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trimestrale transardennese dei traduttori italiani servizio di traduzione – commissione europea http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm 19 Dicembre 2001 Prendendo spunto dall'edizione di Europalia di quest'anno, dedicata alla Polonia, anche Inter@alia ha voluto dedicare qualche pagina alla cultura e alla lingua di questo paese che tra qualche anno entrerà a far parte dell'Unione europea. SOMMARIO PAG CULTURALIA: Europalia Polska (Giulia Gigante) 2 Il Liceo italiano di Madrid (Clara Breddy) 5 NOVITÀ: Euro, comportamenti e sfide intellettuali (Roberto Fini) 7 CULTURALIA: Bella o fedele: Storie di traduzioni - La traduzione apocrifa (Cristina Cona) 11 NOTE TERMINOLOGICHE: Ancora su governance (Cristiano Maria Gambari) 13 CIBERSPAZIO: Ciberspazio (Cristina Cona) 16 Interspazio (Daniela Murillo) 16

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trimestrale transardennese dei traduttori italiani servizio di traduzione – commissione europea http://europa.eu.int/comm/translation/reading/periodicals/interalia/index_it.htm

19 Dicembre

2001

Prendendo spunto dall'edizione di Europalia di quest'anno, dedicata alla Polonia, anche Inter@alia ha voluto dedicare qualche pagina alla cultura e alla lingua di questo paese che tra qualche anno entrerà a far parte dell'Unione europea.

SOMMARIO PAG

CULTURALIA: Europalia Polska (Giulia Gigante) 2 Il Liceo italiano di Madrid (Clara Breddy) 5 NOVITÀ: Euro, comportamenti e sfide intellettuali (Roberto Fini) 7 CULTURALIA: Bella o fedele: Storie di traduzioni - La traduzione apocrifa (Cristina Cona) 11 NOTE TERMINOLOGICHE: Ancora su governance (Cristiano Maria Gambari) 13 CIBERSPAZIO: Ciberspazio (Cristina Cona) 16 Interspazio (Daniela Murillo) 16

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L'edizione di quest'anno di Europalia, dedicata alla Polonia, è una buona occasione per parlare finalmente di questo paese coraggioso sgombrando il campo da una serie di cliché che tendono a darne un'immagine convenzionale che poco o nulla corrisponde alla realtà. Le immediate associazioni mentali rinviano ad uno Stato-cartolina sovrastato da due immagini possenti, il Papa e Lech Walesa, che poco spazio lasciano alle molteplici sfaccettature di un paese, riemerso rapidamente dalle ceneri di un comunismo forzato, con un'identità ben precisa ed estremamente dinamica che si ricollega ad una tradizione culturale che affonda le sue radici in un passato molto lontano. La Polonia di oggi ha molto da offrire sul piano culturale e le scelte degli organizzatori di Europalia non sembrano rendere pienamente giustizia alla vitalità di un panorama ricco e variegato pur aprendo uno squarcio su alcuni aspetti della vita culturale polacca. Tra le mostre organizzate si segnala "L'Avant-Printemps - Pologne 1880-1920" (al Palais des Beaux Arts) che rende onore ai fermenti artistici che annunciano la prossima liberazione dal giogo straniero (ricordiamo che la Polonia aveva praticamente cessato di esistere dopo la spartizione dei suoi territori tra Prussia, Austria e Russia) e soprattutto presenta l'opera di Stanislaw Wyspianski, artista poco noto in Occidente dotato di estrema versatilità e originalità.

Di Wyspianski, che fu drammaturgo innovatore, felice ritrattista, illustratore di libri e decoratore di interni, viene riproposta, insieme ad alcuni quadri, una riproduzione delle splendide vetrate che ornano la Chiesa Francescana di Cracovia con insoliti motivi floreali e una gigantesca immagine di un severo Dio biblico. Scarsamente interessante è la mostra ospitata dal museo di Ixelles sugli "Artistes révolutionnaires de Lódz" dove mancano opere significative mentre si consiglia quella dedicata a "Art Nouveau: les affiches de Cracovie" (al Mundaneum di Mons) dal momento che nei manifesti, soprattutto in que l l i che pubb l i c i zzano de l le rappresentazioni teatrali, trova spesso espressione un originale spirito artistico. Molti sono i concerti di musica classica, soprattutto con un repertorio polacco dominato da Chopin e Szymanowski, ma purtroppo non c'è nessuna proposta per far conoscere al pubblico straniero gruppi musicali contemporanei come i Brathanki o la Golec Orkestra che hanno creato un vero e proprio "genere" che unisce suggestioni antiche legate alla musica e ai canti popolari con sonorità nuove con risultati spesso molto felici. Anche sul piano del teatro, degnamente rappresentato da due tra i migliori teatri di Varsavia (il Dramatyczny con "Ausloeschung" di Thomas Bernhard e il Teatr Rozmaitosci con le "Baccanti" di Euripide), si sarebbe potuto offrire qualcosa di più presentando almeno uno spettacolo del grande Stary Teatr di Cracovia. Europalia propone anche una rassegna cinematografica, un po' dispersa tra varie città e piccoli centri e concentrata su una serie di autori o opere minori, che trascura (perché?) le grandi opere di Wajda, Kieslowski e Zanussi. A completare il quadro, vengono proposte alcune conferenze e un "caffé letterario" in una sala del Palais des Beaux Arts che intende rievocare l'atmosfera della "Jama Michalikowa", il caffé dove si riunivano i poeti e gli artisti di Cracovia.

EUROPALIA POLSKA

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Elemento decorativo per ringhiera di Wyspianski

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Benché incompleta, la rassegna di Europalia dovrebbe suscitare un interesse a conoscere meglio la Polonia, a visitare le sue città d'arte e ad esplorarne la natura che offre scenari di bellezza praticamente incontaminata e un'incredibile ricchezza di paesaggi di mare, montagna, fiume e lago. Sarebbe un vero peccato che, al termine della manifestazione, la Polonia cadesse nuovamente nel dimenticatoio. I Polacchi sono una presenza consistente nel mondo, negli Stati Uniti come in Australia, nell'America Latina e naturalmente in Europa e sorprende che, malgrado il numero elevato di oriundi polacchi che vive qui a Bruxelles, non esista un centro culturale degno di tal nome che dia una testimonianza della sua ricchezza culturale e ne diffonda le opere. Pochi sanno, per esempio, che la poesia contemporanea polacca è tra le più interessanti della scena attuale europea, che la satira polacca, sia in letteratura che nelle arti visive, è particolarmente mordace, che la stampa dispone di giornali di grande qualità, sia sul piano dell'informazione che sul piano dell'espressione letteraria. Basti ricordare che il miglior quotidiano polacco, la Gazeta Wyborcza, è diretto da Adam Michnik, uno degli intellettuali di punta, dissidente storico e leader del movimento del '68, e poi di Solidarnosc, che ha trascorso cinque anni nelle carceri del generale Jaruzelski. Più che mai necessaria mi sembrerebbe quindi la creazione di un centro che faccia conoscere anche ai non addetti ai lavori le grandi opere letterarie, cinematografiche e teatrali, le novità nel campo dell'arte e della musica e tenga vivo l'interesse dei Polacchi che vivono all'estero per la propria lingua e la propria cultura.

Il polacco: così è, se vi pare

EUROPALIA POLSKA

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Basti pensare che negli ultimi venti anni sono ben due i poeti polacchi che si sono aggiudicati il premio Nobel per la letteratura: Czeslaw Milosz (1980) e Wyslawa Szymborska (1996). Il polacco è la lingua slava più conservativa, cioè quella più vicina all'antico slavo-ecclesiastico, ceppo comune dal quale sono derivate tutte le lin-gue slave. Ad esempio, è l'unica tra queste ad aver conservato le vocali nasali (a, e), croce e delizia degli stranieri. L'adozione dell'alfabeto latino, che l'accomuna a numerose altre lingue slavo-occidentali (come il ceco, lo slovacco, il croato, etc.) corrisponde ad una precisa scelta religiosa (fare riferimento alla Chiesa di Roma anziché a quella di Bisanzio). Inoltre, il latino ha avuto un ruolo di primo piano nella cultura del paese dal momento che, anche se i primi documenti in polacco risalgono al XIII secolo, solo a partire dal Cinquecento, con la poesia rinascimentale di autori come Jan Kochanowski, il polacco è diventato la lingua dell'espressione letteraria. Ancora oggi in Polonia si studia il latino, che è usato in molte espressioni anche colloquiali. Le declinazioni sono quindi sempre state di casa in Polonia, ma a complicare le cose contribuisce un sistema verbale che, oltre a prevedere per ogni nostro verbo una coppia di verbi (aspetto imperfettivo e perfettivo), distingue le forme verbali sulla

Il polacco, inutile nasconderlo, è una lingua ostica, ma di inusitata bellezza. Ha suoni quasi impronunziabili, con successioni anche di quattro consonanti (szcz) e una grammatica in cui il numero delle eccezioni è di gran lunga superiore a quello delle regole. Impararlo è una sfida affascinante che apre le porte a una tra le poesie contemporanee più profonde e suggestive.

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Immagine di Czeslaw Milosz

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base dei generi (ad esempio, per tradurre "io leggevo" occorre sapere se il soggetto è maschile o femminile). Un ulteriore esempio della complessità linguistica del polacco sono certamente i numerali che presentano una moltitudine di forme diverse (a seconda che si tratti di esseri animati o inanimati, di gruppi di persone o di animali, unicamente di sesso maschile, oppure femminile, oppure di gruppi misti e ancora resta da valutare se i soggetti o gli oggetti che si contano devono essere considerati come un unico gruppo o come entità distinte). Il polacco è quindi una lingua che con pazienza certosina cerca di inquadrare il reale in un processo che, considerata la continua evoluzione della lingua, è destinato a non avere mai fine, con buona pace di quelli che lo studiano. L'incauto viaggiatore che ritenesse di avere facile accesso alla lingua, per vie delle comuni radici slave, grazie alla sua conoscenza del russo può incorrere in fastidiosi faux amis, per esempio equivocando sul significato di uroda (bellezza) pensando al significato del russo urod (mostro) o promettendo di "ricordare" qualcosa con il verbo russo zapomnit' che nella variante polacca zapomniec significa invece "dimenticare".

Ma anche gli Italiani possono essere tratti in inganno da termini come avantura che, lungi dal riferirsi a imprese straordinarie o piacevoli, significa molto più prosaicamente "litigio" o "scenata" o impreza, una parola di gran moda oggi in Polonia per designare non una piccola o media impresa bensì un evento culturale o mondano. Per consolarsi delle difficoltà linguistiche ci si può concedere il piacere di un autentico baciamano polacco (con relativo battere di tacchi), pratica cavalleresca ancora in auge.

Giulia Gigante

EUROPALIA POLSKA

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Un paesaggio dei Tatra

Comitato di redazione: C. Breddy, C. Cona, R. Gallus, C. Gambari, G. Gigante, C. Gracci, D. Murillo, E. Ranucci Fischer, D. Vitali Collaboratori: Roberto Fini Grafica: A. A. Beaufay-D’Amico (Anna-Angela.Beaufay-D'[email protected])

I SITI:

http://www.cc.cec/SDT/cidbx/sdtdoc/it/eu/newntryeu.htm#polonia (una pagina web della nostra biblioteca virtuale che offre informazioni geopolitiche, culturali e turistiche); http://www.europalia.be (tutte le informazioni sulle manifestazioni di Europalia); http://www.bnf.fr/pages/liens/d4/sle/pologne-sle-d4.html (un buon punto di partenza per trovare i siti in cui si parla della Polonia); http://www.swissmuse.com/litter/litter-p.shtml (un sito sulla letteratura polacca); http://www.polishworld.com (tutto sulla Polonia); http://wiem.onet.pl/wiem/ (enciclopedia polacca on line); http://www.chez.com/slowacki/ (un intero sito dedicato al poeta Juliusz Slovacki con la biografia (EN, FR, D e arabo), le poesie e i testi in prosa (EN, FR, D); http://monika.univ.gda.pl/~literat/books.htm (un sito che propone un'antologia di testi della letteratura polacca).

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culturalia Il Liceo italiano di Madrid

Quest'anno il mitico Liceo Italiano di Madrid ha festeggiato il suo 60° anniversario, grazie anche all'iniziativa del Console d'Italia Fabrizio de Agostini, che ha dato il via ad una serie di manifestazioni concluse da una bellissima festa il 27 ottobre. Forse non tutti sanno che questo lontano avanposto della cultura italiana ha una collocazione di tutto rispetto nella vita culturale e sociale della capitale spagnola, e questo da sessant'anni! La leggenda narra che Franco avesse regalato la bellissima villa dei conti di Santa Coloma (oggi sede del Consolato) a Mussolini per ringraziarlo dell'aiuto prestato durante la guerra civile. Un inizio non certo promettente! In realtà la villa fu dapprima presa in affitto e poi acquistata dal governo italiano per offrire ai figli degli italiani residenti in Spagna la possibilità di seguire un normale corso di studi liceali e diffondere la cultura italiana, forse come appendice culturale in un'altra capitale del fascismo. Ironicamente, dopo la guerra, la scuola diventò quello che El País in un recente articolo definisce un "reducto de libertad" nella Spagna franchista, dove studiavano i figli degli spagnoli che rifiutavano l'indottrinamento delle scuole del regime. Sin dall'inizio ai docenti inviati dall'Italia si sono affiancati insegnanti spagnoli che hanno portato il contributo dei loro piani di studio. Tutti insieme, nel corso degli anni, hanno costruito la scuola di oggi, perfetto esempio di integrazione culturale e istituzione scolastica di grande prestigio.

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In un primo tempo e fino ai primi anni ‘80 i locali della villa risultarono sufficienti ad ospitare tutti gli alunni, per la maggior parte spagnoli. Infatti, non essendo stata la Spagna meta dell'emigrazione "povera" che ha riguardato soprattutto i paesi dell'Europa del nord, all'inizio, gli alunni italiani del Liceo provenivano per lo più dalla borghesia imprenditoriale ed erano poco numerosi. Attualmente gli alunni italiani sono circa il 40% e il grande complesso a fianco del Consolato, costruito appositamente, ospita stabilmente la scuola. In occasione della ricorrenza, ci sono stati generosamente concessi i locali del Consolato e per i vecchi alunni come me è stato emozionante varcare, dopo tanto tempo, la soglia della "nostra" scuola , "el cole", la grande villa bianca con le terrazze, il cancello, le eleganti inferriate e il cortile, teatro di giochi sfrenati, ricreazioni vissute intensamente, accanite partite di pallacanestro. In quel cortile un giorno mia madre, che veniva a prendermi, incrociò stupefatta l'ex re d'Italia, che tranquillamente accompagnava una delle figlie a fare gli esami di maturità. Sempre in quel cortile nacque e si diffuse una strana lingua, osteggiata aspramente dai professori, ma, suppongo, ancora ampiamente diffusa: l'itagnolo!

Sono passati tanti anni e tanti alunni (oltre 6000, fra cui ministri, giornalisti, diplomatici attori e scrittori) e il 27 ottobre, in una calda serata madrilena, eravamo in centinaia a curiosare emozionati per i saloni (ma quella non è la porta dell'aula di 5a?), a salire e scendere il bellissimo scalone, sfondo di tutte le foto di classe. I legami, mai spezzati, si sono rafforzati e ci siamo tutti lasciati con promesse e scambio di indirizzi e-mail. Non oso quasi dirlo, ma verso la fine tutti in coro abbiamo cantato Fratelli d'Italia! Patetico? Non so, sul momento non mi è sembrato... Alcuni fra i giovani organizzatori della festa hanno anche creato un sito web per gli ex alunni (www.exlim.org) e chissà che non scopriamo di essere in diversi nelle istituzioni comunitarie?!

Clara Breddy

Tanto per continuare sul tema spagnolo, vi segnalo una mostra molto interessante sulla guerra civile spagnola, presso l'Imperial War Museum di Londra: The Spanish Civil War - Dreams and Nightmares (dal 20 ottobre 2001 al 28 aprile 2002).

C. B.

Il Liceo italiano di Madrid

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Il passaggio all’euro rappresenta un irripetibile evento che costringe a rimettere in discussione il significato del denaro e contemporaneamente ad impostarne lo studio secondo un metodo “trasversale”.

In effetti i problemi legati al passaggio all’euro sono chiaramente multidisciplinari: anche se prendono le mosse da un ambito specifico, che è quello relativo alle modalità e dinamiche attraverso cui le persone assumono decisioni, se si vogliono affrontare in modo positivo i problemi che l’euro comporta occorre far intervenire (almeno) “l’economia, le scienze politiche e la psicologia, oltre alla statistica e la filosofia [… ]”. (1)

Questo perché il significato del denaro va oltre il suo aspetto tecnico, rivestendo una notevole importanza cognitiva e simbolica; questa complessità va inevitabilmente affrontata con strumenti diversi da quelli strettamente economici.

In questo senso banchi di prova interessanti sono costituiti dal passaggio vecchio – nuovo franco in Francia nel 1959 e la decimalizzazione della sterlina avvenuta nel 1971.

Se un cambio monetario potesse essere trattato come una semplice operazione di “estetica finanziaria”, in sostanza solo la sostituzione di un’unità di conto con un’altra, diversa ma di valore equivalente, non ci renderemmo conto dei problemi legati alla percezione della moneta e al suo valore simbolico.

Persino la trasformazione della sola “veste fisica” di un’unità monetaria può avere effetti sua circolazione e sui comportamenti del consumatore. Ce ne fornisce un esempio l’esperienza del passaggio dalla banconota alla moneta da 1 sterlina nel 1983 in Inghilterra.

La moneta da 1 sterlina venne introdotta nel marzo e fino al dicembre era stato previsto che avrebbe circolato insieme alla “vecchia” banconota di pari valore e che questa avrebbe perso il suo valore legale a partire dal gennaio del 1984.

Le autorità di governo contavano sui nove mesi di coabitazione delle due forme per abituare i consumatori all’uso della moneta, sperando che la definitiva uscita di scena della banconota non avrebbe provocato contraccolpi particolarmente significativi.

Non fu così: nei primi mesi dopo l’introduzione della moneta molti giornali ne segnalavano la scomparsa ed alcuni di essi avanzarono l’ipotesi che si potesse trattare di un rifiuto psicologico. Seguirono ipotesi più o meno fantasiose: la Zecca reale addusse il fatto che le persone tendevano a tesaurizzare la moneta perché “serviva per alimentare i salvadanai”; altri argomentarono che lo scarso favore incontrato dalla moneta era causato dal timore di una perdita di prestigio della sterlina.

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La moneta da 1 sterlina venne poco gradita dagli addetti alle casse degli esercizi commerciali perché creava loro problemi di spazio nei contenitori: molti negozianti, sebbene fosse illegale, arrivarono a rifiutare il pagamento delle merci attraverso la moneta chiedendo ai clienti di pagare con la banconota.

È evidente che simili fenomeni non possono essere spiegati con le sole logiche dell’homo oeconomicus e con i soli strumenti dell’economista, ma è necessario affrontarli in un’ottica di maggiore c omplessità epistemologica e pluralità disciplinare.

A questo proposito attendono ancora spiegazioni convincenti la “sparizione” degli spiccioli nell’Italia degli anni settanta (con la conseguente proliferazione dei “miniassegni”) e l’insuccesso decretato dal pubblico della banconota da 500 000 lire.

Come è ormai noto, molta parte degli effetti connessi all’accettazione di una nuova moneta sono riconducibili alla “illusione del denaro” [… ], consistente in una “distorsione della stima del valore reale delle t r a n s a z i o n i , i n d o t t a d a l l a l o r o rappresentazione nominale”. (2)

In altri termini, il cambio (nominale) dell’unità di conto può essere scambiato dai consumatori come un cambiamento reale.

Una variante dell’illusione del denaro è costituita dalla percezione diversa rispetto a quella “reale” del cambio lira – euro; ne abbiamo già accennato: il cambio è fissato a 1936,27 contro 1 €, ma probabi lmente mol te persone lo arrotonderanno a duemila lire, percependo in questo modo la falsa impressione che i prezzi siano aumentati.

A proposito di questa sensazione l ’e s p e r i e n z a p r o v e n i e n t e d a l l a decimalizzazione della sterlina è ancora una volta particolarmente significativa: in quella occasione gli inglesi mostrarono una decisa sopravvalutazione del tasso di inflazione causato dall’introduzione del nuovo sistema.

EURO, COMPORTAMENTI E SFIDE INTELLETTUALI

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novità “In realtà”, gli arrotondamenti per difetto o

per eccesso derivanti dal cambio monetario praticamente si annullarono (come si annulleranno quelli dovuti agli arrotondamenti dei prezzi espressi in euro); eppure molti consumatori nei son-daggi promossi dai media dichiararono che la decimalizzazione aveva provocato consistenti aumenti di prezzo.

È interessante notare che questa sensazione, immotivata sul piano strettamente economico, ebbe comunque conseguenze notevoli sul comportamento dei consumatori: per esempio, una ricerca rivelò che su un campione di casalinghe intervistate nei mesi immediatamente successivi alla decimalizzazione, il 62% di loro dedicava più tempo di prima alla ricerca dei prezzi più convenienti e il 32% aveva ridotto gli acquisti.

Questo tipo di risultati fa riferimento ad aspetti particolarmente importanti della psicologia cognitiva, come per esempio la teoria delle prospettive aleatorie [… ] secondo cui “le perdite vengono percepite più facilmente dei guadagni”.

L’Unione Europea ha compiuto molti passi per mettere in evidenza i vantaggi della moneta unica (confrontabilità dei prezzi, competitività monetaria rispetto ad altre valute come il dollaro, ecc.), ma a fronte di questo è probabile che gli svantaggi (difficoltà di calcolo del cambio moneta nazionale – euro, arrotondamenti, ecc.) vengano percepiti come molto maggiori.

Anche un aspetto minuziosamente normato d a l l ’U E M c o m e q u e l l o r e l a t i v o all’arrotondamento per eccesso o per difetto, potrebbe provocare delle sensazioni di perdita: in altri termini, ogni arrotondamento per eccesso, quindi a favore del venditore, verrebbe percepito come una perdita da parte del consumatore in modo più rilevante rispetto a quanto potrebbe comportare un e q u i v a l e n t e g u a d a g n o r i s u l t a n t e dall’arrotondamento per difetto, quindi operante a vantaggio del consumatore stesso.

È la differente valutazione fra la percezione di una perdita e quella di un guadagno che qui entra in gioco: benché i due effetti quasi si annullino, le persone tendono ad esagerare la prima e a sottovalutare il secondo.

Le difficoltà cognitive connesse ad una parità come quella fra la lira e l’euro, potrebbero produrre comportamenti singolari ed in t e re s san t i , ma anche dens i d i conseguenze economiche che potrebbero essere di rilievo.

Per esempio, si consideri un bene che abbia un prezzo di 19 360 lire; a partire dal 1° gennaio 2002 (o al più tardi a partire dal 1° marzo) il suo prezzo diventerà di 10 €. Ora, il consumatore italiano già oggi pensa all’euro attribuendogli un valore di 2 000 lire: questo comporta che, quando vedrà il prezzo di 1 0 € , “ l o p e n s e r à ” c o m e equivalente a 2 000 lire, percependo quindi un aumento di prezzo di 640 lire, cioè di più del 3%.

Di fronte ad un aumento come questo, che è – ovviamente – non reale ma solo percepito, egli potrebbe comunque decidere di non procedere nell’acquisto.

Generalizzando, potrebbe manifestarsi “un’inflazione percepita”, cioè la sensazione che i prezzi siano aumentati in conseguenza dell’introduzione dell’euro, pur non registrandosi alcun aumento “nella realtà”.

Si noti che abbiamo introdotto l’ipotesi che determinati comportamenti di rilievo economico possano essere originati da operazioni puramente cognitive: il prezzo “reale” del bene passa da 19 360 lire a 10 euro, cioè resta esattamente lo stesso (fatto salvo il trascurabile aumento dovuto alle operazioni di arrotondamento). Nonostante questo, il consumatore, posto di fronte al problema cognitivo di trasformare il prezzo da lire, valuta che gli è familiare, in euro, moneta alla quale non è ancora abituato, tenderà ad arrotondarlo “all’origine” a 20 000 lire. E così farà per ogni altro prezzo.

Un altro effetto cognitivamente interessante che con ogni probabilità si verificherà con l’introduzione dell’euro riguarderà i prezzi – soglia, significativamente definiti anche prezzi psicologici.

I prezzi – soglia sono quei prezzi fissati poco al di sotto di un limite, di una “soglia” appunto: per esempio, 9 990 lire è un tipico prezzo – soglia.

La strategia dei prezzi – soglia è ampiamente utilizzata nel mondo del commercio, in particolare nella grande distribuzione: si calcola che circa il 60% dei prezzi di un supermercato o di un ipermercato siano da considerarsi prezzi – soglia.

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Un uso così ampio è motivato dal fatto che si ritiene che il consumatore che si trovi posto di fronte ad un prezzo come 9 990 lire, “legga” la prima cifra – il nove delle migliaia – e ponga in secondo piano le altre, percependo dunque il prezzo come intorno a novemila lire e comunque più basso rispetto a diecimila.

Ma si trasformi un prezzo di 9 990 lire in euro: il risultato è 5,16, un prezzo, cioè, superiore alla soglia psicologica dei cinque euro. In questo caso il consumatore, in virtù degli stessi meccanismi mentali che gli facevano percepire il prezzo espresso in lire come inferiore alla realtà, ora percepisce quel prezzo come significativamente superiore alla soglia dei cinque euro. E potrebbe decidere di non procedere all’acquisto.

Per ripristinare il meccanismo del prezzo psicologico occorrerebbe portare il prezzo 9 990 lire = 5,16 euro a 4,99 euro, con una significativa riduzione di oltre il 3%: un margine che nella distribuzione è tutt’altro che trascurabile.

Ancora una volta si noti che stiamo ipotizzando variazioni della domanda del consumatore provocate non da variazioni “reali” nei prezzi, ma dalla sua percezione che i prezzi siano variati.

Il passaggio all’euro è accompagnato dall’introduzione dei centesimi, ai quali i consumatori di molti dei paesi dell’UEM – Italia compresa – non sono abituati. Questo potrebbe comportare ulteriori problemi di tipo cognitivo e che questo potrebbe a sua volta avere effetti sui prezzi.

Si pensi al prezzo in lire di un caffè – 1 500 lire – corrispondente ad un importo in euro di 0,77. Ora, è noto da tempo l’effetto preferenza per il prezzo intero: il consumatore tende a preferire prodotti il cui prezzo termini con la cifra zero oppure con la cifra cinque, mentre tende a ridurre gli acquisti di prodotti che terminano con altre cifre.

In Italia, come altrove, la distribuzione ha ormai acquisito la preferenza per i prezzi interi e gran parte degli importi fissati rispettano questa regola: troviamo più frequentemente un prezzo come 2 000 lire piuttosto che un prezzo come 1 960 o 2 040.

L’introduzione dell’euro spezzerà questa strategia dei prezzi interi basati sulle lire: per esempio, quello che prima costava 2 000 lire, con il passaggio alla nuova moneta costerà 2,03 euro; oppure, per riprendere l’esempio della tazzina di caffè, da 1 500 lire – prezzo intero e quindi “gradito” – si passerà a 0,77 – prezzo spezzato e per questo poco confacente alla percezione del consumatore.

Il risultato della conversione fra prezzo in lire e prezzo in euro è dipendente da norme comunitari che impongono regole molto stringenti in proposito: cambio in base al tasso stabilito al 1° gennaio 1999 così come risulta dalla griglia delle parità, arrotondamento della terza cifra decimale per

novità

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difetto oppure per eccesso a seconda che si tratti di valori, rispettivamente, tra 1 e 4 o tra 5 e 9.

Come è noto, questi sono da considerarsi vincoli ineludibili in quanto fissati dalla legge comunitaria, mentre non sono evidentemente vincolate le politiche di prezzo che potranno essere seguite dalle imprese.

In altri termini, è possibile che le imprese decidano un ritocco del prezzo verso l’alto o verso il basso: così la tazzina di caffè potrebbe passare ad un prezzo come 0,75 (più difficilmente 0,70), oppure passare ad un prezzo come 0,80.

È ragionevole supporre che molti prezzi pagati attraverso sistemi automatici siano r i t o c c a t i i n d i p e n d e n t e m e n t e d a l l a necessità di assecondare la preferenza per il prez-zo intero del consumatore: la tariffa di 2 000 lire l’ora di un parcheggio urbano, equivalente a 2,03 euro verrà adeguata con ogni probabilità verso il basso a 2 euro, eliminando la necessità di predi-sporre i distributori automatici dei tagliandi anche per la ricezione dei centesimi.

Non è evidentemente possibile stabilire a priori l’effetto complessivo delle strategie tese a ripristinare il prezzo intero; è ragionevole ritenere che l’adeguamento verso l’alto compensi l’adeguamento verso il basso.

Ma potrebbe non essere così: le imprese potrebbero collusivamente accordarsi per adeguare verso l’alto la gran parte dei prezzi e in questo caso si finirebbe per avere un effetto complessivamente inflativ o; viceversa potrebbero decidere di usare in modo promozionale l’adeguamento procedendo al ribasso e in questo caso l’effetto complessivo sarebbe deflativo.

Un altro interessante effetto legato al cambio monetario riguarda la percezione delle differenze di prezzo fra marche diverse di uno stesso bene, specie – ancora un vol-ta – per gli importi più bassi, in particolare quelli al di sotto di un euro.

Per esempio, di norma il consumatore non ha difficoltà a comprendere la differenza di prezzo fra 290 e 330 lire, che in euro diventano rispettivamente 0,15 e 0,17, con una differenza tra le due marche di 0,02 euro.

Una differenza che il consumatore tende a sottovalutare, in quanto espressa in forma centesimale: in sostanza i due prezzi gli appariranno più o meno uguali, anche se in realtà non lo sono affatto.

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novità

Se però cambia l’unità monetaria di riferimento, in particolare se una valuta viene sostituita da un’altra più pesante e i prezzi prima espressi in centinaia o migliaia, ora assumono valori centesimali, allora il consumatore tenderà a sottovalutare le differenze. Con conseguenti modifiche nel suo comportamento di spesa.

Abbiamo qui fornito una casistica parziale del ruolo del denaro e della moneta nei processi cognitivi, relazionali e decisionali degli attori economici per cercare di dimostrare che il solo approccio economico a problemi che pure tradizionalmente si usano ascrivere all’ambito del lavoro degli economisti, vanno considerati in un’ottica più complessa. Come insegna la psicologia cognitiva e quella sociale, ma anche quella parte più avvertita dell’accademia economica.

Ci rendiamo conto di andare controcorrente: in tempi di dominio della teoria delle aspettative razionali marcare l’accento su comportamenti non in linea con i comportamenti razionali postulati dalla teoria non è esattamente argomento popolare.

Ma chissà: è possibile che un evento come il passaggio all’euro serva a mettere in evidenza quanto sia opportuno contaminare e complicare schemi troppo semplici.

Roberto Fini

1. R. Rumiati, Decidere, Il Mulino, 2000. 2. Ibidem.

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Questo tipo di problema è molto conosciuto fra gli psicologi e viene spesso collegato alla numerical cognition: di solito facciamo meno fatica a percepire la differenza fra valori numerici alti che fra valori numerici bassi, a maggior ragione se questi ultimi sono espressi in centesimi.

Ancora, la differenza fra un marchio leader con un prezzo di 490 lire e un marchio discount con un prezzo di 170 lire (pari a 320 lire), il consumatore non ha difficoltà cogniti-ve particolari, perché i prezzi sono espressi in una valuta familiare e quindi la differenza di prezzo viene percepita come una differenza di qualità dei prodotti.

Ma se gli stessi prezzi sono espressi in una valuta più “pesante” e molto meno familiare, come è l’euro nei confronti della lira, allora il consumatore avrà d i f f i co l t à a cog l i e r e l e s t e s s e differenze.

Per esempio, la differenza di 320 lire espressa in euro è di “solo” 0,16 euro che potrà apparire a molti consumatori come trascurabile e non gli fornirà alcuna significativa indicazione riguardo alla differenza di qualità fra i due marchi.

Naturalmente si tratta di un “effetto ottico”, di un errore cognitivo dovuto alla scarsa familiarità con i valori centesimali, giacché i prezzi e le differenze fra i diversi marchi sono rimaste ovviamente gli stessi.

Questo fenomeno ha a che fare con la percezione della scala dei prezzi da parte del consumatore: considerato che il prezzo rappresenta ai suoi occhi un indicatore della differenza fra marchi dello stesso prodotto, egli lo usa per operare le sue scelte.

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bella o fedele

Già una volta in questa rubrica ci siamo imbattuti, con Ossian, in un caso di traduzione inventata di sana pianta: fenomeno che qualche decennio dopo si sarebbe ripetuto, su scala minore, con la pubblicazione in Francia di un libro oggi pressoché dimenticato, La Guzla, ou Choix de Poésies Illyriques, recueillies dans la Dalmatie, la Bosnie, la Croatie et l'Herzégovine (1827). Si trattava di una quarantina di leggende e poemi, corredati di dotte chiose, la cui paternità veniva attribuita a vari "bardes slaves": principale fra questi l'immaginario cantore "Hyacinthe Maglanovich", descritto in prefazione come personaggio avventuroso e pittoresco. In realtà, dietro Maglanovich e dietro il suo anonimo traduttore, sedicente italiano avvezzo a scrivere in francese, si celava Prosper Mérimée, futuro autore di Colomba e di Carmen. A differenza del caso Ossian, contraffazione cui non erano estranei intenti che si potrebbero definire "politico-culturali", di celebrazione di un patrimonio nazionale sia pure in larga parte fittizio, l'opera di Mérimée aveva fini puramente letterari. Del resto il giovane scrittore non era nuovo a questo tipo di impresa: due anni prima aveva infatti pubblicato Le Théâtre de Clara Gazul, una serie di bozzetti attribuiti ad una fantomatica attrice spagnola. Che "Guzla" (termine che indica uno strumento musicale in uso nell'Europa orientale) fosse l'anagramma di "Gazul" sfuggì comunque all'attenzione di tutti, finché un anno dopo l'occhio vigile di Goethe colse la mistificazione e l'inganno venne svelato al pub-blico (non che il poeta tedesco serbasse troppo ran-core a Mérimée per essersi preso gioco dei letterati di tutta Europa).

All'epoca però le informazioni circolavano più lentamente di adesso, e il successo di critica, se non di pubblico, de La Guzla (che nel frattempo era stata tradotta in diverse lingue) continuò più o meno incontrastato ancora per qualche anno. Il libro infatti era stato pubblicato in un momento in cui l'interesse del pubblico colto francese ed europeo per l'esotismo, i popoli "barbari", la poesia popolare toccava il suo apogeo (di questa infatuazione per il "buon selvaggio" era stato del resto espressione, a suo tempo, anche l'ossianismo). Ad alimentare la moda nel corso dei decenni erano state innumerevoli traduzioni anche dalle lingue balcaniche; la poesia serba si era imposta all'attenzione delle cronache letterarie già nel 1744, quando l'abate padovano Alberto Fortis aveva pubblicato "Viaggio in Dalmazia", un'indagine etnografica e naturalistica della regione che, tradotta nelle principali lingue europee, aveva suscitato vivo apprezzamento. Fu proprio il libro di Fortis una delle principali fonti utilizzate da Mérimée, unitamente a racconti di viaggiatori, poemi di varia autenticità e statistiche pubblicate sulla regione dal Ministero degli esteri francese (la "Canzone dolente della nobile sposa di Asan Aga", traduzione di una ballata serba che in esso figu-rava, venne inclusa da Mérimée nella prima edizione de La Guzla, di cui costituì pertanto l'unico elemento non fittizio). Tutte queste letture servirono all'autore per conferire credibilità alle sue descrizioni (sebbene certe "tradizioni" da lui descritte, come il vampirismo e il malocchio, che proprio in quegli anni cominciavano ad alimentare un proficuo filone letterario, fossero sconosciute alla poesia popolare serba) e ovviare nella misura del possibile alla sua ignoranza delle lingue dalle quali fingeva di tradurre. Prima di Mérimée, del resto, autori di diverse na-zionalità avevano dato alle stampe poesie "serbe" ed "illiriche" che erano in realtà pure invenzioni; si trattava del resto di bravate non difficili da realizzare, dal momento che

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nell'Europa occidentale si sapeva pochissimo dei Balcani e regnava una notevole confusione anche terminologica sulle lingue parlate in questa regione. Non è sempre chiaro ad esempio che cosa intendessero letterati e critici con termini quali "lingua illirica", che ricorrono nella letteratura dell'epoca: si trattava spesso di un modo vago e inesatto di designare il serbocroato nelle sue varie ramificazioni (nel decennio in cui era stata pubblicata La Guzla era apparso ad esempio a Vienna un "dizionario illirico" basato sul dialetto dei serbi bosniaci). Il termine "illirico" cominciava proprio allora ad essere utilizzato dai movimenti nazionalisti nello stesso senso in cui più tardi si parlerà di "jugoslavo", ma in senso proprio designa una lingua indoeuropea, anticamente parlata nei Balcani ed estinta ormai da secoli, alla quale erano poi subentrati gli idiomi slavi e il cui unico discendente indiretto odierno è l'albanese. Il fatto che tanti esordienti scrittori e poeti pubblicassero farina del proprio sacco spacciandola per traduzione può inoltre essere considerato uno stratagemma, tutto sommato abbastanza accorto, per saggiare le reazioni alla propria opera: presentandosi al pubblico sotto mentite spoglie era infatti possibile, in seguito, uscire allo scoperto in caso di recensioni incoraggianti o, viceversa, ritirarsi discretamente nell'ombra se il proprio lavoro fosse stato accolto da una stroncatura. Nel caso di Mérimée (che tenne a preservare l'anonimato al punto di celare la propria identità perfino all'editore), anche i contemporanei che si erano resi conto dell'inganno lodarono comunque il valore letterario de La Guzla e il talento di cui aveva dato prova il suo autore. Fu questa la reazione non solo di Goethe, ma anche di Mickiewicz e Puškin. Il primo tradusse brani de La Guzla in polacco nel 1828 e, pur consapevole del tranello in cui era caduto, li ripubblicò in una sua antologia del 1844. Il secondo tradusse La Guzla nel 1832-33 e solo un paio d'anni più tardi scoprì la verità sul suo autore. Non soltanto non rinunciò a pubbli-care l'opera in russo, ma avviò una nutrita ed amichevole corrispondenza con Mérimée che ebbe conseguenze importanti: Mérimée, imparato il russo, tradusse a sua volta Puškin, fece conoscere al

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pubblico francese l'opera del grande poeta e fu il primo a farsi interprete della letteratura russa nel suo paese. Traduzione apocrifa di un poeta immaginario, La Guzla ebbe dunque l'effetto imprevisto di dare vita a vere traduzioni di un vero autore, uno dei più grandi del suo tempo. Il libro segnò inoltre una tappa significativa nell'evoluzione letteraria di Mérimée, orientando lo scrittore verso uno stile che, pur tendendo sempre alla ricerca dell'esotico, del misterioso e del pittoresco e pur non rifuggendo dalle fosche tinte, trovò soluzioni più sobrie ed equilibrate e non arrivò mai a riproporre le scene efferate dei suoi "poemi illirici". In questo senso l'aveva forse vaccinato la sua esperienza di finto traduttore: con La Guzla, egli scrisse nella prefazione alla nuova edizione del 1840, "je pouvais me vanter d'avoir fait de la couleur locale; mais le procédé était si simple, si facile, que j'en vins à douter de la mérite de la couleur locale elle-même, et que je pardonnai à Racine d'avoir policé les sauvages héros de Sophocle et d'Euripide".

Cristina Cona

Storie di traduzioni La traduzione apocrifa

Fonti: Antonia Fonyi, La poésie illyrique de Prosper Mérimée, prefazione a: Prosper Mérimée, La Guzla, Éditions Kimé, Paris 1994; Avert issement (prefazione dell'autore all'edizione del 1840), ibidem.

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Vorrei tornare su questo termine perché il dibattito in proposito, che non mi sembra essersi mai veramente chiuso, offre lo spunto per riflessioni di natura non soltanto terminologica, ma anche metodologica e deontologica. Cominciamo dalla metodologia. Dovendo discutere della possibilità/necessità di tradurre una data parola mi sembra opportuno considerare in primo luogo il contesto linguistico, che rappresenta un elemento d'importanza fondamentale, se non altro ai fini dell'efficacia e della chiarezza del linguaggio. La definizione di governance fornita dal Concise Oxford Dictionary con la consueta efficacia è piuttosto lapidaria: Act, manner, fact, or function, of governing. Non è forse sorprendente che nella sua accezione moderna tale termine ci venga dal Regno Unito, paese in cui l'assenza di una costituzione scritta plausibilmente conferisce speciale rilievo allo studio dell'interazione fra organi e sedi di potere dello Stato, dato che tale studio può rivestire un'importanza cruciale per evitare conflitti istituzionali. Visto l'interesse del concetto che esprime, esso ha avuto comunque fortuna originando espressioni quali corporate governance (che io, forte dell'avallo del Treccanino, suggerirei di tradurre con condotta aziendale, dell'impresa od eventualmente del gruppo; sarebbe invece erroneo parlare di conduzione dell'azienda perché il termine indica l'affitto dell'azienda agricola da parte ad es. di un mezzadro). Il fatto che l'uso di governance non sia limitato alla politologia evidenzia peraltro le doti di polivalenza del termine, e dunque l'interesse di trovarne una traduzione nelle altre lingue se possibile altrettanto versatile.

Come si può rilevare peraltro la definizione sopra riportata si scosta alquanto da quella ripresa dalla sig.ra Ricci nel suo articolo, ed a me sembra risulti di comprensione e fruizione più immediata. È parimenti opportuno osservare che in molti (la più parte ?) dei recenti testi italiani in cui figurano il termine governance od una sua traduzione il concetto cui li si vuole far corrispondere sembra essere un altro ancora, variamente identificabile come l'efficacia dell'azione di governo ovvero l'esercizio del potere decisionale/esecutivo quale esso si confi-gura nella prassi, eventualmente anche in rapporto all'interazione fra le varie istituzioni. Dovendo pensare ad un'eventuale traduzione di tale termine non mi sembra molto valida l'idea di cominciare passando in rassegna le soluzioni adottate in altre lingue, più o meno imparentate con l'italiano, per trarne all'occorrenza ispirazione. Quando si tratta di procedere alla selezione di potenziali traduzioni, soprattutto se si tratta di neologismi o 'riscoperte', io attribuirei un'importanza cruciale al contesto linguistico, e specialmente alla necessità di tener conto che all'interno di ogni lingua le parole non sono isolate, ma fanno parte di 'famiglie'. Il fatto che il francese usi gouvernement ma l'italiano governo conferisce quindi a gouvernance un carattere sottilmente diverso da quello che governanza avrebbe in italiano. Anche se infatti nelle lingue europee intere serie di parole sono sovente riconducibili ad una radice comune (nel nostro caso il latino gubern-, originariamente d'ambito navale), non ne consegue automaticamente che la composizione di queste famiglie o l'interazione semantica delle parole che ne fanno parte siano esattamente le stesse nelle diverse lingue.

ANCORA SU GOVERNANCE

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note terminologiche

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ANCORA SU GOVERNANCE

Il francese ad esempio è l'unico ad aver derivato in linea diretta dal latino gouvernail per timone, e solo in inglese (o, per essere più precisi, in cockney) guv (per governor) è il generico appellativo di rispetto con cui ci si rivolge ad una persona di sesso maschile. Per venire all'italiano, ancorché anche nella nostra lingua si parli di nave che governa (o no, in funzione dei casi e della velocità) si usa per altro verso il termine timone, mentre il termine rigovernare e l'espressione liquido di governo rappresentano derivazioni dalla radice originaria del tutto specifiche alla nostra lingua. Si osservi inoltre che in inglese il verbo to govern copre più significati dell'italiano governare (si pensi a rules governing .../norme che disciplinano ...). Presentata in questi termini la questione delle 'famiglie terminologiche' sembra astratta e accademica, ma la sua importanza diventa immediatamente chiara se ci ricordiamo dell'ilarità che suscita chi, essendo alle prime armi nell'uso di una data lingua, scelga d'impiegare parole che suscitano in chi ascolti o legga associazioni impreviste (come il mio amico inglese che in un ristorante disse al cameriere "Per piacere, mi porti un chiavatappi"). Nonostante quindi mi risulti che a livello di ministeri in Italia sia stato raccomandato l'uso del termine governamento, a suo tempo impiegato dal Machiavelli (che in fatto di cose politiche il suo peso ce l'ha), io condivido dunque il parere del prof. Cortelazzo che il termine governo sia il più corretto sotto il profilo filologico e sufficientemente flessibile da servire allo scopo. Per quanto l'Accademia della Crusca (che pure gode della mia simpatia per aver proposto euri

come plurale di euro, oltre che per aver sostenuto la tesi che è filologicamente più corretto dire e scrivere gli invece che loro per il dativo plurale della terza persona – gli ha dato invece che ha dato loro) caldeggi l'uso del neologismo governanza, sarebbe forse meglio soprassedere. Governo risulterebbe tra l'altro più coerente col termine italiano i governanti, laddove l'uso di governanza potrebbe determinare una certa confusione a questo livello (per non parlare del problema delle governanti, ormai rarissime nella nostra società ma ingredienti essenziali dei romanzi sentimentali: non vorremo certo introdurre un altro fattore di confusione in menti già plausibilmente ad alto rischio). Il testo "nostrano" in cui si sostiene l'impiego del termine inglese non mi convince perché, oltre ad essere improntato ad un certo sussiego, sembra concepito in funzione di un orizzonte limitato alla Commissione, e mi sembra sbagliato pretendere d'imporre una data traduzione facendo riferimento unicamente alle esigenze derivanti da un numero limitato di documenti, la cui circolazione tutto sommato piuttosto ristretta non giustifica innovazioni terminologiche. Contro l'uso di governanza (ma, entro certi limiti, anche di governance) milita anche un altro argomento, che potrebbe definirsi di natura deontologica, legato al potenziale mistificatorio del termine. In troppi casi non si riesce a scacciare il sospetto di trovarsi di fronte ad un tentativo di mascherare con una cortina di fumo la mediocrità ed il ridotto spessore di un discorso politico ricorrendo a termini che, per quanto perfettamente leciti e validi nel loro corretto

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note terminologiche

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note terminologiche

In casi particolari potrà infine risultare opportuno optare per funzionamento delle istituzioni, processo istituzionale di decisione, esercizio del potere esecutivo, apparato di governo o decisionale, modus operandi dell'esecutivo ed eccezionalmente addirittura per assetto istituzionale, ma la cautela mi sembra di rigore. Si noti che, come mi faceva osservare un collega, è generalmente meglio rinunciare all'uso di sistema di governo in quanto tale espressione sembrerebbe suggerire inesistenti raffronti tra ordinamenti costituzionali diversi.

Cristiano Maria Gambari Mi associo al parere espresso dal collega nel suo articolo (che, visti il peso e la lunghezza, più che dotto può definirsi pisolo): il termine governanza si confonde con troppi altri per poter esser usato tranquillamente. In particolare segnalo i seguenti: - goverdanza (genovese del '600-'700): il ballo al palazzo del Governo, nelle località in cui v'è un governatore (ad es. Maracaibo) od a S. Marino; - goverlanza (termine tecnico in antropologia): sorta di zagaglia cerimoniale di media lunghezza, con cui in alcuni paesi africani, asiatici e della Polinesia il capo del governo, il re locale od il capotribù pungola i suoi ministri quando ritiene che battano la fiacca; - goverpanza (fisiologia e storia dei costumi): pondus ventrale, dovuto ad eccesso di muscoli od altra causa, frequentemente riscontrato in chi esercita un potere esecutivo; ritenuto caratteristica desiderabile a tal fine nell'antica Cina ed in altri paesi orientali e del Pacifico; - govermanza (zoologia, tecnica dell'allevamento): giovane femmina autoritaria di specie bovina. Guasta l'umore a tutta la stalla.

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contesto d'impiego, non sono d'uso corrente e si prestano quindi a venir presentati come termini magici di cui solo pochi iniziati possono capire la vera portata. ("Lasciami lavorare ragazzino, che ci ho la governanza da fare"). Alcuni vedono in questo un rischio ancora più sinistro, quello di un "colpo di stato di velluto" nell'ambito del quale l'impiego di un preteso concetto nuovo consentirebbe d'incentrare il dibattito sulla prassi, consacrando così la partecipazione all'esercizio del potere di soggetti politici o socioeconomici privi di legittimazione democratica. Anche se va tenuto presente che la 'debita forma' come garanzia democratica presenta limiti ben precisi e può essa stessa trasformarsi in strumento di abusi, il rischio esiste: magari lontano, ma reale. Vista l'eco, se non proprio il prestigio, di cui godono i testi programmatici della Commissione sembra dunque doveroso prendere posizione a favore della chiarezza per evitare di prestarsi a questo tipo di manovre. Questo è forse il miglior modo di recare un modesto, ma utile contributo alla difesa di alcuni valori fondamentali del nostro viver civile. Laddove il semplice governo non bastasse lo si può sempre ampliare in attività di governo, ed all'occorrenza anche in esercizio dell'attività di governo. L'obiezione secondo cui in ambito comunitario è meglio limitare rigorosamente l'uso di governo agli esecutivi dei singoli Stati membri mi sembra inutilmente riduttiva, ma soprattutto errata sotto il profilo filologico (si veda la voce corrispondente del Treccanino). Se ed in quanto poi essa rispecchia lo sgomento per il fatto che l'italiano governo, per quanto funzionalmente corretto, non risulti immediatamente riconducibile all'inglese governance ciò non fa che confermare quanto già detto circa l'uso esoterico-mistificatorio delle parole.

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Una recente indagine effettuata in un servizio della Commissione (non facciamo nomi) ha rivelato che le quattro categorie di siti Internet più frequentate dai funzionari sul posto di lavoro erano, nell'ordine, le seguenti: porno, gio-chi e giochi d'azzardo, speculazioni finanziarie e sport. Pare che il direttore generale non fosse troppo contento. Pur sapendo che i traduttori sono in generale persone serissime, vorrei comunque fare il possibile per metterli al riparo da certe tentazioni e dissuaderli dall'imitare i loro sventati colleghi. Continuo dunque a percorrere instancabilmente il Web alla ricerca di prodotti culturali validi, così da contrastare il richiamo esercitato da certi siti superficialmente appetibili ma - diciamo la verità - non proprio atti a fare di noi le persone di alto profilo intellettuale che le nostre istituzioni si aspettano. E cominciamo con due segnalazioni interne all'SDT. Aprendo la "Home Page" del nostro servizio si trova (sul lato destro) la rubrica Featured Site: viene chiesto ai colleghi di segnalare (con la funzione Interact) i siti che trovano interessanti, i quali sono poi elencati nell'ordine cronologico di invio. Siete ovviamente invitati sia a consultare la rubrica che ad inviare vostri contributi. Ricordo poi Multilinguismo - Sì Grazie! (http://europa.eu.int/comm/translation/aboutsdt/antennes/milano), a cura dalla nostra preziosissima antenna di Milano Carla Caprioli, che contiene molti link di grande interesse. Una mia recentissima scoperta è la rivista on-line The Barcelona Review, che presenta opere di narrativa, recensioni e quiz letterari (a premi) in inglese, catalano, spagnolo e francese (http://barcelonareview.com); ci si può anche abbonare per tenersi al corrente delle ultime novità. Per consultare testi letterari in linea vi sono http://onlinebooks.library.upenn.edu/index.html, oppure www.selfknowledge.com, siti che offrono entrambi (soprattutto il primo) una vastissima scelta di materiale. Su un sito analogo, www.gradesaver.com, si trovano i testi completi di numerose opere accompagnati da riassunti, note biografiche, spiegazioni e commenti. Chi si interessa alla lingua spagnola troverà quantità di informazioni sul sito pluridisciplinare http://cvc.cervantes.es/portada.htm, importante punto di riferimento per la cultura di questo paese in ogni suo aspetto. Più orientato agli aspetti puramente linguistici (con legami atti a dissipare ogni dubbio in fatto di grammatica, sintassi, ortografia e lessico) è il sito americano http://members.aol.com/spanishpronto/spanishtools.html. Tra i siti stimolanti e curiosi, www.globalideas.com raccoglie e diffonde idee e proposte socialmente innovative di ogni genere (sulle quali è anche possibile votare); www.snopes.com è dedicato alle leggende metropolitane; www.elsewhere.org/cgi-bin/postmodern è un "generatore automatico" di scrittura post-moderna, contenente testi apparentemente assai sofisticati ma che non significano assolutamente nulla. Infine, www.urbanreflex.com è dedicato alla satira dell'attualità internazionale e sbeffeggia senza pietà leader, fenomeni e movimenti di ogni tendenza. Un assaggio degli ultimi titoli: "Osama Bin Laden 'Delighted' After Winning 2001 Turner Prize" e "U.S. Governement Ups Reward for Bin Laden to $25 Million + Tanks + Helicopters + Nuclear Weapon". Infine, il sito www.givewater.org è stato creato da Times Water per fornire acqua alle comunità nei paesi in via di sviluppo che ne sono prive. Come in altri siti dello stesso genere, si contribuisce cliccando una volta al giorno.

Cristina Cona Interspazio (Sdtdoc) Segnalo alcune pagine di recente elaborazione, che possono fornire notizie e informazioni utili in materia di allargamento: http://www.cc.cec/SDT/cidbxl/sdtdoc/it/eu/nuove_adesioni.htm In materia di biotecnologia: http://www.cc.cec/SDT/cidbxl/sdtdoc/it/science/biotech.htm e in materia di geopolitica e cultura dell'area Medio oriente e Asia centrale: http://www.cc.cec/SDT/cidbxl/sdtdoc/it/regions/mideast.htm.

Daniela Murillo

CIBERSPAZIO

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