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DIOCESI DI VERONA Amar-Sì! «per sempre» Sussidio per il cammino di formazione dei fidanzati verso il Matrimonio A cura di CENTRO DIOCESANO DI PASTORALE FAMILIARE CENTRO DIOCESANO DI PASTORALE GIOVANILE AZIONE CATTOLICA

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DIOCESI DI VERONA

Amar-Sì! «per sempre»

Sussidio per il cammino di formazione dei fidanzati verso il Matrimonio

A cura di

CENTRO DIOCESANO DI PASTORALE FAMILIARE CENTRO DIOCESANO DI PASTORALE GIOVANILE

AZIONE CATTOLICA

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Amar-Sì! «per sempre» Sussidio per il cammino di formazione dei fidanzati verso il Matrimonio.

Il presente sussidio è stato preparato dal Centro Diocesano di Pastorale Familiare di Verona Hanno collaborato alla stesura i coniugi:

Elisabetta e Alberto Golin Elisa e Marcello Lovato Claudia e Loredano Zagato Mauro Maruzzi Don Giancarlo Grandis

Editing Ivan Marchi

Si ringrazia Centro Diocesano di Pastorale Familiare di Verona Centro Diocesano di Pastorale Giovanile diVerona Azione Cattolica di Verona Curia Diocesana di Verona

__________________________ Stampato pro-manoscritto

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Presentazione

PERCHÉ TRE SUSSIDI? Il sussidio che tieni in mano è una parte di una triplice proposta che la

Diocesi offre a chi accompagna i fidanzati perché li aiutino a dare un senso cristiano al loro fidanzamento e poi al loro matrimonio.

La proposta si inserisce nel progetto pastorale 2005-2008 nel quale il Vescovo parlando degli itinerari di formazione al matrimonio dice: “Questi itinerari non dovranno essere “conferenze” di istruzione, ma esperienze nelle quali, accompagnati da coppie animatrici, i fidanzati vengono coinvolti in una ricerca, sufficientemente distesa nel tempo, per scoprire la buona notizia cristiana del matrimonio” (Annunciare quel Gesù, pag.20).

Già da alcuni anni il Vescovo aveva dato indicazioni perché si

passasse dal tradizionale corso fidanzati, fatto di una serie di conferenze di esperti, ad un percorso costituito da varie esperienze di gruppo che aiutassero i fidanzati ad interrogarsi sulla loro Fede e a scoprire il messaggio evangelico sul matrimonio.

Considerando poi che il fidanzamento oggi dura in genere molti anni, è

sorta l’esigenza di un accompagnamento che non si riduca a qualche incontro prima del matrimonio tralasciando completamente i lunghi anni del fidanzamento.

Per rispondere a queste esigenze la Diocesi propone questi sussidi

preparati in collaborazione dal Centro di Pastorale Familiare, dall’Azione Cattolica e dal Centro di Pastorale Giovanile, e che si articolano in questo modo:

1. Un sussidio per accompagnare la partenza

Si intitola “Amori in corso” è preparato e seguito dal Centro di Pastorale Giovanile. Non è un vero e proprio itinerario ma una serie di proposte di vario tipo che hanno lo scopo di accompagnare a modo di flash l’esperienza dell’innamoramento quando questo raggiunge un minimo di stabilità. Possono essere adoperati per un minipercorso, ma anche come incontri isolati, per creare una presa di coscienza e dare una impostazione cristiana a chi parte nel cammino dell’amore.

2. Un sussidio per accompagnare il cammino

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Si intitola “Il corso dell’amore” ed è curato dall’Azione Cattolica. Se il cammino del fidanzamento dura parecchi anni è inutile lasciare tutti questi anni senza un accompagnamento evangelico aspettando l’ultimo periodo prima del matrimonio. Il sussidio si propone di accompagnare almeno per un biennio il percorso dei fidanzati aiutandoli a valorizzare in maniera evangelica questa importante esperienza della loro vita.

3. Un sussidio per accompagnare “l’arrivo”

Quando il cammino di coppia si è ormai consolidato e i due hanno deciso di sposarsi nasce l’esigenza di guardare esplicitamente al matrimonio e alla vita di famiglia. Il terzo sussidio dal titolo: “Amarsi per sempre” vuole aiutare i fidanzati nell’ultimo tratto di strada preparando esplicitamente il matrimonio.

A CHI SONO RIVOLTI?

I sussidi sono rivolti ai sacerdoti e alle coppie accompagnatrici. Spetta a loro adattarli alle singole situazioni poiché è impossibile prevedere in un sussidio tutte le variabili e le necessità che si presentano nella realtà.

I sussidi escono in una “edizione provvisoria” perché vogliono essere strumenti di lavoro. I vari operatori che li useranno potranno vederne gli aspetti positivi, ma anche suggerire correzioni e integrazioni. Fra qualche anno, con i suggerimenti di tutti, potranno eventualmente ricevere una stesura più completa e definitiva.

COME USARLI?

Ciò che i Vescovi chiedono prima del matrimonio sarebbe propriamente il terzo percorso. Ma l’esperienza dice che ci sono coppie di giovani che chiedono qualcosa in più, chiedono che la loro esperienza di fidanzamento sia accompagnata dalla fede e segnata dalla presenza del Signore Risorto.

Tocca ai sacerdoti e agli operatori pastorali accompagnarli e “osare” qualcosa in più in riferimento anche a tutti i fidanzati senza aspettarsi ovviamente che tutti accolgano la proposta.

In un tempo come il nostro in cui la famiglia sta vivendo profonde trasformazioni sarà un servizio importante e carico di futuro far scoprire ai fidanzati e a tutta la comunità cristiana il “mistero grande” che l’amore umano porta dentro di sé.

Don GAETANO POZZATO Vicario per la pastorale

Gennaio 2006

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Introduzione generale

1. Amar-sì! «per sempre» Il sussidio amar-sì! «per sempre» che qui presentiamo punta subito

molto in alto. La meta a cui deve mirare un itinerario di preparazione al matrimonio/sacramento è di proporre – per il momento indipendentemente dalla situazione in cui i due fidanzati si trovano quando si presentano per chiedere di celebrare le loro nozze secondo il rito religioso – la concezione cristiana dell’unione coniugale definita dal Concilio Vaticano II quale «intima comunità di vita e di amore, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie» (Gaudium et Spes, 48). L’amore coniugale che germoglia nel terreno spontaneo dell’esperienza dell’innamoramento è tuttavia generato dalla libera scelta con cui un uomo e una donna impegnano reciprocamente le loro persone e le loro vite in un mutuo patto o alleanza coniugale. L’amore coniugale generato dalla libertà si caratterizza come un amore pienamente umano. Esso – come afferma il Direttorio di Pastorale Familiare – coinvolge le persone, che così coscientemente si legano, nella loro «“totalità unificata” di spirito e di corpo», e possiede «le note e le esigenze della totalità, unità, fedeltà, indissolubilità e fecondità come sue caratteristiche proprie, native e ineliminabili» (n. 10).

Tutto questo vuole esprimere in sintesi il titolo del sussidio. Esso contiene e manifesta il fondamento dell’esperienza coniugale che risiede nell’amore umano. Il ‘sì’ unito al verbo ‘amare’ intende mostrare sia la reciprocità dell’amore in quanto esso caratterizza il verbo come riflessivo, ma allo stesso tempo la libertà con cui si intende rispondere all’amore dell’altro. Il ‘sì’, infatti, esprime sempre la positività della risposta ad un invito, ad una vocazione. Il ‘per sempre’ poi, intende segnalare la durata nel tempo di un’esperienza positiva, quella dell’amore, che si desidera non sia consumata nell’attimo fuggente di un momento che passa, ma che permanga. Chi vive a contatto con i fidanzati avverte fortemente che il loro desiderio di sposarsi scaturisce dalla volontà di far permanere ‘nel tempo’ che passa, quell’amore che si vorrebbe eterno, «per sempre», appunto.

Proporre come meta finale un amore “per sempre”, può essere avvertito nella cultura di oggi come controcorrente, ma non certamente contro ciò che è in noi come autenticamente umano. Per andare incontro all’uomo nella sua verità è necessario talvolta saper andare contro le mode

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culturali. Il Vangelo, infatti, è servizio dell’uomo in quanto uomo che in Cristo scopre la verità su se stesso: «Cristo, che è il nuovo Adamo, – ci istruisce la Gaudium et Spes – proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (n. 22).

Se analizziamo in profondità la genesi dell’esperienza dell’amore troviamo che esso è originato dal ‘sì’. Il «sì» è la fonte da cui sgorga l’amore dei fidanzati, ed è allo stesso tempo la ratifica di questo amore. È un sì che contiene in germe la promessa della definitività. Tale promessa, infatti, è presente nella formula con cui i due nubendi consacreranno il loro patto d’amore nella sinfonia delle loro due voci: «Noi promettiamo di amarci fedelmente, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenerci l’un l’altro tutti i giorni della nostra vita».

Andando ancora più in profondità si scopre che il ‘sì’ all’amore è il ‘sì’ alla vita. La vita, infatti, nasce dall’amore come parola di vita: voglio che tu esista. Ciascuno di noi è entrato nell’esistenza tramite questo ‘sì’ d’amore detto dai nostri genitori attraverso il gesto sessuale che esprime allo stesso tempo l’amore e l’apertura alla vita come dono. La vita è un dono che ci abilita all’esperienza della gratuità. Fin da bambini siamo stati educati a dire grazie per un dono, un complimento, una lode. Il grazie sancisce i rapporti tra persone che si stimano e si amano. La gratuità ci porta alle radici del nostro essere: siamo stati chiamati all’esistenza da un atto d’amore. Per questo l’amore è la verità del nostro essere. L’amore è l’origine, lo scopo e la forza del nostro vivere a livello della nostra dignità. L’amore detiene la chiave che apre lo scrigno delle nostre domande fondamentali: da dove vengo?… dall’amore! dove vado?... verso l’amore! chi sono?… sono l’amore! «Aperta manu clave amor, creaturae prodieriunt» – afferma il grande teologo S. Tommaso –, le creature scaturiscono dall’amore. Parafrasando Cartesio potremmo dire: «amo, ergo sum», amo, dunque esisto!

Da questo punto di vista sono quanto mai illuminanti le espressioni di Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica in cui ha voluto presentare Cristo come il redentore dell’uomo: «L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s'incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (Redemptor hominis, 10).

Preparare i fidanzati a «sposarsi nel Signore» è prepararli a scoprire che il loro amore umano è destinato a ‘significare’ l’amore con il quale Dio continua ad amare gli uomini, che il loro amore è sacramento di

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questo Amore e impegno a manifestarlo. Questa è infatti la missione della famiglia che si fonda sul sacramento del matrimonio: «di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa» (Familiaris Consortio, 17).

Tutto questo vuole enunciare in estrema sintesi il sussidio che intende caratterizzarsi come itinerario di fede finalizzato ad accompagnare i fidanzati alla scoperta della meta altissima e affascinante a cui Cristo-Sposo della Chiesa-Sposa li chiama e a sollecitarli a camminare gradualmente verso di essa sostenuti dall’impegno delle proprie volontà e rinvigoriti dalla grazia che il sacramento elargisce loro per riuscire in questo impegno.

2. Un nuovo sussidio secondo le indicazioni del Vescovo Il 6 agosto del 2001, festa della Trasfigurazione del Signore, il nostro

Vescovo ha firmato “Tre proposte per una pastorale di accompagnamento” in cui figuravano rinnovate proposte per la preparazione dei fidanzati al matrimonio. In esse si ricordava quanto affermava il Direttorio di Pastorale Familiare: la pastorale prematrimoniale «si trova di fronte a una svolta storica. Essa è chiamata a un confronto chiaro e puntuale con la realtà e a una scelta: o rinnovarsi profondamente o rendersi sempre più ininfluente e marginale».

In tali indicazioni veniva suggerita anche una proposta per l’elaborazione di un percorso fidanzati diocesano, e veniva affidato al Centro Diocesano di Pastorale Familiare il compito di predisporre delle schede a servizio dei vari corsi che vengono programmati nelle parrocchie e nella vicarie. Esse, come ricordava il Vescovo, non vogliono essere “ingiunzioni dall’alto” o un “prontuario di regole da eseguire” pedissequamente. Vogliono, al contrario, fornire un quadro di riferimento per un cammino comune e condiviso. Il materiale qui fornito ha quindi bisogno di essere ripensato, adattato e talvolta anche riformulato dagli animatori dei corsi fidanzati, affinché i contenuti possano risultare significativi e formativi per le persone concrete che vengono incontrate, intercettando le loro storie, illuminandole con la luce della parola di Dio e guidandole attraverso l’accompagnamento della Chiesa.

3. L’itinerario espositivo in tre parti Il percorso proposto viene scandito in tre momenti, fatti seguire da

un’appendice: La prima parte, intitolata “FIDANZATI OGGI” ha un taglio

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antropologico/relazionale; dopo un primo incontro introduttivo e di conoscenza, vengono affrontati i temi riguardanti la coppia nella sua realtà umana: 1. il tempo del fidanzamento; 2. il nostro amore; 3. il dialogo di coppia; 4. c’è di più. Quest’ultima scheda apre l’orizzonte alla dimensione specificamente sacramentale dell’amore di coppia e funge anche da collegamento con la parte successiva.

Nella seconda parte, dal titolo “DISCEPOLI DEL SIGNORE SEMPRE” viene proposto, alla luce della Parola di Dio, un cammino di discepolato in chiave nuziale, dove si espone un percorso di riscoperta della fede attraverso la lettura e la riflessione sulla Parola. A partire da quei testi – che più di altri mettono in luce il rapporto di amore che Dio ha intessuto con il suo popolo, nell’Antico e nel Nuovo Testamento con la novità portata da Cristo – si cercherà di scoprire e sottolineare l’elemento vocazionale e sacramentale del matrimonio. La centralità di questo percorso sta proprio nell’aiutare i fidanzati a vedere la mano di Dio nella loro storia attraverso i segni che Egli ha lasciato sulla loro strada, superando la logica della casualità, oggi purtroppo così dominante.

La terza parte, “SPOSI DOMANI”, contiene tutto ciò che riguarda la missione della famiglia ed è articolata sulla base della struttura stessa dell’esortazione apostolica Familiaris Consortio. Si parla della famiglia come comunità di persone, dei coniugi cooperatori dell’amore di Dio nel trasmettere la vita, della famiglia fondamento della società e della sua partecipazione alla missione della Chiesa.

Infine l’“APPENDICE”: qui trovano spazio quegli argomenti specifici che riguardano la celebrazione delle nozze: i documenti da preparare, il diritto di famiglia, la psicologia della coppia, l’educazione cristiana dei figli, le politiche familiari, l’adozione e l’affido, l’uso dei beni e tutti quegli argomenti che possono servire alla coppia per avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo nella Chiesa e nella società, oltre ad alcuni spunti di riflessione sui frutti che vengono dal sacramento del Matrimonio.

Queste tappe vengono scandite da celebrazioni che facciano percepire ai fidanzati il senso della comunità, e alla comunità la presenza dei fidanzati come soggetti attivi che stanno compiendo un cammino di fede in vista di una nuova modalità della loro appartenenza ad essa, la modalità di coppia e di famiglia. Il sacramento del matrimonio, infatti, specifica il battesimo proprio su questo punto. I coniugi appartengono alla Chiesa non più come ‘singoli’, ma come ‘coppia’ e in quanto tale rappresentano il grande mistero dell’amore di Cristo-Sposo per la Chiesa, sua Sposa.

Al termine della prima tappa è proposta la presentazione alla comunità

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del gruppo di fidanzati che sta compiendo il cammino; una celebrazione penitenziale al termine della seconda tappa; una giornata di spiritualità e la benedizione dei fidanzati coronano il percorso.

A livello metodologico ogni unità si articola in tre momenti che rimangono costanti per tutto l’itinerario. Essi sono: • La vita ci insegna: pro-vocazione • La parola ci dice: meditazione/riflessione • Il futuro ci chiama: per la vita e per il gruppo

Il primo sguardo, intitolato “la vita ci insegna”, è rivolto alla realtà umana che i fidanzati vivono. Ha un doppio scopo: il primo è di aiutare i giovani innamorati a guardare con occhi diversi e possibilmente più obiettivi la loro vita e la lettura che ne dà la società; il secondo è contestualizzare l’argomento nella vita stessa dei giovani in modo da comprendere che il cammino di preparazione non è isolato dal loro quotidiano ma un luogo nel quale mettersi serenamente in discussione per comprendere meglio la propria realtà.

Il secondo momento, “La Parola ci dice” è il confronto con la Parola di Dio. Come per ogni cristiano, anche per i fidanzati essa è il fondamento della propria vita. Vogliamo così offrire ai giovani un modo di avvicinarsi a Dio attraverso le Parole d’amore che Egli ha da dire proprio a loro.

“Il futuro ci chiama” è, infine, la prospettiva nella quale realizzare quanto si è visto a livello umano e alla luce nuova della Parola di Dio. Qui viene presentata la ministerialità della coppia, cioè il modo proprio e originale di annunciare l’amore di Dio, vivendo in pienezza il proprio amore.

4. Favorire la soggettività Nella preparazione dei fidanzati al Sacramento del Matrimonio va

tenuto presente in modo speciale il loro ruolo di annunciatori del Vangelo secondo le modalità proprie degli sposi. Già dal Concilio Vaticano II e poi nei documenti successivi, la centralità della famiglia nel suo ruolo di soggetto unificatore della pastorale è sottolineata in diversi momenti.

“È necessario che la famiglia divenga il centro unificatore dell’azione pastorale, superando la fase generosa, ma sporadica ed episodica, per giungere ad una fase organica e sistematica. Un certo criterio settoriale o individualistico ha finora guidato l’azione pastorale. Dovremmo passare ad un criterio che abbia per oggetto la famiglia come comunità. La famiglia deve inoltre divenire soggetto di pastorale, essendo i coniugi dotati di grazie, di carismi e d’esperienze particolari” (Matrimonio e

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Famiglia oggi in Italia, 16). Nel Direttorio, inoltre, troviamo chiaramente definito il posto della

famiglia dentro l’azione pastorale della Chiesa:“In tale prospettiva, la pastorale familiare, in modo organico e sistematico, deve assumere un ruolo sempre più centrale in tutta l'azione pastorale della Chiesa, dal momento che, di fatto, quasi tutti gli obiettivi dell'azione ecclesiale o sono collocati entro la comunità familiare o almeno la chiamano in causa più o meno direttamente. Sotto questo profilo, la famiglia è di sua natura il luogo unificante oggettivo di tutta l’azione pastorale e deve diventarlo sempre di più (cf. Matrimonio e famiglia oggi in Italia, 16), sicché dovrà diventare abitudine acquisita considerare i riflessi e le possibili implicazioni familiari di ogni azione pastorale che viene promossa. La pastorale familiare, in altri termini, è e deve essere innestata e integrata con l'intera azione pastorale della Chiesa, la quale riconosce nella famiglia, non solo un ambito o un settore particolare di intervento, ma una dimensione irrinunciabile di tutto il suo agire. (…)». (Direttorio di Pastorale Familiare, 97).

Anche la nostra Chiesa di Verona in occasione del Sinodo Diocesano ha riflettuto sulla famiglia all’interno dell’azione pastorale della Chiesa e si è espressa affermando che: «la famiglia è un luogo fondamentale dove la fede viene vissuta e portata dentro le diverse situazioni della vita, con tutte le difficoltà e le opportunità che questo comporta; in forza del sacramento del matrimonio, essa ha un suo compito privilegiato e delicato nel formare alla fede. Va riconosciuto questo suo compito (ad esempio nel modo di impostare la catechesi dell’iniziazione cristiana, nella preparazione dei fidanzati al matrimonio, nel fare spazio a gruppi familiari…); nello stesso tempo, sono da sostenere e accompagnare adeguatamente quelle famiglie che vivono situazioni di difficoltà o di povertà di vario genere. A tale scopo si dovrà valorizzare adeguatamente nella pastorale lo specifico ministero delle coppie cristiane» (Libro sinodale).

In quest’ottica la preparazione al Sacramento del Matrimonio è il momento privilegiato nel quale aiutare i giovani a rendersi conto di questa loro ricchezza e missione all’interno della vita della Chiesa. Il cammino che è proposto vuole fornire ai fidanzati gli strumenti necessari per essere in grado di costruire e vivere la propria realtà di famiglia in formazione nella giusta prospettiva, nel modo che le è “proprio ed originale” (FC 50), quale “intima comunità di vita e di amore”(GS 48), quindi una risorsa per la Chiesa con il compito specifico di custodire, rivelare e comunicare l’amore di Dio.

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5. Indicazione metodologiche generali Il presente percorso di fede intende far scoprire progressivamente ai

fidanzati la bellezza di amare come Cristo - lo Sposo (Mt. 22,1ss) della Chiesa Sposa - per vivere poi consapevolmente la vocazione al Matrimonio cristiano.

Da questa scelta di fondo scaturiscono alcune indicazioni metodologiche per permettere ai fidanzati di diventare veramente protagonisti - in quanto cristiani adulti in forza del battesimo e della confermazione - del loro cammino di preparazione alle nozze. Ribadire il “protagonismo” dei nubendi non significa lasciarsi guidare dallo spontaneismo ma sottolineare la vocazione del cristiano che in quanto battezzato è diventato figlio di Dio e quindi è parte di una famiglia particolare: la comunità cristiana.

L’itinerario sarà quindi più incisivo se vissuto all’interno di un’esperienza veramente comunitaria ed ecclesiale cioè attraverso un "gruppo" guidato dalla presenza “ministeriale” di una o più coppie di sposi e di un presbitero, espressamente demandati dal Consiglio Pastorale. Preziosa anche la presenza di una persona consacrata.

Le indicazioni del Vescovo del 2001 propongono le scelte medologiche alla base del presente sussidio: «Dalla lettura della realtà che vivono coloro che chiedono di sposarsi in Chiesa scaturiscono alcune scelte metodologiche, da offrire per non perdere la sfida con le proposte culturali dominanti circa l'amore e il senso della vita stessa».

I percorsi per fidanzati dovrebbero pertanto rendere i giovani innamorati sempre più consapevoli del disegno di Gesù sulla loro vita di coppia e per questo dovrebbero:

suscitare la partecipazione attiva e il "protagonismo" della coppia di battezzati che chiedono di sposarsi nel Signore;

far conoscere ai giovani la bellezza del Matrimonio cristiano e stimolarli ad accoglierne i doni attraverso la presenza e la testimonianza di coppie di sposi;

favorire esperienze comunitarie e di spiritualità di coppia; essere proposti per tempo (non a ridosso delle nozze ma almeno

qualche anno prima)». Metodologicamente gli incontri dovrebbero pertanto:

a) essere animati in modo privilegiato da coppie di sposi, adeguatamente formate;

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b) essere strutturati come un gruppo; c) favorire, attraverso discussioni, provocazioni ed altre tecniche di

coinvolgimento, la partecipazione attiva dei singoli; d) sollecitare un costante dialogo e confronto della coppia sui temi

presentati sia durante che dopo gli incontri; e) presentare in modo chiaro e facilmente comprensibile per il vissuto

dei giovani d'oggi il progetto di Gesù sull'amore coniugale; f) prevedere momenti di fraternità (cene, feste, ecc.) e di incontro

amichevole tra le coppie partecipanti; g) includere momenti di spiritualità di coppia (preghiera, celebrazioni

particolari, giornate di "ritiro", ecc.); h) stimolare la formazione di una mentalità ecclesiale attraverso

l'incontro con altre vocazioni (sacerdoti, consacrati, suore, missionari, diaconi, ecc.) e scelte di vita (celibato e verginità);

i) proporre momenti di incontro personale della coppia di fidanzati con coppie di sposi animatori (colloquio di iscrizione, momenti di dialogo, ecc.);

j) prestare attenzione alle esigenze delle singole coppie, proponendo momenti di approfondimento per i più sensibili, anche dopo il per-corso programmato, offrendo ulteriori occasioni di incontro e orientando le coppie verso altri appuntamenti (incontri diocesani, week-end per fidanzati, gruppi fidanzati, ecc.) anche in vista di una apertura alla proposta di gruppi giovani sposi;

Inoltre, alla luce dell'attuale contesto socio-religioso, è opportuno: k) considerare gli incontri come momento di ri-evangelizzazione e di

"nuovo annuncio" del messaggio cristiano anche in presenza di scelte della coppia di nubendi non consone alla morale cristiana (convivenze, rapporti sessuali prematrimoniali, ecc.).

Nel proporre un itinerario di preparazione al matrimonio cristiano è

opportuno tenere presenti i seguenti obiettivi: valorizzare il tempo del fidanzamento come tempo di grazia e di

ricerca; dare occasione ai partecipanti di verificare le dinamiche umane del

loro amore; aiutare i giovani innamorati a rileggere la loro storia d'amore come

specifica vocazione e come segno della presenza del Dio d'amore;

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annunciare la "buona notizia" dell'amore e la novità del Sacramento; presentare i "compiti" del nuovo stato di vita cristiana; aiutare i nubendi a celebrare in modo consapevole le Nozze, anche

conoscendo il nuovo Rito del Matrimonio.

6. Indicazioni metodologiche per l'uso del presente "sussidio" Alla luce delle indicazioni metodologiche suesposte il presente

sussidio si propone quindi come strumento operativo, da adeguare alle singole realtà ecclesiali.

Concretamente si propone che sia il Consiglio Pastorale a farsi ufficialmente carico della preparazione dei fidanzati al matrimonio cristiano, ridiscutendo le indicazioni del Vescovo del 2001 e le proposte sinodali.

Le schede del sussidio si presentano quindi come materiale da utilizzare in uno o più incontri.

Possono essere integrate con altri materiali e utilizzate con altre metodologie al fine di perseguire gli obiettivi scelti.

Si sottolinea come lo scopo di un percorso educativo non sia la "piacevolezza" o il "gradimento" degli incontri da parte dei partecipanti ma il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Su questi obiettivi è bene aprire un dialogo sereno tra animatori e fidanzati.

Ogni scheda è accompagnata da testi e provocazioni utili per avviare la discussione. Inoltre sono presenti dei box contenenti indicazioni del Magistero o alcuni spunti d’autore o indagini sociologiche. Si conclude ogni scheda con la proposta di preghiera.

Si ricorda inoltre che un itinerario di fede è tale se supportato da

"testimoni" nella fede. Per questo è essenziale la presenza di coppie di animatori e di presbiteri formati e preparati.

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Amar-Sì! «per sempre»

PARTE PRIMA

FIDANZATI OGGI

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Introduzione L’evangelizzazione segue la logica dell’incarnazione. La Parola che

viene dall’alto si china verso di noi, incontra la nostra situazione, intercetta i nostri problemi, risponde ai nostri desideri, orienta i nostri cammini. Chi è chiamato a servire il ‘Vangelo della famiglia’ sa che «il disegno di Dio sul matrimonio e sulla famiglia riguarda l’uomo e la donna nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate situazioni sociali e culturali» e che quindi per compiere tale servizio di evangelizzazione ci si deve applicare «a conoscere le situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia d’oggi si realizzano» (Familiaris Consortio, 4). Ciò vale anche per coloro che si stanno avviando all’esperienza del matrimonio e della famiglia nel cammino di preparazione.

Questa prima parte del sussidio ha come obiettivo di aiutare i fidanzati a conoscere in maniera riflessa la ricchezza umana e potenzialmente cristiana della loro esperienza d’amore in vista degli impegni personali, sociali, ecclesiali che si assumeranno con la celebrazione delle nozze. Il fulcro della quattro schede proposte ruota tutto attorno al concetto di amore, per riscoprirlo nella sua autenticità umana, scrostarlo da alcune deviazioni culturali che lo hanno ridotto alla sua dimensione puramente biologica e affettiva e individuare la sua dimensione più recondita ma maggiormente feconda di felicità e benessere che consiste nella donazione gratuita, secondo un insegnamento che ha bisogno di essere verificato alla luce dell’esperienza coniugale, vale a dire che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, e che chi si perde nel mare dell’amore si ritroverà come persona rinnovata e nuova, capace di un amore oblativo.

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Scheda 0/1

Conoscerci e incontrarci

Nella vita nessuno nasce maestro… … ad amare si impara amando.

(Detto popolare)

► Obiettivo Favorire un primo incontro tra le coppie di fidanzati allo scopo di presentare la finalità del cammino proposto, la sua articolazione e gli atteggiamenti richiesti perché esso possa risultare fruttuoso, arricchente e significativo.

► Contenuto Esposizione del cammino di preparazione cristiana al matrimonio che viene offerto dalla Comunità Cristiana come risposta adeguata e responsabile alla domanda dei fidanzati di sposarsi in Chiesa.

► Suggerimenti metodologici La scheda parte da un testo del Vangelo di Matteo che fa da cornice a tutto il percorso e che intende mostrare la necessità di costruire insieme la futura casa della propria famiglia sulla roccia solida della parola di Dio, luce che illumina e dà significato alla esperienza umana. La sua lettura ai fidanzati può subito metterli sulla giusta lunghezza d’onda del percorso. Esso parte dalla vita, la quale viene poi illuminata dalla Parola allo scopo di aiutare i fidanzati a progettare il proprio futuro. Ciò richiede che sia stato fatto un primo momento di conoscenza con ogni singola coppia dal sacerdote e dalla/e coppia/e animatrice/i. L’incontro dovrebbe avere un clima di accoglienza per mettere subito a proprio agio i partecipanti. Si può concludere anche con un piccolo rinfresco di benvenuto.

Il perché di questa proposta Quando nella vita si devono prendere delle decisioni, vale la pena

fermarsi a riflettere e valutare bene cosa stiamo facendo. Molte scelte sbagliate sono spesso il risultato di decisioni affrettate, di tentennamenti o di incapacità di scegliere con determinazione e maturità affettiva. Certamente decidere di condividere «per sempre» la propria esistenza con un’altra persona è una delle scelte più importanti della nostra vita. Anzi! La più importante e decisiva.

Amarsi, e successivamente decidere di sposarsi, sono scelte che incidono in profondità in tutto il nostro modo di vivere.

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Per questo la Comunità Cristiana propone ai “suoi” innamorati di riflettere, invitandoli inizialmente a interrogarsi sul significato della loro esperienza amorosa, e in particolare sulla comunicazione, il dialogo di coppia, i valori dell’intimità, della fedeltà, della dedizione totale e dell’apertura alla vita, per vivere l’amore in pienezza e felicità.

Fermarsi e confrontarsi a due e con altre coppie, da la possibilità di essere consapevoli della bellezza dell’amore che viviamo e stimola a migliorare. Inoltre permette di imparare dal più grande “Amante” del mondo (Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio fatto uomo) come amare: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).

La proposta di questo per-corso o cammino formativo Questo percorso – come abbiamo ampiamente giustificato nella

introduzione – si articola in tre tappe (1. Fidanzati oggi; 2. Discepoli del Signore sempre; 3. Sposi domani), che i fidanzati sono invitati a compiere normalmente con altre coppie ed accompagnati da sposi e da un sacerdote adeguatamente preparati.

La proposta offerta da questo strumento aiuta a riflettere sul senso del fidanzamento e ad intravedere gioie e responsabilità della futura vita matrimoniale.

È un percorso che gradualmente aiuta a rileggere l’esperienza dell’innamoramento e che ci proietta verso una vita di coppia sempre più consapevole e matura. Ma è anche un “cammino” che permette di scoprire quanto Gesù (L’Emmanuele, il Dio-con-noi) è vicino ad ogni innamorato e come sussurri ad ogni coppia una buona notizia: «l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio» (1Gv 4,8).

Dimensione umana del mistero della Redenzione L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò appunto Cristo Redentore – come è stato già detto – rivela pienamente l’uomo all’uomo stesso. Questa è – se così è lecito esprimersi – la dimensione umana del mistero della Redenzione. In questa dimensione l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della Redenzione l’uomo diviene nuovamente «espresso» e, in qualche modo, è nuovamente creato. Egli è nuovamente creato! «Non c’è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù». L’uomo che vuol

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comprendere se stesso fino in fondo non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve «appropriarsi» ed assimilare tutta la realtà dell’Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso. Se in lui si attua questo profondo processo, allora egli produce frutti non soltanto di adorazione di Dio, ma anche di profonda meraviglia di se stesso. Quale valore deve avere l’uomo davanti agli occhi del Creatore se «ha meritato di avere un tanto nobile e grande Redentore», se «Dio ha dato il suo Figlio», affinché egli, l'uomo, «non muoia, ma abbia la vita eterna». In realtà, quel profondo stupore riguardo al valore ed alla dignità dell'uomo si chiama Vangelo, cioè la Buona Novella. Si chiama anche Cristianesimo. Questo stupore giustifica la missione della Chiesa nel mondo, anche, e forse di più ancora, «nel mondo contemporaneo». Questo stupore, ed insieme persuasione e certezza, che nella sua profonda radice è la certezza della fede, ma che in modo nascosto e misterioso vivifica ogni aspetto dell’umanesimo autentico, è strettamente collegato a Cristo. Esso determina anche il suo posto, il suo – se così si può dire – particolare diritto di cittadinanza nella storia dell'uomo e dell'umanità. La Chiesa, che non cessa di contemplare l'insieme del mistero di Cristo, sa con tutta la certezza della fede, che la Redenzione, avvenuta per mezzo della croce, ha ridato definitivamente all'uomo la dignità ed il senso della sua esistenza nel mondo, senso che egli aveva in misura notevole perduto a causa del peccato. E perciò la Redenzione si è compiuta nel mistero pasquale, che attraverso la croce e la morte conduce alla risurrezione. Il compito fondamentale della Chiesa di tutte le epoche e, in modo particolare, della nostra, è di dirigere lo sguardo dell'uomo, di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù. Contemporaneamente, si tocca anche la più profonda sfera dell'uomo, la sfera – intendiamo – dei cuori umani, delle coscienze umane e delle vicende umane.

[Redemptor hominis, 10]

Per il gruppo fidanzati

È importante, nel cammino che ci accompagna verso la celebrazione del sacramento del Matrimonio, scoprire che il fidanzamento, come ogni altra tappa importante della nostra vita, non va vissuto da soli, nel privato. Infatti essere innamorati è un’esperienza che ci apre all’altro, ha una rilevanza sociale. Essere innamorati è scoprire che la nostra vita va vissuta non più come “single” ma come coppia, vale a dire nell’esperienza della comunione. Amare è scoprire che non si è più soli… e che ci si realizza nel «dono sincero di sé».

La comunità cristiana ci propone allora un cammino insieme ad altre coppie per condividere le gioie e le difficoltà del nostro amare. Ci propone un cammino fatto di incontri tra coppie di sposi e di fidanzati e tra coppie e preti o religiosi.

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L’esperienza di un per-corso per fidanzati ci aiuta a dare il vero volto alla Chiesa che non è un’istituzione centrata sull’autorità, ma una comunità fondata sull’amore: «Amatevi gli uni gli altri» ci dice Gesù.

Ci propone di riflettere sul nostro modo di amare e ci sollecita a scoprire che, se ci amiamo autenticamente e liberamente, non è per caso, ma perché una mano provvidente guida i cammini della nostra vita senza tuttavia compromettere la nostra libertà.

In questo incontro:

vogliamo conoscere le coppie che condividono con noi questo percorso; condividiamo e confrontiamo le motivazioni che ci hanno portato a

parteciparvi; valutiamo la proposta ed il programma di questi incontri.

Per l’approfondimento

L'insegnamento della comunità “Perché il «Sì» degli sposi sia un atto libero e responsabile, e l'alleanza matrimoniale abbia delle basi umane e cristiane solide e durature, la preparazione al matrimonio è di fondamentale importanza. L'esempio e l'insegnamento dati dai genitori e dalle famiglie restano il cammino privilegiato di questa preparazione. Il ruolo dei pastori e della comunità cristiana come «famiglia di Dio» è indispensabile per la trasmissione dei valori umani e cristiani del matrimonio e della famiglia, tanto più che nel nostro tempo molti giovani conoscono l'esperienza di focolari distrutti che non assicurano più sufficientemente questa iniziazione. I giovani devono essere adeguatamente e tempestivamente istruiti, soprattutto in seno alla propria famiglia, sulla dignità dell'amore coniugale, sulla sua funzione e le sue espressioni; così che, formati nella stima della castità, possano ad età conveniente passare da un onesto fidanzamento alle nozze. (Cfr. Gaudium et Spes n. 49)”.

(Dal catechismo della Chiesa Cattolica, 1632)

F.A.Q.: le domande ricorrenti sull'argomento…

1) Perché la Chiesa ci “obbliga” a fare questi incontri ? Noi abbiamo chiesto alla Chiesa di sposarci nel Signore e la Comunità, prima

delle nozze, intende farci scoprire a quale grande dono andiamo incontro. Il per-corso fidanzati è una specie di "istruzioni d'uso" per vivere l'amore da cristiani.

La «partecipazione ai corsi o percorsi di preparazione al matrimonio deve considerarsi moralmente obbligatorio» (DPF 63) proprio per essere dei cristiani

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innamorati consapevoli e felici.

2) Cosa c’entra la Chiesa con il nostro amore? La Chiesa è la comunità di persone radunate attorno a Gesù Cristo, dove si cerca di vivere l’amore seguendo il suo comandamento. La comunità cristiana è nata dall’amore di Dio per l’umanità e vive dell’amore di Gesù: «amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati». Noi, come battezzati, siamo parte della Chiesa. E come battezzati viviamo l’amore come un dono di Dio… Se la società odierna considera l'amore come un fatto personale, che ognuno può vivere liberamente, come vuole, la Chiesa ci ricorda l'origine ed il senso dell'amore vero. 3) Hanno senso questi incontri? Sì, se li vivo in modo consapevole o critico, come occasione per prendere coscienza di come vivo l'amore. No, se li subisco come un’imposizione, come una cosa che "devo fare". 4) Come sono nati i “corsi fidanzati” nella Diocesi di Verona ?

Gli incontri per fidanzati hanno una lunga storia e tradizione nella nostra Diocesi.

Nel dopo guerra, per iniziativa dell’Azione Cattolica e per l’intuizione e l’impegno di alcune personalità (tra cui il prof. Zanotto, il dott. Trabucchi, e molti altri) nasceva il Fronte della Famiglia trasformatosi in seguito, su indicazione di mons. Giuseppe Carraro, giunto a Verona alla fine degli anni Cinquanta, in Movimento d’Azione Familiare, a cui dava un assistente ufficiale nella persona di mons. Salvetti.

In quegli anni nascono i primi consultori familiari e la pastorale a favore della famiglia prende sempre più una struttura organizzativa.

Per quanto concerne la preparazione al matrimonio il Vescovo mons. Giuseppe Carraro “dispose” negli anni ’70, con il documento “Sposarsi nel Signore”, l’obbligatorietà dei “corsi per fidanzati” per coloro che volevano accedere al matrimonio religioso.

In quegli anni nascono i corsi fidanzati strutturati in cicli di 6-8 conferenze di "esperti" che approfondiscono alcuni aspetti dell'amore e del matrimonio. Alcuni sussidi (ce ne sono ancora a disposizione al Centro) vengono promossi dal Centro di Pastorale Familiare (BRUNELLI T. E N., Fidanzati verso il matrimonio, EDB, Bologna 1982; CENTRO FAMILIARE, Amarsi e sposarsi nel Signore, Verona 1985; BONETTI R. E NESTORI F., Mettiamoci le ali, Verona 1990; BONADIMAN C. E B., Radicati nell'amore. Itinerario per fidanzati in ricerca, Il Segno, Verona, 1992).

A seguito del convegno Diocesano sulla Famiglia del 1980 nasce il Centro di Pastorale Familiare

Molti sussidi e proposte sono stati offerti recentemente dal Centro di Pastorale Familiare, aprendo la strada a molte iniziative analoghe sorte poi in tutta Italia.

Nel 1989 sono iniziate le domeniche di spiritualità per fidanzati da cui hanno avuto origine le odierne proposte per gli sposi.

Tra il 1994 ed il 2002 il CPF ha animato i week-end di spiritualità per fidanzati

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oggi trasformati in domeniche di spiritualità, aperte anche alle giovani coppie. Nel 1988 è iniziata anche l'esperienza delle proposte estive per fidanzati con la

“settimana residenziale” di Terzolas (TN), sfociata poi nei week-end estivi di questi anni (Malcesine 2003, Cadine 2004 e Pieve di Cadore 2005).

Nel 1997 Verona ha ospitato il Convegno Nazionale sul fidanzamento dell’Ufficio Famiglia e del Servizio Giovanile della CEI (i "Vescovi italiani"). In quel periodo il CPF ha iniziato a proporre percorsi biennali per fidanzati e post-corsi, attuati allora da molti vicariati.

Da molti anni sono poi proposti, a livello vicariale, "corsi di formazione" per animatori per il rinnovamento delle iniziative parrocchiali.

Nel 2001 (cf il documento) il Vescovo padre Flavio Roberto Carraro presentava gli orientamenti pastorali per il rinnovamento della preparazione al matrimonio. Tali orientamenti prevedono che ogni per-corso per fidanzati sia animato da sposi, sia strutturato per favorire l'incontro tra le coppie e indica un programma degli incontri.

Su iniziativa del Vicario per la pastorale è iniziata una riflessione tra i Centri di Pastorale Giovanile, Familiare e l'Azione Cattolica per una proposta di formazione all'amore che accompagni i giovani "morosi" dall'innamoramento fino al matrimonio con un cammino di "catecumenato".

La Parola ci dice Come già è stato indicato nell’introduzione, la parola di Dio è

utilizzata in questo sussidio sotto tre angolature: come provocazione a ripensare l’esperienza in profondità (prospettiva antropologica), come annuncio di una buona novella (prospettiva teologica), come invito a reimpostare la propria vita secondo nuovi criteri di comportamento ispirati al Vangelo (prospettiva etica).

In questa prima parte, la parola di Dio è proposta come invito al dialogo offerto ai fidanzati per sollecitarli a mettere a disposizione la loro esperienza d’amore affinché Dio ne possa fare un “segno” o sacramento del suo amore per l’umanità.

La Parola di Gesù

«Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo intelligente che ha costruito la sua casa sulla roccia. È venuta la pioggia, sono straripati i fiumi, i venti hanno soffiato con violenza contro quella casa, ma essa non è crollata, perché le sue fondamenta erano sulla roccia. Al contrario, chi ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo sciocco che ha costruito la sua casa sulla sabbia. È venuta la pioggia, sono straripati i fiumi, i venti hanno soffiato con

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violenza contro quella casa, e la casa è crollata. E la sua rovina è stata completa».

(Traduzione interconfessionale del Vangelo di Matteo, 7,24-27)

Il futuro ci chiama Alla luce di questo primo incontro chiedetevi: 1. Con quale atteggiamento state iniziando questo cammino che vi

condurrà a celebrare le vostre nozze «nel» Signore? 2. Quali attese nutrite da questa esperienza di formazione? Provate

ad elencare e dare ad esse un nome. 3. Avete consapevolezza che questo cammino di preparazione

immediata alle nozze mira anche ad attivare, soprattutto in chi vive lontano dalla Chiesa, il desiderio e la scelta di riappartenere ad essa? Com’è il vostro rapporto con la comunità cristiana (nullo, debole, saltuario, soddisfacente, partecipativo, o altro)?

Preghiamo:

A te affidiamo o Gesù il nostro amore… (A conclusione di questo primo incontro si consegni ai fidanzati un foglio bianco con scritto la prima riga qui sopra riportata, e li si inviti a fissare i contenuti di una preghiera da rivolgere a Dio creatore e interlocutore del loro amore)

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Scheda 1/1

Il tempo del “fidanzamento”

Ogni cosa ha un suo tempo ...e il tempo matura le nespole

(Proverbi popolari)

► Obiettivo Favorire la consapevolezza di ciò che i fidanzati stanno vivendo allo scopo di suscitare una prima riflessione sul senso dell'amore.

► Contenuto A partire dall’analisi dei “modelli” di amore che la società ci propone, viene esposto il senso cristiano del fidanzamento come «tempo di crescita, di responsabilità e di grazia»

► Suggerimenti metodologici

Questo incontro dovrebbe aiutare i fidanzati a leggere la propria storia di innamorati per comprenderne il significato. Se possibile si può partire da alcuni fatti di costume riportati spesso sui giornali in modo che le nostre riflessioni partano dall’attualità, anche se di natura effimera. E’ opportuno, al fine di raggiungere l’obiettivo della serata, proporre il passaggio al senso cristiano dell’amore e del fidanzamento nella maniera più gioiosa possibile, sottolineando che la scelta di questo tipo di prospettiva è una scelta di felicità.

La vita ci insegna

a) Un tempo consumato, senza memoria e senza storia

Uno dei problemi del nostro tempo è senz’altro la frenesia con cui si vivono e si consumano gli eventi e i fatti che toccano sia la vita personale che quella dell'umanità.

b) Tutto scorre...

Sembra infatti che tutto scorra via, come la corrente di un grande fiume o come le nuvole del cielo spazzate via dal vento. Quello che era ieri oggi non è più...

c) ... ma l’amore resta

L’esperienza di innamorati ci permette di capire che, tra tutte le cose che si

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provano, che si vivono e che si sperimentano, l’amore resiste a questa mutevolezza. Anche se a volte siamo sospinti a concepire l’amore come qualcosa di temporaneo, l’amore resta una delle più grandi esperienze della vita umana. San Paolo ricorda che “L’amore non avrà mai fine” (1 Cor.13,8).

d) L’amore ci rende vivi!

In questo contesto culturale l'esperienza dell'innamoramento sconvolge la staticità o la mutevolezza della vita! L'amore è quindi un'esperienza fondamentale per la persona umana.

DEFINIAMO LE FASI DI UN RAPPORTO DI COPPIA

La nascita di una relazione (innamoramento)

Stiamo assieme perché siamo innamorati. L'innamoramento è caratterizzato da uno stato emotivo che si accompagna ad alcune modifiche nel comportamento e – secondo alcuni studi – anche a livello ormonale e fisico. In pratica l’altro/a suscita in noi interesse, mi “colpisce”, mi “interessa” e mi “piace”. Quattro momenti caratterizzano il nostro modo d’amare:

1 ... il momento del “mi piaci” 2 ... il momento del “ti voglio bene” 3 ... il momento del “ti amo” 4 ... il momento del “ti sposo”.

Le fasi dell’amore Ogni relazione d’amore è pertanto caratterizzata da alcune fasi:

1. l’attrazione e il corteggiamento 2. l’incertezza e la verifica 3. l’innamoramento 4. il frequentarsi 5. l’esclusività 6. lo stare assieme 7. il fidanzamento

A cui poi seguiranno: 1. la preparazione al matrimonio 2. la celebrazione delle nozze 3. (coppia giovane) 4. l’intimità 5. l’amore sponsale e dei corpi 6. il dono della vita (fecondità)

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7. (coppia con bambini piccoli) 8. l’essere genitori 9. (coppia con figli adolescenti) 10. (coppia con figli adulti) 11. l’anzianità 12. il distacco (o la morte di uno dei coniugi)

La Parola ci dice C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Guarda questa è una novità»? … Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.

(Qoêlet, 1,10 e 3, 1-2 e 4-5)

Per l’approfondimento

Verificare il proprio percorso di “avvicinamento” al matrimonio. Vivere un’esperienza di amore significativa è anche confrontarsi con il matrimonio o almeno con l’idea che tale evento si verifichi. Tutta la letteratura “rosa” e i manuali d’oltreoceano su come conquistare l’anima gemella, tingono in modo pittoresco questo confronto sul matrimonio. La realtà è, fortunatamente, ben più seria di quella descritta nelle pagine della corrispondenza sentimentale dei vari rotocalchi, e ci permette di dire che, sia nei maschi come nelle femmine, c’è l’esigenza di affermare un legame che potrebbe sfuggire. C’è chi lo fa mettendo in evidenza l’aspetto più sentimentale, chiedendo un rapporto romantico e duraturo e chi invece, accelera i tempi per evitare che l’eventuale rottura di un rapporto avvenga senza aver assaporato un legame più sensuale e corporeo.

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E' necessario confrontarsi sul futuro del legame affettivo, capire se l’impegno che l’uomo e la donna mettono nella vita di coppia è un impegno fruttuoso. Oltre a ciò è importante confrontarci su come noi due intendiamo affrontare questa tappa della vita di coppia.

UN PO’ DI NUMERI SUL FIDANZAMENTO Giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono ancora in casa con i genitori:

– nel 1998………………..………………………….. 58,8% – nel 1990………………..…………………………… 51,8% Età media di prima occupazione per i giovani nel 1998…. 24 anni Età media dei giovani che si sono sposati nel 1998……… 30 anni

(fonte: ns rielaborazione dati ISTAT, Rapporto Annuale, Roma, 2000. NB.: dati relativi al 1998)

Periodo medio dello stare assieme prima del “fidanzamento”

(ci si frequenta per conoscersi) 11,7 mesi

Durata media del “fidanzamento” (prima del matrimonio e

successivo al periodo di conoscenza) 49,2 mesi

Totale del periodo vissuto assieme 60,9 mesi Coppie che avrebbero preferito sposarsi prima 42,6 % Di quanti mesi (media) 7,5 mesi

Motivi che hanno ritardano il matrimonio:

Casa non disponibile …………………….. 56,1% Mancanza di tranquillità economica …:…. 45,3% Mancanza di lavoro sicuro……………….. 32,2% Studio …………………………………….. 19,6% Troppo giovani …………………………… 17,6% Insicurezza ……………………………….. 12,9% Opposizione delle famiglie ……………… 12,0%

Immaturità ………………………………... 9,9% Problemi sessuali ………………………… 1,3% Altro ……………………………………… 27,2%

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Fidanzati che hanno avuto un legame affettivo “significativo” precedente a quello che si è concluso col matrimonio ………………. 35%

Perché il precedente legame affettivo si è concluso: – per ostacoli esterni ……………………………. 18,7% – per stanchezza ……………………………….. 17,3% – per interesse per un altro/a …………………… 12,1% – altri motivi ……………………………………. 51,9%

Fidanzati che hanno avuto un rapporto sessuale completo: – prima del matrimonio e con l’attuale partner………… 70,6 % – con un partner diverso da quello attuale …………….. 33,3 % Tempo medio trascorso dalla conoscenza del partner al primo rapporto

sessuale completo …………………………………………… 23,4 mesi (fonte: ns rielaborazione dei dati tratto AA.VV. Il fidanzamento: risultati di

un’indagine…, Il Segno ed., S. Pietro in Cariano (VR), 1991. – N.B.: dati relativi a coppie sposate nel 1987)

Età del primo rapporto (giovani dai 20 ai 24 anni)

13/15 anni 16% 16 anni 14% 17 anni 19% 18 anni 14% 19 anni 14% Tra 20 e 24 anni 17% Vergini 5%

Importanza del sesso

È importante 45% È secondario 30% È importante se ci sono le condizioni

giuste 20%

È fondamentale 5%

Sesso solo con affetto ?

Si 35% No 45% Si può fare anche senza 20%

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Fedeltà di coppia

Fedeli 50% Flessibili 25% Fedeli ma "possibilisti" 25%

Tradimento del partner

È condannato più quello “di testa”. E' accettato come un “dato di fatto”.

(fonte: ns rielaborazione dei dati tratti da GARELLI F. I giovani, il sesso, l’amore, Il Mulino, Bologna 2000 NB: indagine sui giovani da 20-24 anni)

La famiglia è (giovani tra 15-29 anni)

La cosa più importante della vita 85,6 %Abbastanza importante 13,2 %Poco o per nulla importante 1 %

(fonte: ricerca CAVALLI–DE LILLO 1993)

IL TEMPO DEL FIDANZAMENTO «...la coppia cristiana celebra il matrimonio nella Chiesa, esprimendo di

fronte a tutta la comunità la volontà di amore e di unità... A questa celebrazione si giunge dopo un cammino di confronto con la Parola del Signore, in cui si matura la comprensione del mistero che si è chiamati a vivere e la consapevolezza degli impegni che si assumono.

Il fidanzamento è il tempo prezioso di questa crescita, tempo di grazia nel quale più immediata e gioiosa è la scoperta dell’amore, che appare dono gratuito e sorprendente. Ma è anche tempo di impegno e di cammino...

E’ il tempo in cui si costruisce quella compenetrazione di sentimenti e di interessi, che sola consente di giungere a pronunciare con verità le parole della donazione reciproca del patto coniugale».

(dal Catechismo dei Giovani/2 “Venite e Vedrete”, p.342)

Il futuro ci chiama

1. Da quanto dura il nostro fidanzamento? 2. Lo consideriamo come momento di verifica di vita - quasi un percorso vocazionale? 3. Come giudichiamo questo tempo vissuto assieme?

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4. Cosa desideriamo nel nostro fidanzamento? 5. Pensiamo al matrimonio come al futuro della nostra coppia? 6. Alla luce di quanto abbiamo discusso, cosa può cambiare nel nostro modo di vivere questo tempo?

Proposta di preghiera al termine dell’incontro:

(Recitare insieme il brano della parola di Dio proposta nell’incontro)

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Scheda 2/1

Il nostro amore …l’amore è una cosa meravigliosa

► Obiettivo:

Favorire una riflessione profonda sull’amore in se stesso considerato e sul significato che diamo ad esso.

► Contenuto:

I fondamenti dell’amore alla luce dell’autentica esperienza umana.

► Suggerimenti metodologici Aiutare i fidanzati a riflettere sul loro amore può sembrare banale. Invece è importante invitarli, attraverso questo momento, a dare un nome e ad individuare l’origine del sentimento che vivono in modo che possano essere consapevoli del cammino che stanno percorrendo e delle mete verso cui decidono di orientare la loro vita. La scheda è strutturata in modo tale che alcune sue parti possono essere usate come foglio di lavoro da consegnare ai fidanzati per una discussione in coppia o in gruppo.

Uno sguardo sull’esperienza Proviamo a interrogarci: L’amore è?

Amare per me significa?

Provo a scrivere i cinque aspetti più importanti dell’amore: 1…………………………………………………………………… 2…………………………………………………………………… 3…………………………………………………………………… 4…………………………………………………………………… 5……………………………………………………………………

Dopo esserci interrogati personalmente proviamo a definire assieme cosa è

l’amore per noi e su cosa si fonda. L'AMORE

Definire cosa sia l’amore è difficile. Con il termine amore oggi s’intendono molte cose che vanno dall’affetto

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materno all’atto sessuale. Questa confusione non aiuta due innamorati perché dietro ad ogni modo di

intendere l’amore vi è un’idea di coppia e una prospettiva sul suo futuro.

L’AMORE QUESTO SCONOSCIUTO Ci amiamo davvero? Quello che proviamo è amore autentico o è solo affetto o bisogno di qualcuno

accanto? Queste sono le domande che spesso si pongono due giovani innamorati e alle

quali si cerca di dare risposta nel periodo dello “stare insieme” e del “fidanzamento”. Queste domande relazionali (cioè che qualificano il modo di amarci l’un l’altro) aprono ad altri interrogativi ben più profondi sull'amore:

Cos’è l’amore? È emozione? È sentimento?

CHIARIAMO ALCUNI EQUIVOCI

Ma cos’é l’amore: emozione, sentimento o movimento di ormoni? L’uomo ha cercato da sempre di capire e definire il significato della relazione

uomo-donna, e più in generale, di definire il senso dell'amore umano. 1) Al rapporto di coppia e all’amore si è cercato di dare una risposta pseudo-

scientifica. Per la cultura attuale una relazione d’amore è una situazione transitoria della vita che dipende da una emozione o da un flusso ormonale.

2) Al rapporto di coppia e all’amore si è cercato di dare una risposta univoca

e limitante con la psicanalisi. La banalizzazione della psicanalisi ha ridotto l'uomo alla schiavitù delle pulsioni erotico-sessuali infantili.

3) Il rapporto di coppia e l’amore sono a volte fermati in un tempo preciso: il tempo idilliaco, quello dell'innamoramento.

4) Il rapporto di coppia e l’amore non sono più funzionali alla società

postindustriale della globalizzazione. Gli schemi economici vorrebbero le persone inserite nel grande mercato globale, disposte alla mutevolezza e senza legami stabili di alcun tipo, capaci di adattarsi alle esigenze dei vari mercati (del lavoro, dei consumi, ecc.).

5) Il rapporto di coppia e l’amore sono soggetti allo stress della vita odierna

e pertanto sono in crisi: lo dimostrano i dati allarmanti della provincia di Verona

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dove mentre nell'anno 2002 sono stati contratti 3.930 matrimoni sono state concesse 1.805 separazioni e 985 divorzi.

(fonte "Bollettino di statistica" della C.C.I.A. di Verona e "X Rapporto su Verona" dell’ufficio documentazioni e studi della Curia Diocesana di Verona)

DIAMO UN NOME ALL'AMORE...

a) Quale amore? Erich Fromm nel suo libro L’arte di amare elenca cinque tipi di amore:

l’amore fraterno, l’amore materno, l’amore erotico, l’amore per se stessi e l’amore per Dio. Già gli antichi greci distinguevano l’amore in éros, filía, agàpe e storghé. L’éros designava l’amore-bisogno caratterizzato da un’attrazione di tipo sessuale, l’agàpe amore-dono e la filía l’amicizia. Con il termine “storghé” si indicava invece il legame affettivo di tipo parentale.

b) Un amore-relazione La parola “amore” deriva, dal greco háma (αµα), cioé “assieme”. Già

dalla radice del nome si capisce come amare significhi costruire relazioni. Nel racconto biblico della Creazione, presente nel libro della Genesi, l’uomo e la donna sono intimamente legati l’uno all’altro, svelando il senso dell'amore come tensione all'unità, come essere assieme. Nel linguaggio giovanile comune essere “fidanzati” è “stare assieme”. Questo nostro stare assieme qualifica e da un senso alla nostra vita.

Ma come stiamo insieme? Da dove nasce questo stare assieme?

Teoria dell’amore ed esistenza umana Ogni teoria d’amore dovrebbe incominciare con la teoria di

un’esistenza umana. L’amore tra animali, o meglio, l’equivalente dell’amore, non è che puro istinto: istinto che agisce anche nell’uomo. Ma ciò che caratterizza l’esistenza dell’uomo è il fatto di essere emerso dal regno animale, dall’istinto; esso ha dominato la natura, sebbene non l’abbandoni mai; ne fa parte e tuttavia, una volta staccato dalla natura, non può farvi ritorno; scacciato dal paradiso – vale a dire da uno stato di armonia con la natura – i cherubini con la spada di fuoco gli bloccherebbero la strada, se provasse a tornarci. L’uomo può andare avanti solo sviluppando l’intelletto, cercando una nuova armonia, un’armonia umana, invece di quella originaria, irrimediabilmente perduta.

La soluzione completa sta nella conquista dell’unione interpersonale, nella fusione con un’altra persona, nell’amore.

Il desiderio di fusione interpersonale è il piú potente. E' la passione

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piú antica, è la forza che tiene unita la razza umana, la tribú, la famiglia, la società. Il non riuscire a raggiungere questa unione significa follia e distruzione. Senza amore, l’umanità non sopravvivrebbe un solo giorno. Eppure, se chiamiamo « amore » la conquista dell'unione interpersonale, ci troviamo in serie difficoltà. La fusione può essere raggiunta in diversi modi, e le differenze non sono meno importanti di quanto v’è in comune tra le varie forme d'amore. Ma sono poi tutte forme d'amore? Oppure dobbiamo riservare la parola «amore » a una particolare unione, che è stata la virtú ideale di tutte le grandi religioni e dei sistemi filosofici di quattromila anni di civiltà orientale e occidentale?

(E. FROMM, L’arte di amare, Il Saggiatore, Milano 1980, pp. 21 e 32-33)

AMORE LIQUIDO, SOLIDO O GASSOSO L’amore è stato paragonato, da un recente studio sociologico, ad un corpo

liquido che riesce ad adattarsi alle diverse forme dei contenitori dove è posto. L’amore liquido fa vivere gli innamorati in una specie di «locanda emotiva a metà strada tra la libertà del ‘frequentarsi’ e l’impegno di una relazione seria» (cf Z. BAUMAN, L’amore liquido, Roma-Bari 2004, p. 16).

Ci impegniamo, ma non troppo, consapevoli che viviamo oramai dentro una cultura del «mordi e fuggi», in cui la concezione dell’amore come vincolo che dura «finché morte non ci separi» è decisamente fuori moda.

Noi invece riteniamo, riprendendo tale paragone, che l’amore sia l’unica solida realtà su cui fondare un futuro stabile, una casa sulla roccia, senza la cui sicurezza rimane compromessa la realizzazione della nostra felicità. Alcune volte invece il nostro modo di vivere l’amore lo rende volatile come un gas, incapaci di costruire relazioni vere, autentiche e soprattutto stabili che reggano all’urto delle difficoltà.

Che consistenza ha il nostro amore? È un “sentimento” volatile, si adatta o è solido?

IMPEGNARSI, MA NON TROPPO? Un esperto della materia informa i lettori che «se vi impegnate, per

quanto alla leggera, ricordate che probabilmente state chiudendo la porta ad altre possibilità romantiche che potrebbero essere più soddisfacenti e appaganti». Un altro esperto è ancora più esplicito: «Le promesse di impegno non hanno senso nel lungo periodo [...]. Come ogni altro tipo di investimento, hanno alti e bassi». E così, se desiderate «instaurare relazioni», mantenete le dovute distanze; se volete che il vostro stare insieme sia appagante, non offrite o chiedete impegno. Lasciate sempre tutte le porte aperte.

I residenti di Leonia, una delle Città invisibili di Calvino, direbbero, se interrogati al riguardo, che la loro passione è «il godere delle cose

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nuove e díverse». Infatti, ogni mattina la popolazione «indossa vestaglie nuove fiammanti, estrae dal più perfezionato frigorifero barattoli di latta ancora intonsi, ascoltando le ultime filastrocche dall’ultimo modello di apparecchio». Ma ogni mattina «í resti della Leonia di ieri aspettano il carro dello spazzaturaio», tanto che vien da chiedersi se la vera passione dei leoniani non sia invece «l’espellere, l'allontanare da sé, il mondarsi d’una ricorrente impurità». Se così non fosse, non si capisce perché mai gli spazzaturai vengono «accolti come angeli», benché il loro compito sia «circondato da un rispettoso silenzio», cosa del tutto comprensibile: «una volta buttata via la roba nessuno vuole più averci da pensare».

Pensiamoci un attimo... Non è che i residenti del nostro mondo liquido-moderno, proprio

come fanno gli abitanti di Leonia, dicono una cosa e ne pensano un’altra? Affermano che il loro desiderio, scopo, sogno o passione è «instaurare relazioni». Ma di fatto non sono forse soprattutto preoccupati di come evitare che i loro rapporti si condensino e coagulino? Davvero cercano, come dicono, relazioni durevoli, o piuttosto non desiderano più di ogni altra cosa che quelle relazioni siano superficiali e leggere di modo che se ne possano «disfare in qualunque momento», alla stregua delle ricchezze di Ríchard Baxter, che dovevano «poggiare sulle spalle come una mantellina»? In definitiva, che tipo di consiglio cercano davvero: come cementare una relazione, o come – qualora lo si volesse – mettervi fine senza danno e con la coscienza a posto? Non esiste una risposta facile a tale quesito, per quanto vada posto e continuerà ad esserlo fintanto che gli abitanti del mondo liquido-moderno continueranno a penare sotto il pesante fardello del più ambiguo dei tanti compiti ambigui che sono chiamati quotidianamente ad affrontare.

(Z. BAUMAN, L’amore liquido, Roma-Bari 2004, p. IX-X)

CHE COSA È AMORE Che cosa è amore? Chiamo amore quell’esperienza intensa,

indimenticabile e inconfondibile che si può fare soltanto nell'incontro con un'altra persona.

Non c’è quindi amore con una cosa astratta, con una virtù. Non c’è amore solitario. L’amore suppone sempre un altro e si attua in un incontro concreto. Per questo l’amore ha bisogno di appuntamenti, di scambi, di gesti, di parole, di doni che, se sono parziali, sono tuttavia simbolo del dono pieno di una persona ad un’altra.

Amore è dunque incontrare un’altra persona scambiandosi dei doni, è esperienza in cui si dà qualcosa di sé e c’è più amore quanto più si dà qualcosa di sé.

L’amore è un incontro in cui l’altro ci appare importante, in un certo senso più importante di me: così importante che, al limite, io vorrei che lui fosse anche con perdita dì me. Uno scopre dì essere innamorato quando si accorge che l’altro gli è divenuto, in qualche modo, più importante di se stesso. Per questo l’amore realizza qualcosa che

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potremmo chiamare un’estasi, un uscire da sé, dal proprio tornaconto: una sorta di estasi in cui io mi sento tanto più vero e tanto più autentico, tanto più genuinamente io quanto più mi dono, mi spendo e non mi appartengo più in esclusiva.

(card. CARLO MARIA MARTINI)

La Parola ci dice

Se io so parlare le lingue degli uomini e degli angeli, ma non posseggo l’amore: sono come una campana che suona, come un tamburo che rimbomba. Se io ho il dono di essere profeta di svelare tutti i segreti, se ho il dono di tutta la scienza anche se ho una fede che smuove io monti: se non ho l’amore che vale? Se distribuisco tutti i miei averi e come martire lascio bruciare il mio corpo: senza l’amore niente ho. Chi ama è paziente e premuroso. Chi ama non è geloso, non si vanta non si gonfia di orgoglio. Chi ama è rispettoso e non va in cerca del proprio interesse non conosce la collera, dimentica i torti. Chi ama rifiuta l’ingiustizia, la verità è la sua gioia. Chi ama, tutto scusa, di tutti ha fiducia, tutto sopporta, non perde mai la speranza. Cesserà il dono delle lingue, la profezia passerà, finirà il dono della scienza, ma l’amore mai tramonterà. Ora tre sono le cose che contano: fede, speranza, amore. La più grande di tutte è l’amore.

(1 Cor 13,1-8.13)

Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l'amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco, una fiamma del Signore! Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio.

Dal Cantico dei Cantici, 8,6-7

IL CANTICO

Il Cantico parte dall’eros, dall’amore di coppia nella sua pienezza anche carnale, ma coinvolge molteplici iridescenze e va oltre. L’amore umano pieno, dove corporeità ed eros sono in comunione, senza svaporare in sigla spirituale, giunge di sua natura a dire il mistero dell'amore che tende all’infinito e può raggiungere il mistero divino.

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Persino lo scrittore Guido Ceronetti, nella sua discutibile e un po’ affannata interpretazione erotica del Cantico, deve riconoscere che «la lettura erotica non ha senso se il letto degli amori non è rischiarato da una piccola lampada che rischiari, attraverso quei trasparenti amori, il Nascosto».

Inno molteplice e variegato dell’amore, il Cantico celebra umanità, passione ed eros, ma anche la capacità dell’amore umano di essere segno di infinito, di pienezza, di totalità. Piantato nella terra, l'amore umano autentico fiorisce e si ramifica nei cieli. Dove uomo e donna si amano in modo vero e completo, là appare il mistero dell’Amore supremo divino, capace di vincere anche la morte (8,6). Guai, però, a spezzare il simbolo: avremmo solo corpi avvinghiati o angeli danzanti e non l’armonia tra corpo e spirito nell’agápè, l’Amore pieno e perfetto.

(G. RAVASI, Il bello della Bibbia I, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2004, 138-139)

Il futuro ci chiama

Pensare all’amore di una coppia nel modo indicato in questa scheda aiuta a rivedere la propria esperienza di innamorati ed a leggere quale tipo di amore abbiamo vissuto fino ad ora. Proviamo a riflettere sulle provocazioni che emergono dall’analisi sui vari tipi d’amore esposti sopra, e chiediamoci:

1. quale tipo di amore stiamo vivendo? 2. quanto il nostro amore è materno-paterno nei confronti dell’altro? 3. quali caratteristiche deve avere il nostro amore perché possiamo costruire

la nostra coppia solida e felice?

Preghiamo Grazie Signore perché ci hai fatti incontrare, perché hai acceso i nostri cuori col fuoco dell’amore! Grazie per ……… (nome) per la vita che abbiamo vissuto assieme, e grazie per la vita che assieme siamo chiamati a vivere. Grazie perché questo amore ci sembra così forte da non essere travolto dalle difficoltà che quotidianamente ci assillano.

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Grazie perché adesso i nostri occhi vedono la bellezza di amare, i nostri sensi percepiscono la presenza di un Amore e la gioia dell’essere amati riempie il nostro cuore. Grazie perché oggi, forse, possiamo imparare che Tu sei Amore. Amen.

Coniugi egizi

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Scheda 3/1

Dialogo di coppia

► Obiettivo: Aiutare ad apprendere l’arte del dialogare e la capacità di gestire in positivo i conflitti di coppia

► Contenuto: Il dialogo come mezzo di comunicazione e di risoluzione dei conflitti

► Suggerimenti metodologici Il tema del dialogo è fondamentale per aiutare i fidanzati a migliorare la comunicazione. Per la

ricchezza degli spunti offerti si può dividere questa scheda in due serate creando spazi di lavoro di coppia e di gruppo che possono favorire l’abitudine al dialogo profondo e il confronto fra modi di pensare diversi e magari distanti dal proprio.

La vita ci insegna

ESSERE IN RELAZIONE

Amare è l’arte di saper mettersi in relazione, cioè di entrare in intimità con l'amato/a. Amare significa quindi "comunicare": l'uomo è per se stesso un essere comunicante. La stessa gestualità espressa da due innamorati – gli abbracci, i baci, le carezze, il tenersi per mano – è modo per comunicare reciprocamente sentimenti ed emozioni. Ogni relazione amorosa è caratterizzata da alcune fasi nelle quali si approfondisce la comunicazione di sé all’altro.

Se vuoi approfondire questi argomenti vedi pag. 45.

COMUNICARE

a) I tipi di comunicazione La comunicazione può essere verbale e non-verbale. La comunicazione verbale si serve delle parole per esprimere idee, sentimenti,

richieste e risposte mentre quella non-verbale è costituita dai messaggi che inviamo all'altro principalmente con atteggiamenti e comportamenti espressi dal nostro corpo con gesti, sguardi…

La comunicazione può essere di tipo:

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1. esplicita ed implicita 2. razionale o emozionale b) Il modo di comunicare

(schema della comunicazione)

1 2 4

3

Ricevente

5

e

CCLa

intenzche lain unQuestcomp

Emittent

7

omunicare non è semplicemeomunicare è essenzialmente m comunicazione implica quaa) Intenzione (1) – Espres

(Analisi – Elaborazionb) Ascolto (3) –Interpretazic) Risposta (5) (6); d) Sintesi / intesa (7) (8); Quando si intende comuni

ione cioè da una cosa impo mia vita senza lui non ha sa espressione cioè in una foa espressione, (la parola "Trensibile dall'altro.

6

8

nte “dire” qualcosa a qualcuno. ettersi “in relazione” con un altro.

ttro passaggi fondamentali: sione (2) – Linguaggio (3) e); one (4) (Analisi – Rielaborazione);

care qualcosa ad una persona si parte da una rtante da far comprendere all'altro/a es.: sento enso (1) Questo nostro pensiero va trasformato rma di linguaggio /ad es. la parola TI AMO. I AMO" ) presuppone l'uso di un linguaggio

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Conoscere queste fasi ci permette di migliorare il nostro parlare in coppia. Infatti dobbiamo sapere che, per dire qualcosa a qualcuno, dobbiamo passare

dall’idea da trasmettere alle parole adeguate per farci capire, cioè dobbiamo utilizzare un linguaggio che il nostro interlocutore può comprendere.

Dobbiamo anche esprimere correttamente parole e modi per essere più facilmente compresi. Ma l’importante è cogliere come ogni comunicazione implichi la capacità di ascoltare, cioè di ricevere il messaggio trasmesso.

Questa connota la differenza tra il parlare ed il comunicare. Comunicare significa trasmette all’altro le nostre idee ed intenzioni, senza

ambiguità comunicative ed attendere una risposta. Significa trasformare i nostri pensieri, in parole e gesti facilmente comprensibili da chi ci ascolta.

Significa anche essere capaci di ascoltare cioè di cogliere cosa l’altro vuole esprimere veramente nelle parole e nei gesti.

Chi comunica deve poi preoccuparsi di ascoltare a sua volta cosa l'interlocutore coglie del messaggio trasmesso.

Mi interrogo: 1. Noi parliamo o comunichiamo? 2. So ascoltare? 3. Quando parlo sono "interessato" a dire il mio parere o sono capace

di ascoltare cosa pensa l'altro/a? Ci interroghiamo come coppia:

Come comunichiamo tra noi?

DIALOGO E DISCUSSIONE Nella comunicazione verbale è importante saper differenziare la discussione

ed il dialogo. La discussione è la condivisione di pensieri, idee, valori e progetti, mentre il

dialogo è la condivisione di sentimenti e d’emozioni. Nella coppia la discussione deve aprire al dialogo e il dialogo alla discussione. E' importante capire che molti ostacoli alla reciproca comprensione nascono

dalle emozioni non espresse e non comunicate: paure, gioie, attese, timori, speranze, sensazioni…

Dialogare è esprimerci reciprocamente le emozioni legate alla nostra vita. Dialogare è discutere su progetti ed idee sapendo aprire all'altro/a il nostro

cuore. Dialogare è essere disposti ad ascoltare l’altro/a e a confrontarci assieme sul nostro futuro.

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ASCOLTARE

Per un dialogo soddisfacente è fondamentale saper ascoltare. Secondo un proverbio irlandese Dio ci ha dato due orecchi e una sola bocca

perché l'ascolto è due volte più importante del parlare. L'ascoltare infatti prelude la capacità di fare spazio all’altro nella nostra vita. Per imparare ad ascoltare è necessario saper decodificare, cioè capire, cosa

l'altro vuole dirmi. Per fare questo dobbiamo essere recettivi, cioè capaci di accogliere quanto

l’altro mi dice senza preconcetti: è essenziale prestare ascolto più al significato che alle parole in sé, ascoltare più con il cuore che con la mente.

L'ascolto, cioè la capacità di accogliere quanto l’altro mi vuole esprimere, è un atto di fiducia nell’altro che genera fiducia.

Mi interrogo: So ascoltare con il cuore o sento solo le parole che lui/lei dice? Quando lui/lei mi parla sono capace di capire cosa vuole dirmi o sono solo preoccupato/a che finisca di parlare?

I CONFLITTI Quando due persone si incontrano è naturale che possano sorgere dei conflitti. Il conflitto nasce quando all'uno sembra che gli obiettivi, cioè le motivazioni,

dell’altro siano incompatibili con i propri. Nella sfera affettiva i conflitti sono generati anche da paure indotte da comportamenti che sembrano lesivi delle attese sulla coppia.

I conflitti sono momenti importanti nella vita di coppia. Infatti una bella "litigata" può servire per ritrovare l'intesa su argomenti e questioni che non si erano affrontate prima.

Il conflitto, infatti, può avere un ruolo positivo perché: 1) accelera i processi di cambiamento costringendo la coppia a modificare

comportamenti o atteggiamenti negativi; 2) favorisce il chiarimento su questioni non affrontate; 3) favorisce la conoscenza e la scoperta delle capacità di risolvere i

problemi; 4) promuove l'auto-aiuto della coppia.

In alcuni casi invece i conflitti, se degenerano spesso, sono frequenti e violenti e non sono seguiti da chiarimenti, sono dannosi per la coppia perché possono:

1) provocare sospetto e sfiducia reciproca;

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2) impedire il dialogo perché caricano le discussioni di paura del litigio e di emozioni negative;

3) amplificare le differenze e polarizzare le posizioni dell’uno e dell'altro; 4) sminuire l’autostima; 5) provocare atteggiamenti di vittimismo.

COSA COMUNICARE

Mi interrogo: Chi sono io? Chi è lei/lui?

Se veramente riteniamo che amare voglia dire comunicarsi l'un l'altro è

importante verificare di cosa dobbiamo "parlare" come coppia. E' essenziale chiarirsi su noi stessi e sul partner e soprattutto evitare di crearsi immagini distorte dell'altro/a. Dobbiamo, con gradualità e sincerità, aprire all'altro/a tutta la nostra storia e tutto il nostro cuore. In particolare su: Area socio-ambientale

La famiglia, le abitudini, i valori, gli amici, i conflitti in casa, le amicizie e il legame che ho con gli altri, i condizionamenti negativi, il lavoro, ecc. Area delle convinzioni personali e dei desideri

Atteggiamenti davanti a situazioni importanti per la vita a due, valore del denaro, significato della sessualità, disponibilità o chiusura di fronte alla vita (figli), importanza del lavoro, progetti sull'educazione dei figli, svaghi e tempo libero, rapporto da tenere con i parenti, disponibilità al volontariato, significato e valore della religione, importanza di Dio e di Gesù sulla nostra vita, atteggiamenti di fronte all'indissolubilità del matrimonio, se mi tradisci…

Per la coppia: proviamo a fare personalmente l’elenco delle cose che non ci siamo mai dette e poi le discutiamo assieme. Se questo genera “litigi” provo a spiegare all’altro/a le emozioni che provo.

Per il gruppo fidanzati: Dialogo, discussione, comunicazione, conflitti sono momenti importanti della

coppia. Proviamo ad evidenziare assieme cosa significa per noi dialogare e cosa

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impedisce il dialogo di coppia. Proviamo a confrontare il “bisogno di dialogo” che abbiamo come coppia

con le occasioni di dialogo nella vita di tutti i giorni.

Per l’approfondimento

L’uomo è un essere in relazione È l’essere in relazione con l’altro, l’incontrare un individuo diverso da me che

costituisce psicologicamente l’io. «l’io si costituisce nella relazione» (Emmanuel Lèvinas) Progressivamente l’uomo si è caratterizzato come homo sapiens cioè come

l’essere pensante (famosa l’affermazione di Cartesio "cogito ergo sum", cioè penso quindi sono), come homo faber cioè come essere capace di agire e di modificare il mondo ed ora come homo creator cioè come inventore di novità e padrone del proprio destino.

Ma ciò che caratterizza la felicità dell'uomo è la sua capacità di mettersi in relazione con altre persone.

La felicità e l’equilibrio psicologico di una persona si misurano non sulla sua intelligenza, né sulle sue capacità o sui risultati delle sue azioni ma sulle relazioni che riesce a costruire.

Costruire relazioni è tessere legami affettivi che passano dall'amicizia all'amore. L'incapacità di relazionarsi con gli altri produce odio, indifferenza o l'asservimento dell'altro per soddisfare i propri bisogni.

Se Dio ci ha creati "maschio e femmina" (Gn 2,27) è per imprimere in noi lo spirito di relazione che caratterizza la Trinità.

«Dio ha creato l'uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,26s):

chiamandolo all'esistenza per amore, l'ha chiamato nello stesso tempo all'amore.

Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d'amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell'essere, Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione (cfr. «Gaudium et Spes», 12). L'amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano.»

(Dalla esortazione apostolica "Familiaris Consortio" n. 11)

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GLI “ERRORI” DEL DIALOGO

Quando cerchiamo di comunicare, le incomprensioni sono frequenti. Per questo è importante che la coppia prenda coscienza che le interferenze,

cioè i disturbi nella comunicazione, sono comunque inevitabili per poi imparare a gestirle a beneficio della coppia stessa.

E’ essenziale individuare che cosa non si comunica per tradurre quello che sembra un muro invalicabile, l’incomunicabilità, nei singoli problemi specifici da affrontare e risolvere nei modi e tempi adeguati.

Bisogna essere consapevoli anche delle interferenze per affrontarle, accettarle e se possibile risolverle.

I più frequenti errori o interferenze nel dialogo sono: Le interruzioni; L’ascolto passivo; Il divagare per non interagire; L'incapacità di esprimersi.

Talvolta i malintesi nascono anche da una confusione sui livelli di scambio:

uno comunica sul piano intellettuale, l’altro su quello affettivo o spirituale o corporeo.

Capita, ad esempio, che uno voglia raccontare cosa pensa e l'altra invece desideri subito essere abbracciata. Altre volte l’ambiguità nasce dalla discordanza tra comunicazione verbale e non verbale (è inutile dire che ci si ama voltandosi le spalle).

Il più frequente motivo di confusione è nell’interpretazione del contenuto della comunicazione. Si pensi a quante volte una battuta scherzosa può essere colta come una battuta ironica e offensiva; oppure quando uno agisce inconsciamente e l’altro crede che egli sia consapevole di ciò che fa.

Spesso all’origine di molte interferenze c’è il passato; situazioni non risolte anche nell’ambito della famiglia d’origine possono dar luogo a difficoltà di tipo comunicativo.

A volte anche le abitudini legate alle amicizie creano problemi di dialogo. In alcune occasioni invece si può parlare di “blocco” della comunicazione,

cioè di incapacità di esprimersi e di ascoltare. Questo si verifica quando, nella coppia, uno dei due partner:

1. tende sempre a colpevolizzare l’altro/a; 2. cerca di “comandare” e di prevalere; 3. chiede in modo pressante gratificazioni immediate; 4. non ha fiducia;

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5. richiede all’altro/a in modo pressante; 6. ha preconcetti sul modo di agire o di comportarsi dell'altro/a; 7. è succube dell’altro/a e cerca di assecondarlo sempre per evitare conflitti o

discussioni; 8. è ossessionato dai problemi e dai sentimenti dell’altro/a; 9. non si impegna nel risolvere i problemi perché si affida in tutto e per tutto

nell’attività dell'altro/a.

Per la riflessione personale. Provo a verificare se ho la tendenza a "bloccare" il dialogo e la relazione.

1 2 3 4 5 Colpevolizzo l’altro cioè senza ascoltarlo

tendo a dargli colpe e responsabilità a priori

Chiedo in modo pressante “gratificazioni” immediate

Cerco di “comandare” all’altro, cioè di imporre le mie decisioni anche nella sua sfera personale

Non ho fiducia in lui/lei Cerco di far sì che si pieghi alle mie

esigenze

Preferisco assecondarlo perché ho paura di perderlo/a

Sono ossessionato cioè preoccupato eccessivamente dai problemi che l’altro può esprimermi

Vedo in lui/lei solo un oggetto di piacere Credo di sapere già cosa vuole dire e come

si comporterà

Spero che sia l’altro/a a sbloccare la situazione. Io aspetto passivamente

ESERCIZI DI DIALOGO Per migliorare la capacità di dialogo provo a: 1. avere fiducia dell'altro/a; 2. avere un atteggiamento positivo e mostrare interesse mentre l'altro parla,

anche con i gesti; 3. non avere preconcetti; 4. non interrompere l'altro/a se non per porre domande su ciò che non mi è

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chiaro; 5. immedesimarmi nell'altro/a cioè capire il suo punto di vista e provare a

"mettermi nei suoi panni"; 6. distinguere il messaggio dell'altro dalle sensazioni ed emozioni che mi

provoca; 7. decifrare il linguaggio non-verbale cioè i messaggi espressi dai gesti e dal

corpo; 8. essere paziente e comprensivo; 9. esprimere cioè ridire cosa abbiamo capito delle sue parole; 10. provare a dare una risposta a quanto capito. PER ESSERE IN RELAZIONE

Per costruire una buona relazione di coppia non basta la buona volontà: è necessario mettere in gioco se stessi, Per fare questo è importante non solo conoscere l'altro/a ma soprattutto avere una buona maturità personale.

Infatti un rapporto di coppia maturo, che apre alla felicità si fonda su alcune presupposti fondamentali che sono:

1. l’essere dapprima innamorati e poi amarsi; 2. la capacità di amare; 3. la libertà iniziale; 4. la maturità personale dei due innamorati.

B. di Autorealizzazione III FASE

---

B. di Stima

B. di Appartenenza

B. di Affetto

B. di Amore

II FASE

B. di Emergere

B. di Sicurezza -----------------------------

B. fisiologici I FASE La “piramide” dei bisogni

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Le tre fasi dello sviluppo della personalità.

Il comportamento e lo sviluppo della personalità sono collegati: I FASE a motivi e spinte di tipo biologico. II FASE alle stimolazioni ambientali. III FASE ai valori intellettuali, volitivi, morali, sociali e religiosi.

È necessario passare da comportamenti basati su bisogni fisiologici a comportamenti rivolti alla realizzazione di sé e dell’altro.

La maturità umana.

La maturità personale è quindi è espressa dalle MATURITA': – intellettuale – volitiva – affettiva – sociale – sessuale – religiosa

La Parola ci dice Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l'arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».

(1Samuele 3,1-10)

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IL CARATTERE COMUNITARIO DELLA VOCAZIONE UMANA

Tutti gli uomini sono chiamati al medesimo fine, Dio stesso. Esiste una certa somiglianza tra l’unità delle Persone divine e la fraternità che gli uomini devono instaurare tra loro, nella verità e nella carità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 24]. L’amore del prossimo è inseparabile dall'amore per Dio.

La persona umana ha bisogno della vita sociale. Questa non è per l'uomo qualcosa di aggiunto, ma un'esigenza della sua natura. Attraverso il rapporto con gli altri, la reciprocità dei servizi e il dialogo con i fratelli, l’uomo sviluppa le proprie virtualità, e così risponde alla propria vocazione [Cf ibid., 25].

(Catechismo della Chiesa Cattolica, 1878-1879)

Il futuro ci chiama

Utilizzando gli spunti offerti dalla scheda verifichiamo come è il nostro dialogo di coppia e come questo modo di comunicare può essere fondamentale per il nostro futuro di sposi.

Preghiamo (Salmo 8) O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: sopra i cieli si innalza la tua magnificenza. Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari, per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi; tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; Gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.

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Futuro

di Màrius Brossa

«La comunicazione è il terreno su cui si gioca

ogni opportunità di incontro tra gli uomini con gli eventi, dunque anche il futuro dell’umanità».

(GEORG GADAMER)

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Scheda 4/1

C’è di più… ► Obiettivo

Scoprire la presenza di Dio accanto a noi e comprendere che è Lui che ci vuole innamorati

► Contenuti La presenza di Dio nel nostro cammino di coppia; l’amore come vocazione

► Suggerimenti metodologici

Dopo un primo percorso introduttivo nel quale si è riflettuto sulla realtà della coppia alla luce del proprio vissuto, vogliamo ora aiutare i fidanzati a leggere la propria storia alla luce della fede, ponendo a tema quel “di più” che offre la proposta cristiana sull’amore dell’uomo e della donna.

La vita ci insegna

LAVORO DI COPPIA

a) Qual è stato il momento e il motivo ci ha fatto decidere di sposarci? E di farlo in Chiesa?

b) Secondo noi Dio c’entra qualcosa con noi due? c) Sentiamo la sua presenza nel nostro rapporto? Se si, che presenza

vi sembra? d) Dio ci vuole innamorati, ci pensa così?

La Parola ci dice Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha

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mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.

(1Gv 4, 7-16)

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica 1604. Dio, che ha creato l'uomo per amore, lo ha anche chiamato all'amore,

vocazione fondamentale e innata di ogni essere umano. Infatti l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio che è Amore. Avendolo Dio creato uomo e donna, il loro reciproco amore diventa un'immagine dell'amore assoluto e indefettibile con cui Dio ama l'uomo. E' cosa buona, molto buona, agli occhi del Creatore. E questo amore che Dio benedice è destinato ad essere fecondo e a realizzarsi nell'opera comune della custodia della creazione: “Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela"” ( Gen. 1,28 ).

1605. Che l'uomo e la donna siano creati l'uno per l'altro, lo afferma la Sacra Scrittura: “Non è bene che l'uomo sia solo”. La donna, “carne della sua carne”, sua eguale, del tutto prossima a lui, gli è donata da Dio come un “aiuto”, rappresentando così Dio dal quale viene il nostro aiuto. “Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gen. 2,24). Che ciò significhi un'unità indefettibile delle loro due esistenze, il Signore stesso lo mostra ricordando quale sia stato, “all'origine”, il disegno del Creatore: “Così che non sono più due, ma una carne sola” (Mt. 19,6 ).

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica

1617. Tutta la vita cristiana porta il segno dell’amore sponsale di Cristo e della Chiesa. Già il Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio, è un lavacro di nozze che precede il banchetto di nozze, l’Eucaristia. Il Matrimonio cristiano diventa, a sua volta, segno efficace, sacramento dell’alleanza di Cristo e della Chiesa. Poiché ne significa e ne comunica la grazia, il matrimonio fra battezzati è un vero sacramento della Nuova Alleanza.

Sull’amore c’è un progetto di Dio perché l’amore viene da Lui; Egli è

Amore. Quando due giovani si incontrano la loro storia può sembrare simile a tante

altre che vediamo. Invece, alla luce di Dio e della sua Parola noi cristiani scopriamo che non è un caso, un evento cosmico-miracoloso, un colpo di fulmine la presenza dell’altro/a accanto a noi. Scopriamo che Dio ha pensato gli amori già nati e pensa quelli che devono ancora prendere forma, nel suo disegno di salvezza per l’umanità. Nel progetto di Dio c’è questo: che l’unione di due sposi sia piena, eterna, feconda; sia anzitutto fonte di gioia.

E’ il progetto del matrimonio che la Scrittura rappresenta con la frase “e i due diventeranno una sola carne”. E’ il disegno di Dio che si attua grazie all’innamoramento iniziale e a tutto il lavoro di relazione che avviene fra i due

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innamorati. Ecco cosa significa essere chiamati a vivere l’amore, essere “vocati a..”

cioè chiamati a viverlo fino in fondo, gustandone le altissime vette che si raggiungono assieme a LUI; ed è in questa esperienza che due innamorati gustano un anticipo del paradiso.

Dal momento in cui abbiamo ricevuto il Battesimo siamo diventati figli di Dio, siamo entrati a far parte del suo progetto di Amore.

Col sacramento della Confermazione siamo stati abilitati ad una partecipazione attiva a tale progetto; con l’Eucaristia alimentiamo questa nostra attività e con la Riconciliazione possiamo superare le difficoltà che incontriamo.

Con il Sacramento del Matrimonio, (come affronteremo in maniera approfondita nella seconda parte di questo itinerario) ci prepariamo a ricevere e a vivere, nella nostra realtà quotidiana, l’Amore di Dio e a diventarne LO SPECCHIO E L’IMMAGINE, IL SIMBOLO REALE (cf Familiaris Consortio n.13)

Il futuro ci chiama

Dio ci affianca nel nostro cammino e ci invita ad essere innamorati. Per la coppia Proviamo a rileggere la nostra storia personale e a vedere come Dio ci affianca…

Noi siamo "chiamati" da Dio a realizzare la nostra vita vivendo l'amore nella coppia. Proviamo a vedere come potrà essere la nostra vita credendo che Dio ci affianca.

Per il gruppo fidanzati "AMOROMETRO"

Per dimostrare quanto detto finora con un esempio pratico, invitiamo il gruppo fidanzati a trovare o inventare una unità di misura adeguata per misurare l’amore che provano l’uno per l’altra: l’“amorometro”…

È possibile misurare l’amore? O l’amore è qualcosa di così grande che passa attraverso di noi ma viene da

Dio e ritorna a Lui?

PREGHIERA FINALE

Signore, ti ringraziamo di averci dato l’amore. Ci hai pensato insieme prima del tempo, e fin d’allora ci hai amati così, l’uno accanto all’altro.

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Signore, fa’ che apprendiamo l’arte di conoscerti profondamente; donaci il coraggio di comunicarci le nostre ispirazioni, gli ideali, i limiti stessi del nostro agire.

Che le piccole inevitabili asprezze dell’indole, i fugaci malintesi, gli imprevisti e le indisposizioni non compromettano mai ciò che ci unisce, ma incontrino, invece una cortese e generosa volontà di comprenderci.

Dona o Signore, a ciascuno di noi gioiosa fantasia per creare ogni giorno nuove espressioni di rispetto e di premurosa tenerezza affinché il nostro amore brilli come una piccola scintilla del tuo immenso amore.

G. Perico

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Ci presentiamo alla comunità come coppie in cammino verso il Matrimonio

Presentazione alla Comunità

Obiettivi: • favorire la presa di coscienza che è la comunità che accompagna i giovani

innamorati al Matrimonio; • essere consapevoli che ci si sposa non per noi (egoismo) ma per essere a

servizio degli altri; • responsabilizzare la comunità circa l'impegno per la formazione delle nuove

famiglie.

Per la presentazione dei fidanzati alla Comunità parrocchiale.

Durante una celebrazione eucaristica domenicale è opportuno, all'inizio del percorso, con semplici gesti, presentare alla Comunità i fidanzati che stanno preparandosi al Matrimonio. Si suggerisce di inserire durante le preghiere dei fedeli di tutte le S. Messe della domenica una preghiera per i fidanzati. (A seconda dell'opportunità, dopo la Liturgia della Parola, o al momento dell'accoglienza.)

In piedi.

Tutti i fidanzati proclamano o, a loro nome, una coppia dice: Fidanzati:

Noi (N e N), in piena libertà, liberi da condizionamenti e dopo aver ricevuto il Battesimo e la Confermazione nel Signore, chiediamo a questa comunità di fratelli e sorelle in Cristo di accompagnarci nel cammino di verifica del nostro amore con la preghiera e la testimonianza. Noi intendiamo sposarci nel Signore pertanto chiediamo alle coppie di sposi, in virtù del loro ministero coniugale, di aiutarci a scoprire la gioia di amare come Gesù. Chiediamo a tutti di accettare la nostra fatica ad amare senza limiti

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per diventare un giorno per tutti, se Dio lo vorrà, sacramento dell'amore di Cristo sposo per la Chiesa.

Una coppia di sposi animatori dei fidanzati risponde: Oggi il Signore, davanti a questi giovani ci invita a rinnovare la gioia di amare

e a confermare, come sposi, l’impegno di accompagnare gli innamorati verso il Matrimonio.

A nome della Comunità noi sposi animatori ci impegniamo di seguire con il sacerdote/i questi nostri giovani fratelli nel cammino verso un amore "senza fine".

Tutti siamo invitati ad accompagnarli in questo cammino di preparazione prossima (e qui è bene indicare le tappe del percorso fidanzati) iniziato il giorno (indicare) e che prevede n° (indicare) incontri.

L’impegno di verificare alla luce del Vangelo i sentimenti reciproci di questi fidanzati che oggi si presentano alla comunità non spenga, ma alimenti la fiamma dell'amore che brucia nei loro cuori.

Il Celebrante risponde alla richiesta del gruppo fidanzati rivolgendosi a

loro, alle loro famiglie e alla Comunità con breve incoraggiamento nel cammino verso il matrimonio. Potrebbe essere utilizzata una formula come questa:

Cari giovani innamorati, a nome della Comunità di ( N ) e della Chiesa esprimo la gioia di questo momento.

La presenza, davanti alla nostra assemblea, di giovani che decidono di verificare il loro amore per viverlo nel nome di Cristo, dà molte speranze alla comunità e al mondo.

I gesti che oggi compiamo non significano che siete obbligati a sposarvi ma che in cuor vostro state verificando se il matrimonio cristiano è la via a cui il Signore vi chiama per essere felici.

I vostri genitori sono chiamati per primi ad accompagnarvi in questa verifica del vostro amore assieme agli sposi di questa comunità, che, rappresentati dai vostri animatori, sono invitati con chiarezza e semplicità a testimoniarvi il senso dell’amore cristiano.

Noi sacerdoti ci impegniamo a seguirvi nella direzione spirituale e nel discernimento dei vostri sentimenti.

Preghiamo perché il vostro amore sia puro, perché possiate resistere alle tentazioni del male e perché le basi che oggi ponete siano il fondamento della famiglia che, se Dio vuole, formerete.

Breve momento di silenzio.

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Amar-Sì! «per sempre»

PARTE SECONDA SEZIONE A

DISCEPOLI DEL SIGNORE SEMPRE

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Introduzione Dopo aver riflettuto, nella Prima Parte, sull’amore dal punto di vista

dell’esperienza umana, in questa Seconda Parte l’esperienza dell’amore viene posta sotto la luce della «Storia della salvezza».

Per «Storia della salvezza» dobbiamo intendere l’autorivelazione di Dio in Cristo. Essa, dopo il peccato dei progenitori, si struttura come una storia di amore, in cui Dio è lo sposo che va in cerca della sua sposa, l’umanità, per recuperarla al suo amore, per stabilire con essa una alleanza che duri per sempre. Questa storia è fissata nella Bibbia, che è Parola di Dio sotto forma di parola d’uomo.

C’è una stretta analogia tra la storia di due fidanzati che si dispongono a celebrare il loro matrimonio come sacramento e questa «Storia della salvezza». Essa, infatti, fornisce ad ogni storia d’amore una chiave di lettura che permette di leggerne il significato in profondità. Il patto d’amore con cui due battezzati stabiliscono fra loro la comunione per tutta la vita è elevato alla dignità di riflettere sacramentalmente l’amore di Dio per l’umanità, amore che è stato sancito una volta per tutte da Cristo sulla croce. Il termine sacramento, attribuito al matrimonio, significa che esso diviene il simbolo reale di questa nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. La relazione di Cristo-sposo con la Chiesa-sposa fornisce così agli sposi forza e solidità, rivelando ad essi il disegno creativo e redentivo di Dio e significato che da esso riceve il loro amore per la realizzazione della pienezza della loro umanità.

Come il battesimo ci rende discepoli di Cristo in quanto persone individuali, così il matrimonio rende discepoli gli sposi come coppia, vale a dire come comunità di persone. Il discepolato diviene, per così dire, nuziale, essendo gli sposi chiamati ad amarsi tra di loro come Cristo-sposo ama la Chiesa-sposa, ossia di un amore fedele e indissolubile.

La «Storia della salvezza», come la storia di due fidanzati, ha il tempo dell’innamoramento e della promessa (l’Antico Testamento) e il tempo della realizzazione (il Nuovo Testamento).

Questa seconda parte del sussidio viene così suddivisa in due tappe. Nella tappa A vengono proposte tre schede che sinteticamente riassumono il tempo della preparazione, nella quale viene approfondita la radice biologica e teologica del matrimonio (1 scheda), il significato antropologico dell’alleanza (2 scheda) e, infine, il significato della promessa che sfocerà poi nella celebrazione (3 scheda).

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Ogni scheda parte da una «pro-vocazione» nel duplice significato di provocare una riflessione a partire dall’esperienza, ma anche di far avvertire che in ogni provocazione della realtà è contenuta la fondamentale e nativa «vocazione» della persona umana a realizzarsi nell’amore. Punto focale della scheda, però, è costituito dalla Parola di Dio, con la quale i fidanzati sono invitati a prendere contatto diretto. Essa è come un cammino verso la sorgente che, nella nostra società, può essere certamente percepito come un cammino «controcorrente». La Parola di Dio non lascia mai indifferenti e stimola riflessioni e prese di posizione. La scheda, perciò, termina offrendo alcuni stimoli affinché la vita rimanga fecondata dall’incontro con la Parola di Dio.

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Scheda 1/2A

ED ERA COSA MOLTO BUONA La radice biologica e teologica del matrimonio

Pro–vocazione L’amore tra l’uomo e la donna, visto sotto il cono di luce del pensiero

ebraico-cristiano (l’autorivelazione di Dio in Cristo), mostra una duplice radice: biologica (radicata nel corpo) e teologica (radicata in Dio).

Innanzitutto l’amore si radica nella nostra corporeità. Il nostro corpo è un corpo sessuato che si esprime nella bipolarità maschile e femminile. L’amore è acceso come da una scintilla dal nostro corpo e viene inizialmente sperimentato come attrazione fisica verso l’altro sesso, che affascina per la sua bellezza e per la promessa che esso porta con sé.

Tuttavia l’amore è una esperienza che va oltre nella direzione della persona. Esso non rimane chiuso nella sfera del corpo, ma tende verso un al di là, verso il mondo degli affetti e dei sentimenti, verso il mondo dell’anima. È un amore con tutto «con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Deuteronomio, 6,5), in una parola, con tutto se stessi. L’amore, così, come una freccia, attraversa il corpo, il cuore e l’anima. L’amore fisico, l’amore affettivo, l’amore spirituale sono le componenti di un unico e integrale amore, che è l’amore coniugale.

Nella prospettiva cristiana, l’amore umano non si ferma al corpo, al cuore, all’anima, ma va ancora oltre nella direzione di Dio. Per il pensiero cristiano, infatti, l’uomo non viene definito soltanto alla luce della ragione, ma soprattutto della rivelazione.

IL «NOI» CONIUGALE IMMAGINE DEL «NOI» DIVINO

Il cosmo, immenso e così diversificato, il mondo di tutti gli esseri viventi, è inscritto nella paternità di Dio come nella sua sorgente (cfr Ef 3,14-16). Vi è inscritto, naturalmente, secondo il criterio dell’analogia, grazie al quale ci è possibile distinguere, già all'inizio del

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Libro della Genesi, la realtà della paternità e maternità e perciò anche della famiglia umana. La chiave interpretativa sta nel principio dell'«immagine» e della «somiglianza» di Dio, che il testo biblico mette fortemente in rilievo (Gn 1,26). Dio crea in virtù della sua parola: «Sia!» (p.es. Gn 1,3). È significativo che questa parola di Dio, nel caso della creazione dell'uomo, sia completata con queste altre parole: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza» (Gn 1,26). Prima di creare l'uomo, il Creatore quasi rientra in se stesso per cercarne il modello e l'ispirazione nel mistero del suo Essere che già qui si manifesta in qualche modo come il «Noi» divino. Da questo mistero scaturisce, per via di creazione, l'essere umano: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Gn 1,27).

(Lettera alle Famiglie, 6) Secondo la ragione l’uomo è definito un animale che pensa, che parla,

che comunica in quanto possiede il logos. Aristotele – uno dei geni del pensiero filosofico di tutti i tempi – definisce l’uomo «zoon loghikon», cioè un «essere vivente che possiede il logos», cioè la capacità di «discorrere». Il pensiero, infatti, permette a noi umani non soltanto il contatto fisico, ma anche quello spirituale, in quanto con la parola (logos) noi possiamo varcare la soglia del corpo e andare dentro l’altro, comunicando con il suo spirito, con la sua mente, dialogando con il suo pensiero. Tra umani, l’amore ha quindi una componente razionale. Non è solo ‘sesso’, ma anche ‘paroline dolci’ che diciamo all’amato/a, gesti affettuosi che di solito le accompagnano. Il verbo «amare» ha la sua traduzione verbale in «ti voglio bene», che significa: «io sento di essere più me stesso quando tu stai bene», perché il tuo bene è il mio bene, il tuo male è il mio male. Amare significa, allora, impegnarsi reciprocamente per il bene. Il bene viene percepito come vita, e il male come morte. L’amore quindi ci fa vivere.

Tutto quello che ci fa conoscere la nostra ragione, che pensa e che indaga sulla nostra esperienza, non viene contraddetto dalla rivelazione, ma viene ulteriormente fatto avanzare nella direzione del «mistero». Mistero qui significa l’essere introdotti in un mondo di conoscenze che va oltre la nostra ragione, significa essere fatti partecipe del mistero. Qui la ragione è chiamata a credere attraverso l’atto della sua libertà.

Che cosa allora ci rivela il pensiero ebraico-cristiano a riguardo del corpo, dell’uomo e della donna e dell’amore? La risposta a questo interrogativo è contenuta in una espressione del primo libro della Bibbia, la Genesi: «immagine di Dio». Questa espressione è la «chiave» per

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rispondere ad un interrogativo esistenzialmente cruciale per tutti: «chi è l’uomo?». Il commento esegetico del testo della Genesi che seguirà espliciterà meglio nei dettagli i contenuti della rivelazione cristiana a riguardo dell’origine divina dell’uomo e della donna e della radice teologica dell’amore umano come riflesso dell’amore di Dio, il quale per natura è amore (agape).

CANTO NOTTURNO

DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA (di Giacomo Leopardi)

Che fai, luna, in ciel? dimmi, che fai,

silenziosa luna? […]

Dimmi, o luna: a che vale al pastor la sua vita,

la vostra vita e voi? dimmi: ove tende questo vagar mio breve, il tuo corso immortale?

[…] Nasce l’uomo a fatica,

ed è rischio di morte il nascimento. Prova pena e tormento

per prima cosa; e in sul principio stesso la madre e il genitore

il prende a consolar dell’esser nato. Poi che crescendo viene,

l’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre con atti e con parole studiasi fargli core,

e consolarlo dell’umano stato: altro ufficio più grato

non si fa da partenti alla lor prole. Ma perché dare al sole, perché reggere in vita

chi poi di quella consolar convenga? Se la vita è sventura

perché da noi si dura? Intatta luna, tale

È lo stato mortale. Ma tu mortal non sei,

e forse del mio dir poco ti cale. […]

Mille cose sai tu, mille discopri,

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che son celate al semplice pastore. Spesso quand’io ti miro

star così muta in sul deserto piano, che, in suo giro lontano, al ciel confina;

ovver con la mia greggia seguirmi viaggiando a mano a mano; e quando miro il cielo arder le stelle;

dico fra me pensando: a che tante favelle?

Che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? che vuol di questa

solitudine immensa? ed io che sono? […].

Celebrare il matrimonio secondo il rito cristiano significa condividere

l’orizzonte di pensiero e di fede dentro cui questa celebrazione ha senso. Oggi non è dato per scontato e acquisito che chi chiede il matrimonio con rito religioso ne condivida anche tale orizzonte. Spesso non per esplicito rifiuto, ma per ignoranza. I contenuti della fede cristiana o sono poco conosciuti, o sono conosciuti solo per un vago ricordo del catechismo che ci è stato insegnato da bambini ma che poi abbiamo abbandonato una volta celebrata la cresima, oppure sono conosciuti in una forma caricaturale o parziale che certamente non attira la nostra intelligenza a farli propri e a impostare la nostra vita secondo il quadro di valori che essi suscitano.

F.A.Q. (FREQUENTLY ASKED QUESTIONS OVVERO: DOMANDE FREQUENTI)

1. Qual è il disegno di Dio per l'uomo? Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Nella pienezza dei tempi, Dio Padre ha mandato suo Figlio come redentore e salvatore degli uomini caduti nel peccato, convocandoli nella sua Chiesa e rendendoli figli adottivi per opera dello Spirito Santo ed eredi della sua eterna beatitudine. 2. Perché nell'uomo c'è il desiderio di Dio? Dio stesso, creando l’uomo a propria immagine, ha iscritto nel suo cuore il desiderio di vederlo. Anche se tale desiderio è spesso ignorato, Dio non cessa di attirare l’uomo a sé, perché viva e trovi in lui quella pienezza di verità e di felicità, che cerca senza posa. Per

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natura e per vocazione, l’uomo è pertanto un essere religioso, capace di entrare in comunione con Dio. Questo intimo e vitale legame con Dio conferisce all'uomo hi sua fondamentale dignità.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA )

Cerchiamo allora in questa scheda di rivisitare la radice dell’amore coniugale che viene sancito dal sacramento del matrimonio alla luce della rivelazione cristiana proponendo un passo della Bibbia che rivela l’origine dell’uomo e della donna e della chiamata a vivere l’esperienza dell’amore come esperienza rivelativi di questa origine.

La Parola ci dice E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra». Poi Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su

tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Genesi 1,26-31

Breve commento

Questo testo dell’Antico Testamento è il “primo racconto” della Creazione: è posto all’inizio della Bibbia e dà una prima visione dell’origine del mondo e dell’uomo. Presenta il “lavoro” di Dio che, durante la settimana primordiale, forma il creato.

1. All’apice del “lavoro” creativo di Dio è posta la coppia: «maschio e

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femmina li creò». L’uomo è quindi caratterizzato da un genere sessuale ben definito: maschio o femmina, di pari uguaglianza e dignità.

2. Gesù nel famoso dialogo con i «farisei che, per metterlo alla prova gli domandarono “E’ lecito per un uomo ripudiare la propria moglie» (Mc. 10,2) afferma «Dio li creò maschio e femmina, … sicché non sono più due, ma una sola carne» (Mc. 6.8). Questo ci rivela l’esclusività che l’uomo e la donna innamorati sono chiamati a vivere. Il racconto della Genesi preannuncia il senso profondo del Matrimonio cristiano.

3. Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza». Se Dio nel creare l’uomo, maschio-femmina, si è ispirato alla propria immagine, non così ha fatto con animali, piante e cosmo… Questo ci riporta alla dimensione “trascendente” dell’uomo che non è solo l’essere pensante, razionale o “che fa”. Dio intende creare qualcuno che nel creato lo rappresenti in modo concreto ed efficace!

Se Dio nella creazione dell’umanità si è ispirato a ciò che Egli è, allora significa che il dinamismo della coppia è simile al dinamismo trinitario. Uomo-maschio e donna-femmina sono attratti l’uno dall’altra, si amano e vivono un’intensità di relazioni così come Dio Padre si relaziona al Figlio nello Spirito.

Ne consegue che la sessualità, che caratterizza la differenza tra maschile e femminile, non è quindi lo spazio della “diversità”, della “concupiscenza” o della “trasgressione” ma è forgiata per esprimere l’immagine di Dio che, nella Trinità, è relazione amorosa che genera unione, vita e gioia.

4. La coppia quindi non è fine a se stessa. Con il linguaggio semitico del tempo, maschio e femmina sono invitati a rapportarsi con il creato e con il futuro del mondo: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate…»

La coppia è chiamata a portare a termine l’opera creativa e creatrice di Dio. L’uomo e la donna sono quindi invitati ad esprimere la fecondità del loro rapporto, aprendosi alla vita e portando vita nel mondo. Dio nella creazione dà un esplicito mandato alla coppia: «Siate fecondi … riempite la terra». E’ l’apertura dell’amore ad una visione più ampia del “volersi bene” e del provare emozioni piacevoli. La coppia è invitata ad assumersi la responsabilità del futuro dell’umanità: « riempite la terra»

5. Riempirla o soggiogarla per diventarne padroni? No, Dio non è “padrone” ma Padre. La terra va riempita e soggiogata con l’amore che è all’origine e il “motore” sia della creazione, sia della coppia e soprattutto della Trinità.

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6. E’ importante sottolineare il compiacimento finale del Creatore: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona». La coppia è, nel racconto biblico della creazione, la massima espressione della creatività di Dio e ciò che esprime la sua immagine: «cosa molto buona» .

Ne consegue che per essere felici due innamorati dovrebbero guardare a Dio, per vedere se stessi ed il loro futuro.

[Per l’approfondimento si consiglia la lettura di G. RAVASI, Il libro

della Genesi (1-11), Città Nuova, Roma, 1990, pp.38-43] Per il gruppo

Parlare della radice dell’amore coniugale come è presentata nella Parola di Dio rischia di essere un argomento difficile da affrontare con i fidanzati per la paura di risultare troppo lontani dalla loro realtà e dalle conoscenze di fede in loro possesso. Si tratta quindi di utilizzare questo momento per rivisitare le informazioni in possesso del gruppo e partire da lì per portare il messaggio corretto.

Proponiamo ai fidanzati di scrivere tre definizioni (verbi, aggettivi, immagini…) di Dio, che vengano dal loro modo di pensare e poi li invitiamo a confrontare tali definizioni prima in coppia e poi a piccoli gruppi che dovranno cercare di riassumere le varie idee. Riportiamo poi le definizioni così ottenute in un cartellone e sottolineiamo quale volto di Dio esce dal ritratto che ne hanno fatto i fidanzati. A questo punto portiamo la riflessione su quella che è la natura stessa di Dio, cioè il Suo essere relazione di Amore. Essere fatti ad immagine e somiglianza di Dio allora significa avere dentro di sé la stessa capacità di amare. Non solo, ma il fatto che Dio Padre ci ha creati maschio e femmina ci richiama alla pari dignità e alla pari responsabilità dell’uomo e della donna nel costruire la civiltà dell’amore, ciascuno secondo le proprie peculiari caratteristiche. Il sacramento del matrimonio cristiano, infine, rende visibile agli uomini questa realtà di Dio, l’essere relazione di Amore, e questa è la vocazione fondamentale di ogni coppia.

Per la vita • Alla luce di quanto abbiamo riflettuto in questa scheda, viene a

galla la nostra condizione di “creature”, fatte ad immagine di Dio

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che è Amore. Questo significa che ciascuno di noi porta in sé l’essenza stessa di Dio che è la capacità di amare. Cosa significa questo per la mia/nostra vita? Mi rendo conto che il mio amore ha una radice che va oltre me stesso?

“Cuori come boccali dai quali si beve. Si può prenderli dal petto e

porgerli all’altro per bere. Si può dare in pegno il proprio cuore ad un altro inserendolo in lui. Chi ama va in giro con un cuore altrui. Chi muore porta con sé nella tomba il cuore di un altro e il suo continua a vivere in un’altra persona” (Elias Canetti 1905 - 1994)

• L’amore però non può rimanere solo un sentimento; esso

comporta una relazione, un andare verso, un “andare in giro con il cuore di un altro”. L’amore, così, come una freccia, attraversa il corpo, il cuore e l’anima. L’amore fisico, l’amore affettivo, l’amore spirituale sono le componenti di un unico e integrale amore, che è l’amore coniugale. Cos’è, per noi, l’amore coniugale che nasce dal sacramento del matrimonio?

• Che cosa significa per noi essere fatti ad immagine e somiglianza

di Dio?

La Parola di Dio che abbiamo ascoltato, tratta dal libro della Genesi, evidenzia l’importanza di:

una sessualità caratterizzata dal binomio maschile-femminile;

l’esclusività del rapporto tra innamorati; la coppia come immagine di Dio; la fecondità dell’amore; il rapporto amorevole con il creato; la bontà intrinseca della “coppia”.

Sono valori fondamentali del nostro amore e della nostra vita? In che misura?

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Scheda 2/2A

L’ALLEANZA Dalla solitudine alla comunione

e dalla schiavitù alla libertà Pro–vocazione L’alleanza si stipula tra persone che vogliono perseguire un fine

comune. C’è però alleanza e alleanza. Non tutte le alleanze sono uguali. Ci sono delle alleanze che sono ‘patti’, e alleanze che sono dei semplici ‘contratti’. I patti sono ‘per sempre’, i contratti sono ‘a termine’. Nei patti entrano le persone, nei contratti entrano le cose.

Il matrimonio è un patto o un contratto? Posta così, la domanda conduce ad una alternativa. Per quanto riguarda il matrimonio non c’è vera e propria alternativa tra patto e contratto. Il matrimonio è un patto che ha la forma giuridica del contratto. Il contratto, vale a dire la forma giuridica nella quale esso è espresso, non esprime il tutto del matrimonio. Dietro a questa forma ci sono le persone che entrano tra loro in una relazione di alleanza. L’alleanza crea uno spazio nuovo dentro il proprio cuore dove l’«io» e il «tu» possono abitare insieme.

LA VOCE CHIESE

Un uomo venne alla porta della sua amata e bussò. Una voce chiese: «Chi è?»

«Sono io» rispose. Allora disse la voce:

«Qui non c'è spazio abbastanza per me e per te». E la porta rimase chiusa.

Dopo un anno di solitudine e privazione l'uomo tornò e bussò.

Dall’interno una voce chiese: «Chi è?»

«Sei tu» rispose l’uomo. E la porta gli fu aperta.

JALAL AD-DIN RUMI

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La storia tra Dio e l’umanità è una storia di continue alleanze, alleanze promesse, alleanze ratificate, alleanze tradite, alleanze rifatte, fino all’alleanza definitiva, l’alleanza sancita da Cristo attraverso l’offertà di sé sulla croce quale vittima di amore.

LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA

La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo. Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del «principio» (cfr. Gen 2,24; Mt 19,5) e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente. Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d'amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell'uomo e della donna, fin dalla loro creazione (cfr. Ef 5,32s); il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l'uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L'amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce.

(Familiaris Consortio, 13)

Già l’atto creativo di Dio costituisce una specie di alleanza, in quanto

la creazione è memoria del legame originario dell’uomo e della donna con il creatore.

Dopo il peccato originale questa alleanza creaturale si è rotta e la memoria dell’origine si è come dissipata. Ma Dio l’ha attivata unilateralmente attraverso varie chiamate a cominciare da quella di Abramo.

La chiamata che più ha segnato i rapporti tra Dio e l’uomo prima di Cristo è stata la chiamata del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto ad opera di Mosè.

Se nel testo della Genesi, che racconta la creazione dell’uomo e della donna, troviamo la ragione del desiderio che è in noi di vivere nella comunione, nell’alleanza tra il Dio dei padri e il suo popolo sul monte

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Sinai troviamo la radice della nostra libertà. L’esperienza dell’alleanza è un’esperienza di libertà. Legandosi ad una

persona «per amore» non si diventa schiavi, ma liberi. Il matrimonio tra un uomo e una donna sancito dal patto coniugale costituisce una «via» alla libertà, ad una condizione: che l’amore sia vero. Amore, libertà, verità costituiscono le vie maestre per vivere un buon matrimonio e per realizzare allo stesso tempo la propria individualità (l’«io») e il desiderio iscritto nella nostra natura a vivere nella comunione (il «noi»).

Si tratta di scoprire il segreto tra libertà individuale e legame d’amore, di modo che l’uno non annulli l’altro. Il matrimonio è il luogo dove questo segreto potrà venir sciolto.

F.A.Q.

6. Che cosa Dio rivela all’uomo? Dio, nella sua bontà e sapienza, si rivela all’uomo. Con eventi e parole rivela Se stesso e il suo disegno di benevolenza, che ha prestabilito dall’eternità in Cristo a favore dell’umanità. Tale disegno consiste nel far partecipare, per la grazia dello Spirito Santo, tutti gli uomini alla vita divina, quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio. 7. Quali sono le prime tappe della Rivelazione di Dio? Dio, fin dal principio, si manifesta ai progenitori, Adamo ed Eva, e li invita ad un’intima comunione con lui. Dopo la loro caduta, non interrompe la sua rivelazione e promette la salvezza per tutta la loro discendenza. Dopo il diluvio, stipula con Noè un’alleanza tra lui e tutti gli esseri viventi. 8. Quali sono le tappe successive della Rivelazione di Dio? Dio sceglie Abram chiamandolo fuori del suo Paese per fare di lui «il padre di una moltitudine di popoli» (Gn 17,5), e promettendogli di benedire in lui «tutte le Nazioni della terra» (Gn 12,3). I discendenti di Abramo saranno i depositari delle promesse divine fatte ai Patriarchi. Dio forma Israele come suo popolo di elezione, salvandolo dalla schiavitù dell’Egitto, conclude con lui l’Alleanza del Sinai e, per mezzo di Mosè, gli dà la sua Legge. I Profeti annunziano una radicale redenzione del popolo e una salvezza, che includerà tutte le Nazioni in una Alleanza nuova ed eterna. Dal popolo d’Israele, dalla stirpe del re Davide nascerà il Messia: Gesù.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

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La Parola ci dice Aveva detto a Mosè: «Sali verso il Signore tu e Aronne, Nadab e Abiu

e insieme settanta anziani d'Israele; voi vi prostrerete da lontano, poi Mosè avanzerà solo verso il Signore, ma gli altri non si avvicineranno e il popolo non salirà con lui».

Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose insieme e disse: «Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!».

Mosè scrisse tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.

Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare.

Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».

Allora Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza, che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».

Esodo 24,1-8

Breve commento

Il brano della Parola di Dio è tratto dal libro dell’Esodo che narra la storia del popolo di Israele dalla nascita di Mosè fino al patto di alleanza con Dio. Un’alleanza che nasce da una storia “contrastata”, che passa dall’euforia per la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto alla delusione del deserto, fino al tradimento del vitello d’oro.

La scena si svolge in un contesto aspro e solitario, ai piedi del monte Sinai, luogo del dialogo tra Dio e Israele. La comunità si riunisce per ascoltare, dalla bocca di Mosè, le proposte di Dio e con entusiasmo stringe un’alleanza di “sangue” con Dio.

E’ il culmine di una lunga storia d’amore! E’anche la prefigurazione della nuova ed eterna alleanza di Gesù…

Dio corteggia il popolo prescelto, lo cura e gli riserva attenzioni, lo attira a sé, lo scuote nel tradimento e gli propone un patto d’amore: un’alleanza per sempre, un legame di “sangue” e non un semplice “contratto”.

1. Alla base di una scelta d’amore vi è la libertà: non si può amare per forza! «Tutto il popolo rispose insieme…»

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Gli Ebrei scelgono liberamente di seguire Dio, di accettare la sua proposta. Come un’innamorata si convince dal “corteggiamento” dell’amante, così il popolo si dispone ad ascoltare per bocca di Mosè, “messaggero” d’amore, le proposte di Dio. Un vero legame d’amore presuppone sempre la libertà della risposta.

2. Da una scelta di libertà nasce l’entusiasmo del rispondere: «Quanto il Signore ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo!».

Ascoltando una proposta d’amore si scopre che anche le cose “impegnative” – i comandamenti – diventano belle e semplici perché vissute per amare meglio... Una proposta che riempie la vita fa sempre nascere la gioia. E’ così anche per ogni innamorata/o quando ascolta la prima proposta dell’amato/a: ti voglio bene, “stiamo assieme?” …

3. Per “stare assieme” non è sufficiente una risposta emotiva o un sì flebile. Nasce spontaneo impegnare la vita, dimostrare la volontà di creare un legame duraturo. «Allora Mosè prese il sangue….».

4. «Ecco il sangue dell'alleanza». Nella cultura antica il sangue rappresentava la vita. Mosè usa il simbolo del sangue per esprimere l’impegno di creare un legame vero, vitale tra Dio e popolo. Anche noi oggi usiamo dei simboli per dimostrare il nostro legame con l’amato/a: un anello, un regalo, qualcosa di personale donato all’altro in pegno d’amore. Simboli che, come una volta era per il sangue, vogliono dimostrare il nostro legame profondo con la persona amata.

5.«Mosè prese la metà del sangue e la versò… sull'altare. ….», simbolo della presenza di Dio, «prese il sangue e ne asperse il popolo». Questo per Israele significava che tra Dio ed il popolo vi era una “consanguineità”: un legame di sangue, una nuova “parentela”, una relazione non più di “convenienza” ma di familiarità.

Una vera “alleanza” non è un legame fondato sulla necessità (se conviene e se mi serve) perché Dio non ha bisogno dell’uomo. Una vera alleanza è fondata sull’amore che è dedizione, slancio affettivo, impegno a vedere l’altro realizzato…

Gesù porterà a compimento questa “alleanza” dimostrandoci come si vive un amore senza fine, versando il sangue sul Golgota e aprendoci al futuro nuovo della Resurrezione.

L’amore, creando legami forti tra innamorati, porta ad avere uno stesso futuro.

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Per la vita

Si può parlare di alleanza nei confronti del matrimonio cristiano? Certo, se al termine diamo la connotazione di contratto, questa non è certamente la sostanza del sacramento che si celebra fra due battezzati. Diversamente, se per alleanza intendiamo correttamente il patto d’amore che i due stringono fra loro e che ha Dio stesso come garante allora le cose cambiano radicalmente.

Amare significa impegnare il proprio futuro con l’amato/a! L’amore vero impegna in un progetto di vita, chiede un

coinvolgimento totale, di anima e corpo, di passato e di futuro oltre che di un impegno per il presente.

Amare significa condividere con l’altro/a i propri desideri, le proprie aspettative, i propri sogni, le proprie ambizioni, oltre che i propri limiti e le proprie difficoltà. Amare vuol dire prendere a cuore il futuro e quindi la realizzazione dell’amato/a e fare di tutto perché desideri, aspettative, progetti del partner siano condivisi, nel rispetto delle personalità reciproche.

Pensare al proprio rapporto come ad un’alleanza di questo tipo, ci avvicina al modo di rapportarsi di Dio con il Suo popolo.

L’amore come dono sincero di sé.

Avere un futuro comune non significa però un appiattimento dell’uno sull’altro, per cui l’uno costringe l’altro a rinunciare alle proprie aspirazioni, ma esprime lo sforzo di un donarsi all’altro in modo sempre più profondo. L’orizzonte in cui si muove un innamorato non è quello egoistico di un asservimento dell’altro alle proprie esigenze e aspirazioni, ma quello propositivo di “vivere per” l’amato/a. La prospettiva però alla quale due innamorati sono chiamati è ben più ambiziosa: è il superamento delle singole esigenze per far spazio alle esigenze di un nuovo soggetto comune, la coppia, che diventerà poi la base della famiglia.

L’amore quindi richiede che si progetti assieme il futuro presupponendo il dono sincero di sé, non più “per” l’altro, ma “con” l’altro. Amarsi, infatti, vuol dire cominciare a camminare assieme, mano nella mano, e assieme donarsi in modo reciproco, consapevoli che questo tuffarsi nelle braccia dell’altro significa contribuire a costruire un futuro comune in un continuo rinnovo del proprio patto d’amore. In modo sincero si dovrebbe, senza secondi fini, imparare a darsi all’altro con la fiducia che anche l’amato/a sta cercando di fare altrettanto.

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Oggi la coppia è legata solo dall’amore e solo l’amore costituisce il vincolo che lega i due.

Ecco che tra la precarietà e il lungo tempo che caratterizza il fidanzamento, la tentazione di vivere la sessualità in modo totalizzante, le difficoltà che produce una progressiva autonomia personale, l’apertura all’altro/a rende disposti a fare un “patto” una sorta di “alleanza” per vivere in modo sempre più pieno l’amore.

Questo “patto” è riconoscere che senza l’amato/a la nostra vita sarebbe inutile e sprecata, ma è anche scoprire che assieme siamo invitati a costruire un futuro nuovo, entusiasmante, pieno di gioia che ci rende felici, pur nella consapevolezza che le difficoltà ci sono comunque …

Questo “patto d’amore” si esprime prima nella promessa di fedeltà nel periodo di fidanzamento e poi si concretizzerà nella promessa matrimoniale di un’alleanza reciproca e infinita: l’amore per sempre!

Ci interroghiamo “Amore, libertà, verità costituiscono le vie maestre per vivere un buon matrimonio e per realizzare allo stesso tempo la propria individualità”. Cosa pensiamo di questa affermazione? • Quali promesse sono in grado di fare all’altro/a per il nostro

futuro? • E ’ possibile “amarsi per sempre”? • Siamo disposti a prometterci “amore per sempre”? • Lo crediamo possibile? • Quale posto trova Dio nella nostra coppia? Lo sentiamo

veramente come garante del nostro patto d’amore? • Il Matrimonio è solo un’istituzione che legalizza l’amore oppure è

un vero “patto d’amore”?

• La Parola di Dio che abbiamo ascoltato e tratta dal libro dell’Esodo evidenzia le caratteristiche di un vero patto d’amore: 1. ha origine dalla libertà; 2. è fonte di gioia; 3. impegna, nell’oggi e nel domani, la nostra vita; 4. crea un legame indissolubile; 5. apre ad un futuro comune.

Il nostro amore è caratterizzato da tali elementi?

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Scheda 3/2A

TI FIDANZERÒ Il significato della promessa

Pro–vocazione L’esperienza ci insegna che non si entra in un rapporto definitivo con

una persona in maniera improvvisa. I colpi di fulmine in amore possono essere assai pericolosi e deludenti, se l’innamoramento – che si accende nell’attimo dell’incontro – non viene messo alla prova della fedeltà e della stabilità.

Sta qui il significato del fidanzamento. Il tempo del fidanzamento, infatti, è tempo in cui gli innamorati verificano la tenuta della loro relazione. Esso è il terreno in cui germoglia giorno dopo giorno la promessa di un legame definitivo che verrà sancito nel giorno della celebrazione del matrimonio.

Il fidanzamento fa crescere, rende responsabili, e per i credenti esso, in forza del loro battesimo, può attingere ad una forza che è costituita dalla grazia dello Spirito, la grazia sacramentale.

IL FIDANZAMENTO

TEMPO DI CRESCITA, DI RESPONSABILITÀ E DI GRAZIA Il tempo del fidanzamento non è soltanto un momento di passaggio e di preparazione a un futuro: è un tempo in se stesso importante. E' tempo di crescita, di responsabilità e di grazia. E' tempo di crescita: tempo nel quale si matura nella capacità di vivere insieme; si costruisce la coppia; ci si allena alle fatiche, anche psicologiche, della vita a due; si precisano, si condividono e si consolidano le convinzioni in grado di reggere la convivenza di tutta una vita; ci si affina nella conoscenza di sé, delle proprie doti e dei propri difetti e nell'arte difficile del volersi bene e del comprendersi, superando chiusure, passioni, egocentrismo. In una parola, è una stagione della vita da riscoprire e ripresentare come importante tirocinio della coppia di fidanzati nella maturazione spirituale del rapporto affettivo. E' tempo di responsabilità, innanzitutto in chiave vocazionale. E' un momento per una prima chiarificazione nel discernimento della chiamata personale a sposare quella persona; è una decisione che lascia spazio a ulteriori verifiche in ordine al consenso per il patto

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nuziale. E' una stagione della vita in cui i due fidanzati sono tenuti a interrogarsi sulla loro vocazione al matrimonio e sulla loro reciproca scelta. In questa ottica, la loro responsabilità si esprime nel dare stabilità alla loro relazione, anche sperimentando che il rapporto tra di loro è nuovo e diverso: non è più soltanto una generica amicizia, ma si indirizza verso l'esclusività e comporta impegni seri e nuovi anche se non ancora definitivi. La stessa responsabilità esige di esprimersi nutrendo e potenziando il fidanzamento con un amore casto, attraverso l'accettazione e la futura promozione di una sessualità propriamente umana, al servizio di quell'amore totale e fecondo tipico dell'esistenza coniugale. Questo fa maturare i fidanzati «nella reciproca conoscenza e nell'assimilazione vicendevole della personalità; li guida nello sviluppo di una affettività delicata e profonda; li rende capaci di dominio sull'istintività egoistica, nel rispetto della dignità personale; li fa attenti a riservare solo al domani il dono totale di sé, perché unicamente nel matrimonio esso raggiunge la pienezza del suo significato». E' tempo di grazia. Il fidanzamento, infatti, trae forza dal battesimo e dalla stessa vocazione coniugale che attende di essere concretizzata: è un tempo di formazione caratterizzato da una propria spiritualità; è tempo di testimonianza e azione ecclesiale, con le caratteristiche di una specifica solidarietà. Come tale, il fidanzamento è grazia: è un dono di Dio comunicato ai giovani interessati. Con questo dono essi sono resi capaci di maturare in un amore che è partecipazione a quello di Cristo e che va sempre più acquisendo la sua misura, come pure sono sorretti e guidati verso questo stesso ideale di amore. Nello stesso tempo, il fidanzamento è occasione per vivere e crescere nella grazia: si presenta come momento privilegiato di crescita nella fede, di preghiera e di partecipazione alla vita liturgica della Chiesa, di esperienza vissuta della carità cristiana, da parte di ogni coppia di fidanzati e di tutti i fidanzati insieme.

(Dal Direttorio di Pastorale Familiare, nn. 41-42) La promessa è chiamata a farsi strada tra mille difficoltà. È la stessa

vita che si incarica di mettere alla prova le relazioni umane. Bisogna diffidare se durante il fidanzamento tutto corre liscio, se si vive come in un paese incantato dentro un sogno che non ci fa più percepire le asperità della vita quotidiana. Il risveglio, soprattutto se avviene dopo che ci si è sposati, può essere assai traumatico.

Anche il rapporto tra Dio e il suo popolo, dopo i tempi dell’idillio, ha conosciuto momenti di crisi, di tensione, di conflitto. Anche di rottura. Ma dopo la tempesta torna il sereno, e tutto può ricominciare su una base più

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solida di prima. E la promessa riprende forza. Ricomincia il suo cammino con una certezza in più, che l’amore rende gli innamorati (Dio e il suo popolo / l’uomo e la donna) capaci di superare tutte le difficoltà che si parano davanti. Come afferma il Cantico dei Cantici «Le grandi acque non possono spegnere l'amore né i fiumi travolgerlo» (8,7).

LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA (di Giacomo Leopardi)

Passata è la tempesta: odo augelli far festa, e la gallina,

tornata in su la via che ripete il suo verso. Ecco il sereno rompe là da ponente, alla montagna;

sgombrasi la campagna, e chiaro nella valle il fiume appare.

Ogni cor si rallegra, in ogni lato, risorge il romorio

torna il lavoro usato. L’artigiano ammirar l’umido cielo,

con l’opra in mano, cantando, fassi in su l’uscio; a prova

vien fuor la femminetta a còr dell’acqua, della novella piova; e l’erbaiuol rinnova

di sentiero in sentiero il grido giornaliero.

Ecco il sol che ritorna, ecco sorride per li poggi e le ville. Apre i balconi,

apre terrazzi e logge la famiglia: e, dalla via corrente, odi lontano tintinnio di sonagli; il carro stride

del passeggere che il suo cammin ripiglia. […]

Nella vicenda del profeta Osea siamo davanti alla storia di un amore

che sa rigenerarsi di fronte ad ogni diversità e ridiviene capace di pensare il futuro come promessa di fedeltà e di benevolenza. «Dove c’è una volontà – afferma un famoso pedagogista – lì si apre una strada». Ecco che cosa significa la promessa. La volontà di aprire strade verso il futuro.

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F.A.Q. n. 340: Che cosa insegna l’Antico Testamento sul Matrimonio? Dio, soprattutto, attraverso la pedagogia della Legge e dei profeti, aiuta il suo popolo a maturare progressivamente la coscienza dell’unicità e dell’indissolubilità del matrimonio. L’alleanza nuziale di Dio con Israele prepara e prefigura l’alleanza nuova compiuta dal Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la sua sposa, la Chiesa.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

La Parola ci dice

In quel tempo farò per loro un’alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio.

(Osea 2,20-25) Breve commento I “profeti” sono coloro che parlano a nome di Dio ed Osea per dire ciò

che gli comanda il Signore utilizza un linguaggio particolare: la sua stessa esperienza di vita. E’ il primo profeta che utilizza la metafora nuziale per

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descrivere il rapporto tra Dio ed il suo popolo: un rapporto contrastato e contraddistinto da tradimenti, debolezze ed entusiasmi.

Osea vive nel VIII secolo a.C., in un periodo di corruzione, immoralità e conflitti. Egli sposa Gomer una prostituta, «perché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore» (Os. 1,2), e da essa avrà tre figli dai nomi significativi: “Izreel” cioè Dio semina, “Non-amata” cioè quella di cui non si ha compassione e “Non-popolo-mio”.

Ma Osea sposa Gomer per “redimerla” attraverso l’esperienza di un «amore forte come la morte» (Ct 8,6). Cerca di riconquistare il cuore dell’amata che continua a seguire i suoi amanti: «la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os. 2,14). Ecco che l’amore cambia la vita: «mi chiamerai Mio marito, e non mi chiamerai più: Mio padrone» (Os. 2,16). Inizia quindi un rapporto d’amore, fondato sull’intimità degli sposi, e non più un rapporto “mercenario”, di prostituzione dettato dalla bramosia del possesso, dal denaro e dalla subordinazione della donna all’uomo.

1. Questo nuovo rapporto crea una fase di serenità nella relazione. Una rinnovata intesa permette di riallacciare i legami in modo autentico e crea serenità e pace. Sia per la famiglia di Osea, lacerata dai tradimenti di Gomer, sia per il popolo di Israele, dilaniato da lotte interne e dalle lusinghe del culto di Baal, si apre un periodo di armonia.

L’amore permette di vedere e sperimentare la possibilità di una nuova vita e «una terra nuova» (cf. Ap.21,1). L’amore crea l’armonia e cancella conflitti profondi: «farò per loro un'alleanza… arco e spada e guerra eliminerò dal paese».

2. « …e li farò riposare tranquilli». La ritrovata armonia tra gli innamorati permette di assaporare la tranquillità. Chissà quante notti Osea sarà stato turbato per i tradimenti di Gomer? Chissà quanti dubbi, quanti ripensamenti per aver sposato una prostituta!

3. Queste armonia e tranquillità non placano però lo slancio d’amore di Osea che intende ri-creare l’amore perduto e ritrovato: «ti farò mia sposa …». Ma questa volta l’amore si fonda su basi nuove e su una nuova scelta: «per sempre».

Un vero amore è definitivo, vissuto “per sempre”. 4. Osea quindi, come Dio, tiene fede alla sua promessa di amore. Non

per principio o caparbietà ma per amore. E come Dio è disposto a ricominciare, sempre per amore. Ma con un impegno preciso: «ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore».

L’amore, per portare alla felicità, richiede impegno. Amare significa impegnare la propria vita a fianco della persona amata sulla base di un

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progetto di vita. 5. L’impegno a vivere ogni giorno nella fedeltà e nella dedizione per

l’amato/a porta gli innamorati a gustare l’intimità: «ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore».

Nell’Antico Testamento il termine “conoscenza” ha un significato profondo che va, con varie sfumature, dall’intimità coniugale fino all’intimità della sapienza. Conoscere il Signore significa che si entra in un rapporto profondo con Dio, d’intimità e di amore vero, non più di culto e di rispetto.

Per Osea un rapporto intimo, autentico e fedele tra innamorati permette un rapporto profondo con Dio.

6. Un rapporto d’intimità deve aprirsi alla fecondità: « io risponderò al cielo, ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il vino nuovo e l'olio.... ».

7. «… e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio…». Per Osea l’amore rinnova la vita così profondamente fino a trasformarne i “frutti”. L’amore permette di cambiare i nomi dei figli. Per gli antichi il nome era sinonimo d’identità. I figli, frutto della “prostituzione“, diventano il centro dell’amore. Anche Gomer cambia perché da “prostituta” diventa vergine, fidanzata, promessa sposa. Nella Bibbia, infatti, l’espressione « ti farò mia sposa » è utilizzata solo per le vergini.

L’amore quindi apre ad una nuova vita. Per la vita Abbiamo visto che cosa è il fidanzamento cioè il tempo nel quale due

persone, che liberamente si sono scelte, verificano se il loro stare insieme abbia un significato particolare, vada di là del semplice fare delle cose insieme e possa avere un seguito "per sempre". In questo senso si può dire che il fidanzamento è il tempo della pre-messa, del ciò che viene prima.

Abbiamo capito, inoltre, come già prima del matrimonio Dio sia presente nell'amore che ha portato i due fidanzati a scegliersi e ad amarsi: è Dio, infatti, che ha reso possibile il loro incontro. Lo stesso Dio è presente e accompagna l'amore dei fidanzati anche se essi non lo sanno o non ci pensano; è a Lui che tendono, consapevolmente o no, quando pensano ad un amore eterno, per sempre; è Dio che alimenta in loro l'amore, giorno per giorno, preparandoli al matrimonio. In questi primi passi, è Dio che si fa vicino ai due innamorati e comincia a realizzare in loro ciò che vuole completare con il matrimonio sacramento. Il

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fidanzamento è un tempo già ricco della presenza di Dio; non è solo un tempo di attesa.

Oltre a questo il fidanzamento diventa anche il tempo della promessa, cioè del dichiararsi pronti ad un impegno definitivo, che verrà sancito con la celebrazione delle nozze. Promettersi uno all’altro significa impegnarsi per un rapporto esclusivo che mette il bene dell’altro davanti a tutto.

Per il gruppo Una proposta metodologica per affrontare meglio il tema di questa

scheda può essere la seguente. Proviamo a chiedere ai fidanzati: che cosa significa per loro

promettersi uno all’altro? Dopo aver raccolto le loro riflessioni, consegniamo loro un foglio nel

quale riportiamo il testo del rito del matrimonio nel quale i due si scambiano il consenso e invitiamoli a riflettere sui termini.

“Io accolgo te Come mio/a sposo/a. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

….Ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”

Quali sono i verbi che vengono utilizzati? Che cosa esprimono? Come possiamo realizzarli in gesti concreti?

E’ importante sottolineare, alla fine della serata, come la promessa è espressa in prima persona (si recita “io… prometto) e quindi l’impegno non deve essere condizionato dai comportamenti dell’altro. Inoltre tutto quello che viene promesso può essere realizzato non solo con le nostre forze, ma “con la grazia di Cristo”! Come Osea presenta la possibilità di ritornare ad un rapporto sincero e intenso di amore fra Dio e

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il suo popolo, in forza dell’alleanza che Dio stesso ha stipulato e alla quale rimane fedele nonostante tutto, così fra gli innamorati è la grazia di Cristo che offre la possibilità di superare la logica del ”se”, dove trova spazio solo l’impegno personale commisurato a quello dell’altro, per cui io sarò fedele se anche lui/lei lo sarà! La grazia di Cristo invocata come garante e sostegno dell’amore dei due permette di passare dalla logica del “ti amerò per sempre se…” al “ti amerò per sempre anche se…” . La Parola di Dio che racconta le vicende “profetiche” di Osea, ci aiuta a capire come l’amore trasforma la vita. L’amore di Dio:

1. ricrea armonia; 2. dà serenità; 3. è definitivo; 4. impegna tutto; 5. esige intimità.

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CELEBRAZIONE PENITENZIALE : “ CONVERTITEVI E CREDETE AL VANGELO ”

Mc 1,15

Questa celebrazione ha lo scopo di far capire ai fidanzati che parte essenziale e permanente del compito di santificazione della coppia cristiana è l’accoglienza dell’appello evangelico alla conversione. Il pentimento e il perdono reciproco, che tanta parte hanno nella vita quotidiana, trovano il momento sacramentale specifico nella penitenza cristiana.

Obiettivi: • La vita spirituale del credente si alimenta soprattutto alla fonte

dell’Eucaristia e della Riconciliazione; • Tramite la Riconciliazione la coppia cristiana progredisce nel suo

cammino di santità; • La Riconciliazione ci fa sperimentare che senza il sostegno della Grazia

divina i nostri semplici sforzi umani non possono condurci a vivere una vita santa;

• Scoprire che nella fede il peccato contraddice non solo l’alleanza con Dio ma anche l’alleanza nella coppia;

• L’incontro con Dio, ricco di Misericordia, ricostruisce e perfeziona l’alleanza e la comunione.

Premessa metodologica La celebrazione qui proposta può essere vissuta in una intera giornata:

Prima parte: provocazioni tratte da documenti della fede e riflessioni di coppia. Seconda parte: celebrazione penitenziale.

La prima parte potrà essere svolta in una sala per incontri con momenti personali e di coppia, mentre la seconda parte potrà essere vissuta in chiesa.

Per il primo momento sono necessarie fotocopie con le provocazioni mentre per la celebrazione occorrono due brocche (preferibilmente di terracotta). E’ opportuno inserire nella celebrazione anche uno spazio adeguato per il Sacramento della Riconciliazione.

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INTRODUZIONE

La prima parte dell’esperienza è dedicata soprattutto alla coppia. In essa infatti vi è l’esperienza del peccato, la necessità del perdono e della riconciliazione. Suggeriamo: - il confronto con l’esperienza di una coppia; - l’ascolto di alcuni testi della Chiesa; - una riflessione con l’aiuto di alcune domande per capire che cosa Dio vuole e quali passi fare per poterlo meglio seguire.

Animatore: L’equilibrio nella storia di ogni coppia non è mai qualcosa di dato ora

e per sempre, piuttosto è una realtà in divenire perché continue sono le trasformazioni interne ed esterne ai due che lo rendono fragile. E’ un cammino e un procedere che sono la vita stessa della coppia, ed è impensabile che questo percorso sia privo di crisi, di conflitti e di tensioni; questi possono però diventare occasione preziosa per riorientare di volta in volta il cammino.

Sentiamo l’esperienza concreta di una coppia quando ognuno si chiude in se stesso, quando la crisi si ferma al fatto negativo e non diventa momento di crescita.

Si introduce la Celebrazione con una breve testimonianza di una coppia oppure attraverso la lettura del testo seguente:

Coppia:

“Spesso siamo sordi alla voce del cuore quando ci invita a fare il primo passo, ad accogliere l’altro, ad amare nella gratuità uscendo da noi stessi, ad essere capaci di ascoltare, di metterci in sintonia con i sentimenti dell’altro. Ci perdiamo ad ascoltare le voci interiori che dicono: hai ragione, tocca a lui-lei fare il primo passo; pretendiamo che l’altro capisca la necessità di soddisfare i nostri bisogni, di accettare come normale una relazione mediocre fatta di compromessi, di ricatti più o meno consapevoli, di cose non chiarite.

Permettiamo allora che le forze del male e del peccato abbiano il sopravvento ogniqualvolta siamo frustrati, incapaci di gestire la situazione, privi di fiducia in noi stessi.

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Resta un malessere senza volto e sensazioni, che rode come un tarlo il cuore della persona e della coppia, trasformandosi in autocondanna ed autogiustificazione, dimenticandoci che quando Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza vide che quanto aveva fatto “era cosa molto buona”.

Allora ci perdiamo con la mente a colloqui immaginari, durante i quali cerchiamo approvazione e compassione: ci difendiamo, ci facciamo domande e ci rispondiamo. Possiamo vivere nella quotidianità molti gesti fatti per dovere, li sentiamo come un peso che grava sulle nostre spalle, non c’è felicità nelle nostre azioni, non c’è scelta, bensì assenza di libertà. Il cuore non pulsa: chiudiamo il cuore anche a Dio, ci sentiamo nel giusto e ci aspettiamo che l’altro ci riconosca”.

IN ASCOLTO DELLA COMUNITA’ CRISTIANA

Animatore: Appare quindi veramente indispensabile tenere vigile l’attenzione al

dialogo a due nel rispetto delle due diversità. E’ un cammino costellato di errori, di paure, di difficoltà; il perdonarsi diventerà il richiamo comune al progetto di vita che si è intrapreso nel cammino a due. Il perdono che viene all’uno dall’altro riguarda entrambi e ricrea un percorso nuovo nell’ambito del progetto a due, capendo le ragioni dell’errore compiuto è possibile per entrambi disegnare una nuova strada.

Lettore 1: La Familiaris Consortio dice, al n.19:

“La prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i coniugi: in forza del patto d’amore coniugale, l’uomo e la donna non sono più due ma una carne sola (Gen 2,24) e sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono.

Questa comunione coniugale affonda le sue radici nella naturale complementarietà che esiste tra l’uomo e la donna, e si alimenta mediante la volontà personale degli sposi di condividere l’intero progetto di vita, ciò che hanno e ciò che sono: perciò tale comunione è il frutto e il segno di una esigenza profondamente umana. Ma in Cristo Signore, Dio assume questa esigenza umana, la conferma, la purifica e la eleva, conducendola a perfezione col Sacramento del Matrimonio: lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una

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comunione nuova d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l’indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù.

Lettore 2 : La comunione familiare può essere conservata e perfezionata solo

con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla riconciliazione… Ogni famiglia è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l’esperienza gioiosa e rinnovatrice della riconciliazione, cioè della comunione ricostruita, dell’unità ritrovata (F.C. n. 21).

Animatore: Ma quale tipo di amore sono chiamate a vivere le coppie cristiane e

quale tipo di amore sono chiamati a conoscere ed imparare i fidanzati cristiani?

Si suggerisce un breve “dibattito” tra i fidanzati e poi ci si confronta con il testo di Giovanni Paolo II tratto dalla Lettera alle Famiglie.

Lettore 2 : Dalla lettere alle famiglie n.14

...Quell’amore a cui l’apostolo Paolo ha dedicato un inno nella prima Lettera ai Corinzi – quell’amore che è paziente, è benigno e tutto sopporta (1 Cor 13,4.7) – è certamente un amore esigente.. Ma proprio in questo sta la sua bellezza: nel fatto di essere esigente, perché in questo modo costituisce il vero bene dell’uomo e lo irradia anche sugli altri. Il bene infatti, dice S. Tommaso, è per sua natura “diffusivo”. L’amore è vero quando crea il bene delle persone e delle comunità, lo crea e lo dona agli altri. Soltanto chi, nel nome dell’amore, sa essere esigente con se stesso, può anche esigere l’amore dagli altri. Perché l’amore è esigente. Lo è in ogni situazione umana; lo è ancor più per chi si apre al Vangelo. Non è questo che Cristo proclama nel “suo” comandamento? Bisogna che gli uomini di oggi scoprano questo amore esigente, perché in esso sta il fondamento veramente saldo della famiglia, un fondamento che è capace di “tutto sopportare”. Secondo l’apostolo, l’amore non è in grado di “sopportare tutto” se cede alle invidie, se si vanta, se si gonfia, se manca di rispetto (cfr 1 Cor 13,5-6).

Il vero amore, insegna S.Paolo, è diverso: tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1 Cor 13,7). Proprio questo amore “tutto sopporterà”.

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Agisce in esso la potente forza di Dio stesso, che è amore (1 Gv 4,8.16). Vi agisce la potente forza di Cristo…

L’amore dei coniugi possiede la capacità di curare le ferite nascoste nel cuore degli uomini. Tale capacità dipende dalla grazia divina del perdono e della riconciliazione, che assicura l’energia spirituale di iniziare sempre di nuovo.

L’ORIGINE DELL’AMORE

Lettore 1 : Ma da dove trae origine questo amore? Leggiamo dal Catechismo della Chiesa Cattolica (218-221) Israele, nel corso della sua storia, ha potuto scoprire che uno solo era

il motivo per cui Dio gli si era rivelato e lo aveva scelto fra tutti i popoli perché gli appartenesse: il suo amore gratuito. Ed Israele, per mezzo dei profeti, ha compreso che, ancora per amore, Dio non ha mai cessato di salvarlo e di perdonargli la sua infedeltà e i suoi peccati.

L’amore di Dio per Israele è paragonato all’amore di un padre per il proprio figlio. E’ un amore più forte dell’amore di una madre per i suoi bambini. Dio ama il suo popolo più di quanto uno sposo ami la propria sposa; questo amore vincerà anche le più gravi infedeltà; arriverà fino al dono più prezioso: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. (Gv 3,16)

L’amore di Dio è “eterno”: “Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto” (Is 54,10). “Ti ho amato di un amore eterno, per questo ti conservo ancora pietà” (Ger 31,3)

Ma S. Giovanni si spingerà oltre affermando:” Dio è Amore” (1 Gv 4,8.16): l’Essere stesso di Dio è Amore. Mandando, nella pienezza dei tempi il suo Figlio unigenito e lo Spirito d’Amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d’amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi.

IN ASCOLTO DELLA COPPIA

Animatore: Da questo amore siamo perdonati, a questo amore siamo chiamati, di

questo amore siamo destinati ad essere immagine nel mondo.

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Si propongono alcune domande che possono stimolare la riflessione personale e di coppia. Si suggerisce di lasciare un tempo sufficiente alla coppia e di riprendere in assemblea quanto emerso.

• Nel momento della rottura nella relazione, mi riconosco limitato

e bisognoso dell’aiuto del Signore? • Ho coscienza dell’efficacia nell’abbandonarmi alla forza

dell’azione dello Spirito Santo nella nostra coppia? • Discutete su quest’affermazione: dopo una crisi superata con

l’impegno attivo di entrambi, il rapporto si rifonda; può farsi un salto di qualità; può partire un nuovo progetto di coppia.

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Celebrazione penitenziale

SALUTO DEL SACERDOTE

S. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. T. Amen. S. Grazia, misericordia e pace da parte di Dio nostro Padre e da

Gesù, suo Figlio e nostro fratello, che ha dato la sua vita per i nostri peccati.

T. Benedetto nei secoli il Signore!

1. LA BROCCA Guida Una storia comune: innumerevoli granellini legati insieme massa grigiastra, informe, umida. E’ terra. A cosa può servire un mucchio di terra bagnata? Viene scaricata presso il vasaio. Ora ha un futuro: sarà statua, o lucerna che illumina, anfora per conservare vino, acqua, olio, grano…. Una manciata di creta sul tornio. L’artista vasaio la modella Con l’aiuto dell’acqua. Abili mani premono la massa, si allentano. Danno forma. Delicatamente la brocca viene messa all’asciutto. Il vasaio la contempla. Bel pezzo, unico! Un’opera d’arte! Il forno cocente completa l’opera.

Preghiera

Sacerdote Anche se confusi per i nostri peccati,

noi confidiamo in te, Padre buono.

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Il tuo amore fedele ci dà conforto e risana le nostre fragilità. Apri, o Signore, il nostro cuore all’ascolto della tua parola. Muovici a conversione. La tristezza svanirà e il tuo amore ci farà nuovi. Dimenticheremo il passato e con Gesù, tuo Figlio, vivremo nel tuo Amore che ci salva, oggi, e per tutti i secoli dei secoli.

T. Amen.

2. L’UOMO MODELLATO DA DIO

Guida Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

Il Signore Dio plasmò, con la costola che aveva tolto all’uomo, una donna e la condusse all’uomo.

Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Come l’argilla nelle mani del vasaio che la forma a suo piacimento, così gli uomini nelle mani di Colui che li ha creati, per retribuirli secondo la sua Grazia.

3. LA BROCCA INFRANTA

Il sacerdote si avvicina al tavolo che è stato preparato, prende la brocca che vi è posta sopra e, tenendola tra le mani, rivolto all’assemblea, dice:

Sei tu la brocca modellata da Dio. Opera originale, unica, irripetibile! Creato diverso dagli altri.

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Pezzo unico, firmato col marchio impresso nella pasta. Cotto dal divino artista, nel forno, caldo seno da cui nasci, reso forte dall’amore creatore. Oggetto d’arte, vivente, pronto a ricevere e donare amore. LA BROCCA SEI TU. LA BROCCA SIAMO NOI. E’ LUI IL VASAIO. Siamo al sicuro, in buone mani. Le sue mani. Siamo deposti nel mondo, per offrire i doni ricevuti. Ricevere e donare, accogliere e versare. Nel divino vasaio immensa fiducia, trepidante attesa d’un futuro di libertà. NOI BROCCA…..

Il sacerdote rompe la brocca buttandola per terra.

SILENZIO

Dopo alcuni istanti di silenzio il sacerdote riprende:

La bella brocca, cara brocca della tua storia, brocca che racconta di te: infanzia, giovinezza…amore ricevuto. La presenza amica che sempre t’accompagna, brocca traboccante d’ogni dono. Forse un po’ sporca, scheggiata… Ma sempre opera d’arte. E’ spezzata, infranta, ridotta in mille cocci. Pezzi e frammenti dappertutto, ingombrano il terreno, inciampo e pericolo per chi passa. IL TUO PECCATO Drammatico ritorno alla polvere da cui sei uscito.

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Il sacerdote prende in mano alcuni cocci e prosegue.

La tua brocca: solo cocci, ferite senza vita

4. SIGNIFICATO DEL GESTO Lettore 1: Dal libro del profeta Geremia (19,1-2.10s)

Così disse il Signore a Geremia: “Va a comprarti una brocca di terracotta; prendi alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti con te ed esci nella valle di Ben-Hinnon che è all’ingresso della Porta dei Cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò.

Tu poi spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te e riferirai loro: ”Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più accomodare”.

SILENZIO

Lettore 2: Dalla lettera di San Paolo apostolo ai Romani (9,20-26)

Ma chi credi di essere tu, o uomo, che vuoi contestare Dio? Dice forse il vaso d’argilla a colui che l’ha plasmato: perché mi hai fatto così? Il vasaio con lo stesso impasto fa quel che vuole: può fare sia un vaso di valore e sia un vaso più comune. Ebbene Dio, volendo, avrebbe potuto mostrare la sua collera, ma invece ha sopportato con molta pazienza coloro che meritavano il suo castigo e la distruzione.

Inoltre ha fatto conoscere quanto è grande e potente la sua misericordia: ci ha preparati per la sua gloria, noi che Egli ha scelto tra gli Ebrei e tra gli altri popoli.

Come Dio dice nel libro del profeta Osea: Io chiamerò “mio popolo” coloro che non sono il mio popolo E “nazione amata” quella che non è amata. E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro: “Voi non siete il mio popolo” lì saranno chiamati “figli del Dio vivente”.

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5. LA BROCCA RIMODELLATA Sacerdote: Dal Vangelo secondo Luca (15,11-24)

Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.

Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.

Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: “Padre ho peccato contro il Cielo e contro te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi servi”. Partì e si incamminò verso suo padre. Quando era ancora lontano, il padre lo vide e, commosso, gli andò incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre ho peccato contro il Cielo e contro te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è ritornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.

E cominciarono a far festa. T. Lode a te o Cristo. OMELIA

6. RICHIESTA DI PERDONO

Dal Salmo 24. Si recita a cori alterni

Mi rivolgo a te, Signore, pongo in te ogni fiducia. Tu vincerai la mia cattiveria: non dovrò arrossire.

Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami verso la tua verità: tu sei il mio maestro.

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Ho sempre sperato in te, solo tu mi puoi salvare. Ricordati, Signore, del tuo amore, perché sei sempre fedele.

Non ricordare le mie mancanze ma prenditi cura di me nella tua bontà infinita: che io non resti deluso.

Sei buono e giusto: indica la strada del bene ai peccatori: guida chi è semplice, insegna ai poveri le tue vie.

Vere e piene di bontà sono le strade dell’uomo che osserva le tue leggi.

Signore, per il nome che porti perdona il mio peccato, anche se grande.

Volgi il tuo sguardo su di me abbi misericordia: mi sento solo e infelice.

Liberami dalla tristezza, guarda la mia miseria, perdona i miei peccati.

Proteggimi, salvami, possa io trovare riposo in te. Nella tua amicizia non conoscerò delusione, ma avrò una vita rinnovata in tutto.

7. PREGHIERA DEI FEDELI S. Rivolgiamo la nostra preghiera a Cristo, perché ci ottenga ora

il perdono dei peccati e ci renda partecipi della sua vittoria sul male e sulla morte.

T. Noi crediamo nel tuo perdono, Signore Gesù.

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Gesù, tu sei mandato dal Padre a portare il lieto annuncio ai poveri e a consolare gli afflitti

T. Guarda la nostra afflizione ora e perdona i nostri peccati. Gesù, tu sei venuto a chiamare per nome i peccatori e a salvarli dalle forze

della morte. T. Guarda ora alla nostra povertà e perdona i nostri peccati. Gesù, tu hai permesso a una prostituta di profumare il tuo capo, per

manifestarti il suo grande amore e le hai perdonato i suoi peccati. T. Guarda al nostro amore per te e perdona i nostri peccati. Gesù, tu ti sei seduto a tavola a chiacchierare e mangiare con gli uomini di

malaffare. T. Vieni ora a sederti con noi e perdona i nostri peccati. Gesù, tu non hai condannato la donna adultera, ma l’hai mandata in pace. T. Guarda ora il nostro pentimento e ridonaci la gioia e il

coraggio di cominciare una nuova vita dopo il peccato. Gesù, tu al ladrone pentito sulla croce, hai promesso il paradiso. T. Guarda ora alla nostra confusione e perdona i nostri peccati,

perché ci apriamo alla speranza di una festa senza fine.

7. SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE

A questo punto si consegna un piccolo brano e alcune domande che possono aiutare per un tempo dedicato alla riflessione personale, di coppia e per il Sacramento della Riconciliazione.

Brano proposto: Un grande teologo del nostro tempo,Tillich, ha definito il peccato

come alienazione da Dio, dal prossimo e da se stessi. Noi viviamo l’alienazione generalizzata che ha appunto questa

triplice dimensione.

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Questa alienazione, questa separazione, questa maledizione pesa, terribile, implacabile, invincibile; ritorna anche nella storia, ci illudiamo che cambi e non cambia, ce la ritroveremo sempre davanti.

Questo è il peccato, cioè il mistero oscuro, tenebroso, violento che ci separa, ci isola, ci oppone e contrappone a Dio e agli altri. Ebbene, questo fatto oscuro e misterioso, chiamato tradizionalmente peccato, questa maledizione, questo “dir male”, cioè tutto il male che tu vuoi all’altro e a te stesso e anche a Dio, è stato preso da Gesù, cancellato, annullato, inchiodato.

Come è avvenuta la riconciliazione? E’ avvenuta in Cristo Gesù e più precisamente nella sua morte in croce. La riconciliazione è fatta irrevocabilmente: il mondo ha cambiato faccia, anche se sembra una follia dirlo e pensarlo; ma noi siamo questi folli che si ostinano a dire che il mondo è cambiato, a dire cioè il contrario di quello che sembra.

La riconciliazione non ha niente di romantico, nulla di leggiadro. È una sfida terribile che l’apostolo Paolo chiama “follia della predicazione” e noi siamo portatori di questa follia. La riconciliazione avviene prima di tutto non fra noi, singoli, coppie, popoli, chiese, religioni, ma in Gesù Cristo.

(Tratto da “Camminare Insieme” – GRUPPO LA VIGNA ed. EDB anno 2000, 59)

Domande per la riflessione: • Che cosa significa e comporta per un cristiano avere il senso del

peccato? • Qual è il significato autentico della celebrazione del Sacramento

della Riconciliazione per la nostra vita cristiana e per quella della Chiesa?

• Perché si parla della necessità di un cammino permanente di conversione? In quale modo tale cammino può effettivamente essere percorso?

• Quali sono le difficoltà che oggi impediscono a molti cristiani di comprendere il valore del Sacramento della Riconciliazione? Cosa fare per superare queste difficoltà?

Traccia di riflessione per riconciliarsi …

Per accostarsi al Sacramento della Riconciliazione, è utile rileggere la propria vita e cogliere gli atteggiamenti e i momenti nei quali ci siamo allontanati dall’amore di Dio.

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Signore tu hai detto: “Amerai il Signore Dio con tutto il cuore”

- Sono stato assorbito troppo dalle cose da fare e dal quotidiano fino a dimenticarmi di Dio?

- Che posto ha Gesù nella mia vita?

- Mi sono ispirato al Vangelo nelle circostanze della mia vita?

- Sono convinto della mia “fede”? La nutro con la preghiera quotidiana e con la Santa Messa?

- Partecipo alla vita della comunità cristiana?

Perdonami Signore, mi affido alla tua misericordia!

Signore tu hai detto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”

- Ho pensato solo a me stesso, senza pensare alle persone che ho accanto ogni giorno?

- Ho atteggiamenti di durezza verso gli altri, in particolare con i più deboli ed emarginati?

- Offendo ed umilio le persone che incontro? Riserbo rancore verso qualcuno?

- Ho poca pazienza e rispetto verso la persona che Tu hai posto sulla mia strada?

- Vivo in modo corretto il dono della sessualità?

- Penso solo al mio piacere e non al bene dell’altro/a?

- Sono “puro” nei pensieri e nei comportamenti?

- Sono giusto nei comportamenti, leale negli impegni ed onesto nei doveri?

- Sono capace di lottare per la giustizia sociale ed il bene degli altri?

Perdonami Signore, mi affido alla tua misericordia!

Signore tu hai detto: “Siate perfetti come il Padre vostro”

- Ho fatto buon uso del tempo?

- Ho messo le mie capacità a servizio degli altri?

- Sono egoista ed attaccato al denaro?

- Sono capace di vivere la sobrietà?

- Ho perso tempo a ‘calunniare’ gli altri?

- Sono stato capace di costruire la pace attorno a me?

- Ho perso occasioni per fare il bene e per evitare il male?

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Perdonami Signore, mi affido alla tua misericordia!

ATTO DI DOLORE

Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso Te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami. Si conclude la celebrazione, portando una brocca nuova ed intatta sul tavolo,

simbolo dell’uomo nuovo nato dalla riconciliazione, dalla conversione, cioè dal cambiamento e trasformazione e davanti a questa possiamo fare:

8. SCAMBIO DELLA PACE

S. La pace del Signore sia sempre con voi. T. E con il tuo Spirito S. Scambiatevi un gesto di perdono e di pace.

Si può terminare la Celebrazione con la consegna, da parte del Sacerdote o di una coppia animatori, di un segno: una piccola brocca, stimolo a vivere periodicamente momenti di revisione di vita e di riconciliazione, davanti alla Parola di Dio.

F.A.Q. 297. Perché esiste un Sacramento della Riconciliazione dopo il Battesimo? Poiché la vita nuova nella grazia, ricevuta nel Battesimo, non ha soppresso la debolezza della natura umana, né l'inclinazione al peccato (cioè la concupiscenza), Cristo ha istituito questo Sacramento per la conversione dei battezzati, che si sono allontanati da lui con il peccato. 299. I battezzati hanno bisogno di convertirsi? L'appello di Cristo alla conversione risuona continuamente nella vita dei battezzati. La conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa, che è Santa ma comprende nel suo seno i peccatori. 303. Quali sono gli atti del penitente?

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Essi sono: un diligente esame di coscienza; la contrizione (o pentimento), che è perfetta quando è motivata dall'amore verso Dio, imperfetta se fondata su altri motivi, e che include il proposito di non peccare più; la confessione, che consiste nell'accusa dei peccati fatta davanti al sacerdote; la soddisfazione, ossia il compimento di certi atti di penitenza, che il confessore impone al penitente per riparare il danno causato dal peccato. 310. Quali sono gli effetti di questo Sacramento? Gli effetti del Sacramento della Penitenza sono: la riconciliazione con Dio e quindi il perdono dei peccati; la riconciliazione con la Chiesa; il recupero, se perduto, dello stato di grazia; la remissione della pena eterna meritata a causa dei peccati mortali e, almeno in parte, delle pene temporali che sono conseguenze del peccato; la pace e la serenità della coscienza, e la consolazione dello spirito; l'accrescimento delle forze spirituali per il combattimento cristiano.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

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Amar-Sì! «per sempre»

PARTE SECONDA SEZIONE B

DISCEPOLI DEL SIGNORE SEMPRE

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Introduzione In questa sezione (B) della seconda parte – cui si aiuta i futuri coniugi

a ripensare il loro essere discepoli di Cristo nella modalità sponsale – vengono proposte tre schede che portano la riflessione al cuore del messaggio cristiano sul Matrimonio. Il contesto da tener presente è sempre quello della «storia della salvezza» intesa come storia d’amore tra Dio e l’umanità, di cui il matrimonio è una metafora. Anzi, qualcosa di più della metafora. Il matrimonio tra due battezzati è sacramento del mistero di unione tra Cristo e la Chiesa.

Con la prima scheda (4), sotto il titolo ECCO LO SPOSO, si vuole riflettere sul matrimonio alla luce del suo fondamento cristologico, che dà una stabilità tale da assicurare gli sposi di poter amarsi di un amore fedele e duraturo, di cui Cristo ha dato l’esempio e ci dona la forza.

La seconda scheda (5), facendo riferimento all’espressione paolina QUESTO MISTERO È GRANDE, intende portare la riflessione sul matrimonio-sacramento che inserisce gli sposi non soltanto in Cristo, ma anche nella Chiesa, generando – come vedremo nella terza parte – una forma tutta originale di partecipazione degli sposi e della famiglia alla sua missione.

La terza scheda (6), infine, COME UNA SPOSA ADORNA PER IL SUO SPOSO, affronta il tema dell’orientamento della Chiesa, e quindi anche della famiglia, verso il regno di Dio, vale a dire la vita eterna. L’amore di Cristo, infatti, spinge verso la vita, che con la morte, non è tolta ma trasformata. La fede nella resurrezione caratterizza tutto il credo cristiano e si esprime nel linguaggio della «risurrezione della carne», il cui contenuto non è tanto l’idea di una restituzione dei corpi alle relative anime, ma quello di dire agli uomini, e quindi anche agli sposi, che continueranno a vivere in forza dell’amore di Dio, che solo ha il potere di amare dicendo: tu non morirai.

Questa seconda parte dell’itinerario verrà conclusa con alcune indicazione per una giornata di spiritualità sul tema del matrimonio come una «via» di santità.

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Scheda 4/2B

ECCO LO SPOSO Il fondamento cristologico del matrimonio

Pro-vocazione Il matrimonio, come stabile scelta di vita, domanda, per poter durare

nel tempo, che sia basato su un solido fondamento. Certamente a fondamento dell’esperienza matrimoniale sta

l’irrevocabile reciproca promessa con cui ciascuno, davanti a sacerdote, testimoni, parenti e amici, si impegna ad accogliere l’altro/a nella propria comunione di vita: «io sono tuo, tu sei mia, te lo prometto! Staremo insieme per sempre, finché morte non si separi!».

Ma l’esperienza mostra che la promessa con il tempo rischia di deteriorare fino talvolta ad implodere su se stesso a causa dei frequenti terremoti che colpiscono la relazione di tante coppie che pur erano nate sotto una buona stella. In questa situazione molti cominciano a dubitare che nel nuovo contesto culturale e sociale caratterizzato dalla mobilità, dalla globalizzazione, dal cambiamento non sia più possibile esprimere una promessa che duri per tutta la vita. Lo slogan allora diviene: l’amore è eterno finché dura! Molti arrivano al matrimonio dopo aver vissuto a lungo in quella che una giornalista di costume definisce «locanda emotiva a metà strada tra la libertà del ‘frequentarsi’ e l’impegno di una relazione seria» (Catherine Jarvie).

L'amore sembra godere di uno status diverso

rispetto agli altri eventi irripetibili “Certo, è possibile innamorarsi più di una volta, e c’è chi si vanta – o si

lamenta – di innamorarsi e disamorarsi fin troppo spesso. Ciascuno di noi avrà certamente conosciuto o sentito parlare di tali persone particolarmente «facili a innamorarsi» o «vulnerabili all'amore».

Esistono fondati motivi per considerare l'amore, e in particolare lo stato di «innamoramento», come una condizione – quasi per sua natura – ricorrente, soggetta a ripetersi o che addirittura solleciti ripetuti tentativi. Quasi tutti noi potremmo citare un certo numero di volte in cui abbiamo

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pensato di esserci innamorati e di amare qualcuno. Si può supporre (ma è una supposizione fondata) che oggigiorno si vadano rapidamente ampliando i ranghi di chi tende ad assegnare il nome di amore a più di una delle proprie esperienze di vita, di chi non è disposto a giurare che l'amore attualmente vissuto sarà l'ultimo, e di chi si aspetta altre esperienze simili in futuro. Qualora la supposizione dovesse rivelarsi esatta, ci sarebbe ben poco da sorprendersi. Dopo tutto, la definizione romantica dell'amore come vincolo che dura «finché morte non ci separi» è decisamente fuori moda – resa obsoleta dal radicale sconvolgimento delle strutture di parentela su cui fondava e dalle quali traeva vigore e rilevanza. Ma la caduta in disuso di tale nozione ha finito inevitabilmente con l’abbassare il livello di difficoltà delle prove che un’esperienza deve superare per fregiarsi del titolo di «amore». Non sono le persone che raggiungono gli alti standard dell'amore ad essere aumentate: sono gli standard ad essersi abbassati; di conseguenza, l’orizzonte delle esperienze cui si attribuisce la parola amore si è espanso a dismisura. Le avventure di una notte vengono classificate col nome in codice «fare l'amore»”.

(Z. BAUMAN, L’amore liquido, Laterza, Roma-Bari 2004, 7-8)

Il gioco al ribasso a cui è soggetto oggi l’impegno di una relazione

stabile costituisce una sfida per superare la quale il credente ha a disposizione un fondamento allo stesso tempo antico e nuovo su cui basare la propria promessa di un amore eterno, capace di superare tutti gli ostacoli e tutti gli imprevisti che si parano davanti al cammino di una coppia che vuole rimanere fedele.

Tale fondamento è Gesù Cristo, la pietra che, scartata dai costruttori, è diventata testata d'angolo (cf At 4,11). La vicenda storica di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, apre scenari nuovi per la comprensione del matrimonio come realizzazione di un’esperienza di amore forte, duraturo, stabile, ablativo, divino. Chi basa la propria promessa su Cristo edifica la casa dell’amore come su una roccia. Cristo, con la sua incarnazione e con la sua morte in croce, come atto supremo del suo autodonarsi all’umanità, diventa un modello di amore e di fedeltà per tutti gli sposi. Egli incarnandosi e donandosi sulla croce si è fatto sposo. Egli è lo sposo! (cf Mt 25,6), che è venuto tra noi per insegnarci ad amare di un amore vero.

Il carattere sponsale dell’amore

Il dono della persona esige per sua natura di essere duraturo ed irrevocabile. L'indissolubilità del matrimonio scaturisce primariamente

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dall'essenza di tale dono: dono della persona alla persona. In questo vicendevole donarsi viene manifestato il carattere sponsale dell'amore. Nel consenso matrimoniale i novelli sposi si chiamano con il proprio nome: “Io... prendo te... come mia sposa (come mio sposo) e prometto di esserti fedele... per tutti i giorni della mia vita”. Un simile dono obbliga molto più fortemente e profondamente di tutto ciò che può essere “acquistato” in qualunque modo ed a qualsiasi prezzo. Piegando le ginocchia davanti al Padre, dal quale proviene ogni paternità e maternità, i futuri genitori diventano consapevoli di essere stati “redenti”. Sono stati, infatti, acquistati a caro prezzo, a prezzo del dono più sincero possibile, il sangue di Cristo, al quale partecipano mediante il sacramento. Coronamento liturgico del rito matrimoniale è l'Eucaristia — sacrificio del “corpo dato” e del “sangue sparso” — che nel consenso dei coniugi trova, in qualche modo, una sua espressione.

(GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie, 11)

L’incarnazione, così, diventa la «via» della redenzione. L’amore che

redime ha bisogno dei segni perché esso possa diventare visibile e comunicabile. Il corpo dato e il sangue versato è il segno/sacramento della nostra liberazione dal male.

Il peccato entra nell’anima attraverso un uso strumentale del corpo dell’altro. Il peccato esce attraverso una relazione comunionale del corpo dell’altro nella esperienza del dono sincero di sé.

Il corpo redento, così, sblocca dalla paralisi ogni relazione. A chi è ancora bloccato in una visione possessiva e strumentale del corpo, Gesù dice: «ti sono rimessi i tuoi peccati…» e «alzati e cammina» (cf Mc 2,9).

La redenzione ripristina e perfeziona la relazione con Dio che, in Gesù, si mostra «ricco di misericordia» (Ef 2,4). Ma allo stesso tempo ripristina e perfeziona l’alleanza coniugale e la comunione familiare.

Se la via del peccato è la via del «no», la via della redenzione è la via del «sì». La dialettica «no-no» e «sì-sì» è di fondamentale importanza e di delicata attuazione nella vita di fede. Se andiamo alla radice dell’atto di fede, quello che viene espresso nelle promesse battesimali, troviamo questa dialettica del «no» e del «sì», cioè della rinuncia e dell’assenso. I tre «no» (rinuncio) che ci vengono richiesti (al peccato, alle seduzioni del male, a satana) si comprendono soltanto alla luce dei tre «sì» (assenso) che ci vengono sollecitati (al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo). Tutti i «no» che siamo chiamati a dire alla tentazione di non fidarsi di Dio, hanno un significato soltanto a partire dal «sì».

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La nostra capacità di dire «sì» viene coltivata nella misura in cui rimaniamo nel Signore. In Cristo «c’è stato il “sì”», ci ricorda san Paolo, «tutte le promesse di Dio in lui sono diventate “sì”» (2 Col, 1,19.20).

L’amore libera nella misura in cui è capace di diventare giorno dopo giorno un «sì per sempre». Così come si è avuto il coraggio di pronunciarlo, non senza timore e tremore, il giorno delle nozze: «…vuoi unire la tua vita alla mia, nel Signore che ci ha creati e redenti?». «Sì, con la grazia di Dio, lo voglio». «Noi promettiamo di amarci fedelmente, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenerci l’un l’altro tutti i giorni della nostra vita» (Nuovo rito).

Gesù Cristo, sposo della Chiesa, e il sacramento del matrimonio

La comunione tra Dio e gli uomini trova il suo compimento definitivo in Gesù Cristo, lo Sposo che ama e si dona come Salvatore dell'umanità, unendola a Sé come suo corpo.

Egli rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del “principio” e, liberando l'uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente.

Questa rivelazione raggiunge la sua pienezza definitiva nel dono d’amore che il Verbo di Dio fa all'umanità assumendo la natura umana, e nel sacrificio che Gesù Cristo fa di se stesso sulla Croce per la sua Sposa, la Chiesa. In questo sacrificio si svela interamente quel disegno che Dio ha impresso nell'umanità dell’uomo e della donna, fin dalla loro creazione; il matrimonio dei battezzati diviene così il simbolo reale della nuova ed eterna Alleanza, sancita nel sangue di Cristo. Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi, come Cristo ci ha amati. L’amore coniugale raggiunge quella pienezza a cui è interiormente ordinato, la carità coniugale, che è il modo proprio e specifico con cui gli sposi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona sulla Croce.

(Familiaris Consortio, 13)

Gesù trasforma il cammino incerto dell’eros in quello sicuro

dell’agape, perché trasforma l’acqua del nostro bisogno nel vino del dono. La trasformazione dell’amore coniugale in carità coniugale è il miracolo compiuto dalla grazia che viene elargita dal sacramento, che della grazia è il segno efficace.

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F. A. Q

337. Qual è il disegno di Dio sull'uomo e sulla donna? [1601-1605] – Dio, che è amore e che ha creato l'uomo per amore, l’ha

chiamato ad amare. Creando l’uomo e la donna, li ha chiamati nel Matrimonio a un’intima comunione di vita e di amore fra loro, «così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6). Benedicendoli, Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28).

341. Qual è la novità donata da Cristo al Matrimonio? [1612-1617; 1661] – Gesù Cristo non solo ristabilisce l'ordine iniziale

voluto da Dio, ma dona la grazia per vivere il Matrimonio nella nuova dignità di Sacramento, che è il segno del suo amore sponsale per la Chiesa: «Voi mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa» (Ef 5,25).

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

La Parola ci dice

Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione. Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui». Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire.

(Giovanni 3,25-30) Breve commento

Giovanni scrive il Vangelo scostandosi dal racconto degli altri evangelisti. Egli, ritenuto il discepolo che Gesù amava, sottolinea maggiormente l’aspetto nuziale del rapporto tra il Figlio di Dio e la Chiesa.

Gesù dopo il battesimo sul Giordano inizia la sua vita “pubblica” e comincia a battezzare e ciò provoca una discussione tra i discepoli di Giovanni Battista.

«Nacque allora una discussione … riguardo la purificazione».

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Per amare bisogna avere un cuore capace di accogliere l’amato/a. Ecco la necessità della “purificazione” cioè di un percorso di rinnovamento del proprio cuore. Giovanni Battista prepara il cuore degli israeliti ad accogliere il vero “amore” con un gesto simbolico: il battesimo. Non sempre però siamo capaci di cogliere cosa ci impedisce di amare. Ecco l’importanza di rivolgerci ad un “testimone” nella fede. I discepoli del Battista, davanti alla discussione sulla purificazione, «andarono perciò da Giovanni».

Giovanni utilizza la “metafora” nuziale per esprimere la missione di

Gesù. Il Messia, l’atteso, il Figlio di Dio non è presentato come un “padrone” ma viene descritto come lo Sposo. Giovanni, che non si riteneva degno di “sciogliere” i legacci dei sandali (Gv. 1,27) di Gesù, ora si autodefinisce quale “amico dello Sposo”. Nell’Antico Testamento l’amico dello sposo è colui che accompagna gli sposi, garantisce la “verginità” della sposa e poi rende testimonianza dell’avvenuto matrimonio. Il Battista, come un testimone delle nozze, partecipa alla gioia degli sposi. E’ felice per loro. E questa felicità, espressa con il simbolo nuziale, ci apre alla felicità eterna, quella degli ultimi tempi.

«Ora questa mia gioia è compiuta ». Chi vede l’amore, e non solo chi lo vive, è capace di gioire. «ma l'amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia

alla voce dello sposo». Il Battista ci permette di ricordare che l’amore ha una dimensione

“pubblica”: non è vissuto solo per se stessi. L’amore ha anche bisogno di “testimoni” credibili e veritieri. Un vero “testimone” sminuisce la propria posizione di fronte ad un fatto o avvenimento importante. Il testimone non è il protagonista ma il “narratore” di un “evento”.

Gesù fonda il suo amore sulla presenza di un “amico” che prepara la “sposa” portandola nel deserto (cf Osea) e purificandola. Ogni amore ha perciò bisogno di essere aiutato dalla comunità.

Gesù è lo Sposo. L’amore nuziale diventa allora l’immagine che l’evangelista utilizza

per aiutarci a capire l’intensità dell’amore di Dio. Un amore forte, vissuto con passione tra due innamorati, è l’esperienza umana che più si avvicina al modo di amare di Dio.

Giovanni ricorda che «nessuno può prendersi qualcosa se non gli è

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stato dato dal cielo ». Come il Battista non può “prendere” il posto del Messia, così Gesù deve prendere la sposa. A fondamento di ogni missione e stato di vita c’è una vocazione. E’ Dio che invia il Battista a preparare la “sposa”, ma non a possederla; è Dio che invia Gesù per portare a compimento l’eterna alleanza tra il divino e l’umano in una relazione amorevole.

Alla base della gioia vi è sempre una vocazione. PER L’APPROFONDIMENTO

Si consiglia la lettura delle seguenti esegesi: G. ZEVINI, Vangelo secondo Giovanni, I, Città Nuova, Roma, 1984, pp. 145-148. Y. SIMOENS, Secondo Giovanni, EDB, Bologna, 2000, pp. 261-266.

Per la vita

«Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è dato dal cielo»…

A partire dal battesimo il cristiano è legato a Cristo Signore, "non si appartiene più - come dice San Paolo - il corpo è del Signore e il Signore è per il corpo" (1Cor). Tutto il suo essere è ormai sotto il segno della Redenzione del Risorto. Appartengo a Cristo, sono di Cristo. È grazie al battesimo che il Cristo glorioso esercita la sua signoria sull'uomo, su ogni persona, sull'uomo e sulla donna nei quali inabita mediante il suo Spirito.

Dal momento che i futuri sposi, in quanto battezzati, appartengono a Cristo e solo a Lui sono consacrati, solo il Cristo può consegnarli l'uno all'altro riproducendo lo stesso legame che Egli vive con la sua Chiesa e realizzando nelle profondità del loro essere la condizione di grazia perché si appartengano soprannaturalmente l'uno all'altro come Cristo alla Chiesa.

Se questi due non si appartengono come possono darsi? È questo il punto di partenza: possono farlo solo nel Signore! Chi può darli uno all'altro? È il Signore! È per questo che si dice "sposarsi nel Signore".

Ecco allora l’importanza di scoprirsi come “dono” ricevuto, non dal caso ma da Cristo stesso! Sarà necessario però che ogni coppia riesca a vedere questo dono attraverso i segni della propria storia, attraverso le vicende che hanno favorito l’incontro e i piccoli gesti che hanno costruito la coppia.

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Il brano del Vangelo ci ricorda che: per amare bisogna avere un cuore capace di accogliere l’amato/a; nei momenti cruciali della nostra vita è importante rivolgerci ad un

“testimone” nella fede; l’amore coniugale si fonda sull’amore di Gesù Sposo verso la

Chiesa; l’amore apre sempre alla gioia; l’amore non può nascere da una costrizione o da una forzatura ma

solo da una “vocazione”. L’amore è un dono di Dio; l’amore ha intrinsecamente una dimensione “pubblica”; se viviamo l’amore, o ne veniamo a contatto, dobbiamo

testimoniarlo. Siamo capaci di vivere nell’amore queste sottolineature?

Per il gruppo

Invitiamo i fidanzati a “scrivere “ la loro storia, quasi il libro della

loro coppia, a partire dal primo incontro, dal primo particolare che li ha colpiti uno dell’altro. Fare memoria ed essere consapevoli di ciò che è accaduto alla luce del sentimento che è cresciuto nei due, aiuta la coppia a riconoscere la propria identità. Passiamo poi ad analizzare come non il caso, ma un progetto specifico di amore ha condotto le loro storie e che questo progetto non si completa con il giorno delle nozze ma da lì prende vita un nuovo inizio, nel quale gli sposi realizzano appieno il loro appartenere a Cristo, non più come singoli, ma come coppia.

Non solo, invitiamoli anche a tenere questo “diario” e ad appuntarvi gli eventi importanti anche riguardo al futuro, come ad esempio la nascita di un figlio, il battesimo, un anniversario particolare…

Può essere utile, alla fine di questo incontro, far dono di un quaderno o di un notes personalizzato con i nomi della coppia, in modo da favorire la proposta e dare la possibilità di iniziare subito a scrivere questo specialissimo libro di storia!

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Scheda 5/2B

QUESTO MISTERO È GRANDE La radice sacramentale del matrimonio

Pro-vocazione La Rivelazione cristiana definisce il matrimonio un «grande mistero»

in riferimento alla relazione tra Cristo-sposo e la Chiesa-sposa. La logica della rivelazione è una logica d’amore.

La nostra società, con l’avvento della scienza moderna, ci ha introdotti in una nuova logica che noi, quasi senza accorgercene, abbiamo a poco a poco assorbito fino a farne uno stabile stile di vita. Si tratta della logica della efficacia. Questa logica è finalizzata sopratutto a risolvere problemi. Se applichiamo questa logica al matrimonio, esso diventa un problema da risolvere, e non tanto un’esperienza di amore in cui entrare.

Dio, comunicandosi con noi attraverso la sua incarnazione, si è mostrato non tanto una persona che si dedica a risolvere dei problemi (anche se con i suoi miracoli ne ha risolti più di uno), ma che ci rivela un mistero, il mistero nascosto dell’amore di Dio (cf Ef 3,9). È all’interno della rivelazione dell’amore di Dio che è possibile comprendere che il matrimonio non fa parte della logica dei problemi, ma di quella del mistero. Dicendolo con un linguaggio più filosofico (quello di Marcel e di Fromm), ma assai eloquente, l’esperienza matrimoniale non fa parte della logica dell’avere, ma della logica dell’essere. Non si tratta, quindi, di qualcosa da possedere, ma di una realtà da diventare.

Il mistero familiare

Non esistono per me problemi, dicevo, se non quando mi trovo a dover lavorare con dei dati che sono – o che almeno posso rendere – esterni a me stesso; dati che mi si presentano con un certo disordine al quale mi sforzo di sostituire un ordine suscettibile di soddisfare le esigenze del mio pensiero. […].

Rievocare il mistero familiare non significa dunque pretendere di risolvere un problema ma piuttosto impegnarsi a render presente all'anima, a farle ripercepire una realtà tragicamente offuscatasi nella coscienza da parecchie generazioni, obnubilazione, questa, che ha

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contribuito anch'essa a far precipitare gli uomini nell'inferno in cui oggi li vediamo dibattersi.

(G. MARCEL, Homo viator, Borla, Torino 1967, 83 e87)

Gabriel Marcel, che molto ha indagato sul mistero dell’essere, ci dice

che la via più diretta per cogliere la natura del mistero è quella di comprendere la differenza di ordine spirituale che c’è tra oggetto e presenza. Può capitare di fare questa esperienza: di vivere accanto ad una persona che possiamo vedere, ascoltare, toccare, e che pur tuttavia non sento a me presente, e che invece senta infinitamente più vicina una persona che è fisicamente lontana ma che sento presente perché mi è cara, la sento sempre con me, dentro di me. La possibilità di comunicare materialmente non significa sperimentare la presenza dell’altro/a. Si può vedersi, ascoltarsi, toccarsi, parlarsi, ma non capirsi. La differenza è fatta da ciò che chiamiamo esperienza di comunione, in cui consiste l’esperienza della presenza. È questo tipo di presenza che ci rinnova interiormente, che è veramente rivelatrice, che mi fa sentire più me stesso/a.

Questo tipo di esperienza di relazione intersoggettiva è molto lontana e assai differente dall’esperienza che facciamo con gli oggetti. La loro presenza può esserci utile per fare qualcosa, ma non ci arricchisce, non ci fa progredire, non ci dona quel senso di pienezza che ci dona invece l’esperienza di sentirsi in comunione con l’altro/a.

Quando parliamo di matrimonio come mistero intendiamo questo tipo di presenza dell’altro/a come esperienza di comunione e di unità che non elimina la dualità dell’«io» e del «tu», ma li mette in una feconda relazione d’amore. Questa è la realtà e il mistero del matrimonio che diventa anche un compito: diventare ciò che sì è.

Famiglia, diventa ciò che sei!

Nel disegno di Dio Creatore e Redentore la famiglia scopre non solo la sua “identità”, ciò che essa “è”, ma anche la sua “missione”, ciò che essa può e deve “fare”. I compiti, che la famiglia è chiamata da Dio a svolgere nella storia, scaturiscono dal suo stesso essere e ne rappresentano lo sviluppo dinamico ed esistenziale. Ogni famiglia scopre e trova in se stessa l'appello insopprimibile, che definisce ad un tempo la sua dignità e la sua responsabilità: famiglia, “diventa” ciò che “sei”!

Risalire al “principio” del gesto creativo di Dio è allora una necessità per la famiglia, se vuole conoscersi e realizzarsi secondo l’interiore verità

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non solo del suo essere ma anche del suo agire storico. E poiché, secondo il disegno divino, è costituita quale “intima comunità di vita e di amore”, la famiglia ha la missione di diventare sempre più quello che è, ossia comunità di vita e di amore, in una tensione che, come per ogni realtà creata e redenta, troverà il suo compimento nel Regno di Dio. In una prospettiva poi che giunge alle radici stesse della realtà, si deve dire che l’essenza e i compiti della famiglia sono ultimamente definiti dall'amore. Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa.

(Familiaris Consortio, 17)

La parola mistero, così lontana ed equivocata nel linguaggio moderno,

se adeguatamente compresa, si rivela la più adatta ad esprimere l’esperienza della comunione tra persone. Mistero indica l’esperienza del reciproco rimanere delle persone una nell’altra. Il matrimonio è il sacramento di questo mistero di comunione che ha la sua radice nel mistero di comunione personale d’amore che Dio amore (cf 1 Gv 4,8) vive in se stesso, la cui traccia è stata lasciata nella persona umana creata ad immagine somiglianza di Dio, maschio e femmina, uomo e donna. Il corpo, nella sua mascolinità e femminilità, diventa il segno visibile del mistero nascosto d’amore che gli sposi sono chiamati a vivere come reciproca presenza l’uno all’altro. L’esperienza matrimoniale è impegno di una continua e permanente accoglienza da parte dello sposo e della sposa nella propria comunione di vita e di amore.

Il matrimonio come sacramento

Accogliendo e meditando fedelmente la Parola di Dio, la Chiesa ha solennemente insegnato ed insegna che il matrimonio dei battezzati è uno dei sette sacramenti della Nuova Alleanza.

Infatti, mediante il battesimo, l'uomo e la donna sono definitivamente inseriti nella Nuova ed Eterna Alleanza, nell'Alleanza sponsale di Cristo con la Chiesa. Ed è in ragione di questo indistruttibile inserimento che l'intima comunità di vita e di amore coniugale, fondata dal Creatore, viene elevata ed assunta nella carità sponsale del Cristo, sostenuta ed arricchita dalla sua forza redentrice.

In virtù della sacramentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l'uno all'altra nella maniera più profondamente indissolubile. La

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loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa.

(Familiaris Consortio, 13)

Quando Gesù prega il Padre perché i suoi discepoli siano una cosa sola come lui è una cosa sola con il Padre (cf Gv 17,21), lo dice certamente in riferimento alla Chiesa, ma lo dice anche in riferimento a quella «piccola Chiesa» che è costituita dalla famiglia cristiana fondata sul matrimonio.

Promettendo poi che egli sarebbe rimasto con tutti loro fino alla fine del mondo (cf Mt 28,20), con la sua presenza intende garantire agli sposi la possibilità di stare sempre insieme. Infatti Cristo, in forza del sacramento ricevuto, diventa il luogo dove è possibile instaurare una unione definitiva tra le persone.

F. A. Q.

71. Quale relazione Dio ha posto tra l'uomo e la donna? [369-373; 383] – L'uomo e la donna sono stati creati da Dio in uguale

dignità in quanto persone umane, e, nello stesso tempo, in una reciproca complementarità, essendo maschio e femmina. Dio li ha voluti l'uno per l'altro, per una comunione di persone. Insieme sono anche chiamati a trasmettere la vita umana, formando nel matrimonio «una sola carne» (Gn 24), e a dominare la terra come «amministratori» di Dio.

344. Che cosa è il consenso matrimoniale? [1625-1632; 1662-1663] – Il consenso matrimoniale è la volontà,

espressa da un uomo e da una donna, di donarsi mutuamente e definitivamente, allo scopo di vivere un'alleanza di amore fedele e fecondo. Poiché il consenso fa il Matrimonio, esso è indispensabile e insostituibile. Per rendere valido il Matrimonio, il consenso deve avere come oggetto il vero Matrimonio ed essere un atto umano, cosciente e libero, non determinato da violenza o costrizioni.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

La Parola ci dice

Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; il marito infatti

è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il

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salvatore del suo corpo. E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.

E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo. Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

(Efesini 5,1-2.21-33) Breve Commento La lettera di Paolo agli abitanti di Efeso permette all’“apostolo delle

genti” di parlare di alcuni temi importanti per le prime comunità, affermando le “novità” della vita cristiana: «vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio» (Ef. 4,17). In particolare la lettera agli Efesini contiene la cosiddetta “parenesi” familiare cioè una esortazione sul comportamento dei cristiani nella vita familiare. Il messaggio di san Paolo, che risente nel linguaggio della cultura del tempo, è un testo denso di contenuti e oggetto di molti approfondimenti tra cui un ciclo di catechesi del mercoledì di S.S. Giovanni Paolo II, a cui rimandiamo per autorevolezza e completezza. Non ci soffermiamo pertanto sui singoli versetti di “morale domestica”, - come spesso avviene in una lettura letterale del brano e con risvolti a volte poco edificanti - ma intendiamo portare all’attenzione la centralità del messaggio.

1. «Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi»

Al centro di tutta l’esortazione paolina vi è il costante riferimento al modo di amare di Cristo: Gesù diventa il modello di comportamento per i fedeli e quindi anche nei rapporti tra moglie e marito.

«…come anche Cristo»

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Nella lettera agli Efesini Paolo però non sembra adattare agli sposi le esortazioni che rivolge a tutti i battezzati ma sottolinea come Gesù abbia introdotto una “buona notizia” anche per gli innamorati. Una “novità” che è testimoniata non tanto da “detti di Gesù” ma dalla sua stessa vita. Alla vita di Gesù dobbiamo quindi guardare per “orientare” i nostri comportamenti e le nostre scelte.

2. «Come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata».

Paolo fa riferimento ad un’abitudine in uso orientale secondo cui la fidanzata veniva, prima di presentarsi al futuro sposo, aiutata a lavarsi e ad ornarsi per comparire più bella davanti al fidanzato. Riassumendo la storia della salvezza in poche righe san Paolo mette in evidenza come Gesù si sia mosso come un innamorato che cerca lui stesso di fare qualsiasi cosa pur di rendere la sposa bellissima, cioè immacolata.

La novità per i “cristiani” è pertanto riscoprire in Gesù un innamorato! Il Padre che aveva cercato in tutti i modi di ricondurre a sé l’umanità con Gesù realizza il disegno di «far ricapitolare tutte le cose» (Ef. 1,10) attraverso l’amore. Gesù stesso, come ogni figlio, è generato e frutto dell’amore «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito» (Gv. 3,16).

Gesù si presenta a noi come lo Sposo (cf. Mt. 22,1ss e Lc. 5,34). 3. «Come fa Cristo con la Chiesa »… «e come la Chiesa sta

sottomessa a Cristo». San Paolo nel presentarci implicitamente Gesù come un innamorato ci

presenta anche un rapporto vero, dinamico e non statico: se Gesù è lo Sposo lo è perché si è scelto una “sposa” che risponde a questo amore.

4. «Siate sottomessi [volontariamente] gli uni agli altri nel timore di Cristo».

L’amore implica la capacità di “essere sottomessi”, cioè di non volere essere superiore all’altro, di non soggiogarlo o farlo oggetto del mio successo. L’immagine evocata da san Paolo è quasi quella di due che sono sotto uno stesso tetto, che è il “timore di Cristo” inteso come rispetto e attenzione.

5. «Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola!»

Ecco allora che se Gesù vive nella dinamica sponsale e nuziale anche

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“l’uomo che si unirà alla sua donna”, secondo il linguaggio biblico, deve vivere in questa dinamica. E se il Signore “usa” il linguaggio dell’amore erotico umano per esprimere il suo modo di amare, chi vive l’amore umano (gli sposi) rappresenta il modo di amare di Dio. Nel linguaggio biblico i termini “si uniranno” e “formeranno una carne sola” esprimono i rapporti coniugali. La sessualità e la sua componente erotica assumono quindi un valore positivo e diventano “simbolo” del legame profondo dell’unione di Cristo con la Chiesa.

6. «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!»

Il Matrimonio e i conseguenti rapporti coniugali assumono allora per san Paolo il valore di un Sacramento proprio perché mettono in luce il “misterico” rapporto di Cristo con la Chiesa. Il rapporto di Cristo con la Chiesa diventa il modello da seguire e da realizzare per gli sposi.

PER L’APPROFONDIMENTO Si consiglia la lettura delle seguenti esegesi: R. FABRIS “Il matrimonio cristiano (Ef. 5,21-33)”, in A. SACCHI e coll., Lettere paoline

ed altre lettere, LDC, Leumann, 1996, pp. 525-534. M. ZERWICK, Lettera agli Efesini, Città Nuova, Roma, 19825, pp. 134-136, 150-153.

Per la vita

Il Signore Gesù ha scelto il matrimonio e la famiglia come luogo per

continuare ad essere sempre presente in modo visibile ed efficace. La realtà della coppia non solo è una cosa bella, voluta da Dio, ma Gesù

ha voluto che diventasse il luogo dove Lui, Cristo Risorto, continua ad essere presente in mezzo a noi e a manifestarsi in modo visibile ed efficace.

La coppia in sé è il riflesso della Trinità; è una cosa buona fatta da Dio. Ma qual è stato l’apporto specifico di Gesù? Egli, dopo la sua venuta, la sua morte e la sua resurrezione vuole

continuare ad essere presente in alcuni punti luce, in alcuni segni efficaci che sono i sette sacramenti: il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia, la Riconciliazione, il Sacerdozio, il Matrimonio e l’Unzione degli infermi.

Nel sacramento del matrimonio ci sono due persone, la cui reciprocità di rapporto, la cui relazione diventa, in virtù del sacramento, una realtà nuova.

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“Il vincolo che unisce l’uomo e la donna, e li fa ‘una sola carne’

(cfr. Gen. 2,24) diventa in virtù del sacramento del Matrimonio segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana da lui assunta e il Cristo Capo alla Chiesa suo Corpo nella forza dello Spirito”. (Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, n. 34 )

“Il vincolo che unisce l’uomo e la donna”. Qual è il luogo dove si

colloca la sacramentalità del matrimonio? Tale luogo è la RELAZIONE: il sacramento non è nella persona del marito e non è nella persona della moglie, ma è nella loro relazione.

Lo Spirito Santo non si posa al 50% su di lui e al 50% su di lei, ma si posa sulla loro relazione. Il luogo del matrimonio, lo spazio manifestativo, che viene trasformato è la relazione.

Pertanto nel sacramento del matrimonio la Grazia viene data a lui in quanto in relazione con lei e a lei in quanto in relazione con lui

Il vincolo nuziale: “diventa segno e riproduzione di quel legame che unisce il Verbo di Dio alla carne umana... e il Cristo Capo alla Chiesa suo Corpo...”.

Avendo presentato il matrimonio sacramento come segno del rapporto di Cristo Sposo con la Chiesa Sposa, può sembrare che tutto ciò sia lontano dalla realtà di tutti i giorni, che questo sacramento non modifichi più di tanto la vita di coppia e di famiglia e non entri nei dinamismi profondi del rapporto uomo-donna, genitori-figli. È vero invece il contrario. La grazia ricevuta con il sacramento del matrimonio è una grazia che incide nel concreto, fa vivere le cose di tutti i giorni in modo diverso.

Analizziamo che cosa è avvenuto col sacramento del matrimonio: la reciprocità della coppia è diventata, per una grazia particolare, partecipe di un dinamismo più grande. Gli sposi sono entrati nel vortice di amore che c’è tra Dio e l’umanità, tra Cristo e la Chiesa.

Questa grazia di amore non si sovrappone alla dimensione umana, non si sostituisce né cammina parallela, ma la assume tutta, abitandola con il dono dello Spirito.

“Il matrimonio cristiano... è in se stesso un atto liturgico di glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa”(Familiaris consortio 56). Ogni atto nella vita di coppia è “celebrativo” di Cristo Sposo, dell’unità di Dio con l’umanità, di Cristo con la Chiesa: qualsiasi cosa la coppia faccia, celebra questo Dio che vuole farsi amore, celebra lo Spirito

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che è in essa e che vuole dire tutto l’amore. Non c’è dimensione della vita di coppia che non sia coinvolta:

preparare la colazione, prendersi cura della casa e dei figli, svolgere bene la propria professione, ecc.

Per il gruppo

Dopo il percorso che abbiamo fatto fino a questo momento

possiamo porre prima alle singole coppie, invitandole poi a discuterne a piccoli gruppi, alcune domande che in parte verificano il cammino fatto e in parte aprono la strada ad un ulteriore presa di coscienza, approfondimento di ciò a cui si stanno preparando:

Qual è il progetto che il Signore Gesù ha dato al sacramento della

coppia? Qual è la novità che Lui ha portato? Quali prospettive Egli ha creato per la coppia? Dopo aver raccolto le impressioni dei gruppi, invitiamoli a

riflettere su alcuni punti fondamentali che troviamo descritti nel paragrafo precedente (“Per la vita”)

Per facilitare la riflessione proponiamo di preparare un foglio per ogni coppia, nel quale vengono riportati oltre al brano di Efesini sopra citato, i brani presi dai documenti della Chiesa ai quali si farà riferimento, in modo che possano seguire più agevolmente la riflessione.

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Scheda 6/2B

COME UNA SPOSA ADORNA PER IL SUO SPOSO

L’esperienza matrimoniale metafora della vita eterna

Pro-vocazione La domanda se dopo la morte c’è il nulla ce la portiamo dietro fin da

quando abbiamo cominciato a ragionare e a pensare. Vivere, perché? È sopratutto l’esperienza dell’amore a rendere bruciante questa domanda. Se tutto finisce, perché amare? Che senso ha? Se l’essenza dell’amore è dire a una persona: vorrei che tu esistessi per sempre, la morte non rende vana ogni promessa di amore e forse anche ipocrita?

Eppure gli innamorati continuano a promettersi amore pur sapendo che la morte porrà fine a questa promessa. Il minimo che si potrebbe dire di fronte alla morte è quanto afferma lo scrittore Franz Kafka: «Non bisogna buttarsi via: anche se la salvezza non viene, voglio esserne degno ogni momento».

Il credente è tale perché sa che la salvezza viene. La sua certezza la fonda sulla parola di Gesù che ha detto: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc, 13,31). La parola di Gesù altro non è che la parola ‘amore’. Tutto passa, ma l’amore resta. L’amore qui in terra è – per usare il vocabolario del filosofo Jaspers – la ‘cifra’ che la vita continua. Ce lo assicura san Paolo nel famoso inno alla carità: «Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!» (1 Cor, 13,13).

Gli armonici dell’amore

«Le vette della poesia universale, questi armonici con cui s’accordano le esigenze mistiche dell’anime religiose, scoprono nell’amore la ricerca appassionata dell’Io ultimo, che è il vero e regale soggetto d’ogni amore. Anzi, l’amore scambiato è una manifestazione di quella luce originale che disegna l’unico volto degli amanti. Tutti i grandi miti dell’amore ci avvertono che l’amore è più grande dell'amore, che l’amore sorpassa l’amore... [...] Quel che ci rapisce non è tanto la nostra dignità regale quanto il dono divino di essere figli del Re. Questo rapporto vivo ci rivela esistenti: persona a Persona, spirito a Spirito, totalità a Totalità, fine in sé al Fine in Sé,

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Dio e l’uomo uniti da vincoli che la Bibbia chiama sponsali. E anche l’amore fra l’uomo e la donna, al di sopra della fenomenologia passionale, scolpisce il loro essere a colpi di dolore per modellare il loro vero volto d’eternità».

[P. EVDOKIMOV, Sacramento dell’amore, CENS, Milano 19944, 225]

L’amore segna il principio e il fine della esistenza umana. Dio crea la

persona umana per amore e la chiama all’amore. Di questo amore gli sposi custodiscono la memoria. L’unione sponsale tra l’uomo e la donna è memoria dell’atto creativo di Dio, e proprio per questo è chiamato «il sacramento più antico». Tuttavia, Cristo, redimendo l’amore umano dalle sue deviazioni (è questo il significato della redenzione del corpo), lo ha proiettato esso pure, insieme alla verginità per il Regno dei cieli verso l’eschaton, vale a dire verso la piena realizzazione della vocazione umana, nella sua interezza, all’amore. Ciò si realizzerà in maniera definitiva nel Regno di Dio. Sacramento del principio umano, sacramento della temporalità dell’uomo storico, il matrimonio, come dono elargito da Dio ai coniugi, custodisce dentro di sé anche il germe dell’avvenire escatologico, vale a dire della vita eterna. «Con il matrimonio, quale sacramento, – afferma Giovanni Paolo II in una sua catechesi sull’amore umano dell’1 dicembre 1982 – è unita l'origine dell'uomo nel mondo, e in esso è anche iscritto il suo avvenire, e ciò non soltanto nelle dimensioni storiche, ma anche in quelle escatologiche».

Il matrimonio, così, è chiamato a portare un servizio non soltanto alla storia, attraverso l’esperienza della comunione e della procreazione, ma anche al suo avvenire extra-temporale. A suo modo, quindi, il matrimonio, come luogo storico dove l’amore è custodito «al principio», cioè come vocazione originaria della persona umana all’amore, testimonia il destino dell’umanità alla resurrezione, dove non si prenderà né moglie né marito.

Resurrezione significa destino dell’uomo terrestre a una vita celeste. «Come abbiamo portato l’immagine dell'uomo di terra, – afferma san Paolo – così porteremo l'immagine dell'uomo celeste» (1Cor 15,49). Si tratta di un destino di tutto l’uomo, sia nella sua dimensione spirituale che in quella corporale.

Quando Gesù rivela il contenuto della speranza cristiana affermando che alla resurrezione non si prenderà né moglie, né marito e che i figli della resurrezione saranno come gli angeli nel cielo (cf Mt 22,30ss), non intende sminuire il valore dell’esperienza matrimoniale relegandola alla sua sola funzione storica, ma legarla invece a questo destino di resurrezione a cui sono chiamati i figli di Dio. I figli di Dio, infatti, debbono la loro origine al matrimonio e alla procreazione dell’uomo e

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della donna. E proprio per questo l’esperienza matrimoniale è strettamente congiunta all’avvenire di resurrezione, compiendo al riguardo, come sacramento della temporalità, un suo insostituibile servizio.

Il futuro della dinamica erotica

Il desiderio dell’integralità delle persone in gioco nella relazione sessuale non si ritiene concluso nella vicenda terrena dell’essere umano: la dinamica erotica conduce ad un legame così profondo che coloro che ne sono coinvolti reclamano, almeno incoativamente, il “per sempre” del loro essere una cosa sola. L’aver posto in essere la novità di “una sola carne” e l’aver scoperto, nel cammino verso la “somiglianza”, la forza della integrità delle loro persone e della loro unione, mette gli amanti nella condizione di desiderare che la loro unità non vada perduta.

[M. PALEARI, Il sacramento dell’eros, Glossa, Milano 2003, 234]

Tutto ciò ha una inevitabile ricaduta nella esperienza coniugale e

familiare e negli stili di vita che gli sposi cristiani sono chiamati ad mettere in atto. Alla comunità di Corinto, san Paolo ricordava che il tempo si era ormai fatto breve, «d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!» (1Cor 7,29-31).

Non è un invito al disimpegno nel mondo, ma a vivere nel mondo con l’atteggiamento dell’attesa dello sposo, cioè di Cristo, che ci chiama a vivere nella dimora eterna, di cui lo Spirito ci è dato come caparra. Sentiamo ancora san Paolo: «Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati già vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. È Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito. Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora nella visione» (2 Cor 5,1-7).

La società d’oggi, così frenetica ed esagitata, genera nel cuore di tanti sposi un senso di inquietudine. C’è una inquietudine negativa, che blocca,

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fa girare a vuoto, lascia un senso di amaro in bocca. Ma c’è anche un’inquietudine positiva, che di per sé è un valore. L’inquietudine positiva – afferma Gabriel Marcel – «è la disposizione che ci permette di liberarci dalla morsa in cui ci stringe la vita quotidiana con le sue mille preoccupazioni capaci di soffocare le vere realtà. Simile inquietudine è un principio di superamento, è un cammino da percorrere per giungere alla vera pace, a quella che nessuna dittatura, nessun imperialismo ha il potere di turbare: nel suo significato più profondo la pace non è di questo mondo e c’è da credere che i potenti non ne avranno nessuna nozione».

La famiglia, in un mondo che fa del potere e del denaro, il criterio dei rapporti di un mondo globalizzato, è chiamata, così, ad essere un luogo e un’oasi di serenità e di gratuità, un vero «laboratorio di pace».

L’inquietudine come stimolo a camminare verso la propria meta diventa così come una molla interna per progredire verso quella che Gesù, nella conclusione del discorso della montagna, ha chiamato cammino di santità: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». (Mt 5,48). Si tratta della perfezione dell’amore che è unità e comunione, perché Dio è Unità (un solo Dio) e Trinità (in tre persone). Qui sta il vero segreto del poter essere allo stesso tempo «essere-per-sé» (libero) ed «essere-per» (in comunione). E nella vicenda di Gesù di Nazaret, il figlio di Dio fattosi uomo, si può comprendere il paradosso di ogni vero amore: per poter entrare nel puro dinamismo dell’«essere-per» è necessario abbandonare l’«essere-per-sé» (cf Fil 2,5.11). Ma tale morire a se stessi come via (via crucis) verso un amore-dono (ablativo) è la via che porta alla vera resurrezione, perché «chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà» (Lc 17,33).

Quando i due saranno uno

«La caduta ha inoculato il veleno di una coscienza infelice. Il femminile e il maschile sono entrati in un conflitto di opposizione e di cattiva polarità che finirà con l’approdare alla disperazione e all’irrigidimento dei contradditori. Ora, un agraphon (nella Seconda lettera di Clemente) cita le parole del Signore a proposito della fine: “il Regno verrà quando i due saranno uno e quando il maschile non sarà più lo stesso rispetto al femminile”. È il tempo dell’integrazione finale e della armonia delle parti: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 5). Tutto ciò è ancor più chiaro in un altro agraphon (Epistola di Barnaba): “Ecco, io faccio l’ultimo come il primo”. “contraddittori” si mutano in “contrari” e si innalzano sino alla loro “coincidenza” (la coincidentia oppositorum che definisce il divino secondo Nicola di Cusa)».

[P. EVDOKIMOV, La donna e la salvezza del mondo, Jaca Book, Milano 1980, 29]

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In questo nostro navigare sul mare della vita – ci rincuora san Paolo –

ci spinge il vento dell’amore di Cristo. La ricompensa poi di una vita vissuta secondo la giustizia sarà «la vita e la pace» (sant’Agostino). E se in questa nostra navigazione sperimentiamo che le nostre debolezze sono numerose e grandi, non dobbiamo perderci d’animo, perché più abbondante è il rimedio che il Signore ci elargisce.

La Parola ci dice

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco sono compiute! Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio.

(Apocalisse 21,1-7) Breve Commento Il libro dell’Apocalisse – termine greco che significa “rivelazione” –

racconta la visione delle “cose ultime” della vita terrena con un linguaggio simbolico. E’ l’ultimo libro della Sacra Scrittura ed è attributo all’apostolo Giovanni.

1. Finita la seconda battaglia “escatologica” Giovanni vede la “Gerusalemme celeste” scendere dal cielo: se la città storica di Gerusalemme rappresenta per il popolo ebraico la realizzazione “concreta” di una promessa e il luogo della presenza di Dio nel Tempio ora, nella simbologia dell’Apocalisse, la “nuova Gerusalemme” rappresenta il luogo di destinazione di coloro che sono fedeli a Dio. E’ la “città santa”, in cui è inclusa anche la Chiesa, e dove è presente anche fisicamente il Signore: «Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro ». Si apre l’era dell’intimità tra Dio e il suo popolo. La Chiesa la “nuova Gerusalemme” è «la fidanzata, la sposa dell’Agnello» (Ap. 21,9).

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2. La “Città-Sposa” si eleva in un contesto di «cieli nuovi e terra nuova» sorti dalla definitiva sconfitta del maligno. Le cose vecchie, il mare - simbolo del luogo di rifugio del drago maligno - e la terra di prima sono definitivamente trasformati e ricreati.

Il Signore, attraverso la visione di Giovanni, sembra invitare l’uomo a sognare e a desiderare l’irrealizzabile: «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». …

3. E’ una realtà nuova dove la gratuità e l’apertura alla vita saranno il solo metro: «A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita». Acqua che simboleggia lo Spirito che “aleggiava” sulle acque al momento della Creazione.

4. Dio riconduce il mondo alla bellezza, a quella bellezza che il “maligno” aveva offuscato con la bruttura della decadenza e della morte. Con questi orizzonti e panorami di bellezza si scopre come Dio ha pensato da sempre il suo rapporto con la moltitudine dei fedeli: è un rapporto “nuziale”.

Le nozze dell’Agnello, cioè di quel Gesù che si è sacrificato per amore della comunità dei fedeli, sono all’orizzonte, imminenti. La Città « è pronta come una sposa adorna per il suo sposo».

5. La Città-Sposa diventa «la dimora [tenda] di Dio con gli uomini» a significare come l’unione tra Dio e l’umanità è così forte al punto che dove è la sposa, lì è presente anche lo Sposo. E’ una presenza gioiosa che diventa quasi “trasparente” caratterizzata da una intimità profonda e da un clima familiare fino al punto che «tergerà ogni lacrima dai loro occhi»

6. Gli ultimi giorni non sono perciò un’apocalisse di distruzione, come prefigurato dalla cultura millenaristica, ma sono giorni di gioia perché preludono alla festa di nozze. Quasi come le nozze del figlio de Re (Mt. 22,1ss): solo chi si presenta senza abito nuziale dovrà temere…

F. A. Q.

39. Solo Dio «è»? [212-213] – Mentre le creature hanno ricevuto da Dio tutto ciò che

sono e che hanno, Dio solo è in se stesso la pienezza dell'essere e di ogni perfezione.

Egli è «Colui che è», senza origine e senza fine. Gesù rivela che anch'egli porta il Nome divino: «Io sono» (Gv 8,28).

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346. Quali sono gli effetti del Sacramento del Matrimonio? [1638-1642] – Il Sacramento del. Matrimonio genera tra i coniugi un

vincolo perpetuo ed esclusivo. Dio stesso suggella il consenso degli sposi. Pertanto il Matrimonio concluso e consumato tra battezzati non può essere mai sciolto. Inoltre questo Sacramento conferisce agli sposi la grazia necessaria per raggiungere la santità nella vita coniugale e per l'accoglienza responsabile dei figli e la loro educazione.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

Per la vita

Parlare dell’esperienza matrimoniale come metafora della vita eterna

può sembrare davvero difficile. Eppure ogni volta che due innamorati si dicono “ti voglio bene” non mettono termini di tempo; la loro esperienza in quel momento è totalizzante al punto che il sentimento che provano va al di là dello spazio e del tempo. Si tratta allora di recuperare questa esperienza tipicamente umana e riportarla nella dimensione dell’escatologia, cioè di “ciò che viene dopo”. La vita eterna diventa così la “cifra” sulla quale misurare il proprio sentimento.

Per arrivare a questo invitiamo i fidanzati a riflettere sulla “quantità” dell’amore che provano uno per l’altro. Certo, è chiaro, l’amore non si può misurare! Tanto è vero che a volte l’amore che i fidanzati provano non trova la giusta espressione. Addirittura sembra che i mezzi umani che essi utilizzano per esprimere il loro amore siano insufficienti, e non esiste regalo, gesto, parola che riesca a dire all’altro tutto il bene che si prova.

Far emergere questa esperienza è far comprendere che l’amore che

proviamo verso l’altro non è solo nostro, non è semplicemente umano ma è riflesso di un Amore più grande, infinito che è l’amore di Dio! Un amore di cui siamo resi partecipi in forza del miracolo della creazione: “Ad immagine di Dio lo creò; maschio e femmina lo creò” (Gn 1, 27). Il fatto stesso che non riusciamo ad esprimerlo ne dice la grandezza e dimostra ancora una volta, che l’amore di Dio esiste e non ha confini. Non solo: l’eternità viene ad abitare l’amore umano perché è Dio stesso che rende possibile il miracolo: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap.21,5)

Credere che siamo fatti ad immagine di Dio significa quindi credere che ci è data la possibilità di amare come Lui ci ama!

Invitiamo i fidanzati a riflettere su questa esperienza e magari

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proponiamo loro di scrivere quello che hanno provato o che provano nelle situazioni che sono state analizzate, sotto forma di preghiera di ringraziamento.

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Giornata di Spiritualità LA VOCAZIONE ALLA SANTITÀ

«La Chiesa è fortemente consapevole che la vocazione della famiglia è ultimamente vocazione alla santità cristiana»

(DIRETTORIO DI PASTORALE FAMILIARE, n. 112).

La finalità della proposta di questa giornata è quella di far comprendere ai

futuri sposi che ogni cristiano, in quanto battezzato, è chiamato, come è affermato sia nel Nuovo che nell’Antico Testamento, alla santità secondo la propria vocazione; ogni coppia unita dal vincolo sacramentale, quindi, può e deve raggiungere la santità vivendo «a due» (in comunione) il proprio matrimonio in pienezza, sorretti dalla grazia sacramentale.

Non viene fornito qui uno schema fisso, ma solo dei contenuti da organizzare creativamente sulla misura del gruppo che le coppie animatrici e il sacerdote hanno avuto modo di seguire e di conoscere.

Nella elaborazione di un adeguato schema misurato sul gruppo e sul tempo da dedicare non dovrebbero mancare: 1. Una riflessione su un testo biblico; 2. Un momento di confronto come coppia ed eventualmente come gruppo; 3. La celebrazione della eucaristia (qualora si dedichi tutta la giornata e di domenica) o una celebrazione della Parola; 4. Un momento conviviale.

Si auspica che a questo incontro venga dedicata una giornata, possibilmente di domenica, in un luogo gradevole, dove i fidanzati possano sperimentare il senso della domenica cristiana dedicata alla preghiera, alla riflessione sulla Parola di Dio, alla celebrazione del mistero eucaristico, alle buone relazioni, al riposo.

«Il matrimonio cristiano, come tutti i sacramenti che “sono ordinati

alla santificazione degli uomini, alla edificazione del Corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio”, è in se stesso un atto liturgico di glorificazione di Dio in Gesù Cristo e nella Chiesa: celebrandolo, i coniugi cristiani professano la loro gratitudine a Dio per il sublime dono ad essi elargito di poter rivivere nella loro esistenza coniugale e familiare l’amore stesso di Dio per gli uomini e del Signore Gesù per la Chiesa sua sposa. E come dal sacramento derivano ai coniugi il dono e l’obbligo di vivere quotidianamente la santificazione ricevuta, così dallo stesso sacramento discendono la grazia e l’impegno morale di trasformare la loro vita in un continuo “sacrificio spirituale”». (Familiaris Consortio, n. 56)

Gli sposi sono quindi chiamati alla santità, proprio facendo il marito o

la moglie o il genitore si santificano l’un l’altro. E’ vivendo secondo l’amore di Dio negli impegni quotidiani e nella propria realtà che realizzano giorno dopo giorno la perfezione cristiana.

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La vita dei fidanzati è quella di chi si prepara a vivere una vocazione più specifica: essere sposi, cioè essere cristiani battezzati chiamati alla santità non singolarmente, ma vivendo l’unità sponsale nel dono totale dell’uno per l’altro, annunciando con il loro amore che Dio ama tutti come ama il Figlio Gesù.

La vita secondo lo Spirito

della coppia e della famiglia cristiana La pastorale è chiamata a porre al centro della sua sollecitudine la “vita

secondo lo Spirito” della coppia e della famiglia cristiana: la Chiesa, cioè, deve mettere in atto la sua missione salvifica perché la coppia e la famiglia crescano nella spiritualità coniugale e familiare. Si tratta propriamente di una spiritualità fondata sul sacramento del matrimonio e continuamente alimentata e plasmata dall’Eucaristia. Tale spiritualità si attua e si esprime non al di fuori della vita coniugale e familiare, ma all’interno di essa, attraverso le realtà e gli impegni quotidiani che la caratterizzano, nella fedeltà a tutte le esigenze dell’amore coniugale e familiare e nella loro gioiosa attuazione. Infatti, come precisa il Concilio Vaticano II, “i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato. Ed essi, compiendo in forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dallo Spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione e perciò insieme partecipano alla glorificazione di Dio” (Gaudium et Spes, 48). Un’adeguata Pastorale Familiare, di conseguenza, dovrà aiutare le famiglie a riscoprire il fondamento vero della loro spiritualità e a viverla, sia a livello interiore sia nelle sue manifestazioni esterne, secondo i contenuti e le modalità di un amore che si esprime nelle sue forme tipicamente familiari: l’amore coniugale unitivo e procreativo, l’amore parentale (paterno e materno), l’amore filiale, l’amore fraterno, e l’amore dell’intera famiglia come tale nei riguardi degli altri».

[Direttorio di Pastorale Familiare, 112]

I fidanzati sono laici battezzati che stanno verificando la loro

vocazione come chiamata ad un cammino di vita a due amandosi nella quotidianità secondo l’amore di Dio.

Ma l’essere battezzati, il battesimo, cosa significa per noi? “il battesimo è un dono che si riceve, è il sacramento della fede e della

conversione a Cristo, dà una partecipazione alla vita nuova del Cristo risorto” (La verità vi farà liberi, 319).

«Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo, tutti

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voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,27-28). «In virtù del battesimo siamo chiamati figli di Dio e lo siamo

realmente» (1 Gv 3,1). Secondo l’apostolo Paolo la volontà del Signore è proprio che noi

diventiamo santi(1 Ts 4,3). I primi cristiani si considerano “santi” (2 Cor 1,1), appartenenti a Dio e

impegnati a vivere come i santi. Anche Pietro invita alla santità «ad immagine del Santo che vi ha

chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta» (1 Pt 1,15). Anche autorevoli teologi ribadiscono tale concetto: “Tutti i cristiani

cioè i discepoli di Gesù, in qualunque stato e condizione si trovino, sono chiamati alla perfezione: poiché tutti sono chiamati al vangelo, che è legge di perfezione” (A. ROSMINI, Massime di perfezione cristiana).

Pure il Concilio Vaticano secondo si è espresso in tal modo: “Tutti i fedeli cristiani, di qualsiasi stato o ordine, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: santità che promuove un tenore di vita più umano anche nella società terrena” (Lumen Gentium, 40).

L’antico testamento non parla di santità degli uomini, solo Dio è santo

e solo a lui spetta la perfezione, ma l’uomo si può avvicinare alla santità, a lui Dio promette grande pace intesa nel senso di pienezza se avrà alcuni atteggiamenti che si evincono dai seguenti brani:

dal salmo119,165-168: “Grande pace per chi ama la tua legge, nel suo cammino non trova inciampo. Aspetto da te la salvezza Signore, e obbedisco ai tuoi comandi. Io custodisco i tuoi insegnamenti e li amo sopra ogni cosa. Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti: davanti a te sono tutte le mie vie”.

dal salmo 37,11: “I miti invece possederanno la terra e godranno di una grande pace”.

da Isaia 54,13: “I tuoi figli saranno discepoli del Signore, e avranno grande pace i tuoi figli”.

Tre sono quindi gli atteggiamenti evidenziati che portano alla “grande

pace”: – essere discepoli

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– ascoltare lo spirito – amare la legge del Signore,essere miti. Ma nel nostro tempo attraverso quali atteggiamenti di vita si realizza

questa santità nella coppia? 1) Atteggiamento del si: mette in risalto la gratuità e l’accoglienza.

E’ il si continuo detto l’uno verso l’altro, è accettare l’altro come è fatto, con la sua storia e i suoi difetti, è fare spazi dentro di se all’altro perché l’altro abiti con noi, è spogliare se stessi per l’altro. (Spogliò se stesso fino alla morte, e alla morte di croce). Per un fidanzato è accettare l’altro come sarà, quello che potrà diventare, perché non si sposa solo il presente, si sposa anche il passato e il futuro. Sono quindi atteggiamenti positivi, è, usando un gioco di parole, il voler “voler bene”. Significa far entrare in gioco tutte le potenzialità della persona nella ricerca di soluzioni più alte e nuove.

2) Atteggiamento del donare: è l’amore gratuito, non è possedere, non è appropriarsi dell’altro, ma è sentirsi liberamente e totalmente uno dell’altro, ogni gesto è frutto della libertà.

3) Atteggiamenti nell’ordinario: è vivere bene la vita feriale di tutti i giorni, il quotidiano non è solo fare grandi scelte, ma vivere quotidianamente la realtà di tutti i giorni santificando le cose di tutti i giorni. I trent’anni di Nazareth parlano dell’esaltazione divina dell’ordinario, della vita concreta. Questo è celebrare il sacramento del matrimonio che è continuazione visibile del Dio fatto uomo. Una famiglia impostata così è missionaria ed è epifania a tutta la comunità.

4) Atteggiamenti di riconciliazione: la santità di coppia è anche capacità di prendere i limiti, il negativo. Capacità di riconciliare, di ricominciare, non solo a chiedere perdono ma anche senza risentimento o ricatto accogliere il perdono. Vivere la riconciliazione è anche la capacità di aiutare l’altro a risorgere, di essere rigenerato a partire dall’amore.

5) Atteggiamenti di gioia: sono in quelle coppie che hanno fiducia e sanno ricominciare di nuovo. La coppia è allora segno della Pasqua

6) Atteggiamenti di unione e comunione: …che tendono all’unione più che alla separazione. Lo specifico della coppia è vivere, ravvivare ed animare le realtà che incontra, con spirito di

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comunione, la stessa che si vive e sperimenta nella propria coppia. 7) Atteggiamenti semplici: che non ambiscono a ruoli di “comando”,

alla portata di tutti nella consapevolezza di condividere con la moltitudine del popolo di Dio vocazione e strada da percorrere.

8) Atteggiamenti fecondi: generano vita e provocano vita. C’è paura della fecondità perché donare vita non è più sinonimo di gioia ma problema, farsi carico di qualcuno, del nuovo sconvolge la tranquillità.

9) Atteggiamenti di preghiera: la santità si alimenta con la preghiera che è il comunicare con Dio per comunicarci l’amore. Si può pregare sempre perché la preghiera non si sovrappone a nessuna azione: le illumina tutte e le indirizza al loro fine. Si tratta di pregare attraverso differenti modalità, bisogna trovare la preghiera della propria coppia destinata a crescere e a cambiare nel tempo in quanto espressione del nostro essere coppia.

«La santità consiste nella carità e la carità, nel dialogo con Dio, può

assumere e valorizzare qualsiasi realtà. Non occorrono esperienze straordinarie di conoscenza, di contemplazione, di ascesi e di fuga dal mondo. Basta la vita ordinaria: preghiera, relazioni familiari e sociali, lavoro, riposo, sofferenza. Dio ci chiama in ogni cosa. L’uomo nuovo che cresce nella santità è anche santificatore. Amando gli altri in Dio e con il suo stesso amore, edifica la comunità cristiana, promuove una convivenza civile giusta e pacifica, con un tenore di vita più umano… La vocazione alla santità si esprime con molte vocazioni particolari, è una possibilità reale offerta a tutti….. non coincide con la contemplazione mistica!». (da: La verità vi farà liberi pag. 414.)

Domande:

1) A cosa pensiamo, individualmente e in coppia, quando sentiamo parlare di santità?

2) Associamo la santità a cose miracolose? 3) Riusciamo a valorizzare la quotidianità? 4) La quotidianità può essere in sintonia con la santità? 5) E’ possibile vivere in modo straordinario le cose ordinarie? 6) La santità è ancora attuale nel terzo millennio? 7) Può una coppia diventare santa? Ci spaventa questa aspirazione?

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Amar-Sì! «per sempre»

TERZA PARTE

SPOSI DOMANI

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Introduzione La celebrazione del matrimonio compie il tempo del fidanzamento e

apre il tempo della coppia e della famiglia. In questa terza e ultima tappa del cammino si tratta di illustrare gli

impegni a cui andranno incontro i novelli sposi. Sono impegni non imposti dall’esterno, ma che nascono dall’interno della nuova realtà a cui i coniugi hanno dato vita attraverso la promessa che li ha resi marito e moglie. Giovanni Paolo II ha espresso con uno slogan l’insieme di questi impegni: Famiglia, diventa ciò che sei! Ciò che la famiglia è genera una missione, vale a dire un pacchetto di impegni e di compiti (doveri) che sono la fruttificazione dell’amore coniugale, con una positiva e realizzativa ricaduta sugli sposi, innanzitutto, sulla società e sulla Chiesa.

I compiti che scaturiscono dal legame matrimoniale che genera l’unità della coppia umana altro non sono che lo sviluppo dinamico ed esistenziale dell’essere a cui hanno dato vita: la comunità coniugale. I valori che fanno da perno attorno a cui ruotano i vari compiti della coppia e della famiglia sono la vita e l’amore, senza i quali la persona umana non può vivere. Proprio per questo la famiglia si configura come una struttura di sanità della persona e della società, oltre che della Chiesa. Giovanni Paolo II ha parlato a proposito della famiglia come di una «prima e fondamentale struttura a favore dell’“ecologia umana”» e come di un «santuario della vita, in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. Contro la cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura della vita» (Centesimus annus, 39).

Il contenuto dei compiti della famiglia può essere articolato in precisi ambiti. Così li ha precisati e strutturati la Familiaris Consortio: 1. la formazione di una comunità di persone; 2. il servizio alla vita; 3. la partecipazione allo sviluppo della società; 4. la partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa.

Tali tematiche formano i contenuti della quattro schede che vengono qui proposte in questa terza e ultima scansione del cammino formativo proposto.

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Scheda 1/3

VIVERE, CRESCERE E PERFEZIONARSI COME COMUNITÀ DI PERSONE

Pro-vocazione La celebrazione del matrimonio segna lo spartiacque tra il tempo

relativamente breve della preparazione, caratterizzata dall’esperienza dolce dell’innamoramento, e il tempo assai più lungo della realizzazione, segnata dall’impegno per un amore duraturo che sappia superare tutte le prove della vita a due, un amore da vivere, da far crescere giorno dopo giorno, da orientare verso il massimo di perfezione possibile.

Il primo compito che la coppia, generata dal sacramento, ha da affrontare è l’unità, che non significa omologazione, fusione, perdita della propria identità e individualità. Significa «unità dei due», vale a dire esperienza di autentica «comunione» che è possibile «nel dono sincero di sé».

Ciò che rende possibile la comunione è l’amore inteso come dialogo (dia-logos), che non consiste nella quantità di nozioni che si riesce a trasmettere, ma nella comunicazione dei soggetti che vengono tra loro a contatto. Non si tratta di dire parole, ma di dire se stessi attraverso le parole. Il dialogo coniugale sta nella disponibilità di «essere-per-l’altro/a» e non nella «lotta-contro»

L’amore presenta caratteristiche diverse del semplice innamoramento. L’innamoramento è ciò che avvia l’amore, ma non coincide, rigorosamente parlando, con l’amore.

L’amore coniugale è qualcosa di più. È innanzitutto un amore umano, che si esprime sia con il linguaggio del corpo, con i sentimenti, con la passione, ma anche con la volontà, con la rinuncia, col sapersi sacrificare per l’altro/a. «Non c’è felicità senza sacrificio», affermava in un’intervista il famoso comico Roberto Benigni. Proprio perché l’amore coniugale è un amore intelligente – che non si ferma alla superficie, che sa che cosa significa: «ti voglio bene», cioè «voglio il tuo bene», «trovo felicità nel

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sapere che stai bene» – esso è capace di totalità. Sa condividere tutto, senza indebite riserve e senza trucchi ipocriti, è capace di abbattere le pareti dell’egoismo che ci tengono prigionieri nella nostra seppur dorata solitudine e isolamento.

Oltre che ad essere umano, l’amore coniugale tende a divenire totale Non si percepisce di amare veramente l’altra persona quando tengo qualcosa per me e non ho il coraggio di condividere tutto. L’amore trattenuto è un amore alla fine opaco. Solo l’amore totale è un amore trasparente: ciò che è mio è anche tuo, ciò che è tuo è anche mio. L’amore totale è un amore condiviso, dove si allargano progressivamente i confini del mio e del tuo affinché si possa vivere nello spazio del «noi». Il «noi» è la vera casa degli sposi, la dimora che ha nel «noi trinitario» il fondamento e il punto di riferimento esemplare.

Ancora, l’amore coniugale è un amore che punta alla fedeltà e alla esclusività. Non è vero amore quello che si ferma a contrattare costi/benefici, quello che calcola fin dove mi conviene, quello che cerca solo il proprio tornaconto. Tale amore non mira alla persona, ma a ciò che della persona mi può tornar utile. La persona viene qui trattata come un oggetto, il cui valore dipende dal beneficio che da essa posso trarre. L’amore vero, quello che poi si risolve come progresso della propria personalità, è l’amore disinteressato, la cui cifra è proprio la fedeltà e l’esclusività. Tale amore si radica su una ben precisa concezione della persona intesa non come un numero della serie Uno vale l’altro), ma come «unica e irrepetibile». L’affetto, infatti, mira alla singolarità: «tu sei unico/a al mondo», «come te non c’è nessuno», «non so come farei senza di te». Sono queste espressioni che vengono spontanee nella bocca degli innamorati. È quindi nella logica del vero amore tendere alla definitività. La fedeltà e l’esclusività sono la garanzia di poter progredire. Se tali caratteristiche venissero meno, bisognerebbe sempre cominciare da capo. E quindi non è possibile progredire nella via dell’amore. Si rimarrebbe sempre allo stesso punto di partenza. Se la fedeltà può a volte risultare difficile e forse eroica, ciò non significa che essa sia impossibile, soprattutto per un cristiano che sa di poter contare sulla grazia sacramentale.

Infine, come vedremo più dettagliatamente nella prossima scheda, l’amore coniugale è un amore aperto alla trasmissione della vita come espressione della fecondità dell’amore. Gli antichi vedevano nell’amore una sua intrinseca capacità a diffondersi (amor diffusivum sui).

L’amore coniugale, sancito dall’irrevocabile patto, genera la prima forma di comunione tra le persone. Innanzitutto la comunione coniugale, e

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quindi la comunione familiare e parentale. Comunione significa una relazione di unità tra persone che sono portatrici di una loro irriducibile identità. Vivere in comunione non è rinunciare a se stessi, ma vivere la propria identità non chiusi nel proprio io, ma in una relazione di amore e di affetto con gli altri. Questo può comportare anche delle rinunce, ma sono rinunce che danno frutto, che fanno bene alla relazione. L’esperienza della comunione è oggi un antidoto contro un marcato individualismo che alla fine ci fa sentire molto soli.

La famiglia è una comunità di persone

“La famiglia fondata e vivificata dall’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti. Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà della comunione nell'impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone”.

(Familiaris Consortio, 18)

L’impegno a realizzarsi nel matrimonio e nella famiglia come

«comunità di persone» significa vivere dentro un «corpo sociale», dove ciascuno può essere aiutato ad esprimere la propria personalità creativa e dove la propria individualità può venir arricchita dalle altre individualità. Il dono dello Spirito che, dato con il battesimo, viene ulteriormente confermato con il sacramento del matrimonio permette tra i componenti della famiglia un interscambio di doni a tutti i livelli: a livello dei corpi e dei gesti, delle emozioni del cuore, dei vari timbri dei caratteri, dei gradi di intelligenza, delle forme di volontà, del sentire delle anime.

“La prima comunione è quella che si instaura e si sviluppa tra i

coniugi: in forza del patto d’amore coniugale, l’uomo e la donna «non sono più due, ma una carne sola» (Mt 19,6; cf Gen 2,24) e sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale”

(Familiaris Consortio, 19)

La comunione che si instaura tra l’uomo e la donna uniti nel vincolo

coniugale comporta non soltanto l’impegno dell’unità, ma anche quello della sua indissolubilità. Non è una legge esterna a richiedere la definitività del legame matrimoniale, ma l’impulso interiore che viene dal

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cuore di chi ama autenticamente una persona. Per chi fonda il proprio amore coniugale nella fedeltà di Dio all’uomo, che ha amato fino a dare la sua vita (cf Mc 10,45), il proprio impegno a mantenere vivo nel tempo il legame matrimoniale acquisisce il significato di segno di questa instancabile fedeltà di Dio.

La radice dell’indissolubilità

Sarebbe, infine, agevole mostrare come anche il carattere definitivo del vincolo fra due persone che la fede cristiana ritiene impegnate col ‘sì’ dell’amore, sul quale si fonda il matrimonio, abbia qui le sue radici. Il matrimonio indissolubile, in effetti, è comprensibile e sostenibile unicamente grazie alla fede nella decisione di Dio in Cristo, che nulla può più distruggere, di un matrimonio con l’umanità (cfr. Ef, 22-33). Tale indissolubilità sta e cade insieme con questa fede; fuori di essa, a lungo andare, risulta altrettanto impossibile quanto, dentro di essa, è necessaria. E andrebbe anche ribadito che proprio questo apparente fissarsi sulla decisione presa in un dato momento della vita permette alle persone di andare avanti, di accogliersi passo dopo passo, mentre il continuo annullare tali decisioni finisce per respingerle indietro, per riportarle all'inizio, e condannarle a chiudersi nella finzione dell'eterna giovinezza e quindi al rifiuto di accettare la totalità dell'essere uomini.

(J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 200513, 256)

Di fronte a un ideale d’amore così alto a non pochi sposi può venire il

fiatone. Chi può farcela? Non conviene rimanere più terra terra e riconoscere che l’eroismo non è per tutti?

Ci imbattiamo qui in quell’intreccio così complesso tra ideale, possibilità umana e dono della grazia. Il discepolo di Gesù è profondamente consapevole che all’inizio del suo essere-cristiano «non c’è una decisione etica o una grande idea, – come ci ricorda papa Benedetto nella sua prima enciclica – bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva» (Deus caritas est, 1). Certamente oggi c’è tanto bisogno di moralità. Ma sarebbe riduttivo pensare che la Chiesa sia una semplice «istituzione di moralità» (Ratzinger). Essa in realtà ha il compito di presentare il mistero della persona di Dio e la possibilità di incontrarla nel cammino della propria storia personale.

È proprio questa Persona, Dio in Cristo, quindi che mentre ci sostiene con il suo aiuto, allo stesso tempo ci sprona a dare il meglio di noi stessi.

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Essere chiamati alla perfezione, infatti, non significa presentarsi impeccabili, ma essere decisi a camminare verso la meta, rialzandoci ad ogni caduta («se il giusto cade sette volte, egli si rialza», Prov 24,16).

La Chiesa, impegnandosi per promuovere il matrimonio fondato nel sacramento e la famiglia fondata sul matrimonio, non intende offrire una gabbia alla libertà – come subdolamente propone uno spot della Vodafone dove si invita la sposa già all’altare a lasciar perdere il matrimonio e vivere la vita al mare con il molto amato dalla donne attore Muccino e con un telefonino a costo zero, dicendo alla mamma che la invitava a ritornare sui suoi passi, che è felice così! –; la Chiesa non intende nemmeno annunziare se stessa, ma l’amore che Dio ha per l’uomo e per la donna.

La legge della sovrabbondanza.

Nelle affermazioni etiche del Nuovo Testamento c’è una tensione che sembra insormontabile: tra grazia ed éthos, tra un totale senso di inutilità e un altrettanto totale sentirsi sotto pressione, tra una completa passività, tipica di chi riceve tutto gratuitamente perché non è in grado di fare nulla, e contemporaneamente un totale dover-spen-dersi, sino all’inaudita richiesta: «Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Se, in questa eccitante polarità, si cerca però un centro unificante, ci si imbatte continuamente – soprattutto nella teologia paolina, ma anche nei primi tre vangeli – nella parola ‘sovrabbondanza’ (perísseuma), nella quale il discorso sulla grazia e quello sulle esigenze risultano intimamente uniti, sino a convergere uno nell'altro.

(J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 200513, 248) La Parola ci dice

Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: «È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?». Ed egli rispose: «Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi». Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio».

Matteo 19,3-9

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Breve Commento I Farisei cercano di mettere in difficoltà Gesù interrogandolo su un

argomento, oggi come allora, particolarmente delicato che riguarda sia la felicità personale sia la “morale” pubblica.

La “Legge” infatti dava la possibilità ad un uomo di mandare via la propria moglie, «dopo aver vissuto con lei da marito» …«se essa non trovava grazia ai suoi occhi» attraverso la “lettera di ripudio” (Dt 24,1). La mentalità del tempo infatti sottometteva la donna al volere dell’uomo.

Gesù riporta la riflessione all’inizio della storia dell’umanità, richiamando i primi capitoli della Genesi: «egli rispose: «Non avete letto…»

Nel contempo riporta a Dio-Creatore l’iniziativa e non all’uomo, mosso purtroppo spesso dalle passioni e non dall’amore: «Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi».

Infatti se storicamente gli ebrei avevano goduto del divorzio è stato solo “per la durezza dei cuori” cioè per un manifesta incapacità di amare.

La risposta di Gesù appare come una negazione netta del “diritto” di rompere un rapporto, quando questo non soddisfa più. I farisei infatti obiettano che la Legge preveda l’atto di divorzio. Ecco che Gesù ribadisce il principio del disegno originario di Dio sull’amore: «da principio non fu così».

Gesù non nega la possibilità che un legame d’amore si affievolisca ma ricorda «l’inizio» che porta alla fusione dell’uomo e della donna contro la mentalità del tempo – ancora attuale – che vedeva nella donna l’oggetto del volere maschile.

Gesù riportando l’accento all’inizio della storia d’amore e sottolineando che solo “in caso di concubinato” potrebbe essere ammesso il ripudio afferma che l’amore tra l’uomo e la donna è unitivo, che forma una realtà nuova: la coppia. L’uomo e la donna sono chiamati a formare una comunità di vita che, una volta costituita, non deve essere in balia di voleri e piaceri momentanei ma diventa indispensabile per la felicità di ambedue.

F.A.Q.

68. Perché gli uomini formano un’unità? [360-361] – Tutti gli uomini formano l'unità del genere umano, per la comune

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origine che hanno da Dio. Dio, inoltre, ha creato «da uno solo tutte le nazioni degli uomini» (At 17,26). Tutti, poi, hanno un unico Salvatore e sono chiamati a condividere l'eterna felicità di Dio.

338. Per quali fini Dio ha istituito il Matrimonio? [1659-1660] – L'unione matrimoniale dell'uomo e della donna, fondata e

strutturata con leggi proprie dal Creatore, per sua natura è ordinata alla comunione e al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli. L'unione matrimoniale, secondo l'originario disegno divino, è indissolubile, come afferma Gesù Cristo: «Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi» (Mc 10,9).

339. In qual modo il peccato minaccia il Matrimonio? [1606-1608] – A causa del primo peccato, che ha provocato anche la rottura

della comunione tra l'uomo e la donna, donata dal Creatore, l'unione matrimoniale è molto spesso minacciata dalla discordia e dall'infedeltà. Tuttavia Dio, nella sua infinita misericordia, dona all'uomo e alla donna la sua grazia per realizzare l'unione delle loro vite secondo l'originario disegno divino.

348. Quando la Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi? [1629; 1649] – La Chiesa ammette la separazione fisica degli sposi quando la

loro coabitazione è divenuta per motivi gravi praticamente impossibile, anche se auspica una loro riconciliazione. Ma essi, finché vive il coniuge, non sono liberi di contrarre una nuova unione, a meno che il loro Matrimonio sia nullo, e tale venga dichiarato dall'autorità ecclesiastica.

349. Qual è l'atteggiamento della Chiesa verso i divorziati risposati? [1650-1651] – Fedele al Signore, la Chiesa non può riconoscere come

Matrimonio l'unione dei divorziati risposati civilmente. «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio» (Mc 10,11-12). Verso di loro la Chiesa attua un'attenta sollecitudine, invitandoli a una vita di fede, alla preghiera, alle opere di carità e all'educazione cristiana dei figli. Ma essi non possono ricevere l'Assoluzione sacramentale, né accedere alla Comunione eucaristica, né esercitare certe responsabilità ecclesiali, finché perdura tale situazione, che oggettivamente contrasta con la legge di Dio.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

Per la vita Il matrimonio è diventato oggi un contenitore di aspirazioni e di sogni

per i giovani e viene considerato dalla società un’istituzione, forse superata, ma che ha dimostrato di non avere alternative finora ritenute valide. Il matrimonio rappresenta l’istituzione che permette a due giovani di sperare in una vita di relazione diversa, di aspirare ad avere dei figli e di poter “costruirsi” un futuro assieme. Come istituzione inoltre dà origine

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alla famiglia che è un nucleo importante, giuridicamente riconosciuto, dalla società e dalla comunità dove è inserita. Con la cerimonia del matrimonio due innamorati diventano famiglia e sembrano assumere un ruolo sociale di protagonisti del loro futuro... Con queste speranze per il domani gli sposi vengono caricati subito da una serie di obblighi che l’istituzione e il contratto matrimoniale sottoscritto portano con sé.

Il matrimonio come istituzione giuridico-legale comporta la riduzione dell’amore ad un “patto coniugale”: sposandosi, ci sono, come in tutte le scelte, con le cose piacevoli (la convivenza, la sessualità, l’aiuto reciproco, ecc.) degli obblighi da assolvere. E i doveri sono contenuti nelle leggi alle quali moralmente e penalmente siamo obbligati a sottostare in forza del contratto sottoscritto.

Ma Gesù ha parole nuove per gli innamorati perché ci libera dal potere della Legge per proporci la legge dell’amore!

Il matrimonio è per Gesù non un “contratto”, fatto di clausole e di condizioni (contratto che può essere sciolto se qualcuno reputa non soddisfacenti le prestazioni in esso contenute) ma un “patto d’amore” che lega i cuori e l’esistenza delle persone...

Gesù, per riportare al significato originario l’amore umano, trasforma questo “patto” in segno dell’alleanza che Egli stesso vuole stringere con l’umanità nuova: ecco il matrimonio che diventa per il cristiano “sacramento” cioè segno reale ed efficace dell’amore di Gesù per la sua Chiesa!

Il matrimonio-sacramento pienezza del matrimonio naturale Il matrimonio non viene proposto quindi per rispondere alle necessità

sociali, alle esigenze del mondo produttivo ed economico, di fornire una valvola di sfogo e di serenità allo stress del lavoro; neppure nasce per le esigenze di una morale che propone di incanalare le pulsioni erotiche verso la procreazione, portando con se un bagaglio di obblighi, ma è suggerito per la “realizzazione” dell’uomo e della donna.

Con la sua proposta Gesù vuole offrire la pienezza alle modalità che gli uomini hanno elaborato per vivere l’amore.

Le società umane, e con esse le istituzioni sociali e politiche, hanno dato regole e forma al matrimonio naturale per permettere la crescita delle società stesse.

Gesù, con la sua vita e la sua parola, richiama il significato originario del matrimonio naturale, riportando l’attenzione sul senso vero dell’amore...

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Rileggiamo la disputa di Gesù con i farisei sul divorzio - il brano del Vangelo di Matteo, 19,1-10: Gesù afferma la famosa frase «l’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto» (Mc. 10,9).

L’interpretazione popolare di questa affermazione è quella di un ulteriore peso, di una nuova limitazione alla libertà umana che Gesù impone esprimendo l’obbligo dell’indissolubilità al legame d’amore!

Rileggere questa disputa tra Gesù e chi cerca di «metterlo alla prova» partendo invece dal commento espresso “a caldo” dai suoi più vicini ascoltatori, i discepoli (versetto 10 che è anche l’introduzione al discorso sul celibato!), che esclamano: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi»!

I discepoli avevano colto subito che Gesù stava rompendo una logica egoistica e maschilista che vedeva l’uomo padrone del destino della moglie, secondo l’uso dei popoli del tempo. Gesù afferma, proponendo l’indissolubilità, il primato della coppia e dell’amore sugli interessi e le esigenze momentanee.

Ricorda che «da principio non fu così» per sottolineare che il matrimonio non è fondato sull’interesse di uno per l’altro, sulla prevaricazione, sul capriccio o la convenienza di legarsi all’altro e neppure sulla necessità di procreare.

Gesù intende qui ristabilire le condizioni per la felicità umana, non provocare un’ulteriore difficoltà all’umanità! In un rapporto maturo, costruito giorno dopo giorno nella verifica del proprio amore, dei propri sentimenti e della propria vocazione e consacrato nel matrimonio l’unione tra l’uomo e la donna ristabilisce l’unità primordiale. E questa unità della coppia sposata, cioè consapevole della propria scelta di condividere la vita, è un’unità che diventa indivisibile perché costituisce non più un’associazione tra due individui, uniti da un contratto, ma una realtà nuova, dove gli elementi iniziali diventano irrintracciabili ma riconoscibili come, per usare degli esempi banali, l’acqua unita al vino, come l’impasto per fare un dolce, come in una reazione chimica o in una lega metallica ottenuta attraverso la fusione.

E’ lo Spirito che ci dona il “per sempre”. Gli sposi sono chiamati

ad essere uno come Dio. Proprio l’immagine dell’amore come un fuoco che divampa e che

fonde gli elementi in un nuovo soggetto ci aiuta a cogliere un’altra caratteristica dell’amore. Il Cantico dei Cantici ricordando che «le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore» (Ct. 8,6) ci

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introduce con un’immagine ad una realtà che avviene tra gli sposi: questa “fusione” dei cuori avviene perché c’è un “fuoco” che porta alla temperatura di “fusione” gli elementi iniziali.

E’ lo Spirito Santo – rappresentato come “fiamma di fuoco” nella Pentecoste (Atti 2, 3) – che “fonde” e unisce tra loro gli sposi.

Lo Spirito Santo, nella celebrazione del matrimonio, agisce proprio come un fuoco che porta alla giusta temperatura di fusione i due innamorati, se lo desiderano. Certo che questa presenza è una presenza discreta, difficile da cogliere perché lo Spirito ci è vicino non in modo magico o evidente, ma si fa sentire attraverso le cose semplici e quotidiane, e in proporzione allo spazio che noi gli concediamo.

Questo Spirito dona la possibilità alla coppia sposata di vivere l’indissolubilità proprio per diventare immagine vivente di quel Dio unico in cui noi crediamo.

L’ amore “per sempre” è frutto della Resurrezione. Un amore

senza fine. La possibilità di avere un amore “per sempre” ci viene dalla

novità principale che il cristianesimo annuncia al mondo: Gesù Cristo, il crocefisso, è risorto dai morti, «primizia di coloro che sono morti» come afferma San Paolo nella prima lettera ai cristiani di Corinto (1 Cor. 15,20).

Di fronte ad un mondo permeato di pessimismo e di relativismo l’annuncio della Resurrezione diventa dirompente. E questo fatto, accaduto duemila anni fa, dà senso particolare all’amore perché dimostra quello che gli amanti hanno sempre percepito: amando si vive nell’altro e la vita non ha fine.. Credere che Gesù è risorto è credere che l’amore non avrà mai fine, che l’amore è davvero la forza più grande di cui disponga l’umanità...

Credere veramente questo spingerebbe a cambiare una vita impregnata di arrivismo, di egoismi, di piccole vendette e di molte comodità: per questo ancora oggi la maggior parte delle persone vive come se la Resurrezione non fosse accaduta! La Resurrezione è il frutto concreto dell’amore incondizionato di Gesù per l’umanità, di Cristo Sposo per la sua Sposa .

Un amore senza limiti: sarò sempre con te come «sarò con voi fino

alla fine...» L’amore di Gesù è pertanto un amore senza limiti sia in termini di

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qualità – dona tutto se stesso fino alla morte di Croce – che in termini di tempo. Le ultime parole che rivolge alla sua Amata, la Chiesa sono la promessa di una presenza senza fine. Il Vangelo si conclude infatti con la frase, rivolta alla comunità dei discepoli, «Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

Se quindi l’amore di Gesù diventa liberamente per gli innamorati cristiani il modello d’amore, questo amore, tra difficoltà e gioie, è un amore che cerca di essere indissolubile e che si protrae indefinitivamente nel tempo...

Per il gruppo Invitiamo i fidanzati ad un momento di riflessione personale e

successivamente di coppia. Proponiamo alcune domande-stimolo Mi interrogo personalmente 1) Ho fiducia nell’altro/a? Questa fiducia è anche fiducia nel futuro che

costruiremo assieme? 2) Come considero il matrimonio: una tappa obbligata, una

convenzione sociale, una benedizione sul nostro amore, il coronamento di un sogno per avere finalmente una mia famiglia, una vocazione, un’ulteriore occasione per realizzarmi, una scelta che mi lascia indifferente, oppure...

3) Cosa significa per me costruire una “comunità di persone”? 4) L’idea che il mio matrimonio sia indissolubile mi spaventa?

Preferirei un periodo di prova o ho paura di avere accanto la persona sbagliata?

5) Credo che l’esperienza d’amore che vivo sia segno dell’amore di Gesù?

6) Il fatto che Gesù sia Risorto mi aiuta a vivere meglio l’amore e la mia vita? Come?

7) La Chiesa esagera nel proporre un matrimonio che è Sacramento ed indissolubile?

Ci interroghiamo come coppia 1) Siamo disposti ad amarci per sempre? Preferiamo un legame a

tempo limitato rispetto ad un impegno per tutta la vita? 2) Proviamo ad immaginarci la nostra vita tra 10 anni: ci pensiamo

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felici? 3) Crediamo davvero che il matrimonio sia un sacramento? Cosa

significa per noi costruire una comunità di persone? 4) Crediamo che Gesù Risorto è il modello del nostro amore? 5) Gesù ha esagerato quando ha fatto capire ai farisei che il divorzio è

contro il disegno di Dio e contro la felicità umana?

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Scheda 2/3

COOPERATORI DELL’AMORE DI DIO CREATORE

Pro-vocazione Figli-dono o figli-prodotto? Genitori come cooperatori di Dio del dono

della vita o produttori di un oggetto, il figlio, di cui vantare un diritto? Oggi qualcuno arriva a parlare, come per i prodotti al supermercato, di figlio da scaffale: lo si tira giù e lo possono prendere tutti coloro che lo desiderano e ne fanno richiesta: la coppia, omo/etero sessuale, il singolo, la donna avanzata in età, ecc.

Interrogativi così crudi oggi invadono la coscienza di tanti sposi che desiderano avere un figlio e che per averlo nei modi e nei tempi desiderati ricorrono a tecniche di dominio della sessualità e della fertilità.

Ma andiamo con ordine: che cosa significa essere genitori, quando essere genitori, come essere genitori?

1. La fecondità è segno della benedizione di Dio. Il servizio alla vita a cui gli sposi sono chiamati è una realizzazione e un prolungamento lungo il cammino della storia della benedizione originaria del Creatore: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela» (Gn 1,28). Il «sì» alla vita è un segno di speranza verso il futuro dell’umanità.

Non è facile oggi stare dalla parte della vita. Viviamo in un contesto culturale che rende difficile il compito di trasmettere la vita alle nuove generazioni perché si sono indebolite le ragioni del valore della vita. Accanto al costante problema esistenziale se sia bene essere nati o meno, oggi la mentalità tecnico-scientifica e il consumismo imperante inducono molti a sostituire il figlio con i vantaggi della tecnica. Per cui, prima di pensare al figlio si pensa a pagare il mutuo, poi alla seconda casa, ai viaggi, a divertirci, ecc. E poi, magari, si pensa al figlio volendolo alla stessa stregua con cui si sono soddisfatti gli altri desideri.

Ma che cos’è la paternità e la maternità sia dal punto di vista dei figli e delle figlie sia dal punto di vista del padre e della madre?

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I genitori come passatori di vita

Una bambina cammina per strada dando la mano al papa. Moltiplica i passi per stargli dietro, mentre lui rallenta per adattarsi al suo ritmo. Leggermente chinato verso di lei, l’ascolta mentre gli racconta la sua giornata. Voi fissate lo sguardo su quelle due mani: una grande, forte, pelosa, virile; l’altra piccola, liscia, tenera e fragile. Quale migliore immagine della paternità? Una mano guida, tira, assicura contro i pericoli della città; l’altra si fida, si appoggia, si lascia condurre. Ma i due si tengono per mano anche per affetto. Quel gesto parla; esprime un legame dalle molteplici armonie. Il padre accetta di dipendere, trattenuto da qualcuno più piccolo di lui; la figlia si fida, si lascia condurre. Allora un’intuizione vi attraversa la mente: forse è anche la mano piccola a tenere la grande, dicendole: resta con me, resta con noi, non partire! Infatti, su che cosa si basa quel legame? La mano piccola sarebbe abbastanza forte per trattenere la grande? Niente di più incerto. Perché il legame duri (e abbia il tempo di trasformarsi fino al distacco), deve avere un altro ancoraggio: un patto con una terza persona, assente in quel momento, legame di carne e di parola con una donna senza il cui corpo quella scena non esisterebbe.

(X. LACROIX, Passatori di vita. Saggio sulla paternità, EDB, Bologna 2006, 7)

Ciò che caratterizza il significato umano del generare è bene espresso

dal concetto di «dono». Il dono mette le persone, che tramite il dono si relazionano, in un rapporto di gratuità e di libertà. La gratuità è la rivelazione della verità fondamentale della vita umana. Essa, quindi, può soltanto essere donata, mai prodotta, mai esigita, mai voluta come cosa. L’attesa, quindi, non la pretesa è l’atteggiamento adeguato richiesto agli sposi che si aprono al dono della vita. Essi compiono gli atti dell’amore, è nel loro diritto, ma poi il figlio lo attendono come dono.

C’è quindi una profonda differenza tra generare e produrre. La vita umana va generata, mai riprodotta. Il generare – come frutto dell’atto dell’amore dell’uomo e della donna uniti dal vincolo di amore coniugale – è ciò che fa la differenza tra il regno umano e quello animale. Soltanto gli animali si riproducono. Gli uomini si generano.

Nel contesto dell’esperienza coniugale la genitorialità assume il significato di compimento della sponsalità. C’è quindi un filo che lega insieme l’essere persona, l’essere sposi e l’essere genitori. La relazione sponsale compie la vocazione all’amore iscritta nella persona, e la relazione sponsale trova la sua piena realizzazione nel diventare genitori. I figli quindi sono il coronamento della vita coniugale.

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La fecondità è il frutto e il segno dell’amore coniugale “La fecondità è il frutto e il segno dell’amore coniugale, la testimonianza viva

della piena donazione reciproca degli sposi «II vero culto dell’amore coniugale e tutta la struttura familiare che ne nasce senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a questo tendono, che i coniugi, con fortezza d’animo siano disposti a cooperare con l’amore del Creatore e del Salvatore, che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia»”.

La fecondità dell’amore coniugale non si restringe però alla sola procreazione dei figli, sia pure intesa nella sua dimensione specificamente umana: si allarga e si arricchisce di tutti quei frutti di vita morale, spirituale e soprannaturale che il padre e la madre sono chiamati a donare ai figli e, mediante i figli, alla Chiesa e al mondo.

[Familiaris Consortio, 28]

2. La decisione di diventare genitori dev’essere sotto il segno della

responsabilità, la responsabilità procreativa. Procreare un figlio non è semplicemente assolvere una funzione, ma assumersi una responsabilità a lungo termine. Si tratta di una serie prolungata di atti a servizio della vita e della crescita del bambino. La generazione di un figlio pone gli sposi in una responsabilità singolare, radicale, totale. Qualche filosofo (cf Hans Jonas) parla della responsabilità genitoriale come di un archetipo di ogni responsabilità perché comandata dall’essere più indifeso, il nascituro. Ecco perché il diritto civile parla della genitorialità come di un ufficio e la teologia cristiana, da Agostino in poi, come di un ministero.

La decisione procreativa è una decisione che deve essere presa davanti a Dio, insieme come coppia, tenendo presente sia il bene dei figli sia il bene della società. Ma che cosa si deve intendere per procreazione responsabile?

Esso è un concetto molto articolato e va considerato alla luce di quattro fondamentali aspetti: a. la conoscenza e rispetto delle funzioni dei processi biologici; b. le tendenze dell’istinto e delle passioni; c. le varie condizioni della vita di coppia; d. l’ordine morale oggettivo stabilito da Dio. Così l’Humanae vitae (n. 11) lo descrive:

«in rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa

conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l'intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che fanno parte della persona umana».

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«in rapporto alle tendenze dell'istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse».

«in rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente o anche a tempo determinato, una nuova nascita».

«Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale oggettivo stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete».

3. L’esercizio della procreazione responsabile comporta oggi una

profonda formazione di carattere etico, che comporta una visione personalistica della sessualità, una conoscenza dei profondi significati dell’atto sessuale (unitivo e procreativo), la capacità di avvertire, sul piano dei metodi oggi a disposizione per regolare la fecondità, la profonda differenza di carattere antropologico e morale tra la diffusa contraccezione e il ricorso ai periodi di naturale infertilità del ciclo mestruale femminile, e della ragioni che stanno alla base di tale differenza. Sta proprio qui lo spartiacque tra il collocarsi «arbitri» del disegno di Dio o «ministri» di tale disegno.

Manipolatori o ministri della vita? “Quando i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi

due significati che Dio Creatore ha inscritti nell'essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano come «arbitri» del disegno divino e «manipolano» e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione «totale». Così, al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità del personale.

Quando invece i coniugi, mediante il ricorso a periodi di infecondità, rispettano la connessione inscindibile dei significati unitivo e procreativo della sessualità umana, si comportano come «ministri» del disegno di Dio ed «usufruiscono» della sessualità secondo l'originario dinamismo della donazione «totale», senza manipolazioni ed alterazioni”.

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[Familiaris Consortio, 32]

La Parola ci dice

Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il custode. 2 Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore: il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno. 3 Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo. 4 Come frecce in mano a un eroe sono i figli della giovinezza. 5 Beato l'uomo che ne ha piena la faretra: non resterà confuso quando verrà a trattare alla porta con i propri nemici.

Salmo 126 Breve Commento Il salmo 126 (nella Bibbia è chiamato 127) è un canto attributo a

Salomone – come la maggior parte dei Salmi – e fa parte dei cosiddetti “canti delle ascensioni”, caratterizzati dalle ripetizioni di espressioni e utilizzati dai pellegrini verso Gerusalemme.

Il salmo 126 si divide in due parti: nella prima esprime il ruolo della Provvidenza divina nel custodire l’impegno dell’uomo mentre nella seconda afferma l’importanza della fecondità.

Tutte le attività umane sono destinate all’insuccesso se non sono fecondate dalla benevolenza divina: «Invano vi faticano i costruttori… invano veglia il custode… invano vi alzate di buon mattino».

Il salmista ai tre versetti che ricordano la sterilità dell’impegno umano fine a se stesso fa seguire tre versetti in cui esalta il ruolo della fecondità umana, con un linguaggio che usa immagini che a noi sembrano contraddittorie e militaresche. Se senza l’aiuto di Dio è impossibile costruire la casa, vigilare sulla città o lavorare in modo proficuo così anche i figli sono un dono del Signore. Il salmista sottolinea, con un linguaggio costruito su immagini quotidiane, l’importanza di una vita che

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sa essere accogliente: accogliere Dio e aprirci alla vita. I figli sono «come frecce in mano ad un eroe» cioè rappresentano gli

strumenti con cui un valoroso soldato ha concluso la sua battaglia, il coronamento dei suoi sforzi. Nel concludere gli affari poi, cioè quando ci si recava alla porta intesa come luogo dei commerci, chi è accompagnato dai figli riesce a resistere al nemico cioè a chi cerca di sopraffarlo.

F.A.Q.

487. Quale compito ha la persona umana nei confronti della propria identità sessuale?

[2331-2336; 2392-2393] – Dio ha creato l'uomo maschio e femmina, con uguale dignità personale, e ha iscritto in lui la vocazione dell'amore e della comunione. Spetta a ciascuno accettare la propria identità sessuale, riconoscendone l'importanza per tutta la persona, la specificità e la complementarità.

488. Che cosa è la castità? [2337-2338] – La castità è la positiva integrazione della sessualità nella

persona. La sessualità diventa veramente umana quando è integrata in modo giusto nella relazione da persona a persona. La castità è una virtù morale, un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito.

495. Quali sono i beni dell'amore coniugale, al quale è ordinata la sessualità?

[2360-2361; 2397-2398] – I beni dell'amore coniugale, che per i battezzati è santificato dal Sacramento del Matrimonio, sono: unità, fedeltà, indissolubilità e apertura alla fecondità.

496. Quale significato ha l'atto coniugale? [2362-2367] – L'atto coniugale ha un duplice significato: unitivo (la mutua

donazione dei coniugi) e procreativo (l'apertura alla trasmissione della vita). Nessuno deve rompere la connessione inscindibile che Dio ha voluto tra i due significati dell'atto coniugale, escludendo l'uno o l'altro di essi.

497. Quando è morale la regolazione delle nascite? [2368-2369; 2399] – La regolazione delle nascite, che rappresenta uno degli

aspetti della paternità e maternità responsabili, è oggettivamente conforme alla moralità quando è attuata dagli sposi senza imposizioni esterne, non per egoismo, ma per seri motivi e con metodi conformi ai criteri oggettivi della moralità, e cioè con la continenza periodica e il ricorso ai periodi infecondi.

500. Come va considerato un figlio? [2378] – Il figlio è un dono di Dio, il dono più grande del matrimonio. Non

esiste un diritto ad avere figli («il figlio dovuto, ad ogni costo»). Esiste invece il diritto del figlio di essere il frutto dell’atto coniugale dei suoi genitori e anche il

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diritto di essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento. 501. Che cosa possono fare gli sposi, quando non hanno figli? [2379] – Qualora il dono del figlio non fosse loro concesso, gli sposi, dopo

aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, possono mostrare la loro generosità mediante l’affido o l'adozione, oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo. Realizzano così una preziosa fecondità spirituale.

502. Quali sono le offese alla dignità del matrimonio? [2380-2391; 2400] – Esse sono: l’adulterio, il divorzio, la poligamia, l'incesto,

la libera unione (convivenza, concubinato), l'atto sessuale prima o al di fuori del matrimonio.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

Per la vita COSA DOBBIAMO FARE PER ESSERE FELICI? "Noi tutti certamente bramiamo vivere felici e tra gli uomini non c'è

nessuno che neghi il proprio assenso a questa affermazione". (S. Agostino)

Per la cultura buddista la felicità si ha nel "nirvana" cioè nell'eliminazione delle passioni e dei desideri, cioè eliminazione della propria individualità. Per alcune culture la felicità si ottiene allora nel vivere a servizio del proprio gruppo sociale. Per alcune religioni si è felici solo "sottomettendosi" a Dio Onnipotente. Per la cultura occidentale odierna la felicità si ottiene assecondando i desideri e le passioni del singolo. Per molti la felicità è diventare "padroni" cioè signori degli altri e delle ricchezze del mondo.

La felicità è al centro della "buona notizia" di Gesù. Una felicità che passa attraverso desideri e passioni umane per giungere ad amare come Gesù e godere con Dio.

Per essere felici il Signore ci indica una strada: liberarci da ciò che non ci permette di amare intensamente.

PER QUALE AMORE? Per vivere felicemente allora, un uomo e una donna che si amano,

devono cercare l’unità, attraverso il dialogo, l'accoglienza, la comprensione, l’intimità e la donazione. Questa unità va vissuta come dono (regalo) esclusivo, da conservare gelosamente (fedeltà) perché non si consumi (indissolubilità) o vada deteriorato (castità) ma possa

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rinnovarsi per tutta la vita, portando nuova vitalità (fecondità) a noi e a chi ci sta vicino.

Unità Lo scopo dell'amore è di creare unità tra l'uomo e la donna, quell'unità

originaria. L'essere "una cosa sola" è il più forte desiderio che sentiamo, che si esprimerà anche concretamente nel matrimonio.

Esclusività L'essere innamorati è un'esperienza esclusiva. L'uomo e la donna sono

attratti reciprocamente per costruire un rapporto di intimità. Solo la coppia può realizzare questa intima unione di vita e di amore propria del matrimonio. Non c'è spazio per la poligamia o per il cosiddetto amore di gruppo.

Fedeltà Non è solo l'esclusione di un altro/a ma è l'esigenza di un'attrazione

totale. E' impegno a non ritirare il nostro affetto verso l'amato/a, a non rifugiarci tra altre braccia quando siamo delusi ma nel cercare di rilanciare il nostro amore.

E' dire sempre all'amato/a "tu mi basti", " la mia vita senza di te non ha senso"…

Indissolubilità Ci si riconosce innamorati non per vivere un'esperienza a termine o a

tempo, ma con il desiderio di viverla intensamente e totalmente. Il donarsi, il vivere la comunione dei desideri, dei progetti e dei corpi non è un qualcosa che si consuma e si getta. Con il tempo, il vero amore si arricchisce, non si consuma. L'amore va vissuto "per sempre".

Castità Il termine è spesso confuso con l'astinenza dai rapporti sessuali. Invece

dovrebbe designare il modo di vivere la propria sessualità nella nostra condizione di vita.

Essere casti significa vivere al massimo la propria sessualità senza diventare schiavi della genitalità, cioè valorizzando il nostro essere uomo o donna "in dono" per l'altro.

Essere casti significa valorizzare la sessualità nel suo significato unitivo e di intimità, attraverso il dominio di sé, la valorizzazione di tutti i gesti, il godere di tutti gli aspetti della vita di coppia, il saper rispettare l'altro/a.

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Fecondità L'amore è un'esperienza felice che va trasmessa. Il vero amore apre

sempre a esperienze vitali nuove e soddisfacenti. L'amore è per sua natura fecondo, cioè capace di portare vita. Lo è biologicamente ma soprattutto "moralmente" cioè aprendo alla vita innanzitutto l'amato/a e poi le persone che abbiamo attorno, coinvolte in una nuova vitalità.

La fecondità comporta anche la disponibilità ad accogliere la nuova vita e le novità della vita.

Per il gruppo Per iniziare la serata suggeriamo alcune domande stimolo a cui i

fidanzati rispondono in coppia, poi con la tecnica del brain storming proviamo a far emergere quali sono le loro idee circa la paternità e la maternità responsabili

• Quali idee abbiamo circa il nostro futuro come famiglia? • Il dono della vita: ci siamo interrogati sul tema dei figli? • Cosa vuol dire per noi essere aperti alla vita? • Brain storm: paternità e maternità responsabili per noi

significano….. Successivamente utilizzando gli stimoli proposti dal documento della

Familiaris Consortio riportati sopra (nel paragrafo “Pro-vocazione) invitiamo i fidanzati a riflettere sul significato della procreazione come “speciale partecipazione del suo amore ed insieme del suo potere di Creatore”

Essere padri e madri quindi non significa essere padroni della vita, ma rendersi disponibili a “completare il progetto di Dio per l’umanità. Perché questo possa avvenire, però, l’amore degli sopsi deve conformarsi a quello di Dio ed avere alcune caratteristiche peculiari. Queste caratteristiche sono state ben descritte nell’enciclica Humanae Vitae del papa Paolo VI (1968).al n.11 Possiamo predisporre un foglio da consegnare ai fidanzati nel quale vengono elencate e invitarli a piccoli gruppi a commentare le definizioni spiegandole a proprio modo.

L’amore coniugale è: Pienamente umano

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Totale Fedele ed esclusivo Fecondo

Successivamente in gruppo si confrontano le riflessioni e si consegna ad ogni copia il testo a cui si è fatto riferimento, unitamente al precedente n. 12 dello stesso documento, nel quale viene spiegato come i due significati della sessualità, quello unitivo e quello procreativo, non possono essere disgiunti uno dall’altro perché l’amore degli sposi sia veramente incarnazione dell’amore stesso di Dio.

Le caratteristiche dell’amore coniugale

È prima di tutto amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare (…) e da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. "Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori.

[…] Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo. Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue

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questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana.

[Dall’Enciclica Humanae Vitae, 9.12]

Per una riflessione ulteriore Etica e morale L’etica la parte della filosofia che analizza e orienta il comportamento

dell'uomo. L'etica pone i principi base, validi per tutti, mentre la "morale" designa il comportamento che il singolo può assumere per vivere felicemente.

"L'atto moralmente buono suppone ad un tempo la bontà dell'oggetto, del fine e delle circostanze" (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1755).

Nella nostra vita quotidiana compiamo migliaia di gesti e azioni che sono frutto della nostra libera scelta. Ogni gesto è, consapevolmente o no, rivolto ad una persona o ad un bene (verso chi: oggetto), ha uno scopo, un'intenzione, una motivazione (un perché: fine) ed è fatto in determinate circostanze e situazioni (il quando ed il dove).Essere innamorati ci spinge a migliaia di attenzioni verso l'amato/a. Questi nostri comportamenti ci portano alla felicità se sono “moralmente buoni”, cioè se, consapevolmente o no, “oggetto”, “fine” e “circostanze” sono buoni. Il problema sorge perché la maggior parte delle nostre azioni è determinata da reazioni istintive.

Ecco l'importanza di “educarci” gradualmente a vivere atteggiamenti e comportamenti buoni per raggiungere la felicità. E per fare questo dobbiamo avere l'umiltà di farci aiutare anche da sacerdoti o sposi, di confrontarci e di cambiare modi di vivere.

Per una riflessione di coppia 1. Siamo d'accordo con quanto detto? Cosa non abbiamo chiaro? 2. Su quali atteggiamenti e quali valori fondiamo il nostro amore? 3. Unità, Esclusività, Fedeltà, Indissolubilità, Fecondità, Castità

sono modi per essere felici? 4. Abbiamo compreso il senso della paternità e della maternità

responsabile?

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Scheda 3/3

LA FAMIGLIA A FONDAMENTO DELLA SOCIETÀ

Pro-vocazione La spinta a considerare la coppia e la famiglia come un affare privato

che ciascuno può modellare sulla base dei propri desideri e tendenze contrasta con un dato di fatto colto da tutte le culture: la radicazione di questa realtà sulla natura della persona umana. La stessa nostra costituzione lo dichiara all’art. 29: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», aggiungendo subito dopo, all’art. 31: « La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose».

La rilevanza pubblica della famiglia con la sua inconfondibile identità di «società naturale» non può essere negata, ma va riscoperta nelle sue numerose implicazioni.

Il pensiero cristiano – che considera l’origine della umanità in Dio creatore – ha un titolo in più per confermare questo dato di ragione: poiché il matrimonio è stato da Lui voluto quale principio e fondamento della convivenza sociale, la famiglia può essere a ragione considerata la «prima e vitale cellula della società» (Concilio Vaticano II) e scuola delle grandi mediazioni, tra sessi, tra generazioni, tra pubblico e privato, tra natura e cultura, e potremmo anche aggiungere tra Chiesa e mondo e tra storia e Regno di Dio.

Famiglia e società

L'intima connessione tra la famiglia e la società, come esige l'apertura e la partecipazione della famiglia alla società e al suo sviluppo, così impone che la società non venga mai meno al suo fondamentale compito di rispettare e di promuovere la famiglia stessa.

[…] lo Stato non può né deve sottrarre alle famiglie quei compiti che esse possono ugualmente svolgere bene da sole o liberamente associate, ma positivamente favorire e sollecitare al massimo l'iniziativa responsabile delle famiglie. Convinte che il bene della famiglia costituisce un valore indispensabile

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e irrinunciabile della comunità civile, le autorità pubbliche devono fare il possibile per assicurare alle famiglie tutti quegli aiuti - economici, sociali, educativi, politici, culturali - di cui hanno bisogno per far fronte in modo umano a tutte le loro responsabilità

(Familiaris Consortio, 45)

Il contributo che la famiglia, cristianamente ispirata e vissuta, può dare

per il bene della società ruota tutto attorno all’esperienza della comunione e dei valori che da tale esperienza promana: la gratuità, la socialità, la solidarietà, la promozione della dignità della persona, l’accoglienza, il dialogo, l’ospitalità, la generosità, ecc., tutti valori che contribuiscono a creare quella che Paolo VI ha definito «la civiltà dell’amore» e di cui Giovanni Paolo II ha detto «la famiglia è il centro e il cuore». Chi cerca – di fronte alla crisi di valori e di verità che colpisce la nostra civiltà occidentale – di «valorizzare la dignità del matrimonio e della famiglia» (Concilio Vaticano II) combatte una buona battaglia culturale affinché non vengano oscurati e svuotati di significa quei concetti di «amore», di «libertà» , di «dono sincero di sé», di «persona», di «diritti» che hanno nella famiglia il loro terreno di coltivazione e dove possono venir preservati dai diffusi inquinamenti ideologici.

La civiltà dell’amore

Alla luce di questi e di altri testi del Nuovo Testamento è possibile comprendere che cosa s’intende per “civiltà dell’amore”, e perché la famiglia è organicamente unita con tale civiltà. Se prima “via della Chiesa” è la famiglia, occorre aggiungere che anche la civiltà dell’amore è “via della Chiesa”, la quale cammina nel mondo e chiama su tale via le famiglie e le altre istituzioni sociali, nazionali e internazionali, a motivo proprio delle famiglie ed attraverso le famiglie. La famiglia infatti dipende per molteplici motivi dalla civiltà dell’amore, nella quale trova le ragioni del suo essere famiglia. E in pari tempo la famiglia è il centro e il cuore della civiltà dell’amore.

[Lettera alle famiglie, 13] La famiglia è chiamata a riscoprire il proprio ruolo sociale sopratutto

su due fondamentali versanti: 1. quello dell’affermazioni dei propri diritti; 2. e quello dell’associazionismo familiare.

1. La famiglia può partecipare allo sviluppo della società e portare il suo specifico contributo nella misura in cui le è riconosciuto il suo statuto di «soggetto sociale» e assicurati i suoi fondamentali diritti. Non si può oggi rimanere muti di fronte a ritardi, lentezze, ad abbandoni, se non proprio di palesi ingiustizie, di cui la famiglia normale è vittima da parte

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della società. Sono soprattutto due i punti critici in cui la famiglia si vede penalizzata: il diritto dei genitori alla educazione dei propri figli (scuola libera) e il diritto di una adeguata politica familiare (equità fiscale per le famiglie). Per sostenere le famiglie a maturare la coscienza dei propri diritti, ma anche per favorire l’impegno degli Stati, sia la Familiaris Consortio (n. 46) sia La Santa Sede (24 novembre 1983) hanno emanato una Carta dei diritti della famiglia.

I fondamentali diritti della famiglia

Art. 1: Ogni persona ha diritto alla libera scelta del proprio stato di vita, e perciò a sposarsi e formare una famiglia oppure a restare celibe o nubile.

Art. 2: Il matrimonio non può essere contratto se non mediante il libero e pieno consenso degli sposi debitamente espresso.

Art. 3: Gli sposi hanno l’inalienabile diritto di costituire una famiglia e di decidere circa l'intervallo tra le nascite e il numero dei figli da procreare, tenendo pienamente in considerazione i loro doveri verso se stessi, verso i figli già nati, la famiglia e la società, in una giusta gerarchia di valori e in conformità all’ordine morale oggettivo che esclude il ricorso alla contraccezione, alla sterilizzazione e all'aborto.

Art. 4: La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento.

Art. 5: Avendo dato la vita ai loro figli, i genitori hanno l’originario, primario e inalienabile diritto di educarli; essi devono perciò essere riconosciuti come i primi e principali educatori dei loro figli.

Art. 6: La famiglia ha il diritto di esistere e di progredire come famiglia. Art. 7: Ogni famiglia ha il diritto di vivere liberamente la propria vita religiosa

domestica sotto la guida dei genitori, così come ha il diritto di professare pubblicamente e di diffondere la fede, di prendere parte al culto pubblico e di scegliere liberamente programmi di istruzione religiosa senza patire discriminazione.

Art. 8: La famiglia ha il diritto di esercitare la sua funzione sociale e politica nella costruzione della società.

Art. 9: Le famiglie hanno il diritto di poter fare assegnamento su una adeguata politica familiare da parte delle pubbliche autorità nell’ambito giuridico, economico, sociale e fiscale, senza discriminazioni di sorta.

Art. 10: Le famiglie hanno diritto a un ordine sociale ed economico in cui l'organizzazione del lavoro permetta ai membri di vivere insieme, e non ostacoli l'unità, il benessere, la salute e la stabilità della famiglia, offrendo anche la possibilità di sana ricreazione.

Art. 11: La famiglia ha il diritto a una decente abitazione, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che

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provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità. Art. 12: Le famiglie dei migranti hanno diritto alla medesima protezione di

quella concessa alle altre famiglie.

2. Per poter adeguatamente interloquire con lo Stato, la famiglia non

può agire da sola, ma è auspicabile che lo faccia in modo associato con le altre famiglie. A tale riguardo sono nati il «Forum delle Associazioni Familiari» (vedi www.forumfamiglie.org) e l’associazione AFI (cf www.afifamiglia.it).

La comunità cristiana si sente particolarmente chiamata a sostenere tali associazioni con le forme che le competono.

Famiglie: protagoniste attive e responsabili

Come è giusto che le coppie e le famiglie esigano dalla società e dall'autorità il rispetto e la promozione dei loro diritti, così è doveroso che le coppie e le famiglie diventino sempre più protagoniste attive e responsabili di politiche sociali e familiari, con le quali la famiglia, fondata sul matrimonio, possa essere realmente rispettata e promossa come unità sociale di base.

Di grande importanza sono, a tale riguardo, varie forme di associazioni familiari: oltre ad esprimere a loro modo la dimensione della solidarietà, si presentano come «una necessità storica per le famiglie stesse che vogliano possedere una adeguata forza rivendicativa dei loro doveri e diritti, di fronte ai molti continui tentativi che le strutture pubbliche vanno facendo per ridurre o rifiutare quella presenza nel sociale che compete di diritto alle famiglie come tali».

[Direttorio di Pastorale Familiare, 181.182]

La Parola ci dice

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande».

Matteo 7,24-27

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Breve Commento L’evangelista Matteo conclude il cosiddetto “discorso della montagna”

di Gesù con la similitudine del costruttore. Gesù «vedendo le folle…salì sulla montagna … li ammaestrava

dicendo: beati i poveri in spirito..»(Mt. 5,1-2) e le folle «restarono stupite del suo insegnamento» (Mt. 7,28). Gesù, davanti alla gente che lo segue, sente la necessità di parlare delle cose che permettono all’uomo di costruire la vera felicità: ecco che proclama le beatitudini, afferma la forza della Provvidenza e l’insignificanza della ricchezza, parla della purezza dello sguardo, ricorda la necessità del perdono e della preghiera, parla dell’umiltà e alla fine ricorda che Dio apprezza i fatti, non le belle intenzioni: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore” entrerà nel Regno dei cieli...» (Mt. 7,21).

A corollario di questo “proposta” Gesù ricorda come «chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio». La salvezza, cioè la possibilità dell’uomo di realizzarsi, non è “patrimonio” esclusivo di un gruppo di persone ma è promessa ad ogni uomo e ad ogni donna. Gesù proclama l’universale chiamata alla santità: San Paolo, ad esempio, ricorda ai Colossesi: «un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive …ora Egli vi ha riconciliati…purché restiate fondati e fermi nella fede» (Col. 1,21). Gesù interrompe una visione della vita dove tutto è “predeterminato” dall’appartenenza ad un popolo, ad una classe sociale, ad un gruppo, al possesso di “titoli” o di ricchezze: la possibilità di realizzarci sta nel seguire Gesù e nel metterlo a fondamento vero della nostra vita.

Chi “ascolta e mette in pratica” le parole di Gesù «è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia». L’uomo saggio prima di compiere azioni e di fare scelte ci pensa bene, si preoccupa delle conseguenze di ciò che fa e non agisce d’istinto con colpi di testa.

« Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde»

Affidarci a Gesù non è un antidoto alle difficoltà della vita. Se gli ebrei credevano che la benevolenza divina si manifestasse con il benessere concesso ai fedeli, per cui la malattia o le difficoltà erano segno di peccato (significativa è la storia di Giacobbe), Gesù ci ricorda che anche sulla casa fondata sulla roccia soffiano i venti e straripano i fiumi. Ma sono le fondamenta che permettono alla casa di non cadere: «essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia».

Al contrario non è una bella costruzione, esteriormente solida e

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funzionale, a dare sicurezza ai suoi ospiti. La casa, nella similitudine utilizzata da Gesù, è destinata a crollare davanti alle difficoltà da cui dovrebbe proteggerci, se non ha fondamenta solide «essa cadde, e la sua rovina fu grande».

Gesù si propone come la roccia su cui costruire la nostra felicità.

F.A.Q. 401. In che cosa consiste la dimensione sociale dell'uomo? [1877-1880; 1890-1891] – Insieme alla chiamata personale alla beatitudine,

l'uomo ha la dimensione sociale come componente essenziale della sua natura e della sua vocazione. Infatti: tutti gli uomini sono chiamati al medesimo fine, Dio stesso; esiste una certa somiglianza tra la comunione delle Persone divine e la fraternità che gli uomini devono instaurare tra loro nella verità e nella carità; l'amore del prossimo è inseparabile dall'amore per Dio.

402. Qual è il rapporto tra la persona e la società? [1881-1882; 1892-1893] – Principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni

sociali è e deve essere la persona. Alcune società, quali la famiglia e la comunità civica, sono ad essa necessarie. Sono utili anche altre associazioni, tanto all'interno delle comunità politiche quanto sul piano internazionale, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

Il futuro ci chiama e ci impegna Essere sposi cristiani non è solo un impegno preso con l’altro e con

Dio. La vita quotidiana della coppia che ha scelto la via del matrimonio cristiano, si impregna di questa nuova realtà che deve essere alla base delle scelte che compiamo ogni giorno. Non avrebbe senso essere sposi cristiani se non si è anche testimoni dell’amore di Dio nella storia. Questo significa che anche nel sociale c’è bisogno di un impegno che permetta di vivere al meglio la propria vocazione. Come? La casa sulla roccia di cui ci parla il Vangelo non è costruita per essere chiusa, ma perché le persone vi possano vivere in armonia: si tratta allora semplicemente di “umanizzare” lo stile di vita che scegliamo. I valori che la coppia ha messo alla base del proprio matrimonio non possono essere in contrasto con quanto si vive nel lavoro, nell’impegno sociale, nell’educazione dei figli. Ecco allora che l’impegno per la costruzione della “civiltà dell’amore” chiama gli sposi ad essere semplicemente se stessi, portando

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nel loro vivere quanto hanno messo a fondamento della loro vita a due. Ed è proprio questa che diventa il modello di convivenza da esportare all’esterno, una convivenza pacifica, fatta di accoglienza del simile e del diverso nella convivialità e nella semplicità; fatta di sobrietà, dove l’utile e l’essenziale diventa il metro di misura delle scelte commerciali; l’aiuto reciproco alle famiglie che vivono accanto, attraverso i rapporti di buon vicinato e non solo di reciproca sopportazione. La scelta del tempo, come occasione di vita e non padrone e tiranno.

Per il gruppo

E’ importante far vedere ai fidanzati come la Chiesa intenda e veda la famiglia nel suo ruolo sociale: il punto di partenza più adatto è la carta dei diritti della famiglia, di cui proponiamo in seguito i tratti salienti.

Possiamo dare ai fidanzati copia del sunto di tale documento o almeno di alcuni articoli (riportato in sintesi nella Pro-vocazione) e invitarli a commentarlo brevemente in gruppo cercando soprattutto di attualizzarlo in stili di vita.

CARTA DEI DIRITTI DELLA FAMIGLIA (1983)

La «Carta dei diritti della famiglia» ha le sue origini nella richiesta formulata dal sinodo dei vescovi tenuto a Roma nel 1980 sul tema «I compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi» (cf. «Propositio», n. 42). Sua santità, papa Giovanni Paolo II, nell'esortazione apostolica Familiaris consortio (n. 46), accolse la richiesta del sinodo e impegnò la Santa Sede a preparare una Carta dei diritti della famiglia da presentare agli ambienti ed autorità interessati.

Il documento non è un'esposizione di teologia dogmatica o morale sul matrimonio e la famiglia, sebbene esso rifletta il pensiero della Chiesa in materia. Né è un codice di condotta per persone o istituzioni interessate al problema. (…) Essa mira, piuttosto, a presentare a tutti i nostri contemporanei, siano essi cristiani o no, una formulazione - la più completa e ordinata possibile - dei fondamentali diritti inerenti a quella società naturale e universale che è la famiglia.

I diritti enunciati nella Carta sono espressi nella coscienza dell'essere umano e nei valori comuni a tutta l'umanità. La visione cristiana è presente in questa Carta come luce della divina rivelazione che illumina la naturale realtà della famiglia. Questi diritti sorgono, in ultima analisi, da quella legge che è inscritta dal Creatore nel cuore di ogni essere umano. La società è chiamata a difendere questi diritti dalle violazioni e a rispettarli e promuoverli nell'interezza del loro contenuto.

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I diritti proposti devono essere compresi secondo il carattere specifico di una «Carta». In alcuni casi essi enunciano vere e proprie norme giuridicamente vincolanti; in altri casi, esprimono postulati e princìpi fondamentali per una legislazione da attuare e per lo sviluppo della politica familiare. In tutti i casi essi sono un appello profetico in favore dell'istituzione familiare, la quale deve essere rispettata e difesa da tutte le usurpazioni.

Del resto quasi tutti questi diritti si possono già trovare in altri documenti sia della Chiesa che della comunità internazionale. La presente Carta si prefigge di elaborarli ulteriormente, di precisarli con maggior chiarezza e di raccoglierli in una presentazione organica, ordinata e sistematica

La Carta è naturalmente anche diretta alle famiglie stesse: essa mira a rafforzare in esse la consapevolezza del ruolo insostituibile e della posizione della famiglia; si augura di ispirare le famiglie ad unirsi nella difesa e nella promozione dei loro diritti; incoraggia le famiglie a compiere i loro doveri in modo che il ruolo della famiglia possa diventare sempre più chiaramente apprezzato e riconosciuto nel mondo d'oggi.

La Carta è diretta, infine, a tutti gli uomini e donne affinché si impegnino a fare tutto il possibile per assicurare che i diritti della famiglia siano protetti e che l'istituzione della famiglia sia rafforzata per il bene dell'intero genere umano, oggi e nel futuro.

La Santa Sede nel presentare questa Carta, auspicata dai rappresentanti dell'episcopato di tutto il mondo, rivolge un particolare appello a tutti i membri e le istituzioni della Chiesa perché diano chiara testimonianza delle convinzioni cristiane circa l'insostituibile missione della famiglia, e procurino che famiglie e genitori ricevano il necessario sostegno ed incoraggiamento per adempiere il compito loro affidato da Dio.

(Presentazione della carta dei diritti della famiglia, 22 ottobre 1983)

Ci interroghiamo

Il brano del vangelo ci ricorda che: → Tutti possono salvarsi, cioè realizzare la propria vita; → Condizione per esser felici è “mettere in pratica” cioè fare ciò che

Gesù ci insegna e testimonia; → La “saggezza” sta nel compiere le scelte e nel fare azioni secondo

l’insegnamento di Gesù; → Vivere da cristiani non ci trasforma in persone migliori degli altri,

infallibili, ma ci permette di essere più forti nelle difficoltà;

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→ Una coppia cristiana non è più “brava” delle altre coppie ma ha la risorsa di fare riferimento a Gesù nei momenti di difficoltà ;

→ La famiglia che pone Gesù a fondamento della propria vita contribuisce al rinnovamento della società.

Proviamo a confrontarci come coppia sulle considerazioni suesposte. Su cosa intendiamo “fondare” la nostra futura famiglia? Su cosa dovrebbe fondarsi la società?

Per una riflessione ulteriore Il brano del vangelo ci invita ad ascoltare e mettere in pratica la Parola

di Gesù. → Cosa significa mettere Gesù a fondamento della nostra vita? → Noi, come gruppo fidanzati, siamo capaci di mettere in pratica

anche una sola proposta del discorso della montagna (vedi Vangelo di Matteo dal Capitolo 5 al cap. 7) in preparazione al nostro matrimonio?

→ Come cambierebbe la società se gli innamorati iniziassero a vivere come ha insegnato Gesù?

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Scheda 4/3

LA FAMIGLIA NELLA MISSIONE DELLA CHIESA

Pro-vocazione La famiglia, fondata sul sacramento del matrimonio, esprime a tal

punto il mistero della Chiesa da divenirne una sua specifica concretizzazione. Proprio per questo essa è definita «Chiesa in miniatura», a tal punto vicina all’uomo che la sua presenza coincide con la presenza stessa di ogni individuo nella propria famiglia.

Nei confronti della famiglia, quindi, la Chiesa Madre non può avere che un occhio di riguardo. Esso la genera con il sacramento, la educa con la Parola, la edifica con la sua particolare cura, convinta che prendersi cura della famiglia è allo stesso tempo prendersi cura di sé.

“Chiesa in miniatura”

La famiglia è l’oggetto fondamentale dell’evangelizzazione e della catechesi della Chiesa, ma essa è anche il suo indispensabile ed insostituibile soggetto: il soggetto creativo. Proprio per questo, per essere questo soggetto, non solo per perseverare nella Chiesa ed attingere dalle sue risorse spirituali, ma anche per costituire la Chiesa nella sua dimensione fondamentale, come una “Chiesa in miniatura” (“Ecclesia domestica”), la famiglia deve in modo particolare essere cosciente della missione della Chiesa e della propria partecipazione a questa missione.

[GIOVANNI PAOLO II, Omelia del 26 settembre 1980]

Se la Chiesa esiste per la missione, cioè per portare a tutti la buona

novella dell’amore di Dio rivolto ad ogni uomo, indipendentemente dalla sua condizione in quanto Egli non fa distinzione di persone, a tale missione è chiamata a partecipare la famiglia cristiana. A far partecipare la famiglia alla missione della Chiesa dovrà sentirsi particolarmente stimolata e impegnata la parrocchia, che della Chiesa è l’ultima localizzazione, Chiesa «che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie» (Chistifideles Laici, 26).

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La parrocchia missionaria

La parrocchia missionaria fa della famiglia un luogo privilegiato della sua azione, scoprendosi essa stessa famiglia di famiglie, e considera la famiglia non solo come destinataria della sua attenzione, ma come vera e propria risorsa dei cammini e delle proposte pastorali.

[Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 9]

I contenuti fondamentali della missione della famiglia non sono dati

dall’esterno, ma sono insiti nella sua stessa realtà. La sua missione, quindi, parte quasi dall’interno come una insopprimibile spinta a manifestare ciò che essa veramente è, «intima comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48). Ecco che l’amore e la vita sono i due valori che essa è chiamata a diffondere nel suo cammino missionario.

Il nucleo della missione salvifica della famiglia cristiana

«La famiglia cristiana, poi, edifica il Regno di Dio nella storia mediante quelle stesse realtà quotidiane che riguardano e contraddistinguono la sua condizione di vita: è allora nell’amore coniugale e familiare – vissuto nella sua straordinaria ricchezza di valori ed esigenze di totalità, unicità, fedeltà e fecondità – che si esprime e si realizza la partecipazione della famiglia cristiana alla missione profetica, sacerdotale e regale di Gesù Cristo e della sua Chiesa: l’amore e la vita costituiscono pertanto il nucleo della missione salvifica della famiglia cristiana nella Chiesa e per la Chiesa»

[Familiaris Consortio, 50]

La famiglia non può essere considerata come la somma dei suoi

membri che convivono come un agglomerato di individui singoli. La famiglia – è stato ribadito ormai più volte – è una «comunione di persone», per cui la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire senza snaturare questa sua specificità. La Familiaris Consortio lo ha ribadito in termini assai perentori: «Se la famiglia cristiana è comunità, i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla missione della Chiesa deve avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo» (n. 50).

La missione della Chiesa si radica nella missione stessa di Cristo, secondo una catena di mandati che Egli così ha chiarificato: «Pace a voi!

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Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi» (Gv 20,21). Cristo è stato Profeta, Sacerdote e Re. La missione ecclesiale della famiglia si configura così a questo triplice e unitario riferimento a Cristo. Essa viene investita di un ministero profetico, sacerdotale e regale.

1. In riferimento al ministero profetico, la famiglia cristiana è chiamata a diventare comunità credente ed evangelizzante (cf Familiaris Consortio, 51-54).

2. In riferimento al ministero sacerdotale, essa è chiamata a vivere come comunità in dialogo con Dio, divenendo spazio di santificazione per tutti i suoi membri (cf Familiaris Consortio, 55-62).

3. In riferimento al ministero regale, essa deve essere aiutata ad essere a servizio dell’uomo tramite la testimonianza della verità che illumina e l’amore che redime. La spinta ad accogliere, rispettare e servire l’uomo è data dal fatto che essa, in forza della propria fede in Gesù Cristo, sa scoprire in ogni fratello l’immagine di Dio nella profonda consapevolezza che ogni cosa fatta all’uomo è fatta a Dio (cf Mt 25,40) (cf Familiaris Consortio, 63-64).

La missione della famiglia ha delle analogie con la missione del sacerdote. Sia la missione della famiglia sia la missione del presbitero, infatti, si fondano su un sacramento. Ecco perché ordine e matrimonio sono definiti dal Catechismo della Chiesa Cattolica «i sacramenti del servizio della comunione», conferiscono una missione particolare alla Chiesa e servono alla edificazione del popolo di Dio (cf 1533-1535).

L’ordine e il matrimonio

«L’ordine e il matrimonio significano a attuano una nuova e particolare forma del continuo rinnovarsi della alleanza nella storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e di dilatazione del popolo di Dio. Proprio per questo vengono chiamati sacramenti sociali: “Alcuni propagano a custodiscono la vita spirituale mediante un ministero unicamente spirituale: è il compito del sacramento dell’ordine; altri fanno questo mediante un ministero ad un tempo corporale e spirituale e ciò si attua col sacramento del matrimonio, che unisce l’uomo e la donna perché generino una discendenza e la educhino al culto di Dio” (S. Tommaso, Contra Gentes, IV, 58)»

[Evangelizzazione Sacramento del Matrimonio, 32].

La Parola ci dice

Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un

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villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?». E partirono senz'indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

(Luca 24,13-35)

Breve Commento Luca racconta che Gesù risorto, proprio la sera del giorno della

Resurrezione, si mette in “cammino” assieme a due discepoli delusi. I due avevano celebrato la Pasqua ebraica a Gerusalemme, facevano parte del gruppo di coloro che si riunivano attorno agli Apostoli ed ora stavano tornando al proprio villaggio.

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Erano discepoli delusi perché non si aspettavano che sarebbe finita in quel modo: nel giro di pochi giorni il loro “maestro” era passato dall’accoglienza festosa alla porte di Gerusalemme al sepolcro, che le donne avevano trovato vuoto proprio la mattina.

Le loro attese erano in parte deluse: «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele». Da Gesù si aspettavano la liberazione dall’oppressore romano e la restaurazione della potenza del popolo di Dio. Non potevano credere all’illusione delle donne dopo il fallimento del venerdì santo!

Ma in questa desolazione della loro fede si apre una novità: si affianca a loro uno sconosciuto. Un estraneo, che sembra non conoscere il loro dramma spirituale, cammina con loro fino a casa.

« Gesù in persona si accostò e camminava con loro.» Gesù non ci abbandona, anche quando non siamo capaci i riconoscerlo. Sembra strano questo Risorto che non si fa riconoscere subito neppure

da Maria di Magdala e dai discepoli in riva la lago! L’evangelista Marco sottolinea come Gesù Risorto si presenta «sotto un altro aspetto» (Mc. 16,12), quasi a significare la “glorificazione” del corpo, dopo la resurrezione. Gesù intende presentarsi ai discepoli quasi in “incognito”, per aiutarli a rileggere il credo dei cristiani e accompagnarli nel loro cammino spirituale.

« Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. » Il pianto della delusione e la mancanza di speranza non permette di

vedere i segni del nuovo che avanza. Gesù è uno sconosciuto perché gli stessi discepoli non lo avevano riconosciuto per quello che era ma lo consideravano un liberatore dai romani, un sollevatore del popolo. Per non turbare i discepoli che si aspettavano di vederlo compiere a Gerusalemme i grandi eventi dei miracoli Gesù sceglie di camminare e di dialogare con loro in incognito.

« Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.»

Gesù è riconoscibile agli occhi dei discepoli di Emmaus solo quando compie il “rito eucaristico”: prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo donò loro. Gesù si riconosce proprio nel suo essere dono e nutrimento per la nostra anima “delusa”. Il messaggio dell’evangelista è evidente: Gesù si avvicina ed è presente a noi, nei nostri affanni e disperazioni, attraverso l’Eucaristia.

Gesù si fa presente quando «due o tre sono riuniti nel suo nome» cioè in una comunità di credenti.

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Da questo incontro nasce la gioia e la missione: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».

« E partirono senz'indugio » Alla fine vi è la capacità di riconoscere che Gesù «è vivo» (v. 23) e

vicino a noi. I discepoli di Emmaus sono per noi l’icona della coppia cristiana: se

sappiamo riconosce che Gesù cammina con noi allora sappiamo essere felici e riusciremo a realizzare la nostra vita.

Gesù, accostandosi ai discepoli di Emmaus, ci indica il ruolo che come comunità cristiana abbiamo nel mondo: dare testimonianza della speranza della Resurrezione, camminando accanto agli uomini delusi e cercando di condurli verso casa.

La famiglia, “piccola chiesa”, è il luogo dove lo Sconosciuto si rivela. F.A.Q.

150. Qual è la missione della Chiesa? [767-769] – La missione della Chiesa è di annunziare e instaurare in mezzo a

tutte le genti il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo. Essa qui sulla terra costituisce il germe e l'inizio di questo Regno salvifico.

158. Perché la Chiesa è detta la sposa di Cristo? [796; 808] – Perché il Signore stesso si è definito come lo «Sposo» (Mc 2,19),

che ha amato la Chiesa, unendola a sé con un’Alleanza eterna. Egli ha dato se stesso per lei, per purificarla con il suo sangue e «renderla santa» (Ef 5,26) e madre feconda di tutti i figli di Dio. Mentre il termine «corpo» evidenzia l'unità del «capo» con le membra, il termine «sposa» mette in risalto la distinzione dei due in relazione personale.

350. Perché la famiglia cristiana è chiamata anche Chiesa domestica? [1655-1658; 1666] – Perché la famiglia manifesta e attua la natura

comunionale e familiare della Chiesa come famiglia di Dio. Ciascun membro, secondo il proprio ruolo, esercita il sacerdozio battesimale, contribuendo a fare della famiglia una comunità di grazia e di preghiera, una scuola delle virtù umane e cristiane, il luogo del primo annuncio della fede ai figli.

(DAL COMPENDIO DEL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA)

Il futuro ci chiama e ci impegna

“La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa in modo proprio e originale, ponendo cioè al servizio della Chiesa e della società se stessa nel suo

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essere ed agire, in quanto intima comunità di vita e di amore”.(Familiaris Consortio, 50)

Il documento (la Familiaris Consortio) che abbiamo preso come base per le riflessioni in questa parte del nostro sussidio, ci indica chiaramente quale è la missione della famiglia nella vita della Chiesa e in che modo essa si debba realizzare. Anzitutto la famiglia deve essere “parte attiva”, cioè non spettatrice o fruitrice di servizi. Capita spesso di pensare, infatti che “la chiesa” sia quel luogo dove andare a prendere ciò che ci serve: dalla benedizione, al battesimo per i figli, ai sacramenti sentiti come un diritto e non come un dono e una scelta responsabile. Questa mentalità da “centro commerciale” rischia di farci perdere di vista la verità circa il nostro ruolo di cristiani. Come battezzati, infatti, i cristiani formano il corpo visibile di Cristo che è la Chiesa, ciascuno secondo il proprio ministero, cioè il proprio ruolo specifico nel servizio (cf 1 Cor 12, 12-13.27). Tutti quindi abbiamo il compito di rendere presente Cristo nel mondo, ciascuno secondo la propria vocazione. Anche gli sposi quindi ed in un modo tutto originale. “I coniugi, […] in forza del loro ministero, non sono soltanto l’oggetto della sollecitudine pastorale, ma ne sono anche il soggetto attivo e responsabile in una missione di salvezza che si compie con la loro parola, la loro azione, la loro vita” (Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio, 59). Per gli sposi che hanno incontrato Gesù, fonte ed orizzonte del loro amore, ecco come deve essere l’impegno: non tanto o non solo nel mettersi a disposizione per “fare” qualcosa, ma essere presenti con la propria realtà nuova di coppia generata dal sacramento; questa unità, alimentata dalla preghiera e testimoniata con la vita di tutti i giorni, diventa la partecipazione propria alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Inoltre la famiglia può e deve aiutare la Chiesa ad adottare uno stile di umanità, di comunione profonda, fatta di rapporti veri e fraterni.

Per il gruppo In questo incontro è importante far percepire ai fidanzati che la chiamata

alla missione evangelizzatrice della famiglia non è un fatto straordinario riservato a poche coppie di eroi, ma che si tratta della chiamata rivolta ad ogni coppia cristiana. Poniamo quindi l’accento su come questo si realizzi nell’ordinario, nelle scelte e nei comportamenti che siamo chiamati a vivere quotidianamente. In un secondo momento portiamo l’attenzione sul bisogno di impegnarsi in prima persona a mettersi a servizio, non perché “ce la sentiamo” ma perché supportati e spinti dalla grazia del Sacramento

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che abbiamo ricevuto, e che viene rinnovata e rinvigorita dalla preghiera comune e dall’accostarsi come coppia ai sacramenti.

Ci interroghiamo:

Che cosa significa per una famiglia, essere “via di evangelizzazione” e come può diventarlo essa stessa?

Quali sono le caratteristiche della partecipazione di una famiglia alla vita della Chiesa?

Attraverso quali atteggiamento e gesti una famiglia può diventare annuncio di Cristo?

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BENEDIZIONE DEI FIDANZATI

IN VISTA DELLE NOZZE. Questo "incontro" andrà inserito al termine del cammino di crescita dei fidanzati

e nel contesto delle attività della Comunità parrocchiale con oculatezza per non diventare la "cerimonia" di pre-nozze.

Con il Parroco si individua la modalità migliore nel rispetto della sensibilità dei fidanzati e delle loro famiglie e della capacità della Comunità di capire il senso di tale iniziativa.

Modalità di svolgimento suggerita:

Nel rispetto dell'originalità della proposta da fare ad ogni gruppo di fidanzati, si propongono due celebrazioni: 1) Una benedizione con invocazione dello Spirito per una celebrazione del "gruppo

fidanzati", 2) Quella "ufficiale", tratta dal "Benedizionale" del rito romano della Chiesa;

LA BENEDIZIONE DEI "NUBENDI" CON INVOCAZIONE DELLO SPIRITO SANTO.

Si suggerisce la presente formula da inserire nel contesto celebrativo che si ritiene più idoneo (all’inizio della messa dopo il saluto; oppure dopo l’omelia, o prima del congedo)

E ora la benedizione del Dio di Abramo e Sara, di Isacco e Rebecca, di Giacobbe e Rachele, di Tobia e Sara, di Giuseppe e Maria e di molte coppie sante che vivono il loro amore coniugale come sacramento dell'amore di Cristo per la sua Sposa discenda su questi giovani fidanzati che hanno chiesto liberamente di celebrare il sacramento del Matrimonio e si impegnano in questo percorso comunitario di preparazione. R. AMEN Cristo Risorto, che per amore della Chiesa, sua Sposa, ha donato tutto se stesso fino alla morte e alla morte di croce,

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vivifichi la nostra comunità, e la renda famiglia delle famiglie attenta alle necessità dei fratelli capace di trasmettere ai giovani fidanzati la gioia di amare senza limiti R: AMEN E lo Spirito del Signore discenda su tutti noi e trasformi, in modo particolare, l'amore che questi giovani stanno vivendo in occasione di santificazione perché i loro corpi possano diventare un giorno tempio vivo del Suo Amore, capaci di vivere un amore indissolubile su cui fondare una nuova famiglia, aperta alla vita. R: AMEN

DAL "BENEDIZIONALE" DEL RITO ROMANO DELLA CHIESA

Vengono riportati integralmente i nn. 611-627 che propongono la "benedizione

dei fidanzati" eventuali commenti o integrazioni al testo ufficiale sono riportati tra [parentesi quadra e in corsivo]

RITO DELLA BENEDIZIONE

Inizio 611 Quando la famiglia [o il gruppo fidanzati o la comunità] è riunita, si esegue un canto adatto o si fa una pausa di raccoglimento. Poi tutti si fanno il segno della croce, mentre chi presiede dice: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. R. Amen. Saluto 612. Il ministro, se sacerdote o diacono, saluta i presenti con le seguenti parole o altre adatte, tratte di preferenza dalla Sacra

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Scrittura: La grazia e la pace del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha amato fino a dare la sua vita, sia con tutti voi. R. E con il tuo spirito. 613. Se chi presiede è un laico, saluta i presenti dicendo Fratelli e sorelle, lodiamo il Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha amato e ha dato la sua vita per noi. R. Amen. Oppure R. Benedetto nei secoli il Signore. Monizione introduttiva 614. Chi presiede introduce il rito di benedizione con queste parole o altre simili:

In ogni tempo e condizione di vita è indispensabile la grazia di Dio; ne avvertono più che mai il bisogno i fedeli che si preparano a formare una nuova famiglia. Imploriamo la benedizione del Signore per N. e N., perché facciano del loro fidanzamento un tempo privilegiato per crescere nella reciproca conoscenza, nella stima profonda, nell'amore casto e sincero. Cosi, alimentando il loro affetto con l'ascolto della parola di Dio e con la preghiera comune, si prepareranno alla celebrazione del sacramento nuziale. [Il cammino di preparazione al matrimonio che questi giovani innamorati stanno facendo in questa nostra comunità li aiuti a crescere nell'amore e li renda protagonisti della costruzione della civiltà dell'amore]

Lettura della parola di Dio 615. Quindi uno dei presenti legge uno dei seguenti testi della Sacra

Scrittura: [ 1 ] 1Cor 13,4-13 «La carità tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.»

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Ascoltate la parola di Dío dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi:

La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto dei male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.

La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto

scomparirà. Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino,

ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.

Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!

[ 2 ] 616. Oppure Gv 15,9-12 «Amatevi come io vi ho amato.» Ascoltate la parola del Signore dal vangelo secondo Giovanni. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha

amato me, cosi anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati».

[ 3 ] 617. Oppure Os 2,21-25 «Ti fidanzerò con me nella fedeltà.»

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[Ascoltate la parola di Dio dal Libro di Osea ] Cosi dice il Signore a Sion: «Ti farò mia sposa per sempre, ti farò

mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell' amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore. E avverrà in quel giorno - oracolo dei Signore - io risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; la terra risponderà con il grano, il nuovo e l'olio e questi risponderanno a Izreèl. Io li seminerò di nuovo per me nel paese e amerò Non-amata; e a Non-mio-popolo dirò: Popolo mio, ed egli mi dirà: Mio Dio».

[ 4 ] Oppure Fil 2,1-5 «Gli stessi sentimenti.» [ Ascoltate la parola di Dio dalla Lettera di san Paolo Apostolo a

Filemone ] Fratelli, se c'è qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto

derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Responsorio 618. Secondo l'opportunità si può cantare o recitare un salmo

responsoriale o eseguire un altro canto adatto: [ Per la forma breve si utilizzino i versetti in grassetto] Salmo 144 (145) 8-9 10.15 17-18 R. Canterò senza fine la bontà del Signore.

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O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Una generazione narra all'altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie. Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza. Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia. Paziente e misericordioso è il Signore, lento all'ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza, per manifestare agli uomini i tuoi prodigi

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e la splendida gloria del tuo regno. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende a ogni generazione. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente. Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere. Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva. Il Signore protegge quanti lo amano, ma disperde tutti gli empi. Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre. Breve esortazione 619. Secondo l'opportunità, chi presiede rivolge brevi parole ai

presenti, illustrando la lettura biblica, perché percepiscano il significato della celebrazione e la sappiano distinguere dal rito del matrimonio.

Breve silenzio.

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Preghiera dei fedeli 620. Segue la preghiera comune. Tra le invocazioni proposte, se ne

possono scegliere alcune ritenute più adatte, o aggiungerne altre in sintonia con particolari situazioni di persone o necessità del momento.

Preghiamo con fiducia Dio Padre, che ci ha tanto amati da renderci

suoi figli nel Figlio unigenito e testimoni dei suo amore nel mondo. R. Fa' che partecipiamo, o Dio, al tuo eterno amore. Tu che nell'amore ricambiato e condiviso riveli il vero volto dei tuoi

figli e fratelli in Cristo. Tu che imponi agli uomini il giogo soave dei tuo amore, perché siamo

veramente felici: Tu che nel vincolo santo fra l'uomo e la donna hai fondato la comunità

domestica, fedele, indissolubile e feconda: Tu che nella Pasqua del tuo Figlio, che ha amato la sua Chiesa e l'ha

resa santa e immacolata nel suo sangue, hai prefigurato il grande mistero dell'amore nuziale:

Tu che chiami a una piena comunione di vita N. e N., perché tutti i

membri della loro futura famiglia formino un cuore solo e un'anima sola: 621. Quando si omettono le invocazioni sopra indicate, prima della

formula di benedizione chi presiede dice: Preghiamo: Tutti pregano per qualche momento in silenzio. [ Preghiera del Signore ] Segue la preghiera del Signore Padre nostro.

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Segno di impegno 622. Prima della preghiera di benedizione i fidanzati, secondo la

consuetudine del luogo, possono esprimere la loro promessa con un segno particolare, ad esempio sottoscrivendo un impegno o con lo scambio degli anelli o di qualche altro dono.

623. Gli anelli o gli altri doni di promessa possono essere benedetti con la formula seguente:

Custodite il dono che vi scambiate in segno di reciproco amore, e la vostra promessa giunga a compimento con la benedizione nuziale.

R. Amen. Preghiera di benedizione 624. Poi chi presiede, con le braccia allargate se sacerdote o diacono,

con le mani giunte se laico, pronuncia la preghiera di benedizione: A te innalziamo la nostra lode, o Signore, che nel tuo provvidenziale

disegno chiami e ispiri questi tuoi figli N. e N. a divenire l'uno per l'altro segno del tuo amore. Conferma il proposito dei loro cuore, perché nella reciproca fedeltà e nella piena adesione al tuo volere giungano felicemente al sacramento nuziale.

Per Cristo nostro Signore. R. Amen. 625. Oppure quando presiede un sacerdote o un diacono: Signore Dio, sorgente di carità, che nella tua provvidenza hai fatto

incontrare questi giovani N.e N., concedi loro le grazie che ti chiedono in preparazione al sacramento del matrimonio: fa' che, sorretti dalla tua benedizione, progrediscano nella stima e nell'amore. Per Cristo nostro Signore.

R. Amen. Conclusione 626. Quindi chi presiede conclude il rito dicendo: Dio, carità e pace, dimori in voi, guidi i vostri passi e vi confermi nel

suo amore. R. Amen. 627. Un canto corale può chiudere la celebrazione.

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Amar-Sì! «per sempre»

APPENDICE

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È diventato ormai un luogo comune tra gli operatori di pastorale familiare dire che il rinnovamento della pastorale prematrimoniale doveva segnare il passaggio dai tradizionali corsi, costruiti su base tematica ed affidati sostanzialmente a degli esperti, ai per-corsi sul modello di un itinerario di fede che contestualizzasse la preparazione al sacramento del matrimonio dentro la storia della salvezza.

L’itinerario qui proposto è uno dei molteplici modi o forme con cui una parrocchia o un vicariato sono chiamati a svolgere la propria missione a favore dei battezzati che si stanno avviando a celebrare il sacramento delle nozze. Esso non intende essere esaustivo, ma solo fornire un utile materiale scelto allo scopo di aiutare la creatività delle coppie animatrici o accompagnatrici. Esso, quindi, ha bisogno di essere ri-calibrato a misura del proprio gruppo e delle varie storie delle coppie che ci vengono affidate. Nel caso più disperato, siccome la Chiesa è chiamata a non spegnere nessun «lucignolo fumigante» e a non spezzare nessuna «canna infranta» (cf Mt 12,20), al limite, questo itinerario può essere ridotto, nelle sue tre parti, ai tre colloqui con il parroco che sono richiesti come minimo come verifica della idoneità della preparazione al sacramento.

I modi e le forme Molteplici possono essere i modi e le forme con cui proporre e attuare tale preparazione. Ma, come abbiamo avuto già modo di sottolineare da diversi anni, la forma più rispondente alla realtà del matrimonio e alle esigenze attuali è quella degli itinerari di fede. Tale forma non è solo da privilegiare, ma deve diventare sempre più la “norma” nel cammino di preparazione al matrimonio, quale obiettivo concreto, anche se graduale, da prospettare per tutte le coppie che chiedono il sacramento del matrimonio. In particolare, il metodo e i contenuti di questi itinerari devono ispirare ogni forma di preparazione, a partire dai cosiddetti “corsi per i fidanzati” e dai “colloqui pastorali”. Secondo le caratteristiche proprie di ogni cammino educativo, si tratta di un processo personale e insieme comunitario, graduale e progressivo, capace di individuare con diligenza e con amore lo stadio in cui ciascuno si trova e i passi successivi da compiere per avvicinarsi sempre di più alla meta e al fine da raggiungere.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 53]

L’esperienza dei tradizionali corsi, tuttavia, non è da buttare, ma va

valorizzata alla luce di questa più adeguata impostazione, avendo cura di non mettere mai in alternativa tra loro i «valori umani» e in «contenuti cristiani» del matrimonio. Si tratta, al contrario – come suggerisce il Direttorio di Pastorale Familiare – di integrarli «armonicamente in un unitario e progressivo cammino di formazione alla luce della rivelazione; dall'altra parte, si tratta di favorire un nuovo incontro dei fidanzati con la Chiesa e un loro inserimento nell'esperienza di fede, di preghiera, di carità e di impegno della comunità cristiana» (n. 52).

In questa APPENDICE vengono elencati una serie di dieci argomenti tematici specifici, inerenti alla preparazione al matrimonio, da proporre, a discrezione

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degli animatori, anche con l’aiuto di esperti competenti in materia, e che possono essere incastonati nell’itinerario formativo proposto nei punti più attinenti.

1. LA CELEBRAZIONE

È entrato ormai nella consuetudine che, nell’imminenza della celebrazione delle nozze, la coppia si incontri con il sacerdote/celebrante per preparare il rito che di solito viene poi tradotto in un libretto da mettere a disposizione in Chiesa per tutti i partecipanti. È questa una opportuna occasione per incontrare personalmente la coppia ed avere con lei un ultimo scambio prima del grande passo. In questo incontro si possono scegliere le letture, parlare dei contenuti della omelia, soprattutto concordare con quale rito più rispondente al loro cammino di fede celebrare il matrimonio: se nella modalità della celebrazione eucaristica (cf Nuovo Rito del Matrimonio, Capitolo Primo, nn. 45-95); oppure nella modalità della celebrazione della Parola (Capitolo Secondo, nn. 96-146).

La celebrazione

La celebrazione stessa del Matrimonio deve essere preparata con cura, per quanto è possibile, insieme con i fidanzati. Il Matrimonio si celebri abitualmente durante la Messa. Il parroco, tuttavia, tenute presenti sia le necessità della cura pastorale, sia le modalità di partecipazione degli sposi e degli invitati alla vita della Chiesa, giudichi se sia meglio proporre la celebra-zione del Matrimonio durante la Messa o nella celebrazione della Parola. Secondo l'opportunità, si scelgano insieme con gli stessi fidanzati le letture della Sacra Scrittura che saranno commentate nell'omelia; e inoltre si scelga la forma con cui esprimere il consenso, i formulari per la benedizione degli anelli, per la benedizione nuziale, per le intenzioni della preghiera universale, ossia dei fedeli, e i canti. Si faccia inoltre attenzione alle varianti previste nel rito e anche alle consuetudini locali che si possono opportunamente accogliere.

[Dal Nuovo Rito del Matrimonio, 29]

2. I DOCUMENTI DA PREPARARE La preparazione dei documenti può essere un’ulteriore occasione per

incontrare personalmente i fidanzati e per aiutarli a rendere il matrimonio non un semplice fatto notarile, ma una vera e propria scelta di vita che duri nel tempo, accertandosi della avvenuta accoglienza e comprensione degli impegni che essi si assumono davanti alla propria coscienza, alla società e alla Chiesa.

L'esame dei nubendi L'esame dei nubendi è finalizzato a verificare la libertà e l'integrità del loro consenso, la loro volontà di sposarsi secondo la natura, i fini e le proprietà

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essenziali del matrimonio, l'assenza di impedimenti e di condizioni. L'importanza e la serietà di questo adempimento domandano che esso sia fatto dal parroco con diligenza, interrogando separatamente i nubendi. Le risposte devono essere rese sotto vincolo di giuramento, verbalizzate e sottoscritte, e sono tutelate dal segreto d'ufficio.

Di norma l'esame dei nubendi conclude la preparazione immediata al matrimonio e suppone la conclusione del corso per i fidanzati e l'avvenuta verifica dei documenti.

[Direttorio di Pastorale Familiare, Appendice, 10]

3. IL DIRITTO DI FAMIGLIA: CIVILE E CANONICO Una riflessione sul diritto familiare, sia dal punto di vista canonico, sia dal

punto di vista civile può essere un’ottima integrazione del percorso di preparazione per mostrare ulteriormente che il matrimonio non è un fatto privato, ma ha una rilevanza pubblica generando una serie di diritti e doveri. Tale incontro può essere adeguatamente svolto da un avvocato.

Diritti e doveri dei coniugi Art. 143: Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Art. 144: I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato. Art. 147: II matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

[Codice civile]

4. LA PSICOLOGIA DELLA COPPIA È bene che i fidanzati vengano adeguatamente formati dell’importanza del

dialogo di coppia durante tutto l’arco del loro cammino coniugale. Spesso si possono notare dei vuoti nella conoscenza delle reciproche psicologie, maschile e

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femminile, la cui ignoranza talvolta è causa di non poche incomprensioni. Questo incontro naturalmente non può che essere affidato ad uno psicologo/a.

I primi anni di matrimonio I primi anni di matrimonio, oltre ad essere determinanti per l'intero cammino coniugale e familiare, sono tempo di avvio e insieme di assestamento per quanto riguarda sia l'esperienza dell'amore coniugale sia l'incontro con la nuova vita del figlio. Spesso sono anche attraversati da problemi e difficoltà circa il lavoro e l’abitazione. Sono ricchi di risorse perché sono gli anni dell'entusiasmo dei primi passi di una vita a due, della gioia di vedersi fatti l'uno per l'altro, della serenità di un'intimità ricercata e vissuta con equilibrio, della gioia nel realizzare progetti e sogni accarezzati a lungo, dell'aprirsi di nuove prospettive anche in ordine alla crescita nella fede, della gioia e della responsabilità connesse con la procreazione di una nuova vita, della percezione del dono costituito dal figlio e della dimensione religiosa iscritta nella sua generazione. Ma sono anche gli anni segnati da alcune difficoltà corrispondenti, che riguardano, ad esempio, il lungo processo di integrazione e comunione nella coppia, la scoperta dei reciproci lati negativi o problematici, la difficoltà o l'incapacità di sopportarsi reciprocamente, la tentazione di una chiusura intimistica nella propria casa, la ridefinizione dei rapporti con le famiglie di origine e nell'ambiente in cui ci si trova a vivere, le modalità con cui realizzare un aiuto reciproco nella vita religiosa e spirituale, le paure di fronte alla nascita di un figlio, la disistima o addirittura il rifiuto programmatico di una nuova vita.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 101]

5. LA PROCREAZIONE RESPONSABILE I problemi etici connessi con l’esercizio responsabile della procreazione sono

oggi molteplici. Il progresso tecnico ha aperto all’uomo moderno molteplici vie di dominio della natura e del proprio corpo, non tutte però eticamente percorribili. La Chiesa non ha mancato di indicare, di volta in volta, le vie conformi alla propria vocazione all’amore, avendo il coraggio di andare anche controcorrente. Queste vie non soltanto è necessario farle conoscere, ma anche mostrare la ragioni di carattere antropologico su cui sono fondate. A tale scopo è bene indicare ai futuri sposi la necessità di approfondire un argomento che nel corpo può essere solo inizialmente affrontato.

In Italia esiste la Confederazione dei Centri per la Regolazione Naturale della Fertilità (cf www.confederazionemetodinaturali.it/), e in particolare a Verona opera l’INER (cf www.portalefamiglie.it/ASP /index.aspx?IDMenuAPP=177). A tale Istituto ci si può rivolgere per un approfondimento del tema e per indirizzare i fidanzati a partecipare a specifici corsi che vengono organizzati durante l’anno.

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Servitori della vita, non arbitri Lo stesso rifiuto della contraccezione e il ricorso ai metodi naturali di regolazione della fertilità costituiscano un'occasione e una modalità per impostare i rapporti sul rispetto e sulla totale accoglienza reciproci, quali premesse indispensabili per una vera umanizzazione della società. […] Pur consapevoli, infine, di alcune possibilità aperte dalle nuove tecnologie riproduttive, nell'atto e nel momento stesso in cui trasmettono la vita ad una persona umana, evitando il ricorso ad ogni forma di fecondazione artificiale, i genitori rispettino in loro stessi e nel figlio che intendono generare l'integrale dignità della persona umana. Così facendo, potranno salvaguardare le dimensioni più propriamente “umane” della società e offriranno il loro contributo per premunirla dal rischio di indebite tecnologizzazioni, spesso succubi di discutibili interessi economici e politici.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 171.172]

6. EDUCARE I FIGLI CRISTIANAMENTE. L’educazione dei figli è compito primario dei genitori, un loro diritto-dovere

che va riconosciuto e promosso. L’educazione è un prolungamento della generazione. Attraverso l’educazione si tratta di generare la persona introducendola a quei valori che costituiscono la cultura di un popolo. Si tratta qui di informare i futuri sposi che il compito educativo, soprattutto l’educazione religiosa, li costituisce in un vero e proprio «ministero» che scaturisce dal sacramento del matrimonio. Tramite l’educazione cristiana, i figli fanno la prima esperienza di Chiesa in famiglia, e a partire da qui si apriranno poi all’esperienza della vita parrocchiale e di quella associativa.

Un compito di evangelizzazione La famiglia cristiana vive in modo privilegiato e originale il suo compito di evangelizzazione al suo interno, in particolare nel rapporto genitori-figli. I coniugi cristiani, infatti, «sono cooperatori della grazia e testimoni della fede reciprocamente e nei confronti dei figli e di tutti gli altri familiari. Sono essi i primi araldi della fede ed educatori dei loro figli; li formano alla vita cristiana e apostolica con la parola e con l'esempio, li aiutano con prudenza nella scelta della loro vocazione e favoriscono, con ogni diligenza, la sacra vocazione eventualmente in essi scoperta».

[Direttorio di Pastorale Familiare, 143]

7. LE POLITICHE FAMILIARI Il tema delle politiche familiare è già stato accennato nella scheda 3/3 nella

quale si parla della partecipazione della famiglia allo sviluppo della Società. Se lo

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si ritiene opportuno si può approfondire l’aspetto oggi dibattuto delle politiche familiari, con qualche esperto dell’AFI che è possibile contattare nel sito. A tale scopo, infatti, abbiamo già segnalato due siti internet dove si parla della questione e di quello che viene fatto oggi in Italia a sostegno della famiglia. Segnaliamo anche un quaderno edito dal Centro Regionale di documentazione e analisi sulla Famiglia (www.venetosociale.it (Area Famiglia), che contiene una ricerca su Politiche fiscali e di sostegno a carattere regionale per le famiglie con figli e una indagine su Iniziative a favore della famiglia nei comuni del Veneto.

Impegno sociale e politico Di grande importanza sono, a tale riguardo, varie forme di associazioni familiari: oltre ad esprimere a loro modo la dimensione della solidarietà, si presentano come «una necessità storica per le famiglie stesse che vogliano possedere una adeguata forza rivendicativa dei loro doveri e diritti, di fronte ai molti continui tentativi che le strutture pubbliche vanno facendo per ridurre o rifiutare quella presenza nel sociale che compete di diritto alle famiglie come tali». Grazie a queste forme associative si potranno promuovere e sostenere più adeguatamente autentiche politiche familiari. Perché ciò si realizzi, occorre che le istituzioni civili e lo Stato riconoscano la priorità della famiglia su ogni altra comunità e sulla stessa realtà statuale, applichino il principio di sussidiarietà, considerino la famiglia come gruppo sociale di base e non solo come un insieme di singole persone, riconoscano la cittadinanza della famiglia e la sua soggettività in quanto tale, senza limitarsi a provvedere con assistenze rivolte quasi soltanto alle famiglie più deboli, povere o emarginate.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 182]

8. ADOZIONE E AFFIDO Quella dell’adozione e dell’affido è una tematica che sta prendendo piede soprattutto per due motivi: sia perché un numero non indifferente di sposi si trovano di fronte alla sorpresa che i figli non vengono (anche perché si sta sempre più alzando l’età in cui decidono di diventare genitori); sia perché quella dell’affido e dell’adozione è proposta dall’etica cristiana come valida alternativa alle tecniche di procreazione artificiale. Mettere la corrente i futuri genitori anche di queste possibilità può risultare quanto mai utile. L’importante sarà presentare le varie Agenzie che operano in questo settore le quali risultino serie e non legate a fattori economici o ideologici che possono inquinare i valori implicati in questa

Adozione e affidamento Modalità particolari attraverso le quali la famiglia, nell'ottica specifica e propria dell'amore e della vita, può realizzare il servizio all'uomo sono l'affidamento e l'adozione di quei figli che sono privati dei genitori o da essi abbandonati.

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Le famiglie sperimentino l'adozione e l'affidamento come «segni di carità operosa e di annuncio vissuto della paternità di Dio», li riconoscano e li vivano come una forma di “fecondità spirituale”, che nasce dalla «disponibilità ad accogliere e ad aiutare anche i figli degli altri, nella consapevolezza che tutti sono figli di Dio, unico e universale Padre», e che mira ad offrire il calore affettivo di una famiglia a chi ne è rimasto privo definitivamente o temporaneamente. A tale riguardo, sappiano prepararsi e educarsi a vivere secondo le specifiche diverse attitudini richieste dalla scelta dell’adozione o dell'affidamento.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 160]

9. L’USO DEI BENI La vita del cristiano è caratterizzata dalla sobrietà, dalla semplicità e da un uso

dei beni strumentale, a servizio di beni ben più alti. La condivisione dei beni era prassi che caratterizzava la vita dei primi cristiani (cf At 2,44-45). La fede genera attenzione per i più bisognosi e forme di solidarietà che testimoniano, in un mondo della globalizzazione del mercato, il primato dei valori personali e relazionali, su quelli materiali e strumentali.

A tale riguardo si può mettere al corrente anche di una forma di solidarietà caratterizzata dal commercio equo solidale, attraverso il quale si cerca di contrastare lo strapotere delle multinazionali a favori dei produttori, soprattutto del Terzo Mondo. A Verona esiste l’Associazione La Rondine che opera e sensibilizza su tale settore (cf http://rondine.altromercato.net).

10. ABITARE LA CASA Per un cristiano, la casa è uno dei due poli complementari nei quali si

svolge la vita secondo lo Spirito di Dio. Il secondo polo è la casa della parrocchia. Vi è quindi uno stretto legame tra la Chiesa della famiglia e la parrocchia come famiglia di famiglie.

Potrebbe risultare utile una riflessione sulla sistemazione della propria casa affinché essa lasci trasparire che essa non è solo casa di lusso, ma casa di fede e di accoglienza, dove, insieme al decoro, traspare che si vive la sobrietà, la semplicità, la funzionalità ai valori.

I CONSULTORI FAMILIARI DI ISPIRAZIONE CRISTIANA Da ultimo si vuole attirare l’attenzione sui Consultori Familiari di Ispirazione

Cristiana che sono nati per la promozione umana della coppia e della famiglia e che costituiscono una provvidenziale struttura a servizio della pastorale familiare.

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a differenza di quelli statali, tali consultori operano nell’ottica di un’antropologia personalistica coerente con la visione cristiana del rapporto uomo/donna.

Tra le strutture non propriamente pastorali, ma piuttosto finalizzate alla promozione umana della coppia e della famiglia, si pongono i consultori familiari. Con le strutture di pastorale familiare essi hanno in comune la finalità del vero bene della persona, della coppia e della famiglia e l'attenzione alla sessualità e alla vita. Diverse, invece, sono la prospettiva e la metodologia. La pastorale agisce per la promozione della vita cristiana e per l'edificazione della Chiesa e privilegia le risorse dell'evangelizzazione, della grazia sacramentale, della formazione spirituale e della testimonianza ecclesiale. I consultori, nell'ottica di un'antropologia personalistica coerente con la visione cristiana dell'uomo e della donna, guardano piuttosto ai dinamismi personali e relazionali e privilegiano l'apporto delle scienze umane e delle loro metodologie.

[Direttorio di Pastorale Familiare, 249]

CONSULTORI PRESENTI IN DIOCESI

– Verona Piazza Vescovado, 5 - 045-8032079; – Verona Nord, via Bresciani,2 - 045 - 8340074; – Verona Sud, via Calvi,4 - 045-583480;

– Cerea “La Bussola” p.zza Sommariva, 1 - 0442 80113 – Desenzano, Via Roma,34 - 030-9141338; – Garda, via Marco Polo,2 - 045-7256682; – Grezzana,via Roma,128 -045-908384; – Isola della Scala, via Cavour,8/b - 045-7301157; – Legnago, via Don Bosco,3 - 0442-23555; – Villaf ranca, via Bellotti, 4/b-045-6302800; – Zevio,Via PioX,1 -045-6050035

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