Dike 4. Tredicesimo Simposio Di Diritto Greco e Latino

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Tredicesimo Simposio Di Diritto Greco e Latino

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  • Alcune iscrizioni giuridiche di area magnogreca 257Livia Migliardi Zingale

    OSSERVAZIONI IN MARGINEAD ALCUNE ISCRIZIONI GIURIDICHEDI AREA MAGNOGRECATestamenti, donazioni a causa di morteo donazioni tra vivi?

    Queste note nascono dalla lettura di un saggio, pubblicato alcunianni or sono da A. Bencivenni sotto il titolo assai suggestivo Kazwn ka qann: Il testamento in Magna Grecia 1: stavo allora prepa-rando la riedizione di una silloge di testamenti romani conservati neimateriali di provenienza egiziana 2 e nella breve introduzione a queidocumenti, specificamente raccolti per un corso monografico di Pa-pirologia Giuridica, volevo presentare un quadro della prassi testa-mentaria greca e soprattutto ellenistica, senza la cui conoscenza po-co si comprendono certe clausole tipicamente greche che, a partiredalla concessione di Severo Alessandro di testare in hellenika gram-mata, cominciano ad apparire con sempre maggior frequenza negliatti di ultima volont dei novi cives ellenofoni che abitano la terra delNilo 3.

    Non potevo certamente trascurare un contributo che proponevatutta una serie di interessanti collegamenti, ma avevo poi rimandato

    1 Vd. Simblos. Scritti di storia antica, II, Bologna 1997, pp. 9-42.2 Vd., a cura di chi scrive, I testamenti romani nei papiri e nelle tavolette dEgitto,

    Torino 1997.3 Sul punto rinvio alla mia silloge testamentaria sopra citata alla n. 2, in part. pp. 6 s.

    e 96 n.1.

    Dike, 4 (2001), pp. 257-267

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    ad altro momento unindagine pi approfondita dei molti problemiche quelle pagine sollevavano: soltanto una gentile ma assai fermarichiesta del collega A. Maffi a collaborare in concreto alla nuovarivista giusgrecistica Dike mi ha indotto a riprendere il contributodella studiosa bolognese, per cercare di dare una qualche rispostaad alcuni interrogativi che tale lettura mi avevano allora suscitato.

    Oggetto di quellindagine sono tre iscrizioni bronzee, databili trala fine del VI e linizio del V secolo a.C. 4, che sono state ritrovate inmomenti diversi nellarea crotoniate e che sono state pubblicate or-mai da molto tempo: dopo le prime parziali ma non sempre affidabi-li letture 5 i tre documenti, redatti in alfabeto dorico e nel dialetto dellecolonie achee, sono agevolmente consultabili nelledizione criticaapprontata gi negli anni 20 da V. Arangio-Ruiz e A. Olivieri per laraccolta di iscrizioni della Sicilia e dellItalia meridionale relative aldiritto 6, cui si pu ora aggiungere la nuova pubblicazione da partedi H. van Effenterre e F. Ruz in una pi ampia silloge di epigrafigreche arcaiche a contenuto politico e giuridico 7.

    Pur nel diverso stato di conservazione una sola delle tabelle,quella cosiddetta di Saotis, risulta completa, mentre le altre due sonogravemente mutile , stato possibile ricostruire lo schema compo-sitivo che le caratterizza e che consiste nella sequenza pressochcostante di quattro clausole 8:a formula augurale invocante la divinit e la fortuna;b indicazione del nome del damiourgos;

    c disposizione espressa da una forma del verbo didomi;d indicazione del nome dei proxenoi.

    Sulla prima clausola, ampiamente attestata nella documentazionepubblica e privata dallet arcaica allet ellenistica e romana 9, cinvero ben poco da dire: lespressione di augurio in nome della divi-nit e della buona sorte ricorre infatti sia nellincipit di leggi, arbitra-ti, decreti, rendiconti, inventari, sia in testa a dediche votive, atti difondazione, manomissioni, contratti e disposizioni di ultima volon-t 10. Per quanto poi riguarda il suo significato, appaiono tuttora vali-de le osservazioni fatte gi dai primi studiosi che hanno indagato suquesta formula, secondo i quali essa viene adoperata da chi scrivecon la convinzione che attraverso lintervento salvifico degli dei edella fortuna latto che la contiene possa avere cos efficacia 11.

    Poich la presenza di questa espressione che e rimane unsemplice auspicio di natura squisitamente metagiuridica non risultadi per s sufficiente a identificare pi esattamente il contenuto delletabelle in esame, necessario proseguire la lettura delle successiveclausole per cercare qualche elemento maggiormente chiarificatore:ecco dunque il nome di un damiourgos, che nella prima e nella terzaiscrizione espresso sotto forma di genitivo assoluto, mentre nellaseconda compare al nominativo, posposto alla clausola dispositiva eseguto dallindicazione dei proxenoi, anchessi in nominativo 12.Nonostante questa differenza, la pi gran parte della dottrina ha in-terpretato la formula, in tutti e tre i casi, come semplice indicazionedella magistratura eponima, avente quindi un significato meramente

    4 Sulla datazione delle tre lamine si veda Bencivenni, art. cit., p. 30 e n.36.5 Rinvio sul punto allampia bibliografia diligentemente raccolta da A. Bencivenni

    nellarticolo citato supra, p. 9 n.1.6 Cfr. Inscriptiones Graecae Siciliae et infimae Italiae ad ius pertinentes, Mediolani

    1925, nrr. 18, 19, 20: vd. anche SEG IV 75 (XV 600), 74, 71. Pochi anni prima era ap-parsa ledizione di D. Comparetti (Tabelle testamentarie delle colonie achee di MagnaGrecia ed iscrizioni di Tegea, Dodona, Corcyra, Firenze 1915), nella quale veniva pub-blicata per la prima volta liscrizione di Philon, che si aggiungeva agli altri due docu-menti gi noti da tempo, cio liscrizione di Saotis e liscrizione di Simichos, cui lo stu-dioso apportava anche significativi miglioramenti di lettura: cfr. anche dello stesso stu-dioso il saggio Tabelle testamentarie delle colonie achee di Magna Grecia, Annali dellaScuola Archeologica dAtene 2 (1916), pp. 220 ss., nrr. 18-20.

    7 Vd. Nomima. Recueil dinscriptions politiques et juridiques de larchasme grec,II, Roma 1995, nrr. 57-58 e 55.

    8 Utilizzo per comodit lo schema proposto da Bencivenni, art. cit., p. 13.

    9 Lautrice del saggio cita opportunamente (ibid., n. 9) alcune testimonianze papi-racee di et tolemaica che contengono siffatte espressioni di buon augurio, ma sembradimenticare che esse compaiono, se pur variamente formulate, anche in documenti diet pi tarda: si veda ad esempio lincipit dellEdictum de pretiis dioclezianeo (301 d.C.)conservato in numerosissime iscrizioni greche e latine, ritrovate in varie province del-limpero romano.

    10 Per un elenco di queste testimonianze pu risultare utile, anche se limitato allesole iscrizioni attiche, W. Larfeld, Handbuch der griechischen Epigrafik, II, Hildesheim -New York 1971, p. 591 ss.

    11 Valgano per tutti le annotazioni di F. Krause, Die Formeln des griechischen Te-staments, Leipzig 1915, p. 15 ss.

    12 Per quanto concerne i tre documenti, ripubblicati da A. Bencivenni in Appendi-ce allarticolo citato supra, seguo lordine da lei adottato, cio liscrizione di Philon dal nome del soggetto protagonista dellatto al nr. 1, liscrizione di Saotis al nr. 2 eliscrizione di Simichos al nr. 3.

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    cronologico, sulla base di una plausibile identit tra i damiourgoi,comunemente attestati nelle colonie achee o in altre localit greche,e gli archontes ateniesi.

    Solo alcune voci isolate tra le quali la stessa Bencivenni han-no messo in dubbio questa interpretazione, proponendo invece diidentificare il damiourgos di queste iscrizioni, sia esso espresso nellaforma del genitivo assoluto oppure nella forma del nominativo, conlincaricato che si occupava del particolare negozio contenuto neldocumento, spiegando poi la circostanza del suo comparire da soloquasi a datare lo scritto con la nozione di falsa eponimia. Eglisarebbe dunque il magistrato cui fanno capo, nellambito di una so-ciet che perfeziona pubblicamente (sic!) la confezione dei documen-ti, gli affari trattati nei documenti stessi 13: una tesi, questultima, chelascia alquanto perplessi perch non trova finora un sicuro riscontronel mondo greco arcaico, nel quale la redazione degli strumenti ne-goziali sembra affidata a semplici scritture private, semmai garantiteda testimoni e per ulteriore sicurezza conservate presso terzi, piuttostoche a documenti pubblici direttamente confezionati da una pubblicaautorit, sia essa religiosa oppure civile, come saranno ad esempionellEgitto tolemaico gli atti di quel funzionario dellamministrazionelagide, lagoranomos, i cui compiti notarili sono ben noti.

    Se dunque appare ancora convincente la vecchia tesi che vedenel damiourgos 14 citato nelle tabelle magnogreche una funzione es-senzialmente cronologica e questo non contrasta con uneventualesua funzione di semplice depositario del documento, risulta certa-mente pi utile nella nostra indagine proseguire la lettura della suc-cessiva clausola, che sembra fornire pi precisi elementi per deter-minare lesatta natura dei tre documenti. in questa clausola cheviene menzionato un soggetto rispettivamente Philon, Saotis e Si-michos 15 il quale dispone di tutti i suoi beni, cio dellintero patri-

    monio familiare 16, in favore di un terzo: nel primo caso risulta bene-ficiaria la moglie Zaotyche, nel secondo una non meglio identifica-ta Sikainia 17, mentre nellultimo documento gravemente lacunoso rimangono ignoti sia il nome sia la qualifica del destinatario.

    Per quanto riguarda il verbo utilizzato per indicare la disposizio-ne, che risulta compiutamente leggibile soltanto nelle prime due la-mine, si tratta di una forma del verbo didomi, che appare comunqueintegrabile nella terza tabella. Sulla base di questo verbo, accompa-gnato da un preciso riferimento alla totalit dei beni lasciati, A. Beni-civenni interpreta gli atti in questione come testamenti e confortasiffatta interpretazione, collegando didomi alla successiva formulaka zwn ka qann 18. Dice al riguardo la studiosa che sono questelocuzioni a decidere della natura dei documenti. Da un lato la frasesulla cessione universale dei beni , dallaltro la determinazionedei limiti temporali in cui tale trasferimento patrimoniale deve avve-nire, con riferimento al periodo successivo la morte del disponentee dunque essa conclude non sembra avventato supporre che gli

    13 Cos Bencivenni, art. cit., p. 16 s. e relative note, con copiosa bibliografia: la stu-diosa riprende qui in particolare la teoria di L. Robert sul falso eponimo, che diversa-mente dal magistrato avente diritto a questo titolo servirebbe soltanto a datare gli attiche rientrano nelle sue specifiche competenze.

    14 Per il problema del rapporto tra il demiurgo delle colonie achee magnogreche elaltra importante magistratura attestata in area crotoniate e rappresentata dal pritanerinvio alla bibliografia specifica ricordata da Bencivenni, art. cit., p. 17 n. 14.

    15 Come stato gi sopra accennato, questo lordine proposto da Bencivenni,che viene qui accolto per comodit da chi scrive.

    16 Mentre nelle iscrizioni di Philon e di Simichos leggiamo la formula tut pnta(= t auto pnta), interessante sottolineare lespressione tn okan ka tllapnta, presente nelliscrizione di Philon: essa richiama suggestivamente la locuzioneoketean crmat te, indicante appunto lintero asse ereditario, che si ritrover co-stantemente nella clausola mancipatoria dei testamenti confezionati dai cives romaniellenofoni e che corrisponde alla formula latina familiam pecuniamque: si veda, tra imolti esempi raccolti da chi scrive nella silloge I testamenti romani cit., nr. 12, il testa-mento di C. Longino Castore a noi conservato nella copia greca trascritta nel relativoverbale di apertura (BGU 1, 326 ll. 26-28).

    17 Diversamente dallopinione pi comune, secondo cui beneficiaria dellatto una donna, M. Guarducci, accogliendo uninterpretazione a suo tempo avanzata daD. Comparetti (art. citato supra, n. 6), ipotizza che possa trattarsi anche di un uomo, ilcui nome sarebbe dunque Sikainias: cfr. Epigrafia greca, III, Roma 1974, p. 296.

    18 questa la lettura, che gi A. Biscardi aveva suggestivamente proposto senzaperaltro spiegarla di lui si veda il saggio dedicato a Il cosiddetto testamento di Cne-mone, SDHI 32 (1966), p. 184 (= Scritti di diritto greco, Milano 1999, pp. 75-87, p. 87),sul quale si torner pi avanti , e che viene ora riproposta con argomentazioni con-vincenti da Bencivenni, in luogo di ka zwj ka qann: secondo la studiosa sembra che la formula in questione, oltre a presentare due ka simmetrici, preveda anche ilparallelismo morfologico dei due termini in contrasto semantico In questo modo lasimmetria della locuzione si giova della presenza di due participi, al posto di un agget-tivo e di un participio (cfr. art. cit., p. 20 n. 17). Comunque sia, il significato non cam-bia, poich in entrambi i casi sia che si legga un aggettivo sia che si legga un partici-pio presente resta comunque evidente che latto destinato a produrre i suoi effettiindipendentemente dallevento mortale.

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    atti siano stati composti in previsione della morte per essere valididopo di essa 19.

    La definizione delle tabelle crotoniati come testamenti defini-zione, che viene anche riportata nel titolo stesso dellarticolo da cuiprendono spunto queste mie riflessioni era stata invero proposta eaccolta gi da molti studiosi 20, soprattutto da storici e filologi, chedal momento della loro pubblicazione le hanno variamente esamina-te, anche se sono altrettanti coloro, in particolare storici del dirittoromano e dei diritti antichi 21, che le hanno invece qualificate comedonazioni a causa di morte. Una classificazione, questultima, chesecondo A. Bencivenni, ormai del tutto fuori luogo per il dirittogreco arcaico in generale e per i documenti magnogreci in particola-re e prosegue la studiosa utilizzarla ancora, nonostante lormaiappurata necessit di dotare la scienza giuridica greca di specificimezzi di indagine, significherebbe da un lato istituire, fra lordina-mento greco e quello romano, un pericoloso paragone che le enor-mi differenze esistenti fra i due dovrebbero scongiurare; dallaltro,comporterebbe il ricorso, ingiustificato e improprio, ad una defini-zione estranea, dettato solo dallimpossibilit di usufruire per certidocumenti arcaici di una categoria, quella di testamento greco, cheuna tradizionale quanto inadeguata concezione ritiene di doveridentificare esclusivamente con la diatheke/adozione 22.

    Dunque le iscrizioni in questione ripete ancora A. Bencivenni non contengono atti di donazione mortis causa ma testamenti, siaperch oggetto delle disposizioni la cessione universale dei beni,sia perch lambito di validit delle disposizioni viene inequivo-cabilmente collocato nel periodo successivo la morte del disponen-te, sia perch essa aggiunge ancora la presenza di beneficiarieuniversali di sesso femminile non solo conferma come altamenteimprobabile una semplice donazione ma sottolinea parimenti la

    inaspettata e straordinaria libert con cui in questarea della MagnaGrecia si utilizzava il testamento 23.

    A parte il primo punto, che trova una facile smentita nel fatto cheanche la donazione mortis causa pu riguardare tutto il patrimoniodel donante e non soltanto singoli beni 24, e cos il terzo punto cheappare altrettanto debole in quanto si parla ora di donazione toutcourt e non pi di donazione a causa di morte, sia pure per negaretale identificazione in favore del testamento, sottolineando la pecu-liarit dellatto cos identificato che consisterebbe in quella assolutalibert del testatore in favore di un individuo di sesso femminile,credo che il punto cruciale sia in realt il secondo. Siamo infatti sicu-ri che le tabelle di Philon, di Saotis e di Simichos siano disposizioni ilcui effetto si avr solo dopo la morte del disponente e siano quindi otestamenti o donazioni a causa di morte 25?

    Per cercare di risolvere questo interrogativo, riprendiamo nuova-mente la clausola ka zwn ka qann, che presente nella prima enella terza iscrizione mentre manca nella seconda tavoletta, doveperaltro viene comunemente sottintesa 26: se in questa formula il se-condo termine sembra collocare nel periodo successivo alla morte ladefinitiva efficacia delle disposizioni, il primo termine pare invecealludere ad una effettivit immediata. E di questa incongruenza si

    19 Si veda ancora Bencivenni, art. cit., p. 20 n. 17.20 Vd. da ultimo H. van Effenterre - F. Ruz, Nomima cit., nrr. 57-58 e 55 (vd. su-

    pra, n. 7): gli autori di questo Recueil definiscono le tre iscrizioni magnogreche tablet-tes testamentaires ed inseriscono al nr. 56 uniscrizione locrese molto frammentaria,che presenta rilevanti analogie con quei documenti.

    21 Si rinvia anche in questo caso allampia bibliografia citata da Bencivenni nel suosaggio, in part. p. 25 e n. 25.

    22 Cfr. Bencivenni, art. cit., p. 26.

    23 Cfr. ibid., p. 29 s.24 Mi sia permesso citare per tutti, anche se riferito al solo ius di Roma, il chiaro

    contributo del mio maestro, M. Amelotti, La donatio mortis causa in diritto romano,Milano 1953, p. 3.

    25 Se tra i giusromanisti, V. Arangio-Ruiz non ha esitato, nelledizione critica da luicurata con A. Olivieri (vd. supra, n. 6) ad inserire questi documenti tra le donazioni acausa di morte, altri invece sono sembrati pi incerti nel definire la precisa natura diquesti documenti. Si legga ad esempio B. Biondi (Successione testamentaria e dona-zioni, Milano 1943, p. 703 e n. 3), il quale, parlando dellantichissimo ed universaleistituto della donatio mortis causa cita appunto taluni atti greci dellItalia meridionale,che sono forse donationes m. c.. E cos si esprimer anche Amelotti nelle pagine dedi-cate a La donatio mortis causa cit., p. 69 e n. 59.

    26 Si vedano ancora V. Arangio-Ruiz e A. Olivieri, che nellapparato critico delladonatio Soteos (sic) cos si esprimono: desunt verba zwj ka qann, at cum in dona-tione omnia bona Soteos comprehendantur, nemo est qui dubitet quin res mortis causadonatae fuerint. Da notare che gli editori ribadiscono anche qui che si tratta di dona-zioni a causa di morte. Diversa lopinione di M. Guarducci, che non accetta tale inte-grazione ed inserisce invece la tabella di Saotis tra gli esempi di donazioni ordinarie, an-che se ricorda che le lamine di Philon e di Simichos sono invece consuetamente inter-pretate come esempi di donationes mortis causa: Si veda Epigrafia greca cit., III, p. 296 s.

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    rende conto la stessa Bencivenni, che propone allora di interpretareil riferimento temporale alla vita del disponente non come allusionealla realizzazione immediata del lascito, ma alla volont attuale deltestatore, attribuendo allespressione una funzione simile a quellalocuzione non ka fronn, cos comune nelle diathekai ellenisti-che, con la quale viene esplicitata la piena sanit mentale del testato-re. In questo modo prosegue la studiosa il protagonista dellattod in vita nel senso di decide consapevolmente di dare ora che in vita e conclude pi oltre il testatore esprime una intenzionevalida ora che in vita e quando sar morto 27.

    Ma una tale affermazione presenta invero una grossa contraddi-zione sia sul piano logico sia sul piano meramente terminologico: seda un lato la disposizione in esame definita testamento, cio unatto che ha efficacia soltanto dopo la morte, e colui che dispone qualificato testatore, come si pu dire poi che il disponente d invita, il che significa invece che la disposizione produce i suoi effettiindipendentemente dallevento mortale? Se al contrario la disposizio-ne ritenuta un atto fra vivi, come si pu allora usare una terminolo-gia prettamente testamentaria?

    A questo punto il problema dellesatta identificazione dei tre attimagnogreci resta ancora senza una risposta del tutto convincente, edallora sembra utile riprendere un suggerimento proposto tanti annior sono da F. Maroi 28, che, esaminando le tabelle in questione dapochissimo tempo pubblicate insieme 29, le aveva definite donazioniordinarie; ma soprattutto giova rileggere pi attentamente quanto stato detto molti decenni dopo da A. Biscardi, il rimpianto giusgreci-sta, maestro dei curatori della rivista Dike che ora raccoglie questomio breve intervento a lui dedicato.

    Si tratta di una riflessione, che prende spunto dallanalisi di unpasso del Dyskolos menandreo: questa la storia di un misantropo,di nome Cnemone, che, salvato dal figliastro Gorgia nella cornice di

    una complicata vicenda nella quale sono coinvolte due giovani cop-pie di innamorati, si rivolge a questultimo con le parole: Ragazzomio, sia che io muoia e credo proprio di s, e di una brutta morte,a giudicare da come mi sento , sia che la scampi in qualche modo,ti adotto come figlio e tutto quello che ho la ventura di possedere,consideralo tuo 30. Secondo lo studioso questo singolare negozionon un testamento-adozione, perch latto non a causa di mortedal momento che esso non destinato a produrre i suoi effetti inconseguenza della morte di Cnemone, bens indipendentemente datale evento; non neanche unadozione inter vivos perch Gorgianon entra a far parte delloikos di Cnemone in posizione subordina-ta, ma per effetto delleispoiesis e della sua accettazione assume inve-ce senza ritardo la titolarit delloikos del disponente; ma non nep-pure una donazione mortis causa, perch questa o produce i suoieffetti subordinatamente alla morte del donante o quegli effetti sirisolvono in caso di sopravvivenza del donante al donatario 31.

    Al termine della sua indagine sul testo menandreo, A. Biscardiaggiunge una postilla per noi assai preziosa, nella quale suggeriscedi raffrontare il negozio di Cnemone proprio con quegli atti di di-sposizione risalenti (VII-VI secolo a.C. 32), conservatici in epigrafi dicitt della Magna Grecia e nei quali ricorre spesso la clausola kazn ka qann (= in vita e in morte) 33: lo studioso, che tanti contri-buti ha saputo dare in tema di diatheke, nelle sue diverse accezionidi testamento-adozione, di adozione postuma, forse di adozione travivi, certo di abdicatio alla potest del titolare delloikos, e infine ditestamento senza adozione 34, quando menziona le tabelle magno-greche non usa dunque n il termine testamento n il termine do-nazione a causa di morte, e se anche non si sofferma pi dettagliata-mente su quei documenti arcaici, sufficiente quel suo preciso col-

    27 Cfr. sempre Bencivenni, art. cit., p. 29.28 Si veda Rivista di Roma 20 (1916), p. 248 ss.: questa definizione susciter peral-

    tro le critiche di V. Arangio-Ruiz e A. Olivieri che nella loro edizione (citata supra, n.6) cos si esprimeranno: Quod Fulvio Maroi placuit, res nn.is 18-20 commemoratasnon mortis causa, sed statim donatas esse, cum verbis ka zwj ka qann nostra sen-tentia convenire non potest.

    29 Si tratta delledizione curata da D. Comparetti citata supra, n. 6.

    30 questa la traduzione offerta da A. Biscardi, Il cosiddetto testamento di Cnemo-ne, SDHI 32 (1966), pp. 173-184, in part. p. 175 (= Scritti, p. 77).

    31 Si legga Biscardi, art. cit., p. 177 ss. (= Scritti, p. 79 ss.).32 Questa datazione stata invero riveduta, come gi ho detto allinizio, e le iscri-

    zioni sono state ricondotte al VI-V secolo a.C.33 Vd. Biscardi, art. cit., p. 184 (= Scritti, p. 87).34 Accanto alle pagine del suo manuale di Diritto greco antico, Milano 1982, p. 121 ss.,

    cfr. anche il saggio dedicato a Osservazioni critiche sulla terminologia diatheke-diati-thesthai, in Symposion 1979, Athenai 1981, p. 21 ss. (= Scritti, pp. 199-214).

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    legamento alle disposizioni di Cnemone, da lui definite un atto cheproduce i suoi effetti indipendentemente dallevento mortale, percomprendere che cos pure sono gli atti di Philon, di Saotis e diSimichos. Anchessi contengono la formula in vita e in morte e dun-que possiamo concludere con A. Biscardi che chi la utilizza ha effet-tivamente lintenzione di disporre a prescindere dalla propria morte,ovverosia inter vivos.

    E torniamo cos al testo delle iscrizioni crotoniati, che dopo laclausola dispositiva presentano un ultimo elemento, consistente nel-lindicazione dei nomi dei proxenoi, in numero di cinque nel docu-mento di Saotis, in numero incerto nellatto di Simichos, mentre nul-la si pu dire per la tabella di Philon, gravemente mutila nella parteinferiore: di certo non collegabili allistituto classico della prossenia,costoro sono pi verosimilmente dei testimoni allatto e meglio an-cora dei testimoni-garanti. questa linterpretazione comunementeaccolta dagli studiosi, tra i quali mi piace ricordare almeno M. Guar-ducci, che utilmente rileva, sulla scia di altri ricercatori, che questadefinizione non pu non richiamare alla nostra memoria la glossa diEsichio proxene-marture 35. Ci non comporta peraltro che i testi-moni delle iscrizioni magnogreche convalidassero latto in calce alquale venivano menzionati assicurandone forse la perfezione forma-le (sic) come invece ipotizza A. Bencivenni 36 : pi cautamente sipu pensare che i proxenoi citati nelle tabelle in esame siano sempli-ci testimoni, che in questa et arcaica forse non sottoscrivono nsigillano ancora il documento 37 e la cui funzione si limita probabil-mente a confermare lesistenza dellatto, offrendo alle parti quellagaranzia ulteriore, che gi si aggiunge alla redazione scritta, di per snon necessaria alla validit del negozio, anche se indubbiamenteutile come mezzo di prova, in caso di contestazioni.

    35 Si legga Guarducci, Epigrafia greca cit., III, p. 296 s., che cita al riguardo il tratta-to tra i Sibariti e i Serdaioi, per il quale rinvia espressamente a quanto detto da lei inEpigrafia greca cit., II, pp. 541-543 (cfr. anche 696-698).

    36 Vd. Bencivenni, art. cit., p. 23 e n. 21.37 A questultimo riguardo bisogna ricordare che G. Pugliese Carratelli (La dedica

    di Kleombrotos e le sigle preposte a nomi in epigrafi italiote, Atti Soc. Magna Grecia 6-7[1965/1966], p. 213) ha invece suggerito che alcune sigle, peraltro presenti nella solatabella di Simichos, possano essere le trascrizioni delle sphraghides apposte sugli origi-nali dei documenti.

    A questo punto rimane ancora un interrogativo, che non riguardail contenuto delle tabelle, ma il tipo di materiale con il quale sonoconfezionate: si tratta di lamine bronzee, di forma rettangolare e del-lo spessore che varia tra i due e tre millimetri, la cui utilizzazione piuttosto diffusa nelle colonie greche dellItalia meridionale, ed inparticolare nellarea crotoniate. A questo elemento formale A. Benci-venni dedica lultimo paragrafo della sua ricerca, ponendosi il pro-blema se il bronzo fosse adoperato come unico materiale di scrittu-ra, cio se esso veniva trattato, in modo allapparenza insolito pernoi moderni dellera cartacea, alla stregua di una base scrittoria diuso comune, oppure il pregio di unincisione enea, potenzialmentedurevole rispetto alluso di materiali pi facilmente deperibili e cer-tamente pi costosa della iscrizione su pietra, veniva riservato, se-condo una discrezionalit di cui occorre tracciare le linee guida, soload alcuni documenti, come ad esempio quelli testamentari 38.

    Dopo unamplissima digressione sul supporto scrittorio bronzeo,la cui scelta secondo la studiosa sembra non tanto collegata conil tipo di atto giuridico che il materiale doveva contenere, quantopiuttosto con il tipo di luogo nel quale doveva essere depositatoe cio allinterno di un santuario o di un tempio 39, A. Bencivenniconclude il saggio, ripercorrendo liter delle disposizioni di Philon,Saotis e Simichos, che redatte inizialmente su altro materiale, come ilpapiro o le tavolette lignee imbiancate o cerate, certamente pi co-mune nella prassi negoziale quotidiana furono poi trasferite subronzo e quindi depositate in un luogo sacro, per essere cos megliocustodite e salvaguardate.

    Accogliendo questa ricostruzione, che trova ampio riscontro inmolti ritrovamenti di area non soltanto crotoniate, hanno termine lemie brevi note su queste tabelle magnogreche che, quasi un secolodopo la loro prima edizione critica, continuano a suscitare linteressedegli studiosi.

    38 Si legga Bencivenni, art. cit., p. 33.39 Vd. ancora ibid., p. 34.