Dio è innamorato di noi. Adorazione, Santuario al … è innamorato di noi. Si fa piccolo per...

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Adorazione, Santuario al Campo dei Pastori, Betlemme CENTENARIO DEL PRIMO “TE DEUM” CANTATO IN BASILICA DOPO LA GRANDE GUERRA “LA BONTÀ È DISARMANTE”. INTERVISTA A ERNESTO OLIVERO I MARTIRI PADRE TULLIO E LUIS DICHIARATI BEATI Dio è innamorato di noi. Si fa piccolo per aiutarci a rispondere al suo amore. Buon Natale! Periodico fondato nel 1928 del SANTUARIO DELLA MADONNA DEI MIRACOLI MOTTA DI LIVENZA - TV NOVEMBRE/DICEMBRE 2018 6/2018 La Voce di M ARIA

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CENTENARIO DEL PRIMO “TE DEUM” CANTATOIN BASILICA DOPO LA GRANDE GUERRA

“LA BONTÀ È DISARMANTE”.INTERVISTA A ERNESTO OLIVERO

I MARTIRI PADRE TULLIOE LUIS DICHIARATI BEATI

Dio è innamorato di noi.Si fa piccolo per aiutarcia rispondere al suo amore. Buon Natale!

Periodico fondato nel 1928 del SANTUARIO

DELLA MADONNADEI MIRACOLI

MOTTA DI LIVENZA - TVNOVEMBRE/DICEMBRE 2018

6/2018

La Voce diMARIA

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LA VOCE DI MARIAPeriodico bimestrale - Eco del Santuario Basilica

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Redazione: FFr. Marco, Francesco e Pio, Mario Po'Servizio Fotografico: Franco Gottardi, Carlo Verardo, fr. Marco

Aut. Trib. Treviso 4/12/95 - Reg. Stampa N. 978Vive di offerte

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Anno LXXXIV - N. 6 - Novembre/Dicembre 2018

Santuario Basilica Madonna dei Miracoli

Natale è lasciarci trovare e incontrare

dal Signore,è lasciarci amare

da Lui.Papa Francesco

ORARI SANTUARIO

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Saluto delPadre Rettore

LA LUCE DI UNA STELLA. UNA MADRE.UN BAMBINO.

Il primo atto dell’amore di Dio è proprio il Nata-le. Dio nasce, assume la nostra natura fragile per portarci alla luce. Egli distrugge le tenebre e nascendo ci dona la sua luce. E ci dona la pos-sibilità di essere persone capaci di amare come Lui. Persone di luce. I pastori, i Magi seguono la stella che li guida ad ammirare la Luce vera che nasce per dirci: “Non avere paura. Ci sono io che ti illumino, che ti aiuto a cambiare il tuo cuore, a ri-empire di senso la tua vita, a donarti la pace vera perché tu sia illuminato”. Il Natale è la festa della luce che illumina l’uomo; è la festa della pace che Dio vuol regalare all’uomo. L’uomo non è più nelle tenebre, non è più disperato, peccatore: è nella possibilità di diventare figlio di Dio. In Gesù, che prende la nostra carne mortale, siamo riconciliati con Dio Padre e in grado di essere, usando un’e-spressione del Papa, artigiani di pace.Ed è a partire da questa pace, dono di Dio ma an-che impegno di ciascuno, che si modulano alcuni articoli di questo numero. L’intervista a Ernesto Olivero, che ha trasformato l’arsenale di Torino da luogo di morte a opportunità di vita e speranza, ci conferma che costruire la pace e lottare per la pace

non è utopia. Anche le celebrazioni per il centena-rio del Te Deum cantato per la prima volta in Italia nella nostra Basilica a ringraziamento della fine del primo conflitto mondiale ci hanno richiamato la ne-cessità di deporre le armi della superbia, della vio-lenza e dell’odio per abbracciare gli strumenti della collaborazione, del dialogo, del perdono e della solidarietà. Come avrete notato passeggiando sul marciapiede lungo la Basilica, un olivo centenario piantumato a pochi passi dal capitello dell’Appari-zione saluta ogni passante e per così dire lo invita a sentimenti e gesti di pace. Il bambino che nasce è quel Gesù che nell’Eu-caristia si fa nostro cibo e nostra forza nel pel-legrinaggio terreno segnato talvolta da solitudine e tristezza. Quanti volti incrociamo ogni giorno! Fatiche di dolori nascosti, di famiglie in difficoltà, di malattie arrivate all’improvviso; volti di chi non comprende i figli; facce pensierose di chi è se-parato; sguardi cupi di giovani dal futuro incerto; volti di chi fa il primo Natale senza una persona cara... Pensiamo all’amico che quest’anno fa Na-tale in cielo; o all’amico che è in ospedale per una brutta malattia. Com’è cambiata in pochi giorni la loro vita. Natale è Dio che prende una carne, un volto, un nome... Natale è Dio che prende tanti volti e tanti nomi, i nostri. Ecco il Natale, amici. Non siamo noi a cercarlo, è Lui che viene a trovarci! È Lui che vuol esse-re uno di noi, che si abbassa per sperimentare i nostri dolori e le nostre fatiche; per portare verità e senso alla nostra identità di figli della luce; per ricostruire relazioni autentiche e fraterne. Gesù nasce in mezzo a tutto questo. Oggi. Ancora oggi. Per me. Per te. In me. In te.

Buon Natale!Fr. Marco,

Rettore della BasilicaCreated by Freepik

3La Voce di Maria

“AVEVAMO UN SOGNO”. L’ARSENALE DELLA PACE A TORINOa cura della Redazione

Ernesto, ci può spiegare brevemente cosa vuol dire la paro-la SERMIG, come è nato questo nome e cosa volevate realiz-zare?Il nome ci è venuto incontro in modo molto semplice e da subito è stata la sintesi dei nostri ideali. Eravamo un gruppo di giovani, volevamo sconfiggere la fame nel mondo aiutando i missionari, ci sentivamo a servizio degli ultimi. Da qui, Sermig: Servizio Missio-nario Giovani. Come le è venuta l’idea di trasformare l’arsenale in un luogo di accoglienza e di pace?Quando c’è disponibilità, molte cose avvengono senza che tu le abbia pianificate. Così è stato per l’Arsenale. Sicuramente, lo spunto ce lo ha dato Giorgio La Pira, un gigante, sindaco di Firen-ze. Fu lui a farci innamorare della profezia di Isaia, il sogno di un

“Il 2 agosto 1983 siamo entrati nell’ex Arsenale Militare di Piazza Borgo Dora di Torino, un luogo dove si erano costruite le armi per il Risorgimento e per le due guerre mondiali. Era ridotto a

un rudere fatiscente. Ci volevano un sacco di miliardi per rimetterlo a posto. Non avevamo una lira, ma avevamo un sogno”.Inizia così il racconto di Ernesto Olivero, sposato, papà di tre figli, che ha sempre conciliato il suo lavoro di bancario con l’impegno per la pace e il servizio ai poveri. Innamorato di Dio, fonda giovanissimo il SERMIG (Servizio Missionario Giovani). E poi compie l’impossibile: converte l’arsenale militare di Torino nell’Arsenale della Pace. L’obiet-tivo è semplice quanto complesso. “Sconfiggere la fame con opere di giustizia, promuovere sviluppo e vivere la solidarietà verso i più pove-ri”. Questi i fondamenti della Fraternità della Speranza, nata in seno al Sermig e formata da giovani, coppie di sposi e famiglie, monaci e monache, sacerdoti che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri, alla formazione dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo.Con uno stile esigente, radicale, perfino folle nei suoi sogni, Olivero osa, osa come quando chiede un incontro con Paolo VI e si presenta con la camicia a quadretti e jeans… Il papa lo accoglie e lo ascolta con attenzione, affidandogli un compito che da 50 anni porta avanti. A oggi con il Sermig ha realizzato circa 3.450 azioni umanitarie in 150 Paesi, attraverso studi e progetti al fine di produrre auto-sviluppo.Dal 2 agosto 1983 l’Arsenale della Pace è una porta aperta sul mondo, uno spazio di cultura, arte e dialogo, una casa per i giovani. Nel tempo si è allargato: un arsenale in Brasile per uomini di strada, uno in Giordania per bambini disabili e un altro in Italia per bambini malati e disabili impegnati in laboratori di agricol-tura e cucina; in tutto 15 mila risposte ogni giorno. Ci racconta una vita di preghiera e di impegno sulle orme di S. Francesco sognando una “Chiesa scalza” per promuovere tra i giovani una cultura di pace.Nel mese in cui si commemora nel nostro Paese la fine della Grande Guerra e nella Basilica di Motta il primo Te Deum di ringraziamento cantato dopo tanta distruzione, miseria e morte, l’intervista a un uomo della pace che ha creduto nell’impossibile e per il quale “la bontà è disarmante”.

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tempo in cui le armi non saranno più costruite e i po-poli non si eserciteranno più nell’arte della guerra. Erano gli anni ’60 e sentii che il Signore mi avrebbe usato per qualcosa del genere. Incontri, fatti, circo-stanze inattese ci hanno poi portato nei ruderi del vecchio arsenale militare di Torino, trasformandolo lentamente ma decisamente.La parola pace è spesso abusata e sfruttata… Cos’è per lei la pace? A 100 anni dalla fine del conflitto mondiale, che messaggio vuol dire ai nostri lettori?Negli anni ho capito che la pace non è uno slo-gan, una bella parola da gridare nelle piazze e nemmeno un sorriso, una pacca sulla spalla. La pace è un fatto che passa da opere di giustizia. Pace è lottare perché ogni uomo e donna possa-no mangiare, avere un’istruzione, una casa, cure. Pace significa contrastare veramente le ingiustizie e impegnarsi perché nessuno si senta solo. Non conosco una pace diversa. Questo è un compito che riguarda tutti, soprattutto in occasione di anni-versari importanti che devono smuovere le nostre coscienze, scavare dentro per lottare con ancora più decisione.Secondo lei da dove viene l’odio e l’incapacità di perdono? Come si possono creare le possibilità di riconciliazione e di accoglienza del diverso?Credo che nel cuore di un uomo ci sia tutto il bene, ma anche tutto il male del mondo. Il male è lì, acco-vacciato, sempre pronto a colpire e l’odio lo rivela. Per contrastarlo possiamo solo attaccarci al bene, non seguire la pancia o l’istinto, imparare a dire dei no e dei sì, volerlo con determinazione. Non esisto-no altre strade.Uno che opera per la pace, che sogni deve por-tare nel cuore?Il sogno di una vita buona per tutti, il sogno di far felici gli altri, specialmente i più deboli: accogliere lo stranie-ro, dare da mangiare all’af-famato, visitare il carcerato, curare l’ammalato. Il sogno della pace è un fatto molto concreto, per nulla semplice da vivere, ma è l’unica via.Su una parete dell’Arse-nale a Torino c’è scritto: “la bontà è disarmante”. Ma con tutte le guerre in

atto nel mondo, non crede che questa frase sia un’ideologia e una verità astratta che non ri-sponde alla realtà d’oggi?Quella frase non è uno slogan, ma la sintesi di quanto avviene ogni giorno all’Arsenale della Pace. È vero, siamo circondati di violenza, di guerre, vi-viamo forse in uno dei periodi più difficili della storia dell’umanità. Ma chi impedisce a me, a te, a noi di vivere diversamente, di portare pace nei nostri am-bienti? Ricordo una frase di frére Roger, fondatore della comunità di Taizé. Lui diceva che basta un pugno di giovani per cambiare il corso della storia di una città, di un Paese, del mondo. Aveva ragio-ne. Gli abbiamo creduto e nel nostro piccolo questo cambiamento lo abbiamo visto.Nelle interviste e nelle conferenze abbiamo no-tato che lei si porta sempre appresso il libro del-la Bibbia… fa strano vedere un laico, sposato, con la Bibbia in mano… che posto occupa la preghiera nelle sue giornate? L’incontro con Dio secondo lei è una grazia o una scelta?La preghiera è la mia forza, ogni giorno. È il mio dia-logo con Dio, quando incontro le persone, quando lavoro, quando sono solo, quando devo prendere decisioni, di giorno e di notte. Senza la preghiera, senza la Parola di Dio che leggo in continuazione, non riuscirei a riconoscere gli appuntamenti con Dio. Ho incontrato Gesù da quando ero piccolo, attraverso mia mamma e alcuni sacerdoti che mi hanno aiutato a crescere. Non me ne sono più stac-cato, la sua Parola, i suoi insegnamenti sono con me. Averlo incontrato è una grazia che mi ha fatto Lui, restargli fedele è la mia scelta di ogni giorno.

5La Voce di Maria

Preparazione carichi umanitari al Sermig

Come si presentava l’Arsenale

Come fa un padre di famiglia come lei, con una vita normale, a mettersi a servizio degli ultimi, dei giovani, dei poveri? Come è avvenuto?La nostra famiglia si è allargata in modo normale. Ricordo che quando Maria ed io ci siamo sposati eravamo d’accordo nel dare due ore alla settimana. Poi il Sermig ci è cresciuto tra le mani, io dico che è stato per noi come un figlio di talento, un figlio geniale. Quale padre, quale madre, non farebbe di tutto per farlo crescere, esprimere, volare in alto? Sono stati anni impegnativi, ma ne è valsa la pena. E come dice mia moglie, nel Sermig siamo cresciuti anche come coppia e come genitori.Nel 1976 lei è andato a Roma da Paolo VI per criticare una Chiesa troppo ricca e lontana dalla gente. Come ha reagito il Papa? Che le ha detto?L’incontro con Paolo VI è stato uno degli incontri più importanti della mia vita. Mi ha accolto, mi ha abbrac-ciato, dicendomi semplicemente che anche lui era d’accordo, ma che spesso i cristiani non gli obbedi-vano. “Faccia lei quello che ha detto. Spero dal Pie-monte, da Torino, terra di santi, per una rivoluzione d’amore”. Parole indimenticabili. Per noi sono state come un mandato ad impegnarci in prima persona.È in sintonia con il Papa attuale?Da subito ho definito papa Francesco, il papa at-teso. Nel mio cuore è così, ma per un cristiano la

sintonia con il Papa va ben oltre la sintonia umana, è il segno dell’unità della Chiesa, corpo vivente di Cristo in terra. Sento la gioia e la responsabilità di farne parte a pieno titolo. Si è appena concluso il Sinodo sui giovani. In un’intervista lei ha detto che i giovani le stanno a cuore. Perché lei punta ancora sui giovani? Che cosa vuol dire loro? Cosa si aspetta da loro?Punto su di loro perché sono il presente, il futuro e l’unica speranza di cambiamento. Conosco i loro sogni, le loro potenzialità di bene, i loro slanci, ma conosco anche l’abisso che in tanti scelgono. Pen-so alla droga, a chi dà via il proprio corpo, a dipen-denze infami. Io chiedo ai giovani di credere di più in sé stessi, di scegliere il bene, di mettere se stessi e i loro doni a servizio del bene comune. Se questo non avverrà, ci aspetteranno tempi ancora più duri.Nell’incontro con i giovani a Roma ad agosto, il Papa ha invitato i giovani a sognare. Secondo lei, come possiamo noi adulti risvegliare in loro i sogni? E quali sogni?Noi adulti dovremmo semplicemente chiedere scu-sa ai giovani, per i tanti esempi mancati che sono arrivati dalla nostra generazione. È vero, i giovani devono tornare a sognare, ma non si sogna con la testa tra le nuvole. Molte volte, le cose più belle nascono nella fatica, camminando, non capendo magari tutto. Ecco, vorrei dire ai ragazzi di non aver paura di credere in grandi ideali, in una vita pulita. Siamo in tanti a crederci. Ma per favore, mettiamoci in gioco veramente!I giovani d’oggi sono spesso confusi, sbandati, vittime di varie droghe (alcol, gioco, sesso, in-ternet…). Di chi è la colpa? Come porvi rimedio? Come dar loro una via d’uscita?Sono molto severo su questi temi. Una volta par-lando a centinaia di ragazzi, ho sentito di essere molto diretto. “Ragazzi, se vi spinellate siete dei vi-gliacchi. Anzi, vigliacchi due volte”. Silenzio e occhi bassi. “Sì, prima di tutto siete vigliacchi in quanto amici della mafia. Vigliacchi. A chi credete di darli i soldi che spendete per comprare l’erba? E ancora, se tra di voi ci fosse un nuovo Francesco, un nuo-vo Einstein, un nuovo Leonardo Da Vinci, con lo spinello lo soffochereste. Vigliacchi!”. Ricordo che il silenzio di quei ragazzi diventò approvazione. La via di uscita è prendere consapevolezza ed essere pronti a fare della propria vita un sì: sì ai sogni, sì alla giustizia, sì alla pace e saper dire i no che contano: no alle droghe, no alle dipendenze, no a farsi rubare sogni e speranza.

6 La Voce di Maria

1918-2018: Anniversario Grande Guerra

Foto in Santuarioalla fine della guerra

“Stamane il Vescovo militare ha voluto essere il primo ad officiare dopo un anno di mar-tirio quest’insigne Santuario. In brev’ora la

Basilica sgombra e ripulita era piena di soldati. Alla Messa seguì un Te Deum di ringraziamento e un discorso del Vescovo, cui rispose un Colonnello. Un anno e mezzo fa il Kaiser disse orgogliosamente “Abbiamo distrutto tre regni”: domani diremo noi “Abbiamo rovesciato tre colossali imperi”.Così conclude il suo diario sull’occupazione militare austro-ungarica di Motta padre Lodovico Ciganotto, che la definisce il martirio di un anno, dopo la ritira-ta degli invasori.I Cavalleggeri di Aquila, accolti festosamente al grido di “taliani, taliani!” dai poveri mottensi usciti dalle loro case, ancora increduli che gli occupan-ti se ne fossero andati, furono i primi a entrare a Motta alle ore 15 del 31 ottobre 1918. Dice padre Lodovico che la nostra gente, prendendo le cose “colla solita calma veneta consolidata da una for-te dose di scetticismo”, scopre di avere la certezza della fuga austro-tedesca soltanto purtroppo con la demolizione di tutti i ponti sulla Livenza nella notte del 30 ottobre, operata dagli stranieri per rallentare la riconquista italiana da parte delle truppe che arri-vavano da ovest.Nella stessa giornata è smobilitato l’Ospedale aquartierato in Santuario, restando presente per le ultime consegne dei malati gravissimi non traspor-tabili un giovane medico ucraino della Galizia. Se ne va anche il Comando del VII Corpo d’Armata con sede a Villanova, sotto il comando di un giovane boemo Rudolf Krouzilka, che si distingue per il suo buon comportamento dagli austriaci e dagli ancora peggiori ungheresi. Un altro buon soldato boemo è il dott. Wagner, comandante dell’Ospedale allestito nel Santuario; egli è cattolico e viene trasferito ad-dirittura a Sedan, in Francia. I numerosi soldati rico-verati presentano ferite di guerra, ma hanno anche malaria, malattie intestinali dovute al sudiciume, in-

fluenza spagnola: fanno più vittime queste malattie che tutte le azioni belliche sul Carso o sul Piave.L’offensiva dei velivoli italiani su Motta causa per errore, il 28 ottobre, con il bombardamento del cor-tile dietro la Banca Popolare, la morte di 25 soldati italiani prigionieri degli austriaci. È dal 15 giugno che in realtà gli austriaci non riescono a concretiz-zare una nuova offensiva, mentre gli italiani hanno sempre più spazio con parziali sfondamenti e in-cursioni aeree.E cosa succede il 17 agosto, compleanno dell'im-peratore Carlo d’Austria? C'è una Messa solenne in Duomo a Motta; ai lavoranti delle strade si ac-corda vacanza completa e pagata, ma arrivano tutti a celebrazione finita e il popolo mottense sceglie di andare invece al mercato della carne, anche se nel tempo gli austriaci fanno di tutto per collegare il nostro territorio all’Austria, addirittura con un treno diretto quotidiano Motta di Livenza - Vienna.“Motta, quantunque militarmente importantissima a motivo dei ponti e del suo snodo stradale, è stata sempre risparmiata dai bombardamenti aerei ne-mici; di ciò attribuiamo merito per grazia speciale della Madonna, nostra certissima protettrice”. Così scrive padre Ciganotto nella sua opera, convinto che i fatti fossero eloquenti, facendo proprio quanto riferitogli da padre Graziano Bozzato, Guardiano del Convento in quell’anno. Inoltre, Motta da “città caserma” era diventata “città ospedale”; nell’Ospe-dale allestito in Santuario arrivano anche 5.000 fe-riti in tre giorni e i baraccamenti vicino alla stazione ferroviaria sono utilizzabili per ben 10.000 amma-lati. Cifre imponenti che paiono mostrare la vera vocazione caritatevole di Motta.Con questo ultimo articolo terminiamo la recensio-ne del libro di padre Lodovico Ciganotto, pubblicata in quattro puntate, perché, come dice il nostro frate mottense, a raccontare queste tragiche vicende si comprende che nessuno vince e di fronte al Signore giudice siamo sempre un “popolo fanciullo”.

NESSUNO VINCEIN UNA GUERRA

Recensione del diariodi P. Lodovico Ciganotto

di Mario Po’

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Omaggio a padre Ciganotto a Gemona

CENTENARIO DEL PRIMO“TE DEUM” CANTATOALLA FINE DELLA GUERRA1918 - 4 novembre - 2018di Mario Po’

Il nostro Santuario ha promosso una serie di eventi per fare memoria del “Te Deum” cantato nella nostra Basilica per la prima volta in Italia, dopo la firma dell’armistizio, la mattina del 4 novembre 1918, a ringra-ziamento della pace raggiunta dopo il tragico conflitto mondiale, come ci racconta nel suo diario padre

Lodovico Ciganotto, il frate superiore del convento di Motta. Egli visse quei momenti concitati e drammatici. Con una pennellata rapida ma emozionante, ci ha trasmesso quegli attimi straordinari, inediti, inaspettati, quasi che la pace insperata, e finalmente raggiunta, sia stata un dono del Cielo:

Due gli appuntamenti che hanno preparato a vi-vere la giornata storica e commemorativa del 4 novembre 2018:• il pellegrinaggio a Gemona del Friuli (UD). Domenica 21 ottobre una delegazione di mottensi si è recata a Gemona per rendere omaggio a p. Lodovico Ciganotto lì sepolto, il frate mottense che cento anni fa era superiore del convento di Motta e che ci testimoniò nel suo diario il terribile anno dell’occupazione austro-ungarica, che tanta mise-ria e distruzione aveva portato alle nostre terre;

• il concerto corale e strumentale in Basilica. Sabato 27 ottobre il Coro polifonico e il quintetto d’archi e di fiati provenienti da Pesaro Urbino han-no regalato una serata molto apprezzata e all’in-segna della buona musica, rivisitando in chiave cristiana e musicale gli eventi tragici dello scoppio della guerra e delle sue conseguenze, e rileggendo il magistero della Chiesa e il messaggio di Fatima.

“Stamane, 4 novembre 1918, il Vescovo ha voluto essere il primo ad officiare dopo un anno (dall’occupazione militare, ndr) quest’insigne Santuario. In brev’ora la Basilica, sgombra e ripulita, era piena di soldati. Alla Messa seguì un “Te Deum” di ringraziamento. Tutto ci pare una fantasmagoria. Questo succedersi, incalzarsi di avvenimenti grandiosi, e vorrei dire ormai inaspettati, c'intontisce, ci fa come rivenire da un sogno lontano, non siamo capaci di renderci conto delle cose, non crediamo a noi stessi”.

Infine la giornata del 4 novembre 2018, da molti vissuta con commozione per quegli eventi tragici e lieti, e con la consapevolezza che l’essere co-struttori di pace altro non è che la missione affida-ta a ciascuno, come racconta l’articolo che segue.

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IL MIRACOLODELLA PACE

La rievocazione del centenario del Te Deumper la fine della guerra 1915-1918

Le celebrazioni dello scorso 4 novembre non sono state un modo per ricordare il primato che ha avuto il nostro Santuario, cioè aver

cantato, primo luogo in Italia, una Messa con un “Te Deum” di ringraziamento dopo la fine ufficiale della Guerra 1915-18.Così, infatti, avvenne la mattina del 4 novembre del ‘18, dopo che la sera precedente a Villa Giu-sti, a Padova, era stato firmato l'armistizio tra i rappresentanti dell’Austria-Ungheria e dell’Italia. Quella cerimonia religiosa assunse, in realtà, da subito un significato diverso quel giorno di cento anni fa, perché il nostro Santuario, per un anno intero, era stato occupato dall'esercito nemico ed era stato adibito a ospedale per centinaia di solda-ti austro-ungarici, ammalati, feriti, morenti. Questo fatto così importante - che iscrive la nostra Basi-lica e il suo convento nelle pagine più importanti della storia del fronte umano della sofferenza dei due eserciti - ci porta a pensare che quel “Te Deum” sia stato veramente un ringraziamento al Signore che rappresentava tutti e due i fronti. La guerra era finita, la pace era infinitamente la con-

di Mario Po'

dizione migliore per tutti i contendenti. Per questa pace ritrovata era stato dunque deciso dai frati mottensi cento anni fa quel “Te Deum”.Per questo stesso motivo è stato riproposto quest’anno, non per un pacifismo di moda, ma per la convinzione che la guerra è una condizione di peccato; è il demonio che la vuole e quando la fa scoppiare tra cristiani battezzati è il suo capolavo-

ro. Questo ha voluto dire la Madonna apparendo a Fatima proprio nel 1917, parlando ai tre pa-storelli dell’inferno e del-la terribile guerra mon-diale che era in corso.Quindi non si può ringra-ziare il Signore per una vittoria bellica, ma per la fine della guerra. Que-sto è stato, pertanto, il filo celebrativo e narra-tivo che ha legato i tre momenti di domenica 4

9La Voce di Maria

novembre 2018: la S. Messa delle ore 10.00 presieduta da p. Mario Favretto, Ministro provinciale dei Frati Minori del Nord Italia; la bene-dizione dell’olivo centenario, come “Albero della Pace” posto a fianco dell’antico Capitello, cioè nel cosid-detto “Prato Santo dell’Apparizione”, ove Maria Santissima si sedette il 9 marzo 1510; la solenne S. Messa delle ore 17.00, presieduta dal Ve-scovo Mons. Corrado Pizziolo con il canto del “Te Deum” nel testo latino.Nel rito della mattinata, padre Fa-vretto ha sottolineato che la Vergine Maria non ci lascia soli, soprattutto quando la gente del suo popolo soffre per le ingiustizie; così la Madonna dei Mi-racoli cento anni fa ha sentito le preghiere delle persone umili, dei bisognosi e dei sofferenti della nostra terra e ha raccomandato le loro preghiere a Gesù. Ancora una volta, allora, la fede e la de-vozione del popolo ha “commosso” la Madre di Gesù che ha protetto miracolosamente la no-stra popolazione, come ha scritto nel suo Diario

padre Ciganotto.Quando si è svolto il secondo momento della mat-tinata con la benedizione dell’olivo della pace, nu-merose persone presenti hanno esclamato: “Che bello tutto questo!”. Sì, è bello aver legato un luo-go così caro ai tanti fedeli del Santuario all’impe-gno per la pace quale dono di Dio.In serata c’è stato il terzo momento, quello che il

Benedizione dell’Albero della Pace

La Voce di Maria10

LE 10 PAROLEÈ appena iniziato il ciclo di catechesi sulle 10 Parole,un percorso di riflessione biblico-esperienziale pergiovani e adulti sui Dieci Comandamenti, con lo scopodi attualizzare la Parola di Dio.Dopo la pausa natalizia, si riparte il 10 gennaioalle ore 20.30 in Sala Bello e proseguiràogni giovedì. Non è prevista nessunapreiscrizione né contributo economico.

Vescovo Pizziolo ha definito “il culmine di tutte le iniziative rievocative della prima guerra mondiale che si sono svolte in Dio-cesi”. Un momento reso importante dalle tantissime persone presenti, dalle varie autorità, da numerosi concelebranti e dai segni presentati all’offertorio: il pane e il vino per l’Eucarestia, due elmetti trovati sul Piave con le bandiere dei due opposti eserciti e un ramoscello dell’olivo cente-nario. Nella sua omelia il Vescovo si è sof-fermato sul giudizio della guerra dato da Papa Benedetto XV come di “un’inutile strage” e di come fosse stato osteggiato in Italia e in Europa. “Una guerra che ha seminato dolore nel nostro territorio - ha aggiunto il Vescovo - e 650 mila soldati italiani morti. Possiamo affidarci quindi soltanto al giudizio e alla misericordia di Dio e all’intercessione della Madonna”.Il canto del “Te Deum”, accompagnato dal Coro Luca Lucchesi, ci ha poi idealmente collegati a chi ci ha preceduto nella fede e nella sofferenza. È stato un momento vissuto da tutti con vera intensità.Al termine, p. Marco Gallo, Rettore del Santuario, ha ricondotto tutta la giornata nel suo alveo ispirativo richiamando le parole conclusive lasciate nel suo Diario dal p. Ciganotto: “Tutto ci pare una fan-tasmagoria. Questo succedersi, incalzar-si di avvenimenti grandiosi, e vorrei dire ormai inaspettati, c’intontisce, ci fa come rivenire da un sogno lontano, non siamo capaci di renderci conto delle cose, non crediamo a noi stessi”.Era accaduto un altro miracolo!

Alcuni momentidelle celebrazioni del 4 Novembre

11La Voce di Maria

La spianata dove ha avuto luogo la celebrazione

I chierichetti formano un cordone per contenere le migliaia di fedeli

I BEATI FRA TULLIOE LUIS OBDULIOdi Fr. Massimo Tedoldi, segretario delle Missioni Francescane Nord Italia

A Morales in Guatemala, in una piazza gremi-ta di migliaia di fedeli e tripudiante di canti, danze e fiori, si è celebrata in ottobre la

toccante Messa di Beatificazione del missionario francescano vicentino, del quale il Santuario di Motta conserva alcuni suoi effetti personali, e del suo catechista guatemalteco, assassinati in odio alla fede il 1° luglio 1981.

Di certo fra Tullio non poteva immaginare, mentre costruiva la chiesa parrocchiale di Morales in Guatemala, che quarant’anni

dopo, a un centinaio di metri dalla costruzione,

il suo nome sarebbe risuonato solenne nell’Al-bo dei Beati e la sua immagine, con la palma in mano, sarebbe stata innalzata nell’azzurro del cielo, sotto gli occhi ammirati e commossi di migliaia di persone. Forse, guardando dal cielo accanto al suo parrocchiano, il beato Luis Obdu-lio, avrà detto: “Ma quanto disturbo abbiamo cre-ato!”. La Beatificazione del 27 ottobre 2018 non ha solo esaltato il martirio di fra Tullio e di Luis Obdulio, ma ha anche sigillato quanto agli occhi del Signore valgono gli umili e i semplici operai del Vangelo. Ha proclamato la beatitudine dei po-veri che confidano nel Signore, come hanno fatto questi due testimoni del Vangelo, pienamente af-fidati nelle mani di Dio, soprattutto quando l’ora buia della passione incuteva paura e angoscia. La beatificazione, ancora, è stata un pieno rico-noscimento alle mani callose del missionario che ha annunciato il Vangelo con la concretezza della carità, senza risparmiare fatiche, in un servizio continuo alla sua gente, che conosceva e chia-mava per nome. E nel contempo, il premio per il suo catechista fedele Luis Obdulio che aveva voluto morire accanto al suo parroco Tullio.Umiltà e gloria sono stati il clima della grande be-

atificazione. L’umiltà dei due protagonisti e la gloria piovuta dal Cielo dal Signore sopra di loro. Accanto al Cardinale, venuto da Roma come delegato del Papa, erano decine di ve-scovi, centinaia di frati e sacerdoti, migliaia di fedeli, sotto il cocente sole tropicale, in una piazza tripudiante di canti e di fiori rossi. Da Vicenza era presente la delegazione guidata dal Vicario Generale, con il parroco di Lapio, paese natale di fra Tullio, e i due fratelli del nuovo Beato. Tra le centinaia di frati, il grup-po degli italiani: il Ministro e il Vicario provin-ciali, il Postulatore e il Definitore da Roma, fra Giampaolo e fra Massimo delle missioni. La famiglia francescana era rappresentata anche da molte suore e da migliaia di Terziari

12 La Voce di Maria

Le reliquie dei due martiri

L’immensa folla gioiosache ha preso parte alla cerimonia

Il Card. Becciu riceve i doniportati all’altare

esultanti per il primo beato martire guatemalteco Luis Obdulio.La Liturgia è stata un tripudio di bellezza: cori e canti in lingue locali (che fra Tullio conosceva bene), processioni danzate, gruppi di indigeni che recavano offerte. Quando il grande quadro dei due Beati martiri fu scoperto, al momento della proclamazione, si levò un applauso immen-so, indirizzato a Dio prima di tutto, che fa cose meravigliose, e poi ai due umili francescani che scelsero in vita l’ultimo posto, quello ac-canto ai miseri e agli scartati. La Provincia francescana locale e la Diocesi hanno curato ogni particolare per rendere la Celebrazione ricca di fascino e di devozione. Hanno pre-parato anche un libretto con la biografia dei due Beati e altro materiale per custodirne la memoria da parte dei fedeli. Tutte le strade che conducevano a Morales erano ornate con palme e fiori, un giardino di centinaia di chilometri da percorrere nell’emozione e nel-la riconoscenza a Dio.L’indomani, domenica 28 ottobre, la festa si è spostata a Puerto Barrios, nella cattedrale della Diocesi con una grande concelebrazione

presieduta dal Vescovo locale Mons. Domin-go. Molto toccante il momento in cui le reliquie dei due martiri sono state portate all’altare dai fratelli di fra Tullio e dalle sorelle di Luis Obdu-lio. Poi il gruppetto dei frati italiani ha voluto passare per Quiriguà, dove è avvenuto il mar-tirio, e sostare nella cappella dove sono stati posti i corpi dei due nuovi Beati.Sul quaderno dove i visitatori appongono la loro firma, troviamo scritto: “Sono Janvier. Padre Tullio celebrò il mio matrimonio in Chalja, la stessa settimana in cui fu assassi-nato”. Più sotto: “Sono cresciuto ascoltando

la storia di p. Tullio, che sempre mia madre mi raccontava, di come ha lottato con e per la sua gente, e questo mi riempie di gioia, sapere che il mio paese e le mie terre poterono conoscere questo grande martire”. Con e per la sua gente: questo è il grande messaggio dei due martiri, vivere nel cuore della propria gente, condividen-done dolori e speranze. Ora nel cuore di questo popolo vive l’amore di fra Tullio e Luis Obdulio, un amore beatificato.

13La Voce di Maria

Il Card. Becciu, che ha presieduto il ritodi Beatificazione, con il Nunzio e alcuni volontari

Alla Beatificazione di p. Maruzzo era presenteanche il 92enne Carlo, fratello del missionario martire

RICCHI DELL’AMORE DI DIO CHE ABBRACCIA TUTTIa cura della Redazione

Chi sono i due nuovi Be-ati e che hanno fatto di particolare? Li ha trat-

teggiati molto bene nell’omelia, di cui riportiamo una parte, il Card. Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che in Guatemala ha presieduto il rito di Beatificazione.

Uno era frate minore e sacerdote, l’altro fedele laico catechista, eppure

li accomunava essenziali tratti di spiritualità: lo stile di vita semplice e lieto, lo zelo per il Vangelo, che sostiene gli operatori di pace, la premurosa cura dei poveri e la corag-giosa difesa degli ultimi. Il beato Tullio Maruzzo aveva lasciato il suo borgo natio, Lapio di Arcu-gnano, in Italia, per essere testimone del Vangelo in mezzo a voi. Carattere amabile, trovava forza in una intensa vita di preghiera: viveva della fede che predicava. Non solo; egli traeva forza anche dal vivere insieme con i confratelli verso i quali era sempre positivo, egli sapeva trovare in ognu-no di essi la “pagliuzza d’oro”, cioè il bene. Curò la formazione dei catechisti, l’amore ai poveri e ai

malati. Il Beato Luis Obdulio Arroyo Navarro fu il fedele compagno che il Signore pose accanto a p. Tullio nell’ora del martirio ed è il primo Beato martire nativo di Guatemala! Anche lui era mite e servizievole, disponibile per trasportare un ferito o una partoriente all’ospedale con la sua auto, anche di notte; ma la sua specialità era fare da autista ai frati e alle suore per raggiungere i vil-laggi più lontani. La morte fu loro inferta violen-temente dagli assassini a motivo dell’odio verso Cristo e il Vangelo. P. Tullio era sensibile alla sof-ferenza dei poveri contadini, che per l’angheria dei latifondisti si vedevano espropriati della terra

che con fatica bonificavano. La sua azione pa-storale divenne una denuncia coraggiosa dei soprusi dei potenti locali. Il doloroso epilogo si ebbe la sera del 1° luglio 1981 mentre rien-trava in parrocchia con il fedele Luis Obdulio: l’auto in cui viaggiavano fu fermata, furono fatti scendere, furono colpiti a morte e abbandonati sul ciglio della strada. Non perdete mai di vista l’ideale per il quale hanno dato la propria vita il Beato padre Tullio e il Beato Luis Obdulio: mostrare il volto di una Chiesa segno di spe-ranza e ricca dell’amore di Dio che abbraccia tutti, ma soprattutto gli scartati e gli oppressi. Ripetiamo insieme: Beato padre Tullio e Beato Luis Obdulio, pregate per noi!

14 La Voce di Maria

Proseguiamo in questo numero della Rivista il racconto del lun-go viaggio del Beato Odorico da Pordenone (1285-1331) nel 7° centenario dalla sua partenza per la Cina (1318-2018), attingendo le informazioni dal suo Itinerarium che egli ha dettato a Pisa a un suo confratello.

COSTA DEL MALABAR e poi TOMBA DELL’APOSTOLO TOMMASOCon le ossa dei santi confratelli sulle spalle, Odorico e i suoi accompagnatori compiono una traversata lungo la costa occi-dentale dell’India, il Malabar, dove crescono foreste di pepe, la più ricercata fra le spezie diffuse dai mercanti in Occidente. Odo-rico ricorda due città: Flandrina, oggi Bandiranah, e Zinglin, oggi

Shinkali. È la volta poi di Polombo (Quilon/Kollam). Qui si interessa del credo religioso del luogo, che è l’in-duismo: con il suo sacro rispetto degli esseri viventi, compresi i bovini, e le sue divinità, connubio di uomini e animali; e con le derive fanatiche che giungevano al suicidio rituale sotto le ruote del carro che trasporta l’idolo. Il frate raggiunge quindi la costa sud orientale d’India, e lo fa da pellegrino alla tomba dell’apostolo evangelizzatore di questa terra, San Tommaso, a Meliapur/Mylapur, oggi sobborgo di Madras/Chennai.

Palombo (KOLLAM) Del bue idolo. In uno Imperio io arrivai ch’ha nome Mibar. Da verso meriggio, è una città la quale si chiama Palombo. Tutti gli huomini di questa contrada adorano el bue per suo Dio, della cui carne non ne mangierebbero per qualsivoglia cosa del mondo, dicendo che gli è una cosa santa. Ancora similmente adorano un’altra idola, ch’è mezzo bue et mezzo uomo. A questa gli uomini et le femine votano gli suoi figliuoli et figliuole. Et così li uccidono innanti a questa idola, acciò che sacrifichino il sangue di loro; onde molti ne muore a questo modo.Della vedova arsa sulla pira. Un’altra usanza hanno gl’idolatri di questo regno: che quando muore veruno huomo, egli l’ardono morto, et s’egli ha moglie, l’ardono viva, et dicono ch’ella vada a stare col suo marito nell’al-tro mondo. Ma se la femina ae figliuoli del suo marito, ella puote restare con quegli, che non gli è reputato a vergogna.Mobar (MYLAPUR) Pellegrino a San Tommaso. Da qui sono dieci diete in-fino ad un molto grande regno ove è posto el corpo de lo beato Santo Tho-maso apostolo, la chui chiesa è piena di molti idoli, appresso la quale sono forse quindici case di cristiani.

CAMMINÒ A ORIENTEA 700 anni dal viaggio in Cina del Beato Odorico

a cura della Redazione

La pregevole arca marmorea, del XIV sec.,finemente scolpita e sollevata da quattro

graziose colonne, dice la fama di santità e la devozione di cui il B. Odorico era circondato

Il Beato Odorico predica alle popolazioni dell’Asia

15La Voce di Maria

ANDAMANE, NICOBARE, ISOLE INDONESIANEIl viaggio prosegue. Si dirige all’Isola di Ceylon e alle Andamane, che Odorico chiama Dodim. È possibile che questa nella “Relazione”, come Paten, corrisponda invece a un’isola delle Filippine, Molucche o Indo-nesia: è pensabile infatti una trasposizione di carte nell’opera odoriciana oppure a momenti di confusione del missionario che, ammalato, al rientro dettò di getto i suoi ricordi. Qui si rispetta il percorso presentato dalle edizioni dell’“Itinerarium”. La navigazione fa tappa anche alle isole Nicobàre. Il frate visita indi l’isola di Sumatra con i regni di Lamori e Botenigo, dove rileva che gli abitanti - così a Dodim - sono pessimi perché mangiano la carne umana onde l’anima del morto non abbia a soffrire. Annota poi gli splendori del regno di Giava. Odorico è il primo occidentale a dare notizie di Borneo.

Lamori (isola SUMATRA). Degli uomini nudi. Andando verso mezzodì, venni per lo mare Oceano cin-quanta giornate, a una contrada che si chiama Lamori [dove] è sì grande caldo che gli uomini et le femine vanno gnudi, senza neente a dosso. Et costoro si faceano le beffe di me, et diceano che Dio fece Adam ignudo, et io mi volea vestire a mal suo grado. [Qui] le femine son tutte comunali che neuno puote dire: questa è mia moglie, né questo è mio marito. [Anche] tutti [i] poderi et le terre sono comunali; sì che neuno può dire: questa è la mia, et quella è la tua.Iava (isola GIAVA). Del palazzo d’oro. Appresso è una grand’isola che si chiama Iava dove s’abita molto bene. Il re ae un palagio molto bello et maraviglioso: el muro di questo è tutto impiastrato di pietre d’oro, et nelle piastre sono scolpiti chavalieri che hanno intorno al chapo uno grande cerchio d’oro, siccome hanno di qua i Santi nostri. El tetto è tutto d’oro puro. Et [questo re] è stato molte volte in battaglia con lo Cane grande del Catayo, et sempre l’ha vinto et soperchiato.Paten (isole BORNEO o FILIPPINE). Degli alberi che producono farina. In un’altra contrada, la quale si chiama Paten, altri la chiama Talamasin, si truovano alberi che producono farina: tàglianogli da piè con una mannaia, et da questo nasce uno liquore a modo di colla, el quale el pongono ne’ secchi di foglia, et lascianlo ben quindici dì al sole, et alla fine così è fatto farina; poscia la fanno stare in molle duo dì nella aqua del mare; la lavano nell’aqua dolce, et ne fanno pasta. Et, di quella, pane molto buono, del quale io Frate Odorigo ne mangiai.Dodim [isole ANDAMANE?]. Di coloro che mangiano gli uomini. Arrivai a un’altra isola che si chiama Dodim. Qui dimorano mali huomini che mangiano la carne cruda… Io riprendea molto questa così fatta giente. Et potea dire quanto io volea, che no mi voleano credere né partirsi da questo errore.

Il frate missionario che in Orienteguadagnò anime a DioDomenica 30 settembre è una giornata speciale per la Basilica. Infatti, in occasione del VII centenario del viaggio missionario in Oriente del frate friulano (1318-2018), padre Giorgio Laggioni (nella foto), vice Rettore della Basilica del Santo di Padova e attuale vice Postulatore per la causa di canonizzazione del B. Odorico, ha offerto in dono alla Basilica mottense la reliquia “ex cute” del Beato Odorico da Pordenone. Al termine della celebrazione, presieduta dallo stesso Laggioni che nell’omelia ha tratteggiato la figura straordinaria del frate missionario, l’atto di omaggio di fedeli e devoti con il bacio alla reliquia.

16 La Voce di Maria

VITA DEL SANTUARIO

I Cirenei rinnovano l’impegnoIl gruppo dei Cirenei, associazione laicale del nostro Santuario,

si è incontrato nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce, ha animato la Messa domenicale del 16 settembre, nella quale ha rinnovato, ai piedi della grande Croce del Giubileo, il proprio

impegno e ha accolto due nuovi aderenti.

Una visita gradita e attesaIn occasione della dedicazione della Basilica, il 16 settembre scorso Mons. Fabio Dal Cin, Legato pontificio per la Casa di Loreto e la Basilica del Santo di Padova, ha fatto visita al Santuario mottense e ha reso omaggio alla Madonna dei Miracoli presiedendo i Vespri solenni e la S. Messa. Grande la partecipazione e la commozione di fedeli e amici, felici di rivedere un amico.

17La Voce di Maria

Per sostenere l’intervento al restauro, puoi inviareil tuo contributo tramite c/c postale o bonifico bancario

(di cui trovi gli estremi a pag. 2 della Rivista)oppure lascia la tua offerta in Sacrestia.

La comunità dei frati di Motta ringrazia del tuo gesto.

RESTAURO CONSERVATIVOTorna a splendere la facciata della Basilica dopo un intervento complesso e accurato

L’opera di restauro conservativo degli elementi architettonici e decorativi di facciata della Basi-lica è avvenuta in tre fasi: una fase conoscitiva preliminare, per l’aquisizione dei dati storici dei manufatti, per i rilievi metrici e le caratteristiche costruttive dei materiali; una fase analitica, che prevedeva il campionamento di prove in situ, prelievi e stratigrafie dei materiali e, per ultima, la fase esecutiva vera e propria, comprendente la scelta e la verifica circa l’efficacia degli inter-venti proposti. Dalle indagini preliminari eseguite, le alterazioni e le degradazioni rilevate specie sulle superfici dei manufatti lapidei, si sono potuti esplicitare su tre tipi di fenomeni: di tipo fisico, indotti non solo da sbalzi termici, dall’azione del gelo e da cristallizzazioni saline, ma anche da la-vorazioni recenti e dal tipo di messa in opera (v. staffe metalliche, materiali incoerenti utilizzati in precedenti restauri); per fenomini di tipo chimi-co, indotti da ossidazione, idratazione e solfata-zione; e di tipo biologico, dovuti alla presenza di muschi, licheni e microrganismi vegetali.Le cause specifiche che hanno comportato il de-grado dei materiali lapidei (statue e rocchi su cui poggiano le statue stesse) sono state individuate specie per il grado di porosità della pietra arena-ria stessa, la quale ha determinato l’assorbimento dell’acqua piovana e per le aggressioni di microrga-nismi (muschi e licheni); le cause del degrado per la pietra d’Istria di cornicioni, paraste e piedistalli,

sono state individuate per idratazione e per cristallizzazione salina interna, e ciò

ha provocato dei distacchi per ri-gonfiamento del materiale stesso.Sui manufatti lapidei della fac-

ciata principale, gli interventi eseguiti sono sta-ti: la pulitura delle superfici con biocidi, previo trattamento con prodotti consolidanti in modo da non esportare il materiale lapideo scarsamente coeso; il consolidamento dei materiali degradati con l’applicazione di prodotti capaci di penetrare in profondità (resine sintetiche) migliorando in tal modo la coesione del materiale stesso; infine la protezione attraverso l’applicazione di prodotti chimici (idrorepellenti siliconici) aventi la funzio-ne di proteggere le superfici dagli agenti esterni (inquinanti atmosferici, condensazione di umidità, ecc.). In particolare nei mesi agosto-settembre sono state rimosse le stuccature in base cemen-tizia presenti su cornicioni in pietra d’Istria, sulle paraste e sui coronamenti dei contrafforti e del timpano sommitale, attraverso l’utilizzo di microin-cisore, martelletto e scalpello; sono stati tolti i chiodi arrugginiti ed eseguito il lavaggio con acqua additivata con prodotti tenso-attivi.In ottobre sono state eliminate le tracce di malta e silicone, sono state eseguite le chiusure delle fessurazioni tra i conci di pietra con stuccature in malta a base di calce.

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Basilica illuminata a festaNei mesi di settembre e ottobre è stato rinnovato l’impianto di illuminazione della Basilica. I corpi illuminanti ioduri metallici, ormai esauriti, sono stati sostituiti da nuovi fari a led di ultima generazione, che consentono non solo un’illuminazione più adeguata, ma anche un notevole risparmio energetico. Il nuovo impianto va a valorizzare quegli elementi artistici e spirituali che caratterizzano la Basilica, come ad es. la cappella del Tabernacolo, il grande Crocifisso sopra l’ingresso principale, la statua della Madonna incinta che accoglie il pellegrino (nelle foto) e la Cripta dell’Apparizione, la cui sacra effigie ora appare più brillante e viva.

A novembre è stata eseguita la scialbatura finale con grassello di calce pigmentato. Circa le superfici intonacate, è stata eseguita la pulitura superficiale dell’intonaco con lavaggio delle superfici dal marmorino polverizzato; quindi è stata applicata una mano di boiacca di carbonato di calcio con scialbatura finale pigmentata a riprodurre la tinta originaria (colore bianco-ocra).(continua nel prossimo numero)

Il Tecnico incaricato D.L.: Arch. Sergio Rusalen

Sopralluogodell’Arch. Rusalen

Intervento allaparete del lato Nord

Uno dei rocchiammalorati dal tempo

19La Voce di Maria

A destra: Giornatadel Malato in Santuario

Sotto: Gruppo ciclisti di S. Donà di Piave (VE) ex maratoneti cicloturistica gemellati con

Villeneuve Sur Lot (Francia)In basso a destra:

Coro S. Marco di Fossalta Maggiore e Cavalier

Pellegrinaggio per la visita pastorale del VescovoDomenica 30 settembre le parrocchie pordenonesi del Basso Livenza hanno aperto la visita pastorale del loro Vescovo Pellegrini con un pellegrinaggio che, partendo a piedi da Meduna e Lorenzaga, ha fatto meta in Santuario, dove il Vescovo di Pordenone ha presieduto la Messa e ha impartito la benedizione finale con la reliquia del Beato Odorico, regalata al Santuario mottense la mattina.

Il Patriarca emeritodi Gerusalemme tra noi

La visita amichevole nell’ottobre scorso di Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca

emerito di Gerusalemme, che ha presieduto la Messa domenicale in Basilica e ha tenuto vari incontri con giovani e adulti per portare

la sua testimonianza sulla Terra Santa, ha suscitato vivo interesse e in molti la nostalgia

di tornare pellegrini nella terra di Gesù.

20 La Voce di Maria

AFFIDATI A LEI

Valeri Matilde, Valeri Giorgiae Vendrame Angelica Maria con i loro genitori

25° di matrimonio Drali Sergio Aldo e Trentin Fiorella di Levada di Ponte di Piave (TV)

Luca e Carlo Toffolidi Negrisia e Ponte di Piave (TV)

I genitori di Susy e Tania Moro ringraziano la Madonna per il coronamento degli studi delle figlie

Suor Elisa, Danila, Luigia, Marta, Raffaelae Rosarita delle Piccole Figlie di S. Giuseppe

di Verona ringraziano la Madonnaper il loro 50° di Professione Religiosa

Manna Davide con i genitori, Azzano X (PN)

50° di matrimonio Mattiuzzo Antonioe Gobbo Silvana di Motta

Pellegrinaggio Parrocchia di Navolè di Gorgo al Monticano

Pellegrinaggio Parrrocchia di Azzano X (PN)

50° di matrimonio Valeri Benito e Faggian Bruna di Cessaltoe 25° Marcuzzo Davide e Valeri Annalisa di Malintrada

PELLEGRINAGGI E ANNIVERSARISettembre e OttobrePellegrinaggio del Seminario di PadovaPellegrinaggio di Noventa di Piave (VE)Pellegrinaggio di Loria (TV)Pellegrinaggio a piedi Forania del Basso LivenzaPellegrinaggio dei sacrestani di BellunoPellegrinaggio dei ragazzi di Navolè e Gorgo al M. (TV)Parrocchia di Azzago (VR)Parrocchia Cattedrale di Vittorio Veneto (TV)Parrocchia di Bannia di Fiume Veneto (PN)Piccola Fraternità Lessinia di Bosco Chiesanuova (VR)Gruppo di preghiera di Saletto di Piave (TV)Gruppo di preghiera di Saccolongo (PD)Gruppo catechiste di Polcenigo e Coltura (PN)Gruppo Comunità ospedaliera di S. Donà di Piave (VE)Gruppo neocatecumenale di Mestre (VE)Gruppo classe 1940 di Caneva (PN)Gruppo classe 1941 di Montebelluna (TV)Gruppo classe 1947 di Vedelago (TV)Gruppo pensionati di Castelgomberto (VI)Gruppo di PadovaGruppo di Arcade (TV)Gruppo genitori “Giovani in cielo”Gruppo “Almerino” Paracadutisti di Treviso

Gruppo di Faè di Oderzo (TV)Gruppo di Camisano Vicentino (VI)Gruppo di Cavaso del Tomba (TV)Giuseppini del Brandolini di Oderzo (TV)Casa di Riposo “Umberto I” di PordenoneCooperativa AILS per disabili di TrevisoCooperativa disabili di S. Vendemiano (TV)Trevisani nel mondo di Paese (TV)25° di matrimonio Girardo Daniele e Gregori Silvia di Motta (TV)30° di matrimonio Camatta Mauro e Patrizia di Motta (TV)

40° di matrimonio Lessio Gianni e Emanuela di Noventae 50° di matrimonio Zabotto Carlo e Moro Cesira di Pero (TV)

45° di matrimonio Pin Gianni e Gabriella di Motta

25° di matrimonio Girardo Daniele e Gregori Silvia di Motta

45° di matrimonio Fregonese Maurilioe Casonato Nazzarena di Mansuè (TV)

50° di matrimonio di Visintin Giacomoe Giuliana di Motta

AVVISO AGLI ORGANIZZATORIDEI PELLEGRINAGGISi ricorda che il parcheggio del Santuario, con entratada viale Madonna e uscita obbligatoria su via De Gasperi,è consentito solo alle auto. L’area per il parcheggiodei pullman si trova in Via Cattaneo con accesso da viaDe Gasperi in direzione della piscina comunale.Per garantire l’accoglienza e la visita guidata ai gruppi, si consiglia di prenotare per tempo il pellegrinaggio telefonando in Santuario.

35° di matrimonio Dalla Francesca Renato e Andreos Adriana di S. Nicolò di Ponte Piave (TV)40° di matrimonio Gerotto Enrico e Daniela di Treviso45° di matrimonio Adriano e Ida45° di matrimonio Fregonese Maurilio e Casonato Nazzarena di Manuè (TV)45° di matrimonio Moras Marietto e Sonego Silvestrina di Mareno di Piave (TV)45° di matrimonio Mucignat Giancarlo e Vidal Maria45° di matrimonio Antonel Armando e Paola Carla di Motta (TV)47° di matrimonio Luigi e Farida di Ceggia (VE)48° di matrimonio Feltrin Rinaldo e Renza di Motta (TV)49° di matrimonio Giacomel Egidio e Adelma di Ceggia (VE)50° di matrimonio Mattiuzzo Antonio e Silvana di Motta (TV)50° di matrimonio Mario e Maria Anna di Cordenons (PN)50° di matrimonio Corletto Sandrino e Natalina di Giavera del Montello (TV)50° di matrimonio Rizzo Luigi e Furlan Luisa50° di matrimonio Luigi ed Elena di Portogruaro (VE)50° di matrimonio Del Molin Gino e Tessaro Giacomina50° di matrimonio Carlo e Grazia50° di matrimonio Bruno e Giuseppina50° di matrimonio Visintin Giacomo e Giuliana di Motta (TV)60° di matrimonio Spadotto Antonio e Bruna di Pasiano (PN)64° di matrimonio Trevisan Luigino e Ida di Ormelle (TV)

23La Voce di Maria

Lunedì 17 - Lunedì 24 dicembreNovena del Santo Natale

SS. Messe 7,30 - 8,30 - 9,30 - 18,00meditazioni sul mistero

di Dio fatto uomo

Festività Natalizie

Ai benefattori del Santuario e a tutti i devoti della Madonna dei Miracoli i Frati augurano un Buon Natale e un Felice Nuovo Anno di serenità e pace

LUNEDÌ 24 DICEMBREVigilia di Natale• SS. Messe 7,30 - 8,30 - 9,00Le confessioni terminano alle ore 18,45• ore 21,00 S. Messa nella notte di Natale Processione alla Cripta con il Santo Bambino

MARTEDÌ 25 DICEMBRENATALE• SS. Messe 7,00 - 8,30 - 10,00 - 11,30 - 17,00 - 18,30- ore 10,00 S. Messa solenne• ore 16,00 Canto solenne del Vespro con Adorazione Eucaristica

MERCOLEDÌ 26 DICEMBRESanto Stefano• SS. Messe 7,00 - 8,30 - 10,00 - 11,30 -17,00 - 18,30Il canto dei Vespri è sospeso

DOMENICA 30 DICEMBRESanta Famiglia di Nazareth

LUNEDÌ 31 DICEMBREUltimo giorno dell’Anno• SS. Messe 7,30 - 8,30 - 9,30• ore 18,00 Santa Messa nella Solennità di Maria Madre di Dio e canto di ringraziamento “Te Deum”

ORARIO CONFESSIONI Feriale: 8,00 - 12,00 e 15,00 - 19,00Festivo: 6,45 - 12,00 e 15,30 - 19,00

ORARIO PRESEPIO Nella Sala S. Francesco del chiostro puoi visitareil presepio tutti i giorni dal 25 dicembre al 27 gennaio dalle 9,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 18,30

MARTEDÌ 1 GENNAIO 2019Solennità di Maria Santissima, Madre di DioGiornata Mondiale per la pace• SS. Messe e canto del “Veni Creator” 7,00 - 8,30 - 10,00 - 11,30 - 17,00 - 18,30• ore 16,00 Vespri solenni e processione pressola Cripta dell’Apparizione

DOMENICA 6 GENNAIOEpifania del Signore• SS. Messe 7,00 - 8,30 - 10,00 - 11,30 - 17,00 - 18,30- ore 10,00 S. Messa solenne• ore 15,30 Vespri e processione con il S. Bambino. Presiede il Vescovo Corrado Pizziolo

Anno LXXXIV • N. 6 Novembre - Dicembre 2018 • Rivista Bimestrale • Sped. in Abb. postale • D.L. 353/2003 - Art. 1 comma 2 • DCB TV