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Direttori GIUSTO MONACO • DARIO DEL CoRNC Segretario di redazione FtL!PPO AMOROSO DIONISO, rivista di studi sul teatro antico, e organo dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico. La collaborazione e aperta a tutti gli studiosi. Si prega di inviare manoscritti, bozze di stampa, libri in recensione e qualsiasi corrispondenza a: lSTl'fUTO NAZTONALE DEL DRAMMA ANTICO REDAZIONE RIVISTA DIONISO Corso Matteotti - Siracusa I dattiloscritti, che non si restituiscono anche se non pubblicati, devono essere inviati alla Redazionc in forma chiara e definitiva. C.C.P. 11072964 inrestato a: Istituto Nazionale de! Dramma Antico - Siracusa ' DIONISO RIVISTA DI STUD! SUL TEATRO ANTICO Atti dell'Xl Congresso Jnternazionale di Studi sul Teatro Antico SUL TEMA: Jl coro della tragedia greca: struttura e f unzione ,,~ SIRACUSA - VOLUME LV - ANNATA 1984-1985

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Direttori

GIUSTO MONACO • DARIO DEL CoRNC

Segretario di redazione

FtL!PPO AMOROSO

DIONISO, rivista di studi sul teatro antico, e organo dell'Istituto Nazionale del Dramma Antico.

La collaborazione e aperta a tutti gli studiosi.

Si prega di inviare manoscritti , bozze di stampa, libri in recensione e qualsiasi corrispondenza a:

lSTl'fUTO NAZTONALE DEL DRAMMA ANTICO

REDAZIONE RIVISTA DIONISO

Corso Matteotti - Siracusa

I dattiloscritti, che non si restituiscono anche se non pubblicati, devono essere inviati alla Redazionc in forma chiara e definitiva.

C.C.P. 11072964 inrestato a: I stituto Nazionale de! Dramma Antico - Siracusa

'

DIONISO RIVISTA DI STUD! SUL TEATRO ANTICO

Atti dell'Xl Congresso Jnternazionale

di Studi sul Teatro Antico

SUL TEMA:

Jl coro dell a tragedia greca: struttura e f unzione

,,~

SIRACUSA - VOLUME LV - ANNATA 1984-1985

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\ I

GIOVANNI CERRJ

DAL CANTO CITARODICO AL CORO TRAGICO: LA PALINODIA DI STESICORO, L' ELENA DI EURIPIDE

E LE SIRENE

I

La parodo dell'Elena di Euripide ha struttura amebea: le due strafe e l'epodo sono intonati da Elena stessa, la protago­nista, le due antistrofi. dal coro delle donne greche prigioniere in Egitto. Si tratta di un vero e proprio kommos, di un lungo la­mento su tutte le sventure che sono derivate dall'equivoco del­l'eidolon, della falsa Elena fuggita a Troia con Paride: le morti innumerevoli dei guerrieri caduti nell'uno e nell'al tro campo du­rante la guerra decennale, i lutti familiari che hanno colpito in particolare Elena, il disonore in cui e precipitato ingiustamentc il nome di lei. Tre versi proemiali (due esametri lirici seguiti da un alcmanio) definiscono preliminarmente come goos in sense stretto il canto che sta per essere intonato 1:

w µeya.Awv &.xtwv xcr..'tcr.~cr.A.),oµtvcr. µtycr.v olx,ov, 'ltO~OV a.µLA.A.cr.Ow y6ov f) 'tlvcr. Mouo-cr.v E'ltEMw lia.xpuo-w f) DpTJVOL<; f) 1ttvDEo-w;

Ob, sul punto di intonare un grande compianto di grandi dolori, ir quale goos impegnarmi o a quale Musa rivolgermi, tra le lacrime o i Jamenti o i lutti?

Con questo interrogativo Elena, prima di attaccare, esprime in sostanza il desiderio che la sua lamentazione possa essere il piu possibile lugubre ed accorata, riceva ispirazione dalla divinita piu adatta a suggerire gli accenti della disperazione. Coerente con tale premessa e la successiva invocazione, con la quale la parodo ha inizio effettivo 2 :

1 Eur. He/. 164-166. 2 Eur. He/. 167-173.

l5i

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1t,Epocp6poL \IECl.\lLOEc,, 1tapfrE\IOL XiJo\loc, x6paL, :E€LP1)\1€C,, £(1'}' Eµoi:c, yoOLC, µoA.OL't EXOVO"O.L Al~v\l ),W,0\1 1J O"UpL yyac, i\ cp6p· p.L yya.c,, a.t)..(votc, Ep,oi:cn a-u\loxa. Mxpva, -r.&.frEcn -r.&.Om µEA.EO"L µEA.Ea ...

Fanciulle alate, vergini figlic dclla Terra, Sirene, oh sc potcstc venire, portando per i miei lamenti (gooi) il tlauto libico o le siringhc o le phor­minges, lacrime intonate ai miei compianti funebri (ailinoi), penc a pene, canti a canti ...

Le Sirene sono presentate come coloro che presiedono al canto funebre e possono ispirarlo ai viventi, che vogliano pian­gere convenientemente i loro morti e le proprie sventure. Si tratta di una concezione che doveva essere in realta largamente di:ffusa, dato che trova ampio e puntuale riscontro nell'iconografia fune­raria del tempo: sulle steli sepolcrali ricorre con insistenza l 'im­magine di una o piu Sirene, rappresentate spesso nell'atto di com­piere i gesti tipici della lamentazione o di cantare o di suonare strumenti musicali come quelli indicati da Euripide, sia a fiato sia a corda 3• Dunque, il passo dell'Elena, ancorche isolato sul piano specifico della tradizione letteraria, non esprime certo immagini e nozioni che possano essere considerate « invenzione » del poeta, ma, al contrario, si limita a verbalizzare motivi ben noti alla cul­tura figurativa contemporanea. Tutto do e stato gia piu volte rilevato 4. Sembra invece sfuggita finora all'attenzione della critica la possibilita di un confronto tra i due primi versi del brano ed

3 Per la documentazione archeologica, vedi CH. MICHEL, s.v. 'Sirenes', in DAREM6£RG-SAGLJO, Diet. des ant. gr. et rom. IV 2, 1911, pp. 1353-1355; G. W EIC­

KER, Der Seelenvogel in der alten Lttteratur und Kunst, Leipzig 1902, pp. 85-208; s.v. 'Scirenen', in Rosc1-1ER, Ausfuhrliches Lexikon der griech. und rom. Myth. IV, 1909-1915, coll. 609; 620; 633 sg.; E. BuscHoR, Die Musen des ]en­seits, Miinchen 1944; ZwIC1'ER, s.v. 'Sirencn', R.E., II Reihe, III A, 192i, coll 300-305.

4 Tra gli studiosi del mito e dcU'iconograGa delle Sircne, cfr. ad es. quelli citati a n. 3; tra i commentatori della tragedia, vedi da ultimo R. KANNICHT,

Euripides, Helena. Herausgegeben und erklart, Heidelberg 1969, II, p. 67.

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un frammento della Palinodia di Stesicoro; confronto che, ove ri­sultasse valido, porterebbe a conclusioni interessanti da diversi punti di vista: .

1) Avrebbe fatto un passo avanti l'ipotesi d~lla dipendenza di Euripide da Stesicoro per la scelta della variante mitica accolta nell'Elena e, in generale, per l 'ideazione del dramma 5 • E stata gia segnalata nel prologo dell'Elena (e anche nel finale delI'Elet­tra) una serie di riecheggiamenti del famoso frammento della Pali­nodia cilato da Platone nel Pedro 6

. Saremmo ora in possesso di un nuovo riscontro, dovuto ineguivocabilmente ad imitazione poe­tica cosciente e dichiara ta.

2) Capiremmo meglio uno dei pochissimi frammenti te­stuali superstiti della Palinodia di Stesicoro, frammento che, in mancanza appunto del confronto con Euripide, e rimasto finora problematico, anzi, direi, del tutto oscuro.

.3) Avremmo un ulteriore indizio sulla funzione della pa­rodo, intesa come inizio effettivo de] dramma, rispetto al quale il prologo si pone davvero come 'discorso preliminare', non come 'discorso iniziale'.

II frammento di Stesicoro in questione e costituito dall 'inci­pit della seconda delle due Palinodie delle quali parlava Came­leonte 7 :

xpvcr61t't"EPE 1tapi7E\IE

5 Come c noto, non (! mancato chi, nonostante rutte le apparenze, ha con­

tinuato a negare tale dipendenza, fondandosi su argomenti di vario ordine, per la verita non risolutivi: cfr. ad cs. H. GREGOIRE, in Euripide V: Helene . Les Pheniciennes, Texce etabli et traduit par H . GRBGO!RE et L. MERIDIER, Paris 1961, pp. 31-34.

6 243 a= Stesich. fr. 192 P .: OUY. fo't"' hvµoc, Myoc, ov,oc, / ouo' l:'~ac, tv VT)vcrl\l lvcrcrE)..µotc, / oull' lxEo 1tEpyaµa. Tpolac,. Tutte le possibili remini­

scenze di questi tre versi ravvisabili nelle due tragedie di Euripide sono elencate e discusse, ncl contesto di una pcnctrante ricognizionc critica, da G. MONACO, La nuova Elena. in AA. VV., Letterature comparate. Problemi e metodo. Studi in onorc di E . Paratore, .Bologna 1981, pp. 143-151.

7 Fr. 193 P. Sui problemi solievati dalla tesrimonianza d i Cameleonte riguardo alla duplicita delle Palinodie di Stesicoro, concordo pienamente con le conclusioni cui e pervenuto B. GENTIJ,I, Poesia e pubblico nella Grecia antica. Da Omero al V secolo, Roma-Bari 1984, pp. 1"65-168. La sua ricostruzione si inserisce in un

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Chi era la vergine dalle ali d 'oro, alla quale Stesicoro si rivolgeva all'inizio del suo canto? Fin dal 1962, anno in cui il Page pubblico per la prima volta il papiro contenente il commen­tario antico che ci ha restituito iJ frammento 8, il problema e ap­parso di ardua soluzione. Si e ovviamente pensato che si tratti di una normalissima invocazione alla Musa, ma in realta l'ipotesi non e sembrata de! tutto convincente nemrneno agli studiosi che l'hanno avanzata 9 : le Muse non sono alate e, in tutta la lettera­tura antica, non ricevono mai tale quali:fica, nemmeno metafori­camente, ove si prescinda dal singolo caso di unO scrittore tardo, Imerio, la cui attestazione resta, sotto questo profilo, assoluta­mente eccezionale 10. Xpucr61t-tEpoc; e ripetutamente de:finita, in Ome­ro e negli inni omerici 11

, la dea I ris, messaggera di Era; ma non sarebbe davvero facile spiegare perche proprio a lei, che non e in nessun modo una divinita ispiratrice del canto poetico, dovesse rivolgersi Stesicoro per introdurre il proprio discorso palinodico su Elena 12

• Non e mancato infine chi ha ritenuto di poter pro­porre la candidatura di Elena stessa, alla quale Stesicoro parle­rebbe in seconda persona gia nel primo verso dell'opera, com<!

lilone crmco le cui tappe fondamentali possono essere individuate uei seguenti contributi: C. M. BowRA, The Two Palinodes of Stesichorus, Class. Rev. 77, 1963, pp. 245-252 = On Greek Margins, Oxford 1970, pp. 87-98; J. A. DAVISON, De Helena Stesichori, Quad. Urb. 2, 1966, pp. 80-90; Stesichorus and Helen, From Archilochus to Pindar, London 1968, pp. 196-225; F. SrsTl, Le due Palinodie di Stesicoro, Studi Urb. 39, 1965, pp. 301-313. Nt:lla stessa direzione interpretativa, nuovi argomenti sono stati piu di recente prospettaci da E. CtNGANO, Q11ante tesli­monian:u s11//e palinodie di Stesicoro?, Quad. Urb. 41, 1982, pp. 21-33.

8 In Poetae melici Graeci, Oxford 1962, p. 106 (fr. 193 cit.), prima ancora che in P. Oxy. 29, 1963, nr. 2506, fr. 26, col. I.

9 D. L. PAGE, PM G, cit. (vedi sopra, n. 8), ad toe.; C. M. BowRA, art. cit (vedi sopra, n. 7), p. 89 sg.

10 Or. 14, 37 = 48, 37 Colonna: Movacu xpuaon-.tpvyoL. 11 ll. 8, 398; 11, 185; Hymn. Cer. 314. 12 Chi ha cercaro di farlo, si e visto costretto a ricorrere ad una serie di

iporesi minute sul contenuto della Palinodia, che, per quanto ingegnose, non pos­sono non apparire largamente gratuite: cosl ad es. A.J. PODLECKI, Stesichoreia, Athenaeum 49, 1971, pp . .321-327.

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chiaramente faceva poi nell'apostrofe del gia citato fr. 192 13• Ma

le difficolta che si oppongono a quest'ultima interpretazione sono di fatto insormontabili: non si vede come ad Elena, sposa di Me­nelao e madre di Ermione, possa adattarsi l'epiteto di mip~lvo~; ancora piu aliene, se possibile, dalla sua natura, e da qualsiasi aspetto o variante del suo mito, appaiono le 'all d'oro', cui allude la parola iniziale 14

Forse, la chiave dell 'enigma e proprio nelle parole introdut­tive della parndo dell'Elena di Euripide. Qui, come si e visto, ad essere invocate come ispiratrici del canto con gli epiteti di 1t-i-Epocp6poL .. . 1tcx.p~lvoL ( cfr. xpucr61t-tEpE 1tcx.p~lvE del frammento di Stesicoro), sono le Sirene. A questo punto, non ci si puo esimere, mi sembra, dalprendere in considerazione e vagliare criticamente l 'ipotesi che appunto la Sirena fosse la destinataria dell'invocazione di Stesicoro; una singola Sirena, isolata dalla pluralita delle con­sorelle, ma, proprio per questo, assunta a rappresentante dell'in­tero gruppo, nello stesso modo in cui era possibile nominare indif­ferentemente la Musa o le Muse is; pregata, in questo caso, di fornire il suo aiuto, non per un compianto funebre, come nel coro di Euripide, bensl, al pari di una Musa, per una narrazione mitica particolarmente ardua, intesa a ristabilire la verita dei fatti

13 DAVJSON, artt. citt. (vedi sopra, n. 7), rispettivamente pp. 84 e 223; M. TR£U, R. E. Suppl. XI, 1968, col. 1255; W. A. PROST, The « Eidolon » of Helen: Diachronic Edition of a Myth, Diss. Washington 1977, p. 74.

14 A questo proposito, il PROST, toe. cit. (vedi sopra, n. 13), giudica come un indizio a favore dell 'iporesi le numerose immagini di divinitii femminile alata rinvenutc ncll'area dcl santuario di Elena a Sparta, sul colle di Therapne. Ma in realta, come ben vide A. J. ll. WAcE, al momento di darne pubblicazione io The A11n11al of the British Scbool at Athens 15, 1908-1909, pp. 127-141, le i.m­magini non rappresentano Elena, bensl Artemide, alla quale era in qualche modo associata nell'ambito de! culto spartano. Ctr. anche M. S. THOMPSON, The Asiatic or Winged Artemis, ]ourn. Hell. Stud. 29, 1909, pp. 286-.307.

IS L'esemplificazione relativa all'alternanza Musa/ Muse potrebbe essere assai ampia; bas ti citare, per ii singolare, 11. 1, l; Od. 1, 1; per il plurale, II. 2, 484; Hes. Theog. l. Anche l'alternanza Sirena/Sirene e largamcntc attestata, spessc anche all'interno dell'opera di uno stesso pocta: cfr. ad es. Alcm. fr. 30 P. = 8€ Calame (sing.); 1, 96 P. = 3, 96 Calame (plur.); Eur. fr. 116 N.2 (sing.); Hel. loc. cit. (plur.).

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ed a smascherare le contrafiazioni di una leggenda tnenzognera. L'ipotesi, che a prima vista non puo non destare una certa sor­presa, acquista ben altra consistenza non appena si consideri una serie di dati, sui quali intendo soffermarmi partitamente nel se­guito del mio discorso 16

Iniziamo con l'oro delJe ali, una notazione presente nel fram­mento di Stesicoro ( vedi xpvcr61t"cEpE), ma assente nei versi di Euri­pide ( vedi 1t"cEpocp6po~ ). Sarebbe davvero un errore interpretare tale disparita come un indizio che si tratti di personaggi diversi e che, dunque, la fanciulla invocata dal poeta arcaico ·non possa essere una Sirena. In realta, secondo il mito, le ali delle Sirene avevano proprio il colore dell'oro ed e puramente casuale che Euripide non ne parli nel passo in esame. Egli stesso infatti insisteva con enfasi appassionata su questo elemento nel coro di un'altra tra­gedia, della quale non conosciamo il titolo 11

:

XPVO'EaL 61i µoL ;i:·dpvy,c; 1tEpl vt:.m.,.i Xctl 'tCX :!:ELp'l]VWV 1t'!Ep0E'J'tGt 1t£6Li-..a ctpp.6l;E'tGtL IS, ~<iO'oµa( ._' Etc; alOEpLov 1t6).ov tipOElc; Zrivl 1tpo<1µE£;wv.

Analogamente Ovidio, descrivendo la metamorfosi che avreb­be conferito tratti di uccell6 al corpo delle Sirene, allude alla tonalita gialla del piumaggio 19

: artus / vidistis vestros subitis fla­vescere pennis. Pindaro, facendo la storia del tempio di Apollo a Delfi, ricostruito varie volte nel corso del tempo in forme molto diverse l'una dalJ 'altra, si intratteneva a parlare delle ' incantatrici

16 II DAVISON, Stesichorus and Helen, cit. (vedi sopra, n. 7), p. 223, n. 1, nota di sfuggita chc l'espressione di Stesicoro puo far pensare anche ad una Sirena; ma, non avendo presence il confronto con i versi di Euripide, scarra immediatamente J'idea, senta nemmeno dedicarle un minima di trattazione.

17 Fr. 911 N.2

18 II NAUCK espungeva la voce verbale &.pµol;E-.aL, ritcnendola un'aggiunta esplica1iva dell'autore che cita i versi (Clem. Al. Strom. 4, 26, p. 642). Ma il P. Oxy. 1176, pubblicato nel 1912, che contiene parte della Vita di Euripide di Satiro, ci ha fornito una nuova cirazione, dalla quale si evince che &.pµo!;E'tctL c senza dubbio da ascrivcre al tesco di Euripidc (fr. 39, col. XVII, 11. 30-39).

19 Met . 5, 559 sg.

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d'oro' (xpucrEa,t ... XiJAT)66vEc;) che svettavano sul terzo, in ordine cronologico, dei vari edifici, quello che sarebbe stato costruitc interamente in bronzo 20

• Sia Pausania (10, 5, 12) sia Ateneo (7, 290 e) notavano una stretta rassomiglianza tra queste statue mi­racolose e le Sirene del racconto omerico; Pausania, anzi, non si faceva scrupolo di supporre che la descrizione di Pindaro si ispi­rasse direttamente al celebre episodio delI'Odissea. Anche a pre­scindere da quest'ultima ipotesi, il confronto istituito dai due eru­diti antichi rappresenta in se stesso una conferma ulteriore che, nella tradizione mitica, le ali d'oro dovevano essere un attributo ricorrente delle Sirene.

Ma veniamo al punto nodale della questione, doe al fatto che la Sirena sia---invocata da Stesicoro all'inizio del canto, come entita protettrice di segno senza riserve positivo, con una funzione affine a quella che abitualmente troviamo assegnata alla Musa. La cosa puo senza dubbio destare qualche perplessita in chi si lasci influenzare in maniera troppo esclusiva da una soltanto delle nu­merose maniere in cui la sua figura veniva presentata ed utiliz­zata: ad esempio, dalla versione omerica delle ingannatrici che conducono a morte, ammaliando con la dolcezza del canto; oppure dallo schema iconografico della donna-uccello connessa con la tom­ba e con il rituale funerario. Senonche l'ipotesi che Stesicoro ab­bia invocato l'ispirazione della Sirena per la narrazione palinodica su Elena si concilia perfettamente con altre rappresentazioni, non meno radicate nella tradizione antica e documentate fin dall'eta arcaica. Non mi propongo certo, in questa sede, di affrontare il problema della 'natura originaria' delle Sirene, un interrogativo di taglio diacronico sul quale non si e raggiunto ancora il con­senso degli studiosi, benche esista ormai al riguardo una copiosa letteratura 21

. Mi limitero invece a rilevare due ordini di dati, re-

20 Fr. 52 i (Pae. VIII), vv. 70-79 Snell-Maehler. 21 Vedi soprattutto WEICKER, opp. citt. (vedi sopra, n. 3); U. von WrLA­

MOWITZ - MoELLENDORFF, Der Glaube der Hellenen I, Basel 19563 (19321).

pp. 262-264; R. CArLLOrs, Les demons de midi, Rev. hist. rel. 1937, 115, pp. 142-173; 116, pp. 54-83; 143-186; BuSCHOR, op. cit. (vedi sopra, n. 3); K. LATTE, Die Sirenen, in AA. VV., Festschrift zur Feier des 200 jiihr. Bestehem

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lativi rispettivamente a certe possibilita funzionali delle Sirene ed al loro particolare prestigio in determinate aree del mondo . greco:

A) La Sirena equivalente alla Musa . Prendiamo le mosse da Alcm. fr. 30 P. = 86 Calame:

ex Mw11a XEX),ay' ex ).(y11a :ET]pT)V.

La Musa ha emesso ii suo acuco, la Sirena arguta. -.....

Una duplice identificazione: della Sirena con la Musa e delle fanciulle che intonano il partenio con la Musa/Sirena. Come spiega Aristide nel citare il frammento 22

, Alcmane, volendo elogiare la bravura delle ragazze del coro, afferma che nella loro voce risuona direttamente quella della divinita che le ispira. Sia pure angolato in maniera un po' diversa, lo stesso paragone torna nel famoso partenio del papiro Mariette 23

: le fanciulle che compongono il coro, anzi in particolare Agesicora, che le dirige, per quanto pro­vetta nel canto. non potra mai pretendere di essere piu melodiosa delle Sirene, che non sono donne, ma dee 24

.

In base ai pochi elementi in nostro possesso, sembra davvero che nella poetica arcaica si istituisse un legame specifico tra le Sirene ed il momenta esecutivo, la performance, di un genere determinato, appunto quello del partenio. Sul finite dell'arcaismo, il motivo compare di nuovo nell'inno che Pindaro compose per la

der Akad. der Wi'iss. zu Gouingen II: Phil.-hist. Kl., Gottingen 1951, pp. 67-74; ]. R. T. Pon ARD, Muses and Sirens, Cl~ss. Rev. 66, 1952, p. 60 sgg.; Seers, Shrines and Sirens. The Greek religious revolution in the 611r cent. B. C. , London 1965, p. 137 sgg.; M. P. NILSSON, Gesch. d. griech. Rel. I , Mi.inchen 19673 (19551) ,

pp. 197 sg.; 228 sg.; K. MAR6T, T he Sirens, Acta ethnogr. Acad. Scient. Hung. 7, 1958, p. 1 sgg.; Die An/tinge der griechischen Literatur, Budapest 1960, pp. 106-211.

n Or. 28, 51 sgg. (JI, p. 158, 13 sgg. Keil). 23 Fr. 1, 96-98 P. = 3, 96-98 Calame. 24 Per la corretta interpretazione dei versi, cfr. C. CALAME, Aleman. Intro­

duction, texte crmque, temoignages, traducrion et commentaire, Roma 1983, p . 346 sg. (ad loc.).

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dafneforia di Tebe 25• Questa volta il processo di identificazione

assume la forma concreta dell'impegno tecnico profuso dalle ra­gazze, le quali si sforzeranno, nell'esecuzione del canto, di ripro­durre, di imitare (µLµTJcroµ,m), la tonalita che immaginano propria del canto delle Sirene; un canto che, come gia aveva detto Esio­do 26

, nella sua dolcezza infinita e in grado di ammaliare e placare anche gli elementi inanimati della natura, per esempio i venti impetuosi che sconvolgono il mare durante una tempesta.

La stessa concezione delle Sirene, viste come ipostasi del canto in senso assolutamente positivo, senza le implicazioni di pericolo e di morte che esse hanno invece nel mito omerico, si riflette nei nom°i' propri che venivano attribuiti a livello indivi­duale a ciascuna di esse: Aglaope / Aglaopheme / Aglaophonos (« Splendida voce »), Thelxiepeia / Thelxiope / Thelxinoe (« Voce incantatrice » / << Incanto dell a mente »), Ugeia ( « Arguta »), Molpe («Canto»), Peisinoe (« Persuasione della mente »). Le fonti che ce Ii trasmettono sono testi scoliastici e mitografici di eta ellenistica o romana 27

, ma e certo che questi nomi, almeno in parte, non possono non risalire alla tradizione piu antica; forse, alcuni di essi dovevano figurare gia nelle Boie di Esiodo 28

• Iden­tica, in ogni caso, e l'area semantica ·cui fa riferimento un altro nome, sicuramente databile al tardo arcaismo, conservato dalla Beischrift ·che affianca-l'iinm:agihe di una Sirena nel contesto del­l'avventura odissiaca, dipinta sopra un'anfora a figure rosse di stile severo 29

: Himeropd (« Voce che suscita il desiderio »). Uno dei nomi sopra elencati, Thelxinoe, veniva attribuito

anche ad una delle Muse 30• Una delle Muse, Calliope o Tersico­

re oppure Melpomene, era generalmente considerata madre delle

25 Fr. 94 b, 11 sgg. Snell-Maehler. 26 Fr. 28 M.-W. 27 WErCKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 603; ZWICKER, art. cit. (vedi

sopra, n. 3), col. 291 sg. 28 Locc, citt. (vedi sopra, n. 27). 29 Brit. Mus. E 440. 30 Arnt. ap. Tzetz. ad Hes. Op. 1 (TH. GAISFORD, Poetae minores Graeci

II : Scholia ad Hesiodum, Leipzig 18232, p. 25, 16-18) = Cramer, Anecd. Ox. IV, p . 424 sg. ; Cic. De nat. deor. 3, 21, 54

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Sirene, che sarebbero state da lei concepite in unione col fiume Acheloo 31

. Visto in questo quadro complessivo, il dato genealo­gico non e privo di significato: chiaramente, per lo meno ad uno dei livelli della loro configurazione polimorfica, le Sirene appari­vano una sorta di duplicato funzionale delle Muse, ponendo all' immaginario mitopoietico dei Greci il problema .di definire in ter­mini soddisfacenti il rapporto tra i due collegi. Un'esigenza che si fece valere, per via diversa, anche nella creazione di un altro mitema, quello della gara di canto tra le Muse e le Sirene: le prime, riuscite vincitrici, tolsero le ali alle loro rivali e se ne adornarono le chiome a mo' di trofeo 32

• Si e supposto per lo piu che questa sia un'elaborazione secondaria, destinata a spiegare il motivo iconografico delle Muse con l'acconciatura del capo alata 33.

A mio giudizio, il rapporto cronologico e genetico tra mitema ed elemento figurative potrebbe essere tranquilla~ente capovolto e non ha importanza decisiva i1 fatto che l'episodio narrativo sia oggi reperibile soltanto in testi risalenti all'erudizione ellenistica. Ma la questione non interessa il nostro discorso. L'essenziale e che l'equazione Sirene-Muse, spiegata con }'idea della parentela dal mito secondo cui le Sirene sono figlie di una Musa, si espri­me altresl con l'idea di una lotta per il primato nel mito dell'agone musicale.

Quando Platone, nel quadro dell'ordine cosmico delineato nel mito di Er, inserisce le otto Sirene che, cantando ciascuna su una sola nota, intonano l'armonia universale 34

, si ispira evidentemente anche lui al filone interpretativo in base al quale le Sirene non sono altro che simbolo della musica e della poesia. Una dimen­sione del loro essere che tra l'altro, se dobbiamo credere alla testi­monianza di Pausania ( 1, 21, 1) 35

, dava luogo ad una precisa

31 WEICKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 604 sg.; ZWICKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 294 sg.

32 Cfr. ad es. Schol. Lycophr. Alex. 653; Paus. 9, 34, 3; Steph. Byz. Ethn. , s.v. "A1t-ttptt. L'elenco completo delle fonti e dato dal WEICKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 616, 28-41.

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33 WEICKER, Zoe. cit. (vedi sopra, n. 32). 34 Resp. 10, 617 be. 35 Cfr. anche Vita Soph. 15.

disponibilita metaforica, rilevabile a livello dialettologico nella cultura locale di Sparta. Pausania comincia col riferire un aned­doto relative al momento in cui, poco dopo la morte di Sofo­cle, gli Spartani invasero l'Attica: al loro comandante sarebbe allora apparso in sogno Dioniso, per esortarlo a rendere i dovuti onori funebri alla « nu ova Sirena » ( 1:11v :Enpfrvcx 1:-iJv vicxv); per parte sua, lo spartano non avrebbe avuto difficolta ad intendere che, con quest'espressione, il dio voleva indicate Sofocle, deceduto appunto in quei giorni. Pausania non si pronuncia sulla storicita effettiva dell'episodio, da lui riferito soltanto per dare informa­zione di una voce corrente, ma lo commenta annotando che, an­cora al suo tempo";'--in ambiente laconico era uso radicato « para­gonare ad una Sirena », « raffigurare in una Sirena » (:EEipf}vi dxri­~Eiv), la capacita di sedurre con la parola attraverso l'arte della poesia o dell'oratoria 36

.

Ma anche in Omero, che pure fornisce l'archetipo delle Si­rene con la connotazione negativa dell'adescamento mortale, non deve sfuggire fino a che punto sia sottolineata, tra le loro prero­gative, quella della 'conoscenza', del sapere mitico-storico, doe della competenza specificamente epica, accanto alle qualita piu ov­vie del fascino e della dolcezza del canto 37

:

&,).,,),.' o YE uplj.,6.µEVOC, V£L't'm xttt ;,;).,,tlovtt dow,;. i'.oµEv yap 't'OL mivt' oo-' evt Tpol11 EVpEli] • ApyEi:oL Tpwtc, u tewv t6't"TJ't'I µ6yTJcro.v· toµEV 6' OCTCTtt yEVT]'t'ttL E7tt xl}ovt 1tou)..u~O't'ElPi].

Dunque le Sirene sono quelle che conoscono perfettamente i fatti di Troia, tutti i risvolti della lunga guerra tra Argivi e Troiani. Come non osservare che proprio questo dovette essere l'attributo della Sirena tenuto presente da Stesicoro, quando de­cise di invocarla all'inizio della Palinodia, percbe gli ispirasse la

36 Del resto, anche al di fuori de] dialetto spartano, £u ricorrente in ambito letterario, soprattutto epigrammatico, l'artificio di chiamare senz'altro «Sirena>) gli autori piu rappresentativi, come ad es. Omero, Bacchilide, Aristotele, Menan• dro: vedi ZWICKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 297, 58.

37 Od. 12, 188-191.

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verita ultima sulla vicenda di Elena? Si tratta di una costellazione ideologica e fantastica che ha trovato la sua rappresentazione piu efficace nell'analisi di Marcel Detienne 38

: i1 canto epico produce 'memoria' (aletheia) delle cose 'che furono, sono e saranno', doe di tutto quanto merita di essere oggetto di conoscenza, perche e culturalmente significativo, ma, nello stesso tempo, provoca in chi ascolta, attraverso la suggestione della parola poetica, il momen­taneo 'oblio' (lethe) delle esigenze quotidiane, di cio che non e culturalmente significativo, eppure e necessario alla sopravvivenza; le Sirene di Omero simboleggiano il caso limite di un canto epico cosl dolce e fascinoso, che in esso l'oblio/lethe prevale sulla me­morial aletheia: lo spettatore, posseduto dalla sua malia, non e piu in grado di abbandonare il luogo della performance, dimentica tutte le incombenze della vita, non per la durata di una normale esecuzione aedica, ma de6nitivamente, fino a rnorire di fame e di sete, lontano dalla propria casa.

Il sernantema del sapere rnitico, presente sia nelle Sirene---m­gative di Omero che nella Sirena positiva di Stesicoro, affiora di­stintamente ancora nella poesia delle eta successive: Licofrone dice che « conservano impresse le vie di canto, le tracce narrative, della madre melodiosa » ( otµcxc; µEA.<poov µl)'tpoc; lxµEµcxyµivcxc;) 39

; Ovidio le qualifica con l'attributo inequivocabile di doctae 40

B) Le Sirene, demoni lornli della grecita italo-siceliota. Sotto un duplice profilo, e possibile stabilire un rapporto

privilegiato, anzi, per meglio dire, esclusivo, tra le Sirene ed i Greci dell'Italia meridionale e della Sicilia: sotto ii profilo della loro localizzazione mitica e sotto il profilo dei culti positivi che furono loro tributati. Riassumiamo i dati in forma schematica.

Dal complesso delle fonti sia poetiche sia mitografiche sono indicati tre diversi luoghi nei quali le Sirene avrebbero dimorato:

38 Les maitres de verite dans la Grece archa"ique, Paris 1967, soprattutto p. 69 sg.

39 Alex. 713. Sul significato di otµri nella terrninologia aedico-rapsodica, cfr. A. PAGLIARO, Saggi di critica semantica, Messina-Firenze 1953, p. 1 sgg.; M. Du­RANTE, Sulla preistoria delta tradizione poetica greca II, Roma 1976, p. 176 sg.

40 Met. 5, 555.

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il gruppo di isolette che i Greci chiamavano ~ELpl)vovcrvtxL e la geh.te del posto chiama oggi Li Galli, in prossimita dell'attuale citta di Positano sulla penisola sorrentina; il braccio di mare ad ovest dello stretto di Messina; il braccio di mare di fronte all'Etna ed a Catania 41

• Anche per quanto riguarda l'esistenza di santuari, templi, rituali periodici, le poche fonti in nostro possesso parlano soltanto di localita dell 'Italia meridionale e della Sicilia: culto della Sirena Partenope, intorno a quella che si riteneva la sua tomba, nella citta di Neapolis; culto delle Sirene in genere nel santuario eretto a Punta Campanella sull'estremita della penisola sorrentina; cu!to della Sirena Leukosla presso il Poseidonion di Capo Licosa, vicino alla citta di Paestum; culto della Sirena Llgeia nella citta di Terina, colonia di Crotone 42

Se poi si confrontano fra loro le due serie di luoghi, si nota un parallelismo significativo. Ben tre degli unici quattro luoghi di culto attestati nel mondo greco sorgevano in evidente rapporto spaziale con una delle tre localizzazioni mitiche, quella delle isole LELpl)vovcrcrcx.i / Li Galli: il santuario di Punta della Campanella era posto proprio davanti ad esse, sulla costa che le fronteggia a breve distanza; ma anche i santuari di Neapolis e del Poseido­nion, benche assai piu lontani, erano in qualche modo dirimpettai, nel senso che si affacciavano sui due golfi consecutivi, separati dalla penisola sorrentina e deli mi tati, rispettivamente · a ·sud ( quel­lo di Napoli) ed a nord (quello di Salerno), proprio da Punta Campanella e dal santuado che sorgeva sulla sua cim.a . . .Viene

41 Cfr. WmcKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 607, 40. 42 WE!CKER, art. cit. (vedi sopra, n. 3), col. 606 sg.; G. DE PETRA, Le

Sirene nel Mar Tirreno, Atti Reale Accad. Archeol. N11poli 25, 1908, pp. 1-36; G. GIANNELLI, Cit/ti e miti nella storia della Magna Grecia, Firenze 19632 (19241

) ,

pp. 131 sg.; 173 sg.; 238 sg.; 255; P. MINGAZZ!Nl, Sull'ubicazione del tempio de/le Sirene presso Sorrento, Rendic. Accad. Archeol. Lett. Belle Arti Napoli N. S. 21, 194i, pp. 85-95; P . MINGAZZ!Nl - F. PFISTER, Surrentum (Forma Italiae, Regio I, vol. II), Firenze 1946, p. 45 sgg.; G. PUGLIESE CARRATELLI, Sul culto delle Sirene nel Golfo di Napoli, Parola del passato 7, 1952, pp. 420-426; A. MAIU· RI, Le vicende dei monumenti antichi delta costa amalfitana e sorrentina alla l11ce delle recenti alluvioni, Rendic. Accad. Archeol. Lett. Belle Arti Napoli N. S. 29 1954, pp. 87-98, pp. 94-96; F. GHINATTI, Ricerche sui culti greci di Napoli ir. eta 1omana imperiale, Atene e Roma 12, 1967, pp. 97-109."

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allora spontaneo pensare che anche le altre due localizzazioni mi• tiche, sul mare Tirreno di fronte allo stretto di Messina e sul mare Ionio di fronte all'Etna, dovessero corrispondere a concrete strutture cultuali disseminate sulle coste antistanti, sulle quali, per puro caso, non siano pervenute a noi notizie di tradizione lette­raria. Si giungerebbe cosl a supporre la pratica di rituali dedicati alle Sirene appunto nelle zone in cui opero Steskoro, magari nelle citta stesse in cui egli visse, cioe a Matauro, Imera e Catana.

E una semplice ipotesi, che non puo essere sopravvalutata. Ma, ancbe a prescindere da essa, l'insieme delle notizie cui si e fatto ora riferimento, permette di affermare con certezzr,una cir­costanza di estremo rilievo: per i Greci dell 'Italia meridionale e della Sicilia le Sirene non erano strani personaggi di miti relativi ad avventure eroiche in terre lontane e quasi favolose; erano in­vece numi presenti, protagonisti di miti legati all'esperienza quo­tidiana della navigazione e del commercio, titolari di luoghi sacri e di culti reali; in alcuni casi, come a Neapolis ed a Terina, ave­vano addirittura acquisito ii ruolo ed il rango di gent tutelari di un'intera comunita cittadina. In una situazione di questo tipo, ancora piu che nel resto del mondo greco, appare verosimile, cul­turalmente motivata, un'invocazione della Sirena come ispiratrice suprema del canto e della verita mitica, quale abbiamo postulate all 'inizio della P alinodia.

Questa Sirena, invocata da Stesicoro quasi come una Musa di secondo grado, una Musa di appello, era probabilmente priva di qualsiasi connotazione ctonia o funeraria. Forse, non le era invece estranea la valenza che ci e sembrata emergere dai fram­menti di Alcmane e di Pindaro, l'attitudine cioe ad essere vista come personificazione tipica delle fanciulle che intonano il par­tenio; non nel sense, ovviamente, che la Palinodia stessa fosse un partenio, ma nel senso che l'ispiratrice per eccellenza del par­tenio avrebbe potuto apparire in certi ambienti la piu adatta a rivelare la verita auteotica su Elena: non si deve dimenticare infatti che Elena fu spesso concepita dai Greci (per esempio, dagli Spartani) come la dea preposta ai rituali femminili di passaggio dall'adolescenza all'eta adulta e che, in questo quadro, si istituiva

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un rapporto assai stretto tra il suo culto e la pratica del partenio 43•

Rispetto all'invocazione di Stesicoro, Euripide avrebbe allora operate una sorta di traduzione nei termini della cultura attica della seconda meta del V secolo, profondamente segnata dall'uso sepolcrale delle Sirene. Pur mutuando dal modello lirico l'idea della Sirena ispiratrice del canto, avrebbe cioe voluto trasferirne la competenza dalla verita mitica in quanto tale al campo speci­fico del goos, che nell'Atene di quel tempo sembrava il solo rife­ribile a lei con pertinenza: in effetti, nella parodo dell'Elena le Sirene sono pregate di collaborare al compianto, alla lamentazione delle sventure connesse alla vicenda mitica, non propriamente al­l'atto di narrare gli eventi con fedelta e precisione, cosl come si sono svolti.

Non si puo tb-ttavia escludere del tutto la possibilita di una altra ricostruzione, diversa da quella che abbiamo ora delineato. Come e noto, secondo alcune fonti 44

, la nuova storia narrata nella Palinodia pervenne a Stesicoro attraverso un messaggio inviatogli dagli eroi defunti, residenti in un'isola riservata esclusivamente a loro e detta • AxlAA.E~oc; o Awx11: di qui Elena stessa fece sapere al poeta, divenuto cieco, che la sua cecita era la giusta punizione delle menzogne da lui raccontate in precedenza sul conto di lei e che avrebbe potuto riacquistare la vista soltanto ristabilendo la verita con tin nuovo poema a carattere palinodico. La critica sto­rica pit1 recente e concorde nel ritenere che questa leggenda non possa essere un'elaborazione seriore di eta ellenistica, ma debba invece risalire ad epoca assai piu antica 45

; D. Musti 46 ha sugge­rito che possa essere nata gia negli anni immediatamente succes-

43 Cfr. C. CALAME, Les choeurs de ;eunes filles en Grece archatque, Roma 1977, I, pp. 91 sg.; 333 sgg.; 397 sg.; II, p. 122.

44 Conon. Narrat. ap. Phot. Bibi. cod. 186, 18, p. 133 b 11 = F. Gr. Hist. 26 F 1, 18; Paus. 3, 19, 11-13; Hermias Alex. ad Plat, Phaedr. 243 a (p. 75 Couvreur).

45 R. VAN CoMPERNOLLE, in AA. VV., Hommages a M. Renard Ii, Bruxelles 1969, p. 733 sgg., sopratutto pp. 747-755; M. Soaor, Contributi Ist. Storia Ant. Univ. Cattolica Milano 1, 1972, p. 47 sgg.; M. GtANGIULIO, Melanges 2cole Fran­raise Rome 95, 1983, p. 473 sgg., soprattutto pp. 507-521.

46 Locri Epize/irii, Atti de! XVI Convegno di Studi sulla Magna Grecia (Taranto, 3-8 ottobre 1976), Napoli 1977, pp. 55 sg.; 705 sg.

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sivi alla battaglia della Sagra. Quest'ultima fu combattuta fra Lo­cresi e Crotoniati intorno al 575-565 a.C. 47 ed e in conseguenza di essa che, secondo la s tessa leggenda, si sarebbe recato nell'isola degli eroi, per ottenere dall'anima di Aiace d'Oileo il risanamento di una feri ta inguaribile, quel guerriero di Crotone che poi, tor­nato in patria, avrebbe riferito a Stesicoro l'ambasciata affidatagli da Elena . Andando ancora oltre, non mi sembra fuori di luogo contemplare l'ipotesi che il racconto prendesse spunto da elementi contenuti nel testo stesso della Palinodia, che cioe sia stato pro­prio Stesicoro ad affermare in qualche moqo, nel corso del carme, che la nuova versione del mito di Elena dra giunta a lui diretta­mente dall'oltretomba.

In questo caso, diversamente da quanta abbiamo proposto sopra nel guadro di una linea ipotetica differente, l 'invocazione iniziale alla Sirena potrebbe non essere stata scevra di connota­zioni catactonie: tenendo presente ii mitema secondo cui le Sirene hanno la loro dimora nell'aldila 48

, Stesicoro potrebbe aver visto in esse, anche per questo, le divinita di ordine poetico-musicale piu adatte a garantire una verita definitiva, trasmessa dal regno dei mor ti per soppiantare le false dicerie che dominano nel regno dei vivi.

Dunque, i dati disponibili non consentono di determinare senza residui di dubbio in quale maniera fosse angolata l'invoca­zibhe stesicorea alla Sirena: non resta che prospettare, come in e.ffetti abbiamo fatto , ricostruzioni alternative. Quello che invece sembra estremamente prob abiie e che Euripide, nel riprenderla , non si sia limitato ad utilizzare uno dei tanti motivi offerti dalla sua fonte poetica, ma abbia inteso rendere esplicita la dipendenza della tragedia dal modello cui attingeva, fornendo al pubblico, o almeno ai suoi settori piu competenti, una spia inconfondibile de! rapporto tra i due testi.

Proprio per questo volle che l'invocazione, posta nel poema citarodico all'inizio del canto, secondo ii ben noto canone del rac-

47 Per la cronologia, vedi R. VAN CoMPERNOLLE, art. cit. (vedi sopra, n. 45), pp. 755-766.

48 Cfr. ad es. Plat. Crat . 403 de; Resp. 10, 617 be.

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conto eroico, fosse iniziale anche nella sua tragedia: tenuto con to dell'articolazione strutturale propria de! genere in cui operava, ritenne che il luogo adatto in cui collocarla fosse l 'attacco della parodo. Questa sola sezione della tragedia univa infatti in se due caratteristiche essenziali allo scopo: da un lato, costituiva l'aper­tura vera e propria dell'azione, dato che il prologo, soprattutto nella produzione euripidea, si presenta prevalentemente come in­troduzione esplicativa; d 'altro Jato, era appunto un canto corale, come il modello con ii quale il drammaturgo desiderava che l 'udi­torio confrontasse la rielaborazione scenica.

L'evidenza del rinvio a Stesicoro, la chiarezza della citazione, doveva risultare accentuata dal fatto che l'invocazione iniziale della parodo dell'Elena si configurava come una rarita sotto un duplice profilo. Almeno nell'ambito della tradizione poetica nota al pub­blico ateniese, l~vocazione alla Sirena era in se stessa qualcosa di assolutamente eccezionale, come lo e ancor oggi per noi nel­l'ambito della letteratura greca superstite: non mi sembra si pos­sano addurre altri esempi, oltre i due passi di Stesicoro e di Euri­pide. A prescindere poi dalla figura specifica della Sirena, doveva apparire estraneo alla norma della tragedia attribuire ad un per­sonaggio o al coro l 'invocazione di una divinita poetico-musicale, che fosse richiesta di ispirarne ii discorso o ii canto; si tratta in effetti di un tipo di preghiera, che, nella produzione tragica a noi nota, ricorre in un numero limitatissimo di casi, individuabili, fra l'altro, soltanto in drammi di Euripide.

I riferimenti del Coro dell'Eracle alla propria collaborazione con le Muse non hanno la struttura formale dell'invocazione-pro­tasi 49• Veramente parallelo all'inizio della parodo dell'Elena e in­vece l 'inizio del secondo stasimo delle T roiane, che, essendo an­ch'esso in qualche modo allusivo alla ripresa di un modello poe­tico di genere narrativo, rappresenta un'interessantissima conferma delle nostre ultime considerazioni. Le prigioniere troiane, volendo rievocare e compiangere la catastrofe che ha colpito la loro citta, chiedono l'aiuto della Musa per il canto che stanno per intonare 50

:

49 Eur. Herc. 67>-686; 791 50 Eur. Tro. 51 1-514.

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'Aµ(J)l µot "I">.tov, w Moucra, xawwv vµvwv liEtO'OV EV 60:xpu014 wt6av E'mXT)6EtOV.

Ma il « canto epicedio », la lamentazione che segue imme­diatamente 51

, altro non e in realta che un racconto dell'ultima notte di Troia, dell'insidia del cavallo, del massacre finale; dunque la trasposizione in un coro tragico della ben nota traccia narra­tiva che, a livello di tradizione aedico-rapsodica, aveva il titolo precise di 'I).lov Ilc:pcnc;. L'espressione formulare incipitaria '&.µcpl µo~ + accusative dell 'oggetto + verbum dicendi + Moucra al vo­cative' e tipicamente epica 52

: in ~sto contesto, assume la fun­zione evidente di richiamare l'attenzione del pubblico sul genere di repertorio cui si intende fare riferimento. E non e detto che il modello concrete dovesse essere necessariamente l' 'I).lov Ilc:pcrn;

ciclica; Euripide potrebbe aver alluso invece in questi versi anche all' '!A,lov IIEpcnc; di Stesicoro, cioe ad un poema epico non esa­metrico, ma citarodico 53

• In questo caso, la parentela tra i versi dell'Elena e quelli delle Troiane sarebbe davvero strettissima, con il rinvio in entrambi i testi alla poesia di Stesicoro.

51 Eur. Tro. 515 sgg. 52 Cfr. Hom. Hymm. Pan. (XIX Allen-Sikes), 1; Hymm. Dioscur. (XXXIII),

1; con qualche variante, Hymn. Dionys. (VII), 1; Hymn. Nept. (XXII), 1. Vedi inoltre la coppa a figure rosse del pittore Duride (Berl. Mus. nr. 2285; cfr. J. D. BEAZLEY, Attic Red-Figure Vase-Painters, Oxford 19632, p . 431 sg., nr. 48), databile prima del 480 a.C., con la raffigurazione di un maestro di scuola che tiene aperto un libro su cui si legge l'incipit di un poema narrative: Moi:cr6: p.ot cx<µ><f)t l:xciµav6pov tvp<p>oov lipxoµm cxEl6Ev (P. KRETSCHMER, Die griechischen Vaseninschri/ten, Gutersloh 1894, pp. 104-106, nr. 87; CV A Berlin 2 (1962), p. 29 sg., Tafel 77 sg.; Page, PMG, fr. adesp. 938 e).

53 L 'opera di Stesicoro non e da imendere come un'imitazione-rielaborazione dell'epos, trasposto in metro lirico, bensl come cominuazione della forma origi­naria di quest 'ultimo, che, nella fase aedica piu antica, era composto in kat'enop/ion­epitriti, solo in un secondo tempo sostituiti, nella maggior parte de! mondo greco, dagli esametri kata stikhon: lo ha dimostrato B. GENTILI, Preistoria e formazione dell'esametro, Quad. Urb. 26, 1977, pp. 7-37; op. cit. (vedi sopra, n . 7), pp. 19; 21; 164 sg. L'espressione formulare incipitaria di cui abbiamo parlato ricorrev~ certamente anche in ambito citarodico, dal momento che e attestata per l'inizio dcl nomos orthios di Terpandro (fr. 697 P.) : cxµ<f)l µot aui:1.c; livaxD' bux-c'l)~o­).ov O.Et6Ei:w q>PTJV (soggetto de! verbo al modo hnpcrativo, in questo caso, non e la Musa, ma l'ingegno stesso de! poeta; per la struttura metrica, cfr. B. GEN·

TILI, art. cit., p. 35 sg.).

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C. A. TRYPANIS

OBSERVATIONS ON THE CHORUS OF ANCIENT DRAM, FROM THE ANGLE OF A MODERN PRODUCER

Ladies and Gentlemen, broadly speaking, we can distinguis two sorts of theatre, that of Convention and that of Illusion, an though both involve pretence, the degree to which it is admitte differs greatly. Whereas in the Theatre of Illusion, to which me: modern plays belong, playwright and producer desire to present a exact picture of life, and demand of their audience that they shoul assume t~ role of invisible spectators of tragic or comic evern given in terms of the environment in which we ourselves live, i the Theatre of Convention, to which ancient drama belongs, tr. direct imitation of reality is the last consideration.

Of course, illusionist drama can never imitate life exactly, fc its problems are too many and too confusing to be pressed int clear-cut issues divided into acts animated by a heightening c interest as the modern stage demands; nonetheless, « verisimil tude » is its target, and this stands in direct contrast with the airr of the theatre of convention that refuses to be the slave of « re, lity » and, by enjoying the advantage of much greater freedon can make points both faster and more clearly.

Each of these two types of theatre has come into prominenc at different times and in different countries.

There can be little doubt that the most celebrated examp of a Theatre of Convention is that of the classical world, for thouE in the course of the fourth century B. C. playwrights grapplir with new problems imposed on the Greek stage something of realistic pattern , for the most part the ancient tragedians four that they could treat their elevated moral themes, and the com dians their penetrating inquiry into political and social condition by leaving themselves unbound by the fetters of illusion. The m

1t