Accademia medica di Roma, membro effettivo della R. Acca-demia delle scienze mediche di Palermo, della società entomologica italiana, capitano medico del R. Esercito, decorato della medaglia per le guerre dell’indipendenza e della medaglia d’oro per atto di benemerenza. Divenne anche professore ordinario per Zoologia.

Carruccio si laureò in medicina e chirurgia a soli ventitrè anni, con una tesi sull’emorragia cerebrale. Svolse dapprima la sua attività presso l’Istituto di anatomia di Cagliari, città nella quale fondò la rivista scientifica dal nome «La Sardegna medica».

Nel 1867, Carruccio dette un nuovo indirizzo alla sua attività scientifica dedicandosi a studi di zoologia e di anatomia comparata. Nello stesso anno ottenne l’insegnamento di Anatomia comparata a Cagliari e successivamente divenne aiuto all’Istituto di zoologia di Firenze. Nel 1884 ottenne la cattedra di zoologia presso l’università di Roma e da allora cominciò una lunga serie di lavori e ricerche sulla fauna del Lazio. Il suo impegno non si limitò solo all’insegnamento, egli volle diffondere al di fuori del mondo degli studiosi l’amore per la scienza, fondando nel 1892, la Società romana per gli studi zoologici, che nel 1900 mutò in Società zoologica italiana. Scopo di questa Società era quello di riunire i cultori e dilettanti di zoologia e raccogliere tut-ti i contributi atti ad illustrare la struttura anatomica, lo sviluppo, la fisiologia e i costumi degli animali. Insieme alla Società nacque il Bollettino, del quale egli fu prima direttore e poi principale collaboratore.

CRETY CESARE… (di questo docente non è stato possibile rilevare alcun dato biografico)1.

GASCO FRANCESCO GIUSEPPE (Mondovì, 1842 – Roma, 1894). Sin dall’infanzia mostrò un interesse per i fenomeni naturali, che espri-

meva con la ricerca e raccolta di insetti, conchiglie e piante. Nel 1861 otten-ne per concorso un posto gratuito nel Collegio delle province di Torino, si iscrisse poi alla Facoltà di Scienze naturali, laureandosi nel 1865 con una tesi sul sistema digerente nella serie animale. Frequentò per qualche tempo il Museo zoologico dell’Università di Torino e nel 1867 fu nominato professo-

1 D’ora in avanti i nomi contraddistinti dai puntini sospensivi indicano che per questi do-

centi non è stato possibile rilevare alcun dato biografico.

Appendice – Parte seconda

230

re di storia naturale nel Liceo Principe Umberto di Napoli. Divenne stretto collaboratore di P. Panceri, che dirigeva l’Istituto di Anatomia comparate dell’Università di Napoli. Egli fu assiduo frequentatore della stazione zoolo-gica e si dedicò allo studio dei pesci, molluschi, crostacei ed echinodermi, che costituivano la ricchissima fauna del golfo di Napoli.

Nel 1877 Gasco vinse la cattedra di zoologia dell’Università di Genova, e qui si occupò anche del Museo zoologico che arricchì di nuovi reperti fra cui lo scheletro di una balenottera arenatasi a Monterosso in Liguria. Abbando-nato lo studio dei cetacei, si dedicò ad una serie di lavori riguardanti la fe-condazione, la deposizione e lo sviluppo delle uova dei Batraci.

Nel 1882 passò all’insegnamento della zoologia e dell’anatomia comparata all’Università di Roma e nel 1885 tenne il discorso su Influenza della biologia sul pensiero moderno. Nel 1890 cominciò poi a sviluppare un certo interesse per il mondo degli uccelli. Gasco fu impegnato anche politicamente, infatti divenne deputato al Parlamento nel 1890, anni in cui egli auspicava una riforma radicale dell’insegnamento universitario.

GIULIANI MICHELE. Professore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e

predetto per l’Anatomia umana normale descrittiva, sia alla Facoltà di Scien-ze naturale che alla Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Roma.

GRIMALDI PIETRO. Assistente nell’Istituto Fisico dell’Università di Roma per Fisica dal 18

dicembre 1888. GUCCI PIETRO… MAGINI GIUSEPPE. Assistente nel Gabinetto d’Istologia e Fisiologia generale presso l’Uni-

versità di Roma, membro ordinario residente della Regia Accademia medica di Roma, per Istologia, dal 1 febbraio 1890.

MORIGGIA ALIPRANDO. Socio nazionale della Regia Accademia dei Lincei, membro ordinario re-

sidente della R. Accademia medica di Roma. Ricevette inoltre una medaglia commemorativa per la guerra del 1859. All’Università di Roma fu incaricato per Tecnica microscopica e professore straordinario per Istologia e Fisiolo-gia generale.

PICCINI AUGUSTO. Professore straordinario all’Università di Roma, alla Facoltà di Scienze

fisiche, matematiche e naturali, per Chimica applicata, incaricato per Chimi-ca analitica e predetto nel 1891–92 per l’Analisi minerale.

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

231

PIROTTA ROMUALDO. Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, socio

corrispondente nazionale della R. Accademia dei Lincei, socio corrisponden-te del R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, per Botanica. Inoltre fu, pro-fessore ordinario presso la Facoltà di Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’Università di Roma, per Botanica e predetto per Fisiologia vegetale.

SCHUMANN GIUSEPPE…

SERGI GIUSEPPE (Messina, 1841 – Roma, 1936). Antropologo italiano; si occupò inizialmente di studi di psicologia e suc-

cessivamente si dedicò all’antropologia, diventando uno dei più quotati spe-cialisti. Iniziò la sua attività d’insegnamento come professore nella scuola tecnica di Noto e dal 1870 come professore di filosofia nei Licei di Messina, Benevento e Milano. Egli è stato professore di antropologia prima all’Uni-versità di Bologna (1880–1884) e poi all’Università di Roma alla Facoltà di scienze (1884–1916), dove fondò il Museo dell’Istituto d’antropologia e il laboratorio di psicologia sperimentale; ideò una nuova classificazione dei ti-pi umani fossili, rielaborata ed estesa ai tipi umani attuali dal figlio Sergio. L’interesse per la psicologia scientifica si trasforma in una delle più impor-tanti pubblicazioni dal titolo: Principi di psicologia sulla base delle scienze sperimentali (Messina, 1873–1874). Fondò nel 1906 a Roma la «Rivista di Antropologia», ritenendo importante l’utilizzo di strumenti antropologici e psicologici per la conoscenza del bambino proponendo che le osservazioni fisiche e psicologiche riguardanti i bambini fossero raccolte in una cartella, chiamata “Carta biografica”. La sua notorietà è legata non solo agli studi sull’origine e distribuzione delle razze, specialmente quella ariana e mediter-ranea, ma anche agli studi di psicologia sperimentale il cui scopo è la ricon-duzione dei fenomeni psichici a quelli biologici.

La sua produzione scientifica fu notevole (oltre 400 opere): L’uomo (1911), L’Italia: antropologia e cultura (1918), La più antica umanità viven-te (1930). Il figlio Sergio, nato a Messina nel 1878 (antropologo), docente di antropologia all’Università di Roma dal 1916, collaborò col padre, conti-nuandone, poi, l’opera. Gli si devono importanti progressi nel campo della sistematica antropologica e l’introduzione di nuovi metodi nell’analisi com-parativa in antropometria, soprattutto, in craniometria. Perfezionò la classifi-cazione dei tipi umani fossili, elaborata dal padre, e l’estese ai tipi umani at-tuali. Fra le sue opere ricordiamo: Le reliquie dei Garamanti (1936), Cra-niografia e Craniometria (1948).

TODARO FRANCESCO. Senatore del Regno, Consigliere dell’Ordine Civile di Savoia, socio na-

zionale della R. Accademia dei Lincei, vice–presidente della R. Accademia medica di Roma, come anche dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti,

Appendice – Parte seconda

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dell’Accademia di medicina di Torino. Fu anche socio onorario degli aspi-ranti naturalisti di Napoli, membro della Società degli amici di antropologia ed etnologia di Pietroburgo. Inoltre divenne assistente di Embriologia com-parata presso la Facoltà di Scienze dell’Università di Roma.

VINCIGUERRA DECIO. Professore di Scienze naturali nella R. Scuola tecnica “Giulio Romano”

in Roma, dottore aggregato nella R. Università di Genova per Zoologia dal 6 giugno 1888. Inoltre fu conservatore nel Gabinetto di Zoologia dell’Univer-sità di Roma e assistente per la stessa materia. II.2 Docenti alla Facoltà di Medicina e Chirurgia

BACCELLI GUIDO (Roma, 1830 – Roma, 1916). Nato da Antonio, illustre chirurgo, e Adelaide Leonori, dopo aver studia-

to nel collegio Ghislieri in Roma, iniziò all’università lo studio della medici-na. Negli anni 1852�53 ottenne la doppia laurea in medicina e chirurgia; fu professore nell’Ospedale di Santo Spirito, sostituto di C. Maggiorani nel 1859 e nel 1862 titolare di Clinica medica.

Baccelli, oltre all’attività scientifica, svolse una intensa attività politica: fu eletto deputato dal III collegio di Roma nella XII legislatura, divenne mi-nistro della Pubblica Istruzione nel governo Cairola il 2 gennaio 1881, rima-nendo in carica anche con il successivo governo Depretis, fino al 30 marzo 1884. In seguito, fu nuovamente chiamato dallo stesso ministero Crispi il 15 dicembre 1894 e mantenne il portafoglio sino al 9 marzo 1896; lo stesso in-carico ebbe, infine, dal governo Pelloux nel biennio 1898–1900. Nel 1901 divenne ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio, con il governo Zanardelli–Giolitti, incarico ricoperto sino al 1903.

Baccelli, oltre che vicepresidente della Camera dei Deputati, fu anche Consigliere comunale di Roma, presidente del Comitato esecutivo del Con-gresso medico internazionale d’Italia, della Società nazionale di Medicina interna, del Consiglio superiore di sanità, della R. Commissione esecutiva per il Policlinico. Fu, tra l’altro, socio d’onore della Società Reale medico–chirurgica di Londra, delle accademie mediche di Berlino, di Monaco di Ba-viera, di Bruxelles, di Parigi e di altre Accademie italiane ed estere.

BERNABEI CORRADO. Medico primario, libero docente dal 18 gennaio 1883 e professore incari-

cato di Clinica propedeutica e Patologia speciale medica della R. Università di Siena, membro e segretario della R. Accademia dei Fisiocratici e direttore incaricato dell’Istituto di Clinica medica della R. Università di Pisa per le materie summenzionate. Bernabei, inoltre, fu libero docente di Patologia speciale e Clinica propedeutica medica dal 6 luglio 1891.

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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BONFIGLI CLODOMIRO (Camerino, 1838 – Roma, 1909). Dopo essersi laureato in medicina e chirurgia a Roma, tornò nella sua cit-

tà natale, dove prese a frequentare la clinica medica di quell’Ateneo, allora diretta da C. Federici, sotto la cui guida iniziò ad interessarsi di problemi neuropsichiatrici; poté così approfondire i suoi studi con ricerche che ben presto gli valsero la libera docenza. Nominato prima direttore dell’Ospedale psichiatrico di Reggio Emilia, nel 1873 assunse la direzione del nosocomio di Ferrara, dove rimase per vent’anni, fondando la scuola neuropsichiatrica e dando impulso alle ricerche clinico�scientifiche in tema di alienazioni men-tali. Nel 1893 fu nominato direttore dell’Ospedale psichiatrico provinciale di Santa Maria della Pietà di Roma e per un anno unì questa attività all’insegnamento universitario della psichiatria presso l’Ateneo romano.

Bonfigli fu decorato della medaglia di bronzo ai benemeriti della salute pubblica e divenne membro ordinario della R. Accademia medica di Roma e membro della R. Deputazione di Storia patria per le Marche e l’Umbria. Nel 1897 fu eletto deputato di Camerino al Parlamento e si fece, quindi, promo-tore di innovazioni in campo neuropsichiatrico propugnando, tra l’altro, la legge sull’assistenza psichiatrica e la legge per gli Istituti medico–pedagogici, quest’ultima ispirata, soprattutto, al suo interesse per i problemi neuropsichiatrici legati ad una incongrua educazione infantile. Questo suo interesse lo indusse a fondare nel 1899 la «Lega nazionale per la protezione dei fanciulli deficienti».

BUSINELLI FRANCESCO. Membro ordinario residente della R. Accademia Medica di Roma, mem-

bro corrispondente della Società imperiale dei medici e di quella di zoologi-co�botanica di Vienna, direttore sanitario dell’Ospizio dei ciechi poveri in Roma e professore ordinario di Clinica oculistica presso la Facoltà di Medi-cina e chirurgia dell’Università di Roma.

CAMPANA ROBERTO (Teramo, 1844 – Roma, 1919). Dopo aver compiuto gli studi nella città natale, si iscrisse alla Facoltà di

Medicina e chirurgia dell’Università di Napoli, dove poté formarsi sotto la guida di grandi maestri quali S. Tommasi e A. Cantani per Clinica medica e V. Tanturri per Clinica dermosifilopatica. Nel 1878 vinse il concorso per la cattedra di Patologia e Clinica dermosifilopatica dell’Università di Genova e nel 1893 venne chiamato a dirigere la stessa cattedra a Roma, succedendo a C. Manassei. All’Università di Roma, svolse il suo insegnamento, prima nei locali dell’Ospedale San Gallicano, poi presso il Policlinico Umberto I, dove organizzò l’Istituto di Clinica dermosifilopatica fornendolo anche di una bi-blioteca.

Campana fu membro delle R. Accademie mediche di Roma, Napoli e Genova; delle Società dermosifilopatiche di Francia e Vienna.

Appendice – Parte seconda

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CARATULLO GIACOMO EMILIO. Membro della società italiana di Chirurgia, della R. Accademia medica di

Roma e della R. Accademia di scienze mediche di Palermo, oltre che inse-gnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Ostetricia e Ginecologia dal 15 gennaio 1891.

CELLI ANGELO (Cagli, prov. di Pesaro, 1857 – Monza, 1914). Di modeste condizioni economiche, rimase orfano presto e poté prosegui-

re gli studi grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dall’Istituto dei Piceni. Conseguita la laurea in medicina e chirurgia presso l’Università di Roma, grazie al contributo del sottosegretario al ministero dell’Istruzione F. Martini, si recò per un breve periodo a Monaco a perfezionarsi nell’Isti-tuto di M. J. Von Pettenkofer, il creatore dell’Igiene sperimentale. Tornato a Roma, nel 1883, si dedicò ad importanti studi, infatti collaborò insieme con E. Marchiafava, su una epizoozia di colera dei polli nella campagna romana; nel 1884, con G. Guarnieri, si occupò della penetrazione per inalazione del bacillo di Koch negli organismi animali e nel 1884�85, ancora con Marchia-fava, studiò un microrganismo reperito in due casi di meningite e l’infezione malarica.

Gli studi sull’infezione malarica segnarono una svolta nella impostazione concettuale sull’argomento e costituirono la base degli studi sulla profilassi che dovevano seguire pochi anni più tardi. Dopo che Laveran ebbe scoperto un parassita che chiamò Oscillaria malariae. Egli indusse gli ambienti scien-tifici ad avere opinioni diverse al riguardo, tanto che in Italia si dubitava del-le osservazioni del Laveran. Finalmente, nel 1885, Marchiafava e Celli mo-dificarono le proprie osservazioni e riconobbero la natura parassitica dei co-siddetti corpi di Laveran, e dimostrarono che il microrganismo, accrescendo-si nei globuli rossi, trasforma l’emoglobina in pigmento e poi si divide in va-ri piccoli figli che invadono altri globuli rossi. Ebbe inizio una nuova corren-te di pensiero che poi risultò feconda, tanto da far ricordare gi studi italiani tra i contributi fondamentali alla conoscenza della malaria.

Nel 1886 Celli conseguì la libera docenza in igiene e nello stesso anno venne nominato professore straordinario presso l’Università di Palermo; in questa città fondò un Istituto antibatterico, uno dei primi sorti in Italia. Celli, intanto si andava sempre più distinguendo per l’opera svolta in occasione dell’epidemia di colera scoppiata nell’Italia centromeridionale ed a tal pro-posito venne incaricato dal governo di dirigere il servizio profilattico nelle zone più colpite. Per questa ragione si recò nel 1886 a Ripi, presso Frosino-ne, nel 1887 nella provincia di Napoli, poi in Calabria, dove per la sua gene-rosa attività ottenne la cittadinanza onoraria dei comuni di Resina e Roccella Ionica. Trasferitosi come professore straordinario presso l’Università di Ro-ma, nel 1889 fondò un Istituto antirabbico e diede vita al periodico Annali di igiene. Nel 1890 succedeva a C. Tommasi Crudeli e venne nominato profes-sore ordinario per l’Igiene sperimentale; nello stesso anno cominciò ad inse-

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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gnare nella Scuola di applicazione di Roma e nel 1893 anche nella Scuola di farmacia.

La sua attività didattica pur intensa non lo distoglieva da altri interessi, come lo studio delle epidemie, che colpirono Roma nel 1893; lo studio dell’epidemia, che colpì l’Egitto nel 1895 e che lo portò a compiere ricerche più approfondite; la prosecuzione degli studi sulla malaria e le molte inizia-tive culturali come la fondazione della Società d’Igiene e medicina tropicale nel 1890 e nel 1898, insieme a G. Fortunato e L. Fianchetti e la Società per gli studi sulla malaria.

Intensa ed interessante fu la sua azione nel campo della politica sanitaria, infatti oltre all’interesse per la lotta antimalarica, Celli rivolse l’attenzione alle condizioni igieniche delle zone infettate, studiando in particolare l’approvvigionamento idrico della città e, soprattutto, l’alimentazione delle classi povere italiane. Si occupò dei problemi dell’infanzia, fondando a Ro-ma nel 1891 l’ambulatorio Soccorso e lavoro per i bambini poveri. A tal ri-guardo, in Parlamento, Celli si batté sempre per lo sviluppo della legislazio-ne sociale, collaborando all’elaborazione ed all’approvazione delle leggi vol-te a migliorare le condizioni di vita delle classi lavoratrici. Celli fu membro di varie accademie e associazioni mediche e venne insignito del titolo di doctor honoris causa dalle Università di Atene e di Aberdeen, di quello di lettore del Royal Institute of Public Health di Londra e della medaglia Mary Kingsley dell’Institute of Tropical Medicine di Liverpool.

COLASANTI GIUSEPPE (Civita Castellana, prov. di Viterbo, 1846 – Roma, 1903).

Ricevette la prima educazione nella città natale, per poi seguire gli studi universitari a Roma, dove si laureò in medicina. Dopo la laurea si dedicò a ricerche anatomiche e alla chirurgia, frequentando per qualche anno gli O-spedali romani come aggiunto e come sostituto chirurgo e meritandosi, nel 1869 la medaglia d’oro per il corso di Anatomia negli Ospedali di Roma.

Nel 1871 fu nominato direttore nell’Istituto di Anatomia diretto da F. To-daro e nel 1874 passò all’Anatomia comparata, lavorando nel laboratorio di F. C. Boll. La sua intensa attività ebbe inizio nel 1876, quando vinse una borsa di studio, che gli permise un lungo viaggio di perfezionamento in vari istituti europei. In questi ambienti, Colasanti affinò la sua attitudine allo stu-dio sperimentale, acquisendo esperienza nel metodo della indagine biologi-ca. Nel 1878 ottenne la libera docenza in Fisiologia. Nel 1880 fu chiamato, come professore di Fisiologia, all’Università di Camerino, dove fu anche in-caricato dell’insegnamento di farmacologia sperimentale. Colasanti, tuttavia, tornò nel 1881 a Roma dove, presso l’Istituto Fisiologico diretto dal profes-sor Moleschott, venne chiamato come professore straordinario per Chimica fisiologica. Nel 1890, alla morte del professor F. Scalzi, venne nominato straordinario per l’insegnamento della farmacologia, presso la Facoltà di

Appendice – Parte seconda

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Medicina e chirurgia di Roma, dove contemporaneamente mantenne l’inse-gnamento di Chimica fisiologica.

Il suo nome resta legato soprattutto alla fondazione della rivista «Archivio di farmacologia sperimentale e scienze affini», che volle destinata a raccoglie-re i risultati degli studi della sua scuola e che iniziò le pubblicazioni a Roma nel 1902, pochi mesi prima della sua scomparsa. Colasanti durante la carriera universitaria si dedicò allo studio dell’Anatomia e Fisiologia comparata per poi approdare alla biochimica, alla farmacologia e alla farmacoterapia.

CONCETTI LUIGI (Viterbo, 1854 – Roma, 1920). Studiò lettere nel seminario della sua città, per poi iscriversi alla Facoltà

di Medicina a Roma. Laureatosi nel 1879, continuò a frequentare gli Istituti clinici, interessandosi in modo particolare alla Pediatria, dove divenne prima assistente, poi aiuto e, nel 1881, pro–primario della sala alessandrina dell’O-spedale Santo Spirito di Roma, cui era annesso un piccolo reparto infantile.

Nel 1883 Concetti venne nominato assistente e nel 1890 primario dell’O-spedale infantile «Bambino Gesù» di Roma, di cui sarà in seguito direttore. Nel 1894 conseguì la libera docenza in Patologia e Clinica pediatrica e, nell’anno accademico 1894–95, tenne all’Università di Roma, alla Facoltà di Medicina, un corso pareggiato di Clinica pediatrica, inaugurato il 2 dicembre 1894 con la prolusione Lo stato attuale della pediatria (Roma, 1894). Nel 1896 alla Facoltà di Medicina di Roma, venne istituita la prima cattedra di Clinica pediatrica dove Concetti fu il primo titolare; poi nel 1899 passò co-me professore straordinario e dal 1900 sino alla morte, passò, tramite con-corso, come ordinario sempre per Clinica pediatrica.

DURANTE FRANCESCO (Letojanni Gallodoro, prov. di Messina, 1844–1934). Compiuti i primi studi a Messina, si trasferì a Napoli, dove seguì i corsi

universitari di medicina e dove si laureò nel 1866. Dopo la laurea fu per al-cuni anni a Firenze, dove poté perfezionarsi in Istologia sotto la guida di F. Pacini e ottenne la nomina a chirurgo nell’Ospedale di Santa Maria Nuova. Per completare la propria formazione scientifica, soprattutto nel campo dell’anatomia e dell’istologia patologica, dal 1869 visitò i principali centri di ricerca europei: Vienna, Berlino, Londra e Parigi.

In questo lungo periodo di formazione cominciò ad interessarsi della pa-tologia dei tumori, che sarebbe poi divenuta uno dei suoi principali argomen-ti di studio, ed a seguito dell’opera prestata nella Croce rossa, avvertì la pri-ma inclinazione per l’esercizio della chirurgia.

Durante, tornato in Italia nel 1872, fu chiamato da C. Mazzoni, succeduto in quell’anno a G. Corradi nella direzione della Clinica chirurgica dell’Uni-versità di Roma, allora collocata nella vecchia sede dell’Ospedale di San Giacomo, all’Università della capitale col titolo di assistente; nel 1873–74 gli venne poi affidato l’insegnamento dell’Anatomia chirurgica. Durante ri-mase all’Università di Roma nonostante gli incarichi che molte altre univer-

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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sità italiane gli concedettero; nell’anno 1877�78 e nel 1881 venne nominato professore di Patologia chirurgica. Alla morte del suo maestro Mazzoni, nel 1885, Durante era ormai maturo per ottenere la cattedra e la direzione della Clinica chirurgica. Tra il 1909 ed il 1912 resse anche l’insegnamento di Traumatologia, lasciato da F. Scalzi. Tenne la direzione della Clinica e la cattedra sino al 1919, quando dovette lasciare la carica per limiti di età.

FERRARESI ORESTE. Medico primario dell’Ospedale San Giovanni, membro ordinario residente

della R. Accademia medica di Roma e insegnante presso la Facoltà di Medici-na dell’Università di Roma per Anatomia patologica dal 26 novembre 1887.

FORTUNATI ALFREDO. Insegnante alla Facoltà di Medicina, presso l’Università di Roma per Cli-

nica e Patologia oculare dall’11 giugno 1888. GALASSI LUIGI. Professore ordinario presso la Facoltà di Medicina all’Università di Roma

per Patologia speciale medica e preside della stessa facoltà tra il 1875–76 al 1885–86.

GIULIANI MICHELE. Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, profes-

sore straordinario per Anatomia umana normale microscopica e predetto per l’Anatomia umana normale descrittiva.

LA TORRE FELICE. Membro delle Società italiane di chirurgia e di ostetricia e ginecologia,

membro delle Società estere come quella di Parigi, e insegnante presso la Facoltà di Medicina di Roma, per Ostetricia e Clinica ostetrica.

LEONI OTTAVIO. Insegnante presso la Facoltà di Medicina di Roma per Patologia speciale

dimostrativa e Propedeutica clinica medica dal 13 maggio 1882.

LUCIANI LUIGI. Membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, professore

onorario del R. Istituto di studi superiori pratici e di perfezionamento in Fi-renze, socio corrispondente della R. Accademia dei Lincei e socio sanitario della Imperiale Accademia Germanica Leopoldino–Carolina dei Naturalisti. Inoltre, fu membro della R. Accademia economico�agraria dei Geografi di Firenze, socio e presidente dell’Accademia Medico�fisico fiorentina, mem-bro onorario della Società Freniatrica Italiana e della R. Accademia Medica di Genova.

Appendice – Parte seconda

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Oltre a numerose e prestigiose nomine, Luciani fu professore ordinario presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Fisiologia umana e incaricato anche, nella medesima Università, per Tecnica fisiologica.

MARCHIAFAVA ETTORE (Roma, 1847–1935). Membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma e pro-

fessore ordinario all’Università di Roma, presso la Facoltà di Medicina, per Anatomia patologica. Marchiafava, apportò contributi fondamentali allo stu-dio dell’anatomia patologica. Seguì con A. Celli importanti ricerche sul pla-smodio agente della malaria, confermando i risultati di Laveran. Compì an-che studi sull’artrite tubercolare, l’artrite luetica e sulla degenerazione del corpo calloso negli alcolisti.

MAZZONI GAETANO. Chirurgo primario dell’Ospedale di San Giovanni ed insegnante, presso la

Facoltà di Medicina di Roma, per Patologia speciale dimostrativa e Prope-deutica clinica chirurgica dal 1 maggio 1888.

MELLE GIOVANNI. Insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma di

Dermosifilopatia e Clinica dermosifilopatica dal 27 novembre 1893.

MINGAZZINI GIOVANNI (Ancona, 1859 – Roma, 1929). Neuropsichiatra italiano, legò il suo nome allo studio delle basi anatomi-

che delle afasie, alla fisiologia del cervelletto, del corpo calloso e del nucleo lenticolare e alla descrizione della paralisi omolaterale, o bilaterale del terzo paio di nervi cranici con emiplegia omolaterale, che si riscontra nei tumori del lobo temporale (sindrome di Mingazzini). Fu membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma, direttore del laboratorio anatomia pato-logica del Manicomio di Roma per Anatomia umana dal 27 novembre 1888 ed insegnante presso la Facoltà di Medicina di Roma per Psichiatria e Clini-ca psichiatrica dal 19 maggio 1894.

MINGAZZINI PIO. Professore straordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di

Roma per Anatomia umana normale microscopica.

MOLESCHOTT JACOPO (Bosco Ducale in Olanda, 1822 – Roma, 1893). Si laureò in medicina a Heidelberg nel 1845. Dal 1847 al 1854 insegnò a

Heidelberg, in qualità di libero docente per Chimica fisiologica, Anatomia comparata, Fisiologia e Antropologia. Nel 1861 fu chiamato dal ministro dell’Istruzione all’Università di Torino e nel 1879 passò all’Università di Roma, tenendo la cattedra di Fisiologia umana, sino alla morte.

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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Nel corso della sua vita, Moleschott, ebbe molti onori. Infatti, fu Senatore del Regno, membro del Consiglio Superiore di sanità, socio nazionale non residente della R. Accademia delle scienze di Torino, socio straniero della Società olandese delle scienze a Harlem e della R. Accademia di scienze, let-tere e belle arti del Belgio, socio corrispondente degli Istituti Lombardo, Ve-neto, di Bologna e di Modena. Moleschott fu, anche, socio onorario della Società Epidemiologica di Londra e della Società Antropologica spagnola di Madrid, membro onorario della Società medica di Praga, socio corrisponden-te della Società Batava di Fisiologia sperimentale a Rotterdam, socio onora-rio della Società d’Igiene di Messina, e decorato della medaglia d’oro di prima classe dei Benemeriti di Rumania. Molescott fu membro di molte as-sociazioni italiane ed estere, ma rimase, proprio all’Università di Roma, do-ve insegnò come professore ordinario, per Fisiologia umana, sino agli ultimi tempi della sua vita.

OCCHINI FRANCESCO. Professore straordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di

Roma per Anatomia chirurgica e Corso d’operazioni. Durante la sua vita, Oc-chini, ricevette molti onori. Egli fu vice–presidente del Consiglio Superiore di sanità, del Comitato romano di Associazione medica italiana e della Società ita-liana di chirurgia, membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma e decorato della medaglia commemorativa per le Patrie Battaglie.

PASQUALI ERCOLE. Professore ordinario, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di

Roma per Ostetricia e Clinica ostetrica. Pasquali fu chirurgo primario degli Ospedali di Roma, membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma e membro onorario della Società Ostetricia e Ginecologia di Berli-no.

POGLIANI LUIGI. Professore ordinario d’Igiene nella Regia Università di Torino, direttore

della Sanità pubblica del Regno per l’Igiene sperimentale ed incaricato, pres-so la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Igiene sperimentale applicata alla polizia sanitaria.

POSTEMPSKI PAOLO. Insegnante presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Pa-

tologia speciale dimostrativa Propedeutica clinica chirurgica dal 18 maggio 1885. Inoltre, fu chirurgo primario dell’Ospedale di San Giacomo, Ispettore medico nella Croce rossa equivalente al grado di Tenente Colonnello e membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.

Appendice – Parte seconda

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PENSUTI VIRGINIO. Insegnante, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per Pa-

tologia speciale medica, dal 13 novembre 1894.

ROSEO RINALDO. Insegnante, presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Roma per

Medicina legale. Roseo fu, inoltre, Assessore comunale della città di Roma.

ROSSONI EUGENIO. Professore straordinario presso l’Università di Roma per Clinica medica

propedeutica. Rossoni fu, inoltre, membro ordinario residente della R. Acca-demia medica di Roma.

SANTOLIQUIDO ROCCO. Insegnante presso l’Università di Roma per Materia medica e Farmacolo-

gia sperimentale dal 13 giugno 1891.

SERGI GIUSEPPE (Messina, 1841 – Roma, 1936). Si interessò nizialmente di studi di psicologia e successivamente di antro-

pologia, diventando uno dei più importanti antropologi italiani. Fu docente di Antropologia tra il 1880 e il 1884 a Bologna, poi a Roma tra il 1884 al 1916, dove fondò il Museo dell’Istituto di Antropologia e il laboratorio di psicologia sperimentale. Sergi ideò una classificazione dei tipi umani fossili, rielaborata ed estesa ai tipi umani attuali.

SCELLINGO MARIANO. Insegnante, presso l’Università di Roma per Oftalmoiatria e Clinica ocu-

listica dal 10 novembre 1885. Egli fu direttore dell’Istituto oftalmico Torlo-nia, oculista nell’Ospedale Margherita di Savoia per i ciechi poveri, membro ordinario residente per la R. Accademia medica di Roma, membro della So-cietà Lancisiana degli Ospedali e dell’Associazione oftalmologica italiana e membro della Società Francese di oftalmologia.

SCIAMANNA EZIO (1850–1905). Professore straordinario, presso l’Università di Roma, per Clinica psi-

chiatrica e Neuropatologia. Egli fu membro ordinario residente della R. Ac-cademia medica di Roma. Inoltre, fu allievo di J. M. Charlot a Parigi e di Benedikt a Vienna. Insegnò neurologia dal 1892 all’Università di Roma do-ve diresse, dal 1895, la clinica psichiatrica rendendola autonoma dal mani-comio.

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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TASSI EMIDIO. Insegnante, presso l’Università di Roma per Clinica chirurgica propedeu-

tica, dal 9 giugno 1886. Egli fu primario degli Ospedali di Roma e membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma.

TOSCANI DAVIDE. Professore ordinario, presso l’Università di Roma, per Medicina legale.

Toscani fu presidente della Società romana di soccorso agli asfittici, vice–presidente della R. Accademica medica di Roma, decorato della medaglia d’oro e di un’altra di argento ai benemeriti della salute pubblica ed anche preside della Facoltà di Medicina e chirurgia dal 1886–87 al 1897–98.

VALENTI ANTONIO. Professore straordinario, presso l’Università di Roma, per Patologia gene-

rale e membro ordinario residente della R. Accademia medica di Roma. II.3 Docenti al Corso di Perfezionamento in Polizia Sanitaria

CASAGRANDE ODD. Fu secondo aiuto presso l’Istituto d’Igiene sperimentale, diretto dal pro-

fessor Angelo Celli.

GUALDI…

NASOTTI…

SCALA ALBERTO. Socio corrispondente della Regia Accademia medica di Roma, primo aiu-

to all’Istituto d’Igiene sperimentale, diretto dal professor Celli.

SPATARO… II.4 Docenti alla Facoltà di Filosofia

BARZELLOTTI GIACOMO (Firenze, 1844–Piancastagnaio, prov. di Siena,

1917). Conseguita la laurea nel 1867 in Filosofia, si dedicò all’insegnamento di

questa materia, pubblicando qualche anno più tardi la sua tesi dal titolo Delle dottrine filosofiche nei libri di Cicerone. Dal 1868 al 1878, fu docente di fi-losofia nel Liceo Dante di Firenze. Discepolo di T. Mamiani e di A. Conti, esponenti entrambi della corrente spiritualistica, che lo portarono alla cono-

Appendice – Parte seconda

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scenza della filosofia rosminiana e giobertiana. Fu professore ordinario, presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma, per Storia della filosofia dal 1896; socio nazionale della R. Accademia dei Lincei dal 1899, dell’Istituto Lombardo, della R. Accademia di Scienze morali e politi-che di Napoli e nominato Senatore del Regno dal 1908.

CREDARO LUIGI (Colda, frazione di Sondrio, 1860 – Roma, 1939). Professore ordinario, presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di

Roma, per Pedagogia e socio corrispondente del R. Istituto lombardo di lettere, scienze ed arti.

Credaro, primogenito di poverissimi contadini analfabeti, fu l’unico di sei fratelli a proseguire gli studi, viste le sue eccezionali capacità. Al liceo di Son-drio ebbe come professore di filosofia A. Martinazzoli, con cui diresse in seguito il Dizionario di pedagogia (Milano 1892�1903). Nel 1879 vinse il concorso per un posto gratuito di convittore interno al collegio Ghislieri di Pavia, dove trovò un ambiente culturalmente e politicamente vivo. Si iscrisse alla Facoltà di Filo-sofia a Pavia, dove si laureò, insieme al suo amico C. Cantoni, nel luglio 1883 discutendo una tesi su Alfonzo Testa e i primordi del Kantismo in Italia, rielabo-rata e pubblicata nel 1886–87 sui Rendiconti dell’Accademia nazionale dei Lin-cei.

Cominciò ad insegnare Filosofia al liceo «Nolfi» di Fano, un anno dopo si sposò con una donna di famiglia benestante, che lo aiutò nella carriera universi-taria. Nel 1887 vinse una borsa di studi all’estero, all’Università di Lipsia, espe-rienza che fu determinante per la sua formazione intellettuale, tanto che, lo spin-se a cercare un ulteriore legame tra filosofia e scienze e a scoprire un nuovo inte-resse quello pedagogico e scolastico, che diventò poi fondamentale nella sua at-tività di studioso e di politico. Nel 1888 insegnò al liceo “Umberto I” di Roma; nella capitale assunse anche l’incarico di filosofia e pedagogia presso l’Istituto di magistero. L’anno successivo pubblicò il primo volume della sua ricerca su Lo scetticismo degli Accademici, premiato dall’Accademia dei Lincei.

Nel 1890 cominciò l’insegnamento di Storia della filosofia all’Università di Pavia, dove dal 1899 fu Consigliere comunale, rappresentante del Consiglio provinciale scolastico e Assessore comunale alla Pubblica Istruzione sino al lu-glio del 1902. Nel 1895 si presentò per la prima volta candidato al Parlamento nel collegio di Tirano (Sondrio), dove fu eletto e rimase in carica sino al 1919. Promosse varie iniziative, quali l’istituzione degli asili e della refezione scolasti-ca; si occupò di problemi riguardanti l’educazione e la scuola, tanto che, nel 1900, venne eletto presidente dell’Associazione della stampa scolastica e incari-cato di porre le basi per un’organizzazione dei maestri protesa ad ottenere il mi-glioramento delle loro condizioni economiche e giuridiche. Nel 1901, fondò co-sì, l’Unione Magistrale Nazionale e perché avesse le più larghe basi la dichiarò associazione apolitica.

Nel 1904 fondò la Scuola pedagogica, con annesso, nel 1906, il Museo di i-struzione e di educazione, già diretto da molti anni dal Labriola. Alla Scuola pe-

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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dagogica insegnarono fra gli altri: Sergi, De Sanctis, Montessori, Gentile; quest’ultimo, nel 1923, soppresse le scuole pedagogiche, nate in tutte le Facoltà di Filosofia e lettere del Regno. Nel 1907 Credaro fu eletto presidente dell’Associazione pedagogica professionale fra gli insegnanti delle scuole nor-mali, in seguito fondò e diresse, sempre a Roma, la Rivista pedagogica (1908–39) a cui collaborarono esperti di problemi pedagogici e scolastici, ma in parti-colare herbartiani e positivisti. Alla caduta del governo Giolitti, anche Credaro lasciò nel marzo 1914, il suo incarico alla Minerva e nel 1917 fu nominato pre-sidente del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione, da cui lo rimosse nel 1923 Gentile. Nel 1919 divenne Senatore, ma il suo periodo decrescente, ebbe iniziò con il fascismo. Infatti, durante il regime fascista, Credaro, che non si i-scrisse mai al partito, rimase sempre più ai margini della vita politica, pronun-ciandosi contro la politica scolastica di Gentile. Nel 1932–33 diresse la scuola di perfezionamento di pedagogia. Nel 1902, fu chiamato alla cattedra di Pedagogia alla Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma, dove fu anche preside dal 1903 al 1911 e dal 1918 al 1920, e dove insegnò sino al 1935.

DE GUBERNATIS ANGELO (Torino, 1840–Roma, 1913). Professore ordinario, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università

di Roma, per Letteratura italiana. Durante la sua vita ebbe molti onori. De Gu-bernatis fu professore emerito del R. Istituto di studi superiori di Firenze, deco-rato della medaglia d’oro dei benemeriti di Romania, fondatore e direttore ono-rario del Museo indiano, fondatore e presidente onorario della Società Asiatica Italiana, membro dell’American Philosophical Society di Filadelfia, membro onorario dell’Accademia Nazionale delle scienze di Budapest, dell’antropologia di Bombay, delegato del Governo ai Congressi Internazionale degli Orientalisti di Pietroburgo, Stoccolma, Londra e Ginevra e Segretario generale del Congres-so degli Orientalisti di Firenze, oltre che presidente della sezione linguistica e di etnografia e folklore al Congresso di Parigi.

DE SANCTIS SANTE (1862–1935). Libero docente per Psicologia, presso la Facoltà di Filosofia e Lettere

dell’Università di Roma, dal 16 dicembre 1901. De Sanctis, fu uno dei primi ad approfondire su basi sperimentali lo studio della psicologia e ad ideare test reattivi per determinare il grado di anormalità dei bambini handicappati, eseguendo poi con molta cura trattamenti adeguati. Fondò a Roma, nel 1899, il primo asilo–scuola per fanciulli deficienti ed anormali e nel 1906 istituì l’Istituto di psicologia sperimentale, dove creò nel 1907 il primo laboratorio di psicologia, le cui ricerche furono pubblicate sia nella «Rivista Pedagogi-ca» che nella «Rivista di Psicologia».

LABRIOLA ANTONIO (Cassino, 1843–Roma, 1904). Filosofo italiano, fu allievo a Napoli di Bertrando Spaventa, sotto la guida

del quale studiò Hegel e Spinoza. Successivamente, subì l’influenza del pensiero

Appendice – Parte seconda

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di Herbart, acquistando, attraverso questa esperienza intellettuale, soprattutto l’abito del rigore formale e il gusto per i problemi concreti. Nel 1874 ottenne la cattedra di Filosofia morale nell’Università di Roma; nel 1876, manifestò la sua adesione al movimento socialista e la necessità di motivare razionalmente la scelta politica lo portò ad approfondire, a partire dal 1890, lo studio di Marx. Da questo interesse ebbe origine la collaborazione intellettuale, assai feconda per entrambi, con Croce, il quale ben presto però si allontanò dal marxsismo consi-derando i suoi precedenti entusiasmi solo come un momento circoscritto della propria formazione filosofica. Labriola giudicò quella svolta come un segno di debolezza morale e non risparmiò all’amico rimproveri e sarcasmi. La polemica condotta dal Labriola su più versanti contro la confusione del materialismo sto-rico con il materialismo metafisico, contro la riduzione di esso a una «filosofia della storia», contro le revisioni deformanti ed equivoche come quella di Sorel, contribuì a «restaurare» un’immagine corretta del pensiero di Marx e ad avviare quel nuovo corso teorico–politico del socialismo scientifico, di cui furono poi protagonisti figure come Lenin e Gramsci. Per Labriola il marxismo è essen-zialmente conoscenza critica della realtà ed il socialismo è un’aspirazione prati-ca che trova nel materialismo storico la propria verità.

Per Labriola motore della storia è l’azione dei gruppi umani consapevoli e organizzati; cioè il materialismo storico, secondo Labriola, non elimina la radice volontaristica della praxis ed esclude che la classe rivoluzionaria possa esistere come pura entità sociologica, indipendente dal grado di presa di coscienza dei singoli.

RAGNISCO PIETRO (Pozzuoli, 1839–Roma, 1920). Dopo essere stato professore nei licei di Avellino e di Napoli, insegnò

nelle Università di Palermo, Padova e Roma. Infatti, presso la Facoltà di Fi-losofia e Lettere dell’Università di Roma, fu professore ordinario per Filoso-fia morale; fu anche membro effettivo del R. Istituto Veneto di scienze, lette-re ed arti della R. Accademia di Padova e socio corrispondente nazionale della R. Accademia di scienze morali e politiche di Napoli.

TOMASSETTI GIUSEPPE. Professore libero docente presso la Facoltà di Filosofia e Lettere

dell’Università di Roma, per Storia di Roma nel medio evo, dal 18 novembre 1886. Tomassetti ebbe molti onori, fu Consigliere Comunale di Roma, membro della Società romana di Storia patria, membro della Commissione Araldica Romana e socio dell’Imperiale Istituto archeologico germanico, Segretario della R. Accademia romana di Belle Arti di San Luca, archivista del principe Colonna e socio corrispondente della R. Deputazione di Storia patria per Modena, Romagna e Umbria.

Nota biografica dei docenti universitari (1890–1904)

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VILLA GUIDO. Incaricato presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’Università di Roma,

per Filosofia teoretica e professore nel Regio Liceo Torquato Tasso, sempre per la summenzionata materia.

VRAM UGO. Incaricato per l’insegnamento della Antropologia dal 21 dicembre 1901.

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Parte terza Gli studi e gli interessi accademici di Maria Montessori

negli scritti giovanili (1896–1907) III.1 Tesi di laurea in Medicina e Chirurgia. Contributo clinico allo stu-dio delle allucinazioni a contenuto antagonistico (1896)

Gli anni universitari costituirono un momento formativo importante che

non si concluse il 10 luglio 1896, ma proseguì per tutta la sua vita. Nel 1896 Montessori si laureò in Medicina e chirurgia discutendo la tesi dal titolo: Contributo clinico allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagonistico.

Il lavoro di tesi è costituito da una parte introduttiva, in cui l’autrice ri-percorre le linee essenziali della letteratura scientifica relativa alle allucina-zioni generali e una seconda parte in cui tale letteratura è ricostruita in ma-niera meticolosa. Dopo un breve riepilogo, la giovane marchigiana conclude la sua tesi dando una definizione di allucinazione a contenuto antagonistico e fornendo una proposta originale, mai avanzata prima di allora: un progetto di classificazione delle allucinazioni antagonistiche.

Qui di seguito sono riportati alcuni passi ritenuti particolarmente rilevanti in relazione agli studi accademici di Maria Montessori ed ai suoi interessi scientifici1.

Ecco l’Allucinazione. L’Esquirol considerava l’Allucinazione come un fatto puramente psichico, ciò

che equivaleva a dire completamente misterioso. Il Lélut ne faceva «una idea che si proietta al difuori», il Délasienve: «una idea sensibile».

Per altri […] Baillaryer l’Allucinazione è un fatto psicosensoriale, in soggetti che presentano il substratum patologico, ossia quella «modificazione dell’eccitabilità nel cervello sensoriale» […]. Baillaryer, circondato da così illustri sostenitori, ammette una specie di Allucinazioni alla cui genesi non concorrono i sensi, e comprende que-ste col misterioso mondo primitivo dell’origine psichica di Esquirol, le chiama «Al-lucinazioni psichiche». L’esistenza di allucinazioni psichiche fu ammessa e svilup-pata dal Tamburini (teoria del Tamburini) le ammette. Tali Allucinazioni hanno il carattere di essere del tutto indipendenti dagli organi sensoriali consistono esse in voci che il malato crede di sentire: voci speciali che si possono paragonare alle fisio-logiche voci della coscienza o a quella che sentì Frà Cristoforo alla partenza di Lu-cia: «il cuore mi dice che noi ci rivedremo presto». Difatti i malati non dicono di u-

∗ M. Montessori, Contributo clinico allo studio delle Allucinazioni a contenuto antagoni-

stico, (tesi di laurea in Medicina e chirurgia, 10 luglio 1896, Roma), pp. 1–76 e presente inte-ramente in questo lavoro. Vedi Parte IV.

1 Anche per i successivi scritti di Maria Montessori, considerati in questa Appendice, si riportano solo alcuni brani.

Appendice – Parte terza

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dire, ma di sentire voci interne, e certamente vedono la parola «voce» perché manca vocabolo più adatto ad esprimere la loro sensazione […].

Ora questa Allucinazione, psichica pel Baillaryer, viene dal Leglas brillantemen-te interpretata come spontanea eccitazione morbosa dei gruppi cellulari della cortec-cia ove sono localizzate immagini mnemoniche di movimento […].

Così alle Allucinazioni psichiche delle Baillaryer, sono state sostituite recente-mente quelle «verbali psicomotrici» del Leglas. Ma, come dirò più sotto, non si dà solo un morboso eccitamento delle zone verbo motrici verticali e quando l’eccitamento è a carico delle zone motrici in genere, si hanno Allucinazioni di spe-cie diversa […].

Una corteccia […] è formata dalle allucinazioni psicomotrici. Anche al loro svolgersi tiene la regola generale. In un primo grado l’infermo crede di compiere un movimento, mentre le membra sue stanno immobili: avanzando l’intensità, piccoli movimenti avvengono realmente, e poi moti spiegati e decisi, e forza irresistibile al moto: impulsione. Fsiologicamente tutti possiamo provare cosa sia una allucinazione motrice, quando nel segno crediamo di compiere dei movimenti o di credere dall’alto.

Le più comuni di queste allucinazioni appartengono al campo del linguaggio: i malati si sentono parlare col pensiero, comunicano da anima ad anima, per magneti-smo. Una malata di Leuret diceva ch’ella intendeva i pensieri, ma preferiva di senti-re parlare. Sono le allucinazioni psichiche del Baillaryer e Dagonet, che il Fournier spiega come allucinazioni del linguaggio, mentre il Leglas ne fa un ordine a parte e le chiama come vedremo, allucinazioni psicomotrici verbali, dandone un elaborato schema.

Secondo che il tesoro mnemonico delle parole fu accumulato per mezzo dell’udito o della vista (centro culturale) gli individui si dividono in uditivi che sono più, e visivi. A questi il Leglas aggiunge il tipo degli individui psicomotori che han-no l’abitudine di parlare da soli, come il filosofo Ursus creato da Victor Hugo. E al sopravvenire di un fatto morboso psichico, più facilmente i primi avranno allucina-zioni verbali psicosensoriali acustiche e visive; i secondi allucinazioni verbali psi-comotrici […].

Su un grado più avanzato di irritazione del centro di Broka, si producono anche dei movimenti iniziali d’articolazione, senza che venga pronunciata alcuna parola […].

Simili sono le allucinazioni motorie grafiche dei famosi medium scriventi. Secondo il Tamburini, tre fasi concorrono alla formazione dell’allucinazione mo-

toria: nel centro si suscita in un modo esagerato la rappresentazione fisiologica d’immagine sensorie tattili e muscolari di movimento, che accompagnano un impul-so centrifugo. Questo eccitamento funzionante morbosamente intenso (fase centrale) susciterà talmente vive le immagini, che si svilupperà l’impulso centrifugo relativo (fase centrifuga) e l’atto potrà essere apprezzato come in via di esecuzione. Tale im-pulso sarà poi in grado di produrre nelle parti destinate al movimento delle modifi-cazioni, che pur non arrivando al movimento compiuto, reca solo a quello iniziale e impercettibile, ovvero lasciando l’immobilità, perverranno però da esse parti agli elementi sensori del centro (fase centripeta) destandovi nuove immagini le quali, raf-forzando quelle che già vi esistevano produrranno la completa illusione del movi-mento (allucinazione motrice).

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

249

Un punto ove le allucinazioni psicosensoriali e psicomotrici si confondono in-sieme, e dove è anche incerta la distaccazione tra allucinazione e illusione è nelle allucinazioni a carico degli organi interni e della cenestesi […].

Secondo alcuni è dovuto strettamente al disturbo della sensibilità generale, il fe-nomeno metabolico della licantropia e zooantropia, del quale un bell’esempio dà l’Esquirol che narra come in un convento d’Allemagna i frati, credendosi tutti tra-sformati in gatti, andavano di notte correndo e miagolando attorno alla loro casa […].

Io quest’anno ho potuto studiare vari malati della Clinica Psichiatrica, nei quali si davano quelle speciali varietà di allucinazioni che furon dette da qualche autore: «allucinazione a contenuto antagonistico» o semplicemente «allucinazioni antagoni-stiche», ma che nessuno finora ha convenientemente studiate, né classificate e che nemmeno forse nessuno ha ancora ben definite […].

«Per allucinazione a contenuto antagonistico io intendo due o più allucinazioni del medesimo senso o di sensi diversi, che succedendosi in uno spazio limitato di tempo differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una contraddizione dell’altra» […].

Riassumo in modo brevissimo le principali conclusioni derivanti da questo mio studio:

Definizione: «per allucinazione a contenuto antagonistico io intendo due o più allucinazioni del medesimo senso o di sensi diversi; le quali, succedendosi in uno spazio limitato di tempo, differiscono in modo nel loro contenuto, da riuscire l’una contraddizione dell’altra».

Le allucinazioni antagonistiche sono molto frequenti negli alienati, esse influen-zano più o meno notevolmente il delirio, ma di rado conducono a un vero sdoppia-mento dell’Io. Le allucinazioni antagonistiche si verificano prevalentemente a carico dei centri umani (uditivo, verbomotore). III.2 Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale (1896)

Montessori pubblicò nel 1896 un estratto dal titolo: Sul significato dei

cristalli del Leyden nell’asma bronchiale. In questo primo contributo, Mon-tessori evidenzia, attraverso gli studi di vari scienziati della medicina, l’importanza dei cristalli del Leyden nei soggetti asmatici e come la loro in-dividuazione rende accessibile e feconda la ricerca e la discussione intorno all’argomento.

Sono tante le teorie sull’asma bronchiale, che è già prodigio se ormai nella mente di quasi tutti ne resta un’idea precisa; cioè, che l’asma bronchiale si spieghi con l’arco diastaltico il cui centro sta nel midollo allungato leso per lo più congenitamen-te […].

∗ M. Montessori, Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in «Bollet-

tino della Società Lancisiana degli Ospedali di Roma», a. XVI, fasc. I, Roma, Tipografia In-nocenzo Artero, 1896, pp. 3–6.

Appendice – Parte terza

250

Dalle ricerche dello Schreiner del Fürbringer, appare chiaramente che i cristalli stessi rappresentino un prodotto di distruzione dei corpi albuminosi, e probabilmente sono la cristallizzazione di una ptomania […].

Se dunque i cristalli del Leyden sono una espressione di cronicità, e perché cri-stalli, anche di ambiente non turbato da movimenti improvvisi, come mai essi si tro-vano dopo l’accesso dell’asma, che è un fatto acutissimo e conclusivo? Questo ra-gionamento mi ha condotto a studiare i cristalli del Leyden in sé stessi, e la tecnica della loro preparazione. Leggendo a tale proposito un libricino del Kaatzer, mi colpì un fatto: che cioè i cristalli ottaedrici del Leyden sono di sì estrema piccolezza, da riuscir difficile anche ai più abili microscopisti la loro ricerca. […] Mentre invece se osserviamo il preparato che ci presenta l’Eichhorst, fatto sullo sputo dopo l’accesso d’asma, vediamo che alcuni dei cristalli sono si grandi, da raggiungere nella lun-ghezza quattro o cinque volte il diametro di un grosso leucocito […].

Dal che è facile argomentare, che preesistendo già nei bronchi un fatto cronico di decomposizione, e con esso piccolissimi cristalli del Leyden per lo più invisibili ai ricercatori — durante l’accesso convulsivo stenotico dei bronchi, nel quale lo sputo già esistente subisce una specie di triturazione — i piccoli cristalli si fondano in cri-stalli grandi, riuscendo così facilmente visibili.

Dunque i cristalli del Leyden, pur essendo affatto indipendenti dall’accesso a-smatico, subiscono però per questo tale modificazione meccanica da rendersi facil-mente accessibili alle ricerche, destando così in questo morbo infinite discussioni. III.3 Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche (1897)

L’incontro professionale con il De Sanctis fu ricco di incoraggiamenti e

orientamenti preziosi per l’accrescimento culturale e spirituale di Montesso-ri. Infatti, agli esordi della sua attività, la studiosa condivideva con il De Sanctis il quotidiano contatto con i ricoverati dell’Ospedale psichiatrico e le relative ricerche, che la condussero a collaborare e ad impegnarsi concreta-mente con il De Sanctis nella stesura dell’articolo pubblicato nel 1897 dal titolo: Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche.

L’articolo rispecchia la struttura della tesi, anche se maggiori risultano i riferimenti alla letteratura su le allucinazioni antagonistiche ed agli studiosi, che dell’argomento si erano occupati. Ma De Sanctis amplia ed approfondi-scono, rispetto alla tesi, l’influenza del carattere individuale in tutte le forme psicopatiche: influenza ritenuta dai due autori, preziosa e fondamentale, co-me veniva riconosciuto anche da altri studiosi tra i quali Morselli.

L’articolo si apre proprio con una frase presa dalla tesi della studiosa, per poi entrare nel vivo della ricerca, con un ulteriore approfondimento dell’ar-gomento.

∗ S. De Sanctis, M. Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policli-

nico», a. IV, vol. IV, fasc. 2, febbraio 1897, pp. 68–71 e fasc. 3, marzo 1897, pp. 113–124.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

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Durante l’anno scolastico 1895–96 nella nostra Clinica psichiatrica abbiamo stu-diato vari casi di quelle allucinazioni, osservate soprattutto dalla scuola francese an-tica e moderna (hallucinations contraires, allucinazioni di senso contrario, fenome-no della double voix di Morel), che il Magnam e il Séglas denominarono, in questi ultimi anni, antagonistiche. L’argomento ci parve interessante, perché su questa spe-cie di allucinazioni si sa poco ancora […]. Facciamo innanzi tutto, una breve scorsa nella letteratura, spigolando qua e là i casi che ci sembrano più caratteristici […].

Il Magnan prese di mira soprattutto i casi in cui i termini antagonistici erano co-stituiti o da due allucinazioni uditive o da un’allucinazione uditiva e da un’allucinazione psichica, e mise in chiaro le allucinazioni bilaterali sdoppiate: l’orecchio destro, ad esempio, percepisce voci gradite e favorevoli, mentre il sinistro percepisce accuse od ingiurie. […].

È stato però il Séglas quello che […] alla ipotesi della indipendenza funzionale dei due emisferi celebrali, caldeggiata dal Magnan, ha sostituito, anzi, la teoria dello sdoppiamento della personalità, la quale secondo lui spiegherebbe tutti i fenomeni di antagonismo degli alienati […].

Dei rapidi accenni alle allucinazioni antagonistiche se ne trovano in molti autori; ma uno studio completo su di esse manca perfino in Séglas, che è quello che più e meglio degli altri se né occupato. Uno di noi parlò già delle allucinazioni antagoni-stiche per quanto riguarda la loro interpretazione psicologica generale […] ma resta tuttavia molto da fare, specialmente per quanto si riferisce alla parte nosografica.

Nel solo anno scolastico 1895–96 abbiamo raccolti nella nostra Clinica psichia-trica n. 9 casi clinici, dove le allucinazioni a contenuto antagonistico si manifestava-no nelle varie loro forme. A questi aggiungeremo però anche altre osservazioni che potremmo raccogliere tra i ricoverati del Manicomio di Roma per gentile concessio-ne del signor Direttore e dei signori medici primari […]2.

Tenendo presenti i casi di allucinazioni antagonistiche riferiti da noi e gli altri casi osservati dagli autori antichi e dai moderni, crediamo poter tentare un riassunto dei caratteri, che detta varietà di allucinazioni presenta […]. Noi applichiamo l’appellativo di allucinazioni antagonistiche a quei casi soltanto in cui l’opposizione, o l’antitesi, si contiene in due allucinazioni, e non lo estendiamo a quegli altri casi in cui la opposizione si stabilisce tra un’allucinazione e un’idea delirante, ovvero tra un’allucinazione e la condizione affettiva attuale del malato, ovvero tra una alluci-nazione e il carattere fondamentale o le abitudini del malato stesso. Questi ultimi casi furono già da uno di noi (De Sanctis) classificati tra i fenomeni di contrasto propriamente detti.

Le allucinazioni antagonistiche sono piuttosto frequenti negli alienati. Oltreché nelle classiche psicosi allucinatorie e nella pazzia sistematica cronica, esse ricorrono anche negli indebolimenti psichici terminali, negli stati degenerativi semplici e negli stati malinconici[…].

Il fenomeno dell’antagonismo non si osserva con egual frequenza nelle varie specie di allucinazioni. È nel caso di allucinazioni uditive e di allucinazioni verbo–motrici […] che più facilmente si presenta […].

Abbiamo veduto come l’antagonismo allucinatorio possa riferirsi non solamente a fatti di ordine psichico (accusa e difesa), ma altresì a fatti di ordine fisico (antago-nismo di percezioni olfattive e di percezioni di colore) […].

2 De Sanctis, Montessori, Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, cit., p. 113.

Appendice – Parte terza

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Le principali distinzioni da tenersi presente nell’analisi clinica delle allucinazioni antagonistiche: a. Simultanee – Successive; b. Sdoppiate – Promiscue; c. Omonime o semplici – Eteronime o combinate; d. Con antagonismo logico o assoluto – Con antagonismo personale o relativo; e. Di ordine psichico – Di ordine fisico; f. Episodiche o accidentali — Durature o sistematiche.

[…] Come già altre volte si è detto, gli elementi di una spiegazione delle alluci-nazioni antagonistiche bisogna rintracciarli nella vita psichica normale […].

Per non mancare allo scopo principale che ci siamo prefissi con questo lavoro, non ci resta che tentare una definizione clinica delle allucinazioni antagonistiche, o, come meglio vorremmo chiamarle, allucinazioni contrastanti, o di contrasto […].

«Per allucinazioni contrastanti si deve intendere un gruppo di due (o più) alluci-nazioni, entrambi nel medesimo senso, o l’una di un senso, l’altra di un altro, le qua-li succedonsi a una distanza più o meno breve di tempo, e differiscono in modo nella loro forma o nel loro contenuto da riuscire, almeno per riguardo al paziente, l’una antitesi, contraddizione o negazione dell’altra». III.4 Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo�rachidiano dei dementi paralitici (1898)

Nel 1897 Montessori iniziò la sua attività come assistente volontaria presso l’Ospedale psichiatrico romano, dove incontrò Giuseppe Ferruccio Montesano, già assistente da qualche anno. I due giovani assistenti si trova-rono a lavorare gomito a gomito, tanto da divenire l’uno per l’altro un’importante presenza non solo professionale, ma anche sentimentale3.

In quegli anni si venne a formare tra i due quell’intraprendente sodalizio scientifico che porterà all’interesse per l’infanzia degenerata. L’avvicina-mento professionale si concretizzò nella stesura di un articolo pubblicato dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neurologia» nel di-cembre del 1897 dal titolo: Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo–rachidiano dei dementi paralitici.

A tutti è noto come per la prima volta il Quincke comunicasse nel 1891 al X Congresso di Medicina Interna di Wiesbaden un metodo di presentare nella cavità meningea spinale, senza bisogno di trapanare le vertebre: e come la cosi detta puntu-ra spinale alla Quinke, riconosciuta presto assolutamente innocua, venisse in seguito

∗ G. Montesano, M. Montessori, Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidiano

dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista quindicinale di Psi-cologia, Psichiatria, Neurologia», fasc. 15, 1 dicembre 1897, pp. 1–13.

3 Nelle molte biografie sulla Montessori si parla poco del dottor Giuseppe Montesano, ep-pure per la giovane Maria fu un’importante presenza, tanto da lasciare nella sua vita una trac-cia incancellabile: Mario, il figlio nato dalla relazione tra i due giovani assistenti nella clinica psichiatrica dell’Università di Roma. Vedi in questo vol. il Capitolo III.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

253

adoperata da molti autori per una serie svariata di ricerche in malattie del sistema nervoso centrale o dei suoi involucri. Le ricerche furono specialmente rivolte a sco-po terapeutico e diagnostico […].

Faremo rilevare soltanto come ormai non resti dubbio che in alcune malattie acu-te d’origine batterica del sistema nervoso centrale e in specie delle sue meningi si abbia nel liquido cefalo rachidiano, se non costantemente, con gran frequenza alme-no la presenza del microbo che costituisce l’agente patogeno della malattia […].

Dietro tali risultati ci siamo indotti a fare delle ricerche analoghe in una malattia delle meningi e della sostanza celebrale, che, […] lascia da lunga pezza sospettare ai patologi che sia di natura infettiva: alludiamo alla demenza paralitica. Le nostre ri-cerche sono state fatte esclusivamente su malati affetti da demenza paralitica a de-corso vario, ma sempre tipica, ricoverati nella Clinica Psichiatrica diretta dal profes-sor Sciamanna.

Il numero di questi malati sui quali abbiamo fatto le ricerche fu di undici. Il li-quido cefalo–rachidiano venne estratto in ogni caso col metodo classico di Quinke […].

Per conclusione facciamo rilevare intanto come, undici casi studiati, in tre soli sia stato negativo il reperto batteriologico, e negli altri sempre positivo: e il reperto non sia stato sempre unico e costante, ma anzi svariato.

Ora […] ci preme far notare come una delle forme da noi isolate, e precisamente quella riscontrata con maggior frequenza, vale a dire il bacillo da noi provvisoria-mente chiamato viscoso, non sia identificabile con nessun’altra di quelle conosciute nella letteratura […].

È ben noto […] per quanto, ad esempio, siano stati messi in rilievo alcuni fattori, come la sifilide, gli eccessi di lavoro cerebrale, gli eccessi venerei, le intossicazioni (tra cui principalmente quella alcolica), l’eredità […] non si può allo stato odierno delle nostre conoscenze, dare ad alcuna di esse una importanza eziologica diretta, come di causa efficiente vera; ma piuttosto […] come cause predisponenti, tali cioè da indurre una diminuzione forte di resistenza del sistema nervoso centrale, e render-lo quindi accessibile all’azione di un agente patogeno specifico […].

Come vedesi intanto tutte le ricerche batteriologiche fatte finora dai vari osserva-tori non sono riuscite a chiarire la patogenesi di varie malattie mentali e meno che per le altre certo che per la paralisi progressiva.

Chiudiamo perciò questa breve nota mettendo in rilievo soltanto i due fattori po-sitivi e indiscutibili che risultano dalle nostre ricerche cioè:

I) che vi ha una forma di bacillo viscoso differente dalle altre fin qui cono-sciute nella letteratura specialmente per la sua azione patogena.

Che può darsi il caso della presenza nel liquido cefalo–rachidiano dell’uomo di un microbo tetanico virulento per le cavie, e ciò per tre mesi di seguito, senza che si manifesti il quadro classico del tetano.

Appendice – Parte terza

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III.5 Il primo Congresso Pedagogico Nazionale di Torino∗

Il Primo Congresso Pedagogico nazionale Italiano, si tenne a Torino

dall’8 al 15 settembre 1898. In tale occasione, la studiosa espresse la sua o-pinione sulla necessità di una urgente riforma della scuola che avesse riflessi nella società intera. Per la prima volta, Maria Montessori scoprì la sua vera inclinazione educativa: quella che doveva condurla alla «scoperta del bam-bino».

La Dottoressa Maria Montessori dice sembrarle che sino ad oggi gli oratori tutti

abbiano parlato solamente di fanciulli normali; ella, come medichessa, si vuol occu-pare soprattutto dei fanciulli degenerati, che alle volte sono al disotto delle bestie medesime, che non parlano e non si nutrono non perché loro manchi la facoltà di fare queste cose, ma perché non sanno comprendere che ad ogni azione corrisponde un atto di volontà […].

Sono questi poveri esseri che il Governo dovrebbe correggere ed educare in spe-ciali Istituti; sono costoro che, abbandonati alla società a loro medesimi, non poten-do vivere del proprio lavoro cercano di mantenersi con il lavoro degli altri e diven-tano delinquenti; questi fanciulli lasciando la Scuola sono destinati a popolare i ma-nicomi, i postriboli, le galere. I degenerati non sono sempre incapaci di educazione; occorrono per essi metodi speciali […].

All’estero vi sono degli Istituti medico–pedagogici ove si isolano i degenerati dalle famiglie degenerate e dai normali della società; sono sorprendenti i risultati di questi Istituti […]. Ci sono pure le classi aggiunte ove si raccolgono quei fanciulli che senza essere completamente degenerati, pure disgustano e guastano le classi normali.

Ad alcuno potrà sembrare troppo grave la responsabilità che si assume la maestra nel mandare i fanciulli a questi Istituti, a queste classi; ebbene, la maestra dica sem-plicemente: Questo bambino mi sembra un degenerato, e il medico giudicherà […].

Propone che ai programmi delle Scuole normali vengano speciali di studi per preparare i maestri al metodo medico–pedagogico […].

Propone il seguente ordine del giorno: «Il Congresso Pedagogico convinto che la società civile non debba trascurare al-

cun mezzo per redimere ed educare i bimbi che, […] non possono trarre profitto dal-la Scuola comune, fa voti affinché essi vengano educati a parte, da maestri dotati di attitudini […] particolari, ed a tale scopo chiede che: […] lo Stato provveda legisla-tivamente all’istituzione di classi aggiunte presso le scuole elementari […] e le Pro-vince creino o sussidino nelle città capoluogo speciali Istituti medico–pedagogici per i casi più gravi e per l’educazione speciale dei maestri, vengano insegnati […] i ca-ratteri sintomatici della degenerazione ed i mezzi più acconci a combatterli e lo Stato istituisca un corso speciale universitario per preparare a questo insegnamento i pro-fessori» […].

∗ M. Montessori, L’educazione dei piccoli degenerati, in E. Catarsi, La giovane Montes-

sori, Ferrara, Corso Editore, 1995, pp. 111–112.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

255

Se esso [l’ordine del giorno] sarà approvato, unirà il voto del Congresso alla do-manda che il deputato prof. Bonfigli presenterà alla Camera […]; l’ordine del giorno della dottoressa Maria Montessori viene approvato per acclamazione. III.6 Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza (1898)

I temi trattati nel Congresso Pedagogico di Torino vennero ripresi dalla giovane marchigiana ed approfonditi da un punto di vista sociale, economico e pedagogico. La studiosa, infatti, nello scritto del 1898 dal titolo: Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza; ribadì l’importanza di istituire classi aggiunte e di creare Istituti medico–pedagogici per i bambini anormali, giac-ché tali degenerati erano educabili se si consideravano ambienti idonei e me-todi formativi adatti ai loro bisogni. Educare gli anormali era possibile, ma per attuare un programma educativo adeguato era necessario un intervento collettivo che implicasse la cooperazione di vari esperti dal maestro al medi-co e allo psichiatra.

Il rapido e forte impulso che gli studi positivi hanno avuto in questi ultimi tempi […], ha portato alla felice risoluzione d’alcuni dolorosi problemi sociali. Tra questi uno più degli altri è altamente civile; quello che tende alla rigenerazione dei degene-rati […].

La scienza, dopo aver studiato le cause varie delle degenerazioni o degli arresti di sviluppo […], sa ora stender la mano a quegli infelici dal fato condannati alla esi-stenza più misera, e con meraviglioso studio mantenerli nel consorzio civile.

Gl’istituti speciali pel il trattamento dei frenastenici hanno una storia recente, ma brillantissima per la rapida propagazione […] e per gli esempi di uomini eroici […], i quali consacrano la loro umile vita a quell’opera generosa che tende alla riabilita-zione intellettuale e morale dei fanciulli deficienti. […] In Italia questi fanciulli ven-gono ricoverati nei manicomi, alla rinfusa cogli altri pazzi, senza ricevere altre cure oltre quelle necessarie alla vita vegetativa; e rappresentano nella economia sociale una passività sì pel loro mantenimento, che pel servizio personale che richiedono.

Altri fanciulli […], sono incapaci di apprendere intellettualmente o moralmente, e perciò, espulsi dalle scuole […]. Altro genere di deficienza è l’imbecillità morale, per cui i fanciulli non giungono a comprendere i sentimenti etici. Sono quelli che la scuola di Lombroso chiama: «Delinquenti congeniti». Per lo più generati da padri alcolisti ed epilettici […]. Questi sono in Italia destinati a popolar le galere, e dopo molti anni di carcere, in preda alla pazzia furiosa, a finire i loro giorni nei manicomi.

Bastò che il Séguin, nel 1831, scoprisse come l’idiota non è incapace di appren-dere, ma solo non arriva a seguire i mezzi comuni di educazione; e che egli svolges-se un nuovo programma per l’educazione degli idioti, affinché […] sorgessero istitu-ti adatti alla riabilitazione intellettuale e morale dei fanciulli deficienti. La sua glo-riosa opera così inaugurata nel 1842, fu subito seguita dall’Inghilterra e

∗ M. Montessori, Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Vita dell’Infanzia», a.

XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9. L’articolo venne pubblicato in «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132.

Appendice – Parte terza

256

dall’America, e poi quasi in tutta Europa […] e dopo tanto esempio di uomini e d’opere […], l’Italia non possiede ancora nessun istituto del genere. Gl’idioti intel-lettuale dunque e gl’imbecilli morali sono suscettibili d’educazione, ed hanno istinti che si possono dirigere al bene […].

Ci sono istituti per fanciulli agiati ed altri per poveri, sorti tutti per iniziativa pri-vata di alcuni medici e per concorso della carità pubblica. […] Così, mentre negli ospizi si raccolgono ora solo i deficienti più gravi, vengono istituite scuole o classi aggiunte alle scuole elementari già esistenti […], dove s’impartisce l’educazione col metodo pedagogico speciale adatto ai deficienti. […].

La base su cui si fonda l’opera meravigliosa di educare gli idioti è questo princi-piò: «ricercare ciò che sussiste in loro e utilizzare tutte le risorse, anche minime, per guadagnare il più possibile». Così può dirsi che un’idiota isolato non è educabile, bensì lo è «una classe di idioti» avendo questi il processo d’imitazione molto spicca-to, il quale fa sì che in collettività si sommino gli sforzi di tutti. Ed anche è difficile nei casi più miti, impossibile nei casi più gravi, affidare l’educazione alla maestra, perché c’è bisogno continuo del medico clinico e dello psichiatra. È quindi necessa-ria la collettività degl’idioti e perciò l’istituto; è necessario il medico ed il maestro.

Ci sono molte specie d’idiopsia: alcune dovute a malattie embrionali, altre con-seguenza di parti difficili, altre prodotte da malattie ereditarie, altre cagionate da le-sioni di visceri interiori, ecc.. La diagnosi […] richiede la scienza di un medico spe-cialista, il quale dirigendo la cura medica fisica adatta, migliorerà le condizioni intel-lettuali degl’infermi […].

Così il fisico di questi fanciulli va giornalmente diretto e sorvegliato dal medico; e sono tali cure e tale miglioramento del corpo, che rendono possibile il trattamento pedagogico.

Questo tende prima all’educazione dei sensi, poi all’educazione dell’intelligenza. […] Compiuta l’educazione dei sensi ed educata insieme l’attenzione di questi fan-ciulli, si passa nel campo dell’istruzione. […] Un’altra parte è l’educazione morale. Ecco il punto culminante dell’opera dello scienziato e del filantropo. È necessario che il medico psicologo e psichiatra sorvegli continuamente l’animi di questi infelici fanciulli, come era necessario di fare al medico clinico per migliorare il loro corpo. Deve in questo caso amare non solo la scienza, ma la creatura […]. Ci vuole dolcez-za con i fanciulli […] bisogna utilizzare soprattutto lo spirito d’imitazione, e la loro spiccata vanità che può sapientemente trasformarsi in una provvidenziale emulazio-ne capace d’essere diretta al bene […].

L’educazione dei frenastenici non interessa solo il sentimento degli individui ma il diritto di protezione sociale; esso non è una questione d’Opere pie, ma d’economia politica e di diritto penale. […] Il debole è incapace a qualsiasi sforzo prolungato, e non solo ha maggior bisogno di nutrizione ma anche di eccitanti per sollevare la sua vitalità fiacca. Egli dunque producendo meno, ha più bisogni degli altri, e cade ben presto nella necessità di approfittare del lavoro altrui, ricorrendovi o con l’astuzia o con lo sforzo violento; e l’esempio gli apre facilmente la via alla criminalità. Tutti i degenerati sono persone nocevoli; ora essi non meritano né odio né collera, ma la società deve premunirsi contro di loro, mettendoli in grado di non poter nuocere e impedendo per quanto possibile, la loro riproduzione. Gli idioti e gli imbecilli intel-lettuali e morali sono appunto i degenerati nocevoli: i primi perché vivendo consu-mano una certa quantità di materie utili, ed essendo inerti non possono concorrere alla produzione […]. Gli altri, facilmente portati al crimine sono la continua minac-

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

257

cia alla vita e ai beni degli individui produttivi. Ogni uomo produttivo ha diritto alla protezione contro i criminali, non solo per convenzione tacita fra gli uomini, ma per un fatto reale: cioè che ognuno paga alla società il suo tributo materiale e a volte personale. Ora si è capito che la pena non evita né diminuisce il delitto. […] L’interesse pubblico potrebbe essere soddisfatto solo con la radicale soppressione del crimine, cercando perciò di stabilire dei caratteri precisi fisici e psichici, che permettessero di distinguere prima del delitto e sopprimere senza rimorsi, quelli che fossero riconosciuti come criminali. Ma fino ad ora questi caratteri, in gran parte ri-cercati dall’Antropologia criminale, sono illusori.

Ben dice a questo lo Spencer, come sia un inspiegabile anomalia della società, che la sorte di una nuova generazione venga abbandonata all’arbitrio d’abitudini irri-flessive e d’irragionevoli capricci; e che non si sia mai detto nelle nostre scuole su queste materie la minima istruzione a quelle allieve che domani saranno madri di famiglia ed educatrici dell’infanzia. Riuscendo più facilmente con questi mezzi al riconoscimento dei degenerati […].

Così nel caso dei degenerati, se le ricerche dell’Antropologia criminale riusciro-no infruttuose quando si rivolsero all’uomo già adulto che in sé portava non solo le stigmate di natura, ma aveva nell’essere suo le infinite complicazioni prodottevi dall’ambiente in cui visse per tanto tempo, da tanto insuccesso è portata a rivolgere la sua attenzione al degenerato bambino […].

Sono rispondenti alla natura insieme e alla civiltà gli ultimi portati della scienza positiva che rendono possibile l’educazione dei frenastenici, con metodi medico pe-dagogici. Difatti con gl’Istituti pei deficienti si raccolgono i distruttori e i nocevoli quando son bambini isolandoli per tempo dalla società e dalle malsane influenze d’un ambiente familiare spesso adatto a imprimere maggiormente le note degenera-tive […].

L’educazione dei frenastenici, considerata sotto il punto della protezione sociale dovrebbe essere suddivisa in più modi. Se l’iniziale movimento fu solo verso quegli idioti giacenti nel suo basso grado di deficienza mentale, ora il concetto educativo tende ad estendersi ai degenerati più alti, fin quasi all’uomo normale. Gl’istituti me-dico–pedagogici classici, per quanto fossero grandi sì da contenere fino a 1000 letti ciascuno si riconobbero ben presto insufficienti dal numero enorme degli imbecilli che bisogna rimandare: e la sproporzione tra i rimedi e il male fu resa completamen-te nota dalle statistiche. Queste statistiche […] hanno spronato i vari governi a prov-vedere ai frenastenici con mezzi più facilmente attuabili che non siano gl’istituti medico pedagogici. Questi mezzi consistono nelle «Classi aggiunte» che già comin-ciarono largamente a fondarsi in Francia, in Germania e in Inghilterra. In ogni città […] si dovrebbero unire alle comuni scuole elementari delle classi speciali alle quali poter inviare quei fanciulli che nelle classi comuni nocciano al buon andamento ge-nerale progressivo o per il modo tardo di apprendere o per l’indisciplina […].

Quando il bambino è passato nelle classi aggiunte si trova in un ambiente più a-datto alle sue forze intellettuali e morali […] così il fanciullo che nella classe comu-ne per l’affaticamento soverchio s’irritava e s’indeboliva sempre più, rifuggendo dal lavoro penoso, qui studia con amore secondo le sue forze.

Il deficiente rimane tale, ma non si esaurisce e non si scoraggia, e viene condotto per lo più verso l’educazione professionale che farà di lui un operaio laborioso e fe-lice del suo stato. […] L’allievo che passa nelle classi aggiunte non va solo sotto il maestro preparato secondo i metodi medico–pedagogici, ma va pure sotto la sorve-

Appendice – Parte terza

258

glianza del medico che indaga le cause della sua deficienza, e lo sottopone a una cu-ra atta a rinforzarlo […].

Da noi in Italia i ragazzi più intelligenti come i più tardivi seguono un solo e len-to metodo educativo, mentre quelli così deficienti o poveri da essere esclusi dalle pubbliche scuole sono destinati a errare per le vie […]. Così l’unica selezione che avviene forzatamente da noi è non soltanto inutile e inumana, ma anche fatalmente dannosa. Quando i fanciulli delle classi aggiunte non possono essere utilmente edu-cati nemmeno coi metodi speciali, essi vengono rinchiusi negli istituti medico–pedagogici ove la sorveglianza continua e la continua cura dei medici, giunge alme-no ad educarli in modo da essere utili come dicemmo nell’istituto stesso che sarà l’ambiente della loro vita […].

Quindi ci troviamo appena all’inizio di un’opera che tende a rendersi universale ed è destinata a crescere insieme alla civiltà. Ogni vero progresso moderno è ora in-compatibile economicamente e moralmente nella nazione che non prenda parte a questo movimento di civiltà umana.

III.7 Scuole di redenzione (1899)∗

La studiosa marchigiana continuava a sostenere, in un altro suo scritto del

1899 dal titolo Scuole di redenzione, apparso su il «Risveglio Educativo», che occorreva individuare per tempo i bambini degenerati, attribuendo gran-de importanza in tal senso alle madri ed alle maestre.

Difatti i maestri per il loro ruolo potevano individuare per tempo i disagi dei bambini, mettendo la società in grado di intervenire precocemente in modo che quei bambini una volta adulti, non generassero altri individui a-normali. Montessori ribadiva l’importanza delle classi aggiunte e degli Isti-tuti pedagogici, entrambi fondamentali per educare questi anormali, in modo da renderli produttivi e onesti e solo quando veniva garantita la loro educa-zione, si potevano reinserire nella società sotto la sorveglianza di comitati di protezione, altrimenti dovevano rimane nell’Istituto, impegnati in alcune oc-cupazioni. Nello scritto qui preso in esame, Maria Montessori cita l’articolo di legge che imponeva l’obbligo dell’educazione scolastica applicato pur-troppo solo ad una parte di bambini: quelli normali.

Quando la legge dice: «l’educazione della prima scuola è obbligatoria per tutti,

afferma cosa santa. E quando si spera da ciò il benessere e l’educazione dell’intero paese non si ha torto. Ma disgraziatamente non è questa che un’ideale aspirazione, essendo la legge applicabile solo a una parte dei fanciulli. Infatti il regolamento im-pone agli allievi la proprietà del vestire […] impone loro una certa intelligenza e moralità, ciò che esclude i bambini anormali. Dunque la scuola è in realtà possibile solo ai normali, sì dal lato economico, che da quello fisiologico; mentre la così detta patologia sociale tanto temuta dagli Stati e che si vorrebbe correggere da noi con la scuola educativa presente, è cagionata dai miserabili e dagli anormali» […].

∗ M. Montessori, Scuole di redenzione, in E. Catarsi, op. cit., pp. 123–128.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

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Per i fanciulli degenerati che sono i deficienti intellettuali e morali vi è un solo comma regolamentare che suona press’a poco così: «quell’alunno che non potrà per malvolere o per insufficienza mentale seguire il corso regolare degli studi, o quello che per disciplina disturbi incorreggibilmente la tranquillità della classe, siano espul-si dalle scuole». Se dunque si escludono dalla scuola educativa i futuri nocevoli del-la società e si abbandonano nell’ambiente degenerato della loro famiglia e in quello non meno corruttore della strada ove andranno vagabondi, come la scuola potrà ve-nire incolpata della crescente delinquenza? E a che si prenderanno misure di rigore verso i maestri e verso l’obbligatorietà della prima istruzione per tutti i fanciulli, quando poi verranno educati solo i normali? […] Se la scuola educativa ha una for-ma di deficienza che sia uno dei fattori del crimine, è quella appunto di trascurare l’educazione dei fanciulli degenerati. Ma ciò non appartiene ai maestri […].

I maestri e i medici che negli istituti speciali pei frenastenici, così fiorenti all’estero, si occupano della educazione dei bambini degenerati, mostrano loro un interessamento appassionato. Li amano, li lodano, li premiano […]. I bimbi sanno che finché saran buoni e laboriosi verranno amati, e il mondo si occuperà di loro ammirandoli. Intanto il medico li sottopone a cure ricostituenti, e i più svariati eser-cizi sportivi agevolano il loro forte sviluppo […].

I fanciulli anormali sono di tante varietà come le malattie ed ogni specie vuole un suo metodo pedagogico speciale, come la malattia il suo rimedio. Tutti conoscono le scuole dei fanciulli ciechi e sordomuti […]. C’è un’altra classe di fanciulli anormali più di questi infelici, ma sfuggono all’interessamento e alla pietà dei normali […]. Sono i bimbi degenerati: deficienti intellettuali e morali. […] Non fu il cuore ma la scienza che andò a portare l’aiuto misericordioso a questi disgraziati paria della na-tura. Un medico francese del principio del secolo, Itard […] fu il primo educatore d’un idiota. […] Non vi fu eredità più fruttuosa di quella e il Séguin riuscì nel gran compito imperfettamente tentato dal suo predecessore e in un libro che restò classi-co, espone un metodo pedagogico nuovo che portò il suo nome […].

I deficienti si considerano per lo più sotto tre tipi i quali passano insensibilmente uno nell’altro e si fondano spesso insieme: gli idioti, gli imbecilli intellettuali e gli imbecilli morali […].

Ancor più pericolosa è la classe dei così detti pazzi o imbecilli morali. Apparen-temente d’intelligenza normale, il loro raziocinio colpisce talvolta per la sua giustez-za logica, ma le premesse dei ragionamenti sono erronee, falsate, conseguenza della perversione degli istituti e delle sensazioni […]. Tali sono i deficienti, che sfuggono alla nostra comune scuola educativa e che necessariamente riescono i nocevoli della società. Essi dovrebbero venire educati e sorvegliati rigorosamente come si fa all’estero, negli istituti medico–pedagogici. Con metodi d’insegnamento adatti, che la fisiologia e la psicologia hanno suggerito, possono venire educati ed istruiti in una professione che li renda socialmente utili. Queste scuole speciali pei frenastenici so-no un mezzo potente di civiltà che tende a prevenire il delitto. Non v’è omaggio più nobile alla dignità e al sentimento umano; non v’è ritrovato della scienza positiva più socialmente utile di questo; non v’è prudente misura che per la sicurezza degli stati possa uguagliare questa misericordiosa istituzione.

Appendice – Parte terza

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III.8 Il Congresso Internazionale di Londra (1899)∗

Laureatasi nel 1896, la dottoressa marchigiana fu nominata, quale rappre-

sentante dell’Italia, al Congresso Internazionale delle donne, che si tenne a Berlino dal 20 al 23 settembre 1896. In quell’occasione si venne a trovare, per la prima volta, a contatto con personaggi illustri di diverse nazionalità. Gli argomenti di discussione furono: le riforme sociali, l’educazione, la de-linquenza minorile, la pace, l’istruzione femminile e le pari opportunità per donne e uomini.

Questi temi furono ripresi e approfonditi durante il Congresso Internazio-nale delle donne, tenutosi a Londra nel 1899, al quale partecipò come rap-presentante dell’Italia. Al suo rientro in Italia pubblicò un resoconto del Congresso su «L’Italia femminile». In questo lungo articolo dal titolo: La questione femminile e il Congresso di Londra, la giovane dottoressa denun-ciò lo sfruttamento della donna e il fatto che molte donne, pur impegnate in numerose attività lavorative, erano quasi sempre discriminate perché le leggi ed i costumi non consentivano loro pari diritti.

Montessori partecipò al Congresso con tre interventi: Il saluto delle don-ne italiane4; Il lavoro manuale nelle scuole elementari5; e L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi6. La dottoressa nel primo inter-vento portò il saluto ufficiale delle donne italiane e tratteggiò la situazione delle stesse; nel secondo intervento denunciò la situazione «pessima» in cui erano costrette a vivere le maestre italiane che, pur ritenute più adatte all’educazione dei bambini, erano costrette a stipendi inferiori rispetto a quelli dei colleghi maschi; nel terzo ed ultimo intervento, si evidenziò la sen-sibilità sociale della studiosa, che richiama l’attenzione della società sulle condizioni di vita dei ragazzi che lavorano in miniera. Qui di seguito si ri-porteranno alcuni brani tratti dagli interventi di Maria Montessori al Con-gresso.

Già in qualche giornale si è parlato dell’ultimo Congresso femminile a Londra,

che per le sue proporzioni e per la serietà e molteplicità dei temi trattati poteva reg-gere al confronto dei migliori Congressi che l’opera maschile abbia offerto all’ammirazione del mondo. Circa trentamila donne d’ogni nazionalità d’Europa, d’America, d’Austria e d’Asia erano convenute portando […] il racconto delle con-dizioni civili e morali, e dell’opera della donna, nei rispettivi paesi […].

∗ M. Montessori, La questione femminile e il Congresso di Londra, in E. Catarsi, op. cit.,

pp. 129–138. L’articolo venne pubblicato in due parti nel periodico dal titolo «L’Italia femmi-nile»; la prima parte nel numero 1° ottobre 1899, pp. 298–299; la seconda nel numero dell’8 ottobre 1899, pp. 306–307.

4 Id, Il saluto delle donne italiane, in E. Catarsi, op. cit., pp. 139–140. 5 Id, Il lavoro manuale nelle scuole elementari, in E. Catarsi, op. cit., pp. 141–142. 6 Id, L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi, in E. Catarsi, op. cit., p.

143.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

261

Lo scopo del movimento femminile iniziato dal Congresso è di «organizzare» le attività femminili già esistenti in tutto il mondo; attività provocate già in gran parte direttamente dal fattore economico, che crea operaie, educatrici, professionisti […].

Le leggi ed i costumi non sono preparati a questo movimento; ed ecco seguire una serie di vittime e d’oppresse e d’incomprese. La donna operaia è mal pagata […] la maestra che ha quasi due terzi dell’educazione infantile nelle mani è tenuta in un grado inferiore al maestro; non le sono aperte carriere, e le riforme tendenti al mi-glioramento delle classe insegnante, spesso la dimenticano. […] la medichessa e l’avvocatessa trovano nel pregiudizio sociale o nelle leggi, un impedimento a com-piere con successo la lotta per l’esistenza […].

Ai giorni nostri l’attività delle donne si esplica in molti modi. Abbiamo impiega-te al telegrafo […] nelle biblioteche […] l’educazione popolare è almeno per i due terzi in mano alle donne, che specialmente negli ultimi dieci anni, sono aumentate in grande numero nelle facoltà letterarie e scientifiche dell’Università […].

L’Associazione per le donne in Italia precisamente questo obiettivo di studiare la condizione delle donne italiane, e di promuovere un’azione seria ed efficace sulla base dei fatti reali […].

L’attenzione di tutte le donne italiane, ma semplicemente delle maestre, potrebbe essere seriamente richiamata verso queste sventurate paria della civiltà. Questo è lo scopo della società delle donne, che cerca di studiare la condizione femminile italia-na e organizza la propria azione per aumentare la forza del Comitato al fine di pro-teggere moralmente e di aiutare materialmente nel paese le maestre.

Il ministro Baccelli in una recente legge stabilisce che un appezzamento di terre-no dovrebbe essere annesso ad ogni scuola comunale, cosicché gli allievi sotto la direzione dell’insegnante dovrebbero acquisire una essenziale e pratica conoscenza delle attività che essi saranno chiamati a svolgere nella vita.

L’esperimento si è svolto con grande successo. III.9 Riassunto delle lezioni di didattica (1899)

La giovane dottoressa alla fine del 1899 diresse la Scuola Magistrale Or-tofrenica di Roma. Questa esperienza fu molto importante, perché le diede l’opportunità di verificare, attraverso l’esperimento, tutto quello che aveva assimilato dallo studio dei libri di Itard e Séguin. Nel 1900 ella pubblicò le dispense delle lezioni tenute alla Scuola Magistrale Ortofrenica con il titolo Riassunto delle lezioni di didattica.

«Condurre il bambino per la mano dall’educazione del sistema muscolare a quel-la del sistema nervoso e dei sensi; da quella dei sensi alle nozioni; dalle nozioni alle idee; dalle idee alla moralità: tale è la via educativa percorsa da Séguin».

Prima però di cominciare l’educazione è necessario «preparare» il bambino a ri-ceverla, con un’altra educazione, che oggi tende ad assumere altissima importanza

∗ M. Montessori, Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Ro-

mano, 1900 poi inserito nell’Appendice presente in L’autoeducazione nelle scuole elementari, Roma, Milano, Garzanti, 2000 (I edizione 1916), pp. 639–675.

Appendice – Parte terza

262

[…] l’educazione igienica, che nei fanciulli deficienti assume talvolta il significato di educazione medica.

Perciò il metodo educativo dei deficienti si chiama: medico–pedagogico. Voi che sapete l’importanza delle sensazioni interne, dei sentimenti dal lato edu-

cativo, comprenderete che è necessario che l’organismo funzioni bene per corri-spondere ai nostri sforzi educativi, è quindi necessario mantenere il benessere se esi-ste, ristabilirlo se manca.

Ecco la necessità di badare bene alla nutrizione e allo stato dei visceri. […] Così non si potranno educare i muscoli a un dato movimento coordinato, se essi sono al-terati nella loro funzionalità: paresi, ecc.; e dovrà precedere alla educazione pro-priamente detta, una cura medica che li ristabilisca, possibilmente, nella loro integri-tà. Sarà possibile educare i sensi, p. es. l’udito, se un fatto patologico da una sordità parziale, l’odorato se l’escrezione soverchia di muco impedirà agli stimoli esterni di colpire le terminazioni nervose sensoriali, ecc., e dovrà prima una cura medica allon-tanare questi stati morbosi.

EDUCAZIONE MEDICA Bagni generali: sviluppano la sensibilità delle papille nervose, se son brevi […]. Caldi e freddi alternati: è un mezzo educativo potente per richiamare l’attenzione

del bambino sull’ambiente esterno. Bagni caldi parziali: si fanno su regioni molto sensibili, onde sviluppare la sen-

sibilità […]. Bagno freddo parziale: sulla testa, mentre l’individuo è immerso nel bagno totale

tepido: è un tonico del cuoio capelluto, facilita il riavvicinamento delle ossa del cra-nio […] attiva e regolarizza la circolazione cerebrale […].

Bagni a vapore: sviluppano la traspirazione, che a volte manca o è parziale nei deficienti […]. Questi bagni inoltre predispongono le terminazioni nervose alla più alta sensibilità.

Sono però sempre controindicati simili bagni negli epilettici, nei bambini cache-tici, pallidi, rachitici […].

ALIMENTAZIONE I disturbi intestinali hanno diretta influenza sulla funzionalità del sistema nervo-

so centrale: quindi sono degni di speciale considerazione nei deficienti […]. L’igiene dell’alimentazione, che è presso a poco quella stessa dei fanciulli nor-

mali, deve essere adunque rigorosamente osservata. Prima norma è che i fanciulli mangino a pasto e che mai negli intervalli introdu-

cano sostanze alimentari nello stomaco […]. Tenere i bambini a pasto vuol dire non dar loro nulla fuori dei pasti […]. Questo

rigore darà pure abitudini igieniche al bambino. Bisogna regolare il numero dei pasti […]:

da 2 a 7 anni quattro pasti al giorno; da 8 a 14 anni tre pasti al giorno; fatti a ore regolari, e seguiti sempre da un regolare riposo intellettuale che dovrà

essere preso in considerazione da chi fa gli orari delle scuole. Merita uno studio speciale la ricerca di quali azioni si potranno far compiere ai

bambini durante la digestione, e quali organi potranno agire mentre lo stomaco com-pie il lavoro della digestione […] il primo lavoro che potrà compiere il bambino do-po il pasto, sarà una breve e lenta passeggiata all’aria aperta […].

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

263

Se pei bambini normali è bene usare una parca alimentazione carnea, pei defi-cienti è desiderabilissima una ricca alimentazione di carne e in genere d’albumina, come in tutte le persone deboli, che debbono ricostituirsi […].

Una speciale educazione occorre per far imparare ai bambini la masticazione completa e la deglutizione: movimenti degli organi della masticazione che li prepa-rano in parte al linguaggio.

ESCREZIONI Tra le irregolarità fisiologiche merita una considerazione speciale quella che ri-

guarda le escrezioni. Deiezioni. Si sa che molti idioti sono chiamati sudici, e di questi si fanno sezioni

speciali negli istituti: i sudici hanno perdite involontarie di feci e di urine, come i bambini nella prima età infantile. […] Si comprende che per vincere questo difetto è necessario un duplice ordine di mezzi: il primo tende a regolarizzare la funzione in-testinale, rendendo solide le feci; il secondo a rinforzare gli sfinteri affinché possano trattenerle.

EDUCAZIONE MUSCOLARE

L’educazione muscolare ha […] lo scopo, nei deficienti, di provocare o di coor-dinare movimenti utili.

Prepara: alla ginnastica; ai lavori d’uso domestico (lavarsi, vestirsi, ecc., appa-recchiare, tirare il carretto, ecc.); ai lavori manuali (professionali); al linguaggio (movimenti degli organi vocali) […].

Noto qualche anomalia motoria facile a riscontrarsi nei deficienti: Atonia: il bambino non si muove, non si regge in piedi […]. Iperattività: […] movimenti quasi continui, incoordinati, ovvero disordinati e

senza scopo utile […]. III.10 Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione (1902)

In tutti gli incontri tenuti in quegli anni, Montessori non perse occasione per riprendere il discorso sull’educazione dei bambini anormali, intervenen-do anche al II Congresso Pedagogico, tenutosi a Napoli nel 1902, Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazio-ne. In questa occasione, la dottoressa sottolineò per quanto riguarda i bambi-ni anormali due problemi: scientifico (mancanza di sperimentazione) e peda-gogico (opera di profilassi sociale), esaminando anche in maniera approfon-dita l’opera di Séguin.

In questo tema […] si presentano due problemi […] scientifico intendo […] dal lato medico, l’altro è pedagogico. Le difficoltà sono […] mancanza di studio e di

∗ M. Montessori, Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi spe-

ciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italiano 1899–1901, Napoli, Ed. Trani, 1902, pp. 144–167, e ripubblicato col titolo Un metodo per la classificazione dei deficienti in «Vita dell’Infanzia», a. XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3–12.

Appendice – Parte terza

264

sperimento, che […] non permettono di precisare le basi scientifiche sicure per la identificazione dei «tipi» morbosi di cui si tratta; dall’altro […] si va quasi esclusi-vamente seguendo il testo del Séguin, il quale è necessariamente inferiore a quanto potrebbe pretendersi oggi, con la via tracciata dalla moderna psicologia positiva. Quindi per svolgere degnamente questo tema, occorrerebbe aver tempo e opportuni-tà di sperimentare, in istituti numerosi di fanciulli […] seguendo ed applicando gli studi scientifici che nel frattempo venissero svolgendosi […].

Onde ricavare quelle norme cui accenna il tema, bisogna per ora seguire lo svol-gersi del metodo classico del Séguin […].

Infatti il Séguin comincia la sua opera educativa dal ricambio materiale e dalle funzioni fisiologiche viscerali, unendo strettamente l’igiene (o la cura medica) alla pedagogia: anzi gettando maestrevolmente la prima pietra di quella igiene pedagogi-ca che oggi ancora è così poco ben definita. Quindi si passa alla educazione psico–muscolare e psico–sensoriale soffermandosi con graduale gradazione, alle successi-ve tappe imposte dallo svolgersi della sfera rappresentativa nella formazione della psiche […]. E ciò esprime nella nota formula:

«…condurre il fanciullo come per la mano dalla educazione muscolare a quella del sistema nervoso e dei sensi; dall’educazione dei sensi alle idee; dalle idee alla moralità».

Ma qui sta il difetto grave del metodo […] il Séguin crede di giungere alla edu-cazione morale con l’educazione intellettuale: cosa del resto riflette l’epoca delle idee psicologiche del Séguin. […] cade poi nel dualismo Schopenhaueriano quando afferma che dalle idee si passa alla moralità e dimostra nel testo che la educazione morale è l’educazione della volontà, poiché per essere morali bisogna volerlo essere e l’ufficio dell’intelligenza è quello di illuminare la volontà. Senza però afferrare nel complesso l’idea filosofica del suo illustre contemporaneo tedesco, il quale ripone l’essenza della natura umana e la segreta spinta della volontà «nella somma degli istinti oscuri risiedente nell’organismo» e dà per primo nel campo psico–fisiologico, la tendenza a studiare le sensazioni organiche coi sentimenti ad esse congiunti.

Perciò il Séguin, il quale del resto in tutta l’opera sua si dimostra più un pratico che uno scienziato, cade come Itard in un fondamentale errore, e pur riportando la vittoria nella educazione intellettuale, fallisce completamente in quella morale […].

È perciò che essendo a mio parere della massima importanza l’educazione mora-le non sempre potrò trarre le norme per una classificazione dai metodi educativi: ma a questo supplirà il fine educativo, che è ben noto, cioè: impedire che i degenerati, lasciati fin dall’infanzia nell’abbandono per l’incompletezza delle nostre scuole e della nostra pedagogia, crescano in mezzo ai normali, cioè in un ambiente a loro non adatto e favorevole ad aggravare il loro debole stato. […] Perciò il fine di questa e-ducazione è essenzialmente di profilassi sociale. In fondo al quale si trova un impor-tantissimo lato economico della questione; perché qui è il vero caso di dire: ad ogni scuola che si apre si chiude una prigione: e una scuola di bambini richiede una spe-sa lievissima per la società al confronto di quella per una prigione […].

I metodi speciali del Séguin dividono l’educazione dei deficienti in due parti: la prima è preliminare (preparatoria) e deve condurre il bambino a un punto di partenza fisso, oltre ogni dire importante: senza aver raggiunto il quale, la seconda parte dell’educazione […] spesso fallisce. Il primo punto al quale accenno è questo. Biso-gna condurre il piccolo deficiente allo stato di un bimbo normale che, svezzato dalla madre, entra nell’asilo d’infanzia. […] Questa dice il Séguin, è la «posizione di par-

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

265

tenza» dell’educazione. […] Si tratta, dunque, di normalizzare prima il bambino e poi di domarlo, di possederlo in forza di un potere suggestivo del maestro […] Que-sto stato […] è già molto diverso secondo i casi […] Si principia con una educazione fisiologica con la quale debbono correggersi possibilmente le condizioni anomale metaboliche, con ispeciale cure […] prendendo a considerare pure le condizioni di alimentazione e respirazione; curare le secrezioni […].

Nello studio fisiologico si noteranno le anomalie viscerali: es. cuore embrionale […] forme anangioplastiche, cui spesso conseguono forme d’infantilismo o meglio di giovanilismo che sfuggono a una cura educativa o […] la mancanza totale o par-ziale […] di qualunque glandola d’alta funzione metabolica nell’economia generale dell’organismo (tiroide) […].

In secondo luogo si tratta di normalizzare il bambino il quale dovrà essere ridotto simile al fanciullo normale […] (3 o 4 anni d’età): esso cammina e parla. Ora è ben noto che molti idioti bassi, pur possedendo integrità di organi periferici, non cammi-nano o non parlano per causa funzionale centrale […] ma che dopo complesse cure, provocando speciali automatismi con la mozione passiva delle membra in principio, poi ricorrendo a forti stimoli emotivi (spavento del vuoto), si riescono a provocare quelle speciali associazioni muscolari che […] si sviluppano con ispontanea facilità nei bambini normali […].

Da queste prime considerazioni risulta che, anche dallo studio fisico e anatomo–patologico dei soggetti, può ricavarsi un qualche contributo a una classificazione dei deficienti relativa agli speciali metodi educativi, contrariamente a quanto hanno fi-nora affermato molti distinti cultori della psichiatria, i quali considerano che tale studio e le classificazioni su esso fondate (come quelle anatomo–patologiche di Ire-land–Bourneville) abbiano una importanza esclusivamente scientifica e riguardante solo l’arte medica […].

Finora gli psichiatri che hanno voluto avanzare un passo nella pedagogia si sono attenuti […] alla sola educazione psichica, sia pure tesa sino a quella psico–muscolare […]. Ma la pedagogia positiva non si ferma […] il suo primo passo si ri-volge all’organo donde la funzione deve scaturire […] l’igiene […] base e sostegno continuo della pedagogia; negli anormali all’igiene s’unisce di necessità la terapia. Terapia però che spesso è pedagogia […] perciò lo studio assolutamente scientifico dei deficienti entra direttamente nel campo della pedagogia.

Dal lato fisiologico i deficienti non rappresentano individui malati in atto; ma piuttosto esiti di malattie che lasciarono lesioni permanenti nel sistema nervoso cen-trale (malattie individuali, forme ad etiologia patologica). Talvolta non si trattò di malattia del bambino, ma di speciali alterazioni dello sviluppo embrionale, collegate a disturbi metabolici, il cui meccanismo misterioso si accenna nei fenomeni dell’eredità degenerativa (malattie della specie; forme ad eziologia ereditaria dege-nerativa).

Nei due casi abbiamo individui anomali, ma con differente meccanismo; nel primo c’è distruzione dell’organo, nel secondo, anomalia di sviluppo dell’organo. Alla distruzione dell’organo, possono conseguire alterazioni diverse secondo la di-versa localizzazione e diffusione dei focolai (cerebroplegie infantili); quasi sempre ci sono disturbi motori caratteristici (paralisi infantile) che ne formano il sintomo fondamentale: tuttavia possono conseguire anche disturbi sensoriali o psichici, se le lesioni furono a carico delle zone corticali sensoriali o psichiche […].

Appendice – Parte terza

266

Quindi i primi tipi (cerebroplegici) sarebbero ineducabili in toto o in parte; edu-cabili sarebbero i secondi (ereditari) […].

Si distinguerebbero i due gruppi, in parte dall’anamnesi; gli uni ebbero una ma-lattia nella prima infanzia, dopo la quale tutto a un tratto si manifestarono i fenomeni relativi allo stato di deficienza […] in parte si distinguono all’esame morfologico: i primi […] hanno stigmate con significato funzionale (atrofie da non uso o da dimi-nuita innervazione); i secondi ereditari, hanno stigmate con significato atavico; vere stigmate degenerative […].

Infatti quelle malattie che lascerebbero come esito un deficiente si sviluppereb-bero (specialmente quando intervengono nel periodo embrionale e nel primo o se-condo anno di vita) solo nei predisposti e allora ecco sommarsi i due fattori eredita-rio e patologico e in ogni caso non c’è corrispondenza nemmeno quantitativa tra le-sione organica e funzionale […]. Basti ricordare che ormai la quantità di materia ce-rebrale cedette il posto di onore alla qualità sua, messa in rapporto con la struttura fine: e questa sta cedendo il suo primato al fattore chimico–toxico.

In ogni caso però è bene ricordare quella distinzione schematica che porterebbe a una prognosi di educabilità; se non altro per ispingere a interessanti ricerche sul pos-sibile rapporto tra il numero e la dignità morfologica delle stigmate fisiche funziona-li o degenerative e le varie alterazioni nelle funzioni mentali da considerarsi nel campo educativo […].

Sopra questo substratum di debolezza del sistema nervoso, su questi predisposti, possono stabilirsi delle malattie nervose in atto, che si manifestano per lo più a fe-

DEFICIENTI

Con alterazioni solo di ordine psichico

idioti semplici

motorie

paralitici afasici

con alterazioni anche

a manifestazioni periferiche costanti

sensoriali amaurotici sordi

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

267

nomeni intercorrenti con lucidi intervalli e periodi di calma. Queste malattie possono distinguersi in nevrosi o pazzia […].

Ecco dunque una fine distinzione necessaria a farsi per distinguere i malati in at-to, che vanno ricoverati in semplici asili di cura, o in iscuole specialissime (nevroti-ci); e non mai mescolati nelle vere scuole di educazione dei deficienti, sui quali la società può calcolare un qualche beneficio educativo pratico […].

MALATI IN ATTO

Nevrotici

epilettici istero–epilettici coreici

Follia motoria

Epilettiforme, co-reica

Follia sensoriale Allucinatoria

Pazzi

Follia intellettuale Melanconia Stupore Confusione mentale

L’importanza di questa distinzione si rivela ancor meglio avanzandoci nello stu-

dio dei metodi educativi i quali nella prima tappa, come dicemmo, portano il bambi-no alla «posizione di partenza fondamentale» non solo normalizzandolo ma anche domandolo.

Il bambino deve essere posseduto dalla volontà del maestro, che se l’allievo è apatico lo spinge alla azione; se iperattivo, lo fa tranquillo; usando due procedimenti educativi affatto opposti. Onde la divisione di tutti gli allievi in questo periodo com-prende:

i tranquilli; gli apatici; gli iperattivi. Ora è di prima necessità non confondere gli apatici coi melanconici; o gli iperat-

tivi coi maniaci motori. Poiché i procedimenti educativi necessari a domare il bam-bino, sono i più coercitivi e violenti; e a carico dei bambini pazzi si sprecherebbe una grande energia del maestro, ottenendo un notevole aggravamento nello stato di salute del fanciullo anziché raggiungere lo scopo educativo. E qui i lumi del medico, potranno intervenire: benché non sia difficile, per es., distinguere il bambino iperat-tivo, che non può star fermo un solo secondo, con l’accesso maniaco intercorrente […].

Appendice – Parte terza

268

Riassumendo: noi ci troviamo, applicata la prima parte del metodo, ad avere eli-minate molte varietà individuali, che potevano complicare una prima classificazione; […] Si tratta a questo punto di fare una prima […] divisione, cioè: quali bambini sa-ranno fin da questo momento eliminati dall’educazione comune o con la prognosi di ineducabilità assoluta, o con quella di educabilità parziale con metodi specializzati o in ambienti artificiali; e quali bambini dovranno continuare ad essere sottoposti all’educazione comune dei deficienti e con qual grado di probabilità prognostiche. Ciò che ho procurato di raccogliere nel seguente quadro:

Follia motoria

Epilettiforme

Coreica

Follia sensoriale

Allucinatoria

Malati in atto

Pazzi

ùFollia intellettuale

Melanconica Stupore Confusione mentale

I

n

e

d

u

c

a

b

i

l

i Neurotici

Epilettici Istero–epilettici Coreici

Ambiente educativo artificiale Calma–cura dietetica Cure igieniche varie, ecc.

A s i l i d i s a l u t e

Paralitici Cure speciali: Kinesiterapia–Elettricità

Massaggio–bagni di sole

Infermi

Afasici Sordo–muti Amaurotici

Metodi educativi specializzati

Ereditari

Stigmate Degenera-tive

Indizi favorevoli per l’educazione intellettuale specialmente se lo sviluppo fisiologico in toto è normale. Meno favorevoli per l’educazione morale.

Cerebroplegici

Stigmate Funziona-li

Indizi meno favorevoli per l’educazione intellettuale specialmente se lo sviluppo fisiologico in toto è arrestato. Più favorevoli per l’educazione morale.

D

E

F

I

C

I

E

N

T

I

E

c

u

c

a

b

i

l

i Misti

[…] Infatti la infinita varietà […] dei tipi, […] e per di più l’intreccio complessi-

vo nei fenomeni della vita psichica, senza nemmeno corrispondenza […] rendono troppo arduo e forse insolubile il problema.

Voler delineare dei tipi artificiali cui riportare a gruppi varietà consimili pren-dendo a base di classifica un solo sintomo come l’attenzione (Sollier) o il linguaggio

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

269

(Esquirol) è non solo arrischiare di metter sotto lo stesso tipo individualità psichiche diversissime dal lato dell’educazione, ma oggi è opporsi al concetto della psicologia moderna, che tende all’unitarismo psichico o meglio al «ciclo psichico» nel quale non si può vedere né il principio né il termine d’un processo cosciente né quale tra gli elementi […] sia causa e quale effetto […].

Perciò è certo che essendo qualitativamente distinti gli elementi psichici: sensa-zioni, sentimento, conazione, potremmo rilevare nel ciclo psichico la prevalenza di qualcuno nei vari individui; ed essendo le sensazioni elemento […] importante nell’educazione intellettuale, i sentimenti e le conazioni, elementi delle emozioni e degli atti volitivi, specialmente importanti da quel lato educativo che va col nome di educazione morale, noi potremmo distinguere […] due maniere di considerare lo studio psicologico relativo all’educazione degl’individui […].

Si tratta d’intendersi bene su questo punto: quale sia lo scopo principale dell’educazione: se quello prevalentemente intellettuale o […] morale.

Si risponderà: è necessario il giusto equilibrio tra le due educazioni, perché se l’una porta gli individui ad essere produttivi e a procurarsi una serie di elementi di benessere materiale o intellettuale, l’altra li porta ad adattarsi all’ambiente sociale in cui dovranno vivere […].

Ora questa somma d’istinti oscuri: il sentimento che caratterizza l’individuo an-che nell’uomo normale […] è nel degenerato pure la parte più importante e caratteri-stica, che lo conduce a quelle azioni tristi, turpi, […] che sembrano talvolta turbare e sconvolgere nel seno sociale gl’ideali e le azioni dell’uomo normale […].

Quale sia l’origine del sentimento è ancora problema, per quanto rischiarato da-gli studi di Lange, James, Ribot, che ne hanno illustrato il lato fisiologico; […] in-trecciato con le funzioni intellettive, che bisogna ricollegarlo, nel parallelismo psi-co–fisico […]. Il sentimento del bene e del male è qualche cosa più della conoscenza di leggi che regolano nella vita sociale il bene e il male […].

Ha importanza grande la sindrome fisiologica delle emozioni: queste […] deb-bono richiamare […] l’attenzione e l’opera dell’educatore: i testi sentimentali devo-no avere nella moderna psicologia individuale, applicata alla pedagogia […].

Una igiene speciale sorge nelle future prospettive pedagogiche, igiene che dovrà necessariamente precedere e preparare l’educazione psico–morale in un intervenire forse non lontano. Ciò che si manifesta di comune nei degenerati […] è una speciale deficienza del così detto «senso morale»; cioè la «simpatia», la «tendenza altruisti-ca», il «sentimento di giustizia» sono diminuiti, o aboliti o pervertiti […].

L’ambiente sociale aggrava fatalmente le loro condizioni: non essendo capaci di produrre nulla di utile nel suo seno, per la debolezza che li fa rifuggire da un lavoro prolungato […] costretti ad approfittare del lavoro altrui.

E non potendo agire da soli, si uniscono o in coppie o in società numerose, ove si distinguono maestri e allievi, incubi e succubi […].

Ecco il fine della scuola dei degenerati: sottrarre all’azione dello ambiente i pic-coli degenerati, creare loro un asilo di protezione e di educazione, separandoli però in maniera che nella scuola stessa non si trovino a contatto i pervertiti coi suggestio-nabili […].

Ed ecco il principio che vorrei fissare: il tipo è dato fondamentalmente dal carat-tere morale: ogni tipo ha poi tante varietà che dipendono dal livello o dalle turbe dell’intelletto: questo insieme si manifesta […] secondo il grado della volontà che

Appendice – Parte terza

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può lasciare nell’apatia, o spingere all’azione; che può lottare con maggiore o mino-re efficacia inibitoria contro gl’impulsi anormali.

Ciò premesso mi sembra di riconoscere quattro tipi fondamentali. I. Perversione sistematica degli affetti (Maudsley) o pazzia morale con vari livelli intellettuali […]. II. […] Prevalenza di un istinto pervertito (follia istintiva di Maudsley) che porta a impulsi abituali costanti, tali da costituire nell’individuo uno speciale carattere di perversità […].

III. Imbecilli anomalia di tutti gli istinti collegati con la vita somatica […]. IV. Idioti Perversione o mancanza di alcuni istinti […]. Riassumendo posso dire che […] avrei distinte, dal lato della educabilità, se-

guendo i metodi fino al limite in cui sono noti, ed attenendomi semplicemente ai fini educativi là ove sono ancora da ricercare veri e propri metodi (educazione morale) […]. III.11 Antropologia pedagogica∗

Maria Montessori lasciò la Scuola ortofrenica e i bambini subnormali nel 1901, per restare un periodo di tempo a meditare in solitudine, avendo come unico legame con il mondo reale l’insegnamento7. Nel 1902 si iscrisse alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma, dove poté continuare a studiare e meditare.

In quel periodo e precisamente nel 1903, mentre si preparava a sostenere la libera docenza in Antropologia, la dottoressa marchigiana pubblicò una Conferenza tenuta agli studenti di filosofia dell’Università di Roma, dal tito-lo Antropologia pedagogica, con dedica «All’Onorevole Luigi Credaro, pro-fessore di pedagogia nell’Università di Roma». Nella crescita intellettuale della studiosa, questo scritto segnò un passaggio importante in quanto dall’Antropologia e dall’Antropologia pedagogica si fece strada l’istanza per una pedagogia scientifica, atta alla formazione «dell’uomo nuovo».

Un giorno dal cuore di un grande poeta usci la mistica interrogazione: Chi è l’uomo?…donde vince? Donde va?… come l’espressione di un grande enigma dell’universo, che al pensiero umano sarebbe rimasto impenetrabile.

In seguito quella domanda fu riportata da Thomas Huxley, Ernesto Haeckel, Luigi Büchner e dagli altri filosofi della biologia zoologia […] e vi fu risposto de-terminando il posto che l’uomo occupa nella natura e le sue relazioni con l’insieme delle cose.

∗ M. Montessori, Antropologia pedagogica, Milano, Antonio Vallardi, 1903, pp. 3–21 e

ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLVI, n. 8, ottobre 1997, pp. 8–15. 7 In quegli anni Montessori stava attraversando un periodo angoscioso: la nascita del fi-

glio fuori dal matrimonio e la rottura definitiva dal compagno Giuseppe Montesano. Montes-sori pur non smettendo mai di pensare al figlio, di amarlo, scelse il lavoro.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

271

Oggi questa interrogazione deve riportarsi nei campi della pedagogia come e-nunciato di un problema positivo, che è necessario risolvere al lume delle scienze sperimentali sorte in questi ultimi decenni.

La pedagogia deve condurre l’uomo. Ma chi è l’uomo? Poi che l’angelica e uniforme bontà del fanciullo, la generosità dell’adolescente

[…] sono stati sorpassati dalla filosofia biologica, che spostò le basi dell’origine umana; e dell’antropologia che sfatò il principio monistico dell’origine unica, e mise in luogo dell’uomo, l’idea generale e astratta, gli uomini in singole razze […] con qualità ereditarie; […] e della patologia, che tra gli uomini normali distinse i degene-rati, gli anormali, i malati: persone pericolose di contagio morale e fisico a tutto l’insieme sociale, la pedagogia restò poggiata nel vuoto. I filosofi pedagogisti prima di accingersi a interpretare […] il terzo quesito: dove va l’uomo?…[…] debbono ri-volgersi ai biologi per essere rischiarati […] sull’origine ereditaria e sulla costituzio-ne psico–fisica dei soggetti da educare. Così dice il Perez, la pedagogia troverà le sue radici nella biologia e la sua fine nella politica.

È necessario che una sintesi […] si operi nella pedagogia scientifica tra il punto di vista naturale, che delinea la personalità umana biologica, e il punto di vista mo-rale, che […] esplica e prepara l’uomo sociale. […] date ai biologi ciò che è dei bio-logi, e date ai filosofi ciò che è dei filosofi: ma fate che essi riuniscano armonica-mente il rispettivo lavoro. Poiché non solo la pedagogia deve attingere a ogni mo-derna branca di scienza positiva, ma pure abbracciare tutto quanto l’esperienza uma-na seppe accumulare fino dalla più alta antichità.

Bisogna aggiungere […] ciò che il clinico di Roma, Guido Baccelli, più volte e-sprimeva a noi suoi allievi: dobbiamo adoperarci sempre a congiungere la stipa dell’esperienza antica alle conquiste della scienza.

L’autore che per primo ha precisato e messo armonia […] a tutto quel complesso di ricerche scientifiche sperimentali, che possono dare […] contributo alla moderna pedagogia, è Eugenio Blum.

A questa scienza nascente che va appena delineandosi, il Blum ha dato il nome di Podologia […].

Egli divide la Pedologia in tre rami: Pedologia generale. Pedologia da laboratorio. Pedologia introspettiva. 1° La Pedologia generale conduce allo studio rapido, complessivo sintetico della

intera personalità psico–fisica dell’allievo, considerata pure dal suo lato ereditario […].

All’applicazione di questo studio è necessario costituire una clinica di Pedologia normale, e di Pedologia pediatrica, per raccogliervi i soggetti. Esso è […] come fu nel vasto campo della medicina, la clinica medica. Da essa e intorno ad essa […] si formarono molti rami scientifici: essa, facendo la storia dei malati, indicava le cause dei morbi, e da ciò sorsero gl’istituti d’igiene per combatterli […].

2° Pedologia da laboratorio, comprende tutta la parte sperimentale che, senza unità d’intento, ma con grande costanza di azione, va svolgendosi da qualche decen-nio, in tutto il mondo, sparsa a brani nei laboratori di psicologia, di antropologia, d’igiene, di fisiologia: ove con un istrumentario […] si procede alla pedrometria, cioè alla misurazione del fanciullo.

Appendice – Parte terza

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Insieme […] vanno pure sorgendo […] in questi laboratori indirizzi vari all’applicazione di metodi speciali per l’educazione fisica, fisiologica e sensoriale […].

L’Année Psychologique del Binet a Parigi; l’Experimental Study of Children di Mac–Donald a New–York danno una larga letteratura e portano di anno in anno un lungo contributo di questi studi […] sugli individui normali d’ogni età, sesso, razza, condizione sociale; senza escludere i malati, né i degenerati […].

E una vera biblioteca […] per citarne qualcuno dei più noti […] indico il celebre libro del Mosso su La fatica intellettuale e fisica, e quello […] più strettamente pe-dagogico, di Binet ed Henry: Il surménage, il bellissimo libro del Marro sulla Pu-bertà, tutto pieno di geniali visioni pedagogiche […] il libro di Edouard Séguin sulla educazione dei deficienti […].

3° Pedologia introspettiva […] questa si riattacca all’antica psicologia pura, uni-ca guida dei pedagogisti metafisici: essa riguarda il lato soggettivo dell’individuo; le sue impressioni, ciò ch’egli sente e che costituisce la sua vita psichica […].

La pedologia si affanna a condurre anche l’educazione fisica verso lo scopo ul-timo al quale armonicamente deve giungere tutto l’insieme dell’educazione: il fine morale. E ancora oggi una educazione fisica che prepari quella morale […] è ignota nelle scuole.

Il perfezionamento interiore dell’individuo, quello che dovrà condurlo alla più difficile vittoria: la vittoria sopra se stesso e che è la necessaria stazione di partenza di tutta l’educazione morale può prendere un valido contributo da quella fisica […].

A tale si può giungere solo col contributo di una illuminata educazione fisiologi-ca, che ha, suo unico fine, l’economia delle forze umane normali.

Anche riguardo alla preparazione dei pedagogisti si potrebbe dire: oggi essi non si fondano più sull’astratta psicologia pura; gli studi d’anatomia e fisiologia del si-stema nervoso centrale sono appunto il contributo portato dalle scienze biologiche alle fisiologiche.

Sì; ma il cervello, preso da solo, non potrà mai rispondere alla domanda: «Chi è l’uomo?». Una parte non può essere il tutto: e i pedagogisti debbono educare tutto l’uomo.

La fisiologia del sistema nervoso, studiata a sé, a scopo pedagogico, è non solo un’astrazione, ma un errore.

Nessun organo come il sistema nervoso centrale, appunto perché organo delle re-azioni per eccellenza, è soggetto alla funzionalità generale dell’intero organismo […].

Nella sostanza cerebrale ci sono o vasi sanguigni, che appartengono al sistema circolatorio, e le cui modificazioni dipendono dal cuore […].

Prescindere dal sangue, nello studio del sistema nervoso, vuol dire prescindere dal ricambio materiale, o metabolismo, delle cellule; cioè vuol dire prescindere dalla vita […].

È un errore credere che le cellule nervose siano come l’officina ove si crea l’energia, che va a stimolare e a dar tono a tutti gli elementi dell’organismo. L’azione è reciproca; il ciclo è chiuso; a loro volta anche i tessuti secernono delle sostanze stimolanti, che a traverso i vasi linfatici vanno ad eccitare gli elementi ner-vosi.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

273

Per comprendere questa verità fisiologica, pensiamo all’uomo nell’ambiente so-ciale: la sua vita per mantenersi non ha solo bisogno di nutrimento e d’ossigeno, ma anche di stimoli […].

Questa non è una necessità soltanto psichica, ma fisiologica: il modo più crudel-mente lento di uccidere un uomo è quello di privarlo di stimoli […].

Oggi forma […] la parte più interessante della fisiologia del sistema nervoso lo studio degli stimoli, che gli prevengono da certe glandole sparse qua e là nel corpo: le glandole a secrezione interna […] glandola pineale […].

A questa glandola è collegata tutta la crescenza, quasi che essa fosse il serbatoio della eredità. Il bambino che ha scarsa questa glandola non può crescere: è piccolo di statura, magro come uno scheletro […]. Il suo sistema nervoso è integro. Come è integro in un altro tipo di fanciullo, che estremamente gli somiglia: il denutrito […].

Due vittime infantili: una della natura, una della società. Ma in entrambi il secre-to dell’arresto mentale va ricercato nella fisiologia generale dell’organismo intero.

Per comprendere la psico–fisiologia, l’organismo intero va studiato: il paralleli-smo tra la stigmate morfologica e quella psichica, tra la forma esterna del corpo e quella del carattere morale […].

Se i medici studiano minuziosamente l’anatomia […] e la sua fisiologia per pre-pararsi agli studi di patologia e tentar di guarire dai morbi alcuni individui umani; non dovrà forse basarsi sopra simili studi il pedagogista, che avrà la grave missione di condurre nel suo sviluppo tutta l’umanità normale e anormale […].

Al medico lo studio minuzioso dell’anatomia e dei meccanismi fisiologici, che saranno guida diagnostica nella ricerca della localizzazione del male entro il corpo umano.

Al pedagogista studi larghi e sintetici della personalità anatomo–fisiologica, o-rientati verso un punto di vista psico–fisico: poiché suo scopo non è localizzare un morbo nel corpo, ma un individuo nell’umanità a mezzo di comparazioni. La peda-gogia sarà la medicina sociale e spesso dovrà saper fare la diagnosi d’individui mor-bosi entro il corpo sociale dei normali; e ricercarne le cause e seguirne la cura.

Il suo indirizzo non è dunque anatomico, come quello dei medici: è antropologi-co.

Ecco perché io chiamerei quella importantissima Pedologia Generale del Blum […] e che nella sua missione di delineare l’individuo e la sua storia dà le basi biolo-giche alla Pedagogia rispondendo al quesito : «chi è l’uomo? …donde viene?» io la chiamerei col nome di: Antropologia pedologica.

Nome ormai noto al pubblico e che riassume […] il metodo di studiare l’uomo in sintetiche comparazioni a scopo ora sociologico, come per esempio l’Antropologia Sociologica, che studia i vincitori dell’esistenza: ora pedagogico come nel caso no-stro […].

A qual pro nell’Antropologia Sociologica si studiano i caratteri dei vincitori, per ricercare se avevano nella loro costituzione psico–fisiologica qualche cosa che li in-dicasse predestinati alle grandi vittorie sociali […].

E tra gli uomini normali e geniali […] l’Antropologia Sociologica ricerca pure i caratteri psico–fisici dei conquistatori e dei duci […].

A che pro tutte queste ricerche sui fatti compiuti, se esse non devono illuminare gli educatori nel condurre al destino sociale più adatto alla sua personalità psico–fisica l’allievo […]. A che pro, se nel campo della scuola mescoliamo ancora sotto uno stesso metodo i geni e i deficienti; gli eroi dell’altruismo e i pazzi morali? E

Appendice – Parte terza

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mentre parliamo dei capitali delle forze umane […] prezioso pegno dell’avvenire in una mescolanza colpevole coi degenerati e coi malati, esponendoli al loro duplice contagio morale e fisico.

A qual pro l’Antropologia Criminale sorta nella nostra Italia col Lombroso […] donde nasce come vittima nostra quell’infelice, che è il criminale; sì che le sue colpe si diffondono […] sulla collettività: se noi niente facciamo per salvare i fanciulli predisposti […]. Ciò che dopo la luce portata dall’Antropologia Criminale apparisce come delitto della società […].

Pedagogia […] Essa avrà la missione di creare l’uomo nuovo […] essa avrà il gran compito della redenzione: dovrà salvare i deboli, dar la parola ai muti, raddriz-zare gli storpi […] portare luce intellettuale nei deficienti e toccare il cuore infantile dei pazzi morali.

Maestro! Questo nome di Antropologia Pedagogica ben si addice alla Clinica da Voi ideata e difesa come concetto, con mirabile modernità di vedute: Clinica dove potranno sorgere i diversi rami di studio speciale, e intorno a cui potrà svolgersi una intera facoltà di Pedagogia […].

Voi potrete dar fama alla materia ed animarla di vita, col soffio della vostra ani-ma forte. III. 12 La teoria Lombrosiana (1903)

Montessori nel 1903 pubblicò un altro scritto dal titolo La teoria Lom-brosiana e l’educazione morale. Si tratta della prolusione di Maria Montes-sori al corso di Antropologia Pedagogica, del quale era stata incaricata pro-prio nel 1903, quando partecipò al secondo corso di pedagogia scientifica tenuto da Ugo Pezzoli a Crevalcore.

La studiosa, in questo scritto, si pone ormai dal punto di vista del peda-gogista, domandandosi, alla luce della teoria lombrosiana che significato a-vesse l’educazione morale. Questa veniva assunta come fondamento della pedagogia scientifica il cui fine sta proprio nell’unione tra l’ambiente e l’individuo e nell’identificare un metodo educativo rispettoso dell’individuo.

Lo studio della forma esterna in biologia e più ancora in antropologia ha un’altra importanza: perché la forma ha carattere limiti costanti, determinati nell’evoluzione […].

Essendo l’organismo un tutto armonico, in cui parti e funzioni sono strettamente collegate fra loro, l’anomalia dell’esteriore ci fa supporre anche anomalie interne, donde anomalie di funzione: quindi pure, nell’uomo anomalie psichiche […].

Noi studieremo brevemente in questo corso le anomalie di forma e la crescenza morfologica.

E per questo studio non basta procedere ad esaminare l’uomo quale ora è, ma oc-corre riandare alle sue origini e basare su quelle le nostre osservazioni […].

∗ M. Montessori, La teoria lombrosiana e l’educazione morale, in «Rivista d’Italia», a.

VI, vol. II, 1903, pp. 326–331.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

275

Ogni forma […] ha una ragione d’essere, un significato biologico, una filosofia. E ogni forma è in relazione diretta con la funzione che l’organo compie […].

Dunque vi sono alcune parti del corpo facilmente variabili nella forma, altre no. Ne consegue che le anomalie degli arti, per esempio non sono tanto gravi come le anomalie della testa […].

Vanno perciò in prima linea di importanza le considerazioni sulla forma del cra-nio: la craniologia infatti costituisce un ramo scientifico a sé, che è a capo della mor-fologia antropologica […].

Anomalie che sono stigmate visibili di un errore evolutivo: stigmate della dege-nerazione. Non facile da riconoscersi, perché non si distaccano molto dalla normalità […].

Sembra ripugnante a tutte le nostre fedi anche alla fede pedagogica che l’intelligenza, il senso morale, la psiche, infine, degli individui umani, possa stare in rapporto con le forme esteriori, secondo quanto afferma la teoria lombrosiana. Il pe-dagogista crede che la persona si faccia buona o cattiva semplicemente secondo l’ambiente educativo in cui visse […].

L’ambiente ha la sua parte d’alta efficacia, ma non è tutto. Il pedagogista non può più limitarsi a studiare l’ambiente, che dovrà influire sull’educando e le azioni ch’esso dovrà compiere: ma anche e in primo luogo studiare l’individuo, per distin-guere le costituzioni dell’uno e dell’altro e adattare a ciascuno il più conveniente metodo educativo. […] Per esempio, quando un cavallo è indomabile coi mezzi co-muni, si chiama il veterinario il quale o ricerca una malattia e la cura […] e se sono anomalie dichiara il cavallo assolutamente indomabile: è un cavallo degenerato.

Ma anche relativamente all’uomo la credenza che la stigmate fisica stia a rappre-sentare la stigmate morale è antichissima. Nella Bibbia troviamo il re Salomone che dice: «il cuore si legge sul viso» […].

Concludendo se la teoria lombrosiana ha basi di vero, che dovremmo pensare noi pedagogisti sulla questione dell’educazione morale? Siamo impotenti dinanzi a un fatto di malvagità morale collegata col fisico: non ci sarà dunque più colpa nel fare il male, c’è più merito nel fare bene? No certo: soltanto muta l’interpretazione dei fatti e ne consegue un alto progresso morale, che segna la nuova via pedagogica.

Vi sono alcuni che si sentono irresistibilmente attratti verso il male […]. Altri invece […] si sentono naturalmente spinti verso il bene […].

Per noi tutti questi istintivi che agiscono in maniera opposta non hanno né merito né colpa, sono nati così […]. Quando l’educatore lodava l’uno e castigava l’altro era un cortigiano della natura, non un pedagogista […].

Così la colpa scontandosi da ciascuno individualmente ricade su tutti. Ecco Lombroso che sancisce con la teoria della degenerazione il dogma cattolico della comunione dei peccati: tutti siamo responsabili dei peccati dei fratelli e dobbiamo riparare in comune. In sociologia tutti siamo colpevoli delle cause sociali di degene-razione tutti abbiamo il dovere di contribuire a migliorare l’ambiente che procura i degenerati […].

La società sarà migliorata e resa morale con l’armonica azione dei buoni, disci-plinati al bene sociale. L’uomo sarà buono solo quando ciò gli sarà costato un volon-tario sforzo. Ecco l’umiltà cristiana, la rinuncia all’istinto bruto, l’opera pel bene al-trui, rinvigoriti dalla novella veste scientifica. La scienza positiva non crea, ravviva.

Bisognerà dunque non ammirare, come si faceva in antico, l’uomo che nasce buono, ma educarlo per renderlo cosciente, forte e utile; non condannare il malvagio,

Appendice – Parte terza

276

ma redimerlo con l’educazione e con quella solidarietà nella colpa comune, che è la forma scientifica del perdono. Il degenerato che giungerà a vincere il malvagio istin-to e a non nuocere più; il normale che si sarà reso sublime moralmente dedicando la bella eredità fisiologica al bene collettivo, saranno pari di merito. E pure un abisso starà tra loro, perché piccolo passo può fare il proletario fisiologico, ma immenso cammino nella perfezione l’anima dell’uomo normale.

Qui sta [secondo Montessori] il compito nuovo del maestro dell’avvenire. III.13 Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole (1904)

∗ Montessori, nella ricerca «dell’uomo nuovo», fu guidata dal testo di Sé-

guin, reputato il libro primo per eccellenza di metodo sulla pedagogia scien-tifica. I suoi studi e ricerche sull’igiene e l’antropologia pedagogica avevano la loro coesione nell’approfondimento e applicazione nella scuola.

Montessori racchiuse le sue ricerche in uno scritto del 1904 dal titolo Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole. In questo scritto, a carattere prettamente antropologico, la stu-diosa mise in evidenza, la connessione tra il dato antropometrico, quello fi-siologico e quello sociale.

Stato attuale della questione — Considerazioni generali sulle relazioni tra il vo-lume del cervello e l’intelligenza.

Le mie ricerche antropologiche compiute sopra gli scolari di alcune scuole ele-mentari di Roma, tendono a portare un contributo agli studi, oggi altamente interes-santi in antropologia, sulla corrispondenza possibile tra lo sviluppo intellettuale e quello volumetrico del cranio. La questione certo è assai complicata […]. Secondo la maggior parte dei ricercatori moderni, le persone più intelligenti avrebbero la testa un po’ più grande delle meno intelligenti: naturalmente nei limiti della normalità.

Poiché gli anormali come gli imbecilli, gli alienati, possono avere per fatto pato-logico un cranio di volume superiore alla norma. E poiché nell’evoluzione zoologica l’uomo ha il massimo cranio in rapporto al volume totale del corpo […] si offre al nostro compiacimento l’idea confermata dai ricercatori, checché ne pensasse Aristo-tele, il quale stimava molto intelligenti gli uomini di piccola testa. Ma d’altra parte nell’evoluzione appunto uno dei dati più fissi è il cranio, così nella forma come nel volume: la sua invariabilità nei millenni sembra provata; e sarebbe proprio il caso di non poter riportare i principi d’una evoluzione lentissima ad uno studio individuale […].

Ecco l’orientamento del problema: si può non raggiungere i limiti morfologici di razza. Ma qual è il tipo morfologico il tipo morfologico perfetto del cranio in una data razza? Ed a quale razza appartiene il soggetto che si studia? […] infine, le sue condizioni speciali sono d’ordine fisiologico o di ordine etnologico?

∗ M. Montessori, Sui caratteri Antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei

fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2, 1904, pp. 243–300.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

277

Un’altra non minore difficoltà: su quali criteri dovrà giudicarsi l’uomo psichica-mente superiore?

Gli autori hanno voluto perfino cercare la chiave antropologica dei fenomeni so-ciali[…].

Così si dica sulla prevalenza sociale di sesso, collegata finora a una supposta in-feriorità del volume cranico nella donna, contro la quale si sarebbe invano ribellato il gentil sesso. Ma ecco fallire la chiave antropologica: che cosa è psichicamente su-periore e deve quindi prevalere? […] l’ingegno creatore dell’epoca presente, o il sentimento sociale e la morale umana dell’avvenire? Evidentemente la superiorità psichica fluttua sui bisogni relativi alle epoche della civiltà.

E fermandoci nel presente: come sceglieremo i soggetti «più intelligenti» per pa-ragonarli ai «meno intelligenti» e valutare il rispettivo volume cranico? Se […] vo-lessimo basarci sulle gerarchie intellettuali e mettere i vincitori dei titoli accademici […] contro i vinti del lavoro umano come manuale […] correremmo rischio di para-gonare fatalità di nascita sociale più che diversi livelli intellettuali. Poiché la nostra società non permette la libertà del lavoro intellettuale, ma ne esclude tutto un prole-tariato nel quale l’intelligenza può trovarsi molto sviluppata […].

L’antropologia che si fa base delle disuguaglianze sociali di casta e di sesso sta già decadendo insieme ai dogmi tutti che sanciscono tali disuguaglianze. Invece oggi entra serena e libera nella scuola e si mette a lato della pedagogia. Fu il Broca che ve la introdusse. Notando come in realtà le persone che hanno gradi accademici pos-seggono un volume cranico maggiore delle persone ignoranti, pensò che lo studio forzato, l’esercizio prolungato […] dell’intelligenza durante tutto il periodo della crescenza potesse sviluppare l’organo–cervello. Perché dovrebbe esso sottrarsi alla legge biologica generale che «la funzione sviluppa l’organo?». D’altronde i primi educatori di deficienti tra i quali il Séguin […] hanno affermato che l’applicazione metodica dell’intelletto sviluppa il volume cranico degli idioti microcefali, e ne mi-gliora quindi la costituzione anatomica e fisiologica. «Quindi» esclama il Broca «l’istruzione obbligatoria migliorerà la razza nella sua parte più importante: il cer-vello; e darà una spinta favorevole alla naturale evoluzione» […].

Quindi insieme a quelli fisiologico ed etnologico un concetto nuovo entra fra i criteri di comparazione del volume cranico; quello pedagogico dell’esercizio intel-lettuale metodico e progressivo. Anzi quest’ultimo su tutti prevale, ed oggi simili studi si compiono nelle scuole e nei collegi, cioè tra persone che sottoposero il cer-vello a identico esercizio.

Così fanno Wenn e Galton nell’Università di Cambridge; Mac–Donald nelle scuole di New–York; Simon, Binet nelle scuole di Parigi, e da noi Vitale Vitali, Ruggieri, ecc..

Nelle scuole si elimina il fattore esercizio come causa della disuguaglianza nel volume cranico […] su di essi possono facilmente compiersi inchieste riguardanti la razza, lo sviluppo fisiologico, ecc.; in maniera da poter porre in ultimo abbastanza nettamente il problema: se a un maggiore sviluppo intellettuale corrisponde un mag-giore sviluppo del volume cranico […].

L’interesse principale del volume del cranio risulta dalla relazione trovata tra vo-lume del cervello e intelligenza; della quale relazione esso è l’espressione scheletrica […].

Per esempio, si è sempre ritenuto che il maggior sviluppo frontale del cranio in rapporto con la razza umana più evoluta e con la più alta intellettualità individuale,

Appendice – Parte terza

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fosse la rappresentanza scheletrica di un maggior sviluppo dei lobi frontali del cer-vello. Ma […] il peso relativo dei lobi frontali non varia né col sesso, né con la statu-ra, né secondo il grado intellettuale evolutivo o individuale: tanto è nel selvaggio come nell’europeo; tanto nell’uomo rozzo come nel geniale. Lo sviluppo dei lobi frontali è press’a poco proporzionale a quello degli altri lobi, e le sue variazioni, pic-cole […] non sono in rapporto con l’intelligenza. Dunque il maggior sviluppo fron-tale è solo scheletrico; riportabile a meccanismi di adattamento nella crescenza osse-a, in rapporto con un cervello più sviluppato in toto […].

Il volume del cervello va perciò considerato in rapporto allo sviluppo delle parti attive del corpo, e specialmente in rapporto allo sviluppo muscolare. Ora, come lo sviluppo cerebrale è attestato dalla capacità del cranio, così quello muscolare lo è dalle ossa che formano le altre parti dello scheletro, costituenti nell’insieme il dato della statura. E poiché ossa e muscoli danno il maggior contributo al peso totale del corpo, statura e peso vanno messi in relazione col volume cerebrali. […] «Il peso assoluto del cervello cresce col peso del corpo». Ma non proporzionalmente: il peso del corpo cresce più del peso cerebrale, che ritarda nel seguirlo; così più grande è il corpo, più il cervello è relativamente piccolo, cioè sta con esso in ragione inversa […].

Ma il volume relativo solo in piccola parte può riferirsi a tale inversione di rap-porto con la massa totale del corpo […].

Data la reciprocità d’influenza della funzione e dell’organo, è da sperarsi che l’artificiale esercizio intellettivo procurato dalla cultura obbligatoria possa aumenta-re anatomicamente l’organo nella complessità strutturale […].

Il fattore dell’eredità merita pure di essere valutato nelle nostre considerazioni: si può ereditare un grosso cervello da parenti di alta statura, pur rimanendo per cause occasionali di statura bassa […].

Se si tratta di bambini bisogna tener presente l’età e le condizioni di crescenza relative rammentando come in tutta la scala zoologica dei mammiferi lo sviluppo dell’encefalo è precoce, mentre il suo peso relativo diminuisce sempre più nella cre-scenza […].

L’uomo non si distingue nella sua superiorità morfologica solo pel cranio, ma anche per le modifiche facciali. […] Il basso grado intellettuale porta con sé corri-spondenti stigmate morfologiche sulla faccia, onde le ricerche vanno portate su tutta la testa […].

II Piano delle ricerche

CRITERI PER LA SCELTA DEI SOGGETTI. – INCHIESTE SUL LORO STATO SOCIALE E SULLA LORO INTELLETTUALITA’. – MISURE ANTROPOME-TRICHE DA ME ADOTTATE.

Benché nelle scuole elementari di Roma non ci fosse l’uso di intraprendere studi sperimentali sugli scolari […] ottenni da uno dei più intelligenti direttori delle scuole di Roma, il Cav. Petracci […] il permesso di prendere alcune misure antropologiche sugli scolari della sua scuola maschile «Vittorio da Feltre» […] contenente oltre mil-le scolari, quasi tutti dei quartieri poveri. […] mentre io ancora lavoravo in queste ricerche […] potei […] continuare i miei studi in altre due scuole: dell’«Umiltà» in un quartiere assai ricco di Roma […] e di via «Giovanni Lanza» in quartiere di pic-cola borghesia […].

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

279

Superata la prima difficoltà pratica di trovare il materiale, si affacciava una se-conda […] difficoltà: la scelta dei soggetti […].

[…] sapendo che le classi contengono da 45–50 allievi, chiesi il nome del ragaz-zo «il più intelligente» della classe e del «meno intelligente» senza altro aggiungere.

Tra i bambini […] sceglievo i fanciulli di 9–10–11 anni […]. Oltre dell’età m’informavo, su questi prescelti, della nazionalità […] e della religione […] per e-scludere elementi di razze diverse […] volevo fare le mie ricerche soltanto su indi-vidui normali […].

Tali misure io ho eseguite facendomi venire i bambini secondo l’ordine alfabeti-co del loro nome, senza sapere né da quale classe mi provenivano, sé erano stati giu-dicati dal maestro tra i migliori o peggiori, per togliere ogni motivo di suggestione […].

Intanto era interessante conoscere se veramente i bambini giudicati dal maestro come i migliori e i peggiori intellettualmente, fossero tali […] di ricercare quali sog-getti antropologici vanno giudicati nelle scuole comuni, come i bambini modello meritevoli di elogi e di premi, e come i rejetti, castigati o disprezzati. Questo concet-to poteva condurre a offrire i lumi della biologia ai principi di giustizia pedagogica esistenti nelle scuole.

Per rischiarare le mie idee sulla maniera che i maestri hanno di giudicare i loro allievi, feci in proposito girare due inchieste.

La prima […] «Su quali criteri (perché) il signor Insegnante ha giudicato gli sco-lari inviatimi come il più intelligente, e come il meno intelligente, della classe?».

La seconda invece […] conteneva dodici domande informative sullo stato intel-lettuale e sulla motilità dei bambini […].

Un’altra inchiesta sulle condizioni di famiglia biologiche e sociali degli allievi (anamnesi patologica; abitazione, vitto, professione, madre lavoratrice, sorveglianza dei parenti sul bambino, ecc.), per mettere in rapporto tali condizioni d’eredità e d’ambiente con lo stato psichico risultante dalle prime inchieste.

E dal loro confronto sono emersi dei fatti così interessanti in ordine alla pedago-gia e alla igiene pedagogica (i bambini più poveri formano la maggioranza dei giu-dicati tardivi), da indurmi a trarne un altro lavoro, che ho pubblicato a parte […].

Infine la generalità dei maestri non sa ancora spogliarsi della propria personalità nel cooperare a trarre un giudizio sereno e obbiettivo sui soggetti che loro interessa-no. Occorrerebbe liberare i maestri da molti pregiudizi e prepararli, se non diretta-mente allo studio di osservazione scientifica degli scolari, almeno a saper intendere e coadiuvare l’opera di un ricercatore […].

Le misure erano eseguite dalle 10 alle 12 nella stanza del direttore, ove egli stes-so mi faceva da segretario scrivendo in appositi fogli preparati da me, le cifre che io dettavo.

Gli strumenti da me usati furono semplicissimi: Un antropometro, che fu improvvisato inchiodando verticalmente al muro

un’asta di legno centrimetrata: mentre un istrumento costruito con due asticelle di legno ad angolo retto, sostenute da una squadra, fabbricato nella scuola stessa, al re-parto dei lavori manuali, serviva per applicarlo sul vertice onde ricavare l’altezza della statura […].

Le misure da me scelte furono: Peso. Statura.

Appendice – Parte terza

280

Grande apertura delle braccia. Circonferenza toracica. Circonferenza massima del cranio. Duo Diametro antero–poster. massimo. Id. trasverso massimo. Id. verticale massimo. Diametro frontale minimo. Altezza della fronte. Id. naso–mentale. Id. del naso. Larghezza del naso. Altezza della mandibola. Diametro bizigomatico. Id. Bigoniaco […]. Ma essendomi proposta nelle mie ricerche di tener conto non solo del fattore bio-

logico […] ma pure del fattore fisiologico […] ho voluto ricercare il peso dei sog-getti, tanto più che mi occupavo nelle inchieste appunto di ricercare le condizioni di vita sociale in cui vivevano i bambini da studiarsi […].

Così sono 23 cifre che presento per ogni fanciullo. I bambini così misurati salgono al numero di 40 peggiori — 35 migliori — 30

mediocri, in tutto 105 soggetti, relativamente ai quali presento oltre 2400 cifre […]. Riassumendo si ha che negli allievi giudicati migliori prevalgono: a) Il peso e l’indice ponderale Tutte le misure craniche La lunghezza del naso. Nei peggiori prevalgono: Il perimetro toracico L’altezza della mandibola (e quindi l’altezza della faccia) La larghezza del naso […]. Fin qui, sui ragazzi presentati dai maestri. Ma io ho fatto l’inchiesta non solo per

verificare quali sono i soggetti che press’a poco vengono giudicati in scuola nelle varie categorie intellettuali; bensì per poter scegliere quegli allievi che veramente risultassero i migliori o i peggiori. A tal uopo sulla base delle inchieste riguardanti lo stato psichico degli scolari feci una ulteriore selezione […].

In questa ulteriore selezione (Allievi scelti in base alle inchieste sullo stato psi-chico) si attenuano le differenze fisiologiche e si accentuano invece quelle antropo-logiche […].

[…] I migliori acquistano larghezza cranica e larghezza facciale. Anche in questa comparazione risulta che i mediocri si trovano nelle migliori

condizioni dello sviluppo generale e fisiologico […]. In una prima comparazione tra gli allievi presentati dai maestri come i migliori e

i peggiori, si presentano delle notevoli differenze fisiologiche di peso e di circonfe-renza toracica, che vanno attenuandosi, se si comparano invece agli allievi migliori e peggiori giudicati tali dal risultato di una sommaria inchiesta sul loro stato mentale […].

Noi dunque nelle categorie A–B offerte dai maestri, avevamo piuttosto dei fan-ciulli che differivano tra loro per lo stato di nutrizione fisiologica e di condizioni so-ciali.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

281

Nella categoria scelta C–D, avevamo dei fanciulli che invece differivano più per condizioni biologiche […].

Secondo Binet si possono fare quindi le seguenti conclusioni, riguardo alle misu-re cefaliche cerebrali: i fanciulli più intelligenti hanno sui tardivi una prevalenza nel-le misure craniche, meno sul diametro verticale, che non presenta differenze apprez-zabili, le quali tuttavia sono a vantaggio dei tardivi; Invece è notevole tra tutte la dif-ferenza del diametro trasverso massimo. Quindi risulterebbe secondo il Binet non solo una differenza di dimensione, ma una forma speciale della testa intelligente, più larga è più bassa […].

Riguardo alle misure facciali risulterebbero […] i più intelligenti hanno una fac-cia più larga, specialmente in corrispondenza del diametro bizigomatico; i tardivi hanno faccia più lunga, lunghezza data principalmente dall’altezza della mandibola […].

Le ricerche […] su le possibili relazioni tra il volume cerebrale e lo stato intellet-tuale si presentano gravi difficoltà.

Dato il problema non ancora risolto e indicato per la prima volta dal Broca, che l’istruzione possa fare sviluppare qualsiasi organo […] e così ho fatto io studiando su 150 bambini normali delle scuole di Roma, scelti tra i più intelligenti, i mediocri e i tardivi, a pari condizioni di età, sesso, razza […].

Io comparando gli scolari presentatimi dai maestri come «il più intelligente» e «il meno intelligente» della classe, ho notato che le condizioni sociali favorevoli e-rano a vantaggio dei più intelligenti, e che la differenza tra le due categorie era so-prattutto fisiologica e in rapporto al diverso stato di nutrizione dei soggetti […]. Fa-cendo poi una ulteriore selezione […] intorno allo stato psichico dei bambini, ho ri-cavato due gruppi in cui le differenze fisiologiche quasi scomparivano, accentuando-si invece le differenze craniche a vantaggio dei migliori. Quindi le condizioni sociali avrebbero una influenza sullo sviluppo cranico; ma influenza minore del fattore bio-logico riguardante lo stato cerebrale […].

D’accordo con altri […] ho trovato nei fanciulli più intelligenti non solo il mag-giore sviluppo della testa, ma pure alcune stigmate differenziali nella faccia. […] I tardivi invece: faccia più lunga, mandibola più alta, naso camuso.

In tali dati bisognerebbe pure rintracciare l’influenza delle condizioni sociali […]. III.14 Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari (1904)

∗ Nel 1904 Montessori pubblicò un articolo dal titolo: Influenza delle con-

dizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari. In questo scritto, a carattere prettamente pedagogico, la studiosa rifacendosi allo studio prece-dentemente esaminato Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerar-

∗ M. Montessori, Influenza delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scola-

ri (Ricerche d’igiene e antropologia pedagogiche in rapporto all’educazione), Bologna, Zamo-rani e Albertazzi, 1904, in «Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, 1904, vol. II, n. 3–4, 5–6, pp. 234–284.

Appendice – Parte terza

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chie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, evidenzia l’esigenza di mettere in relazione il dato antropometrico con le condizioni di famiglia.

Quindi se nel precedente contributo la conoscenza dell’educando è limita-ta alla sola conoscenza biografica dell’alunno, ora è presa in considerazione anche la vita famigliare e le relazioni con l’ambiente sociale.

Stavo seguendo un lavoro d’Antropologia sugli scolari delle scuole elementari di Roma […] a tal uopo […] mi limitavo a scegliere per ogni classe l’allievo il più in-telligente, cioè il primo e l’ultimo nella gerarchia intellettuale […].

Fu così che, quasi volendo rendere un atto di giustizia, decisi di fare un’inchiesta per riconoscere su quali criteri nelle nostre scuole si giudichi il livello intellettuale degli scolari: e ne uscì il presente lavoro.

Il quale appariva come avente un grave difetto: lo scarso numero dei soggetti studiati (circa 70) […].

Le inchieste presentate furono tre: la prima […] diceva così: «Su quali criteri (perché) il signor insegnante ha giudicato gli scolari inviatimi come il migliore e come il peggiore (intellettualmente) della sua classe?» […].

La seconda inchiesta […] obbligava invece il maestro a rispondere alle mie in-tenzioni: questa io la feci passare dopo — e a distanza dalla consegna della prima […].

Da tale inchiesta desideravo rilevare uno studio metodico sullo stato psichico dei bambini […] sulle condizioni dei fanciulli […].

Alle domande […] rivolte ai maestri affinché indicassero le ragioni che li aveva-no spinti al giudizio di «il più bravo» e «il meno bravo» della classe, non risposero tutti […].

Fatto un sommario esame del suo stato fisiologico ho notato in lui un bellissimo sviluppo scheletrico e muscolare […].

Ma è chiaro che manca nelle Scuole Normali una preparazione per condurre i maestri a giudicare i loro allievi con criteri scientifici, e si lascia questa parte di fon-damentale importanza, all’arbitrio, alla buona volontà, e, purtroppo spesso, alla completa ignoranza individuale. […] Infatti è obbligo dei maestri di Roma, per re-centissimo regolamento, fare uno studio dei loro allievi e presentare cenni biografici: ma dove questi maestri debbano imparare a conoscere solo cosa sia una storia bio-grafica dell’allievo non è detto, né si fondano a tal uopo corsi o scuole speciali […].

Dalle inchieste riportate […] sotto forma di storie biografiche si possono ricavare due dati:

1° Che si notano tra i migliori dei bambini i quali potrebbero giudicarsi mediocri e che certamente sono inferiori ad altri bravi; e viceversa ci sono tra i peggiori dei bambini pur mediocri e assai superiori agli altri della stessa categoria.

Cosa che si spiega non con l’incapacità del maestro a fare la scelta, ma con una specie di livello diverso esistente tra le classi: vi sono classi di bambini così intelli-genti e scelti, che l’infimo tra loro è solo il mediocre: altre invece hanno un elemen-to scadente sì che il migliore scolaro è appena una mediocrità […].

2° Un’altra cosa notevole […] è che non a carico di tutti i bambini essa è com-pletata: molti genitori si sono rifiutati di rispondere sulle malattie di famiglia, altri sull’età; si noti che di un bambino solo il padre ha dato l’età e la madre vi si è rifiu-tata. Infine siamo ancora in piena lotta col pregiudizio: fino al punto che i genitori

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

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hanno minacciato ribellione e ricorso alle autorità perché io misuravo la testa dei lo-ro figli […].

Mi sono occupato di ricercare se esiste una differenza tra «migliori» e «peggio-ri», relativa:

al modo di abitare […] alla nutrizione […] ai maestri o professori delle persone che mantengono il bambino e la sua fami-

glia […] il modo come il bambino passa il suo tempo dopo la scuola che finisce alle 1 ½;

ricercando se va a casa con la madre o all’educatorio, o per la strada. infine alla disparità sull’età dei genitori […]. Esiste dunque una enorme differenza nella condizione economica dei bambini

giudicati come i migliori e come i peggiori, dal lato intellettuale, in una classe. Gli intelligenti hanno una percentuale doppia nelle abitazioni sufficienti; i non

intelligenti hanno una percentuale quadrupla nelle abitazioni avvalente di anidride carbonica (3–4–11 persone in una camera) […].

Dalle quali tavole risulta l’enorme differenza di nutrizione tra i bambini giudicati rispetto alle manifestazioni intellettuali «i migliori» od «i peggiori» della classe.

Infatti circa la metà dei non intelligenti sono senza colazione o con solo pane: mentre circa il 76 per cento degli intelligenti fa colazione abbondante e carnea a pranzo […].

Le condizioni d’ambiente stanno in dislivello massimo, primo nella nutrizione; poi nel dopo scuola passato in strada; pari alle condizioni di abitazioni; in ultimo nel lavoro. Le condizioni di nutrizione hanno una proporzione tripla delle altre condi-zioni […].

Risulta infatti che gli allievi giudicati come «migliori» vivono in più favorevoli condizioni di nutrizione e il peso maggiore lo conferma.

Invece quelli giudicati «peggiori» — tra i quali prevalgono i bambini poverissimi — che abitano in case troppo ristrette (agglomeramento di individui, fino a 11 in una camera) — quasi abbandonati che fanno la vita di strada nel doposcuola […] hanno un maggior perimetro toracico, in relazione appunto alla vita di strada, all’aria aperta […].

Il perimetro toracico è deficiente in tutti i bambini giudicati intellettualmente come i migliori. Risulta dalla inchiesta che in essi prevalgono i fanciulli felici […].

Lo studio antropologico precisò quindi l’esistenza di un duplice fattore come causa dell’opposta gerarchia: uno si riferisce a condizioni biologiche di nascita […] l’altra a condizioni sociali […].

Questi dolorosi riscontri biologici e sociali che contribuiscono a formare vari li-velli intellettuali tra fanciulli, dovrebbero nella scuola educativa essere alleviati, non aggravati come oggi succede […].

Ma non sono forse involontarie anche le condizioni biologiche e sociali di nasci-ta, che possono condurre a diverse esplicazioni psichiche tanto nel campo intellet-tuale come in quello morale? […] Questo ci indica la scienza moderna, che si basa sull’osservazione diretta dei fatti reali […].

Con ciò non è menomata l’opera educativa […]. Non l’educatore soltanto è coinvolto nella questione; ma, e soprattutto, la scuola. Essa non dovrà permettere che siedano a lato dei bambini sazi e dei bambini affamati; dei bambini ricchi di for-ze fisiologiche e dei bambini deboli, proletari delle forze umane […].

Appendice – Parte terza

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Tutti i concorrenti debbono imprescindibilmente trovarsi nelle identiche condi-zioni […].

Evidentemente la scuola, in cui dovrebbe svolgersi il maggior coefficiente al progresso sociale, è inferiore di livello scientifico e anche di livello etico all’ambiente della moderna società. III.15 Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio (1905)

Nel 1904 Montessori oltre alla cattedra di Igiene ed Antropologia all’Isti-tuto femminile di Magistero di Roma che tenne dal 1899, ottenne la libera docenza in Antropologia nella Facoltà di Scienze fisiche matematiche e na-turali dell’Università di Roma.

La studiosa per l’esame di abilitazione alla libera docenza in Antropolo-gia, presentò un lavoro dal titolo: Caratteri fisici delle donne del Lazio, de-sunti dall’osservazione di almeno cento soggetti.

Tutti parlano del «tipo romano» con la fede ch’esso sia ben noto e stabilito nell’arte come nella scienza. È un fenomeno di suggestione collettiva, che forse pro-viene dall’irradiarsi luminoso del passato storico di Roma latina nella coltura comu-ne delle masse. Ma in realtà il «tipo romano» non è noto; e i caratteri fisici delle donne romane, delle tanto decantate matrone della storia e dei poemi non si possono con sicurezza definire né traendoli dai relitti dell’arte scultoria della civiltà romana, né dai monumenti letterari di Roma antica.

Tanto meno l’antropologia fornisce dati sui caratteri fisici delle popolazioni del Lazio. Nessuna ricerca era stata fatta finora su individui viventi […].

Allorché io cominciai ad osservare le donne del Lazio fui sorpresa della singola-re frequenza di un tipo di donna piccola di statura, snella ed elegante, molto bruna […] mentre allontanandomi da Roma e […] avvicinandomi ai confini umbri a nord del braccio trasverso del Tevere […] mi colpì la frequenza d’un tipo quasi affatto opposto: alto, biondo, massiccio […]. Attraverso una grande serie di tipi misti e di varietà individuali, con fatica ho potuto delineare due tipi di donne tra loro tanto dis-simili da sembrare come originarie da razze diverse: e nell’un tipo (il piccolo e bru-no prevalente numericamente sull’altro) due sotto tipi: come dirò in seguito.

Il mio scritto compare come fatto su duecento soggetti; ma se ho potuto spogliare e misurare duecento donne, in maniera da offrire dati numerici e sicuri su tali sog-getti, la mia osservazione della donna vestita, del volto e del colorito è stata invero su un numero assai maggiore d’individui […].

Ho avuto l’impressione di trovarmi tra una popolazione fiera e selvaggia, posta in un livello di civiltà infinitamente inferiore al nostro industriale […].

Che la popolazione del Lazio si trovi in uno stato di notevole inferiorità civile mi si rese manifesto nella lotta che dovetti sostenere per istudiare dal lato antropologico le sue giovani donne.

∗ M. Montessori, Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, Roma, Società Romana di

Antropologia, 1905 estratto dagli «Atti della Società Romana di Antropologia»vol. XII, fasc. I, pp. 3–83.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

285

Innanzi a questa gente io non ero più né una signora, né un medico: la mia do-manda incomprensibile li stupiva; medico perché cercavo le donne belle, giovani e sane? No. Fattucchiera, strega, incettatrice di giovani pei postriboli, spia delle carce-ri, fabbricatrice di cartoline illustrate — ecco ciò che a volta a volta divenivo innanzi ai loro occhi annebbiati dal pregiudizio dell’ignoranza. E come tale: nemica e sfrut-tatrice mi trattavano nella loro spesso brutale ostilità […].

Ho scelto le donne ben conformate e sensibilmente normali, senza preoccuparmi tuttavia della parte estetica. Esse dovevano trovarsi nei limiti di età tra 20 e 30 anni […].

Nella scelta delle misure seguii due concetti direttivi: Quello pratico che mi fece riflettere alla possibilità di dover viaggiare e girare

quindi con gli strumenti antropometrici. […]. Il concetto antropologico, che mi spinse a scegliere quelle misure […] ritenute

più esatte […]. In principio le misure da me scelte furono piuttosto scarse: statura in piedi, sedu-

ta, grande apertura delle braccia; diametro biacromiale: diametro basiliaco; diametri toracici […] diametri della testa […]; due altezze facciali […].

Ma dopo poco tempo, avendo osservato delle particolarità caratteristiche nell’orecchio, nella mano e nel piede, nella relativa lunghezza della gamba e dell’avambraccio all’arto in toto estesi […] le mie misure, che furono trenta per ogni soggetto […].

Sono andata svolgendo i miei studi, i primi che siano eseguiti sul vivo, desumen-do una lunga serie di caratteri antropologici dalla misurazione e osservazione di duecento soggetti femminili.

Ho creduto di riconoscere nel Lazio due tipi di donne tra loro tanto dissimili da sembrare originarie da razze diverse; uno dolicocefalo, bruno, a statura bassa, preva-lente numericamente sull’altro, che è alto di statura, brachicefalo, biondo. Il primo si trova quasi allo stato puro nei Castelli Romani; l’altro prevale a Orte, nel confine Umbro […].

Da note differenziali […] che ci delineano due tipi ben distinti nel Lazio, si com-prende come gli autori che vollero descrivere il «tipo romano» unico […] fino a vo-ler fondere insieme dolicocefali e brachicefali […].

Forse il complicato problema aspetta per la sua risoluzione un contributo mate-riale di altri studiosi; poiché nel vergine campo delle popolazioni del Lazio il mio studio su 200 soggetti femminili è solo esistente in antropologia: troppo poco, io credo, per bastare a conclusioni etnologiche positive sul più glorioso popolo della storia.

Appendice – Parte terza

286

III.16 L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia peda-gogica (1907)

Nel 1906 la studiosa pubblicò in «Ricerche di Psichiatria e Nevrologia, Antropologia e Filosofia» uno studio sull’Importanza della etnologia regio-nale nell’antropologia pedagogica.

In questo scritto, che si può ritenere un prosieguo dell’antecedente scritto dal titolo Caratteri fisici delle giovane donne del Lazio, i dati etnologici ed antropologici sono integrati a scopo pedagogico. Questo scritto è dedicato al professor Enrico Morselli nel XXV anno del suo insegnamento universitario.

Se la pedagogia deve assumere basi scientifiche nello «studio dello scolaro» cioè se tende a prendere il suo fondamento nell’Antropologia, non può prescindere dai dati etnologici. Le variazioni individuali […] esistono sempre sulla base biologica dei caratteri di razza. Mentre le stesse attitudini fisiche e psichiche possono fino ad un certo grado collegarsi appunto con la storia etnologica dei popoli.

I maestri dunque, prima di accingersi alle ricerche di Antropologia pedagogica — dovrebbero essere preparati da una cultura etnologica. […] Ma diverrebbe secon-do me attuabile una preparazione d’etnologia regionale […] Io stessa, nelle mie ri-cerche, ho tentato di riunire i due indirizzi accompagnando gli studi sulle popolazio-ni del Lazio a quelli sui bambini delle scuole di Roma […].

Senza dire che l’etnologia regionale offrirebbe a tutti un interesse vivo […]. Io ho sentito nella sua reale importanza questa integrazione di studi antropologici a scopo pedagogico, che è scopo altamente ed essenzialmente umano e sociale […].

Quando si tratta di dover fare seri larghi studi antropologici (come quelli che si vorrebbero introdurre in pedagogia) che trattino in particolar modo le influenze va-riabili dell’adattamento sull’uomo — per condurre il suo sviluppo e aiutarlo a rag-giungere nel pieno e trionfale rigoglio della vita le sue finalità biologiche, bisogna in qualche modo determinare quale dovrebbe essere questa forma da raggiungere e quindi stabilire un tipo etnico al quale riferirsi pei giudizi di confronto […].

Ebbene io ho potuto stabilire un principio che mi sembra di notevole importanza: quelli che noi consideriamo in morfologia come l’eccellenza dei pregi fisici dell’umana natura, sono distribuiti tra razze diverse; e non possono quindi mai tro-varsi insieme in un solo individuo […].

Io ho trovato nel Lazio due tipi, uno dolicocefalo […] uno brachicefalo […]. Ora è ben noto come, specialmente dalla scuola francese del MANOUVRIER —

si dia un significato di adattamento allo sviluppo scheletrico, che verrebbe a costitui-re la macroplastica quando è snello e sottile; e la uriplastica quando è più massiccio […].

Ora questa base etnologica non deve distruggere i criteri che si hanno sulla va-riabilità di adattamento sociale, essendo ben noto che i problemi biologici presenta-no sempre lati di verità. Nel caso pratico, perciò, ad ovviare presumibilmente errori d’interpretazioni nei casi individuali ci verrà di criterio la statura che è alta nei ma-

∗ M. Montessori, L’importanza della etnologia regionale nell’antropologia pedagogica,

in «Ricerche di Psichiatria e Neurologia, Antropologia e Filosofia», Milano, Vallardi, 1907, pp. 603–619.

Gli studi e gli interessi accademici della Montessori

287

croplastici di adattamento, e piccola nella razza bruna dolicocefala; mentre al contra-rio la euriplastica dovrebbe condurre ad un abbassamento di statura; e il tipo brachi-cefalo massiccio è invece alto […].

Tutte queste considerazioni d’ordine patologico assumono certo la più alta im-portanza nell’Antropologia Pedagogica, perché le predisposizioni infantili potranno sino ad un certo punto correggersi con adatta igiene fisica, e con esercizi ginnastici razionali […].

Ecco dunque che caratteri estetici speciali sono in rapporto con la razza, e la bel-lissima donna piccola e bruna, elegante di forme, perfetta nella cosmesi del volto, non potrà mai vantare la rigogliosa beltà e la perfezione di forme del seno di una brachicefala […].

Si dovrà dunque tenere in alta considerazione questo carattere etnico nell’Antropologia Pedagogica; perché noi lamentiamo appunto come la scuola con i suoi errori igienici, mantenendo i fanciulli entro locali chiusi molte ore del giorno, col petto curvo sul banco, prepari largamente dei predisposti alla tubercolosi. Ma molto probabilmente […] le vittime devono essere più numerose tra i bruni dolico-cefali […].

La base di confronto razionale e naturale, la più vicina e la più vera non può es-sere data altro che dai tipi regionali […].

Un altro argomento d’ordine sull’interpretazione della morfologia umana, dob-biamo trarlo non solo dalla distribuzione geografica dei tipi, ma dai vari gradi di me-scolanza in cui essi si trovano nella stessa distribuzione […].

Quando facciamo studi di Antropologia Pedagogica — usiamo ricorrere non solo alle medie, ma soprattutto alle seriazioni. Dopo gli studi […] del Morselli (Critica e riforma del metodo in Antropologia) la seriazione che dimostra come in statistica i caratteri si distribuiscano nell’ordine dei coefficienti del binomio di Newton, e come agli estremi della serie si trovino le eccezioni e quindi le anomalie — ha preso senza dubbio una prevalenza sul metodo delle medie dapprima quasi universalmente usato […].

È certo che le seriazioni che noi potremmo ricavare in Antropologia Pedagogica, studiano le modifiche di adattamento, come per es. lo sviluppo della statura in rap-porto alle condizioni sociali, allo stato di nutrizione ecc. […].

Ma sotto tutto questo sembra che manchi una solida base — si potrebbe dire che manca il piano biologico sul quale conviene costruire le ricerche di interesse peda-gogico […].

Senza […] una base etnologica data all’antropologia pedagogica, mi sembra che le ricerche riuscirebbero confuse, meno pratiche e meno fruttuose […].

Vorrei perciò concludere […] che l’Antropologia Pedagogica, pur avvalendosi nell’interpretazione della morfologia umana infantile delle teorie sulla degenerazio-ne e delle teorie patologiche per giudicare della normalità o meno dell’individuo, conviene che prenda sua base sulla conoscenza dei caratteri etnici regionali.

La conoscenza della etnologia regionale non dovrebbe tuttavia limitarsi, nella coltura del maestro moderno, ai caratteri fisici della popolazione, bensì ancora al grado di civiltà, ai costumi, al linguaggio regionale […].

Ora un maestro che va ad insegnare nel Lazio, conosce l’antica storia romana, e la geografia fisica della regione; ma ignora in modo completo lo stato di civiltà, i costumi e il linguaggio delle popolazioni che ha la missione di educare, cioè di inci-vilire. Sua guida sono certi libri di testo, a tipo unico, e delle stereotipate nozioni di

Appendice – Parte terza

288

Pedagogia vacua, tendenti a confezionare psicologicamente un individuo insussi-stente all’uso della famosa statua di Condillac. Se il maestro è il primo tra i civilizzatori, dove dovrà fondare l’opera sua e trarne l’efficace indirizzo […] che deve illuminare […].

Noi dunque quando parliamo di Antropologia Pedagogica come base della Peda-gogia rinnovata su fondamenti scientifici, conviene che abbracciamo per intero l’idea innovatrice, ed estendiamo, integrandole, le conoscenze antropologiche gene-rali con quelle particolari della Etnologia regionale.

289

Parte quarta Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

all’Università (1890–1896 e 1900–1904)

Di seguito presento una selezione dei documenti riguardanti la carriera scolastica e accademica di Maria Montessori. Tale scelta si rende necessaria in considerazione della corposità dei materiali archivistici rintracciati, inte-ramente presenti, invece, nella tesi di laurea (consultabile presso la Facoltà di Filosofia dell’Università di Roma «La Sapienza», Corso di laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione). Gli Allegati selezionati sono disposti secondo un criterio cronologico; per alcuni di essi lo stato precario del documento originale ha compromesso la lettura.

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.1

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.1

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.2

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.3

Allegato IV.4

Allegato IV.5

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Allegato IV.6

Allegato IV.7

Allegato IV.8

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.9

Allegato IV.10

Allegato IV.11

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.12

Allegato IV.13

Allegato IV.14

Allegato IV.15

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.16

Allegato IV.17

Allegato IV.18

Allegato IV.19

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.20

Allegato IV.21

Allegato IV.22

Allegato IV.23

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.26

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.27

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.27

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.28

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.29

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.30

Appendice – Parte quarta

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Allegato IV.30

Documenti relativi agli esami sostenuti da Maria Montessori

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Allegato IV.31

Parte quinta Documenti relativi all’excursus accademico

di Maria Montessori all’Università (1890�1896 e 1900�1904)

Allegato V.1

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Appendice – Parte quinta

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Allegato V.2

Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

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Allegato V.3

Appendice – Parte quinta

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Allegato V.4

Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

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Allegato V.5

Appendice – Parte quinta

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Allegato V.6

Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

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Allegato V.6

Appendice – Parte quinta

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Allegato V.6

Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

317

Allegato V.7

Appendice – Parte quinta

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Allegato V.8

Documenti relativi all’excursus accademico di Maria Montessori

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Allegato V.9

321

Bibliografia Avvertenza

Nella bibliografia che accompagna il presente volume, l’indicatore utilizzato se-

gue una linea storica divisa in: Primo periodo (1896�1918), che comprende gli scritti di Maria Montessori “gio-

vane studentessa” e “matura insegnante”. Secondo periodo, che comprende le opere di Maria Montessori dal 1919 in poi. Accanto alla ricostruzione storica degli scritti di Maria Montessori, ho presentato

una bibliografia generale, divisa al suo interno in due gruppi: Primo gruppo, che comprende la letteratura generale utilizzata su Maria Montes-

sori. Secondo gruppo, che comprende la letteratura di riferimento generale utilizzata. La bibliografia è stata suddivisa in due parti: una prima parte in cui come evi-

denziato precedentemente, ho segmentato l’opera di Maria Montessori in due periodi storici, adoperando un criterio cronologico; una seconda parte di letteratura di rife-rimento sull’argomento divisa in due gruppi, per la quale ho utilizzato un procedi-mento alfabetico.

Il fine è stato quello di presentare accanto ad una bibliografia storica di Maria Montessori, una bibliografia di riferimento generale su temi ricorrenti nella ricerca, in modo da offrire al lettore, uno strumento in più per orientarsi in un campo vastis-simo di studio.

Oltre a ciò ho illustrato le fonti archivistiche, nelle quali ho incluso tutti gli An-nuari scolastici consultati presso l’Archivio Generale Studenti dell’Università degli Studi «La Sapienza». Primo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori (scritti e compresi

tra il 1896 e il 1918 incluso)

Montessori M., Sul significato dei cristalli del Leyden nell’asma bronchiale, in

«Bollettino della Società Lancisiana degli Ospedali di Roma», a XVI, fasc. I, 1896.

Montesano G., Montessori M., Ricerche batteriologiche sul liquido cefalo rachidia-no dei dementi paralitici, Roma, F.lli Capaccini, 1897, estratto dalla «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 15, 1 dicembre 1897, pp. 1–13.

Montessori M., Sulle cosiddette allucinazioni antagonistiche, in «Policlinico», a. IV, vol. IV, fasc. 2, febbraio 1897, pp. 68–71, fasc. 3, marzo 1897, pp. 113–124.

Id., recensione a Tambroni, La olofoterapia nelle malattie nervose, «Rivista quindi-cinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 4, 15 giugno1897.

Id., recensione a Baccelli, Turbe nervose per astinenza da tabacco in soggetti ne-vro–psicopatici, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatolo-gia», vol. I, fasc. 4, 15 giugno1897.

Id., recensione a P. Lombroso, La psicosi di Beccaria, «Rivista quindicinale di Psi-cologia, Psichiatria, Neuropatologia», vol. I, fasc. 8, 1897.

Bibliografia

322

Id., Assistenza e clinica, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropato-logia», vol. I, fasc. 9, 1897.

Id., recensione a S. Venturi, Origine dei caratteri differenziali fra l’uomo e la don-na, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neuropatologia», fasc. 13–14, 1897.

Id., recensione a G. Lumbroso, Sopra un caso di miopatia atrofica progressiva con partecipazione di un muscolo oculare, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psi-chiatria, Neuropatologia», fasc. 13–14, 1897.

Id., recensione a R. Stanziale, Ulteriori ricerche istologiche sulle alterazioni lueti-che delle arterie cerebrali, «Rivista quindicinale di Psicologia, Psichiatria, Neu-ropatologia», fasc. 16, 1897.

Id., Miserie sociali e nuovi ritrovati della scienza, in «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 17, 10 dicembre 1898, pp. 130–132 e n. 18, 17 dicembre 1898, pp. 147–148; ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. XLIV, n. 4, aprile 1995, pp. 4–9.

Id., Nel mondo dell’infanzia, «Roma», a. II, fasc. XXXVI, 1898. Id., L’educazione dei piccoli degenerati, in «Atti del Primo Congresso Pedagogico

Nazionale Italiano Torino 8–15 settembre 1898», pubblicati per cura di G. C. Molineri e G. C. Alessio, Torino, Stabilimento Tipografico F. Camandona, 1899, pp. 122–124, inseriti nell’Appendice presente in E. Catarsi, La giovane Montes-sori, Ferrara, Corso Editore, 1995, pp. 111–112.

Id., La questione femminile e il Congresso di Londra, in «L’Italia Femminile», a. I, n. 38, 1 ottobre 1899, pp. 298–299, 8 ottobre 1899, pp. 306–307, ed inserito nell’Appendice presente in E. Catarsi, La giovane Montessori, Ferrara, Corso Editore, 1995, pp.129–138.

Id., Il saluto delle donne italiane, in «International Council of Women», Report of Transaction of Second Quinquennial meeting held in London, July 1899, vol. I, Fisher Unwin, London 1900, pp. 255–257, e inserito nell’Appendice presente in E. Catarsi, op. cit., pp. 139–140.

Id., Il lavoro manuale nelle scuole elementari, in «Women in education», being the transactions of the Educational Section of the International Congress of Women, London, July 1899, vol. II, Fisher Unwin, London 1900, pp. 51–52, e inserito nell’Appendice presente in E. Catarsi, op. cit., pp. 141–142.

Id., L’impiego dei bambini nelle miniere e nei lavori pericolosi, «Women in indus-trial life», the transactions of the industrial and Legislative Section of The Inter-national Congress of Women, London, July 1899, vol. VI, Fisher Unwin, Lon-don 1900, pp.81–82, inserito nell’Appendice presente in E. Catarsi, op. cit., p. 143.

Id., Lettera a Febea, «Don Chisciotte» di Roma, 1 gennaio 1899. Id., Scuole di redenzione, «Il Risveglio educativo», a. XV, n. 23, 1899, inserito

nell’App. presente in E. Catarsi, op. cit., pp. 144–146. Id., Riassunto delle lezioni di didattica, Roma, Laboratorio Litografico Romano,

1900 poi inserito nell’Appendice presente in L’autoeducazione nelle scuole ele-mentari, Roma, Milano, Garzanti, 1992 (I edizione 1916), pp. 639–675.

Id., Norme per una classificazione dei deficienti in rapporto ai metodi speciali di educazione, in Atti del Comitato Ordinatore del II Congresso Pedagogico Italia-no 1899–1901, Napoli, Trani, 1902, pp. 144–167, e ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a XI, n. 9, settembre 1962, pp. 3–12

Bibliografia

323

Id., La via e l’orizzonte del femminismo, «Cyrano de Bergerac», a. II, n. 6, luglio 1902, pp. 203–206, inserito nell’App. presente in E. Catarsi, op. cit., pp. 149–151.

Id., L’Antropologia pedagogica, Milano, Antonio Vallardi, 1903, pp. 3–22, ripub-blicato in «Vita dell’Infanzia» a. XLVI, n. 8, ottobre 1997, pp. 8–15.

Id., La teoria Lombrosiana ed educazione morale, «"Rivista d’Italia" Lettere Scien-ze ed Arte», a. VI, vol. II , 1903, pp. 326–331.

Id., Sui caratteri antropometrici in relazione alle gerarchie intellettuali dei fanciulli nelle scuole, in «Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia», vol. XXXIV, fasc. 2, 1904, pp. 243–300.

Id., Influenze delle condizioni di famiglia sul livello intellettuale degli scolari, in «Rivista di filosofia e scienze affini», a. VI, vol. II, n. 3–4, settembre–ottobre 1904, pp. 234–284

Id., Caratteri fisici delle giovani donne del Lazio, Roma, Società Romana di Antro-pologia, 1905 estratto dagli «Atti della Società Romana di Antropologia», vol. XII, fasc. I, pp. 3–83.

Id., Il V Congresso di psicologia, «I diritti della Scuola», n. 32, 21 maggio 1905, pp. 232–233, inserito nell’App. presente in E. Catarsi, op. cit., p. 145.

Id., Proclama alle donne italiane, «La Vita», 26 febbraio 1906. Id., A proposito di minorenni corrigendi, «La Vita», 3 giugno 1906. Id., Gli odierni riformatori per minorenni corrigendi, «La Vita», 6 giugno 1906. Id., Sulla questione dei minorenni corrigendi, «La Vita», 16 giugno 1906. Id., Per i minorenni delinquenti, «La Vita», 14 luglio 1906. Id., Per il voto politico alle donne, «La Vita», 1 agosto 1906. Id., Lottiamo contro la criminalità, «La Vita», 8 settembre 1906. Id., Per il voto alle donne, «La Vita», 21 ottobre 1906. Id., Per il voto. La vittoria, «La Vita», 8 dicembre 1906. Id., L’importanza dell’etnologia regionale nell’antropologia pedagogica, in «Ricer-

che di Psichiatria e Nevrologia, Antropologia e Filosofia», Milano, Vallardi, 1907, pp. 603–619.

Id., Maternità, «La Vita», 4 febbraio 1907. Id., La casa dei bambini dell’Istituto Romano dei Beni Stabili, Conferenza tenuta il

7.4.1907, Roma, Bodoni, 1907. Id., Come si insegna a leggere e a scrivere nelle “Case dei Bambini” di Roma, in «I

diritti della scuola», a. IX, n. 34, 31 maggio 1908, e ripubblicato in «Il quaderno Montessori», a. VIII, n. 17, 1988 pp. 3–7.

Id., Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, Città di Castello, Tip. Casa editrice S. Lapi, 1909.

Id., Corso di pedagogia scientifica, Città di Castello, Società Editrice, 1909. Id., Per una nuova pedagogia, in «“Vita” rivista d’azione per il bene», a. VI, n. 9–

10, settembre–ottobre 1909, pp. 414–424. Id., Antropologia pedagogica, Milano, Vallardi, s.d. (ma 1910). Id., La morale sessuale nell’educazione, in Atti del I Congresso Nazionale delle

donne italiane, Roma 24–30 aprile 1908, Roma, Stab. Tip. della Società Editrice Laziale, 1912, pp. 272–281, e ripubblicato in «Vita dell’Infanzia», a. VII, n. 8–9, agosto–settembre 1958, pp. 3–7. Un resoconto della conferenza tenuta dalla Montessori venne pubblicato anche in «“Vita” rivista d’azione per il bene», a. V, n. 13–14, 31 luglio 1908, pp. 281–290.

Bibliografia

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Id., The Montessori Method Scientific pedagogy as applied to child education in “The children house”, with addition and revision by the author, London, Wil-liam Heinemann, 1912.

Id., Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle Case dei Bambini, II edizione accresciuta ed ampliata, Roma, Loescher & C, 1913.

Id., I principi fondamentali del metodo, in «La cultura popolare», a. IV, n. 22, di-cembre 1914, pp. 1013–1015.

Id., Quando la scienza entrerà nella scuola, in «La coltura popolare» a. V, n. 15 gennaio 1915, pp. 12–14.

Secondo periodo: bibliografia delle opere di Maria Montessori dal 1919 in poi

Montessori M., Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione in-

fantile nelle Case dei Bambini, III edizione accresciuta ed ampliata, Roma, Ma-glione & Strini, s.d. (ma 1926).

Id., I reattivi psichici, in «Montessori», a. I, n. III, 15 marzo 1931, pp. 3–8. Id., Il compito preciso del maestro, in «Montessori», a. I, n. IV, aprile 1931, pp. 3–

12. Id., La preparazione spirituale del maestro, in «Montessori», a. I, n. V, settembre–

ottobre 1932, pp. 259–264. Id., Deviazione e normalizzazione, in «Opera Montessori», a. II, n. 2–3, marzo–

giugno 1934, pp. 7–16, 18–31, 33–43 e 44–49. Id., Psicoaritimetica, Barcellona, Araluce, 1934 Id., Il metodo della pedagogia scientifica applicato all’educazione infantile nelle

case dei bambini, III edizione accresciuta ed ampliata con molte tavole e figure, Roma, Maglione & Strini Succ. Loescher, 1935 (in realtà ristampa della terza e-dizione).

Id., Manuale di pedagogia scientifica, Napoli, Alberto Morano Editore, 1935 (I edi-zione originale inglese con il titolo Dr. Montessori’s Own Handbook, 1914; I e-dizione italiana 1921).

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Posizione n° RS 170. Fascicolo personale di Maria Montessori studente in Filosofia, Raccolta dei fascicoli personali degli iscritti alla Facoltà di Lettere e Filosofia.

Raccolta dei fascicoli personali dei docenti universitari: Angelo Celli professore ordinario di Igiene sperimentale pos. AS. 24. Antonio Labriola professore ordinario di Filosofia teoretica pos. AS. 67. Codomiro Bonfigli professore ordinario di Psichiatria e Clinica psichiatrica pos. AS.

44. Giuseppe Ferruccio Montesano professore di Psichiatria e Clinica psichiatrica pos.

AS. 4366. Jacopo Moleschott professore ordinario di Fisiologia sperimentale pos. AS. 169. Luigi Credaro professore ordinario di Pedagogia pos. AS. 64. Stanislao Cannizzaro professore ordinario di Chimica generale e organica pos. AS.

28. Fonti utilizzate per ricostruire l’excursus formativo di Maria Montessori: Registro d’iscrizione pos. N. 1664. Con l’excursus scolastico di Maria Montessori

(1890–1896) e (1900). Registri dei verbali degli esami sostenuti nella Facoltà di Scienze fisiche, matemati-

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cina e chirurgia. Registro d’iscrizione pos. 1437. Con l’excursus scolastico di Maria Montessori

(1902–’03/1903–’04). Annuari scolastici degli anni 1890–1910; pubblicati a Roma, Topografia Fratelli

Pallotta

Le fonti che si sono rivelate di primaria importanza per ricostruire l’excursus scola-stico di Maria Montessori sono state in particolare i Verbali degli esami sostenuti dal 1890 al 1896.

341

Indice delle tematiche ricorrenti Allucinazione (�i), 39, 76�79, 202,

212, 224, 247 sgg., 252, 356 Ambiente, 16, 38, 45�46, 50�51,

53�55, 65, 68, 78, 84, 95, 105, 108, 114, 116, 125, 133, 136, 139 sgg., 144, 154, 163, 242, 250, 257 sgg., 264, 268�269, 272, 274�275, 279, 281, 283, 351

Amore, 36, 45�46, 48, 74, 91, 113, 126�127, 133, 165, 229, 257

Anatomia, 39, 55�58, 62�63, 66�68, 73, 101, 103, 175�176, 178 sgg., 185 sgg., 190, 193 sgg., 201�203, 206 sgg., 227 sgg., 235 sgg., 272� 273

Antropologia, 12, 14, 16, 21�22, 30, 38, 40, 42, 48 sgg., 69, 72�73, 78, 83�84, 90 sgg., 105, 107, 109 sgg., 137, 139, 176, 197, 199, 202, 213, 219, 223, 257, 270�271, 273�274, 276�277, 282, 284 sgg., 352, 355�356

Antropometria, 90, 219, 223, 225, 231

Bambino (�i), 11, 13, 22�23, 39 sgg.,

47, 50, 53, 67, 69 sgg., 71, 76, 81�82, 84 sgg., 91, 94, 107�109, 114 sgg., 118, 122, 125 sgg., 132 sgg., 144, 150 sgg., 157, 159�161, 163�165, 167�168, 172, 198, 200, 204, 206, 231, 235�236, 243, 254�255, 257 sgg., 261 sgg., 267, 270, 272, 278 sgg., 283, 286, 356�357

Bisogni, 28, 114, 171, 224, 255�256, 277

Borghesia, 46, 70�71, 144, 214, 278 Botanica, 55�56, 141, 175 sgg., 178,

227, 231, 233. Casa dei Bambini, 11, 40, 117, 122,

137 sgg., 145, 157, 164�165, 167, 355

Clinica, 39�40, 53�54, 66�67, 69 sgg., 80�81, 94, 116, 125 sgg., 130, 150, 185 sgg., 190 sgg., 202 sgg., 208 sgg., 211, 232�233, 236 sgg., 241, 249, 251 sgg., 253, 271, 274, 352

Collaborazione, 69, 94, 118, 126, 141, 152, 180, 184, 190, 205�206, 211, 224, 228, 244

Cultura, 14�15, 20, 47 sgg., 49, 52, 71�72, 87�88, 90, 115�116. 130, 147, 149, 165, 171�172, 191, 213, 218, 231, 278, 286

Deficienti, 23, 39�40, 69, 80 sgg., 93,

116, 126�127, 132 sgg., 150, 167, 204, 233, 243, 255 sgg., 272�273, 277

Didattica 11, 15, 20, 35, 37, 66, 85, 111, 122, 129, 133, 206, 217, 235, 261, 356

Diritti, 140, 147, 150, 153, 155 sgg., 157, 161�162, 164�165, 191, 260

Disciplina, 21, 46, 49, 66, 69�70, 82, 90, 114, 117, 133, 140, 204, 218, 220, 258, 275

Donna, 37, 43, 45, 47, 53�55, 57, 59, 65, 67, 71, 73 sgg., 79, 82, 91 sgg., 94, 102, 104, 112�113, 115�116, 126�127, 138, 140, 142, 144, 147 sgg., 153, 155 sgg., 165, 167, 213, 218, 242, 260, 276, 284, 286, 353

Dovere, 26�27, 63, 92, 109, 112, 114, 163, 183, 200, 214, 275

Educazione, 12�13, 22 sgg., 29, 37,

47, 50�51, 67, 69 sgg., 74, 81�82, 84 sgg., 86, 91, 94�95, 104, 107, 109, 111, 115, 118, 127�128, 130 sgg., 147, 149 sgg., 158, 160�161, 164�165, 167�168, 172, 202 sgg., 204, 216, 221 sgg., 224, 233, 235, 242, 253 sgg., 264, 266 sgg., 275, 281, 289, 355

Indice delle tematiche ricorrenti

342

Emancipazione, 79, 148, 160, 163 Famiglia, 27, 36, 40, 45 sgg., 49,

51�52, 55, 64, 107�108, 115, 122, 125, 133, 158, 163, 171, 228, 242, 256, 259, 279, 281 sgg., 284

Filosofia, 11 sgg., 17, 20, 22 sgg., 27, 41�42, 46, 49, 73, 86 sgg., 93, 96, 100 sgg., 106, 108, 111�112, 115, 167�168, 184, 191, 213 sgg., 225, 231, 241 sgg., 245, 270, 274, 281, 285, 289, 353, 355

Fisiologia, 16, 28, 39, 55�56, 66 sgg., 69, 175 sgg., 183, 185 sgg., 191, 197�198, 200, 202, 211, 227 sgg., 231, 235�236, 238�239, 259, 271 sgg., 273

Genitori, 27, 46 sgg., 48, 51, 55, 73,

108, 112, 126, 139, 145, 192, 282�283

Giustizia, 37, 93, 108, 115, 147, 171, 269, 279, 282

Igiene (disciplina), 28, 37 sgg., 39,

42, 50, 69, 72, 78, 81 sgg., 84, 105, 107, 110, 112, 116 sgg., 123, 125, 129, 134, 164, 185, 188, 190, 197 sgg., 199, 204 sgg., 206, 211, 213, 234�235, 239, 241, 262, 264 sgg., 269, 271, 276, 279, 281, 284, 286, 352, 355

Imparare, 51, 262, 282 Infanzia, 12, 22, 37 sgg., 39, 45 sgg.,

48, 69 sgg., 71, 79, 81, 85, 115�116, 126 sgg., 130, 134, 136, 141, 153, 155, 161, 163, 165, 206, 229, 235, 252, 255, 257, 263 sgg., 265, 270, 356

Insegnamento, 12 sgg., 14, 22, 25, 27 sgg., 30, 38, 40, 42, 70, 72, 82 sgg., 90, 95 sgg., 97, 100�101, 106�107, 109 sgg., 112, 115, 117 sgg., 124, 132, 134, 193 sgg., 199, 202 sgg., 208, 211, 213 sgg., 216, 218 sgg., 223, 225, 227 sgg., 237, 241�242, 245, 254, 259, 270, 285, 355, 357

Intellettuali, 22, 35, 38, 107, 109, 132, 147, 152, 154, 256 sgg., 259, 269, 276 sgg., 278, 280�281, 283

Istruzione, 23, 25, 28, 39, 54, 64�65, 68�69, 71, 77�78, 82, 86, 88, 91 sgg., 93, 97�98, 100, 102, 111, 115, 118 sgg., 123, 132�133, 141, 143, 150, 154, 159, 160, 164, 167, 189, 200, 202, 221�222, 225, 228, 232, 234, 237�238, 242�243, 250, 256�257, 259�260, 265, 277, 281, 351

Legge (Legislazione), 15, 27, 65, 81,

86, 95 sgg., 97, 111, 160, 162, 198, 204, 223, 258, 261, 276

Lezione (�i), 12 sgg., 14, 21 sgg., 25, 60, 62�63, 69�70, 73�74, 79, 81, 85, 89�90, 92, 94 sgg., 97, 100 sgg., 104, 111 sgg., 120, 139, 142, 144, 154, 168, 176 sgg., 178, 180 sgg., 182, 186 sgg., 189, 191sgg., 193, 197�198, 201 sgg., 204, 207, 213 sgg., 220, 222 sgg., 225, 228, 261

Libertà, 40�41, 66, 107, 147�148, 171, 191, 216, 277.

Lotta, 27, 45, 80, 106, 114, 147�148, 155�156, 206, 208, 235, 261, 282, 284

Madre, 30, 45 sgg., 48, 51�52, 74,

112, 115, 118, 143 sgg., 146, 163 sgg., 165, 171, 264, 279, 282�283

Medicina, 11, 14�15, 22, 37, 39, 41, 49�50, 53 sgg., 55, 61, 64 sgg., 78, 80, 83, 88, 90, 92, 94, 100�101, 105, 115, 125, 127, 129, 150, 167, 178�179, 183 sgg., 189, 192 sgg., 199, 202 sgg., 207, 210, 212�213, 227, 229�230, 232 sgg., 241, 247, 249, 252, 271, 273, 351�352, 356

Metodo, 13�14, 20, 22�23, 29�30, 40�41, 49�50, 84, 86, 93 sgg., 95, 109, 113, 115�116, 118, 120, 124, 127 sgg., 129, 131 sgg., 136, 138 sgg., 147, 158, 165, 167, 171,

Indice delle tematiche ricorrenti

343

188, 190, 192, 201,218, 224, 235, 252 sgg., 254, 256�257, 259, 261, 263 sgg., 266, 273 sgg., 276, 287, 352�353, 355�357

Morale, 12, 14, 16, 25 sgg., 27, 36, 41, 65, 68, 70, 73, 89�90, 95, 116, 126, 131�132, 134 sgg., 137, 140 sgg., 142, 148, 150, 152�153, 164, 167, 171, 203, 214, 216 sgg., 220, 223, 244, 255�256, 264, 268 sgg., 275, 277, 283

Padre, 46 sgg., 48, 51, 55, 65, 80,

112, 130, 145, 171, 193, 227, 231, 282

Pedagogia,. 12 sgg., 16, 19, 21, 23 sgg., 26, 30 35, 37, 41, 79, 81�82, 85 sgg., 90, 93 sgg., 96, 106, 109, 111�112, 114 sgg., 116, 127, 134, 136, 139, 142, 151, 168, 171, 211, 214 sgg., 217, 219 sgg., 223, 225, 242�243, 264�265, 269 sgg., 279, 286�287, 353, 355�357

Politica, 12, 55, 68, 71, 75, 94, 148� 149, 155 sgg., 157, 161 sgg., 206, 217, 232, 235, 243�244, 256, 271

Positivismo, 15, 49�50, 68, 74, 106, 191, 218

Pregiudizio, 72, 82, 105, 113, 156, 159, 261, 282, 284

Programma (�are), 37, 42, 64, 94, 131, 143, 164, 178 sgg., 180, 184, 189�190, 201, 208, 218, 222, 255

Progresso, 27�28, 40, 51, 106, 115, 139, 142, 152, 158�159, 164, 183, 258, 274,283

Psichiatria, 37, 39, 70, 72, 76, 78, 86, 129 sgg., 131, 158, 201 sgg., 204, 212, 232, 238, 252, 265, 285, 356

Psicologia, 12, 14, 16�17, 28, 37, 41, 50, 78�79, 81, 86 sgg., 129�130, 134, 137, 142, 158, 214, 216 sgg., 220 sgg., 231, 240, 243, 252, 259, 263, 268�269, 271�272

Questione femminile, 115, 148, 155,

159, 260

Riforma/riformare, 15, 66, 87, 116, 133, 139, 143, 164�165, 189, 222, 231, 254, 287

Scienza (-e), 12, 16�17, 22, 26, 28, 41,

46, 49�50, 52�53, 55, 63 sgg., 68, 73 sgg., 75, 78, 82, 92, 100�101, 106�107, 111, 113, 116�117, 122, 125, 129�130, 132, 134, 142, 148, 150, 153 sgg., 156, 158, 171, 175�176, 184, 188, 191, 208, 214, 221, 229, 255 sgg., 257, 259, 271, 274, 283�284, 351

Scuola, 12, 21 sgg., 24, 26, 29�30, 36, 40, 48, 51�52, 56, 66 sgg., 68, 71�72, 16, 80 sgg., 87, 89, 91 sgg., 95, 100, 107 sgg., 112, 114 sgg., 117, 128�129, 132�133, 136 sgg., 142, 144, 151�152, 154, 157, 162, 164 sgg., 167, 177, 179, 186, 188, 193, 208, 213 sgg., 217, 219�220, 222 sgg., 225, 228, 231 sggg., 242�243, 251, 254, 258�259, 261, 264, 269 sgg., 273, 276 sgg., 280, 283, 286, 355, 357

Solidarietà, 147, 161, 275 Stampa, 20, 75, 79, 83, 149, 151,

156, 163, 222, 242 Uguaglianza/disuguaglianza, 78, 142,

277 Università, (si omette per l’elevato

tasso di ricorrenza) Verità, 13, 19, 30, 92, 106, 244, 272,

286 Vita, 12, 19�20, 26 sgg., 28, 30, 36, 38,

45 sgg., 52, 56, 58, 62, 67 sgg., 69, 71, 74, 77, 79, 81, 86, 91, 106, 108, 114, 125�126, 129, 134, 137�138, 140�141, 145 sgg., 152 sgg., 154, 156 sgg., 159, 162�163, 171, 179, 183, 188 sgg., 190, 205 sgg., 207, 219 sgg., 228, 234�235, 239, 242�243, 247, 252, 255, 258, 260�261, 266, 268�269, 272, 274, 280 sgg., 286

345

Indice dei nomi Aberdeen, contessa di, 158, 160�161 Aleramo S., 148 e n., 156n., 162n., 164 Amadori R. M., 147 e n., 149 e n.,

162 e n. Amato D., 228 Ardigò R., 49 Arsina M., 75n. Avetta C., 177�178, 227 Babini V. P., 43n.,75n., 78n., 91n.,

94n., 102n., 130n., 132n., 149n., 162n., 164n., 219n., 356

Baccelli G., 38, 53, 66n., 70,81�82 e n., 83�84, 111n., 157, 159, 167, 199n., 207 e n., 208n., 232, 261, 271, 351

Barzellotti G., 21, 89�90, 214, 217 sgg., 220, 241

Bellatalla L., 66n., 73n., 79n., 95�96n., 101n., 222n.

Bernabei C., 193�194 e n., 232 Binet A., 50, 271, 277, 280 Blaserna P., 55�56, 176�177n., 180-

sgg., 182 e n., 227 Bocci B., 56, 182 e n., 187 e n.,

189n., 190, 228 Bonghi, 60, 71, 87, 111n., 222n. Bonfigli C., 39�40, 69�70, 79, 81�

82n., 151, 197�198, 201 sgg., 204, 208, 233, 254, 351, 357

Boni Fellini P., 171 Bortolotti Pieroni F., 155 e n. Boselli P., 64n., 66 e n. Bottero Pagano E., 83, 122�123 Bourneville D. M., 80, 131, 153, 265 Brizzi G. P., 71n. Broca P., 113, 227, 281 Büchner L., 270 Businelli F., 197 sgg., 199n., 204, 209,

233 Buttafuoco A., 148n., 156n.�157n.,

160n., 162n. sgg., 164n. Cairola, 232 Calasanzio C., 227 Cambi F., 85n.

Campana R., 197�198, 200�201, 212, 233

Cannizzaro S., 55�56, 76, 88, 181 sgg., 184, 227�228

Cantani A., 201, 233 Capo L., 87n., 96n., 111n. Caporali D., 117n. Caratullo G. E., 212, 234 Cardani P., 180 e n., 181, 228 Carruccio A., 55, 176 sgg., 180, 183,

229 Casagrande O., 212, 241 Casalini M., 160n. Casati G., 65, 87, 95 sgg., 97, 160 Catarsi E., 115n., 132n.�133n., 150n.,

156n. sgg., 160n., 163n., 253n., 258n. sgg., 260n.

Cattani G., 73 Cavallari G., 162n. Celli A., 39, 69�70, 105 e n., 125, 197

e n. sgg., 199, 204n. sgg., 206, 208, 211�212, 234�235, 238, 241, 351

Cerruti V., 88, 99, 100n. Cives G., 22 e n., 35, 101n. 112n.,

115, 116n., 215n., 222n., 355 Coari A., 162n., 164 Colajanni N., 164 Colasanti G., 186 e n sgg., 190�191n.,

192, 235�236 Comandini, 162 Concetti L., 39, 70 e n.�71, 197�198,

199n., 207, 210 sgg., 212, 236 Condillac, 24, 287 Conti A., 241 Coppino M., 87 Corradi G., 236 Cortesi L., 83 Costa A., 162n. Costanzo Aurelio G., 84, 117, 122�123 Credaro L., 11, 16, 21 e n., 22n.�23,

24 e n.�25n., 29�30 e n., 41n., 90 e n., 93, 100�101 e n., 111�112 e n., 162n., 215n., 219 sgg., 222 e n.�223 e n., 225, 242�243, 270, 355

Indice dei nomi

346

Crety C., 183, 229 Crisci L., 36 Crispi F., 232 Croce B., 218, 244 Cugnoni G., 77, 103 D'Aguano G., 162n. D’Arcangeli M. A., 21, 31, 35 Darwin C., 26, 49e n., 50 De Edda M. G., 164 De Giorgio M., 155n. De Gubernatis A., 90, 218 sgg., 220 e

n., 243 De Meis C., 68n. De Morris G., 83 De Sanctis F., 68 e n.�69 De Sanctis S., 39, 42, 16 e n., 77n.�

78n., 79, 81, 90, 100, 111�112, 126, 129, 219, 222 sgg., 224, 243, 250�251 e n., 352, 357

De Vries H., 50, 145 Di Benedetto A., 227 Di Simone M. R., 87n., 96n., 111n. Dolza D., 73n. Dubois, 113 Durante F., 193, 196�197, 207,

209�210, 236�237 Elena, regina, 67n., 164 Elisabetta d'Austria, 151 Favale, 66 Fedeli A., 122�123, 145 Ferrari M., 223n. Ferraresi O., 205 sgg., 207, 208 e n.,

237 Ferri, 162n. Ferrier D., 211 Finzi R., 71n., 218 Foderà M., 227 Forti Messina A., 54n. Fortunati A., 197 e n., 199 e n.,

207,212, 237 Fortunato G., 69, 235 Franchetti L., 69, 118, 141 e n.,

142�143

Fresco G. H., 52n., 56n., 81n., 91n., 93n., 137n.�138n., 144n.�145n., 356

Gabba L., 228 Galassi L., 195�196n., 237 Galli, 66 Garaventa N., 133n. Gasco F. G., 56, 178, 181�182 e n.,

183, 187n., 229�230 Genovesi G., 101n., 222n. Gentile G., 17 e n., 100, 218, 222, 243 Ginori, 66 Gioberti, 68n. Giolitti G., 160n., 163n., 164, 232,

243 Giuliani M., 55 sgg., 58, 62�63, 68,

176, 182, 186 sgg., 188, 195, 230, 237

Gonnelli Cioni A., 132 Graham Bell A., 145 Gramsci, 244 Grassi G. B., 97�98, 101 sgg., 104 Griesinger, 77 Grimaldi P., 180, 230 Gualdi T., 212, 241 Gucci P., 184, 230 Guerrieri Gonzaga S., 67 e n., 143 Haeckel E., 270 Hallgarten Franchetti A., 118, 141n. Hartenstein, 216 Hegel, 216, 218, 243 Herbart J. F., 89�90, 216, 221�222,

244 Hugo V., 145, 160, 220, 248 Huxley T., 270 Itard J., 39, 80, 127�128 e n., 129,

131�132, 259, 261, 264 Kingsley M., 235 Koerner G., 228 Kramer R., 19, 54n., 65n., 73n.�74n.,

144n.�145n., 356 Kuliscioff A., 73, 156 e n., 160n.

Indice dei nomi

347

Labriola A., 11 e n., 12n. sgg., 14, 15�16 e n., 17n., 41, 72, 79, 89�90 e n., 111 e n, 112n., 214 e n.�215 e n., 216�217, 221 e n., 242 sgg., 244, 357

Labriola T., 163n. Laeng M., 81n. Laetitia principessa di, 164 Lama L, 43n., 71n., 75n., 78n., 81n.,

94n., 102n., 149n., 162n., 164n., 219n., 356

Lamarck, 50 Lanza G., 228, 278 Lapique, 113 La Torre F., 197, 199 e n. Laveran, 208, 234, 238 Leccese M. L., 155n. Leglas, 77, 248 Lenin, 244 Leone XIII, 54 Leoni O., 193�194 e n, 196, 237 Leonori A., 232 Leuret, 77, 248 Lieben A., 228 Lodi O., 138, 157 e n., 162n., Lombardo Radice G., 112 Lombroso C., 49�50, 67, 72 e n,

73n., 95, 113, 115�116, 152, 158n., 189n., 255, 273, 275

Luciani L., 66, 189, 197�198 e n., 201�202, 210 sgg., 212, 237�238

Maccheroni A. M., 48n., 53 e n.,

73n., 117, 126�127n., 141, 356 MacDonald A., 94, 271, 277 Macioti M., 69n., 164n. Maggi L., 97�98, 101 sgg., 104 Maggiorani C., 232 Magini G., 56, 97 sgg., 102, 181 e

n.�182 e n., 230 Magistrelli Sprega C., 119, 121 sgg. Magnan V., 76�77, 251 Mamiani T., 241 Marchiafava E., 39, 193, 197�198,

205, 207�208 e n., 234, 238 Marescotti Martini G., 82�83, 161n.,

163n. Margherita regina di, 75

Marro, 271 Martinazzoli A., 221, 242 Martini F., 66n., 234 Marx K., 26, 216, 244 Maudsley, 269 Mazzini G., 68n. Mazzoni G., 105, 195, 207�208, 236

sgg., 238 Melle G., 200�201, 238 Melloni M., 228 Mendel, 50 Messedaglia A., 55, 113 Milesi G. B.,223n. Mingazzini E., 207 Mingazzini G., 57, 59, 62, 68, 101

sgg., 103, 186 sgg., 188, 193 e n.�194 e n., 197 e n., 199, 201, 203, 207, 212, 238

Mingazzini P., 186�187, 238 Mirabelli R., 162 e n. Moleschott J., 39, 68�69, 75, 79,106,

186�187n., 188�189n., 190 sgg., 192, 198n., 235, 238�239, 351

Molinari L., 94 e n. Monouvrier, 113 Montemartini G., 162n. Montesano G. F., 39�40, 78n., 81, 91,

125 e n.�125, 129, 192n., 252 e n., 270n., 352, 357

Montesano V., 125n. Montessori A., 46, 65n., 80, 112, 145 Montessori M., (si omette per l’elevato

tasso di ricorrenza) Montessori M., 40, 78, 91, 122, 126,

145�146, 252n. Morel B. A., 251 Moriggia A., 181 e n.�182 e n., 230 Morselli E., 101 sgg., 104, 109 e n.,

250, 285, 287 Moschen L., 90, 101 sgg., 104, 219n.,

223 e n. Mosso A., 94, 271 Mozzoni A. M., 147, 155, 160n. Nasi N., 66n., 89�90n., 97, 119, 221n. Nasotti I., 212, 241 Nathan E., 69n., 144, 147n., 164 e n. Nathan V., 147n., 161n.

Indice dei nomi

348

Negri A., 164 Negri G., 217 Nitti F. S., 164 Occhini F., 193 sgg., 197, 209, 239 Padelletti, 79 Paper E., 76n. Parkhurst H., 144 e n. Pasolini contessa di, 161n. Pasquali E., 70, 197n., 199n., 207,

209, 212, 239 Pasteur L., 49�50 Paternò E., 228 Pelloux L. G., 232 e n. Pensuti V., 189, 193 e n., 197, 199 e

n., 209, 240 Perez, 94, 271 Pesci F., 19, 35, 82 e n., 111n., 356�

357 Petracci, 278 Pettenkofer J. M., 234 Piccini A., 184, 230 Pignatari M., 50 n., 67n., 139n. Pinel P., 77, 127n., 129 Pirotta R., 55, 176 sgg., 178, 231 Pizzoli U., 94 Pogliani L., 197 e n.�198, 239 Postempski P., 190, 212, 239 Prampolini, 162n. Puini, 218 Quincke, 252 Ragnisco P., 89�90, 214, 218�219,

223, 244 Raicich M., 71n., 76n. Ravà V., 65n. Recchia G., 11n., 36 Romiti G., 97 sgg., 100 Roncoroni F., 49n.�50n. Roseo R., 195�196, 240 Rossoni E., 193, 196�197, 207 e n.,

209, 240 Rousseau J. J., 25�26, 50 Rubini G., 66 Ruggieri, 277

Saint Simon, 277 Santoliquido R., 186n., 188 e n.,

191�192, 240 Santoni Rugiu A., 79n. Sanzo A., 36 Scala A., 205�206, 212, 241 Scalzi F., 234, 237 Scellingo M., 192, 194, 204, 240 Schiff P., 228 Schiff U., 162n. Schiffner V., 176 Schwegman M., 45n., 47n., 51n.,

74n., 80n., 125n., 145n., 356 Schuhmann G., 55, 176 Sciamanna E., 20, 76 sgg., 79, 126,

129, 212, 240, 252 Scocchera A., 47n., 134n.�135n.,

148n., 151n., 154, 157n. Séglas J., 76, 271 Séguin G., 30, 39, 80�81, 86, 94,

114, 116, 127 e n., 128�129, 131 e n., 132, 134 sgg., 136, 153, 254, 259, 261, 263�264, 272, 276�277

Selmi F., 228 Sergi G., 20n., 22n., 30n., 82n., 90,

95, 97 sgg., 101, 110, 112, 114, 115 e n., 129�130 e n., 144n., 158 e n., 222, 231, 240, 243, 352, 357

Siciliani de Cumis N., 11 e n.� 12n.�13n.�14n., 35, 42, 111n., 353, 355, 357

Soldani S., 71n. Sollier, 268 Sonnino S., 141n., 164 Spaventa B., 243 Spinoza, 26, 243 Standing, 356 Stoppani A., 46 e n., 171 Stoppani Montessori R., 46�47, 112,

144 Stroppiana L., 70n., 194n., 198n.�

199n., 208n. Sturzo, 355 Strümpell, 202, 216 Sutherland, duchessa di, 158, 161 Talamo E., 137�138, 164 Tamburini A., 132, 247�248

Indice dei nomi

349

Tanturri V., 233 Tassi E., 196, 209�210, 241 Tassinari P., 228 Taverna L., 157, 161 Tepe, 216 Thilo, 216 Todaro F., 55 sgg., 58, 62�63, 68, 176,

182, 186�187 e n.�188�189n.�190, 204, 231, 235

Tomasi T., 66n., 73n., 79n., 95n.�96n. Tommasi C., 234 Tommasi Devito A., 71 e n. Tommasi S., 189n., 233 Tomassetti G., 90, 219, 223�224, 244 Tondi Albani A., 162n. Toscani D., 191 sgg., 195, 212, 241 Trabalzini P., 13n., 22 e n., 36,

115n.�116n., 351, 356�357 Ulivieri S.,85n.

Valenti A., 186�187 e n, 188�189, 199n.�200 sgg., 212, 241

Valentini P. L., 199n. Varni A., 71n. Venosa T., 161 e n. Verga A., 130 e n.�131 Villa G., 90, 219, 223 e n., 245 Villari P. 68n., 164n. Villari R., 64n. Vinciguerra D., 178�179, 232 Vitali V., 227 Vram U. G., 90, 219, 223, 225 e n.,

245 Wilson M., 145 Wenn, 227 Wundt W., 50 Zanardelli G., 97, 232 Zevi, 84

351

Referenze accademiche – Roma, 20 dicembre 2001

Correlazione della prof.ssa Paola Trabalzini

Il lavoro di tesi della candidata Anna Matellicani si caratterizza per l’accurata e puntuale ricostruzione del curriculum scolastico ed accademico di Maria Montessori: giovane studentessa prima e ricercatrice e docente all’Università degli Studi di Roma «La Sapienza» poi.

La ricostruzione della carriera scolastica ed accademica della scienziata è stata realizzata attraverso la ricerca e la consultazione di un’ampia documen-tazione d’archivio, riguardante non solo e direttamente Maria Montessori, ma anche i Regolamenti della Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e na-turali e della Facoltà di Medicina e chirurgia, facoltà alle quali la studiosa si iscrisse.

La documentazione consultata, e riportata in Appendice alla tesi, ha con-sentito di delineare in modo preciso il percorso di studi di Montessori, di in-dagare i suoi interessi e meglio conoscere l’ambiente culturale della sua pri-ma formazione.

Dalla ricerca compiuta emerge, infatti, che la futura dottoressa frequentò i corsi dell’igienista Angelo Celli, del fisiologo Jacob Moleschott, del clinico Guido Baccelli, dello psichiatra Clodomiro Bonfigli. Si tratta di alcuni dei nomi più importanti dell’ambiente accademico e scientifico della seconda metà dell’Ottocento come anche di quello politico e sociale: Baccelli fu Mi-nistro della Pubblica Istruzione, Bonfigli fu eletto deputato e portò all’attenzione del governo la “questione dei frenastenici”, ossia dei bambini affetti da debolezza delle funzioni cerebrali, che sebbene la ricerca contem-poranea iniziasse a ritenere recuperabili con opportuni metodi medico–pedagogici, di fatto, erano rinchiusi nei manicomi.

Per la ricostruzione degli anni della formazione di Maria Montessori è stato di fondamentale importanza l’aver reperito e consultato i verbali d’esame e gli Annuari scolastici. La candidata è venuta a conoscenza dei nomi dei membri delle commissioni d’esame, di cui ha anche ricostruito il percorso biografico e scientifico, e delle domande rivolte a Maria Montesso-ri. Questi elementi le hanno permesso di ipotizzare sia quale fosse l’argomento del corso sia quali fossero i testi previsti per gli esami e dunque di giungere ad un dettagliato profilo della carriera accademica della giovane studentessa.

La minuziosa analisi delle fonti costituisce un elemento di pregio della te-si, unita alla sforzo di cogliere come gli interessi scientifici, in particolare psichiatrici, della “giovane Montessori” siano da lei approfonditi, una volta

Referenze accademiche

352

conseguita la laurea in medicina nel 1896, nel lavoro di assistente volontario nella Clinica psichiatrica della Facoltà di Medicina dell’Università di Roma, dove ella collabora con Sante De Sanctis e Giuseppe Montesano. Interessi psichiatrici che la conducono a dedicarsi allo studio dei metodi per il recupe-ro dei bambini frenastenici ed anche allo studio dell’antropologia, disciplina nella quale le fu maestro un altro illustre medico e scienziato del tempo Giu-seppe Sergi. Questi interessi sono inoltre sviluppati sia negli scritti a caratte-re scientifico e sociale pubblicati da Maria Montessori tra il 1896 e il 1907, scritti che la candidata ha analizzato, sia nei corsi tenuti da Maria Montessori quale docente di antropologia ed igiene all’Istituto Superiore femminile di Magistero di Roma e di antropologia alla Facoltà di Medicina.

La ricerca svolta dalla candidata riveste dunque un notevole interesse perché porta alla luce con dovizia di particolari la complessa e ricca figura di scienziata e ricercatrice di Maria Montessori, oltre che l’influenza esercitata dagli studi universitari nel caratterizzare l’impostazione scientifica del meto-do educativo che renderà la “dottoressa” famosa in tutto il mondo. Roma, 20 dicembre 2001

Referenze accademiche

353

Autopresentazione della studentessa Anna Matellicani

Qualche anno fa, mentre seguivo le lezioni di Pedagogia generale all’Uni-versità «La Sapienza» mi sono imbattuta in una tesina sulla vita ed il pensie-ro di Maria Montessori. Sino ad allora la mia conoscenza riguardo la peda-gogista era alquanto generica e legata ai libri di testo scolastici. La consape-volezza delle mie poche conoscenze sulla vita e sull’opera della pedagogista è la mia indole particolarmente curiosa sono state da stimolo per un mio per-sonale ed iniziale approfondimento. Per cui la proposta da parte del profes-sore di Pedagogia generale, Nicola Siciliani de Cumis di scrivere su di lei, mi trovò subito interessata appassionata ed entusiasta.

Non posso dimenticare il suggerimento datomi dal prof. Siciliani, quando nel leggere la tesina mi domandò: Signorina, alcuni studiosi affermano che Montessori si è laureata in Filosofia, secondo le sue ricerche, questo è vero o no? ha sostenuto esami o seguito solo le lezioni?

La ricerca e la discussione su Maria Montessori ed i suoi studi giovanili proseguì negli anni valorizzando il lavoro con sempre più documenti sino a diventare argomento di tesi.

Ho riscoperto Montessori ragazza e giovane studente ed ho potuto chiari-re quello che ancora oggi risulta argomento di dibattito fra molti studiosi. Prima di tutto, Montessori non è stata la prima donna a laurearsi in Medicina e chirurgia e secondo poi non si è mai laureata in Filosofia, pur seguendo i corsi. Questo non sminuisce la figura di Maria Montessori che rimane e ri-marrà una scienziata che ha scoperto un metodo pedagogico famoso nel mondo.

Questa è la mia storia di come unendo passione volontà e studio si può giungere a qualcosa di reale e concreto. Ringrazio il Prof. Siciliani che con la sua competenza e cognizione, ha saputo risvegliare in me quel desiderio di conoscere, intendere e sapere proprio dell’adolescente, ma che non tutti rie-scono a tirar fuori.

Un grazie infine a Maria Montessori, per aver lasciato in me, una traccia indelebile e profonda, da trasmettere con serietà e semplicità. Spero, con questa pubblicazione di dare la possibilità ad altri di tratteggiare meglio la personalità scientifica di Maria Montessori. Roma, 20 dicembre 2001

355

Postfazione di Giacomo Cives

La prima impressione che suscita questa ricerca di Anna Matellicani sul periodo 1890–1919 di Maria Montessori, cioè sulla sua giovinezza ma anche sulla sua maturità e affermazione, in Italia e soprattutto nel mondo, è di stra-ordinaria ammirazione per la pazienza e la minuziosissima applicazione con cui ha raccolto i documenti sulla sua vita, sulle sue battaglie (non lievi) nell’Università, nel mondo accademico, in quello culturale e sociale per giungere alla sua affermazione, sempre del resto così contrastata nel nostro Paese. Incideva qui, come dirà poi don Sturzo nel dopoguerra, il peso del pa-ternalismo, dell’autoritarismo della tradizione italiana. E lui aveva potuto confrontarla dal vivo col filone di libertà e democrazia dominante nel mondo anglosassone, ove aveva vissuto da esule durante il fascismo.

Matellicani ricostruisce dunque il periodo degli studi universitari, dal no-viziato accademico all’insegnamento come libero docente di antropologia e nella Scuola Ortofrenica, nella cosiddetta “scuola pedagogica” per il perfe-zionamento dei maestri fondata da Credaro (dal 1906 al 1910), nell’Istituto Superiore femminile di Magistero della Montessori. Qui fu docente di Igiene e Antropologia, dal 1900 al 1919, anche se negli ultimi anni fu molto spesso assente per la crescente attività di messa a punto, verifica e diffusione nel mondo del suo “Metodo” educativo rivoluzionario.

L’autrice lo fa in virtù di un’analisi estremamente accurata — condotta sulla base del metodo filologico e di reperimento di carte inedite o dimenti-cate della sua guida, vero maestro in questo campo, Nicola Siciliani de Cu-mis, che però non è maestro solo in tale settore — di certificati, registri, let-tere relative a Maria Montessori, reperite soprattutto nell’Archivio Studenti dell’Università romana «La Sapienza» e nell’Archivio Centrale dello Stato. Materiale che è qui abbondantemente riprodotto e inserito nella ricostruzione della vita della “dottoressa”.

Le notizie mettiamo sugli esami universitari sostenuti, sugli insegnamenti del corso di laurea in filosofia per i quali Montessori si è iscritta, sono ac-compagnati da tanti altri di inquadramento, come in questo caso le schede biografiche e bibliografiche dei vari docenti. Ma si consideri poi che la par-tecipazione alle iniziative e all’insegnamento della Montessori alla «Sapien-za» si accompagna alla sua attività qui ben ricordata di femminista, di parte-cipante con comunicazioni e relazioni ai congressi di pedagogia, di oratrice su temi sociali e educativi, di costruttrice dal 1907 del Metodo della “Casa dei bambini”, poi sviluppato e esteso per le scuole elementari, di autrice di opere importanti come Il Metodo della Pedagogia Scientifica nel 1909, An-tropologia pedagogica nel 1910, L’autoeducazione nelle scuole elementari

Postfazione

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nel 1916, di promotrice di corsi nazionali dal 1909 e internazionali dal 1913 per la formazione di insegnanti montessoriani.

Ebbene, se si tien conto di tutto questo, si comprende come il periodo e-saminato 1890–1919 in rapporto particolare all’Università di Roma, natu-ralmente poi si allarga alla ricostruzione complessiva di uno dei periodi più importanti (in realtà il più decisivo) per le vicende della Montessori. Così questo lavoro costituisce in gran parte una biografia complessiva particolar-mente documentata di un periodo della vita e dell’opera della pedagogista, anche se veduta specie attraverso l’angolazione della presenza universitaria. Il lavoro non si limita a una più o meno arida raccolta di lettere e atti ammi-nistrativi, ma integra il discorso con un felice riferimento ai testi della Mon-tessori, e pertanto riporta, con interessante iniziativa, il testo integrale della sua tesi di laurea in medicina e chirurgia, dal titolo Contributo critico allo studio delle allucinazioni a contenuto antagonistico. Raccoglie poi una si-gnificativa antologia per estratti di suoi articoli e saggi, spesso rari, per il pe-riodo 1896–1907, di contenuto sociale, medico, antropologico e educativo. In un distinto capitolo l’autrice si occupa, più o meno per lo stesso periodo, delle conferenze e relazioni della Montessori sulla questione femminile. Il volume è arricchito poi da una ricca e esauriente bibliografia.

Nel complesso si può dire che in questa storia dello sviluppo montesso-riano fondata sull’analisi particolareggiata di tanti documenti (molti dei quali riportati anche nella vasta appendice) emerge l’evoluzione dei suoi interessi, dalla medicina alla psichiatria, dall’antropologia all’antropologia pedagogi-ca, dalla pedagogia e didattica speciale dei bambini handicappati a quelle della teoria e metodologia educative di tutti, con una speciale attenzione per l’osservazione e la comprensione dell’infanzia, questo arcipelago così miste-rioso e insieme fondamentale per il destino dell’umanità, cui reca un apporto davvero condizionante e decisivo (si ricordi il tema del “bambino padre dell’uomo”).

Di fronte al così grande sforzo di ricerca, di ammirevole impegno e parti-colare attenzione di Anna Matellicani risultano una lettura nuova, qualche nuova radicale scoperta per la storia della Montessori? Forse no, si potrebbe rispondere, non emergono fatti fin qui sconosciuti eclatanti, che rivoluzioni-no la ricostruzione della vita della “dottoressa”. Com’è noto vi sono stati ormai contributi importanti sull’argomento, che hanno offerto una visione piuttosto ricca e nutrita delle sue complesse vicende, ora in una lettura com-plessiva, ora in un’analisi particolare, in chiave tematica o cronologica. I lo-ro autori sono stati tra gli altri (e li vogliamo mettere in ordine alfabetico) V. P. Babini, L. Lama, G. Honneger Fresco, R. Kramer, A M. Maccheroni, F. Pesci, M. Schwegman, E. M. Standing, P. Trabalzini. Ma tutto questo non toglie nulla all’importanza della ricerca di Anna Matellicani, che con la ric-chezza dei suoi documenti ha ora permesso di capire meglio e in modo più circostanziato tante notazioni che sono state avvertite prima in modo som-mario e intuitivo o con approssimazione.

Postfazione

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Un apporto specifico è poi distintivo del suo lavoro: ed è il tema di fondo de “La Sapienza” di Maria Montessori. Pur in un quadro ampio e generale, l’autrice mostra come sia stato decisivo l’incontro della pedagogista, nella sua formazione, nella sua maturazione, nella sua appartenenza alla rilevante e troppo dimenticata “scuola antropologica romana” dei Sergi e dei Bonfigli, dei De Sanctis e dei Montesano, nei vari anni di docenza universitaria con l’Università «La Sapienza». La stessa Università in cui in questi ultimi anni, con l’impegno di F. Pesci, P. Trabalzini e anche di chi scrive, legati all’Opera Nazionale Montessori e in particolare membri del suo Istituto Su-periore, è venuto maturando un indirizzo di studi di approfondimento del pensiero della Montessori. Mentre dall’insegnamento di N. Siciliani de Cu-mis, inesauribile studioso del filosofo e pedagogista della «Sapienza» Anto-nio Labriola, le cui ultime lezioni Montessori fece appena in tempo a seguire prima della sua morte, sono derivate varie tesi montessoriane che si sono de-gnamente guadagnate il Premio Jervolino, assegnate dall’ONM alle migliori tesi di laurea sul montessorismo. E tra queste va segnalata la tesi della stessa Matellicani, dalla cui elaborazione è maturato questo volume.

Ebbene, di fronte al suo lungo e articolato impegno nella «Sapienza», Montessori si sentì chiamata a esprimere una scelta difficile e decisiva: con-tinuare la via accademica così bene avviata per divenire un qualificato do-cente universitario ordinario, o dedicarsi a pieno tempo a diffondere nella teoria e nella pratica il suo pensiero educativo nel mondo, formando educa-tori di vari paesi che fossero in grado di realizzare una elevata formazione nella libertà e valorizzassero al massimo le straordinarie potenzialità costrut-tive del bambino, del ragazzo, dell’adolescente, senza distinzione di ceto, di tradizione culturale o religiosa?

La Montessori scelse la seconda via. Così a tutt’oggi la sua pedagogia, che è molto di più del semplice “Metodo”, continua a costituire il supporto per una educatrice davvero antiautoritaria, emancipatrice e “dilatatrice”, e il suo nome giustamente rimane come quello più noto e affermato della peda-gogia italiana del Novecento in campo internazionale.

DIRITTO DI STAMPA

1 Alessandro Sanzo

L’officina comunistaEnrico Berlinguer e l’educazione dell’uomo (1945–1956)

2 Giordana Szpunar

Ricostruire la filosofiaIl rapporto individuo–ambiente nell’opera di John Dewey

3 Chiara Tana

Miguel de Unamuno e il suo Rosario de sonetos líricos

4 Franca Chiara Floris

La pedagogia familiare nell’opera di Anton Semënovic Makarenko

5 Aldo Demartis

fotoZAgrafandoCesare Zavattini fotografo di realtà “altre”

6 Maria Pia Musso

Il “gioco” e il FascismoIl ruolo dell’ideologia nelle esperienze del ludico durante il Ventennio

7 Federica Federici

Homo viatorIl viaggio come risorsa didattica educativa

8 Anna Matellicani

La “sapienza” di Maria MontessoriDagli studi universitari alla docenza. 1890–1919

Finito di stampare nel mese di settembre del 2011

dalla ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l.

00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15

per la Aracne editrice S.r.l. di Roma