Dicono che l’Impero Romano, d’Oriente e d’Occidente, sia ... · ogni mollezza e dona la...

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Dicono che l’Impero Romano, d’Oriente e d’Occidente, sia tramontato. Si tratta sicuramente di una falsità storica, che nasconde un complotto volto a impedire che si scopra che tutto è rimasto uguale. Si fa presto a cambiare i colori su una cartina, ma cultura e tradizioni sono un altro discorso. Se anche l’Impero Romano fosse ufficialmente tramontato, comunque, vorrei far notare che è cosa recente, nella misura in cui pochi secoli non sono granché se paragonati agli anni della sua durata: un lungo periodo di tempo che ha quasi sempre visto protagonisti due territori, Italia e Grecia. Perché Italia e Grecia? Perché hanno in comune valori fondamentali, come il pane, il vino, l’olio e il formaggio. A tavola si crescono le famiglie, da noi dell’Impero Romano. A tavola trasmettiamo le tradizioni, l’etica, il tono di voce. Insegniamo l’ordine creativo, che ci contraddistingue, e il concetto di priorità; quest’ultimo è importante, ed è anche causa di frequenti fraintendimenti da parte di chi vive ai margini dell’Impero: non è vero che da noi vige il caos, sono le priorità dell’ordine creativo a essere diverse, e spesso l’osservatore straniero non ne è consapevole. Qualunque cosa pensi il resto del mondo, comunque, la verità è che l’Impero è ancora vivo. Se vuoi toccare questa realtà con mano, basta che ne attraversi il cuore in sacco a pelo, come un viandante, e tieni occhi e orecchie aperti. Vieni con me. Partiamo dall’isola greca di Naxos per raggiungere la remota città italiana di Augusta Taurinorum . I luoghi di partenza e destinazione possono sembrare molto diversi: una è la godereccia isola di Bacco, quello che va in giro coi grappoli d’uva appesi alle orecchie ed è sempre alticcio; l’altra è l’estensione graticolare di un quadrilatero: un fulgido esempio di accampamento militare romano . In mezzo c’è sempre Roma, ove portano tutte le strade. Una città talmente divertente che vent’anni prima della nascita di Cristo c’era già chi l’aveva definita Città Eterna: era Albio Tibullo, uno che di mestiere scriveva romanzi erotici.

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Dicono che l’Impero Romano, d’Oriente e d’Occidente, sia tramontato.Si tratta sicuramente di una falsità storica, che nasconde un complotto volto a impedire che siscopra che tutto è rimasto uguale. Si fa presto a cambiare i colori su una cartina, ma cultura etradizioni sono un altro discorso.Se anche l’Impero Romano fosse ufficialmente tramontato, comunque, vorrei far notare che è cosarecente, nella misura in cui pochi secoli non sono granché se paragonati agli anni della sua durata:un lungo periodo di tempo che ha quasi sempre visto protagonisti due territori, Italia e Grecia.Perché Italia e Grecia? Perché hanno in comune valori fondamentali, come il pane, il vino, l’olio e ilformaggio. A tavola si crescono le famiglie, da noi dell’Impero Romano. A tavola trasmettiamo letradizioni, l’etica, il tono di voce. Insegniamo l’ordine creativo, che ci contraddistingue, e il concettodi priorità; quest’ultimo è importante, ed è anche causa di frequenti fraintendimenti da parte di chivive ai margini dell’Impero: non è vero che da noi vige il caos, sono le priorità dell’ordine creativoa essere diverse, e spesso l’osservatore straniero non ne è consapevole.

Qualunque cosa pensi il resto del mondo, comunque, la verità è che l’Impero è ancora vivo.Se vuoi toccare questa realtà con mano, basta che ne attraversi il cuore in sacco a pelo, come unviandante, e tieni occhi e orecchie aperti.Vieni con me.

Partiamo dall’isola greca di Naxos per raggiungere la remota città italiana di Augusta Taurinorum. Iluoghi di partenza e destinazione possono sembrare molto diversi: una è la godereccia isola diBacco, quello che va in giro coi grappoli d’uva appesi alle orecchie ed è sempre alticcio; l’altra èl’estensione graticolare di un quadrilatero: un fulgido esempio di accampamento militare romano.In mezzo c’è sempre Roma, ove portano tutte le strade. Una città talmente divertente che vent’anniprima della nascita di Cristo c’era già chi l’aveva definita Città Eterna: era Albio Tibullo, uno che dimestiere scriveva romanzi erotici.

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Dal porto di Naxos salpiamo di notte a bordo di una grande nave: la Blue Star.A prua, dove si vede quella specie di torretta con i finestrini quadrati, c’è la sala comando. Dentrovige un silenzio ovattato nel quale oscillano bussole e timoni, e di notte le luci dei radar gettanoun’ombra livida sulle mascelle incolte dei condottieri, che non sorridono mai.Per centinaia di anni il comandante di una nave se n’è stato in cabina, a bere e a gozzovigliare.C’erano solo tre motivi che lo spingevano a salire in coperta: maltempo, battaglia, e la cosa piùemozionante: ‘Terra in vista!’ con relative manovre di attracco.Se gli andava di accelerare lo sbarco dando fuoco alla nave, lo faceva¹.Ora invece sulla fiancata di questa grande nave, quasi a pelo dell’acqua, c’è una porticina. Quando lanave è in vista del porto, da terra parte una piccola imbarcazione con sopra scritto PILOTA che siavvicina alla fiancata del traghetto, rischiando, soprattutto quando c’è mare mosso, di beccarsi unabottarella di qualche decina di migliaio di tonnellate.

Dalla barchetta sbuca un pilota,che facendo numeri da acrobata, sale la scaletta di corda che penzola nel vuoto lungo la fiancata deltraghetto.

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Tecnicamente questo è un un arrembaggio. Gente come il crociato veneziano Marco Sanudo¹ – cheha costruito il castello alle spalle del porto di Naxos – o il pirata François le Clerc dettoGambadilegno², non avrebbero mai permesso che un tizio salisse indisturbato fino al ponte dicomando, si mettesse a dare ordini e addirittura a manovrare la nave in arrivo e in partenza, con lascusa che lui conosce i fondali della zona.Ecco perché i nuovi condottieri dell’Impero sorridono poco.

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Prima tappa: Naxos – Atene

Ora che siamo a bordo della Blue Star con il nostro sacco da viandante, basterà trovare un angolinoove distendere le membra, possibilmente riparato dal vento e dal quale si possano rimirare le stelle.Siamo gente frugale e dormiamo per terra, noi. Ci basta un tozzo di pane e una cervogia.Peccato che qui nell’Impero Romano siano soprattutto i pastori a dormire per terra e a guardare ilcielo con le mani dietro la testa. Ai marinai, che si sentono di ceto sociale più elevato, tantasemplicità da fastidio. Così, sulla Blue Star, per evitare che qualcuno si sdrai, hanno ricoperto ognispazio disponibile con delle sedie sparse, e se ti azzardi a stendere il tuo sacco a pelo arriva unmozzo reclutato nelle provincie più remote che ti urla in aramaico di alzarti subito. Al massimo, puoiusare una sedia.Le sedie sono talmente tante che superano anche il numero di passeggeri che la nave potrebbetrasportare, quindi ti chiederai innanzitutto perché non se ne trovi una libera. E così inizierai ascoprire una delle peculiarità degli abitanti del cuore dell’Impero: piuttosto che dormire stesi perterra, preferiscono dormire disarticolando il loro corpo a caso su quattro sedie con i braccioli, comela donna segata. Soprattutto, piuttosto che dormire, preferiscono sdraiarsi sulle sedie, piluccarequalunque cibo e bere litri di caffè.Il caffè è una nuova pozione che ha recentemente conquistato molte province dell’Impero: prosciugaogni mollezza e dona la sensazione di possedere un corpo fatto di sole ossa e occhi sporgenti. Oltreuna certa dose, accelera i pensieri e rende invincibili; questo permette di non stare troppo apreoccuparsi di cosa potrebbe accadere ai naviganti in mezzo a centinaia di sedie non fissate alpavimento, nel caso si alzasse improvvisamente il vento e il mare diventasse molto mosso.

Approfitterò della lunga notte di viaggio che dobbiamo passare seduti in attesa di raggiungere lacapitale della gloriosa Attica, per raccontarti una storia che meglio ti illustrerà le nostre regole diordine e sicurezza riguardanti il mare:

Una volta al porto di Naxos c’era vento forte, come spesso capita nell’Egeo. Gli aereinon potevano lasciare l’isola e il porto si era riempito di una folla di viandanti disperati,in attesa della prima nave di passaggio.Finalmente all’orizzonte apparve un grande traghetto.I viandanti ansiosi si ammassarono ancor più sulla banchina, nel timore di non riuscire asalire tutti a bordo. Col fischio del vento nelle orecchie, osservarono il giganteavvicinarsi, manovrato da un capitano alto e biondo, discendente di Attila e assunto dacompagnie straniere perché all’apparenza più affidabile. Ma Attila era notoriamente unbarbaro, e di vento, mare e fiancate di di grandi navi, sapeva ben poco.Così, avvicinatasi la nave alla banchina, dal ponte fu lanciata la prima cima – una cordalunga più di 20 metri e spessa 30 centimetri – che gli uomini a terra fissaronovelocemente alla bitta. Fu lanciata la seconda cima, ma finì in mare, respinta dal fortevento che soffiava dritto contro la fiancata della nave e la sospingeva lontano dal molo,con una forza superiore ai suoi motori.I viandanti assistettero ansiosi alla lotta tra il vento e la nave, tenendo stretti i loropiccoli fardelli, mentre il nodo dell’unica cima legata strozzava la bitta e la corda sitendeva sempre di più.D’un tratto un marinaio del molo lanciò un grido angosciato e si buttò pancia a terracoprendosi la testa. La folla di viandanti lo fissò senza capire. Un attimo dopo la cima sispezzò e partì come una gigantesca frusta sibilante, tagliando l’aria sopra le teste dellagente. Tagliò di netto anche uno dei piloni di cemento che sostenevano la tettoia degliimbarchi.Compiuto il suo arco di percorso mortale si fletté come un elastico e tornò indietro con

altrettanta forza, abbattendosi fortunatamente in mare e sollevando schizzi più alti dellanave, che liberata del tutto, si stava oramai allontanando.Nessuno si fece male, ma nessuno dimenticherà il suono sibilante di quella cima chetroncò un pilone come se fosse stato burro, a un solo metro sopra le teste di centinaia dipersone. Tutti riuscirono a immaginare vividamente cosa sarebbe successo se la cordaavesse colpito la folla.Da allora, a Naxos è stata istituita una nuova legge: le genti in attesa del traghetto,hanno da stare un po’ più in là. Sul molo è stata piazzata una transenna che delimita“L’area di sicurezza”.

Ecco: le regole di sicurezza dell’Impero Romano non si basano sulle ipotesi, ma sui fatti. Senon è mai successo, vuol dire che non succederà. Se succede, allora poi ci si pensa.

Ma ora osserva quale spettacolo grandioso sia l’alba sul porto del Pireo. Dal ponte più alto dellaBlue Star si vede anche l’Acropoli.Sotto quei milioni di costruzioni di cemento sbeccato ci sono migliaia di anni di storia. Sotto lanuvola di smog che rende l’alba così psichedelica, vive il popolo che inventò Democrazia e Filosofia.Sulla E di Ecologia deve esserci stata una svista.

La zona dei taxi del Pireo è un fulgido esempio di ordine creativo inteso alla maniera dell’ImperoRomano: ci sono i taxi gialli in fila, una pensilina, e delle transenne. I viaggiatori che sbarcano daltraghetto devono soltanto incolonnarsi e salire uno dietro l’altro sul primo taxi della fila.Bravo. Così la prima famiglia con dieci bagagli ci impiega un quarto d’ora, mentre tu, che sarestimolto più veloce, devi aspettare che questo taxi parta e che quello successivo metta la prima, facciadue metri e si fermi per caricare la prossima famigliola. Con questo ritmo, in Italia ci arriviamo allecalende greche.Noi dell’Impero sappiamo quanto valga il tempo perso, perché sappiamo sempre come perderlo inmodo migliori; quindi ci sparpagliamo lungo la fila di taxi in cerca del primo libero, che cerca dipartire appena può, s’ingorga con quelli davanti, l’autista fa gestacci dal finestrino, e alle 5 dimattina al Pireo suonano tanti di quei clacson che sembra un matrimonio.Qualcuno che avrebbe aspettato un’ora in fila, comunque, ce la fa: riesce ad allontanarsi dal Pireo incinque minuti. E dai noi dell’Impero si dice che se qualcuno ce la fa, hanno diritto di provarci tutti.Almeno fino a quando non arriva un legionario grosso e cattivo, di quelli che si trovano soltanto piùnell’Impero Romano d’Oriente, col manganello pieno di bozze e l’espressione di un crociatoincazzato. Con quelli è meglio evitare i discorsi sui diritti dei cittadini.Giureresti che lui è proprio il tipo che non rispetta mai una fila, ma adesso è in servizio: acchiappaper le orecchie il primo che gli capita e lo rimette dove dovrebbe stare, facendolo seguireprontamente dagli altri rimasti.

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Sì, ovviamente ha acchiappato noi. Ho scordato di dirti che la contemplazione delle dinamiche delviaggio in certi momenti non è bene farla da fermi.Sappi comunque che il nostro compito di osservatore si svolge proprio nei momenti più difficili.Sotto lo sguardo assassino del legionario, posso assicurarti che nessuno si prende la briga diragionare sul fatto che è sicuramente in servizio da prima che il traghetto attraccasse. Eppure, ècomparso soltanto dopo che le prime cinquanta persone l’avevano svangata alla vecchia maniera.Avrà ritardato di proposito per lasciare un po’ di respiro alle tradizioni? O voleva bersi il caffè concalma?Da noi una risposta non esclude l’altra. Siamo complicati, sfumati e misteriosamente filosofici.Soprattutto ci sono le famose, originali priorità. Tu che se suddito dell’Impero, prova a fare unascaletta di priorità tra a) iniziare all’alba una giornata lavorativa caldissima e caotica senza fare unacolazione meditativa con calma. b) Il solito traghetto che vomita greggi di viandanti. c) I taxisti conla tanica di caffè sul cruscotto e gli occhi rossi che devono arrivare a sera. d) La regoletta delletransenne.Vedi? Per questo i barbari non ci capiscono.

Dopo una notte insonne passata a prendere mozziconi e cenere sul muso a bordo della Blue Star,non c’è niente di meglio di una corsa in taxi con i finestrini abbassati fumandosi una sigaretta, tu el’autista. Alla radio suona un motivetto mediorientale, allo specchietto retrovisore dondola un pon-pon luminoso; le strade di Atene, che è il perfetto anello di congiunzione tra Oriente e Occidente,sono ancora buie e sgombre. Se il taxista fa volare il taxi sopra i dossi in tangenziale mentresorpassa a destra, non puoi fargliene una colpa: tra un’ora potrà viaggiare soltanto a passo d’uomo,ci sono già 32 gradi e l’aria condizionata non gli funziona.

La biglietteria della stazione dei bus di Kifisiou, ad Atene, apre alle 6 di mattina. Un gatto piccolosi aggira con occhi assonnati. Compriamo un biglietto per Patrasso, cerchiamo un bar e passiamo asalutare il cane del garage: un cane color gasolio.Si mangia quello che c’è. Si beve pochissimo, poi ti spiego perché.Alle 6,30 si parte. Se le precedenti ore di viaggio le abbiamo fatte col vento nei capelli, adesso saràmeglio mettersi una sciarpa: qui nell’Impero l’aria condizionata non ha mezze misure.

Seconda tappa: Atene – Patrasso

Sull’autobus finalmente si dorme. Seduti. E con gli occhi aperti. Perché il sogno, nello statostuporoso della stanchezza, scorre dietro il finestrino.La periferia di Atene, le fabbriche in sfacelo, i quartieri multietnici che assomigliano a favelas, canirandagi, bidoni sui tetti per l’acqua calda, fiori che crescono aggrappati ai muri sbiaditi.Il nastro lungo e dritto della strada per Patrasso. Il mare punteggiato di insenature a sinistra. Laroccia scavata a destra. Un gran botto come un colpo di fucile, e l’autobus si ferma sobbalzando.È scoppiata una gomma. Ci fanno gesto di scendere. Ii nostri bagagli grattano la ghiaia della corsiad’emergenza. Il sole all’orizzonte è una pastiglia dai bordi taglienti e già brucia. Una volta, sottoquel sole a mezzogiorno, il catrame si è sciolto e il mio zaino ci è sprofondato dentro per quattrocentimetri, asfaltandosi in modo definitivo.Arriva il bus sostitutivo; si riparte e si ricomincia a dormire.

Che stiamo entrando nella vecchia capitale commerciale dell’Impero Romano d’Oriente ce lo dice laluminosità dei posti che crescono sull’acqua, l’improvvisa eccitazione dei passeggeri e un grandecartello piantato alla stazione di rifornimento.È un attimo, e stiamo già volando sopra il canale di Corinto, che fu progettato da Nerone inpersona.

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È il più stretto del mondo. Anche qui la parte del leone la fanno i piloti locali, ma il comandante dellanave in questo caso si limita a sudare freddo: se una fiancata tocca le pareti del canale, dovràintervenire lui.

D’ora in poi il mare si troverà a destra e il bus farà deviazioni continue a causa della costruzione diuna strada nuova, sopra quella che già c’era mille anni fa. Più passano gli anni, nell’Impero, più civuole tempo per costruire le strade. Nessuno ha ancora capito perché.

Il bus è di quelli grandi e moderni e ha un bagno, ma è chiuso. Una volta c’era una fermata obbligataa Corinto, in una specie di ristoro dove si poteva usare un bagno e si poteva comprare l’uva passa.Ora la tappa è stata eliminata e il consiglio di non bere durante un pellegrinaggio, a meno che nonsia strettamente necessario, è sempre valido.

La fine delle tre ore di viaggio in bus è preannunciata da un ponte che collega l’Achaea all’Aetolia eavvicina Patrasso a Igoumenitsa attraverso il golfo di Corinto. Questo ponte ha fatto molto ingelosirei siciliani, perché la sua realizzazione ha richiesto soltanto otto anni. Per l’Impero questi sono attimi.

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Il modo in cui i greci si riferiscono a questo ponte, è perfettamente bizantino. Poiché il ponte collegadue città su rive opposte, che si chiamano Rion e Anti-Rion, il suo nome ufficiale è molto spartano:Rion Antirion. È stato progettato e costruito da dei francesi, di conseguenza di chiama anche Pontedei Francesi. Siccome però i greci sono spiccatamente nazionalisti, ci tengono a chiamarloPonte Charilaos Trikoupis, in memoria del ministro greco che nel 1880 ebbe per primo l’idea dicostruirlo.Per mettere tutti d’accordo, comunque, è comunemente chiamato il Ponte di Poseidone, dio delmare, dei maremoti e dei terremoti: il ponte poggia su un fondale problematico e noi dell’Impero ciproteggiamo sempre dalle disgrazie adulando i potenti innanzitutto.

Patrasso sembra una città delle coste pugliesi, appena un po’ più scassata. Si sta riprendendo però,e il suo centro è costellato di bar all’ultima moda con erba sintetica alle pareti. Aveva un porto bello,da cui partiva una piccola ferrovia che lo collegava direttamente al porto del Pireo. Non c’è più. Ilporto è stato spostato fuori città, in una zona industriale che aspettava il rilancio ed è finitadiroccata.I negozi aprono alle dieci, e siccome sono appena le nove, e il traghetto per Ancona parte alle duedel pomeriggio, c’è tutto il tempo per visitare l’anfiteatro romano, la fortezza bizantina e la Basilicadi S. Andrea prima che faccia troppo caldo.Finito il giro è tempo di stravaccarsi pigri a guardare il passeggio del centro pedonale, bevendol’ennesimo cafè frappè: un affascinante beverone a base di Nescafè shakerato con acqua, ghiaccio elatte condensato.Se i piccioni, ancora più invadenti di quelli di Venezia, si servono del nostro dolcetto con arroganzainaudita, il motivo c’è: sono sudditi dell’Impero con diritto di cittadinanza, visto che i romani e igreci li allevano da secoli per vari scopi. Senza di loro e le loro uova, piatto prelibato, forse nonsaremmo sopravvissuti.

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Combattendo per la colazione a Patrasso. Perdo.

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All’agenzia viaggi del corso principale – che ora è semiaperta, nel senso che qualcuno ha alzato lasaracinesca senza troppa convinzione e solo a metà – chiediamo un biglietto per Ancona. L’impiegataassonnata ci chiede di specificare quale compagnia di navigazione preferiamo e noi preferiamo laSuperFast Ferry, perché ha dei ponti larghi e coperti, con il pavimento rivestito di uno strato digomma. Questo è un discreto vantaggio per le povere ossa di un viandante, e in caso di vento e maremosso le sedie voleranno lo stesso, ma non scivoleranno sul pavimento bagnato piombandociaddosso come ghigliottine.

– Oggi la SuperFast non c’è. C’è solo la Anek. -.– Scusi ma sul sito Web ufficiale della SuperFast c’è scritto che parte tutti i giorni e che oggi ce n’èuna che parte alle quattordici. -.– Ah, ma sul Web scrivono quello che vogliono. -.

La nascita del Web, nell’Impero Romano, è stata accolta con tripudio. Non che i racconti erotici di

Albio Tibullo non fossero apprezzati, ma il Web ci ha aggiunto le figure animate e accessibili da ognidove, risparmiando la lettura faticosa di particolari inutili. Mettici anche che se ti serve la ricetta delGarum lì ce la trovi anche in versione vegana, e che ci sono persino le storie per tenere buoni ibambini; sarai d’accordo anche tu che non si poteva inventare cosa migliore.Purtroppo i soliti esibizionisti aprono siti di un po’ di tutto, e alla fine tutti sono obbligati ad aprireun sito per fare commercio. Ma è una cosa di vetrina: chi vuoi che vada a leggere cosa.

La Anek sostituisce la compagnia SuperFast in giorni random della settimana. Le due compagniepare si siano associate e le navi scambiate come figurine.Le navi della Anek sono piene di moquette infeltrita e sontuoso marmo di plastica, ma il ponte èconsiderato area pezzenti, le pensiline che lo coprono sono di plastica e vibrano rumorosamente. Sepiove ci passa l’acqua. I menù del bar sono scritti in slavo e il personale è persino più arrogante,distratto e maleducato di quello della SuperFast. Peggio di così ci sono solo le navi della Minoan –Grimaldi, sulle quali il ponte non esiste e sembrano navi cargo dedicate al trasporto di turisti-camionisti.

Per raggiungere il nuovo porto di Patrasso, che è a cinque chilometri dal centro città, si puòcamminare, faticando un po’, oppure prendere un taxi. Ma volendo davvero entrare in contatto conla cultura locale e avendo anche tre ore buone da far passare, non c’è niente di meglio del bus, la cuipensilina si sta arroventando al sole.

Se nell’Impero del Sol Levante riescono a predire con precisione l’arrivo di un mezzo pubblico, èperché si tratta di popoli che non hanno il nostro retroterra culturale e tendono a semplificare lecose. Infatti poi, quando visitano l’Impero Romano, questi pellegrini non comprendono neppurecome si attraversi una strada senza semafori.Da noi il traffico stradale è soggetto a numerose varianti, e calcolare l’orario dell’arrivo di un busrichiede una capacità intellettiva superiore, atta a risolvere problemi di tipo matematico a piùfattori:

Nel percorso stradale che ti porterà dal panettiere incroci un amico, anche lui in auto. Vifermate e vi fate due chiacchiere dal finestrino, mentre gli altri automobilistiapprofittano della pausa per parcheggiare anche loro in mezzo alla strada e comprare lesigarette.Contemporaneamente il panettiere si mette a sistemare un cassetto del retrobottegachiedendo alla moglie di passargli le pinze. Tu entri nel negozio, non trovi nessuno, eapprofitti per passare un attimo a salutare il verduriere, che contento di vederti ti invitaa bere un caffè.Tornando alla tua automobile, scopri che la strada è stata appena deviata perché unmese fa si sono aperte delle buche a causa della pioggia, nelle quali sono state rinvenutedelle ossa di uomini primitivi e anche lo spigolo di un bunker tedesco in cemento armato.Ti rimetti alla guida della tua auto e percorri un marciapiede al quale sei riuscito adaccedere spostando alcuni cassonetti, ma appena scorgi l’impiegata del comune cheattraversa una strada, ti fermi per lamentarti del traffico ingorgato.In base a questi elementi calcola il tempo di percorso del bus che hai superato incontromano quaranta minuti fa, dalla stazione di partenza a quella di arrivo, tenendopresente le fermate intermedie.

Stiamo aspettando a Patrasso il bus n. 10, quello che dovrebbe portarci al porto, da circa ventiminuti. Dovrebbe passare ogni ora, più o meno. Un’ora dopo il precedente, che però non si sa a cheora sia passato.

La speranza – che si affievolisce con il graduale e costante aumento della temperatura – è che noinon si sia arrivati alla fermata proprio 30 secondi dopo il suo passaggio.Poiché siamo viandanti dell’Impero e conosciamo i nostri polli, per sicurezza a ogni bus di numerodiverso che passa chiediamo all’autista se per caso va verso il porto o lì vicino: nell’Impero del SolLevante non potrebbe mai succedere, ma qui ci sta anche che un autista decida di fare una piccoladeviazione, giusto per movimentarsi la giornata. In caso di diniego, chiediamo quale sia il numerodel bus che va al porto, tanto per conferma.I numeri che collezioniamo sono tutti diversi: Il 5, il 7 bis, il 34. Nessuno di questi sta comunquepassando.

Il bus che alla fine sopraggiunge, è nuovissimo e ha l’aria condizionata a palla. Come quelli enormiche circolano per le strade strette delle isole, e quello che ci ha trasportato da Atene a Patrasso, èstato acquistato con il contributo dell’Unione Europea. A un certo punto l’Unione Europea però hainiziato a chiedere dei soldi indietro, dimenticandosi che l’Europa l’abbiamo creata noi. Mai fidarsidella gente a cui hai fatto dei favori.

Il traghetto della SuperFast, che però è Anek, e che dovrebbe essere ormeggiato a Patrasso in attesadi salpare per Ancona, non c’è. È in ritardo ed è ancora in navigazione. Così dice la signorina grecaal desk della Anek in porto.– Come mai? E di quanto in ritardo? –– Non saprei. –– Scusi, ma non ci sono delle radio a bordo? Saprete pure a quale punto del percorso è. O è successauna disgrazia? –– Non so. –– Anche all’andata era in ritardo di ore. Perché non lo fate sapere al momento dell’acquisto delbiglietto? –– Ci sono molti turisti, ci vuole tempo per caricarli. –– Veramente no: siamo ai primi di luglio e la nave dell’andata era ai primi di giugno. È arrivata conquattro ore di ritardo, ha caricato i camion e i turisti ed è ripartita in un’ora, quando di solito staferma in porto tre ore. –– Eh, ci sono molti turisti. Torni tra due ore, magari è arrivata. Il molo è quello là. –

Recentemente sono state scoperte nuove parti di mondo dove si crede che chi paga per avere unservizio possieda più diritti di chi è stato pagato per fornirglielo. Si tratta di una delle tantesuperstizioni dei popoli selvaggi: la storia insegna che tra chi paga e chi intasca i soldi, il pollo è ilprimo, e di conseguenza è inferiore. Inutile quindi prendersela con la signorina del desk, che sta alleinformazioni per pura cortesia, ma esegue gli ordini di omertà di chi la paga. Inoltre non sa davveronulla: non è tipo da fare o farsi domande, altrimenti non sarebbe stata assunta.

I ritardi dei mezzi di trasporto hanno reso l’Impero ricchissimo: guardati intorno, in trecento metriquadri di sala d’attesa ci sono di nuovo moltissime sedie, l’aria condizionata e dieci bar, con più ciboa disposizione di un intero campo profughi.Infatti i profughi ci sono. Se i viandanti non fossero tutti così impegnati a scriverne dottamente suiloro papiri, seduti al chiuso della sala d’attesa con l’aria condizionata, li avrebbero già visti.

Appena oltre la nuova recinzione del porto di Patrasso, nascosti nelle fabbriche dismesse, bivaccanocentinaia di persone di varia nazionalità. Basta stare fermi in un punto un po’ appartato del porto easpettare per vederli saltare la recinzione, correre e tentare di nascondersi tra i camion in attesad’imbarco.

Prima ci hanno dato degli invasori, ma ora che l’Impero si sta un po’ ritirando, almeno politicamente,

le genti delle province esterne cercano in ogni modo di raggiungerne il cuore, per non venireescluse. Vedi a volte l’ironia della Storia.Sono proprio queste genti a dimostrare quanto l’Impero abbia perduto la sua famosa efficienza infatto di gestione dei popoli: non sappiamo più conquistare, non sappiamo più proteggere. Né loro, nénoi.

Potrà sembrarti strano, ma nel fare l’osservatore di una guerra tra guardie e ladri, è più importanteevitare di essere notati dalle guardie. Chi scappa è troppo impegnato per preoccuparsi d’altro,mentre chi insegue è più arrabbiato che impaurito, di conseguenza assai nervoso. Sarà bene starevicini a un angolo che si può svoltare in fretta sparendo alla vista di tutti e fingersi intenti a farequalcosa, come telefonare. Soprattutto, è importante usare un tipo di vista spesso raccomandato achi pratica il Metodo Bates: morbido, che non fissa nulla in particolare. Meglio guardare lievementeverso il basso, fingersi assorti e distratti, e mai, mai inseguire un movimento con la testa. Moltecreature della terra, a parte i felini, tendono a sottovalutare l’utilità della vista periferica.

Le persone che saltano la recinzione e corrono verso le navi – rendendo la vita impossibile aicamionisti che attendono di imbarcarsi per L’Italia – sono tutti maschi e giovanissimi. Tentano diinfilarsi in un camion più volte al giorno, per mesi. Le guardie a volte li catturano, ma si limitano acontrollare che non siano segnalati come terroristi e a respingerli oltre la recinzione. Non ci sonoleggi applicabili.Loro osservano attentamente l’andirivieni del porto al di là della recinzione prima di muoversi inmodo agile e fulmineo. Alcuni di loro corrono così veloci che riescono a sfuggire alla motociclettache li insegue.

Sembrano sufficientemente nutriti. Questo significa che qualcuno porta loro da mangiare e chehanno accesso a dell’acqua: non potrebbero vivere di spazzatura per mesi, e se fossero pescati arubare, la loro situazione di limbo legislativo cambierebbe bruscamente.Non sembrano attratti dalle auto accessoriate dei turisti o dai loro oggetti. Sono completamenteassorbiti dal movimento di carico e scarico merci che fissano aggrappati alla ringhiera.A parte riuscire nel loro intento e avere un telefono connesso in qualche modo, queste personespesso hanno un solo altro urgente desiderio: quello di fumarsi una sigaretta, lusso che raramente èfornito dalle associazioni umanitarie.Noi ne abbiamo un pacchetto pieno, con tanto di accendino. L’altro lato della strada distaquattrocento metri. La Anek non è in vista, neppure al largo.Che si fa? Ci mettiamo a pontificare sui Social riguardo la situazione dei migranti o andiamo avederla da vicino?Pericolo? Di cosa esattamente? Questa gente sta perseguendo un obiettivo ossessivamente, non haaltro per la testa. Improbabile che qualcuno rinunci al suo sogno per rubare uno zaino col quale poidovrebbe scappare e che lo rallenterebbe nella corsa. Non hai visto che non trasportano nulla, senon mezza bottiglietta d’acqua, legata alla schiena?

Forse un giorno alcune di queste persone diventeranno pericolose. Ma non oggi, che hanno unagrande avventura da affrontare e un sogno da realizzare.Oggi sono più pericolosi quelli che parlano di loro usandoli come oggetti di proiezione dei lorosentimenti personali e che li considerano in ogni caso animali da sterminare o da salvare in massa.Tra le due tifoserie la più insidiosa è proprio quella virtuosa, che catechizza gli altri con superiorità,irritando e ottenendo l’effetto opposto. I virtuosi, quando viaggiano, invece di entrare in contatto conle realtà che santificano a tavolino, cercano posti di pace e meditazione, per calmarsi l’animo. Sonoquelli che amano molto gli animali buoni dei cartoni animati, ma se ricevono un morso cambianosubito idea.Fidati: se portassimo con noi dall’altra parte della strada due persone con convinzioni opposte suquesta gente, assisteremmo a un curioso avvicinamento di sentimenti; il “cattivo” perderebbe

baldanza e il “buono” si inasprirebbe alla prima situazione non conforme alle sue aspettative.

Ma noi stiamo zitti e ci facciamo gli affari nostri. Siamo solo viandanti e il mondo è di tutti. Lo spaziopure, con le opportune cautele.Raggiungiamo il lato di strada opposto al porto e ci sediamo sugli sgabelli rotti di un bar che anni faprobabilmente era aperto. Oggi, guarda che sfortuna: è chiuso; ma siamo troppo accaldati pertornare indietro e ci prendiamo una pausa sigaretta stando quieti, mentre diventiamo subito il centrodi un’attenzione titubante.

Inizia una piccola processione di persone che chiedono una sigaretta. La porgiamo senza dire nulla,ma se ringraziano, sorridiamo e diciamo ‘prego’. È questione di minuti e si forma un capannelloondeggiante: sappiamo tutti che un assembramento fisso attirerebbe l’attenzione delle guardie.Molti ragazzi sono poco più che adolescenti. Sono curiosi, ma non osano chiedere niente. Pertranquillizzarli domandiamo se a portare loro da mangiare ci pensa l’associazione X, nome inventato.Si rilassano e iniziano a spiegare: sono orgogliosi di sapere, una volta tanto, qualcosa in più dei lorointerlocutori, a cui non sanno neppure che domande fare, tante sono quelle che salgono confuse peressere subito ricacciate indietro.

Raccontano tutti la stessa identica storia, in inglese, usando anche gli stessi termini: arrivano daicampi profughi della Turchia, vogliono una vita migliore, per se stessi e per la loro famiglia lontana,scappano da situazioni terribili, sognano un mondo di pace e la possibilità di lavorare onestamente.Preferiscono morire che tornare indietro. Si sentono ingiustamente discriminati.Non si tratta veramente di una bugia, ma la verità vera sarebbe più sfumata e complessa, mentre laversione semplificata è quella consigliata all’interno della loro comunità, perché si è capito che èquello che noi, dall’altra parte, preferiamo ascoltare.Quello che non quadra occorrerà osservarlo in silenzio.

I ragazzi che vengono a chiedere le sigarette sono tutti mediorientali. Gli africani ci sono, ma sonoun gruppo a parte e ci osservano dalla loro zona: il punto più diroccato della fabbrica diroccata.Nell’aera dismessa della vecchia zona industriale di Patrasso mancano molte cose, ma un ghetto, aquanto pare, è già stato costituito. Un ragazzo africano cerca di avvicinarsi, ma un mediorientale sistacca da un gruppo e gli taglia la strada. Lui torna indietro. Non si sono guardati negli occhi.Sarebbe interessante scoprire in quale modo e secondo quali precedenze gli africani sono ammessiai tentativi di intrufolamento sui camion, ma queste sono cose complicate di cui spesso non siaccorgono neppure i volontari sospinti da grande entusiasmo altruistico. Eppure, paradossalmente,questo sarebbe il contesto migliore nel quale, oltre a portare l’orchestrina del paese per la festa diNatale e due pasti caldi al giorno, si potrebbe iniziare a lavorare su una vera integrazione eaccettazione culturale reciproca.

Per guadagnarsi l’unica simpatia a cui ritengono di avere diritto, questi ragazzi hanno ancheimparato a enfatizzare in quali condizioni drammatiche siano costretti a vivere in attesa di riuscirenella loro impresa: nella fabbrica, che sta crollando, spesso manca l’elettricità; in inverno devonoscaldarsi col fuoco e sono costretti a lavarsi con l’acqua di un unico rubinetto e a dormire nelletende, per terra, senza neppure un tappeto.Dopo avere detto questo osservano l’orrore dell’occidentale che teme la povertà più dell’infelicità,cercando di carpire meglio di quali comodità lui invece goda. La maggior parte di loro arriva dallemontagne dell’Afganistan e del Pakistan, ben più fredde di Patrasso, e in molti casi un bagno, acquacorrente, riscaldamento ed elettricità, non li ha mai avuti.

In tutto questo si tende a perdere di vista un aspetto che forse non è il più importante, ma che ha unsuo peso: i ragazzi che cercano di intrufolarsi nei tir a Patrasso per raggiungere l’Italia hanno moltiproblemi, ma sono anche ragazzi come tutti gli altri; vogliono conquistare il mondo, vogliono

l’avventura, vogliono avere uno scopo. Non tutti sono reduci da guerre e persecuzioni politiche:alcuni sono perseguitati dall’inedia del villaggio, dalle tradizioni sterili e dalle culture che ne tarpanoi talenti e l’idealismo. In qualche modo hanno qualcosa in comune con i ragazzi che partonodall’occidente per finire nelle stesse zone da cui loro scappano, e si cacciano anche loro in situazioniche non sapranno fronteggiare, diventando carne da macello.Forse si potrebbe aiutare questi ragazzi anche evitando di classificarli unicamente come disperati oprofittatori, accettando come legittimo il loro bisogno di cambiamento, senza pretendere storiedrammatiche a tutti costi. Forse, dopo, una volta arrivati dove volevano arrivare, e spesso delusi,sarebbe più facile comprenderne i sentimenti misti di baldanza e frustrazione.

Ma queste sono tutte illazioni. Prima di farci sopraffare a nostra volta dai luoghi comuni di tifoseriasociale che giudica prima di capire, abbiamo ancora un sopralluogo da fare. E poi non si dica che alporto di Patrasso ci si annoia, mentre si aspetta una nave persa in qualche punto sconosciutodell’Adriatico.

Dopo avere distribuito tutte le sigarette, torniamo in porto e ci dirigiamo a fare un formale reclamoper il ritardo della nave, entrando nell’ufficio delle guardie portuali con il piglio del vero cittadinodell’Impero. Ultimamente le cose hanno preso una piega troppo decadente e molti sudditipreferiscono sfogarsi in modo pigro su Tripadvisor senza concludere nulla e contribuendo a unlassismo che negli ultimi secoli è costato più vittime delle campagne di conquista. Anche le guardieben rappresentano questo triste stato delle cose: sono grasse, bevono caffè e fumano annoiate, salvopoi avvelenarsi di adrenalina quando devono improvvisamente montare sulle motociclette ecompiere vani inseguimenti.

La lingua di molte parti dell’Impero è ancora l’italico. A Patrasso, l’inglese non lo parla nessuno.Le autorità portuali sono d’accordo sul fatto che le navi in ritardo siano uno scandalo: loro glielodicono tutte le volte che non dovrebbero fare così. Però sono compagnie private e fanno quello chegli pare, sai com’è. Possiamo comunque scrivere un papiro di lamentele, in inglese però, e loroprovvederanno a inoltrarlo a chi di dovere.Lo facciamo, non senza notare un certo disappunto dietro la blanda sollecitudine: in quanto romaninon era previsto che sapessimo scrivere anche in una lingua barbara.La copia carbone del papiro, che ci viene consegnata a garanzia dell’ufficialità del documento, èilleggibile. Sarà seppellita in luogo ameno: riscoperta in un futuro lontano potrebbe mettere indiscussione le teorie più accreditate sulla decifrazione del Papiro Tulli.

Per vendicarci di questo sgarbo della copia carbone ci premuriamo di avvisare le guardie, cheindossano anfibi nonostante la temperatura che supera i 40 gradi, di avere visto alcuni migrantisaltare la recinzione. Pur auspicando l’ordine, ci preoccupiamo di come stiano queste povere animee confidiamo che la situazione sia sotto controllo.Giusto per verificare che lo sguardo arrogante e spietato dei combattenti sia ancora lì, sotto lacenere dei panzerotti ardenti. Perché se c’è qualcuno che ha il polso preciso di cosa stia succedendoin quella zona e di come si stia evolvendo la situazione, sono loro, ovviamente, anche se sembra chenon si accorgano di nulla. Anche loro vivono in un limbo: devono coprire certe realtà, tacere,combatterne altre, ma con misura. Una misura che varia continuamente. Sono abbandonati adibattersi in una situazione sulla quale hanno molte responsabilità, poche informazioni e nessunpotere decisionale.Il nostro intervento scatena un gelo risentito e siamo immediatamente ricacciati in sala d’attesa,dalla quale finalmente si intravede una nave in arrivo.

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Quando la nave attracca, ci precipitiamo a salire superando anche i passeggeri in fila sulla scalettamobile che porta alla reception, per tentare di arrivare per primi a bivaccare negli angoli migliori.Quando giungeremo al porto di destinazione dovremo sbarcare trascinando il nostri fardelli lungo lascala mobile che sarà immobile: i sudditi dell’impero sono gente elegante e al fondo di una scalamobile si fermano sempre per darsi un’aggiustata. Solo che nel caso di una scala mobile ripida e condecine di persone cariche di bagagli, il rischio che queste si accatastino sul primo imbecille che siblocca è talmente alto, che disattivare il funzionamento della la scala mobile in discesa è diventata laprincipale norma di sicurezza delle navi che trasportano passeggeri.

Il ponte è lercio e le operazioni sommarie di pulizia, fatte con un idrante e di corsa, non lascianonulla di asciutto, neppure le numerose sedie e lettini accatastati alla belle e meglio.Partiamo alla ricerca di un posto all’interno ricoperto di moquette puzzolente, ma la nave stafacendo rifornimento al volo da un’altra grande nave che le si è affiancata: l’odore di carburante ècosì forte che potrebbe far svenire qualcuno. Sul ponte, a cercare di respirare meno vapori possibile,c’è poca gente: camionisti, proprietari di grossi cani, famiglie nordiche con neonati che per qualcheragione hanno preferito evitare l’aereo, e ben tre famiglie romantiche con zaini e ragazzini appresso,che si guardano intorno sperdute. I genitori ricordavano questi passaggi ponte allegri degli anninovanta, dove c’era tanta gioventù a suonare le chitarre. Ma tempus fugit e panta rei. Orascriveranno una brutta recensione su Tripadvisor, mentre cercano di distrarre i bambini facendoloro osservare le grandi dimensioni dei Tir che lentamente entrano nella pancia del traghetto. Unapancia vorace, come quella dell’Impero Romano.

Molti dei Tir che viaggiano tra Grecia e Italia sono frigoriferi ambulanti e trasportano cibo, inparticolare pesce vivo. Quale motivo ci sia di scambiarsi pesce vivo tra due nazioni circondatepraticamente dallo stesso mare è una di quelle domande che ha perso la risposta, ma che trovagiustificazione negli scambi commerciali che hanno spinto il mondo intero verso il progressotecnologico.Questi Tir, quando sono fermi, necessitano di corrente per far funzionare i frigoriferi o pompareossigeno nelle vasche. Quando sono all’interno di un traghetto, dovrebbero avere delle prese dicorrente da utilizzare ed essere saldamente bloccati a pavimento in caso di mare mosso, ma questesono pedanterie eccessive che rallentano le operazioni. In fin dei conti non è mai successo niente inmigliaia di traversate, o quasi.Giusto la Norman Atlantic ha avuto qualche problema, ma le cause dell’incendio sono ancora

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sconosciute. Potrebbero essere state, nell’ordine: uno dei camion col motore acceso per farfunzionare gli impianti, perché la presa di corrente a cui avrebbe dovuto avere accesso non eraovviamente funzionante; un motore a scoppio interno a un altro camion, in funzione per tutta latraversata, per gli stessi motivi del primo; un profugo nascosto sotto un serbatoio che si è cucinatoun’aragosta fresca; lo sfregamento del tetto di un camion contro le lamiere del soffitto, a causa delmare mosso e dell’aggancio al suolo inesistente, che ha causato la scintilla, che ha incendiato ilcamion che ha incendiato il resto.L’ossigeno per tenere le anguille vive ha contribuito a sviluppare un incendio sulla Norman Atlanticche ha raggiunto i 1200 gradi e ha carbonizzato dei corpi, tra cui quello di un adolescente,rendendoli irriconoscibili. Almeno tre di questi erano mediorientali e clandestini. Forse ce n’eranoaltri. Nessuno lo saprà mai.

Per scacciare via i brutti pensieri e predisporsi a dormire un po’, non c’è niente di meglio di un ouzocon ghiaccio e una sigaretta. Col vento che c’è, è inutile spegnerla nel posacenere; guarda icamionisti, che fumano come turchi anche se spesso sono bulgari: loro gettano i mozziconi accesioltre il parapetto, sotto il quale ci sono le aperture ovali che arieggiano il garage dove sonoparcheggiati i loro camion.

Terza tappa: Patrasso – Ancona

Partiti. L’orario di arrivo non è cosa educata da chiedere in reception. Si mangia un souvlaki e ci sisdraia a guardare le stelle, finalmente, avvolti dal fumo della ciminiera.Il tentativo di sdraiarsi sui divanetti dei bar è stato sventato dal solito marinaio provinciale, ma sappiche il suo divieto vale quanto il ballo di Cenerentola: solo fino a mezzanotte.Poi, a Igoumenitsa, arriveranno i sudditi più temuti dell’Impero e il caos bizantino prenderà ilsopravvento.

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Il porto di Igoumenista è l’ultima fermata della Grecia. Subito dopo iniziano le coste montagnosedell’Albania. Qui sbarcò mio nonno, durante la Seconda Guerra Mondiale. Mi domando in quale statod’animo fosse il giorno che avvistò questa insenatura per la prima volta. Nel suo diario, non nescrisse mai.

Da Igoumenitsa c’è un’antica strada che porta a Thessalonica e poi a Costantinopoli, sul mar diMarmara. Da là si muovo le genti dell’Impero d’Oriente verso la Germania Mania, attratte dalla suabarbara economia. Per non attraversare le strade dell’Impero più a nord, caricano in nave i loro carricolmi di parenti, materassi e libagioni e trasformando in fretta il ponte della nave in unaccampamento. Parlano la lingua turca e tra loro e i greci crepita un odio millenario pronto ascoppiare in ogni momento. L’equipaggio greco quindi scompare, e da questo momento in poi saràpossibile trasferirsi a dormire in qualunque spazio libero della nave.

Salpiamo nuovamente. Il comandante è al lavoro: deve manovrare la nave a vista tra le insidioseinsenature di questo tratto di mare che passa attraverso le Isole Ionie. Mancano ore infiniteall’arrivo ad Ancona, ed è ancora notte fonda. I camionisti discutono animatamente, fumano ebevono caffè. Non dormono mai.

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La sveglia all’alba è data dagli altoparlanti disseminati per la nave, che gracchiano in molte lingueche la colazione è pronta. Da ora in poi, a botte di annunci da spaccare i timpani, non lascerannodormire più nessuno. Chi dorme non consuma, ma chi si annoia mangia, soprattutto quando iltelefonino non prende. È la noia che ha creato tutti i manicaretti che hanno reso famoso il cuoredell’Impero e che a loro volta l’hanno inflaccidito.

L’affaccio dal parapetto in cerca di delfini è uno dei modi più facili per recuperare energie. Il ventointreccia i capelli, la salsedine fissa i nodi.Ancora caffè.L’arrivo ad Ancona era previsto per le ore 11.00, ma ora è slittato a un non ben identificato orariodel primo pomeriggio. Ancora un poco di ritardo e sarà necessario passare la notte a Bologna inattesa del primo treno del mattino.

Dopo le città scrostate della Grecia, con le loro montagne bruciate alle spalle, Ancona sembrapresentare degnamente il cambio di passo architettonico e naturale della penisola italica. Losplendore di Roma si avvicina.

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Il porto è ordinato, e c’è persino una navetta gratuita che porta dai moli d’imbarco al terminal dellebiglietterie. Dal terminal delle biglietterie, sperduto in una zona remota del porto, ci si dovràmuovere con mezzi propri, cioè i piedi, per arrivare alla Stazione Ferroviaria. In realtà la navettapercorre un tratto di strada che si avvicina alla Stazione: basterà chiedere gentilmente all’autista difare una fermata extra e lasciarci lì. Eccolo che arriva con la navetta vuota.Certo che questi italici si vede che sono più romani degli altri: l’autista ha abbigliamento e capellicosì curati, che neanche Giulio Cesare. A pochi metri dalla fermata dove lo attendiamo sotto il sole,incrocia la navetta che va in direzione opposta; si ferma e chiacchierare dal finestrino con l’altroautista, lasciandoci a fissarlo in attesa.Te l’ho detto che il Tempo e la Distanza possono poco sulle tradizioni dell’Impero.

A bordo della navetta c’è un solo passeggero: è un barbone con problemi psichiatrici e feritepurulente. Siede tra i suoi sacchetti e parla da solo; probabilmente passa il pomeriggio sulla navetta,facendo avanti e indietro.Chiediamo all’autista, il cui profilo si trova coniato sulle monete dell’Impero, se ci lascia scenderenel punto di percorso più vicino alla Stazione. Ci risponde piccato che le regole sono regole, e che luisi ferma all’unica fermata prevista, cioè quella del Terminal.Potresti chiederti perché l’autista così umano da scarrozzare una persona che non dovrebbetrasportare, diventi così ligio alle regole tutto d’un tratto. Sappi che in questa zona dell’Impero leregole funzionano così: sono rispettate soltanto quando ad applicarle si fa un dispetto aglialtri. Il trasporto del barbone non ha a che fare con l’umanità: si tratta di indolenza. Litigare con unmatto è fatica, e non ci sono regole che lo impongano.Ora sai che nel cuore dell’Impero Romano vigono le leggi più elastiche del mondo.

Dietro la facciata dall’architettura così di buon gusto, Ancona è più decadente di Patrasso.Camminando lungo il grande corso che porta alla Stazione si incontrano solo negozi sprangati. Nonc’è traccia dei mediorientali clandestini, ma gruppi di africani senza scarpe si aggirano in branchirabbiosi, minacciandosi a vicenda. Alla Stazione c’è un uomo anziano che chiede loro la carità.Nell’unico bar aperto c’è lo stesso cibo dei traghetti e nulla di quello che ci aspetterebbe dal Paesedei Manicaretti.

I treni che vanno da sud a nord sono tutti in ritardo. Anche le vie ferroviarie sono trafficate,nell’Impero. Cerchiamo di acquistare un biglietto per il treno che doveva passare un’ora fa e chearriverà solo tra 40 minuti, ma non c’è più posto. Il successivo è in esaurimento e ha un ritardoapparentemente inferiore, ma le regole non scritte del Regno Vassallo di Trenitalia, dicono che iltreno successivo non può superare il treno precedente, quindi accumulerà lo stesso ritardo, se nonmaggiore.Acquistiamo un biglietto che costa carissimo e andiamo a soffrire il caldo al bar.

Se in altre parti dell’Impero la folla dei viandanti tiene a bada in qualche modo i fuorilegge, in molteStazioni italiane la situazione si è invertita. Ancona è una cittadina sonnolenta di provincia e mancadi spirito battagliero. Bastano venti minuti di osservazione seduti al bar dei cinesi dall’altro lato dellastrada per accorgersi che certe aree della Stazione sono evitate da tutti e fanno parte oramai di unterritorio conquistato dalle bande, con buona pace degli abitanti del quartiere. Passare di lì equivalea sfidare un potere in qualche modo riconosciuto, ed essere minacciati e provocati. È una situazionepotenzialmente più pericolosa di quella di Patrasso, ma nessuno sembra accorgersene.Se vogliamo evitare uno scontro con qualche tribù numida, faremo meglio a salire sul treno che èarrivato ora. Si tratta di quello in ritardo e per il quale non abbiamo biglietto perché non c’erano piùposti. Ma ci sono sempre dei posti liberi sui treni pieni di Trenitalia.

Quarta tappa: Ancona – Torino

Trenitalia è un fenomeno squisitamente imperiale. Le leggi che vigono in questo regno sono laquintessenza di tutto ciò che abbiamo già incontrato sul nostro percorso: leggi severissimeunilaterali, nessun rispetto per chi paga. Per il resto vige l’anarchia più totale.Sfuggire alle guardie del regno, salendo in carrozza senza biglietto, è virtualmente impossibile, ameno di non essere degli intoccabili. Per cavarcela, dovremo usare tutta la nostra esperienza diosservatori.

I guardiani sulle carrozze di Trenitalia hanno ampio margine decisionale. Questo è dovuto al fattoche sul mezzo in movimento sono poco controllabili, e pertanto possono aggirare alcune regole inbase alla loro convenienza, secondo i principi che già conosciamo. Per esempio: tendono a evitare ilcontrollo biglietti nelle aree dei treni ove siano seduti i clienti più incazzati.Su un treno a lunga percorrenza in ritardo, il rischio che molti passeggeri si vedano saltare lecoincidenze senza ottenere alcun rimborso e siano costretti magari a pagarsi pure un albergo, èmolto alto. Sul treno sul quale siamo saliti, pertanto, tutte le carrozze sono da considerarsi ad altorischio sommosse e di conseguenza a basso rischio controllo, soprattutto quelle di prima classe. Maa noi non basta: vogliamo viaggiare proprio indisturbati.Se c’è un posto dove un controllore non passerà mai in un giorno d’afa, su un treno sigillato che haaccumulato 70 minuti di ritardo, è la carrozza dove l’aria condizionata non funziona.C’è sempre una carrozza senza aria condizionata o senza riscaldamento, su un treno a lungapercorrenza di Trenitalia. Dirò di più: di solito è la carrozza 7, forse perché è al centro del treno,forse per misteriose statistiche karmiche.Ci dirigiamo pertanto alla carrozza 7, che come previsto, ha una temperatura di circa 46 gradi epasseggeri in delirio. Ci sono due posti liberi nella fila da quattro sedili, la più sfigata. Anche questoè un classico.Ci accomodiamo sereni.

In un luogo chiuso, surriscaldato e privo di ossigeno, la cosa migliore da fare è stare fermi, calmare ibattiti cardiaci e concentrarsi sul proprio respiro. L’attitudine della sentinella, come consigliata nellibro Nerd Fitness, è raccomandata.Non c’è timore d’annoiarsi: in una situazione così esplosiva qualcuno perde sempre il controllo equindi è meglio appisolarsi per recuperare le forze fino al prossimo dramma.Tutto il disagio della carrozza nasce di nuovo dalle regole imperiali, applicate con demenza

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imperiale: su questi treni, i finestrini sono un blocco unico non apribile a causa dell’alta velocità delmezzo. Però, come tra Anek e SuperFast, qualche volta il treno classificato in un modo appartiene inrealtà a un modello più vecchio, che possiede ancora una parte superiore del finestrino apribiletramite chiave a brugola. Solo che è proibito aprirla, sempre a causa della velocità teorica, chequesti treni potrebbero avere, sempre che ci fossero dei binari adeguati che però al momento sonosoltanto un progetto. Lo so, è complicato.Sulla carrozza sui cui stiamo viaggiando c’è la vecchia versione dei finestrini, quella parzialmenteapribile, ma a meno che un’orda di passeggeri con la bava alla bocca non sequestri il controllore,questi si atterrà alla regola generale della sigillatura, anche con temperature laviche e duepasseggeri in coma. Nell’Impero, applicare le regole cum grano salis è faticoso e spesso non vienepremiato, anzi.Il controllore, comunque, non passa dalla carrozza in questione. Scende dal treno alle fermate e lasupera a piedi per salire su quella successiva. Lo fa per due motivi: il primo è quello di evitare lerichieste pressanti dei passeggeri che stanno cuocendo a fuoco lento, e il secondo è perché passaredai 45 gradi di una carrozza ai 19 di quella successiva gli fa venire il mal di gola. Tanto lui scende aBologna e poi saranno gatte da pelare del controllore successivo.

Se l’Impero fosse ancora quello di una volta, tra i passeggeri di un vagone ce ne sarebbe più di unoin possesso di una chiave inglese, di una brugola, o anche solo di pinze con becco sottile. Siaprirebbero i finestrini in un atto di ribellione popolare e tutti starebbero meglio senza inutililungaggini. In effetti basterebbe anche rompere i vetri con il martello delle emergenze che è fissatoalla parete del treno: più emergenza di così. O usare il nostro coltello svizzero che è provvisto dibrugola e, a momenti, anche di sega elettrica.Ma guardiamoci negli occhi: chi ce lo fa fare. Finiremmo nell’occhio del ciclone e siamo senzabiglietto. Alla fine nessuno ci ringrazierebbe per l’azione eroica, perché questo è diventato l’Impero:un mondo in cui la gente assume importanza nella misura in cui ha da lamentarsi e da accusare glialtri all’infinito. La fratellanza non abita più qui.

Toh, spunta un controllore. Entra in carrozza con baldanza e si blocca non appena sente il calore. Ègiovane e ha gli occhi estremamente lucidi e arrossati. O è stanco, o ha preso una congiuntivite acausa degli sbalzi di temperatura. Oppure si droga, e questo potrebbe essere il motivo per cui èentrato in carrozza per sbaglio e si muove a scatti, senza riuscire a controllare bene la suaespressione.

Una signora del sud ben vestita lo aggredisce esibendo una tempra che oramai si trova soltanto piùnell’Impero Romano d’Oriente. Il controllore tenta la solita manovra finta di aggiustamento delpannello, promettendo che tra poco farà più fresco. Prova a scappare, ma viene bloccato. La signoraha un catetere che sbuca dalla sua gonna e finisce in una valigia tenuta da un assistente. In piedi, esenza ascoltare le raccomandazioni preoccupate degli amici, inchioda il controllore dichiarando adalta voce che è cardiopatica, i reni non le funzionano, e domani dovrà essere operata a Bologna.Questo giochetto del “Tutto a posto: tra un po’ farà più fresco” l’ha scocciata. No, non vuole esserespostata in un’altra carrozza, vuole sapere perché l’aria condizionata, in questo vagone i cui posticostano come gli altri, non funziona. Se fosse più in salute, dice con vigore, avrebbe già menato lemani.Da quando nell’Impero si sono diffusi i Social Network, la moda del Bastian Contrario a Tutti i Costi,imperversa: un signore pelato aggredisce verbalmente la signora che sta protestando, perchésecondo lui non dovrebbe alzare la voce con il controllore che starebbe facendo il suo lavoro.In quella entra un mendicante, di quelli che circolano sui treni depositando sui tavolini oggettiassurdi e bigliettini. Un’altra signora pretende a gran voce che sia verificato il suo titolo di viaggio, eil controllore ne approfitta per fuggire assieme al mendicante, con il quale è evidentemente inconfidenza. Ad aprire i finestrini non ci pensa nessuno e si riprende a soffocare.

Questa è una perfetta rappresentazione delle complicate e irrisolvibili dinamiche autodistruttivedell’Impero.

A Bologna il controllore cambia turno e sale una brava collega che attacca il controllo delle carrozze.Se non militasse tra le legioni nemiche avremmo pena per lei, quando entra nell’antro infernale. Nonfa in tempo a controllare nessun titolo di viaggio, ovviamente. Spinta da qualche facinoroso, arrivaad ammettere che la bombola dell’aria condizionata è scarica, e sostituirla comporterebbe unulteriore ritardo del treno. Omette di dire che il guidatore prevede di lanciare il treno oltre lavelocità consentita su alcuni tratti, per recuperare il ritardo entro i 25 minuti, affinché la compagnianon debba rimborsare nessuno. Le prossime tre ore di viaggio saranno sobbalzanti.Messa con le spalle al muro, vessata dal problema che alla prossima fermata c’è da far scendere unapersona con la carrozzella e bisognerà chiamare rinforzi, la controllora cede, e apre i finestrini conla chiave a brugola passepartout che poggerà distrattamente sul sedile vicino al nostro, giusto iltempo che noi la si faccia sparire. Serve anche sui bus e sui traghetti, fidati: la meccanicadell’Impero è tutta uguale.

A questo punto sarebbe anche ora di rilassarsi: sono quarantotto ore che dormiamo per un massimodi mezz’ora per volta e adesso la temperatura è scesa sotto i quaranta gradi. Ma nell’Impero la vita èfrenetica e lo show è sempre dietro l’angolo. Nella carrozza 5 c’è un altro problema: una bambina èrimasta sola; suo fratello a Bologna le ha detto “vado a comprare le caramelle”, è sceso, e il treno èripartito senza di lui.La controllora coglie l’occasione del dramma umano per dileguarsi. Noi cogliamo l’occasione perfumarci una sigaretta alla fermata successiva, dove tra polizia che corre e carrelli per portare a terrauna sedia a rotelle dal treno, potremmo anche allestire un falò sui binari, che non ci baderebbenessuno.

La bambina è straniera, forse albanese. Ha meno di dieci anni, è pallida come un morto e parlapochissimo. È salita a Lecce con suo fratello e dovevano arrivare ad Alessandria dove sarebbero statiaccolti da alcuni parenti. Non vuole dire come si chiama e non ha un telefono.In questi casi le regole direbbero che il minore va affidato alla prima stazione di polizia, cui spetta ilcompito di rintracciare i familiari. Ma l’Impero poggia su molteplici risorse e la polizia ferroviariadella prossima stazione è composta di soli due soggetti, impegnati a sorvegliare a vista unapanchina. La bambina rimane sul treno affidata a una coppia di passeggeri sufficientemente anzianiper risultare affidabili all’insindacabile giudizio dei pubblici ufficiali in viaggio.Le risorse secondarie dell’Impero si attivano, e la bambina è facilmente corrotta da un avanzo dipasta al forno, frutta, e un goccino di vino. Sgancia a memoria una serie di numeri di telefono chevengono prontamente chiamati dai pensionati affidatari, ma lo scambio verbale risulta difficile, nellamisura in cui gli interlocutori non parlano la lingua italica e né manco il dialetto alessandrino.Alla fermata successiva salgono sue guardie, superando la nostra area fumatori che si è arricchita dinumerosi adepti lungo il percorso. Nessuno ci chiede il biglietto, nessuno ci dice di spegnere lesigarette. Approfittiamo per lamentarci, inutilmente, del malfunzionamento della climatizzazione.Finita la sigaretta decidiamo di improvvisarci assistenti sociali qualificati e raccomandiamo la presain carico della bambina, che viene di conseguenza spostata nel salottino del personale viaggiante,con un succo di frutta. Sarà consegnata ai colleghi di Alessandria.

Senza altri incidenti, senza biglietto, dopo un viaggio di 51 ore, e su un treno in ritardo complessivodi 24 minuti e 50 secondi, facciamo il nostro ingresso vittoriosi nell’accampamento di AugustaTaurinorum.

Adattenderci c’è la legione di benvenuto, che chiede giuliva: “Com’è andato il viaggio?”Ricorda: questa è una domanda retorica. Noi viandanti si risponde sempre: “Tutto bene.”

¹Marco Sanudo, primo duca di Naxos. La sua storia è raccontata nel libro: Sull’isola di Naxos c’è untesoro²François le Clerc, pirata. Un accenno alla sua biografia e in questo post

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