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Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitana di Catanzaro - Squillace Fondato nel 1982 DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE: Via dell’arcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 Catanzaro Spedizione in a.p.Tabella C autorizzazione DCO/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 31 geNNaiO - aNNO XXXiii N. 2 Anche il Papa ha ricordato il piccolo Cocò D omenica scorsa dopo l’Angelus Papa Francesco ha ricordato il pic- colo Cocò, il bambino di soli tre anni trovato carbonizzato a Cassano allo Ionio insieme al nonno e alla compagna di quest’ultimo. «Oggi in questa piazza ci sono tanti bambini - ha detto il Pontefice tra gli ap- plausi della folla - e io voglio ricordare Cocò Campolongo, a tre anni bruciato in macchina e ucciso». «Questo accadimento su un bimbo così piccolo sembra non avere precedenti nella storia della criminalità. Cocò è di sicuro con Gesù in cielo. Per queste persone» che si sono macchiate di questo terribile crimine, il Papa ha auspicato un ritorno alla conver- sione. servizio a p .6 perché? perché? perché ?... il commento dell’Arcivescovo Bertolone a p. 5 PIANTO DI UN INNOCENTE

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Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitanadi Catanzaro - Squillace

Fondato nel 1982

DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE: Via dell’arcivescovado, 13 - Tel. 0961.721333 - 88100 CatanzaroSpedizione in a.p.Tabella C autorizzazione DCo/DC CZ/063/2003 Valida dal 11/02/2003 31 gennaio - anno XXXiii n. 2

Anche il Papa ha ricordato il piccolo Cocò

Domenica scorsa dopo l’AngelusPapa Francesco ha ricordato il pic-colo Cocò, il bambino di soli tre

anni trovato carbonizzato a Cassano alloIonio insieme al nonno e alla compagna diquest’ultimo. «Oggi in questa piazza ci sonotanti bambini - ha detto il Pontefice tra gli ap-plausi della folla - e io voglio ricordare Cocò

Campolongo, a tre anni bruciato in macchinae ucciso». «Questo accadimento su un bimbocosì piccolo sembra non avere precedentinella storia della criminalità. Cocò è di sicurocon Gesù in cielo. Per queste persone» che sisono macchiate di questo terribile crimine, ilPapa ha auspicato un ritorno alla conver-sione. servizio a p .6

perché? perché? perché ?...

il commento dell’Arcivescovo Bertolone a p. 5

PIANTO DI UN INNOCENTE

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231 gennaio 2014

APERTuRA

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di Catanzaro il 16 gennaio 1982.

ISSN: 2039-5132www.diocesicatanzarosquillace.it

Periodico dell’Arcidiocesi Metropolitanadi Catanzaro - Squillace

Fondato nel 1982

ORROREE TERRORE!...

Da queste nostre paginenon può mancare la regi-strazione dell’efferata

morte riservata a tre persone di cuiun ragazzino di 3 anni: NicolaCampolongo, detto “Cocò”.La terra di Calabria non aveva

mai raggiunto tanta empietà… ep-pure un corpicino umano è statobruciato con tanta spietatezza. Il progetto di morte è solo frutto

di cecità mentale, di tenebre dicuore e di totale assenza di uma-nità.L’esecutività di tale progetto ha

trovato mani inaridite di sangueumano, occhi di brace ardenti, visoincenerito dallo stesso odio che siporta dentro.Tra queste lingue di fuoco - che

sono infernali - emerge il volto can-dido di un bimbo che, estraneo adogni problematica di questa vita di-sumana, si guarda attorno e vedenel nerume del fuoco in cui è statobruciato, le ombre di queste figuremacabre che non hanno diritto adessere chiamate persone umane ose queste vogliono ancora esserlo,ascoltino le parole di Papa France-sco che li ha invitati alla conver-sione.Il volto della Calabria deve essere

purificato da queste sozzure di di-sumanità.Sorga il sole sulle ceneri di Cocò e

di quanti hanno subito violenzeinumane, ma sorga il sole anchesulle coscienze annerite dagli or-rendi crimini.Il sole indori tutto!

Raffaele Facciolo

FeBBRaio

3-5 Reggio Calabria, partecipa ai lavori della CeC6 Roccelletta di Borgia, aggiornamento del Clero7 Udienze9 Davoli Marina, Santa Messa11 ore 11 germaneto S. Messa

ore 16 Soverato visita all’ospedale, h. 17 S.Messa

13 Catanzaro, Scuola Chimirri, Seminario di studio14-15 Cei, partecipa al Seminario della Commissione

Clero e Vita Consacrata16 Catanzaro, Seminario S. Pio, Presiede S. Messa

per festa fidanzati della diocesi20 Mattina ritiro al clero di Mileto

Pomeriggio incontro con la città a Vibo21 incontro con la città con l’on. Paola Binetti e

guido Rodhio24 Roma: Partecipa al Convegno presso l’Univer-

sità Lateranense25-28 Torre Ruggero, esercizi spirituali

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CulTuRA

Da una conoscenza sia pure ele-mentare della storia dellaChiesa Cattolica si evince

come questa Istituzione si sia interes-sata sempre ai mezzi della comunica-zione, che, ovviamente, si sono evoluticol passare dei secoli (manoscritti, libri,giornali, radio, tv, pc, ecc.), ma chehanno avuto sempre come fine princi-pale ed essenziale quello di promuo-vere “un’autentica culturadell’incontro”. Si pensi soltanto alle Let-tere di S. Paolo alle varie comunità cri-stiane del suo tempo e appare chiara lamissione informativa, formativa e ope-rativa che la Chiesa ha sempre svolto, esvolge ancora di più ai nostri giorni, perlenire le molteplici forme di emargina-zione e di povertà materiale e spiri-tuale. A proposito, Papa Francesco, nel Mes-saggio per la XLVIII Giornata Mondialedelle Comunicazioni Sociali, che reca ladata del 24 gennaio scorso, ma che è de-stinato alla celebrazione della stessaGiornata in ogni angolo del mondo, sichiede: “E per noi discepoli del Signore,che cosa significa incontrare una per-sona secondo il Vangelo? Come è pos-sibile, nonostante tutti i nostri limiti epeccati, essere veramente vicini gli uniagli altri? Queste domande si riassu-mono in quella che un giorno unoscriba, cioè un comunicatore, rivolse aGesù: «E chi è mio prossimo?» (Lc10,29). Questa domanda ci aiuta - conti-nua a dirci Papa Francesco - a capire lacomunicazione in termini di prossimità.Potremmo tradurla così: come si mani-festa la “prossimità” nell’uso dei mezzidi comunicazione e nel nuovo ambientecreato dalle tecnologie digitali? Trovouna risposta nella parabola del buon sa-maritano, che è anche una parabola delcomunicatore. Chi comunica, infatti, sifa prossimo. E il buon samaritano nonsolo si fa prossimo, ma si fa carico diquell’uomo che vede mezzo morto sulciglio della strada. Gesù inverte la pro-spettiva: non si tratta di riconoscere l’al-tro come un mio simile, ma della miacapacità di farmi simile all’altro. Co-municare significa quindi prendereconsapevolezza di essere umani, figli di

Dio. Mi piace definire questo poteredella comunicazione come “prossi-mità”.E qui il Messaggio del Santo Padre

“tocca” un tema che non è nuovo alladottrina sociale della Chiesa, che ai no-stri giorni deve fare i conti con i media,in special modo internet, che può “of-frire maggiori possibilità di incontro edi solidarietà tra tutti, e questa è unacosa buona, è un dono di Dio”. Ma nonsempre è così perché la connessione di-gitale, capace di arrivare “fino ai con-fini della terra”, può trasformarsi incomunicazione non corretta, eticamentecarente, o addirittura spingere a “iso-larci dal nostro prossimo. Questi limitisono reali, tuttavia non giustificano unrifiuto dei media sociali; piuttosto ci ri-cordano che la comunicazione è, in de-finitiva, una conquista, più umana chetecnologica”.Papa Francesco, dice ancora che “Il

mondo soffre di molteplici forme diesclusione, emarginazione e povertà;come pure di conflitti in cui si mesco-lano cause economiche, politiche, ideo-logiche, e, purtroppo, anche religiose”.Eppure, nello stesso Messaggio, Fran-cesco afferma che “La rete digitale puòessere un luogo ricco di umanità, nonuna rete di fili ma di persone umane. La

neutralità dei media è solo apparente:solo chi comunica mettendo in gioco sestesso può rappresentare un punto diriferimento. Il coinvolgimento perso-nale è la radice stessa dell’affidabilità diun comunicatore. Proprio per questo latestimonianza cristiana, grazie alla rete,può raggiungere le periferie esisten-ziali”. E questa “rivalutazione” deimedia è particolarmente indirizzataagli operatori della comunicazione, aigiornalisti, agli scrittori, alla cui sensi-bilità e corretta deontologia professio-nale viene affidato il compito non lieve,ma gratificante, di far “meglio apprez-zare i grandi valori ispirati dal Cristia-nesimo, ad esempio la visionedell’uomo come persona, il matrimonioe la famiglia, la distinzione tra sfera re-ligiosa e sfera politica, i principi di soli-darietà e sussidiarietà, e altri”.In conclusione, il significativo Messag-gio del Santo Padre sopra citato è digrande attualità, nel solco, d’altra parte,di testi ufficiali della Chiesa, comeEtica nelle comunicazioni sociali (2000),Etica in Internet (2002),e La Chiesa e In-ternet (2002), tutti editi dalle Paoline, ilcui contenuto appare ancora interes-sante e degno di essere letto e meditato.

Antonio Fazio

Il Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comuniazioni SocialiuNA CORRETTA COMuNICAZIONE SOCIAlE

PER uN’AuTENTICA CulTuRA DEll’ INCONTRO

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ATTuAlITà

Pastore a Locri- Gerace, dal 1989al 1993, a Matera- Irsina, dal1993 al 2003, a Catanzaro-

Squillace, dal 2003 al 2011. Venticinquegli anni –un quarto di secolo- di episco-pato per il nostro arcivescovo emeritoAntonio Ciliberti. Un lungo e fruttuosoministero pastorale che ha inciso note-volmente nelle dinamiche ecclesiali,culturali e sociali del meridione d’Italia,in particolare della Calabria e della Ba-silicata.E così le chiese calabresi e lucane ele-

vano la lode al Signore per aver messosul loro cammino di comunione un pa-store che sempre si è speso –e da eme-

rito continua a farlo- per quell’evange-lizzazione “nuova” (nelle forme, manon nel contenuto) tanto cara a PapaGiovanni Paolo II, oggi beato. Solennequindi la celebrazione eucaristica pre-sieduta per l’occasione dallo stessomons. Ciliberti –che per anni è statopure Vice presidente della ConferenzaEpiscopale Calabra- nella Cattedrale diCatanzaro. Un importante momento dipreghiera fortemente voluto dall’arci-vescovo metropolita mons. VincenzoBertolone e che ha visto la presenzapure di mons. Antonio Cantisani, arci-vescovo emerito di Catanzaro-Squil-lace, di mons. Vittorio Mondello,

arcivescovo emerito di Reggio Cala-bria–Bova, di mons. Leonardo Bo-nanno, vescovo di San MarcoArgentano- Scalea, di mons. LuigiRenzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tro-pea, di mons. Francesco Milito, vescovodi Oppido Mamertina-Palmi, di mons.Donato Oliverio, vescovo dell’Eparchiadi Lungro, di mons. Vincenzo Rimedio,vescovo emerito di Lamezia Terme, dimons. Cornelio Femia, amministratorediocesano di Locri- Gerace, e di mons.Antonio de Simone, amministratore diRossano- Cariati. Insomma folta la rap-presentanza dell’episcopato calabrese,ma non solo. Alla funzione religiosa –animata dalla Schola Cantorum “SantaMaria Mater Pacis” con la direzione delMaestro Paolo Silvano- hanno infattipartecipato numerosi sacerdoti, gliesponenti delle istituzioni civili e mili-tari –tra i quali, in prima fila, il com-missario della Provincia di CatanzaroWanda Ferro ed il sindaco di SquillaceGuido Rhodio- e tantissimi fedeli laiciche hanno letteralmente gremito l’edi-ficio sacro. Significative le parole che l’arcive-

scovo Bertolone ha rivolto a mons. Cili-berti nel suo indirizzo di saluto: “Inquesta felice ricorrenza mi piace pen-sare al capitolo venti degli Atti degliApostoli, ove leggiamo che Paolo rin-grazia il Signore perché, nonostante isuoi difetti, l’ha chiamato a ‘rendere te-stimonianza al messaggio di tenerezzae di grazia di Dio’. Proprio come Ella hafatto nei venticinque anni di episco-pato, durante il servizio reso nelle trediocesi ove il Santo Padre lo ha inviato.Un venticinquennio ricco e proficuo,per il quale tutti noi siamo riconoscenti.Nel suo magistero Ella ha sempre affer-mato che l’attività di evangelizzazioneè il fondamento e il principio del-l’azione della Chiesa e ci ha sempre ri-cordato che il cristiano è chiamato adessere un conoscitore esperto della vo-lontà di Dio. Il nostro è un incontro dipreghiera in ringraziamento al Padreperché Egli, come sottolinea lo splen-dido Prefazio degli Apostoli, è il Pa-store eterno che non abbandona il suogregge, ma lo custodisce e lo proteggesempre per mezzo dei suoi santi Apo-stoli e lo conduce attraverso i tempi

Celebrazione per i 25 anni di episcopato di Mons. Cilibertiun fruttuoso ministero pastorale nella “vigna del Signore”

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ATTuAlITàsotto la guida di coloro che Egli stessoelegge Vicari del Suo Figlio e costituiscePastori. Per questo ancora una volta vo-gliamo lodare il Signore”. “Carissima eccellenza –ha continuato

mons. Bertolone-, la comunità tutta e ipresbiteri ringraziano il Signore per ilgrande dono dell’episcopato. La rin-graziano anche l’Episcopato calabro elucano per il suo servizio episcopale. Leauguriamo tanta serenità, salute e fe-condità apostolica. Volentieri faccio ri-ferimento al 29 maggio 2011 quando mipresentò la Chiesa di Catanzaro- Squil-lace. Ed allora con Lei ogni giorno rin-graziamo il Signore ripetendo ‘è bella edolce la mia Chiesa’”. “Chi è il vescovo?”. E’ la domanda

dalla quale è partito mons. Ciliberi nellasua omelia, che si è concentrata sullagrandezza del ministero episcopale esacerdotale. “Il vescovo – ha detto –successore degli apostoli per mandatodivino, con l’imposizione della mani ela preghiera consacratoria, rende parte-cipe il presbitero del suo sacerdozio cheè continuazione del sacerdozio di Cri-sto. La comunione, quindi, tra il ve-scovo e il presbitero è una dimensioneontologica che va colta e vissuta nellafedeltà”. Quello del vescovo, in altre

parole, è – ha sottolineato mons. Cili-berti- “un mandato pastorale segnatoda una chiamata”: “il suo compito èquello di portare il vangelo ad ogniuomo; un compito che appartiene atutti i membri della Chiesa, ma in ma-niera particolare ai vescovi ed ai sacer-doti”. Mons. Ciliberti ha quindi rinnovato

l’invito alla comunità cristiana a pre-gare, affinché “non manchino santi pa-stori”. “Con don Bosco – ha detto

ancora– ricordo che il dono più grandeche Dio possa fare a una famiglia èdarle un figlio sacerdote. E ancora, in-sieme al grande santo dei giovani, ri-cordo alle comunità parrocchiali che ilgrado di spiritualità che le caratterizzasi misura dal numero delle vocazioniche in esse sbocciano”. Nel concludere l’omelia mons. Cili-

berti ha ricordato la vicenda di Gio-vanni quando, ormai avanti con l’età,dall’isola di Patmos si rivolge ai suoi di-scepoli per un ultimo insegnamento.“Anch’io – ha aggiunto- con cuore diPadre, dico a tutti: figlioli miei amatevigli uni gli altri. Queste suggestive pa-role sono l’eco della Parola di Cristo. Daquesto vi riconosceranno che siete mieise vi amerete gli uni gli altri. Amatevicome io vi ho amato. La forza del mioreciproco amore è la voce incarnatadella nostra missione nel mondo ed è ilcemento solido per costruire tra gli uo-mini la vera civiltà, vagheggiata dalPadre, dal Figlio e dallo Spirito Santo”. A fine celebrazione eucaristica mons.

Raffaele Facciolo, vicario generale, nelleggere il telegramma augurale delSanto Padre, ha consegnato all’arcive-scovo Ciliberti in dono da parte dellacomunità diocesana di Catanzaro-Squillace, una riproduzione artisticaraffigurante l’abbraccio di comunione esperanza tra Papa Francesco e Papa Be-nedetto. Anche il Comune di Cori-gliano Calabro ha inteso omaggiaremons. Ciliberti con una targa per i ven-tidue anni da parroco a servizio dellacittadina dell’alto cosentino, prima del-l’ordinazione episcopale.

Luigi Mariano Guzzo

nella memoria della traslazione delle reli-quie di Sant'agazio, patrono della dio-cesi, l’arcivescovo mons. Vincenzo

Bertolone, nella concattredale di Squillace, haconferito il sacro ordine del diaconato permanetea Bruno Trovato.

Si tratta di un laico sposato e padre di un figlio,che ha maturato il cammino vocazionale nellaparrocchia San nicola Vescovo in Squillace lido,unitamente al lavoro di fisioterapista.

“La mia famiglia, il parroco, la comunità par-rocchiale ed i formatori - afferma Bruno Trovato -mi hanno sempre incoraggiato e sostenuto inquesto percorso vocazionale. oggi, da diacono,chiedo al Signore di poterlo servire ancor di piùcon umiltà e carità, per collaborare alla costruzione della civiltà dell’amore”.

Mons. Bertolone, nell’evidenziare il profumo di santità che Sant’agazioemanò nell’offrire la sua giovane vita al progetto di salvezza, ha richiamato l’im-pegno che il diacono è chiamato a vivere come faro della luce di Cristo al ser-vizio della Chiesa, lasciandosi plasmare dalla Parola di Dio, da doverannunciare con passione, convinzione e testimonianza di vita.

Presenti alla celebrazione l’arcivescovo emerito mons. antonio Cantisani, as-sieme a numerosi presbiteri, diaconi e fedeli.

Cresce in diocesi la “famiglia”dei diaconi permanenti

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ATTuAlITà

La notizia che ha campeggiato nellastampa in questi giorni, corredatadi foto agghiaccianti, è il ritrova-

mento di tre cadaveri carbonizzati dentroun’auto bruciata e semidistrutta. Uno dei trecorpi era quello di un bambino, Cocò, dianni: tre, si è saputo dopo, contemporanea-mente all’individuazione da parte degli in-quirenti dell’ennesima vendetta mafiosa.Ciò ha scatenato l’indignazione degli ita-liani di ogni età, estrazione sociale, fede po-litica e regione. Tutti, ma proprio tuttisgomenti di fronte all’efferatezza e alla bar-barie di coloro che hanno distrutto l’esi-stenza di tre esseri umani nel delitto diCassano all’Jonio, senza fermarsi neppuredi fronte ad un bimbo innocente. Mi rendoconto che davanti ad azioni tanto turpi eviolente si invochi per gli assassini, sicarie mandanti, egualmente immondi, la forca oaltra analoga soluzione. Considerazioni epresunte soluzioni che anche la shoah hatalvolta proposto proprio a causa della sua

enormità, folle, assassina, lucidamentesgangherata e mostruosa. Però, il sistema-tico sterminio di bocche, giudicate irrime-diabilmente “inguaribili”, viene posto inessere assai prima di Auschwitz, di Tre-blinka o di Tierezin, più di una volta con lacollaborazione progettuale di medici escienziati, “ orgogliosi” di mettersi al servi-zio del potere che ha deciso di “mondare”la società con un definitivo intervento pia-nificato. Tornando alla soluzione invocatadallo sdegno e da spirito di ribellione a tanteinfamie, ritengo di dover affermare che nonsarebbe la soluzione giusta e ponderata,cioè con l’esatta valutazione di tutti gliaspetti della questione, ai fini di un bilan-ciato giudizio: no, insisto, la forca non puòessere la soluzione acconcia per gli assassini

senza redenzione, soprattutto perché essa fi-nirebbe per diventare, sotto altra specie eforma, un’ulteriore violenza inferta su per-sone umane, seppur colpevoli di crimini in-nominabili. Il corpo sociale nons’immunizza uccidendo i germi patogeni.Forse potrebbe essere più efficace una “vac-cinazione”, ovvero un intervento struttu-rale, ben congegnato, armonico e deciso,finalizzato alla formazione delle coscienze.Sappiamo, ad abundantiam, che in presenzadi un cancro maligno, che ha aggredito l’or-ganismo con presenza di metastasi diffuse,un intervento chirurgico lo si esclude per-ché per asportare qualche metastasi fini-rebbe per recidere organi vitali. E allora?allora va pensato un diverso tipo di inter-vento. Ma intanto, dice la popolazione sgo-menta ed indignata, non si può stare inermia constatare che il male gratuito trionfa, lecosche rivali tramano e organizzano i loroloschi affari e pronunciano le loro condannespietate, fino ad eliminare chiunque intralci

le loro trame o chi ha soltanto la ventura diessere collegato lontanamente al malaffare.Certo, perché il male trionfi è sufficiente che ibuoni rimangano in silenzio, diceva EdmundBurke. É ciò che Borsellino ripeteva : “Nonho paura delle parole dei violenti..ma del silen-zio degli onesti”. Quindi, non bisogna tacere;anzi bisogna dire pane pane, vino vino, comedel resto da parecchi anni, almeno dall’uc-cisione di don Pino Puglisi, la Chiesa va ri-petendo ad ogni occasione e così come haben detto anche il vescovo di Cassanoall’Jonio dopo l’ultimo efferato delitto.Al male gratuito, che Annah Arendt defi-

niva “banale”, come quello che, nel corso delXX secolo, ha “gratuitamente” sterminatomilioni di ebrei, ma anche tantissimi zingari,papuani, omosessuali eccetera, non si può

rispondere commettendo nuove violenze euccidendo il nemico, sia pure con l’emis-sione dei verdetti giuridici. Il mondo greco (che trovava voce alta e ci-

vile nella tragedia) e il mondo giudaico-cri-stiano hanno più volte assaporato emeditato la rabbia impotente di fronte al-l’inferno della sopraffazione e di castighi su-biti ingiustamente. Due esempi per tutti: l’Edipo Re, di Sofocle, e Giobbe. Nel primocaso, anche oggi ci si chiede quale mai sia la“tracotanza” della sua azione. Quanto al se-condo, non possiamo non rilevare l’assenzadi un nesso “logico” tra sofferenza e castigodel giusto ad opera di una mano invisibile emuta. È, questo, l’abisso dell’angoscia.Abisso che risuscita ogniqualvolta la storiaremota e recente, ora della delinquenza or-ganizzata, grida vendetta al cospetto di Dio. Il fatto è che il male morale è legato alla

libertà che ha l’uomo di scegliere tra il beneed il male, di amare e aderire a Dio o di ri-fiutarlo. Dio rispetta questa libertà, dono di-vino che appartiene alla grandezzadell’essere umano. Ciò non esclude che pernoi poveri mortali l’inferno esista “anche”in vita, come è esistito e si è dato a vedere aCassano, così come esiste in qualunque altroposto in cui le non-ragioni della violenzagratuita prevalgono sulle vere ragioni dellapersona umana e della società di persone,che chiamiamo “civiltà” e risiedono nelcuore di uomini e donne. Opportunamenteanche se amaramente Jean-Paul Sartre di-ceva: “L’inferno sono gli altri”. Sono i cuorile sedi delle malvagità; da essi può usciretutto il peggio dell’inferno, anche la barba-rie commessa sugli innocenti, piccoli eadulti. Il male non ha mai un perché, nonpuò essere spiegato in termini razionali. Manei cuori, ricordiamolo religiosamente,stanno anche le buone ragioni, quelle che lasocietà educante (soprattutto le famiglie, lachiesa e la scuola) devono continuare a se-minare e coltivare, nonostante tutto. Il male “gratuito” è voluto soltanto per-

ché fa del male agli altri, flora e fauna com-prese. Perciò è satanico. L’idea di un Satana,come possibile giustificazione del male di

PIANTO DI UN INNOCENTE:perché? perché? perché ?...

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ATTuAlITàfronte a colpe e peccati, come quelli degli as-sassini dei giorni scorsi in Calabria ionica, el’idea di un Anticristo, come possibile vo-lontà lucida di spacciare male per bene, nonpossono che risorgere, in noi, di fronte a epi-sodi come questi. La leggenda “vera” dell’Anticristo, già

immaginata da Vladimir Solov’ëv e antici-pata ne I fratelli Karamazov da F. Dostoevskij,è, in definitiva, la storia, attualissima, di unbene che, in apparenza, si mostra più inec-cepibile di quello già portato dalla reden-zione di Cristo e che, nonostante questo,viene cancellato, o almeno eclissato, dalmale. In questa luce, il problema del male edella sua persistenza viene reso più acutoproprio in chi nutriva una precedente fidu-cia nell’esistenza di un Dio buono e di unCristo che vince il male e la morte. Ma al-lora, si chiede ogni buon cittadino, in unmondo che è stato creato da un Dio che èamore perché vengono così efferatamenteuccisi bambini innocenti? A questa legit-tima domanda una risposta pertinente è: ilmale che alberga nel cuore dell’uomo, non sielimina strappando il cuore, ma prenden-dosene cura; coltivando sin dall’inizio, sindalla tenera età sentimenti di socialità e nondi animalità; educando l’uomo ad essere perl’altro un socius, un proximus e ciò nonesclude una vera conversione anche in chisi sia ridotto peggio di una bestia. Noi siamo stati creati a immagine di Dio

solamente per amore. La barbarie e la vio-lenza non sono, quindi, l’ultima parola. Ildente per dente è, tutt’al più, la legge del ta-glione. E nessuno può toccare Caino, anchese questi porterà per sempre il segno dellaviolenza gratuita sul fratello Abele.Se la malavita organizzata e assassina è

un cancro maligno, non c’è bisturi che possaestirparla, neppure la pena di morte o laforca. Il bisturi è quello della formazionedelle coscienze rette di cui prendersi cura.Lo Stato, la famiglia, la Chiesa e tutte le

forze educative che operano appunto performare uomini che rispettino le leggi, sononecessarie, ma non bastano. Bisogna convincersi che è una questione

di mentalità. E la mentalità non si cambiacon i divieti e le denunce e basta, ma intera-gendole con seri percorsi formativi, validoantidoto alla “ cultura” dell’ignoranza, dellatracotanza, del disprezzo, dei soldi facili:tutti ingredienti tipici della ricetta mafiosa.Diceva don Puglisi: “È importante parlaredi mafia, soprattutto nelle scuole, per com-battere contro la mentalità mafiosa, che èpoi qualunque ideologia disposta a sven-dere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci sifermi però ai cortei, alle denunce, alle pro-teste. Tutte queste iniziative hanno valorema se ci si ferma a questo livello sono sol-tanto parole. E le parole devono essere con-fermate dai fatti”. Quando manca il lavoro manca il pane, ed

è più facile cedere alle lusinghe di chi pro-

mette denaro o anche lavoro, sebbene aprezzo della dignità della persona o aprezzo della violenza efferata. Ed allora cisi adoperi per l’efficienza della Pubblica am-ministrazione, per interventi in campo so-ciale, culturale e politico; per lo snellimentodella burocrazia; con misure in materia eco-nomica e finanziaria; con interventi infra-strutturali; per la tutela del territorio; perl’immigrazione. Lo Stato, la società, la famiglia mettano al

centro d’ogni progetto «l’uomo», con le sueaspirazioni, le sue potenzialità, i suoi do-veri, i suoi diritti.Quanto alla Chiesa “esca da se stessa” e

si porti nelle zone ( geografiche e del-l’anima) delle periferie, cioè delle esclusioni,si impegni sempre più a creare una nuovacoscienza, che sceglie la strada dell’incontroumano e dell’evangelizzazione come rispo-sta al male, che si sporca e si ferisce le maniper accompagnare l’uomo offrendogli laluce del Vangelo che per vocazione é semi-natrice di speranze non di paure, e se nonsempre ha risposte preconfezionate dadare, si lascia interrogare dai fatti. In tema di criminalità mafiosa, il mini-

stero di padre Puglisi lo dimostra, si deverestare fermi nella condanna assoluta delleazioni illegali e violente, ma bisogna sem-pre sperare nella conversione dei violenti.La Chiesa gridi sempre la natura anticri-

stiana della mafia, dica chiaramente che chisi affilia ad essa, si vota ad un’altra reli-gione, che compie una scelta in netta anti-tesi con i valori evangelici, mentre chi vivela propria fede fa un esercizio concreto diannuncio di legalità, di giustizia, di pace,tutte espressioni di testimonianza cristiana.E, tuttavia, operi perché l’azione divina tra-sformi e cambi i cuori. È nel cuore che al-berga il mistero dell’iniquità: il diavolo cheè colui che combatte il grano buono e favo-risce delinquenza, illegalità, delitto, spieta-

tezza. E contro il maligno ci vuole unaChiesa che non teme il nemico che seminala zizzania. Don Pino Puglisi riuscì a far crescere il

grano buono senza cedere alla tentazione distrappare con violenza la zizzania, ma se-minando a piene mani l’amore, il perdono,la pace, il rispetto e la dignità della persona.Egli ha riproposto alle coscienze oltraggiatedalla mafia la pulizia della vita ispirata alVangelo dimostrando che il male si vincecon il bene, purché si resti fedeli a tre inse-gnamenti: credere con il cuore; alimentarela speranza; vivere con coerenza. È questa la Chiesa che chiama peccato il de-

litto, che chiede la giusta riparazione al maleinferto a sé e agli altri, che sa perdonarequando il cuore è mutato, che invita al cam-biamento possibile, che offre occasioni di re-denzione e di perdono anche al cattivoladrone. A chi continua a sfigurare la verafaccia del mondo possiamo e dobbiamo of-frire sempre Colui che toglie il peccato delmondo, anzi lo espia col suo sangue.Ecco, la risposta cristiana all’eterno inter-

rogativo del male (soprattutto di quello in-nocente) è la fede silenziosa e adorante,fondata sulla certezza che Dio è amore, cheDio è padre e madre degli uomini, e tuttociò che compie ha come scopo finale la sal-vezza e la gioia dell’umanità e di ogni sin-gola creatura.L’amore di Dio è infinitamente più forte

del male del mondo. È questa una delle ve-rità più consolanti della fede cristiana. Nonfermiamoci a deprecare l’inferno dei nostrigiorni e delle nostre città, ma guardiamooltre il non-inferno, quel che ci salva ( “ciòche inferno non è”, direbbe Calvino), nelsegno della speranza cristiana.

XVincenzo Bertolone

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831 gennaio 2014

ChIESA

In occasione della 100ma GiornataMondiale del Migrante e del Rifu-giato, incentrata sul tema: “Frater-

nità per un mondo migliore”, l’UfficioMigrantes della nostra Arcidiocesi, coor-dinato da don Piero Puglisi, ha organiz-zato per il pomeriggio di domenica 19gennaio 2014 una solenne e suggestivaconcelebrazione eucaristica presiedutadall’Arcivescovo Metropolita mons. Vin-cenzo Bertolone, che ha avuto luogo nellachiesa parrocchiale Stella Maris di SelliaMarina. Erano presenti, oltre a numerosi sacer-

doti della Vicaria di Sersale e alcuni dia-coni, i sindaci di Sellia Marina e Zagarise,Giuseppe Amelio e Piero Raimondo, il di-rigente e gli insegnanti del locale IstitutoScolastico Comprensivo, frequentato da90 bambini non italiani, i rappresentantilocali delle varie autorità militari e moltibambini con i loro familiari.L’Arcivescovo è stato accolto poco

prima delle ore 18 sul sagrato della chiesada un bambino con un mappamondo trale mani, mentre altri 10 bambini svento-lavano ai due lati del corridoio le bandie-rine dei vari Paesi d’origine dei migrantipresenti nel territorio: Polonia, Bulgaria,Romania, Italia, Marocco, Senegal, Congoe Cina. Dirigendosi poi gioiosamente in-sieme all’Arcivescovo verso l’altare, ibambini hanno deposto ai suoi piedi ilmappamondo e ai lati di questo, su duefile parallele, hanno inserito le 8 bandie-rine.All’inizio della Santa Messa il parroco

don Giuseppe Cosentino ha salutato i nu-merosi presenti, ringraziandoli per la par-tecipazione ad un evento che ci aiuta adampliare gli orizzonti della mente e delcuore, in quanto ci fa incontrare personedi tanti Paesi con storie, lingue, culture etradizioni diverse e quindi offre adognuno una maggiore consapevolezzadella propria identità e promuove il dia-logo e il confronto di esperienze nel ri-spetto reciproco, senza arroganza epresunzione.Con riferimento al territorio comunale

amministrato da 10 anni, il sindaco di Sel-lia Marina, Giuseppe Amelio, figlio diemigrati, ha tenuto a sottolineare la paci-fica e solidale convivenza di tante per-sone di ogni origine (24 Paesi), senzaalcun episodio di intolleranza, e il buoninserimento dei bambini stranieri nelle

scuole, anche se non proprio tutti sannoparlare bene la lingua italiana. Padre Piero Puglisi, direttore dell’Uffi-

cio diocesano Migrantes, ha poi spiegatoil significato della Giornata, nella qualetutti sono sollecitati a ricordare gli emi-grati calabresi e i fratelli e sorelle che, peri più vari e gravi motivi, da molto lontanoraggiungono il nostro territorio chie-dendo accoglienza, sostegno, alloggio, la-voro e condizioni di vita più dignitose. Atutti loro, come anche ai rom e sinti, ai fie-ranti, ai circensi e ai marittimi che affron-tano ogni giorno tanti rischi, va il nostroaffettuoso e fraterno abbraccio. In questaGiornata di riflessione e di preghiera nonpossiamo non accendere la mente, allar-gare il cuore e tendere la mano, secondo ilMessaggio di Papa Francesco, per il quale«migranti e rifugiati non sono problemida affrontare ma sono fratelli e sorelle daaiutare». Nella prospettiva cristiana diuna nuova umanità di fratelli accomunatida uno stesso padre, ogni terra è patria eogni patria è terra straniera.Prima delle letture liturgiche è interve-

nuto Cissokho Soungoutoua, presidentedella FAI (Federazione delle Associazionidi Immigrati) e membro della Commis-

sione per il CARA di Crotone. Dopo aver salutato e ringraziato le au-

torità politiche, militari e scolastiche pre-senti e tutti i convenuti, che percondividere la gioia dell’incontro hannosfidato le avverse condizioni meteo,mons. Bertolone ha rivolto ai “locali” uninvito fondamentale per un’accoglienzavera e credibile degli immigrati e rifu-giati: scendere dal piedistallo di sicurezzache chi viene da lontano non ha e incam-minarsi con loro verso la Casa del Padrecome fratelli. Soffermandosi poi sulla fi-gura dell’agnello, animale buono e man-sueto assunto a simbolo del Redentore,incapace di fare del male ma anzi espostoall’aggressività altrui, l’Arcivescovo ha in-dicato l’amore come carattere distintivodei cristiani autentici, che spinge ad of-frire se stessi piuttosto che ad aggredire,in qualsiasi situazione: è l’amore, infatti,che, come una torcia, illumina e salva gliuomini e le donne di tutti i tempi. Nel no-stro tempo, come sempre, sono tante lepersone che attendono una testimonianzadi amore vero, fatto di premurosa atten-zione e relazione sincera e gratuita, senzascopi nascosti (sfruttamento economico osessuale): tra queste ci sono i migranti e irifugiati, che si contano a milioni. Nel XXsecolo erano 28 i milioni di italiani emi-grati all’estero e 5 i milioni di immigratiin Italia (40 in Europa): cinesi, africani emediorientali. E oggi sono 350 i milioni dipoveri che in tutto il mondo rischiano dimorire di fame. Non possiamo rimanereindifferenti, ma che possiamo fare?«Si deve innanzitutto prendere consa-

pevolezza della dimensione cristianadella fraternità: gli altri non sono nemicida eliminare, ma ospiti; bisogna poi cam-minare secondo le leggi, a cominciaredagli italiani: non si può pretendere daglialtri quello che noi non siamo disposti afare/dare; si deve quindi considerare laresponsabilità della custodia reciproca:dov’era l’uomo 70 anni fa per i deportatiad Auschwitz e dov’è l’uomo oggi per irifugiati, senza patria e dimora? La testi-monianza cristiana ha un solo riferi-mento: l’Agnello di Dio, che sempre edovunque si fa servo e cibo per amore, of-ferto fino al sacrificio di sé».La Giornata si è conclusa con due esi-

bizioni coreografiche dei bambini.

Guido Mauro

Celebrata nella chiesa Stella Maris di Sellia Marinala 100ma giornata Mondiale del Migrante e del RifugiatoMIGRANTI E RIFuGIATI: FRATERNITà PER uN MONDO MIGlIORE

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931 gennaio 2014

ChIESA

Se prima era il Papa che “sceglievae nominava” il presidente dellaCei, con ogni probabilità sarà an-

cora il Papa a nominarlo, ma attraverso“il coinvolgimento di tutti i vescovi nel-l’indicazione di una rosa di 10-15 nomi”da sottoporre al Santo Padre, che “poisceglie chi vuole”. Così monsignor Nun-zio Galantino ha sintetizzato ai giornali-sti - nella sua prima conferenza stampain veste di segretario generale ad interimdella Cei, in occasione della presenta-zione del documento finale del Consigliopermanente - la novità nell’elezione delpresidente della Conferenza episcopaleitaliana, il cui confronto sulle modalitàha occupato “gran parte” dei lavori. Ipresuli, infatti, hanno analizzato le “pro-poste prevalenti” per dare attuazione al“compito ben preciso” a loro assegnatodal Papa nell’assemblea di maggioscorso. “Con qualche sorpresa”, ha rife-rito il segretario, “la stragrande maggio-ranza dei vescovi ha ritenuto dimantenere la peculiarità del rapporto trail Papa e la Chiesa italiana, che prevedeche la nomina del presidente Cei vengadal Santo Padre”. La revisione dello Sta-tuto, ha precisato però mons. Galantino,è un “work in progress”: il Consiglio per-manente di marzo sarà “una primatappa”, “la preoccupazione fondamen-tale è che tutta la Cei venga coinvolta,non abbiamo fretta”. “La Cei - ha ricor-dato a questo proposito - non èun’istanza altra o superiore rispetto aisingoli vescovi: è un organismo diffuso edi servizio. La Cei sono tutti i vescovi,presi singolarmente e tutti quanti in-sieme”.L’Italia non è “la fotocopia” di quanto

successo in Parlamento. “Mi sentirei an-cora più umiliato, se dovessi pensare chel’Italia è la fotocopia di ciò che è successoieri in Parlamento”. Riprendendo la fraseusata dal cardinale Bagnasco nella pro-lusione, “l’Italia non è una palude fan-gosa”, mons. Galantino ha detto che la“bagarre” di ieri nelle aule parlamentariè qualcosa di “scandaloso, mortificanteper l’Italia”, dove però “c’è gente moltopiù educata, consapevole del proprioruolo, anche nello stesso Parlamento”.“Anche noi faremmo bene a tener pre-sente questa parte del Paese davverobuona”, l’invito rivolto in particolare aicomunicatori, esortati a “dare notizia diciò che accade”, ma anche a “far capire

che c’è gente che cammina diversa-mente”. L’esempio citato è la Calabria,regione dove è presente la criminalità or-ganizzata e dove “molto spesso chi nonla pensa come la malavita, non ha glistrumenti per farsi sentire”. È molta dipiù, cioè, la gente che “non è d’accordocon un certo stile di vita, con la maledu-cazione propagandata, vissuta ed eserci-tata”. Altro esempio virtuoso, il “lavorostraordinario” dei volontari nelle carceri,non solo quelli cattolici, ma anche quelli“senza etichetta”.I “numeri” della famiglia. “I numeri

devono aiutarci a fare una politica reali-stica, e non ideologica”. Ne è convintomonsignor Galantino che ha parlatoanche di famiglia. “Sono arrivate circa160-170 risposte” ai questionari inviatidalla Cei in preparazione al prossimo Si-nodo sulla famiglia, segno che “c’è statauna grandissima partecipazione delle re-altà cosiddette periferiche”. Quanto allasituazione generale, “la famiglia fatta daun padre, una madre e dei figli, in Italia,è largamente, ampiamente e decisa-mente superiore ad altre forme di paren-tela affettiva”. “Sono convinto che leautorità pubbliche devono garantire atutti i cittadini i propri diritti”, ha affer-mato mons. Galantino, che ha messoperò l’accento sulla “sindrome dell’im-barazzo” che le famiglie “tradizionali” si

trovano oggi a vivere: “Sembra quasi chele famiglie debbano chiedere scusa diesistere: quando ciò accade, vuol dire chegli equilibri non funzionano”. “Se, adesempio, lo Stato ha dieci euro da spen-dere - si è chiesto il vescovo - e se le fa-miglie composte da padre, madre e figliosono l’80%, mentre le altre forme diunioni affettive sono il 20%, è così stranoche si chieda di tenere conto in percen-tuale di queste fasce? Non in termini dimoneta, ma di attenzione”.Il ruolo del vescovo nella lotta agli

abusi. “Il vescovo non è un pubblico mi-nistero o un pubblico ufficiale, il suoruolo è molto più importante”. Mons.Galantino è intervenuto in questi terminisulla questione della denuncia, da partedel vescovo, alle autorità civili compe-tenti, qualora fosse a conoscenza diabusi. Come è indicato “chiaramente”nelle Linee-guida per i casi di abuso ses-suale nei confronti di minori da parte dichierici, che “presto” saranno rese pub-bliche e la cui “armonizzazione” defini-tiva del testo è stata oggetto di questoConsiglio permanente, il vescovo “è‘padre’ della vittima e ‘padre’ di chi hacommesso il reato”, e il suo compito è di“impegnarsi in tutti i modi a far emer-gere la verità nel suo ambito, che non èun ambito giudiziario”. Nei casi diabuso, comunque sia, “la parte più de-bole è in genere il minore”, come si potràleggere anche nelle Linee-guida, ha assi-curato il segretario, ricordando che nellequestioni di pedofilia “è il vescovo delladiocesi che affronta il caso e istruisce ilprocesso”, mentre la Cei offre “il servizioe il supporto” necessari.Scuola. In piazza san Pietro, il 10 mag-

gio, per “sentire ciò che il Papa ha da diresul mondo della scuola”. Così monsi-gnor Galantino ha illustrato ai giornali-sti il senso dell’appuntamento del 10maggio, il cui slogan è “la Chiesa per lascuola”, senza aggettivi. “La scuola - haosservato mons. Galantino - deve impa-rare a recuperare il suo ruolo fondamen-tale, che non è quello di chi dà risposte,ma di chi mette in mano agli studenti glistrumenti critici per stare in maniera con-sapevole in questo mondo”. “Quando,invece, la scuola si limita a dare rispostea buon mercato, allora scatta la visioneideologica”, ha ammonito.

M. Michela Nicolais

CONSIGLIO PERMANENTE CEICon speranza per la costruzione di una buona storia

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1031 gennaio 2014

SPIRITuAlITà

Continuano a camminare manonella mano le confessioni cri-stiane presenti nell’Arcidiocesi

Catanzaro-Squillace, consapevoli chel’unità è raggiungibile attraverso il dialogoe la comunione. “Cristo non può essere diviso?” (Cor.

1,1-17). Il tema del quarto degli otto in-contri ecumenici, promossi dall’Ufficio perl’ecumenismo e il dialogo interreligiosodell’Arcidiocesi, coordinato da OrlandoMiriello, in collaborazione con la Chiesaevangelica della riconciliazione, la Chiesaevangelica valdese e la Chiesa ortodossa,non poteva non coincidere con quelloscelto per la Settimana di preghiera perl’unità dei cristiani, celebrata dal 18 al 25gennaio. Un’iniziativa spirituale che coin-volge le comunità cristiane da oltre un se-colo. Che invita a pregare per l’unità ditutti i battezzati, secondo le parole di Gesù:“Che tutti siano una cosa sola” (Gv. 17,21). Un percorso verso l’unità arduo, ma non

impossibile. Che ha bisogno di un’aper-tura di cuore e di un dialogo privo di pre-giudizi. Che ha bisogno di comunione enon di frammentazione. Non c’è un Dio migliore dell’altro. Dio è

uno solo. E non può essere diviso. E’ Dioche unisce tutti i Suoi figli con il Suoamore. E chi lo ama non può sentirsi “lon-tano” dai fratelli. Non può essere “diviso”dai fratelli. E’ una consapevolezza fiorita e maturata

nell’animo dei fedeli valdesi, cattolici,evangelisti, ortodossi, che si sono ritrovatimartedì, 21 gennaio, nella chiesa SantaCroce a Catanzaro per pregare e meditareinsieme. Per essere una cosa sola comevuole il Padre, al di là delle differenze,delle divisioni, che non fanno altro che in-debolire la credibilità della fede. Anche suquesto aspetto si sono soffermati l’Arcive-scovo metropolita di Catanzaro-Squillace,S.E. Mons. Vincenzo Bertolone, e i ministridelle confessioni cristiane non cattoliche

intervenuti, padre Luciano Tataro dellaChiesa Ortodossa, pastore Rainer VanGent della Chiesa Evangelica della ricon-ciliazione e pastore Iens Hansen dellaChiesa Valdese.“Sproniamoci a vicenda nell’amore e

nelle buone opere, con la certezza che Diomantiene le Sue promesse ed esaudisce lepreghiere di Suo Figlio e le nostre, affinchétutti siano uno”, ha affermato il pastoreIens Hansen. “Credere alla parola che Dio ci ha la-

sciato. Questo crea una fede autentica.Non fede nell’uomo o in se stessi, ma inDio”, ha detto il pastore Rainer Van Gent.“Il corpo di Cristo è uno solo, non può

essere diviso. Anche se preghiamo in lin-gue diverse, il Signore comprende tutti,perché egli Egli ci ha lasciato. Il Signore ècuore e se non abbiamo amore verso glialtri non possiamo essere figli di Dio”, hacommentato padre Luciano Tataro, che haconcluso, ricordando che, “seppure siamodiversi e abbiamo tradizioni diverse,amiamo un unico Signore. E questo amoreci unisce”.“Una è la fede, una è la speranza, uno è

l’amore”. Parole eloquenti di “Inno allafede” di Ylenia Giampà, con cui mons.

Vincenzo Bertolone ha introdotto la suaomelia, aggiungendo che, purtroppo, irapporti non sono improntati sulla comu-nione. Secondo l’arcivescovo, l’agire del Si-gnore spesso non è il nostro agire.“Occorre comprendere l’amore di Dio, chesi è fatto dono perché penetri nel cuoredegli uomini. E allora – ha detto - tuttosarà più semplice”. Sarà più semplice ilcammino verso l’unità dei cristiani. Uncammino che chiede un coinvolgimentoconcreto. Un agire, fatto di piccoli gesti,animato dall’amore verso tutti, senza di-stinzioni. “E’ solo così che la parola frater-nità acquisterà cittadinanza”, ha spiegatomons. Bertolone. La diversità, vista con gli occhi del-

l’amore, si è trasformata in arricchimentospirituale. Ciascuno nella preghiera haavuto modo di sentirsi dono per l’altro. Econ questo “sentire” i fedeli cristiani delcatanzarese si impegnano, guidati da Dio,a proseguire il loro peregrinare, abbando-nando la strada della divisione.Il prossimo incontro ecumenico sul tema

“Ero nudo….e voi? si terrà martedì 25 feb-braio alle ore 18,30 nella parrocchia del-l’Immacolata in Soverato.

Assunta Panaia

lE ChIESE CRISTIANE hANNO PREGATO INSIEME PER l’uNITàin occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, l’arcivescovo Bertolone è

intervenuto all’incontro fra le confessioni cristiane presso la Chiesa Santa Croce a Catanzaro

Settingiano in festa per il 50° delle Suore

Sono passati cinquant'anni dal 1° Ottobre 1963, da quando le Suore Fran-cescane del Signore hanno messo piede nel comune del Settingiano. Cin-quant'anni al servizio della comunità con varie attività: da quelle

spirituali, all'asilo parrocchiale, fino ai corsi di cucito e di ricamo. Tutte ragioniper le quali le suore hanno avuto da sempre l'ammirazione, la stima ed il ri-spetto dei fedeli. E proprio gli stessi fedeli nel dicembre scorso hanno reso loroun omaggio per questi dieci lustri di attività alla presenza dell’Arcivescovo delladiocesi di Catanzaro-Squillace Mons. Vincenzo Bertolone, dei parroci di Mar-telletto e Settingiano Don Rosario Bevacqua, Don Grégoire Nsabimana e DonMartino Tinello, del primo cittadino Rodolfo Iozzo, del suo vice Mario Felicettae del Priore della confraternita "Maria Ss. della Purificazione" Luciano Bronzi.

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1131 gennaio 2014

SPIRITuAlITà

personaggi biblici... «Padre

Abramo, abbipietà di me»

(Lc 16,24)

«Un tale eraricco...» (Lc16,19a). Così

gesù inizia a descrivere lavita di un uomo che amavaindossare «vestiti di porporae di lino finissimo», e che

«ogni giorno si dava a lauti banchetti» (v.19b). evidentemente, quest’uomo ha ilcuore tutto rivolto alle cose della terra,senza avere alcuna prospettiva d’eter-nità. Per questo, egli vive senza relazionidi verità, di carità, di compassione pergli altri. Questi, infatti, esistevano soloper essere al suo servizio, perché eglisi potesse vestire con indumenti raffi-nati, e perché ogni giorno potesse man-giare a sazietà di quanto era posto sullasua tavola.

Ma nel racconto di gesù gli altri, in par-ticolare, hanno un nome: quello di Laz-zaro, un uomo estremamente povero,interamente coperto di piaghe, che stavagettato alla sua porta (v. 20). Questi nondesiderava il cibo del ricco, ma si sa-rebbe accontentato anche solo degliavanzi che cadevano dalla sua tavola (v.21a). eppure quest’uomo, che viveva allaporta del ricco, che tutti conoscevano (oche almeno potevano vedere), al qualeperfino i cani «venivano a leccare le suepiaghe» (v. 21b), dal ricco non ricevenulla.

Finché un giorno «il povero morì e fuportato dagli angeli accanto ad abramo.Morì anche il ricco e fu sepolto» (v. 22). ecosa succede? Che, mentre Lazzaro si ri-

trova accanto ad abramo, nel regno dellagioia e della vita, il ricco invece si ritrovanegli inferi, tra i tormenti (v. 23). “Ma –qualcuno si chiederà – Dio non è il Padremisericordioso che ci salva tutti?” evi-dentemente, quest’immagine di un Diosolo misericordioso, senza giustizia,spesso propagata anche tra i cristiani,non è un’immagine secondo verità, poi-ché non è l’immagine del Padre chegesù descrive nel Vangelo.

“Certo – si potrebbe ancora dire – mase qualcuno, anche dopo la morte, sipente e chiede a Dio un gesto di miseri-cordia, Dio glielo concederà”. È esatta-mente quello che fa il ricco dellaparabola. egli, infatti, vedendo da lontanoabramo e Lazzaro accanto a lui, richiedea gran voce: «Padre abramo, abbi pietàdi me» (v. 24a). Ma, purtroppo, l’eternitàè separazione, eterna separazione: «tranoi e voi è stato fissato un grande abisso...» (v. 26). Per ereditare la vita eterna oc-corre, dunque, porsi in ascolto non delleproprie idee o dei propri sentimenti, madi Mosè e dei Profeti (v. 29), della Paroladel Signore.

Edoardo M. Palma

“In quella solitudine infinita / traStilo e Arena / … l’anima sicheta …. nel silenzio immobile

del tempo che passa in fretta / e spazza viaogni cosa futile e caduca… / … pulsa di vita,di prece e di silenzio,/ l’antica Certosa che /a Serra di San Bruno ha dato il nome…”[cfr San Bruno, da Colonia alla Certosadi Serra -L’uomo che percorse l’Europa,Rosina Andreacchi, 2011, Squillace]”. Solitudine, silenzio, prece, trinomio

indispensabile per chiunque voglia av-vicinarsi al mondo certosino per cono-scere la vita dei protagonisti dellaclausura bruniana. Il monastero è illuogo della solitudine, della preghiera,del silenzio assoluto, dove i monaci, so-litari di Dio, pervasi di grande spiritua-lità, si riuniscono accomunati dalla vitacontemplativa per rimanere ininterrot-tamente nella luce eterna del Creatore.Sono trascorsi cinquecento anni dal ri-torno dei Certosini nell’eremo di SantoStefano che il 1192 da Papa Celestino IIIera stato dato ai cistercensi che resseroil monastero, “abbazia nullius”, fino al1411. Da tale data la gestione del mona-stero passò in commenda a un prelato

di Napoli, che percepiva le rendite,mentre il Convento venne amministratodal priore fra’ Martino Caracciolo. I ter-reni del Feudo, non prosperando perchéprivi di mezzi, furono alienati e l’Abba-zia di Santo Stefano fu messa a disposi-zione di papa Leone X, che, soppressalegalmente la gestione dei commenda-tari, la donò ai certosini. Con l’approva-zione del Capitolo di Grenoble e connulla osta regio il monastero serresepassò ai certosini. Il 25 febbraio 1514, ac-colti festosamente dai serresi, tre monacibruniani ritornarono in Certosa: Jacopod’Aragona, Pietro Riccardis e CostanzoDe Rigetis.

Il 19 luglio 1514 lo stesso pontefice au-torizzò il culto di San Bruno con la suacanonizzazione. Due date significative (25 febbraio e

19 luglio 1514) che richiedono la dovutaattenzione da parte della comunità ser-rese, del Comune, della Regione che siapprestano alla commemorazione. È il quinto centenario che ci coinvolge

alle varie manifestazioni il cui avvio èstato dato a Roma nella Basilica di SantaMaria degli Angeli e dei Martiri (scol-pita fra il 1766 e il 1768 da Jean AntoineHoudon) dove il priore della Certosa diSerra, dom Jacques Dupont, ha presen-tato l’icona del Santo di Colonia, bene-detta il 27 novembre u.s. da Sua SantitàPapa Francesco. L’icona, a firma MadreMirella Muià (eremita, Monserrato-Ge-race), è esposta nella cappella esternadella Certosa di Serra S. Bruno. (Foto ri-portate, Papa Benedetto benedicel’icona di San Bruno –Copertina libro“San Bruno, da Colonia alla Certosa diSerra -di Rosina Andreacchi).

Bruno Tozzo

VERSO IL 5° CENTENARIO RITORNO CERTOSINI A SERRA SAN BRUNO

E LA CANONIZZAZIONE DEL SANTO CHE AMÒ IL SILENZIO

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1231 gennaio 2014

TERRITORIO

Anche quest’anno il giorno 24gennaio, dedicato alla memoriadel santo sacerdote Francesco

di Sales, ha costituito per i tanti giornali-sti ed operatori radiotelevisivi cattolici at-tivi a Catanzaro e nel territorio diocesanouna felice occasione di incontro allamensa del Signore per riflettere con mons.Bertolone sui problemi inerenti alle Co-municazioni sociali, che, secondo il mes-saggio di Papa Francesco per la 48maGiornata, devono essere al servizio diun’autentica cultura dell’incontro.Alla celebrazione eucaristica presieduta

dall’Arcivescovo hanno preso parte sul-l’altare mons. Raffaele Facciolo, VicarioGenerale e direttore di “Comunitànuova”, don Giovanni Scarpino, direttoredegli Uffici regionale e diocesano per leComunicazioni Sociali, don Giuseppe Sil-vestre, Vicario del Settore Sud, e nell’as-semblea dei fedeli laici molti illustriesponenti del mondo della comunica-zione; tra questi il dott. Vincenzo De Vir-gilio, il prof. Cesare Mulè e il prof.Antonio Fazio, che al termine hanno rice-vuto un gradito premio (un quadro conl’immagine di S. Francesco di Sales) in ri-conoscimento dei meriti da loro accumu-lati nella lunga attività giornalistica(professionistica per il primo, pubblici-stica per gli altri due). Non potevano

certo mancare il dott. Giuseppe Soluri, sti-mato presidente dell’Ordine dei Giorna-listi della Calabria, e il prof. GiuseppeD’Agostino, decano dei giornalisti cala-bresi, premiato nel 2013. Ognuno dei pre-senti ha potuto trovare una copia del testodel Messaggio del Papa per la GiornataMondiale delle Comunicazioni Sociali2014, dal titolo “Comunicazione al servi-zio di un’autentica cultura dell’incontro”. Dopo la proclamazione della Parola di

Dio (brano evangelico sulla missionedegli Apostoli), il Vescovo ha preso la pa-rola per ringraziare i giornalisti del pre-

zioso servizio da loro reso con compe-tenza e passione e per rivolgere loro unmessaggio di speranza e fiducia, al di làdella realtà infernale che siamo costretti avivere, con riferimento al recente episo-dio di Cassano, espressivo di totale as-senza di pietà.«Di fronte ad episodi raccapriccianti

come l’uccisione di un bambino di treanni, non ci si può limitare ad un’effimeraindignazione ma bisogna provvedere su-bito ad una iniezione di speranza e co-raggio nel popolo sgomento, per unirsi alRedentore nel suo progetto di salvezza. E

Celebrata la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti

Mons. Bertolone: “Il giornalista a servizio della verità”Riconoscimenti a Cesare Mulè, Antonio Fazio e Vincenzo De Virgilio

Nell’Aula “S.Petri” dell’Arcivesco-vado di Catanzaro, si è svolto, gio-vedì 23 gennaio u.s., l’incontro tra

l’Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squil-lace, Mons. Vincenzo Bertolone, i DirigentiScolastici e i docenti delle scuole, invitati con lafinalità di dare l’avvio al progetto della CEI “LaChiesa per la Scuola”. Il progetto si inscrivenell’ambito del Decennio dell’Educazione i cuiorientamenti pastorali si ritrovano nel testoEducare alla Vita buona del Vangelo che offreall’attento lettore spunti di forte suggestione ri-guardo al servizio scolastico:necessità di educareal discernimento e all’identità, per una Scuoladell’accoglienza e dell’integrazione, per una for-mazione integrale della persona; il testo, altresì,affronta temi di alta valenza pedagogica come la

“passione” per l’insegnamento, i compiti dellaScuola e della Famiglia.E’ intervenuto il dott. Gregorio Metrcurio co-

ordinatore dell’Ufficio Provinciale della Pub-blica Istruzione e in rappresentanza delDirettore Generale dell’Usr Calabria.Egli ha sa-lutato positivamente l’incontro,sottolineandoche la Chiesa è un soggetto primario di educa-zione e formazione ,La Chiesa, attraverso lostrumento dell’Autonomia scolastica, è un vali-dissimo collaboratore offrendo occasioni, conte-nuti e finalità di altissimo profilo sul pianodell’Educazione dei Ragazzi.L’incontro, organizzato dall’Ufficio di Pasto-

rale Scolastica diretto da Annamaria FontiIembo,h a visto innanzi tutto l’intervento didon Luigi Martucci della Scuola Salesiana di

Soverato, il quale ha illustrato il testo La Chiesaper la Scuola, che la CEI ha pubblicato e che con-tiene in sintesi i lavori dei Laboratori svolti nelmese di maggio 2013 su sette temi essenziali:educazione, europa,insegnanti,generazioni e fu-turo,umanesimo,autonomia e sussidiarietà,co-munità e alleanza educativa.La Iembo , riguardo alla formazione integrale,

si è rifatta alle parole di Sant’Agostino:”Domi-nus enim noster Jesus Christus, ea quae faciebatcorporaliter, etiam spiritualiter volebat intel-ligi.Neque enim tantum miracula propter mi-

Presentato il progetto CEI

“La Chiesa per la Scuola”

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TERRITORIOi giornalisti possono unirsi a Lui con i lorostrumenti specifici: la penna o la tastieradel computer, che, come la croce, possonoessere preziosi strumenti di salvezza. Mai loro diversi effetti dipendono da chi liusa e da come vengono usati; gli stru-menti di comunicazione non sono a prioripositivi o negativi ma sono legati ai valoridi riferimento di coloro che ne fanno uso,ai contenuti scaturiti dalla mente e dalcuore della persona che li adopera».Mons. Bertolone si è poi soffermato

sulla figura di S. Francesco di Sales, qualesacerdote e giornalista d’assalto che nel1594 si trovava ad operare nella Svizzeracalvinista, dove da quasi 60 anni (1535) laChiesa cattolica non aveva più alcuna in-fluenza e i preti cattolici non erano vistidi buon occhio. Nessuno lo ascoltava equalcuno metteva in pericolo anche la suasicurezza fisica. Ma la successiva conver-sione di molti fu il frutto maturo di unapostolato “giornalistico” realizzato condei foglietti sulla dottrina cattolica e fon-dato su due pilastri: una solida forma-zione dottrinale e un atteggiamento didialogo fraterno, pacato e sereno, voltoalla conquista amorevole dell’interesse al-trui piuttosto che sulla condanna rab-biosa. «La comunicazione della fede,seppure costante nei suoi validi conte-nuti, richiede nella forma un opportunoadattamento al mondo che cambia».«Tra i rischi dell’attività giornalistica

emergono evidenti la strumentalizza-zione e la mistificazione dei fatti riferiti: lisi cambia o li si interpreta secondo ideeprecostituite o per secondi fini più omeno evidenti. Ma anche nel dire la ve-

rità ci vuole rispetto per le persone, chenon sono numeri né oggetti a proprio usoe consumo; le notizie offerte devono in-formare fedelmente sui fatti nuovi maanche suscitare riflessioni, critiche e sug-gerimenti, evidenziare anche gli aspettipositivi ed infondere fiducia e speranza.Negli articoli di stampa e nei servizi ra-diotelevisivi, poi, i giornalisti cattolici, inquanto discepoli di Cristo, non possonoesimersi dal trasmettere con le proprie pa-role, condite di passione, speranza, coe-renza quotidiana, quella Parola eterna diamore, luce, gioia, giustizia e verità chesta a fondamento e compimento di tuttoquanto esiste e che prima o poi trova co-munque piena realizzazione nel dono disé e nella pace».Al termine della S. Messa il presidente

Giuseppe Soluri ha sviluppato alcuni con-cetti sul ruolo del giornalista nel nostrotempo, caratterizzato dalla rete Internet e

dall’ampia diffusione dei social network«Rispetto ad altre figure professionali –

ha detto – i giornalisti hanno qualche re-sponsabilità in più per quanto riguarda lacorrettezza, la credibilità e il rispetto deglialtri. I destinatari dei servizi giornalisticinon devono essere traditi con notizie falseo imprecise o magari vagamente attri-buite ad alcuni ambienti autorevoli persuffragare come verità quelle che sonosolo ipotesi o opinioni soggettive (“In am-bienti… si dice che…”). I giornalisti de-vono ricercare la verità, intesa comecorrispondenza alla realtà, non devonosottacere niente ma neanche lasciarsiprendere dalla superficialità e dal gustodel sensazionale; quindi sono tenuti al ri-goroso controllo delle fonti, accertandosi“ossessivamente” della loro autenticità.La crisi economica, sociale, morale e spi-rituale in cui viviamo ha determinato o al-meno reso più evidente un certodisorientamento per la perdita dei puntidi riferimento prima saldi e indiscussi; igiornalisti, che sono figure fondamentalidi ogni comunità, hanno pertanto il do-vere di riferirsi saldamente a questi punti,che consistono nei valori fondamentali diogni convivenza civile: rispetto, verità,giustizia, libertà».Dopo le considerazioni appena riferite,

il presidente Soluri ha tracciato breve-mente le linee principali dei percorsi divita dei tre giornalisti premiati, che hannodato e continuano a dare onore alla nostracittà e che hanno ricevuto il meritato ri-conoscimento dalle mani di don GiovanniScarpino e dell’Arcivescovo.

g.,m.

racula faciebat; sed ut illa quae faciebat, mira es-sent videntibus, vera essent intelligenti bus”-bi-sogna , cioè, non solo stupirsi delle cose maoccorre capirle e intenderle nel loro profondo si-gnificato e senso. Questa è la necessità della for-mazione integrale: l’allievo deve essere formatoed educato in corpo e spirito perché acquisti lapersonalità matura. Anche la partecipazionestudentesca deve essere curata, educata, con ri-ferimento ad un quadro valoriale oggettivo cheincluda nei fini la difesa della vita, la solidarietàe l’amore.

L’Arcivescovo Bertolone ha ribadito la vici-nanza della Chiesa alla Scuola, rammentandoche la nostra cultura europea è cattolica:chiun-que volesse contraddire il generoso fermentoevangelico che la contraddistingue, farebbeun’azione poverissima di significato e inutile!laradice cristiana non può essere eradicata dallanostra storia!Per l’Arcivescovo “affermare che tra i Diritti

umani quello che occupa il primo posto è la Li-bertà, significa implicitamente affermare che laprima Libertà è quella religiosa”. Poi si è soffer-mato sugli aspetti costitutivi della nostra Re-ligione che si sostanziano in tre componenti:Chiesa, Cattolicesimo, Mondo Cattolico.A prescindere dalla percentuali di pratica re-

ligiosa, dagli eventuali contrasti interni nelleAssociazioni, la Chiesa è l’universale Soggettoemanato da Dio stesso, ed ha il diritto-dovere diformare e istruire i suoi cattolici, integralmente.“Noi abbiamo ricevuto – ha detto il Vescovo -

un patrimonio sublime che è la Fede in Cristo

Gesù! Non possiamo disperdere questa ric-chezza, questa essenziale ragione di vita, questaSumma che ci fa essere fratelli in Cristo, che ciconsente di “capire” e di “amare”. Abbiamotutti una grande responsabilità,quella cioè di do-vere trasmettere ai nostri Figli la nostra Fede!Parliamo pure di nuova Humanitas, ma che siauna umanità che metta al centro la personaumana, che non sia una umanità priva dellapietas!”. L’Arcivescovo ha invitato tutti ad essere te-

stimoni di civiltà cristiana, non temendo la de-bolezza e le difficoltà, ma attingendo alla forzache viene direttamente da Dio.A tutti i presenti è stato chiesto di organiz-

zare per la fine di gennaio e la prima decade difebbraio, delle iniziative volte a dare corpo e so-stanza al progetto, in vista del grande incontrodi S.S.Papa Francesco il 10 maggio prossimo,quando Egli incontrerà la Scuola Italiana inPiazza S.Pietro.

a.f.i.

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TERRITORIO

Domenica 26 gennaio us, nellachiesa della Roccelletta, durantela celebrazione della Santa

Messa,si è svolta la cerimonia di consa-crazione di alcune sorelle dell’Ordo Vi-duarum dell’Arcidiocesi diCatanzaro-Squillace. Tre sorelle sono stateammesse nel Gruppo , una ha emesso laprofessione temporanea e altre tre, dopoun cammino formativo di cinque anni, laprofessione perpetua. Nel corso del-l’omelia, l’arcivescovo, S. E. Mons. Vin-cenzo Bertolone, ha sottolineato il valoredella consacrazione in vista di una pre-senza operosa nella Chiesa e, tra le altrecose, ha ricordato che nei primi secoli levedove accerchiavano il Vescovo nel pre-sbiterio, in quanto rappresentavanoquella fetta del popolo di Dio di cui do-veva prendersi maggior-mente cura. Prima diiniziare la celebrazione,l’assistente, don VincenzoLopasso, nel rivolgere al-cune parole di saluto,aveva evidenziato come ilgruppo delle Vedove siatra le realtà ecclesialiquella meno visibile, maforse quella che più dellealtre, in ciascuno dei suoimembri, incarna i valoridella semplicità, della po-vertà evangelica, del di-stacco, dell’abnegazione,della rinuncia, valori chePapa Francesco considerafondamentali per un’au-tentica crescita del singoloe della comunità. AllaSanta Messa hanno concelebrato, oltre adon Vincenzo, don Orazio, don MarioOlanda, don Angelo Procopio, don Gre-gorio Mondillo. Quasi tutte le sorelle del-l’Ordine erano presenti.Per le nuove consacrate si è trattato di

un giorno importante al quale si sono pre-parate da tempo, soprattutto nell’ultimoanno, il 2013, che a livello formativo si èsvolto come di consueto. Durante il ritiromensile, la quarta domenica del mese, èstato approfondito il tema dei Novissimi,secondo le indicazioni date dall’Arcive-scovo per tutte le comunità diocesane du-rante il Convegno del settembre 2012dedicato proprio a questo tema. Quellodella quarta domenica di ogni mese èormai diventato un appuntamento fissoper il gruppo delle Vedove. Dopo un in-tervallo di quasi due anni, duranti i qualisi sono svolti i lavori di ristrutturazione e

di restauro, si è ritornare alla sede uffi-ciale, nei locali dell’ex Seminario Estivodella Roccelletta. L’assistente, partendoda testi biblici, soprattutto tratti dai Van-geli, ha messo in evidenza il carattere at-tuale del messaggio sulle cose ultime pertutti i cristiani, ma in particolare per le ve-dove chiamate a vivere in maniera trasfi-gurata l’amore dello sposo terrenonell’oggi. Per la vedova consacrata que-sto messaggio è quanto mai significativo.Ella è chiamata a riscoprire, spesso nellasolitudine e nel distacco, l’efficacia dellerealtà celesti, e a imparare ogni giorni lasperanza. L’opera dell’assistente, in sua assenza,

è stata proseguita da mons. EugenioAiello, padre spirituale del Seminario sanPio X, il quale è orami di casa nel Gruppo.

Quest’anno ha proposto alcuni temi sullafede, ispirandosi a brani appositamentescelti dalle Sacre Scritture. Nel mese diFebbraio, partendo dal cap. 11 della Let-tera agli Ebrei, ha dato un ampio sguardosu “La fede nelle Sacre Scritture”, soffer-mandoci a riflettere su quei “grandi cam-pioni della fede” (Enoch, Noè, Abramo,Giacobbe, Mosè), di cui l’autore della let-tera tesse l’elogio, fino ad arrivare a Cristo«autore e perfezionatore della fede». Nelmese di Marzo si è riflettuto sul tema “Lafede viene dall’ascolto”, partendo propriodall’affermazione che l’apostolo Paolo fain Romani 10, 9-17, evidenziando gli ele-menti che costituiscono e caratterizzanol’ascolto della Parola di Dio. Particolar-mente significativa è stata la giornata dispiritualità vissuta, nel mese di Aprile, aRosarno (RC), con il gruppo delle Vedovedella Diocesi di Oppido Mamertina –

Palmi. Il tema è stato “Paura, fede e ri-cerca del miracoloso”, partendo dall’epi-sodio della “Tempesta sedata”, tratto dalVangelo di Marco 4, 35-41. La gioia delpregare e dello stare insieme ha caratte-rizzato il clima della giornata. Nel mesedi Maggio non si poteva non vivere lagiornata di spiritualità sotto lo sguardomaterno della Madonna. Il tema della me-ditazione questa volta è stato: “Beata teche hai creduto”, tratto dal brano della Vi-sitazione di Maria alla cugina Elisabetta,così come ce lo racconta Luca 1, 39-45.Nell’ultimo periodo dell’anno si sono

svolti, come di consueto, gli Esercizi Spi-rituali, presso la casa di accoglienza diTorre di Ruggero, tra il 30 settembre e il 3ottobre. Don Vincenzo ha scelto cometema la misericordia, in linea con le indi-

cazioni pastorali dell’Ar-civescovo sul nuovoanno. Erano presenticirca venticinque sorelle,le quali, lontano dalle so-lite occupazioni familiari,sono state invitate a ri-scoprire il gusto dellapreghiera e dell’amiciziaspirituale tra di loro.Orami anche l’appunta-mento di Torre, all’ombradella Vergine, è un ap-puntamento fisso, chetutti attendono con gioia.Oltre alla visita a Ro-sarno, già menzionata,dalla consorella NorinaVentre, chiamata mammaAfrica, per il suo interes-samento alle persone

provenienti dal continente africano e peri più bisognosi, menzionano il pellegri-naggio svolto nel mese di gennaio a Para-vati per pregare il Signore accanto allatomba di Natuzza. Una nota di sofferenzaha colto le consorelle nell’apprendere il 24novembre della morte di Teresa Lucia, al-l’età di 73 anni, una delle sorelle dellaprima generazione, seguite da padre Ni-cola Criniti, la quale ha vissuto il suo pe-riodo di vedovanza, durato circa quindicianni, con spirito di fede, e sempre attentaalla vita del gruppo. Da tutti era conside-rata la “santa Teresina” del Gruppo, peril suo attaccamento alla preghiera e so-prattutto alla preghiera della Liturgiadelle Ore. Negli ultimi tempi, provatadalla sofferenza che l’ha resa quasi ina-bile, si è distinta per un forte spirito di ab-bandono nelle mani del Signore.

Vincenzo Lopasso

Nuove consacrazioni nell’Ordo Viduarum

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TERRITORIO

Promossa dall’arcidiocesi metro-politana di Catanzaro- Squillace,dall’Università “Magna Grae-

cia”, dall’Istituto Teologico Calabro,dalla Fuci, dal Meic, dalla Confacit, dal-l’Associazione “Oscar Romero” e dal-l’associazione “Libera”, ha avuto luogo,giovedì 30 gennaio, nella Chiesa Parroc-chiale “Madonna di Pompei”, la presen-tazione del libro di mons. GiuseppeSilvestre “Il problema etico nel dialogoecumenico ed interreligioso” (la ron-dine, 2013).Moderati da Emanuela Gemelli, gior-

nalista del TGR Calabria, sono interve-nuti padre Felice Scalia, gesuita edirettore della rivista “Presbyteri, il prof.Antonino Mantineo, ordinario di DirittoEcclesiastico e Canonico presso l’Uni-versità “Magna Græcia” di Catanzaro, laprof.ssa Giuliana Martirani, già docentedi Geografia Politica presso l’Università“Federico II” di Napoli, e l’autore. Le ra-gioni della pubblicazioni sono state illu-strate dall’editore Gianluca Lucia. Laserata è stata animata dal Coro ecume-nico, diretto da Ilenia Giampà. Per l’oc-casione i lati delle due navate laterali delpresbiterio sono state arricchite da unesposizione di quadri dell’artista Nun-zio Ardiri, che ha pure realizzato l’opera“Dio, il cosmo, la pace” in copertina allibro di don Pino.Per padre Felice Scalia “parlare di ecu-

menismo, in tempi in cui la chiesa è di-ventata spesso autoreferenziale,rappresenta una sfida culturale abba-stanza coraggiosa. La proposta argo-mentativa di don Pino ci fa vedere unDio che cammina con l’uomo. Nono-stante le diverse visioni antropologiche esociologiche espresse dai diversi credireligiosi, il dialogo ecumenico ci aiuta ad

umanizzare l’uomo. Bisogna fondare ildialogo su quei ‘valori morali comuni’ etentare il cammino possibile.“La vita - ha affermato il prof. Manti-

neo- è un dono. L’uomo d’oggi deveavere speranza e fiducia nella vita, cheva difesa sempre e non solo dal mo-mento del concepimento fino all’ultimorespiro, ma anche nella gestione dellepolitiche sociali, chiamate, con la ricercadi valori comuni, a dare risposte con-crete all’uomo d’oggi, al rispetto dellasua dignità, alla promozione del benecomune. Dobbiamo cambiare direzione,e finire come Chiesa di parlare di valorinon negoziabili. Perché laddove ci sonovalori non negoziabile significa ancheche ci sono valori negoziabili. E questonella logica del Vangelo non è possibile”. Per la prof.ssa Martirani “il libro ci re-

gala la speranza, perché ci offre la possi-bilità di vedere la realtà in processi dicambiamento”. “Come Chiesa –ha dettoancora la docente- è necessario che im-pariamo a fare ecumenismo vero. Dameridionali, apriamo il vaso di Pandorae facciamo uscire la speranza”.Don Pino ha sottolineato che la sua fa-

tica si muove su due percorsi. “Il primoriguarda la dimensione dell’etica neiconfronti del movimento ecumenico,alla luce delle Scritture e delle argo-mentazioni dei Padri della chiesa; il se-condo percorso afferisce al dialogointerreligioso, che scaturisce dalla leggenaturale, dalla valorizzazioni delle co-scienze e da orientamenti socio-culturalicondivisi, quali la ricerca della pace,della giustizia, del rispetto del creato”. Nel testo l’autore sviluppa in otto ca-

pitolo, racchiusi tra una introduzione euna conclusione, il tema dell’eticità, che,nel dialogo ecumenico e nel rapporto

con le altre confessioni religiosi, si rivelaestremamente significativo e importaneper una sua ricaduta sulla vita spiritualedel cristiano e sulla sua specifica iden-tità. L’autore ripercorre la ricca produ-zione di documenti che nel corso degliultimi decenni i diversi credi religiosihanno sottoscritto per dare risposte con-crete all’inquietudine , proponendodelle vie e dei precetti di vita per con-servare e far progredire verso l’unità deicristiani i beni spirituali e morali ed i va-lori socioculturali presenti tra le più si-gnificative confessioni cristiane (Chieseortodossa, anglicana, luterana, calvini-sta, valdese).Il libro si pregia di una prefazione fir-

mata da mons. Vincenzo Bertolone, arci-vescovo metropolita diCatanzaro-Squillace, e della postfazionedi Alberto Scerbo, ordinario di Filosofiadel Diritto presso l’Università “MagnaGraecia” di Catanzaro, ed ospita, in ap-pendice, tre contributi curati, rispettiva-mente, dal pastore valdese Jens Hansen(“Etica ed ecumenismo”), dalla prof.ssaPaola Chiarella (“Una variante modernadella giustizia: i diritti sul proprio corpoin tempo di malattia”), assegnista di ri-cerca presso l’Università “Magna Grae-cia” di Catanzaro e dal giovanegiornalista Luigi Mariano Guzzo (“DaAntonio Lombardi al Concilio VaticanoII, un invito al dialogo tra le diverse cul-ture e religioni”). Jens Hansen, Paola Chiarella e Luigi

Mariano Guzzo hanno animato il dibat-tito sottolineando, ognuno dal suopunto di vista, l’importanza del dialogoecumenico e interreligioso.

Teobaldo Guzzo

Presentato a Catanzaro il nuovo libro

di mons. Silvestre

IL PROBLEMAETICO

NEL DIALOGOECUMENICO

EDINTERRELEGIOSO

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TERRITORIO

L'arcivescovo di Catanzaro-Squillace, mons. VincenzoBertolone, con una solenne

celebrazione, ha presentato nei giorniscorsi i nuovi parroci della parrocchia“Santa Croce in Catanzaro” . Si trattadi Padre Franco Lenti e Padre gio-vanni Tolaro dei Minimi di San Fran-cesco di Paola. Un giorno di festa e digioia per la famiglia parrocchiale diPontepiccolo.

Mons. Bertolone ha invitato tutti, in

nome di quell'agnello che si è immo-lato diventando "luce" per illuminareil nostro cammino, a sentirsi comunitàdi amore che si caratterizzi per la cre-scita della fede, per una speranzache vigili ed una carità operosa. "es-sere buoni sacerdoti innamorandosie facendo innamorare ogni giorno delSignore". Questo l’augurio di Sua ec-cellenza per Padre giovanni e PadreFranco.

Sebastian Ciancio

Insediati a Catanzaro i nuovi parroci della parrocchia “Santa Croce”

“Destinazione mondo”:que-sto lo slogan della Gior-nata dei Ragazzi

missionari 2014, promossa dal Centrodiocesano Missionario diretto dal sacer-dote don Giuseppe Fiorenza, e svoltasi il19 gennaio 2014 nell’Auditorium del-l’Istituto di istruzione sup. E. Fermi diCatanzaro Lido. In un clima di festa edaccoglienza gioiosa i circa 200 parteci-panti hanno potuto fare il giro delmondo in un pomeriggio.Arrivati da Badolato Marina, Da-

voli Marina, Madonna di Pompei,Borgia ,Gagliano S.Elia, Casciolinocarichi di entusiasmo, tutti hannocontribuito , con un canto, una poesia, un mimo o il racconto di un’ espe-rienza, a rendere questo momento unincontro speciale. Un’ intera classe diIV elementare accompagnata da geni-tori e maestra sono giunti da Bado-lato Marina per condividere con tutti,il loro percorso di preghiera, diven-tato cammino formativo , crescitaumana, gioia di vivere nella diversitàche arricchisce. Un ruolo centrale è statoquello del magnifico circo missionarioM.G.C. , che con la sua allegria ha coin-volto tutti , ma veramente tutti, nessunosi è potuto sottrarre, dal ruolo assegnatodai divertenti pagliacci Alessia e Fischius.E tra un ballo e un canto , il clima dive-

nuto sempre più familiare ha permesso aGesù di passare abbattendo barriere ecreando fraternità, il canto Gesù che stapassando è divenuta esperienza concretae visibile, toccata veramente con manonel momento di preghiera, presieduto daDon Pino Silvestre, un silenzio ed unclima da Paradiso.Passando per i cinque continenti, gui-

dati dalla parola di Dio proclamata, at-

traverso le immagini della missione i ra-gazzi si sono impegnati: a sognare senza immaginare qualcosa

di irraggiungibile, ma trasformando lapropria vita in qualcosa di nuovo; a lasciare fiduciosi la loro terra per in-

camminarsi verso la meta che non è unluogo ben definito, ma un incontro sem-pre nuovo con l’altro;a incontrare il povero, il “ diverso”,

l’indifeso, l’emarginato, vincendo gli

egoismi che caratterizzano la loro esi-stenza, rafforzando sempre più la lorounione con Gesù ;a condividere gli uni con gli altri,a sperare nel cambiamento, nella me-

tamorfosi, per tanti coetanei che hannogià perso ogni speranza e annegano nellefutilità di una vita vuota.Hanno pubblicamente assunto l’impe-

gno di mettersi “ sulle strade “, consa-pevoli che esse rappresentano per loro illuogo da cui partire per la loro azionemissionaria. La strada è il luogo in cui Gesù ha tra-

scorso la maggior parte del suo tempo,dove ha fatto gli incontri più belli, più de-cisivi dove ha portato la buona notizia.

Ecco perché anche loro i ragazzi missio-nari, vogliono mettersi in strada, sul Suoesempio per portare ma anche per rice-vere la buona notizia del Vangelo.In questo incontro hanno acquisito la

consapevolezza che non possono im-provvisare il cammino, devono averequalcuno che li guidi e conosca la strada,e chi meglio di Gesù? Sarà Lui la loroguida, sarà Lui il loro navigatore satelli-tare: solo così saranno certi di non per-

dere l’orientamento camminfacendo. “Destinazione mondo” èciò che hanno scritto come indi-rizzo, perché questo annuncio disalvezza vada a tutti i popoli e intutti i continenti; nessuno è esclusoda questa festa, anzi solo coinvol-gendo tutti avrà senso mettersi instrada. Ma quali strade del mondo pos-

siamo e dobbiamo percorrere? PapaFrancesco lo chiarisce: “ la missio-narietà non è solo una questione diterritori geografici, ma di popoli, dicultura e di singole persone, pro-

prio perché i confini della fede non attra-versano solo luoghi e tradizioni umane,ma il cuore di ciascuno uomo e ciascunadonna”. Destinazione mondo è allora na-vigare con Gesù facendosi compagni diogni persone che incontriamo, un’amici-zia tra gli uomini con lo stile di Gesù incui l’altro non è “ un forestiero” ma unfratello; non è un nemico ma un amico;un dono prezioso che arricchisce ogni esi-stenza umana.Non si viaggia tanto per viaggiare, ma

per conoscere, per fare amicizia, per co-struire ponti fraterni. Siete pronti per ini-ziare il viaggio nel mondo? Zaini inspalla … Si PARTE!!!!

Anna Gangale

Celebrata la Giornata dei Ragazzi Missionari 2014