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Nozioni di

Diritto Comparato

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LE NOZIONI ESSENZIALI

Nozioni di

DirittoComparato

226/1Collana Timone

Guide allo studio

EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

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I principali ordinamenticostituzionali

• Regno Unito• Stati Uniti• Francia• Germania• Italia• Spagna• Svizzera

Federico del Giudice

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:

2 - Diritto costituzionale2/2 - Compendio di diritto costituzionale46 - Diritto internazionale pubblico47/4 - Compendio di diritto dell’Unione europeaE5 - La Costituzione esplicata518/1 - Codice essenziale di diritto costituzionale e pubblico

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.(art. 64 D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di luglio 2007dalla «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)

per conto della ESSELIBRI S.p.A. - via F. Russo 33/D - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Questo volume offre una trattazione sintetica ma esauriente degli argo-menti di maggiore rilevanza nello studio del diritto comparato. Essa sirivolge prevalentemente agli studenti universitari che devono affrontarequesta disciplina, ma può costituire un’interessante lettura anche per quantisono interessati ad ampliare le loro conoscenze sulla disciplina costituziona-le di Stati che spesso vengono presi a modello quando si affrontano tematicherelative alla revisione della nostra Costituzione.

La struttura del testo prevede una parte introduttiva, cui fanno seguitobrevi sintesi dei principali ordinamenti stranieri, nonché una scheda relativaal nostro Paese. In questi capitoli, dopo una sommaria introduzione storica,sono esaminati i principali organi costituzionali (Capo dello Stato, Parlamen-to, Governo, Tribunale costituzionale), la struttura dell’ordinamento giudi-ziario, l’articolazione delle autonomie territoriali, il procedimento di revisio-ne costituzionale e quello per l’esercizio del controllo di costituzionalitàdelle leggi.

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CAPITOLO PRIMO

INTRODUZIONE AL DIRITTO COMPARATO

Sommario: 1. Nozione e finalità del diritto comparato. - 2. Oggetto del diritto comparato.- 3. L’omogeneità tra ordinamenti e istituti.

1. NOZIONE E FINALITÀ DEL DIRITTO COMPARATO

Il diritto comparato può essere definito come quella scienza che, avvalen-dosi del metodo comparativo, intende «condurre il pensiero giuridico aconstatare e a cogliere, attraverso un procedimento ordinato, metodico eprogressivo di raffronto, le somiglianze, le divergenze e le cause, cioè arivelare le relazioni esistenti fra le strutture e le funzioni di termini appar-tenenti a differenti ordinamenti» (CONSTANTINESCO).

In passato si è sviluppata una diatriba tra giuristi sulle finalità del dirittocomparato:

— una parte considerava come funzione primaria della comparazione giu-ridica unicamente la conoscenza, senza attribuire ad essa alcuna funzio-ne di valutazione di merito;

— un’altra parte, invece, individuava nella conoscenza soltanto un passag-gio essenziale volto a raggiungere un obiettivo pratico: individuare tra ivari modelli esaminati quello migliore.

La dottrina prevalente ormai riconosce che la funzione principale deldiritto comparato non è di enucleare un modello migliore, bensì quella dicontribuire alla conoscenza degli altri ordinamenti (attraverso l’analisidelle differenze e delle similitudini). L’utilizzo di tali conoscenze puòportare a definire le funzioni ulteriori del diritto comparato (scopi pratici)che, sono:

— verifica delle conoscenze acquisite. La possibilità di far riferimento adistituti presenti in altri ordinamenti può risultare indispensabile per laverifica della fondatezza dei risultati raggiunti attraverso lo studio di unsingolo ordinamento;

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Introduzione al diritto comparato6

— migliore conoscenza degli istituti del proprio ordinamento. Lo studioe il raffronto di istituti analoghi presenti in vari sistemi consente di capiremeglio la effettiva portata di istituti presenti nel proprio ordinamento;

— possibilità di effettuare un’interpretazione sistematica del diritto,intesa come capacità di procedere ad un’interpretazione delle fontinormative attraverso un confronto con la disciplina di altri ordinamenti.Si tratta di una funzione che coinvolge soprattutto l’attività giurispruden-ziale;

— contributo nella preparazione di testi legislativi. Quando uno Statointende avviare una riforma di un particolare istituto oppure introdurneuno sconosciuto, la fase della proposta legislativa è generalmente prece-duta da un confronto delle esperienze degli altri ordinamenti;

— contributo nell’unificazione e armonizzazione di normative. Si trattadi una funzione particolarmente importante per l’elaborazione di trattatiinternazionali in settori come quello commerciale o per la stesura di attidi organizzazioni come le Comunità europee; per queste ultime, inparticolare, il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamen-tari e amministrative costituisce uno degli obiettivi primari anche allaluce delle diverse discipline nazionali degli Stati membri.

2. OGGETTO DEL DIRITTO COMPARATO

Oggetto della comparazione sono gli ordinamenti giuridici. Talecomparazione richiede lo studio di almeno due o più ordinamenti statali,stante il carattere di preminente importanza che nell’attuale momento storicoessi generalmente presentano sotto ogni aspetto (PIZZORUSSO).

Posto che oggetto di studio del diritto comparato sono gli ordinamentigiuridici, è da sottolineare che viene generalmente operata una distinzionetra:

— macrocomparazione, quando l’esame è compiuto ponendo a confrontogli ordinamenti considerati nella loro interezza; cosi ad esempio unacomparazione degli ordinamenti di tutti gli Stati appartenenti all’Unioneeuropea rappresenta una tipica attività di macrocomparazione.

Poiché una comparazione tra tutti gli ordinamenti concretamente realizzati risulta il piùdelle volte difficile e dai risultati generici (in particolare laddove si prendono in conside-

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Capitolo Primo 7

razione ordinamenti poco omogenei), nell’ambito degli studi comparativistici si tende araggrupparli in «famiglie» omogenee, che presentano cioè caratteristiche comuni cuisembrano tutti ispirarsi anche se poi si differenziano nella disciplina di singoli istituti.

Una disciplina che ha per obiettivo la comparazione tra i diversi ordina-menti (o più precisamente tra le diverse famiglie di ordinamenti) assumela denominazione di sistemi giuridici comparati; laddove la compara-zione riguarda campi specifici dei diversi ordinamenti, corrispondenti ingenere alle discipline giuridiche tradizionali, si parla, a seconda dei casi,di «diritto pubblico comparato», «diritto privato comparato», «dirittocostituzionale comparato» etc.;

— microcomparazione, quando l’esame si fonda sul raffronto tra singoliistituti cosi come disciplinati nei diversi ordinamenti.

Come nota DE VERGOTTINI la macrocomparazione comporta un maggior grado digenericità e approssimazione rispetto alla micro a causa della oggettiva complessità degliordinamento giuridici, anche se considerati omogenei. Così da una analisi più ad ampio raggiodei due ordinamenti generali si può passare alla microcomparazione (ad esempio: dei singoliparlamenti, delle fasi del procedimento legislativo etc.).

3. L’OMOGENEITÀ TRA ORDINAMENTI E ISTITUTI

L’omogeneità tra ordinamenti e istituti costituisce un canone fondamen-tale per la corretta comparabilità. Al riguardo DE VERGOTTINI distinguetra:

— ordinamenti (macrocomparazione): essa si fa molto più difficile edelicata tra ordinamenti disomogenei, quali ad esempio ordinamentiispirati ai principi neo-liberali europei e quelli legati alla legge coranica.Se tali ordinamenti sono oggetto di studio comparatistico, occorre avereobiettivi chiari e, soprattutto, oltre alla ricerca di eventuali similitudini edequivalenze, occorre porre l’accento su elementi di diversità funzionaliagli obiettivi della ricerca;

— istituti (microcomparazione): la comparabilità deve circoscriversi so-prattutto agli elementi identificativi comuni alla luce delle modalità concui gli istituti soddisfano le diverse esigenze cui sono chiamati a rispon-dere nei singoli ordinamenti.

Esempio: l’istituto del difensore civico che tutela gli interessi dei cittadini nei confrontidegli abusi del potere amministrativo. Ebbene la comparazione deve tener conto della sua

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posizione: ciò perché mentre nei paesi scandinavi esso rappresenta l’unico strumento di tutelaa disposizione dei cittadini, nel nostro Paese tale figura, presente sono in alcuni sistemi regionali,rappresenta un rimedio alternativo ai tipici ricorsi amministrativi, già previsti dall’ordinamento,per cui il problema della tutela del cittadino contro gli abusi amministrativi va affrontato solosul piano macrocomparativo e non su quello relativo alla sola figura del difensore civico(microcomparativo).

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CAPITOLO SECONDO

FORME DI STATO E FORME DI GOVERNO

Sommario: 1. Nozione di forma di Stato - 2. L’ordinamento feudale - 3. Lo Stato per cetie lo Stato assoluto - 4. Lo Stato liberale - 5. Lo Stato democratico e sociale - 6. Lo Statototalitario - 7. Lo Stato socialista - 8. Stato unitario, Stato regionale, Stato federale - 9.Forme di governo - 10. La forma di governo parlamentare - 11. La forma di governopresidenziale - 12. La forma di governo semi-presidenziale - 13. La forma di governodirettoriale.

1. NOZIONE DI FORMA DI STATO

A) Generalità

Con il termine forma di Stato si intende generalmente il rapportoesistente tra i vari elementi costitutivi dello Stato (popolo, territorio,sovranità), mentre con il termine forma di governo ci si riferisce ad uno solodei tre elementi (la sovranità) e ai rapporti che intercorrono tra gli organicostituzionali, riguardo all’esercizio del potere sovrano.

I rapporti tra tali elementi si presentano sotto una duplice prospettiva:

— da un punto di vista strutturale: in tale ottica è possibile distingueretradizionalmente lo Stato unitario da quello federale e regionale;

— se si considerano, invece, le finalità perseguite dagli Stati succedutisi neltempo, si può individuare una successione cronologica che inizia dall’or-dinamento feudale, per arrivare allo Stato democratico contemporaneo.

B) Democrazia e autocrazia

In ogni caso, riprendendo la definizione data di «forma di Stato», unpossibile approccio ad essa è dato dalla dicotomia democrazia-autocrazia.

Tale divisione prende in considerazione la derivazione popolare delpotere (o l’assenza di tale legame), oltre al carattere pluralistico e ripartito delpotere.

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Forme di Stato e forme di governo10

In tal modo, sarebbe possibile ridurre le forme di Stato in una ripartizionebinaria:

— la democrazia, nella quale gli organi posti al vertice sono liberamentescelti dal popolo, titolare del potere sovrano, e controllati attraverso lapresenza di una opposizione politica che possa, anche solo in teoria,aspirare a divenire forza di governo. Nella democrazia, in base alprincipio pluralista, il potere è distribuito fra più organi a livello centrale(Parlamento, Governo, Magistratura ecc.), oltre che a livello territoriale(forme diverse di decentramento, autonomia ecc.);

— l’autocrazia, nella quale vi è assenza di investitura popolare o, qualora esista,tale investitura è solo formale. Essa è caratterizzata dalla presenza di oligarchiedi potere, che cancellando l’opposizione, mediante la forza fisica o attraversoforme più raffinate di persuasione (come ad esempio il controllo massiccio deimezzi di comunicazione e di informazione) si impongono al Paese.

C) Conclusioni

Tale distinzione, che ha indubbiamente il merito della sinteticità, finisceperò con il ridurre eccessivamente una realtà molto più complessa, in quantonon tutte le forme di Stato sono riconducibili a tale bipartizione. La realtàdelle forme di Stato appare più complessa, dovendo anche tenere conto di unaserie di ulteriori fattori (VOLPI), quali:

— il rapporto tra lo Stato e la società civile;— l’individuazione del titolare del potere politico;— le modalità di esercizio del potere;— la derivazione del potere;— il riconoscimento e la tutela dei diritti di libertà;— l’esistenza di una Costituzione.

Avendo presente tutti questi elementi, è possibile distinguere diverseforme di Stato, che si sono succedute in un lungo percorso storico.

2. L’ORDINAMENTO FEUDALE

Alla caduta dell’impero romano d’Occidente (476 d.C.), i rapporti socio-economici segnarono una netta regressione: la campagna ebbe il sopravvento

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Capitolo Secondo 11

sulla città, che rimase centro amministrativo, ma per lungo tempo non fu piùcentro di produzione e consumo. Tutto questo ebbe delle ripercussionisull’organizzazione ed il funzionamento delle compagini statali europee, chenon riuscirono mai a raggiungere il grado di complessità ed efficienza delloStato romano.

Il monarca era tale per grazia e volontà di Dio (fondamento teocraticodella sovranità), ma per poter esercitare effettivamente il suo potere dovevanecessariamente avvalersi della collaborazione dei signori feudali, a luilegati da rapporti personali che implicavano anche la cessione in uso di partidi territorio (carattere feudale della monarchia). A loro volta questi signorio vassalli del re esercitavano sui territori loro affidati un’autorità sovrana,tale cioè da non riconoscere altro potere ad essa superiore, nemmeno quellodel re (tale aspetto si accentuò con l’ereditarietà dei feudi).

3. LO STATO PER CETI E LO STATO ASSOLUTO

Il monarca e i signori feudali esercitavano sui propri territori i poterinecessari per garantire l’ordine interno e assicurare una comune difesa dainemici esterni. Tali compiti, tuttavia, col tempo acquistarono dimensionisempre maggiori e altri se ne aggiunsero.

In questa fase iniziale della formazione dello Stato moderno, il monarcatende ad esautorare e subordinare gli altri signori feudali, dotandosi a questoscopo di una struttura amministrativa complessa e ramificata. Dall’altraparte, le corporazioni feudali e i nuovi gruppi sociali riuniti in ceti si pongononei confronti del monarca (che essi riconoscono adesso come signoreterritoriale titolare di una carica pubblica) come un potere autonomo, ingrado di collaborare con il principe al suo sistema di dominio, rappresentan-dogli le esigenze del territorio (Ständestaat o Stato per ceti).

Tra il XVII e il XVIII secolo l’assolutismo assunse quella forma razio-nalizzata che si suole designare Stato di polizia, intendendosi per tale quelloStato che si preoccupa della felicità e del benessere dei suoi sudditi (dal grecopoliteia).

In questa fase si assiste ad un notevole ampliamento dei fini dello Stato,che mira ormai ad intervenire nei più disparati settori: economia, religione,costumi, sanità, sicurezza etc.

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Le concezioni mercantiliste, allora imperanti, consideravano l’accrescimento della ricchez-za obiettivo primario di uno Stato, così importante da giustificare ogni misura in campoeconomico: l’assunzione in proprio di attività economiche, misure di protezione delle industrienazionali, controllo delle iniziative economiche private, abolizione dei vincoli di originefeudale.

L’incremento del benessere dei sudditi, se soddisfaceva gli interessi economici dei cetiborghesi emergenti, passava sempre attraverso le strutture dello Stato assoluto, in cui al ruoloeconomico della borghesia non corrispondeva un adeguato ruolo politico. Proprio questadiscrepanza fu all’origine di molte rivoluzioni liberali.

4. LO STATO LIBERALE

Caratteri peculiari dello Stato liberale sono:

— una base sociale omogenea, rappresentata dalla borghesia possidente eindustriale che, grazie a un ristrettissimo suffragio, cumulava su di sépotere politico ed economico (Stato monoclasse);

— il ridimensionamento dei compiti dello Stato, destinato solo a garantirel’ordine e la sicurezza e a praticare il non-interventismo in economia;

— il riconoscimento delle libertà individuali, nell’ambito delle quali veni-vano annoverate l’iniziativa economica e il diritto di proprietà;

— la natura rappresentativa dei sistemi costituzionali, per cui l’unicocollegamento fra governanti e governati era rappresentato dall’elezionedei componenti delle assemblee rappresentative;

— la soggezione dei pubblici poteri alla supremazia della legge, massimaespressione della volontà popolare (Stato di diritto): l’agire della pub-blica amministrazione doveva svolgersi in modo da non violare la leggee sulla base di una previa norma attributiva del potere (principio dilegalità);

— la tendenziale separazione dei poteri, con il potere legislativo chiamatoa formulare le regole generali e astratte della civile convivenza, il potereesecutivo ad attuarle e quello giudiziario a valutare la conformità ad essedei comportamenti effettivi dei consociati.

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5. LO STATO DEMOCRATICO E SOCIALE

I tratti peculiari dello Stato democratico sono:

— un’attenzione del tutto nuova per la materia economico-sociale, che siconcretizza in forme molto diverse: la creazione di un’economia mista incui l’iniziativa pubblica si accompagna a quella privata; la funzionalizza-zione dei diritti economici in chiave sociale; lo sviluppo di vaste earticolate legislazioni per la tutela del lavoro e la sicurezza sociale;l’inserimento del governo dell’economia tra le funzioni fondamentalidello Stato, al fine di garantire una ripartizione del prodotto nazionalediversa e più equa di quella assicurata esclusivamente dal libero giocodell’iniziativa economica dei privati (Stato sociale);

— l’evoluzione del principio di legalità in quello di costituzionalità, infunzione del quale i principi e i valori condivisi da una società pluriclassevengono enunciati in Costituzioni suscettibili di essere modificate solocon un procedimento aggravato rispetto a quello previsto per le leggiordinarie (Costituzioni rigide);

— l’affermazione del principio democratico della sovranità popolare, che garan-tisce la partecipazione politica dei cittadini non solo attraverso i tradizionaliistituti della democrazia rappresentativa, ma anche attraverso quelli dellademocrazia diretta (referendum, iniziativa legislativa etc.) e della democraziadiffusa (partiti, sindacati, associazioni private, gruppi d’interesse);

— il pluralismo, cioè il riconoscimento, e la promozione delle autonomie dellecollettività e delle formazioni sociali che si pongono a un livello intermediofra individui e Stato. L’interesse pubblico generale viene in questo modoa definirsi solo dopo che siano stati individuati e coordinati gli interessi deisingoli e dei gruppi, ponendosi lo Stato come loro mediatore universale.

6. LO STATO TOTALITARIO

Le esperienze più significative di questa forma di Stato si realizzarononell’Italia fascista e nella Germania nazionalsocialista. Presupposti comuni furono:

— l’esaltazione della collettività nazionale (intesa nell’un caso come orga-nismo morale, politico ed economico unitario, nell’altro come comunan-za di razza e di sangue) e la conseguente svalutazione dell’individuo;

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— la fiducia nella capacità quasi magica del Capo (Duce o Führer) diinterpretare la reale volontà della Nazione;

— il ruolo centrale del partito unico di massa nell’inquadramento, mobilita-zione e indottrinamento delle masse, cui era richiesta la totale e incondizio-nata adesione agli indirizzi del regime. Le strutture del partito tendevanoanche a sovrapporsi a quelle dello Stato, identificandosi con esse oaddirittura svilendole a mero apparato al servizio del movimento fascista;

— la concentrazione dei poteri nella figura del Capo, più marcata inGermania che in Italia, dove il Duce doveva comunque condividere laresponsabilità della condotta dello Stato col Re;

— soppressione delle libertà fondamentali e degli istituti del vecchio Statoliberale (elezioni, separazione dei poteri, principio di legalità, autonomielocali).

7. LO STATO SOCIALISTA

Nel 1917, in Russia, per la prima volta la dottrina marxista-leninistaverificava nei fatti la validità delle proprie teorie: veniva, infatti, instauratauna dittatura del proletariato, che nel 1936 lasciava il posto allo Statosocialista degli operai e dei contadini. Tale forma di Stato si diffondevasuccessivamente in Europa orientale, in Asia e a Cuba, entrando in crisi agliinizi degli anni novanta a causa della rigidità del sistema economico, che haimpedito ai paesi socialisti di reggere la concorrenza politica, economica emilitare dei paesi capitalisti.

In estrema sintesi lo Stato socialista presentava questi caratteri:

— collettivizzazione forzata dei mezzi di produzione, con limitata soprav-vivenza della proprietà personale e dell’iniziativa privata in settorieconomici secondari;

— pianificazione economica burocratica e centralizzata;— ruolo centrale del partito comunista, vero nucleo dirigente e unico

organismo politico con funzioni d’indirizzo, in grado di condizionarel’operato di tutti gli organi statali, ai vertici dei quali, del resto, eranocollocati solo uomini del partito;

— subordinazione del diritto al fine dell’edificazione del socialismo, per cuila legalità socialista poteva sempre essere derogata dai supremi organi-

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smi dello Stato e del partito quando le necessità del momento lo richie-devano;

— funzionalizzazione delle libertà fondamentali agli interessi del sociali-smo, per cui, pur formalmente riconosciute, esse venivano conculcateladdove fossero state utilizzate contro il regime.

8. STATO UNITARIO, STATO REGIONALE, STATO FEDERALE

Si definisce tradizionalmente Stato unitario quello Stato in cui sussisteun unico governo sovrano, operante sia a livello centrale che periferico.

Stato federale, invece, è lo Stato in cui al governo centrale si contrappon-gono diversi governi locali, anch’essi essi definibili come Stati. Storicamen-te, lo Stato federale rappresenta l’esito di due distinti e contrapposti processi:alcuni di essi (gli Stati Uniti e la Germania, ad esempio) sono sorti a seguitodella progressiva unione e integrazione di Stati sovrani, passando peresperienze di tipo confederale. La confederazione è un’unione di Statiregolata dal diritto internazionale e dagli accordi intervenuti fra gli stessi alfine di cooperare per il soddisfacimento di interessi comuni, senza creazionedi un nuovo Stato e rappresenta, spesso, anche se non sempre, una tappa versoil federalismo.

Molti altri Stati federali (Canada, Austria, Brasile, per fare qualchenome), invece, sono il risultato d’un processo di robusto decentramentointervenuto in Stati unitari accentrati.

Una parte della dottrina italiana (CUOCOLO) ritiene che negli Statifederali la sovranità sia ripartita fra l’autorità centrale e gli Stati membri: lasovranità esterna sarebbe riservata agli organi federali, quella interna siestrinsecherebbe nell’esercizio di funzioni legislative, amministrative egiurisdizionali da parte dei singoli Stati. Chi, invece, riconosce la sovranitàsolo allo Stato centrale (LA PERGOLA), ricostruisce la posizione degli Statifederati in termini di autonomia costituzionale, in quanto essi sono dotati delpotere di darsi Costituzioni proprie e le loro attribuzioni (e la stessa esistenza)sono garantite da norme di rango costituzionale.

Queste posizioni rendono, però, più difficile distinguere lo Stato federaleda un tipo di Stato sempre più diffuso in Europa (Italia, Spagna, Belgio), loStato regionale, in cui a determinate comunità territoriali, le Regioni,vengono riconosciute sfere di autonomia variamente articolate nel campo

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dell’amministrazione, della legislazione, delle finanze, pur sempre nei limitidel carattere derivato dei loro ordinamenti.

Parallelamente, negli Stati federali tende sempre più ad affermarsi il principio secondo cuiil diritto federale prevale su quello degli Stati membri, per cui alle autorità centrali vengonoriconosciuti poteri sempre più penetranti, come il potere di uniformare le Costituzioni degli Statimembri ai principi della Costituzione federale, i supremi poteri di direzione politica, la potestàd’intervenire coattivamente per ottenere il rispetto delle deliberazioni assunte dall’autoritàcentrale che richiedano il concorso degli Stati membri. Per far fronte ai sempre più impegnativicompiti di cui si fa carico lo Stato sociale e interventista, gli Stati membri sono costretti a subirelimitazioni e ingerenze nelle loro attribuzioni, ma quanto perdono sul terreno dell’eserciziodiretto ed esclusivo delle competenze originarie, essi recuperano sul piano della partecipazionecongiunta alle principali scelte del Governo centrale che incidono sugli interessi locali(federalismo cooperativo). Analogo fenomeno si verifica anche negli Stati regionali, in cui lacooperazione può attuarsi con la presenza delle Regioni in organi deliberativi (il Senatospagnolo) o consultivi (la Conferenza Stato-Regioni italiana), oppure attraverso intese, parerio accordi di programma ai diversi livelli di governo.

Ecco perché anche presso la dottrina italiana (PALADIN) tende ad affermarsi l’ideasecondo la quale sia lo Stato federale che quello regionale siano sottotipi di uno Stato unitarioche attua al suo interno il più alto grado di decentramento compatibile col mantenimentodell’unità, per cui le differenze fra di essi sarebbero solo quantitative e non qualitative.

9. FORME DI GOVERNO

A) Nozione

Come si è visto in precedenza la forma di Stato fa riferimento allerelazioni che intercorrono tra tutti gli elementi che compongono lo Stato(popolo, territorio e sovranità); il concetto di forma di Governo, invece,riguarda soltanto le relazioni che si instaurano all’interno di uno di talielementi, vale a dire il potere sovrano (o Governo). In pratica con l’espres-sione forma di Governo si intende il diverso modo in cui si articola e siripartisce il potere politico tra i vari organi di vertice dello Stato, ed inparticolare tra Parlamento, Governo e Capo dello Stato.

B) Il principio della separazione dei poteri

Non si può capire veramente il concetto di forma di governo senzaaccennare brevemente al principio della separazione dei poteri. In virtù ditale principio ogni funzione statale (legislativa, esecutiva e giudiziaria) deve

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Capitolo Secondo 17

essere esercitata da organi diversi, ciascuno dotato di proprio potere didecisione, senza interferenze tra l’uno e l’altro. In pratica:

— alla funzione legislativa (esercitata dal Parlamento) spetta il compito dicreare la norma giuridica, vale a dire quella regola generale ed astratta chesi rivolge a tutti i componenti una determinata collettività;

— alla funzione esecutiva (esercitata dal Governo) spetta il compito di dareconcreta attuazione alla norma emanata;

— alla funzione giudiziaria (esercitata dalla Magistratura) spetta il compitodi interpretare e applicare la norma, utilizzandola per risolvere le contro-versie che insorgono.

Scopo ultimo di tale separazione è quello di garantire che all’occorrenza unpotere possa arrestare l’altro, evitando che uno di essi possa prevaricare edegenerare nell’assolutismo o in atteggiamenti tirannici; in pratica esso costitu-isce la migliore garanzia affinché sia assicurata la libertà politica dei cittadini.

Quasi tutti gli Stati contemporanei hanno accolto il principio dellaseparazione dei poteri, anche se in concreto le soluzioni adottate sonodiverse, soprattutto con riferimento ai rapporti tra chi esercita la funzionelegislativa (il Parlamento) e chi esercita la funzione esecutiva (il Governo).In alcuni Paesi la separazione è netta, mentre in altri esiste un rapporto difiducia tra il Parlamento ed il Governo; in alcuni Stati al vertice dell’esecu-tivo è posto un Presidente, mentre in altri la figura del Capo dello Stato èpuramente simbolica e il Governo è controllato dal Primo ministro. Questielementi di differenziazione hanno portato ad individuare nella realtà con-temporanea diverse forme di governo: parlamentare, presidenziale, semi-presidenziale e direttoriale.

10. LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE

Si tratta della forma di governo adottata dalla maggioranza degli Staticontemporanei ed è caratterizzata dal fatto che il Governo formula unindirizzo politico che si impegna a seguire e di cui è responsabile solo dinanzial Parlamento il quale, a sua volta, può in ogni momento revocarlo, toglien-dogli la c.d. fiducia. La carica di Capo dello Stato può essere assunta da unMonarca o da un Presidente eletto, ma in genere gode di limitati poteri e nonpartecipa alla determinazione dell’indirizzo politico.

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La principale caratteristica della forma di governo parlamentare è,quindi, costituita dalla commistione tra la funzione legislativa e quellaesecutiva; tra i due organi si instaurano complessi rapporti caratterizzati dauna serie di pesi e contrappesi (il c.d. balance of powers) per cui il Governo,titolare della funzione esecutiva, è sottoposto al controllo del Parlamento,unico organo eletto direttamente dal corpo elettorale.

Elementi caratteristici della forma di governo parlamentare sono, dunque:

a) la condivisione del potere tra l’esecutivo ed il legislativo;b) la presenza di un solo organo rappresentativo della volontà popolare, il

Parlamento;c) l’esistenza di una responsabilità (politica) del Governo nei confronti

dell’organo legislativo, che si esprime attraverso l’istituto della fiducia.Con questa espressione si fa riferimento a quell’istituto attraverso il qualela maggioranza dei membri del Parlamento prende atto del programmapolitico presentato dal Governo e garantisce a quest’ultimo il propriosostegno per l’approvazione degli atti legislativi necessari per realizzaretale programma. Qualunque Governo che non potesse contare su unappoggio da parte della maggioranza parlamentare difficilmente potreb-be realizzare il proprio programma politico. Il Governo, quindi, deverendere conto al Parlamento del suo operato e quest’ultimo può eventual-mente esprimere la sua disapprovazione mediante il voto di sfiducia,costringendo il Governo alle dimissioni.

Nella forma di governo parlamentare le funzioni attribuite al Capo dello Stato (che puòessere un Monarca o un Presidente) sono generalmente di pura rappresentanza. Nella maggio-ranza dei casi non svolge alcun compito riconducibile ad uno dei poteri dello Stato (esecutivo,legislativo e giudiziario), ma costituisce un organo di equilibrio volto a garantire la continuitàdemocratica e l’osservanza della Costituzione. Anche il potere di scioglimento delle Camere,che quasi sempre è formalmente attribuito al Capo dello Stato, in realtà è fortemente condizio-nato dalla volontà del Governo o del Parlamento. Puramente formale è anche il potere di nominadel Governo.

Le caratteristiche della forma di governo parlamentare ora esaminatepotrebbero far pensare che il Governo dipende totalmente dalla volontà delParlamento. In realtà non sempre è cosi. In alcuni ordinamenti, infatti, ilPrimo ministro assume sia la carica di Capo dell’esecutivo che quella di capodel partito di maggioranza in seno all’Assemblea parlamentare e può, quindi,facilmente controllare l’attività del Parlamento assicurandosi che l’attività

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Capitolo Secondo 19

legislativa sia in linea con il programma del Governo. È questo, ad esempio,il caso dell’ordinamento britannico, dove la prevalenza dell’esecutivo ègarantita dalla omogeneità politica con il partito che detiene la maggioranzaparlamentare (in questi casi si parla di governo del premier).

11. LA FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE

Con il termine presidenzialismo si indica una forma di governo in cui ilprincipio della separazione dei poteri è applicato in maniera assai rigida,ed in particolare è assai accentuata la distinzione tra legislativo edesecutivo. In tale forma di governo il Presidente della Repubblica è contem-poraneamente Capo dello Stato e Capo del Governo ed è eletto direttamentedal popolo.

Le caratteristiche principali della forma di governo presidenziale sono tre:

— l’esistenza di un Capo dello Stato (Presidente) eletto direttamente dalpopolo;

— l’assunzione da parte del Presidente del doppio ruolo di Capo dello Statoe di Capo del Governo,

— l’impossibilità per il Parlamento di approvare una mozione di sfiduciache imponga le dimissioni dell’esecutivo.

Se una forma di governo deve essere qualificata come presidenziale omeno dipende dalla contemporanea presenza di tutte e tre le caratteristicheprima individuale, la semplice elezione diretta del Capo dello Stato non è,infatti, una condizione sufficiente per parlare di presidenzialismo, dalmomento che ciò che caratterizza questa forma di governo è la nettaseparazione tra l’organo legislativo e quello esecutivo, con l’assunzione daparte del Presidente di ampi poteri di governo.

Quando si parla di presidenzialismo l’esempio che viene generalmente citato è quello degli StatiUniti d’America (vedi amplius cap. 4), dove il Presidente assume un ruolo preponderante rispetto atutti gli altri organi. Nella sua funzione di Capo dello Stato, infatti, rappresenta la federazione, riceveed accredita i rappresentanti diplomatici, è posto al vertice delle forze armate, nomina i funzionarifederali, può concedere la grazia, nonché esercitare altri poteri di minore importanza. In questo ruolo,quindi, potrebbe essere equiparato al nostro Presidente della Repubblica.

La sua funzione differisce notevolmente, invece, quando esercita il ruolo di Capo dell’ese-cutivo. Negli Stati Uniti, infatti, il Governo non dipende in alcun modo — per quanto riguarda

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l’elezione, la durata ed il funzionamento — dal Congresso (come viene chiamato il Parlamentostatunitense). I ministri sono nominati e revocati dal Presidente, rispondono solo verso di lui,assumono il ruolo di suoi collaboratori tecnici e sono completamente indipendenti dal Congres-so (soltanto la nomina deve essere approvata dal Senato federale).

Sia il Presidente che il Congresso sono eletti, periodicamente e democraticamente,direttamente dal popolo, essi esercitano poteri distinti e sono in posizione di netta separazionefra loro. Il Presidente, ad esempio, non può sciogliere il Congresso, mentre quest’ultimo non puòimporre le dimissioni del Presidente e del suo Governo, con l’unica eccezione dell’avvio di unaprocedura di messa in stato d’accusa per tradimento, corruzione o altri gravi reati (proceduranota come impeachment).

12. LA FORMA DI GOVERNO SEMI-PRESIDENZIALE

Costituisce una soluzione intermedia tra la forma di governo presidenzia-le e quella parlamentare. La sua caratteristica principale, infatti, è data daldoppio rapporto di fiducia che lega il Governo; da un lato quest’organoè nominato dal Presidente della Repubblica, ma dall’altro deve comun-que godere della fiducia del Parlamento. La carica di Capo dello Stato èassunta da un Presidente eletto direttamente dal popolo e al quale sonoattribuiti rilevanti poteri nella determinazione dell’indirizzo politico.

Il sistema semi-presidenziale è stato adottato in Francia con la Costituzio-ne del 1958 ed è cosi denominato perché assume contemporaneamente dellecaratteristiche proprie del parlamentarismo che del presidenzialismo. Adifferenza del modello parlamentare, infatti, il rapporto di fiducia tra Gover-no e Parlamento è notevolmente allentato, pur non giungendo alla completaseparazione prevista dal modello statunitense. Il sistema francese nonprevede alcun voto di fiducia da parte del Parlamento nei confronti dell’ese-cutivo: quest’ultimo è pienamente operativo nel momento in cui è nominatodal Presidente della Repubblica, salvo un’espressa mozione di sfiduciavotata dall’Assemblea nazionale (una delle due Camere del Parlamentofrancese). Una caratteristica comune al sistema presidenziale degli StatiUniti è, invece, l’elezione diretta sia del Presidente della Repubblica siadell’Assemblea nazionale.

Il grande pregio modello francese è quello dell’estrema flessibilità: esso,infatti, può talvolta essere definitivo come semi-parlamentare e altre voltesemi-presidenziale (vedi amplius cap. 5).

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13. LA FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE

È caratterizzata dal fatto che il Governo (in questo caso assume ladenominazione di direttorio) viene nominato dal Parlamento ad iniziolegislatura, ma non può essere successivamente revocato attraverso un votodi sfiducia, con la garanzia quindi di poter operare in completa autonomiafino alle successive elezioni. Lo stesso direttorio assume la veste di Capodello Stato.

Si tratta di una forma di governo che attualmente è prevista solonell’ordinamento svizzero. In questo Stato, infatti, il potere esecutivo èesercitato da un Consiglio federale o Direttorio, formato da 7 membri elettidal Parlamento (l’Assemblea federale) ad ogni inizio di legislatura. Lapeculiarità di questo ordinamento è costituita dall’assenza dell’istituto dellesfiducia, per cui il Direttorio dura in carica per tutto il periodo dellalegislatura parlamentare. Né, d’altra parte, il Consiglio federale può scioglie-re il Parlamento; il rinnovo di quest’ultimo organo avviene solo con nuoveelezioni (vedi amplius cap. 9).

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CAPITOLO TERZO

IL REGNO UNITO

Sommario: 1. Introduzione storica. - 2. Il ruolo del monarca in veste di Capo dello Stato.- 3. Il Parlamento. - 4. Il Governo e il «modello Westminster». - 5. La pubblicaamministrazione: il Civil Service - 6. Il decentramento territoriale e la devolution. - 7.L’Assemblea parlamentare scozzese

1. INTRODUZIONE STORICA

Il Regno Unito è lo Stato dove si è affermata per prima la forma digoverno parlamentare.

L’attuale forma di governo inglese è caratterizzata dallo schema delparlamentarismo maggioritario, con una forte predominanza del governo.

Il Regno Unito è il modello vivente di una forma di governo parlamen-tare:

— monista, che deriva dalla centralità del rapporto tra corpo elettorale,Camera dei Comuni e Governo, con la progressiva marginalizzazione delruolo della Corona e della Camera dei Lords;

— non razionalizzata, in quanto non disciplinata da norme scritte, ma basatasu norme consuetudinarie non scritte; come è noto, infatti, il Regno Unitonon dispone di un testo costituzionale organico, anche se una Costituzio-ne sostanziale può ricavarsi da una serie di documenti storici e da alcuneleggi fondamentali approvate nel corso del XX secolo.

Le origini dell’istituto monarchico risalgono alla dominazione sassone epoi all’occupazione normanna di Guglielmo il Conquistatore nel 1066,dopo la battaglia di Hastings, che comportò l’introduzione del feudalesimonell’isola.

Con il sovrano collaborava il Magnum Concilium, formato dai feudatarimaggiori e minori, che si evolverà nella Camera dei Lords, e la Curia Regis,composta dai più alti funzionari di Corte, che diventerà il Consiglio Privatodella Corona (Privy Council).

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Il Regno Unito24

Una data fondamentale del periodo monarchico medievale inglese è il1215, anno in cui il Re Giovanni senza Terra sotto la pressione dei suoi baronifu costretto a firmare la Magna Charta, in cui si dichiaravano i diritti deifeudatari, ma anche dei vassalli minori e degli uomini liberi contro gli abusidel sovrano.

Da questo documento risale anche uno degli istituti fondamentali delsistema britannico, la giuria, nata dall’esigenza di consentire un giudizio suibaroni e sugli uomini liberi soltanto da parte di un collegio di propri pari.

Inoltre, è a questo periodo che risale l’affermazione del principio «notaxation without representation» (nessuna tassazione senza rappresentan-za), che comportava come conseguenza l’obbligo del preventivo assenso delMagnum Concilium per l’imposizione di nuovi tributi.

Le origini dell’istituto parlamentare, invece, risalgono al 1265 (Parla-mento convocato da Simone di Monfort, capo della lega dei baroni controEnrico III), e all’inizio del ‘400 come struttura definita, con bicameralismoparitario e con poteri già delineati in senso propriamente legislativo rispettoall’iniziale «potere della borsa».

Attraverso lo scontro, prima sotterraneo con i Tudor (Enrico VII, EnricoVIII ed Elisabetta, 1485-1603), poi frontale con gli Stuart (Giacomo I e CarloI, 1603-1649), il Parlamento accresce il suo potere, presentando la Petitionof Right, in cui si ribadiva che nessuna imposta poteva essere introdottasenza il suo consenso e che nessun uomo poteva essere privato della libertàsenza un processo legale.

Il predominio del Parlamento rispetto al potere regio fu ulteriormenterafforzato in seguito alla Gloriosa rivoluzione del 1688-89 e all’approvazio-ne del Bill of Rights del 1689, in cui si affermavano gli incontestabili dirittidi libertà dei cittadini e del Parlamento nei confronti del monarca.

Nel 1701 l’Act of Settlement trasferiva il trono dagli Stuart agli Hanno-ver, affermando che l’unico fondamento del potere regio fosse la volontà delParlamento, mentre con l’Act of Union del 1707 si riunivano i regni diInghilterra e Scozia.

Le pietre angolari della struttura costituzionale dello Stato, cioè le regole consuetudinariee gli atti scritti che ne rappresentano la Costituzione sostanziale, vale a dire:

— la Magna Charta libertatum del 1215, che sancisce i diritti dei proprietari feudali, dei lorovassalli e degli uomini liberi;

— la Petition of Rights del 1628, che afferma il diritto del cittadino al processo legale primadi essere privato della libertà e dei beni;

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