DIFFICOLTà DI SCIEGLIERE

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“Come mi vesto oggi? Metto la felpa nera e i jeans o i leggins con il vestito grigio e gli stivali?”; “Quale telefonino mi compro?”; “Dove andiamo questa estate in vacanza?”; “Mi metto a studiare o esco con gli amici?”. Sono solo alcuni esempi di come la vita ci pone continuamente di fronte a situazioni in cui dobbiamo scegliere. Nel nostro cammino spesso ci troviamo davanti a un bivio davanti al quale ci poniamo l’interrogativo: “Quale strada prendo? Dove mi porterà?”. Ogni scelta è come una strada che si biforca; o ci fermiamo, oppure, per proseguire il cammino, occorre che noi ci orientiamo verso una delle due alternative, lasciando l’altra. Non sempre risulta facile approdare a una decisione. Ci sono alcune scelte minori, legate al quotidiano, che, seppur in certi casi valutate attentamente, (come quale vestito indossare per andare a una festa), si risolvono senza suscitare particolari inquietudini (alla festa finiremo per andare comunque, indipendentemente dal fatto che l’abbigliamento ci soddisfi o meno). Ci sono invece altre decisioni, più impegnative per la loro entità e le loro implicanze, come ad esempio la scelta della Facoltà Universitaria a cui iscriversi, se sposarsi o meno dopo un lungo fidanzamento; queste risultano a volte estremamente difficili da prendere, per cui si tende a procrastinare, senza darsi un termine ultimo di scadenza. Si preferisce rimandare: un tentativo di fuggire di fronte a una scelta che spaventa. Come mai scegliere risulta così difficile? Che cosa c’è in gioco? In generale possiamo individuare alcuni aspetti che ci aiutano a comprendere questa fatica. Un aspetto è insito nella natura stessa della questione che, mettendoci appunto di fronte a più possibilità, nell’orientarci favorevolmente verso una, ci preclude di fatto tutte le altre. In una società consumistica come la nostra, che ci ha abituati a cercare di avere tutto e subito, si amplifica il senso di frustrazione legato alla perdita di qualcosa. Non si riesce a tollerare di dover “lasciare andare” qualcosa, che si vorrebbe in qualche modo trattenere e possedere, almeno come opportunità. Ci si sofferma più su ciò che viene scartato che su ciò che si ottiene e che si raggiunge attraverso una scelta. Eppure riusciremo veramente a gustare ciò che ci offre la vita solo quando impareremo a rinunciare a questa forma di onnipotenza, che ci spinge illusoriamente a volerci appropriare di tutto con avidità insaziabile. Rinunciare al tutto non significa non avere niente: tra i due confini opposti, il tutto e il niente, c’è un grande spazio che è quello della realtà, la quale ci offre diverse opportunità, sia pure limitate. Posso scegliere, ad esempio, di non andare un mese in giro per l’Europa perché non è alla portata del mio portafoglio, ma non

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Un articolo molto interessante sulla scelta pubblicato da dimensioni nuove

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“Come mi vesto oggi? Metto la felpa nera e i jeans o i leggins con il vestito grigio e gli stivali?”; “Quale telefonino mi compro?”; “Dove andiamo questa estate in vacanza?”; “Mi metto a studiare o esco con gli amici?”. Sono solo alcuni esempi di come la vita ci pone continuamente di fronte a situazioni in cui dobbiamo scegliere.

Nel nostro cammino spesso ci troviamo davanti a un bivio davanti al quale ci poniamo l’interrogativo: “Quale strada prendo? Dove mi porterà?”. Ogni scelta è come una strada

che si biforca; o ci fermiamo, oppure, per proseguire il cammino, occorre che noi ci orientiamo verso una delle due alternative, lasciando l’altra. Non sempre risulta facile approdare a una decisione.

Ci sono alcune scelte minori, legate al quotidiano, che, seppur in certi casi valutate attentamente, (come quale vestito indossare per andare a una festa), si risolvono senza suscitare particolari inquietudini (alla festa finiremo per andare comunque, indipendentemente dal fatto che l’abbigliamento ci soddisfi o meno). Ci sono invece altre decisioni, più impegnative per la loro entità e le loro implicanze, come ad esempio la scelta della Facoltà Universitaria a cui iscriversi, se sposarsi o meno dopo un lungo fidanzamento; queste risultano a volte estremamente difficili da prendere, per cui si tende a procrastinare, senza darsi un termine ultimo di scadenza.

Si preferisce rimandare: un tentativo di fuggire di fronte a una scelta che spaventa. Come mai scegliere risulta così difficile? Che cosa c’è in gioco? In generale possiamo individuare alcuni aspetti che ci aiutano a comprendere questa fatica. Un aspetto è insito nella natura stessa della questione che, mettendoci appunto di fronte a più possibilità, nell’orientarci favorevolmente verso una, ci preclude di fatto tutte le altre. In una società consumistica come la nostra, che ci ha abituati a cercare di avere tutto e subito, si amplifica il senso di frustrazione legato alla perdita di qualcosa.

Non si riesce a tollerare di dover “lasciare andare” qualcosa, che si vorrebbe in qualche modo trattenere e possedere, almeno come opportunità. Ci si sofferma più su ciò che viene scartato che su ciò che si ottiene e che si raggiunge attraverso una scelta. Eppure riusciremo veramente a gustare ciò che ci offre la vita solo quando impareremo a rinunciare a questa forma di onnipotenza, che ci spinge illusoriamente a volerci appropriare di tutto con avidità insaziabile. Rinunciare al tutto non significa non avere niente: tra i due confini opposti, il tutto e il niente, c’è un grande spazio che è quello della realtà, la quale ci offre diverse opportunità, sia pure limitate. Posso scegliere, ad esempio, di non andare un mese in giro per l’Europa perché non è alla portata del mio portafoglio, ma non

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per questo rinunciare a delle vacanze distensive, magari in campeggio, o approfittare di un volo lowcost per visitare una città all’estero, adattandomi a dormire in ostello. Così come posso gustare l’ascolto della mia musica preferita, anche se l’i-pod non è proprio l’ultimo modello uscito.In ambito lavorativo, considerando purtroppo anche la condizione di crisi attuale, potrò accettare provvisoriamente anche una proposta professionale non corrispondent e alle mie competenze, pur continuando a cercare opportunità migliori e più adeguate alle mie personali capacità. E, nel campo affettivo, posso non ambire esclusivamente alla ragazza ideale, perfetta su tutti i fronti: bella, intelligente, estroversa, ma dar valore anche a qualità meno appariscenti delle ragazze, più realisticamente contestualizzate in un normale quotidiano ma non per questo meno apprezzabili (valutando con altrettanto realismo la mia “normalità”, perché ci sono pochi Brad Pitt, Jonny Depp e Raoul Bova!). Potremmo dire che scegliere significa accettare che la nostra vita si gioca nel mondo del reale e non nell’infinito illusorio dell’ideale, il mondo delle nostre fantasie e dei nostri sogni. Scegliere ci porta a cogliere le occasioni che abbiamo, seppur limitate. E se le sappiamo apprezzare, potremo trovare in esse soddisfazioni e motivi di gioia.

Abbiamo fin qui visto come uno dei motivi legati alla difficoltà di scegliere sia il dover rinunciare a qualcosa. Un altro aspetto che subentra a rendere problematica la scelta è la paura di sbagliare. Spesso ci si pone di fronte alle alternative con la domanda: “Qual è la scelta giusta?”.

Valutare la situazione solo in termini di giusto o sbagliato risulta sovente riduttivo, perché la realtà è complessa e la bontà o meno di una decisione non riguarda solo l’oggetto della scelta, il che cosa, ma anche, ad esempio, l’impegno e la costanza nel dedicarsi ad esso. Questo discorso risulta valido anche per le relazioni affettive. Sovente ci si interroga: “Sarà la/il ragazza/o giusta/o, per me?”. Indubbiamente la domanda è legittima e degna di considerazione, e richiede, per una risposta adeguata, un necessario periodo di conoscenza. Non va però dimenticato che la persona ideale esiste solo nei nostri sogni ma non nella realtà e che un rapporto non si

fonda solo sulla somma delle qualità dell’uno e dell’altra, ma su un investimento affettivo e di energie che va rinnovato nel tempo per far crescere e tener viva la relazione. In altri termini: la scelta, il “Sì!” alla persona non vanno dati per scontati, detti una volta per tutte, ma si rivelano autentici quando perdurano nel tempo, quando vengono riconfermati e approfonditi nelle diverse situazioni della vita.

Tali condizioni rivelano che la scelta è solida, ben fondata e che le radici sono profonde; come avviene per una pianta, essa saprà resistere anche alle intemperie. Un altro aspetto che rende talvolta difficile scegliere è il bisogno di aver tutto sotto controllo, cosa che non è sempre possibile. All’interno di una scelta ci sono degli elementi prevedibili, ma non sempre tutto può essere pianificato. Pensiamo a una scelta lavorativa: alcune caratteristiche dell’ambiente di lavoro o delle nostre effettive capacità potranno essere comprese meglio dopo una verifica sul campo. Non può esserci una piena conoscenza a priori: solo l’esperienza ci offrirà ulteriori elementi per avere un quadro più completo e realistico. Ogni scelta comporta inevitabilmente una quantità, più o meno grande, di rischio, di imprevisto. Il rischio va messo in conto, accettato senza lasciarsi bloccare dalla

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sua presenza. Se continuiamo a soffermarci sui “se” e sui “ma”, finiamo per rimanere paralizzati, “fermi al palo” e di non operare nessuna scelta che ci permetterebbe di proseguire il cammino. Anche questo bisogno di aver tutto sotto controllo, di voler sapere o conoscere tutto può rientrare in quella forma di onnipotenza a cui si accennava, che è stata anche definita efficacemente “complesso di Dio”: una sorta di difesa che nasce in realtà da una sottostante insicurezza e dalla conseguente sensazione di “non potersi permettere” di sbagliare. Si cade in una ricerca di perfezionismo

(voler fare sempre tutto perfetto) che però risulterà inevitabilmente irraggiungibile a noi umani, considerata la nostra natura (e direi anche fortuna!) di esseri limitati. E si dimentica che noi possiamo imparare anche dai nostri “errori”, che una caduta può insegnarci qualcosa e che cadere non è un dramma, perché dopo ci possiamo rialzare. E’ il grande valore dell’esperienza, la capacità di crescere e di apprendere da ciò che viviamo, anche dai nostri “sbagli”, perché, come mettono in luce anche i detti popolari, carichi da saggezza: “errare è umano” e “sbagliando si impara”.

terapeuta