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Numero chiuso in Redazione il 01/03/2016

Marzo-Aprilen. 2/2016

RIVISTA MILITAREC.F. 80419490588

160° Anniversario della Rivista Militare

I fratelli Mezzacapo, Ufficiali d’artiglieria borbonici, parteciparono come volontari alladifesa di Roma e di Venezia. Essi avevano compiuto gli studi militari nel collegiodella “Nunziatella” di Napoli, considerato il migliore dell’epoca, insieme a Ufficiali delcalibro di Carlo Pisacane e Guglielmo Pepe. Nonostante il loro passato e la loronon comune cultura, incontrarono notevoli difficoltà ad inserirsi nell’ambiente milita-re piemontese. L’Armata sarda non rappresentava un terreno fertile per le idee, i di-battiti e la cultura militare in genere. La mentalità era rigidamente conservatrice eagli estranei era quasi impossibile superare le barriere della prevenzione erettecontro gli “eruditi”, come venivano ironicamente chiamati gli Ufficiali studiosi da par-te di coloro che ritenevano che lo studio nulla valesse ad apprendere l’arte dellaguerra e che bastar dovesse il solo coraggio.Nel marzo del 1856 Luigi e Carlo Mezzacapo iniziarono le pubblicazioni della Rivi-sta Militare dichiarando: “I direttori del giornale invitano gli Ufficiali di ogni arma e lepersone dotte delle cose militari a voler onorare del proprio pregevole concorso co-deste pagine”.In seguito Luigi Mezzacapo sarà il primo Ministro della Guerra di origine meridionale edovette sentirsi rimproverare la foga con cui svolgeva il proprio incarico. Ad esempio,egli diede una violenta scossa al tradizionale conservatorismo piemontese collocandoa riposo Generali considerati personaggi storici nel mondo militare risorgimentale.Nell’opera “Siamo pratici” censurò la diminuzione delle spese militari operata dopo il1866, mentre in “Armi e politica” sostenne che, oltre all’aumento di armamenti, biso-gnasse disporre di Ufficiali di prim’ordine, colti e preparati; tuttavia riconobbe che loscarso stipendio tendeva a peggiorare la qualità dei Quadri e che questo peggiora-mento non avrebbe mancato di far sentire le sue conseguenze. Egli ebbe sempre benpresente l’importanza della pubblicistica militare e la sostenne in ogni occasione.Il fratello Carlo, quando il Generale Manfredo Fanti si recò a Napoli per conferirecon Vittorio Emanuele sull’opportunità di sciogliere l’Esercito borbonico e di incorpo-rarne le truppe in quello italiano, espresse ripetutamente il parere di usare verso Uf-ficiali e soldati napoletani la più larga benevolenza possibile. Il Fanti fu persuaso datali consigli, ma ben altre interferenze resero vana l’opera del Mezzacapo. Più tardisi comprese l’errore compiuto nello sciogliere e disperdere l’Esercito borbonico.Nel programma iniziale della Rivista Militare, suo stesso motivo di longevità, i fratelliMezzacapo affermarono la “necessità inevitabile” per un Esercito di disporre di unapubblicazione periodica affinché gli Ufficiali non si astraessero dal “moto degli studie delle idee”. L’idea dei fondatori era che il pensiero militare non dovesse essere ri-stretto a una cerchia di Ufficiali che rappresentavano il vertice, ma allargato a tutti icomponenti dell’Esercito. Di conseguenza anche le idee personali che non coinci-devano col pensiero “ufficiale” dovevano essere accolte e pubblicate, quale espres-sione del pensiero militare di un determinato periodo e quale testimonianza di espe-rienze che meritano comunque di essere fatte conoscere.La Rivista si configurò come uno strumento prezioso di partecipazione della basemilitare alle scelte che il vertice era chiamato a compiere e, in un ambiente rigida-mente conservatore, spronava alla critica pubblica sulle questioni militari di più rile-vante interesse.La formula iniziale, dopo 160 anni, è ancora oggi di assoluta attualità.

Buona lettura!

IL DIRETTORE

Col. Felice De Leo

Editoriale

Attraverso una semplice richiesta e-mail a: [email protected] ha la possibilità di ricevere due articoli completi a scelta nel formato

Il link sul logo "RM" riporta al sommario. elettronico PDF.

Il 1° gennaio 1886 veniva pubblicato a Roma il primo numerodella “Rivista di Cavalleria”, diretta da Augusto Sindici, Capitanoin congedo del reggimento Cavalleggeri Guide, che aveva par-

tecipato alla battaglia di Custoza il 24 giugno 1866 meritando laMedaglia d’Argento al Valor Militare. Per la Rivista fu un periodod’oro quello tra la fine dell‘800 e gli anni immediatamente prece-denti la Grande Guerra; su argomenti di grande interesse – storiamilitare, tattica, lezioni apprese nei vari Teatri Operativi dell’epoca,equitazione – si alternavano firme prestigiose e giovani Ufficiali; traquesti, il Tenente, poi Capitano, Federico Caprilli che pubblicò duearticoli sul suo nuovo sistema di equitazione naturale. Il sistema“Caprilli” venne universalmente adottato, facendo così della Scuoladi Cavalleria di Pinerolo un vero centro di eccellenza.La Rivista è oggi il periodico bimestrale dell’Associazione Nazio-nale Arma di Cavalleria e, oltre agli associati, si rivolge a tutti colo-ro che hanno interesse e passione per la cavalleria, la sua storia,le sue tradizioni e il suo presente, con particolare riguardo all’equi-tazione. In ogni numero viene proposto un aggiornamento sulleattività e sugli impegni operativi delle unità di cavalleria dell’Eserci-to Italiano. Il traguardo dei 130 anni è sicuramente uno stimolo peroffrire ai lettori un prodotto di qualità sempre più elevata.

Nelle immagini, le copertinedel primo numero del 1886,del n. 1 del 2016 e il nuovo logodella Rivista

La

COMPIE130 ANNI

RIVISTA MILITARESommario

Il futuro dell’Esercito tedesco.Intervista al Generale Jörg Vollmerdi Costantino Moretti

“Il Futuro dell’Esercito Italianotra opportunità e incognite”.di Francesco Tosato

Italia-NATO. Tra sfide e nuove opportunitàdi Giuseppe Amato

Il Libro Bianco sulla Difesa cinese di Daniela Massa

NORME DI COLLABORAZIONE

La collaborazione è aperta a tutti. Gli autori possono inviare i propri scritti cor-redati da immagini nel rispetto della normativa vigente sul copyright e in baseal regolamento per la selezione di Recensioni, Articoli, Interviste e Saggi,pubblicato sul sito www.esercito.difesa.it sezione Bandi di Gara.

RUBRICHERUBRICHE

Dronidi Flavio Russo

I Samurai (5a parte)di Alessandro Fontana di Valsalina

1916 – Le operazioni militaridi Antonello Folco Biagini

e Antonello Battaglia

I rimborsi ONUdi Alessandro Del Biondo

e Simone Celentano

Libano: a piccoli passiverso il futuro. Intervista alGenerale Dureid Zahreddinedi Luigino Cerbo

APPROFONDIMENTI

IN COPERTINA

Allievo dell’Accademia Militare di Modena e un sol-dato impegnato nell’Operazione “Leonte” in Libano.

RECENSIONI

La crisi di Schengendi Arduino Paniccia

Daesh-sistema e Al Qaeda-network:differenze e similitudinidi Elisabetta Benedetti

Esercito: Sicurezza EXPOdi Michele Melillo

Il sistema di presa gas:al cuore dei fucili d’assalto

di Fabio Zampieri

I combattimenti di Les Arcellins,22 giugno 1940

di Giovanni Cerino Badone

Accademia Militaredi Francesca Cannataroe Valentina Cosco

“Il Futuro dell’EsercitoItaliano

tra opportunità e incognite”

II 12 gennaio scorso, presso la Residenza di Ripetta a Roma, si è tenuto il convegno dal titolo “Il Futurodell’Esercito Italiano tra opportunità e incognite” organizzato dal Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.).L’evento ha visto la presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Dani-lo Errico, del Sottosegretario alla Difesa, On. Domenico Rossi, del Presidente della Commissione Difesadel Senato, Sen. Nicola Latorre, dell’Amministratore Delegato e Direttore Generale di Finmeccanica, Ing.Mauro Moretti, dell’Amministratore Delegato di IVECO DV, Dott. Vincenzo Giannelli, del Presidente dellaFabbrica d’Armi Pietro Beretta, Dott. Franco Gussalli Beretta e del Presidente di Aero Sekur, Ing. SilvioRossignoli. La conferenza ha permesso di tracciare il punto sull’implementazione dei programmi di ade-guamento dell’Esercito Italiano alle direttive del Libro Bianco e di svolgere il ruolo di utile momento diconfronto tra la Forza Armata, i rappresentanti delle Istituzioni governative e parlamentari e quelli dellafiliera industriale nazionale che storicamente operano a sostegno dell’ammodernamento tecnologicodell’Esercito.

di Francesco Tosato

L’Esercito e la filiera industrialechiedono alla politicascelte di lungoperiodo

INTERVISTA AL GENERALE JÖRG VOLLMER

IL FUTURODELL’ESERCITO TEDESCO

di Costantino Moretti

Lo scorso 10 marzo il Capodi Stato Maggiore dell’Eser-cito Italiano, Generale diCorpo d’Armata Danilo Er-rico, ha ricevuto a Roma ilGeneralleutnant Jörg Vol-lmer Inspekteur des Heeres(Capo di Stato Maggioredell’Esercito tedesco).Nel corso dell’incontro,svoltosi in un clima di pie-na cordialità, le parti han-no valutato, tra l’altro, leopportune forme di coo-perazione per l’addestra-mento e la formazione mi-litare. È stata altresì con-fermata la volontà di pro-grammare un regolarescambio di visite al fine dicondividere le conoscen-ze dei rispettivi sistemitecnologici di simulazioneutilizzati da entrambi gliEserciti per lo sviluppodella professionalità delpersonale.Nel corso della permanenzaromana, il Generale Vollmerha gentilmente concessoun’intervista in esclusiva aquesto periodico.

Signor Generale Vollmer, lo scorso 12 novembre è stato festeggiatoil 60° anniversario della costituzione della Bundeswehr, le Forze Ar-mate tedesche. Come si è evoluta la componente Esercito in questianni? Quali sono le prospettive future?

Nel corso di questi primi 60 anni di vita, l’Esercitotedesco è stato sottoposto a innumerevoli riformee ristrutturazioni per rispondere sempre al meglioall’evoluzione delle sfide alla sicurezza del Pae-se. Più in generale, si può dire che ha attraver-sato varie fasi. La prima è quella che dalla costi-tuzione delle Forze Armate è arrivata fino al ter-mine della cosiddetta “Guerra Fredda”. In que-sta fase la struttura dell’Esercito era stata dise-gnata per essere funzionale alle necessitàdella difesa collettiva. Nel 1989 c’è stata lacaduta del “Muro di Berlino” e, con essa,è iniziata la seconda fase.Dal 1990 e nel corso deglianni successivi la nostraForza Armata ha affrontatoil processo di integrazionedel personale dell’Esercitodella ex Repubblica Demo-cratica Tedesca. Siamo staticapaci di realizzare tale integrazio-ne senza problemi. È stato un suc-cesso! Nel medesimo periodo la Ger-mania ha iniziato a partecipare conproprio personale alle missioni dipace internazionali. Quando furonocostituite le Forze Armate tede-sche, nessuno avrebbe potuto im-maginare che oggi i militari tede-schi sarebbero andati per il Mon-do a portare la pace come, adesempio, in Afghanistan, in Koso-vo, in Iraq e in Mali.

Com’è noto, fin dalla costituzione della Comunità Economica Europea,il mercato unico avrebbe dovuto basarsi su quattro cardini: la libertàdi circolazione di merci, servizi, persone e capitali. La libera circola-

zione delle persone è stata oggetto di una serie di accordi internazionali ini-ziati con il cosiddetto “accordo di Schengen”, firmato il 14 giugno 1985 traBelgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi, con il quale si de-cideva di eliminare progressivamente i controlli alle frontiere comuni. Dopocinque anni di trattative, nel giugno 1990 gli stessi cinque Paesi firmaronola “Convenzione di Schengen”, che definiva le misure di pubblica sicurezzanella nuova area di libera circolazione, definita “Area Schengen” e stabilivale condizioni alle quali i Paesi terzi, anche non appartenenti all’UE, poteva-no aderirvi. Ultimate le procedure di attuazione, la convenzione entrò in vi-gore nel 1995, dieci anni dopo la firma del primo accordo.Come la cosiddetta “Eurozona”, anche lo “Spazio Schengen” o “AreaSchengen” non coincide con l’intera Unione Europea: Irlanda e Regno Uni-to hanno aderito solo parzialmente, mantenendo quindi i controlli alle fron-tiere; Cipro, Bulgaria, Romania e Croazia sono membri candidati ma noneffettivi, mentre quattro Paesi non UE (Islanda, Liechtenstein, Norvegia eSvizzera) ne fanno invece parte integrante. A questi si aggiungono i micro-Stati che, come il Principato di Monaco e San Marino, vi partecipano indi-rettamente in virtù di precedenti accordi con Paesi membri dell’UE. Gli accordi di Schengen, inizialmente nati al di fuori della normativa UE,vennero integrati nel Trattato sull’Unione Europea (meglio noto come Trat-tato di Maastricht) con il Trattato di Amsterdam del 1997. Lo spazio Schengen è stato quindi un percorso tutt’altro che lineare, con unrisultato ibrido ma, contrariamente all’eurozona, dotato di precise clausoleche prevedono la possibilità di sospensione del trattato, che deve esseretuttavia temporanea e sempre debitamente motivata.Per circa un decennio Schengen ha, tutto sommato, funzionato, con rare ebrevi sospensioni dovute in gran parte a eventi politici o sportivi che ponevanodelicati problemi di ordine pubblico. Ma la degenerazione della situazione poli-tica nel Medio Oriente e nel Nord Africa ha posto l’Europa di fronte a gravi

emergenze sia sul versante del terro-rismo di matrice islamica, sia su quel-lo dell’immigrazione clandestina. Le cifre sono imponenti: nel 2015 sisono superati 850.000 ingressi e perFrontex il numero dei clandestini al-l’inizio del 2016 è di almeno 630.000,che autorizzano a ritenere che tra es-si, con documenti falsificati o meno,si siano infiltrati foreign fighters, terro-risti, trafficanti di esseri umani e altricriminali la cui crescente presenzanel territorio europeo favoriscel’estensione della destabilizzazione,già ampiamente esistente nella spon-da sud del Mediterraneo.A fronte di questa situazione, alcuniPaesi, pur non sospendendo il trat-tato, hanno adottato misure di ordi-ne pubblico chiaramente in contra-sto con esso; altri hanno interpreta-to le clausole in senso talmente latoda costituire di fatto un’uscita daltrattato stesso. Ben sette Paesi UEhanno deciso direttamente la so-spensione.

LA CRISI DI SCHENGENdi Arduino Paniccia

che dichiara la formazione delloStato Islamico o Califfato (da orachiamato Daesh nel testo).Prendendo in considerazione la dif-ferente struttura che caratterizza ledue entità, gioca un forte ruolo l’ele-mento territoriale. Se Al Qaeda na-sce a livello locale ma la sua presaterritoriale non è mai definitiva néidentificativa della sua identità, for-zandone la parcellizzazione in unarete multicentrica, profondamentediverso è il discorso per Daesh che,auto-definendosi Stato, necessitadell’elemento legittimante di un terri-torio, controllato e il più possibile“stabile”.

Dal 2014 la minaccia globale del terrorismo di matrice islamista si è biforca-ta in due filoni principali – Al Qaeda e ISIS-Daesh – che, uniti dalla stessaimpostazione ideologica generale e dalla comune idea di nemico, si diffe-renziano, altresì, per svariate dimensioni che nel presente articolo verrannoetichettate come “indicatori”: in primis, la triade struttura-territorio-essenzache a sua volta influenza gli altri indicatori (obiettivi, tipologia di membri,scopi, nemici, propaganda, fattore tempo e legame dei membri con l’orga-nizzazione “madre”).È utile iniziare la disamina evidenziando, brevemente, alcuni dati di basedelle due entità. Al Qaeda nasce attorno al 1988, su impulso di Osama binLaden, nel quadro dell’organizzazione della resistenza afghana, con un fo-cus, quindi, localizzato geograficamente, ma allarga presto i suoi obiettivisino al livello globale, servendosi dell’alibi classico del “nemico lontano” dacolpire.ISIS nasce come Islamic State in Iraq (ISI) dal vuoto di potere e di sicurez-za creatosi nell’Iraq post-Saddam e si sviluppa come branca dell’organizza-zione alqaedista di al-Zawahiri (nata nel 2004), sfruttando anche la progres-siva spaccatura nel Paese tra sunniti (sempre più lontani dal centro politico)e sciiti al potere. Cruciale nel rafforzarsi dell’entità è il ritiro americano dal-l’Iraq, che favorisce l’espansione dell’ISI verso la Siria, con conseguentecreazione, nel gennaio 2012, del ramo denominato Al-Nusra Front e la mo-difica del proprio nome in Islamic State in Iraq and Greater Syria (ISIS). Ladissociazione di Al-Nusra dall’ISI, benchè incassi il supporto di al-Zawahiri,determina anche il suo indebolimento e il parallelo rafforzamento dell’ISIS

DAESH-SISTEMAE AL QAEDA-NETWORK:

DIFFERENZE E SIMILITUDINIdi Elisabetta Benedetti

I contenuti espressi nel presentearticolo rispecchiano esclusiva-mente il pensiero dell’autore.

dro di sicurezza con conseguenzeanche in ambito umanitario, conflussi migratori che risultano in con-tinuo e costante incremento. Volgendo lo sguardo a Est, la NATOsta continuando a valutare attenta-mente l’atteggiamento della Russiaper prevedere e prevenire l’acuirsidi nuove instabilità e il riaccendersidi crisi sopite.Ciò che la Comunità Internazionalechiede, oggi, alla NATO per affron-tare le sfide da Sud e da Est, è didotarsi di una “postura” chiara, de-cisa e risoluta, caratterizzata damisure più incisive finalizzate, tral’altro, ad accrescere la prontezzadelle Forze anche attraverso com-plesse attività esercitative in tuttal’area di responsabilità del Coman-dante Supremo delle Forze Alleatein Europa.Il processo di adattamento alle mu-tate esigenze dell’ambiente strategi-co impone, oggi, allo Strumento Mi-litare di dotarsi, al pari delle tradizio-nali capacità di deterrenza, rispostaconvenzionale e intervento in situa-zioni di crisi, dei necessari strumentiper contribuire preventivamente,nell’ambito di iniziative multinazio-nali e nel quadro delle attività dicooperazione bilaterale, alla stabi-lizzazione di quei Paesi, ricadentinelle aree di interesse nazionale,che si connotano per la marcata fra-gilità delle proprie istituzioni, attra-verso l’assolvimento di nuove tipolo-gie di “compiti” (1) volti allo sviluppodelle istituzioni e delle forze di sicu-rezza locali.Ne consegue, quindi, la duplice esi-genza di stimolare a tutti i livelli lacrescita della capacità di rispostadegli Organismi Internazionali (UE eNATO in primis) e di continuare amantenere lo Strumento Militare ita-liano pienamente compatibile e inte-grato nel sistema di sicurezza inte-razionale e impiegabile nell’ambitodi contingenti multinazionali al paridei nostri maggiori alleati.

ITALIA-NATO

La fluidità di evoluzione del quadro geopolitico e le sfide da esso di-scendenti coinvolgono in maniera trasversale tutti i Paesi della Comu-nità Internazionale e non da ultimo l’Italia. In generale in questi ultimi

anni si è assistito a un progressivo aumento dei rischi, delle minacce e dellesfide che hanno assunto sempre più un carattere poliedrico e multidimensio-nale imponendo un ripensamento strategico – concettuale dell’organizzazio-ne della Difesa in pressoché tutti i Paesi occidentali nonché dell’AlleanzaAtlantica.A livello internazionale, non si può non evidenziare una generale cresci-

ta delle aree di crisi.Le minacce e i fattori di

rischio sono aumentaticomportando di conse-

guenza un completo muta-mento degli equil ibri geo-strategici e un generale in-cremento dell’instabilità. Adesacerbare questo quadrostrategico contr ibuiscel’asimmetricità dei conflittie l’utilizzo di strumenti diconfronto ibridi.

Organizzazioni di matrice ter-roristica stanno evolvendo at-

traverso la creazione di veri e pro-pri apparati politici

e militari territoriali(un esempio è l’ISIL:

Islamic State of Iraq andthe Levant). La trasforma-zione di tali gruppi rappre-senta una minaccia non solo

all’integrità degliStati che più diretta-

mente la subiscono,ma anche alla sicu-

rezza e alla prosperitàdell’intera Co-

munità Interna-zionale.

Orientandosial Sud è

evidente ilprogressivod e t e r i o r a -

m e n t odel qua-

di Giuseppe Amato

TRA SFIDE E NUOVE OPPORTUNITÀ

documento ufficiale pubblicato dall’Uf-ficio Informazioni del Consiglio degliAffari di Stato, attraverso il quale laRepubblica Popolare Cinese rendenota la propria politica di difesa e sicu-rezza. La prima pubblicazione, dal tito-lo: “Controllo degli armamenti e disar-mo”, risale al 1995, seguita, nel1998, dal primo Libro Bianco su “LaDifesa Nazionale cinese”. Da allora, ilgoverno cinese pubblica ogni due anniuna nuova edizione, fino all’ultima di-vulgata il 26 maggio 2015 con il titolo:“La Strategia Militare della Cina”.Il Libro Bianco sulla Difesa viene ela-borato da un gruppo selezionato dipersone, generalmente esperti prove-nienti dal Quartier Generale dello Sta-to Maggiore dell’Esercito Popolare diLiberazione, dall’Accademia delleScienze Militari, dal Ministero degli Af-fari Esteri e dall’Ufficio Informazionedel Consiglio degli Affari di Stato. Il la-voro di questi esperti si è svolto negliultimi anni sotto la direzione del Mag-gior Generale Chen Zhou, Diretto-re del Centro di Studi Strategici per laDifesa Nazionale dell’Accademia delleScienze Militari dell’Esercito Popolaredi Liberazione.Il Libro Bianco sulla Difesa, nelle suevarie edizioni, dispone le linee guidadella politica di difesa e di strategiamilitare del governo della RepubblicaPopolare Cinese, rende noti la confi-gurazione e i compiti dell’Esercito Po-polare di Liberazione, delinea nuoviobiettivi per la sicurezza internaziona-le e la difesa, definisce la propria par-tecipazione alle operazioni di coope-razione internazionale e alle missionicondotte a sostegno della stabilità in-ternazionale.

A sinistra

Il Colonnello Yang Yujun, portavo-ce del Ministero della Difesa, pre-senta l’ottava edizione del LibroBianco sulla Difesa cinese nel-l’aprile del 2013

Negli ultimi anni la RepubblicaPopolare Cinese ha moltiplica-to la partecipazione alle opera-

zioni di peacekeeping promosse dalleNazioni Unite, intensificando una ten-denza già in corso fin dall’inizio delnuovo secolo. Il crescente coinvolgi-mento della Cina è, quindi, un feno-meno relativamente recente, precedu-to da decenni di disapprovazione ediffidenza nei confronti della politica dipace sostenuta dall’ONU attraverso lemissioni internazionali. Secondo

quanto dichiarato dal Presidente cine-se Xi Jinping il 28 settembre 2015, neiprossimi anni Pechino aumenterà inmaniera ancor più consistente il pro-prio contributo, aumento che farà del-la Cina uno dei principali Paesi soste-nitori delle operazioni di pace delleNazioni Unite.Questo sostanziale cambiamento diprospettiva è parte di una trasforma-zione di più ampio respiro che nel cor-so del tempo ha portato la RepubblicaPopolare Cinese a riconsiderare lapropria posizione e la propria immagi-ne nello scenario internazionale. Ilprocesso di modernizzazione e i sem-pre più stretti e interconnessi legami alivello globale hanno determinato unsignificativo cambiamento in politicaestera, ispirato da esigenze interne disviluppo socio-economico. Anche leForze Armate cinesi concorrono aquesto sviluppo economico e sociale,soprattutto negli evidenti aspetti di di-fesa e sicurezza, secondo principi eprospettive che, nella loro veste più uf-ficiale, sono contenuti nelle varie edi-zioni del Libro Bianco sulla Difesa.

COSA È UN LIBRO BIANCO SULLADIFESA CINESE

Il Libro Bianco sulla Difesa cinese è un

IL LIBRO SULLA DIFESA CINESE

di Daniela Massa

BIANCO

ll Libano è un ago della bilancia per l’equilibrio della regione mediorien-tale e le LAF (Lebanese Armed Forces) ne sono l’elemento di coesione.Dalla costituita legione d’oriente alle LAF, un secolo di vita che dimostrala gratitudine del popolo nei confronti di chi veste la divisa. Dai recentisondaggi l’Esercito risulta essere l’Istituzione libanese, interconfessio-nale ed unitaria, più amata e considerata da tutti i settori della popolazio-ne: ben il 70 per cento dei libanesi apprezza i soldati in uniforme. Gene-rale, qual è il segreto per la coesione e il progresso di un Esercito co-stantemente messo alla prova e che ha l’opportunità di confrontarsiquotidianamente con militari provenienti da Paesi di tutto il mondo?

Il Libano è un Paese composto da gruppi settari ciascuno con le proprie pe-culiarità. La diversità culturale e religiosa rappresenta un vero e proprio fat-tore di ricchezza per la Nazione, in quanto conferisce al Paese stesso, pervia della sua variegata composizione, un carattere distintivo. La Costituzioneafferma che il Libano è una Repubblica democratica parlamentare fondatasul rispetto delle libertà individuali e garantisce la libertà di espressione e direligione, sancendo l’uguaglianza tra tutti i cittadini. L’Esercito libanese ri-sponde alle decisioni dell’autorità civile. La sua leadership ha una chiara vi-sione di come affrontare tutti i pericoli che minacciano la sicurezza e la paceinterna dello Stato. Il rapporto diretto con il Comando, anche ai livelli piùbassi, infonde nei militari la fiducia nella loro linea gerarchica e la fede nel-l’Istituzione. Elementi, questi, che sono fondamentali per proteggere il Paesedalle minacce cui è costantemente sottoposto e garantirne la continuità e lasopravvivenza. L’Istituzione militare si pone in posizione neutrale rispetto aidiversi gruppi religiosi del Paese ed è, di fatto, lontana dalle molteplici pro-blematiche politiche che lo interessano. Essa si relaziona con il Paese inmaniera imparziale, guadagnandosi, così, la fiducia della popolazione e deipartiti politici. I militari vengono educati secondo i principi nazionali, dandovalore alle virtù morali e umane. La struttura dell’Istituzione militare libaneseè lo specchio della società, poiché racchiude l’immagine stessa del popolo li-banese, con le sue diverse componenti religiose e regionali. Tale multifor-me organizzazione societaria, proiettata nella “struttura umana” dell’Istitu-zione militare libanese ne diventa modello garantendone la coesione.L’unità del Paese è, infatti, sostenuta dall’unità dell’Esercito; senza que-sta, il Libano si ritroverebbe nel caos con il conseguente fallimentodella missione unitaria perseguita dall’Istituzione militare che perde-rebbe l’essenza stessa della sua presenza. Per questo, la leadershipmilitare ha assunto un impegno profondo nel lavoro istituzionaledell’Esercito applicando i principi di: responsabilità, trasparenza,sincerità, assicurando innanzitutto la fedeltà al Paese. Fattori que-sti che trovano riscontro nella solidarietà e nell’unità dell’Istituzio-ne militare malgrado tutte le difficoltà e le crisi che si sono avutenel Paese.

LIBANO: A PICCOLI PASSIVERSO IL FUTURO

a cura di Luigino Cerbo

Intervista al Generale di Brigata Dureid ZahreddineDirettore dell’Addestramento delle Forze Armate Libanesi

Quando si varca la soglia diPalazzo Ducale, lo storicoIstituto di Formazione del-

l’Esercito Italiano diviene per tutti“Mamma Accademia”. L’unico Isti-tuto di base per gli Ufficiali in servi-zio permanente del Ruolo Normaledell’Esercito e dell’Arma dei Cara-binieri. La vita lì dentro è molto du-ra, i due anni non sono certo unapasseggiata, per i molteplici impe-gni cui gli Allievi devono adempie-re. Per il rigore e la disciplina chedevono diventare uno stile di vita.Per gli orari serrati, le corse, l’ad-destramento, gli studi universitari egli ordini da eseguire. Ma è lì chesi forgiano i Comandanti di doma-ni. E dunque bisogna instillare inloro tutto ciò a partire dalla primaformazione militare. Valori e disci-plina. È necessario, fin dai ventigiorni del tirocinio, comprendere efar comprendere se la voglia di fa-re l’Ufficiale è reale e sentita fin nelprofondo dell’anima, espressionepura dell’attaccamento alla Patriae al Tricolore. Il giovane che si forma all’Accade-mia Militare di Modena è una figuramoderna ma saldamente ancorataalle tradizioni. Oltre a un percorso diformazione completo, di alto livello,stimolante e avvincente, lo storicoIstituto di Forza Armata permette diapprendere ciò di cui si ha bisognoper essere pronto ad agire in ognisituazione, in Patria e all’estero. Af-fiancando allo studio universitariol’addestramento militare. Frequentare l’Accademia oggi, co-me nel passato, significa apparte-

di Francesca Cannataroe Valentina Cosco

nere a un’elite. Un Ufficiale deveessere un professionista motivato,in possesso di una solida baseculturale, di un ricco bagaglio diconoscenze tecnico-militari, fisica-mente preparato e psicologica-mente equilibrato, la cui formazio-ne è frutto di attività teoriche e pra-tiche opportunamente calibrate. Ilpercorso formativo si articola pre-valentemente su aspetti culturali,etici, militari e sportivi. Di vario ge-nere e durata gli indirizzi di studio.Laurea in scienze strategiche (conpercorsi differenti per i corsisti del-le Armi varie, Arma dei trasporti emateriali e Corpo di Amministra-zione e Commissariato), ingegne-ria (rivolta al Corpo degli Ingegne-ri) e medicina e chirurgia (per ilCorpo sanitario). Una realtà forma-tiva complessa e diversificata. Agli studi universitari si affianca lateoria legata alla cultura propria delprofessionista militare, con materieprettamente tecniche come peresempio armi, topografia, arte mili-tare e lingua inglese. E ancora eticae Arte del Comando per far cresce-re e rendere propri i valori che con-traddistinguono la condizione milita-re ispirando i corretti modelli di com-portamento, attaccamento alle Isti-tuzioni, spirito di servizio, senso del-l’Onore e sviluppando le capacitàindispensabili a ciascun Coman-dante per gestire e amministrare almeglio le risorse umane, materiali efinanziarie disponibili. A tutto ciò,inoltre, si aggiunge la parte praticacon l’esecuzione, durante il biennio,di attività tattiche.

ACCADEMIA ACCADEMIA MILITAREMILITARE

I RIMBORSI ONU

presa ancora faticosa.L’entità del contributo italiano alleiniziative delle Nazioni Unite può es-sere facilmente compresa se si pen-sa che il nostro Paese è il primocontributore di “caschi blu” tra i Pae-si occidentali e il settimo perquanto riguarda il bilancio ordinariodelle Nazioni Unite.

Nel 2015 l’Italia ha festeggiatoi 60 anni dalla sua adesionealla Carta delle Nazioni Unite

celebrando, il 14 dicembre, l’anni-versario del suo ingresso nell’Orga-nizzazione Internazionale. Que-st’anno, a giugno, si terranno le ele-zioni in Assemblea Generale perl’attribuzione del seggio non perma-nente nel Consiglio di Sicurezzadelle Nazioni Unite per il biennio2017-2018. La candidatura italiana,presentata nel 2009 dall’allora Mini-stro degli Esteri del governo Berlu-sconi Franco Frattini, si colloca nelquadro del contributo che il nostroPaese fornisce al mantenimentodella pace e della sicurezza e alraggiungimento degli altri obiettividell’Organizzazione. Il 2017 è anchel’anno in cui l’Italia guiderà il G7ospitando a Milano il summit deisette Paesi sviluppati con la ricchez-za netta più grande al mondo.

flettori su una delle principali areedi interesse del nostro Paese: ilMediterraneo.L’impegno italiano nella comunità in-ternazionale sottende tuttavia im-portanti implicazioni finanziarie chenon possono essere trascurate nésottaciute nell’attuale congiunturaeconomica caratterizzata da una ri-

di Alessandro Del Biondoe Simone Celentano

Il presente articolo propone un approfondimento sul meccanismo dei rimborsi ONU, già trattato nel nu-mero 4/2015 di “Rivista Militare” (“I Rimborsi ONU in ambito UNIFIL” di Vincenzo Gelormini e AmodioCarleo), attraverso l’esame della fase iniziale e di quella finale del ciclo di rimborso: la contrattazione pe-riodica tra il Paese e le Nazioni Unite e l’impiego delle rimesse ottenute per la partecipazione alle opera-zioni di peacekeeping.

INIZIO E TERMINE DI UN CICLO

fanatici terroristi, ritenuti molto vici-ni all’ISIS.Per fornire il massimo delle garan-zie nel controllo delle centinaia dimezzi che avrebbero rifornito i padi-glioni nel corso della notte, nel me-se di gennaio, su proposta del Pre-fetto di Milano, Dottor FrancescoPaolo Tronca, il Ministero della Dife-sa e il Ministero degli Interni aveva-no dato il loro assenso all’impiego diuomini, mezzi, materiali e strutturedell’Esercito Italiano. Il 10 febbraio2015 il Consiglio dei Ministri appro-vò una serie di norme per “contra-stare il terrorismo” tra cui la disponi-bilità di 600 militari per la sicurezzadell’Esposizione Universale.

ESERCITO: SICUREZZA

“Expo Milano 2015: nutrire il pianeta, energia per la vita” ha trasformatol’Italia, e in particolare Milano, in una colorata vetrina mondiale, dove i nu-merosissimi Paesi hanno mostrato il meglio delle proprie tecnologie per da-re una risposta concreta alla necessità di riuscire a garantire cibo sano maanche sufficiente per tutti i Popoli e soprattutto nel pieno rispetto degli equi-libri del Pianeta. Nei sei mesi dell’Expo, la città di Milano ha ospitato quoti-dianamente eventi artistici e musicali, convegni, spettacoli, mostre, che sisono svolti in completa sicurezza grazie al lavoro dell’Esercito – con un di-spositivo di oltre 2.300 uomini e donne – e delle Forze dell’Ordine.L’area espositiva di 1,1 milioni di metri quadrati, che ha visto il coinvolgi-mento di oltre 140 Nazioni, di Organizzazioni Internazionali, di 21,5 milio-ni di visitatori, di Capi di Stato e di Governo, si è rivelata una vera e pro-pria fortezza in termini di sorveglianza e attenzione. I padiglioni sono statiprotetti da un dispositivo militare all’avanguardia con squadre anti-bomba,unità cinofile, pattuglie appiedate e a bordo di mezzi, per scongiurare ognitipo di rischio. La minaccia di natura terroristica era ritenuta non remota,soprattutto dopo gli attentati di Parigi al “Charlie Hebdo” del gennaio2015, confermata poi dagli arresti in Lombardia nel mese di luglio di due

di Michele Melillo

2.300 MILITARI IMPIEGATI A MILANO

ed evidenziando come le scelteprogettuali siano alla base dell’af-fermazione del prodotto.G

li ultimi anni hanno visto una notevole evoluzione dei fucili d’assal-to, con la messa in commercio di nuovi prodotti e il miglioramentodi altri già ben collaudati. Una matrice comune alle armi di recente

concezione è la modularità, cioè il tentativo di realizzare piattaforme mo-dificabili secondo le esigenze, anche contingenti, dell’utente, tramite l’ap-plicazione di moduli intercambiabili. A questo scopo sono state standar-dizzate interfacce permanentemente installate sulle armi (slitte cosiddettePicatinny a norma MIL-STD-1913 o conformi allo STANAG 4694)e sono stati ripensati in molti casi i sistemi di funzionamento dei fucilid’assalto, optando per quelle soluzioni tecniche che consentivano di con-figurare l’arma con la massima flessibilità.A questi cambiamenti non sono state estranee le armi in servizio nel-l’Esercito Italiano, che attualmente impiega il fucile AR 70/90 a fianco delpiù recente ARX 160, interprete originale delle tendenze a cui si è accen-nato. In questo articolo si getterà uno sguardo sui sistemi di funziona-mento a presa di gas attualmente impiegati da alcuni competitors interna-zionali, mostrandone le differenze rispetto alle soluzioni più tradizionali

di Fabio Zampieri

Le interfacce a standard NATO o MIL abbondano sulle armi attuali (nella foto M27 Infantry Automatic

Rifle; fonte: Heckler & Koch)

..

francese e per proteggere i grossipalloni rossi che avrebbero segnalatoda lontano le posizioni della fanteriadurante l’attacco. Furono realizzati glistollen, tunnel sotterranei che corre-vano lungo tutto il campo di battaglia,permettendo alle truppe di muoversiin sicurezza sfruttando al meglio l’ef-fetto sorpresa.

Nel 1916 i tedeschi tornarono all’of-fensiva sul fronte francese. Il Co-mandante Erich von Falkenhaynnon credeva a un attacco risolutivo;tuttavia riteneva di grande importan-za strategica una massiccia offensi-va che infliggesse gravi perdite aitransalpini. In questo modo per laFrancia sarebbe stato necessario di-fendere, con tutti i mezzi e gli uominidisponibili, il settore attaccato ridi-mensionando il proprio contributonel resto del fronte occidentale. Il“dissanguamento” avrebbe avuto ef-fetti tattici e psicologici devastantiper la potenza dell’Intesa. Si scelsedi attaccare a sorpresa Verdun, con-siderata dai vertici militari francesiuna formidabile roccaforte difficil-mente espugnabile. La cittadina lo-rena era circondata da ripide colline,dal fiume Mosa, da una serie di lun-ghe e profonde trincee e da circasessanta forti che avrebbero resovano qualsiasi ardito tentativo di at-tacco nemico. In quel saliente, ifrancesi non potevano permettersi diperdere posizioni, non soltanto dalpunto di vista strategico ma ancheper questioni di prestigio militare.La proposta d’attacco, avanzata dalFeldmaresciallo von Falkenhayn, fuapprovata dal Kaiser Guglielmo II alla fine del dicembre 1915 e, dopo qual-che settimana, iniziarono i preparativi per la grande offensiva basata princi-palmente sulla forza dell’artiglieria. Le milleduecentoventi bocche di fuocoavrebbero aperto un grande varco nelle linee francesi mentre il costantefuoco di sbarramento verso le retrovie avrebbe impedito sortite e contrat-tacchi francesi.Era ordinato il più stretto riserbo sull’operazione. Lo stesso Generale Gaedeproseguiva ignaro i preparativi per un’offensiva su Belfort mentre a Verdunmilletrecento treni ammassavano continuamente munizioni e armi (circa due-milioni e mezzo di proiettili) tra cui l’inedito lanciafiamme. Venivano scavatepiazzole per il posizionamento degli obici pesanti, la Luftstreitkräfte dispiegòuno stormo di centosessantotto aeroplani, quattordici palloni frenati e quattrozeppelin per scoraggiare le eventuali ricognizioni del Service Aéronautique

LE OPERAZIONI MILITARI

di Antonello Folco Biaginie Antonello Battaglia

I COMBATTIMENTIDI LES ARCELLINS,

22 GIUGNO 1940

Il 22 giugno 1940, nel corso della Battaglia delle Alpi Occidentali (10-25giugno 1940), una compagnia della Guardia di Frontiera (G.a.F.) assal-tava, nei pressi del Passo del Moncenisio, il Blockhaus di Les Arcellins,

un’opera della “Linea Maginot” alpina difesa da una sezione di fanteriafrancese. L’azione, ben congegnata e favorita dalle difficili condizioniambientali e meteorologiche, si concludeva con la resa del presidio e laconquista della posizione. Fu senza dubbio un episodio minore inserito nelcontesto della campagna alpina del 1940, contraddistinta, da parte italia-na, da una serie di operazioni dettate dalla fretta e dalla cattiva pianifica-zione tattica e strategica. I soldati della G.a.F. colsero a Les Arcellins unodei pochi e netti successi nel corso dell’intera offensiva e fu l’unico caso incui le truppe italiane furono in grado di conquistare un’opera della “LineaMaginot”. Ma in questo articolo non intendiamo celebrare la vittoria; voglia-mo invece capire, attraverso l’analisi storica del combattimento di Les Ar-cellins, come sia possibile attaccare con un’unità di fanteria una posizione

di Giovanni Cerino BadoneFuoco, cemento e manovra

fortificata, manovrare all’internodelle kill zones di sua pertinenza,distruggerla o costringere i difensorialla resa. Non si tratta di un temaanacronistico e negli ultimi anni ab-biamo assistito a un progressivo ri-torno della fortificazione sui campidi battaglia. A titolo di esempio basticitare l’esperienza israeliana nella

Guerra del Libano del 2006, quan-do le unità corazzate e di fanteriadell’IDF (Israel Defence Forces) sitrovarono ad affrontare le milizie diHezbollah appoggiate ad un siste-ma di difese passive costituite dauna rete di bunker e centri di fuocofortificati particolarmente complessi,difficili da individuare e neutralizza-re. Si trattava di situazioni tatticheche oggi in parte si rivedono neicombattimenti della guerra civile si-riana attualmente in corso.

La disposizione e le aree di fuocodelle opere difensive francesi collo-cate a difesa del Passo del Monceni-sio nel giugno 1940. A, Forte dellaTurra; B, PO Revêts; C, PA Mollard;D, PA Les Arcellins (Fonte: L’assalto ela conquista di talune opere fortificateal fronte alpino occidentale, in “Rivistadi Fanteria”, Anno VII, N. 11, novem-bre 1940, pp. 486-501, Allegato 2)

trollo del traffico al soccorso medi-co. Un ventaglio di prestazioni pa-cifiche, persino più ampio e varie-gato delle militari. E proprio la fun-zione preminente sostenuta dalletelecamere ha indotto a credereche l’esordio dei droni ne fosseuna mera appl icazione conse-guente e, quindi, altrettanto recen-te.

di Flavio Russo

In inglese drone definisce unqualcosa che ronza e persino lostesso ronzio, sia proveniente

da un grosso insetto che da unqualsiasi apparecchio elettrico. Inepoca attuale definisce invece,sempre per tale originaria connota-zione acustica, un aeromobile a pi-lotaggio remoto: in altre parole unaereo di contenute dimensioni ra-diocomandato e perciò senza uomi-ni a bordo, piloti o passeggeri chesiano. Nei prototipi più recenti ilcontrollo diretto del volo è affidato al computer di bordo, nella cuimemoria è stata programmata la rotta per la destinazione piani-ficata, per compiti offensivi o semplicemente ricognitivi. Allostesso computer è affidata pure la corretta valutazione dei pa-rametri di volo, forniti da appositi sensori, che gli consentonodi intervenire sugli organi meccanici preposti alla propulsionee alla navigazione, non diversamente da un odierno pilotaautomatico degli aerei di linea. Il controllo remoto, tuttavia,può intervenire direttamente sui comandi grazie alle immagi-ni del territorio sottostante, fornitegli in continuazione dalletelecamere di bordo. Paradossalmente i primi droni in gra-do di riprendere quanto sorvolavano, operativi agli inizi delsecolo scorso, non ronzavano ma grugavano, verbo desue-to che indica l’ormai sempre più udibile verso dei piccioni.Già perché l’anzidetto archetipo aveva le penne ed, equipag-giato con una leggerissima fotocamera automatica, riusciva a viola-re i siti più segreti! Idea talmente incredibile da trovare, anche dopo la com-parsa degli aerei spia e dei satelliti, impiego da parte della Cia, con fotoca-mere sofisticatissime.Fu presto evidente che disporre di un velivolo capace di operare autono-mamente delle ricognizioni in ambiti pericolosi, militari o civili, senza ri-schiare la vita dei piloti, trovò così fervidi sostenitori. Ai primi possonoascriversi le missioni di spionaggio in territorio ostile e i raid offensivi,essendo alcune tipologie di droni debitamente armati. Ai secondi le inda-gini in contesti operativi altamente letali, saturi di gas tossici o di emis-sioni radioattive, individuandosi giorno dopo giorno ulteriori campi di im-piego dalla ricerca archeologica alle riprese cinematografiche, dal con-

Un drone adibito al trasportodi un defibrillatore per i casi di pronto soccorso urgente

Una fotocamera utilizzata dalla CIA nel periodo succes-

sivo alla Seconda guerra mondiale

Dopo Nagashino, i Tokugawa poterono riprendere l’espansione versoest, passando gradatamente all’offensiva e occupando via via tutti iterritori dei Takeda. Il culmine si raggiunse con il drammatico scon-

tro finale a Temmokuzan nel 1582, dove Katsuyori si ritirò in cima alla mon-tagna omonima, attorniato dagli ultimi samurai che gli erano rimasti fedeli ementre questi trattenevano gli attaccanti egli commise seppuku insieme asuo figlio e alla moglie.Sempre in quegli anni Nobunaga era impegnato a sud di Kyoto contro le co-munità ninja di Iga, che ricordiamo vennero sconfitte e disperse nel 1581,contro l’Ishiyama Honganji e le aree Ikko ikki del nord, nel Kaga e nell’Echi-zen, che vennero infine sottomesse. Per un breve periodo di tempo si ebbeun rallentamento nelle operazioni perché persino Uesugi Kenshin, finalmentelibero dalla minaccia di Takeda Shingen, era entrato in campo contro Nobu-naga. Fu proprio nel 1577, sul fiume Tedorigawa, che avvenne il più grandescontro tra i due Daimyo e a Nobunaga toccò una sconfitta clamorosa, nono-stante schierasse alcuni tra i suoi Generali più illustri come Toyotomi Hideyo-shi, Shibata Katsuie (1530-1583) e Maeda Toshiie (1538-1599). Nello scontronotturno che avvenne, Kenshin dimostrò ancora una volta la sua abilità ecce-zionale come tattico, ingannando l’avversario sulla reale dislocazione dellesue forze e assorbendo tutti gli attacchi che gli vennero portati.Probabilmente questa sconfitta rappresentò il punto più basso delle fortunedi Nobunaga; il 1578 tuttavia portò a una svolta.

I SAMURAIdi Alessandro Fontana di Valsalina

5a Parte

La fine di Oda Nobunaga

INDICE DI MASSA CORPOREA(IMC)<18,5 sottopeso18,5-24,9 peso-forma25-29,9 sovrappeso≥30 obeso

Una delle problematiche emergenti dei nostri tempi è l’alta prevalenzadi sovrappeso ed obesità. In particolare l’obesità rappresenta un im-portante fattore di rischio per lo sviluppo di numerose patologie cro-

niche quali il diabete mellito tipo 2, l’ipertensione arteriosa, la cardiopatiaischemica, l’ictus e alcuni tipi di neoplasie maligne.L’obesità può essere definita come un accumulo eccessivo di grasso corpo-reo nel tessuto adiposo con conseguente rischio per la salute e possibile ri-duzione dell’aspettativa di vita.Tale situazione patologica deriva da uno squilibrio tra calorie introdottenell’organismo e calorie consumate.Per calcolare il grado di sovrappeso/obesità si può usare una semplice mi-surazione del rapporto tra il peso e l’altezza chiamata Indice di Massa Cor-porea (IMC). L’IMC si calcola dividendo il peso in chilogrammi per l’altezzain metri al quadrato (kg/m2). Per fare un semplice esempio, un adulto chepesa 75 kg ed è alto 1,78 m avrà un IMC di 23,6.Un IMC tra 18,5 e 24,9 indica un soggetto “sano” mentre un IMC tra 25 e29,9 indica sovrappeso e pertanto “lieve rischio” di sviluppare le patologiecroniche descritte; infine un IMG uguale o superiore a 30 costituisce un “ri-schio medio-alto”.

OBESITÀ, SOVRAPPESO, ALIMENTAZIONE EATTIVITÀ FISICA: UNA PROPOSTA PER

UN CORRETTO STILE DI VITA IN AMBITO MILITARE

Anche nella popolazionemilitare la prevalenza delsovrappeso/obesità rap-presenta una problemati-ca rilevante per l’aumenta-ta suscettibilità a patolo-gie cardiovascolari e me-taboliche e per la ridottacapacità operativa.È utile, pertanto, instaura-re un giusto stile di vitasia in termini di attività fi-sica regolare che di ali-mentazione corretta.Parole chiave: obesità, ali-mentazione, dieta, attivitàfisica, sovrappeso.

di Davide De Meo *

DISTRIBUZIONE DEL GRASSO E OBESITÀ ADDOMINALE

Non solo la quantità ma anche la distribuzione del grasso corporeo èun importante fattore di rischio. Infatti un eccesso di adipe in sede ad-dominale è correlato a un elevato rischio x cardiovascolare indipen-dente dall’IMC.Esiste un metodo molto semplice ed efficace per quantificare il gras-so addominale che consiste nella misurazione della circonferenzadella vita.Se questa è maggiore di 94 cm nel maschio o 80 cm nella femmina esisteun rischio reale di incorrere in patologie cardiovascolari.

MALATTIE CRONICHE CORRELATE ALL’OBESITÀ

Le conseguenze di obesità e sovrappeso sullo stato di salute fisica e psico-logica sono molteplici.Le principali patologie croniche associate all’obesità sono:• Diabete mellito di tipo 2;• Malattie cardiovascolari;• La sindrome da “apnee notturne”;• Alcune forme di cancro (colon-retto, utero, mammella, prostata, ovaio);• Ipertensione arteriosa;• Disturbi psicologici;• Patologie cerebrovascolari.

OBESITÀ E DIABETE DI TIPO 2

Tra tutte le patologie croniche elencate, il diabete mellito di tipo 2 è lamalattia più frequentemente associata all’obesità e sovrappeso. In parti-colare il rischio di sviluppare un diabete di tipo 2 aumenta parallelamente

all’IMC, soprattutto nei soggettipredisposti geneticamente, e si ri-duce proporzionalmente alla perdi-ta di peso corporeo.

OBESITÀ E MALATTIE CARDIO-VASCOLARI

Le malattie cardiovascolari associa-te all’obesità comprendono la car-diopatia ischemica, l’insufficienzacardiaca, l’ictus e la malattia vasco-lare periferica.Come noto queste patologie sonoresponsabili di un’elevata morbilità emortalità nei Paesi occidentali e so-no purtroppo in aumento nei Paesiin via di sviluppo.L’obesità predispone anche allo svi-luppo di due importanti fattori di ri-schio cardiovascolare quali l’iperten-sione arteriosa e la dislipidemia(elevati livelli di trigliceridi e coleste-rolo-LDL o “colesterolo cattivo” e ri-dotti livelli di colesterolo-HDL o “co-

lesterolo buono”).Con il calo ponderale è possibilemodificare in senso migliorativo talifattori di rischio. Una riduzioneponderale di peso di circa 10 kgpuò determinare un calo del 15%dei livelli di colesterolo-LDL e unaumento dell’ 8% dei livelli di cole-sterolo-HDL.Per quanto concerne l’ipertensionearteriosa si è visto che per una ri-duzione del peso corporeo di 5 kgla pressione arteriosa scende di3,6-4,4 mm Hg.

OBESITÀ E STILE DI VITA

Numerosi sono i fattori che concor-rono all’instaurarsi dell’obesità, alcu-ni modificabili altri non quali la gene-

tica individuale.Tuttavia i fattori più importanti, soprattutto inquanto modificabili, sono l’alimentazione el’attività fisica. Infatti, una dieta ricca digrassi, ad elevato contenuto calorico, euno stile di vita sedentario sono fattoristrettamente correlati alla diffusionedell’obesità in tutto il mondo. Pertantoè molto importante instaurare unadieta ipocalorica in associazione aun incremento dell’attività fisica al-lo scopo di ottenere un gradualecalo ponderale duraturo, con tuttii benefici che ne conseguonosullo stato di salute.Sono sicuramente da proscri-vere le diete eccessivamen-te restrittive in termini dicalorie salvo casi eccezio-nali e quelle con esclu-sione di sostanze nutri-tive indispensabili al-l’organismo. Infatti talidiete, oltre che po-tenzialmente dan-nose, vengono ra-ramente seguitenel lungo perio-do. Pertanto unsoggetto nond o v r e b b eporsi obietti-vi eccessi-v a m e n t eambiziosi soprattutto all’inizio. Ad esempio un calo ponderale del 10% delpeso iniziale è un buon obiettivo in grado di ottenere sicuri vantaggi sullostato di salute.

LA DIETA IPOCALORICA EQUILIBRATA

Per dieta ipocalorica equilibrata si intende una dieta con ridotto apportodi calorie rispetto al fabbisogno energetico “bilanciata” sia in terminiquantitativi che qualitativi, capace di apportare una giusta quantità di nu-trienti e di energia evitando carenze nutrizionali. Altra caratteristica delladieta equilibrata è la varietà dei nutrienti che saranno assunti nella giustaquantità da garantire un adeguato benessere fisico e psichico. È correttonon scendere mai (se non in ambito ospedaliero) al di sotto delle 1.000calorie al giorno, altrimenti possono subentrare effetti collaterali quali unsenso di affaticamento e di malessere, che inevitabilmente conducono al-la sospensione della dieta prima ancora di aver ottenuto i risultati prefis-sati. Anche la varietà dei nutrienti è un importante fattore che rinforzal’aderenza alla dieta stessa che pertanto potrà essere seguita più facil-mente per lunghi periodi.Una dieta ipocalorica ottimale fornirà circa 1.000 calorie giornaliere in menorispetto alla spesa energetica prevista per quella persona e sarà una dietaequilibrata a ridotto apporto calorico, non eccessivamente impegnativa eproponibile anche per lunghi periodi.Considerando che per ogni 100 calorie assunte in meno si perdono 13grammi di peso corporeo, una dieta del genere permetterà un calo pon-derale di circa 130 grammi al giorno e quindi 3,9 Kg al mese (130 g x30 giorni). Una dieta del genere, non eccessivamente stressante, puòessere seguita per lungo tempo in quanto in grado di modificare le abi-tudini alimentari rispettando i gusti del soggetto senza esagerate restri-

zioni. È così possibile manteneretre pasti sostanziosi (la prima co-lazione deve apportare i l 20%dell’energia giornaliera, il pranzo il40 %, la cena il 30% e i due spun-tini il restante 10%).Una volta raggiunto il peso idealepuò diventare con qualche arricchi-mento la dieta di mantenimento.

ATTIVITÀ FISICA REGOLARE

È oramai ampiamente dimostratoche una moderata attività fisica haimportanti effetti positivi sul meta-bolismo e sullo stato di salute psi-co-fisica in generale. L’esercizio fi-sico deve essere preferibilmente ditipo aerobico (attività muscolaregeneralizzata con carico di lavoronon eccessivo e protratto nel tem-po, capace di utilizzare ossigenocon scarsa produzione di acido lat-tico) Sono sufficienti 30 minuti dimovimento (cammino, nuoto, bici-cletta, ecc.) al giorno, per almenocinque volte a settimana, per gode-re di molti benefici.L’attività fisica svolta in maniera re-

golare ha numerosi effetti positivi:• riduce i livelli di colesterolo nel

sangue;• migliora la tolleranza al glucosio

(minor rischio di sviluppare undiabete);

• riduce i livelli della pressione ar-teriosa;

• diminuisce il rischio di sviluppo dimalattie cardiache (infarto, insuffi-cienza cardiaca);

• riduce il rischio di morte prematura;• previene o riduce l’osteoporosi e il

rischio di fratture;• previene, soprattutto tra i giovani,

comportamenti a rischio e dipen-denze come l’uso di tabacco, al-col, droghe;

• riduce sintomi quali ansia, depres-sione e stress;

• diminuisce il rischio di obesità;• favorisce l’autostima e in generale

il benessere psichico;• riduce disturbi muscolo-scheletrici

quali il mal di schiena;• diminuisce il rischio di tumori del

colon.Si è visto che l’attività fisica regola-re svolta in concomitanza con ladieta non migliora il calo ponderalenel breve periodo. Ciò nonostanteaiuta a mantenere nel lungo perio-do i risultati ottenuti con la dieta.Infatti coloro che svolgono un’attivi-tà fisica regolare nel tempo hannomaggiore probabilità di conservareil calo ponderale ottenuto. Secondo

molti, tale effetto positivo non sa-rebbe legato tanto all’aumento deldispendio energetico, quanto allamaggiore aderenza ai cambiamentidello stile di vita.Tutte le Associazioni scientifichepertanto suggeriscono un’attività fi-sica regolare, preferibilmente aero-bica, per almeno 30 minuti al gior-no o, in alternativa, un’ora per trevolte a settimana.Tale attività ovviamente va indivi-dualizzata in base all’età, stato disalute e possibilità della persona alfine di ottenere i migliori risultati rea-lizzabili.

OBESITÀ E SISTEMA MUSCOLO-SCHELETRICO

Dagli studi scientifici effettuati risultain maniera inequivocabile che il sog-getto obeso presenta limitazioni nel-la forza muscolare, nella deambula-

zione e nel mantenimento della cor-retta postura soprattutto per l’au-mentato carico su muscoli e artico-lazioni, in particolare anche, ginoc-chia e caviglie. Tutto ciò con notevo-li ripercussioni sull’efficienza dell’ap-parato locomotore che viene a ridur-si in maniera significativa.Altro fattore peggiorativo sulla per-formance muscolo-scheletrica è lasedentarietà, fenomeno molto fre-quente tra i soggetti obesi, con con-seguente ridotta attività del sistemamuscolare, articolare e scheletrico.Pertanto gli obesi hanno performan-ce fisiche ridotte rispetto alla popo-lazione generale, essendo goffi eimpacciati nei movimenti.

Di conseguenza è quanto mai utileper i soggetti obesi un programmadietetico con calo ponderale eun’adeguata attività fisica in gradodi ottenere un miglioramento dellaperformance fisica oltre che permantenere nel tempo il calo ponde-rale ottenuto.

REGIME DIETETICO IPOCALORI-CO IN AMBITO MILITARE

Come noto la condizione di sovrap-peso/obesità è attualmente presen-te in molte fasce della popolazione.L’eccesso ponderale riguarda circa1/3 della popolazione generale ita-liana sia in termini di sovrappeso(IMC tra 25 e 30 ) che di obesità(IMC > 30 ).Anche nella popolazione militare laprevalenza del sovrappeso/obesitàè una problematica emergente e ciòdetermina, oltre a una maggiore su-

scettibilità a determinate patologie,una ridotta capacità operativa in Pa-tria e all’Estero.Pertanto è quanto mai utile fornireuno schema dietetico di facile ese-cuzione capace di ridurre l’eccessoponderale.Il Dirigente del Servizio Sanitario(DSS), attraverso le visite periodi-che, deve individuare il personalemilitare in sovrappeso e fornireun’adeguata educazione sanitariariguardo il giusto stile di vita da se-guire sia in termini di attività fisicache di alimentazione anche al difuori dell’orario di servizio.Un metodo efficace è fornire a talimilitari una dieta ipocalorica sempli-

ce al fine di ridurre progressivamen-te l’eccesso ponderale.Una simile dieta potrebbe portare ri-sultati concreti facendo ricorso allacostanza e alla forza di volontà daparte del singolo.La dieta ipocalorica ottimale giorna-liera fornirà circa 1.000 calorie inmeno rispetto alla spesa energeticaprevista per quella persona e saràuna dieta equilibrata a ridotto ap-porto calorico.Tale tipo di dieta è la più fisiologicae non presenta effetti collaterali perla salute di chi la segue.Tale obiettivo può essere raggiuntoin maniera semplice fornendo apranzo (e a cena quando prevista)uno dei seguenti schemi dietetici.Schema dietetico A (circa 600 cal. totali):• secondo piatto ( circa 150 cal ) composto da: carne bianca (125 gr) max 2

volte/settimana o pesce (150 gr) almeno 3 volte settimana o formaggiofresco (70 gr) max 2 volte/settimana o 2 uova (max i volta /settimana) oprosciutto crudo magro (60 gr) o carne rossa magra (125 gr) max 1 vol-ta/settimana;

• contorno (circa 50 cal) composto da: verdure crude o cotte od ortaggi. So-no escluse le patate per l’alto contenuto calorico. La quantità è libera epuò essere assunta all’inizio del pasto per ridurre l’appetito e rallentarel’assorbimento dei nutrienti;

• pane (circa 200 cal). La quantità consentita è di 80 gr (60 gr nelle donne)ed è composta da 1 panino o 2 fette di pane;

• 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva (circa 130 cal) che può esseresuddiviso in due cucchiaini da tè per condire il pasto;

• frutta di stagione (circa 70 cal). La quantità da assumere è una porzio-ne. La frutta deve essere fresca.

Sono esclusi il primo piatto, la bevanda calorica (consentita solo acqua) edeventuali dolci e gelati.Schema dietetico B (circa 600 cal. totali):• contorno (circa 50 cal) composto da: verdure crude o cotte od ortaggi. So-

no escluse le patate per l’alto con-tenuto calorico. La quantità è liberae va assunta all’inizio del pasto perridurre l’appetito e rallentare l’as-sorbimento dei nutrienti.

• primo piatto (circa 200 cal) checomprende una porzione di circa80 gr nell’uomo e 60 gr nella don-na composta da pasta in bianco omacchiata di pomodoro;

• secondo piatto (circa 150 cal) com-posto da: carne bianca (125 gr)max 2 volte/settimana o pesce(150 gr) almeno 3 volte settimanao formaggio fresco (70 gr) max 2volte/settimana o 2 uova (max 1volta/settimana) o prosciutto crudomagro (60 gr) o carne rossa magra(125 gr) max 1 volta/settimana;

• 1 cucchiaio di olio extravergine dioliva (circa 130 cal) che può esse-re suddiviso in due cucchiaini datè per condire il pasto;

• frutta di stagione (circa 70 cal).La quantità da assumere è unaporzione. La frutta deve esserefresca.

Sono esclusi il pane, la bevanda ca-lorica (solo acqua) ed eventuali dol-ci e gelati.L’osservanza scrupolosa di que-sti schemi dietetici consentirà unca lo pondera le d i c i rca 3-4Kg/mese.Al ripristino del peso ideale (valuta-to dal DSS) il militare potrà fruirenuovamente della razione viveriprevista in base al tipo di attivitàsvolta.

*Tenente Colonnello me.U.O.C. Medicina

Policlinico Militare di Roma

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di svago delle truppe romane contrombe e flauti; i musicisti militari ro-mani avevano addirittura il rango diufficiales, per quanto venivano rite-nuti fondamentali in battaglia, esat-tamente come i bardi per le popola-zioni barbare. Il Medioevo vide proseguire le con-suetudini musicali del Tardo Imperoe con la successiva penetrazionesaracena in Europa oltre che con gliscontri fra i Crociati e le armatemussulmane (che possedevano giàBande musicali di buona levatura),si notò che gli Eserciti europei nevennero fortemente influenzati mu-tuandone taluni strumenti e ponen-do così le basi per la nascita dei pri-mi nuclei di Bande.Ma è nei due secoli successivi che

SopraUn rievocatore di Cornicem romano.Aveva il compito di segnalare allatruppa gli ordini degli Ufficiali

A sinistraUn Corpo musicale militare italiano,fine ‘800 - primi ‘900

Le Bande Musicali hanno sostanzialmente origine con gli antichieserciti, che le utilizzavano per far marciare, compattare e tenere sudi morale i soldati. Per il coordinamento di azioni belliche è inoltre in-dispensabile la comunicazione fra uomo ed uomo o fra gruppi di uo-mini. Il suono, per la velocità di propagazione e di trasmettersi in ma-niera relativamente indipendente dalla conformazione del terreno, èstato per millenni mezzo fondamentale di comunicazione. Oltre alleBande militari vi erano anche Bande di musicanti che si esibivanodurante le feste e le celebrazioni. In tale contesto, l’Associazione Italian Military Tattoo (1) propone lapromozione di tutti gli aspetti delle formazioni musicali militari (chespaziano dalla storia, alla strumentazione, uniformi, repertorio,conduttori, registrazioni, ed altro) per favorire la più ampia comuni-cazione volta ad uno scambio di cultura nazionale e internazionale,attraverso il linguaggio universale della musica di bande militari.Ciò anche nella considerazione che i musicisti militari, che rappre-sentano la diversità delle tradizioni nazionali, artistiche e militari del-le varie parti del mondo, diventano ambasciatori di pace ed eviden-ziano il grande valore storico della musica, che, già con i primi suoni,ispira il vero orgoglio nazionale.La musica in ambito militare è stata da sempre un elemento importan-tissimo, fondamentale nella comunicazione di ordini non trasmissibili avoce (i volumi del suono degli strumenti erano gli unici che potevano so-vrastare il rumore delle battaglie impartendo ordini “sonori” con segnali diconvenzione), nell’accompagnare la cadenza del passo e necessaria a fe-steggiare vittorie, personaggi ed ideali. Si rivelò un fattore di sostegno edincitamento durante le battaglie, fin da quando gli antichi (Egizi, Greci e Ro-mani) ne scoprirono il potere sull’animo umano. Fin dal VI secolo a. C. vi furono dei gruppi musicali militari che accompa-gnavano la marcia e i momenti

di Luigi Cinaglia*LA MUSICA MILITARE

STRUMENTO DI CULTURA E FORMAZIONE

si affermarono gli aspetti più interessanti per l’organizzazione delle musichemilitari europee, divenendo il punto di partenza della Banda moderna conrealtà diverse in ogni Stato.Con l’istituzione in Francia della Grande Ècurie e della Musique de laChambre si diede un indirizzo all’ordinamento delle piccole Bande Reggi-mentali istituendo gratuitamente la “Scuola di musica della Guardia Nazio-nale” al fine di preparare gli strumentisti per tutti i reggimenti francesi. Dal1836 venne convertita in “Conservatorio di musica militare” segnando unmovimento culturale di grande portata, orientato verso una seria riformadella musica militare, sì da elevarla al pari degli altri generi musicali. Nel1845 nacque una commissione cui presero parte musicisti provenienti dalGinnasio Musicale e cariche militari quali il Conte Gaudin ed il ColonnelloRiban. Le Musiche reggimentali tedesche risultavano sicuramente all’avanguar-dia grazie all’opera di Federico II di Prussia, con un organico preso adesempio da tutte le altre nazioni europee fino al XIX secolo e ben prestoaffiancato dalla “fanfara”, complesso strumentale formato quasi esclusi-vamente da ottoni, nato dalle trombe di cavalleria. Le Bande militari nellaGermania della seconda metà dell’Ottocento erano stipendiate per dueterzi tramite una ritenuta sulle paghe degli Uffi-ciali: molti di essi compi-vano donazioni volonta-rie in quanto il buon gra-do di esecuzione deiComplessi strumentaliera considerato uno deiloro principali veicoli diprestigio. L’arruolamentodei musicisti e del diretto-re avveniva tramite unesame e prevedeva unaddestramento militare ditrenta giorni seguendo poila carr iera dei soldatisemplici e Sottufficiali. IlMinistero del la Guerrapossedeva addirittura unUfficio Tecnico Speciale in-caricato di coordinare edispezionare artisticamentele Musiche mil i tar i . Gl iavanzamenti avvenivanoper capacità tecniche o permeriti di servizio. In Italia, nei primi dell’Ottocen-to, esistevano realtà molto di-verse tra loro: gl i organici,composti da professionisti, ve-nivano ampliati ufficiosamentecon altri strumentisti prove-nienti dalla truppa, completan-do sia lo strumentario sia i ran-ghi. Con Carlo Alberto vi sa-ranno riorganizzazioni anchein tale materia: è curioso nota-re l’esistenza di una “cassamusica” f inanziata da unagiornata di stipendio prelevataagli Ufficiali e si assiste all’in-cremento degli organici, al ri-conoscimento della figura del“Capo Banda” e all’istituzionedella “Scuola di Musica” edella “Scuola Tamburini” di

Torino. Dopo l’unificazione d’Italial’attenzione si rivolse ad ottenereuno stile marziale e ad accrescereil livello tecnico musicale, sì dacompetere con le Bande estere ed“onorare” il nuovo Stato Unitarioanche presso la popolazione civile.Tutto ciò si ottenne ufficialmentetra il 1884 e il 1894 tramite l’operadi Alessandro Vessella (“Di un piùrazionale ordinamento delle musi-che militari”) e di un’apposita Com-

Sotto dall’alto in bassoLa banda di un reggimento alpini,1934

Una fanfara dei bersaglieri

missione che approvòuna serie di disposizioni relative alle “Musiche dei reggimentidi fanteria e fanfare dei reggimenti di cavalleria - Norme per l’intonazionee per la composizione istrumentale”.In seguito alla suddetta relazione, nel 1901 il Ministro della Guerra istituivaun “Ufficio tecnico centrale per le musiche militari” con il compito di studiareun miglioramento nell’organizzazione strumentale, curandone il repertorio,dando pareri sui contratti con le case editrici, e di accertare l’idoneità tecni-ca dei concorrenti ai posti di capo musica o di musicante effettivo. Dopo la Grande Guerra fu necessario un drastico ridimensionamento nu-merico delle Bande e delle Fanfare e così pure dopo la Seconda GuerraMondiale. Si deve arrivare al 1963 per vedere la costituzione della Bandadell’Esercito e la nascita di Musiche d’ordinanza dipendenti dalla GrandeUnità di appartenenza.Il resto è storia recente e la nuova evoluzione dell’Esercito ha lasciato aimargini la razionalizzazione della Musica militare indicando inaltre priorità la propria azione, purconsiderandola un elemento fon-damentale nei rapporti con la so-cietà civile e gli ambienti culturalidella Nazione.Innumerevoli sono gli stimoli musi-cali, o di sedicente musica, dellavita moderna, tanto che il suono sipresenta del tutto snaturato e privodi ogni caratteristica che possa en-trare in armonia con l’essere o conil creato. Il suono oggi è più un ele-mento estraneo alla vita sociale,una specie di droga che ha il com-pito di far dimenticare l’esigenza dinutrire l’anima e di esigere il signifi-cato e il valore in ciò che ascoltia-mo. Siamo ben lontani dai tempi incui “...Giuseppe Verdi, nel 1884,

propose in una lettera alla Com-missione Musicale del governo ita-l iano l ’adozione del diapasonscientifico (Do=256 Hz, corrispon-dente al La=432 Hz) per il benedei cantanti e dell’interpretazionemusicale, e chiese a ‘tutto il mondomusicale’ di adottare questa accor-datura, visto che ‘la musica è unlinguaggio universale, perché dun-que la nota che ha nome La a Pa-rigi dovrebbe essere un Si bemollea Roma?’ Giuseppe Verdi si rifiutòdi dirigere una sua opera, la Forzadel Destino, a Napoli perché l’or-chestra era accordata al La=450,come lo è in molti teatri lirici odier-ni, ad esempio Salisburgo, Berlinoe Firenze...”. La musica militareoggi è lontana dal concetto di com-posizione alienante mantenendo ilsignificato di musica che illumini,esalti e allieti i nostri giorni là dovesignificato e valore sono qualitàdella stessa importanza. Il canto èelemento indispensabile nelle par-ticolari occasioni: esso intervienequando lavori regolari richiedono eforniscono essi stessi un impulsoritmico. In questa connessione conil movimento e le emozioni, la mu-sica non costituisce un riflesso va-go e indistinto, ma è parte inte-grante della vita. L’etnomusicologiaci insegna che la musica intesa in

A sinistraUna cartolina commemorativa raffi-gurante un trombettiere a cavallo

SottoLa Banda dell’Esercito Italiano, co-stituita nel 1964, composta da cen-todue elementi

questo senso non si compra nei negozi, ma sgorga da una tradizionecoerente o dal contributo personale dei popoli. Essa non è mai privad’anima e di pensiero, mai passiva, ma sempre vitale, organica e funzio-nale, piena di dignità. È una musica chiamata da “repente squillo guer-rier” (primo coro dell’“Adelchi” - Alessandro Manzoni) una musica che “fiaserva tra l’Alpe ed il mar; / una d’arme di lingua d’altar, / di memorie, disangue e di cor” (“Marzo 1821” – Alessandro Manzoni). In questo conte-sto si inserisce, nasce ed evolve la musica militare nata per imitazionedel canto e soprattutto, nella forma più antica, di un canto composto dadue note soltanto. L’evoluzione successiva arriva quando le note diventa-no 3, poi 4 e così via: secondo il principio che dalla melodia più semplicesi arriva poi a quella più complessa. Le melodie primitive possono essereclassificate in logogeniche (nate dalla parola e prive di carica emotiva),patogeniche (originate dalle emozioni, come la gioia o la rabbia) oppuremelogeniche (originate dalla me-lodia e che si collocano in mezzo,fra le logogeniche e le patogeni-che). Di pari passo a questa evo-luzione si evolvono gli strumentimusicali: i primi strumenti che inqualche modo hanno avuto lafunzione di aggregazione e dipartecipazione alla vita civile esociale di un popolo, costituen-done la sua identità, sono statisenza dubbio quelli a suono in-determinato (tamburi, sonagli,legni sonori). La loro capillarediffusione in tutte le culture delmondo è la riprova che sianostati i primi ad essere utilizzatiproprio per manifestare unsentimento ed un ritmo che ve-niva da dentro, a cominciareproprio dal ritmo della vita edel pulsare del cuore. Perquel che riguarda gli strumentia suono determinato, invece,

si passa da oggetti sonori moltosemplici, cosiddetti naturali (riusci-vano ad emettere poche note) sinoad arrivare agli strumenti cromaticidei giorni nostri. Compositori qualiGiovanni Legrenzi, Girolamo Fanti-ni per non parlare di Vivaldi (con-certo in Do maggiore per due trom-be naturali), Telemann, Bach, Ha-endel, Purcell, Salieri, Mozart sinoad arrivare a Giuseppe Verdi (letrombe dell’Aida) scrivono braniper tromba naturale. La musica mi-litare ha magicamente conservato,in tutte le culture mondiali, questaesegesi là dove a marce d’ordinan-za più o meno di recenti composi-zione, vengono affiancati squilli dipoche note (ancor eseguiti construmenti naturali) carichi di simbo-logia, di comando e espressione dimilitarità. Gli inni militari oggi testi-moniano le emozioni di chi li haconcepiti ma soprattutto illuminanoed esaltano lo spirito militare deipropri appartenenti. Come in unagerarchia militare tutti gli inni, com-presi quelli di carattere religioso-militare, nonché tutti gli squilli deiReparti musicali confluiscono e siidentificano nell’Inno Nazionaleche oltre ad essere la composizio-

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A sinistraUn trombettiere delle “Penne diFalco” del Regio Corpo Truppe Co-loniali italiano

SottoMilitary Basel Tattoo 2014, lo schiera-mento finale

ne per eccellenza di ogni Comando è l’anello di congiunzione tra la vitacon le stellette e la vita sociale del Paese.Ogni anno, come una sorta di miracolo che si ripete, nella giornata del 2 giu-gno tutte le componenti sino ad ora descritte si intersecano in un tessuto det-tato da un perfetto cerimoniale militare in una sfilata, la celeberrima “Sfilata deiFori Imperiali” ove, alla presenza del Capo dello Stato e dell’intera popolazio-ne, Corpi militari marciano accompagnati dal suono dei propri inni ed eseguo-no rituali scanditi da “segnali” di tromba oltre a rendere omaggio alla BandieraItaliana e al Presidente della Repubblica intonando il “Canto degli Italiani” diGoffredo Mameli. Per arrivare a questa forma di eccellenza è però necessariaun’attenta conservazione del patrimonio musicale partendo dal presuppostoche deve essere considerato patrimonio di tutti e quindi tutelato, restaurato econservato in modo da poter essere fruito da tutti. L’elevazione del tono culturale e il perfezionamento della preparazionetecnico-professionale di tutto il personale in divisa non può non tenerconto della componente storica, sociale e culturale. I nostri ragazzi devo-no esigere il perfetto significato e il valore di quello che ascoltano: nonsia mai che gli uomini che servono lo Stato si trovino inconsapevolmentea “danzare” sul ritmo di musiche militari ma siano, oggi più che mai, con-vinti di porgere ai posteri l’eredità culturale del nostro Paese facendosiportavoce del grido del passato.

Cala la sera, si accendono le luci sull’arena, la brezza estiva sventola lebandiere nazionali, il silenzio è rotto dalle note delle bande militari. Centina-ia di musicisti – ognuno con il proprio strumento, con la propria uniforme,ognuno con la propria storia e la propria lingua... ma qui non servono tradu-zioni o sottotitoli... basta un uomo – il direttore musicale – che con la suamano destra dia un attacco e la magia della musica ha inizio: ecco che que-sta molteplicità di voci è armonizzata e diventa un tutt’uno! Questa è l’atmo-sfera che si respira ad un Military Tattoo (2): forse l’espressione più nobiledella capacità e della professionalità delle formazioni musicali militari. LeBande militari – bande o fanfare che siano – nella loro quotidianità vengonochiamate ad assolvere una numerosa e varia serie di impegni: dalle cerimo-nie militari ai concerti, dalle parate ai festival internazionali, ed è proprio inqueste occasioni che le bande possono esprimersi al meglio.Il 1950 segna una data di rilievo nella storia dei Festival Internazionali dedica-ti alle formazioni militari; in quell’anno si è svolta, nell’ormai famosa Esplana-de del Castello di Edimburgo, la prima edizione dell’Edinburgh Military Tattoo(3) – oggi ribattezzato, per concessione della Regina Elisabetta II, The RoyalEdinburgh Military Tattoo. Ancora oggi questo Tattoo segna uno dei massi-mi vertici artistici raggiunto da questo genere musicale, che abilmente uni-sce musica e movimento in un mix altamente spettacolare. Negli anni a seguire, poi, i Festival di questo tipo si sono moltiplicati nel mondoe una miriade di Paesi (tra i principali: Stati Uniti d’America, Norvegia, Svizze-ra, Germania, Olanda, Russia, Giappone) presentano agli appassionati spet-tacoli dove le Bande militari sono le protagoniste indiscusse. Sì, sono loro che,attraverso la musica, esprimono l’orgoglio nazionale ed il senso di apparte-

nenza, in uno scambio continuo conaltre culture, portando nel mondo unmessaggio di armonia e di pace.Non da meno è il nostro Paese che,attraverso le variegate e moltepliciformazioni musicali militari (Bande,Fanfare, Musiche d’Ordinanza) delleForze Armate, partecipa già attiva-mente alle varie manifestazioni edeventi locali, nazionali ed internazio-nali – soprattutto quando inserito incontesti multinazionali in operazionifuori dal territorio nazionale – costi-tuendo così espressione di diffusionedella musica militare quale strumen-to della cultura e della formazionemilitare, determinante per la costru-zione di identità del popolo italiano eper la funzione di aggregazione epartecipazione dei cittadini alla vitacivile e sociale. Questa nostra con-creta capacità ed attitudine alla divul-gazione della cultura musicale milita-re, già testimoniata da una serie di“Rassegna di Bande InternazionaliMilitari” effettuata nel corso degli ulti-mi vent’anni nella Città di Modena (instretta collaborazione fra la CivicaAmministrazione locale, la Fondazio-ne Teatro Comunale e l’AccademiaMilitare), potrebbe costituire premes-sa alla realizzazione di un MilitaryTattoo volto a mantenere ed incre-mentare l’osmosi e la sinergia fra leIstituzioni militari e l’intero Paese, inun contesto internazionale che favo-risce ampia visibilità e diffusione del-la realtà musicale militare.

*Generale di Brigata (ris.),Presidente dell’Associazione

“Italian Military Tattoo”

NOTE

(1) http://www.militarytattoo.it/as/in-dex. htm.(2) http://www.scozia.net/edimburgo/eventi-festival-edimburgo/mil i tary-tattoo/.(3)https://it.wikipedia.org/wiki/Edin-burgh_Military_Tattoo.

L’Associazione “Italian Military Tattoo”ringrazia i soci/collaboratori: Dottores-sa Enrica Apparuti, Coordinatrice delFestival Internazionale delle BandeMilitari di Modena; 1° Mar. f.(alp.) Mar-co Calandri, Capo Musica della Fanfa-ra della Brigata alpina “Taurinense”;M.A.s.UPS Fabio Tassinari, Coman-dante della Fanfara del 4° reggimentoCarabinieri a Cavallo, che hanno con-tribuito alla stesura dell’articolo.

L’Associazione non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di uti-lità sociale - culturale. Essa si propone la promozione di tutti gli aspetti delle for-mazioni musicali militari (che spaziano dalla storia, alla strumentazione,uniformi, repertorio, conduttori, registrazioni ed altro) per favorire la più ampiacomunicazione volta ad uno scambio di cultura nazionale e internazionale, at-traverso il linguaggio universale della musica di bande militari. Ciò anche nellaconsiderazione che musicisti militari, che rappresentano la diversità delle tradi-zioni nazionali, artistiche e militari delle varie parti del mondo, diventano amba-sciatori di pace ed evidenziano il grande valore storico della musica, che, giàcon i primi suoni, ispira il vero orgoglio nazionale.

ai propri commilitoni, al proprio re-parto, per cui il viaggio viene scan-dito dalle conversazioni, dai raccontidegli altri che ti stanno accanto. Inquesto caso la mia partenza perl’Antartide è stata diversa, sono par-tita da sola, ho fatto un lungo viag-gio con vari scali tecnici a Dubai,Bankgok, Sydney e Christchurch.Solo a Christchurch ho ritrovatoqualche faccia amica, di chi avevafatto il corso al Brasimone e sul

L’ESERCITO IN ANTARTIDE

Letizia, sei un Capitano medico dell’Esercito Italiano che fino al gior-no prima della partenza ha prestato servizio al 9° reggimento paraca-dutisti d’assalto “Col Moschin”, immagino che per te, da donna, siastata una bella sfida?

La mia esperienza al 9° reggimento “Col Moschin” è stata una delle più fortie belle della mia vita. Ho scelto le Forze Speciali al termine del mio iter ac-cademico perché ho sempre voluto spingermi oltre i limiti normali delleesperienze e ho avuto ragione. Ho trovato un luogo di lavoro stimolante edeccezionale, non senza difficoltà sono riuscita a farmi apprezzare comeprofessionista medico e a lavorare con loro in missione all’estero più volte.Più che dare ho ricevuto un grande feedback umano e professionale e, setornassi indietro, farei lo stesso percorso, la stessa scelta nonostante tuttele difficoltà che si possono incontrare nell’essere l’unica donna di un repar-to così importante e impegnativo.

Come hai saputo della possibilità di partecipare a quest’av-ventura in Antartide e cosa ti ha spinto a partecipare? Unmodo per mettere alla prova i tuoi limiti?

Attraverso un Maresciallo sono venuta a sapere della possibilitàdi partecipare alla spedizione antartica facendo domanda direttaall’Enea tramite il mio Ufficio Addestramento. Non ho pensato airischi, alla specializzazione per la quale stavo facendo doman-da di concorso, ho pensato solo che volevo spingermi fin qui.Ho cercato di non illudermi perché le selezioni sono state co-munque fatte a step diversi e non ho avuto fino alla fine alcunacertezza.

Ci racconti com’è stato il viaggio di andata?Immagino lungo.

Quando si parte in missione si è insieme

a cura di Camillo della Nebbia*

Intervista al Capitano medico Letizia Valentino

Si chiama Letizia Valentino, catanese di nascita, il Capitano medico dell’Esercito Italiano che ha svolto lasua prima esperienza di lavoro in Antartide insieme ad altri 10 colleghi, esperte guide alpine, piloti, logistie vari specialisti, partecipando alla XXXI spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide(http://www.pnra.it/, http://www.italiantartide.it). La spedizione è stata gestita e organizzata dall’Enea, men-tre il CNR ha coordinato la ricerca scientifica che comprende progetti relativi ai mutamenti climatici, allatutela dell’ambiente e di studio dell’atmosfera. Una vera eccellenza italiana dove l’Esercito ha avuto unruolo importante per la parte di addestramento propedeutico condotto ad Aosta dal Centro addestramen-to Alpino e dagli Incursori del 9° reggimento “Col Moschin” a favore dei tecnici e dei ricercatori, allo sco-po di apprendere e migliorare le tecniche di lavoro e sopravvivenza in un ambiente particolarmente unicoper bellezza ma spesso difficile da affrontare per le sue peculiarità legate al clima più freddo del pianeta.

Monte Bianco con me. Dopo 4 ore a Christchurch siamopartiti per l’Antartide e dopo poco più di 18 ore, arrivati aBaia Terranova, siamo partiti per Concordia Station. Il voloè durato più di 37 ore totali e la continuità del viaggio hacomunque messo a dura prova il fisico, ma tutto questo èpossibile se è per atterrare sul ghiaccio e gustare il meravi-glioso paesaggio antartico.

La prima cosa che hai fatto, visto, toccato quando haimesso il primo piede sul suolo antartico?

La cosa che mi ha subito colpito appena atterrati è stato il ru-more del ghiaccio sotto i piedi e l’assenza di odori nell’aria.Un’aria cristallina, leggera, quasi impercettibile. Quando arrivia Base Concordia soprattutto l’aria sembra mancare, il fiato ècorto e ogni parte esposta del tuo corpo ghiaccia in pochi mi-nuti. Baia Terranova e Base Concordia sono due mondi diversi di uno stessoContinente. A Base Concordia le condizioni climatiche sono molto più estreme.

In Antartide qual è stato il tuo compito?

Il mio compito è stato quello di gestire il personale da un punto di vistasanitario. I maggiori problemi si sono avuti inizialmente per la malattia

d’alta quota e per i problemi legatial sonno. Poi naturalmente posso-no succedere piccoli inconvenientidurante il lavoro, come chi si tagliail dito o sbatte il ginocchio. Partedella mia fase iniziale di lavoro èbasata sul controllo e verifica delmateriale farmaceutico e sanita-rio dell’infermeria. L’approvvi-gionamento dei farmaci e delmateriale anche in virtù dell’in-verno antartico è fondamen-tale e cosa non meno impor-tante per me è stato il con-

SopraIl Capitano medico Letizia Valentino

SottoBase Concordia

Cosa hai portato dentro di te daquei luoghi così unici?

Ho portato con me il silenzio diquel luogo, la sua unicità, la suadisarmante bellezza, l’aria brillan-te che si solleva col vento ma an-che i racconti e i progetti dei ricer-catori scientifici e dei tecnici, dichi viene in Antartide da anni peruna scoperta, per uno studio, perun progetto grandioso come quel-lo di EPICA.

Dopo questi mesi di missione tisentiresti di dire che sei pronta arifare tutto ancora un’altra volta?

Certamente la mescolanza di cultu-re diverse, il dover parlare francese,inglese, spagnolo o tedesco in unospazio così piccolo, così compres-so, non ti fa pensare a cosa lasci inItalia o in Europa perché è come sel’Europa fosse arrivata qui in Antar-tide o meglio dentro Base Concor-dia, per cui ti senti un po’ a casa edè forse anche per questo che misentirei di ripartire, di ripercorrerequei 15.000 km e di non dormire tregiorni per poter rivedere una terracome l’Antartide.

*Tenente Colonnello

trollo della sicurezza e igiene dei locali anche esternia Base Concordia.

Il giorno dopo gli attentati del 13 novembre a Parigiabbiamo visto che le Bandiere francese e italiananella Base italo-francese Concordia erano a mez-z’asta. Come avete vissuto quei momenti? Hai avutomodo di seguire le notizie?

Il 13 novembre gli attentati hanno azzittito i nostri colle-ghi francesi e in parte anche noi. Non c’è la stessa ridon-danza che c’è in Europa e non avendo la televisionemolti fatti ci sfuggono, però si è stato uno shock per tuttinoi, italiani e francesi.

Cosa ti è mancato di più dell’Italia? La tua famiglial’hai sentita ogni tanto?Come si è svolta una tua giornata tipo?

Sinceramente non mi mancava l’Italia. Ero molto sere-na. Consapevole che dovevo stare lì fino a metà feb-braio e cercavo di godermi la mia giornata, anche ab-bastanza impegnativa. Mi alzavo tutti i giorni alle 5:30e facevo stretching un’ora prima di colazione con il Vi-ce Station Leader. Un buon modo per combattere ilfreddo, le contratture e soprattutto migliorare il trofismomuscolare provato dal freddo. Dopo colazione aveva-mo il meeting e poi in ambulatorio, dove rimanevo a disposizione del per-sonale e provvedevo a sistemarlo. Dopo pranzo, e una partita a biliardi-no, continuavo in ambulatorio la mia attività medica spesso diversificata.Mi rendevo disponibile e spesso collaboravo col medico ricercatore del-l’ESA al suo progetto, facendo prelievi di sangue al mattino. Una volta asettimana supervisionavo i locali esterni alla stazione e verso le ore18:00 lasciavo l’ambulatorio per andare un po’ in palestra. Alle 19:00 ce-navo e poi ritornavo in ambulatorio o in camera. Naturalmente c’eranoanche dei momenti di vita comune. A turni eravamo chiamati alla puliziadei locali mensa e living room, nonché alla pulizia dei piatti.

Nicola Campo, “Battaglie nel Deserto – Diario di un Ufficiale di fanteria in Africa Set-tentrionale”, a cura di Luciano Catella, Editrice Totem, Lavinio Lido – Anzio (Roma),2015, pp. 134, € 20,00.

La guerra dei vinti, spesso ignorata, fa comunque parte di quella storia che ha condiziona-to ciò che oggi siamo, nel bene e nel male.La memoria prescinde, o dovrebbe, dalle ragioni politiche che evidenziano od oscuranosecondo le esigenze meramente utilitaristiche del momento contingente.Sono passati settant’anni e più, da un periodo storico travagliato, controverso e spessoosservato solo al fine di condanna o esaltazione dei protagonisti e delle idee che li soste-nevano.Certamente è necessario un lungo intervallo di decantazione dai fatti e dagli interpreti diquegli eventi, per poter esaminare con onestà intellettuale quanto avvenuto.Come sostiene l’autore, il suo non vuole essere un’apologia delle ragioni e delle vicendedella Guerra d’Africa, ma semplicemente un riconoscimento e un ricordo, spesso doloro-so, di tutte quelle figure di soldato che pur consapevoli della pochezza di mezzi di cui era-no provvisti e della inconsistenza delle motivazioni che li avevano catapultati nell’infernodi un conflitto, prima, ed in quello della prigionia dopo, hanno comunque cercato di esseredegni dell’uniforme indossata e che, nonostante tutto, rappresentava la Patria insieme alla

Bandiera, difesa ed onorata anche quando la preponderanza delle forze avversarie, lo sconforto della condizione di vinti,l’incertezza del futuro dopoguerra, potevano incrinarne la forza morale.La storia del nostro Paese, soprattutto quella della prima metà del XX secolo, ha gettato ombre lunghe sul nostro presente.Quando finalmente saranno rischiarate, potremo veramente dare un significato alla parola “condivisione” coniugata a quelladi memoria.

Cristiano Bettini, “Oltre il Fiume Oceano: uomini e navi romane alla conquista dellaBritannia”, Laurus Robuffo Editore, Roma, 2016, pp. 509, € 25,00.

“...dal punto di vista militare organizzativo già la seconda spedizione di Cesare segna il pas-saggio ad un pieno dispositivo expeditionary romano e ad una migliorata organizzazioneanfibia...” (C. Bettini).Il modello precoce di missione di tipo expeditionary, realizzato dalla flotta romana 2000anni fa al seguito dei tre vessilli di Cesare, Claudio e Costanzo Cloro, che ci viene svelatoda Cristiano Bettini in questo libro – opera culturale multiforme di rango accademico –,come da lui descrittoci attraverso i documenti originali greci latini e inglesi, citati magi-stralmente con grande ricerca storiografica, ci appare in tutta la sua modernità e contem-poraneità se si pensa al nuovo tipo di forze di proiezione che oggi sono in gioco nellecompagini militari nazionali ed internazionali. Roma, divenuta padrona del mondo che cir-condava il Mediterraneo e mai specializzatasi prima di queste tre spedizioni come potenzanavale, o in grado di schierare il proprio immenso Esercito in operazioni anfibie, dopoaverlo trasportato con la sua marina, supera i propri limiti militari, culturali, geo-strategici.Roma cerca di attraversare, non senza epiloghi disastrosi, il Fiume Oceano, che nell’anticomondo era considerato il limite circostante la terra abitata, e con ciò facendo si affrancadalla propria stessa connotazione di potenza militare terrestre, e trasforma la propria de-bolezza marinara in un punto di forza. La misconoscenza che i romani avevano delle cor-

renti dei mari o meglio di mari inospitali come il Mare del nord, e che li consegna ad un rovinoso esito durante il primotentativo di attraversamento del Canale della Manica, viene descritto da Bettini con perfetto stile da reporter embedded. Inmodo obiettivo che fotografa la realtà, egli riporta sia le parole autocelebrative del “De bello Gallico”, sia le voci di oppostecritiche contenute negli scritti antichi o inglesi successivi. Bettini, con un approccio scientifico rigoroso, che ne analizza ecommenta gli spazi di mera propaganda politica, e di improbabile consistenza storica, strategica, geografica e militare, se-para il racconto del tempo dai possiibili reali scenari, da ciò che è verosimilmente davvero accaduto. Da questo punto divista il libro è una miniera preziosa ed unica nel genere sia storiografico che filologico che di analisi strategica, di informazionie di cultura per il lettore anche non esperto. Attraverso le Tavole, brevi schede che inframmezzano il testo con una descri-zione minuziosa dei costumi sociali, della vita a bordo delle navi, degli usi sociali e militari, del livello di ricchezza dei cetie della classe militare, chiunque, anche l’esperto di varie discipline che spaziano dalla storia alla geostrategia, rimarràstupito dalla imponenza della ricerca di fonti dispiegata da C. Bettini in questa poderosa opera culturale di 500 pagine doveun’enfasi particolare viene data agli aspetti di marineria greca romana e di altri popoli e tribu, compresi i popoli della Britan-nia, ma dove non è trascurato il resto, la storia dell’arte, la numismatica, la storia militare ed evoluzione sociale romana,l’archeologia, persino una inaspettata componente MEDEVAC in uso sulle navi romane nonostante i ristretti spazi di azionedelle triremi o quadriremi, per la cura e lo sgombro dei feriti, ad oggi in uso con l’ausilio della nostra componente militaresanitaria, scopriamo aver fatto parte della perfetta macchina logistica romana che si spinse oltre la Manica a conquistare ecolonizzare le terre dell’attuale Regno Unito. Bettini ci regala anche, con un inestimabile Glossario, conoscenze di nomi ecose usate nell’antico mondo romano, greco, delle tribu del Nord Europa legate al mondo della marineria e della componentemilitare a tutto campo. Le informazioni che ci giungono “parlanti” tratte dalla bocca di Tacito, Svetonio, Polibio Marziale,ecc. incantano gli appassionati di storia, gli esperti di filologia, gli amanti della marineria, in una tavolozza ricca di sfumaturedi colori senza mai annoiare. Scopriamo anche con rammarico che in Gran Bretagna è diffuso un interesse culturale spiccatodescritto da Bettini per le “invasion” romane, di cui paradossalmente il mondo anglofono è maggiormente custode rispettoal nostro mondo italico.

Rita Silvaggio