Dicembre nella vallata di chenale

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Aria Aria Aria Aria di Natale Da qualche anno anche nella nostra Vallata si respira un clima ancora più natalizio… Accanto alle luminarie e ai tradizionali appuntamenti festivi, si sono aggiunti i mercatini di Natale che animeranno per un intero fine settimana i paesi di Ghilarza e di Norbello. DICEMBRE NELLA VALLATA DICEMBRE 2014 SPECIALE NATALE Il calendario di dicem- bre 3 Il Natale di una volta 4 I mercatini di Natale 6 I mercatini a Chenale 7 Per Natale scegliamo il km0 9 Il pane delle feste 10 Il solstizio d’inverno 13 Il monumento: la chiesa della Beata Vergine Im- macolata a Ghilarza 15 La festa: Santa Lucia 15 Viaggio nel META 16 La mostra archeologica Su Monte 18 Protzetu Su Gattò 19 Il bicentenario dell’Arma dei Carabinieri 20 L’itinerario del mese: sulle vie del Presepe 21 SOMMARIO ALL’INTERNO: Tutto sul Natale a Chenale, tra- dizioni, ricette, manifestazioni Suggerimenti di viaggio nel nostro territorio

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AriaAriaAriaAria di Natale Da qualche anno anche nella nostra Vallata si respira un clima ancora

più natalizio… Accanto alle luminarie e ai tradizionali appuntamenti

festivi, si sono aggiunti i mercatini di Natale che animeranno per un

intero fine settimana i paesi di Ghilarza e di Norbello.

DICEMBRE NELLA VALLATA D I C E M B R E 2 0 1 4

S P E C I A L E N A T A L E

Il calendario di dicem-

bre

3

Il Natale di una volta 4

I mercatini di Natale 6

I mercatini a Chenale 7

Per Natale scegliamo il

km0

9

Il pane delle feste 10

Il solstizio d’inverno 13

Il monumento: la chiesa

della Beata Vergine Im-

macolata a Ghilarza

15

La festa: Santa Lucia 15

Viaggio nel META 16

La mostra archeologica

Su Monte

18

Protzetu Su Gattò 19

Il bicentenario dell’Arma

dei Carabinieri

20

L’itinerario del mese:

sulle vie del Presepe

21

SOMMARIO

ALL’INTERNO:

Tutto sul Natale a Chenale, tra-

dizioni, ricette, manifestazioni

Suggerimenti di viaggio nel

nostro territorio

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L’EditorialeL’EditorialeL’EditorialeL’Editoriale

Dopo il numero prova di Novembre, torna anche questo mese il mensile dedicato alla Valle di Chenale. Si presenta con una di-versa veste grafica e più contenuti che rap-presentano tutto ciò che è sinonimo del no-stro territorio: cultura, gastronomia, storia, arte, tradizioni. Niente di meglio che trascorrere un intero fine settimana nella Vallata dove potrete vivere un mix di questi elementi uniti all’aria natalizia che qui si respira. I giorni ideali sono il 20 e il 21 Dicembre quando Chenale sarà animata dai mercatini di Na-tale e da tante manifestazioni che faranno loro da contorno. È infatti arrivato anche quest’anno il Nata-le...anno dopo anno stiamo ritornando len-tamente al suo vero significato, complice la crisi economica che impone un taglio al consumismo e la riscoperta della sua origi-naria semplicità. Se penso al Natale penso all’odore del mu-schio che impregna gli ambienti fino alla Befana soprattutto quando a giorni alterni lo si annaffia per mantenerlo sempre fre-sco...penso alle ciambelle dalle forme nata-lizie, alberello, angioletto, stellina custodi-te dentro variopinte scatole di latta...penso al presepe che viene allestito nella mia par-rocchia… In poche parole penso a un Natale intimo e tradizionale che potete vivere e immagina-re anche voi attraverso queste pagine. Buona lettura e Auguri di Buone Feste dalla nostra Vallata! Simona MeleSimona MeleSimona MeleSimona Mele

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8 Dicembre

Concerto Mariano a cura dell’associazione culturale Armonias con la partecipazione de Su Cunsertu Bonarcadesu. Abbasanta, Parrocchia Santa Caterina ore 17

14 Dicembre

Le Vie del Dolce - Protzetu Su Gattò in occasione della Festività di Santa Lucia. Sorradile, Piazza San Sebastiano ore 15

20 Dicembre

Inaugurazione Mostra Archeologica Su Monte. Sorradile, Ex Casa del Fascio ore 10

20 Dicembre

Inaugurazione L’arte della Pietra, Il Presepe in trachite rossa. Sorradile, Pinacoteca Segni ore 17,30

21 Dicembre

Arti e Sapori: mostra mercato dei prodotti artigianali ed enogastro-nomici. Ghilarza, Corso Umberto dalle ore 10

21 Dicembre

VI edizione dei presepi nei vicinati a cura dell’Associazione Tradi-tziones Populares de Abbasanta. Abbasanta, per le vie del paese dalle ore 15

27 Dicembre

Concerto di Natale 2014 a cura dell’Associazione Folkloristica Ab-basantese e la partecipazione di altri cori isolani. Abbasanta, Parrocchia Santa Caterina ore 18

Il calendario di Dicembre Gli appuntamenti nella Valle di Chenale

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P A G I N A 4

“Si aspettava il

Natale non per i

doni ma per

stare con i

propri cari e

passare una

giornata

spensierata

diversa dal

solito”

Gli agrumi erano un

tipico addobbo natali-

zio che regalava non

solo colore ma profu-

mava anche l’ambiente.

Il Natale. Nei secoli scorsi l’arrivo del Natale non era annunciato dagli spot della televisione, dai manifesti pubblicitari o dai volantini della gran-de distribuzione che offrono consigli d’acquisto. Ciò che annunciava con semplicità il Natale era una campana, quella che suonava dieci giorni pri-ma del 25 dicembre per richiamare i fedeli alla novena natalizia. E così che si iniziava a respirare l’aria della festa, solo dieci giorni prima e non con mesi di anticipo. Terminata la novena arrivava la vigilia del 24. Questa occasione, oggi co-sì come allora, veniva vissuta nell’intimità della propria casa con le perso-ne più care. Ci si riuniva non per banchettare ma per aspettare tutti assie-me, facendosi compagnia e tenendosi svegli, l’ora di recarsi a Sa Misa

e’puddu (la Messa del Gallo, così chiamata perché finiva tardi “quando il gallo cantava”). Altro non è che la nostra attuale Messa di Mezzanotte. Nelle case il fuoco rimaneva acceso anche grazie a un grande ceppo che per tradizione doveva durare fino al giorno dell’Epifania. Nell’attesa della tarda messa i più fortunati giocavano alla tombola o al gioco dell’oca mentre i meno abbienti si dilettavano con due giochi , Su barraliccu e Su

Ciucciu, per i quali si adoperavano materiali poveri come legno, frutta secca, stracci. Quando la campana annunciava l’imminente inizio della Messa sulle strade si riversavano fiumi di persone che con le lanterne illu-minavano il cammino verso la chiesa. Dopo la funzione si faceva rientro a casa e si consumava un piccolo spun-tino, sa succhena, a base di salumi, salsiccia arrosto, formaggio, pane di semola, frittura di pasta ripiena di maiale cucinato in dolce o di pasta di mandorle. Il mattino seguente i rintocchi delle campane ricordavano che stava per iniziare sa Missa de Albores, la prima messa del mattino.

Capodanno. Si aspettava accanto al caminetto dove ci si riuniva in at-tesa che scoccasse la mezzanotte e uscire fuori a festeggiare. Un passa-tempo molto in voga era quello di prevedere il futuro. Lo si faceva attra-verso due modi. Il primo consisteva nel utilizzare una bacinella piena d’acqua all’interno della quale si gettavano due chicchi d’orzo dando a ciascuno i nomi dei giovani che provavano simpatia reciproca. Il movi-mento dei due chicchi, avvicinamento o allontanamento, consentiva di fare previsioni sul futuro andamento della simpatia. Il secondo metodo lo adoperavano le ragazze che facevano sciogliere della cera su una paletta posta sul fuoco e a seconda della forma che questa assumeva cercavano di intravedere la forma di uno strumento che poteva ricondurre a un mestie-re. Questo avrebbe poi condotto a ipotizzare la professione del futuro spo-so. I ragazzini invece si riversano in strada nel primo pomeriggio, bussando nelle case in attesa di ricevere dolci, frutta secca o fresca. Al di là del bi-sogno reale, i ragazzini erano mossi più dal divertimento e dalla scusa per rimanere in piedi fino a tardi ed entrare nelle case di tanti compaesani.

Anche i biscotti erano

un perfetto adobbo ma

in molte case non so-

pravvivevano mai fino

alle fine delle feste. I

bambini li mangiavano!

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Il Natale di una volta Riscopriamo il suo vero significato

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P A G I N A 5

“Poco e nulla è

rimasto intatto

dell’antico Natale.

Qualche strascico

risulta esserci

ancora nel pranzo

tradizionale del

25”.

Il maialetto arrosto aro-

matizzato con rami di

mirto è uno dei classici

della cucina sarda per le

grandi ricorrenze.

I simboli natalizi il presepe costituito da statuine in legno di-pinte a mano. Nei no-stri presepi spesso fi-gura almeno una di queste statuine, so-pravvissute al tempo, pezzi pregiati più ap-prezzabili di quelli moderni. Laddove si faceva anche l’albero, questo altro non era che un ramo di qual-che arbusto sempre-verde, in genere allo-ro, che veniva addob-bato con mandarini, biscotti e qualche an-gioletto di pezza. I doni. La prassi dello scambio dei regali era del tutto assente. Gli unici che per Natale ricevevano qualche

piccolo oggetto erano i bambini. Non aspet-tavano giocattoli ma semplicemente qual-che dolciume, frutta fresca e frutta secca. Sembra incredibile soprattutto se pensia-mo che la tradizione dei dolci si è ormai dimenticata anche per la befana che ultima-mente è diventata un Babbo Natale in ver-sione femminile e più contenuta. Chi portava i doni era Gesù Bambino e non Babbo Natale, impor-tato dai paesi nordici con tutto il carico di consumismo che ca-ratterizza il nostro Na-tale.

Se provate a chiedere ai vostri nonni o anche ai genitori nati negli anni ‘50 del secolo scorso come era il loro albero di Natale o quando scartavano i doni probabilmente rimarrete sorpresi. Infatti, in un passato non molto lontano, il Natale non era ancora lo sbrilluccichio di luci e la corsa al rega-lo che è ai giorni no-stri. Vigeva ancora la sobrietà e la semplici-tà di una festa nata per celebrare un povero Bambino ma ricco dentro. L’albero di Natale. In molte case non esi-steva e si privilegiava

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Il pranzo tradizionale di Natale In Sardegna per il pranzo di Natale, solitamente a base di carne, si consuma un nu-mero consistente di antipasti: un ampio vassoio di affettati (salsiccia, prosciutto cru-do, capocollo, pancetta) accompagnato da olive in salamoia, la coratella di agnello (fegato, cuore e paracuore), sa corda (intestino di agnello avvolto su se stesso e cotto in tegame o arrosto talvolta accompagnato con i piselli), uova ripiene di una salsa di maionese con prezzemolo, acciughe, capperi, e sott’aceti. Tra i primi piatti i più po-polari rimangono sos malloreddos, piccoli gnocchi di semola, molto ruvidi al tatto e dalle varie forme, lunghi o larghi, e sos culurzones ripieni di formaggio fresco o ricotta e bietole, conditi al sugo con una bella spolverata di pecorino. Tra i secondi di carne spiccano l’agnello e il maialetto con i rami di mirto al forno. Tra i contorni prevalgo-no i ravanelli e i finocchi freschi oppure le patate arrosto. Seguono su casizolu o sa fresa de atonzu, spesso arrostita, e il dolce: sia nostrano con le sebadas oppure con un altro dessert delle grandi ricorrenze, la timballa (flan di latte). A seguire tanta frutta secca e mandarini.

I culurzones si presentano

in una doppia variante:

ripieni di formaggio fresco

o di ricotta. Il condimento

abituale è il sugo.

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P A G I N A 6 S P E C I A L E N A T A L E

Aiuto per l’economia locale. Un italiano su due sceglie le sagre come diversivo low cost al di-vertimento nel week end: ricca l’offerta in questo periodo dell’anno grazie all’influenza che i mercati-ni del Nord Italia stanno avendo in molte zone della Sardegna. Da un’indagine Coldiretti scaturisce che quasi la metà degli italiani (il 49%) partecipa con piacere a sagre e feste di paese. La non facile congiuntura economica favorisce lo svago a basso costo, offrendo un’interessante occasione di contatto dei turisti con i prodotti di stagione e tipici locali. Il ritorno eco-nomico delle sagre è infatti all’insegna del risparmio, con un visitatore su cinque - dice ancora lo stu-dio Coldiretti - che non spende nemmeno un euro mentre per gli altri la spesa rimane sempre sotto i 30 euro. “Per le piccole imprese dei vari territori non sarà l’opportunità economica della vita - com-menta Battista Cualbu, presidente Coldiretti Sardegna - ma le sagre offrono la possibilità ad un territo-rio ricco di cultura, tradizioni, artigianato e folklore di stabilire un rapporto diretto con i visitatori. Quest’ultimi sono potenziali clienti che pur con una limitata capacità di spesa, sono sempre più attenti consumatori di valori autentici: dagli oggetti della tradizione al cibo locale”.

Cosa sono. Il Mercatino di Natale è una manifestazione commerciale pubblica che si svolge general-mente all'aperto e nel quale viene esposto tutto ciò che concerne la produzione locale. Generalmente sono composti da piccoli stand, nei quali vengono messe in vendita le decorazioni natalizie, i prodotti regionali gastronomici o dell'artigianato, souvenir, piccoli oggetti regalo. Si effettua diffusamente un servizio di ristorazione veloce che propone spesso vino, panini, salsicce, pancette caldi. La decorazione del luogo cerca di risultare suggestiva: si compone di una notevole illuminazione, fatta di luminarie, e spesso di fuochi di ceppi. Spesso la manifestazione è allietata da cori e musiche natalizie. L'intratteni-mento comprende anche degli spettacoli tradizionali quali, ad esempio, l'interpretazione di personaggi del presepe o della nascita di Gesù.

L’origine La nascita dei mercatini di Natale ha avuto origine attorno al 1400 nei terri-tori compresi tra la Germania e l'Alsazia, dove ha avuto luogo quello che è definito il primo mercatino della storia a Dresda, il lunedì precedente il Na-tale dell'anno 1434. In questi mercatini si davano appuntamento i migliori artigiani della zona per esporre le loro "opere" che richiamavano la natività e l'avvento. I piccoli oggetti creati appositamente per il mercatino erano deci-samente costosi e fuori portata per le famiglie medie dell'epoca; quindi al-meno inizialmente, soltanto la borghesia era attratta da questi mercatini. Con il passare degli anni però l'interesse attorno a queste mostre artigiane cresceva esponenzialmente, fino ad espandersi su quasi tutto il Paese. Per quanto riguarda gli altri Paesi europei, la grande diffusione dei mercatini di Natale è avvenuta solamente verso la fine del secolo scorso; ad esempio quello che oggi è considerato il più importante mercatino di Natale italiano, quello di Bolzano, è nato nel 1990. La tradizione dei mercatini di Natale vuole che siano esposti prodotti di artigianato rigorosamente "fatti a mano" e proprio per questo motivo che ancora oggi questi oggetti sono una delle attrazioni principali della manifestazione.

I Mercatini di Natale Una nuova usanza nella Vallata

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P A G I N A 7

“L’occasione

giusta per

acquistare dei

pensieri per

Natale creati

artigianalmente

da mani

sapienti.”

Le donne del Gruppo

Folk Onnigazza a lavo-

ro per la preparazione

della pasta fresca.

Titolo brano interno

A Ghilarza. Torna per il quinto anno consecutivo la mostra mercato produ-zioni agroalimentari, artigiani e artistiche dal nome “Arti e Sapori”. Un titolo che in poche parole racchiude il meglio che il capoluogo del Guicier conserva inalterato da secoli. Appuntamento per domenica 21 dicembre dalle ore 10 fino a tarda sera quando la magia del Natale sarà ancora più viva grazie alle luminarie e agli addobbi presenti lungo il Corso Umberto. La manifestazione si snoderà infatti nella via principale e commerciale di Ghilarza dove numerose saranno le attrattive: stands di espositori di artigianato (ceramiche, maglieria, accessori per equitazione, cestini, sculture in basalto e in legno, oggetti in su-ghero, arredamento tradizionale) e agroalimentare fra i quali spiccano il pane tradizionale, i dolci da forno, i sott’aceti, il miele dell’Azienda di Apicoltura di Liune, i salumi, i formaggi; punti ristoro che preparano gustosi panini con carne arrosto rigorosamente locale; dimostrazioni di preparazione e cottura del pane e della pasta fresca; negozi aperti per tutta la durata della manifesta-zione con tante occasioni di shopping; folklore con musiche e balli in piazza.

Spazio anche per la visita nei monumenti aperti del paese: la parrocchia Maria Vergine Immacolata, la chiesa di San Palmerio, la Torre Aragonese, la Casa Museo Antonio Gramsci, l’Archivio Storico Sas Nannigheddas. Diversi anche i menu turistici proposti da cinque ristoranti e trattorie che pro-pongono pietanze a base di prodotti e di ricette locali.

Organizzate il vostro fine settimana

Un imperdibile fine settimana da trascorrere nel nostro territorio vi aspetta. Di-sponiamo di numerose strutture ricettive per tutte le tasche e tutti i gusti: dai comodi ed economici B&B dislocati nel centro dei paesi alle residenze di campa-gna immerse nel silenzio della natura. Per i vostri pasti potrete invece optare per i pratici punti ristoro lungo il Corso Umberto oppure affidarvi alla professionali-tà dei nostri ristoranti e trattorie.

Niente di meglio che affidarvi a una persona del luogo per assaporare e vivere il massimo della manifestazione. Affidatevi dunque alla Guida della Valle di Che-

nale che provvederà a organizzare la vostra permanenza secondo le vo-stre esigenze. Per info:

La Valle di Chenale di Mele Simona

Tel: 389 0143821

Email: [email protected]

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

I mercatini a Chenale Un fine settimana all’insegna del Natale

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P A G I N A 8 S P E C I A L E N A T A L E

A Norbello. Qui è da diversi anni che la manifestazione Natale in Corso è organizzata dalla Consul-ta Giovani Norbello in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Norbello.

Una giornata carica di aria di Natale è in programma per sabato 20 dicembre dalle ore 10 lungo la via principale, Via Vittorio Emanuele. Alle 11 apriranno i diversi espositori nei quali sarà possibile acqui-stare dei piccoli doni natalizi come oggetti d’artigianato o prodotti enogastronomici gustosi e a prezzi competitivi. La passeggiata sarà allietata dal dolce suono delle launeddas e delle melodie natalizie.

Intorno al mercatino si svolgeranno una serie di manifestazioni collaterali. Una mostra di arte e fotogra-fia a tema libero che ciascun cittadino appassionato potrà allestire per tutti i visitatori. Il concorso “Luci di Natale” che premierà il miglior presepe e/o albero sulla base dell’originalità, della sostenibilità e dell’estetica.

La manifestazione è l’ideale per vivere l’aria natalizia a basso costo e nel rispetto di piccole realtà loca-li come Norbello. Lontani dai chiassosi, costosi e affollati centri della grande distribuzione.

Da non perdere Punto ristoro da Luca. Situato in Piazza di Chiesa, è sicuramente il punto più completo e caratteristi-co di tutta la manifestazione. Lo spazio è ricavato in un cortile interno nel quale è presente uno spazio espositivo con strumenti e attrezzi antichi, una macina del grano funzionante grazie a un delizioso asi-nello, attrattiva per i più piccoli, uno stand di vendita di pane, dolci, salumi, formaggi e della tradiziona-le bertula. Il tutto prodotto e confezionato dalla famiglia Schirra, così come i panini con la carne arrosti-ta accompagnato da un bicchiere di vino locale. Una garanzia data l’attività di famiglia da due genera-zioni, quella della macelleria.

Punto ristoro e vendita prodotti locali da Luca

Corso Umberto I 44 (Ingresso lato destro Bar Hollywood), Ghilarza

Aperto a pranzo e a cena

Laboratorio del pane e della pasta fresca. È tenuto dal gruppo folk Onnigaza da sempre attento a salvaguardare la tradizione folkloristica ghilarzese ma anche quella gastronomica. Esperte mani dimo-streranno come si produce il pane e la pasta. La chicca: le maestre vestiranno i tradizionali costumi sar-di di Ghilarza.

Laboratorio del pane e della pasta fresca a cura del gruppo folk Onnigaza

Corso Umberto I presso il panificio Le Bricciole, Ghilarza

Dalle ore 11

Punto vendita e degustazione miele dell’Apicoltura Nomade Liune di Nino Schirra. Liune è ormai un marchio di garanzia del miele del nostro territorio. L’azienda produce diverse tipologie di miele, dai classici all’eucalipto, al cardo, al corbezzolo, all’asfodelo, ai più golosi con crema di nocciole, di pistacchi, di mandorle. Spazio anche per le produzioni più antiche come l’abbamele e l’idromele.

Stand espositivo Apicoltura Nomade Liune di Nino Schirra

Corso Umberto I lato Parrocchia Maria Vergine Immacolata, Ghilarza

Aperto tutto il giorno

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Austerità e tagli al budget natalizio possono rivelarsi inaspettati alleati nella ricerca di regali originali e utili. Stimoli giusti per spingersi alla scoperta dei mercati di Campagna Amica presenti ormai in buona parte dell’Italia dove è possibile confezionare cesti, cestini e cestoni, piccoli doni enogastrono-mici per tutti i gusti e per tutte le tasche. Contadino a base di ortaggi e frutta rigorosamente di stagio-ne oppure tipico confezionato con olio, vino, confetture, miele, pasta. Non c’è limite ne alla spesa, ne alla fantasia. Mercato Campagna Amica ad Abbasanta. Un Mercato che intende divenire, per tutto il ter-ritorio dell’alto oristanese, un punto di riferimento e comparazione sulla qualità del cibo e sui costi, garantendo una genuinità delle produzioni unica e rintracciabile. Dai prodotti dell’ortofrutta ai for-maggi, ai salumi, ai fiori, al miele, all’olio, si potrà acquistare a costi competitivi una qualità eccellen-te. Un mercato che si arricchisce continuamente di nuovi prodotti. I gazebo di Coldiretti aprono tutti i venerdì dalle ore 8,00 fino alle ore 13,00 in Piazza della Vittoria (Fronte Municipio). La migliore ga-ranzia sull’originalità dei prodotti alimentari in vendita nei mercati e nelle aziende di Campagna Ami-ca è quella della presenza personale del produttore agricolo che può offrire informazioni dirette sul luogo di produzione e sui metodi utilizzati. Cosa è il km0. Gli alimenti “a Km zero” chiamati anche con il termine più tecnico a filiera corta, sono prodotti locali venduti nelle vicinanze dei luoghi di produzione. Fare la spesa a chilometri zero è una scelta di consumo che valorizza la produzione locale e recupera il legame con le origini, esaltan-do gusti e sapori tipici, tradizioni gastronomiche e produzioni locali. Acquistare prodotti a km zero significa anche valorizzare il consumo dei prodotti stagionali, recuperando così il legame con il ciclo della natura e con la produzione agricola. Da non dimenticare infine che questi prodotti offrono mag-giori garanzie di freschezza. I vantaggi derivanti dalla filiera corta sono notevoli e si evidenziano non solo nella riduzione di fatto-ri legati a inquinamento e riscaldamento globale, come l’emissione di anidride carbonica dovuta ai trasporti e l’impiego di imballaggi per la distribuzione, ma anche nella possibilità di acquistare pro-dotti nostrani, più freschi e di stagione, che non hanno perso le proprietà organolettiche a causa di lunghi viaggi. Scegliere di acquistare generi alimentari a km0 è una scelta più sostenibile per l’ambiente, più econo-mica ed in grado di valorizzare le realtà locali. Anche rivolgersi direttamente ai contadini che pratica-no agricoltura biologica e che si trovano nei dintorni del proprio paese si può rivelare una buona solu-zione. A volte il contadino stesso si occupa di consegnare in un punto prestabilito o direttamente a domicilio, altre volte si deve andare a fare la scorta presso di lui.

Per Natale scegliamo il km0 Un nuovo modo di acquistare a basso costo ma con alta qualità

Dove acquistare a km0 A Chenale, oltre al Mercato di Campagna Amica ad Abbasanta ci sono ulteriori posti dove poter acquistare questa tipologia di prodotti. Per i prodotti caseari sono in funzione da qualche anno i distri-butori automatici di latte e latticini dell’imprenditore agricolo Fabio Oppo. Si trovano in via Matteotti fronte Scuole Ele-mentari e in via Omodeo n°13, entrambe a Ghilarza Per maggiori informazioni: www.latteriaselfservice.com Per i prodotti agricoli è invece da qualche mese a disposizione l’azienda agricola di Antonello Casula dove acquistare a prezzi competitivi ortaggi e frutti prodotti nella nostra campagna. La rivendita si trova nei pressi di Domusnovas Canales.

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P A G I N A 1 0

“Tanti pani

per tante

occasioni”

Simbula

Pintada

Da tempi assai antichi il pane è stato il cibo basilare della alimentazione dei sardi, così come di molti altri popoli mediterranei; ciò che però ci differenzia rispetto a questi è il ciclo della panificazione domestica che si presenta ancora con certa persistenza che non ha molti riscontri altrove. Tanti pani per tante occasioni. La varietà si riscontra già nel momento di scegliere il cereale e la farina con cui comporre l'impasto: prevalentemente farine di grano duro. Ma anche farina d'orzo, e anche, in un'area ristretta, macinato di ghiande; farine con alta percentuale di crusca e ingredienti aggiuntivi quali patate, ricotta, grassi, olive. Quasi esclusivamente femminile era il ciclo vero e proprio della panificazione, sia nelle fasi preliminari (lavaggio e vagliatura del cereale, molitura, setaccia-tura), sia nel processo vero e proprio di produzione (preparazione del lievito, lavorazione dell'impasto, modellazione dei pani, cottura). Operazioni tutte tra loro coordinate e che, seppure in modo diverso, ritmavano la vita domestica e occupavano spazi propri nella casa o nel cortile.

Su Zichi

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Il pane delle feste La panificazione nella tradizione sarda

I pani della Vallata A seconda della ricorrenza per la quale si prepara, il pane varia di nome e di decora-zione. Per le grandi occasioni come matrimoni, battesimi, comunioni si cuoceva e si decora-va sa simbula pintada, il cui nome deriva dalla semola utilizzata per la sua prepara-zione e dall’artistica decorazione ottenuta con uno strumento specifico, su pinta pane. Il periodo pasquale era quello più ricco di varietà. Si partiva la Domenica delle Palme con sa cocoi de prama arricchito da gustose mandorle infisse sulla superficie che poi in cottura divenivano dorate e croccanti. Il sabato santo si preparavano non solo sas pardulas ma anche il pane pasquale sa cocoi de angulla caratteristico per la presenza di un uovo intero sistemato dentro un intreccio di fiori incisi. Per i bambini si impa-stavano con lo strutto, detta sa pasta violada, i cocoetti, su cocoi in versione mignon e me-no decorati ma gustosissimi. Il pane quotidiano era rappresentato da su tzichi e da su bufulitu. Non mancava la produzione della fresa, sia lenta, molle tipo spianata sia arrida, dura. C’erano poi i pani mischiati ad altri ingredienti come la ricotta, pane cun arrecotu o con i ciccioli, pane cun berdas.

I forni sardi

l forno sardo si presentava con tipologie diverse che variavano da zona a zona a seconda del clima e dei materiali disponibili nel territorio. Inoltre le variazioni dipendevano anche dalle abitazio-ni differenti a seconda delle condizioni sociali. In questo modo nelle case contadine il forno trovava collocazione all’interno della cucina, spesso in un angolo e senza canna fumaria. Nelle case più abbienti il forno si trovava in spazi separati e appositi come sa omo e’su forru o s’istaullu.

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Ambiente tipico di molte abitazioni dei secoli scorsi è sa omo e’ su forru, chia-mata così perché ospitava al suo interno il forno a legna adibito alla cottura di molti cibi. All'interno del gruppo delle donne addette alla preparazione vi erano differenze sensibili. Le più note sono di carattere socio-economico, in quanto nelle case benestanti la padrona di casa solitamente era coadiuvata dalle dome-stiche o da panificatrici a pagamento; in ogni caso era molto frequente lo scambio di aiuto tra vicini, comari, parenti. Al di là delle condizioni sociali ed economiche e della ampiezza del nucleo familiare, tutte le donne della famiglia davano il loro contributo, anche le bambine che venivano in tal modo avviate alle faccen-de domestiche ed anche le vecchie che continuavano a rendersi utili ed a tra-smettere una collaudata esperienza.

Dove acquistare il pane tradizionale A Chenale sono due gli antichi forni che ancora oggi producono il pane “fatto in casa”. Il primo si trova a Domusnovas Canales, frazione di Norbello, ed è Su Framentazu di Claudio Licheri che produce pane tipico locale con lievito madre cotto nel forno a legna.

Panificio Su Framentazu

Via Municipio 8/10 Domusnovas Canales (Or)

Telefono 0785 51248

Il secondo forno tradizionale è quello storico della famiglia Pische a Ghilarza. Una garanzia nel nostro territorio da anni.

Panificio Pische Angela e Lina

Corso Umberto I 37 Ghilarza (Or)

Telefono 0785 52067

Nella Vallata è inoltre presente un panificio artigianale specializzato nella produzione de sa fresa prodot-ta sia molle, ottima per tante ricette, sia dura in sfoglie, ideale per accompagnare zuppe e minestre ma anche con prodotti spalmabili.

Panificio Meloni Salvatore

Via Meilogu Ghilarza (Or)

Telefono 0785 53605

Dentro il termine:

Su Framentu, il Lievito Madre La preparazione tradizionale del lievito madre prevede l’utilizzo della farina, dell’olio extravergine d’oliva e un cucchiaino di miele come unici ingredienti. Si impastano 100 g di farina con un goccio d’olio, un cucchiaino di miele e un po’ d’acqua, fino ad ottenere un impasto mor-bido e omogeneo. Si modella a palla, si infarina e si siste-ma in una terrina, coprendolo con un panno pesante leggermente inumidito. Si fa riposare l’impasto in un luogo caldo per tre giorni circa, avendo cura di tenere il panno sempre umido perché la superficie non si induri-sca. Una volta pronto, si riprende il composto e si ag-giunge un po’ d’acqua e altri 100g di farina, si impasta bene e si rimette a riposo per altri due giorni, secondo la procedura descritta prima. Dopo questo secondo perio-do di lievitazione su framentu sarà pronto per l’uso. Quando lo si utilizzerà per fare il pane si metterà da par-te un pezzo del nuovo impasto, e conservandolo in un barattolo di vetro ben chiuso, al buio, potrà essere utiliz-zato come lievito per l’impasto successivo.

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I pani per i Santi Patroni In occasione delle ricorrenze dei Santi Patroni era usanza preparare dei pani appositi che li omaggiassero. Il pane era infatti ritenuto un bene sacro e prezioso grazie al collegamento con l’Eucarestia di Gesù Cristo. Per questo le donne si prodigavano per la sua preparazione e soprattutto per sua decorazione. A Ghilarza per il Santo Patrono Macario, fe-steggiato il 19 gennaio, si confezionava il 2 gennaio su bacalu de Santu Macariu, così chiama-to per la sua forma che rappresenta la parte superiore del bastone del santo. Ad Abbasanta per Santa Caterina d’Alessandria il 25 di novembre si decorava sa corona de Santa Caderina. A Norbello per la festa patronale veniva prepa-rata sa corona de Santa Julita che con la sua for-ma ricorda l’aureola della santa martire.

La ricetta: Pane cun berdas Ingredienti:

• 400 g di semola di grano duro

• 100 g di farina 00

• 150 g di ciccioli di maiale

• 20 g di lievito di birra

• olio extravergine di oliva

• sale Procedimento: Stemperate il lievito in pochi cucchiai di acqua tiepida e impastatelo con i due tipi di farina; aggiungete quattro cucchiai di olio e il tanto di acqua tiepida leggermente salata che basta ad ottenere un impasto morbido ed elastico. Aggiungete i ciccioli tagliati a piccoli pezzi, e lavorate l’impasto per qualche altro minuto. Al termine modellatelo a palla, copritelo con un panno e lasciatelo lievitare per circa un’ora. Riprendete l’impasto e con esso formate delle focaccine, insemolatele e fatele lievitare per un’altra ora. Cuocetele in forno caldo finché non saranno dorate.

La vita di ogni comunità e di ogni individuo era dunque accompagnata e spesso contrassegnata dal pane. Questa intensità e il suo continuo intrecciarsi con ogni attività ed ogni occasione spiegano anche perché l'uso di panifi-care in casa e secondo le norme tradizionali sia rimasto vivo fino ai nostri giorni. Oggi il numero delle famiglie che fanno il pane in casa è molto ridotto. Accanto a paesi e gruppi familiari che, con varie motivazioni, hanno sempre mantenuto i siste-mi tradizionali, vi sono aree e famiglie che privilegiava-no la produzione commerciale e di tipo urbano e che re-centemente, attenuatasi la spinta verso la novità e se-guendo nuove mode culturali e alimentari, prestano una rinnovata attenzione alla panificazione domestica o, al-meno, al pane di tipo tradizionale. In tal modo, frequen-temente, oggi si consumano pani di duplice provenienza: quelli acquistati nelle panetterie o nei supermercati e quelli fatti in casa.

I vantaggi del pane fatto in casa

Il pane fatto in casa secondo le ricette tradizionali apporta elementi nutritivi e benefici al nostro organismo. Sarebbe proprio grazie al lievito madre casalingo che il pane prodotto con le nostre mani diven-ta preferibile a quello in commercio. Questo perché si conserva per più giorni, circa 3 o 4, quindi anche in termini economici ha la sua convenienza, e inoltre è più digeribile. Infatti rispetto alla temperatura in cottura del pane comune, quella interna del pane fatto in casa non supera i 100 gradi e dunque le spore batteriche e fungine rimangono vive. Mangiandolo regolarmente si rafforzano la flora batterica inte-stinale e aumentano le nostre difese immunitarie.

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P A G I N A 1 3

“Non tutti

conoscono il

significato

profondo che i

solstizi

ricoprivano

presso i nostri

antenati”.

Solstizio d’inverno al

nuraghe Zuras

(Abbasanta)

Cosa ci dice la scienza. Durante il solstizio invernale la Terra occupa una posizione particolare lungo la sua orbita attorno al Sole. Da tale punto il Sole illumina e riscalda in maggior misura l’emisfero Sud rispetto a quanto non accada per l’emisfero Nord. Da noi infatti i raggi solari arrivano molto inclinati, sull’orizzonte, mentre sotto l’Equatore risultano quasi perpendico-lari. Il punto di massima esposizione viene raggiunto intorno al 21 Dicem-bre e tale evento prende il nome di solstizio invernale nell’emisfero Nord e di solstizio estivo in quello Sud (poiché al di sotto dell’Equatore le stagioni risultano invertite). La bassa inclinazione del Sole fa sì che il suo percorso diurno nel cielo sia molto breve; questo significa che le giornate sono le più corte possibile e le notti le più lunghe di tutto l’anno. Nonostante i solstizi ricorrano ogni anno con cadenza regolare (il 21 o il 22 di giugno e di dicembre), si tratta in realtà un artificio introdotto dai nostri calendari. La data esatta tende infatti a ritardare di circa sei ore ogni anno, ed è per questo motivo che sono stati creati gli anni bisestili, che servono proprio per recuperare il ritardo accumulato (24 ore ogni 4 anni), ed evitare che si crei una sfasatura tra il nostro calendario e le variazioni climatiche stagionali. C’è da sottolineare che aggiungere un giorno intero ogni quattro anni non riporta esattamente le cose a loro posto; si aggiunge qualcosa di troppo che però questa volta viene recuperato ogni quattrocento anni. Resta pertanto una sorta di deriva temporale che fa sì che, in un lungo periodo, la oscilla-zione delle date non si fermi al 21 e al 22 ma, ogni tanto sfori sia verso il 20 che il 23. Così ad esempio l’ultima volta che il solstizio si è verificato il 23 Dicembre risale al 1903 iniziando una lunga serie ininterrotta di 36 anni in cui poi è caduto sempre di 22. La prossima volta che cadrà il 20 sarà l’anno 2080 alternandosi con il 21 fino al 2101 per por scomparire dal calendario per quasi quattrocento anni. Il solstizio per gli antichi. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solsti-zio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ri-torna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”. Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi distanti tra loro. Pochi sanno infatti che, intorno alla data del 25 Dicembre, quasi tutti i popoli hanno sem-pre celebrato la nascita dei loro esseri divini. Le origini di tale coincidenza vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazio-ne: il sole. I popoli antichi si sentivano infatti intimamente legati al ciclo della natura poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. L’uomo antico si sentiva parte di quella natura, ma in posizione di debolez-za, il mondo appariva lui come un luogo dominato da forze potenti e

Stonehenge, luogo

simbolo del solstizio

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Il solstizio d’inverno Tra scienza e mitologia

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P A G I N A 1 4 S P E C I A L E N A T A L E

indecifrabili. Per questo, attraverso il rito, cercava di guadagnarsi la benevolenza di questa o quella for-za. A questo importante momento di passaggio, quando il Sole, dopo essere arrivato al punto più basso del suo percorso stagionale, torna ad allungare le giornate, gli antichi Romani associarono la festa Dies

Natalis Solis Invicti, il giorno del Natale del Sole Invitto, del Sole cioè che tornava a illuminare le gior-nate e scaldare il suolo. Tale festività segnava la fine del ciclo negativo del Sole e l’inizio di un nuovo periodo stagionale. Il nostro odierno Capodanno, che cade molto prossimo al Solstizio, origina appunto da questa festa. Ma non solo. Anche il Santo Natale deve la collocazione della sua data proprio a questa ricorrenza. Nel IV secolo Papa Liborio volle sovrapporre alla festa pagana del Sole Invitto la festa cri-stiana del Natale di Gesù Cristo. Solo successivamente le tre ricorrenze (Natale, Capodanno e Solsti-zio), nelle vicissitudini delle riforme calendariali e forse anche per esigenze liturgiche, si sono separate. La loro vicinanza però testimonia ancora oggi la loro comune origine.

I Nuragici e i solstizi L' Archeoastronomia è un filone di ricerca che ambisce di trovare le motivazioni astronomiche legate alla realizzazio-ne di monumenti archeologici. Alcuni studiosi affermano infatti che l'intelligenza dei popoli nuragici e il loro spirito di osservazione abbia determinato la costruzione dei nuraghi proprio per individuare i solstizi. Secondo le loro osser-vazioni, nuraghi, tombe dei giganti e domus de janas avrebbero in comune l'orientamento verso l'alba del solstizio d'inverno. Se così fosse, la civiltà nuragica apparirebbe ai nostri occhi ancora più ingegnosa di quanto già abbiamo certezza che fosse: in tal senso univano a ottime tecniche di costruzione delle conoscenze astronomiche possedute senza l’ausilio dei nostri metodi di studio. La tesi astronomica dei nuraghi, pacifica e in qualche modo romantica, con-trasta totalmente con quella militare sostenuta per anni da numerosi esperti. Un dibattito ancora acceso che infiamma in occasione di molti eventi che cercano invano di dare una risposta al mistero dei nuraghi. Una cosa è però certa. Tutti gli anni nel nostro territorio è possibile rivivere quello che i nuragici vivevano ai loro tempi. Infatti nei nuraghi Aiga, Zuras e Losa ad Abbasanta in occasione dei solstizi si verificano i giochi di luce che tanto affascinavano e attra-evano i nostri antenati. Fenomeni che a distanza di millenni ancora si ripetono davanti ai nostri occhi, con la luce del sole che filtrando negli appositi spazi dei monumenti creano strane figure. Spetta a ciascuno di noi fornirne un’interpretazione, lasciandoci andare all’immaginazione e immedesimandoci in quello che i nuragici provavano du-rante quei divini momenti.

Per approfondire l’argomento è consigliata la lettura del libro La luce del Toro a cura del Gruppo Ricerche Sarde-gna, PTM Editrice.

Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia? L’esperienza popolare filtrata, codificata e tramandata dai proverbi ci ricorda che Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia. La festa della Santa cade però il 13 e non il 21 Dicembre. E allora? Grossolano errore dei nostri avi? Niente affatto. Fino al 1582 era in uso il Calendario Giu-liano che per errori di arrotondamento aveva perso di cir-ca 10 giorni il sincronismo con gli eventi astronomici e stagionali. In tale periodo il solstizio di inverno cadeva proprio intorno al 13. La riforma del Calendario attuata in quell’anno da Papa Gregorio XIII comportò la soppressio-ne dei giorni eccedenti riportando il solstizio alla sua data tradizionale, cioè il 21. Ciò nonostante il proverbio, evi-dentemente ben radicato e probabilmente anche gradevole nella sua enunciazione, è rimasto nell’uso corrente ed è tutt’oggi usato, sebbene impropriamente.

Per saperne di più Simbologia e significato del solstizio d’inverno di Marco Grosso. Un breve saggio che illustra tutti gli aspetti collegati al solstizio d’inverno, specialmente nella tradizione esoteri-ca, mitologica, magica e allegorica. Per immergervi nelle magiche atmosfere di un solstizio d’inverno bianco e natalizio, Solstizio d’Inverno di Rosamunde Pilcher.. Un must delle letture durante il periodo di Natale.

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La chiesa dell’Immacolata è la parrocchiale di Ghilarza e come tale è quella più grande e più centrale di tutto il pae-se. La sua storia è caratteriz-zata da numerosi restauri che nel tempo hanno sconvolto la sua struttura interna e in par-te quella esterna, fino ad arri-vare nel 1877 a quella odier-na.

L’unico elemento che risulta essere al suo posto fin dal 1533 è il maestoso campani-le alto trenta metri dalla ca-ratteristica forma finale a pera.

Persino nella sua intitolazio-ne la chiesa ha subito conti-nue denominazioni, passando prima per Madonna delle Nevi e poi per San Macario

da Alessandria. L’attuale titolo si ha dal 1877 quando si decise che l’edificio sa-rebbe stato dedicato all’Immacolata ma il Santo Patrono del paese sarebbe rimasto Macario, al quale è dedicato uno dei 9 altari presenti al suo interno.

La chiesa presenta infatti numerosi altari, tutti in mar-mo, riccamente decorati fra i quali spicca per la partico-lare architettura quello de-dicato alla Madonna di Lourdes. Riproduce infatti la grotta dell’apparizione con la pietra a vista.

Merita una visita anche il retroscena della chiesa, os-sia una parte dedicata al deposito di numerose statue

e paramenti sacri molti dei quali di fattura antica. Questa parte dell’edificio emana qualcosa di solenne, di sacro e di un passato lontano dagli occhi indiscreti di molti.

Racconta tanto della devo-zione religiosa dei ghilarzesi che da sempre si presentano come un popolo legato alle tradizioni religiosi ancora n u m e r o s e n e l c o r s o dell’anno.

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Il monumento La Chiesa della Beata Vergine Immacolata a Ghilarza

La festa Santa Lucia, la semplicità di una festa ancora sentita

A Ghilarza è presente una piccola chiesa dedicata al culto della Santa Lucia. In passato la festa del 13 dicembre era accompagnata da un’usanza ormai sparita. Si racconta infatti che la sera del 12 i ragazzi uscivano in giro per le paese e bussando di casa in casa chiedevano Su trigu de Santa Lu-

ghia, il grano per Santa Lucia. Raccoglievano il grano ma anche fave, orzo e altri legumi in grandi fazzoletti annodati per le cocche. Il 13 dicembre invece il sacerdote benediceva le panischeddas, il pane di sapa, che venivano taglia-te e distribuite tra i fedeli. Oggi il culto della Santa è rimasto nella sua semplicità più vera e vive ancora grazie alla generosità di tutti i ghilarzesi che versano annualmente una quota simbolica per continuare a garantire i fe-steggiamenti religiosi. Si assicura così l’apertura della chiesetta, l’addobbo dell’altare, la novena, la messa e le processioni. Il tutto grazie a un comitato di giovanissimi che si preoccupa di rendere o-maggio alla Santa Lucia due volte all’anno, a settembre e a dicembre. I balli tradizionali, senza grosse pretese, completano i festeggiamenti.

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P A G I N A 1 6

“Dopo un anno

dalla sua

inaugurazione il

Museo ha

finalmente una

gestione ufficiale

che ne garantirà

la promozione e

l’accesso ai

visitatori”.

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

Viaggio nel META Il Museo Etnografico Abbasantese

Cambio di nome e di gestione per il centralissimo Museo Etnografico di Abba-santa. Ora si chiama META (Museo Etnografico Abbasantese) e ora ha una gestione ufficiale. Infatti dopo la creazione e l’allestimento avvenuto ad opera dell’Associazione Archeologica Etnografica Abbasantese, del Comune e di numerosi abitanti del paese, il museo è passato a novembre sotto la gestione della Cooperativa Paleotur. Un nome, una garanzia . La Cooperativa gestisce già da anni il complesso nuragico di Losa con sapienza, cura e spirito di inizia-tiva. Farà di questo museo un altro gioiello di Abbasanta, un ulteriore tassello nella sua vasta offerta turistica. In questi ultimi tempi i musei etnografici conoscono una nuova fortuna: vacil-lando le basi del nostro benessere economico, costruite sulla tecnologia e sui facili guadagni, l’uomo si volta verso le sue radici e compie qualche amara riflessione che lo porta a considerare con più attenzione l’opera delle genera-zioni che lo hanno preceduto. Con più attenzione e più rispetto. Il contadino di un tempo era anche artigiano, un artigiano che non mancava di quel tanto di

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P A G I N A 1 7

I Musei Etnografici L’Istat definisce i Musei Etnografici e Antropologici come raccolte di materiali relativi alle culture e alle caratteristiche delle diverse popolazioni, comprese le documentazioni di testimonianze orali e di eventi o rituali. Sono compresi i musei agricoli e di artigianato per i quali l’interesse etnologico prevale su quello tecnologico e/o artistico, e i musei territoriali con raccolte di materiali e testimo-nianze relativi ad un particolare territorio. Musei oggi quanto mai preziosi perché documentano gli aspetti della vita tradizionale nelle varie zone del nostro Paese, con oggetti e ricostruzioni. Oggi, questa vita tradizionale nell'era globaliz-zata e di internet è superata, ma è giusto ricordarla per capire anche le nostre radici. Aprendo lo sguardo sull'Italia intera occorre subito premettere che non esiste un repertorio com-pleto dei musei etnografici regione per regione. Sappiamo però che sono molto più diffusi di quanto si possa pensare e infatti qualcuno inizia già ad avanzare l’ipotesi di regolamentare la loro nascita per evitare doppioni e la conseguente scarsa presenza di visitatori. Sarebbe auspicabile che ci fosse per ogni territorio accomunato dalla medesima realtà culturale un unico museo etnografi-co che raccolga e sintetizzi la tradizione che lì vigeva in passato. Piuttosto che avere tanti musei uguali collocati nel raggio di pochi chilometri che registrano poche presenze e vanno talvolta a screditare questa importante categoria museale.

di ambizione necessaria a rendere il suo manufatto, oltre che funzionale, esteticamente piacevole. Attraverso gli oggetti esposti si possono così leggere i sistemi di vita che hanno caratterizzato la civiltà contadina per centinaia e centinaia di anni prima dell’avvento dell’automazione. Gli oggetti ci parlano così di un mondo che si può dire abbia cessato di esistere dopo l’ultima guerra mondiale: è intervenuta la chimica a raf-forzare i cicli di produzione, sono scomparsi, o quasi, gli animali da lavoro sostituiti da mezzi meccanici, si è affievolita la consapevolezza di un rapporto con la terra, duro ma dignitoso e proficuo. Il museo. Già la location è un biglietto da visita: il museo è infatti ospitato in una del-le Case Aragonesi che si affacciano davanti alla monumentale chiesa di Santa Caterina. Risalgono alla fine del 1500 e agli inizi del 1600 e sono caratterizzante dal particolare e non tipico del posto loggiato e da ricche decorazioni negli stipiti e nelle colonne. Al suo interno il META ospita una raccolta di strumenti e oggetti utilizzati nelle attività quotidiane appartenuti alle generazioni comprese tra il Settecento e il Novecento. Man-cano per ragioni di spazio alcuni elementi fondamentali della vita contadina come il carro dei buoi, la macchina per creare le balle di fieno, il torchio in legno per la pressa-

tura dell’uva etc. Compensano a questa mancanza gli ampi spazi organizzati per aree tematiche e ricche di oggetti. Il per-corso parte dalla Camera 1 adibita sia a Sala Multimediale che a esposizione di utensili di varia lavorazione. Si procede nella Camera 2, la Sala Tessitura, caratterizzata dalla presen-za di un grande telaio tradizionale e di utensili per la lavora-zione di diversi materiali. La Camera 3 ospita invece la stan-za da letto. Al suo interno presenta tra tanti arredi un grande letto in ferro battuto, un comò in legno con mensola in mar-mo, su brazzolu l’antica culla dei bambini. Fanno bella mo-stra una coppia di manichini che indossano i costumi tradi-zionali di Abbasanta. Proseguendo si arriva nella Camera 4,

la stanza dove si lavorava la farina, il pane e i dolci. Proprio al pane è dedicata un’ampia vetrina con l’esposizione di tutti i pani tipici. Infine la Camera 5, tipica cuci-na del Novecento con al centro lo spazio apposito per la cottura del latte e dove si lavo-ravano anche le carni per uso domestico.

INFORMAZIONI Nei prossimi mesi la Cooperativa Paleotur garantirà un accesso costante al Museo con orari stabiliti e tariffe d’ingresso. Nel frattempo il META è comunque visitabile contando la Cooperativa che sarà ben lieta di aprire le sue porte.

Cooperativa Paleotur

Telefono 0785 52302

Cellulare 329 7260732

[email protected]

SUGGERIMENTI DI VIAGGIO

Page 18: Dicembre nella vallata di chenale

P A G I N A 1 8

“Un nuovo

prezioso elemento

andrà ad

arricchire l’offerta

turistica del

piccolo borgo

sull’Omodeo”.

Questa volta pare che sia tutto pronto per l’inaugurazione ufficiale. Dopo il ri-mando del 25 ottobre, Sorradile si prepara all’apertura della mostra archeologi-ca Su Monte presso i locali dell’Ex Casa del Fascio. La mostra è curata da Vin-cenzo Santoni e Ginetta Bacco con la collaborazione dell’archeologa Pierangela Defrassu. Appuntamento il 20 dicembre alle ore 10 per un’occasione attesa da anni alla quale presenzierà anche il Sottosegretario di Stato dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Francesca Barracciu.

La mostra raccoglierà i re-perti che sono stati rinvenu-ti nel complesso sacrale nu-ragico di Su Monte fra i quali alcuni bronzetti ma soprattutto l’originale mo-dellino di nuraghe rinvenu-to nei pressi della vasca al-tare dell’importante sito archeologico.

Si tratta di una tappa fonda-mentale nel percorso che vede il Borgo Autentico di Sorradile impegnato nella promozione turistica del proprio territorio. Si profila per i visitatori l’opportunità di vivere un viaggio a ritroso nel tempo costituito dalla visita al sito nuragico e alla mostra archeologica dei suoi reperti in un continuum che ha pochi esemplari in tutta la Sardegna.

Su Monte Il santuario nuragico di Su Monte, scoperto negli anni ’80 del Novecento, si trova sul versante che domina la sponda sud-orientale del Lago Omodeo ed è situato nel territorio del comune di Sorradile. Il complesso cultuale nuragico di Su Monte è ormai conosciuto dagli appas-sionati di archeologia e dagli esperti del settore dato che è stato oggetto di scavi scientifici tra il 1998 e il 2008. Sono state proprio queste indagini che hanno permesso la sua datazione nel periodo del Bronzo Finale e il rinve-nimento e catalogazione di numerosi reperti. Ciò che caratterizza il sito è sicuramente la tipologia alla quale appartiene, una sorta di tempio pozzo e poi la presenza di un particolare altare/vasca di forma trape-zoidale con dei banchi ai lati formanti quasi dei sedili. All’esterno sono visibili alcune strutture minori, i resti di capanne circolari. All’orizzonte il magnifico scenario dell’Omodeo.

La vasca altare, simbo-

lo del complesso cultu-

ale Su Monte

D I C E M B R E N E L L A V A L L A T A

La mostra archeologica Su Monte Pronta l’inaugurazione a Sorradile

Page 19: Dicembre nella vallata di chenale

P A G I N A 1 9 SUGGERIMENTI DI VIAGGIO OLTRE LAGO

Protzetu Su Gattò Le vie del dolce tipico, il Gattò

La festività di Santa Lucia ha nel Borgo di Sorradile una tradizione secolare. Il primo avvenimento del 13 dicembre, giorno della ricor-renza, celebra la messa solen-ne in onore della Santa. Seguono i festeggiamenti civi-li che si svolgono il 13 dicem-bre se si tratta di una domeni-ca o nella domenica più vicina alla data della festa. Vengono realizzati attraverso una formula molto particolare, quella dell’asta dei dolci (torte, paste, dolci vari, dolci tipici, piccoli gattò e su gattò

principale) e di tanti altri pro-dotti legati al mondo eno-

L’ospite maggiormente atte-so è su gattò, dolce di man-dorle tostate e zucchero che v i ene rea l izz a to per l’occasione come una vera e propria scultura dalle obrie-

re, le priorisse della Santa Si tratta solitamente di perso-ne che hanno avuto dei pro-blemi agli occhi e che per grazia ricevuto dalla Santa, patrona della vista, decidono di ringraziarla occupandosi della festa in suo onore. Appuntamento a Sorradile il 14 dicembre alle ore 15 in piazza San Sebastiano.

gastronomico (olio, mele, vino etc.). Tutti questi prodotti sono offerti dagli abitanti della comunità come voto in ono-re della Santa e vengono venduti durante una vera e propria asta pubblica, chia-mata su protzetu. Un bandi-tore scelto tra i membri del-la comunità con una voce possente vende il prodotto all’asta al miglior offerente. L’asta si svolge nella piazza antistante la parrocchiale di San Sebastiano o, in caso di maltempo, nella casa par-rocchiale, a fianco alla chie-sa.

Una scultura di Gattò

all’asta di Santa Lucia

L’origine del Gattò Lo scrittore Alexandre Dumas alla voce Gateau, scrive: “E’ quasi sempre di forma rotonda, preparato con farina, uova, burro; lo si prepara anche con il riso. Il nome deriva senz’altro dall’abitudine di viziare (gater signifi-ca viziare) i bambini distribuendo loro dolci come ricompensa o incorag-giamento gastronomico”. In Italia il nome francese viene storpiato e lo si scrive come lo si legge, gattò. Le interpretazioni italiane del piatto sono diverse: a Napoli è un piatto salato, con patate lessate e schiacciate, condite con salumi, formag-gio e cotto in forno; in Sardegna il gattò è dolce, un’evoluzione di antichi dolci sardi e medievali spagnoli e diventa un croccante. Inizialmente era fatto di ceci tostati e zucchero ma il più raffinato e moderno è con le mandorle, zucchero e scorza di limone. Il termine probabilmente arriva in Sardegna con i piemontesi che se lo portarono appresso quando trasferi-rono la loro corte a Cagliari alla fine del ‘700. Nelle famiglie nobili veniva presentato alla fine del pranzo. Ora questo dolce è legato alle feste e a celebrazioni di momenti importan-ti della vita come battesimi, cresime, matrimoni. Il gattò ha una preparazione lunga e meticolosa, dovuta alla ricerca esteti-ca, alla manualità artigiana soprattutto in fase di composizione della pasta. “Su tutti i mobili stavano gran-

di vassoi contenenti torte dai

vivi colori e Gattos, specie di

piccole costruzioni moresche di

mandorle......”

Grazia Deledda

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P A G I N A 2 0 DENTRO LE ASSOCIAZIONI

Il bicentenario dell’Arma dei Carabinieri I festeggiamenti a Norbello

Nel 2014 ricorre il bicentenario della fondazione in Italia dell’Arma dei Carabinieri. La data uf-ficiale è il 13 luglio ma per tutto il corso dell’anno non sono mancati i festeggiamenti nell’intero Paese. Le origini del Corpo risalgono al giugno 1814 da un'idea di Vittorio Emanuele I di Savoia du-rante un soggiorno a Cagliari. L’idea si concretizzò il 13 luglio di quello stesso anno una volta che il Re rientrò a Torino con la promulgazione delle Regie Patenti allo scopo di fornire al Re-gno un Corpo di polizia simile a quello francese della Gendarmerie. Il nome carabiniere deriva dall'arma che ognuno di loro aveva in dotazione: la carabina, ancora utilizzata fino ad alcuni anni fa e-sclusivamente nelle cerimonie e ultimamente sosti-tuita anche in queste circostanze dal più moderno fucile d'assalto Beretta AR 70/90. I colori del pen-nacchio (lo scarlatto e il turchino) sono stati scelti il 25 giugno 1833 dal re Carlo Alberto. I Carabinieri diventarono Arma l'8 maggio 1861, raggiungendo il rango delle suddivisioni principali del Regio Eserci-to quali fanteria, artiglieria, cavalleria, anzi, poiché venne definito che i Carabinieri erano la prima Arma dell'Esercito, divennero l'Arma per antonomasia. A Chenale, e precisamente Norbello, esiste dal 1998 un’Associazione dell’Arma dei Carabinieri che riunisce i carabinieri in servizio, quelli in conge-do, i loro familiari e tutti i simpatizzanti. Una tappa importante è stata sicuramente la recente creazione di una mostra permanente visitabile che illustra la storia di questo Corpo unitamente ai principali avvenimenti della storia italiana.

Visitare la Mostra La collezione nasce nel 2002 dall’idea iniziale di allestire una mostra fotografica per commemorare i Carabinieri.

Ogni fotografia doveva essere accompagnata da una breve storia del Carabiniere e da qualche aneddoto particolare

che lo riguardasse.

Tuttavia l’idea iniziale venne completamente stravolta, in quanto durante la raccolta del materiale fotografico sono

state donate delle uniformi, alcune di importante valore storico, altre di periodi più recenti ma comunque non più in

uso.

Dal 2002 ad oggi molte uniformi sono state ricostruite partendo dal solo copricapo o dalla sola giacca con pezzi origi-

nali mentre altre sono state donate in perfetto stato di conservazione quasi non dimostrassero i loro cento anni di

vita, altre ancora sono state acquistate.

Oggi la collezione conta una trentina di divise complete. In aggiunta è stata donata nel 2010 un’altra collezione relati-

va a circa trenta copricapi di varie forze armate italiane. La mostra permanente è visitabile a Norbello in Piazza del Popolo (adiacente allo Sword Pub). È possibile farlo durante tutte le feste nazionali e le ricorrenze dell’Arma in orario serale. Per visite fuori da questo programma fare riferimento ai seguenti contatti:

Associazione Carabinieri Sezionedi Norbello

Telefono 07855110 3459920872 3805325170

Mail [email protected]

Page 21: Dicembre nella vallata di chenale

za dove si osservano due maestosi presepi. Il primo è quello ospitato nella Parroc-chia del l ’ Immacolata all’interno dell’altare che riproduce la grotta di Lour-des. Questo ambiente si presta ottimamente ad acco-gliere le numerose statue di media grandezza sistemate ogni anno da un gruppo di fedeli che impegnano un mese per il suo allestimen-to. Un’altra peculiarità di questo presepe è che ogni singolo particolare richiama l’antichità e la rusticità rea-le che il Vangelo ci ha tra-

L’itinerario di dicembre ha come protagonista un classi-co delle festività natalizie, il presepe. Nel nostro territorio è infatti possibile ammirare particolari presepi che vi faranno vivere appieno i momenti della Natività.

Si parte da Sorradile dove dal 2010 viene allestito nella Pinacoteca Segni in Corso Umberto il presepe di trachi-te rossa, pietra tipica del luogo, che ha un scenario unico: le vie del piccolo bor-go.

La visita prosegue a Ghilar-

mandato.

Proseguendo a Ghilarza lungo la via Santa Lucia troviamo il parco delle sta-tue dell’artista locale Fel-liccu Fadda. Dalla strada non è possibile scorgere il maestoso presepe che lo scultore ha allestito nella parte posteriore del parco. Statue di grandezza umana con numerosi personaggi in processione verso il Messia collocato all’interno di una capanna nella quale è pre-sente anche un piccolo la-ghetto che rende l’ambiente ancora più pittoresco.

Via Sassari 6/a

09074 Ghilarza (Oristano)

Italy

Tel: 389 0143821

Email: [email protected]

Email:[email protected]

Partita Iva: 01183670957

La Valle di Chenale è la vostra guida

turistica abilitata che vi condurrà al-

la scoperta di un territorio antico e

ricco di sfaccettature, da quella arti-

stica a quella storica passando per

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