Dialogo Della Natura e Di Un Anima

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Riassunto Leopardi analizza in questo dialogo le ragioni della sua infelicità, e ne ricava una teoria dell’incapacità delle anime grandi e nobili a integrarsi nella società. Tutti gli uomini sono condannati a soffrire; incomparabilmente maggiore è, però, l’infelicità delle creature più sensibili. Amaro, inutile e spesso incerto compenso alle amarezze della vita è la fama decretata loro dai posteri dopo la morte. L’uomo illustre, perseguitato in vita dall’invidia o dalla noncuranza dei suoi simili, viene esaltato dopo la morte: si erigono statue che ne riproducono le sembianze fisiche, se ne scrive la biografia. È preferibile allora una vita simile a quella dei bruti, una vita puramente vegetativa. L’accettazione del proprio destino e la pietà per la condizione umana si traducono in un tono pacato e solenne, senza ironia. La Natura augura all’Anima di essere infelice, rivestendo così il ruolo di una grande madre che nega alla figlia la felicità alla quale essa tende per istinto, in misura alla sua grandezza. Gli uomini sono infelici poiché è lo stesso fato a volerlo. Gli uomini più sensibili ed intelligenti percepiscono maggiormente questa condizione di infelicità poiché, non riuscendo a fare cose semplici, non riescono ad instaurare un rapporto con gli altri e sono così condannati all’esclusione. Dialogo della Natura e di un'Anima [modifica] « Va, figliuola mia prediletta, [...] Vivi, e sii grande e infelice» (Ibidem) Composto a Recanati, tra il 9 e il 14 aprile, 1824 In un luogo impossibile da definire, assistiamo all'incontro tra un'anima, destinata a grandi cose, e una Madre Natura, orgogliosa di dare i natali ad un figliuola tanto illustre. [26] Prima della nascita, la Natura predice all'anima l'infelicità , che sarà direttamente proporzionale alla sua grandezza: oggetto di lod gli uomini, vivrà una memoria imperitura . Dopo una serie di esempi storici considerazioni sulla vita degli uomini, l'Anima rinuncia alle chiede, in cambio dell'immortalità, di essere alluogata nell'essere più umile e semplice e di essere, quanto prima, raggiunta dalla morte. L è la felicità, la beatitudine. « Madre mia, non ostante l'essere ancora priva delle altre c tuttavia che il maggiore, anzi il solo desiderio che tu mi felicità. » (Ibidem.) L'essere umano eccellente più cerca questa condizione più s'a impossibile raggiungerla e le avversità che costellano il suo ineluttabilmente al dolore e alla sofferenza. L'infelicità, q uomini, ma è maggiore in quelli grandi, nei magnanimi, coloro fortemente la vita in ogni sua manifestazione, nelle anime pi « Figliuola mia; tutte le anime degli uomini, come io ti dic in preda all'infelicità, senza mia colpa. Ma nell'universal condizione umana, e nell'infinita vanità di ogni suo dilett gloria è giudicata dalla miglior parte degli uomini il magg concesso ai mortali, e il più degno oggetto che questi poss cure e alle azioni loro. Onde, non per odio, ma per vera e benevolenza che ti avea posta, io deliberai di prestarti al questo fine tutti i sussidi che erano in mio potere. » (Ibidem.) Altro dialogo cardine del pensiero Leopardiano, che tornerà p dialoghi e novelle sulla vanità della gloria e sul meccanicismo naturale. Due illustri citati (Camões e Milton), presi ad esempio di gloria vita. Torna il taglio ironico, mentre il riferimento al suic

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Riassunto Leopardi analizza in questo dialogo le ragioni della sua infelicit, e ne ricava una teoria dellincapacit delle anime grandi e nobili a integrarsi nella societ. Tutti gli uomini sono condannati a soffrire; incomparabilmente maggiore , per, linfelicit delle creature pi sensibili. Amaro, inutile e spesso incerto compenso alle amarezze della vita la fama decretata loro dai posteri dopo la morte. Luomo illustre, perseguitato in vita dallinvidia o dalla noncuranza dei suoi simili, viene esaltato dopo la morte: si erigono statue che ne riproducono le sembianze fisiche, se ne scrive la biografia. preferibile allora una vita simile a quella dei bruti, una vita puramente vegetativa. Laccettazione del proprio destino e la piet per la condizione umana si traducono in un tono pacato e solenne, senza ironia. La Natura augura allAnima di essere infelice, rivestendo cos il ruolo di una grande madre che nega alla figlia la felicit alla quale essa tende per istinto, in misura alla sua grandezza. Gli uomini sono infelici poich lo stesso fato a volerlo. Gli uomini pi sensibili ed intelligenti percepiscono maggiormente questa condizione di infelicit poich, non riuscendo a fare cose semplici, non riescono ad instaurare un rapporto con gli altri e sono cos condannati allesclusione. Dialogo della Natura e di un'Anima [modifica]

illustre.[26] Prima della nascita, la Natura predice all'anima l'infelicit, che sar direttamente proporzionale alla sua grandezza: oggetto di lodi e di invidia presso gli uomini, vivr una memoria imperitura. Dopo una serie di esempi storici e considerazioni sulla vita degli uomini, l'Anima rinuncia alle sue qualit rare e chiede, in cambio dell'immortalit, di essere alluogata nell'essere pi umile e semplice e di essere, quanto prima, raggiunta dalla morte. Lo scopo di ogni anima la felicit, la beatitudine. Madre mia, non ostante l'essere ancora priva delle altre cognizioni, io sento tuttavia che il maggiore, anzi il solo desiderio che tu mi hai dato, quello della felicit. (Ibidem.)

L'essere umano eccellente pi cerca questa condizione pi s'accorge di quanto sia impossibile raggiungerla e le avversit che costellano il suo cammino, portano ineluttabilmente al dolore e alla sofferenza. L'infelicit, quindi propria di tutti gli uomini, ma maggiore in quelli grandi, nei magnanimi, coloro che sentono fortemente la vita in ogni sua manifestazione, nelle anime pi sensibili. Figliuola mia; tutte le anime degli uomini, come io ti diceva, sono assegnate in preda all'infelicit, senza mia colpa. Ma nell'universale miseria della condizione umana, e nell'infinita vanit di ogni suo diletto e vantaggio, la gloria giudicata dalla miglior parte degli uomini il maggior bene che sia concesso ai mortali, e il pi degno oggetto che questi possano proporre alle cure e alle azioni loro. Onde, non per odio, ma per vera e speciale benevolenza che ti avea posta, io deliberai di prestarti al conseguimento di questo fine tutti i sussidi che erano in mio potere. (Ibidem.) Altro dialogo cardine del pensiero Leopardiano, che torner prepotentemente nei dialoghi e novelle sulla vanit della gloria e sul meccanicismo naturale. Due i poeti illustri citati (Cames e Milton), presi ad esempio di gloria postuma e sofferenza in vita. Torna il taglio ironico, mentre il riferimento al suicidio si fa pi esplicito

Va, figliuola mia prediletta, [...] Vivi, e sii grande e infelice (Ibidem) Composto a Recanati, tra il 9 e il 14 aprile, 1824 In un luogo impossibile da definire, assistiamo all'incontro tra un'anima, destinata a grandi cose, e una Madre Natura, orgogliosa di dare i natali ad un figliuola tanto