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POLIPORTO Soverato CZ Rilievo geomorfologico in un’area archeologica a forte erosione TAVOLA GRAFICA Atti presentati al 3^ Work shop Termoli 3 – 4 ottobre 2014 Erosione costiera in siti di interesse archeologico Relatori: Geol. Carmine Nigro; Geol. Francesca Cristina Lucieri; Geol. Gioacchino Lena Autorizzazione n. 346 del 13/01/2014 - SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA CALABRIA Collaborazione con Geomeda & Engineering Srls – SIGEA – Gr.Archeologico “P.Orsi”

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POLIPORTO Soverato CZ

Rilievo geomorfologico in un’area archeologica a forte erosione

TAVOLA GRAFICA

Atti presentati al 3^ Work shop Termoli 3 – 4 ottobre 2014 Erosione costiera in siti di interesse archeologico

Relatori: Geol. Carmine Nigro; Geol. Francesca Cristina Lucieri; Geol. Gioacchino Lena Autorizzazione n. 346 del 13/01/2014 - SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA CALABRIA

Collaborazione con Geomeda & Engineering Srls – SIGEA – Gr.Archeologico “P.Orsi”

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POLIPORTO

Rilievo geomorfologico in un’area archeologica a forte erosione

ABSTRACT

La morfodinamica dell’ambiente litoraneo-costiero è definita dalla combinazione di eventi e di caratteristiche marine e continentali le quali determinano uno specifico dinamismo con effetti morfologici di breve e di lungo termine. Esempio paradigmatico di questa situazione è il sito di Poliporto di Soverato che presenta gli elementi tipici di una spiaggia interessata da fenomeni erosivi. La spiaggia emersa ha una composizione prevalentemente granitica, derivata dall’ambiente geologico retrostante ma poggia su un basamento di età miocenica costituito da depositi conglomeratici eteropici con un complesso arenaceo.

L’area di Soverato è nota da tempo per avere un notevole patrimonio storico/ archeologico fra i quali spiccano i siti di Stalettì, la necropoli brettia di Montauro, gli insediamenti ellenistici di Isca sullo Ionio, di Gagliato e del centro antico di Soverato, distrutto dal terremoto del 1783 e abbandonato in seguito alla quasi totale distruzione. L’area sommersa di Poliporto individua la possibilità di realizzare un percorso archeologico subacqueo coniugando le azioni di tutela e fruibilità. Nell’area è infatti nota, ma non studiata, una cava di grandi proporzioni di macine da mulino molte delle quali ancora non staccate dal fronte di cava intagliato nell’affioramento conglomeratico che costituisce la basa della spiaggia.

Nell’ambito del presente progetto si è inteso esaminare, rilevare e caratterizzare le forme presenti nel paesaggio (costiera e sommerso) per risalire ai quei fattori, fenomeni e processi che hanno concorso e tuttora concorrono al modellamento dell’ambiente litoraneo. Si sono definite così le tendenze evolutive dell’ambiente costiero studiato, includendo il profilo geologico emerso/sommerso, allo scopo di favorire quei processi “naturali” che determinano azioni atte a preservare l’ambiente archeologico sommerso.

Lo studio eseguito dai tecnici della “Geomeda sezione ISS”, con tecniche di rilevamento geologico subacqueo nell’ambito del progetto della Soprintendenza della Regione Calabria “Soverato (CZ)- Area Archeologica sommersa in località Poliporto - in collaborazione con l'Associazione Kodros (studi archeologici) e coordinati da SIGEA.

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POLIPORTO

Rilievo geomorfologico in un’area archeologica a forte erosione

Indice:

PREMESSA E NOTE ARCHEOLOGICHE “AREA SOVERATO”

METODI DI RILEVAMENTO

EVOLUZIONE DELLA LINEA DI COSTA

CARTA GEOLOGICA “POLIPORTO”

ELEMENTI MORFOLOGICI RILEVATI

CONCLUSIONI

Bibliografia TAVOLA GRAFICA

Macina sommersa- Foto gruppo Archeologico Soverato “ P. ORSI”

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PREMESSA E NOTE ARCHEOLOGICHE “AREA SOVERATO”

L’area di Soverato è nota da tempo per la presenza di un notevole patrimonio

storico/archeologico fra i quali spiccano i siti di Stalettì, la necropoli brettia di Montauro, gli

insediamenti ellenistici di Isca sullo Ionio, di Gagliato e del centro antico di Soverato, distrutto

dal terremoto del 1783 e abbandonato in seguito alla quasi totale distruzione. L’area sommersa

di Poliporto individua la possibilità di realizzare un percorso archeologico subacqueo

coniugando le azioni di tutela e fruibilità. Nell’area è infatti nota, ma non studiata, una cava di

grandi proporzioni di macine da mulino molte delle quali ancora non staccate dal fronte di cava

intagliato nell’affioramento conglomeratico che costituisce la base della spiaggia.

Nell’ambito del presente progetto si è inteso esaminare, rilevare e caratterizzare le forme

presenti nel paesaggio (costiero e sommerso) per risalire ai quei fattori, fenomeni e processi che

hanno concorso e tuttora concorrono alla modellamento dell’ambiente litoraneo. Sono state

definite così le tendenze evolutive del sito includendo il profilo geologico, allo scopo di

favorire lo sviluppo di tecniche di rinaturalizzazione per la mitigazione e la salvaguardia

dall’erosione costiera, atte a preservare l’ambiente archeologico sommerso.

Lo studio è stato eseguito dai tecnici della “Geomeda & engineering Srls, sezione ISS

(Immersioni Scientifiche Subacquee)”, con tecniche di rilevamento geologico subacqueo

nell’ambito del progetto della Soprintendenza della Regione Calabria “Soverato (CZ) - Area

Archeologica sommersa in località Poliporto- in collaborazione con l'Associazione Kodros

(Studi Archeologici) e coordinati da SIGEA.

METODI DI RILEVAMENTO

Il rilievo geologico di aree sommerse presenta singolarità e problematiche non sempre

riconducibili ai metodi e alle tecniche collaudate del rilievo geologico per le aree emerse. Per

la strutturazione della legenda, l’individuazione delle unità geologiche individuate (emerse e

sommerse) si è fatto riferimento alla nuova carta geologica SOVERATO; in particolare la

ricostruzione stratigrafica delle successioni presenti è stata possibile tramite l'utilizzo di dati

provenienti da precedenti studi geologici, pubblici e privati, la cui taratura è stata effettuata

sui pochi affioramenti disponibili (area Grotticelle) e mediante il riconoscimento di alcuni

livelli guida. Per l’area sommersa di Poliporto il rilievo ha interessato le batimetriche 0; -8;

per una estensione dalla linea di riva verso il largo di c.a. 100.00 metri; la lunghezza del tratto

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di costa esaminata è di circa 1100 metri, rimanendo nell’area sottoposta a tutela da parte della

Soprintendenza per i Beni Archeologici della Regione Calabria. Il rilievo è stato eseguito da

Geologi Rilevatori Subacquei mediante indagini dirette (immersioni con Auto Respiratori ad

Aria compressa, A.R.A.), in un contesto professionale di sicurezza con attività di mappatura,

prelievo di campioni e rilievo di dettaglio di evidenze morfologiche sommerse (Colantoni P.,

2007).

La strumentazione utilizzata, oltre al normale equipaggiamento subacqueo, per le specifiche

caratteristiche litologiche individuate, include fettucce metriche autoaffondabili, squadra

angolare graduata munita di bolla di livello, martello da geologo e campionatori a infissione,

sistemi video e pendanghi di segnalazione a cui sono stati ancorati attrezzi e campioni da

recuperare dalla superficie, atteso che nel rilievo subacqueo non è possibile una risalita diretta

in superficie ma si è obbligati a seguire la morfologia compiendo percorsi batimetrici atti a

garantire un adeguato livello di sicurezza. La lavagnetta subacquea ha permesso di trascrivere

ogni elemento geomorfologico rilevato e osservato nei fondali.

La squadra di rilevamento è stata composta da un geologo rilevatore, da un tecnico di

supporto ai rilievi e dal responsabile subacqueo esperto in sicurezza con brevetto di

Protezione Civile. In superficie la delimitazione del campo di immersione è stata segnalata da

un pendango collegato allo zero del transetto e dalla boa di superficie trainata da un quarto

componente non subacqueo con funzione di collegamento e supporto al rilievo. Quest’ultimo

accorgimento, oltre ad aumentare la sicurezza dell’immersioni, eseguite sempre entro i limiti

della curva di decompressione pubblicata dalla FIPSAS, si è dimostrato funzionale anche in

relazione della tipologia dei transetti svolti.

Per il sito di Poliporto sono stati eseguiti 10 transetti distanziati di circa 100/110 metri e con

una lunghezza media di 80/100 metri. La massima profondità rilevata è di 8.0 m. Ogni

transetto è stato a sua volta interessato da rilievi sub-ortogonali in relazione alle morfologie

rilevate secondo il seguente schema tipo:

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Per la cartografia alla scala 1:5.000 della fascia costiera è stata utilizzata la Carta Tecnica

Regionale Elemento n. 580073 – Montepaone Lido, implementata per la parte sommersa con

i dati ottenuti dal rilievo effettuato.

EVOLUZIONE DELLA LINEA DI COSTA

Il livello del mare è sempre stato protagonista di oscillazioni positive e negative, dovute sia

a cause astronomiche (Antonioli et al., 2004) sia alla tettonica la cui intensità e significato

variano regionalmente. La fase attuale è probabilmente data dal culmine di un lungo periodo

interglaciale iniziato circa 9.000 anni fa, con il livello marino sempre in sollevamento. L'effetto

glacio-idro-isostatico, si traduce in Italia in un processo attuale di subsidenza con tassi variabili

da Nord a Sud, con ordini di grandezza compresi tra 0.2 e 0.8 mm/anno (Antonioli et al., 2007b;

Lambeck et al., 2004a) che corrispondono alla sommatoria delle risultanze, positive e negative,

tra le varie componenti che contribuiscono a definire il livello del mare, quali la subsidenza dei

fondali marini, l’aumento del livello dell’acqua, il sollevamento tettonico regionale, ecc. Una

prova di quanto sta accadendo è data dal rinvenimento e dalla misura di reperti archeologici

sommersi quali le piscine di allevamento di pesci costruite dai Romani 2000 anni fa in buona

parte delle coste Mediterranee. Particolari studi sui markers archeologici sono stati eseguiti sulla

posizione delle cataractae delle peschiere romane, dai moli, dalle strutture portuali, da altri

manufatti (ad esempio, fornaci per calce) e misurati in aree tettonicamente stabili del Tirreno

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che correlati con il livello marino, si trovano oggi alla quota di circa -1.35 m (Lambeck et al.,

2004b).

Le cataractae della peschiera romana di Sant’Irene di Briatico (Iannelli M.T. & Lena G., 1986;

Lena G., 1989; 2004; 2009), indicano altresì un livello del mare simile a quello attuale. Pertanto

in considerazione al livello eustatico del mare nel I sec. a.C. (epoca presunta della peschiera), si

evidenzia che la maggior parte dei movimenti rilevati e compensati, sono da correlarsi a cause

tettoniche e ad altre componenti da definire a scala locale.

In tale contesto evolutivo della linea di costa, fortemente dipendente da variabili locali, la

pianificazione di ogni attività sociale/culturale e dell’ambiente, di un modello evolutivo

dell’EROSIONE COSTIERA deve tener conto delle diverse componenti che realisticamente

possono determinare scenari diversificati di erosione costiera. Occorre quindi: verificare gli

effetti locali antropici rilevati con un dettaglio tale da poter modellare gli eventi attesi nel

prossimo futuro; iniziare a programmare strategie sostenibili di difesa costiera adattandole alla

variazione del livello del mare privilegiando, nel caso di Poliporto, la fruibilità turistica e

archeologica del sito; considerare gli effetti del disequilibrio energetico che si determina lungo

la linea di riva e nei fondali interferenti il moto ondoso per ogni intervento eseguito e/o

esistente. Sulla base della situazione topografica e geomorfologiche delle numerose aree costiere

calabresi in forte erosione, è indispensabile iniziare a programmare strategie sostenibili

l’adattamento al livello del mare, ad oggi esclusivamente costituite da ripascimenti delle

spiagge, pennelli e barriere sommerse. Questi interventi mitigano il problema erosione

temporaneamente e solo in aree circoscritte, senza considerare gli effetti ai margini derivanti dal

disequilibrio energetico che viene a determinarsi non solo lungo la linea di riva ma soprattutto

nei fondali interferenti il moto ondoso “spiaggia attiva”.

Gestione e programmazione devono affiancare ogni opera d’ingegneria che si intende realizzare

lungo la costa ed esse devono essere pensate o recuperate considerando che la linea di riva ed il

livello del mare sono variabili e varieranno nel prossimo futuro con modalità e tempi diversi per

ogni area, anche all’interno della stessa unità fisiografica.

La scrupolosa ricognizione dei fondali marini e il rilevamento di ogni elemento morfologico

sommerso sono da porsi alla base di ogni previsione progettuale che, unitamente agli studi

meteomarini, sempre più dettagliati, definisco “l’onda di progetto” e ancor meglio “l’onda di

modellazione morfologica” da adattare alla specifica area costiera, passando, per tempo,

dall’emergenza erosione alla prevenzione, mitigando in un contesto di sostenibilità, gli impatti

sia sulle attività socio economiche sia sui beni archeologici e sul paesaggio.

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CARTA GEOLOGICA “POLIPORTO”

L’area di San Nicola, Poliporto del comune di Soverato è compresa nel versante Jonico del

massiccio delle Serre dell’Arco Calabro interpretato come un frammento di una Catena

Alpina Europa-vergente, formato da più falde sovrapposte derivanti dalla litosfera

continentale ed oceanica africana, sovrascorsa, nel Miocene inferiore, sulla Catena

Appennino- Maghrebide Africa-vergente. Il sistema orogenetico si erge bruscamente fino a

quota 1.500 m s.l.m. entro 5/7 km dalla linea di costa ancora in forte sollevamento. La costa

“geologicamente giovane” si erge con un tasso di sollevamento annuo di un millimetro,

(Sorriso Valvo & Tansi, 1996) con movimenti verticali che hanno condotto rapidamente

all’emersione della regione nella sua attuale configurazione fisiografica, schematizzata nel

sottostante grafico elaborato da Guerra e Moretti, 1997. Nel Tirreniano la linea di riva,

determinata con il rilevamento di estese coltri clastiche sopra formazioni pelitiche, nell’area

di Soverato - golfo di Squillace era posta alla maggiore quota di 74/113 mt dall’attuale

livello (Bordoni e Valensise, 1998).

Schema strutturale attuale della Calabria (modificato)

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Il versante Jonico che sottende l’area esaminata appartiene al settore settentrionale dell’Arco

Calabro e si estende a nord dell’allineamento tettonico Capo Vaticano – Soverato, descritto

da Amodio Morelli et alii, 1976.

L’Unità affiorante nell’area esaminata, costituente il bed rock, è data dal complesso

migmatitico di transizione di Gagliato (Carbonifero-Permiano) costituito da tonaliti

biotitiche, anfibolitiche, gneiss biotitico-granatifero. Il complesso è inoltre caratterizzato

dall’ampia diffusione di leucosomi in bande e filoni di vario spessore e di granato, con

individui anche decimetrici. Come consistenza si distingue la roccia fresca, resistente

all’erosione dalla la roccia alterata e degradata, facilmente erodibile e disgregabile. In acqua,

ove affiorante, presenta una superficie debolmente ondulata, mediamente levigata,

omogenea e molto resistente all’erosione.

Affioramento della tonalite biotitica in prossimità della linea di riva – 1.4 m - area sud

Il contatto stratigrafico, trasgressivo sulle unità cristalline, è rappresentato dalla sequenza

sedimentaria miocenica di San Nicola costituita da Arenarie poco cementate e generalmente

grossolane (loc. Grotticelle – area archeologica). Alla base sono presenti livelli bioclastici

con Clypeaster, visibili sia sulla linea di costa sia in corrispondenza del taglio stradale poco

a monte alla vicina galleria ferroviaria, con un dislivello di circa 20 metri.

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Affioramento Arenarie loc. Grotticelle

Il sub-strato della spiaggia emersa di Poliporto ha una composizione prevalentemente

cristallina, derivata dall’ambiente geologico strutturale di base sul quale poggia il livello

miocenico (?) dei depositi conglomeratici grossolani, non omogenei ed “eteropici” con i

livelli bioclastici e arenitici grossolani alla base.

“Pavimento” conglomeratico posto alla maggiore batimetria di – 5 metri nel settore

meridionale dell’area rilevata.

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Contatto eteropico sommerso, in prossimità della linea di riva, tra il livello conglomeratico di base e gli orizzonti arenitici, interessati da cavitazione e marmitte.

Conglomerati (con clasti ridimensionati) a contatto con le arenarie grossolane a laminazione incrociata

Livello sabbioso arenitizzato a laminazione incrociata compreso nei conglomerati di base

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Il livello conglomeratico, non sempre presente, riconducibile a grossi clasti tonalitici, le cui

dimensioni si riducono a pochi mm nello spazio di qualche metro, rappresenta l’orizzonte di

interesse archeologico rilevato nel presente lavoro atteso i markers rilevati. Resistente

all’erosione risulta poco disgregabile e i clasti grossolani quando distaccati originano

marmitte subacquee.

“Manufatti” realizzati con conglomerati grossolani di base

Marmitte, diffuse in superficie e sui fondali conglomeratici. Le marmitte marine

costituiscono delle cavità circolari dai fianchi ripidi e dal fondo arrotondato, con diametro e

profondità molto differenti, da qualche decimetro a qualche metro. Si formano laddove

possono raccogliere, all'interno di cavità antropiche (buche/tagli estrattivi ecc.) o cavità

naturali (clasti disganciati), sabbia, ciottoli e clasti rocciosi che l'azione del moto ondoso è in

grado di muovere ma non di rimuovere. Singolari risultano le numerose marmitte subacquee

che formano canali, vasche, ecc.

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Marmitta “orientata” Canali per svasamenti successivi di marmitte

Canali svasati in prossimità del solco di battente, impostati su lineazioni naturali/artificiali

Fratture e/o canali di regimazione idrica funzionali all’attività estrattiva

Marmitte attive: i clasti, prevalentemente tonalitici restano intrappolati nella concavità e levigano le pareti con movimenti circolari indotti dalla turbolenza delle acque

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I conglomerati di base si presentano resistenti all’erosione e poco disgregabili, questo

litotipo è stato utilizzato per l’estrazione di manufatti riconducibili a “macine” per mulini o a

“rocchi” di colonne, tecnica costruttiva utilizzata in epoca greca.

L’estrazione dei manufatti rilevati è riferibile alle tecniche utilizzate nelle cave di Cusa e

nella cava del Mercadante dove sono ancora visibili le varie fasi estrattive. Tali tecniche

prevedevano una perfetta incisione circolare fino allo spessore desiderato. Un successivo

allargamento verso l’esterno, per facilitare la realizzazione di un taglio ricurvo alla base del

manufatto, consentiva l’inserimento di cunei in legno che si facevano rigonfiare con l’acqua

distaccando il blocco dall’affioramento. La vicinanza del mare permetteva infine di

trasportare più facilmente il manufatto verso la destinazione finale.

Cava di Cusa Cava del Mercadante

Marmitta svasata

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Le azioni meteo-marine che determinano l’attuale dinamismo costiero interferiscono sia con

il basamento cristallino, nelle aree marginali dell’area a tutela archeologica, sia con il livello

conglomeratico sopradescritto maggiormente resistente all’erosione del mare.

Le sovrastanti arenarie, poco cementate e facilmente erodibili, risultano completamente

smantellate dall’attuale linea di costa fino alla base del versante collinare (Grotticelle)

scoprendo un’area attualmente interessata sia dalle attività economiche dei lidi e delle strade

di accesso sia, in maggior misura, dal rilevato ferroviario.

Foto estratta dal convegno Poliporto: un passato ancora sommerso? SOVERATO 28 SETTEMBRE 2013

ELEMENTI MORFOLOGICI RILEVATI

I periodi di stazionamento del livello marino, per tempi più o meno prolungati sono

individuati in corrispondenza dei solchi di battente in situ, rilevati alle batimetrie (base del

solco di battente) da -2.00 m (zona Nord) a -2.30 m (zona Sud). Localmente si rilevano

livelli di spianamento e morfostrutture che coniugano le dinamiche erosive superficiali e

subacquee. Alle singolarità morfologiche si associa la componente gravitativa “recente”

composta da famiglie di fratture e lesioni (prevalentemente 50° N con dislocazione Sud-Sud

Est) che determinano piccoli rigetti delle superfici spianate con crolli di porzioni del livello

conglomeratico. I crolli sono dovuti allo scalzamento al piede che si determina per erosione

e cavitazione in particolari condizioni del moto ondoso. Tale fenomeno, molto evidente

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crea piattaforme a sbalzo (ingrottamenti) destinate a crollo e ad arretramento della superficie

spianata, definendo un ulteriore elemento LOCALE.

Fratturazione ed ingrottamento

La spiaggia di “Poliporto” è contraddistinta da una prima spianata emersa, delimitata da un

solco di battente poco accentuato e fortemente modellato dall’azione delle onde, con

cavitazione e piccoli solchi erosivi legati alle correnti di riflusso. La superficie, quando non

interessata dal ricoprimento sabbioso, manifesta chiari i segni dell’attività antropica diffusi

sull’area. Allo stato attuale tale superficie è stata rilevata solo limitatamente ai bordi,

riconoscendo la formazione conglomeratica che si estende verso l’interno.

Foto estratta dal convegno

Poliporto: un passato ancora sommerso?

SOVERATO 28 SETTEMBRE 2013

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Foto estratte dal convegno Poliporto: un passato ancora sommerso? - SOVERATO 28 SETTEMBRE 2013

Questo primo livello degrada con pendenza quasi omogenea fino al ciglio della spianata

sommersa con batimetria -1.30/-1.40 metri. Il solco di battente ivi rilevato misura uno

spessore medio di 60/80 cm compatibile con l’oscillazione delle maree in un contesto di

sufficiente stabilità del livello marino.

I markers archeologici censiti da uno specifico rilevamento e dalle numerose segnalazioni

della locale Associazione Archeologica “Paolo Orsi”, presenti su tale spianata, evidenziano

un livello marino ai tempi di utilizzo dell’area compreso tra le batimetrie - 2.00 m e – 2.80

m, alle quali occorre sottrarre il contributo batimetrico legato al fenomeno dislocativo non

inferiore a 30 cm.

Solco di battente rilevato in corrispondenza del ciglio della spianata, ritenuto pressoché in situ

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Doppio solco di battente rilevato in corrispondenza del ciglio della spianata, soggetta a remoti fenomeni dislocativi che hanno determinato un puntuale abbassamento della

placca conglomeratica

Il rilevamento di questo primo ed importante solco di battente si è sviluppato quasi per tutta

l’area esaminata testimoniando una superficie “emersa” e antropizzata più ampia di quella

attuale; questa allo stato si presenta fortemente modellata dall’azione del mare che

“modifica” forme naturali ed antropiche confondendole tra loro.

Nell’ambito della prima spianata sommersa, in relazione alle azioni erosive si osserva:

Crollo parziale del solco di battente, a volte con fratturazione parallela al ciglio della

spianata, con formazioni di blocchi più o meno allungati che conservano da un lato parte

della particolare forma a “U”, e si confondono con le forme strutturali antropiche tipo

“architravi” individuate nei fondali antistanti e a vaglio degli archeologi.

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Forme antropiche tipo “Bitte”, scolpite nella roccia, rilevate e studiate dagli archeologi,

possono confondersi e rapportarsi con frammenti relitti del solco di battente, isolati e

rovesciati le quali mascherano la loro forma con “bitte” in posizione originaria, dato che

sottendono il solco di battente a dimostrare la loro ubicazione sul ciglio della spianata

emersa.

Forma “bitta” in situ Forme “bitte” dislocate-Foto estratta dal convegno Poliporto: un passato ancora sommerso? SOVERATO 28 SETTEMBRE 2013

Blocchi squadrati, di interesse archeologico, risultano prevalentemente posizionati in

corrispondenza della piattaforma conglomeratica relitta, dove si rilevano frammenti

multiformi delle originarie morfologie rimaneggiate e fratturate, poco modellate dalle

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correnti di fondo e dall’azione del moto ondoso, non incisivo alle maggiori batimetrie. La

composizione litologica dei blocchi rilevati è di natura conglomeratica.

“Vasche” sub rettangolari di forma anche regolare interessano la spianata “in situ” dei

conglomerati di base che, se di origine antropica, possono riferirsi a “manufatti” nella

posizione originaria. Le vasche sommerse presentano una forte influenza del fenomeno

erosivo per cavitazione, con pareti in alcuni casi sottili e ben levigate, evidenziando

maggiormente dinamiche erosive le quali coniugano e confondono le morfologie antropiche

con quelle naturali

Canali e solchi erosivi: questi elementi morfologici, nel particolare sistema litologico

strutturale (fratturazioni e contatti litologici), sono funzionali anche alla preesistenza di

canalizzazione antropica/naturale del periodo emerso. Il loro rilievo non può prescindere

dal raffronto con quanto ancora permane nella porzione sopra il livello marino e ad oggi

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ricoperta da sabbia. Tuttavia alcuni elementi riscontrati nell’attuale rilievo subacqueo

proverebbero la preesistenza di canalizzazioni appartenenti ad un sistema di regimazione

delle acque funzionale all’attività estrattiva, da approfondire con la connessione dei rilievi

geologici ed archeologici.

STRUTTURE SEDIMENTARIE

Tra le strutture sedimentarie si individuano invece:

Ripples: A largo della piattaforma relitta dei conglomerati e alla base dei canali più

consistenti, si rilevano depositi sabbiosi mobili dove si originano strutture sedimentarie

descrittive del moto ondoso e significative delle correnti di fondo date dai Ripples Markers.

Il rilievo dei parametri descrittivi di queste strutture, formate da sabbie grossolane

omogenee, evidenzia ripples d’onda (Ir= 8.6) simmetrici (equilibrio dinamico) con

direzione di propagazione delle onde 90 °N, in RELAZIONE con il fetch locale.

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Piani di strato, i quali rilevati in corrispondenza della spianata conglomeratica di base,

completano il rilievo geologico speditivo eseguito. Le misure di giacitura sono rilevate con

la bussola mentre l’inclinazione è stata misurata utilizzando un goniometro regolabile

munito di bolla di livello (strumento artigianale).

CONCLUSIONI

La costa di Poliporto “Area Archeologica” si identifica con una piattaforma d'abrasione

marina sommersa, parzialmente smantellata e una piattaforma emersa periodicamente

ricoperta da depositi sabbiosi. Nel suo complesso la piattaforma rilevata (1100 m ) si estende

dalla linea di riva, circa 35 m a Nord e 60 m a Sud, smorzando gli effetti dinamici delle onde

a batimetrie differenti (-1.0 – 6.0) e influenzando il sistema deposizionale dei sedimenti

marini in modo disomogeneo (rip currents). I fenomeni erosivi interessano l'area dunale dove

l'accumulo sabbioso è l'unica risorsa di equilibrio morfodinamico della costa. Lo spandimento

della sabbia per “riequilibri antropici” funzionali all'attività dei lidi, determina un progressivo

e rapido smantellamento della duna con conseguente ingressione marina.

Il rilievo geologico geomorfologico completa la fase preliminare cognitiva utile a definire in

dettaglio un successivo piano di caratterizzazione geolitologica e petrografica dei

conglomerati di base. A tale fase dovrà associarsi un rilievo geomorfologico delle aree

emerse “libere” dalle sabbie di ricoprimento, correlato con i rilievi archeologici in modo da

definire ogni elemento antropico funzionale all’attività di cava che indubbiamente interessa il

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sito di Poliporto. Il rilievo subacqueo è stato finalizzato all'individuazione degli elementi

morfologici non chiaramente attribuibili a fenomeni naturali, dei markers archeologici e degli

elementi antropici non in situ.

L’area costiera prossima a Poliporto è attualmente interessata da “LAVORI DI RECUPERO

AMBIENTALE E SALVAGUARDIA DEL LITORALE COSTIERO” con Finanziamento da

A.P.Q. in materia di “Difesa del suolo” (Regione Calabria - codice intervento EC13) - IN

FASE DI APPALTO (INTEGRATO).

Nel progetto preliminare si definisce un ambiente orografico costiero connotato dalla presenza

di alti fondali con tratti di affioramenti rocciosi più prossimi alla linea di costa. In tale

contesto la progettazione definitiva ed esecutiva dovrà relazionarsi all’ambiente costiero di

piattaforma generata da processi di arretramento della falesia.

La piattaforma geomorfologicamente complessa determina variazioni del flusso di riva

“Shoaling” che dovrà integrarsi al generico modello di fondo sabbioso con lo scopo di

valutare “a scala LOCALE” l’influenza degli interventi di salvaguardia del litorale sull’area

archeologica di Poliporto.

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