Dipartimento di Ingegneria Strutturale · Nel periodo aragonese gli insediamenti si concentrarono...

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Capitolo 1

Studio sul Centro Antico di Castellammare

1. Introduzione La presente relazione rappresenta il secondo documento che descrive le modalità ed i risultati

delle attività svolte dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Ingegneria Strutturale nell’ambito

della Convenzione sottoscritta con il Comune di Castellammare di Stabia dal titolo

“Individuazione di procedure finalizzate al recupero del patrimonio edilizio”.

Il tema fondamentale alla base delle attività intraprese è la riqualificazione del Centro Antico di

Castellammare di Stabia, per il quale si intravedono notevoli possibilità di sviluppo socio-

economico per tutto il territorio comunale e le zone limitrofe.

La sua particolare posizione è senza dubbio consona a tale ipotesi di sviluppo, in quanto

costituisce l’elemento di collegamento tra il mare ed il territorio collinare. In passato tale

rapporto era molto forte, testimoniato tutt’ora dalla presenza di collegamenti (calate) tra il

fronte marino ed i percorsi collinari in parte ancora esistenti.

Lo studio intrapreso mira a riattivare questo rapporto che nei secoli man mano si è perso.

Naturalmente per mettere in piedi questa strategia è fondamentale lo studio del centro storico,

sia dal punto di vista degli spazi, sia dal punto di vista della sicurezza dei fabbricati.

A tal fine è stata individuata un’area nel centro storico di Castellammare di Stabia compresa tra

Largo Marchese de Turris e Piazzale Viviani nella quale sono stati individuati alcuni spazi

soglia di notevole interesse. Tali spazi sono stati creati a seguito dell’abbattimento di edifici

danneggiati dal sisma del novembre 1980.

Ulteriore tema di studio è legato alla delocalizzazione di tali edifici, che per alcuni di essi sono

già state individuate le aree dove verranno ricostruiti.

Questo documento riguarda lo studio del rischio sismico e della messa in sicurezza dei

fabbricati del centro storico di Castellammare.

A tal fine è stato individuato un fuso di edifici prospicienti la via che collega Largo de Turris e

Piazzale Viviani. Per ognuno di questi edifici si è condotto uno studio di ricognizione basato

su continui sopralluoghi, che hanno permesso di conoscere per ciascuno le informazioni

relative alla tipologia strutturale, alla valutazione del danno materico e strutturale, ed alle

effettive condizioni di rischio imminente.

Per alcuni di essi è stato possibile effettuare uno studio di vulnerabilità sismica, in quanto sono

disponibili le pratiche per la ricostruzione e riparazione post sisma in base a quanto previsto

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dalla legge Regionale n. 219. Lo studio, finalizzato alla valutazione della sicurezza sismica degli

edifici, è stato condotto mediante una procedura basata sulla raccolta dei dati relativi alle

caratteristiche strutturali dell’edificio che consente di valutare l’indice di vulnerabilità IV

dell’edificio.

2. Il centro storico di Castellammare di Stabia Le origini del centro storico di Castellammare di Stabia, come si evince da alcuni documenti

storici, risalgono al periodo angioino quando il Re Carlo D’Angiò fece prosciugare una palude

proprio dove sorse il primo insediamento.

La città di Castellammare di Stabia nacque, dal punto di vista amministrativo, dall’unione dei

casali esistenti con la nuova città sorta a valle. Successivamente gli abitanti della zona collinare

si spostarono verso valle per cui, verso la metà del Trecento, il centro storico si estendeva dalla

zona denominata fontana Grande fino alla Porta del Quartuccio.

Nel periodo aragonese gli insediamenti si concentrarono maggiormente tra la zona di Campo

di mola e la strada del Gesù, vico Campo di Mola e via Viviani.

L’impianto urbanistico di Castellammare restò inalterato fino al XIX secolo, quando si

realizzarono corso Vittorio Emanuele e corso Garibaldi e successivamente il tracciato di via

Regina Margherita.

In passato il rapporto tra le zone collinari ed il centro cittadino è stato sempre molto forte,

tutt’ora testimoniato dai numerosi percorsi pedonali e non, di notevole valenza paesaggistica.

Attualmente il centro storico cittadino è costituito da una fascia di territorio delimitata a Nord

da Via Bonito che costeggia il mare, a Sud dai piedi dei Monti Lattari, mentre ad Est si spinge

fino a Piazza Matteotti e Via Marconi, e ad Ovest si Spinge fino a Piazza Amendola.

La parte più interessante del centro storico di Castellammare, dal punto di vista urbanistico, è

sicuramente quella che si estende da Largo Marchese de Turris (meglio conosciuto come

“Caporivo”) fino a Piazza Viviani verso Ovest e fino a Piazza Giovanni XXIII sulla quale

prospetta il Convento dei Francescani.

Il motivo di interesse è dovuto alla posizione strategica di Caporivo, luogo nel quale

convergono una serie di strade provenienti dalla periferia del centro storico (Via Viviani, Via

Nuova, Strada Coppola e Salita De Turris) e che poi proseguono lungo i percorsi collinari

costituiti da Salita Quisisana e salita S. Croce che permettono lo sbocco verso la zona

panoramica di Castellammare.

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Fig. 1-Vista del centro storico di Castellammare

Le tipologie edilizie del centro storico si possono raggruppare in insule con caratteristiche

simili. Dalla tipologia costituita da edifici con atrio e giardino posteriore ubicati tra via Viviani

e via Gesù si passa ai grossi edifici a corte interna, caratterizzati dal doppio accesso per quelli

adiacenti via Bonito; tra questi si inseriscono alcuni edifici a blocco allungato dove la corte

interna si riduce tanto da occupare lo spazio residuo tra i grossi palazzi a corte. Oltre a queste

tipologie abitative sono presenti edifici di culto, per lo più di tipo conventuale caratterizzati da

grosse corti interne, cortili e chiostri, raggruppati anch’essi in insule ben delimitate (Convento

della pace e Convento di S. Bartolomeo, ex Convento dei Francescani, ex Convento dei

Gesuiti).

In questo contesto, valorizzato da edifici di notevole pregio architettonico, coabitano molto

spesso episodi di notevole degrado sia statico che igienico, che interessa prevalentemente le

aree più interne (via S. Caterina, via Cognulo, via Sciuscelle, Caporivo), attribuibile in larga

parte all’assenza di manutenzione degli stessi.

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2.1 Lo stato attuale degli edifici del centro storico di Castellammare di Stabia

L’attività di studio condotta fino ad oggi è stata in grado di portare alla luce alcune

caratteristiche tipologiche e strutturali di alcuni edifici del centro storico di Castellammare di

Stabia.

I dati in possesso sono stati attinti prevalentemente dagli archivi messi a disposizione

dall’Amministrazione comunale ed opportunamente suffragati da frequenti sopralluoghi.

Gli edifici analizzati, quasi tutti ad uso residenziale e di proprietà privata, sono stati realizzati

tra il XVIII e il XX secolo, hanno un’altezza media di 17 metri e sono quasi esclusivamente

edifici in aggregato. Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali, gran parte di essi sono

realizzati con muratura di tufo grigio campano e malta aerea (Fig. 2), in alcuni casi tale

muratura presenta listature con mattoni pieni.

La tipologia di solaio più frequente è il solaio in legno associata a solai realizzati con putrelle e

tavelloni e solo in pochi casi di edifici ristrutturati sono presenti solai in cemento armato. Le

scale sono quasi ovunque costituite da muratura di pietra sorrette da volte e archi rampanti.

Le coperture degli edifici sono quasi esclusivamente a terrazza; tale tipologia è stata favorita

probabilmente dalla proliferazione delle sopraelevazioni che sono molto diffuse.

Alcuni di essi hanno subito gravi danni dal sisma del terremoto dell’ 80, per cui sono stati

dichiarati inagibili, altri invece, che ugualmente hanno subito danni e demolizioni parziali,

presentano opere di messa in sicurezza costituiti da contrafforti o tiranti metallici.

L’aspetto distributivo e funzionale degli alloggi è fortemente compromesso dall’esecuzione di

interventi completamente avulsi dal contesto. Infatti è possibile scorgere in gran parte degli

edifici interventi di sopraelevazione, creazione di nuovi vani, ampliamenti che hanno

notevolmente abbassato il livello di sicurezza statica degli edifici.

L’evento sismico del novembre 1980 ha innescato un processo di abbandono di una parte di

quegli edifici fortemente danneggiati da tale evento; ancora oggi tali edifici non sono stati

riparati, altri, causa l’abbandono, rappresentano un grave pericolo per l’incolumità pubblica.

La Legge Regionale n. 219 del 1981 non ha prodotto i risultati sperati, per cui oggi è tornata

alla ribalta la questione della delocalizzazione di quegli edifici che sono stati seriamente

danneggiati dal sisma dell’80.

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Fig. 2-Particolare della muratura di un edificio su salita Quisisana

Fig. 3-Edifici parzialmente crollati con contrafforti

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3. La normativa vigente e gli aggregati edilizi Gli edifici esistenti in muratura sono caratterizzati da peculiarità che devono essere

opportunamente considerate. In particolare, nei centri storici, in presenza di edifici in

aggregato, frutto di trasformazioni successive, è necessaria un’adeguata conoscenza

preliminare per impostare una significativa interpretazione del comportamento meccanico

attraverso la modellazione strutturale.

Gli aggregati edilizi sono, infatti, costituiti da un insieme di parti che risultano da una genesi

articolata e non unitaria, dovuta a molteplici fattori (sequenza costruttiva, modifiche di

materiali, mutate esigenze). Risulta dunque di fondamentale importanza, ai fini dell’analisi, la

conoscenza più completa possibile dei manufatti, basata su operazioni di rilievo, ricerche

storiche ed indagini sperimentali.

La normativa italiana in materia sismica ha recepito e formalizzato solo di recente queste

esigenze. Il D.M. 14/01/2008 “Norme Tecniche per le Costruzioni” rimanda, tra le Referenze

Tecniche Essenziali in materia di progettazione e costruzione di nuovi edifici soggetti ad

azioni sismiche, di valutazione della sicurezza e di progetto d’interventi di consolidamento su

edifici esistenti soggetti alle medesime azioni, all’ O.P.C.M. n. 3274 del 20/3/2003, che

diventa, assieme alle sue successive modificazioni e integrazioni (in particolare l’ O.P.C.M. n.

3431 del 3/5/2005), norma di riferimento per le costruzioni esistenti. Proprio l’ O.P.C.M.

3431, al punto 11.5.4.3.2, introduce una serie di accorgimenti, richiamati di seguito, cui è

opportuno attenersi nello studio di aggregati edilizi.

Le recenti Linee Guida del 2006, elaborate in applicazione delle Ordinanze 3274 e 3431,

invece, non forniscono indicazioni aggiuntive sulla tipologia complessa; per contro esse

sviluppano con maggior dettaglio i concetti di livello di conoscenza, raggiunto in funzione

dell’informazione disponibile, e di fattore di confidenza.

Nell’analisi di edifici facenti parte di un aggregato edilizio si deve tenere conto delle possibili

interazioni derivanti dalla contiguità strutturale con gli edifici adiacenti, connessi od in

aderenza ad essi. È per questo fondamentale determinare preliminarmente le Unità Strutturali

(U.S.) da considerare nello studio: si dovrà esaminare l’intero aggregato, individuando le

connessioni spaziali fondamentali, con attenzione ai meccanismi di giustapposizione e

sovrapposizione, e tenendo conto che tali porzioni di aggregato devono presentare un

comportamento strutturale unitario nei confronti dei carichi statici e dinamici. A tale scopo, il

processo di indagine deve svilupparsi su diversi strati di informazione, esaminando:

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- i rapporti tra i processi di aggregazione dei tessuti edilizi e l’evoluzione morfologica del

sistema viario ed i principali eventi che hanno influito sugli aspetti tipologici del costruito

storico;

- l’allineamento delle pareti, le verifiche di ortogonalità rispetto ai percorsi viari,

l'individuazione dei prolungamenti, delle rotazioni, delle intersezioni e degli slittamenti degli

assi delle pareti (ciò aiuta ad identificare le pareti in relazione alla loro contemporaneità di

costruzione e, quindi, a definire il loro grado di connessione);

- i rapporti spaziali e di regolarità, ripetizione, modularità ai diversi piani delle singole cellule

murarie (si possono così distinguere le cellule originare da quelle dovute a saturazione

successiva);

- i disassamenti e le rastremazioni delle pareti, i muri poggianti “in falso” sui solai e lo

sfalsamento di quota tra solai contigui, che rappresentano indicazioni utili per l’individuazione

delle possibili fonti di danno, relative ai carichi verticali e sismici, e dei meccanismi di

aggregazione;

- la forma e la posizione delle bucature nei muri di prospetto (assialità, simmetria, ripetizione);

questo permette di determinare le zone di debolezza nel percorso di trasmissione degli sforzi e

di rilevarne le modificazioni avvenute nel tempo.

Le U.S. vanno comunque individuate in ragione della forma del sistema edilizio cui

appartengono e possono essere composte da una o più Unità Immobiliari; in ogni caso, l’U.S.

dovrà avere continuità da cielo in terra per quanto riguarda il flusso dei carichi verticali e, di

norma, sarà delimitata da spazi aperti, da giunti strutturali o da edifici contigui costruiti, ad

esempio, con tipologie strutturali diverse, con materiali diversi o in epoche diverse.

Tra le interazioni strutturali con gli edifici adiacenti, vanno considerati i carichi (verticali e

orizzontali) provenienti da solai o da pareti di U.S. adiacenti, le spinte non contrastate causate

da orizzontamenti sfalsati di quota sulle pareti in comune con le U.S. confinanti, le spinte di

archi e volte appartenenti ad U.S. contigue, le spinte provenienti da archi di contrasto o tiranti

ancorati su altri edifici, gli effetti locali causati da prospetti non allineati o da differenze di

altezza o di rigidezza tra U.S. adiacenti, i possibili martellamenti nei giunti tra U.S. confinanti,

le azioni di ribaltamento e di traslazione che interessano le pareti delle U.S. di estremità.

L’analisi di una U.S. secondo i metodi utilizzati normalmente per edifici isolati, senza adeguata

modellazione dell’interazione con i corpi di fabbrica contigui, assume pertanto un significato

convenzionale: di conseguenza, si ammette che l’analisi della capacità sismica globale delle U.S.

possa essere verificata attraverso metodologie semplificate.

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Capitolo 2

Analisi del degrado e dello stato di pericolo imminente

degli edifici del centro storico

1. Scelta dell’area di studio La scelta dell’area di studio di interesse, ai fini della valutazione delle condizioni di sicurezza

statica e sismica degli edifici, scaturisce dall’esigenza di dare una nuova funzionalità al centro

storico di Castellammare di Stabia.

Tale scelta è da inquadrarsi nella strategia di recuperare il vecchio rapporto che anticamente

esisteva tra il mare e i tratti collinari dove sorgevano la frazioni annesse al territorio comunale

di Castellammare. La possibilità del recupero di questo rapporto è concreta in quanto ancora

oggi sono presenti i collegamenti tra il fronte marino e i percorsi collinari che si dipartono dal

centro storico. Esistono tuttora alcune vie (calate), trasversali rispetto alla viabilità principale

del centro storico (Via Viviani e Strada S. Caterina), che si collegano ai percorsi collinari

costituiti da Salita Quisisana e Salita Sciuscella al Cognulo.

Il ruolo del centro storico in questo nuova strategia è senza dubbio fondamentale, per cui è

indispensabile ipotizzare di dare delle nuove funzionalità ad esso.

Tra l’altro, l’area individuata è ricca di edifici di particolare interesse architettonico (Palazzo

Pace, i palazzi a spuntatore, ecc.). Inoltre tale campione appare, in linea di massima

significativo dell’intero centro del comune, per cui è pensabile estendere la procedura seguita

all’intero centro senza alcuna difficoltà.

Per queste ragioni è stato individuata una fascia costituita da 90 edifici che prospettano su via

Viviani e Strada S. Caterina, la quale rappresenta la spina dorsale del centro storico di

Castellammare.

2. Descrizione dell’approccio metodologico Per gli edifici individuati sulla scorta di quanto detto in precedenza, si è proceduti ad una serie

di sopralluoghi ispettivi al fine di avere una conoscenza dello stato luoghi. Si è proceduto

quindi all’identificazione dei corpi strutturali e alla messa in cartografia con numerazione degli

stessi.

Mediante una scheda sintetica, sono state raccolte le informazioni di rilievo per ciascun

edificio: tali informazioni riguardano i seguenti aspetti:

♦ Qualificazione giuridica del soggetto proprietario;

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♦ Destinazione d’uso prevalente;

♦ Descrizione dimensionale e tipologica;

♦ Stato di utilizzo;

♦ Tipologia degli elementi strutturali;

♦ Danno strutturale;

♦ Danno materico;

♦ Danno non strutturale;

♦ Cause del danno;

♦ Documentazione fotografica.

La finalità di questo studio è quella di evidenziare principalmente lo stato di conservazione di

massima degli edifici e situazioni di eventuale pericolo imminente dovuto tanto a

problematiche di carattere prettamente strutturale, tanto a problemi di carattere non

strutturale, ma che potrebbero avere conseguenze non meno pesanti.

3. Classificazione degli edifici A valle di tutti i sopralluoghi eseguiti si è giunti alla conclusione che la totalità degli edifici

studiati poteva essere classificata all’interno di 5 categorie fondamentali, e cioè:

♦ Edifici che hanno avuto interventi di tipo strutturale e non (comprese

sopraelevazioni) che non presentano evidenti segni di degrado;

♦ Edifici che hanno avuto interventi di tipo strutturale e non (comprese

sopraelevazioni) che presentano segni di degrado puntuali risolvibili con interventi di

manutenzione;

♦ Edifici che hanno avuto interventi di tipo strutturale e non (comprese

sopraelevazioni) che presentano uno stato di degrado avanzato causato da scarsa

manutenzione;

♦ Edifici che presentano un grave degrado o che versano in stato di semi abbandono nei

quali sono individuabili situazioni di pericolo imminente per la viabilità e per gli edifici

limitrofi;

♦ Ruderi.

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Capitolo 3

Analisi di vulnerabilità sismica degli edifici

1. Introduzione Il gruppo di ricerca del GNDT ha messo a punto una metodologia per la valutazione della

vulnerabilità degli edifici basata sul calcolo dell’indice di vulnerabilità dell’edificio. Tale

metodologia, ideata per la valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici in muratura di

proprietà pubblica, è associata alla scheda di II livello che consente di valutare 11 parametri

relativi al comportamento sismico di tali edifici. Ad ogni parametro viene associata una classe

di vulnerabilità che viene scelta in base delle caratteristiche tipologiche relative a quel

parametro.

2. Metodologia La metodologia proposta dal GNDT, per lo studio di vulnerabilità sismica di II livello, ha

consentito di valutare l’indice di vulnerabilità sismica degli edifici.

L’indice di vulnerabilità viene calcolato dalla somma dei prodotti dei punteggi riferiti alla classe

di vulnerabilità di ogni parametro e di un coefficiente detto peso (Tabella 1).

Tabella 1-Indice di vulnerabilità sismica

I parametri assunti sono collegati alle caratteristiche strutturali dell’edificio e sono stati

identificati come fattori di maggiore rilevanza per la descrizione del comportamento sismico

delle costruzioni in muratura, riconducibile a quelli elencati nella Tabella 1. I pesi dei parametri

5, 7 e 9 sono variabili e dipendono da alcuni elementi di valutazione rilevati quali la

percentuale degli orizzontamenti rigidi e ben collegati, la presenza di porticati e il peso della

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copertura. L’indice inoltre consente di poter confrontare gli edifici e di stabilire delle

graduatorie al fine di decidere le priorità di intervento.

Le informazioni contenute nella scheda di secondo livello proposta dal GNDT sono state

scelte per evidenziare aspetti del comportamento sismico degli edifici in muratura e valutarne

la vulnerabilità secondo un modello semeiotico basato sull’assegnazione di uno dei 4 livelli

crescenti di vulnerabilità A B C e D. Oltre al livello di vulnerabilità, per ogni parametro viene

espresso un livello sulla qualità dell’informazione ottenuta, che va da assente nel caso di

mancanza totale dell’informazione, fino a “qualità elevata” nel caso di informazioni dirette

ottenute da misurazioni in sito o da letture fatte su elaborati grafici affidabili.

Tra le informazioni ve ne sono alcune che possono essere validamente utilizzate per

classificare gli edifici rispetto alla presenza di fattori che conducono al prevalere di determinati

meccanismi di collasso.

Il parametro 3, denominato “Resistenza Convenzionale”, rappresenta proprio una stima della

resistenza sismica dell’edificio ed è basata sul calcolo del coefficiente C che esprime

l’accelerazione minima che porta al collasso l’edificio, valutata come rapporto tra la forza di

resistenza minima del paino ed il peso della parte di costruzione gravante sul piano stesso.

Si tratta proprio di un modello di calcolo semplificato basato sulla risposta sismica dell’edificio

di tipo tagliante, la cui attendibilità è, come già detto, condizionata dal fatto che le forze

d’inerzia sismiche attivino la resistenza a taglio nel piano dei setti murari prima di eventuali

meccanismi fuori dal piano. Sotto queste condizioni, con una accurata valutazione degli altri

parametri coinvolti nel calcolo e portando adeguatamente in conto l’influenza degli altri fattori

che possono incrementare la vulnerabilità (qualità della muratura, irregolarità, etc.), il

coefficiente C può essere ritenuto un buon indicatore di vulnerabilità di tipo meccanico ed

essere utilizzato per una stima dell’accelerazione di collasso al suolo (PGAc) da utilizzare per

analisi di rischio, attraverso un confronto con i valori delle accelerazioni attese.

3. Fonti dei dati disponibili Per la compilazione delle schede di vulnerabilità di II livello è stato necessario avviare una fase

di ricognizione delle informazioni relative ad ogni singolo fabbricato. Per alcuni di essi,

l’ufficio tecnico del comune di Castellammare ha messo a disposizione i progetti di

ricostruzione/riparazione previsti dalla Legge n. 219 del 1981.

Dall’archivio cartaceo sono state visionati 19 progetti, dei quali 4 ricadono al di fuori dell’area

di studio. Di questi 19 edifici, solo per 8 di essi sono stati effettivamente realizzati i lavori. Per

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i restanti 11, i primi 6 sono in stato di totale abbandono, mentre il resto sono edifici abitati per

i quali non è stato eseguito nessun intervento, tranne qualche opera di messa in sicurezza

temporanea.

4. Descrizione della scheda Per la valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici è stata utilizzata la scheda di II livello

(Fig. 4) del GNDT sulla quale sono riportati una serie di informazioni sulle caratteristiche

degli elementi costitutivi non più del complesso edilizio, ma di ogni singolo edificio.

La vulnerabilità sismica di un edificio viene definita come un suo carattere comportamentale

descritto attraverso una legge causa-effetto in cui la causa è il terremoto e l'effetto è il danno.

In sostanza la vulnerabilità misura la propensione dell’edificio a subire danni a fronte di un

evento sismico.

La scheda è costituita da 11 righe e 5 colonne. Ad ogni riga corrisponde un parametro di

valutazione di uno specifico aspetto della vulnerabilità di un edificio in muratura, e sono i

seguenti:

1. Tipo ed organizzazione del sistema resistente: rende conto del funzionamento

scatolare dell'organismo murario attraverso il rilievo della presenza di collegamenti ai

piani, ammorsature agli spigoli, etc.;

2. Qualità del sistema resistente: considera la qualità, l'omogeneità e l’organizzazione

del paramento murario;

3. Resistenza convenzionale: attraverso un calcolo semplificato, con l'ipotesi di solaio

infinitamente rigido e di pura traslazione dei piani, in assenza di eccentricità in pianta,

si quantizza la resistenza in due direzioni perpendicolari delle strutture in elevazione;

4. Posizione dell'edificio e delle fondazioni: con questo parametro sono messi in

conto alcuni aspetti relativi alle fondazioni ed al terreno di fondazione ritenuti influenti

sul comportamento sismico globale;

5. Orizzontamenti: si considerano la rigidezza nel piano (funzionamento a diaframma),

il tipo e l'efficacia dei collegamenti tra gli orizzontamenti e le murature d'ambito;

6. Configurazione planimetrica: mette in conto la forma in pianta attraverso la

valutazione dei rapporti tra lato corto e lato lungo oltre ad eventuali difformità

planimetriche;

7. Configurazione in elevazione: mette in conto le variazioni e discontinuità in

elevazione quali piani porticati, eventuali variazione di massa, etc.;

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8. Distanza massima fra le murature: in questo parametro si considera l’efficienza

del sistema attraverso la distanza tra le murature portanti poste perpendicolarmente;

9. Copertura: la copertura è considerata come un orizzontamento "speciale" dove si

valutano gli elementi strutturali e le forze che essi generano, i pesi e la lunghezza degli

appoggi;

10. Elementi non strutturali: in questa sezione si riporta la tipologia e le caratteristiche

di tutti quegli elementi non portanti quali comignoli, cornicioni, piccoli aggetti etc.,

presenti nell’edificio;

11. Stato di fatto: mette in conto la diminuzione di resistenza (e di duttilità) conseguenti a

lesioni, dissesti, stato di degrado dovuto a carenze manutentive presenti negli elementi

strutturali.

Nella prima colonna è indicato il numero progressivo e una breve descrizione di ogni singolo

parametro di valutazione. Nella seconda colonna viene indicata la classe di vulnerabilità (A, B,

C, D) del singolo parametro, mentre nella terza viene indicato il livello di conoscenza delle

informazioni acquisite. Nella quarta colonna sono riportati gli elementi di valutazione di ogni

singolo parametro che concorrono a determinare la classe di vulnerabilità. Infine, nella quinta

colonna vengono riportati alcuni schemi grafici che aiutano nella compilazione della scheda.

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Fig. 4-Scheda di vulnerabilità di secondo livello del GNDT

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Capitolo 4

Rappresentazione ed analisi dei risultati

1. Introduzione Per lo studio degli edifici del centro storico di Castellammare di Stabia sono stati seguiti due

diversi approcci, il primo che ha riguardato la classificazione degli edifici in base al livello di

degrado e in base alle condizioni di pericolo imminente, il secondo ha riguardato lo studio di

vulnerabilità sismica degli stessi.

Per il primo approccio è stato necessario effettuare vari sopralluoghi nel centro storico al fine

di rilevare il maggior numero di informazioni tali da poter formulare un giudizio qualitativo

sullo stato attuale di ogni singolo edificio.

Per il secondo approccio è stata utilizzata una metodologia sviluppata a livello nazionale dal

GNDT. Essa ha permesso di effettuare una valutazione analitica del livello di rischio di ogni

edificio studiato.

2. Risultati relativi al primo approccio I vari sopralluoghi effettuati agli edifici del centro storico di Castellammare, ricadenti nell’area

di studio scelta, hanno consentito di delineare con chiarezza lo stato attuale delle

problematiche più ricorrenti. In primo luogo è bene sottolineare che lo stato di degrado di tali

edifici è causato, nella quasi totalità dei casi, da mancanza o scarsa manutenzione di essi. Altri

aspetti fondamentali sono la sistematica presenza di sopraelevazioni, a volte anche di tre piani,

e non da meno, e la realizzazione di abusi vari quali verande e balconate.

Il primo di questi aspetti ha contribuito ad aggravare le condizioni di sicurezza statica degli

edifici e ad innalzare il livello di rischio sismico. Gli abusi, invece, hanno indotto altre

problematiche nate soprattutto a causa dell’uso di materiali non idonei.

Esistono però situazioni di pericolo imminente rilevate sia in modo puntuale che

generalizzato. In particolare, per l’edificio n. 12 riportato nella Tavola n. 2, si è riscontrato un

grave pericolo di crollo delle scale. Tale struttura, nonostante sia stata rinforzata con puntelli

in legno, mostra segni evidenti che denotano un cinematismo di ribaltamento.

Per quanto riguarda invece il rischio generalizzato, si è riscontrato che quasi tutti gli edifici

presentano aggetti (cornicioni, balconi, ornie, cornici, intonaci) a rischio di crollo più o meno

grave.

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Vi sono poi esempi di degrado avanzato costituito da edifici che sono in stato di abbandono

totale o parziale.

Gli interventi di ristrutturazione post sismici sono stati realizzasi solo per una piccola parte dei

90 edifici indagati. Alcuni hanno realizzato gli interventi come previsto dai progetti realizzati in

base alla legge n. 219/81, altri invece, hanno realizzato tali interventi con fondi degli stessi

condomini. Nella maggior parte dei casi sono stati realizzati nuovi solai, nuove coperture,

iniezioni leganti nelle murature ed interventi di consolidamento localizzati, quali catene

piattabande, chiusure di vani.

Altri tipi di interventi realizzati sono per lo più opere di manutenzione ordinaria e

straordinaria.

Sono stati individuati, inoltre, 3 aree di sedime di fabbricati abbattuti, la prima su Largo

Marchese De Turris, la seconda su Vico 2° S. Caterina e la terza all’inizio di Via Cognulo. In

tali aree sono presenti ancora parti delle strutture abbattute che svolgono la funzione di

sostegno agli edifici adiacenti.

3. Risultati relativi al secondo approccio Dalla compilazione delle schede di II livello del GNDT sono stati calcolati gli indici di

vulnerabilità per ognuno dei 15 edifici interessati. Tali valori, identificati secondo una scala

cromatica suddivisa in 10 intervalli, sono stati riportati nella Tavola n.3 allegata al presente

documento.

Dei 15 edifici studiati, sei si trovano in stato di degrado avanzato causato dal completo

abbandono. Per essi sono state evidenziati situazioni di criticità in termini di sicurezza per la

viabilità e per gli edifici limitrofi. Per essi si sono ottenuti indici di vulnerabilità elevati,

compresi nell’intervallo tra 60 e 90.

Per i rimanenti nove edifici si è constatato che sono stati effettuati alcuni interventi strutturali,

per cui si sono ottenuti indici di vulnerabilità compresi tra 20 e 50.

4. Limiti delle analisi svolte Per quanto riguarda il primo approccio, il limite è rappresentato dal fatto che si tratta di una

indagine a vista e non strumentale, per cui può solo inquadrare le problematiche dal punto di

vista qualitativo.

Il secondo approccio ha invece, un carattere analitico ed è basato su una metodologia

scientifica proposta da un ente di ricerca. Nonostante ciò il limite di questa metodologia è

rappresentato dai dati di ingresso per la compilazione delle schede. Nel caso in questione, pur

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se i dati sono stati attinti da progetti esecutivi, non è stato sempre possibile verificare sul

campo la piena veridicità di tali informazioni.

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Conclusioni

Lo studio del centro storico di Castellammare di Stabia, relativamente alla valutazione delle

condizioni di sicurezza statica e sismica, è stato condotto su un campione di 90 edifici.

Gli approcci utilizzati sono stati due, il primo finalizzato alla valutazione qualitativa delle

condizioni di sicurezza statiche, il secondo finalizzato alla valutazione della vulnerabilità

sismica.

Dai risultati ottenuti è emerso che, per tali edifici esiste una situazione di pericolosità

generalizzata legata al pericolo di crolli di parti non strutturali (cornicioni, cornici, intonaci,

ecc.) ed una situazione di pericolosità puntuale legata a problematiche di carattere strutturale di

alcuni edifici (pericoli imminenti di crolli).

Il rischio generalizzato non strutturale è dovuto essenzialmente a mancanza di manutenzione,

per cui può essere ridotto con opportuni interventi di tipo non strutturale. Il rischio statico di

tipo strutturale è dovuto alla cattiva esecuzione degli interventi e dal degrado derivante dalla

scarsa manutenzione.

Dal punto di vista della sicurezza sismica si è riscontrato che, per gli edifici che hanno avuto

gli interventi, l’indice di vulnerabilità è sempre al di sotto di 50, mentre negli altri casi arriva

fino a 90 (caso limite di ruderi). Per abbassare tale livello di rischio è opportuno effettuare

interventi di miglioramento sismico, quali inserimento di cordoli e catene, sostituzione dei

solai in legno con solai dotati di diaframmi rigidi, riduzione delle masse sismiche e rinforzo di

corpi aggettanti.