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Dipartimento di Studi Classici e Cristiani Università degli Studi di Bari INVIGILATA LVCERNIS 20 1998 Estratto ED l PUGLIA Bari 1999

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Dipartimento di Studi Classici e Cristiani Università degli Studi di Bari

INVIGILATA LVCERNIS

20 1998

Estratto

~ ED l PUGLIA

Bari 1999

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lnvigilata Lucernis 20, 1998, 73-84

Fulvio DELLE DONNE (Napoli)

Teoderico rex genitus. Il concetto della nobiltà di stirpe

nel panegirico di Ennodio

Il Panegyricus dictus clementissimo regi Theoderico di Ennodio, che dovette essere pronunciato o semplicemente proposto alla lettura nella pri­mavera del 507 1

, è una delle opere che meglio sintetizza le linee di un certo ideale culturale che si era andato affermando in quella contraddit­toria e spesso indistinguibile epoca storica che per convenzione si identi­fica come il passaggio dal Tardo Antico al Medio Evo. Esso, con il suo stile volutamente ricercato e spesso involuto e oscuro, in cui si fondono erudita dottrina retorica, appassionata emulazione dei grandi autori antichi e ossequioso rispetto delle istanze cristiane, riesce a far convivere il per­petuarsi della tradizione con le innovazioni imposte dalle ineludibili esi­genze di un mondo in evoluzione 2

• Nel1a sua composizione Ennodio sem­bra rifarsi direttamente ai panegirici gal1ici di ispirazione pagana prodotti nelle scuole alle quali egli stesso si sarebbe poi formato 3

, ma non può evitare di rinnovare ed adattare quei modelli, creati per la celebrazione di

' Cfr. F. Vogel, p. XVII dell'introduzione all'edizione delle opere di Ennodio, MGH, Auct. Antiquiss., VII, Berlin 1885; inoltre H. Laufenberg, Der historische Wert des Pa­negyricus des Bischofs Ennodius, Rostock 1902, p. 16; J. Sundwall, Abhandlungen zur Ge­schichte des ausgehenden Romertums, Helzingfors 1919, pp. 42-44. Da ultimo, e più pre­cisamente, C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus des Ennodius, Hannover 1995, [MGH Studien und T ex te, 12], pp. 16-18, del quale, qui, verrà seguita l'edizione.

' Sulle ricercatezze stilistiche e sulla loro funzionalità cfr. L. Alfonsi, Ennodio lette­rato, «Stud. Rom.>> 23, 1975, pp. 303-3 1 O.

' Sull'ambiente delle scuole galliche cfr. R. Pichon, Les dernièrs écrivains profanes, Paris 1906, pp. 36 sgg.; inÒitre P. Riché, Educazione e cultura nell'Occidente barbarico dal VI all'Vlll secolo, Roma 1966 (ed. or., Paris 1962), pp. 30-32; Id., Écoles et ensei­gnement dans le Haut Moyen Age, Paris 1979, pp. 19-22.

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chi guidava carismaticamente un'istituzione universale. Così, il panegirico non è dedicato ad un imperatore, come di norma era accaduto fino ad al­lora, ma ad un re 'barbaro': il discorso di elogio è diventato, evidente­mente, un elemento imprescindibile della · liturgia del potere.

Gli elementi che costituiscono la trama del panegirico sono per lo più omologhi a quelli schematizzati, nel · III-IV secolo, dai trattati di Menan­dro Retore 4 e applicati dai Panegyrici Latini 5

, che costituiscono il corpus più ampio di testi eulogici dell'epoca imperiale 6: e ciò può risultare evi­dente dall'analisi della sua struttura e delle virtù celebrate nell'elogiato. Immediatamente dopo una breve introduzione imperniata sul motivo della 'falsa modestia' e su quello della virtù etematrice delle opere letterarie 1, Teoderico viene salutato come rinnovatore di civiltà e come eccelso con­dottiero8, in quanto detentore della felicitas, dono costantemente celebrato nei sovrani 9• Secondo lo schema formalizzato da Menandro Retore, si

• I trattati di Menandro Retore sono stati editi da C. Walz, Rhetores Graeci, IX, Stutt­gart-Tiibingen 1836; da L. Spengel, Rhetores Graeci, III, Leipzig 1856; l'edizione più re­cente, con traduzione inglese e commento, è quella curata da D.A. Russell e N.G. Wil­son, Oxford 1981 ; di essi esiste anche una traduzione spagnola: Menandro, Sobre las ge­neros epidicticos, ed. F. Romero-Cruz, Salamanca 1989.

5 Sulla tradizione dei Panegyrici Latini cfr. soprattutto D. Lassandro, Inventario dei manoscritti dei Panegyrici Latini, «lnvig. Luc.>> IO, 1988, pp. 107-200, che rappresenta, in qualche modo, un aggiornamento del vecchio lavoro di G. Suster; Notizia e classifica­zione dei codici contenenti il Panegirico di Plinio a Traiano, «Riv. Filo!. Istr. Class.>> 16, 1888, pp. 504-551 . Per la bibliografia sui Panegyici Latini cfr. la rassegna di D. Lassan­dro, <<lnvig. Luc.>> Il, 1989, pp. 219-259. I Panegyrici furono probabilmente riuniti all'epoca di Teodosio il Grande assumendo la loro forma definitiva grazie all'intervento dell'ultimo redattore, Pacato Drepanio: cfr. E. Galletier (ed.), Panégyriques Latins, l, Paris 1949, pp. VII-XVI; K. Ziegler in RE, XVIII 3, 1949, s. v. Panegyrikos, coli. 571-578. L'edizione più recente è quella curata da D. Lassandro, Torino 1992. Su questi testi si può, ora, con­sultare anche R.A.B. Mynors, C.E.V. Nixon, In praise of later Roman emperors: the Pa­negyrici Latini, Berkeley 1994.

• Sui rapporti tra il panegirico di Ennodio e la tradizione del genere cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie e mativi topici nel panegirico a Teodorico di Magno Felice Ennodio, in Scritti in onore di S. Pugliatti, V, Milano 1978, pp. 235-254; C. Rohr, Der Theoderich­Panegyricus cit. , pp. 39-51. Cfr., tuttavia Sabine MacCormack, Latin prose Panegyrics, in Empire and aftermath, ed. T.A. Dorey, London-Boston 1975, p. 190; ·Ea,d. , Latin prose Panegyrics: tradition and discontinuity in the later roman Empire, <<Rev. Etud. Aug.>> 22, 1976, p. 76.

' Su questi topoi cfr. E.R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, Firenze 1992 (ed. or., Bern 1948), pp. 97 sgg. e 529 sgg.

' Pan. 5, p. 198: salve nunc, regum maxime, in cuiu~· dominio saporem suum inge· nuitatis vigor agnovit. Salve, status reipublicae ... Si bella regis mei numerem, tot inve­nio quot triumphos.

• Pan. 7, p. 200; cfr. anche 38, p. 224; 54, p. 234; 63, p. 240. Sul concetto di fe· licitas in questo panegirico e nella· tradizione del genere cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie .

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passa poi a glorificare le azioni compiute in tempo di guerra 10• E così si

descrive la virtus militare di Teoderico, che lo contraddistingue sin dalla giovinezza trascorsa a Costantinopoli, ma che non si dissocia mai dalla refrenatio ambitionis, in quanto restituisce al legittimo sovrano quello che pure aveva conquistato col proprio sangue, come capita in occasione della guerra contro l'usurpatore Basilisco (11-13, pp. 202-205). Basta il solo ap­parire di Teoderico a mutare le sorti della battaglia contro Odoacre (45, p. 228): del resto è il caelestis favor a spingere Teoderico a liberare l'Ita­lia (23, p. 212) 11

, ed è a lui personalmente e non al suo esercito che la provvidenza divina riserva la vittoria (45, p. 228) 12

• Per lui combatte an­che l'Adige (46, p. 228) 13

• Egli, comunque, è disposto a perdonare i ne­mici sconfitti 14 e, pur pronto alla guerra, provvede sempre a conservare la pace (83 sg., p. 256) 15

• Ma, passando alle azioni compiute in tempo di pace 16

, si afferma che altre ancora sono le virtù di Teoderico, tante e tali che una sola basterebbe a rendere perfetti (92, p. 262) 17

; sovrano mu­nifico 18

, viene a liberare l'Italia dalla codardia e dalla cupidigia di Odoa-

cit., pp. 241 sg. Inoltre cfr. anche W.S. Maguinnes, Some methods of the latin Panegy­rists, «Hermathena» 47, 1932, p. 55; A. Wallace-Hadrill, The emperor and his virtues, «Historia>> 30, 1981, pp. 314 sgg.; R. Seager, Some imperia! virtues in the Latin Pa­negyrics, in Papers of the Liverpool latin seminar, ed. F. Cairns, IV, Liverpool 1983, pp. 132 sg.

1° Cfr. Men. Rhet., pp. 84-88 della cit. ed. Russel-Wilson (pp. 372-374 dell'ed. Spen­gel).

11 Cfr. anche Pan. 52, p. 232 e passim. Inoltre si veda anche quanto si dice nella Vita Epifani 109, p. 97 dell'ed. Vogel: dispositione caelestis imperii ad ltaliam Theode­ricus rex cum inmensa roboris sui multitudine commeavit.

12 Sul motivo della vittoria ottenuta contro tutte le speranze e gli auspici e contro un esercito molto più numeroso cfr. soprattutto il panegirico IX (12), pronunciato a Treviri nel 313 da un anonimo in onore di Costantino, 3, 3; 4, l sgg. e passim.

13 La potestà di Teoderico sugli elementi, segno del favore divino, viene affermata an­che nella Vita Epifani 128, p. 100 dell'ed. Vogel: quotiens utilitatibus tuis aer ipse servie­rit, si recenses, tibi caeli serena militarunt, tibi convexa pluvias pro voto fuderunt. Sul mo­tivo del sovrano signore degli elementi cfr. soprattutto il panegirico IV (8), pronunciato nel 297/298 a Treviri in onore di Costanzo, 6, 4; 7, 2 sgg.; 15, l; 17, 3 e passim. Sulla tra­dizione di questo motivo cfr. anche C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit., p. 43.

14 Su questo topos cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie cit., p. 245; C. Rohr, Der Theo­derich-Panegyricus cit., p. 49.

" Sulla diffusione di questo motivo cfr. G. Posset, Studien zur panegyrischen Topik in den Panegyrici Latini bis zum Jahre 313, diss. dattilogr., Wien 1991, pp. 58-62; C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit., p. 44.

1' Cfr. Men. Rhet., pp. 88-92 della ci t. ed. Russell-Wilson (pp. 375-76 dell'ed. Spengel).

17 Cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie cit., p. 251. " Sulla munificenza nella tradizione topica cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie cit., p. 247.

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ere (23 sg., p. 212) con la sua spada vindex libertatis (42, p. 226) 19; è

apportatore di salus 20; fa risorgere le città e fa tornare Roma ad una nuova

giovinezza; dona prestigio al senato con 1' elezione di nuovi togati; rende gli onori dovuti a chi merita; ha la securitas viri fortis e la cautela me­tuentis (56 sgg., pp. 236-238) 2

'; concede le magistrature a chi possiede le qualità per ricoprirle; premia i figli per i meriti dei padri; ha risollevato, finalmente, gli studi che languivano per l'ignoranza dei suoi predecessori (74 sgg., pp. 250-252); la sua bellezza ed il suo vigore fisico sono ec­cezionali (89, p. 260) 22

• Dio è il suo modello (59, p. 238) e anche il suo diretto artefice (91, p. 262); e così Teoderico opera in modo da meritare ciò che desidera e, attenutolo, rende lode al Signore23

• Per questo exhi­bet robore vigilantia prosperitate principem, mansuetudine sacerdotem (80 sgg., pp. 254-256): e si fa, qui, ricorso a un'immagine antica, quella del re/sacerdote, che, in età cristiana, trova un'importante attestazione nella gratiarum actio di Ausonio in onore di Graziano e una più definita ap­plicazione in Venanzio Fortunato 24

• È grazie alle virtù di Teoderico che è ritornata l'età dell'oro 25

, che l'oratore auspica possa perpetuarsi grazie alla nascita del desiderato figlio del sovrano (93, p. 262) 26

" Su questo motivo cfr. C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit., p. 44. 2° Cfr. C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit., p. 44. " Cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie cit. , p. 250. 22 Anche questi ultimi sono due topoi sempre presenti nella letteratura elogiativa di

ogni epoca: cfr. H.R. Curtius, Letteratura europea cit. , pp. 200-205. Sui caratteri delle de­scrizioni fisiche dei sovrani si veda anche R. Ficarra, Fonti letterarie cit., p. 253; G. Pos­set, Studien cit. , pp. 35-40; C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit., p. 42.

" Sul carattere divino del sovrano cfr. F. Burdeau, L'empereur d'après les Panégy· riques Latins, in F. Burdeau, N. Charbonnel, M. Humbert, Aspects de l 'empire romain, Paris 1964, pp. 11-25; J. Béranger, L'expression de la divinité dans les Panégyriques La­tins, «Mus. Helv.» 27, 1970, pp. 242-254; B. Saylor-Rodgers, Divine insinuation in the Panegyrici Latini, «Historia» 35, 1986, pp. 69-104. Inoltre, cfr. anche C. Rohr, Der Theo­derich-Panegyricus cit., pp. 42-44. Sul paragone con i sovrani precedenti, già prescritto da Menandro Retore (p. 92 dell'ed. Russeii-Wilson; p. 377 dell'ed. Spengel), cfr. R. Fi­carra, Fonti letterarie cit., p. 251.

24 Cfr. Franca Eia Consolino, Ascesi e mondanità nella Gallia tardoantica. Studi sulla figura del vescovo nei secoli IV- VI, Napoli 1979, pp. 23 sgg.

" Cfr. G. Posset, Studien cit., pp. 66-68; C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit. p. 45.

" Simile auspicio, legato con l'immagine precedente, si trova nel finale della lettera In Christi signo (Epist. 9, 30, CDLVIII della citata ed. di Vogel, IO, p. 3 19): det etiam regni de eius germine successorem, ne bona tanli hominis in una aetate veterescant el antiquata temporibus pro sola aurei saeculi commemoratione nominentur. Sull'uso di que­sto topos cfr. R. Ficarra, Fonti letterarie cit. , p. 240.

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Dall'analisi appena proposta risulta, 'dunque, che Ennodio conosce in maniera piuttosto precisa gli schemi topici del discorso elogiativo, e che sa anche manipolarli con grande sapienza, dal momento che, nel pieno ri­spetto della tradizione encomiastica, si pone il compito di esaltare Teo­derico dando risalto ad alcuni elementi e tralasciandone altri. Così, del re­sto, il panegirico risulta pienamente in linea con la propaganda organiz­zata dal sovrano ostrogoto nel suo primo periodo di regno. Teoderico non viene raffigurato come un capo barbaro in cerca di territori nei quali stan­ziarsi con le sue genti o come un luogotenente imperiale, ma come un messo divino reclamato da Roma27• Quindi, anche se effettivamente fu il papa ad invitare Ennodio a comporre il suo panegirico, per sdebitarsi, in qualche modo, del favore accordatogli da Teoderico in occasione dello sci­sma laurenziano 28

, il nostro oratore risulta seguire una strada del tutto per­sonale, forse orientata ali' amplificazione dei temi dettati dalla propaganda teodericiana, ma, verosimilmente, anche ad influenzarla. E questo si può riscontrare soprattutto nella gestione della rammemorazione della guerra di Sirmio, che fu sicuramente all'origine di un grave conflitto con l'impera­tore d'Oriente. Ennodio, infatti, la presenta non solo come utile a salva­guardare il regno dalla possibile e pressante minaccia di una popolazione che già in precedenza si era rivelata pericolosa e temibile 2Y, ma anche e soprattutto come un recupero dei territori che un tempo appartenevano alla parte occidentale dell'Impero, ovvero, con una significativa assimilazione, all'Italia 30

• È lecito supporre, allora, che Ennodio, in un periodo caratte­rizzato da tensioni con l'Oriente, anche nei rapporti ecclesiastici, tendesse essenzialmente a giustificare Teoderico e a difenderlo anche dall'accusa di usurpazione di un potere imperiale spettante di diritto al detentore della

" Pan. 30, p. 220. " A questa ipotesi sembrerebbe lasciar pensare, soprattutto, l'espressione nunc eccle­

sia dirigit laudatorem (77, p. 252). Tuttavia, la citata lettera In Christi signa, inviata a Simmaco su istanza di Rodanio, già presenta un' immagine di Teoderico molto simile a quella che poi verrà sviluppata nel panegirico: cosa che lascerebbe pensare ad una com­pleta autonomia da parte di Ennodio nella gestione e nell ' impostazione degli argomenti dell'elogio.

29 Cfr. Pan. 31 sgg., p. 220; 60 sgg., pp. 238 sgg. È da sottolineare, inoltre, che lì era l'antica sede dei Goti: cfr. Cassiod. Var. 3, 23 2, p. 91 (ed. Th. Mommsen, MGH, Auct. Antiquis., XII, Berlin 1894).

'" Pan. 69, p. 246; 60, p. 238. Con un significativo lapsus, nel Libellus (74, p. 59), Ennodio attribuisce a Teodorico il titolo di imperator. In questo sembra preannunciare quanto farà Cassiodoro che indica negli imperatori romani i predecessori di Teoderico (Var. 5, 14 7, p. 151); cfr. W. Ensslin, Theoderic der GrojJe, Munchen 1959' p. 154; H. Wolfram, Storia dei Goti, Roma 1985 (ed. or., Munchen 1979), p. 498.

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corona costantinopolitana, ribadendo, comunque, allo stesso tempo, la le­gittimità del sovrano goto anche nell'assunzione di quella dignità. Insomma, se Teoderico si limita al titolo di re lo fa solo per l'innata refrenatio am­bitionis che lo aveva caratterizzato anche in occasione della vittoria ri­portata contro Basilisco.

Che la linea seguita da Ennodio sia il frutto di una sua personale vi­sione politica, non determinata dalle direttive del papa che gli avrebbe commissionato la composizione del panegirico, sembrerebbe essere rive­lato anche dall'assoluta mancanza di ogni accenno al ruolo di mediazione svolto da Teoderico nell'ambito dello scisma appena giunto ad una fase, in qualche modo, conclusiva. Tuttavia, questo silenzio potrebbe essere giu­stificato dall'opportunità di non richiamare alla mente dell'ascoltatore/l et­tore la diversità di fede esistente tra Teoderico ed i suoi sudditi di na­zionalità romana. Diversità che viene sottaciuta anche quando si -afferma la superiorità di Teoderico rispetto ad Alessandro Magno, perché cultore del vero Dio, o quando si accenna all'intervento di Teoderico in favore degli Alamanni senza fare il nome del re dei franchi Clodoveo, suo ne­mico ma cattolico 3

'.

Insomma, Ennodio sembra sapere bene che la conoscenza storica non può essere definita entro le categorie di 'obiettività' e 'verità' e che, in un resoconto, risulta sempre difficile stabilire in che misura si è spostata l'angolazione prospettica. E, in nome di quella che si può definire 'pro­paganda', Ennodio è disposto a sacrificare anche una parte essenziale dello schema tipico del panegirico, ossia quella delle origini di colui che viene celebrato 32

• A proposito dell'infanzia di Teoderico egli ci dice solo che educavit ... in gremio civilitatis Graecia praesaga venturi 33

• Dunque, nulla a proposito dei genitori. La sancta madre compare, insieme con la sorella venerabilis, solo al momento della cerimonia della vestizione prima della battaglia di Verona contro Odoacre, quando Teoderico le rivolge la parola e le ricorda le imprese compiute dal padre: stat ante oculos meos geni­tar, de quo numquam fecit in certamine fortuna ludibrium, qui dextram sibi ipse peperit valitudine exigente successus 34

" Pan. 72, p. 248. Cfr. L. Navarra, Contributo storico di Ennodio, <<Augustinianum>> 14, 1974, p. 325.

" Cfr. Men. Rhet., pp. 78-80 dell'ed. D.A. Russeli-N.G. Wilson (pp. 369-70 dell'ed. Spengel).

" P an. Il, p. 202. ,. Pan. 43, p. 226.

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È difficile spiegare perché in questo panegirico si taccia sulle ongtm di Teoderico e si faccia solo un accenno fuggevole a suo padre, Teodi­miro, che pure nella storia di Giordane assume, invece, un ruolo decisa­mente importante 3'. Può darsi che Ennodio voglia far dimenticare che il celebrato ha origini non romane, o che, addirittura, non consideri nobile la stirpe regale da cui discende 36

• Eppure i principi legati alla nobiltà di stirpe non vengono negati a Teoderico, che, anzi, in più punti del pane­girico viene descritto come rampollo di eccelsa discendenza ed esaltato appunto per questo. Infatti, la genealogia di Teoderico, eletto console dopo aver sconfitto Basilisco, viene celebrata così: in tuo stemmate probati sunt qui reperti 31

• E, addirittura, l'illustre ascendenza fa risaltare le sue imprese rispetto a quelle di chi non può vantare avi illustri: Serranum scipionibus aratra pepererunt, qui dum grandia su/cis semina conmendaret, honorum ei messis aborta est. Sed minus diligo prospera, quae sumunt a despera­tione principium. Vix paucos contigit degenerare nobiliter, cum familiae tuae debeas actus generis nobiliter custodire 38

• Insomma, attraverso la com­parazione con il valoroso, ma vile di nascita, C. Atilio Regolo .Serrano 39

,

si sostiene che le gloriose aziòni compiute valgono ben poco se non sono avallate dall'appartenenza ad una eccelsa famiglia, anche se, naturalmente, in Teoderico la nobiltà di stirpe non può essere disgiunta dal valore mi­litare; e, infatti, nello stesso discorso in cui il sovrano goto ricorda il pa­dre, si afferma: telis agendum est, ut avorum per me decora non pereant. Sine causa parentum titulis nitimur, nisi propriis adiuvemur40

• Dunque, no­biltà di sangue e nobiltà di virtù si sorreggono e si amplificano a vi­cenda.

Il principio dell'eccellenza della stirpe sembra essere confermato an­che nel punto in cui si riferisce del felice esito dell'impresa contro l'usur­patore Basilisco. Quando Teoderico restituisce lo scettro all'imperatore Ze­none, già fuggito via, Ennodio sottolinea con stupore la straordinarietà del gesto: Ventilemus historias, interrogentur anna/es: apud quos constitit re-

" lord. Get. 266-288. Cfr. anche H. Wolfram, Storia cit. , pp. 450-470. "' In effetti, lo stesso Menandro Retore, nel passo già citato a proposito delle origini

del celebrato, consiglia di sorvolare su di esse se non sono nobili . '7 ,Pan. 17, p. 208 .

. ,. Pan. 17, p. 208. 39 Cosl viene identificato il personaggio da C. Rohr, Der Theoderich-Panegyricus cit.,

p. 208, n. 16; M. Reydellet, La royauté dans la littérature latine de Sidoine Apollinaire à lsidore de Séville, Roma 1981, p. 171 , invece, lo identifica con Cincinnato .

.. Pan. 43, p. 226.

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fusum exuli, quem cruore suo rex genitus emerat, principatum?41 Teode­rico viene descritto, insomma, come un rex genitus che avrebbe, quindi, il pieno diritto di mantenere come suo possesso quanto guadagnato col proprio valore. E, dato il valore che, nei passi finora letti, Ennodio con­cede al principio dell'ereditarietà, verrebbe del tutto naturale intendere l'espressione rex genitus nel senso di re per nascita, per diritto ereditario, se, in tempi non troppo lontani, non fosse stata proposta un'altra inter­pretazione, ovvero quella di re per qualità naturali 42

• Interpretazione, que­sta, a cui si giungerebbe partendo dalla lettura di quest'altro passo: solus es meritis et natura conpositus, cuius magnanimi iussa sectentur. Origo te quidem dedit dominum, sed virtus adseruit. Sceptra tibi conciliavit splen­dor generis, cuius si deessent insignia, eligi te in principem mens fecis­set43. Qui il termine natura, effettivamente, potrebbe essere difficilmente interpretato come «diritto di nascita», ma origo e genus, d'altro canto, nel contesto della frase e dei passi sulla nobiltà di sangue che abbiamo letto, non possono che essere intesi nel senso di «stirpe», e, nella parte finale del passo, non si fa altro che ribadire quanto affermato anche in prece­denza, a proposito della coesione, in Teoderico, di virtù ereditarie e qua­lità naturali. D'altronde, immediatamente dopo, seguendo lo stesso schema binario di combinazione, si passa alla descrizione topica della bellezza fi­sica del celebrato, ma si conclude il panegirico tornando a celebrare il valore della stirpe con l'augurio che quella di Teoderico si propaghi: uti­nam aurei bona saeculi purpuratum ex te germen amplificet! Utinam he­res regni in tuis sinibus ludat, ut haec, quae tibi offerimus verborum li­bamina, sacer parvolus a nobis exigat similium adtestatione gaudiorum! 44

Alla stirpe e alla sua propagazione, dunque, sembra che venga concesso un valore preminente nel concetto di nobiltà di Ennodio. Valore che, per il vescovo di Pavia, viene riconosciuto anche da Teoderico, che ricom­pensa le virtù dei padri attraverso i figli: Parentum nostrorum qui occu­buerunt apud te bene acta servantur: cuius mansuetudini tuae fides in­notuerit, hereditatis iure quod auctori debueris suboli mox refundes 45

" Pan. 13, p. 204. '' M. Reydellet, La royauté cit., pp. 165 sgg.; su questo libro, tuttavia, cfr. N. Stau­

bach, Germanisches Konigtum und lateinische Literatur vom funften bis zum siebten Jahrhun­dert, <<Frtihmittelalt. Studien>> 17, 1983, pp. 1-54.

" Pan. 88, p. 260. •• Pan. 93, p. 262. " Pan. 75, p. 250.

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Del resto il principio della preminenza della nobiltà di sangue rispetto a quella dell'animo viene determinato chiaramente quando si rimprovera agli antichi di considerare come valori assoluti le virtù morali e militari, le stesse che venivano celebrate nell' agrestis Serrano: Quid mihi, vetustas, obicias agrestis membra paludamentis decorata? Ego tibi, quod admira­tionem vincat, oppono principem meum ita ortum, ut eum non liceat im­probari, ita agere, quasi inter imperatores adhuc precetur adiungi 46

• E sembra essere disprezzato anche il concetto di nobiltà che si ritrova presso i Bulgari: Haec est natio, cuius ante te fuit omne quod voluit, in qua ti­tulos obtinuit qui emit adversariorum sanguine dignitatem, apud quam campus est vulgator natalium - nam cuius plus rubuerunt tela luctamine, ille putatus est sine ambage sublimior -, quam ante dimicationem tuam non contigit agnovisse resistentem, quae prolixis temporibus solo bella consummavit excursu 47

• Un modo di intendere la dignitas, questo, che può allignare solo in una popolazione connotata come barbara, in quanto de­dita solo alla guerra e abituata a cibarsi solo col latte di cavalla48

Il concetto di nobiltà di Ennodio sembra, dunque, coincidere con quello della ereditarietà e del privilegio della stirpe. Un concetto, a dire il vero, piuttosto dissonante rispetto a quello che, sin dall'antichità, letterati e fi­losofi erano andati proponendo con una certa frequenza. Si pensi, ad esem­pio, a Seneca che in una lettera a Lucilio afferma che non facit nobilem atrium plenum fumosis imaginibus; nemo in nostram gloriam vixit nec quod ante nos Juit, nostrum est: animus facit nobilem, cui ex quacumque condicione sopra fortunam licet surgere 49

• O a Giovenale, che ammonisce così: Tota licet veteres exornent undique cerae l atria, nobilitas sola est atque unica virtus 50

• Oppure si pensi ancora ad un contemporaneo di En­nodio, Boezio, che, con la breve, ma articolata trattazione contenuta nel III libro della Consolatio Philosophiae, costituirà, almeno per l'intero Me­dio Evo, una fonte imprescindibile per tutti coloro che si porranno a di­scutere il concetto di nobiltà. lam vero quam sit inane, quam futtile no­bilitatis nome n, quis non videat? Quae si ad claritudinem refertur, aliena est; videtur namque esse nobilitas quaedam de meritis veniens laus pa­rentum. Quodsi claritudinem praedicatio facit, illi sint clari necesse est,

46 Pan. 18, p. 208. 47 P an. 20, p. 21 O. " P an. 21, p. 21 O. " Epist. 44, S. '" Sat. 19-20.

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qui praedicantur; quare splendidum te, si tuam non habes, aliena clari­

tudo non efficit. Quodsi quid est in nobilitare bonum, id esse arbitror so­

lum, ut imposita nobilibus necessitudo videatur, ne a maiorum virtute de­

generet51. Così si esprime Boezio, che, tuttavia, al ragionamento per prin­

cipi fa seguire anche quello teologico: Omne hominum genus in terris si­

mili surgit ab ortu; l unus enim rerum pater est, unus cuncta ministrat.

l ... Morta/es igitur cunctos edit nobile germen. l Quid genus et proavos

strepitis? Si primordio ve stra l auctoremque deum spectes, nullus degener

exstat, l ni vitiis peìora fovens proprium deserat ortum 52; che, probabil­

mente, trova un modello nella già citata lettera di Seneca: si quid est

alìud in phìlosophìa boni, hoc est, quod stemma non inspicit: omnes, si

ad orìginem primam revocantur, a dis sunt53. Insomma, molto raramente si trovano autori antichi disposti a giusti­

ficare il principio della nobiltà di sangue. Anche quelli che altrove si van­

tavano di avere alberi genealogici germogliati già agli albori del mondo,

al momento di discutere quale sia la vera nobiltà sacrificano l'eccellenza

dei propri antenati sull'altare dei principi etici. Non si può che restare al­

quanto sorpresi, allora, di fronte ad una concezione come quella di En­

nodio, tanto inconsueta, almeno nella tradizione letteraria. Abbiamo visto,

infatti, che per l'eminente letterato la vera nobiltà è solo quella di san­

gue, e non ci sarebbe da stupirsi se egli, appartenente ad un 'antica fa­

miglia5\ la identificasse con quella dell'aristocrazia senatoria55. Potrebbe

darsi, infatti, che Ennodio espliciti in maniera più sonora un ideale pre­

sente almeno in una parte della nobiltà di origine senatoria, che tanta im­

portanza aveva avuto in epoca tardo-antica e che ancora viveva nel per­

petuarsi della memoria degli illustri avi. Oppure che Ennodio si faccia,

invece, portavoce delle rivendicazioni e delle aspirazioni di quella classe,

di cui anche lui faceva parte. Insomma si potrebbe leggere il panegirico

di Ennodio non solo come il ringraziamento ufficiale del papa per la presa

'1 Cons. Phil. 3 pr. 6.

52 Cons. Phil. 3 metr. 6, 1-2 e 6-9. ~' Epist. 44, l . Altri passi di autori tardo-antichi, sempre relativi al problema della

nobiltà. sono riportati in M.T.W. Arnheim, The senatorial aristocraèy in the Later roman empire, Oxford 1972, pp. 103 sgg.

54 Sulla sua biografia e genealogia cfr. soprattutto F. Magani, Ennodio, l, Pavia 1886, pp. 94-116; la voce Ennodio, compilata da M. Reydellet, in Dizionario biografico degli Italiani, XLII, Roma 1993, pp. 689-695; J.R. Martindale, The prosopography of the Later roman empire, II, Cambridge 1980, p. 1320.

~~ Sui principi politici ed etici che guidavano la classe senatoria nell' epoca tardo-an­

tica cfr. soprattutto K. Stroheker, Der senatorische Ade/ im Spiitantiken Gallien, Tlibingen

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di posizione di Teoderico nello scisma laurenziano, ma anche come il ten­tativo di indicare al sovrano una strada ed un indirizzo politico da se­guire. Ovvero come il tentativo di spingere Teoderico a conferire mag­giore risalto ai rappresentanti della nazione romana e soprattutto a quelli della classe senatoria, i più titolati ad assumere impegni amministrativi di rilievo grazie alle virtù ereditate dai propri avi. E in questo senso po­trebbero essere letti i richiami alla grandezza dello stato antico, che si esplicitano in maniera più netta, anche se fuggevole, nell'esaltazione della restaurazione di Roma 56 e del rifiorire del senato 57

Ennodio, allora, con il suo panegirico, potrebbe aver cercato di in­fluenzare gli orientamenti politici del re ostrogoto, proprio come tentarono di fare anche Boezio e Cassiodoro. Anche Boezio, d'altronde, fu autore di un perduto elogio di Teoderico, e di Cassiodoro ci rimangono i fram­menti di alcuni panegirici 58

: cosa che ci dimostra l'attenzione sicuramente dedicata da quegli autori ad un genere letterario implicitamente legato ai valori della tradizione imperiale 59

• Forse, addirittura, la scelta di quel tipo di produzione letteraria potrebbe essere considerata come una sorta di ten­tativo 'erudito' compiuto, sempre più consapevolmente, da uomini legati ai. valori 'romani' per indirizzare il sovrano 'barbaro' proprio verso di essi. In essi può essere riscontrata la costante tensione a determinare la

1948 e M.T.W. Amheim, The senatorial aristocracy cit. Un interessante riconoscimento dei valori tradizionali del senato si ritrova in Cassiod. Var. 3, 6, p. 82 ed. Th. Momm­sen (MGH, Auct. Antiquiss., XII, Berolini 1894): origo ipsa iam gloria est: laus nobili­tali connascitur; si tratta di una lettera indirizzata proprio al senato e in un periodo com­preso tra il 509 e il 511, quindi nel momento in cui più felici erano i rapporti tra il so­vrano goto e la nazione romana.

"' Cfr. Pan. 30, p. 220: te orbis domina ad status sui reparationem Roma poscebat; 56, p. 236: illa ipsa mater civitatum Roma iuvenescit marcida senectutis membra resecando.

" Cfr. Pan. 51, p. 236: Huc accedit, quod coronam curiae innumero flore velasti. Qualcosa di simile viene detto anche a proposito dei consoli nella prosopopea di Roma in Pan. 48, p. 230: hic actum est, ut plures habeas consules, quam ante videris candi­datos. Riguardo alla rivalutazione del senato, iniziata già con Stilicone ed evidente sotto Odoacre, cfr. W. Ensslin, Theoderich cit., pp. 97sgg.; E. Stein, Histoire du Bas-Empire, Il, Bruges 1949, pp. 41 sgg.; H. Wolfram, Storia cit., p. 497.

~· Cassiodoro, tra l'altro, sembra farsi implicitamente epigono di Ennodio, dal mo­mento che, nel frammento di elogio più antico, dedicato a Teoderico, si accenna al suc­cesso militare riportato in Gallia nel 508 (cfr. p. 466, rr. 17-21 , dell'ed. approntata da L. Traube, MGH, Auct. Antiquiss., XII, Berolini 1894): quindi Cassiodoro comincia proprio Il dove Ennodio si era fermato. Cfr. D. Romano, Cassiodoro panegirista, «Pan>> 6, 1978, pp. li sgg.

~· Sul valore e sull'impegno retorico che Cassiodoro riconosceva nei panegirici vedi le Variae, Praef 16.

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politica dei sovrani e, contemporaneamente, a farla accettare alla classe

senatoria in quanto estremo baluardo di autonomia, di sopravvivenza delle

istituzioni e di continuità culturale. In questo senso, del resto, potrebbe

essere interpretato il passo della Praefatio alle Variae (11), in cui Cas­

siodoro, riferendo il discorso con cui gli amici lo invitavano a raccogliere

i suoi scritti giovanili, scrive che ad commendationem universitatis elogiò

re e regine 60•

Forse proprio in ciò risiede la rottura maggiore delle opere di questi

autori rispetto ai panegirici imperiali di ambiente gallico. In questi ultimi

la funzione politica aveva assunto un ruolo assolutamente preponderante,

tale da far recedere quasi in secondo piano il puro ornamento retorico, il

diletto dell'ascoltatore, che pure rappresentava per i trattatisti antichi l'unica

caratteristica peculiare del genere epidittico 61• Di essi i sovrani si erano

serviti per dare corpo e definire ufficialmente i principi a cui impronta­

vano le linee direttrici della loro politica 62• E proprio su questa strada

sembra che continuino a procedere gli autori dell'epoca teodericiana, che,

anzi, appaiono compiere addirittura un capovolgimento della situazione:

non sono più solo i sovrani a ispirare ai letterati le modalità di compo·

sizione e i temi da trattare, ma sono anche i letterati a proporre ai so·

vrani nuovi moduli di comportamento.

60 Tra l'altro, il primo panegirico, quello in onore di Teodorico, è esplicitamente ri­

volto ai senatori: esso è, infatti, indirizzato ai proceres viri (p. 465, rr. IO-Il), ovvero

principes viri (p. 466, r. 2). " Cic. Or. 37-38; 65 sg.; Quint. lnst. 3, 4 6; Ari st. Rhet. l , 3 2 (dove si parla di

9eropol). Cfr. D.A.G. Hinks, Tria genera causarum, «Ciass. Quart.», 30, 1936, pp. 172

sgg.; H. Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik, Stuttgart 1990', pp. 129 sgg.

" Sulla svolta funzionale compiuta dai Panegyrici Latini cfr. G. Sabbah, De la Rhé­

torique à la communication politique: /es Panégyriques latins, «Bull. Assoc. G. Budé>>,

1984, pp. 363-388.